Il volo dell'aquila

di Volpotto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Compagni ***
Capitolo 3: *** Il rafiq e Nhabial ***
Capitolo 4: *** Riflettere ***
Capitolo 5: *** Quando tutto va storto ***
Capitolo 6: *** Cose di poco conto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

<< Salute e pace Maestro Al Mualim >>
<< Salute e pace Labib >>
Labib osservò il Grande Maestro dell’Ordine degli Assassini salutarlo con voce fiocca. Il vecchio assassino sembrava provato dalle ultime azioni provocate dal suo allievo prediletto. Gli dava le spalle, ma Labib non era un novizio. Poteva comprendere cosa provasse, dato che per un periodo Altaïr era stato suo allievo. Vergogna, delusione, rabbia e forse addirittura odio. Il vecchio Maestro osservava un orizzonte lontano, come se potesse dargli consiglio. Fuori regnavano sovrane le tenebre, essendo ormai tardi. Gli Assassini dormivano nelle loro stanze, ignari che il loro Gran Maestro fosse sveglio a pensare a loro. A come fare per aiutare la confraternita, affinché essa non si distruggesse all’interno. Labib capì che doveva prendere lui la parola.

<< Maestro, perché mi avete convocato? A cosa debbo questo onore? >>
<< Labib, cosa ne pensi? >> domandò diretto al sottoposto, senza tuttavia voltarsi.

Labib intuì la fonte della domanda. La voce del vecchio Maestro appariva dura e secca, sebbene cordiale. Eppure Labib non aveva sbagliato.

<< Parlate di Altaïr, non è vero? Beh, non saprei. Gli altri Assassini non sono contenti, per loro lui è un trad… >>
<< Labib, non ho chiesto il parere dei novizi, ho chiesto il tuo. >> la voce di Al Mualim sembrò irritata << Loro non sanno, mentre tu si. Cosa predenti da un parere di quei mocciosi, che ancora non sanno tenere una spada in mano senza il tuo aiuto? >>
Il maestro d’armi tacque per un secondo. Al Mualim era sempre stato un ottimo governatore, nonché il miglior Assassino di tutta Masyaf. Mai aveva messo a repentaglio l’Ordine per un sentimento, e mai chi l’ho avesse minacciato era stato impunito. Severo ma giusto, si era guadagnato il rispetto, non l’aveva preteso. Però adesso in questione c’era Altaïr Ibn-La’Ahad, e Al Mualim appariva diverso. Diverso dal solito. Labib sospirò, accorgendosi di aver mancato di rispetto e chinò il capo in segno di scusa. Era raro che Al Mualim chiedesse consiglio, e probabilmente se l’aveva convocato, era per un motivo ben preciso.

<< Perdonatemi Maestro, non volevo irritarvi. >>
<< Labib, tu eri presente quel giorno, sebbene fosti molto giovane. Gli promisi che avrei avuto cura di lui, qualsiasi cosa fosse accaduta. Giurai che avrei protetto Altaïr, anche per lui.>> addolcì il tono << Non potevo ucciderlo, non io almeno. Tuttavia, quello stolto si è comportato in maniera riprovevole, giù al Tempio di Salomone e meritava sì la morte. La meritava, nonostante dopo avesse protetto la cittadella. E come legge comanda, avrei dovuto infliggerla io. Labib, ho agito come meglio credevo. >>
<< Maestro Al Mualim, perdonatemi, ma forse sarebbe stato meglio tagliare subito la testa al toro. Voi avete risparmiato il giovane Ibn-La’Ahad, e tuttavia l’avete privato sia di grado sia di armi. È tornato ad essere un novizio, nonostante fosse un Maestro Assassino. >> si passò la lingua sulle labbra << Quale umiliazione peggiore di questa? >>
<< Labib, questa situazione sarà per Altaïr motivo di esperienza. Sono sicuro che riuscirà ad redimersi, se gli darò la possibilità. >>
<< Esperienza è il nome che noi uomini diamo ai nostri errori. E l’errore di Altaïr è costato la vita del giovane Kadar e la perdita di un arto a Malik. E se non fosse stato per quest’ultimo la missione sarebbe fallita! >> aveva alzato di qualche tono la voce << Come potete dargli una seconda possibilità, Maestro? Sono stato io ad insegnare, sotto vostro ordine, le tecniche di combattimento ad Altaïr, e non lo fatto perché egli le usasse contro la confraternita! Maestro Al Mualim, pensi ai sentimenti del giovane al-Sayf, alla confraternita e a tutti coloro che credono in voi! >>
Al Mualim si voltò verso Labib, con un volto diverso dal solito. Un volto che, alla luce del sole, non avrebbe mai mostrato. Il maestro d’armi si zittì, osservando quell’uomo più vecchio di lui di quasi cinquant’anni. Al Mualim gli sorrise nello stesso modo a cui sorrideva ai suoi allievi, avvicinandosi a lui. Labib poté vedere il volto del maestro che tanto rispettava e ammirava guardarlo con severità, ma senza odio. Perché in cuor suo Al Mualim sapeva bene che Labib, nonostante avesse quasi quarantasei anni, non poteva comprendere a pieno quello che gli confidava. Esattamente come un novizio.

<< Labib ascolta, capisco cosa provi. Quando ti affidai Malik e Kadar, insieme ad Altaïr e Abbas, tu insegnasti a loro tutte le tue conoscenze e i principi del nostro credo. So che adesso tu, come tanti altri, vorresti avere la testa di Altaïr. >> sospirò << Ma chissà se Altaïr non riesca a farvi cambiare idea? >>
<< Maestro, so che lo state facendo per Umar ma…il figlio non è il padre. E Altaïr, comportandosi così l’ho ha disonorato. Al Mualim, vi prego, ragionate! >>

Labib si fermò, per fissare il vecchio maestro dell’Ordine. Era serio, e nonostante l’età, conservava l’aspetto di un assassino. L’aspetto della morte.

<< Temo che ormai sia impossibile farvi desistere, non è vero maestro? Avete davvero deciso di concedere una seconda possibilità ad Altaïr, non è così? >>
<< Labib, io credo in quel ragazzo. Sono sicuro che farà grande cose per il nostro credo, molte di più di quante ne ho fatte io. Non gli sto concedendo una seconda possibilità perché è figlio di Umar, no. Quel ragazzo ha un talento innato, e se io recidessi quella vita, sarebbe uno spreco. >>
<< Spero solo che non pentirete, in futuro, nobile maestro. Per il resto, se Altaïr vivrà o meno, non è affar mio. Non più almeno. Tuttavia io sono restio a lasciarlo andare indisturbato e privo di sorveglianza. Potrebbe ricommettere lo stesso errore. Spero che almeno in questo possiate darmi ragione. >>
Al Mualim annuì, convinto anche lui che, se avesse lasciato Altaïr libero di agire, avrebbe potuto nuovamente pentirsene. << Si Labib, non ti sbagli. Anche se privato di grado, Altaïr resta comunque uno dei miei Assassini più abili e capaci. Pensavo di affiancargli qualcuno. >>
<< Qualcuno? Altaïr non è il tipo da avere compagni. È troppo arrogante e litigioso, non è adatto al lavoro di squadra! E poi nessuno, in questo momento vorrebbe stare con un traditore. >> fece una pausa, per riflettere << E anche ci fosse qualcuno disposto a fare coppia con lui, non penso che lo stesso Altaïr sarebbe disposto ad accettarlo. >>
<< Altaïr farà tutto quello che gli dirò. >> tagliò corto Al Mualim << Dimmi, Labib, chi è sarebbe disposto a restare al fianco di Altaïr? >>
Labib osservò nuovamente il suo superiore. Dare una seconda possibilità al giovane Assassino, per lui, era uno spreco di tempo. << Chiunque voi dite, Maestro Al Mualim, sarà disposto. Ogni vostro desiderio per noi è un ordine, e voi lo sapete bene. Scegliete voi. >>
Al Mualim fece finta di non notare il disappunto nella voce di Labib. Il Gran Maestro Assassino sapeva bene che, il maestro d’armi, piuttosto di cedere un suo allievo alla morte si sarebbe ucciso. E Altaïr, per Labib, era sinonimo di morte. Al Mualim rifletté cauto.

<< Altaïr ha bisogno di un novizio, non di un esperto. Se così fosse, si sentirebbe soffocato e sarebbe difficile che i due collaborino. Tuttavia non ha bisogno di un Assassino alle prime arti. Si infastidirebbe troppo e lo scaricherebbe. Ha bisogno di una via di mezzo, di qualcuno capace di seguirlo senza problemi, ma bisognoso di apprendimento. Ah, dovrebbe avere anche un temperamento mite, ma non sottomesso. >> sospirò, Altaïr era peggio di una donna in gusti << Qualcuno capace di tenergli testa nelle discussioni, che non sia tuttavia impulsivo. Se tra i due scattasse una lama, sarebbe una tragedia. Pensi di potermi procurare qualcuno così? >>
<< Maestro Al Mualim, se circa un anno prima mi avreste rivolto la stessa richiesta non avrei saputo accontentarvi. Difatti il soggetto che mi chiedete non è facile, tuttavia c’è una persona che potrebbe fare al caso vostro. >>

<< Sarebbe? >>
<< È un ragazzo che mi avete affidato voi stesso. Si è presentato qui circa tre anni fa, ridotto ormai agli estremi dalla fame e senza una meta. Una volta che riabituato a mangiare normalmente e ormai a posto con la salute, ha intrapreso l’allenamento. Si è dimostrato molto abile e si è differenziato per la sua capacità con la spada. È mancino, se può interessare. Ha già eseguito un salto della fede con successo, ed ha svolto diverse missioni. Tuttavia non l’abbiamo promosso perché è arrivato tardi e non ha concluso l’addestramento. Ha un carattere molto particolare. Ogni tanto ribatte, ma è principalmente pacifico, e non l’ho mai sentito mancare di rispetto a un superiore. >> fece una pausa << Odia molto i Templari, benché non vuole spiegarne la ragione. Probabilmente quand’era piccolo ha avuto esperienze non positive, ma non ho indagato più di tanto. Ah, quasi dimenticavo. È terribilmente spaventato dal fuoco, altro mistero a cui non ho dato importanza. Tende ad essere aggressivo solo se gli imponi, in modo poco garbato, di fare qualcosa. Oppure si ostina e lascia perdere. Secondo lei può essere adatto? >>
<< Il nome del ragazzo? >>
Labib sembrò esitare << Maestro Al Mualim, prima di rivelare il nome del ragazzo posso domandarle una cosa? >>
<< Dimmi. >>
<< Il ragazzo era un grande amico di Kadar, e non so se vorrà partire in missione con Altaïr. Vi pregherei di non forzarlo in tal caso, anche se credo che vi obbedirà. >> sospirò << Maestro, ho perso Kadar e Malik, dato che non sarà mai più lo stesso. Non fatemi perdere anche lui. >>
<< Tranquillo Labib, farò in modo che Altaïr ne abbia cura. Se il ragazzo poi non dovesse sentirsi a suo agio, e Altaïr l’ho maltrattasse, vedrò di intervenire. >>
<< Spero che sarà così. Ivanoe merita di vivere come un Assassino, non di morire come un cane. Non come Kadar. >>

Prologo

Nella tana della Volpe

Buongiorno signori e signori! Volpotto, al vostro servizio.

Spero vi piaccia la storia, e spero mi perdonerete in caso contrario. Beh, siamo solo al prologo quindi non posso annoiarvi con le mie chiacchiere :) Dico soltanto, questo è il mio modo di spiegare come secondo me sono andate le cose, poiché nel videogioco è tutto troppo veloce! (anche se in realtà Ivanoe non centra niente, però mi piaceva l’idea di mettere qualcosa di nuovo)

Grazie a tutti coloro che avranno il tempo di leggere la mia storia! Spero vi piacerà!

Bacioni Volpotto!

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Capitolo 2
*** Compagni ***


Capitolo uno

Compagni

Altaïr camminò deciso tra i sentieri di Masyaf, sebbene a testa bassa. Gli avvenimenti dei giorni precedenti avevano infierito in modo pesante, sulla coscienza dell’Assassino. Sebbene all’inizio avesse provato a difendersi, ora comprendeva come stavano davvero le cose e più che dolore, lo riempivano di vergogna. Aveva causato la morte di un suo sottoposto e l’altro aveva perso un braccio, tutto a causa di quell’orgoglio smisurato. Di quella convinzione di essere al di sopra di tutto e tutti. Imboccò la strada che portava alla fortezza, senza tuttavia prestare attenzione alle occhiate degli altri Assassini. La sera dopo la condanna, Altaïr non aveva dormito alla fortezza. Si era rintanato appena fuori da Masyaf, vicino alle scuderie, ed lì era rimasto per tutta la notte. Non perché era un codardo, e le opinioni degli altri Assassini contavano assai poco per lui, tuttavia aveva preferito allontanarsi. Aveva avuto l’impressione che, oltre all’intero reggimento di Assassini, la stessa fortezza provasse ribrezzo nel vederlo. Come se quel rifugio, che per tanti anni era stata per il giovane Asassino una casa, fosse divenuto un luogo a lui estraneo. Arrivò davanti alla porta del castello, dove due Assassini montavano la guardia. Stavano per spuntare le prime luci dell’alba e quel silenzio che regnava sovrano nella fortezza si sarebbe sostituito presto. Al Mualim gli aveva fatto recapitare una lettere, con un ordine di convocazione. Non doveva fare attendere il Maestro, gli aveva risparmiato la vita nonostante dovesse ucciderlo. E il giovane Assassino non l’ho avrebbe ammesso, ma in cuor suo temeva quel vecchio, aveva paura di lui. Se mai avesse dovuto affrontarlo in combattimento…non voleva pensarci. Entrò dentro il castello, per arrivare agli alloggi di Al Mualim, senza tuttavia riuscire a ignorare i commenti delle guardie. Non gli importava ciò che pensavano di lui, dato che si sarebbe riscattato, di questo ne era sicuro. Era il fatto che, appena due giorni prima, chiunque lo vedesse si inchinasse rispettosamente e porgesse i suoi saluti. Gli tornarono in mente le parole di Al Mualim, e gli bruciarono.

<< Sei stato spogliato dei tuo averi >> l’aveva informato con tono pacato << Anche del tuo grado. Da maestro sei tornato ad essere allievo, quindi dimostrami di essere ancora uno di noi.

Di essere ancora un Assassino. >>

Lui l’ho era ancora, non aveva bisogno di dimostrarlo. Lui era Altaïr Ibn-La’Ahad, Maestro Assassino, figlio a sua volta di un Maestro Assassino, nonché allievo prediletto di Al Mualim. Cosa aveva bisogno di dimostrare? Lui era un Assassino e l’ho era sempre stato. Salì veloce la scala, fino ad arrivare agli alloggi del vecchio Maestro. L’ho trovò in piedi, ad aspettarlo, con uno sguardo severo e penetrate. Era il solito Al Mualim, severo e giusto, sempre serio o…? Ad Altaïr sembrò di scorgere un sorrisino sul suo volto, ma crebbe di aver preso un abbiglio. Chinò il capo rispettosamente, in segno di saluto, per attendere di sentire cosa avesse da dire. Sperò solo che non fosse un’altra ramanzina, ne aveva abbastanza.

<< Altaïr, eccoti. Vieni avanti, devo parlarti. Ieri, prima che ti congedassi, ti dissi che per redimerti avresti dovuto portarmi il sangue di nove uomini portatori di sventura. Essi devono morire, e anche alla svelta. >>

<< Ditemi da dove devo incominciare, e vi porterò le loro teste. >>

<< Ti sbagli Altaïr. Mi porterete le loro teste. >>

Altaïr spalancò gli occhi, colto di sorpresa dalle parole di Al Mualim. Porterete. In quel momento capì perché Al Mualim gli era apparso diverso, meno stressato del solito, forse addirittura divertito. Aveva intenzione di affiancarli qualcuno, per sorvegliarlo. Di colpo, si rese conto Altaïr, era diventato un possibile nemico agli occhi della confraternita. Qualcuno da controllare, poiché poteva trasformarsi da fratello a traditore. E lui, agli occhi di molti, aveva gia cambiato sponda. Al Mualim intuì i sentimenti dell’allievo, e prima che egli potesse replicare, ricominciò a parlare trattenendo a stento un sorrisino.

<< Dovrete recarvi a Damasco, cercate un trafficante del mercato nero di nome Tamir. Che sia il primo a cadere. >> Al Mualim prese un piccione viaggiatore dalla sua gabbia e lo tenne con dolcezza nella mano a coppa << Quando arrivate, recatevi alla sede locale degli Assassini, invierò un piccione ad avverti il rafiq del vostro arrivo. E, come ti ho spiegato ieri, dovrai avere il suo permesso per operare. Non mi interessano le tue obbiezioni, questo è il prezzo da pagare per gli errori che hai commesso. >>

Altaïr sospirò, il vecchio l’aveva fregato << Come desidera Maestro >> poi, come ricordarsi di colpo, aggiunse << Maestro io non ho bisogno di un compagno, non mi servono novizi tra i piedi! Posso compiere le missioni da solo, sono un Maestro Assassino… >>

<< Eri un Maestro Assassino, ora hai solo la tua Lama Celata, nient’altro. Inoltre come pensi che io possa farti partire come niente fosse, dopo quanto è successo? >> la sua voce si era fatta dura << A causa della tua arroganza un assassino ci ha rimesso la vita, e l’altro ha quasi rischiato di perdere la sua. E quel che peggio, hai compromesso la confraternita. Meriteresti di morire, cosa che sarebbe giusto nei confronti di Malik, ma ti sto dando una possibilità di redimerti! Tu collaborerai con questo Assassino, e lo rispetterai, poiché per ordine mio lui viaggerà insieme ad un traditore! >>

Traditore. Quella parola gli uscì dalla bocca quasi involontariamente, e Al Mualim fu sicuro che il colpo era andato a segno. Altaïr chinò il capo rimanendo in silenzio. Un traditore. Ecco cos’era diventato agli occhi di tutti. Agli occhi del suo Maestro. Al Mualim liberò il piccione, in modo che potesse raggiungere la sua meta, e tornò a fissare l’allievo di cui un tempo era così orgoglioso.

<< Come desiderate, Maestro. >> tagliò corto l’Assassino << Dov’è lui? >>

<< Ti sta aspettando alle stalle, di sotto. Si è occupato di farti trovare tutto pronto, per poter partire in fretta. Da qui a Damasco non è un viaggio corto, prima andate, prima tornate. >>

<< Allora se non c’è altro, io mi avvio. >>

<< Salute e pace, Altaïr >>

Si voltò in direzione dell’uscita, per poi rispondere << Altrettanto Maestro. >>

<< Ah, Altaïr, un’ultima cosa >> lo richiamò Al Mualim << Non fallire. >>

<< Potete contarci, Maestro. >>

E fu l’ultima parola che rivolse al suo Maestro di Vita quel giorno. Superò a grandi passi l’atrio del castello, ignorando i commenti delle guardie. Non li sentì neppure, talmente l’ira si era impossessata di lui. Non aveva bisogno di inutili leccapiedi, di novizi e di bambini a cui era stata data un’arma. Attraversò i sentieri che portavano alla stalla di fretta, quasi fosse impaziente di conoscere il suo nuovo "compagno". Impaziente di liberarsene, esattamente come faceva coi nemici. Per un attimo temette che Al Mualim gli avesse messo come compagno Abbas, ma scacciò subito quel pensiero. Il vecchio non era tanto folle da fare una cosa simile. Probabilmente gli avrebbe messo in coppia uno come Malik, calmo rilassato e portato per le regole. Superò le porte di Masyaf, quasi stupito della sua velocità, ed si recò alle stalle. Prese un bel respiro, in modo da calmarsi, entrò dentro e osservò la scena. Non c’erano cavalli quella mattina, probabilmente quella mattina i novizi si allenavano nella corsa a cavallo, un’arte che Al Mualim insisteva per far apprendere. Sosteneva che, in caso di bisogno, un Assassino dovesse essere capace a stare in sella. Si guardò intorno, finché scorse due perfetti stalloni infondo alla sala. Uno completamente bianco, su cui era stata messa una sella nera, già bardato e con il materia per il viaggio appeso. Tranquillo sembrava non curarsi dell’arrivo di Altaïr, continuando a mangiare la paglia sotto le sue zampe. L’altro era nero con le gambe bianche e una lunga striscia bianca sul muso, anch’esso bardato e pronto a partire. Sembrava più irrequieto, ma non si stava agitando. Altaïr notò che su quel cavallo c’era un Assassino intento a leggere con una mano, mentre con l’altra teneva le redini. L’ex Maestro Assassino non seppe dire se fosse giovane o vecchio, solo che era perso nella lettura del libro. Mosse un passo nella direzione dei cavalli, e questo bastò a toglierlo dalla sua lettura. Alzò gli occhi e trovandosi davanti un altro Assassino sorrise. Probabilmente, pensò Altaïr, l’altro Assassino lo conosceva solo di fama. Altrimenti l’avrebbe subito riconosciuto, o per lo meno scambiato per un Maestro Assassino. Poi si ricordò di essere stato privato dei suoi gradi e sospirò. La faccenda si stava facendo noiosa e, come per istinto, era convito che non sarebbe riuscito a collaborare con nessuno.

<< Chi siete? >> domandò cordiale l’ Assassino, mentre poneva il libro a riparo dentro una borsa. << Se cercate i cavalli sono spiacente. Il Maestro Labib è uscito poco prima con tutto il gruppo per l’esercitazione e questi due servono a me. Tuttavia se volete poss…>>

<< Altaïr Ibn-La’Ahad >> lo interruppe

Altaïr scandì bene il suo nome, in modo che potesse capirlo bene. Era certo che il ragazzino, sentendo il suo nome, si sarebbe subito corretto nell’atteggiamento cordiale. Per i novizi lui era sempre stato d’esempio e molti, come Rauf o Kadar, l’avevano sempre ammirato. Tuttavia non poteva sapere come sarebbe stata la sua reazione, dato che mai prima d’ora era convito di averlo visto. Avrebbe potuto diventare scontroso e distaccato, in modo da non avere a che fare con un traditore, oppure avrebbe fatto da leccapiedi, e l’avrebbe raggirato. In entrambi i casi, avrebbe avuto a che fare con l’Assassino sbagliato.

<< Mi spiace signore, temo che abbiate preso un granchio. E non siete il primo. Io non sono Altaïr Ibn-La’Ahad e nemmeno Bahas La’say e ne Rauf In-fer. E nemmeno uno degli allievi del corpo di guardia, di cui non mi ricordo il nome. Io mi chiamo Ivanoe, faccio parte degli Assassini e rientro nel quadrante delle spie, e non credo di portevi aiutare nella ricerca, tuttavia io vi consiglierei di chiedere a qualcuno di più aggiornato. >>

Altaïr rimase spiazzato << Come? >>

<< Senta, non voglio mancarle di rispetto, ma è da stamattina che tutti mi scambiano per chi non sono e alla lunga la cosa stanca. E poi non ho la più pallida idea di dove sia tutta questa gente, poiché io sono chiuso qui da più di tre ore. >> sospirò << Mi spiace, le darei pure una mano, ma sono occupato. >>

<< Quindi non sei tu quello che Al Mualim ha ordina di accompagnarmi a Damasco? >>

Ivanoe lo guardò poco convito << Signore, io non sono Altaïr Ibn-La’Ahad, tuttavia il grande Maestro Al Mualim mi ha ordinato di andare a Damasco insieme a un Maestro Assassino. Sfortunatamente il Maestro Al Mualim si è scordato di darmi il nome e ora attendo che sia lui a farsi avanti. Siete forse voi? >> domandò infine, speranzoso

Altaïr annuì, sebbene fosse dubbioso. Ora che ci pensava Al Mualim non gli aveva rivelato il nome dell’Assassino che avrebbe dovuto accompagnarlo, e da quanto raccontato dal ragazzino, neanche ad egli era stato rivelato il nome del suo compagno. Ed entrambi dovevano andare a Damasco. Si toccò il mento, riflettendoci. Al Mualim non si era dimenticato di dirgli i nome, l’aveva fatto apposta. Che volesse ridere alle sue spalle? Oppure voleva vedere se era in grado di trovare da solo colui che aveva scelto come suo accompagnatore? L’ex Maestro Assassino ebbe un moto di rabbia. Se quello davanti a lui era il suo compagno di viaggio, allora non sarebbe durato molto, di questo Altaïr ne era sicuro. Ivanoe scese dal cavallo, e con un sorriso si avvicinò a lui, dandoli occasione di osservarlo. Aveva il cappuccio abbassato, ed era vestito dalla lunga tunica che gli caratterizzava, ed portava delle armi che non erano concesse hai novizi. Altaïr capì che il ragazzino davanti a lui non era un principiante e, in quel momento, era di grado superiore al suo. Era scuro di capelli, come la maggior parte degli Assassini, e gli portava lunghi solo fino all’inizio del collo. Con una muscolatura ben delineata Ivanoe appariva magro, con gambe snelle e agili, utilissime nello scattare. Altaïr sapeva che, tutti coloro addetti allo spionaggio dovevano avere un corpo simile, poiché dovevano essere svelti nello scappare una volta ricevuta l’informazione. Ciò gli differenziava da coloro, come lui stesso, che invece doveva impegnarsi in lunghi combattimenti o all’uccisione di bersagli difficili, conseguenza dovevano avere un fisico robusto e adatto al combattimento. E, inoltre, quel ragazzo aveva qualcosa di familiare. Un pensiero gli attraversò la mente, che fu sufficiente per fare indignare l’ex Maestro Assassino e rendere il suo animo aspro. Anche Ahmad, il padre di Abbas, possedeva un corpo con caratteristiche simili, visto che rientrava nella categoria delle spie. Fu disgustato da tale pensiero e assottigliò gli occhi, irritato dalla situazione. Continuò a osservare il ragazzino, cercando di esaminarlo meglio. Era mancino, riconobbe, poiché portava la spada sul fianco destro. Aveva il portamento attento di una spia, tuttavia appariva svogliato e poco ligio al dovere, colpa forse della troppa giovinezza per tal compito. Doveva avere sedici, diciassette anni, concluse Altaïr. Probabilmente era ancora ignaro di come fosse la vita degli Assassini, per potere sorridere così liberamente. Stava per trarre altre conclusioni quando, tutto ad un tratto, Ivanoe si inchinò rispettosamente prendendo la parola.

<< Posso sapere il vostro nome, Maestro? Dato che il Maestro Al Mualim me l’ha nascosto, sono molto curioso di saperlo. >>

Le parole di Altaïr uscirono fredde e taglienti << Il mio nome è Altaïr Ibn-La’Ahad, ragazzino >>

<< Molto onorato, Maestro Altaïr, come vi ho già detto il mio è Ivanoe. Spero di essere un compagno degno di stare al vostro fianco e di non intralciarvi. >>

<< Ci siamo mai visti prima? >> domandò Altaïr, pensieroso. Quel viso…dove l’aveva già visto? Gli era familiare, come se l’avesse visto da sempre, anche se non sapeva che legame potesse unirli. Forse, tempo addietro, l’aveva visto tra le mura di Masyaf o incrociato durante un addestramento.

<< Non credo, Maestro. Io vi conosco di fama, certo, mentre penso che voi fino a qualche momento fa non foste neanche a conoscenza della mia esist… >>

Altaïr superò Ivanoe, prima che potesse finire, desideroso di partire alla svelta. La loro discussione sarebbe stata solo uno spreco di tempo. Del resto, cosa gli poteva servire sapere chi fosse quel ragazzino? L’importante era ripristinare l’onore perduto, e per farlo doveva porre fine alla vita dei nove della lista, i quali avevano dichiarato guerra alla confraternita. Montò sul destriero bianco, il quale solo allora esso gli prestò attenzione. Altaïr aveva sempre preferito i cavalli bianchi agli altri, benché fosse consapevole che il manto non influiva sulla prestazione dell’animale. Ora doveva pensare al primo nome sulla lista, concertarsi sulla sua vittima. Avrebbe messo a tacere quella vita, di questo ne aveva la certezza. Fece per spronare l’animale, quando si accorse che Ivanoe era saltato sullo stallone nero senza lasciar trapelare nessun rumore, ed ora era al suo fianco. Il ragazzo si era tirato su il cappuccio e lo stava osservando come poco prima Altaïr aveva fatto con lui. Avanzò infine una domanda, sebbene un po’ titubante << Maestro, posso chiedervi una cosa? >>

Altaïr chinò il capo in segno affermativo, desideroso di partire il prima possibile, senza perdere tempo ulteriormente. Non sapeva quanto sarebbe dovuto soggiornare a Damasco, e anche la durata della missione gli era sconosciuta. E lui sperava, sopra ogni altra cosa, chiudere in fretta la storia.

<< Mi perdoni, ma perché prima vi stavate cercando da solo? Scusi se mi permetto, ma è una cosa da stupidi o da...si insomma, ha capito…è un po’ da …da idioti. >>

Altaïr spronò il cavallo, chiedendosi in quel momento più che mai, perché non avesse ascoltato Malik e perché diavolo aveva fatto di testa sua.

***

Arrivarono a Damasco verso metà mattinata, quando il sole era ancora sopportabile. Il viaggio, al contrario delle sue aspettative, non era stato stancante come si ricordava. I cavalli avevano retto il passo in maniera soddisfacente e lungo le strade non avevano incontrate difficoltà. In più il ragazzino non aveva mosso domande, ne si era lamentato, lasciando libero l’ex Maestro Assassino di posare la mente su ciò che riteneva degno della sua attenzione. Altaïr, che fino ad allora era andato al galoppo, rallentò il passo facendo avanzare il cavallo con tranquillità. La bestia sembrò gradire, ed eseguì il comando senza emettere verso. Ivanoe, dal canto suo imitò il comportamento del compagno, tuttavia sembrava provato dal viaggio. Diversamente da Altaïr, lui l’aveva trovato stancante, forse la causa del fatto era la prima volta che veniva a Damasco. Da quando era entrato nella confraternita, non aveva più avuto occasione di fare lunghi viaggi, cosa che non gli dispiaceva. L’ex Maestro Assassino si avvicinò a uno steccato posto non lontano dalla città e smontò dal bianco destriero con fare frettoloso, tradendo una cerca impazienza. Decise di legarla lì, la bestia, in modo che non scappasse. Si girò infine verso quelle che erano le mura di Damasco. Sospirò, essere erano esattamente come le ricordava, com’erano due anni prima. Non erano loro ad essere cambiate, ma lui. Ora non si sarebbe presentato davanti a loro come un Maestro Assassino orgoglioso di se stesso, ma come un uomo conciono dei propri errori, pronto a rimediare. Damasco, la più grande e la più Santa di tutta la Siria, famosa per la sua impenetrabilità tanto quanto la sua bellezza. Sperò che essa si sarebbe dimostrata più indulgente di Masyaf, che in essa non si sentisse nuovamente oppresso dalla colpa. La colpa di essere un traditore.

<< Maestro, come pensate di entrare? >> domandò Ivanoe distraendolo << Scalare queste mura non mi sembra saggio, ed ingaggiare duello con quelle guardi ancora meno. >>

Ma Altaïr non l’udì neppure, intento a scrutarsi intorno, cercando di escogitare un piano per entrare. Scorse, non troppo distante dall’entrata, un gruppo di sapienti e sorrise soddisfatto. Capitavano a proposito. Probabilmente il Saladino aveva esortato gli eruditi a compiere pellegrinaggi istruttivi a Damasco, dove numerose erano le madrasah, e gli erano stati accordati permessi di circolare liberamente per la città. La fortuna non avrebbe potuto favorirlo in maniera più propizia. E mentre questo pensiero attraversava la sua mente, fu distratto una seconda volta dalla stessa voce.

<< Maestro Altaïr? Insomma, vuole rispondermi? >>

Altaïr, scocciato, si voltò verso Ivanoe << Che vuoi, ragazzino? >>

<< Ivanoe, Maestro, il mio nome è Ivanoe >> borbottò << Ha trovato un modo per entrare? >>

<< Si, ma dovrò fare in fretta. Bisogna che mi intrufoli dentro, imitando quegli eruditi. >> si voltò verso di Ivanoe, e con voce secca continuò a parlare << Tu rimani qui a badare ai cavalli, ragazzino, e non attirare l’attenzione su di te. >>

Senza dargli tempo di replicare, Altaïr si incamminò verso il gruppo di eruditi, mescolandosi tra di essi. Senza motivo, gli vennero in mente le parole di Al Mulim, quando gli aveva insegnato quell’arte, uno dei pochi momenti in cui aveva potuto dedicarsi completamente ad Altaïr. Le guardie si fecero rispettosamente da parte, quando videro gli eruditi venire verso l’ingresso da loro preseduto, consentendoli di passare. Altaïr si era situato in una posizione centrale, in modo da non esporsi troppo, e avanzava a testa bassa. Non si sarebbero accorti di lui, concluse l’assassino. Camminò con gli eruditi anche dopo aver sorpassato le guardie, per evitare sospetti. Nonostante fosse stato privato del rango di Maestro Assassino, Altaïr non aveva dimenticato cosa volesse dire esserlo. Sopra di lui, c’era solo Al Mualim, il mentore della confraternita. Anche se ora non poteva più vantare una simile posizione nella confraternita, l’avrebbe ripresa, sarebbe tornato ad essere l’Altaïr di sempre. Si staccò dagli eruditi quando furono vicini a un minareto, e proseguì per la sua strada, riflettendo su come agire. Doveva trovare la sede, per prima cosa, e avvertire il rafiq. Non gli venne in mente dove fosse la dimora degli Assassini, del resto come avrebbe potuto? Erano passati due anni dall’ultima volta e…non c’era tempo per divagare. Camminò a passo svelto, scostando di tanto in tanto persone, senza voltarsi. Altaïr scrutò, coi suoi occhi d’aquila, il paesaggio. Non c’era nulla che potesse ricordagli la sede, e trasse quindi una conclusione. Non l’avrebbe cercata dal basso verso l’alto, come stava facendo, ma dall’alto verso il basso. Si arrampicò su un minareto, con la stessa abilità di sempre, e ne raggiunse la cima. Si acquattò, scrutando i dintorni del distretto. Sospirò, come sempre Al Mualim aveva detto il vero, era ormai troppo tempo. Troppo tempo da quando lui stesso cercava la proprie prede, da quando saliva sui punti elevati per osservare. Troppo tempo…ma in quel momento si sentiva di nuovo come all’ora.

Finalmente la identificò, la sede degli Assassini, e annuì. Non era distante, l’avrebbe raggiunta in poco tempo, però doveva scendere. Osservò il paesaggio intorno al disotto di lui, in cerca di qualcosa che potesse attutire la caduta, ma non votò per i tendoni. Erano troppo fragili, e parlando di dieci o undici metri, si sarebbero strappati alla caduta dell’Assassino e sarebbe finito sopra la bancarella. Altrettanto le aiuole non avrebbero saputo attutire, quindi le escluse. Certo, stava facendo il capriccioso, tuttavia non poteva rischiare. Se fosse atterrato male, si sarebbe ferito, più meno grave, e non avrebbe potuto svolgere la missione come desiderava Al Mualim. Infine scorse un carro di fieno, non troppo distante dal punto d’osservazione, in un punto del distretto non troppo affollato. Sarebbe stato perfetto, non avrebbe sbagliato, tutto si sarebbe risolto. Saltò, infine, ma solo dopo aver calcolato la distanza, ed essersi preparato ad atterrare. Era esperto, certo, ma solo il giorno prima un suo compagno si era rotto la gamba, non riuscendo a girarsi completamente, durante l’assedio di de Sable. E il saltò andò a buon fine. Attese, calmo, di riprendere fiato prima di uscire dal carro. Da quanto tempo non si sentiva così? Così…libero? Così vivo? Da anni forse? Un sorriso comparve sulle labbra del giovane Assassino, mentre egli si apprestava ad uscire dal nascondiglio.

<< Certo Maestro Altaïr che avete eseguito un bel salto della fede, seppure a mio parere vi siete girato un po’ troppo presto. Non per mancarvi di rispetto, ma fate più attenzione, o ci rimetterete qualcosa. >> Ivanoe si sistemò il cappuccio << Avete individuato la Sede? >>

Il sorriso gli morì sulle labbra, quando girandosi, sentì la voce del suo "compagno" di viaggio dietro di lui. Si voltò, colto di sprovvista, per poi essere assalito da un misto d’odio e d’ira. Davanti a lui, a braccia incrociate, Ivanoe lo guardava con stizza. Come se avesse avuto qualcosa da ridire, in merito al comportamento dell’Assassino.

La voce di Altaïr era tagliente e dura << Perché mi hai seguito, ragazzino, non ti avevo detto di aspettarmi all’entrata di Damasco? Il mio non era un consiglio, ma un ordine, se non ti fosse stato chiaro >>

<< Maestro so distinguere un ordine da un consiglio, è so anche che sovente si riceve più il primo che il secondo. Ma proprio quando lei me l’ha dato, io volevo avvertirla di un ordine alla quale non posso infrangere per nessuna ragione. Esso proviene dal Maestro Al Mualim e pregherei che mi prestasse attenzion…ehi, dove state andando?! >>

Altaïr, scocciato dalla presenza del giovane Assassino, incominciò a camminare in direzione della Dimora degli Assassini ignorando le pretese del ragazzo. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, per i suoi modi arroganti e troppo sicuri di se, ma qualcosa in lui l’aveva convinto a desistere. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo disorientava, come se si fossero già scontrati, e l’ex Maestro Assassino fosse stato miseramente sconfitto. Schivò abilmente dei portatori di giada, per evitare insubordinazioni, e riprese il suo cammino. Cercò di orientarsi, onde trovare la Dimore, per allontanarsi dal centro del distretto. Il cambio delle guardie era vicino, Altaïr lo sapeva, e questo lo preoccupava. Non sarebbe stato facile muoversi durante la sostituzione, e l’ex Maestro Assassino cominciava ad avere qualche dubbio a riguardo delle sue capacità di Assassino. Se aveva fallito, nella missione al Tempio di Salomone, un motivo c’era, anche se non riusciva a spiegarsi quale. Arrivò infine alla sede, dove gli Assassini si recavano per ricevere l’autorizzazione ad agire, ovvero il segno di Al Mualim. Lui non aveva mai dovuto rispondere ai rafiq, aveva sempre potuto agire liberamente, un privilegio raro. D’altronde era l’allievo prediletto del Mentore Al Mualim, aveva sempre garantito lui per Altaïr, provando orgoglio per il suo allievo. Salì, attraverso la scala appoggiata all’edifico di fianco alla sede, sul tetto dell’edificio. Tutti coloro che, come Altaïr, indossavano le vesti degli Assassini non potevano entrare dalla porta principale. Non dovevano compromettere la confraternita, e quindi neanche esporla a rischi. Arrivò davanti alla grata, aperta, ed entrò senza attendere. Aveva perso fin troppo tempo. Una volta dentro, gli sembrò di trovarsi un altro mondo, talmente la situazione era differente. Calma, silenzio, solo lo scorrere dell’acqua della fontana. Il rumore della folla, lì dentro, non era che un mero ricordo. Le pareti dovevano attutire il suono, probabilmente. Altaïr si diresse nella stanza accanto, dove trovò il responsabile della sede comodamente seduto ad oziare.

<< Altaïr, che piacere vederti. >> lo salutò il rafiq, alzandosi, con tono ironizzante << Tutto intero s’intende >>

Tutto intero? Ma a cosa stava alludendo? Poi capi, a cosa si stesse riferendo il suo superiore, e sospirò. Ne era stato informato, concluse Altaïr, come tutti d’altronde. La voce del fallimento del grande Maestro Altaïr era arrivata a leghe di distanza da Masyaf, fino a Damasco. Il rafiq appariva divertito dalla situazione, quasi ne godesse, e l’ex Maestro Assassino lo guardò sbieco. Chi si fa gioco delle disgrazie altrui, non è destinato a vita lunga.

<< Altrettanto, amico. >> rispose Altaïr, cercando di ignorare l’ironia della sua voce. << Al Mualim mi ha mandato da te. >>

Sorrise, chinando la testa << Lo so, Altaïr , lo so. Mi dispiace per le tue ultime disavventure, è un vero peccato che tutto questo ti sia costato la nomina di Maestro Assassino. >>

<< Non preoccuparti. >>

<< Non più di una settimana fa sono passati di qui i tuoi fratelli, un piccolo gruppetto, e abbiamo chiacchierato un po’. Se avessi sentito cos’hanno detto con le tue orecchie, sono sicuro che gli avresti messi a tacere seduta stante. >>

<< Non uccido per delle sciocchezze >>

<< Già, ma del resto tu non sei mai stato un fanatico del Credo, dico bene? >>

Altaïr fu tentato di conficcargli la lama nella gola, per mettere a tacere quella vita troppo desiderosa di giocare con il fuoco, ma il rafiq lo anticipò rivolgendosi nuovamente a lui << Ah, e quindi lui sarebbe il tuo nuovo compagno? >>

Compagno? Altaïr, osservando gli occhi del rafiq, ebbe un moto di stizza. Stavano guardando oltre di lui, alle sue spalle. Doveva scegliersi se voltarsi e constatare di persona se dietro di lui ci fosse nuovamente quel ragazzino, o attendere che l’altro parlasse, chiarendo l’errore. Altaïr aveva seminato quel ragazzo, non sarebbe riuscito a stargli dietro, troppo inesperto. O almeno così credeva e sperava.

<< Non so di cosa tu stia parlan… >>

<< Salute e pace rafiq, il mio nome è Ivanoe, piacere di fare la vostra conoscenza. >> elargì un mezzo inchino << Vi porgo le mie scuse per non essermi presentato prima. Prego non badate a me, e finite pure di discorrere col Maestro Altaïr >>

Il rafiq sembrò contento del comportamento placido del ragazzo << Il piacere è mio Ivanoe, Al Mualim mi aveva informato della tua presenza. Senza di te, d’altronde, Altaïr non potrebbe operare sul campo. >>

<< Come sarebbe a dire? >> sbottò l’Assassino

<< Non lo sai? Al Mualim non te l’ha detto? Oppure tu non hai prestato ascolto alle sue parole? Non sarebbe la prima volta, del resto. Comunque Al Mualim a dichiarato che Altaïr Ibn-La’Ahad, per colpa di una scorretta disciplina, non potrà assassinare nessuno senza il consenso del rafiq del posto e del suo compagno Ivanoe. In pratica, se vuoi riscattarti, dovrai accontentare entrambi. >>

Altaïr rimase scioccato da quelle parole, dette con tanta leggerezza. No, Al Mualim non gli aveva detto niente a riguardo, lasciandolo nell’oblio. Perché voleva umiliarlo in questo modo? Non bastava averlo privato del grado di Maestro Assassino? Fino a quanto intendeva prendersi gioco di lui? Si voltò verso di Ivanoe, odiandolo più che mai. Il giovane Assassino, rispettosamente, chinò il capo e gli rivolse uno sguardo di rimprovero, ma non disse nulla. Altaïr fraintese quello sguardo, facendosi impossessare dall’ira, fin troppo facilmente. Come avrebbe voluto insegnarli a stare al suo posto, se solo avesse potuto. Ivanoe dal canto suo sembrò non notare la rabbia dell’Assassino, tuttavia fissò Altaïr con occhi curiosi, come se avesse visto un giovane stallone promettente. Fu il rafiq a interrompere il loro scambi di sguardi.

<< Bene, ora che i dubbi sono chiariti, potete dirmi cosa vi porta a Damasco? >>

Altaïr lo fissò serio << Un uomo di nome Tamir, la sua vita e le sue azioni infastidiscono Al Mualim, devo porgli fine. >>

<< Dobbiamo >> sibilò il ragazzo alle sue spalle, senza farsi tuttavia sentire dal capo della sede, ma con scarso risultato. Altaïr lo ignorò totalmente.

<< Sai dirmi dove trovarlo? >>

<< Dovrete trovarvelo da soli >>

Altaïr ne rimase indispettito << Questo compito è adatto alle spie non ha… >> si interruppe ricordando le parole di Al Mualim. Non era più un Maestro Assassino, era di nuovo un novizio. Avrebbe dovuto compiere lui stesso le indagini, fattore che lo fece stringere gli occhi.

<< Ho capito, farò quanto mi hai richiesto. Però non sai dirmi da dove potrei cominciare? >>

<< Se mi permettete, mi sembra di aver sentito Al Mualim riferirsi al mercato nero, quando mi accennò la missione. Sapete darmi conferma? >> la voce di Ivanoe si fece largo tra i due

Il rafiq annuì, sorridendo << Si Ivanoe, è proprio lì che lavora. Quindi direi che potete incominciare col cercare informazioni al souk. Poi tornerete da me, vi darò il segno di Al Mualim, e riceveremo in cambio la vita del mercante di schiavi. >>

 

Nella tana della Volpe

Eccomi di nuovo dopo tanto tempo, nuovamente disponibile.

Chiedo scusa per il primo capitolo, ma dovrò dividerlo in più parti. Ovvero sono già sette pagine, e le trovo eccessive, e stare troppo davanti al computer fa male. Comunque grazie a coloro che la leggono, grazie per il tempo dedicato ?

Allora, cosa succederà tra Altaïr e Ivanoe? Si accetteranno? Oppure no? Da parte mia, Ivanoe non appare molto simpatico, molto snob, ma aspettate e vedrete.

Bacioni Volpotto!

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Capitolo 3
*** Il rafiq e Nhabial ***


Capitolo due

Il rafiq e Nhabial

 

<< Che diavolo vuoi ancora, ragazzino? >> sbuffò scocciato Altaïr, costatando che Ivanoe non aveva desistito all’idea di inseguirlo << Non ti ho dato il permesso di seguirmi. >>
La voce di Ivanoe era pervasa dall’ironia. << Maestro mi perdoni se oso importunarla, ma devo comunicarle una cosa. E pregherei che mi ascoltasse adesso. >>
<< Non ho tempo da perdere ragazzino, soprattutto con te, quindi vedi di sbrigarti. >> la sua voce apparve dura, si, ma Altaïr fece attenzione a non far trapelare l’odio dalla sua voce. Detestava comportarsi così, ma se non si fosse trattenuto, il ragazzino avrebbe potuto offendersi e non lasciarlo eseguire la sua missione. L’espressione sulla faccia di Ivanoe di fece comunque indispettita e incominciò a parlare con tono severo.
<< Il Maestro Al Mualim mi ha dato il compito di aiutarla a svolgere le indagini, e si è raccomandat…insomma, ma c’è un momento in cui mi sta a sentire?! >>
No, evidentemente, non c’era. Altaïr non poteva soffrirlo un ragazzino del genere, affidatogli dallo stesso Al Mualim. Ricominciò a camminare, dirigendosi verso il souk, senza voltarsi. Passò tra la gente, scostando di tanto in tanto qualcuno, senza mai provocare danni. Gli era bastato ascoltare l’inizio del discorso per esserne già saturo, incapace di ascoltarne il resto. Era uscito di fretta dalla dimora degli Assassini, senza salutare il rafiq in modo adeguato, concentrando solo sulla sua missione. Una donna, vestita in stracci si fece avanti, per chiedergli del denaro, ma Altaïr la scacciò via. Non aveva soldi da dargli. La faccenda si sarebbe rivelata più lunga di quanto aveva immaginato, e per giunta aveva un altro intralcio. Oltre alla ricerca delle informazione, avrebbe dovuto chiedere il permesso di agire non solo al rafiq, cosa che Al Mualim gli aveva accennato in precedenza, ma addirittura a quel ragazzino. E da come lo stava trattando, non avrebbe mai acconsentito ad lasciarlo agire. Arrivò al souk Altaïr con passo felpato e testa china, mimetizzandosi con la folla. Si sedette su una panchina, tra due uomini, entrambi in giovane età e incominciò a pensare. Doveva ricavare le informazioni e aveva solo quattro modi per riceverle, insegnatoli dal Maestro Namas tempo addietro. Gli aveva parlato con la sua voce calma e seria, guardandolo negli occhi, mentre con una mano lo teneva fermo. In quei occhi marroni aveva colto il suo disappunto, e le sue parole l’aveva colpito. Nabas gli aveva spiegato che, per quanto l’odiasse, Abbas rimaneva sempre suo fratello. Altaïr sospirò, sorridendo, non era quello il momento per farsi trasportare dai ricordi ma non poté trattenersi. Aveva infine cambiato discorsi, finendo per parlare del doveri di un Assassino, e di quanto fosse utile una ottima preparazione. Si alzò infine, per incominciare a lavorare, trattenendo a freno la sua frustrazione. Poteva origliare, intimidire, borseggiare oppure chiedere informazioni ai confratelli Assassini. Tuttavia non gli parve un’ottima opzione l’ultima, sebbene fosse la più veloce. Siccome la sua fama si era estesa fino a Damasco, anche nella ricca città veniva considerato un traditore, e molti provavano rancore verso di lui. No, avrebbe agito da solo, come suo solito. Un dubbio tuttavia sorse in lui, lasciandolo perplesso. Perché Al Mualim gli aveva dato un occasione così generosa di redimersi? È vero, il glorioso Mentore era stato per lui più padre che lo stesso Umar, ma il disonore era una vergogna troppo grande. Dubitava che, anche se fosse stato suo figlio, l’avrebbe lasciato questa possibilità, ma allora perché a lui si? Mentre l’ex Maestro Assassino rifletteva, un voce tossì alle sue spalle, facendolo voltare perplesso.
Ivanoe lo guardò sbieco << Maestro allora mi ascolta o no? >>
<< No. >>
<< Maestro è tutta la giornata che cerco di parlare con lei, e lei mi ignora! Si può sapere che diavolo ha? >>
<< Te ne vuoi andare e lasciarmi in pace? >>
<< Non finché non mi risponde! >>
No, la parola desistere, nel vocabolario del ragazzo doveva essere sconosciuta. E ora aveva anche interrotto Altaïr in un momento di riflessione. Ad aggiungersi a tutto questo fu il suo modo di andare contro ad Altaïr, ignorando la fama dell’Assassino, ad infastidirlo. La voglia di ucciderlo diveniva sempre più grande, ogni minuto che passava, ma l’ex Maestro Assassino decise di trattenere la lama. Non sarebbe stato saggio, e la sua lama non meritava di sporcarsi di un simile sangue. Per un attimo quell’affermazione stupì Altaïr, perché l’ho odiava fino a questo punto? Probabilmente perché non sopportava di avere un bambino tra i piedi, ed il bambino in questione era stato incaricato di sorvegliarlo. Doveva essere per questo.
<< Ragazzino, questo è il mio carattere e se non ti piace allora vattene. >> fu la candida risposta di Altaïr,
<< Maestro, il mio nome è Ivanoe, se non l’avesse capito, non ragazzino. >> sospirò, leggermente alterato << Mi scusi ma perché non mi ascolta? E non ci credo che è per il carattere, ma neanche se me l’ho dice il grande Al Mualim in persona. >>
Se non l’aveva capito, non era molto promettente << Senti moccioso, non ho tempo da dedicarti, torna alla Dimora degli Assassini e resta fermo là. Io tornerò a informazioni ottenute. >>
<< Veramente io sarei stato mandato qui per aiutarla >>
<< Non ho bisogno dell’aiuto di ragazzino. Mi saresti solo d’intralcio. >>
<< D’intralcio? Ma se non mi ha ancora visto in azione! >>
<< Di gente come te ne ho vista tanta, e tutte quelle con cui ho collaborato non sono state altro che un peso. >>
<< Per lei io sono solo un peso quindi? >> sbottò Ivanoe, arrabbiato << Questo è quello che intende? >>
<< Bene, vedo che l’hai capito. Ora lasciami lavorare e tornatene alla Sede. >>
Ivanoe, peggio di un lupo, non mollò la presa << E volete che vi ricapitino altre sorprese? Se mi aveste ascoltato, avreste saputo subito che dovevate avere il mio appoggio per eseguire le missioni, oltre che a quello del rafiq >>
<< Non stai parlando un po’ troppo, ragazzino? >> sibilò Altaïr, rivolgendosi ad Ivanoe con lo stesso tono che riservava ad Abbas.
Il suo giovane compagno rimase zitto, quasi spaventato dalla voce del l’uomo davanti a lui, diventata improvvisamente ghiacciata. Stava per ritenersi soddisfatto di averlo zittito, quando invece il ragazzo si avvicinò ancora di più e ricominciò a parlare, come se avesse solo fatto una pausa. No, non aveva paura, era solo rimasto stupito dal cambiamento di voce. Tuttavia lui non era una preda, e Altaïr l’avrebbe scoperto presto, a sue spese.
<< Non sto parlando troppo, le sto dicendo solo la verità. Se vuole andare da solo a cercare di saperne di più sul suo bersaglio, non ha che da dirmelo, io mi farò da parte. Volevo solo avvisarla che, in ogni caso, io la licenza di agire l’ho già data al rafiq. Se lei non è capace di accettarmi perché sono solo un ragazzo e il suo orgoglio mi considera un disonore, allora arrivederci. Tra l’altro adesso può evitarsi di porgermi le scuse per convincermi a lasciarla lavorare, ma almeno questo è un fatto positivo, perché i falsi e i lecchini non gli sopporto. >>
Detto questo si allontanò a testa alta, lasciando nella piazza un Altaïr stupito e confuso, da tante parole colme di rimprovero. Si confuse subito con la folla, muovendosi come fosse sempre stato un Assassino. Altaïr poté solo guardalo andar via, consapevole di averlo infastidito e convinto ad allontanarsi, ma non ne gioì. Il modo in cui si era rivolto a lui, le parole stesse, non erano di odio o accuse. Sembrava che Ivanoe fosse estraneo alla vicenda dei giorni precedenti, quindi non potesse rinfacciarglieli. Sospirò, era finalmente riuscito a liberarsi del ragazzo, ma invece di aver ricavato una vittoria, gli sembrò di aver perso, per la prima volta dopo tanti anni. Perso contro un ragazzino di appena diciassette anni che sembrava molto più adulto di quanto non fosse e parlava con una voce colma di saggezza e tristezza.

***

<< Fammi capire, e così avresti mandato al diavolo Altaïr? >> mormorò il rafiq, assaggiando un chicco d’uva verde << Bene, deduco che tra di voi le cose stiano andando leggermente male. >>
Ivanoe osservò il capo della dimora, comodamente seduto davanti a lui dietro il balcone, ridere sotto i baffi. Il compagno di Altaïr, frustato dal comportamento del suo maestro, aveva vagato senza menta per le vie di Damasco, ignorando la popolazione circostante. Alla fine, consapevole di star perdendo tempo, era ritornato alla Dimora degli Assassini. Ad accoglierlo aveva trovato il direttore della struttura, il quale l’aveva salutato cordialmente e si era premurato di chiedergli dove fosse Altaïr. Ivanoe, sebbene il comportamento del rafiq e il modo in cui si era rivolto al suo Maestro non gli piacesse molto, iniziò a trovarlo stranamente simpatico. L’aveva invitato a sedersi e avevano incominciato a parlare, mentre il capo della Dimora gli aveva offerto dell’ottima frutta. Ivanoe stava per rispondere ma, tutto a un tratto, si sentì una voce provenire dalle spalle del rafiq.
<< Maestro che prespicacia! Io invece stavo credendo che andassero d’amore e d’accordo, grazie per questa sua rivelazione! >>
<< Questo, Nhabial, conferma le mie teorie sul tuo conto. >> rispose pacato il rafiq
<< E sarebbero? >>
<< Che sei un totale idiota e che avrei fatto meglio a lasciarti nel pozzo in cui ti ho trovato quand’eri in fasce. >>
<< Maestro lei non mi ha trovato in un pozzo >> rispose Nhabial << Cos’ha bevuto ultimamente? Mi sembrate sempre più stordito. >>

Ivanoe osservò la scena a occhi sgranati, rendendosi conto che la loro conversazione era stata ascolta senza che lui se ne accorgesse. Da dietro il balcone era spuntato un giovane del tutto singolare, che mai nella sua giovane vita Ivanoe aveva scorto. Teneva abbassato il cappuccio della tunica e al fianco una spessa cintura sosteneva una spada di media dimensione. Quello non era un novizio ne tanto meno un principiante, ma un Assassino provetto. Portava dei capelli neri, molto simili a quelli di Ivanoe, ma due candidi occhi color nocciola risaltavano ribelli nel contesto. La sua faccia era deformata da una smorfia, che ricordava vagamente un ghigno. Tuttavia quello che attirò maggiormente l’attenzione di Ivanoe fu nel vedere il lato destro di Nhabial, in quanto privo dell’orecchio. Il tono svogliato con cui si rivolgeva al rafiq gli fece intuire che tra i due ci fosse una piccola rivalità
<< Tu che ne sai che non ti ho trovato in un pozzo? >> borbottò il rafiq << Eri talmente piccolo da non potertelo ricordare. >>
<< Maestro noi ci conosciamo da nove anni, mi spiega come avrebbe fatto a trovarmi in un pozzo? È assurdo! >>
<< Sei adottato, lo sai? >>
<< E adesso questo cosa centra? E poi mica sono suo figlio! >>
<< Comunque ti ho trovato in un fienile, punto e basta. >> si voltò verso di Ivanoe << Dicevamo ragazzo? >>
Nhabial sbatté il palmo della mano sul balcone << Un momento Maestro, non aveva detto di avermi trovato in un pozzo? >>
<< A quanto vedo non sei sordo come si dice in giro. >> sospirò << Comunque si, io ho detto che ti ho trovato in un pozzo. >>
<< La gente va a dire in giro che io sono sordo? Maestro da oggi basta con le sostanze alcoliche, gli rovinano la testa. E comunque prima ha detto fienile! Questa è la prova che lei mente! >> gli puntò un dito contro << Osa negarlo? Ebbene sappia che io ho un testimone! >>
<< Santo celo, che noioso sto ragazzo. Scusa un minuto, Ivanoe, torno subito da te >> chinò il capo in direzione di Ivanoe << Senti Nhabial adesso non venirmi a dire che le piante sono testimoni valenti. >>
Nhabial guardò il rafiq con stizza << Ma dico, Maestro, mi prende per un ignorante? >>
<< Se anche fosse, nulla incontrario vero? >>
<< Ehi, tu, col monosopracciglio! >> indicò Ivanoe, ignorando l’ultima sfuriata del suo Maestro
<< Dici a me? >>
<< Quanti altri vedi col monosopracciglio? >>
<< Io non ho il monosopracciglio. >>
<< L’ha detto anche la mia ragazza, il giorno prima di mollarmi. >>
Il rafiq sembrò illuminato << Ecco, spiegami perché Gatian ti avrebbe mollato. >>
<< Affaracci miei se permette! >>
<< Sono il tuo superiore, esigo delle spiegazioni. >>
Nhabial saltò il balcone e, senza far muovere il direttore della Gilda, si posizionò davanti all’ospite. Ivanoe osservò il ragazzo sorridergli, facendoli l’occhiolino, per poi girarsi a parlare col rafiq. In quel pochi attimi di tregua Ivanoe notò la snella corporatura di Nhabial e, con un certo stupore, i muscoli delle braccia. Sorrise, ci sarebbe stato da divertirsi.
<< E io, fino a prova contraria, non intendo raccontarle nulla. >> imitò un mezzo inchino in direzione di Ivanoe << Il mio nome è Nhabial L’av-eb, Assassino dichiarato e allievo del rafiq qui presente. Onorato di conoscerti. >>
Ivanoe si alzò e ricambiò il gesto << Mi chiamo Ivanoe e faccio parte del settore delle spie del Maestro Labib. L’onore è tutto mio. >>
<< Ivanoe, che nome strano… >> sorrise << Ti chiedo venia per il mio comportamento da arrogante, ma avevo da discutere con il mio Maestro che, sebbene non sia così, è convinto di avermi trovato in un pozzo. >>
Il Maestro di Nhabial sbadigliò << Normalmente è un bravo ragazzo, ma da quando Gatian la mollato è uscito fuori di senno. >>
<< Che ridere Maestro, che ridere. >>
Il rafiq gli raggiunse, con andatura svogliata, e si mise al fianco del proprio allievo. Ora l’espressione divertita era scomparsa, sostituita da un’aria pensierosa, come se un’idea lo tormentasse. Ivanoe rimase stupito dall’improvviso cambiamento di umore del rafiq, da divertito a serio. Invidiava un po’ Nhabial, ad egli il destino gli aveva destinato un Maestro piuttosto loquace, forse anche troppo, ma se non altro gentile. Sospirò, deciso a non perdersi d’animo. Lui e Altaïr si conoscevano da poco, col tempo avrebbero, forse, potuto dialogare senza scoccate. Il rafiq si voltò verso Nhabial e con un tono di voce abbastanza serio ricominciò a parlare, rivolgendosi direttamente all’allievo.
<< Nhabial, come avrai origliato, Ivanoe ha un problema. Tu conosci Altaïr Ibn-La’Ahad , l’allievo prediletto di Al Mualim? >>
Il giovane si fece serio a sua volta << Certo, ultimamente non si parla d’altro. >>
<< Bene, Ivanoe non riesce a cominciare un dialogo con Altaïr senza che l’altro gli dia addosso, nel vero senso della parola. Il ragazzo non sa come comportarsi con lui, dato che ormai è diventato suo compagno. >>
L’Assassino guardò Ivanoe con un’aria di interesse, cercando di capire cosa in quel ragazzo dai capelli neri e gli occhi chiari cosa non fosse di gradimento all’ex Maestro Assassino. Nhabial tuttavia, quando vide la depressione sul volto dell’altro, decise di parlare in modo neutro.
<< Da quello che ho sentito il Maestro Altaïr è arrogante, presuntuoso e sicuro di se tanto quanto abile con la spada e bravo nell’utilizzare la lama nascosta. Non è facile rapportarsi con lui, e l’unico che riusciva a "comunicare" con lui ha perso un braccio. >> si grattò la testa << Sembra che, dopo il sacrificio del padre, Al Mualim l’abbia letteralmente preso sotto la sua ala protettiva. Gira voce che sia solo per questo che il grande Maestro Al Mualim non l’abbia ucciso, come avrebbe fatto con chiunque altro, e questo ha scontentato un po’ tutti. >>
Il rafiq posò una mano sopra la spalla di Ivanoe << E adesso lo sai perché lo chiamano "Nhabial il Ruffiano" >>
<< Devo ridere? >> chiese Nhabial
<< Se proprio devi. Comunque sia Ivanoe, non preoccuparti, come hai sentito non è colpa tua. Io personalmente provo una grande stima per Altaïr, è un grandissimo Assassino, ma non è un buon compagno. Non demoralizzarti, però, poiché se Al Mualim ti ha scelto un motivo c’è, abbi fiducia nelle tue capacità. >> sorrise << Il fato, prima o poi, ti sorriderà. Sorride a tutti gli uomini, prima o poi. >>
Nhabial lo rimbeccò << Maestro ha fatto una ripetizione, si rende conto che ormai sta diventando troppo vecchio? >>
<< Non sei un po’ troppo irrispettoso Nhabial? >>
<< Ah, io sarei irrispettoso?! >>
Ivanoe osservò nuovamente i due iniziare a beccarsi, sebbene il rafiq ridesse, lasciando arrabbiare il suo allievo. Tutto sommato, quello era il loro modo di volersi bene, anche se probabilmente davanti a chi di dovere sarebbero stati molto più seri. Un ricordo passò nella mente di Ivanoe, di quando lui e suo fratello si prendevano in giro, in quel grande giardino. Guardò la scena in silenzio, prendendo un altro chicco d’uva, per togliersi l’amaro gusto in bocca. E il suo pensiero fu solo uno

" Se davvero il fato sorride a tutti gli uomini, allora deve avermi scambiato per un sasso" e stranamente, gli venne da ridere.

Capitolo due

Nella tana della Volpe

Inizio col dire che sono veramente costernato.

Ero in vacanza e non ho potuto aggiornare. Comunque devo avvertirvi che, da quando Ivanoe incontra Nhabial, sono tornato alla mia scrittura originale. L’altra è quella che utilizzo per "grandi" testi scolastici. È più schietta e meno descrittiva ma più scorribile e si dialoga di più. Ditemi se vi piace o preferite l’altra. Ah, un altra cosa. Alcuni di voi potranno dirmi che Nhabial si comporta in modo troppo irrispettoso per quell’epoca, ma vi assicuro che lo fa solo perché considera il rafiq come la cosa più simile a un fratello/padre ed è il suo modo di ridere. Spero che vi sia piaciuta, anche se è scritta alla veloce. Grazie a tutti quelli che sacrificano il loro tempo, in particolare ringrazio:

Archi (tanti auguri a Sachi!!)
Narjis (che mi rimette sulla retta via se mi comporto male!)
DarkRozan (per avermi seguito anche qui!)
madoka94 (auguri col Karate!)

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Capitolo 4
*** Riflettere ***


Capitolo tre

Riflettere

<< È sufficiente? >>

La voce di Altaïr era stata piatta, priva di emozioni. Il rafiq lo guardava muoversi irrequieto, senza parlare, tenendo la testa alta e lo sguardo perso nel vuoto più totale. Era soprapensiero, a quanto pareva, cosa rara per un Assassino. Qualcosa doveva averlo turbato , pensò prima di osservare l’abbigliamento del ragazzo. I vestiti bianchi di Altaïr era intatti, senza nessun taglio o solco, e nessuna macchia compariva su di essi. Probabilmente l’ex maestro Assassino non aveva dovuto faticare troppo per ricavare quelle informazioni, nonostante fossero degli anni che non indagava per conto proprio. Sospirò, era in momenti come quelli che si rendeva conto del perché era sempre stato l’allievo prediletto di Al Mualim. Il rafiq prese la piuma d’aquila, denominato il segno di Al Mualim, e lo posò davanti all’ex Maestro Assassino. Certo, mai e poi mai si sarebbe permesso di dubitare di Altaïr e delle sua abilità, tuttavia sarebbe stato motivo di divertimento se il moro avesse avuto qualche problema. Sogghignò, in realtà un problema c’è l’aveva, ma non l’avrebbe mai ammesso. L’orgoglio, a volte, poteva essere la rovina degli uomini. E Altaïr non era un eccezione.

<< Allora, rafiq, pensi che possa andare bene? >> ripeté scocciato dalla poca attenzione del suo superiore
<< Si, direi che è perfetto. Sei stato molto in gamba a fare tutto questo lavoro da solo, i miei complimenti. E pensare che i tuoi confratelli Assassini non se ne rendano conto, giusto prima sono passati e… >>
Altaïr scosse il capo, facendo smuovere di poco il cappuccio che, quasi sempre, teneva sul capo. Possibile che quel dannato rafiq, tutte le volte con cui ci parlava, doveva per forza stuzzicarlo? Non gli interessava niente di ciò che gli altri Assassini gli dicevano dietro, tanto sapeva che il coraggio per dirglielo davanti non c’è l’avevano. Un sorriso comparve sul suo volto, nessuno aveva mai avuto il coraggio di dirgli niente, almeno davanti. Sicuramente il motivo era perché l’avevano sempre rispettato e, sicuramente, temuto. Una volta che il rispetto se n’era andato, insieme al braccio di Malik e la vita di Kadar, era rimasto solo il timore.

<<…comunque è sempre meglio di niente, dico bene? >>

Il giovane sobbalzò, colto di sorpresa. Non si aspettava che il rafiq chiudesse per lui la frase, neanche sapesse leggere nel pensiero, ma un momento dopo si accorse che era stato solo un caso. Se quell’uomo non fosse stato un suo superiore di certo l’avrebbe assassinato, talmente lo irritava. Prese il segno di Al Mualim e lo guardò un attimo, tornando col pensiero al suo Mentore e Maestro di vita. Anche lui, adesso, stava irritando Altaïr. L’aveva declassato a novizio e mandato a recuperare il suo onore costringendolo a portarsi dietro un ragazzino e sopportarsi quel dannato rafiq. E se lo conosceva bene, non era finite lì le sorprese, Al Mualim non dimenticava facilmente. Mentre riponeva la bianca piuma strinse gli occhi pensieroso, dov’era finito quel dannato moccioso? Dopo la loro discussione era scomparso senza dirli niente, lasciandolo turbato. Fino ad allora erano stati in pochi a sfidarlo apertamente, molti dei Scosse nuovamente la testa, non era mai stato una persona paziente, ma ultimamente era sempre peggio. Era stressato da quella orribile situazione che lo faceva sentire un fallito, un cane infame di cui tutti vorrebbero liberarsi ma nessuno osa toccarlo per paura di prendersi qualche malattia. Intanto il rafiq aveva capito che il suo confratello Assassino, nonostante negasse e assumesse la sua solita aria di superiorità, in realtà soffriva di quella situazione. Non l’avrebbe ammesso con nessuno, forse nemmeno con se stesso, ma per lui essere considerato un traditore era ciò che più lo feriva. Se fosse stata una persona saggia sicuramente sarebbe stato zitto, ma il rafiq amava giocare col destino, sebbene rischiasse che la nera lama di Altaïr si conficcasse nella sua gola. Tuttavia non era uno sprovveduto e nonostante l’apparenze lui l’aveva guadagnato quel rango, e non sarebbe stato Altaïr a privargliene.

Tossicchiò un po’prima di incominciare a parlare << Posso porgerti una domanda, Altaïr? >> aspettò il segno di approvazione fatto col capo prima di riprendere a parlare << Non vedo quel tuo giovane compagno di viaggio, che fine ha fatto? L’hai mandato a raccogliere qualche informazione in più? >>
Altaïr decise di non mentirgli, soprattutto perché il ragazzo probabilmente era passato da lì. D’altro canto lui non aveva bisogno di trovare delle scuse per mascherare le sue azioni << Abbiamo avuto una discussione e lui ha preferito ritirarsi, non so dove sia andato e francamente non mi interessa saperlo. >>

<< Come siamo duri Altaïr, è solo un ragazzo. D'altro canto cosa può aver fatto per aver scatenato in te tanta ira? >> lo schernì << Non è da te arrabiarsi tanto. >>

<< Senti, non ho tempo da perdere, tanto meno se è per parlare di quel ragazzino. Ora, se non ti dispiace, io avrei da fare. Tamir non aspetterà il mio arrivo. >>
<< Certo, certo Altaïr, non vorrei mai che fallissi. >> rigirò malignamente il coltello nella piaga << Però mi raccomando fai attenzione, o rischi per ritrovarti con un nemico al tuo fianco al posto di quel ragazzo. Se Al Mualim ha scelto lui come compagno di viaggio, un motivo ci sarà >>
L’intento del rafiq non era quello di metterlo in guardia, poiché il suo sesto senso gli diceva che quel ragazzino dai capelli color ebano non gli avrebbe mai rivolto contro la spada, bensì per esortarlo a tenere conto della presenza di Ivanoe. Ma erano parole al vento, poiché ormai Altaïr aveva varcato la soglia della porta, preparandosi a colpire. Il rafiq sospirò rumorosamente, sicuramente un giorno o l’altro avrebbe spiegato a quella testa calda che scappare dai problemi non era un soluzione. E forse non era nemmeno tanto lontano, quel giorno…

***

<< Nhabial, scusa ma dove stiamo andando? >>

Ivanoe osservò il ragazzo davanti a lui alzare le spalle, stressato dal fatto che il moro fosse così diffidente nei suoi confronti, anche perché non era poi un novizio. Nhabial L’av-eb, figlio di Jesuè L’av-eb, era il gli occhi e la bocca di Damasco. Tutti coloro che erano residenti nella città sapevano benissimo che, qualsiasi cosa facessero, sarebbe presto arrivata alle sue orecchie e questo li teneva sempre diffidenti nei confronti della gente. Tutti lo conoscevano, ma nessuno sapeva chi fosse. Dopotutto lui era l’unico allievo del rafiq della città, e si sa, l’allievo è lo specchio del maestro. E Nhabial con quel suo ghigno e quei due occhi pieni di vita ricordavano benissimo gli atteggiamenti del direttore della Dimora. Nhabial decise di rispondere fingendo di non aver afferrato la domanda ringraziando il suo Dio che Ivanoe gli fosse alle spalle altrimenti l’avrebbe visto sorridere.

<< Ivanoe a cosa ti servono gli occhi se non ne fai uso? >> sbuffò << Siamo sui tetti di questa meravigliosa città, non ti basta come spiegazione? >>

Ivanoe sbuffò, scuotendo la testa. O era lui che non formulava bene le domande o erano gli altri che si divertivano a girarci intorno. Damasco era una bella città, molto accogliente e piena di posti attraenti da visitare, ma Ivanoe intuiva che sotto a tutto quello ci fosse qualcos’altro. Qualcosa che permetteva a tutti di vivere con serenità. E se non erano i Templari, erano per forza gli Assassini. Perché si, Ivanoe era convinto che i Templari non erano solo male, ma non l’avrebbe mai ammesso. E per quanto riguardava le guardie sui tetti di Damasco si erano accurati di evitarle tutte, poiché mettere in allarme la città mentre Altaïr mentre eseguiva una missione non sarebbe stato cortese e saggio. L’Assassino più vecchio si guardò in giro, nella speranza che le indicazioni del suo Maestro fossero corrette e svoltò a sinistra dirigendosi verso il bordo della casa. Ivanoe lo guardò acquattarsi e indicarli un punto del Souk al-Silaah. Nhabial non disse nulla, assorto nei suoi pensieri, sperando che l’esperienza di oggi potesse giovare al ragazzo.

<< Nhabial? >>
Il più vecchio si mise l’indice sulle labbra imponendo il silenzio << Zitto e guarda. >>

Ivanoe, non capendo cosa volesse, si voltò a guardare senza proferire una parola. L’attenzione di Nhabial era attirata dalla piazzetta cerimoniale, dove molta gente era accorsa formando un cerchio intorno a due persone. Il giovane Assassino cercò con lo sguardo l’amico, cercando di avere qualche aiuto e Nhabial puntò il dito su uno dei due uomini sussurrando piano Tamir. L’uomo indossava un particolare turbante a scacchi, una lunga tunica elegante e dei comodi pantaloni di seta. Stava discutendo con l’uomo davanti a se, ma ad alta voce, probabilmente voleva attirare l’attenzione. E l’uomo che ormai doveva essere sulla cinquantina cercava di rispondergli, seppur titubante. C’era un forte sole a Damasco e il caldo si stava facendo sentire, ma nessuno nella piazza sembra accorgersene, talmente presi dallo spettacolo che si stava svolgendo davanti a loro. Poi però vide la mano abbronzata di Nhabial cambiare direzione posandola su una persona in particolare che si stava confondendo tra la folla e Ivanoe poté distinguere chiaramente che si trattava di Altaïr, rimanendo sorpreso. Il suo maestro se ne stava lì a guardare, aspettando paziente l’occasione di prendere la vita di Tamir e Ivanoe fu tentato di andargli incontro. Poi un urlo catturò la sua attenzione, Tamir aveva affondato la lama nel ventre del vecchio e ora quest’ultimo era caduto nella

Fontana, privo di vita. Il moro rabbrividì e l’istinto gli consigliò di scendere in piazza, ma l’Assassino più anziano lo fermo, mandandogli un occhiataccia. Gli occhi color nocciola si rispecchiarono in quelli verdi del ragazzo, lasciandolo turbato.

Si era fatta seria la voce di Nhabial << Niente sentimenti Ivanoe, non farti coinvolgere da loro, oppure non sarai in grado di mantenere il sangue freddo. Ora osserva il tuo compagno di viaggio, mi raccomando. Sta per colpire. >>

Seppur riluttante lo fece, mordendosi le labbra, mentre i suoi occhi seguivano Altaïr. Non sopportava le persone come Tamir, che si macchiavano le mani di sangue per delle scempiaggini simili, soprattutto perché non c’era motivo di uccidere quel vecchio. Seguendo con lo sguardo il suo maestro si rese conto che anch’egli non si era fatto prendere dai sentimenti, al contrario si era messo a pedinarlo senza dare segni di nervosismo. Presto la vita di quell’uomo sarebbe scivolata via da questo mondo, per mano di Altaïr. Vide Nhabial alzarsi, mentre un lieve venticello gli scompigliava l’abito, mentre la sua espressione si raddolciva.

<< Adiamo, torniamo dal mio Maestro. >> sentenziò voltandosi per prendere la strada del ritorno << Abbiamo visto abbastanza, non ti pare? >>

Ivanoe si voltò verso la piazza ma Altaïr non c’era più, e nemmeno Tamir. Si morse il labbro inferiore prima di rivolgersi all’altro Assassino con tono piatto e poco espressivo. Voleva capire il perché di tutto questo ma sfortunatamente Nhabial non sembrava incline a rispondergli. Alzò le grandi spalle e gli mostrò un sorriso amichevole.

<< Mi spiace Ivanoe, ma devi arrivarci da solo, e non mi sembri stupido. In ogni caso ti sconsiglio di parlarne con il Maestro Altaïr, almeno finché non vi sarete chiariti. Potrebbe non farli molto piacere. >> poggiò una mano sulla spalla << Sai, se vai a dirgli che lo pedinavi potrebbe arrabbiarsi. Infondo dopo quello che è successo, sembrerebbe una mancanza di fiducia in lui. >>

Ivanoe lo guardò sorpreso << Guarda che io non sapevo nemmeno che mi stessi portando da lui, ad osservare i fatti. E non capisco nemmeno il perché, dato che Altaïr stesso non mi voleva presente, quindi… >>
<< Oh, andiamo Ivanoe, possibile che tu sia così cocciuto? >>

<< Cocciuto? >> ripeté Ivanoe << Cocciuto perché lui mi ha espressamente consigliato di non farmi vedere perché sono di troppo? Io ho tentato di parlarci ma quello mi ha respinto, nemmeno gli avessi piantato un coltello nelle viscere! >>
Nhabial lo guardò con pazienza << Ma scusa, dopo tutto quello che è successo, secondo te come può sentirsi Maestro Altaïr? Prima era al vertice della classifica e ora si ritrova a essere al rango più basso, tutto nel giro di pochi giorni. >> iniziò a incamminarsi << L’unico compagno con cui era riuscito a istaurare una amicizia valida ha perso un braccio e il fratello, a causa sua. E come se non bastasse il suo Mentore e Maestro decide di mettergli dietro qualcuno per controllarlo. Tu come ti sentiresti? Io personalmente non mi sentirei di accettare quella persona come mio compagno e ti posso assicurare che il mio carattere non fa distinzioni fra persone. >>
Ivanoe si fermò a fissarlo allontanarsi, mentre la spada gli batteva su un fianco, sentendo improvvisamente una fitta nel torace. Quello che Nhabial l’aveva scosso come un secchio di acqua fredda, facendoli capire dove stava sbagliando a criticarlo in quel modo.

<< Io non lo difendo, poiché ha sbagliato ha essere così ottuso, e la punizione inflittasi dal grande Al Mualim è giusta secondo me. Quello che ha fatto ha macchiato di vergogna il nome degli Assassini. >> parò ancora il più vecchio dei due << Ma d’altro canto non posso nemmeno additarlo tutte le volte che passa, senza dargli un’occasione di redimersi. >>

Ivanoe sorrise, afferrando il succo del discorso, riconoscendo come Nhabial fosse molto più maturo di lui. Non compatirlo, ma affiancalo. Il giovane Assassino ringraziò per un momento Altaïr per averlo fatto tornare indietro e aver così conosciuto quel ragazzo. Adesso sapeva cosa doveva fare e non avrebbe indugiato un minuto di più. Doveva parlare con Altaïr, spiegarli come la pensava lui e mettere le cose in chiaro. Soprattutto perché i due avrebbero dovuto collaborare per ancora un bel po’e una guerra non conveniva a nessuno dei due.

<< Grazie Nhabial, ora so cosa fare. >> ammise incamminandosi verso la Dimora << Immagino che tutto questo sia frutto della mente del rafiq non è vero? >>
Il più vecchio alzò le spalle << Può darsi, può darsi Ivanoe. Confido in te, e la prossima volta che ci vediamo voglio vederti meno titubante. Ricordi la strada per tornare alla Dimora? >>
<< Si, certo, ma tu non vieni? >>

<< Mi spiace molto Ivanoe, ma devo sbrigare delle faccende per il mio Maestro. Visto che lui non ha voglia tocca a me farle >> alzò le spalle << Mi sfrutta proprio, quello. Manco fossi uno schiavo, devo ricordarmi di farlo presente al grande Maestro Al Mualim. >>

<< Dimmi solo più cosa. >> lo trattenne ancora Ivanoe << È da tanto tempo che sei col tuo maestro? >>
<< Una vita più o meno, perché? >>
<< Avete mai litigato? >>

Nhabial sorrise, quello che voleva Ivanoe era solo un incoraggiamento e non sarebbe stato di certo lui a negarglielo << Di norma due volte al giorno. Ma normalmente si conclude sempre in due modi: o lui si arrende perché troppo pigro per continuare o mi sbatte fuori dalla Dimora perché non sa perdere. >>
Si sistemò meglio il cappuccio << Non vi annoiate mai voi due. >>

<< Già, con il rafiq mi aspettano sempre ardue battaglie. >> sorrise << Ora però devo andare, altrimenti poi mi spetta una bella lavata di capo ma ci rivediamo la prossima volta che vieni qui. Salute e pace Ivanoe, >>

Ivanoe gli rivolse un sorriso << Altrettanto Nhabial. >>

Si separarono da amici, conviti che si sarebbero rivisti, mentre Ivanoe strinse gli occhi. L’ardua battaglia sarebbe stata la sua, soprattutto perché non si aspettava di uscire vittorioso da uno scontro contro Altaïr. Tuttavia provare non gli costa niente, e se il suo destino era quello di morire per mano sua allora l’avrebbe accettato senza opporsi. Si incamminò verso la Dimora degli Assassini, mentre sotto di lui le guardi si stavano muovendo per catturare un omicida. Tamir era stato assassinato e il suo Assassino non doveva essere lontano. Ivanoe sorrise, conoscendo l’Assassino in questione probabilmente era dietro di loro, ma nessuno se ne sarebbe accorto.

 

Capitolo tre

Nella tana della Volpe

Ecco finalmente il terzo capitolo dopo un mese e passa di ritardo. Chiedo venia, come mio solito, ma ho avuto veramente poco tempo. Il prossimo cercherò di scriverlo prima.
Bene che dire…Nhabial ha fatto riflettere Ivanoe e il rafiq Altair perché si, l’ha sentito. Come al solito ringrazio i lettori, i recensori e anche chi solo lo sfoglia il capito. Grazie anche a chi coregge questo povero analfabeta, poichè la grammatica non è il suo forte

In particolare grazie a:

Archi – Narjis – DarkRozan – madoka94 - Rainage -

Grazie e buona lettura!
Bacioni Volpotto!

P.S. perdonate il ritardo, ma come si suol dire…alle ferie non si comanda!

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Capitolo 5
*** Quando tutto va storto ***


Capitolo quattro

Quando tutto va storto

<< Altaïr, hai fatto presto. >>

L’accolse così il rafiq che, nonostante fosse impegnato con alcune difficili carte, accorgendosi immediatamente della sua presenza. L’ex Maestro Assassino rispose con un cenno del capo mentre entrava nella dimora, portando una mano sul borsellino marrone. Aveva svolto la missione in fretta e sarebbe tornato prima, se solo non avesse dovuto seminare le guardie. Sospirò, tutto si era concluso per il meglio, Tamir era morto e ora lui aveva la piuma macchiata di quel sangue, ma le parole di quell’uomo lo tormentavano senza sosta. Aveva detto…fratelli. Quindi non agiva da solo, ma che cos’erano? Una gilda? Un ordine? Se fosse stato un uomo saggio, sicuramente avrebbe obbedito ciecamente a tutto ciò che gli diceva Al Mualim, ma lui non era una marionetta. Non l’era mai stato, nemmeno da piccolo e mai lo sarebbe stato.
<< Tamir è morto, ho compiuto la missione. >> mostrò il segno << Non ci darà più fastidio >>
<< Oh, in città non si parla d’altro. Il mercante di schiavi è morto assassinato, le guardie si stanno mobilitando per ritrovare il suo carnefice e probabilmente sarà ancora nella città. Un colpo alla gola, ma non è morto subito, immagino che vi sarete scambiati qualche parola. >>

Altaïr lo guardò, turbato e stupito allo stesso tempo. Come facesse quel dannato rafiq a sapere tutto di tutti, sebbene non uscisse quasi mai da quella dimora, lasciava titubante il giovane Assassino. Molto probabilmente aveva delle spie al suo seguito e queste ultime dovevo averlo informato degli avvenimenti, ma in un lasso di tempo così ristretto era possibile? Evidentemente si

Poi la voce del rafiq lo richiamò a se << Altaïr? Qualcosa non va? >>

<< Cosa te lo fa pensare? >>

<< Ti vedo pensieroso, qualcosa turba la tua mente? >> domandò mentre aveva tirato fuori il grosso libro e aveva cancellato da esso il nome di Tamir << È tutto a posto?> >>

<< Non è niente di importante. >>

<< Puoi confidarti, lo sai. >>

L’ex Maestro Assassino lo guardò titubante, indeciso se fidarsi o meno. Certo, era un suo superiore ed avrebbe potuto aiutarlo nel comprendere meglio la situazione, ma dall’altra parte era un nemico. Un altro di quelli che lo ripudiava per le sue azioni, per quanto era successo. E Altaïr non poteva che dargli ragione, era un comportamento più che giusto, ma lo feriva. Il fatto era che, per quanto cercasse di non farlo capire, quella situazione lo rendeva incerto. Ogni confratello poteva essere un pericoloso avversario, pronto a pugnalarlo alle spalle.

<< Però se non mi ritieni all’altezza, potresti provare con Al Mualim. Lui saprà senza dubbio soddisfare le tue richieste. >> gli venne incontro il rafiq << Ha molta più esperienza di me >>
<< Non è questo. >>
<< Allora cosa? Altaïr, temi forse che io non creda alle tue parole? >>

<< Neanche rafiq, è una sciocchezza, nulla di rilevante. >> tagliò corto l’Assassino << Nulla di cui valga la pena parlare >>

Il rafiq scosse il capo << Se la cosa ti turba, vuol dire che dell’importanza c’è l’ha. >>

Altaïr lo guardò, ancora indeciso, non sapendo bene come muoversi. Parlare di tematiche così delicate con chi lo considerava un traditore non era saggio, ma d’altronde era questa la situazione che era venuta a crearsi per colpa sua. Decise allora che, peggio di così, la situazione non poteva andare. E parlare gli avrebbe fatto bene.

<< Vedi, quando stavo per strappare la vita di Tamir, lui mi ha detto una cosa. Ha affermato che i suoi "fratelli" l’avrebbero vendicato, che non avrei potuti fermali. Quindi non agisce da solo, ma non riesco a comprendere appieno le sue parole. >> sospirò << Poi, che motivo aveva di dirmele? Io sono un suo nemici, così facendo ci ha messi in guardia. Ma contro cosa? >>
<< Potrei darti un consiglio, ma non credo che sarebbe utile. In punto di morte potrebbe anche aver delirato, chi lo sa. Sai gli uomini sono creature deboli davanti all’oscura signora >> chiuse il grande libro, per poi riporlo al suo posto << Non sai mai cosa possono dire >>
Altaïr fissò attentamente i suoi movimenti << Sarà, ma la cosa non mi piace. Se quello che ha detto è vero, allora potremmo correre un pericolo più grosso di quanto non sembri. >>
<< Altaïr, come prima ti dicevo, non sono sufficientemente esperto per potrei dare una risposta. Prova a chiedere ad Al Mualim, lui di sicuro potrà dirti qualcosa di utile. >> terminò il rafiq << Comunque sei molto più preoccupato per la confraternita di quanto si possa credere. Oh, non voglio insinuare nulla, ma dovevi sentire i tuoi confratelli prima…sono sicuro che gli avresti presi a pugni, quante cose hanno affermato! Ad esempio… >>
Altaïr lo guardò, con un tic nervoso alla mano destra, consapevole che se non avesse mantenuto il controllo avrebbe piantato la lama nascosta nel collo di quel dannato rafiq. Per un momento le sue parole l’avevano colpito, non aveva fatto allusioni e l’aveva ascoltato. Si era dimostrato di sapere reggere quel compito sulle proprie spalle, anche se per un lasso di tempo breve, dopo di che aveva ricominciato a citare gli altri Assassini, su cosa dicevano oppure no. Ma i fatti suoi mai? Si domandò Altaïr, guardandolo storto. Come avesse fatto un tale elemento a finire lì, non l’aveva mai capito. Eppure Damasco funzionava alla perfezione, quindi doveva pur valere qualcosa.
<< Rafiq non me ne importa niente di cosa dicono gli altri Assassini >> sospirò << Hai altro per me? >>
<< Certo, certo. Tu non sei uno che si fa prendere la mano, perdonami. >> continuò il suo superiore << Io non ho ricevuto lettere da Al Mualim e qui a Damasco ce la caviamo discretamente. Non c’è motivo per cui tu e il tuo giovane compagno dobbiate trattenervi. >>

<< Certo allora… >>
Altaïr si fermò di colpo, come se l’avessero appena colpito alle spalle. "Il tuo giovane compagno", frase particolarmente marcata dalla voce del rafiq, gli fece ripensare che non era da solo. Da quando aveva liquidato quel dannato ragazzino, nella sua mente il ricordo di Ivanoe era stato archiviato lontano, dove nessuno poteva leggerlo. E per tutto il giorno non si era fatto vedere. Altaïr si diede dell’inetto, come aveva fatto a non pensarci? Non gli importava nulla di chi fosse e cosa pensasse di lui, tuttavia le parole di Al Mualim apparivano chiare nella testa del giovane Assassino, come se le avesse appena sentite: "Tu collaborerai con questo Assassino, e lo rispetterai, poiché per ordine mio lui viaggerà insieme ad un traditore!". Il messaggio era stato fin troppo chiaro, non ucciderlo e riportalo indietro, altrimenti per te è finita. O almeno era così che l’aveva tradotto Altaïr, troppo furioso con Al Mualim e con se stesso, finendo per diventarlo anche con Ivanoe. In realtà l’ex Maestro Assassino sapeva benissimo che l’unico colpevole di tutto era lui e il suo maledetto orgoglio, ma non riusciva a capacitarsene. Non poteva aver fallito in quel modo, eppure tutto lo confermava. La stessa presenza di quel ragazzino era una prova che Roberto di Sable l’aveva battuto e umiliato. Si voltò verso il rafiq con un’espressione tra l’agitato e l’irritato, desideroso di tornarsene il prima possibile a Masyaf e saldare almeno una parte del debito. Intanto il rafiq doveva aver intuito cosa pensava Altaïr, poiché svogliatamente gli indicò l’uscita, aggiungendo svogliatamente:
<< Il ragazzo ti sta aspettando fuori dalle mura di Damasco, coi cavalli già pronti per partire e tutto l’occorrente per il viaggio. Sai, è un ragazzo molto particolare e simpatico. >> gli sorrise << Se vuoi un consiglio, non maltrattarlo solo perché sta al tuo fianco Altaïr >>

Altaïr guardò sbieco il suo superiore, odiava quando non si faceva gli affari suoi, eppure non sembrava essere capace di far altro. Iniziava a capire vagamente perché Al Mualim l’avesse scelto come rafiq, un tale ficcanaso non si faceva scrupoli a intromettersi nelle vite altrui e poteva essere un vantaggio per gli Assassini. Tuttavia Altaïr ne avrebbe fatto volentieri a meno, esattamente come avrebbe fatto a meno del consiglio e del moccioso. Chinò leggermente il capo in segno di saluto al rafiq, evitando di rispondere a quella "provocazione. Se voleva rimediare doveva imparare a controllarsi. Il capo sede, intuendo che parlarli non sarebbe servito a nulla, si limitò a salutarlo.

<< Salute e pace Altaïr, spero di rivedervi. >> ma non attese una risposta, consapevole che non sarebbe arrivata.

Non si aspettava così tanto, almeno non quel giorno. Borbottò un po’ tra se e se, prima di dare un’occhiata alle sue carte. Ne aveva di lavoro da fare e avrebbe dovuto terminarlo in fretta, poiché tutto il giorno l’aveva passato a farsi gli affari di Altaïr. Ma del resto non poteva lamentarsi, lui era fatto così e non sarebbe mai cambiato. Sentì un rumore alle sue spalle e si voltò, riconoscendo l’andatura della persona. Svogliata eppure decisa, c’era solo una persona che utilizzava una simile camminata, che diceva tutto e niente.

<< Ben tornato Nhabial, come è andata con Ivanoe? >> gli domandò appoggiandosi sul banco da lavoro << Sei riuscito a farlo ragionare? Sai, non ha voluto dirmi niente e io non ho insistito. >>
Nhabial afferrò rapido una mela dal cesto del rafiq, addentandola << Maestro, non siamo tutte teste calde come te, che se si fissano non si smuovono. E poi Ivanoe aveva semplicemente bisogno di una spinta, niente di più. >> diede un altro morso << Altaïr sbaglia a comportarsi così, da ottuso. >>

<< Nhabial, è una situazione difficile per entrambi. Vedrai che tutto si risolverà, ci vuole solo tempo. >> sorrise << Ivanoe riuscirà a raggiungere Altaïr, vedrai. Quel ragazzo ha tutte le capacità per farlo e lo farà. >>

Nhabial scosse la testa, finendo la mela. Non era d’accordo e il rafiq lo sapeva, raramente loro due vedevano le cose nello stesso modo. Lui aveva più esperienza, ma il suo giovane allievo viveva più a contatto con le persone e le nuove generazione.

<< Pensi forse che Ivanoe non possa farcela? Lo sottovaluti a tal punto? >> domandò il rafiq << Pensi forse che Altaïr sia troppo difficile per lui? >>
<< Maestro, non se la prenda, ma non sono d’accordo con le sue parole. Anch’io credo e spero che Ivanoe, volendo, possa raggiungere il Maestro Altaïr. Sarebbe un bene per entrambi le parti, migliorerebbero entrambi. >>

<< E allora cos’è che non ti convince? >>
Nhabial puntò lo sguardo negli occhi del suo Maestro, sorridendo amaramente << Secondo lei Maestro, Altaïr si lascerà raggiungere da Ivanoe? >>

***

"Eccolo lì" pensò Altaïr, scorgendo la sagoma di Ivanoe in lontananza

Era tardi, circa le cinque del pomeriggio e il solo si avviava verso il tramonto, sotto gli occhi scocciati del l’ex Maestro Assissino. Come al solito aveva agito in modo incoerente, facendosi trasportare troppo dalle proprie emozioni. Aveva percorso di fretta tutto il tragitto, dalla Dimora degli Assassini fino a quasi l’entrata, urtando involontariamente dei portatori di giade. Non se n’era reso conto subito, perché qualcosa lo turbava e lo innervosiva, anche se non sapeva precisamente cosa. Quando aveva realizzato il fatto, due guardie si erano avvicinate e l’avevano guardate circospette. Poi l’avevano attaccato, senza pensarci due volte, capendo chi era. Un Assassino, probabilmente quello che aveva ucciso Tamir. Con questo pretesto, i primi fendenti erano partiti. Altaïr era stato svelto, gli aveva schivati, incominciando a correre verso il centro. Ingaggiare un combattimento, in quei vicoli così stretti, era scomodo per uno come lui, abituato a combattere in larghi spazi. Aveva corso molto, inseguito dai due soldati, forse anche troppo. Avrebbe potuto salire su un tetto o più semplicemente affrontarli alla prima occasione, ma non l’aveva fatto. Alla fine si era ritrovato con circa il quadruplo delle guardie iniziali, attirate dalla confusione, finendo con l’essere accerchiato e completamente dall’altra parte dall’uscita di Damasco. L’unica soluzione era stata quella di tuffarsi in acqua e sebbene fosse consapevole della sua "ignoranza" nel nuoto, riuscì a non affogare. E dovette riattraversare la grande città, a denti stretti, per niente felice del contrattempo. Quello che aveva affermato il rafiq era vero, Ivanoe aveva già pensato a tutto e per una volta fu quasi felice di esserselo portato dietro. Questa volta il giovane Assassino era seduto su una giumenta marrone chiazzata bianca, mentre con una mano reggeva le redini e con l’altra leggeva un libro. Era esattamente come l’aveva trovato il primo giorno, sprofondato nella lettura, eppure sembrava consapevole di cosa gli accadesse intorno. L’altro cavallo, completamente nero, gustava tranquillo il fieno messo a sua disposizione, legato poco distante dal ragazzo. Altaïr sia avvicinò ai tre, ancora bagnato e con espressione poco amichevole. Non aveva scordato il dibattito avvenuto tra lui e quel moccioso, quella stessa mattina. Dal canto suo Ivanoe sentì di aver degli occhi puntati addosso e alzò lo sguardo, rivelando nuovamente quei suoi occhi color pece. Accennò a un sorriso, non appena vide l’ex Maestro Assassino farsi vivo, eppure non fu del tutto felice. Come Altaïr, non aveva dimenticato il discorso avvenuto quella mattina e il fatto di essere considerato un peso bruciava ancora. Scosse la testa, aveva promesso a se stesso che gli avrebbe parlato e si sarebbe fatto ascoltare, ad ogni costo. Oh, almeno era quello in cui Ivanoe sperava. Perché nella sua vita troppe cose erano andate storte e se tutto fosse andato storto, Altaïr sarebbe stato l’ennesimo fallimento per Ivanoe. E a quel punto, cosa avrebbe fatto? Di scappare non ne aveva più voglia, perché le strade comode non sono sempre le migliori.

Capitolo quattro

Nella tana della Volpe

Buongiorno/sera a tutti. Come state? Spero tutti bene

Finalmente ho concluso il quarto capitolo, anche se con un ritardo colossale. Semplicemente perché volevo creare un bel capitolo e ho deciso di spendere più tempo…

Annunziatina: Ma tanto non ne sei capace, padrone decrepito! (è la mia coniglietta nana)

Volpotto: Uffa, non potresti essere più gentile?! Aspetta, da quando i conigli parlano?

Annunziatina: Infatti non parliamo, sei tu che ti fai di funghetti allucinogeni idiota!

Volpotto: @_@ oddio, ditemi che è uno scherzo.


Grazie a tutti quelli che l’hanno letta! (Scusate la pazzia)
Un grazie particolare a:
Arcipelago (che mi segue sempre)

Narijis (che mi corregge sempre, così posso migliorare il mio italiano da due soldi)

DarkRozan (che continua a sostenermi)

Madoka94 (che con poche e semplici parole mi fa capire tutto)

Rainage (che si è preso la briga di commentarmi tutti i capitoli, nonostante fossimo al terzo)

Bacioni Volpotto!

 

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Capitolo 6
*** Cose di poco conto ***


Capitolo cinque

Cose di poco conto

Il viaggio, da Damasco fino a Masyaf, sarebbe dovuto durare all’incirca settantadue ore. Due giorni. Questo almeno era quanto aveva decretato il rafiq, una volta aver calcolato la distanza, ma Altaïr non era d’accordo. Era troppo tempo, non erano così distanti le due città. Se avesse fatto galoppare i cavalli per la maggior parte del tempo, eseguendo cambi regolari, probabilmente sarebbe arrivato prima. O almeno se tutto fosse proceduto senza intoppi, cosa che però non era mai accaduta nella sua breve vita.

<< Ti auguro buona fortuna Altaïr e mi raccomando, comportati bene. Non vorrei sentire che ti preso a pugni con qualcuno, sarebbe deplorevole da parte tua. >>

Dopo quella frase, Altaïr, aveva avuto un gran desiderio di prendere a pugni il rafiq. Ma non l’aveva fatto. Aveva invece raggiunto quello che doveva essere il suo compagno alle porte di Damasco, non senza qualche difficoltà, per poi mettersi in viaggio. Il suo destriero, un purosangue dal manto nero, continuava a correre da due ore, sebbene incominciasse a sentire la stanchezza addosso. Il sole, prima alto nel cielo, stava tramontando rendendo la strada scura. Altaïr sospirò, qualora la luna non avesse illuminato il suo cammino, avrebbe dovuto fermarsi per forza. Le sue vesti, dapprima bagnate, ora stavano lentamente asciugando. Sentiva il forte vento scontrarsi con il suo viso, ma Altaïr sembrava non patirne. Ivanoe, da dietro di lui, sbuffò spazientito. Da quando erano partiti il suo compagno di viaggio non gli aveva più rivolto la parola, rafforzando il muro che gli divideva. Il cavallo del minore era tranquillo, non si ribellava alla sua presa e questo faceva gioire in cuor suo Ivanoe.
Lui odiava i viaggi lunghi, non era abituato e lo stancavano molto. In più, dopo che l’ex Maestro Assassino aveva preso la decisione di andare solamente al galoppo, si sentiva sfiancato. Avrebbe voluto fermarlo, fargli capire che essendo il capogruppo doveva preoccuparsi del parere degli altri Assassini con cui faceva coppia. Ma sicuramente non sarebbe stata una buona idea, considerato che interrompere il viaggio per un simile motivo avrebbe fatto infuriare Altaïr e lui non desiderava ciò. Ivanoe voleva fare pace con l’ex Maestro Assassino, non litigare ancora, che avrebbe sicuramente interpretato il suo gesto come una critica sul suo modo di agire. Avrebbe aspettato la notte.

Si alzò il vento, la sabbia veniva sollevata e i due Assassini portarono un braccio davanti agli occhi, evitando che essa entrasse nei loro occhi.

"Forse è il caso che inizi una conversazione…" fu il docile pensiero di Ivanoe "Stare in silenzio non mi aiuterà di certo a chiarirmi con lui"

Non era molto convinto di ciò che faceva, il giovane Assassino, le sue conversazioni con Altaïr iniziavano sempre male e finivano sempre peggio. Nhabial, il giovane aiutante del rafiq, gli aveva consigliato di non avere fretta ma quella situazione non era vantaggiosa per nessuno. In caso di un attacco avrebbero finito per ostacolarsi o peggio per sfidarsi, facendo finire la cosa in tragedia. No, si sarebbero chiariti in un modo o nell’altro, questo era il pensiero di Ivanoe. Si prese coraggio, avrebbe fatto lui la prima mossa.
<< Maestro… >>
Altaïr non si voltò neppure << Cosa c’è? >>
<< In questo posto, capita mai che arrivi una tempesta di sabbia? >> domandò affiancandosi col cavallo al suo maestro << è da un po’ che ci troviamo in questa zona priva di abitazione e completamente avvolta dalla sabbia, non c’è questo rischio? >>
<< Raro, ragazzino, raro e comunque mai niente di distruttivo. >>

<< Non mi chiamo ragazzino >> sbuffò Ivanoe, irritato << Possibile che non riusciate a memorizzare il mio nome? Eppure non è tanto difficile. >>

Altaïr chinò leggermente il capo, irritato, senza neppure accorgersene. La sua pazienza aveva un limite molto sottile, chiunque lo sapeva, di conseguenza nessuno si opponeva a lui in nessun modo. Eccetto Al Mualim e Malik, ma dubitava che quest’ultimo gli avrebbe mai più rivolto la parola. Con lui aveva sempre mantenuto un solido rapporto, ma ormai tutto era perduto. Ora che ci pensava perfino Abbas, nonostante lo provocasse spesso e fosse suo nemico giurato, era a conoscenza che una parola di troppo avrebbe causato la sua fine. Evidentemente non aveva ancora marcato il territorio con quel moccioso, ma gli avrebbe fatto capire che contro di lui le possibilità di vittoria erano molto scarse.

<< Ormai è chiaro che parli un po’ troppo, ragazzino. >>

Fu così che tutto avvenne, senza neppure che Altaïr riuscisse ad accorgersene. Bastò quella frase, un breve insieme di parole pronunciate con un tono ostile e tutti i buoni propositi di chiarirsi con l’ex Maestro Assassino si dissolsero come neve al sole. Il discorso di Nhabial, fresco del giorno prima, venne sostituito da un moto di rabbia dall’Assassino più giovane. Perché Ivanoe aveva un difetto, era ancora troppo giovane per ragionare a mente fredda anche davanti a simili provocazioni. Spronò il suo cavallo facendoli fare una scatto, posizionandosi davanti a quello di Altaïr , fermandosi in quel punto. L’ex Maestro Assassino fu colto alla sprovvista, non si aspettava una mossa del genere e per impedire di cadere da cavallo fu costretto a far girare di lato l’animale. Il suo destriero si impennò, fermandosi, sentendosi prigioniero della forte stretta di Altaïr e tuttavia fu desideroso di scappare. La tensione era palpabile.

Altaïr era livido dalla rabbia << Che diamine fai?! Sei forse impazzito?? >>

Il più giovane fissò con astio l’ex Maestro Assassino, odiava quando la gente lo trattava così, quando lo ignorava o lo trattava come uno scarto. Gli ricordava quand’era bambino, la sua infanzia passata dietro a delle mura e poi in mezzo alla strada. Quando la gente si rivolgeva a lui senza espressioni sul viso, sostenendo che non valesse nemmeno la pena sprecarne per un essere simile. Animato da quei dolorosi ricordi così vivi nella sua mente, avrebbe voluto incominciare a parlare, dirgli tutto ciò che pensava. Le conseguenze ormai non lo spaventavano più, se non si fosse aperto prima o poi sarebbe impazzito. Ma la severa voce dell’ex Maestro Assassino lo riportò alla realtà.

<< Ragazzino, cosa stai facendo? >>

Ivanoe rimase scosso dal tono di voce dell’Assassino più vecchio, non c’era rabbia nelle sue parole, ma soltanto la fermezza di comandate mischiata allo stupore di chi non si aspetta un morso dal proprio cane. Il fedele cappuccio continuava a coprirli il capo, ma la giovane spia potè intravedere il suo sguardo puntare sulla sua mano sinistra. Lui era mancino, tuttavia non era quello a preoccupare Altaïr, ma l’oggetto che aveva impugnato. Quella era l’elsa della sua spada e la mano di Ivanoe stava per estrarla, senza che il giovane se ne accorgesse.
"Ma che diavolo mi è preso?" fu la sola domanda che Ivanoe si pose mentre lasciava il manico dell’arma come fosse diventato improvvisamente rovente "Io…io stavo per sguainarla senza accorgermene?"

Sentì lo sguardo di Altaïr su di lui, ma non osò voltare gli occhi. Il Maestro Labib l’aveva messo in guardia al riguardo delle armi, non avrebbe mai dovuto puntarne una contro il suo compagno di viaggio. Sarebbe stato interpellato come gesto di ammutinamento verso Altaïr e quest’ultimo avrebbe potuto ucciderlo, senza problemi. Sentiva il vento accarezzarli la pelle, mentre l’angoscia si impadroniva di lui. Forse doveva chiederli scusa subito, prima che fosse troppo tardi, ma in che modo?

Altaïr dal canto suo continuava a fissarlo, attendendo una sua reazione. Come aveva intuito, il ragazzo non si era accorto di ciò che stava per fare e li si apriva un dilemma per l’ex Maestro Assassino. Non era la prima volta che qualcuno sfoderava armi davanti a lui, troppo animato da una furia cieca, desideroso di colpirlo. Probabilmente era colpa sua, che gli provocava troppo, ma infondo era meglio così. Di gente incompetente c’era fin troppa. Solitamente, Altaïr infliggeva loro punizioni esemplari, in modo che non le scordassero. La morte solo in casi eccessivi, ovviamente sempre con il consenso di Al Mualim, altrimenti la situazione gli si sarebbe rivolta contro. Ma questa volta era diverso, il ragazzo non voleva colpirlo, non si era nemmeno reso conto di cosa stesse facendo. Altaïr lo capiva dall’espressione che Ivanoe aveva preso, il viso era diventato pallido e gli occhi verdi avevano perso la solita scintilla di sfida. In quei giorni in cui era stato con lui, niente era riuscito a renderlo così impaurito. Scosse la testa dando un piccolo colpo di tacco nella pancia dell’animale, odiava quel ragazzino e ora aveva una buona occasione per punirlo, per imporsi su di lui. Un’occasione più unica che rara. Si limitò invece a superalo, senza dirli nulla, mentre il ragazzo continuava a tenere gli occhi incollati al terreno. Una voce, probabilmente quella della coscienza, chiese ad Altaïr il motivo di tal gesto.

"Non stava mirando a me" e tacque anch’essa.

Aveva preso la sua decisone, per una volta avrebbe lasciato correre. Infondo lui non era nella posizione di criticare nessuno dopo quanto avvenuto al tempio di Salomone, quindi non c’era motivo di soffermarsi sulla questione. Sentì il vento alzarsi, non potevano più attendere. D'altronde, anche l’avesse sguainata tutta la spada, era una cosa da poco conto. L’importante è che non l’avesse attaccato, solo quello. Ma al ragazzo, il fatto, non sembrava affatto una cosa da poco conto.

Ivanoe provò a parlare << Maestro…io non… >>

Un brusco gesto della mano di Altaïr gli fece intendere che non aveva tempo per le scuse o forse non voleva sentirne nemmeno e questo rattristò il giovane. Perché doveva sempre comportarsi in maniera così stupida? Ora sarebbero stati guai grossi, se lo sentiva. Altaïr non aveva reagito in modo violento, ma questo non significava niente. Ripartirono al galoppo, sotto il solo morente, mentre il cavalli sembravano volare. Per tutto il resto del viaggio sia Altaïr che Ivanoe poterono godersi il rumore del deserto e dei villaggi in cui sostarono, dato che tra i due una parola non scappò nemmeno per caso.

***

Arrivarono a Masyaf settantadue ore dopo la partenza da Damasco.

Era proprio in quei casi che Altaïr si rendeva conto di odiare quel maledetto rafiq, il quale sembrava ghignarli in faccia ogni qualvolta si incontravano, saperne sempre una in più del diavolo. L’odiava dal profondo del cuore, in particolare quando si atteggiava da superiore, per il semplice fatto di essere ben informato. Un giorno o l’altro l’avrebbe ucciso, di questo n’era sicuro. Sospirò, dalla vicenda del tempio di Salomone la sua vita sociale aveva preso una brutta inclinazione. Non che prima fosse migliore, ma semplicemente non era costretto a stare a contatto con gente simile come rafiq, ma solamente con Assassini carichi di rispetto verso di lui. E a volte nemmeno con quelli. Il mattino era ormai prossimo a sorgere, i primi raggi del sole illuminavano deboli la strada dei due Assassini. Mentre cavalcava Altaïr fece ruotare lo sguardo appena, posizionandolo sul ragazzo al suo seguito. Il resto del viaggio, dopo la faccenda della spada, fu trascorso nel più completo silenzio. La cosa non dispiacque ad Altaïr, ma non lo rese tranquillo come aveva sperato. Senza averne un vero e proprio motivo, si rese conto che preferiva molto di più quando il ragazzino parlava, nel tentativo di convincerlo ad ascoltarlo a quando si isolava. Il suo silenzio era qualcosa di inquietante, tipico dei cacciatori notturni, i quali studiano bene la propria preda prima di colpirla nel buio della notte. Il silenzio che, anche in maniera contorta, sembrava simile a quello che solitamente Altaïr creava per tener distanti le altre persone, nel quale. Scosse la testa aumentando l’andatura del proprio destriero, aveva completato la sua missione, il primo nome era stato cancellato, la prima vita recisa.

"Al Mualim mi ha ordinato di ucciderne nove, ma rivelandomene solo uno per volta. Vuole che io torni da lui a ogni vittoria" perché la sconfitta non sarebbe stata ammessa "Se davvero fossi un traditore per lui, non avrebbe affidato a me questo incarico"

Sospirò, o forse per lui era davvero un traditore. Eppure un traditore che, sebbene avesse solo diciannove anni, sembrava elevarsi come un’aquila sui novecento e oltre Assassini presenti a Masyaf. Oltre ad Al Mualim, ma questo era scontato. Era stato il suo valore come Assassino, non certo come persona, a salvarlo da quella situazione. Molto probabilmente il Mentore desiderava il compimento totale della missione, per questo l’aveva incaricato. L’ex Maestro Assassino si rese conto di temere troppo l’opinione del suo Maestro di vita e si ritrovò a sospirare. Per lui, Al Mualim, era stato molto più padre di quanto non lo fosse stato Umar. Gli doveva molto, le abilità, gli abiti, la mentalità, l’orgoglio d’Assassino e perfino la vita. Eppure negli ultimi tempi, nei quali il cambiamento da ragazzo a uomo stava avvenendo, si stava allontanando da quell’uomo. Quei legami che aveva stretto con gli apparivano ormai…deboli. Forse a causa della vecchiaia ormai dell’uomo, o dal troppo ribellarsi di Altaïr, non sapeva dirlo. L’unica cosa certa era che si stava allontanando da lui e, presto o tardi, avrebbe finito per lasciarlo. Altaïr non poteva nemmeno immaginare che il suo Mentore, invece, quei legami gli aveva già recisi molto tempo prima.

Capitolo cinque

Nella tana della Volpe

Ok ok, lo so. Recensisco in ritardo, aggiorno in ritardo, pago il maneggio in ritardo, vado a dormire in ritardo…insomma, la mia vita è nel più completo ritardo. Penso che arriverò in ritardo pure al mio funerale… Chiedo venia a tutti coloro che continuano a seguire questa storia per i due mesi di ritardo e ringrazio anche solo chi fa lo sforzo di aprire il file

L’unica cosa che faccio puntuale è quella di mangiare, ma è un dato di fatto che non posso eccellere se non in una cosa.

Grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia e un grazie speciale a queste persone:
Arcipelago: che nonostante tutto, continua sempre a seguirmi

Narijis: se passo l’esame d’italiano (che lo faccio dopodomani) lo devo alle sue correzioni

Madoka94: che non perde mai occasione per farmi ridere come un deficiente, in modo da far spaventar mia madre

DarkRozan: che, esattamente come l’Arcipelago Chopato, continua a seguirmi

Raigage: è sempre la benvenuta, con qualsiasi nome.

Bacioni Volpotto!

 

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