Ricordi

di RamaDFZ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 31 ottobre, 1987 ***
Capitolo 2: *** Aiuto ***
Capitolo 3: *** Il sapore che mancava ***
Capitolo 4: *** La miglior medicina ***
Capitolo 5: *** Le mie scarpe!! ***
Capitolo 6: *** Ho vinto io!! ***
Capitolo 7: *** Shhh... ***
Capitolo 8: *** Vieni con me ***
Capitolo 9: *** 5 novembre, 2004 ***



Capitolo 1
*** 31 ottobre, 1987 ***




31 ottobre, 1987

 

 

Saette di luce abbagliante fendevano la densa oscurità della notte, fitti aghi di pioggia vomitati dal cielo nero si schiantavano, gelidi, sulla terra già fradicia e sporca. Un solo rumore riusciva a sovrastare il rombo inquietante dei tuoni e lo scrosciare forsennato dell'acqua... Campane, lontane eppur assordanti campane spandevano una strana melodia nell'aria umida, portando con sé una sicurezza ed una maestosità quasi ancestrali.

La chiesetta di Winchester da cui proveniva il suono era piena di candele accese e lumini, un profumo forte di incenso appena acceso stuzzicava le narici dei fedeli giunti per la messa di mezzanotte. Già da un'ora padre Monroe aveva disposto che la perpetua Berenice gli preparasse l'occorrente per officiare e la donna aveva svolto il compito con il solito zelo. Guardando svogliatamente i banchi vuoti di fronte a sé, il prete constatò che avrebbe dovuto sottrarre prezioso tempo al sonno per accontentare le solite quattro vecchiette bisbetiche ed il pazzo del quartiere. Da giovane anche lui era stato colto da quella che molti chiamerebbero “vocazione”, ma col tempo le storture del mondo e la corruzione degli uomini avevano contribuito ad affievolire la sua stessa fede.

L'ultimo rintocco delle campane segnalò lo scoccare della mezzanotte, così Monroe si avvicinò al pulpito schiarendosi la gola, un po' per ricevere attenzione, un po' per svegliare qualche anziana devota appisolata.

 

  • Ehm... Dunque, siamo qui riuniti questa notte per celebrare la Santa Messa del giorno di Ogniss...

 

La frase si interruppe bruscamente perchè una serie di rumori distrasse sia l'oratore che i suoi pochi ascoltatori... Prima si udì lo stridìo fastidioso dei cardini della porta d'ingresso, mai oliati, poi uno strano scalpiccìo e, in fine, un tonfo sordo.

Il prete si alzò in punta di piedi ricercando la fonte del trambusto, ma la perpetua si trovava sotto l'altare ed aveva già intravisto qualcosa... Berenice si avvicinò con circospezione a quello che sembrava un fagotto zuppo di pioggia e sollevò con delicatezza, quasi paura, il panno logoro che aveva ai piedi.... Il suo grido echeggiò ripetutamente nel vuoto ambiente della chiesa

 

  • O Vergine Santissima! É un bambino e sembra svenuto, padre Monroe venga, presto!

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Capitolo 2
*** Aiuto ***


Aiuto

 

Monroe, subito dopo aver udito l'appello accorato della donna, corse ad ampie falcate verso di lei con il cuore che batteva a mille; nel frattempo, una piccola folla di fedeli si stava accalcando nella stessa direzione

 

  • Spostatevi per favore, lasciatemi passare...

 

Facendosi largo, il prete arrivò a destinazione, appurando che si trattava proprio di un bambino, emaciato e con intensi capelli neri scompigliati.

 

  • Perpetua, lo porti cortesemente in canonica e lo distenda da qualche parte, io congederò i fedeli...

  • Ma padre, e la messa?

  • Per una volta la messa non verrà celebrata, tanto non credo che alle vecchiette o a Pauly il matto cambi più di tanto...

 

Berenice obbedì, allontanandosi con il bimbo tra le braccia, un po' sconcertata dall'aver sentito Monroe chiamare il povero demente Paul Bennet con il suo soprannome.

Il prete riuscì a liberarsi delle signore ricevendo parecchie proteste, conscio che quel disappunto dipendesse più dall'impossibilità di scoprire qualche gossip sul nuovo arrivato che dal dispiacere per la funzione mancata.

Berenice adagiò con cura il bambino su un vecchio divano e lo coprì con una coperta asciutta, poi iniziò a tamponargli i capelli bagnati con un asciugamani di spugna. Il respiro regolare e pesante fece capire alla donna che il visitatore inaspettato stava dormendo profondamente, come forse non faceva da tempo, a giudicare dai segni scurissimi che gli cerchiavano gli occhietti.

Padre Monroe raggiunse presto la stanza dove si era sistemata la perpetua e le si avvicinò con aria preoccupata

 

  • Berenice, mi dica, come sta? É abbastanza caldo l'ambiente per lui?

  • Padre, il bimbo deve aver preso molto freddo ed è magrissimo, ma per il resto sta dormendo tranquillamente... Non mi sembra che sia ferito.

  • Meno male...

  • Cosa ha intenzione di fare adesso?

  • Non so... Credo che dovremmo aspettare che si svegli per chiedergli dei suoi genitori o se sa spiegarci dove abita e poi decideremo.

  • É così piccino poverino, sembra un pulcino bagnato.

  • Già...

 

Dei colpetti di tosse fecero sobbalzare Monroe e la perpetua. Il piccolo sollevò lentamente le palpebre scoprendo due iridi corvine, scure come il cielo senza stelle di quella notte tempestosa.

 

  • Ciao tesoro, io mi chiamo Berenice e questo signore accanto a me è padre Monroe, piacere di conoscerti!

 

Con un sorriso dolce e materno la donna porse una mano al bambino che si ritrasse terrorizzato, mettendosi seduto e ficcando la testa tremante fra le gambe. Le braccina bianche stringevano convulsamente le ginocchia e tutto l'esile corpo era percorso da brividi e spasmi. Berenice voleva tranquillizzarlo a tutti i costi, così tentò un nuovo approccio, avvicinandosi a quella figura sconvolta ed impaurita

 

  • Tranquillo piccino, non vogliamo farti del male! Fidati di noi, vieni da me tesoro...

 

Stavolta la donna si sporse per abbracciarlo, ma il bambino si allontanò da lei con uno scatto felino, accucciandosi sotto un tavolo.

Tentarono per più di mezz'ora di farlo uscire da quel nascondiglio di fortuna, ma il piccolo non li ascoltava e loro non volevano traumatizzarlo di più tirandolo via con la forza

 

  • Accidenti Berenice, sembra che sarà più difficile del previsto...

  • Poverino, trema tutto!

  • A questo punto, c'è solo una persona a cui senta di potermi rivolgere. Berenice, badi che il bambino non si faccia male, io vado a fare una telefonata.

  • D'accordo padre!

 

Camminando a passi svelti, il prete raggiunse il suo ufficio. Sulla scrivania di legno lucido troneggiavano una pila di documenti, una Bibbia rilegata in pelle e un bel telefono antico; sollevata la cornetta di quest'ultimo, Monroe compose un numero che gli era ben noto... “ Accidenti, è quasi l'una... Mi risponderà?”...

Dopo parecchi squilli a vuoto emerse dall'apparecchio una voce impastata e palesemente assonnata

 

  • P-pronto?

  • Pronto Quillish, mi senti?

  • Chi parla?!

  • Quillish non mi riconosci? Sono io! Spencer, Sperncer Monroe!

  • Spens, da quanto tempo! Perdonami, ma a quest'ora riconoscere i vecchi amici non è il mio forte... Anzi, non che non gradisca risentirti, ma potrei sapere perchè mi hai chiamato a notte fonda?

  • Quillish mi rincresce molto averti svegliato, so che sei impegnatissimo con gli orfanotrofi ed i brevetti delle tue invenzioni, ma ho davvero bisogno di te.

  • Inizi a farmi preoccupare... Dimmi tutto!

  • Il fatto è questo: appena iniziata la messa di mezzanotte, un bambino è piombato in chiesa accasciandosi a terra poco dopo, privo di sensi... Berenice lo ha sistemato su un divano e così ha ripreso conoscenza, ma si è spaventato quando ci ha visti ed ora è nascosto sotto un tavolo. Non ho idea di chi sia e non so come farlo uscire da lì...

  • Tranquillo Spens, sarò da voi quanto prima.

  • Grazie mille Quillish!

  • Figurati!

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Capitolo 3
*** Il sapore che mancava ***


Il sapore che mancava

 

La strada verso la chiesetta di quartiere dove officiava il suo amico era scivolosa a causa della pioggia incessante, ma Quillish Wammy non esitò a calcare il piede sull'acceleratore. Per lui i bambini erano qualcosa di sacro ed inviolabile, aveva dedicato la sua stessa esistenza alla tutela di quelli meno fortunati, abbandonati da chi li doveva proteggere ed amare o privati della famiglia da un destino avverso.

Quando la Rolls Royce di Wammy raggiunse il vialetto, padre Monroe ne distinse chiaramente il rombo strozzato; nonostante la vita li avesse allontanati, lui ed il celebre inventore erano cresciuti insieme ed erano rimasti sempre in ottimi rapporti. Quattro colpetti alla porta fecero momentaneamente distendere il volto preoccupato di Berenice che si fiondò ad aprire per far entrare il nuovo visitatore. Quella notte la canonica era decisamente più affollata del solito...

I due amici si abbracciarono calorosamente senza curarsi del soprabito fradicio di Quillish e dopo essersi scambiati uno sguardo carico di affetto, si avvicinarono al tavolo sotto cui era ancora rannicchiato il misterioso bambino

 

  • É nascosto lì sotto Quillish, riesci a vederlo?

  • Certo... Ehi piccolino, Vuoi venire a chiacchierare un po' con me e i miei amici? Loro non ti hanno fatto del male e ti assicuro che neanche io voglio, puoi fidarti di noi!

 

Le sue parole non sortirono l'effetto sperato, così l'inventore decise di inginocchiarsi a terra per mostrare il proprio aspetto rassicurante al piccolo cocciuto. Di solito questa tattica funzionava con tutti perchè Wammy era un signore di mezza età con baffi e capelli brizzolati e un sorriso dolce da maggiordomo inglese, di rado le persone riuscivano a diffidare di un tipo come lui. Quel bambino, invece, non si lasciò abbindolare neanche per un secondo dallo sguardo tenero dell'uomo accoccolato di fronte a lui, anzi si spinse ancora più indietro immergendosi quasi completamente nell'oscurità. Con un po' di fatica, Quillish tornò in piedi ed iniziò a pensare ad un nuovo approccio, infilando distrattamente una mano in tasca, cosa che faceva sempre quando voleva riflettere. Fu proprio quel gesto ad illuminarlo

 

  • Tieni, prendi questa, è una della mie preferite!

 

Una caramella luccicante rotolò sotto il tavolo ed un rumore di carta stropicciata fece capire ai presenti che era stata vista ed afferrata prontamente. Dopo un attento esame, il bimbo mangiò la caramella. Il sapore dolce ed acidognolo al tempo stesso inebriava le papille gustative di quella boccuccia arsa dalla fame e dalla sete. Molto lentamente, una testa corvina sbucò dal buio insieme a parte del torso... Con la manina aperta, protesa in avanti, il bambino chiedeva silenziosamente di saggiare ancora quel nettare delizioso

 

  • Allora ti piace! Ne vuoi un'altra? Te la do subito...

 

La perpetua e Monroe si scambiavano sguardi soddisfatti mentre un'altra caramella colorata veniva scartata avidamente e mangiata con gusto. Il moretto la finì in un baleno e tese ancora la mano, impaziente.

 

  • E no piccolino, se ne vuoi ancora dovrai uscire completamente da lì e alzarti in piedi...

 

Per la prima volta da quando era entrato in quella chiesa, il giovanissimo visitatore sollevò il capo verso il proprio interlocutore, mostrando i grandi occhi neri contratti in una buffa smorfia di disappunto. Wammy non potè evitare di sorridere e decise che le maniere forti con lui non sarebbero servite, così estrasse ancora una caramella e gliela porse. Quel gesto inatteso fece capire al piccolo che forse si poteva fidare, almeno un po' e , infatti, dopo aver divorato il terzo dono zuccheroso, uscì lentamente dal proprio rifugio.

Quillish e gli altri due che erano rimasti piuttosto in disparte, osservarono meglio il figurino che, a poco a poco, si stava mostrando ai loro occhi preoccupati. In piena luce la magrezza esasperata del bambino era ancora più evidente, di sicuro non si lavava da un bel po', i vestiti che aveva addosso ricordavano vagamente una tuta blu, completamente logora, i piedi erano nudi e un po' tagliuzzati. I tre adulti notarono subito lividi scuri sul collo e degli strani circoli attorno a caviglie e polsi. Il bambino si adagiò di nuovo sul divano su cui era stato posto all'inizio, dal lato più lontano rispetto agli altri, portando le ginocchia al petto e mordicchiando il pollice della mano destra

 

  • Visto? Non era poi così difficile! Rifacciamo le presentazioni: questa bella signora...

  • Ehm, signorina...

  • Mi scusi, questa bella signorina è la perpetua Berenice e questo bizzarro signore con la gonna...

  • Non è una gonna! É un saio, un abito degno di rispetto e devozione!

  • D'accordo, questo signore con il saio si chiama padre Monroe.

  • Piacere di conoscerti piccolino, noi siamo qui per aiutarti! Non devi avere timore.

  • Ha ragione Berenice, questa è la mia chiesa e fin quando starai qui non permetterò a nessuno di farti del male!

 

La frase di Monroe dovette colpire in qualche modo il bambino perchè la sua espressione vacua cambiò, si colorò, anche se impercettibilmente.

 

  • Allora giovanotto, mi dici come ti chiami? Quando si fanno le presentazioni, tutti i partecipanti la conversazione devono dire almeno il loro nome di battesimo, queste sono le buone maniere inglesi...

 

Wammy non ricevette alcuna risposta, non che se la aspettasse più di tanto, dopotutto era già riuscito a farlo uscire allo scoperto e questo era un gran risultato.

 

  • Tesoro, anche se non vuoi parlare con noi, puoi farmi almeno capire se hai bisogno di qualcosa? Ti preparerò tutto quello che vuoi!

  • Fidati, Berenice è una cuoca straordinaria, può cucinare tutti i manicaretti che desideri!

  • Uhm, peccati di gola, non è vero Spens?

  • Cosa insinui Wammy?!

  • Nulla, nulla, guardavo solo la tua pancetta prominente...

  • Senti chi parla!

 

Il bambino osservava incuriosito le tre figure di fronte a sé... Sembrava surreale che degli adulti si comportassero in quel modo con lui, non era affatto abituato a simili premure. Nonostante gli fosse tutto nuovo, intuì che quei semplici scambi di battute dovevano servire a farlo rilassare di più, così decise che ci avrebbe almeno provato. Con uno sforzo immane, chiuse gli occhi che gli permettevano di tenere ogni cosa sotto controllo e si addormentò, nella stessa scomoda posizione in cui era “seduto”.

 

  • Sembra che il piccolo si sia addormentato... Che tenero!

  • Berenice, rimanga a vegliare su di lui, mentre io ed il mio amico scambiamo due parole nello studio.

  • D'accordo padre.

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Capitolo 4
*** La miglior medicina ***


La miglior medicina

 

Spencer e Quillish si sforzarono di non fare rumore mentre uscivano dalla stanza per recarsi nello studio personale del prete. Giunti a destinazione, l'inventore prese due sedie mentre l'amico afferrò una bottiglia di scotch invecchiato

 

  • Che fai con quella Spens? A voi preti non era proibito?

  • Senti, stasera ho proprio bisogno di un goccetto e questo è il tuo preferito o ricordo male?

  • Ricordi benissimo...

  • Ottimo.

 

Monroe sedette accanto all'inventore e gli versò un po' di liquore in un bicchiere, per poi fare lo stesso con il proprio

 

  • Allora, dimmi tutto quello che pensi su questa storia.

  • Uhm, hai notato anche tu tutti quei segni sul corpo, vero?

  • Sì, è impossibile non notarli, credi che qualcuno abbia abusato di lui?

  • Non posso escluderlo... Credo che dovremmo farlo visitare da un medico al più presto, mi preoccupa molto la sua malnutrizione.

  • Sono d'accordo, ma sarà difficile convincerlo, non si fa toccare da nessuno.

  • Lo vedo... Se necessario, lo costringeremo. Ho avuto a che fare con diversi casi simili al suo e se davvero hanno abusato di lui, magari carnalmente, potrebbero avergli trasmesso qualche malattia. Bisogna curarlo e subito.

  • Va bene, conosco una pediatra molto brava che ho nella mia parrocchia da quando l'ho battezzata, verrebbe anche adesso se le telefonassi.

  • No, lascia stare. La situazione è delicata e richiede una certa urgenza, ma non c'è ragione di svegliare di nuovo il bambino così presto. Lasciamolo riposare e riposiamo anche noi. Faremo a turno per badare che non scappi, uno di noi farà la guardia mentre gli altri due dormiranno un po'.

  • Mi sembra una buona idea e domattina chiamerò subito la dottoressa Griffith.

  • Perfetto, ora vado a dare il cambio a Berenice.

  • D'accordo.

 

 

La notte passò in fretta portando con sé la pioggia e le nuvole scure. Quella mattina, un sole pallido faceva capolino tra gli alberi della vasta campagna inglese. Padre Monroe telefonò prestissimo alla pediatra perchè avrebbe dovuto servire messa alle otto in punto senza possibilità di rimandare, affrontando tutte le vecchiette che aveva scacciato.

Wammy sedeva su una poltrona, a pochi passi dal divano su cui dormiva il bambino, mentre la perpetua si era appisolata su una panca di legno scomodissima . Il piccolo non si era svegliato una sola volta e non sembrava intenzionato a farlo per un bel po'. L'inventore pensò a malincuore che, presto, quel sonno sereno sarebbe stato interrotto dal contatto forzato con mani estranee, ma purtroppo era necessario per la sua salute.

Un leggero calpestio di tacchi giunse alle orecchie di Spencer che uscì dal suo studio per accogliere la nuova arrivata

 

  • Molly cara! Da quanto tempo!

  • Mi perdoni padre, purtroppo il lavoro mi sta tenendo lontana dai miei doveri di fedele, me ne rincresce davvero molto!

  • Oh Molly, tu allevi le sofferenze di povere creature innocenti, credo che il Signore perdoni qualche messa domenicale mancata!

  • Lo spero, padre... Allora, dove posso trovare il mio paziente?

  • Seguimi, ti faccio strada.

  • E così, non sapete chi sia o da dove venga?

  • No purtroppo... Il piccolo non spiccica una parola.

  • Capisco...

 

Giunta a destinazione, Molly chiese a tutti gli adulti presenti di uscire e lasciarla sola con il bambino. Monroe svegliò la perpetua ed obbedì, mentre Wammy si fermò un secondo sulla soglia

  • Dottoressa, non voglio certo dirle come fare il suo lavoro, ma per favore sia cauta e delicata, abbiamo ragione di credere che il piccolo abbia subito molti traumi.

  • Stia tranquillo, so come comportarmi.

  • Un'ultima cosa, se fa i capricci, gli dia queste, sembra esserne ghiotto!

  • D'accordo ed ora mi lasci al mio paziente.

  • Certo, mi scusi.

 

Dopo aver dato alla dottoressa un paio di caramelle, Quillish raggiunse gli altri nello studio di Monroe ed attese pazientemente il responso della visita.

Molly uscì dalla stanza dopo circa mezz'ora con un'espressione indecifrabile sul viso, si avvicinò alle tre ansiose figure che pendevano dalle sue labbra e posò la borsa con gli strumenti sulla scrivania

 

  • Dottoressa, mi dica, come sta il piccolo?

  • Sembra sano, man non posso essere certa al cento per cento che non abbia malattie infettive, per questo gli ho prescritto un prelievo di sangue e di urine da effettuare quanto prima. Ciò che più mi preme è che il paziente si idrati e mangi adeguatamente, in più dovrebbe fare un bel bagno caldo quanto prima.

  • Capisco Molly, ma ecco... Noi volevamo sapere se... Insomma...

  • Padre Monroe, stavo giusto per arrivare alla parte più importante. Non ho riscontrato tracce evidenti di violenza carnale, ma il bambino ha diversi lividi sul corpo, sono scuri quindi presumo che siano abbastanza datati, inoltre, a giudicare dalla sua ritrosia e dagli strani circoli che ho trovato intorno a polsi e caviglie, direi che potrebbe essere stato addirittura incatenato, senza contare che non riesce a mantenersi dritto, come se fosse stato costretto in quella posizione raggomitolata per troppo tempo... Comunque, potrebbe trattarsi di una forma di rachitismo, visto che il piccolo non mangia come si deve.

  • Oh mio Dio! Quindi potrebbe essere stato segregato?

 

L'orrore si stampò sulle facce dei presenti, ciò che avevano sospettato da subito si stava spaventosamente concretizzando...

 

  • Si, è molto probabile, ma ad essere sincera le ferite del suo corpo sono piuttosto superficiali, non credo che lo abbiano picchiato violentemente. Più che altro, mi sembra che l'abbiano strattonato spesso e un bimbo così piccolo si procura subito dei lividi. Sono le ferite della sua anima a preoccuparmi di più...

  • Le ferite... della sua anima?

  • Sì... É evidente che soffra di afasia, non è muto, i suoi occhi sembrano quelli di una bambola, vitrei, privi di umanità. Bisogna fare subito il possibile per restituire l'infanzia a questa povera creatura più che la salute, non sappiamo ancora cosa abbia passato, ma è assodato che lo segnerà a vita. Ora come ora, stategli accanto e mostrategli affetto, credo che questa sia la miglior medicina.

  • Va bene Molly, grazie infinite per il tuo aiuto.

  • Si figuri padre, è il minimo che possa fare. Verrò periodicamente a far visita al piccolo, arrivederci.

  • Arrivederci dottoressa, grazie ancora!

 

Molly Griffith tornò al suo studio, un po' più triste e un po' meno fiduciosa nell'umanità. Anche la sua fede forse stava scivolando via, insieme all'innocenza di molti bambini che le era capitato di visitare. Neanche quella domenica sarebbe andata in chiesa...

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Capitolo 5
*** Le mie scarpe!! ***


Le mie scarpe!!

 

Mentre Monroe e Berenice preparavano l'occorrente per la messa mattutina, Wammy tornò dal bambino che lo accolse davvero in malo modo. Appena si accorse che si trattava del signore dei dolci, il piccolo girò il viso per non guardarlo e si raggomitolò ancora di più in sé stesso. Si sentiva tradito, si era fidato di quel tipo e che cosa aveva ottenuto? Solo che un'adulta gli mettesse le mani addosso! Lui detestava essere toccato...

 

  • Ehi giovanotto! Come va stamattina?

  • ..

  • La vuoi una caramella? Sappi che è l'ultima, devo ancora fare rifornimento!

  • ..

  • Mi stai ignorando, non è così? Mi dispiace per la dottoressa, ma devi capire che è stato solo per il tuo bene...

  • .

  • Andiamo!! Guarda che me la mangio io eh!

  • .

  • Uff! Ok, come vuoi tu, ignoriamoci a vicenda!

 

Detto questo, Quillish estrasse dalla tasca esterna della giacca un cubo di Rubik ed iniziò a risolverlo. Le sue tasche erano piene di giochi e dolci, proprio perchè aveva spesso a che fare con i bambini, ma quell'oggetto in particolare era molto prezioso per lui. Lo aveva acquistato l'anno stesso in cui era uscito in commercio solo per mettere alla prova l'abilità del celebre architetto ungherese che lo aveva costruito- si potrebbe parlare di una sorta di piccola battaglia tra inventori- . Mentre le prime tessere finivano al loro posto, il rumore provocato dall'attrito tra le parti del gioco fece incuriosire il bambino. Cautamente, la testa corvina iniziò a ruotare verso la fonte di quel suono. Wammy si accorse con la coda dell'occhio di essere osservato, ma fece finta di niente e continuò ad abbinare i colori. Ad un tratto, il piccolo scattò a sedere, spalancò, interessato, gli occhioni neri e portò alla bocca il pollice della mano destra

 

  • Hehehe... Ti piace? Questo gioco si chiama cubo di Rubik e per completarlo bisogna fare in modo che ogni faccia del cubo sia di un solo colore.

 

Le grandi opali continuavano a fissare intensamente le mani dell'inventore che procedevano, sicure, nella composizione del campo rosso. Con un movimento rapido, il bambino strappò a Quillish il suo divertimento

 

  • Ehi, potevi anche chiedermelo, sai? Comunque ho tanti altri giochi che ti potrebbero piacere, non credo che questo sia adatto ad un bimbo picc...

 

Il gentiluomo inglese perse improvvisamente le parole... Quello scricciolo stava risolvendo il rompicapo ad una velocità impressionante, seguendo uno degli schemi più efficaci. In pochissimo tempo, il cubo fu completamente riarrangiato, con un risultato da campionati mondiali.

Il bambino osservò per qualche istante la sua opera e, poi, raggiante la porse a Wammy, offrendo all'uomo accanto a lui un sorriso che gli sarebbe rimasto impresso per tutta la vita

 

  • Beh... Wow... Sei... Sei stato davvero bravissimo, lo sai? Sei un bambino molto dotato a quanto vedo, ma quanti anni hai? Almeno questo puoi dirmelo!

 

Le pallide manine composero il numero otto

 

  • Capisco, hai otto anni? Mi sembravi ancora più piccolino e.. Ma adesso che ti prende??

 

Il moretto era balzato in piedi in un lampo e aveva iniziato a saltellare per la stanza con le braccia strette sull'addome. All'improvviso, si abbassò il pantaloni e Wammy capì subito che cosa stesse succedendo

 

  • Accidenti! Potevi dirmelo! Aspetta aspetta aspetta! Ti porto in bagno!

 

L'inventore afferrò subito il piccolo per le ascelle e uscì di corsa dalla stanza, arrivando in un lampo davanti alla porta dello studio. Sfortunatamente, Monroe aveva chiuso a chiave e la sua toilette personale era irraggiungibile... L'unica cosa da fare era chiedere alla perpetua di aprire, così Wammy iniziò a chiamarla a squarciagola

 

  • Che c'è signor Wammy? Cosa... Oh cielo!

  • Un bagno un bagno! Dov'è la chia...

 

Ma ormai era troppo tardi... Il piccolo stava già spargendo pipì sulle scarpe del povero Quillish con un'espressione beata sul viso

 

  • Non fa niente Berenice, ho... Abbiamo risolto.

  • Oh...

 

La perpetua non voleva ridere, le sembrava scortese, eppure proprio non riuscì a farne a meno

 

  • Mi fa piacere che trovi divertente la cosa, ma non credo che sarà altrettanto felice di ripulire questo scempio e quanto a te, piccolo idrante da strapazzo, credo proprio che sia ora di una bella lavata, per entrambi!

 

Quillish riuscì a raggiungere il bagno, vi portò il bambino e lo lavò, stranamente senza incontrare alcuna opposizione eccetto quando tentò di infilargli un paio di calzini. Dopo averlo asciugato e vestito con abiti puliti, lo riportò nella sua stanza

  • Aspettami qui, io faccio un salto a casa mia per prendere delle cose e poi torno da te.

 

Il moretto, però, non ne voleva sapere... Si aggrappò al braccio destro dell'uomo puntando i piedi per terra

 

  • Torno subito, davvero, fidati di me!

 

Niente da fare, la presa era salda ed irremovibile. Wammy guardò mestamente le proprie scarpe ormai da buttare e seppe all'istante, quasi come in una folgorazione divina, che con quel bambino non l'avrebbe mai avuta vinta

 

  • E va bene, d'accordo, manderò qualcuno al posto mio...

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Capitolo 6
*** Ho vinto io!! ***


Ho vinto io!!

 

L'inventore prese il telefono e chiese alla domestica di portargli un cambio d'abito e quanti più giocattoli fosse in grado di trasportare. Mezz'ora dopo, Antoinette era giunta a destinazione con tutto ciò che il suo datore di lavoro le aveva chiesto.

 

  • Signore, spero di aver preso da casa ogni cosa richiesta.

  • Assolutamente Antoinette, hai fatto un ottimo lavoro.

  • Signore, mi scusi se mi permetto, ma sa, ieri notte è uscito senza più tornare ed anche oggi non rincasa per il pranzo, stavo giusto preparando il suo piatto preferito! Mi sono un po' impensierita sapendola fuori per tutto questo tempo.

  • Ho una situazione delicata per le mani e non posso muovermi, non so neanche se tornerò a dormire, ma non ti preoccupare, presto potrò rientrare nella mia solita routine, sta' tranquilla Antoinette.

  • So che lei sa sempre cosa sia più giusto fare, mi perdoni se sono stata indiscreta.

  • Te lo ripeto, non preoccuparti, sei stata molto gentile. Ora, però, ti chiedo di rincasare per chiedere a Roger Ruvie di inviarmi via fax tutti gli aggiornamenti della Wammy's House, ovvero se ci sono spese extra da sostenere, riparazioni da fare ecc... Grazie ancora e a presto Antoinette!

  • A presto signore!

 

Quillish raccolse prontamente la sacca con tutti i giocattoli e si avviò verso la stanza del bambino, ma fu bloccato sulla soglia dalla perpetua che aveva un piatto fumante in mano

 

  • Senta Wammy, io avrei preparato la mia zuppa speciale per il piccolo, ma forse è meglio se a dargliela sia lei visto che è riuscito ad entrare in confidenza con lui più di tutti noi.

  • Beh, entrare in confidenza è dir troppo, però senza dubbio credo che con me si sia sbloccato un po'... Mi dia pure il piatto signorina e grazie.

  • Vorrei tanto poter fare di più! Anche se non so cosa significhi avere dei figli, non riesco lo stesso ad immaginare come non si possa amare una creaturina del genere!

  • In questo mondo ci sono tante ingiustizie, Berenice, ma esistono anche persone che combattono per renderlo un posto migliore.

 

I due si scambiarono un tenero sorriso e poi Wammy entrò nella stanza con il piatto fumante che gli scottava le dita. Il bambino era seduto sul divano e giocava ancora con il cubo di Rubik che, ormai, era diventato di sua proprietà

 

  • Giovanotto, è ora di mangiare. Posa il gioco e mettiti composto.

 

Quelle parole non ebbero alcun effetto sul quel piccolo cocciuto che preferiva risolvere il rompicapo piuttosto che mangiare qualcosa che non aveva neppure un buon odore

 

  • Eh no signorino! Stavolta non mi farò piegare! La dottoressa ha detto che devi mangiare e quindi mangerai!

 

L'inventore si sedette sul divano e gli porse un cucchiaio pieno di zuppa. Il moretto sollevò per un attimo lo sguardo dal cubo per osservare il liquido marroncino che gli veniva servito, trovandolo assolutamente poco appetibile

 

  • Suvvia che sarà mai! Assaggiala almeno!

 

La curiosità ebbe la maglio, così la boccuccia si aprì lentamente accogliendo il cucchiaio ed il suo contenuto, per poi riversarlo nel piatto con una smorfia di disgusto.

 

  • Non si sputa nel piatto! Ma insomma! Dovrei costringerti a mangiarlo lo stesso anche così com'è!

 

Alla parola costringere, l'espressione del moretto cambiò drasticamente, così Wammy si affrettò a mettere via il piatto per fargli capire che non diceva sul serio, non aveva alcuna intenzione di spaventarlo. Quando si fu seduto di nuovo accanto a lui, il piccolo sembrava già più tranquillo e con la mano iniziò a strattonare la sua giacca

 

  • Cosa c'è adesso?

 

Il bambino infilò la mano sotto il materasso del divano, estrasse le carte di caramella luccicanti che aveva nascosto la notte prima e le porse all'inventore, sperando che capisse le sue intenzioni

 

  • Vuoi una caramella? Senti, io te la do, ma è fuori discussione che tu mangi solo dolci! Fanno male sai? E un corpo in crescita ha bisogno anche di altre sostanze.

 

Ormai completamente vinto, Wammy gli porse l'ultima caramella che aveva con sé e lo guardò scartarla con gioia e poi mangiarla soddisfatto.

 

  • E va bene, facciamo un patto... Se adesso ti faccio vedere tanti bei giochi che mi sono fatto portare da casa, tu poi mangi qualcosa di caldo ok?

 

Il bambino fece di sì con la testa, agitando la folta chioma corvina. Questo gesto sorprese molto Quillish che era convinto di non ricevere alcuna risposta come al solito. Molto più soddisfatto di prima, l'inventore portò in stanza la sacca con tutti gli oggetti e la svuotò sul pavimento, mostrandone il contenuto: tantissimi puzzle colorati, carte per origami, biglie di vetro, tessere del domino e un piccolo tavolo da scacchi.

Il moretto scese dal divano ed iniziò osservare tutte quelle cose nuove una per una scegliendo, ad un certo punto, il tavolino da scacchi

 

  • Accidenti giovanotto, possibile che tu voglia sempre cose poco adatte alla tua età?

 

Il piccolo aveva una mente sveglissima e per questo ipotizzò subito che Wammy avesse detto apposta quella frase... Se davvero il vecchio considerava quel gioco non adatto a lui, di sicuro non avrebbe chiesto espressamente di metterlo nella sacca, l'unico problema era riuscire a farsi spiegare come funzionasse

 

  • E va bene, se proprio vuoi ti insegnerò a giocare a scacchi, ma dovrai prestare attenzione perchè anche se le regole sono semplici, le tattiche per poter usare al meglio tutti i pezzi sono moltissime e complesse. Pensi di potercela fare?

 

Il bambino colse la velata sfida e balzò accanto a Quillish con il gioco stretto fra le braccia. L'inventore estrasse tutte le pedine da un cassetto a scomparsa incluso nel tavolo da scacchi e le dispose ordinatamente, ciascuna al proprio posto.

In pochissimo tempo l'allievo apprese tutte le mosse principali e quelle via via più difficili e dopo un paio di partite flash in cui fu battuto per poco, riuscì a superare il maestro alla grande, mettendolo in scacco con sole tre mosse. La felicità per quel piccolo successo conseguito e il divertimento mai provato fino ad allora, fecero crollare per un attimo le difese del bambino

 

  • Ho vinto io!!

 

Wammy impallidì quando registrò che quelle semplici parole erano state pronunciate proprio dal suo giovanissimo e mutissimo compagno di giochi

 

  • Ma allora parli! Qui pensavamo tutti che il gatto ti avesse mangiato la lingua!

 

Resosi conto dell'errore commesso, il moretto ficcò la testa fra le ginocchia, vergognandosi e pensando addirittura che il vecchio l'avesse fatto vincere proprio per fargli abbassare la guardia. Quillish sorrise a quella scena e decise di compiere un azzardo... Lentamente, avvicinò la mano alla testa del piccolo per accarezzarla, ma quel contatto inaspettato lo fece solo spaventare ed allontanare

 

  • Scusami, non volevo darti fastidio... Comunque hai ragione, hai vinto tu, quindi adesso io voglio la rivincita!

 

Maestro e allievo(ma non troppo) continuarono a giocare a scacchi per tutta la giornata, fermandosi solo per mangiare.

Alle dieci di sera sia l'inventore che il suo sfidante erano esausti... Il moretto si addormentò seduto con l'alfiere in mano, così Wammy lo prese e lo sistemò delicatamente sotto le coperte

 

  • Dormi bene giovanotto... Domani sarà una lunga giornata.

 

Impegnandosi al massimo per non fare rumore, Quillish raggiunse Monroe nello studio, salutando di sfuggita la perpetua che stava riponendo gli ultimi paramenti.

 

  • Spens, ci sei?

  • Sì Quillish, entra pure, stavo compilando due scartoffie.

 

I due amici si sedettero ancora una volta l'uno accanto all'altro, separati solo dalla solita bottiglia di scotch.

 

  • Ho deciso di portarlo con me Spens!

  • Con te, all'orfanotrofio?

  • Sì... Domattina ti libereremo la stanza.

  • Non è certo questo il problema, lo sai... Il bambino potrebbe avere dei genitori, magari lo stanno cercando!

  • Se anche i suoi genitori fossero vivi, non lo lascerei mai a loro!

  • Capisco ciò che intendi, ma non è certo che siano stati loro a fargli del male... Magari è scappato di casa, lo fanno molti bambini, poi qualche balordo lo ha catturato e lui è riuscito a fuggire... Chissà, potrebbe essere andata proprio così!

  • Sì, hai ragione, ma finchè non parla non potremo mai saperlo. Lo terrò con me e nel frattempo controllerò attentamente tutte le denunce di scomparsa di minore. Se i suoi genitori lo rivogliono, di sicuro avranno già informato le autorità.

  • Ma Quillish, non hai pensato che forse avremmo dovuto rivolgerci già noi alla polizia?

  • Non lo so Spens, ma qualcosa mi dice che sia più sicuro tenerlo nascosto, almeno fino a quando non ne sapremo di più.

  • D'accordo, con te è sempre stato inutile obbiettare. Fai attenzione e soprattutto evita di metterti nei guai.

  • Tranquillo Spens, ce la caveremo!

 

Monroe e Wammy chiacchierarono del più e del meno per un quarto d'ora prima di congedarsi. L'inventore, ormai, era deciso a proteggere il bambino a tutti i costi e lo avrebbe accolto sotto la sua ala fintanto che gli sarebbe stato concesso. Non si trattava di semplice altruismo, Quillish sentiva che tra di loro si stava formando un legame speciale, anzi, era quella creatura indifesa ad essere speciale e lui se ne sarebbe preso cura nel miglior modo possibile.

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Capitolo 7
*** Shhh... ***


Shhh...

 

L'indomani mattina Quillish si svegliò con calma, lo stress dei due giorni passati si faceva sentire e lui, purtroppo, non aveva più vent'anni. Non appena fu pronto per la colazione, raggiunse Berenice in cucina. La donna era già ai fornelli da un po' ed un forte profumo di uova strapazzate si stava diffondendo in tutta la canonica

 

  • Buongiorno signor Wammy! Tra poco le sue uova strapazzate saranno pronte!

  • Grazie signorina, Spens non c'è?

  • No, mi spiace ma lui a quest'ora sta officiando.

  • Già, è vero! A volte quasi mi dimentico che è un prete...

  • La sa una cosa? Anche io e credo anche lui!

 

I due si scambiarono un sorriso complice e risero di gusto, poi la perpetua servì il piatto con uova e bacon a Wammy, sedendosi accanto a lui.

 

  • Lei non mangia signorina?

  • No, mi scusi se le siedo accanto senza mangiare nulla, ma ho già fatto colazione con padre Monroe e ho saputo della sua decisione di portare il piccolo in orfanotrofio.

  • E non è d'accordo?

  • Sono più che d'accordo, credo che con lei ed altri bambini possa finalmente essere felice!

  • La ringrazio per il sostegno signorina e per queste uova, sono eccezionali!

  • Mi lusinga, signore! Le ho preparate con piacere, anzi, prima che mi dimentichi...

 

Berenice si alzò e prese da un mobiletto accanto al forno un vassoio coperto da un panno colorato

 

  • Qui c'è anche la colazione per il piccolo, ho messo del latte in una ciotola e ho comprato tante ciambelle e pasticcini, come mi ha chiesto, sono freschissimi!

  • Molto bene, sono sicuro che gli piacerà tutto!

 

Quillish salutò la perpetua ringraziandola ancora per quel pasto gustoso e si recò nella stanza del bambino, portando con sé il vassoio stracolmo di dolciumi

 

  • Buongiorno dormiglione! Spero tu abbia appetito, Berenice ha comprato tanta roba buonissima e se non ti sbrighi me la mangio tutta io!

 

Il moretto si liberò subito dalle lenzuola calciandole via e corse verso Wammy con gli occhi spalancati per l'eccitazione e la curiosità. Scoperto il velo che occultava quelle meraviglie, afferrò una ciambella con due dita ed iniziò a leccare avidamente tutta la glassa. L'inventore pensò che prima o poi avrebbe dovuto insegnargli le buone maniere, anche se era divertentissimo vederlo mangiare in quel modo così strano.

 

  • Mangia a sazietà giovanotto, nel frattempo io vado a fare una telefonata.

 

Il bambino era così preso dalla sua colazione che non sentì una sola parola.

Entrato nello studio di Spencer, Wammy afferrò la cornetta e compose il numero dell'ufficio di Roger Ruvie, suo carissimo amico e responsabile dalla Wammy's House. L'inventore aveva sfruttato i soldi dei suoi brevetti per fondare orfanotrofi in tutto il mondo, ma la Wammy's House di Winchester gli era particolarmente cara, per questo recava il suo stesso nome.

 

  • Salve, questo è l'ufficio di Roger Ruvie, desidera?

  • Ciao Roger, sono Quillish!

  • Ciao Quillish! Ieri mi ha chiamato Antoinette, credevo che il fax ti fosse arrivato, per questo non ho più telefonato!

  • Tranquillo Roger, non ti chiamo per questo. Vorrei che tu facessi preparare una stanza per accogliere un nuovo arrivo e dovresti occuparti anche di tutti i documenti.

  • Bene, dimmi il nome del bambino.

  • Ecco... Non lo so ancora, ma ci sto lavorando!

  • Il bambino è stato abbandonato in ospedale e nessuno gli ha già dato un nome?

  • No, è decisamente più grandicello, altrimenti non ti avrei chiesto di preparargli una stanza...

  • E allora com'è possibile che tu non sappia come si chiama!?

  • É una lunga storia, tu limitati a fare ciò che ho chiesto e poi ti spiegherò...

  • D'accordo Quillish...

 

Dopo aver riagganciato, Wammy raggiunse subito il suo protetto, trovandolo ancora intento a leccare tutta la glassa della ciambella. Inaspettatamente, il piccolo gli porse il dolcetto umidiccio come se volesse offrigliene un pezzo, ma Quillish non se la sentì proprio di accettare...

 

  • N-no grazie, mangiala pure tu, tranquillo! Quando hai finito di fare colazione, devo parlarti di una cosa importante.

 

Il moretto continuò a mangiare fino a quando tutto il cibo nel vassoio non fu completamente svanito e l'inventore si chiese se avesse sbagliato a non fermarlo prima, tutti quei dolci potevano fargli venire un gran mal di pancia! Tuttavia il bambino sembrava stare benissimo e dopo essersi succhiato scrupolosamente tutte le dita sporche di zucchero, si accovacciò accanto a Wammy, aspettando di ascoltare cosa avesse da dirgli

 

  • Bene, allora... Ho pensato molto a questa cosa e ho deciso che...

 

Un'idea improvvisa si fece largo nella mente del gentiluomo, forse c'era un modo per scoprire se i genitori del piccolo erano ancora vivi e, soprattutto, se gli avevano fatto del male...

 

  • ... Ho deciso che ti riaccompagnerò seduta stante dai tuoi genitori! Sono riusciti a scoprire dove ti trovi e vogliono che ti porti da loro, sono molto preoccupati per te!

 

Il viso diafano si contrasse in un'espressione colma d'angoscia, ma appena un istante dopo gli occhioni neri erano diventati due fessure e la bocca si era contratta in un sorrisetto cattivo

 

  • Bel tentativo, davvero... Volevi scoprire in questo modo se i miei genitori sono vivi e se sono scappato di casa volontariamente, ma sappi che se davvero mi avesse rintracciato, sarebbe venuta a riprendermi di persona e al più presto possibile, per eliminare tutte le prove e i testimoni, senza contare che non avrebbe mai detto di essere preoccupata per me.

 

Quillish ascoltava quelle parole completamente stravolto, non gli sembrava più di avere di fronte un bambino... Un'ondata di gelo invase la stanza e non proveniva da nessuna finestra aperta...

 

  • Tu chi- TU CHI SEI?

  • Chi sono io? Bella domanda...

  • Ti prego, rispondimi! Io voglio solo aiutarti!

  • Sì certo, come no! Adesso ti comporti gentilmente con me, ma sono sicuro che tra poco mi farai qualcosa! Io sono l'oscurità...

  • L'oscurità? Tu non sei affatto l'oscurità! Ma chi ti ha messo queste sciocchezze in testa!?

  • Noi tutti siamo l'oscurità! Siamo nati dalle lordure della carne, siamo il frutto del peccato! Noi siamo immondi... Immondi... E voi ci allontanate perchè potremmo insozzarvi!

  • Io non capisco cosa...

 

Wammy non continuò più a parlare perchè il suo protetto si era accasciato a terra tenendo strettamente la testa fra le mani e dondolando su sé stesso, in piena crisi di panico. L'inventore si avvicinò a lui e lo prese fra le braccia

 

  • Basta adesso, basta così... Non dire più queste cose, tu non sei l'oscurità, sei soltanto un bambino che deve imparare a giocare. Shhhh...

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Capitolo 8
*** Vieni con me ***


Vieni con me



I tremiti a poco a poco cessarono e il bambino si addormentò.

Al risveglio, Quillish era accanto a lui e gli teneva la manina. Il piccolo cercò di ritrarsi, ma la presa era troppo salda per potervi sfuggire

 

  • E no, adesso tu stai buono e non scappi da nessuna parte!

  • Lasciami lasciami!

  • Non ci penso proprio! Tu hai detto che loro ti allontanano, bene, io non sono come loro, non ti allontanerò e non ti abbandonerò. Non mi interessa se la cosa ti fa piacere o meno, nulla potrà cambiare il fatto che mi stai a cuore!

  • Uff... Io sono L.

  • Come?

  • L Lawliet, questo è il mio nome.

  • Oh, capisco...

 

Non era vero, Wammy non capiva proprio nulla e soprattutto non aveva idea di come il nome di una persona potesse ridursi ad una singola lettera dell'alfabeto.

 

  • Strano, vero?

  • Si, in effetti hai un nome... come dire... Originale?

  • Mi hanno chiamato così solo perchè sono il dodicesimo.

  • Il dodicesimo?

  • Ho avuto undici fratelli e sorelle, il maggiore si chiamava A, il secondo B, la terza C e così via... Io ho conosciuto solo K ed F.

  • E tutti gli altri?

  • Tutti i miei fratelli sono morti, compresi K ed F.

 

Quillish per un momento pensò che L lo stesse prendendo in giro... Quella storia gli sembrava un'enorme panzana, a cominciare dai dodici figli dell'alfabeto. In ogni caso, dovette ammettere che tutto ciò che riguardava il bambino era alquanto strano e non c'erano dubbi sul fatto che fosse stato maltrattato, per cui l'unica cosa da fare era ascoltare il suo racconto e giudicare alla fine se crederci oppure no.

 

  • Mia madre è stata scelta da Dio per partorire di nuovo Suo figlio, ma non è ancora accaduto, con nessuno di noi dodici... I piaceri della carne sono peccato, ognuno di noi è nato da quel peccato, per questo non abbiamo il diritto di essere amati, solo il frutto di Dio è degno d'amore. La nostra unica possibilità di perdono è vivere nel sacrificio. Abbiamo imparato a leggere sui Testi e dobbiamo ripeterli sempre.

 

Wammy era completamente stravolto, quelle parole lo avevano lasciato di stucco, non sapeva più cosa dire, cosa fare, cosa pensare...

 

  • L ascoltami... Tu davvero credi a tutte queste cose?

  • Io... Io credo che... Io credo che deve essere per forza tutto vero perchè se non fossi l'oscurità, mia madre mi vorrebbe bene.

  • L, sei un bambino molto intelligente, dovresti aver capito che tua madre è una persona con molti problemi... Pensaci, se i piaceri della carne sono davvero peccato mortale, lei dovrebbe essere considerata la prima peccatrice visto che ha partorito dodici figli impuri.

  • Lei dice che la nostra stessa nascita è la punizione divina per i suoi peccati...

  • Questo discorso non sta assolutamente in piedi e lo sai... Se le credi allora perchè sei fuggito in questa chiesa?

  • Non lo so, forse perchè Dio perdona tutti? O forse perchè non volevo morire come gli altri...

  • Hai fatto benissimo a venire qui.

  • No invece! Adesso non ho più nulla...

  • Sbagliato! Adesso hai me e non ti lascerò più... Ti avevo già fatto preparare una stanza nell'istituto di mia proprietà prima ancora di parlartene.

  • Un istituto?

  • Sì... Sono proprietario di molti orfanotrofi sparsi per il mondo e ne ho uno anche qui a Winchester, ti ci posso portare anche oggi, se vuoi.

  • E tu dove andrai?

  • Starò con te, come ti ho già detto, per tua sfortuna ho promesso a me stesso che non ti avrei mai abbandonato.

 

E l'inventore mantenne quella promessa... Sistemò subito ogni cosa con la Wammy's House, registrando il piccolo con il suo vero nome, ma chiedendo espressamente a Ruvie di mantenerlo segreto, visto che la madre naturale era ancora a piede libero. Quella donna fu presto rinchiusa con l'accusa di pluriomicidio colposo, del resto casa sua era disseminata di prove a carico della sua assurda condotta, compresi i cadaveri dei suoi figli sepolti nel sottotetto. Il tribunale la dichiarò incapace di intendere e di volere, ma fu ugualmente spedita in un istituto di sanità mentale dove trascorse il resto dei suoi giorni, prima di diventare una delle vittime di Kira...

La veloce Rolls Royce nera sfrecciava sull'asfalto ancora umido, il cielo era coperto e sembrava preannunciare neve, cosa non rara per il rigido clima inglese. Dopo circa quarantacinque minuti di viaggio, l'elegante vettura si arrestò per far scendere i passeggeri. L'aria di novembre era freddissima, Wammy aveva imbacuccato L dalla testa ai piedi per non farlo ammalare. I due si fermarono qualche istante di fronte al mastodontico cancello di ferro dell'orfanotrofio, le campane di una chiesa vicina suonavano all'impazzata, forse c'era un matrimonio o forse...

La neve iniziò a cadere, leggera e purissima, dalle nuvole gravide. Quillish strinse saldamente la mano inguantata del bimbo

 

  • Andiamo?

  • Andiamo...

 

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Capitolo 9
*** 5 novembre, 2004 ***


5 novembre, 2004

 

Il laptop sulla scrivania proiettava una luce spettrale in tutta la stanza, nel piatto la mezza ciambella era stata abbandonata già da un pezzo e il thè si era raffreddato completamente. Fuori dal gigantesco palazzo pioveva a dirotto, ma il rombo dei tuoni era nulla in confronto ad un altro rumore, ancora più assordante e difficile da sopportare... Le campane, quelle maledette campane non avevano smesso di suonare neanche per un secondo, erano un vero e proprio tormento per il povero detective. L, ormai esasperato, afferrò la testa tra le mani e serrò le sue grandi opali, cercando di distrarsi pensando a qualcosa di piacevole. La sua mente si affollò subito di immagini che avrebbe preferito non rievocare, così, dischiuse con fatica gli occhi stanchi e si alzò dalla sua sedia girevole.

Wammy, ora soprannominato Watari, stava sistemando nell'archivio del computer centrale gli ultimi dati sul caso Kira raccolti dal suo pupillo. Il killer della Yotsuba, Higuchi, era stato catturato, ma gli omicidi erano ricominciati poco tempo dopo la morte del sospettato, gettando al vento la sicurezza di aver finalmente rintracciato il vero colpevole. Fortunatamente, le indagini su Higuchi avevano portato a galla l'esistenza di un “quaderno della morte” su cui bastava scrivere il nome di una persona di cui si conoscesse anche il volto per ucciderla. Anche l'esistenza degli “dei della morte” era stata verificata senza ombra di dubbio, per cui Quillish era certo che molto presto L avrebbe scoperto la verità, una volta per tutte. Un rumore di passi alle sue spalle lo distolse dall' incarico che gli era stato affidato.

 

  • Ryuzaki, cosa c'è?

 

L non rispose, continuò a fissarsi gli alluci, immobile e con la solita espressione vacua sul viso.

 

  • Uhm? C'è qualche problema?

  • ..

  • Ryuzaki?

  • Watari, ricordi quando ci siamo conosciuti?

  • Certo che mi ricordo! Non potrei mai dimenticarmene, lo sai... Piuttosto, come mai mi hai posto questa domanda così all'improvviso?

  • Non lo so... Le campane oggi sono davvero assordanti, non trovi?

  • Le campane?

  • Sì...

  • Già... Hai ragione, ora che mi ci fai pensare, sono proprio insopportabili.

 

L sollevò lo sguardo verso il suo tutore e poi, senza pensarci troppo, gli si avvicinò e lo abbracciò, cosa che non aveva mai fatto in vita sua, con nessuno.

 

  • Wammy io...

  • Anche io figliolo, anche io...

 

Calde lacrime solcarono il viso di Wammy segnato dal tempo, calde lacrime, le prime ed ultime, solcarono il viso diafano di L, segnato dal destino.

 

 

 

 

 

 

 


 

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