Notte di Luce. di CyanideLovers (/viewuser.php?uid=90593)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piccolo passo indietro... ***
Capitolo 2: *** Let's start a Wedding....Let's start a Killing! ***
Capitolo 3: *** Nella tana del lupo cattivo. ***
Capitolo 4: *** Another One Bites The Dust ***
Capitolo 5: *** buono o cattivo? ***
Capitolo 6: *** Fear ***
Capitolo 7: *** Le premier bonheur du jour. ***
Capitolo 8: *** Bloodbath ***
Capitolo 9: *** Buried Alive ***
Capitolo 10: *** Behind blue eyes ***
Capitolo 11: *** The Black Door ***
Capitolo 1 *** Un piccolo passo indietro... ***
1-Un piccolo passo indietro
Ghiaccio, paura, tenebre.
Tutto era cominciato all'improvviso, quando gli altri avevano
attraversato il pavimento e si erano parati davanti a loro, per non
farli passare. Nebbia, ghiacciata e opprimente li aveva avvolti e il
suo sguardo era guizzato verso il volto di Julian, cercando la
colpevolezza di quel trucco che, però, non aveva trovato in
quei occhi. I suoi antenati stavano andando li per lei, per
prendere la sua anima. Julian era d'un passo davanti a loro, aveva una
spolverata di brina sulla giacca nera, e i suoi capelli scintillavano
come se fossero stati di ghiaccio. Era bello, dio se era bello. Quei
mostri crudeli e famelici non avevano nulla in comune con lui. Jenny
riconobbe gli occhi, anche se li aveva visti solo due volte in tutta la
vita: la prima volta aveva cinque anni, e aveva appena aperto uno
sgabuzzino che sarebbe dovuto rimanere chiuso. Un'altra volta nella
grotta, quando stava per impazzire per il buio che la opprimeva.
-Chi sono?- domandò a Julian, sperando che la guardasse per
un momento.
-I miei antenati.- rispose, asciutto e conciso. Uccidendo ogni sua
speranza.
-No, tu...loro non sono come te.-
-E' così che diventiamo. Anche io un giorno sarò
così, è inevitabile.-Julian li fissava, senza
mostrare
emozioni. Sembrava spento. Lui, che era sempre uno specchio di passioni
conturbanti.
Jenny scosse la testa, non voleva crederci.
-Quelle non sono le loro vere sembianze, vero?- domandò
trattenendo a stento un singhiozzo di paura -E' solo per farci
spaventare.-
Julian li osservò con una espressione impassibile, voltando
lievemente il volto per guardarla -Noi nasciamo perfetti.- non era
stato ne arrogante ne modesto...non sembrava minimamente turbato -Ma
invecchiando, con il passare dei secoli, diventiamo deformi. La nostra
forma interiore cambia per mostrare l'anima nera che abbiamo.-
Alzò le spalle, quasi non fosse un suo problema -Diventiamo
dei
mostri-
Jenny sentì improvvisamente freddo. Stava congelando da
quando
era apparsa la nebbia, ma quello era un freddo diverso. Non voleva
crederci, non ci riusciva.
-Non so perchè sono qui.- disse a mo' di spiegazione -Questo
non è il loro gioco.-
-Ti sbagli- il più alto fece un passo, fronteggiandolo. -Lei
è diventata la nostra preda.- Aveva la voce melodiosa come
campane tibetane che risuonano nel cielo, ma un corpo orrendo e
grottesco. -Lo è da quando ci ha rubato le nostre anime.-
Jenny sentì defluire il sangue dal viso, diventando sempre
più pallida. Barcollò per la paura e mosse un
passo
indietro senza sapere cosa fare. Julian si voltò a
guardarla,
aveva uno sguardo strano, come una madre che coglie in fragrante il
figlio con le mani nella marmellata. Aveva le mani affondate
nelle tasche e li guardava in silenzio, poi inarcò
lievemente le
sopracciglia e inclinò la testa all'indietro. Aveva capito.
-Oh, forza. Sono sicuro che avevate finito con loro.-
-Forse con il vecchio, ma non con i due ragazzi!-
-Si... non avevamo ancora finito di goderceli...-
-Erano nostri.-
-Per sempre.-
Ogni parola aveva un suono dolce, perchè le voci erano come
seta
nera, ma amare perchè quando arrivavano alle loro orecchie
sembravano ragni che si arrampicano lungo la schiena. Gli uomini ombra
ridevano, ed era terribile guardarli, spaventoso.
L'uomo ombra alto stava avanzando. La guardava dall'alto verso il basso
dalla sua statura con i suoi occhi da coccodrillo:occhi spietati,
antichi, che riflettevano secoli passati a vivere nel buio.
-Ci ha rubato le nostre anime.- disse formalmente, come li stesse
invitando ad un ballo di gala -E ora deve pagare con la sua vita. E'
nostra.-
Da ogni angolo si alzarono grida di entusiasmo, assenso. Jenny
tremò, facendo saettare lo sguardo verso Julian. Per un
momento
sperò che potesse fare qualcosa.
Lui era immobile e per un momento la ragazza pensò che fosse
diventato una meravigliosa statua di cera. Quando si mosse appena, si
accorse che stava trattenendo inutilmente il fiato.
-Lo so.- rispose, chiudendosi di nuovo nel solito mutismo.
Una nebbia nera calò su di lei, imprigionandola.
Tossì,
chinandosi su se stessa e premendo le mani sullo stomaco. Respirava a
fatica, e tremava come una foglia. Era totalmente preda degli uomini
ombra, il solo pensiero di cosa avrebbero potuto farle la faceva
impazzire di paura.
NO! NO! STOP!
Un urlo, no...pura energia si levò sopra la nebbia, sopra il
nero, sopra la sua paura. Julian era davanti a lei, dandole le spalle e
fronteggiando gli uomini ombra.
-Esci da quella porta.- disse con voce serie, autoritario.
-No, io non posso...-
-Esci da quella porta!- disse con più forza, facendola
trasalire. La sua forma stava mutando in qualcosa di più
etereo,
era più un disegno che una persona ora. I suoi capelli
sfolgorarono, erano cristalli illuminati da una luce azzurrognola, i
suoi occhi erano così luminosi da lasciare una scia di luce
ogni
volta che muoveva il capo. Stava trattenendo gli uomini ombra.
-Presto- la sollecitò Dee, tirandola per un braccio. Tom la
imitò, ma Jenny non riusciva muoversi. Non poteva lasciarlo
li...
-Esci, Jenny!- la sollecitò lui.
Poi accadde qualcosa. Gli uomini ombra fecero un passo in avanti e
Julian barcollò appena. Lei fu vagamente cosciente che non
riusciva più a trattenerli. Il ragazzo si alzò
con uno
scatto fulmineo, li raggiunse e li spinse alla porta, facendoli cadere
l'uno sopra l'altro.
-No!- Protestò lei -Cosa ti faranno?-
-Non ha importanza, desidero solo che tu esca da qui.-
Lei era sulla porta: Un piede sulla terra, con Tom, e uno nel mondo
delle ombre con Julian. Il ragazzo dai capelli argentei la strinse per
un momento a se. Per un momento pensò che l'avrebbe baciata
con
uno dei suoi meravigliosi e letali baci ricchi di passione, o
sconvolgenti e pieni di sentimento come quello che si erano scambiati
nella caverna. Ma lui non fece nulla. Appoggiò la bocca
sulla
sua fronte, nel più casto dei baci, per poi spingerla via
con
violenza. Jenny sentì mancare l'aria per la sorpresa.
Guardò verso la porta: Julian le lanciò ancora
uno
sguardo per poi chiudersi la porta alle spalle.
Rimase immobile per un secondo, senza avere il coraggio di muoversi.
Tom la strinse a se, facendola sentire protetta.
Poteva fingere che non fosse successo nulla Finchè erano li:
ora
che la porta si era chiusa tutto sembrava normale e tranquillo.
-E' Finita.- Sussurrò Tom, con il tono sollevato.
-Finita- mormorò Jenny.
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Capitolo 2 *** Let's start a Wedding....Let's start a Killing! ***
2
Before the story begins, is it
such a sin,
for
me to take what's mine, until the end of time
We
were more than friends, before the story ends,
And
I will take what's mine, create what
God
would never design
Our
love had been so strong for far too long,
I
was weak with fear that
something
would go wrong,
before
the possibilities came true,
I
took all possibility from you
Almost
laughed myself to tears,
conjuring
her deepest fears
[Prima
che la
storia cominci, è quasi un peccato/ per me prendere
ciò
che è mio, dall'inizio alla fine/ Noi eravamo molto
più
che amici, prima che la storia finisse/ e prenderò
ciò
che è mio, creerò ciò che/ Dio non ha
mai voluto
ideare/ Il nostro amore era troppo forte per durare a lungo/ e io ero
così debole e con la paura che/ qualcosa andasse storto/
prima
che le possibilità diventassero vere/ ti ho sottratto ogni
occasione/ ho quasi riso fino a pingere/ evocando le tue paure
più profonde]
Avenged Sevenfold- A little
piece of Heaven
Jenny accelerò il
passo. Ora, stava correndo. Il suo cervello l'ammonì, se
corri ti inseguono.
Non si diede retta. Chi la inseguiva la desiderava come un uomo brama
l'acqua nel deserto. E di certo non si arrendeva facilmente.
I polpacci le facevano male, e il fiato sembrava bloccato nei suoi
polmoni, le gambe e le braccia iniziarono a sembrarle sempre
più
pesanti.
No, pensò disperata, non doveva fermarsi. Se avesse smesso,
lui
l'avrebbe presa. Il vento le scompigliava i capelli,che le frustavano
il viso arrossato per lo sforzo. Aveva una sottile camicia bianca e
jeans chiari che le aderivano al corpo come se fossero diventati una
seconda pelle. Correva come Diana la dea della caccia, anche se lei era
la preda. Nonostante il terrore cieco che l'accompagnava,
sentiva
una vena di eccitazione farsi strada nel suo corpo, come un serpente
che si muoveva sinuoso sulla terra.
Non c'era posto dove potesse nascondersi o trovare rifugio. Lui era
ovunque e allo stesso tempo da nessuna parte. Era l'ombra, la notte,
l'oscurità. Aveva occhi dello stesso colore del cuore della
fiamma, del cielo poco prima dell'alba. I capelli erano la nebbia
stessa, il gelo e la foschia. Era bello come un angelo e crudele come
il Diavolo...e la stava inseguendo.
Tutto in lui gridava una sola parola: Pericolo.
Jenny cercò di affrettare di più il passo, ma per
qualche
ragione cadde. Non si curò di scoprire cosa avesse
intralciato
il suo passo, incespicò e si rimise in piedi tornando a
correre.
Con ceco terrore si rese conto che era tutto inutile, due lunghe ombre
a forma di braccia
(o erano braccia dello stesso colore delle tenebre?)
La ghermirono. Finalmente, come liberandosi da un incantesimo, l'aria
che aveva nei polmoni trovò la strada per la gola e Jenny
gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
-NO!- Jenny sollevò il capo così bruscamente che
i
capelli dorati, scompigliati e sparsi sul cuscino, le finirono tutti in
faccia.
-Buongiorno, cara.- La ragazza nella sua stanza si guardò
allo
specchio e si sistemò il mascara -Anzi, forse dovrei dire
''Auguri''-
Jenny sbatté le palpebre e si guardò intorno,
intontita.
Le ombre avvolgevano i muri chiari e l'armadio, si allungavano
indolenti sulle coste ossute delle mensole.
La ragazza emise un mugolio.
-Ti prego, dimmi che non mi sono di nuovo addormentata!-
-Se vuoi non te lo dico, però è quello che hai
fatto.-
Jenny si stropicciò gli occhi, rimanendo con il capo
appoggiato sul cuscino.
-Quanto ho dormito?-
-Non più di dieci minuti.-
Audrey la guardò con un sorrisetto furbo. Lei era
già
vestita e truccata mentre Jenny era ancora a letto e in pigiama. In
ritardo, tremendamente in ritardo.
-Prima che tu me lo chieda: non ti ho svegliato perchè
sembravi
davvero distrutta. Anche se in effetti non so se ti ho fatto un favore:
sembravi nel bel mezzo di un incubo.-
-Si, mi capita da un po'.-
-Capisco.- disse meditabonda l'altra -Sarà solo il
nervosismo, non ti preoccupare.-
-Lo so, non ti preoccupare.- le sorrise rassicurante Jenny. -Vado a
farmi la doccia, a che ora abbiamo appuntamento per truccarci?.-
-Per le otto in punto.- le rispose con un altezzoso sopracciglio alzato
guardando l'orologio che segnava le 07:45.
-Faccio in un minuto allora!- rise.
Ora che era sola, sotto il protettivo getto d'acqua calda si concesse
qualche minuto per pensare al sogno. Non avrebbe dovuto farlo, non oggi
almeno. Ma non poteva farci nulla. Le immagini le si presentavano come
fotogrammi stampati sulle sue palpebre. Si strofinò con
forza
la pelle per togliere la sensazione delle mani fredde che
l'avvolgevano, ma non sembrò funzionare. Quando
uscì dalla
doccia si accorse che il bagno era pieno di vapore: a Jenny
ricordò la nebbia del suo incubo, mentre correva per
salvarsi. Scosse la testa infastidita dai suoi stessi pensieri, non
voleva pensare a quello proprio ora. Distrattamente, ancora avvolta nel
turbinio dei suoi pensieri, passò una mano conto lo specchio
per
liberarlo dal vapore e potersi specchiare. Quando lo fece, per poco non
svenne di paura. dietro di lei c'erano gli occhi.
Si, quegli occhi blu, di un colore così intenso da far
sembrare
i cielo spento e talmente profondi da far sembrare l'oceano una
semplice pozzanghera. Lui, l'uomo ombra.
Si voltò di scatto, ma tutto ciò che
trovò davanti
a se furono le mattonelle candide del bagno all'avanguardia di Audrey.
-Jenny, ti sbrighi?-
Jenny fu riportata alla realtà dalla ragazza. Prese un
grosso
respiro e si asciugò in fretta, facendo bene attenzione a
non alzare gli occhi sullo
specchio. La sua immaginazione le faceva brutti scherzi ultimamente,
scherzi davvero crudeli.
Grazie all'efficenza pragmatica di Audrey, seppur in ritardo, le due
riuscirono a finire tutto in orario perfetto. Guardandosi allo specchio
ora, Jenny poteva vedere il suo volto ricoperto da un
sottilissimo strato di cipria, gli occhi erano circondati da un velo di
ombretto e il mascara le allungava in modo elegante le ciglia. Non
amava truccarsi in modo esagerato e quel trucco semplice la faceva
sentire elegantissima. Per non parlare dei capelli. Erano raccolti in
una bellissima acconciatura che li rendeva vaporosi e arricciati. Le
ricadevano sulle spalle scoperte e a contatto con la pelle erano
morbidi come una piuma.
-Sei meravigliosa.- sussurrò Audrey soddisfatta, passandole
il vestito bianco.
Quando fu pronta, Jenny si concesse un momento ancora davanti allo
specchio. Il vestito le fasciava la vita, avvolgendola in pizzi
candidi, fino ai fianchi per poi diventare più ampio lungo
le
gambe. Le spalle erano nude, coperte solo dal velo e dai capelli
dorati. Scrutò meglio nello specchio dalla cornice dorata:
Non
c'erano occhi blu a scrutarla, per sua fortuna. Forse lo stress del
matrimonio le aveva giocato un brutto scherzo.
-Va tutto bene?- domandò con un cipiglio preoccupato -Sei un
po' strana da stamattina.- mormorò poi.
Cavolo, Perchè Audrey capiva sempre tutto?
-Sto bene, sono solo un po' nervosa.-le rispose -Non è
tardi?-
-Già. Non te lo volevo dire perchè saresti andata
nel panico ma...Tom è in ritardo.-
-Cosa?!- domandò con voce leggermente acuta -E' in
ritardo??-
-Ok. Lo so che adesso andrai nel panico. Ma è tutto ok.
c'era un
traffico micidiale stamattina, sarà semplicemente in
ritardo.-
cercò di tranquillizzarla Audrey, facendola sedere per ogni
evenienza.
-E' in ritardo al nostro matrimonio!- sbuffò infastidita
Jenny.
Non le piaceva, le dava modo di pensare, e lei non voleva pensare.
Forse sposarsi così giovani non era la scelta giusta. Si
disse.
Infondo erano tante le cose che avrebbe voluto fare, c'erano tanti
posti da vedere, e da scoprire. No, no. Non poteva pensare una cosa del
genere. Semplicemente era spaventata per l'importante passo che stava
per fare.
-Ok. Ascolta, vado a vedere se sono arrivati gli invitati, tu aspettami
qui.- mormorò prendendo il cellulare e componendo il numero
di
Michael, ma Jenny non la sentì. Aveva sentito un mormorio
sommesso nella stanzetta accanto, come un sibilo sottile, fastidioso.
-Audrey, hai sentito anche tu...- si voltò. L'amica doveva
essere uscita dalla porta per controllare che gli invitati fossero
arrivati.
-Aishhhhh-
Il sibilo aumentò, provocandole i brividi. Cos'era
quella sensazione? Come una paura primordiale che la intimava di
scappare immediatamente da quella stanza, dall'edificio.
-Vanishhhhhed-
le parve di capire. Svanita? Chi è svanita??
-Chi c'è?- domandò prima di aprire la
porta.
-Jenny, Tom è arrivato.- La sposa guardò per un
momento
la porta ancora chiusa come se fosse un mostro, o un lupo cattivo.
-Jenny...?- La chiamò dubbiosa Audrey, dopo aver visto che
non
si voleva muovere.
-Scusa, sono pronta...possiamo andare.-
La chiesa era addobbata con rose bianche, tulle e nastri, come se una
colata di bianco avesse reso tutto più puro. Jenny non
riuscì a trattenersi dal guardare quello spettacolo a bocca
aperta. Audrey aveva fatto un lavoro eccezionale, di maniacale
perfezione. Rise tra se e se ricordando tutte le serate passate ad
organizzare quel giorno, alle discussioni tra lei e Tom per lo smoking
che avrebbe dovuto indossare, e per la sua faccia annoiata quando si
dovevano scegliere le bomboniere e le tovaglie. Che fosse un errore
sposare Tom o che non lo fosse ormai era tardi. La musica era partita e
muoveva già dei passi verso l'altare. Non aveva scampo
ormai,
Tom era lì, in piedi ad aspettarla, bello come non mai e con
un
sorriso a trentadue denti. Non poteva minimamente immaginare quale
conflitto interiore la stava tormentando.
-Siamo qui riuniti oggi....- Jenny smise presto di ascoltare le parole
del prete, e iniziò a guardarsi la mano intrecciata a quella
di
Tom. Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. I minuti passavano e
non riusciva ad afferrare quelle parole, ne a capire cosa le stesse
succedendo. Aveva voglia di gridare, di guardarsi in torno e di correre
lontano. Tom sembrò accorgersene perchè le
strinse con
più forza la mano, in modo protettivo. Oh, cosa diavolo
stava
facendo? Quello era Tom, l'uomo con cui avrebbe voluto passare tutta la
vita. Eppure...eppure c'erano mille dubbi adesso nella sua testa, mille
idee. Non voleva sposarsi, non così giovane almeno.
Guardò verso i suoi parenti, verso sua madre,
così felice
tanto da piangere e suo padre, dalla posa austera ma dal sorriso dolce.
Tornò a guardarsi le mani. Una nuova sensazione si stava
impadronendo
di lei. Qualcosa che aveva già provato prima, in una parte
inconscia
della sua mente che non aveva forma e nome. Guardò il prete,
aveva
qualcosa di strano, qualcosa che un uomo non dovrebbe avere. Non un
uomo di fede. Sembrava cattivo, come se fosse macchiando di una colpa
che solo lei poteva vedere. Ma che diavolo le stava succedendo?!
Respirava a fatica e aveva i brividi a fior di pelle. No, quella era la
sua immaginazione. Fantasie, ansia e stress che le provocavano delle
allucinazioni. Cosa le stava succedendo? Provava una paura sconfinata,
sentiva il corpo tremare e il cuore battere come non mai. Cos'era? si
guardò intorno, osservando i visi dei suoi amici,
dei suoi familiari.
Avevano tutti un'espressione seria e gli occhi erano completamente
neri, le sembrarono demoni dalle ambre allungate.
-Faaamishhhhhhheeedd-
il sussurro distorto le riempì le orecchie, la invase, la
spezzò come una bambola di cera, terrorizzandola.
Scappa! Vattene da qui,
corri!
le urlò la propria mente. Ma lei riusciva a mala pena a
respirare, di
muovere le gambe non ci pensava neanche. Tirò via la mano
che ancora
stringeva a Tom ma lui la trattenne.
-Vuoi tu prendere questo uomo
come legittimo sposo, amarlo e onorarlo, in salute e malattia
Finchè
morte non vi separi?- La voce del prete era ultraterrena, Jenny
immaginò che quella doveva essere la voce che Persefone
aveva udito
provenire dall'inferno quando Ade l'aveva rapita.
Alzò lo sguardo su di Tom, ma
anche sui sembrava diverso. Era più alto,
il corpo era più muscoloso, la vita era sottile, i suoi
capelli
non
erano di un castani ma bianchi come il gelo e i suoi occhi non erano
screziati di verde ma blu come il mare in tempesta, come il
cielo all'orizzonte, come il cuore della fiamma. Aveva mani fredde e
bellissime, morbide e delicate come velluto ma forti come acciaio. La
tratteneva con delicatezza, ma non avrebbe mai dubitato del fatto che
avrebbe potuto romperle un osso con la semplice flessione di un dico.
Il suo nome le rimbombava nelle orecchie, era tenebre e ombre che si
mescolavano intorno a lui.
-Non
scapperai da me Jenny- disse con un ghigno trionfante. Il ricordo della
sua voce, della sua bellezza, era niente paragonabile all'udirla.
Piccoli e delicati cristalli che si infrangevano contro un pavimento di
marmo nero -Ma ti lascerò scegliere ancora una volta:
Preferisci
diventare mia o lasciare che io uccida tutti quelli che sono in questa
chiesa?-
Jenny
tremò e lui la prese per le spalle, la strinse per
essere sicuro che non le sfuggisse. Non si fidava, e come poteva
dopotutto? Lo aveva ingannato almeno la metà delle volte che
lo aveva
fatto lui.
-Vecchio, chiedi di nuovo alla mia futura sposa di dire
il suo giuramento.- ordinò Julian con gli occhi che
brillavano di
selvaggia felicità.
-Vuoi tu prendere
quest'uomo come legittimo sposo, amarlo e onorarlo, in salute e
malattia Finchè morte non vi separi?- domandò di
nuovo il prete dalla
toga ormai nera.
-Si, lo voglio- disse con le lacrime che iniziavano a scivolarle lungo
il viso, trattenendo a stento un singhiozzo.
-Vuoi
tu- questa volta si rivolse a Julian -Prendere questa donna come tua
legittima sposa, amarla ed onorarla, in salute e malattia
Finchè morte
non vi separi?-
-Lo voglio-
-Io vi dichiaro marito e moglie.-
A quelle parole Jenny si sentì mancare. L'aveva ingannata,
si era sostituito a Tom per costringerla a sposarlo.
-Da ora fino alla fine del tempo sarai mia, non ti lascerò
scappare per nulla al mondo. Questo non è un gioco- Le
sussurrò accostando le labbra all'orecchio poi Julian
l'attirò a se e la baciò in maniera possessiva,
con passione, come non si addiceva ad una chiesa, le catturò
le
labbra e lei non riuscì a respingerlo ma non lo
baciò
neanche. Si lasciò possedere come una bambola sconfitta.
Ecco
cos'era, era stata sconfitta. Sapeva che sarebbe tornato prima o poi
per la resa dei conti e si odiò per non aver fatto nulla per
impedirlo.
L'uomo ombra aveva vinto.
Ma cosa avevo detto io? Che aggiornavo presto? Ma giuro che non
è stata colpa mia c.c mi si è fuso il pc e sto
aggiornando dal Blackberry (immaginate la fatica, ricordate che vi amo)
spero che il capitolo vi sia piaciuto :D
bho, non ho altro da aggiungere........
Ah, la scena del matrimonio è ispirata al video della
canzone 'A little piece of heaven'' nel senso, non c'entra nulla, ma la
storia del video in se mi piace un botto quindi inserisco questa
canzone (incredibilmente inquitante <3) in ogni scena di
matrimonio....così, perchè mi ispira :')
Adios
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Capitolo 3 *** Nella tana del lupo cattivo. ***
3
It's not a
war
No,this is
not a rapture
I'm just a
person, but you can't take it,
The same
tricks that once fooled me
They won't
get you anywhere
I'm not
the same kid from your memory
Now I can
fend for myself
[Questa
non è una guerra/ No, non è un rapimento/ Sono
solo una persona, ma che tu non puoi più prendere/
Gli stessi trucchi che una volta mi imbrogliarono/ Non ti porteranno da
nessuna parte/ Non sono la stessa bambina dei tuoi ricordi/ Ora posso
badare a me stessa]
Paramore-
Ignorance
Jenny aprì gli
occhi, le
palpebre erano pesanti come macigni e non ricordava cosa fosse
successo. Era stesa in un letto ampio, dalle lenzuola di seta nere e
blu notte, a contatto con la pelle il tessuto le dava una piacevole
sensazione di morbidezza. Aveva ancora il suo vestito da sposa, bianco
con i merletti spagnoli, ma erano stropicciati per averci dormito
sopra, frastornata cercò di sistemarli alla buona. Si
trovava in
una stanza incredibilmente grande, dai muri azzurri e i mobili neri e
lucidi, nel camino una fiamma blu crepitava vivace riscaldando tutto
l'ambiente, alle pareti c'erano quadri e fotografie d'avanguardia e in
stile decò mentre sulla sinistra una tenda nera e argento
lasciava intravedere l'enorme vetrata e il paesaggio. Jenny dovette
sopprimere un gemito di paura. Fuori dalla finestra si vedeva una
terribile tormenta e dune di roccia nuda.
-Sei bellissima con
questo vestito.- Disse una voce ormai così familiare che
avrebbe potuto riconoscerla tra mille.
Jenny non
riuscì a guardarlo
negli occhi, e trattenne a stento le lacrime di rabbia. Non gli avrebbe
dato una simile soddisfazione.
-Perchè lo
hai fatto?-
domandò con talmente tanta calma che se ne stupì
lei
stessa -Pensavo non saresti più tornato-
Julian distese le
labbra in un sorriso
-Perchè
potevo-
Osservò con
attenzione la donna che era diventata, più forte e sicura,
meno ritrosa e molto più decisa.
-Pensavo che avresti
avuto il
buongusto di darmi una possibilità di andarmene, invece di
rapirmi e ingannarmi come hai fatto-
-Ho solo preso
ciò che
desideravo. Se tu mi avessi riconosciuto, se fossi scappata prima di
raggiungere l'altare se
avessi lasciato che uccidessi quelle persone.... non
saresti qui, non credi?-
Jenny gli
scoccò un'occhiata
carica di risentimento, ma cosa avrebbe potuto dirgli dopotutto? che
non avrebbe mai dovuto comprare quel gioco anni fa, che non sarebbe mai
dovuta entrare in quel negozio e trovarsi in quella via quel giorno,
che avrebbe dovuto trovare un altro tipo di divertimento per il
compleanno di Tom o che avrebbe dovuto buttare la scatola una volta
comprata. Le sembrarono tutte supposizioni assurde, come piangere sul
latte versato.
-Mi concedi un ballo?-
domandò con un gran sorriso sornione -Dopotutto ora siamo
marito
e moglie- Jenny lasciò che la attirasse a se, che la
stringesse
tra le braccia e che la guidasse nelle danze.
Aggirarono il letto,
le poltrone accanto al camino. Danzarono di fronte alla vetrata, sotto
la luce malata della luna.
Sulle prime, Jenny si
sforzò
di assecondare i suoi movimenti, ma divenne via via più
rigida
mentre riconosceva i passi e la melodia.
Julian la vide
guardarsi intorno:
aveva la stessa espressione angosciata con cui si era divincolata da
lui durante il ballo dell'ultimo anno.
Le sorrise senza
dolcezza divertito del suo stesso scherzo.
La musica era quella di un tempo, un ritmo ultraterreno, melodico ma
dal significato così oscuro da farti crollare a terra.
Quando l'umana cercò di respingerlo, Julian
intrecciò le dita alle sue in una morsa ferrea.
Le sfiorò le labbra con le proprie.
-Non è ciò che hai sempre sognato, Jenny? Un
principe che
ballasse con te fino alla fine del tempo, che ti desiderasse sopra ogni
cosa? Sorridi, mia cara. Stanotte lo avrai!-
Si era aspettato... cosa? Di vederla battere un piede a terra e
piagnucolare delle ridicole scuse?
Lei non lo fece. Sollevò il mento con dignità.
-E tu? È questo che hai sempre sognato? Una donna che ti
dica di sì perché la stai ricattando?-
L'uomo ombra la spinse via da sè.
La musica si spense immediatamente.
-Spogliati!- sibilò.
Per un istante Jenny parve non capire.
Poi obbedì.
Julian la osservò sfilarsi i nastri del bustino, la gonna
ampia,
le calze di seta e il completo intimo candido. Con lentezza, per
guadagnare tempo.
Quando finì, Jenny rimase immobile, le braccia lungo i
fianchi e i pugni stretti.
-Così va bene, uomo ombra?-
Julian sentì un principio di nausea artigliargli il ventre.
Era come l'aveva immaginata?
Difficile dirlo: quando la immaginava nuda fra le sue braccia, lei non
aveva quella posa inflessibile, quella calma forzata. Non lo fissava
come stava facendo adesso, come si sforzasse di guardargli attraverso.
Julian le andò incontro.
Senza distogliere gli occhi dai suoi, Jenny cominciò a
indietreggiare.
Questo lo sorprese: avrebbe giurato che si sarebbe fatta uccidere
piuttosto che mostrargli debolezza.
La vide trasalire quando incontrò il muro con le spalle,
vide il
sangue affluire alle guance, udì il battito del suo cuore
accelerare.
La imprigionò contro la parete, i palmi appoggiati ai lati
della sua testa.
Udì la propria voce, bassa, leggermente arrochita,
sussurrarle parole di scherno.
-Dove vai, mia cara? La stanza è finita!-
Il calore della sua pelle era una promessa esaltante attraverso i
vestiti. Julian la afferrò per i fianchi, lasciandole segni
rossi e bianchi nella carne morbida.
Jenny chinò il capo.
Si aggrappò alle sue braccia, le strinse con tanta forza da
affondargli le unghie nella carne attraverso le maniche.
E nonostante aspettasse quel momento da anni, solo in quel momento
Julian capì come sarebbe stata.
Lo capì quando vide l’avversaria più
degna che avesse mai avuto sollevare una mano e nascondersi il viso.
Lo capì quando premette il petto contro il suo seno e la
sentì tremare per il desiderio di respingerlo.
Avrebbe dovuto ridere: una parte di lui lo esigeva. Costringerla a
confessare il desiderio che le aveva sempre letto negli occhi,
rinfacciarglielo e infine esaudirlo nel più brutale dei
modi,
trasformandolo in una realtà peggiore di qualunque incubo.
Invece affondò il viso in quei capelli dello stesso colore
dell'oro, e inspirò ferocemente.
Jenny, Jenny, Jenny.
I suoi occhi verdi e luminosi, la sua energia, la sua luce. Buona.
Qualcosa che lui non avrebbe dovuto neanche sfiorare, così
pura
da essere proibita per lui.
Julian la baciò sulla tempia senza dolcezza; le prese il
viso fra le mani, forzandola a sollevarlo.
La baciò sulle labbra, le saggiò tra i denti,
famelico,
scoprendole più morbide di quanto avesse immaginato nelle
sue
notti insonni.
Fedele alla sua promessa lei non oppose resistenza, ma neanche
ricambiò. Non era stupito della sua forza di
volontà, ne
aveva avuto un assaggio durante i giochi.
Jenny nel negozio dei giochi, dalle labbra rosse quanto le sue guance
incantata dalla scatola bianca e lucida, Jenny che osservava sotto di
se il cielo prima di saltare con Dee. La sua espressione di terrore, un
attimo prima del salto.
Aveva occhi lucidi per l’angoscia. Una volta, in quello
sguardo
verde, l’ostilità era stata stemperata
dall’attrazione, ma adesso vi rimaneva soltanto orrore.
Lo sta facendo di nuovo, adesso: gettarsi nel vuoto per salvare chi
amava
(Non scapperai da me
Jenny....se ci proverai ucciderò tutte le persone qui dentro)
Solo il tipo di salto era diverso.
Julian aprì le braccia, fece un passo indietro.
Lei non se lo aspettava. Si appoggiò al muro, i capelli
arruffati sugli occhi. Si coprì il più possibile
con le
braccia.
Julian le voltò le spalle.
-Rivestiti.-
****
Era così frastornata e le mani le tremavano così
tanto
che impiegò un’eternità a chiudere i
gancetti del
reggiseno. Infilarsi i pantaloni e la maglietta che erano apparsi sul
letto fu un’operazione molto più semplice, che
eseguì rapidamente. Per quanto lo potesse detestare in quel
momento per ciò che le aveva fatto e come l'aveva
trattata, non
riuscì a non provare un senso di gratitudine per aver fatto
sparire il suo vestito da sposa e averle dato quei vestiti
più
semplici e pratici.
Julian le diede le spalle per tutto il tempo, una sagoma scura
stagliata contro il chiarore inquieto del fuoco.
Quell’improvviso
riguardo, completamente in contrasto con la crudeltà di poco
prima, la disorientava ancora di più. Era troppo scossa,
comunque, per chiedersi il perchè di quel comportamento.
Rimase per qualche istante a contemplarlo, le mani premute contro lo
stomaco in subbuglio.
La sfida tra loro non era mai stata né leale né
priva di
rischi, ma si erano sempre affrontati da pari a pari. Adesso quel
limite era stato sfiorato, quasi infranto. Per la prima volta, Jenny
aveva davvero paura di incontrare lo sguardo dell'uomo ombra.
Alla fine fu lo stesso Julian a prendere la parola.
-Temo di essere stato piuttosto… avventato.-
Jenny rimase così spiazzata che pensò di aver
udito male.
Julian si voltò, i lineamenti composti in
un’espressione indecifrabile.
Un orologio invisibile scoccò le ore, Jenny contò
i
battiti stupita che fossero le due passate. Julian piegò il
capo
da una parte, come a voler ascoltarne meglio il suono, e poi
sbuffò annoiato.
-Ti mostro la tua stanza, sono in ritardo.- Mormorò
avvicinandosi alla porta.
-La mia stanza?- Domandò dubbiosa.
-Preferisci dormire nel mio letto?- La schernì lui con uno
sguardo divertito.
-Ma certo che no!- si affrettò a dire lei seguendolo.
-Me lo aspettavo- Uscì dalla porta e lei lo
seguì. Si era
aspettata corridoi pieni di specchi e scale che si muovevano, invece
sembrava una casa piuttosto ordinaria. Enorme ed eccentrica, ma
alquanto normale per un tipo come Julian.
-Attenta a non perderti, la casa è molto grande- le disse
svoltando l'angolo. Dopotutto non era poi così complicato,
la
sua stanza era abbastanza vicina a quella di Julian, quantomeno sarebbe
riuscita ad arrivare alla sua di stanza. Anche se, riflettè,
era l'ultimo dei suoi desideri.
Jenny barcollò, non vedeva granché e per poco non
finì per sbattere contro in mobile.
-Non si vede niente- Si lamentò massaggiandosi il gomito.
-Io vedo bene anche di notte e non ho ospiti in genere- forse avrebbe
dovuto dire: Non ho mai avuto ospiti, ma gli sembrò inutile
fare
quel commento -Provvederò ad illuminare meglio la casa-
Si
fermò davanti ad una porta del tutto simile alle altre.
Abbassò la maniglia e la spalancò.
-La tua stanza.-
Jenny rimase sulla soglia. La porta dischiusa le offrì lo
scorcio di una camera da letto.
Aveva tenuto testa a Julian per tutta la sera, e poi lo aveva seguito
per i corridoi camminando come in un sogno, ma ora la visione di quegli
oggetti così semplici e quotidiani, un letto, una
specchiera,
una sedia, un armadio, forzò brutalmente il suo torpore.
La consapevolezza cominciò ad afferrarla, si
arrampicò con dita gelide lungo la sua colonna vertebrale.
Jenny indietreggiò di scatto, andando a sbattere con la
schiena
contro il petto dell'uomo. Si voltò verso di lui, si
aggrappò alla sua manica, smarrita.
-Resterò qui per non so quanto e non ho avvertito nessuno!-
Il volto di Julian era una maschera inespressiva.
-Rimarrai qui per sempre.-
Jenny sentì l’impulso irrefrenabile di ridere. Si
sforzò di trattenersi perchè aveva la sensazione
che, se
non lo avesse fatto, il suono che le sarebbe uscito dalle labbra le
avrebbe lacerato la gola e sarebbe risuonato per i corridoi e contro il
soffitto come le grida di una pazza.
Entrò nella stanza.
La voce di Julian la raggiunse da molto lontano.
-La cena sarà servita fra un'ora.-
Distante anni e anni luce, Jenny udì lo scatto della porta
che si chiudeva.
Era rimasta sola.
Qualcosa in lei si spezzò per il sollievo, e finalmente fu
libera di piangere.
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Capitolo 4 *** Another One Bites The Dust ***
4
Seduta
sul bordo del letto, Jenny si asciugò le lacrime con il
dorso della mano e tirò su col naso.
-Coraggio, ragazza.
Piangere non serve a niente.-
La sua voce
risuonò nella
stanza più ferma di quanto avesse previsto, e questo le
diede un
inaspettato sollievo. D’accordo: si sentiva confusa e
spaventata,
ma poteva riuscire a nasconderlo. Non era molto, ma era già
qualcosa.
Si guardò
intorno. Il suo
letto era grandissimo e con coperte morbide e voluminose e dallo stile
moderno e sofisticato, simile a quello che aveva visto nella stanza di
Julian, ma le tende erano sul verde, e non avevano i colori freddi di
quella dell'uomo Ombra.
L'arredamento era
semplice e
familiare: una toletta con uno specchio ovale, un basso armadio a
quattro ante, un camino spento, sul quale troneggiava un dipinto
raffigurante un paesaggio autunnale. Sparpagliati per la stanza c'erano
diversi lumi ad olio, ma erano tutti spenti: l'unica luce presente era
il chiarore lunare che filtrava attraverso un'ampia finestra.
-Ci vorrebbe un po'
più di luce.- mormorò Jenny.
Aveva appena finito di
dirlo, che
piccole fiammelle incerte cominciarono a luccicare nei lumi, spandendo
nella camera un morbido chiarore dorato.
Jenny
sgranò gli occhi, le labbra si di schiusero in un sorriso
pieno di meraviglia.
-Vorrei anche un po'
di fuoco... nel camino.- si affrettò ad aggiungere.
Le fiamme divamparono
nel
caminetto, nonostante non ci fossero ceppi di legno da consumare. Le
fiamme dalla particolare luce blu erano in netto contrasto con i lumi
dal chiarore giallognolo, creando assurdi giochi di
luce.-Così
funziona tutto con la magia.- disse sorpresa.
Guardò la
stanza con
maggiore attenzione: sembrava disabitata da lungo tempo, ma non c'era
un granello di polvere sulla superficie dei mobili o sopra lo specchio.
Jenny aprì
i cassetti della
toletta: c'erano spazzole, fermagli, boccette di profumo. Poi
andò a curiosare nell'armadio. Quando aprì le
ante
scoprì che non solo c'erano tutti i suoi vestiti abituali ma
anche tutti i vestiti che aveva adocchiato nei negozi ma che non aveva
mai comprato. Dior, Chanel, Armani... uno solo di quei vestiti le
sarebbero costati una fortuna. Per non parlare delle scarpe!
Jenny si diede della
sciocca, tutto
quello di cui aveva bisogno per il momento era un completo semplice e
che la coprisse il più possibile. Anche se dubitava che
Julian
le sarebbe saltato di nuovo a dosso come prima. Infine, scelse una
camicetta verde, pantaloni neri e scarpe basse.
Si guardò
intorno, dubbiosa.
-Ci sarà un
bagno, da qualche parte?-
Nascosta nella
penombra, scorse una piccola porta incassata nel muro.
La aprì
e... si ritrovò nel bagno di casa propria.
Si voltò,
disorientata.
Dietro di lei c'era la
stanza che Julian le aveva assegnato, davanti a lei il bagno del suo
appartamento.
Jenny
aprì il vano della doccia e scoppiò a
ridere vedendo la spugna a forma di coccodrillo.
-Questa poi! Questo
posto è semplicemente assurdo!-
Si spogliò
e si lavò
in fretta. Ogni cosa era al suo posto: dai flaconi di bagnoschiuma alle
asciugamani di spugna. Era tutto irreale: Jenny non sapeva
più
se si trovava nel mondo delle ombre e sognava di essere a casa, o se si
trovava casa e sognava di essere nel mondo delle ombre.
Uscì dal
bagno vestita di
tutto punto, finendo di abbottonare la camicia sul seno. Non aveva idea
di che ora fosse, men che meno dove potesse essere la sala da pranzo.
Decise di affidarsi alla dea fortuna e uscì dalla stanza. Il
corridoio era illuminato da lampade di riso e non era più
buio
come prima. Almeno poteva vedere dove metteva i piedi.
Iniziò a
curiosare per i corridoi, cercando di capire dove dovesse andare, si
fermò per un momento a guardare la porta della stanza di
Julian.
Corrugò la fronte e si voltò dall'altra parte. Si
sarebbe
affidata al proprio istinto piuttosto.
-Dopo averti osservata per così tanti anni, ero arrivato
alla
conclusione che fossi un tipo particolarmente puntuale...ma forse mi
sbagliavo- Dietro di lei, Julian si era di nuovo cambiato. Indossava
una
t-shirt blu chiaro e una giacca nera con i polsini girati sino ai
gomiti, le mani affondate nelle tasche del jeans nero e scarpe
classiche. Un vero misto di stili, eppure gli donavano in modo
impressionante
-Perchè sei sempre così odioso?-
sbuffò
infastidita. Poteva accettare che l'avesse rapita, portata in un mondo
che le era ostile, che fosse stata costretta a dire addio a tutte le
persone che amasse. Poteva anche sopportare l'idea che avesse rovinato
il suo matrimonio, ma non sopportava che se ne prendesse gioco.
-Perchè mi diverte.-
-E' la seconda che mi rispondi così, ti diverte vedermi
impazzire?-
-Qualche volta.- rispose con un sorriso. Si incamminò,
facendole
cenno di seguirlo. Di tanto in tanto, lui le chiedeva qualcosa sulla
sua vita che, suo malgrado, si era lasciata alle spalle.
-Dopo di te.-
La ragazza entrò nella stanza, le gambe rigide.
E si fermò dopo qualche passo, incantata.
Nessun lume, nessun fuoco rischiaravano la tavola apparecchiata e le
vivande.
L’unica luce presente veniva da una vetrata immensa, che
occupava un’intera parete.
Il chiarore che filtrava dall’esterno era di un bianco
perlato, e conferiva alle ombre una sfumatura azzurrina.
Come in un sogno, Jenny attraversò la sala.
Oltrepassò il tavolo, le sedie, e si accostò ai
vetri.
Ciò che vide le mozzò il fiato.
Il cielo del mondo delle ombre era privo di stelle, ma un'enorme luna
piena lo rischiarava. La luce candida grondava sui bastioni della casa
vittoriana, circostante. Si riversava sulla tormenta e le
dune di
roccia come una densa colata d’argento, creando incredibili
iridescenze.
In lontananza, l'orizzonte era nero come una macchia
d’inchiostro. Il chiarore lunare non sfumava
quell’oscurità, sembrava anzi definirla in modo
più
netto. C'erano altre case oltre a quella. Jenny riuscì a
vedere
delle piccole luci e sagome di edifici che fremevano bui, come se
bisbigliassero tra loro e non riuscissero a trattenere risate crudeli.
Oltre quella che lei soprannominò ''la città'',
la luce
si sfarinava sulla superficie di lontanissime cascate verdazzurre e
montagne innevate.
Quando il suo respiro appannò leggermente il vetro, si rese
conto di aver trattenuto il fiato per qualche secondo.
-È tutto… diverso.-
-Perché i tuoi occhi sono diversi.-
La presenza di Julian... vicino, molto vicino… le diede un
brivido non del tutto sgradevole.
Per una volta la sua voce non le sembrò né
beffarda
né allusiva. C’era una sorta di stanchezza in
essa, che
Jenny non riuscì a capire.
Premette la mano contro il vetro freddo, socchiuse gli occhi, rapita,
lasciando che il chiarore di quella strana luna le sfiorasse la guancia
come una carezza.
Quasi si stupì che non le trasmettesse calore.
-In questi sette anni, quando sognavo il mondo delle ombre o il
parcogiochi, lo sognavo così.-
Il tono di Julian fu perfettamente incolore:
-Così tu hai sognato il mondo delle ombre.-
Jenny si staccò dal vetro di scatto.
-Qualche volta.-
Fece per allontanarsi dalla vetrata, ma Julian le sbarrò la
strada.
Non tese le mani verso il suo viso, non fece nulla per toccarla, eppure
questa volta fu lei che si premette i palmi contro le gambe per non
poggiare le mani sul suo petto.
-Hai mai sognato me, Jenny?-
La ragazza lo guardò negli occhi, e improvvisamente ebbe
paura.
Nel vederlo in quel modo, il volto livido al chiarore argenteo della
vetrata, con quei capelli selvatici che sembravano fatti di luce e
quegli occhi blu dalla vitalità inumana, le
sembrò un
essere terribilmente diverso da lei, incomprensibilmente altro.
Non aveva nemmeno importanza che non volesse farle del male: la sua
sola vicinanza, di per sé, la minacciava.
La verità le parve l’unica, fragile difesa in
grado di proteggerla da lui.
-Sì, ho sognato anche te, a volte.- Esitò. -Non
erano bei sogni.-
Julian chiuse gli occhi.
Impossibile dire se fosse rimasto sorpreso o ferito
dall’onestà di quell’affermazione.
O se, in fondo, se la fosse aspettata.
Quando parlò, il suo tono fu accuratamente vuoto di ogni
emozione.
-A volte, Jenny, preferirei che tu mentissi.-
***
Rimasero in silenzio per un po'. La ragazza si chiese se non fosse il
caso di dire qualcosa ma poi ritirò l'idea. Era furiosa con
Julian.
Mangiarono in silenzio e lei si stupì della bontà
di quei
cibi. Chi cucinava...Julian? L'idea di vederlo impegnato ai fornelli la
fece sorridere senza accorgersene.
-Cosa c'è che ti diverte tanto?- domandò senza
alzare lo sguardo dal piatto.
-Mi chiedevo se avessi cucinato tu.-
-Certo.- rispose con un sorriso. A Jenny per poco non andò
di traverso l'acqua che stava bevendo.
-Cosa? TU sai cucinare?-
-Sono rimasto solo per molto tempo...- rispose e Jenny vide i suoi
occhi riempirsi di ombre, non osò dubitare delle sue parole
-Il
minimo che potessi fare era imparare a provvedere a me stesso, non
credi?-
-Si.-
Doveva aver passato molto tempo da solo, Jenny non riuscì a
non
immaginarsi che cosa volesse dire vivere per così tanto
tempo in
totale solitudine, senza poter parlare con nessuno, osservare ore ed
ore la terra. Julian fece uno sbuffo infastidito non appena
sentì scoccare l'ora.
-Ci ri siamo!- sbuffò fra se e se.
-Come?-
-Mi dispiace, è meglio se torni nella tua stanza- disse
senza
darle una risposta. -Stanno per arrivare i miei antenati- aggiunse a
mo' di spiegazione. -Non credo di convenga che ti trovino qui-
Jenny rabbrividì, non voleva incontrarli in nessun caso,
ricordava ancora in modo spaventosamente reale l'ultima volta che li
aveva visti, la loro pelle cuoiosa, gli occhi famelici, troppo veri
visto che quella non poteva essere la realtà.
-Allora io vado- disse alzandosi.
-Jenny, aspetta...- sussurrò Julian ancora seduto sulla
poltrona. Aveva un gomito appoggiato al tavolo e con l'altra mano
tracciava spirali argentate. Era così esotico, e fuori
dall'ordinario che ancora faticava a rendersene conto.
-Che c'è?-
Sembrava titubante, quella doveva essere la prima volta che lo vedeva
così.
-Nulla. Buonanotte.-
***
Il corridoio fiocamente illuminato era incredibilmente inquietante.
Non perchè fosse di pietra, come vecchie catacombe che ti
rendono claustrofobica, ma perchè nella una
ordinarietà
era misterioso. I quadri ad esempio, inizialmente non li aveva notati.
Adesso si concesse un'occhiata più tranquilla alle pitture.
Fanciulle squisite, nude o con drappi leggeri, in stile cinquecentesco,
antichi miti rappresentati con genio, colori brillanti, vivi, talmente
vivi che sembravano potessero prendere vita da un momento all'altro, e
altri ancora spaventosi, orribili incubi talmente angoscianti che le
fecero venire i brividi.
-Ti abbiamo riportato in vita, ma per uno scopo.- Una voce meravigliosa
interruppe i suoi pensieri. Si voltò di scatto ma la voce
non
parlava con lei, era rivolta a Julian, in una delle stanze. Per un
momento fu tentata di scappare, rifugiarsi nella sua stanza. Aveva
paura degli uomini ombra, paura di quello che sarebbe potuto succedere
se l'avessero trovata li. Ma, infine, la sua curiosità ebbe
la
meglio. Accostò l'occhio alla porta socchiusa e vide
un'ombra
gigantesca. Era enorme, ricurva, era di fronte a Julian che era di
profilo, e riusciva a vedere solo i contorni neri e definiti del
mostro, come se indossasse un manto di tenebre.
-Tu hai un debito con noi-
-Sono pronto a estinguerlo. Sono un uomo di parola, lo sai bene.-
-Non ne sarei così sicuro. Ci hai già delusi in
passato.
E adesso...sei tornato ad inseguire quell'insulsa ragazzina.- La voce
dell'ombra si fece più dura, feroce.
-Non ostacolerà di certo i vostri piani- Julian si era
voltato.
Il suo profilo, così pulito e perfetto, venne oscurato dalla
mano dell'ombra, dal suo ghigno lucente, dalla luce zaffirica degli
occhi.
-E cosa vorresti farne di quella ragazzina, dimmi?-
-Io voglio...- si interruppe per un momento, i capelli bianchi di
Julian sembravano color oro illuminati dal fuoco che danzava nel camino
-Voglio semplicemente possederla. E' la mia preda.-
-Sarà meglio così. Ma che ti sia ben chiaro
questo
monito: Non appena infrangerai il tuo giuramento, la tua punizione
sarà ben più dolorosa di quella che ti abbiamo
già
inferto per il tuo tradimento-
Jenny deglutì a fatica. Si allontanò lentamente,
girò l'angolo e arrivò nella sua stanza. Sentiva
il cuore
battere a mille, non sapeva neanche dire il perchè. La vista
dell'uomo ombra l'aveva terrorizzata. Le aveva trasmesso
così
tante cattive sensazioni che non riusciva a credere che esistesse un
essere tanto spregevole... non che credesse alle parole di Julian in
ogni caso. Se avesse voluto solo possederla, nella sua stanza avrebbe
potuto benissimo farlo. Non riusciva a muoversi. Ogni sua
terminazione
nervosa era tesa in attesa di un attacco da qualcuno
nell'oscurità.
Riuscì a calmarsi solo dopo qualche ora. Era rimasta per
tutto
il tempo seduta per terra con le spalle contro la porta, in ascolto. Le
mancava Tom. Le mancava la tranquillità del loro
appartamento,
le mancavano i progetti per la luna di miele, le mancavano gli scherzi
e
le risate. Li non sapeva neanche che ora fosse. Aveva come
l'impressione che il quel mondo non sorgesse il sole.
Che fosse un mondo vuoto, come il cuore degli uomini ombra.
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Capitolo 5 *** buono o cattivo? ***
5
Jenny
aprì gli occhi.
La prima cosa che notò, quella mattina, era che non era nel
suo
letto. Si guardò per un momento spaesata, come se si fosse
dimenticata per un attimo cosa fosse successo. Poi ricordò:
Il
matrimonio, Julian, si era sposata con lui perchè aveva
preso le
sembianze di Tom, ingannandola. Ma un'altra cosa la confuse. Era nel
letto.
Ricordava, e se ne vergognò al pensiero, che era rimasta
fino ad
addormentarsi per la stanchezza accovacciata accanto alla porta,
rannicchiata e in lacrime come una bambina, spaventata che un uomo
ombra potesse andare a prenderla. Ora, invece,
era sdraiata nel letto ampio e morbidissimo, coperta da lenzuola di
seta calde. La stanza era ancora avvolta dalle tenebre.
-Ah, che stupida che sono. Siamo nel mondo delle ombre. Non posso certo
pretendere di veder albeggiare.- si disse alzandosi. Guardò
l'orologio e fu almeno felice che erano solo le otto del mattino. Si
fece una doccia veloce e si vestì. Non voleva che Julian
dicesse
che era una dormigliona, ignorando volutamente l'idea che Julian fosse
entrato nella stanza e che l'avesse messa a letto. Il corridoio era
così illuminato che
Jenny avrebbe voluto degli occhiali da sole, inutile dire che Julian
passava facilmente da un eccesso all'altro. C'erano lampade di ogni
forma e dimensione, alte e basse, gialle e bianche.
Continuò a
camminare cercando di ricordare dove fosse la sala da pranzo, ma un
rumore la distrasse. Proveniva da una grande porta a vetri, a sud della
casa. Un odore dolce come miele la costrinse ad avvicinarsi, ad aprire
la porta trovando Julian.
-Julian?- mormorò dietro di lui. era accovacciato per terra,
su
un ginocchio, e sembrava giocare con qualcosa. L'unica nota stonata era
quell'enorme macchia nero- rosso che si allargava sempre di
più.
Lui si voltò appena. Dietro di lui, la spia respirava a
fatica
alzando e abbassando il torace in modo frenetico.
-Jenny....Passami quel vassoio- disse allungando verso di
lei una mano insanguinata. Lei le porse il vassoio e lui
tornò
ad ignorarla.
-Cosa è successo?-
Julian non le rispose. Continuò a rimanere accovacciato a
terra,
su quella massa informe di peli neri e che ogni tanto si muoveva.
Julian, con le spalle curve e le mani che si muovevano veloci e sicure,
sussurrava parole che lei non aveva mai sentito prima, forse in una
qualche lingua morta, le sussurrava con una tale dolcezza che le
sembrò quasi una ninna nanna. E durò molto, anche
se non
sapeva dire quanto
dato che li il tempo era perennemente confuso. Poi finalmente Julian
smise di parlare, l'incantesimo si sciolse, e lei poté
tornare a
respirare.
Lui si alzò, strofinandosi tre volte le mani, e Jenny, non
riuscendo più a combattere contro la curiosità,
si
avvicinò per vedere cose avesse combinato.
Il lupo, la spia, era
sdraiato per terra. Aveva una delle zampe anteriori fasciata in modo
accurato e dormiva placidamente. Il suo pelo nero era macchiato di
sangue e, per quanto le facesse paura quel cane enorme, sembrava quasi
un cucciolo.
-Cos'è successo?- domandò di nuovo la ragazza.
-Niente che ti riguardi, solo un piccolo incidente- rispose freddo
l'uomo ombra.
Jenny non lo sopportava. Lo
odiava. un momento prima era dolce con il lupo, il
momento dopo era più freddo del ghiaccio.
Ora il lupo riposava, e Julian, dopo aver riposto le garze e gli
utensili che aveva usato per medicare la spia, si accovacciò
accanto a lui e iniziò ad accarezzarlo. Sembrava un bambino
con
il proprio cucciolo, Jenny, per quanto infastidita dai suoi perenni
sbalzi d'umore, non riuscì a non pensare che in quel momento
sembrava quasi
umano.
L'orologio scoccò l'una, facendo sobbalzare Jenny
poiché
era l'orologio di suo nonno a suonare, lo stesso che scandiva le ore
nella casa di carta.
-Julian..- mormorò, impacciata.
-Dimmi-
-Vuoi che cucino io per pranzo?-
-Posso farlo io- rispose lui, continuando ad accarezzare il lupo con
affetto.
-Se vuoi stare con la spia posso pensarci io. Mi piace molto cucinare e
tu mi sembri un po' preoccupato per lui..- si giustificò
lei,
sorridendo.
-Bhe, in questo caso d'accordo. ehm...la cucina è di sotto,
se ti
serve qualcosa basta chiedere- rispose lui, e le parve addirittura
impacciato, sorpreso da
quell'inaspettato atto di gentilezza. Non che fosse stupito che Jenny
si comportasse in modo gentile, dato che lo era sempre con tutti, ma
infondo, lui l'aveva ingannata e rapita. Doveva aver decisamente
sottovalutato quanto
fosse gentile.
Jenny andò di sotto. Il piano inferiore era meno illuminato,
probabilmente perchè Julian non si aspettava che ci sarebbe
andata.
Scegliere cosa cucinare si dimostrò più difficile
del previsto; Julian, di sicuro, aveva assaggiato le cucine migliori
del mondo e lei di certo non era una cuoca eccezionale, per quanto
brava. Alla fine optò per una frittata di patate e verdure,
veloce e semplice da fare, ma comunque buona. Ci mise una ventina di
minuti e la portò nella sala da pranzo.
"Julian non è ancora sceso... sarà ancora di
sopra." pensò, e salì a chiamarlo. Quando
entrò nella sala dove lo aveva lasciato trovò
qualcosa che la lasciò, letteralmente, senza parole: Julian
era ancora inginocchiato accanto al lupo, ma con la testa appoggiata
sulla sua schiena e le mani affondate nel pelo folto della bestia. Ogni
tanto stringeva gli occhi, come se il pelo gli facesse il solletico nel
sonno. Sembrava così tranquillo, così innocente
che faticava a tenere a mente quanto fosse pericoloso. Fece ancora un
passo verso di lui e ora gli era così vicino che poteva
vedere le sue palpebre che tremavano, si avvicinò
ancora un po' e quasi poteva toccarlo ma all'improvviso, qualcosa la
spinse lontano. Non capì subito cosa l'aveva colpita ma
doveva aver gridato perchè Julian, in meno di un secondo,
era già in piedi. Il serpente sibilava minaccioso e la
guardava con i suoi occhi di fuoco, mentre faceva oscillare
la sua coda a sonagli, Jenny si appiattì ancora di
più contro il muro mentre non riusciva a tremare dallo
spavento.
-Va bene, adesso basta.- la voce di Julian era profonda e non appena
pronunciò la prima sillaba il serpente si calmò e
strisciò fuori dalla stanza.
-Cosa diavolo pensavi di fare?- le domandò Julian con
un'espressione dura -Non ti ha mai detto nessuno che non si fissa la
gente mentre dorme?-
Jenny ne rimase senza parole -C-cosa?- per un momento pensò
di non aver capito bene -Ti stai lamentando perchè ti ho
accidentalmente guardato dormire? Ti rendi conto che tu hai fatto la
stessa cosa a me per 16 anni?- non si era mai sentita così
furiosa. Poteva accettare qualunque cosa, ma non rischiare di morire
perchè aveva guardato una persona dormire.
-Non farlo mai più- le ordinò -O la prossima
volta non fermerò il serpente.-
***
Jenny si era così arrabbiata con Julian per quello che era
successo, per il modo in cui l'aveva trattata che si era chiusa da
almeno quattro ore nella sua stanza, sdraiata nel letto a guardare il
soffitto e il fuoco blu. In quel momento era difficile non pensare a
quanto le mancasse Tom e i suoi amici, sua madre e suo padre, la sua
chiassosa città. In quel mondo c'era un silenzio assordante.
*toc toc*
Dei colpi gentili alla porta la distrassero dai suoi pensieri: quando
aprì si ritrovò davanti Julian con un vassoio con
due fette abbondanti della sua frittata di verdure e un succo di
frutta.
-Non hai pranzato.- disse alzando le spalle.
-Non ho fame, grazie.- stava per chiudere la porta quando Julian la
fermò.
-Ok, d'accordo. Sei arrabbiata, è evidente. Ti chiedo scusa,
non dovevo alzare la voce e sgridarti.-
Julian si stava scusando, Jenny non avrebbe mai pensato che lo avrebbe
fatto.
-Io..ok.-
Davvero non capiva come facesse a cambiare umore
così bruscamente. Spesso le ricordava un bambino. Lui
entrò nella stanza con un sorriso e mise il vassoio sul
letto.
Adesso, sembrava decisamente di buonumore.
-Mangia, voglio farti vedere la casa e un po di altre cose.- le promise
uscendo come un tornado dalla stanza.
"Bhè" pensò lei " Non sarà perfetto,
ma di certo non è noioso"
Salve, qui è la vostra Cyanide che vi parla C:
so che il capitolo ha circa mille anni di ritardo e che a mio parere
lascia un po' a desiderare ma, capitemi, io fatico sempre a scrivere i
capitoli intermedi e presto vi tempesterò di sorprese:D
il capitolo ha questo terribile ritardo anche perchè
quest'anno c'è stata la mia maturità e non ho mai
toccato il computer purtroppo!
ma adesso che sono in vacanza, prima dell'inizio
dell'università, cercherò di darmi da fare per
finire la storia.
come sempre, per info potete contattarmi nei messaggi privati del sito
oppure su facebook (https://www.facebook.com/JekaNicoNico)
una buona serata a tutti:)
|
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Capitolo 6 *** Fear ***
fear
Girl,
Your final journey has just begun
your
destiny chose the reaper.
No
fear, destination darkness
The Rasmus – No fear
Luna. Luna
grandiosa. Luna piena, paffuta, candida, che illuminava la notte come
fosse
giorno, che diffondeva la sua luce ovunque e portava gioia, gioia,
gioia. E con
essa le grida a squarciagola della notte, il soffio selvatico e dolce
del vento
tra gli alberi secolari, il gemito vacuo delle stelle, il muggito a
denti
stretti del riflesso sull'acqua.
Con i suoi tenui
raggi giocava ad infiltrarsi attraverso i vetri di una finestra,
danzando nella
piccola stanza con un bagliore etereo.
La ragazza
aprì gli occhi di scatto, il cuore le palpitava nel petto.
Portando il dorso
della mano alla fronte, la trovò madida di sudore. Le
piccole goccioline
sembravano risplendere come cristalli nell’impalpabile
chiarore lunare. Fissò
la piccola sveglia sul comodino accanto al letto, segnava le due del
mattino.
Notte, è
sempre
notte. Che siano le due del mattino o le due del pomeriggio, non esiste
altro
che notte. Si chiese: ma cosa ci sarà mai la fuori? Era
stanca di stare chiusa
in casa, senza mai poter uscire. Si girò e rigirò
a lungo nel letto, ma infine
dovette arrendersi: non si sarebbe mai più addormentata.
L'incubo l'aveva
spaventata, ma non riusciva a ricordarsi di cosa si trattasse.
Probabilmente il
suo inconscio le aveva ricordato la litigata con Julian. Quella sera, a
cena,
si era fatta scappare che avrebbe voluto prendere un po' di sole, che
le mancava
la sua citta, i suoi amici. La reazione dell'uomo ombra era stata
decisamente
esagerata. Si era infuriato, e per tutta la cena non le aveva rivolto
la
parola. Quando Jenny gli chiese cosa avesse, lui aveva iniziato ad
urlare che,
visto che le mancava tanto il sole, forse le avrebbe fatto bene una
gita sul sole.
Il tutto si era
concluso con una sfuriata da parte di entrambi e da quel momento ,
Jenny, giurò
che non le avrebbe mai più rivolto la parola. Era davvero
stanca del suo modo di fare, dei suoi continui sbalzi d'umore che
peggioravano di giorno in giorno. Aveva nostalgia della vita a cui era
stata strappata contro la sua volontà e, per quanto si
sforzasse, Julian non gliela poteva restituire.
Si alzò e
indossò la
vestaglia. I boccoli dorati le ricaddero lungo il corpo, sulla camicia
da
notte color cipria, e la avvolgevano come ,un tempo, faceva il sole.
Il corridoio era
sempre illuminato a giorno, nulla sembrava essere cambiato.
Mentre camminava,
scansando qualche lampada di troppo, ripensò alle sue due
ultime settimane in
quel luogo: Julian si era dato un gran da fare per darle tutto
ciò che avesse
mai desiderato. Ogni giorno, apriva una porta diversa della sua
gigantesca casa
ed era come entrare in un mondo diverso; un mondo fatto di colori, di
suoni.
Tuttavia, erano
sempre solo loro due.
Chissà cosa
faceva
tutto da solo, pensò svoltando l'angolo, diventando
malinconica all'idea di
tutti quegli anni che doveva aver passato da solo. Poteva quasi
vederlo: un
ragazzo dal viso d'angelo, avvolto in un'eterna
oscurità…gli occhi velati da un
sentimento inspiegabile, come se cercasse costantemente qualcosa,
mentre
osservava i colori così brillanti della terra. Forse,
pensò, era stato un po'
indelicato iniziare a parlare della sua famiglia proprio a lui che non
ne aveva
mai avuta una.
Non sapeva dove stesse
andando, ma aveva voglia di camminare. Così non si
curò di capire dove fosse veramente. Superò
qualche porta, svoltò qualche curva, come se stesse
percorrendo un labirinto. Non le interessava sapere neanche come
avrebbe fatto a ritrovare la sua stanza.
Poi si fermo. Uno
spettacolo incredibile l'aveva appena incantata.
Guardando da una
delle poche finestre della casa, poteva vedere lo scenario che aveva
scorto una
volta nella casa di carta: montagne illuminate da una luce verdastra,
sferzate
da soffi di vento che, normalmente, avrebbero
fatto volare via una casa. E la luna: così grande da
sembrare innaturale.
Normalmente si sarebbe
spaventata perchè sembrava più uno scenario
post-apocalittico che un paesaggio, ma in quelle cinque settimane aveva
visto talmente tante cose assurde che la cosa non la sconvolse, anzi,
la incantò.
Non sapeva dire
quanto tempo fosse stata davanti a quella finestra, ma
sussultò quando si
accorse della persona dietro di lei. Avvolta nell'oscurità,
la figura di Julian
era una sagoma nera che si fondeva con il muro.
Solo i suoi occhi dondolavano silenziosi, osservandola e studiandola.
La prima cosa che
notò, prima ancora di voltarsi, furono i brividi che le
percorrevano lungo il
corpo. Cos'era quella sensazione di paura primordiale? Sapeva benissimo
che,
per quanto minaccioso si facesse, Julian on le avrebbe mai fatto del
male. Lui
la osservava silenzioso, tanto che per un momento si chiese se fosse
veramente
li, o se fosse solo un'allucinazione da sonno.
-Oh..- quando,
finalmente, ruppe il silenzio, Jenny si sentì quasi cadere.
-Tu non dovresti
stare qui.-
Le ricordò
la prima
volta che lo aveva conosciuto. Forte, ammaliante, sembrava avvolgerla
pur
restando distante. La voce del lupo che incanta Cappuccetto Rosso,
mentre si
affila le zanne.
-Ah
Julian…- Non se
ne era accorta, ma aveva risposto molto, molto dopo. Cercò
comunque di
mantenere un contegno: non aveva intensione di perdonarlo
così facilmente. Ma
era incantata dai suoi occhi, non riusciva a far altro che
fissarli.
Come gli occhi di
una tigre, tanto belli quanto minacciosi.
-Dovresti fare
attenzione…è pericoloso gironzolare nella tana
del lupo cattivo.- La sua voce
urlava pericolo.
In quel momento
desiderò scappare via. Non ne capiva il motivo, ma si
sentiva come se dovesse
saltarle alla gola da un momento all'altro.
-I-io avevo voglia di
fare due passi, non ho pensato a dove andavo.- Fu più forte
di lei e non riuscì a non balbettare.
-Dovresti fare
attenzione- ripeté. Solo che questa volta sorrise
mostrando i denti:
L'adrenalina nel suo corpo la faceva tremare tutta. Non si era mai
sentita così
minacciata da Julian, voleva correre, ma il suo corpo sembrava come
paralizzato.
-Dovresti fare
attenzione. Un lupo non ci pensa molto prima di strapparti il collo-
Ed era questo che
sembrava Julian. Un lupo affamato pronto a divorarla in un sol boccone.
Ho paura. Ho paura.
Ho paura.
Non pensava ad
altro.
Il corridoio si era
fatto ancora più buio. Ne era sicura, se avesse alzato la
mano, non ne avrebbe
visto il palmo. Se qualcuno le avesse chiesto: Ma che vuol dire "buio
pesto"? Lei avrebbe potuto rispondere "Vuol dire questo"
perché
non esisteva al mondo un'oscurità simile. Era terrorizzata e
lui, adesso, era
così vicino che avrebbe potuto contare i suoi denti bianchi
che, con quel
buio, brillavano bianchi e lucenti.
L'afferrò
per le
braccia, stringendola così forte, così
velocemente, da lasciarla senza fiato.
Sentii il sangue gelarsi: il dolore era incredibilmente forte.
-Ho un'incredibile
voglia di divorarti- i suoi denti erano spalancati vicino al suo collo,
i
capelli, anche se non li vedeva, le solleticavano la guancia. -Proprio
non
resisto. Sei così morbida e fragile, potrei romperti in un
secondo-
Ci provava con tutte
le sue forze a districarsi, ma le sue braccia erano così
forti che non riusciva
a spostarlo di un millimetro. Non era come quando la trattenne nella
sua
stanza da letto: quella volta, anche se la teneva stretta, era stato
comunque delicato, attento a non farle del male.
-Impara che sono fatto
interamente di morte, dalla testa ai piedi, che
è un cadavere quello che ti ama, ti adora e non ti
lascerà mai più, mai più-
- le sussurrò all'orecchio, e
Jenny giurò che stesse
ghignando in modo crudele. Le diede un forte strattone e
avvicinò ancora le sue labbra contro il collo.
Era crudele,
cattivo, malvagio.
Solo che non pensava
fino a quel punto.
Strinse gli occhi, e
iniziò a piangere. Non avrebbe mai pensato che un giorno
Julian l'avrebbe
uccisa. Perchè ne era sicura: Julian, il quel momento, era
più serio che mai. L'avrebbe uccisa. In modo spietato ed
inumano, divorandola viva proprio in quel momento, proprio quando
iniziava a fidarsi di lui. Poteva vederlo pentre affondava le sue zanne
nel suo collo, mentre il sangue iniziava a sgorgare a fiumi, non
lasciandole emettere neanche un grido, tanto la terrorizzava.
L'oscurità era schiacciante, le faceva avere visioni
tremende. Il suo cervello non faceva che lavorare:erano passati una
manciata di secondi e le aveva già fatto vedere una decina
di varianti su come sarebbe morta.
Ma Julian non lo
fece. Non la uccise. Avvolta com'era da quel buio così
oprimente, non capì subito cosa era successa ma, in
una frazione di secondo, si ritrovò contro il muro, mentre
un dolore lancinante
le percorreva tutta la schiena. La testa le doleva, e non riusciva a
capire cosa fosse successo. Guardò nella sua direzione ma
era già scomparso. In quella
oscurità era sola, completamente sola.
Non sapeva dire
quanto fosse rimasta lì, per terra e dolorante. Non
riusciva
a pensare a nulla, se non al dolore e a quello che era
successo. Prima il suo cervello aveva lavorato così
velocemente da farle dubitare che il tempo si fosse fermato, mentre
adesso era diventato una lavagna bianca. Quando i suoi occhi si
abituarono all'oscurità, e ci volle un bel po'
di tempo dato che era buio pesto, dovette sforzarsi di alzarsi per
riuscire a
correre fino alla sua stanza.
Non riuscì
a chiedersi neanche come avesse fatto a ritrovare la strada, non le
importava. Le bastava chiudere a chiave la porta dietro di se, non le
importava nulla, voleva solo sentirsi al sicuro, cancellare quella
sensazione di gelo sotto la pelle. Quando fu dentro corse sotto la
doccia. Aveva così tanto freddo che per un momento
pensò che le si fossero
gelate le ossa e che potessero spezzarsi da un momento all'altro.
Rimase rannicchiata
dietro il letto per tutta la notte e, quando si addormentò,
non fece che
sognare un lupo famelico che cercava di divorarla, non importava che
strada
prendesse, lui riusciva sempre a trovarla.
Ebbene si, sono
tornata. Domando umilmente perdono per il mio ritardo, purtroppo il
tempo che ho a disposizione è davvero limitato. Prometto che
cercherò di ritagliarmi più tempo per la
scrittura ( che, tra l'altro, mi mancava cavolo) Un ringraziamento
speciale va a Aspirina Effervescente, che mi aiuta sempre a non
impazzire completamente mentre scrivo, e a tutte quelle persone che mi
hanno fatto notare che, forse, un anno di pausa dalla scrittura,
lasciando a metà una storia, era un po' esagerato. Grazie
per non avermi rigato la macchina, lo apprezzo molto <3
Detto
questo vi
annuncio che ho creato una pagina su deviantart dove pubblico questa
storia e, ogni tanto, qualche fan art sul gioco proibito.
Poi, visto
che in
molti me lo hanno chiesto ma in questo momento non ricordo chi, vi
lascio anche il link del mio account di facebook, per favore, se mi
aggiungete, scrivetemi in un messaggio privato chi siete,
altrimenti magari non vi aggiungo, e mi dispiacerebbe 3
Detto questo vi lascio perchè questa nota sta
diventando più lunga dello stesso capitolo. Un bacio e
buonanotte <3
Link Deviantart:
http://cyanidelovers30.deviantart.com/
Link
Facebook:
https://www.facebook.com/JekaNicoNico
Ps: ho fatto qualche
modifica al capitolo precedente, volevo solo avvisarvi, adios
|
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Capitolo 7 *** Le premier bonheur du jour. ***
fear3
Le premier bonheur du jour
C'est un ruban de soleil
Qui s'enroule sur ta main
Et caresse mon épaule
C'est le souffle de la mer
Et la plage qui attend
C'est l'oiseau qui a chanté
Sur la branche du figuier
Le premier bonheur du jour- Francoise Hardy
-Jenny, Jenny.-
Una voce, calda come le acque dell'oceano più bello che la tua
mente possa immaginare, pericolosa come uno squalo che si nasconde tra
i flutti.
Tutto il contrario di tutto.
Una lama d'acciaio ricoperta di velluto nero, la morbida pelliccia di un lupo di montagna. Bellissimo e pericoloso.
Ecco cos'era la voce dell'uomo dietro la porta.
Bella e spaventosa, soave e tagliente.
Dalla notte dell'aggressione non
aveva ancora avuto il coraggio di rivolgerli la parola, o comunque di
uscire dalla sua stanza. Una parte di lei si rifiutava di credere a
quello che era successo, non faceva che pensare che, forse, non era
stato altro che un brutto sogno, che Julian, nonostante le apparenze,
non le avrebbe mai fatto del male.
Ma Julian era un uomo ombra. Non era forse nella sua natura ferire e fare del male, essere crudele oltre ogni misura?
-Jenny, sono due giorni che non
esci dalla stanza, che non mi parli.- Quella voce, quella voce che
poteva essere suadente, sarcastica, crudele, manipolatrice, ammaliante,
melodiosa, ironica, quella voce, questa volta, trasmetteva solo
tristezza.
Eccolo, pensò, ecco il lato lunare di Julian.
Era un uomo ombra, ma in quel
momento sembrava solo un ragazzo preoccupato per lei. Dopo tutto quel
tempo passato insieme, ancora si chiedeva come potesse cambiare umore
fino a quel punto. Come poteva essere stato così crudele con lei
e, dopo un giorno, cercarla con così tanta pena nella voce,
bussando dolcemente, con un tono tanto preoccupato?
-Perché non mi parli? Non puoi essere ancora arrabbiata!-
Più il tono si faceva
insistente, più lei si sentiva confusa. Erano giorni che non
dormiva bene, e poi l'aveva aggredita e adesso Julian non faceva altro
che bussare alla sua porta. Quelle ultime parole, poi, la fecero
infuriare ancora di più. Come poteva pretendere che non si fosse
arrabbiata per un comportamento simile?
-Vattene via!- Urlò esasperata.
Poteva immaginarlo, dietro la porta
immobile, aspettandosi di vederla cedere un'altra volta. Per un momento
le tornarono in mente tutte quelle favole dove il lupo inganna gli
ingenui agnellini, mettendo una zampa nella farina, parlando con voce
dolce, mostrandosi innocente, li faceva sempre cadere nella sua crudele
trappola.
Ma questa volta non sarebbe stata gentile, non sarebbe stata debole.
-D’accordo, ti lascio sola.-
Avvertì un leggero rumore, come di piatti che tintinnavano,
mentre lui si avvicinava ancora una volta alla porta. -Ti lascio qui il
pranzo, mangia per favore.-
Seppur contro voglia, aveva un
corpo umano, quindi dovette cedere e mangiare quello che aveva
preparato per lei. Mentre sgranocchiava qualche grissino,
ripensò alla sua reazione quando gli aveva urlato di andarsene.
Era convinta che, solo qualche settimana prima, avrebbero litigato per
giorni, e avrebbe dovuto sopportare Julian parlarle con sarcasmo.
Invece era stato premuroso, e le aveva addirittura preparato da
mangiare. Avrebbe voluto parlargli, capire il perché quella
notte l'aveva aggredita a quel modo, ma ancora non ce la faceva. Aveva
solo l'impressione che ci fosse qualcosa di davvero strano nel suo
comportamento. Qualcosa di innaturale.
Certo, Julian aveva mostrato un
sacco di volte il suo lato da uomo ombra, ma non si era mai spinto
più in la di un limite che lui stesso si era creato. Per quanto
la minacciasse, non aveva mai cercato di ucciderla o ferirla. Persino
con i suoi amici era stato attento a non ferirli in modo troppo grave,
neanche quando ne aveva avuto la possibilità. Persino con
Summer, quando le aveva fatto credere di averla uccisa, in
realtà non aveva fatto altro che addormentarla per tutto il
tempo, senza torcerle un capello e prendendosi cura di lei.
-Jenny- i suoi pensieri si interruppero quando sentì, di nuovo, la voce di Julian. -Posso parlarti, per favore?-
Sembrava troppo in pena, per quanto
fosse arrabbiata non riusciva a lasciarlo fuori da quella stanza. Si
alzò, premette con l'orecchio contro la porta, indecisa su cosa
fare.
-Perdonami, non volevo ferirti, so
di essere difficile. Ma tu sei la prima persona che abbia mai amato e
sei l'ultima persona che vorrei ferire.-
Jenny guardò la porta,
sconvolta da una tale ammissione. Julian aveva detto più di una
volta che l'amava, ma mai con quel tono. Non si era mai scusato in quel
modo, come un bambino che ammette di aver rotto qualcosa.
-Julian.- si stupì della
fermezza della sua voce mentre dentro di se ancora tremava. -Sono
ancora arrabbiata, mi hai spaventata molto. Ma sento che adesso non
vuoi farmi del male, per questo ti sto parlando. Però…ho
bisogno di stare un po' da sola.- Non riuscì a fermarsi, avrebbe
preferito tacere -Io non mi fido di te. Non conosco quasi nulla di te,
mentre tu conosci tutta la mia vita. Non credo che riuscirò mai
a capirti, non credo che riuscirò mai a sopportare i tuoi
continui sbalzi d'umore. Mi hai rapita il giorno del mio matrimonio,
senza pensare alle conseguenze. Mi mancano i miei amici, mi manca il
mare, il sole, il cielo azzurro e la colpa è tua.-
Si morse la lingua, erano tutte cose che pensava, ma non avrebbe voluto dirle con quel tono così rabbioso.
-D'accordo. Ti lascio da sola.- Non
aveva risposto subito, come se modulasse le sue parole, cercando di non
dire niente di sbagliato.
-Ma ho preparato la cena, e sarei
felice se cenassi con me alle nove.- Fece una pausa, indeciso se
aggiungere o meno quello che stava pensando -Questo non è un
ordine, è solo un invito a cena, sei libera di rifiutare se non
volessi venire.-
Jenny aveva pensato per tutto il
pomeriggio se accettare o meno l'invito a cena. Una parte di lei, non
faceva altro che cercare la voce dell'uomo ombra. Una parte di lei
desiderava la sua compagnia più di qualsiasi altra cosa,
un'altra ancora lo temeva. Ma alla fine decise di dargli un'altra
possibilità.
Quando arrivò in sala,
Julian non la stava guardando. Sembrava più interessato a
guardare fuori dalla grande finestra, dove la luna si stagliava grande
e silenziosa. Si voltò appena: come la luna, metà del
volto in ombra e metà illuminato.
-Sei venuta.- Non era una domanda, solo una costatazione, ma era evidente che il suo volto si era disteso.
Jenny annuì; Guardò
la tavola imbandita di ogni ben di dio, elegantissima. Al centro, i due
grossi candelabri d'argento erano l'unica fonte di luce nella stanza.
Anche Julian era elegante quella
sera: Indossava una camicia bianca, giacca grigio scuro e jeans neri
stretti. La cravatta, annodata con cura e i capelli pettinati
all'indietro, con solo qualche ciuffo ribelle che gli ricadevano sulla
fronte, gli davano un'aria particolarmente seria e aristocratica.
-Siediti, ti prego- disse mentre si
sedeva anche lui, dal lato opposto del tavolo. Iniziarono a mangiare in
silenzio, senza guardarsi negli occhi. Jenny alzò un po' lo
sguardo, scoprendo Julian che la fissava, le braccia incrociata,
l'espressione seria.
-Non mi piacciono le serate
così.- Non c'era sarcasmo nella sua voce, nessuna
espressione beffarda. -Preferisco le sere dove la luna è
calante, si vedono di più le stelle. E' più romantico.-
Jenny lo guardò sorpresa ma lui la ignorò e
continuò.
-Poiché sono figlio della
notte, amo le notti stellate- La fissò per qualche istante, come
se aspettasse che assorbisse quelle notizie. -Tanti pensano che,
essendo noi degli uomini ombra che vivono nell'oscurità, odiamo
la luce. In realtà la amiamo molto.-
-Julian, ma cosa…?-
-Perché un'ombra non
può esistere senza la luce. Un'ombra, se c'è solo
oscurità, smette di esistere.- Si fece più avanti con il
busto, come a volerle rivelare un segreto -Il contrario è lo
stesso. Solo luce uccide l'ombra.- Le sue pupille blu riflettevano la
luna. Questo, pensò Jenny, lo aveva sempre saputo, bianco e
nero, era così che si era sempre descritto.
-Io amo sia l'oscurità che
la luce, perché è questo che sono io. Non esiste niente
nell'universo che possa rappresentarmi meglio. Tuttavia, sono sempre
stato affascinato dai colori della terra, non ho mai visto da
nessun'altra parte qualcosa di così vivo e luminoso.-
Jenny lo guardò bene: Una
vena malinconica attraversò i suoi occhi. Quanto tempo aveva
passato ad osservare, studiare quel mondo?
-Così mi sono sempre
avvicinato il più possibile, anche se non potevo mai toccarlo.
Ci sono regole precise e antichissime, nessuno può violarle.
Anche se, devo ammetterlo, per me la tentazione è sempre stata
molto, molto forte.-
Lo guardò con aria interrogativa; Il suo volto diceva: perché mi stai dicendo tutto questo?
Non era ne sprezzante, ne
sarcastico. Ascoltarlo parlare era come una melodia distante, ora
allegra, ora malinconica. Come una musica lontana che solo il tuo cuore
ricorda, priva di note precise, formata solo di sfumature. Ecco cos'era
Julian in quel momento.
-Ma perchè?- Domandò
Jenny. -Anche se la terra ha dei colori così belli nell'universo
c'è molto di più. Pensa a questa splendida luna, dalla
terra non è altro che un piccolo disco d'argento. Qui invece
è enorme e bellissima!- Jenny guardò fuori dalla
finestra: la luna era talmente grande da illuminare l'intera stanza.
Julian sorrise. Il sorriso più triste che avesse mai visto: un misto di malinconia e angoscia.
-Hai ragione, da qui la luna
è meravigliosa. Ma è fredda, ferma, immobile. Qui nulla
cambia.- fece una pausa, nei suoi occhi dondolavano la luce argentea
della luna e le ombre della stanza, si abbracciavano, si districavano,
come due amanti costretti a separarsi per sempre. -Io, come
l'oscurità, anche se cambio nel corpo sarò sempre
ciò che sono. Il resto rimarrà sempre immutato. Non posso
cambiare, è per questo che amo la terra. Non è mai ferma,
cambia continuamente, si muove, muta, respira, vive.-
Ascoltarlo era così
piacevole...ma leggeva tanta di quella tristezza da farle male il
cuore. Jenny quasi si dimenticò di tutto quello che era successo
nelle ultime settimane, era completamente incantata. Come se il tempo
si fosse fermato, non si accorse neanche che parlavano da più di
due ore. Julian parlava come se fosse del tutto rassegnato alla sua
condizione. Senza speranza. Quelle ombre che vedeva negli occhi
di Julian, si chiese come potesse cancellarle. Da solo, per tutti
quegli anni, nell'oscurità più profonda. La sua immagine
solitaria la invase di tristezza. Si chiese se non ci fosse un modo di
estinguere quelle tenebre e portare anche solo un tenue barlume di
speranza.
Jenny fu svegliata da un tocco
leggero alla porta. La luna era alta nel cielo. Piena, come sempre. Si
alzò dal letto ancora assonnata, aprendo la porta all'uomo
ombra. Era bello, illuminato da un sorriso gentile. Sembrava allegro,
nonostante la conversazione a cena fosse virata su di un argomento
abbastanza spinoso. Indossava gli stessi vestiti che aveva a cena, ma
sembravano sgualciti, con i capelli in disordine e senza cravattino.
Avevano fatto tardi perchè erano rimasti a parlare finché
a Jenny non avevano iniziato a chiudersi gli occhi per il sonno. Ma
aveva passato tutta la sera a raccontare a Julian quando, qualche anno
prima del matrimonio, lei e i suoi amici erano stati al mare e di
quanto si erano divertiti. Julian l'aveva ascoltata incantato, come se
attraverso le sue parole potesse raggiungere quel luogo lontano.
-Jenny... dormivi?- Le domandò guardando stupito la sua camicia da notte.
-Julian, sono le quattro del mattino. Cosa ti aspettavi?-
Lui la guardò ancora per un
momento indeciso. Ne sembrava stranamente stupito, ma si riprese
in fretta. Le sorrise in modo divertito, allegro come non mai. -Bene,
ho un regalo per me.-
Jenny non fece in tempo a chiedersi
cosa volesse dire. Julian la tirò per un braccio, correndo per
il corridoio, la portò davanti ad una porta.
Non era molto diversa da tutte le
altre porte della casa. Era bianca, lucida e grande con strane
incisioni leggermente più scure che, a prima vista, potevano
sembrare decorative. Le riconobbe subito, erano rune. Julian doveva
aver creato un'altra delle sue strane stanze. Ma quando aprì la
porta, Jenny ne rimase sconvolta come non le era mai successo nella sua
vita.
Il corridoio, ora, era illuminato
da un angolo di luce calda. La ragazza non poteva credere a ciò
che i suoi occhi vedevano. Dietro la porta si estendeva una lunga
striscia di sabbia bagnata dal mare più azzurro che avesse mai
visto. Lei si voltò un momento dietro di sé: il corridoio
della casa era ancora lì. Tuttavia davanti a lei una brezza
calda e leggera le accarezzava il viso.
Il sole splendeva grande e caldo
sopra di loro. Niente più oscurità, in quella stanza
c'era solo calore ad accarezzarle la pelle.
-Ma Julian... come hai fatto?- Aveva le lacrime agli occhi dall'emozione.
Il sole le era mancato fin da
subito, ma solo in quel momento capì davvero quanto le era
mancata. Sentire quei raggi caldi sulle spalle era come avere una
coperta sulle spalle, era come l'abbraccio di un amico, il sorriso di
un bambino. La luce la invadeva, la infiammava.
La sabbia era calda, ma non
bruciava. Il mare non era solo azzurro ma di mille colori. Non sapeva
dire di che tonalità fosse, sapeva solo che era bellissimo.
-Tu non vieni?- Jenny guardò
Julian, ancora sul ciglio della porta, ancora coperto dalle ombre del
corridoio. Si fermò. Presa dall'euforia non aveva notato che
l'uomo ombra non si era ancora mosso. Forse, pensò, lui non
poteva esporsi alla luce del sole.
Si sentì un po' triste all'idea che avesse fatto tutto quello per lei e che non potesse goderne neanche un po'.
Ma lui non ci mise tanto a stupirla
ancora una volta. Lentamente, come se volesse studiare la sua reazione
a quella vista, entrò nella stanza.
Sotto la luce dorata Julian
sembrava completamente diverso: gli occhi sembravano più chiari,
come due coppe d'acqua cristallina, il cielo si rifletteva nei suoi
occhi, facendolo sembrare un bambino innocente. Non erano più
laghi invernali, gelidi e immobili. Ma erano due oblò che si
affacciavano sul caldo mare del sud. I capelli erano tanti filamenti
d'oro chiaro, la sua pelle era incredibilmente chiara, sottile. Era la
prima volta che lo vedeva alla luce del sole, e sembrava
così etereo, così strano. Nello stesso momento distante e
presente, reale e irreale.
Chissà quanto tempo era
rimasta con la bocca semiaperta, a fissarlo incredula. Perchè
Julian non poteva non essere guardato in quel momento. Con i suoi
movimenti eleganti, come una tigre bianca che lentamente si muove sulla
neve, sembrava perfettamente a suo agio anche in quella situazione
così estranea a lui.
-Ti piace?- Le era così
vicino che poteva sentirne l'odore, un profumo così avvolgente e
dinamico, qualcosa che non aveva mai sentito prima. Lei annui. Non
sapeva cosa dire.
-Tu...- mormorò piano, quasi
timorosa di interferire con un qualche incantesimo -Come hai fatto a
creare una cosa del genere?-
Julian le sorrise. Un sorriso un
po' ironico, sembrava non riuscire a nascondere il suo orgoglio per la
sua opera -Oh, questa è una sciocchezza, ho fatto molto di
più.- Le prese la mano, conducendola vicino a due sdraio strette
sotto un ombrellone. Più a destra c'erano tre palafitte con tre
casette in paglia e ricoperte di foglie di palma. l'acqua era
così limpida che, anche a distanza di qualche metro, poteva
vedere sassi, pesciolini e piccole conchiglie che rotolavano oziose
sotto le onde delicate.
-E' tutto così bello...- Il paradiso in cui credeva, doveva essere su per giù simile a quella stanza.
-Se vuoi, puoi anche fare il
bagno.- Julian iniziò ad incamminarsi verso una delle cabine,
con le mani in tasca e un sorriso divertito stampato in faccia. Sapeva
che stava rispondendo alla voglia più impellente della ragazza,
risvegliata da quando le aveva mostrato la sua opera più bella.
-In quella cabina ci sono dei costumi e prendisole, scegli quello che
ti aggrada di più.-
L'acqua non solo era bellissima, ma
anche calda. Jenny si immerse: avvolta com'era da quell'acqua tiepida,
le sembravano lontani sia il mondo delle ombre che gli uomini ombra.
Persino Julian, nel suo costume nero, sembrava una persona normale.
Bhé, certo, non del tutto ordinaria, ma certo non sembrava un
uomo ombra. Si sentiva felice, libera di potersi divertire veramente,
senza paura.
Julian le nuotava vicino, i capelli
che gli gocciolavano sugli occhi gli davano un'aria un po' mistica,
come un tritone che emerge dall'acqua. Jenny lo gurdò. Era
bello. Il suo fisico sembrava quello di un modello, muscoloso e
scolpito, ma senza cadere nell'eccesso. Sul viso baciato dal sole si
formavano ombre che mettevano in risalto gli occhi, tanto blu che
sembrava dovessero sciogliersi e colare in acqua da un momento
all'altro. Anche Jenny si sentiva bella. Come costume aveva scelto un
pezzo unico tutto bianco, non perchè avesse poca scelta, quando
era entrata nel camerino aveva trovato un centinaio di costumi e
prendisole, ma perchè era il più semplice che avesse
trovato. Ci aveva abbinato un kimono lungo, anche questo bianco,
leggero e voluminoso, soprattutto per riuscire a nascondere i lividi
che Julian le aveva provocato quando l'aveva sbattuta contro il mobile
qualche giorno prima. Erano ancora tra il viola e il giallo e non
voleva che lui s'incupisse proprio ora che stavano passando un momento
tranquillo. Julian si era impegnato per riuscire a creare quella stanza
e lei desiderava che passasse una bella giornata sotto il sole.
-A cosa pensi?-
Doveva essersi persa nei suoi
pensieri, tanto da non accorgersi che Julian le era accanto. A
giudicare da come la guardava, poi, doveva aver assunto una faccia un
po' strana.
-Oh, nulla. Mi stavo solo chiedendo
come puoi esporti in questo modo alla luce.- Gli nuotò un po'
più vicino. Non si sarebbe mai stancata di guardare quegli occhi
languidi.
Sorrise. Uno dei suoi soliti ghigni
beffardi e sornioni. -Bhé, ho creato io questa stanza. E quel
sole è solo un'imitazione. Il vero probabilmente mi avrebbe
accecato o incenerito, o qualcosa del genere.-
-Ti ringrazio.-
-Perchè mi ringrazi?-
-Come perchè? Hai creato "un celo in una stanza" per me.-
-Sei strana.- Adesso erano uno di
fronte all'altra. Jenny poteva vedere i suoi occhi che si specchiavano
in quelli di Julian, che si specchiavano nei suoi, così
all'infinito. Dal suo tono non non capì a pieno se quella era
una critica o un complimento.
-Sarei strana?-
-Si. Sei così strana, non ti
arrabbi mai. Tu sei incredibilmente buona.- Parole già dette,
eppure sembravano ogni volta nuove.
Julian guardò più
lontano, come se non stesse parlando solo con lei, ma come se stesse
pensando a qualcos'altro. Nonostante i suoi continui cambiamenti
d'umore, Jenny iniziava ad apprezzare la compagnia di Julian. Sembrava
sempre entusiasta, sempre pieno di idee, sempre in movimento, Con lui
era impossibile annoiarsi. Eppure c'era sempre quella vena di
malinconia nei suoi occhi, così oscura e segreta, una ferita
profonda come l'oceano, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di colmarla in
qualche modo.
Dopo essere rimasti a mollo per
quasi tre quarti d'ora le dita di Jenny, diventate più simili a
quelle di una vecchietta, le fecero notare che forse era ora di
rilassarsi un po' al sole. Certo, questo però non era nei piani
dell'uomo ombra. Julian aveva organizzato una serratissima tabella di
marcia con una stragrande varietà di attività che
avrebbero potuto intraprendere, dallo snorkeling, al beach-volley, per
poi mangiare i suoi piatti preferiti e il miglior gelato italiano, e
finire la giornata guardando il grande sole artificiale tramontare
sull'oceano nella stanza.
Fu la giornata più bella e felice della loro vita.
Seduti sulla sabbia umida Julian guardava Jenny che guardava il cielo tinto di mille colori. Le splendevano gli occhi.
Non era solo bella, emanava un'aura di luce, di vitalità, di passione, di forza. Jenny era la vita.
Spesso si ritrovava a pensare cosa
avrebbe fatto se non l'avesse mai incontrata. Sarebbe rimasto il
solito, vecchio uomo ombra, così ancorato alla sua furia da
diventare un mostro?
Per il suo corpo aveva bisogno di
un minimo di cibo e abiti. Per la sua anima non aveva bisogno di
niente. Sicurezza, dedizione, tenerezza, amore. O comunque si chiamino
quelle cose che si presume occorrano ad un essere umano. A lui non
erano affatto necessari. O meglio, la sua specie aveva fatto in modo
che non gli fossero necessari. Dopo la sua nascita, quando aprì
gli occhi per la prima volta al suo mondo di ghiaccio, tutto quello che
vide furono quegli orrendi uomini ombra. Erano loro che gli avevano
insegnato a fare in modo che non gli fossero necessari per vivere.
Provare sentimenti era per gli umani, non per gli uomini ombra. Eppure,
il primo respiro, quel bambino dai capelli bianchi che ancora ignorava
tutto del mondo, che ancora non aveva mai visto nulla, poteva
trattenerlo. Se non avesse affermato la sua esistenza, se non avesse
pronunciato il suo nome lui stesso con vigore potente, sarebbe
scomparso, scegliando la via diretta che va dalla nascita alla morte.
Avrebbe certo evitato una quantità di sciagure a molte persone e
a se stesso. Ma per uscire di scena così discretamente avrebbe
dovuto avere un minimo di gentilezza innata, cosa che Julian non aveva.
Fin dall'inizio fu un mostro. Ripensando alla sua intera esistenza era
facile dire perchè fosse stato colpito così profondamente
da Jenny.
Luce nella sua oscurità.
Jenny sembrava una reliquia che neanche un monaco privo di macchia
potesse osare toccare. Emanava un calore che sembrava riscaldare il suo
cuore di ghiaccio.
-Julian- La voce cristallina lo
allontanò dai suoi cupi pensieri. -E' tutto così bello.
Non potrò mai ringraziarti abbastanza.-
Lui la guardò: Con il sole
alle spalle sembrava davvero una visione divina. Fremeva. Una fame
improvvisa lo colse. Qualcosa di inconscio come se non desiderasse
altro che affondare le sue fauci nella sua carne solo per sentirla
vicina. Solo per sentire quel calore contro il suo cuore. Pensò,
Se divorassi la sua luce, forse non sentirei mai più questo
bisogno così impellente.
Si avvicinò: Jenny sembrava
in trance, non riusciva a divincolarsi. Desiderava solo sentirla
vicina. Poterla stringere. Possederla. La strinse, e adesso erano
entrambi stesi sul bagno asciuga, lei con il suo kimono che l'avvolgeva
bianco e trasparente come una vergine, lui con i capelli che gli
cadevano su gli occhi, tendaggio che gli ostruiva quella visione. Il
tempo sembrava fermo, il silenzio era assoluto.
Ed ecco, il bacio che Jenny inconsciamente aspettava. Il bacio che Julian desiderava da sempre.
Un bacio che non era stato forzato o rubato con l'inganno.
Le labbra erano sempre più
vicine, Jenny tratteneva il fiato, come se non volesse interrompere per
nulla al mondo quella magia. Sentiva il cuore di Julian che batteva
all'impazzata contro il suo petto, mentre le sue mani la stringevano
lungo i fianchi. Ecco, pensò, sta per succedere.
Ma a meno di un centimetro dalle sue labbra, Julian si fermò.
Sono solo 01:51 e ho già finito. Sono molto fiera di me.
Colgo l'occasione per ringraziare
le persone che continuano a leggere questa storia, pur essendo passato
così tanto tempo. Purtroppo amo scrivere, ma la mia
università non mi permettere di dedicarmi quanto vorrei.
Spero che il capitolo vi piaccia,
ci ho messa tutta me stessa ma non so se essere del tutto orgogliosa
del mio lavoro. Volevo assolutamente che Julian creasse una stanza con
il mare, ma è stata abbastanza difficile da descrivere e forse
non ho fatto un lavorone. E comunque, finche ho ancora qualche sera
libera scriverò più capitoli possibili, cercando di non
metterci una vita <3
un salutone C:
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Capitolo 8 *** Bloodbath ***
8
Non avermene, lingua, se prendo
in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle
sembrare leggere.
Wislawa
Szymborska
Con gli occhi chiusi,
Jenny era pronta a ricevere un bacio che non
arrivò.
Quando li
riaprì, Julian la stava fissando.
In realtà non
stava
guardando proprio lei, ma piuttosto la sua spalla. I suoi occhi erano
specchi che riflettevano tutto ciò che lo circandava.
Guardandovi attraverso tutto sembrava sul fondo di due immensi oceani.
Le
sfiorò la spalla, delicatamente, ma lei sentì un
lieve
dolore. Il kimono, che si era curata di avvolgersi intorno
alla vita, in modo che i lividi non si vedessero, quando
Julian le era venuta incontro, sdraiandosi, il fioccolo che teneva
chiuso
si era slacciato, scoprendole la spalla.
-Cosa hai fatto qui?-
Julian
l'aveva chiesto con tono non curante ma sembrava quasi arrabbiato.
Aveva le sopracciglia cruciate, gli occhi
fissi suoi lividi viola. La stringeva e Jenny non seppe dire cosa le
facesse più male: Se la spalla, il braccio stretto nella
morsa
della sua mano, o il suo sguardo preoccupato.
-Julian..ormai non
è nulla di cui preoccuparsi.- cercò di
tranquillizzarlo. Si alzò un po', ritrovandosi con il viso
vicinissimo al suo. -E' solo qualche livido, non è niente.-
-Non è
niente?!- lui la scostò un poco -Voglio sapere cosa ti sei
fatta.-
Jenny lo
guardò un po' stranita. Possibile che non ricordasse? O
forse non pensava che, spingendola, le avesse provocato dei lividi?
-Julian ascolta...- Non
voleva dirglielo. Per tutto il giorno era stato
così premuroso ed attento, le aveva fatto fare tutto quello
che
desiderava, si era preso cura di lei, e non voleva farlo sentire in
colpa. Quel che è stato è stato. Non le
importava,
Julian era cambiato. Non era più il vecchio uomo ombra.
-Jenny.- Era serio, il
tono fermo, la voce autoritoria.
-Due sere fà,
quando ti ho incontrato davanti alla
finestra...quella nel corridorio a destra.- Jenny tremava al ricordo.
Lui era davanti a lei, continuava a tenerla per le braccia, senza farle
male, in modo protettivo. Eppure ancora il ricordo le provocava un
fremito di paura. -Quando tu mi hai spinta, io ho colpito il mobile
dietro di me e mi è uscito qualche livido.-
Julian socchiuse le
labbra, incredulo.
-Però
davvero, non è niente. Ancora qualche giorno e
sarò come nuov...-
-Io non ero in casa due
giorni fa.- La interruppe. Jenny rimase in silenzio, fissandolo.
-Che vuol dire che non
eri in casa?-
-Non ero in casa.-
Jenny lo
guardò. Iniziava ad arrabbiarsi. Poteva perdonare e
tollerare quel suo comportamento, ma non poteva sopportare che lui lo
negasse con così tanta leggerezza. Non le importava che le
avesse fatto del male, ma doveva assumersi le sue
responsabilità. -Julian, anche se mi hai fatto male io non
sono
arrabbiata con te.- Lui si era alzato in piedi, voltandole le spalle, e
lei aveva fatto lo stesso guardando la sua schiena muscolosa. -Ma devi
ammettere quello che hai fatto.-
Julian si
voltò di scatto. -Mia cara,- Julian fu attento ad
instillare tutto il veleno che potè in quelle parole -Se
fossi
stato io non avrei motivo di negarlo...e non te la saresti cavata con
qualche livido.-
-M...Ma sembravi proprio
tu!- Jenny ignorò il suo tono crudele,
perchè Julian non sembrava poi così convinto
della sua
innocenza.
Julian si
toccò il mento, pensieroso. L'atmosfera romantica e
rilassata si era dissolta, gelo e tensione erano calati su entrambi.
Jenny non capiva. Come poteva non essere stato lui? Eppure quelli erano
proprio i suoi occhi.
-Hey.- Julian la
ridestò dai suoi pensieri. -Tu sei sicura che
fossi io?- La sua domanda la colse di sorpresa. Julian non le
era
sembrata del tutto convinto di essere innocente. Sembrava
titubbante, come se non potesse fidarsi di se stesso. Ma la
domanda era
pertinente. Era davvero convinta che fosse stato Julian? Ne era
convinta perchè quella era la sua casa e c'era solo lui...ma
Jenny aveva già visto altri uomini ombra.
-Ecco...più o
meno si.- Rispose indecisa. -Era buio, e vedevo
solo i tuoi occhi.-
-Grazie per la tua
precisione nel raccontare i fatti. E dimmi, ti ho detto qualcosa per
caso?-
Julian parlava in prima
persona, come se fosse stato davvero lui, ma
Jenny ormai era quasi convinta che non fosse stato lui. Si
sentì
quasi in colpa per averlo accusato in quel modo. -Hai detto che mi
avresti divorata.- rispose a bassa voce
- Che non mi avresti mai
più lasciata andare.-
Lo guardò. In
piedi, con le braccia lungo il corpo, sembrava
quasi un bambino. Si voltò di scatto, camminando verso la
porta,
facendole cenno di seguirla. Jenny faticava a tenere il suo passo,
affondava nella sabbia leggera, mentre invece lui camminava con
facilità. Uscendo dalla stanza, lui tornò ad
essere
vestito come prima. Jeans e camicia, giacca grigio scuro, capelli in
dietro. Jenny si sentì a disagio, ancora avvolta nel Kimono
leggero e il costume bianco. Si sentiva nuda, indifesa.
Julian, invece, sembrava
furioso. Anche guardandolo da dietro poteva immaginarsi gli occhi
fiammeggianti e la mandibola tirata.
-Aspetta!- Doveva quasi
correre solo per stargli dietro- Lui si
fermò di colpo, squadrandola dalla testa ai piedi. Non le
importava se era mezza nua e ancora bagnata; non le importava se stava
congelando. Non era stato Julian a farle del male quella sera e le
dispiaceva di averlo accusato subito, senza neanche pensare che forse
non era stato lui.
-Perchè non
me lo hai detto?- Il suo tono era talmente fermo e
forte da farla sussultare. -Perchè non mi hai detto quello
che
era successo.-
-Perchè...-
già, perchè?
Perchè non avevo dubbi che fossi stato tu!
Non poteva
dirglielo. Si sentì crudele, perchè
aveva subito incolpato Julian, senza mai dubitare che fosse stato lui.
Forse perchè aveva ancora nella mente l'immagine di Julian,
il
terribile principe delle tenebre, pronto a rapirla e a farle scherzi
crudeli. Eppure sapeva benissimo che Julian non le avrebbe mai fatto
del male. Mai, per nulla al mondo.
Julian non
aspettò che rispondesse. Non se ne era accorta, ma
erano arrivati davanti alla sua stanza. Julian le aprì la
porta,
restando appoggiato al ciglio della porta, con le braccia incrociate
contro il petto.
-Il lupo
rimarrà con te finchè non torno. E' un amico fedele,
un animale molto intelligente. Se mai dovesse succedere qualcosa ti
proteggerà da chiunque...persino da me.- Il tono era
asciutto,
senza guardarla negli occhi, si diede una leggera spinta, tornando in
piedi dritto e severo. Se ne stava andando. Avrebbe voluto dirgli
qualcosa, ma ogni parola sembrava inutile, senza importanza.
-Ah, Jenny.- Lui si
voltò, il corpo verso la porta aperta, la
guardava con la coda dell'occhio. -Anche tu sai essere crudele a
volte.-
Non sapeva dire
perchè, ma anche se erano passate ore, non era
ancora riuscita a smettere di piangere. Si sentiva stupida, ma non
riusciva a trattenersi. Il lupo la guardava dal basso verso l'alto, con
i suoi occhi eterei, accucciato in un angolo della stanza. Non sembrava
così cattivo adesso che lo guardava bene. Sembrava
più un
cucciolo. Forse, pensò, era così docile
perchè
Julian gli aveva ordinato di esserlo, ma le diede un po' di
serenità sapere di potersi fidare di qualcuno. Si sedette
vicino
a lui, avvicinandogli una mano sulla fronte, scoprendo che il suo pelo
era incredibilmente morbido. Mentre lo accarezzava non riusciva a non
pensare a quanto fosse stata ingiusta nei confronti di Julian. A volte
era cattivo con lei, certo, e i suoi continui sbalzi d'umore le
facevano perdere qualche venerdì, ma era anche premuroso e
gentile quando
voleva. L'aveva accontentata in tutto e per tutto, eppure lei non aveva
perso occasione di accusarlo ingiustamente. Desiderò farsi
un
bagno caldo per cancellare tutta quell'ansia e quella tristezza.
Forse
l'acqua calda avrebbe alleviato il suo senso di colpa.
Quando entrò
in bagno, non notò subito i cambiamenti. Si
spogliò pronta ad entrare nella sua vecchia doccia, la
stessa
che aveva a casa sua. Eppure, quando si voltò, non
trovò
il box con dentro tutti i suoi shampii e spugne colorate, ma una bella
vasca in stile settecentesco, dal colore tra un bianco porcellana e in
verde chiaro. Aveva la forma di una conchiglia ricurva, e come piedi
delle zampe di leone in oro. Sull'acqua galleggiavano dei petali di
rose, che sprigionavano un profumo senza pari.
Neanche nei roseti
più belli e grandi del mondo c'era un profumo simile.
Immergendosi nell'acqua calda il profumo la invase completamente. Era
come una sinfonia paragonabile allo strimpellare solitario di un
violino. Ed era anche di più. Jenny chiuse gli occhi e
sentì che i ricordi più sublimi si ridestavano in
lei. Si
rivide bambina, danzare sul prato, in un giorno di pioggia con il sole
e vide i contorni di un mazzo di rose sul davanzale della finestra, che
oscillavano nella brezza notturna; udì uccelli cantare qua e
là e, da lontano, la musica di un ballo di gala.
Udì un
bisbigliare fitto fitto nell'orecchio, e sentì sensazioni
mai
provate prima.
Oblio; era
così rilassata che si sarebbe addormentata da un
momento all'altro. La cosa non le interessava. L'acqua era perfetta, e
sentiva che non le importava più nulla. Non pensava
più a
Tom già da un bel po', ne ai suoi amici o alla sua famiglia.
E
adesso non pensava neanche ai suoi sentimenti per Julian, se fossero
buoni o no, la sua mente era un foglio bianco.
Non
importa. Ci penserò domani. Non importa.
Lentamente si
sentì scivolare sempre più dentro l'acqua.
Si portò una mano alla testa per bagnare un po' i capelli.
Lacqua era densa, leggermente viscosa. Non le dava fastidio, ma le
rimaneva appiccicata alle mani.
Si tirò un
po' su, e qualcosa dentro l'acqua la sfiorò.
Sangue. Era immersa in
una vasca colma di sangue denso e scuro.
Quando lo
capì con chiarezza, quando realizzò, dette un
grido terribile, come se stesse bruciando viva.
Intorpidita,
riuscì a malapena a buttarsi fuori dalla vasca. Se
il grido non avesse lacerato la nebbia nella sua mente, sarebbe
annegata in se stessa: una morte atroce.
Lacqua non era
più chiara e trasparente, ma di un rosso
così scuro e dall'odore così penetrante che
scacciò via ogni suo pensiero. Il profumo che sentiva fino a
qualche momento prima le faceva girare la testa e le gambe erano
così molli che, alzandosi in fretta, cadde per terra. Il
sangue
stava traboccando dalla vasca. Anche dalla base della vasca
potè vedere pezzi di carne, arti, umani. La stanza, il
bagno, erano completamente avvolti nelle tenebre e Jenny
sentì delle voci che ridevano maligne. Non riusciva neanche
a pensare a loro in quel momento. Desiderò
soltanto scappare da quel posto. Gattonò un po' verso la
porta,
cercando di alzarsi in piedi, ma ad ogni respiro aveva dei
violentissimi capogiri. Ogni millimetro che faceva verso il
corridoio, una fonte di luce, rischiava di vomitare le budella.,
figurarsi pensare di alzarsi.
Trascinandosi fino al
corridoio, tutto ciò che vedeva era
confuso; Il soffitto si fondeva con il pavimento, girava tutto, e non
capiva bene neanche dove stesse andando. Cosa avrebbe dovuto fare?
Quando raggiunse il
corridoio, le luci iniziarono a spegnersi una l'uno. Anche se non
vedeva bene, riuscì a distinguere l'ombra che le si
avvicinava con il sorriso da orecchio ad orecchio.
L'avrebbe uccisa.
L'avrebbe divorata o
torturata fino a farla impazzire e poi l'avrebbe uccisa.
Jenny chiuse gli occhi,
abbandonando la testa contro il pavimento freddo. Ricevette un colpo
fortissimo alla nuca, e sentì una forza sopra di lei.
Morì
quasi di spavento pensando che fosse stata l'ombra a
colpirla, quando invece era stato il lupo. Con il pelo ritto, ringhiava
e abbaiava feroce contro l'ombra, mostrava le zanne, gli
occhi infuocati di ferocia. Era proprio sopra di lei, e la
proteggeva come farebbe una lupa con i l suo cucciolo. Poco
più di un'istante più tardi, in una nuvola di
fumo, o così le parve dato che a malapena riusciva a seguire
tutto quello che stava succedendo, apparve Julian.
La ignorò e
ignorò anche il lupo che continuava ad abbaiare. Dandole le
spalle disse solo un deciso e imperioso -Adesso basta!-
L'aria tremò,
e tutti i quadri alle pareti caddero tanto era stato forte il grido di
Julian. Poteva benissimo immaginarselo, con gli occhi che
fiammeggiavano di un blu elettrico, come quello di una saetta.
E l'ombra
sparì facendo tornare la luce nel corridoio.
Julian rimase per un
momento immobile, la sua figura sfocata era l'unica cosa che riuscisse
a distinguere vagamente. Stava male. Il suo stomaco aveva continui
spasmi di nausea e faticava a respirare per lo spavento che si era
presa. E mentre era ancora sdraiata per terra, tremante, e cercava di
radunare i suoi pensieri confusi e angosciati, lui si
voltò verso di lei.
I suoi occhi antichi,
stanchi, blu come il colore che si vede dentro una fiamma, creavano
delle scie di luce ad ogni movimento. Se solo avesse provato a
seguirle, il suo stomaco non avrebbe retto.
Julian si
chinò, spostando con un cenno della mano il lupo, che
ubbidì docile.
-Jenny, stai bene?!-
Sentivà una lieve nota di panico nel suo tono di voce. La
afferrò per le braccia strattonandola, e sentì lo
stomaco fare una capriola incontrollata.
L'aver vomitato doveva
averla aiutata un po', perchè iniziava a
vedere con più chiarezza quello che le stava intorno. Era
seduta
per terra, avvolta in un'asciugamano caldo, nel corridoio davanti
alla sua stanza. La porta era aperta e poteva ancora vedere la scia di
sangue che aveva lasciato era scappare. Si sentiva
ancora molto stordina e non era riuscita ancora a capire bene cosa
fosse
successo. Il suo cervello doveva essersi preso una pausa,
perchè
non riusciva a formulare neanche uno straccio di pensiero concreto.
Julian
uscì dalla stanza, guardandola seriamente.
-Tranquilla, ora
è tutto pulito.-
Si sentiva stanca e
senza forze. non si era mai spaventata tanto,
sentiva ancora l'odore ferroso del sangue e ne era ancora ricoperta.
Provò un disgusto intollerabile da non provare neanche a
guardarsi.
-Ti senti bene?- Si
sedette accanto a lei e la guardò dritta
negli occhi. Ovviamente non era stupido, capiva benissimo da
sè che non stava
bene.
Quello "scherzo" doveva
averla traumatizzata e di certo non si sarebbe ripresa in fretta o
almeno non finchè rimaneva sporca di sangue e nuda
nel suo corridoio.
Julian la prese in
braccio, Jenny si sentì come una bambola
minuscola. Ma lui la teneva come la cosa più preziosa del
mondo.
Si sentiva al sicuro, stretta contro il suo petto. Il bagno era di
nuovo lucido e la vasca piena fino all'orlo di acqua limpida. Le tolse
l'asciugamano, lasciandola completamente nuda. Si strinse le braccia
intorno al petto, in un senso di inconscio pudore. Ma di cosa si
sarebbe dovuta vergognare? Julian l'aveva già vista nuda in
ben
altre occasioni.
Lo guardò;
faceva uno strano effetto guardarlo mentre si
prendeva cura di lei. Lei restò rannicchiata dentro la
vasca,
immobile, mentre lui le faceva scorrere l'acqua sul suo corpo,
accarezzandole le mani, le braccia, le ginocchia. Lavandole i capelli.
E lei non riusciva a dire nulla se non guardarlo. Da quando era
così premuroso? Da quando le sue mani erano così
delicate? Da quando il suo sguardo era diventato così dolce?
Mentre l'avvolgeva in un
grande asciugamano bianco, Jenny non faceva
che chiedersi il perchè di un comportamento simile.
-Mi dispiace.-
Mormorò asciugandole una gamba. Guardandolo
dall'alto le sembrò così puro e innocente che
faceva a
pugni con quello che era realmente.
Avrebbe voluto dire
qualcosa ma, ancora una volta, non sapeva cosa. La
sua voce sembrava aver migrato su una qualche isola deserta.
Quando ebbe finito, la
prese e la portò a letto. La posò
sul guanciale come una reliquia preziosa, con una delicatezza quasi
reverenziale. Stava per voltarsi e andarsene, lo sapeva, e solo lei
avrebbe potuto fermarlo.
-Aspetta.- Fu poco
più di un sospiro, ma Julian lo udì
comunque. Tornò indietro su i suoi passi, e si sedette sul
letto. Alla luce del fuoco che ardeva alle sue spalle le
sembrò
un un'alieno venuto da chissà quale pianeta.
-So che non sei stato
tu.-
Julian le sorrise. Un
sorriso dolce, che rivelava tutta la sua stanchezza.-Adesso dormi.-
-Hey...- Lui si
fermò per la seconda volta, di nuovo a
metà tra la sua stanza buia e il corridoio illuminato.
-Resti un
po' con me?-
Nel buio della camera,
ogni tanto Jenny si girava nel letto e lui, seduto acanto a
lei,
poteva vedere quanto bella fosse, con le ciocche di capelli che
nascondevano un po' il volto, che le solleticavano il collo.
Ogni
tanto si svegliava e lo guardava, con gli occhi semi aperti, o semi
chiusi, non sapeva dirlo. Ma era bella. C'erto, cerano donne molto
più belle di lei, non poteva negarlo, e ce ne sarebbero
state
tante altre dopo di lei, eppure lei aveva qualcosa che non aveva mai
visto in nessun'altra.
Un candore che faceva
quasi male, luminosa e pura. Si, ma c'era ben altro.
Era forte, coraggiosa,
gentile e generosa. Avvolte testarda e
impulsiva, ma certo lui non poteva criticarla da questo punto di vista.
Era tutto ciò
che non era lui.
Era tutto ciò
che avrebbe voluto essere.
Era tutto ciò
che non sarebbe stato mai.
-Julian.- Si era
svegliata di nuovo e con la bocca impastata di sonno, lo chiamava
dolcemente. -Raccontami una storia.-
Lui non le rispose; Si
accovacciò sul letto, si sdraiò accanto a lei e
le mise una mano tra i capelli. Jenny arrossì
a quella vicinanza; non si sarebbe mai aspettata che un
giorno si sarebbe sentita così a suo agio accanto a lui.
-"Tanti
tanti anni fa, in un paese lontano e triste, c’era
un’enorme montagna di roccia
aspra e scura.
Al
tramonto, il giorno seguendo l’altro giorno, in cima ad essa
sbocciava sempre una rosa che aveva il potere di rendere gli uomini
immortali
ma nessuno osava avvicinarsi perché le sue spine erano
velenose. "-
Julian fece una pausa,
un lungo sospiro.
Cos'era
quell'espressione sofferente che poteva intrevvedere tra le ombre del
suo viso?
-"Gli uomini
parlavano sempre della paura della morte e del dolore ma mai della
promessa di
immortalità e tutte le sere la rosa appassiva non potendo
donare a nessuno il
suo potere, persa, abbandonata in cima a quella montagna di arida
pietra, sola
fino alla fine dei tempi.*"-
-E nessuno
provò mai a scalare la montagna per prendere la rosa?-
Domandò dopo aver ascoltato attentamente la storia.
-No, mai.-
-E' così
triste.-
-Forse lei,-
Mormorò lui dopo un momento di riflessione -Forse
è sola proprio perchè ha il dono
dell'immortalità. Ma essere immortali vuol dire anche
dimenticare cosa sia il tempo, dimenticare quanto siano fuggevoli certi
momenti. E' certo una condizione che ti costringe
ad una vita di solitudine.-
-E' terribile. Che senso
ha vivere una vita immortale, ma lontano da tutto e da tutti?-
Forse, era stata
indelicata, ma le parole le erano sfuggite di bocca. Julian, anche se
aveva passato così tanto tempo da solo, adesso avrebbe avuto
lei, per sempre.
Era come se Julian le
avesse raccontato una storia simile alla sua.
Poteva benissimo vederlo
nei panni di una rosa, l'essere più bello che i tuoi occhi
potessero immaginare, abbandonato, lontano da tutti, in un
mondo triste e freddo. Certo era una similitudine che calzava
a pennello.
Non voleva
più che si sentisse così.
Solo, disperato.
Non voleva
più che fosse circondato solo dalle tenebre. Avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di portare un po' di luce, nel suo mondo di tenebre.
Julian la strinse a
sè, come se avesse capito quello che stava pensando.
Belle,
c'est un mot qu'on dirait inventer pourElle,
quand
elle danse et qu'elle met son corps a jour,Tel,
un
oiseau qui tend ses ailes pour s'envoler.
Alors
je sens l'enfer s'ouvrir sous mes pieds.
Le
accarezzava la fronte, i capelli, facendo passare le sue dita lunghe e
madre tra le sue ciocche dorate. Julian cantava piano, delicatamente,
come se le stesse dedicando una ninna nanna. Non sapeva dire che
canzone fosse, e non capiva le parole, ma ricordava vagamene di averla
già sentita una volta, molto tempo fa.
-Cos'è questa
canzone?- domandò con gli occhi semi chiusi, mentre il suo
corpo si abbandonava a quei tocchi leggeri. Dovette combattere con
tutte le sue forze per riuscire a non addormentarsi.
-E' una famosa canzone
francese- le sussurrò piano nell'orecchio, continuando a
canticchiare a labbra chiuse. Era come se la cullasse dolcemente.
Jenny ricordava di aver visto lo spettacolo una volta, con i
suoi genitori, quando era poco più che una bambina.
-Non capisco cosa dice.-
-Quasimodo ama
Esmeralda. Si è innamorato al primo sguardo, la deisdera e
la brama tanto che dannerebbe la sua anima alle fiamme
dell'inferno pur di potersi sdraiare accanto a lei e passarle le dita
tra i capelli.-
Oh
Lucifer, Oh laisse-moi rien qu'une fois
Glisser
mes doigts dans les cheveux d'Esmeralda.**
Erano scoccate le tre in
punto quando Julian si alzò dal letto. Sciolse l'abbraccio
di Jenny che nella notte lo aveva stretto con le sue braccia calde,
sistemandosi i vestiti si decise ad affrontare l'uomo ombra.
L'uomo ombra, come lui
tecnicamente, non aveva forma o colore. Era solo pura
oscurità.
Certo prendevano delle
forme umane perchè così potevano interaggire
meglio con gli altri mondi, ma era quello il concetto.
"Ciò che
conta è l'anima, non la forma"
Loro certo erano
l'esempio lampante di quel semplice concetto filosofico.
La sua casa era simile
alla sua; Una casa in stile vittoriano, malconcia e con le pareti
annerite. Un po' come le case dei film horror in bianco e nero.
Agirandosi per quel
rudere, sentiva il vento sferzargli il viso, i suoi vestiti ritti
contro la forza del vento. Un essere umano normale, sarebbe volato via
in un soffio, Julian invece camminava come se lo stesse colpendo una
leggera brezza.
Nel paesaggio grigio,
deserto, sembrava che una distesa di cenere si stagliasse sotto di lui.
Voltandosi, vide solo quello che si sarebbe aspettato di vedere.
Tutti gli uomini ombra
erano li, silenziosi con i loro occhi di un blu ghiaccio.
Si stagliavano come
piccoli lumi nella più completa oscurità.
-Mi avete fatto
chiamare?-
Si, mi fermo qui, e
continuerò la storia tra qualche giorno! Mi sembra doveroso
pubblicare questo capitolo il giorno di Halloween (anche se in
realtà è l'1, ma capitemi ieri sera mi sono
inciucchettata)
piccole note:
*Penso che l'abbiano
riconosciuta tutti, è la storia che Ophelia racconta al
fratellino che deve ancora nascere, tratta dal bellissimo film "Il
labirinto del Fauno" di quel geniaccio di Guglielmo del toro. Tratta
della chimera dell'immortalità, Julian la racconta in tono
leggermente pessimistico, perchè per lui la rosa
è sola non perchè nessuno va a coglierla, ma
perchè è immortale.
**Lo so, c'è
chi mi aveva chiesto di non farlo (vedi Chiara e Davide) ma ci cozzava
troppo la canzone "Belle" dal "Notre Damme de paris", la spiegazione
che da Julian mi giustifica da sola, quindi lascio parlare l'uomo
ombra.
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto, volevo spaventarvi, ma non credo che basti una vasca
piena di sangue. Io per ora mi diverto a far impazzire Jenny
perchè è così che mi va.
Per citare Jung, dentro
ognuno di noi c'è un potenziale assassino, e io sto dando
libero sfogo al mio ahahah.
Prossima puntata (in
questa storia che ha la stessa drammaticità di Rossana)
Julian vs Uomini ombra. Tutti quanti incazzati neri!.
PS: ditemi se vi ho
fatto spaventare, ci tengo sul serio :'D
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Capitolo 9 *** Buried Alive ***
9
Hey, I can't live in here for
another day
Darkness has kept the light
concealed
Grim as ever
Hold on to faith
Meanwhile the mice endure the
wheel
Real as ever
And seems I've been Burried Alive
Burried
Alive- Avenged Sevenfold
Il
buoi era assoluto, eppure Julian poteva vedere tutto.
Vedeva
il rudere in rovina, gli occhi degli uomini ombra brillare di ferocia
nella più completa oscurità.
Ecco
cos'erano,
vecchi che avevano passato secoli a sfregarsi le mani in attesa di una
qualche sciagura, bramando il sangue, aspettando le anime dei mortali
che si dannavano giocando con loro perversi giochi. E i giochi non
erano altro che torture psicologiche, prima che fisiche.
Un
po' come bambini che giocano con il cibo.
Ed
erano li, divertiti, ansiosi di vederlo cadere, perchè anche
giocare con un proprio simile poteva essere divertente.
-Dunque,
sei venuto.- Non era una domanda, ma un'affermazione.
-Mi
avete chiamato, e io sono venuto.- rispose educatamente.
-Non
hai finito di giocare con quella ragazzina?
-Ti
stai rendendo ridicolo.-
Gli
uomini ombra gli abbaiavano contro come un branco di cani, facendo
accavallare le voci una sopra l'altra.
-Decido io quando finisco di giocare con una mia preda.- Rispose
stizzito. -Non esistono regole in merito.-
-Sei ancora giovane, inesperto...ma, stando alle regole,
quella ragazzina è ancora nostra.- uno dei più
vecchi,
vicino a lui, pronunciò quella parola come se fosse fatta di
zucchero candido imbevuto di veleno.
Julian
fece
saettare il più letale dei suoi sguardi verso una
figura
piccola, nascosta. Un uomo ombra con la voce stucchevole come miele,
ingobbito, come se fosse arricciato su se stesso, le mani e le gambe
lunghe e sottili gli conferivano l'aspetto di un vecchio ragno piegato
su se stesso. Aveva la lingua che gli penzolava da un lato, lo sguardo
oscenamente lussurioso.
-Lei
ci ha
derubati delle nostre anime, anime giovani e ancora forti, ed
è
naturale che lei debba pagare con la propria anima.-
-Non finchè rimarrà nella mia dimora.-
Sentenziò
Julian -E smettetela di disturbare la mia preda con i vostri scherzi
infantili. Potrei iniziare a fare lo stesso con voi.-
-Osi minacciarci?- Tuonarono all'unisolo più di mille voci.
-Dico solo che dovreste seguire le regole e non entrare in casa mia.-
Rispose ghignando.
-Ragazzino, sei poco più di un bambino che si aggrappa
all'idea
che quelli come noi seguano sempre tutte le regole.- Rise un'ombra alle
sue spalle. -Ti credi sicuro tra le mura della tua casetta? Sei
più patetico di un porcellino che si rifuggia in una capanna
di
fango e paglia.-
Julian lo guardò, furioso.
Sapeva bene che stava giocando con il fuoco, ma l'idea lo esaltava.
Avrebbe vinto quella guarra, quel gioco.
-Sappiamo bene cosa stai cercando, ma non lo troverai così
facilmente.-
Ridevano e ridevano, beffandosi di lui. E lui rise con loro, curvando
la schiena, liberandosi in un latrato, piegandosi al frastuono che
facevano le sue stesse risate che rimbombavano nella gabbia toracica
all'idea di vedere quei vecchi strisciare ai suoi piedi, gli sguardi
sformati dal terrore.
-Sarò un porcellino pronto al macello, ma se toccherete
ancora qualcosa di mio, io farò lo stesso con noi.-
-E' solo questione di tempo.- Rise l'uomo alle sue spalle. -Lei
sarà nostra, e la divoreremo.-
La sala era avvolta dalle tenebre e l'unica fonte di luce proveniva dal
camino. Il fuoco che crepitava nel camino non era blu come quello della
sua stanza, ma di un verde acido. Conferiva al
fuoco un'aria fredda.
Julian
sedeva
mollemente su di una poltrona al centro della sala. Il volto illuminato
dal fuoco, aveva un'aria eterea, aliena. Gli occhi sembravano due
pentoloni pieni di veleno mortale. Appoggiava il viso contro il pugno,
e sembrava molto pensieroso. Non muoveva un solo muscolo, ma il suo
sguardo cruciato cambiava ad ogni minimo movimento della fiamma.
Si
mosse
lentamente verso di lui. Per quanto l'avesse sempre difesa e protetta,
ormai aveva imparato che doveva stare attenta a non prendere Julian per
il verso sbagliato, o altrimenti avrebbe potuto reagire in modo
inaspettato.
-Perchè
sei qui, Jenny?-
Certo,
prenderlo alla sprovvista non era cosa da poco.
-Stamattina
mi
sono svegliata e tu non c'eri.- Rispose titubbante, ancora sull'uscio
della porta. Si avvicinò lentamente, misurando le parole.
-Non
ti ho visto per tutto il giorno e mi sono un po' preoccupata.-
Julian
le
sembrò pensieroso quando potè finalmente vederlo
bene in
volto. Aveva l'aria di chi non riesce a risolvere un difficile problema
di logica. Lo sguardo perso nel fuoco, gli occhi segnati dalle occhiaie
di chi non dorme da anni.
-Ti
avevo detto
di stare nella tua stanza- La sgridò con tono neutro, quasi
annoiato. -Perchè non fai mai quello che ti dico?-
-Sono
stata
nella mia stanza tutto il giorno! Ero così annoiata che ho
anche
cercato di mettere lo smalto alle unghie del lupo.-
Julian
sbuffò, cercando di non sembrare troppo divertito. -Dovresti
stare attenta, gli ho detto di proteggerti, ma non sono sicuro che
sopporti le tue angherie senza morderti una mano.-
-In
effetti ho
smesso quando mi ha ringhiato contro.- Jenny ridacchiò e
Julian
non riuscì a trattenere un sorriso, anche se
sparì dopo
poco.
-C'è
qualcosa che non va?-
-Nulla
d'importante.- Rispose serio.
Anche
se non
poteva mentire, ciò non significava che fosse sempre
sincero.
Certo sembrava molto preoccupato, e faticava a credere che fosse
"niente d'importante"
-Sono
solo molto stanco.- Spiegò. Come se avesse capito al volo
quello che aveva appena pensato.
Si
chiese come
facesse a capire sempre quel che pensava, che provava. Julian, in quel
momento era completamente diverso dalla prima volta in cui lo aveva
incontrato. Era sempre avvolto da quell'aura di mistero, ma sembrava
totalmente abbandonato ai suoi soli pensieri, tormentato da mille
problemi.
-Posso
fare qualcosa?-
Non
sapeva dire
se fosse il suo istinto di "mamma protettrice" che la
spingeva a
volersi prendere cura di lui o se fosse quella strana sensazione che
avvertiva ogni volta che si scontrava con i suoi occhi. Ma ogni volta
che era accanto a lui , poteva avvertire la solitudive che stringeva il
cuore dell'uomo ombra. E allora lo sentiva subito più
distante,
più sottile, come se le potesse sfuggire tra le dita come
neve
sottile. Quanti incubi aveva avuto così? Lui che spariva,
inghiottito dall'oscurità, e lei che restava sola, sola con
la
sua mancanza.
Sentiva
che non avrebbe potuto sopportarlo.
-Hai
avuto un incubo stanotte?-
La
voce cupa e seria dell'uomo ombra la risvegliò. -Come fai a
dirlo?-
-Ti
agitavi nel sonno stanotte.-
In
realtà
non era il primo. Da quando era arrivata in quella casa, ogni notte
aveva sempre incubi tremendi. Avvolte aveva addirittura delle
allucinazioni. Duravano poco, certo, e il più
delle volte
quando si svegliava dimenticava cosa aveva appena sognato. Ma la
sensazione di terrore, d'angosia, rimaneva sempre.
Viveva
sempre in
uno stadio di terrore senza pari che la rendevano vuota, debole.
Stranamente, svaniva solo nel momento in cui Julian le era vicina.
-Ogni
tanto capita.-
Julian
la
guardò. Per la prima volta vide davvero quanto lei fosse
stanca.
Sembrava consumata da tutta quella oscurità. Era come se un
fulmine lo avesse appena folgorato. Si arrabbiò con
se
stesso, dandosi dello stupido. Si era sempre concentrato su se stesso,
preoccupandosi solo di come Jenny lo avesse cambiato.
A
cosa stava pensando?
Era
stato uno
stupido a credere che Jenny sarebbe potuta vivere li in eterno. Quello
era il mondo delle ombre e non un luogo di villeggiatura dove una
semplice umana potesse passare del tempo.
Jenny
non apparteneva a quel luogo ed ora l'oscurità del suo mondo
la stava divorando.
La
sua più grande vittoria, si era presto trasformata nella
più crudele delle sconfitte.
-Ora
dovresti
tornare nella tua stanza, per favore.- Lo aveva detto con finta
gentilezza, e lei se ne accorse. Avvertì subito la rabbia
nei
suoi occhi. Capì che contraddirlo, in quel momento poteva
essere
molto pericoloso.
Si
alzò,
e camminò in fretta verso la porta, voltandosi solo per
guardarlo ancora un momento: Julian era in piedi, le mani stese in
avanti strette contro il bordo del camino. Illuminato dalla luce verde
come in uno di quei film di fantascienza che da piccola le facevano
paura.
Jenny
non osò parlare, si girò e lo lasciò
solo.
Quando
lui vide
che non c'era più sfogò tutta la sua rabbia:
Prese una
delle sedie della sala e la scaraventò con forza contro il
camino. Una dopo l'altra, le lanciò sul fuoco.
Iniziò a
distruggere tutto quello che era a portata di mano.
Gridava,
gemeva. Una furia distruttiva si accaniva sulla stanza, prima
così elegante.
Spezzò
il
tavolo in marmo come se fosse stato uno stuzzicadente sottile,staccando
tutti i quadri dalle pareti, buttando giù la grossa libreria
che
prima era contro il muro. Con il candelabbro acceso bruciò
le
tende, e sfondò la grande vetrata con la potrona,
così
che la luna potesse vedere tutta la sua rabbia. Buttò a
terra i
bei piatti in porcellana, i bicchieri in cristallo di rocca. Con un
gesto della mano fece apparire una mazza e iniziò a buttare
giù uno dei muri, facendo sollevare così tanta
polvere
che tra quella e il fumo delle tende che bruciavano nella stanza
sembrava esserci uno spesso strato di nebbia. Si guardò nel
riflesso di quel che restava della vetrata: Era
avvolto dal fumo, dal fuoco verde, era sudato e continuava a ringhiare
furioso. Sulla sua giacca cadevano i piccoli e pregiati diamanti del
lampadario, ormai in frantumi. Ma ancora non riusciva a calmarsi.
Provò una rabbia senza fine, e l'unico modo per sfogarla era
continuare a distruggere e distruggere e distruggere finche non fossero
rimaste solo le ceneri di quel luogo.
e
continuò e continuò.
A
rompere,
spezzare, frantumare tutto quello che gli capitava a tiro.
Finchè le sue braccia non cadderò molli lungo il
copro
sfinito
Finche
non constatò quanto fosse facile per lui
distruggere tutto ciò che toccava.
Dopo
quella notte, Julian sparì.
Non
le aveva lasciato ne un biglietto, nessuna traccia che spiegasse il
perchè di una simile sparizione.
La
mattina dopo
Jenny era andata a vedere cosa fosse successo nella sala: per tutta la
notte aveva sentito un frastuono incredibile, ma quando
varcò la soglia la sala era perfettamente intatta. Perfino
il muro era tornato a posto. Niente sembrava essere cambiato.
Ma
di lui non c'era neanche l'ombra.
Jenny,
inizialmente, pensò semplicemente che fosse uscito, come
faceva
sempre. Ma passati due giorni Julian non era ancora tornato.
Anche
il lupo
sembrava particolarmente nervoso, aveva quasi sempre il pelo ritto, e
scattava sull'attenti ad ogni minimo rumore.
Ogni
notte gli
incubi non facevano che aumentare. Sognava un'oscurità
profonda,
mani nere e lunghe che affondavano nella carne, l'afferravano, la
torturavano, e ogni volta che si svegliava urlante vedeva ancora quelle
orribili immagini davanti ai suoi occhi.
Erano
più
di tre giorni che non chiudeva occhio, ma Julian ancora non era
tornato. E più passavano le ora senza di lui, più
si
sentiva spaventata.
Sognava
di
tutto: Dalle pareti che grondavano sangue a spiriti vendicativi che la
inseguivano per corridoi buii. Si sentiva così stanca e
stressata che fu quasi certa che stessero iniziando a caderle
i
capelli.
Era
come se l'assenza di Julian permettesse alle sue più
recondite paure di manifestarsi.
Quella
notte
Jenny era seduta nel suo letto, la camicia da notte leggera era
nascosta dalla vestaglia di blu notte. Accarezzava dolcemente la
schiena del lupo che dormiva placido accanto a lei.
Non
sapeva bene
a che ora si fosse addormentata, aveva sempre un'idea un po'confusa del
tempo. Sapeva solo che, ad un tratto, si era svegliata di soprassalto,
sudata e con il cuore che le batteva all'impazzata.
Forse
a
svegliarla era stato quello strano profumo, così dolce e
prepotente. Non sapeva dirlo. Ma la ammaliava, la invitava a seguirlo.
Si
sentiva come
un topo incantato dal suono di un piffero. Camminava per i corridoi
senza rendersi conto di quello che stesse facendo, mettendo un piede
davanti all'altro, senza riuscire a controllare il proprio corpo. In
cuor suo
sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che quel profumo era lo stesso che
aveva sentito nella vasca. Ma non riusciva a fermarsi.
Si
ritrovò davanti alla stanza del mare, quella che Julian
aveva
creato per lei. Ma quando aprì la porta scoprì
con orrore
che non era più la stanza illuminata dal sole che ricordava.
Era
notte fonda, buia e fredda. Non c'erano stelle in cielo, nè
la
luna. Era completamente avvolta nell'oscurità e l'unica cosa
che
si sentiva era l'infrangersi delle onde sul bagnoasciuga. Jenny
continuò a camminare verso l'acqua, cercando con tutta se
stessa
di fermarsi, senza riuscirci.
-Jenny,
Jenny.- La voce di Julian era inconfondibile.
-Julian,
sei davvero tu?.-
-Jenny,
mi sei
mancata così tanto...- Sembrava tormentato, stanco ma
sembrava
proprio lui. quando le venne vicino, il suo viso fu lievemente
illuminato dalla luce che proveniva dal corridoio. Le fece segno di
seguirlo e la condusse ancora più vicina all'acqua.
-Siediti
vicino a me.-
Jenny
ubbidì, guardandolo attentamente -Dove sei stato pertutto
questo tempo?-
-Mi
sono dovuto
occupare di alcuni affari importanti.- Rispose guardandola
intensamente. Ma lei non riusciva a liberarsi da quella sensazione
angosciante.
C'era
qualcosa in quella stanza che la inquietava.
-Oh,
Jenny.- sospirò improvvisamente.-Lasciami passare le mie
dita tra i tuoi capelli.-
Jenny
annuì piano e lui la fece sdraiare con un cenno del suo capo
e iniziò a sfiorarle le ciocche leggere.
-Non
hai mangiato in questi giorni?.- Domandò dolcemente.
-Ero
preoccupata, mi si è chiuso lo stomaco.-
-Tu
non sei come me.- Le sussurrò dolcemente all'orecchio. -Io
posso sopravvivere senza mangiare, ma tu no.-
-Lo
so.- Rispose lei.
-Sei
così bella, avvolta dall'oscurtà. Sembri una
regina delle tenebre.- Le disse ghignando divertito.
-Una
regina delle tenebre, io?-
-Mi
porgerebbe la mano sua maestà?-
Jenny
le porse
la mano, senza pensarci: Lui le diede un fazzoletto in stoffa. Era di
una fattura così pregiata che sembrava appartenere ad una
vera
regina. Aveva una piccola "A" ricamata in oro nell'angolo
sinistro, ed era così soffice che poteva essere fatto solo
di
seta purissima.
-Com'è
bello- mormorò portandoselo alla bocca, sotto il naso per
sentirne il profumo. Doveva essere stato imbevuto in un'olio
essenziale, perchè le ricordava quegli aromi che senti nei
bagni
turchi.
Inebriante.
Lo fece scivolare lungo il corpo, giù per il collo e la
spalla. Julian la guardava incantata.
Le
prese le
mano, la fece scivolare contro il suo viso, chinandosi,
iniziò a
baciarle il braccio,mentre continuava a sfiorarle i capelli. Jenny
sfiorò il suo viso, accarezzandolo come avrebbe voluto fare
tante altre volte. Lo scoprì da una parte morbido,
dall'altra
duro, rugoso. Dal lato detro della sua bocca, sentiva dei duroni
stendersi per tutta la guancia. Inorridì quando, a
metà
del viso sentì una cosa umida, dura.
Denti?
Si chiese confusa mentre lui continuava a bacirla.
Jenny
si
ritrasse inorridita, svegliandosi dall'incantesimo. Si avvolse le
braccia intorno al corpo, lanciando lontano da se il fazzoletto.
-Chi
sei tu?- Non si rese subito conto che stava urlando. Ma era troppo
spaventata e agitata per moderare il suo tono.
Il
mostro ghignò, il volto venne squarciato da un sorriso
inquietante, da orecchio ad orecchio.
-Birra
e pane io so far
Sissignor
e
chissà
chi
lo sa
il
mio nome qual sarà?-
Ridacchiò, saltellando su se stesso, non appena
finì di
canticchiare quella strana filastrocca. Sembrava ancora più
matto di Julian, la prima volta che le aveva detto cosa fosse veramente.
Era
come Julian,
pensò. Anche il suo nome, "Julian", non era il suo vero
nome.
Forse neanche lui aveva un vero e proprio nome.Come tutti gli uomini
ombra il loro nome era solo un'ammasso di rune scritte su una pietra,
impossibili da pronunciare.
Jenny
lo guardò, terrorizzata. Ma non c'era nessuno d'avanti a
sé. Chiunque egli fosse, era sparito.
Jenny
corse
verso la porta, ma si chiuse di scatto.Venne avvolta da un fumo nero,
così denso da farla tossire. Due mani ossute e lunghe
l'afferrarono per le spalle, come in uno dei suoi incubi. Jenny
urlò, ma si sentì trascinare versò
l'acqua
così velocemente che quasi non se ne rese conto. L'acqua la
invase.
Ricordava una volta, quando era molto piccola, che cadde dal piccolo
materassino sul quale stava galleggiando. Forse era stata durante una
vacanza, e di certo non aveva più di dieci anni, ma era
rimasta
così sorpresa di quella caduta da non aver avuto neanche il
tempo di prendere fiato. Automaticamente, anche se sott'acqua, aveva
aperto la bocca, e l'acqua salata le era entrata fin su per il naso,
bruciandola. Era stata una cosa da poco, non aveva rischitato la vita o
cose del genere, perchè suo padre l'aveva afferrata al volo
e
lei aveva tossito via subito l'acqua. Però quel momento le
venne
subito in mente non appena sentì l'acqua salata del mare
invaderla completamente. Sentiva i polmoni bruciare e sapeva che se
fosse svenuta in quel momento, sarebbe morta affogata.
Ma
il dolore era
troppo forte, le bruciavano i polmoni e si sentiva così
debole
che pensò che, forse, lasciarsi andare fosse l'unica
soluzione.
Così
cadde nell'oblio, avvolta da acqua e tenebre.
Quando
riaprì gli occhi, si accorse di non essere in un letto come
aveva sperato. Era stesa in qualcosa di duro, legno pensò.
Era
chiusa in una scatola, stretta e opprimente. Avrebbe voluto urlare, ma
la voce le mancava. La gola bruciava come se avesse gridato per ore, e
tutti gli arti erano così doloranti che faticava addirittura
a
muovere le dita delle mani.
Sentiva
degli strani tonfi, come se da fuori la cassa spessero buttando della
terra.
Jenny
non
riuscì subito capire dove fosse. Non riusciva a
capacitarsi della situazione in cui si trovava. Ma capì in
fretta
che quella "scatola" dov'era rinchiusa, in realtà era una
bara
fatta di travi di legno malconcie ricoperte di muffa e che l'uomo ombra
la stava
seppellendo viva. Quando si rese conto della realtà,
andò
nel panico. Iniziò ad urlare, per quanto potesse,
finchè
non iniziò a sputare sangue per il dolore, iniziò
a
graffiare le pareti finchè le unghie non iniziarono a
staccarsi,
e poi continuò ancora. Tirava calci e pugni, piangeva e
urlava
ma l'uomo ombra fingeva di non sentirla, canticchiando e fischiettando
divertito.
Quello
si, che era uno spasso, pensò lui, accendendosi una
sigaretta.
Dopo
una breve pausa continuò a riempire la buca di terra,
finchè le grida non furono inudibili.
Accese
un'altra sigaretta, nell'attesa che accadesse qualcosa d'interessante.
Alle spalle
dell'uomo nero era apparsa una sagoma scura, silenziosa.
Era
nera come la
notte, con gli occhi blu luminosi come fari.
Era arrabbiata ma l'uomo nero lo ignorò, continuando a
fumare con i l suo sorriso inquietante.
-Salve.-
salutó
cordiale, sornione.
-Immaginavo
che ci
fossi tu dietro- Julian rimase immobile. -Dov'è
la ragazza?-
-Ti
stai mettendo
nei guai.- L'ombra era dietro di lui, ancora nascosta. -Francamente io
ti
capisco. Sei giovane. Hai bisogno di sfogarti. Ma loro sono ormai
troppo
vecchi, troppo antichi per capire le necessità di un giovane
come te.- Si era
avvicinato e per la prima volta il suo
volto era illuminato dalla luna. Era poco più vecchio di lui
e ancora poteva
riconoscersi nel suo aspetto. Era alto come lui, con i capelli color
del gelo,
leggermente irrigiditi dal freddo, e occhi blu come non se ne erano mai
visti.
Ma il suo volto era per metà gonfio, pieno di crepe, come se
fosse fatto di
roccia. La parte destra del suo viso era tirata, e la bocca era
costretta in un
perenne ghigno maligno.
Si spostò in un attimo davanti a lui, appoggiato con tutto
il suo corpo su una pala, guardandolo con sufficienza.
-Perché
esiti?-
domandó spostando il peso da un piede all'altro. -Ormai
è qui e puoi farle
tutto ciò che desideri. Perché non la torturi,
non la fai tua? Ci sono così
tante cose che potresti fare con un simile bocconcino.-
-Non
sono affari
tuoi cosa faccio con lei. Dimmi dove si trova.-
-Ma
ci importa. Ai
vecchi non va giù questa situazione, sanno bene che hai un
debole per la
ragazza.-
Era
scomparso in una
nuvola di fumo, per comparire dietro di lui. Con le labbra ad un
millimetro
dall'orecchio sussurro quello che più
volte si era già sentito dire.
-...E
poi, non
vorrai farmi davvero credere che te ne sei innamorato. Un'uomo ombra
non può
certo provare sentimenti simili all'amore. Siamo uomini ombra, noi
conosciamo
solo la distruzione.-
Julian
non rispose.
Guardando la luna, sapeva che quelle parole erano reali quanto lo era
lui.
Però,allora,
cos'era
quella sensazione che provava ogni volta che pensava a lei?
-Dov'è
la ragazza?-
-Divertiti
ancora
per un po' con lei, ma preparati a subirne le conseguenze.-
Il
suo sguardo si
era fatto ancora più cattivo, ma allo stesso tempo
divertito.
-Certo,
sempre che
tu riesca a scavare in fretta.-
Vorrei ringraziare chi ancora segue la storia, malgrado i miei
lentissimi aggiornamenti. Sono felice di aver stretto con molte di voi
un bel rapporto di amicizia, che esula dal semplice recensire una
storia. Sono particolarmente entusiasta perchè molti di voi
hanno apprezzato che la storia sia virata verso il genere horror (che
io amo) ma visto che questa storia era iniziata dovendo essere una
storia romantica(anche se io le storie romantiche non le sopporto)
penso di essermi bruciata avendo appena ucciso la protagonista. E mo'
che famo?;D
In ogni caso: BUON NATALE <3
Un grazie speciale va come al solito a Davide&Chiara che mi
sostengono e sopratutto mi sopportano nei miei scleri al bar la
domenica mattina <3 Vi olio bene
|
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Capitolo 10 *** Behind blue eyes ***
Ma niente
vale il veleno che scorre
da quegli occhi tuoi verdi,
laghi
e
specchi ove il mio cuore si sperde;
a
fronte i
sogni corrono
a bere in quegli amari abissi e perdersi.
Charles
Baudelaire-I Fiori del Male; VLIX Il Veleno.
Galleggiò
a lungo in un confuso dormiveglia.
Sognò
un'oscurità senza corpo che la inseguiva per i corridoi di
una
casa vagamente familiare. Un'ombra nera le piombò addosso,
artigliandole la schiena.
Sentì
una
voce gridare e fu vagamente consapevole che era la propria. Due labbra
le sussurrarono una parola contro la fronte.
-Riposa.-
Più
un ordine che un invito.
Si
sentì
precipitare: una voce le addolcì la caduta, una canzone la
cullò piano, sfiorandole il viso con mani d'argento.
No
one knows what it's like
To
be the bad man
To
be the sad man
Behind
blue eyes.
No
one knows what it's like
To
be hated
To
be fated
To telling only lies.
Aprì
gli occhi.
La
canzone era un uomo: un uomo dal volto bianco e i capelli
d'argento come raggi di luna. Aveva occhi azzurri come in cielo che si
preparava ad albeggiare. Come il cuore di una fiamma.
But my dreams
They aren't as empty
As my conscience seems
to be
I have hours, only
lonely
My love is vengeance
That's never free.
L'uomo le
scostò i capelli dalla fronte, e Jenny
vide che
aveva mani nude, tremanti, stranamente indifese: Un serpente tatuato
intorno al polso sinistro e un piccolo cerchietto d'oro all'anulare.
Quella vista la stupì, non aveva mai notato che anche lui
avesse
il suo anello gemello.
Si
aggrappò alla sua immagine mentre scivolava di nuovo nel
buio, e questa volta non ebbe paura.
Quando
riprese conoscenza, il silenzio era assoluto.
Si
guardò intorno, riconoscendo attraverso la vista ancora
appannata la stanza di Julian. L'aveva vista una sola volta ma
riconobbe subito l'arredamento completamente nero in contrasto con i
muri di un azzurro chiaro. Non aveva la forza di alzarsi,
così
rimase sdraiata a pensare.
Diamine,
era nuda.
Nuda
nel letto di Julian. Poteva esistere una situazione più
pericolosa di quella?
Se
non altro c'era un che d'ironico in quella faccenda.
Il
ricordo dell'uomo dalle mani indifese, dallo sguardo attento e
preoccupato, la colpì secco come una frusta.
Non
era stato tanto diverso da quella volta nella grotta, quando si era
svegliata avvolta da pellicce morbide, con lui accanto che le stringeva
le mani fredde. Solo che questa volta Julian non c'era.
Si
odiò per essere caduta in una trappola così
ovvia. Era
chiaro che quello non era il vero Julian. Era solo così
desiderosa di vederlo che lo aveva addirittura scambiato per un altro
uomo ombra.
Che
idiota.
Sul
soffitto, una volta immacolato, c'erano una moltitudine di disegni
stranissimi: Riconobbe solo qualche runa e qualche simbolo di
protezione che aveva già visto a casa di suo nonno. Che
stesse
cercando di tenere lontano gli altri uomini ombra?
In
ogni caso,Julian doveva essere preoccupato. Molto, molto
preoccupato.
Quel
pensiero le diede la forza di alzarsi e andarlo a cercare. Si
avvolse nel lenzuolo di seta nera ma notò quasi subito che
la
stanza era diversa. Alla sua destra, era spuntata una porta a vetro.
Dava sulla spiaggia, quella che Julian aveva creato per lei. Non c'era
sole ad illuminarla, ma solo uno spesso strato di nebbia
così
fitta che a malapena riusciva ad intravedere le onde che si
infrangevano sulla spiaggia. E Julian era a qualche metro dalla porta,
allungato indolente sulla banchina in legno che faceva da veranda alla
casa. Sembrava un gatto bianco dagli occhi glaciali: serio e pensieroso
guardava dritto davanti a sé, ignorando la porta che si
apriva.
-Sei
sveglia.-
Non
era una domanda.
Indossava
solo un pantalone nero, morbido, ed era a petto nudo. Aveva
una strana asta di cristallo trasparente che si rigirava tra le mani e
fissava il mare, o meglio quel che ne rimaneva, con aria malinconica.
Lui
non la guardò.
Jenny
gli si sedette accanto, ogni movimento le provocava dolori
tremendi ma si sforzava di non farglielo notare.
-Sei
stato tu a portarmi qui?-
Poteva
al massimo sussurrare, la sua gola bruciava ad ogni sillaba
detta vagamente più forte.
L'uomo
ombra scrollò le spalle, come a dire che era un
dettaglio senza importanza.
-Quanto
ho dormito, mi sento come se...-
Si
portò le mani al viso, ma si fermò a mezza
frase.
Aveva tutte le dita accuratamente fasciate, dalle unghie alla mezza
falange, e anche le ginocchia, le caviglie e i polsi erano stati
medicati con cura.
Sgranò
gli occhi e guardò Julian.
-Tu...?-
-Eri
ferita.- Spiegò come se stesse parlando a d'un bambino
particolarmente stupido.
Doveva
aver avuto un'aria particolarmente sorpresa, perché
aggiunse -Mia cara, la tua sorpresa è vagamente offensiva.-
A
dispetto del tono sfottente e distaccato le sembrò
realmente infastidito.
-Scusa.-
Rimasero
in silenzio per molto tempo. Poi sul volto di Julian comparve
una smorfia, come se avesse pensato a qualcosa che lo aveva
infastidito.
Lo
vide protendere una mano verso di lei che si ritrasse
istintivamente, senza sapere il perché.
Julian
non fece nulla per fermarla. Strinse le dita al nulla e
lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
-Stai
tremando come una foglia.- La ragazza si limitò a
sostenere il suo sguardo, non poteva di certo negarlo.
Lui
tornò ad ignorarla: il corpo attentamente posto ad una
distanza di sicurezza da lei.
Che
stupida che era stata. Perché aveva paura di Julian?
Sapeva
benissimo che non era lui quello della notte precedente e che non le
avrebbe mai fatto nulla di male.
-Ti
spavento?- domandò. Il suo volto era una maschera
inespressiva, ma i suoi occhi sembravano urlare.
Una
solitudine, una tristezza mai visti prima. Ecco cos'erano gli occhi
di Julian, due enormi pozzi: se ti fossi affacciato avresti visto le
più grandi tragedie umane. Specchi che riflettevano una
natura
combattuta, tra l'auto flagellazione e il desiderio di stare alle
regole. Le tornarono in mente le parole della canzone. "Ma i miei sogni
non sono vuoti come la mia coscienza sembra essere, ho ore sempre da
solo, il mio amore è una vendetta che non è mai
libera."
La cantò nella sua mente, pensando a quanto fossero vere
quelle
parole, a quanto rappresentassero bene la condizione di Julian.
Era
così simile al ragazzo della caverna... che Jenny non
osò parlare. La spaventava quella sua espressione
così
sofferente, come se non fosse più sicuro di nulla. Avrebbe
voluto rispondere "No, certo che no!", ma non sarebbe stata del tutto
onesta. Per molto tempo l'aveva spaventata: Quando l'aveva rapita e
portata nella casa di carta, quando le aveva fatto rivivere il giorno
in cui suo nonno era scomparso per salvarla, quando l'aveva ricoperta
di api, quando l'aveva inseguita e le aveva dato la caccia, quando le
aveva fatto credere che Summer fosse morta per colpa sua, quando
l'aveva rapita al suo matrimonio, fingendo di essere Tom e l'aveva
fatta spogliare, quando aveva distrutto la sala. Certo che l'aveva
spaventata. Certo che quei ricordi la spaventavano. Ma non per questo
lo avrebbe abbandonato.
Perché
non sapeva cos'era quella sensazione, ma la sola idea
di
lasciarlo da solo con gli altri della sua specie le faceva male.
Lui
non era come loro.
-Tu
sei l'unica persona che non dovrà avere mai paura di
me.- Disse interrompendo quel silenzio opprimente.
-Lo
so.- Riuscì finalmente a mormorare, con la bocca
impastata di sonno.
-Sei
stanca.- sentenziò. -E qui fa freddo. Va a dormire.-
-Ho
già dormito.- Protestò. Era come se ad ogni
parola mille coltelli le tagliassero la gola.
-Solo
per un'ora.- La corresse.
-Beh,
non voglio.- ed incrociò le braccia al corpo, come
avrebbe fatto una bambina di cinque anni.
Julian
la guardò di traverso: Lo sguardo di chi sa che
vincerà la discussione.
-Ah
Jenny,- sospirò -Farai mai quello che ti dico?-
-Ok,
vado a dormire.- Rispose mesta. Non voleva discutere di nuovo. -Ma
posso
rimanere qui? Io...non voglio dormire da sola.-
Si
stupì della facilità con cui aveva detto
quelle parole. Aveva dimenticato, ancora una volta, Tom.
Solo
che in quel momento aveva davvero bisogno di avere qualcuno
vicino, e anche lui sembrava averne bisogno. A nessuno fa bene stare
solo.
Anche
Julian sembrò un po' stupito. Non era impossibile
prenderlo alla sprovvista, ma era di sicuro molto difficile. Aveva come
l'impressione che tendesse ad abbassare la guardia quando si trattava
di lei. Lo guardò di sottecchi: Aveva un fisico
meraviglioso,
muscoloso, magro e i capelli gli ricadevano sugli occhi, producendo
tante piccole ombre sul suo viso. Un principe delle tenebre, bello da
dannarsi l'anima. Al suo confronto lei, che si era sempre considerata
una ragazza dal fisico accettabile, sembrava sparire. Lui si
alzò in piedi, aspettando che lei facesse la stessa cosa. Ci
provò ma le sue gambe non la reggevano in piedi, molli come
gelatina.
Lui
non disse niente. La prese in braccio, e lei pota sentire la
sensazione di quel corpo, stranamente caldo, contro il suo.
La
stringeva in modo protettivo, dolce. Ma Julian non era mai dolce.
Oh, andiamo. Quel
giorno in
spiaggia, sotto il sole caldo era stato dolce e divertente. Quando gli
uomini ombra l'avevano spaventata, immergendola nella vasca da bagno
piena di sangue, lui l'aveva protetta, l'aveva lavata e vestita, le
aveva cantato quella dolce canzone francese. Era rimasto li, a
proteggerla mentre dormiva. Come poteva dire che non era mai dolce?
La
sua coscienza aveva scelto un brutto momento per ricordarle quei
momenti. Preferiva quando Julian la spaventava, almeno non la faceva
sentire così confusa.
Lui
l'adagiò sul letto, e la coprì con le
coperte. Il
tepore era così dolce che dovette faticare per non
addormentarsi
all'istante. Fece posto a Julian che, dopo uno sguardo bieco, si
sdraiò accanto a lei.
-Preferisci
la compagnia di un lupo alla solitudine?.-
-Preferisci
restare solo per l'eternità piuttosto che
cambiare?-
Julian
le lanciò uno sguardo sornione.
-Sai
che...-
-Non
puoi? Si, lo so.- Lo interruppe con sguardo triste. -E' solo
che... non mi sembri più così terrificante. Un
tempo
forse mi facevi paura, ma ora è diverso. E' triste. Vorrei
solo
che fosse più semplice.-
Julian
si spostò sul fianco per guardarla con un cipiglio
infastidito. Chiuse gli occhi e sospirò -Sono stanco.-
-Allora
riposa.- Si avvicinò ancora di più a lui,
come se
fosse del tutto naturale. Ora i loro visi erano così vicini
che,
se non avessero fatto attenzione, i loro nasi si sarebbero sfiorati.
Posò una mano sulla sua guancia, e gli baciò il
naso.
-Dormi,
io starò qui con te.-
-Per
sempre?-
-Finché
morte non ci separi.- Rispose con un sorriso stanco,
mentre anche lei si addormentava. Aveva appena ricordato che,
nonostante tutto, erano sposati.
Quando
riaprì gli occhi lui era già sveglio e la
guardava. Aveva gli occhi di chi vede per la prima volta qualcosa di
incredibilmente prezioso.
L'espressione
simile a quella di un bambino, la prima volta che
assaggia qualcosa di assolutamente sconvolgente.
Jenny
sorrise e lui si avvicinò un po' di più,
baciandole il naso.
La
stessa cosa che aveva fatto lei.
-Buongiorno
Bella Addormentata.-
Rise,
non poté farne a meno. Era come se tutta la tensione,
l'ansia accumulata fino a quel momento fosse sparita in un istante.
-Hai
fame?-
Proprio
in quel momento a Jenny brontolò lo stomaco.
Rise.
-Beh, in effetti...-
Lui
si alzò con uno sguardo energico e fu in quel momento
che le vide.
Seduto
sul ciglio del letto, le dava le spalle. E Julian le
sembrò improvvisamente nudo, davvero come un bambino che
viene
maltrattato dai genitori, e le si gelò il sangue in un
istante.
Con
la sensazione che potesse sparire da un momento all'altro. E si
sarebbe sentita persa come un naufrago in mezzo all'oceano se
fosse successa una cosa simile. Si alzò di scatto,
e poco
importava che fosse nuda.
Julian
sussultò a quel tocco. Forse perché non se
lo
aspettava o perché non immaginava che fosse così
audace.
Ma rimase immobile, mentre Jenny lo abbracciava da dietro, con il viso
e il corpo affondato nella sua schiena.
-Cosa
fai?- domandò imbarazzato dopo un po'
perché, in
realtà gli piaceva il calore dei loro corpi nudi e
abbracciati.
Jenny
iniziò a piangere, bagnandogli la schiena con le sue
lacrime, accarezzando le righe bianche leggermente in rilievo. Poteva
sentire il dolore che aveva provato, lo avvertiva contro la sua pelle.
-È
colpa mia- riuscì a mormorare tra un
singhiozzo d l'altro.
Julian
non rispose. Anche volendo, non sapeva cosa dire.
Sarebbe
rimasto volentieri tutta la vita così, con lei che
l'abbracciava, il suo corpo caldo contro il suo freddo. Gli scaldava il
cuore sentirla così vicina, era come il formicolio quando
metti
le mani davanti al fuoco in una giornata di gelo invernale.
Jenny
era una calda sera estiva.
Jenny
era la vita.
-Non
è stata colpa tua.- rispose.
-Non
mentire!- singhiozzò. -Te le hanno fatte dopo che tu mi
hai aiutata a scappare, non è vero?-
-Io
non mento mai. Certo, mi hanno punito per averti aiutata. Ma
è stata una mia decisione.- rispose, prendendo la mano che
gli
circondava la vita.
-Cosa
ti hanno fatto?- singhiozzò stringendo ancora di
più il suo corpo a quello dell'uomo ombra.
-Ciò
che mi hanno fatto non si può descrivere:Le
loro punizioni sono antiche e il mio crimine molto grave.-
-E'
stata tutta colpa mia, devo sapere cosa ti hanno fatto.-
Lui
ridacchiò come se la sua richiesta gli risultasse
ridicola.-Ogni genere di tortura che la tua mente possa ideare; Hanno
dilaniato la mia mente con gli incubi più terribili,
qualcosa
che gli umani non possono neanche concepire.-
E
mentre Julian parlava, lei piangeva e tremava per la paura. Non
poteva farne a meno. Non voleva immaginarlo mentre gli facevano del
male per colpa sua. Ne era terrorizzata.
-Perché
piangi adesso?- Domandò dopo un momento
di silenzio.
-La
tua pelle è tutta segnata e la colpa è solo
mia. Io non volevo questo...-
-Le
loro parole erano ancora peggio. Parole rosse come il sangue, nere
come la notte.- Disse in tono serio.
Lei
si era lasciata scivolare nel letto mentre lui si girava a
guardarla; Sembrava vi fossero dietro le pupille un enorme pozzo pieno
di secolo di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni. La
guardava e sembrano gli occhi di un vecchio incastrati nel viso del
giovane più bello che avesse mai visto.
-Ma
tu pensi veramente che ti avrei cercata ancora una volta se solo
avessi avuto un minimo di paura delle loro punizioni?- Si
curvò
su di lei, come avrebbe fatto una tigre, un animale feroce pronto a
ghermire la sua preda. -Il dolore è niente rispetto al
desiderio. E io ti desidero più di ogni altra cosa.-
Abandonnez
tous vos sens au plaisir. Qu'il soit le seul Dieu de votre existance.
C'est à lui seul qu'une jeune fille doit tout sacrifier. Et
rien
à ses yeux ne doit être si sacré que le
plaisir.
Abbandonate
tutti i vostri sensi al piacere, che sia il solo Dio della vostra
esistenza.E' a lui soltanto che una giovane donna deve sacrificare
tutto, e niente ai suoi occhi deve essere sacro come il piacere.
Quell'animale
selvatico che era l'uomo ombra si arrampicò
nel
letto, come una tigre bianca che caccia la sua vittima. Jenny lo
guardò: Nei suoi occhi lampeggiava una fame che non
richiedeva
alcun cibo se non il suo corpo. Con un bacio lo sfamò.
Era
la prima volte che lo baciava di sua iniziativa. Si sentiva
così legata a lui, così bisognosa sentirlo ancora
più vicino. Lo desiderava con tutta se stessa, ogni sua
cellula
del suo corpo urlava. Anche la fame si era attenuata non appena le loro
labbra si erano toccate. E Julian rimase sorpreso da tanta spavalderia.
Jenny sorrise: Non era da tutti sorprendere l'uomo ombra ben due volte
nello stesso giorno.
Ad
ogni piccolo tocco fremeva di passione, sentendo il desiderio di
diventare una cosa sola.
La
baciava ovunque, la toccava e ad ogni tocco le sfuggiva un sospiro
di piacere. Con la lingua disegnava i suoi confini e lei tremava. Con i
baci segnava il suo territorio, e lei gemeva. Ogni tocco era una lama
sottile ricoperta di velluto nero. Passionale ed eretico, sacro e
profano. Anche lui gemeva piano, tremava leggermente, la guardava con
dolcezza infinita, con voglia primordiale.
Oh, dammi tutta te
stessa, il tuo cuore, il tuo più dolce ed imbarazzato
sguardo d'amore. Gli chiedeva con gli occhi. E lei lo
baciava di rimando, Assecondando ogni suo tocco.
-Hai
freddo?- Domandò tra un gemito e l'altro, alzando la
testa per guardarla in viso. Era come aveva sempre desiderato vederla.
Innocente e pura, rossa in viso dall'emozione e dal desiderio.
-Non
solo.- Rispose arrossendo ancora di più.
E
lui sorrise malizioso, mentre tornava a torturarla lentamente e
dolcemente.
Sentirlo
dentro di se, con le sue gambe che gli cingevano la
vita, tanto stretti da non capire dove finisse lui e iniziava lei, la
faceva sentire come Persefone: Una principessa legata per sempre al suo
re delle tenebre. Le piaceva. Desiderava che quel momento non finisse
mai.
Lui
era la Luna, fredda e distaccata, misteriosa e tenebrosa, mentre
lei era il sole, caldo avvolgente, pura e luminosa.
La
loro unione stava creando qualcosa di sublime, un calore freddo, un
dolce piacere ammaliante, disinibito.
Lui
la strinse ancora di più per i fianchi, avvicinandola
ancora
di più al suo corpo mentre affondava il viso nell'incavo del
suo
collo, tra i capelli. Baciò quel nido caldo, il posto dove
avrebbe voluto riposare per sempre.
Jenny
gemette più forte e lui continuò a
muoversi, come
se stesse ballando. Ed ogni suo sussurro di piacere era una dolce
musica per lui.
La
desiderava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era il
suo sole caldo: Sarebbe morto se si fosse allontanata.
La
loro dolce guerra, era finita ma Julian sembrava non volersi
staccare dal suo corpo. Sembrava voler restare per sempre li, con il
viso tra la spalla e il collo, dove le aveva lasciato tanti segni con i
suoi baci.
-Ah
Jenny.- Sussurrò al suo orecchio. Più una
supplica
che un gemito. -Ma cosa mi hai fatto? Tu mi hai incantato, mi hai reso
pazzo d'amore.- E le baciò l'orecchio, dolcemente.
Lei
sorrise passando la mano tra i capelli morbidi.
-Sei
tu che mi hai stregato con una magia caro il mio uomo nero.-
Lui
sorrise, le labbra contro il suo collo.
-Adesso
riposa un po'.- Mormorò. -Sei stanca. Quando ti
svegli
ti...preparo.. qualcosa...- Jenny continuò ad accarezzargli
i
capelli pensando che, forse, era lui ad essere stanco. Si era
addormentato mentre le parlava. Non pensava neanche che fosse possibile
una cosa del genere per lui. Lo guardò: aveva più
l'aspetto di un angelo che di un essere delle tenebre.
Ma
infondo anche lei era stanca, e abbandonò la sua testa
sul
cuscino dove per un momento dimenticò tutti i pensieri che
le
affollavano la mente:Smise di pensare a Tom, Julian e gli uomini ombra.
Smise di pensare a tutti e si concesse un po' di riposo.
Si,
lo so e avete ragione. E' vergognoso pubblicare la storia dopo
quasi un anno. Ma ho una scusa molto molto valida. Quest'anno mi laureo
e ho avuto una ventina di esami da dare (e molti altri ancora, giusto
perché quelli dello IED non studiano) quindi una volta
scrivevo di notte, adesso preparo progetti e tesi varie. Ma finalmente
sono riuscita ad aggiornare e mi odio un po' di meno. Questa storia
l'ho amata ed è ben lontana dall'essere conclusa e un po' mi
rende felice questa cosa. Poi in questo capitolo (che ho odiato
perché ripeto, non le so scrivere le cose dolci, figuriamoci
scrivere di questi due che finalmente si concedono l'uno
all'altro) essendo che di solito Julian le prende come non
mai nelle mie storie un po' glielo dovevo.
Malgrado
il ritardo, sono contenta che qualcuno legga ancora le mie
storie. Vabbè ripeto i miei ringraziamene a con
continua a leggere e anche a Davide che nonostante sia dall'altra parte
del mondo mi continua a ripetere quanto sono una merda
perché non pubblicavo da un anno, con tanto di insulti in
tutte le lingue che conosce.
Si,
cercate di non affezionarvi troppo a queste parentesi romantiche
perché sono ufficialmente finite, ho messo da parte le
smancerie e presto se la vedranno tutti male dato che ho una mente
malata che Julian e tutti gli uomini ombra si devono proprio levare.
Un
abbraccio
Jessica
|
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Capitolo 11 *** The Black Door ***
11.a
These
violent delights have violent ends
And
in their triumph die, like fire and powder,
Which, as they
kiss, consume.
[W. Shakespeare, Romeo
and Juliet, Act 2- Scene 6]
Quella
notte o
quel giorno, non lo avrebbe mai capito, rimase a lungo in bilico tra il
sonno e
la veglia. Sognò sua madre, che le preparava i biscotti, con
i suoi capelli di
un color miele dolce, il sorriso rassicurante. Sentì il
respiro lieve di Julian
che le dormiva accanto, con il braccio allungato verso di lei, come
se la stesse cercando anche nei suoi sogni. Rivide il viso di suo
fratello,
quando era ancora piccolo che giocava con le macchinine. Dee e Audrey
che
litigavano per qualche stupidaggine. Il viso di suo cugino mezzo
nascosto nella
penombra, intento a fotografare qualcosa. E poi Michael e Summer, con
le loro
facce sorridenti. Tom che mai come quel momento, le era sembrato
così lontano e distante.
Socchiuse
gli
occhi e Julian era lì. Non lo aveva mai visto con il viso
così disteso,
rilassato. Respirava piano e poteva vedere il suo petto che si alzava e
si abbassava. Nella penombra, tra l'oscurità e il suo
sguardo annebbiato
dal sonno, a Jenny parve un alieno venuto da un mondo distante. E in
definitiva
era questo. Non poteva esistere nel mondo un essere tanto perfetto,
così bello.
E improvvisamente tutto era sparito. Si strinse a lui e,
forse
inconsciamente, lui la richiamò tra le sue braccia.
Sorrideva, dolcemente, come
un bambino davvero felice per la prima volta.
Quando
si
risvegliò si voltò immediatamente verso Julian.
Due fari azzurri la
investirono: Lui era inginocchiato vicino a lei con un enorme vassoio
carico di
cibo.
-Ti
ho svegliata?-
-Mh,
no.- Mormorò
stropicciandosi gli occhi. Lui le posò il vassoio sul letto,
proprio accanto a
lei. -Mangia.- ordinò.
Lei
stava per
alzarsi quando si ricordò di essere, ancora, nuda.
Avvampò per la vergogna,
nascondendosi sotto le coperte.
-Non
dirmi che ti
vergogni di farti vedere nuda da me.- sorrise, con il suo
modo di
allungare la bocca, sarcastico.
-Bhè,
diciamo di
si.- Balbettò.
Lui
rise ancora
più forte, di gusto. Le porse una camicia candida, e le
diede un lento bacio
sulle labbra. -Mi piaci così.- poi un bacio più
veloce. -Nuda, con i capelli
disordinati e tutta rossa in viso.-
Jenny
cercò di
ignorarlo, e si sforzò a fingere una faccia offesa.
Indossò in fretta la
camicia, abbottonandola tutta, mentre lui si era voltato per concederle
un po'
di privacy. Di schiena, Julian le sembrò ancora
più alto con le sue spalle
dritte e larghe, coperte solo da una T-shirt nera di tessuto
leggero.
Quando
lui si
voltò lei era ancora più bella. Aveva gli occhi
un po'
assonnati, sembrava quasi una bambina nella sua camicia di tessuto
leggero e i capelli legati in modo disordinato.
-Tu
non mangi?-
domandò mentre si imburrava un toast.
-Non
ho fame.-
-Neanche
un po'?-
-Mangia
tutto. Non
hai toccato cibo da quando me ne sono andato.-
Jenny
lo guardò
negli occhi. -Perché sei andato via?-
Lui
sollevò lo
sguardo, diventando improvvisamente serio. -Dovevo cercare una cosa.-
Poi fece
comparire una biro nera e le prese la mano. Disegnò una
specie
di occhio, o
qualcosa di molto simile, e una mezza luna. Lo fece con estrema cura,
mettendoci cinque minuti e poi rimase li a guardare il suo operato.
Quando alzò lo sguardo, Jenny lo osservava con aria
interrogativa.
-E'
una specie di
amuleto.- Spiegò. -Se lo disegni in questo modo, gli altri
uomini ombra non ti
vedranno e non ti sentiranno. Ma devi fare attenzione: se qualcuno sa
di questo
segno smette di funzionare su quella persona.-
Annuì
seria. Come
aveva immaginato Julian era davvero preoccupato.
Lui
abbassò lo
sguardo. Si sedete sul letto, in silenzio, senza mai distogliere gli
occhi
dalla sua mano.
-Devo
parlarti di
una cosa importante.-
Jenny
lo guardò,
deglutendo il pezzo di toast alla marmellata e burro che stava
mangiando.
Sorrise
in modo
nervoso -Andiamo, se dici una cosa del genere mi farai preoccupare-
Lui
la guardò con
gli occhi più espressivi che avesse mai visto.
-Vedi
quella porta
accanto al letto?-
Jenny
spostò il
suo sguardo alla porta che, ci avrebbe giurato, non c'era la sera
prima. Nera e
lucida, con un'incisione fatta in modo pulito, preciso, senza la minima
increspatura, che sembrava brillare nella penombra. Annuì,
spostando lo sguardo
dalla porta al suo viso.
-Se
attraversi
quella porta sarai di nuovo a casa e nessuno di questo mondo
potrà
raggiungerti. Nessun uomo ombra, nessun incubo, nessuna creatura.-
-Neanche
tu?-
-Neanche
io.- e
nel dirlo le sembrò incredibilmente triste. -Sarai al
sicuro, con la tua
famiglia, con i tuoi amici, con Tom e vivrai la vita che hai sempre
voluto.-
Non
c'era rabbia
nelle sue parole. Non c'erano emozioni. Come uno specchio che non
riflette più tutto ciò che ha davanti.
-Perché
me la fai
vedere proprio ora?-
Lui
rimase in
silenzio, spostando lo sguardo da lei alla porta, senza guardala negli
occhi.
-Se
tu volessi
tornare da loro, io non ti fermerei.-
Julian
continuava
a rigirarsi la biro tra le mani. Seduto sul ciglio del letto, non osava
alzare
gli occhi, o si sarebbe dovuto scontrare con i suoi, verdissimi. C'era
una
malinconia nella sua voce, qualcosa di arcano, una tristezza infinita.
-Se
tu
attraversassi quella porta io non farei nulla per impedirtelo.-
ripeté ancora una volta. -Ma
non potresti più tornare qui.-
Jenny
deglutì
ancora una volta, guardandolo con attenzione, studiandolo. Non era un
trucco. I
suoi occhi erano dolorosamente sinceri. Lui si schiarì la
voce, come se si
sentisse a disagio. Si alzò di scatto dal letto, concludendo
il discorso con un
fugace -Bhè, ti dovevo dire solo questo...- Ma Jenny lo
fermò. Di scatto, senza
neanche pensare a cosa stesse facendo, lo afferrò per il
polso costringendolo a
fermarsi.
-Julian,
aspetta!-
Lui
si districò
dalla sua presa, ma rimase immobile, rivolgendole la schiena. Era come
se
aspettasse una sentenza, trattenendo il respiro.
-Posso
pensarci un
po' su?- domandò incerta.
-Per
tutto il
tempo che riterrai necessario.- e uscì dalla stanza.
Finendo
la
colazione, Jenny ripensò alla notte prima, alla porta, a lei
e Julian. Forse lo
aveva ferito. Ma aveva desiderato così tanto rivedere il suo
mondo, che non
poteva non pensarci. Cosa avrebbe dovuto fare? Forse tutti la stavano
cercando,
come avevano fatto per Summer quando era scomparsa. Forse, dall'altra
parte della porta c'era Tom, disperato, senza sapere dove fosse e se
stesse
bene. E sua madre e suo padre, suo fratello. Non sapeva neanche quanto
tempo
fosse passato da quando era scomparsa.
Ma
avrebbe avuto davvero il coraggio di lasciare solo Julian? In quel
mondo freddo, senza nessuno
che gli stesse vicino. Solo come una rosa sulla cima di una montagna
impervia,
mentre il ricordo di lui nel tempo si sarebbe inesorabilmente
affievolito e sarebbe
rimasta solo una copia, di una copia, di una copia di quel che era
veramente
Julian? Tutte le sue sfaccettature che si sarebbero perse negli anni,
il tono
della sua voce, il modo di parlare, il suo sguardo, felice, triste,
arrabbiato,
entusiasta, sarcastico. Tutti gli aspetti di lui che a volte odiava,
altre
volte amava, che diventavano opachi ingogliati dalla sua memoria ormai
anziana. Perché, ne era certa, lui non avrebbe mai smesso di
osservarla.
Poteva
immaginare la scena: Julian, che nascosto tra le ombre la osservava
diventare
anziana, incurvarsi mentre i suoi capelli diventavano grigi e il suo
viso si riempiva di rughe. E lui mutava insieme a lei, diventando
giorno dopo giorno sempre più mostruoso.
Non
poteva accettarlo. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe sopportato un
minuto di più l'immagine dell'uomo ombra solo
nell'oscurità. Si alzò dal letto, anche se le
gambe le
facevano ancora male e, guardandosi allo specchio sul comò,
cercò di sistemarsi come poteva i capelli e uscì
dalla
stanza, cercando Julian.
Il
corridoio era, di nuovo, poco illuminato, ma poteva ancora vedere
qualcosa.
Girò
a destra, fino ad arrivare alla sala. E Julian era sempre
lì, seduto sulla
poltrona illuminato dal fuoco. La luce verde e le ombre lo colpivano in
modo perfetto, e lui restava immobile assomigliando sempre di
più ad un personaggio dei film di fantascienza. Di una
bellezza
alienante. Niente nell'universo poteva essere paragonato a lui. Strano
e perfetto.
-Julian.-
-Hai
deciso?-
Non
poteva non notare quella note di preoccupazione che echeggiava nella
sua
voce. Gli si avvicinò. Gli occhi che con la luce variavano
dal blu
al verde al viola. E lei si sedette sul bracciolo accanto a lui,
appoggiandogli una mano sulla spalla. Lui la prese e iniziò
ad
accarezzarla, in modo delicato. Una silenziosa supplica.
-In
realtà no.- Rispose lei dopo un lungo silenzio. -Vorrei solo
capire cosa sta
succedendo. Perché proprio ora hai deciso di darmi una via
di
fuga? Non è da te rinunciare ad un gioco.-
-Non
sto rinunciando ad un gioco.- Il suo sguardo era fermo sulle fiamme, la
voce chiara e controllata. -Ma non voglio più che tu sia una
mia
prigioniera.-
Lo
guardò con attenzione e lui continuò -Hai visto
la
spiaggia fuori dalla porta? E' così questo mondo: Posso
creare
qualsiasi cosa, ma tutto svanisce prima o poi. Il sole non è
caldo come quello vero. Il mare prima o poi si dirada. La nebbia e
l'oscurità inghiottono tutto ciò che creo...
L'unica cosa
reale, qui dentro, siamo solo io e te.-
-Ne
parli come se ti disturbasse.-
-E'
così.- e dopo un lungo silenzio aggiunse -Non posso
controllare
quello che dici o pensi. I tuoi movimenti, i tuoi sguardi, le tue
parole sono tutte fuori dal mio controllo. Una volta mi avrebbe
disturbato questa mia mancanza. Adesso mi rincuora.-
-Ti
rincuora?-
-Mi
fa
sentire meno solo. Ogni giorno, con te, è una sfida. Ma
adesso
è finita. Hai vinto. Non è più
divertente giocare
quando c'è sempre qualcuno che disturba le partite.-
Era
chiaro che si stesse riferendo agli uomini ombra.
-Vorrei
giocare ancora un po'-
-No.
Ho detto che hai vinto.- La sua voce ferma e decisa per un momento la
fece spaventare. -E' un gioco pericoloso. Se continui, non giochi solo
contro di me.-
-Possiamo
giocare insieme contro di loro.-
Julian
alzò lo sguardo, studiandola. Come se cercasse della paura
nel
suo sguardo, un qualche segno di esitazione da prendere e levigare come
un coltello da usare contro di lei.
-Lo
possiamo fare, possiamo stare nella stessa squadra.-
-Si.
La "Idiots squad"-
Jenny
rise per quella improvvisa battuta e lui la seguì con uno
dei suoi classici sorrisi sornioni.
-Saremmo
la peggiore squadra del mondo.-
-Andiamo,
siamo forti insieme!-
-Ci
ucciderebbero in un attimo!- disse ridacchiando-
Lei
rise. Le piaceva, le piaceva da matti quando lui faceva in quel
modo. E finalmente il clima si era alleggerito, perfino il fuoco
sembrava di un verde più brillante. I suoi occhi
continuavano a
studiarla, mentre lei rideva.
-Non
ho mai visto degli occhi più belli dei tuoi.- Disse Julian
tirandola a sé. Fece scivolare le sue mani trai capelli di
lei,
guardandola come nessuno l'aveva mai guardata prima. Giocando con le
ciocche dei suoi capelli si avvicinò alle sue labbra e le
diede
un lento bacio.
Non
era sensuale, non era come quelli che si erano scambiati nel corso del
tempo. Non c'era lussuria nei suoi gesti. Solo una lenta, disperata
ricerca di contatto fisico. Con la sensazione che se solo si fosse
staccata da lui per un momento sarebbe sparito. Non la incantava
più. Era come vederlo senza tutte le sue maschere. Semplice
e
indifeso, ma allo stesso momento forte e deciso.
Non
sapeva dire per quanto tempo rimasero in quel modo. Sapeva solo che
stava talmente bene tra le sue braccia che non si sarebbe mai
allontanata da lui se solo avesse potuto.
-Adesso
devo andare.- disse spostando una ciocca di capelli dal suo
viso.
-Torna
presto, ok?-
-Certo.-
rispose lui. -Stasera ho una sorpresa molto speciale per te.-
Ci
aveva messo ore per truccarsi e sistemarsi i capelli. Con la cipria
coprì i due grossi lividi sulla schiena in modo che non si
vedessero. Indossò un vestito color verde bosco, che le
copriva
le spalle, stretto in vita con la gonna che le arrivava alle ginocchia.
Semplice e senza troppi fronzoli.
Si
guardò allo specchio e per un momento si vide bella come la
descriveva sempre Julian. La vita sottile e i capelli che in quel
periodo le erano cresciuti fino ad arrivarle ai fianchi. Non era molto
brava nel truccarsi e non aveva esagerato, ma si era
impegnata al massimo per essere bella per lui.
Quando
uscì dalla sua stanza, Julian era lì,
metà in ombra, metà illuminato da
una luce fiocca, poteva vederne solo metà viso, come una
luna calante.
Sembrava stupito del suo cambiamento, come se non si aspettasse di
vederla con i capelli arricciati e fermati da un fermaglio di perle,
con la gonna che le accarezzava le ginocchia. La guardava come un
bambino che vede il sole per la prima volta.
Lui
indossava un completo elegante, completamente nero, con i capelli e gli
occhi che sembravano cambiare colore ad ogni suo movimento,
più scuri o
più chiari seguendo la luce del corridoio.
-Non
sei mai stata più bella.-
Jenny
arrossì. Glielo aveva detto molte volte quanto, per lui, era
bella. Ma
mai con quel tono così formale e reverenziale, come un uomo
di chiesa.
Le prese il braccio e lo incatenò al suo, sfiorandole il
fianco. Non
camminarono molto, e come molte altre volte, la condusse davanti ad una
porta con delle incisioni.
-Spero
non sia una spiaggia.- Disse Jenny con un sorriso -Non ho il costume.-
-E'
qualcos'altro, ho bisogno di festeggiare questo giorno con te.-
Jenny
rimase interdetta. Ma prima che potesse chiedere qualcosa Julian
aprì la porta e l'accompagnò dentro.
Jenny
dovette trattenere il fiato, altrimenti avrebbe urlato dallo
stupore.
Fuori
dalla porta, bianca e lucida, come quelle delle fiabe, si apriva
d'avanti a lei la più bella balconata che avesse mai visto.
Fece tre
passi, guardando ogni minimo dettaglio, riconoscendo le lampade che
aveva visto una volta in un ristorante francese. La veranda, era
l'esatta copia di quella durante la festa in maschera quando ancora
andava a scuola, la prima volta che avevano ballato insieme. L'ennesimo
trucco per farla sua. Solo che, questa volta, era più
piccola e
riservata e, anche se non riusciva a crederci, si affacciava sulle
strade di Parigi.
Da
dov'erano, si potevano vedere i palazzi, la Senna con all'orizzonte la
torre Eiffel, come mai lì aveva vista
prima.
-Come..?-
Non riusciva neanche a chiederlo. Si affacciò dalla
terrazza, guardando
quel paesaggio meraviglioso. Quando era ancora una ragazzina, aveva
sempre sognato di andare a Parigi con un principe azzurro. Poi era
arrivato Tom, era cresciuta, e la voglia di andare a Parigi era sempre
rimasta dentro di lei, stretta e in un angolo, per far posto a sogni
più moderati, meno impegnativi. Non che andare a Parigi
fosse
impossibile, ma c'era sempre qualcosa che la fermava. Il diploma, la
laurea, il lavoro, il matrimonio.
-Siamo
sull'hotel Pullman. Da qui si vede benissimo sia la senna che la
Torre.- Le spiegò Julian, affacciandosi, accanto a lei, alla
ringhiera
in marmo. -Quella è la Avenue Charles Floquet, e da quella
parte c'è
l'Avenue Gustave Eiffel.-
Intorno
a loro si estendevano parchi meravigliosi. I ponti sulla senna erano
tutti illuminati e la Torre sembrava ricoperta di stelle, uno
spettacolo unico.
-E'
bellissimo.-
-Tutto
per te.- Si voltò verso di lei, e gli occhi sembravano
vibrare con
tutte quelle luci che dondolavano riflesse nei suoi occhi. Prese la sua
mano tra le sue, guardandola attentamente. -Ho pensato che Parigi fosse
la meta più adatta per il nostro primo anniversario di
matrimonio.-
Jenny
lo guardò stupita. Era davvero già passato un
anno?
-Non
pensavo fosse passato così tanto tempo.-
Julian
sogghignò, tra l'amareggiato e il divertito. -Qui il tempo
è mutevole.
Un anno passa in un soffio, dieci anni sono come cento. Neanche io ho
idea quanto tempo sia passato sulla terra. E' passato un anno e
sembravano fossero trascorse solo poche settimane. Domani potresti
svegliarti e saranno passati dieci anni.-
-Ma
è terribile!-
-Dipende
cosa fai con il tempo che hai.- Strinse la sua mano, poi fece scivolare
l'altra sul suo fianco. -Il tempo passato con te, per me, è
stato più
breve di un battito di ciglia.-
Seduti
a tavola, Julian la guardava attraverso il bicchiere di vino bianco.
Facendo dondolare il bicchiere, Jenny non riusciva a non pensare a cosa
stesse pensando. Un piano da qualche parte suonava una dolce
canzone.
-Balli
con me?-
Julian
aveva puntato gli occhi su di lei. Le era venuto in mente che non
avevano mai ballato insieme per il puro piacere di farlo. Era sempre
stato lui a prendere l'iniziativa, a cercarla, e tutte le volte era un
modo per ammaliarla, per costringerla a giocare. Faceva sempre parte
dei suoi piani.
Voleva
essere lei a prendere l'iniziativa, solo per una volta. Julian la
studiava, come se lo avesse, ancora una volta, stupito.
Si
alzò dalla sedia, girando intorno al tavolo piccolo e
rotondo,
imbandito. In piedi davanti a lui, gli tese una mano per farlo
alzare.
Sorrise,
guardando il suo sguardo un po' perso, ma solo per una frazione di
secondo. Prese la sua mano e la portò in un angolo della
terrazza
illuminata dalle stelle. Con le mani strette sui suoi fianchi, con le
braccia di lei incrociate intorno al suo collo, gli accarezzava i
capelli. Lui la guardava come un diamante estremamente prezioso che
stringeva tra le mani. Non si era mai sentita così amata.
Neanche con
Tom. Aveva qualcosa nel suo sguardo, una dolce richiesta di
aiuto.
E mentre loro ballavano,
Julian con la sua voce profonda le cantava, sussurrandole all'orecchio,
una canzone che non sentiva da tempo che, ricordava, sua madre cantava
mentre cucinava la domenica mattina, con gli occhi innamorati rivolti
al padre.
"Suzanne
takes you down
to
her place near the river
You
can hear the boats go by
You
can spend the night beside her
And
you know that's she half crazy
But
that's why you want to be there"
La fece
girare su se stessa, senza mai staccare le mani dal suo corpo,
sfiorandola con la delicatezza di un gatto nero. Le sue mani morbide,
il suo viso, il suo sguardo la fecero arrossire. Il modo in cui la
guardava era unico al mondo. Cantava con voce profonda, e le parole la
sfioravano come se avessero una consistenza. Era totalmente incantata.
"And
just when you mean to tell her
that
you have no love to give her
then
she gets you on her waveleght
and
she lets the river answer
that
you've always been her lover"
Per
tanto tempo aveva descritto Julian come un demone. Ammaliante come il
diavolo. Un principe delle tenebre. Così bello e seducente
che avresti venduto l'anima per un suo bacio, e nello scambio avresti
persino avuto l'impressione di guadagnarci. Julian che con un bacio ti
fa perdere i sensi. Julian che balla, con la sua maschera a coprirgli
il viso, in modo che potesse vedere solo i suoi occhi incantatori.
E per
tanto tempo, ai per lei, era stato solo quello. Crudele, cattivo e
capriccioso. L'amava, è vero, ma non l'avrebbe mai lasciata
libera di decidere da sola.
Una
minaccia, ecco cos'era stato.
Si era
sempre chiesta cosa avrebbe fatto, se un giorno per caso, lui si fosse
presentato davanti a lei e le avesse semplicemente detto che l'amava,
senza ricorrere a tutti quei trucchi.
Perché
a guardarlo adesso, mentre cantava una delle canzoni più
dolci che avesse mai ascoltato, e il suo viso sembrava quello di un
angelo,Julian non sembrava altro che un angelo.
Aveva
sempre detto che non sarebbe mai potuto cambiare quel che era, ma non
si rendeva conto che era già cambiato da diverso tempo.
"And
you want to traver with her
and
you want to travel blind
and
you know that she will trust you
for
you've touched her perfect body with your mind"*
Rimasero
lì a ballare quel valzer finché non
finì la canzone. E Julian la
strinse ancora di più tra le sue braccia quando la musica
cambiò
diventando ancora più lenta e dolce. Con il viso affondato
tra i suoi
capelli, lo sentiva fremere mentre la abbracciava con forza e dolcezza
allo stesso tempo.
-Julian?-
-Promettimi
solo una cosa.- sussurrò solleticandole il collo con il
naso. -Che
quando andrai via, prima di lasciarmi e tornare dalla tua famiglia, ti
prego... dimmelo. Non sparire all'improvviso.-
-Julian,io...-
-Promettimi
solo che mi permetterai di dirti addio.- Quando alzò lo
sguardo, Jenny
lo fissava impietrita, mentre osservava i suoi lucidi. Oceani profondi
e glaciali, un blu impossibile. Non aveva mai visto Julian con un
simile sguardo. Così disperato, così bisognoso.
Il blu si rifletteva
tra il luccicore delle lacrime, che non volevano scendere, troppo
orgogliose. Sarebbe stato troppo.
-Non
vado da nessuna parte. Lo giuro, lo giuro. Resto con te.- Gli prese il
viso tra le mani, abbracciandolo forte, e lo baciò con
così tanta
disperazione perché sapeva che altrimenti lo avrebbe
perso.
Due
forti rintocchi la fecero sussultare. Poi ancora uno. E un
altro.
-Dobbiamo
andare.- mormorò Julian guardando la porta.
Le
prese la mano, e la trascinò fuori dalla porta. I colpi
continuavano a
rincorrersi prepotenti. Lui le sembrò così
agitato che non osò chiedere
nulla. Con il cuore a mille, lui la fece entrare nella sua stanza.
-Vattene.- le ordinò mettendola davanti alla porta.
La
porta nera, quella che l'avrebbe portata a casa.
-No,
ti prego, fammi restare con te.-
-Non
so se riuscirò a fermarli.- Aveva cercato di abbracciarlo,
ma lui la
teneva lontana con le mani strette intorno ai suoi polsi. -Loro
vogliono te. Sei una loro proprietà. Io non sono sicuro di
poterli
mandare via ancora una volta. Ti uccideranno. Ti tortureranno e faranno
qualsiasi cosa con te e io non potrò fare nulla per
aiutarti!- Jenny
continuava a scuotere la testa, terrorizzata.
-Se
vado via loro cosa ti faranno?-
-Per
favore, Jenny. Non posso permettere che ti facciano del male.- Stava
urlando adesso. Non di rabbia, ma di disperazione.
-Li
hai mandati via tante volte.- Continuò lei.
Julian
si girò di scatto, guardando la porta con rabbia. -Resta
qui.-
Jenny
indietreggiò, piangendo. Mentre lui la lasciò
chiudendosi la porta alle spalle.
Seduta
sul letto decise di aspettarlo. Forse, Julian, aveva reagito
così solo
perché era preoccupato. Ma lei aveva fiducia in lui. Era
sempre
riuscito a fermarli, sempre. E tutte le volte che quell'uomo ombra
l'aveva aggredita c'era riuscito solo perché lui non c'era.
Doveva solo
aspettare. Non c'era nient'altro che potesse fare.
Intanto
da dietro la porta continuavano i colpi. I rintocchi si facevano sempre
più forti, costringendola a tapparsi le orecchie, mentre la
stanza
tremava, come se un terremoto stesse scuotendo tutta la casa. La
polvere scivolava dalle travi e la pittura iniziò a
sgretolarsi,
lasciando a vista i mattoni. Le voci si facevano sempre più
prepotenti
nel corridoio, furiose e cattive, ma non riusciva a cogliere cosa
stessero dicendo. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla porta,
pregando che entrasse Julian con uno dei suoi sorrisi sornioni,
dicendole che li aveva mandati via. Il cuore le batteva all'impazzata.
Avrebbe voluto sapere cosa stesse succedendo, uscire e vedere con i sui
occhi se lui stesse bene, ma aveva paura. Se fosse uscita, di certo,
avrebbe messo in una brutta situazione Julian.
Così
rimase lì, ad aspettare che lui tornasse.
Doveva
essersi addormentata perché si svegliò di colpo
non appena sentì la
porta aprirsi di scatto e chiudersi violentemente. Si alzò
in fretta ma
ci mise qualche secondo per mettere a fuoco Julian che, con le spalle
appoggiate alla porta, scivolava mollemente a terra.
-Oh
Dio, Julian!-
Ricoperto
di sangue, respirava prendendo grandi boccate d'aria. I vestiti erano
strappati, e poteva vedere i grossi tagli attraverso il tessuto nero.
Sembrava perdere sangue anche dal viso, ma non capiva dove fosse
ferito, e si teneva il fianco, tremando.
-Cos'è
successo?- domandò spaventata, correndo verso di
lui.
-Non
ti avvicinare!- urlò lui, con una mano protesa verso di lei.
Tossì
forte, stringendosi le braccia al corpo, dolorante. -Non ti avvicinare
Jenny, potrei farti del male.- mormorò ancora. Sembrava
furioso. Non lo
aveva mai visto così arrabbiato, così fuori
controllo.
Jenny
rimase ferma, aspettando che lui si calmasse.
Lentamente,
Julian iniziò a respirare più lentamente, non
tremava più, o almeno, non come prima.
-Stai
meglio?- domandò preoccupata.
-Si.-
Rispose lui, chiudendo gli occhi per un momento. -Mi dispiace, ti ho
spaventata?-
-Da
morire.- mormorò lei, sedendosi accanto a lui. -Pensavo che
non saresti più tornato.-
Non
voleva dire cosa stava pensando. Julian era in pessime condizioni, e
quelle ferite sembravano fargli incredibilmente male.
-Ti
prendo qualcosa per medicare quei tagli.- stava per alzarsi ma Julian
la tirò vicino a sé
-Non
ti preoccupare, guarirò presto.-
sussurrò.
-Cos'è
successo?- Con il lenzuolo gli puliva il viso sporco, mentre lui
restava immobile, con gli occhi chiusi.
-Pensavo
ci fosse solo uno di loro. Ho pensato che al massimo potessero essere
in due.- spiegò.
-Invece?-
-Erano
una ventina.- Socchiuse gli occhi solo, pensò Jenny, per
vedere se era
terrorizzata come aveva immaginato. E lo era. Anche più di
quanto
pensasse Julian.
-Jenny,
non ho molto tempo.- disse alzandosi. Ancora dolorante, restava in
piedi, ma appoggiato alla porta, come se non fosse del tutto certo di
potersi reggere da solo. -Sono riuscito a tornare da te solo
perché ho
giurato che ti avrei consegnata a loro.-
Jenny
tremò a quelle parole. Non poteva essere vero, non lo
avrebbe mai
fatto. Lui strinse ma mano intorno al braccio, tenendola ferma e
appoggiando la mano sulla maniglia. Quando avrebbe aperto la porta, ne
era certa, gli uomini ombra l'avrebbero divorata.
Julian
aveva già abbassato la maniglia, senza mai incrociare il suo
sguardo.
-Non
posso.- Julian la guardò negli occhi, con una tale
determinazione che
le pupille sembravano vibrare. La trascinò davanti alla
porta nera,
mentre quella che portava in corridoio si gonfiava e si restringeva. Le
voci gridavano furiose, come se avessero visto l'improvviso voltafaccia
di Julian.
-Devi
andartene subito!- esclamò aprendo la porta.
Dietro
di lei si aprì il nero, un vento freddo la pervase.
-Non
ti voglio lasciare.- con le lacrime agli occhi, lo guardava disperata.
Non voleva, non poteva lasciarlo lì.
-Ti
prego, non ho più molto tempo.- la supplicò
guardando la porta che continuava a gonfiarsi.
-Cosa
ti faranno?-
-Non
importa, vattene ti prego.-
Da
sotto la porta iniziò a filtrare uno strano fumo nero,
denso, come se avesse una sua fisicità.
-Jenny,
io ti amo.- le sussurrò. -Ti amo, ti amo. Quindi ti prego,
vattene. Se
ti facessero del male non potrei sopportarlo. Sarebbe peggio di
qualsiasi tortura.- La spinse ancora verso la porta, continuando a
parlare. Jenny piangeva, singhiozzava. Non sapeva cosa dire. Non voleva
lasciarlo.
-Promettimi
che non tornerai più qui.-
Sul
bordo della porta, Jenny si stringeva a Julian. Lo guardò
terrorizzata,
stringendosi a lui per la camicia. Julian le prese le mani e la
allontanò da se, ma continuando a tenerla per le
braccia.
-Ti
prego Jenny, giurami che non proverai in nessun modo a tornare in
questo posto. A casa sarai al sicuro, quando si richiuderà
questa
porta, nessuno potrà raggiungerti. Ma tu mi devi giurare che
non
tornerai, ok?-
Jenny
non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto continuare ad urlare, gridare ma
lui sembrava così disperato che ogni sua supplica la
spezzava. Il fumo
era opprimente e si sentiva mancare. Le gambe erano così
molli che non
appena lui l'avrebbe lasciata andare, sarebbe caduta nel
vuoto.
Quando
lui la tirò a se per baciarla, capì subito che
sarebbe stato l'ultimo.
Tutto il suo corpo sembrava essere diventato etereo, si confondeva
nell'aria, con gli occhi che brillavano e i capelli che sembravano
fatti di pura energia. La stanza era completamente buia. E il suo
bacio, lento e disperato, fugace, un secondo, dieci anni, tutto
confuso, come se per un momento esistessero solo loro due
nell'oscurità.
Ma
alla fine, sapeva che sarebbe finita in quel modo.
Julian
che la lascia andare, la porta che sbatte, e lei che sprofonda
nell'oscurità.
.
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*Leonard Cohen-Suzanne
Direi
che merito un applauso solo per essere riuscita a pubblicare il
capitolo così velocemente. Ripeto, la mia
università è il male puro e
presto sarò costretta a concentrarmi sulla tesi, quindi
cercherò di
pubblicare il più possibile quando ne avrò il
tempo (classica scusa
insomma ahah)
Ora,
prima dei ringraziamenti, vorrei raccontarvi una cosa che mi
è capitata di recente.
Essendo una dipendente
da twitter, pubblico sempre i link dei miei capitoli, che siano sul
gioco proibito o su altri argomenti, o ancora più spesso i
miei scleri mentre scrivo, che ammetto che sono molto più
frequenti dei capitoli in se. Quindi ogni tanto capita che qualcuno
legga la storia e magari non avendo un profilo efp preferiscono
scrivermi in chat privata.
Qualche giorno fa
pubblico il capitolo
precedente a questo, e una ragazza molto carina (che saluto!) mi
contatta in chat e iniziamo a commentare la storia
finché, ad un tratto, non ci mettiamo a parlare di musica.
Mi fa
notare, con ragione, che nelle primissime pagine del primo libro
(quando Jenny entra nel negozio per intenderci) ci viene presentato
Julian e in sottofondo si sente della musica elettronica. Quindi mi fa
notare che si, le mie storie sono molto carine e ben scritte, ma che
dovrei sviluppare questo tema dato che spesso descrivo Julian mentre
suona il piano o mentre canta. Cosa che, a suo dire, ed ha ragione, io
non faccio visto che cito sempre canzoni come behind blue eyes dei The
who o, come in questo capitolo, Leonard Cohen.
Questa
cosa mi ha mandato in pappa il cervello.
Come
avrete capito, se magari vi è capitato di andare a cercare
le
canzoni che spesso cito, sono una patita di metal e rock, quindi
non me ne intendo molto di musica elettronica (tolto il fatto che io mi
ero completamente dimenticata di questo particolare. L'ho proprio
rimosso) al massimo ascolto Eminem per dire, che poi so tipo 3 canzoni
ma perchè il mio fidanzato ne era ossessionato(che vitaccia
hahah)
Quindi dovete scusarmi
se anche voi avete avuto questa
sensazione, ma io proprio non me ne ero neanche accorta.
Però
perdonatemi, se la Smith si permette di riesumare una canzone come
Nether Lands dei Dan fogelberg (Like the songs that the darkness
composes to worship the light...) io cito Leonard Cohen, i The who, e
se mi fate incazzare metto anche una scena dove tutti gli uomini ombra
fanno headbending con le canzoni del Avenged sevenfold (So che qualcuno
apprezzerebbe, un saluto a Davide che ci segue sempre senza che la
sottoscritta lo minacci) Ma a parte gli scherzi fatemi sapere se
secondo voi ne abuso di questa storia
o se
magari vi da fastidio. Facciamo un piccolo sondaggio insomma, non
pensavo che potesse stonare con la storia, alla fine tutto si
può migliorare e infondo se scrivo su un sito pubblico
è
perché a me piace davvero tanto sapere cosa pensa la gente.
Vabbè
scusate il mio sclero, ma è tardi e mi si sta fondendo il
cervello.
Ah, fatemi sapere che
musica ascoltate, tranquilli, a differenza di come appaio, non solo
così razzista in fatto di musica. Voglio dire, non ho ucciso
mia sorella quando si era fissata con il mondo di Patty, posso
resistere a qualsiasi cosa. Tra
l'altro se volete sapere un'altra bella novità, da quando
lavoro con il
3D (tre anni ormai) il pc non ce la fa più e ogni volta che
finisco di scrivere la storia (magari riesco a prendermi una serata
libera e quindi vado avanti per tutta la notte) puntualmente quando
salvo
si impalla tutto. Non so neanche più
quante volte ho scritto questo capitolo, robe che a me viene voglia di
uccidere tutti che mamma mia chi siete voi uomini ombra se mi si
impalla di nuovo il pc vi mangio.
(Jessica
campionessa olimpionica, medaglia d'oro, in scleri notturni)
Grazie a chi commenta la
storia, mi rendo conto che faccio passare
troppo tempo ogni volta.
E non vi preoccupate, la
prossima volta scriverò di Julian
su
una bella decappottabile con il catenaccio d'oro e la canottiera bianca
con tutti i finestrini abbassati mentre a tutto volume ascolta musica
House.
Mh che bella immagine.
Vebbè, mi
rendo conto che la mia nota ha quasi superato la
lunghezza del capitolo.
Parlo troppo.
Un salutone
Jess
PS:
so che tutti state aspettando con ansia il ritorno di Tom
perchè vi piace tanto, keep in touch ahahah
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