You shook me all night long

di smarties89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Rieccomiiiiiiii...non adiatemi :P Questo storia mi è venuta in mente così, non so bene dove mi porterà! Fatemi sapere che ne pensate :) Un bacione!!!



“Fanculo, Alan...ma devo proprio??”

“Bambola, lo vedi come sono messo? Sto seguendo già due band, come pensi che possa riuscire a dirigere anche questi 5 disgraziati?”

“Lasciali a qualcun'altro!”

“Stai scherzando?! Ma li hai sentiti? Se fai questo lavoro dovresti averlo un po' di orecchio, ti pare?”

“Sì, certo che li ho sentiti...”

“E?”

“E hanno una marcia in più...”

“Anche più di una. Perciò muovi quello splendido culetto che ti ritrovi e vai al Whisky con Tom!”

“Ma Alan...”

“Miriam, sai bene che tu sei sempre stata la mia prediletta...sei qui dentro da quando hai 18 anni e hai visto tante band cercare di farsi strada...e ne hai mai vista una al pari di questa?”

“No...”

“Tesoro, potrebbe essere una grande occasione per te, te ne rendi conto? Tu sarai la loro manager e se decolleranno il merito sarà tutto tuo!”

“Ma se non ne fossi in grado?”

“Tu sei nata per questo lavoro! L'ho capito dal primo giorno in cui ti hanno messo qui a fare lo stage come mia assistente. Quindi, piantala di farti seghe mentali e sparisci dalla mia vista!”

Miriam uscì senza dire altro. Del resto, non poteva dire altro: Alan era molto buono e disponibile con lei, ma era pur sempre il suo capo...e lei doveva obbedire.
Miriam aveva 25 anni, era una bella ragazza con lunghi capelli castani voluminosi e mossi ed era l'assistente di Alan Niven da anni; lo aveva seguito ovunque con le band a cui faceva da manager e da lui aveva imparato tutto. Sapeva di essere pronta a guidare una band, sapeva che nonostante fosse giovane aveva accumulato abbastanza esperienza negli anni...ma non poteva negare di avere paura. Quei tizi li aveva già sentiti al CatHouse, una sera che era andata lì a divertirsi con la sua coinquilina e amica del cuore Jane: erano bravi, avevano le palle, erano incazzati...e avrebbero fatto strada. Ma erano delle bestie, probabilmente fatti e ubriachi dal mattino alla sera e in balia del loro ego e non sapeva se da sola sarebbe riuscita a gestirli. Però Alan aveva ragione: era il trampolino per riuscire ad affermare una volta per tutte la sua carriera.
Una volta uscita dalla Geffen, si fermò a un telefono pubblico per chiamare la sua amica e darle la grande notizia.

“Sì, chi parla?”Miriam alzò gli occhi al cielo: Jane non era capace a rispondere al telefono con pronto, lei doveva farlo così.

“Parla la tua coinquilina!”

“Miri! Tutto ok?”

“Per niente! Devo fare da manager ai Guns n Roses?”

“Coooosa?”

“Hai capito bene…”

“Ma sono 5 gnocchi da paura!”

“Jane ti prego…” la sua coinquilina sembrava un angioletto, con lunghi capelli biondi mossi e il viso dai tratti dolci…ma in realtà era una pazza furiosa.

“Oddio!! Mi presenterai Slash, vero?”

“Chi?”

“Slash, no? Il chitarrista tutto ricci!”

“Oddio, ma quello ha la faccia da scemo!” Ma è fottutamente bravo a suonare…

“Faccia da scemo? Secondo me quello lì è una macchina da sesso!”

“JANE!”

“Che puritana che sei, Miri. Da quanto non ti fai una bella scopata?”

“Santo cielo, non ti posso sentire. Ti saluto, rientro tardi stasera, devo lavorare.”

“Non andrai a sent…”Tu tu tu…


Miriam aveva messo giù sapendo che la sua amica sarebbe stata capace di pedinarla nel locale dove quei 5 folli suonavano. Non bastava dover badare a loro, no! Ora ci si metteva pure la sua amica con gli ormoni in subbuglio.
Ma porco cazzo…si avviò alla sua auto: doveva andare a fare la spesa, quella settimana toccava a lei…e poi doveva andare al Whyski…era pure vestita relativamente sexy…troppo per 5 arrapati del cavolo!
Sbuffando per la milionesima volta accese l’auto e, sgommando, si mise in strada.

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Capitolo 2
*** 2 ***


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Buonsalve adorate befane :D Vorrei solo ringraziare le tre donzelle che hanno recensito il primo capitolo e Fatadz e Filthy Neon Angel che hanno messo la storia nelle seguite! Fatemi sapere se vi piace anche questo secondo capitolo...la foto sono certa di sì :P
Un bacione!




Dopo aver svaligiato il supermercato e aver caricato con non poca fatica la spesa sulla sua piccola auto, Miriam si diresse al Whisky: lei e Tom Zutaut, il talent scout che aveva adocchiato i Gun N’ Roses, avevano appuntamento lì alle 8.
Avrebbero mangiato qualcosa parlando di affari e poi si sarebbero incontrati con i disgraziati.
Non trovò parcheggio vicino al locale e, quando vi giunse, Tom era già lì.
 
“Miriam, ciao! Sei splendida!” l’uomo la squadrò da capo a piedi: era una brava persona, sapeva che non l’avrebbe mai sfiorata con un dito, ma era piuttosto viscido.
 
Certo, quel giorno non era vestita esattamente coma una scolaretta: aveva una vestitino di cotone beige scollato a V con delle paillettes, una cintura marrone sotto il seno e stivali alti fin sopra il ginocchio senza tacco.  Si sentiva a disagio sotto gli occhi del talent scout…non osava nemmeno pensare che sarebbe accaduto in quell’accidente di backstage.
 
“Ciao Tom. Scusa il ritardo, ho posteggiato a fanculo!”
 
“Qui è sempre un problema trovare parcheggio. Non a caso son venuto in taxi. Entriamo?” Tom le aprì la porta per farla entrare e subito Miriam sentì mancarle l’aria in quel piccolo locale che sapeva di fumo e alcool.
 
Si accomodarono a un tavolino proprio sotto il palco ed entrambi ordinarono hamburger e patatine.
 
“Allora, Miriam, Alan mi ha detto che ti vuole affidare i Guns ‘N Roses.”
 
“Ti dico subito che io non ero d’accordo, Tom.”
 
“Lo so, sicuramente non avrai vita facile con loro. Sono delle bestie, senza limiti e con i vizi peggiori che tu possa immaginare.”
 
“Non sono nuova nell’ambiente, Tom. Anzi, ci sono in mezzo da 7 anni e sono di quali vizi parli.”
 
“Però sono bravi…cazzo se sono bravi. Riscriveranno la storia della musica questi 5, ci scommetto le palle!”
 
“Li ho già sentiti anche io una sera per caso al Cathouse…e sì, devo darti ragione…Ma contando che tipi sono ho paura di non riuscire a gestirli.”
 
“Fagli capire chi ha il coltello dalla parte del manico. Loro 5 senza di te saranno zero; semplicemente, li hai in pugno.”
 
Tom la faceva facile…troppo facile…e se ne rese conto non appena vede due di quei musicisti da strapazzo salire sul palco a montare gli strumenti: uno era molto alto, con i capelli biondi ossigenati cotonati, pantaloni di pelle, canotta nera del cbgb e un lucchetto al collo, stile Sid Vicious. L’altro era più basso con i capelli scuri, anche lui pantaloni di pelle e una camicia lasciata sbottonata fino a metà petto gialla. Non poco appariscente. Poco dopo comparve anche un tipo con il viso quasi del tutto coperto dai ricci, un assurdo cilindro, jeans neri aderentissimi, t-shirt nera con un disegno bianco e chiodo. Iniziarono a sistemare cavi e amplificatori.
 
“Steven, porca puttana, vieni a sistemare la tua batteria del cazzo!” urlò il biondo alto verso la porticina che collegava palco a backstage.
 
“Arrivo Duff, arrivo!” comparve un biondo piccoletto con chiodo, pantaloni di pelle, t-shirt nera e un cappellino con la visiera.
 
Miriam li osservò: si muovevano senza problemi tra fili, casse e strumenti, come se quello fosse il loro pane quotidiano. E probabilmente lo era…di certo quei 5 scappati da casa non avevano tecnici che gli montavano gli strumenti e gli facevano il sound check. Che poi, in quei locali l’acustica era talmente pietosa che il sound check era del tutto inutile.
Salì sul palco il quinti componente, un bel ragazzo con lunghi capelli rossi, una bandana azzurra e bianca e gli immancabili chiodo e pantaloni di pelle. Sorseggiava tranquillo la sua birra senza degnarsi di aiutare i suoi compagni, che del resto manco lo guardavano o sembravano aspettarsi un suo aiuto. Il rosso guardò verso Miriam e alzò verso l’alto la bottiglia di birra che teneva in mano in segno di saluto; eccolo lì, il marpione. Vedeva una bella ragazza e non capiva più un cazzo.
Miriam sospirò, comprendendo tutti i suoi timori più che fondati. A un certo punto, Tom si alzò: “Vado a parlare con loro. Dirò che sono un talent scout e che questa serata potrebbe essere molto importante per loro. Non dirò comunque che tu sei già la loro manager.”
 
“Magari non accettano il contratto…”
 
“Non sperarci troppo, Miri…quei cinque hanno molta molta fame…”
 
Miriam sbuffò ancora…era una giornata all’insegna degli sbuffi, quella. Era una giornata di merda, per dirla in poche parole.
Ordinò dell’altra birra, aspettando Tom; quando lo vide tornare, vide anche spegnersi le luce del locale e i musicisti entrare in scena.
 
“Buonasera stronzi. Noi siamo i fottuti Guns ‘N Roses e questa è It’s so easy.”
Miriam sentì il basso partire e guardò il biondo alto che suonava, concentrato, guardando il batterista, che era invece il ragazzo con il cappellino con la visiera. Partì la voce del cantante: era forte, potente, graffiante…riusciva a passare da toni bassi a toni altissimi, che sembrava lo stessero scuoiando vivo.
Erano bravi, sapevano fare musica…ed erano sexy. Sotto il palco c’erano ragazze mezze nude che cercavano in tutti i modi di attirare la loro attenzione; la musica era l’elemento principale, ovvio, ma il sex appeal non doveva mancare. E loro ne avevano da vendere. Altro punto a sfavore di Miri: ormoni impazziti da placare.
Sembrava che non gliene sarebbe andata bene una con i Guns ‘N Roses…non poteva sapere che sarebbe diventata una delle più grandi rock band di tutti i tempi.
 

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Capitolo 3
*** 3 ***


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Buongiorno a todos :) Sopra, vi ho postato la fotografia della nostra Miriam...gran gnocca, tanto per cambiare ;) Bene, che dire...in serata aggiornerò anche l'altra mia storia!! Grazie a tutti voi che avete recensito e buona lettura :)



Dopo il concerto, Miriam e Tom si recarono nel backstage, dove trovarono un gran casino: c’erano cinque ragazze bellissime e mezze nude che allietavano i musicisti, bottiglia di alcool ovunque, il moretto con la camicia gialla che si faceva un canna e residui di coca sul piccolo tavolo della stanza.
Appena i ragazzi videro Tom allontanarono da loro le ragazze e gli si avvicinarono.
 
“Allora, Zutaut, come siamo andati?” chiese il rosso con tono strafottente, che gli fece subito guadagnare l’antipatia di Miri.
 
“Bene, Rose, bene. E infatti ti ho portato questo.” Gli sbattè tra le mani un plico di fogli che aveva tutta l’aria di essere un contratto.
 
Tutti i ragazzi guardarono a bocca spalancata il contratto: erano increduli, glielo si leggeva negli occhi.
“Potete leggerlo con calma e discuterne con il vostro manager!”
 
“Chi sarà il nostro manager?” chiese il rosso.
 
“Lei” rispose Tom indicando Miriam “Ragazzi, vi presento Miriam Johnson, la vostra manager.
 
I Guns si guardarono tra di loro per poi scoppiare a ridere; Miri sentì il sangue gelarsi nelle vene: quella reazione era davvero peggio di tutto quello che si era immaginata.
 
“Dai Tom, non scherzare. Concordo sul fatto che è proprio un bel bocconcino e tutti noi le daremmo una ripassata, ma non sei credibile.”
 
“E invece, coglione che non sei altro, sono proprio io la tua manager. Puoi leggerlo a pagina 3 del contratto se non ci credi…”
 
Axl sfogliò subito le pagine, lesse e rialzò lo sguardo su Miriam. “Io non voglio una donna come manager…”
 
“Bene, allora, non avrai nessuno come manager, Rose. Andiamo, Miriam.”
 
Stavano aprendo la porta per andarsene quando qualcuno parlò: “No, aspettate!” era il moro con la camicia gialla.
 
“Tu saresti, ragazzo?” chiese Tom.
 
“Izzy Stradlin, signor Zutaut. E vorrei che ci deste la possibilità di riflettere sul contratto, a prescindere dal manager che ci seguirà.”
 
“Farete di meglio, parlerete direttamente con lei, come comunque avreste fatto con chiunque altro. Vi lascio. Miri, ti aspetto al bar.”
 
Miriam annuì e si andò a sedere sullo scassato divano del backstage, sotto gli occhi attenti delle cinque troiette che prima del loro arrivo stavano allietando i musicisti.
 
“Ragazze, è meglio se togliete le tende…” disse il bassista  biondo.
 
“Ehi, baby, aspettami al bar!” disse il tipo tutto ricci a una rossa tutta tette, beccandosi un bel dito medio sulla faccio. “Cazzo, man, mi hai fatto perdere una gran scopata.”
 
“Ne avrai quante ne vuoi di scopate, riccio. Sotto il palco c’erano decine di ragazze nude. E se firmerai il contratto ne avrai a migliaia di puttanelle…” disse acida Miriam, tirando fuori dalla borsetta una sigaretta.
 
Stava cercando l’accendino, quando si vide comparire uno zippo sotto al naso: era il bassista biondo.
“Come ti chiami, lampione?”
 
“Duff McKagan…”
 
“Che cazzo di nomi…Duff, Izzy, Axl…e voi due?”
 
“Io Steven, lui Slash…”
 
“Oh cazzo…uno peggio dell’altro. Ti salvi solo tu, Steven. Comunque ragazzi, io non ho tempo da perdere. Vogliamo parlare di ‘sto contratto o no?”
 
“Perché ci hanno affibbiato una donna?” al rosso proprio non andava giù questa cosa.
 
“Senti, Rose…io lavoro a stretto contatto con Alan Niven da 10 anni…” ok, erano solo 7, ma 10 facevano più scena.
 
“Alan Niven? Quel Alan Niven?”
 
“Quel Alan Niven, sì. Voleva prendervi lui ma è troppo impegnato con altre band e ha scelto me per guidarvi verso il successo. Ho tutte le capacità necessarie, nonostante sia una donna.”
 
“Finirà che ti innamori di noi, baby!” scherzò Slash.
 
“Non ci contare troppo, riccio. Io non mischio la vita sentimentale al lavoro. E poi, di montati come voi ne ho visti a decine nella mia vita. Di certo non mi impressionano più!”
 
Miriam stava mostrando una sicurezza di sé che non aveva, ma non doveva farsi vedere debole o in difficoltà. E la sua sceneggiata in effetti stava ottenendo il risultato desiderato, perché i cinque si erano calmati e stavano leggendo attentamente il contratto.
 
“Io ci sto. Non mi importa che sei una ragazza, se Niven in persona ti ha mandato qui vuol dire che hai le capacità per farlo.” Disse il moro con la camicia gialla e Miri gli fece l’occhiolino. “Ragazzi?”
“Ci sto anche io!” Duff sorrise a Miri, che gli rispose con un sorriso tirato.
 
“Idem!” Slash e Steven lo dissero in coro.
 
“D’accordo, ci sto anche io. Ma se vedremo che non sei in grado, ti farò licenziare in tronco.”
 
Miriam si alzò, guardandolo con un’espressione disgustata. “Vedremo chi non sarà in grado, Rose. Lunedì suonate al Roxy, ci vediamo là alle 8 puntuali. Leggete il contratto e riportatemelo firmato.”
 
La ragazza uscì sbattendo la porta.
“Che chiappe…” fu l’ultimo commento di Slash.
 

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Capitolo 4
*** 4 ***


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JANE

Quando Miriam tornò a casa, Jane stava dormicchiando sul divano. Sicuramente l’aveva spettata sveglia per sapere come era andata con i Guns; Miri prese una coperta e la buttò sulla sua amica, che mugugnò qualcosa nel sonno.

Jane era bella, alta, con lunghi capelli biondi e ricci; faceva la segretaria in una scuola materna e arrotondava con saltuari servizi fotografici. Miri le diceva sempre che, bella com’era, avrebbe dovuto fare la modella a tempo pieno; ma l’amica le rispondeva che non voleva essere considerata una poco di buono senza cervello come erano considerate le modelle. Quindi preferiva tenersi il suo modesto lavoro di segretaria.

La mora andò in cucina a prepararsi un po’ di latte caldo: lo beveva da quando era bambina quando era nervosa e sapeva che non sarebbe riuscita a prendere sonno. E quella sera era proprio così. Con quella band non era andata bene…per niente. Ok, alla fine avevano accettato, però lo avevano fatto perché non avevano scelta. Era dura, per cinque psicopatici come loro, trovare qualcuno che avesse le palle di rappresentarli…e poi i nomi Alan Niven e Geffen Records facevano sempre la loro figura.

 

“Ne scaldi un po’ anche per me?” Miri si voltò e vide Jane che si stiracchiava.

 

“Scusa se ti ho svegliato…”

 

“Non mi hai svegliato tu, tranquilla.” Si sedette su una sedia della cucina e raccolse in una coda i capelli ribelli. “Come è andata al lavoro?”

 

“Uno schifo, Jane. Sono andata al Whisky a parlare con i Guns ‘N Roses!”

 

“Allora sicuro non uno schifo…sono cinque gnoccoloni, quelli lì…”

 

“Saranno anche gnocchi, ma sono degli idioti. Soprattutto il rosso…”

 

“Axl?”

 

“Vedo che sei informata…”

 

“Ovvio! Che ha combinato?”

 

“Non vuole una manager donna. Cioè, nessuno di loro la vorrebbe, ma Axl proprio non la manda giù…”

 

“Coglioni. Non sanno che sono più fortunati ad avere te che Alan…”

 

“Ora non esagerare, Jane…”

 

“Non esagero. Sei brava e hai le palle. E soprattutto ami questo lavoro, cosa indispensabile.”

 

“In queste occasioni mi chiedo se ho scelto bene…”

 

“Piantale, tu vivi per questo lavoro. Ora quando li rivedrai?”

 

“Lunedì abbiamo una serata al Roxy.”

 

“Fantastico, verrò anche io!”

 

“Jane, io devo lavorare.”

 

“Lo so, io verrò per conto mio!”

 

“Non riuscirò a farti cambiare idea, eh?”

 

“Certo che no! E’ come se fossi già là, cara mia…”

 

Miri sbuffò. “Promettimi però che non te ne scoperai nessuno!”

 

“Ehi, per chi mi hai preso?”

 

“Non volevi che ti presentassi Slash?” lo sguardo di Jane si illuminò.

 

“Ti darò il tempo di instaurare un buon rapporto con loro…e poi mi presenterai come tua amica. Buona notte, Miri!”

 

La bionda si alzò, con la tazza di latte in mano, diretta nella sua stazza. Miri sospirò: ci mancava solo lei.

 

 

Intanto, da un’altra parte della città…

 

“Io non ci posso credere che ci hanno dato una ragazzina come manager!”

 

“Bill, basta. Abbiamo un contratto, un manager e già una serata al Roxy. Ora non esagerare!” gli rispose Izzy.

 

“A me sembra una con le palle…”

 

“Steven, te basta che vedi due chiappi che non capisci più un cazzo!”

 

“Fottiti, Rose!”

 

“Ragazzi, se Zutaut e Niven ce l’hanno messa come manager vuol dire che non è una stupida!”

 

“Duff ha ragione! Secondo me ci sa fare…e poi appunto, se la mandano loro. Diamole una chance!” disse Slash.

 

“Ovvio che gliela diamo! Anche perché più che la sua è la nostra chance! E non possiamo buttarla nel cesso per delle cagate!” il tono di Izzy era pacato, ma non ammetteva repliche…soprattutto da parte del rosso che, in tutta risposta, si chiuse sbuffando nella sua stanza.

 

I ragazzi vivevano in uno squallido magazzino vicino al Sunset: era un posto di merda con tre camere da letto. Steven e Slash dormivano in una, Izzy e Duff in un’altra e Axl si era beccato la singola: il solito maledetto! Comunque, il quella topaia non ci stavano così male: c’era spazio per gli strumenti e potevano provare quando gli pareva, era in zone malfamate quindi droga, alcool e puttane non mancavano mai…e ultimo, ma non meno importante, l’affitto era basso.

Di certo, non riuscivano ancora a mantenersi con la loro musica…non ancora, almeno.

Slash e Axl erano diventate cavie da laboratorio: dovevano fumare un tot di sigarette e poi fare degli esami. Duff lavorava in una pasticceria, Izzy faceva il commesso in un supermercato e Steven radeva i prati nelle ville dei ricchi.

Insomma, tutti più o meno cercava di portare a casa i soldi per mangiare, pagare l’affitto di quel cesso e mantenere gli strumenti. Per la droga non c’era problema: durante i loro festini qualcuno ne aveva sempre. E ormai avevano perfezionato l’arte dello scroccare.

Nonostante questa ‘routine’ tutti loro avevano una gran voglia di sfondare: erano ambiziosi, volevano farcela, volevano arrivare in alto.

E sapevano che ce l’avrebbero fatta…dopotutto erano i migliori.

 

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


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 Quando il giorno dopo Miriam andò alla Geffen, espose tutta la sua frustrazione a Niven.
 
“Alan, è peggio di quanto pensassi!”
 
“Miri, smettila di farti seghe mentali. Mi hai detto che hanno accettato, no? Qual è il problema!?”
 
“Il problema è la mia sanità mentale! Quei 5 mi faranno impazzire!”
 
“Non sono impazzito io in trent’anni, non impazzirai neanche tu. Tom mi ha detto che gli ha fatto avere una serata per lunedì. Ora tocca a te cercare serate.”
 
“Lo so, Alan, lo so. Credevo di saperlo fare il mio lavoro…”
 
“E anche bene! Quindi, su, vai. Ci vediamo lunedì mattina!”
 
Era venerdì, e grazie al cielo il week end era arrivato. Bastava non pensare quello che sarebbe accaduto lunedì sera, poi sarebbe andato tutto bene. Ma non poteva permettersi di essere triste: era il compleanno di Jane, quel giorno, e alla sera sarebbero andate con amici nei locali del Sunset per festeggiare.
Miriam prese la sua auto e si diresse proprio verso il Sunset; iniziò ad andare in vari locali, chiedendo serate per questa nuova band. Era un volto noto, in quei locali, e i proprietari sapevano bene che lei e Niven portavano musicisti in gamba a suonare; non avrebbero mai rappresentato personaggi mediocri o che comunque non avevano chances. Quindi tutti accettarono.
Dopo un paio d’ore, Miri aveva ben 5 serate programmate, che poi si sarebbero ripetute con regolarità se quei concerti fossero andati bene.
Miriam sorrise, per la prima volta in quella giornata, e fece una passeggiata nei dintorni per rilassarsi; arrivò davanti a una pasticceria che esibiva delle splendide torte in vetrina e decise di entrare a prenderne una per Jane.
Entrò e il suo arrivo fu scandito dalla campanella che stava sopra la porta; delle voci venivano dal retro.
 
“Non si preoccupi, Mary, servo ancora questo cliente e poi vado.”
 
“Grazie Michael, sei tanto gentile. Ci vediamo lunedì!”
 
Miri stava osservando i dolci esposti nel negozio, quando sentì una voce rivolgersi a lei. “Buongiorno, come posso aiutarla?”
 
La ragazza si voltò verso il tizio e…”Duff?”
 
“Miriam?”
 
“Che diavolo fai qui?”
 
“Ci lavoro…sai, con la musica ancora non ci manteniamo.”
 
“Certo certo.”
 
“Non è un problema, vero? Intendo…per lavorare con te.”
 
“Basta che i vostri lavori non abbiano effetti negativi sulla vostra musica. Poi, certo, dovete ben mangiare anche voi.”
 
Duff la guardò: non capiva se era davvero una tipa con le palle o se la sua era apparenza. Di certo aveva del pelo sullo stomaco se faceva quel lavoro…non tutti ce l’avrebbero fatta. E poi era bella da mozzare il fiato: quel giorno indossava un paio di jeans aderenti, delle ballerine nere e un camicetta bianca con una cintura nera sotto il seno.
Miri si sentì osservata e gli lanciò un’occhiataccia: che aveva da fissarla? Pensava di poterla addolcire solo perché lavorava in una pasticceria? Hai sbagliato strada, biondo…
 
“Vorrei una torta per il compleanno della mia amica.” Tagliò corto Miri.
 
“Sì, come la preferisci?”
 
“Qual è la tua specialità?”
 
“Mia mia?”
 
“Tua tua…”
 
“Io cucino sempre la foresta nera. Solo quella in realtà…mi sono specializzata in quella.”
 
“Vada per una foresta nera. Incartamela.”
 
Dopo aver pagato e presa la torta, Miri fece per salutare e andarsene, ma Duff la fermò.
“Io ho finito il mio turno, ti va di fare la strada insieme?”
 
Miriam lo guardò di sbieco, per poi limitarsi ad annuire. Lei aveva parcheggiato piuttosto lontano da lì, quindi un pezzo avrebbe dovuto farlo a piedi per forza.
Camminarono in silenzio: Duff era a disagio, camminando a testa bassa e con le mani nelle tasche del chiodo, mentre Miri sfogliava l’agenda.
 
“Vi ho procurato delle serate, McKagan. Vi farò l’elenco su un foglio e lunedì ve lo darò. Inoltre, avete un numero di telefono? Devo potervi contattare quando ce ne è bisogno.”
 
“Sì. 056377823.” Miri scrisse velocemente, sotto l’occhio attento del bassista.
 
La sua calligrafia era fine ed elegante e l’agenda, nonostante gli appunti fitti e numerosi, era ordinata; a un certo punte cadde una fotografia dall’agenda. Duff si chinò a raccoglierla: rappresentava una bimba con i suoi genitori e altri due bambini più grandicelli.
 
“Sono io con i miei genitori e i miei fratelli maggiori. Vivono a Londra e non li vedo da mesi.” Miri disse tutto ciò senza guardare in faccia il biondo, sempre più stupito dalla freddezza che la ragazza dimostrava anche nelle più piccole cose.
 
Camminarono ancora alcuni minuti, finchè la ragazza vide che era vicino a dove aveva parcheggiato. “Io ho l’auto qui. Ti serve un passaggio?”
 
“No, io abito proprio qui dietro con i ragazzi. Magari potresti venire a prendere il contratto: è lì firmato pronto a essere consegnato.”
 
Miri mise la torta in auto, riflettendo sulla proposta di Duff, che alla fine accettò: meglio averlo tra le mani il prima possibile quel contratto.
 
“Ok, andiamo.”
 
Arrivarono in un vicolo fatiscente e Miri vide il riccio fumare fuori, davanti a una specie di magazzino, anch’esso fatiscente.
 
“Che ci fa qui la nostra manager?”
 
“Sono venuta a prendere il contratto, riccio. Non esaltarti. Vai a prenderlo tu, biondo, io è meglio se resto qui.” Miri aveva paura ad entrare: contando come era fuori…non osava immaginare come potesse essere un magazzino in quei vivevano cinque ragazzi.
 
Slash le offrì una sigaretta, che lei prese ringraziandolo. “Che farete stasera, tu e i tuoi amici psicopatici?”
 
“Cos’è, adesso che sei la nostra manager ci controlli?” scherzò Slash, ma Miri si irrigidì subito.
 
“Era per fare conversazione,  coglione” intanto Duff era arrivato. Miri gli prese il contratto dalle mani. “Ci vediamo lunedì, alle 8 al Roxy. Puntuali!”
 
E girò le spalle ai due, allontanandosi in fretta.
 
“Perché è così acida?” chiese Slash.
 
“Ci odia, amico. Sicuro lei non voleva farci da manager ma non ne ha potuto fare a meno, essendo Niven il suo capo.”
 
“A me sembra una tipa cazzuta…”
 
“Sicuramente se Niven l’ha mandata lo è…però sì, è una stronza…”
 
“Ma è gnocca…”
 
“Giù le mani, Saul!”
 
“Cos’è, McKagan, l’hai già adocchiata tu?”
 
“Ma che dici! E’ la nostra manager e non si tocca!”
 
“Sì sì…ti do qualche settimana, McKagan! Riconosco quello sguardo!” Slash rientrò sbuffando e lasciando Duff in strada, che non trovò nulla di meglio da fare che seguirlo dentro.

 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Il lunedì arrivò e con lui l’ansia che la serata fosse un disastro; Miri si stava preparando sotto l’occhio attento di Jane, a sua volta già vestita di tutto punto da mezz’ora.
 
“Vuoi arrivare in ritardo alla tua prima serata di lavoro?” ironizzò Jane, senza ricevere risposta da Miri, che alzò solo gli occhi al cielo.
 
Aveva provato in tutti i modi a convincerla a starsene a casa, ma la bionda non aveva voluto sentire ragioni; così, erano giunte all’accordo che sarebbero andate al locale insieme e poi ognuna avrebbe fatto il suo. Jane  aveva optato per un paio di pantaloni di pelle che lasciavano ben poco spazio all’immaginazioni, un corpetto rosso e nero e decolletè vertiginose rosse. Look davvero esagerato per Miriam, che aveva optato per un vestitino con la parte superiore smanicata a spalla larga ed aderente e la gonna un po’ larga con fiori blu e rosa su sfondo nero. Aveva messo sopra un giubbetto di jeans e ai piedi gli anfibi neri; legò i capelli in una coda alta, mise un po’ di matita ed uscì.
 
“Potevi mettere almeno un paio di scarpe col tacco!” protestò Jane.
 
“Jane, io lavoro stasera! Non vado a divertirmi!”
 
“Bla bla bla…” le fece le beffe la bionda, aprendo la porta di casa per uscire.
 
Arrivate davanti al locale, Miri fece entrare Jane con lei, cosicchè non dovesse fare la coda, ma poi, mentre la sua bionda mica si diresse al bar, lei andò verso l’ingresso sul retro da dove dovevano arrivare i musicisti. Lei aveva 10 minuti buoni d’anticipo e si accese una sigaretta nell’attesa, sperando di alleviare la tensione.
Alle 8 in punto, vide un pick up scassato entrare nel vicolo e riconobbe i musicisti a bordo.
 
“Ciao Miri!” Slash le andò a baciare una guancia. “Sei uno schianto stasera!”
 
“Non allargarti riccio. Forza scaricate i vostri strumenti!”
 
Slash sogghignò quando vide Duff lanciargli un’occhiataccia: quello che il chitarrista voleva fare er ingelosirlo fino all’inverosimile facendo il galletto con la manager. D’altro canto, non gli dispiaceva nemmeno troppo dato che la suddetta era una gran figa.
Iniziarono a scaricare sotto l’occhio vigile di Miri: si era un po’ tranquillizzata. Erano attivati puntualissimi e si stavano dando da fare a preparare tutto: ci tenevano a quella serata.
Una volta montato tutto e provato i suoni, si ritirarono nel backstage, dove Miriam li stava aspettando.
 
“Dunque, ragazzi…ho rimediato per voi delle altre serata. Vi ho fatto una tabella così non ve ne potete dimenticare: venerdì suonate al Rainbow, lunedì, se stasera va bene, suonerete di nuovo qui al Roxy. Poi ci sarà giovedì prossimo al Viper Room, sabato alla House of Blues…”
 
“Alla House of Blues?” chiese stupito Axl.
 
“Sì, rosso, alla House of Blues. Ho un amico che mi doveva un favore.”
 
“Sei una grande Miri!” Steven, in preda all’eccitazione, la abbracciò.
 
Miri gli sorrise e terminò la spiegazione sulle ultime date che aveva ottenuto per loro: le prossime settimane sarebbero state intense anche perché, se quei concerti andavano bene, li avrebbero ingaggiati di nuovo per le settimane successive. “Ora comincia il duro lavoro, ragazzi. Dobbiamo fare più concerti possibili così da farvi conoscere. Se tutto andrà bene, in primavera si potrebbe iniziare a registrare un album…”
 
Tutti e cinque la guardarono a bocca aperta. “Un album dici?”
 
“Sì, Duff, un album!”
 
Slash si aprì in un urlo, subito seguito dagli altri, che iniziarono ad esultare e ad abbracciarsi; coinvolsero Miri in quei festeggiamenti, abbracciandola, prendendola in braccio, facendola saltare.
La mora tentò in tutti i modi di uscire da quel groviglio di braccia e urla e si sistemò il vestito che era vertiginosamente salito. Mentre gli altri quattro stavano prendendo dal minifrigo delle birre, Axl si avvicinò a Miri ancheggiando e con lo sguardo da ammaliatore. La ragazza fece di riflesso un passo indietro, come spaventata.
 
“Ti ho sottovalutato, ragazza. Sei una con le palle.”
 
“Eri l’unico a non essertene accorto, Rose. Io vi porterò al successo, stanne certo.”
 
“Oh lo so, lo so…” le era vicinissimo. Le mise dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda; Miri poteva sentire il suo respiro caldo sul viso. Sapeva di fumo, alcool e uomo sexy. Un mix letale.
 
Miri si scostò subito e prese la borsa. “Un tecnico vi chiamerà quando tocca a voi. Io sarò sotto il palco. Ci vediamo dopo.” Ed uscì.
 
Axl ridacchiò. “Fa tanto la dura, ma appena mi sono avvicinato un po’ a lei ha cominciato a balbettare. E’ come tutte le altre!”
 
“Lei non è come tutte le altre, Axl…” la voce di Duff risuonò nel backstage, improvvisamente silenzioso.
 
“Non avrai già perso la testa per lei, McKagan?” chiese ancora Axl.
 
“Axl, smettila di dire stronzate. Lei è la nostra manager e nessuno la deve toccare!”
 
“Lo so, Hudson, non ti scaldare. Era per divertirsi un po’…di certo non mi voglio portare a letto quella figa di legno. Su, facciamoci una canna. Jeff?”
 
Il moro iniziò subito a rollare una canna, mentre Duff, avendo terminato la birra, si attaccava alla bottiglia di vodka. Slash gli si avvicinò. “Vale anche per te, man. Lasciala perdere. Rischi solo di combinare casini, e ora che si fa sul serio non ce lo possiamo permettere.”
 
“Lo so, Saul, lo so. Sta tranquillo, non sono disposto a rischiare per una scopata.”
 
“Così ti voglio!” gli disse Slash, dandogli una pacca sulla schiena.
 
 
Chiusa la porta del backstage, Miri prese un profondo respiro: quell’incontro ravvicinato con il rosso l’aveva mandata in confusione. Non che fosse attratta da lui, nonostante fosse bello da star male, ma era un tipo così strano…decise di dirigersi al bar, per bere qualcosa prima che il concerto iniziasse. Là c’era Jane, affiancata da un ragazzo che tentava in tutti i modi di attirare la sua attenzione, ma inutilmente.
 
“Miri, grazie a dio sei arrivata! Mark, un Jack per la mia amica.” Disse al barista, Miri si sedette accanto alla sua amica e il ragazzo, ormai rassegnato, se ne andò. “E’ già il quarto che ci prova senza pudore questa sera!”
 
“Ci credi, vieni vestita così!”
 
“Ma smettila! Come è andata di là?”
 
“Tutto a posto…forse si stanno rendendo conto che non sono una pivella in questo lavoro. Devo andare a piazzarmi sotto il palco durante il concerto. Vieni con me?”
 
“Mi dai questo permesso?”
 
“Basta che non ti metti a starnazzare sotto il palco!”
 
“Ok, capo!” Jane fece un buffo saluto militare e le due arrivarono sotto il palco proprio quando si iniziò a sentire la chitarra di Slash nel riff di Welcome to the Jungle.
 
“You’re in the jungle, Roxy!” la voce di Axl era un po’ roca quella sera, non era al Massimo della sua forma.
 
Ma nel complesso erano incredibili: Miri se ne accorgeva ogni volta di più. Sentì dentro di sé un moto d’orgoglio…sarebbero arrivati in alto…e lei gli avrebbe indicato la strada.
 



Ciao a tutti!! Eccomi con un aggiornamento lampo! Domani arriverà il nuovo capitolo di If I Ain't got you! Un bacio e grazie a tutti :D



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Capitolo 7
*** 7 ***


“Oh dioooo...oh diooooooooooo!!!” Jane era in brodo di giuggiole.

Il concerto era appena finito e i Guns erano stati...superbi. A Miri era venuto in mente solo quell'aggettivo, per descriverli.

“Miri, portami nel backstage con te, ti prego!”

“Jane, te l'ho detto...non voglio situazioni strane di te che fai sesso con Slash e quant'altro!”

“Ma li voglio solo conoscere. Starò buona buonina, promesso...” Jane fece la faccia da cucciolo smarrito: sapeva bene che Miriam non le sapeva resistere.

E infatti, tra uno sbuffo e un'imprecazione, acconsentì.

Percorsero lo stretto e buio corridoio che conduceva al backstage, quando Miri si sentì chiamare; si voltò e vide il proprietario del Roxy andare verso di lei. Un moto d'ansia le strinse lo stomaco...

“Miriam, è stata una serata incredibile. Quei 5 cazzoni sono davvero in gamba, è da tempo che non sento qualcuno suonare così...e di band nel mio locale ne passano. Per le prossime 4 settimane la serata è vostra. Tieni” mise in mano alla mora una busta con la paga della serata. “Tu, la tua amica e i ragazzi potete dare fondo al mio bar questa sera.”

Miri sorrise e tese la mano al proprietario per stringerla. “Grazie mille”

Si incamminarono verso il backstage: entrambe si stavano mantenendo il più tranquille possibile, ma Miri aveva una voglia matta di saltare, come anche Jane che stava stritolando il braccio della mora per farle a suo modo i complimenti.

Entrarono senza problemi nel backstage, in cui, alla vista della manager, calò il silenzio: Miri aveva il viso estremamente serio e i ragazzi si spaventarono. Nemmeno avevano notato la sventola che stava con Miri.

“Abbiamo la serata per le prossime 4 settimane!” urlò trionfante.

Nel backstage scoppiò un urlo, seguito da un abbraccio collettivo, nel quale anche Miri e Jane finirono coinvolte.

Solo quando tutti si furono ricomposti, lo sguardo dei ragazzi cadde sulla bionda. “E questo bocconcino chi sarebbe?” chiese Axl, con il suo tono da seduttore.

“Lei è Jane, ragazzi. Vi avviso di tenere i tentacoli a posto...il vostro contratto posso strapparlo quando mi pare.”

Quella minaccia spaventò i musicisti, che si presentarono con relativa finezza con Jane, che aveva intanto incenerito con lo sguardo Miri: l'ultima cosa che lei desiderava, era che i 5 tenerssero davvero 'sti tentacoli a posto.

“Ragazzi, questa sera avete il bar gratis e qui c'è la paga della serata: non è molto, ma potete pagarci un affitto.”

“E' meglio se li tieni tu, Miriam...” disse Izzy.

“Io? E per cosa?”

“Noi non siamo capaci a risparmiare. Quel poco che abbiamo lo sputtaniamo in troie, alcool, fumo...tienili tu, tieni sempre tu le paghe. Le useremo per strumenti nuovi, amplificatori e cose simili.” spiegò il moro.

“Se gli altri sono d'accordo, per me non è un problema. Vi farò anche da tesoriera!”

Tutti acconsentirono, ben consapevoli dei loro vizi che a volte non gli facevano tenere nemmeno i soldi per mangiare.

Dopo che i ragazzi si furono fatti una doccia, decisero di andare al bar a festeggiare il successo della serata.

“Venite anche voi, ragazze?” chiese Steven.

Jane guardò Miri, pregandola con lo sguardo. “E' meglio se noi andiamo a casa, Jane. Tu domani lavori.”

“Dai, solo un brindisi, non vi facciamo fare tardi.” Slash fece l'occhiolino a jane che arrossì come una ragazzetta.

Miri era troppo occupata a sbuffare per la reazione della sua amica, che quasi nemmeno si accorse che Jane aveva acconsentito per entrambe...e lei non potè fare altro che seguire quei 6 psicopatici e evitare di sentirsi dare della guastafeste.

E in realtà bastarono un paio di birre e di Jack a scioglierla e permetterle di ridere e scherzare con loro come se nulla fosse. Quando poi iniziarono a giocare a freccette e chi perdeva doveva bere, fu la fine: in mezz'ora finirono tre bottiglie di vodka: i musicisti avevano bevuto la maggior parte, ma per i loro canoni anche le ragazze avevano esagerato. Erano tutti svaccati sui divanetti del puzzolente privè di quel locale di merda, quando Miri, in un istante di lucidità, si rese conto di quello che stava facendo.

Si voltò e vide che non erano più soli: una moretta dall'aria giovanissima stava conducendo una conversazione non propriamente verbale con Izzy, Axl era sparito, Steven senza il minimo di pudore si stava dando da fare con una ragazza con i capelli a caschetto e Slash...

“Jane!!” tentò di chiamare la sua amica bionda, ma dalla bocca le uscì una specie di rantolo. Jane era sdraiata su un divano, con Slash sopra che la stava baciando come se la volesse mangiare e una mano su un gluteo della bionda.

Miri riappoggiò la testa al cuscino del divano, dato che girò vorticosamente; sentì una presenza accanto a lei e, quando aprì gli occhi, vide accanto a sé... “Duff...sto...sto male...”

“Vieni, ti porto fuori.” Trascinandola praticamente di peso, la portò fuori dal locale tramite l'uscita del retro. Miri si sedette sul pavimento del marciapiede di quel vicolo sporco e puzzolente. Nonostante ciò, respirò a pieni polmoni perchè l'aria fresca era davvero un toccasana. Duff si era accovacciato accanto a lei e, scostandole una ciocca di capelli dal viso, le chiese dolcemente se si sentiva meglio.

“Dovreste licenziarmi, Duff...non sono per niente una manager professionale.” mugolò la mora.

Duff ridacchiò. “Non dire sciocchezze, Miri...non ci scandalizziamo per così poco, credimi! E poi dovevamo festeggiare questa serata!”

“Lo so...ma io...io non dovevo ubriacarmi...non reggo molto...”

“Sì, ce ne siamo accorti!”

Miri lo guardò. “Sfotti?”

“Non potrei mai. Sei la mia manager, no?”

I loro visi erano vicinissimi: bastava che uno dei due si sporgesse un po' e le loro labbra si sarebbero incontrate senza alcuna difficoltà. Miri sentiva il respiro di Duff sul suo viso, che sapeva di fumo, vodka, e qualcos'altro...qualcosa di terribilmente buono.

Il bassista, dal canto suo, stava osservando attentamente ogni minimo dettaglio di quel viso perfetto...ogni ciglia, ogni neo...avrebbe dato oro per poterla baciare: le sue labbra avevano un aspetto terribilmente invitante.

“McKagan, muoviti. Dobbiamo portare le ragazze a casa. Jane si è addormentata e Miriam non mi sembra stia molto meglio!” Slash era uscito nel vicolo: temeva che le due ragazze, non abituate ai loro ritmi, collassassero da qualche parte. “Spero tu non abbia fatto cagate...”

“Che palle che sei, oh...” rispose Duff, prendendo Miri in braccio.

L'unica cosa che stava pensando era che, grazie a dio, Slash aveva sempre un tempismo perfetto.



Perdonate l'assenza ma con gli esami è un periodaccio D: Domani sera dovrei riuscire ad aggiornare If I ain't got you! Un bacione e grazie a tutti :)
 

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Capitolo 8
*** 8 ***


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Quando Miri aprì gli occhi, sentì un dolore lancinante alla testa; si guardò in giro, accorgendosi di non essere nella sua stanza. Si tirò su a fatica, stropicciandosi gli occhi, e vide che nel suo stesso letto, singolo per altro, dormiva Jane. Guardò la piccola sveglia che stava sullo scassato comodino accanto al letto, e…
 
“Merda! Jane! Jane, svegliati! Sono le 9!”
 
“Uhm…Miri…ma che hai da urlare tanto? Dio, mi fa male la testa…”
 
“Sono le 9, dobbiamo andare al lavoro.”
 
“Oh, cazzo…puoi chiamare e dire che non mi sento bene?”
 
“Io?”
 
“E se chiamo io si accorgono che non è vero…eh dai, Miri, manco fosse la prima volta.”
 
Sbuffando, Miri si alzò e andò alla ricerca di un telefono in quello schifo di casa; arrivata nel salotto/cucina/sala prove del magazzino, vide Duff svaccato sul divano che dormiva. Una stanza era vuota, mentre nell’altra c’era solo Slash…chissà dove erano gli altri.
Si avvicinò ai fornelli e cercò in quel grandissimo casino qualcosa per fare il caffè; preparò una caffettiera probabilmente dell’anteguerra, la mise sul fuoco e si avvicinò al telefono.
Prima chiamò la scuola, che disse di riferire a Jane di riposare e riprendersi da quell’improvviso virus intestinale che l’aveva colpita, e poi chiamò Alan, dicendogli che sarebbe andato da lui nel pomeriggio, dato che quel mattino aveva fatto tardi.
 
“Non ti preoccupare, bambina, oggi ho un mucchio di impegni. Perché invece non vai a sentire un po’ i Guns nelle prove? Da vedere un po’ quanto materiale hanno per un eventuale album.”
 
Miri non potè fare altro che acconsentire e mettere giù il telefono, sospirando. Fece per tornare ai fornelli, quando vide Duff che la guardava da dietro lo schienale del divano.
Non aveva bene le idee chiare su quel che era successo la sera prima, aveva solo un flash di Duff che la portava nel vicolo e la tranquillizzava sul fatto che non fosse professionale.
Miri lo salutò con un sorriso, per poi voltarsi imbarazzata. Lui comprese il perché del suo disagio e le si avvicinò cauto, prendendo poi due tazze per il caffè.
 
“Come ti senti?”
 
“Tanta voglia di dormire e un mal di testa lancinante. Oggi devo fermarmi qui da voi per sentire le vostre prove.”
 
“Non credo avessimo intenzione di provare, oggi…”
 
Miri si scaldò. “Non mi frega un cazzo, voi oggi provate e basta, dato che dovrò passare la mia intera giornata in questa bettola. Almeno vorrei tornare a casa con qualcosa in mano!”
 
“Ok ok…non ti agitare!” rispose Duff.
 
Miri sbuffò, ancora. “Scusami…è che sono distrutta e Alan vuole che valuti il vostro materiale per un futuro album…”
 
“Senti, anche iniziassimo a provare alle 5 di oggi pomeriggio mica è un problema. Puoi andare a casa a riposare.”
 
“Non posso lasciare Jane da sola…”
 
“Credo proprio non sarebbe da sola…” Duff guardò verso le porte delle camere da letto: Slash, grattandosi poco finemente i gioielli, era appena uscito dalla sua stanza diretto a quella dove le due ragazze avevano dormito.
 
“Oh, cazzo…ieri sera che tu sappia hanno scopato?”
 
“Penso l’intenzione fosse quella, ma Jane era talmente sbronza che si è addormentata mentre Slash la palpeggiava…penso che lo prenderemo per il culo a vita per questo!”
 
Suo malgrado, Miri si fece sfuggire una risata: Jane sognava da tempo di andare a letto con Slash, chissà che avrebbe detto quando avesse scoperto che si era addormentata sotto a Slash…però forse durante la giornata avrebbe recuperato. A quel pensiero sbuffò, di nuovo. Si era alzata da mezz’ora e aveva già sbuffato un migliaio di volte.
 
“Miri, rilassati…non fanno nulla di male…non importa se sei la nostra manager, calmati! Sembri sempre sull’orlo di una crisi di nervi!”
 
“Sono sempre sull’orlo di una crisi di nervi, perché mi hanno affidato una responsabilità troppo grande per me, io non sono in grado di gestirvi.”
 
“Hai ragione, noi siamo 5 debosciati, ma non siamo così male, sul serio…e a noi piaci molto, persino ad Axl. Sei una brava manager Miri, smettila di essere così severa con te stessa…”
 
La mora alzò lo sguardo verso Duff, che la fissava sorridendo; era davvero bello: i suoi occhi avevano un taglio felino ed erano di un bel colore verde, i capelli biondi con quelle ciocche nere gli davano un’aria sexy, il lucchetto al collo…il viso aveva tratti fini e delicati, le labbra erano sottili ma il loro aspetto era invitante…
Miri scosse la testa quando si rese conto cosa stava facendo. “Gli altri dove sono?” chiese per spezzare il silenzio.
 
“Saranno a casa della puttanella di turno…”
 
“Mi dispiace che tu e Slash siete dovuti tornare a casa per noi…”
 
“Jane si sta facendo perdonare…” Duff stette in silenzio e Miri potè sentire chiaramente gemiti e sospiri provenire dalla stanza.
 
La mora scosse il capo: Jane era senza speranza. Guardò Duff, che le fece un sorriso malizioso.
“Non ci pensare nemmeno, McKagan. Io per farmi perdonare potrei pagarti la colazione al bar…”
 
Duff rise. “Andata!”





 
 
Hola!!! Lo so, non succede molto in questo capitolo…ma mi introduce il prossimo che sarà supermegaiperROSSO!!! Grazie a tutti voi che seguite, leggete e recensite ;D un bacio
 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Dopo che Miri si era alzata, Jane si era nuovamente assopita; fu svegliata dalla porta che si apriva e richiudeva e, pensando fosse la sua amica, non aprì nemmeno gli occhi. Sentì poi qualcuno scostare le coperte e infilarsi sotto, ma lei gli dava la schiena e non ci diede troppo peso, sempre convinta fosse Miriam. Ma quando sentì un braccio circondargli i fianchi capì che, no, non era lei. Si voltò trovandosi davanti Slash.

 

“Buongiorno, baby, spero di non averti spaventato.”

 

“Ciao Slash. No che non mi hai spaventato. Che fai qui?”

 

“Volevo sapere come stavi…”

 

“Seh, e io ci credo…” Jane si accoccolò contro il suo petto caldo, beandosi di quel contatto.

 

“Sai, bellezza, ieri sera ti sei addormentata sotto di me…e non è un granchè per la mia autostima…”

 

“Cosa ho fatto? Oddio…” Jane si tirò su il lenzuolo per coprirsi la testa: si sentiva un’idiota.

 

“Dai, non fare così…possiamo rimediare, se vuoi…”

 

Jane tirò giù il lenzuolo e gli fece un sorriso malizioso. “E come penseresti di recuperare, Hudson?”

In un istante Slash le fu sopra e iniziò a baciarla con irruenza; Jane si lasciò trasportare da quel bacio, scollegando completamente la mente e dimenticando il malessere dovuto al post sbornia. Slash le sfilò la maglietta che la sera prima le aveva infilato prima di metterla a letto e, staccandosi dalle sue labbra, iniziò a baciarle il mento, il collo, le clavicole. Con le mani le strinse i seni, scatenando un gemito nella ragazza; il chitarrista iniziò a succhiare e mordicchiare i suoi capezzoli, mentre con una mano iniziò a carezzare la sua parte più intima da sopra gli slip, sentendola così calda ed invitante.

Jane, in preda al piacere, faceva scorrere le sue mani sul petto nudo del chitarrista, arrivando poi ai boxer, con il cui elastico giochicchiò per un po’; quando sentì Slash inserire un dito in lei, massaggiò il suo membro, scatenando in lui un gemito. Continuarono a darsi piacere per un po’ finchè, entrambi al limite, si tolsero gli ultimi indumenti che avevano addosso, così da non avere inutili ingombri; Slash la penetrò e Jane, in preda a un piacere incredibile, conficcò le unghie nella sua schiena. Le sue spinte erano sempre più forti, finchè Slash sentì Jane gemere più forte e trattenere il respiro primo di raggiungere l’orgasmo; si mosse ancora un po’ per poi venire a sua volta, sfilandosi all’ultimo istante da lei.

Slash guardò Jane, ancora con gli occhi chiusi e l’espressione estatica: si sentì invadere da un moto d’orgoglio tutto maschile, dato che ciò era merito suo. Si sdraiò di nuovo su di lei e le scostò dal viso una ciocca di capelli. “Non ti sei addormentata questa volta…”

 

“Sarebbe stato impossibile farlo…è stato…wow…”

 

“Si, hai ragione…è stato davvero wow…”

 

“Comunque, non penso mica che tu mi abbia perdonata con così poco…” Jane ribaltò le posizioni e, senza troppi preamboli, iniziò a percorrere il torace di Slash con le labbra per arrivare al suo punto di massimo piacere.

 

Non lo credeva possibile, ma il riccio, appena sentì le labbra della bionda avvolgere il suo membro, si sentì di nuovo pronto.

Dopo aver fatto sesso per la seconda volta, i due decisero di alzarsi per andare a prepararsi qualcosa per colazione; in casa non c’era nessuno e dedussero che Miri e Duff erano usciti.

 

“Sai” disse Slash mentre versava in una tazza il poco caffè che gli altri due avevano avanzato “Credo che a Duff piaccia la tua amica…”

 

“Miri? A Duff?”

 

“Già…quella fighetta appena vede un bel visino che se la tiene stretta come se l’avesse d’oro, perde la testa!”

 

“Lei è la vostra manager, Slash, ed è una ragazza professionale. Non si giocherebbe mai il lavoro per un uomo…”

 

“E’ una tipa con le palle…e si sta rivelando una manager in gamba.”

 

“Lo è credimi…nessuno meglio di lei vi può guidare al successo.”

 

Jane prese dalle mani di Slash la tazza di caffè fumante e si lanciò sul divano; Slash la imitò poco dopo.

 

“Dimmi qualcosa di te, Jane…”

 

“Non credevo ti interessasse la vita delle donne che ti porti a letto!”

 

“La tua mi interessa…”

 

“Che ti posso dire…ho 23 anni, faccio la segretaria e stamattina non sono andata al lavoro con la scusa di un virus intestinale.” Entrambi ridacchiarono. “Vivo con Miriam da 5 anni ed è la mia migliore amica. Che altro…ah, sì, per arrotondare faccio la fotomodella.”

 

Slash annuì, guardandola. Era una ragazza bellissima, con un viso d’angelo che però ingannava davvero sul suo modo di essere. Era allegra, spensierata, sapeva divertirsi. Gli piaceva…gli piaceva come da un po’ non gli piaceva una donna. Si buttò su di lei per baciarla con voracità, e Jane non si fece di certo pregare. Peccato che Miri e Duff avessero scelto proprio quel momento per tornare al magazzino.

 

“Andate almeno in una camera, accidenti!” borbottò Duff, togliendosi il chiodo e lanciandolo su una sedia.

 

“McKagan, da quando ti scandalizzi? Manco fosse la prima volta che mi vedi scopare!”

 

Duff diventò rossissimo in viso, mentre sia Jane che Miri si voltarono verso di lui.

 

“Perché vi stupite tanto?” riprese Slash “Non avete mai fatto una cosa a tre?”

 

“Ma certo che no…mio dio…” Miri si accomodò su una sedia prendendo la testa fra le mani.

 

“Ragazza, non fare tanto la puritana…sono proprio quelle come te che poi sono delle vere maiale!”

 

Miri lanciò uno sguardo di fuoco a Slash, che in tutta risposta aveva di nuovo infilato mezzo metro di lingua in bocca a Jane.

 

“Io me ne vado…fanculo voi, le vostre prove e il vostro album!” Miri prese la giacca e la borsa ed uscì dal magazzino.

 

Duff sbuffò e si rivolse a Slash. “E’ la nostra manager, porca puttana, non sei capace ad avere un po’ di rispetto?”

 

“Ho solo detto la verità, vero piccola?” Slash si rivolse a Jane, che gli stava facendo un succhiotto sul collo, piuttosto indifferente a quello che stava accadendo.

 

Duff uscì dal magazzino, con la speranza di raggiungere Miriam, ma di lei nessuna traccia. Si era già allontanata.

Demoralizzato, riaprì la porta del magazzino per tornare dentro, ma, vedendo Jane che stava facendo un pompino da manuale al riccio, decise che, no, preferiva andare a farsi un giro.

Prese una sigaretta dalla tasca del chiodo e se la accese, vagando senza meta e pensando…pensando a una cosa sola…a Miriam. Quella ragazza gli si era infilata nel cervello.

Durante la colazione al bar, gli aveva raccontato di come aveva iniziato a lavorare con Niven, di come amasse la musica fin da bambina e che il suo sogno era quello di aprire una casa discografica. Duff le aveva raccontato di quando viveva ancora a Seattle, della sua famiglia numerosa, della sua voglia di sfondare nel mondo della musica. Era talmente immerso nei suoi pensieri, che manco si accorse della macchina che aveva rallentato accanto al marciapiede.

 

“Ehi, biondo…vuoi un passaggio?”



Ciaaaao a tutti!!! Eccomi con un nuovo capitolo...vi avviso che nei giorni a venire, fino a mercoledì, non so se riuscirò ad aggiornare, dato che ho un esame e sono nella m***a!!!!!!!!!! Può darsi in un aggiornamneto serale di If I ain't got you, ma non sperateci troppo :( Sorry!!
Grazie a tutti e un bacione :)

 

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Il biondo si voltò e vide una ragazza bionda, con i capelli cotonati che conosceva bene: era Amanda, per gli amici Mandy, una bella ragazza che il bassista aveva conosciuto una sera in qualche locale e con cui poi aveva passato una notte di fuoco. Ok, forse anche qualcuna in più di una...

 

“Ciao bellezza.” le disse Duff sedendosi sul sedile del passeggero e dandole un bacio sulla guancia.

 

“Ciao straniero. Che ci fai qui?”

 

“Niente di che, vagavo per gli affari miei...al magazzino c'è Slash che è impegnato con una tizia...”

 

“Ottimo, lui almeno si dà da fare! E tu, biondo?”

 

Duff la guardò con uno sguardo malizioso: era bellissima con quella minigonna di pelle che le lasciava scoperte le lunghe gambe, la maglietta un po' scollata e un foulard legato a fascia nei capelli. “In effetti, sono in astinenza d qualche giorno...”

 

“Cosa aspettavi a dirlo?” Mandy gli fece l'occhiolino e premette sull'acceleratore, diretta verso casa sua.

 

 

Miri, intanto, era tornata a casa sua. Aveva un bisogno impellente di farsi una doccia e riprendersi dalla sbornia della sera prima. Nel tardo pomeriggio, sarebbe tornata al magazzino, per vedere le prove di quei cinque debosciati...e anche per riprendere Jane, anche se qualcosa le diceva che non l'avrebbe portata a casa con facilità.

Si sentì rinascere sotto il getto di acqua calda: da quanto tempo non si prendeva una sbronza del genere? Da molto, anche perchè non era mai stata una grande amante degli alcolici. Probabilmente sarebbe ancora in quel vicolo se non fosse stato per Duff...Duff...una immagine sfocata le attraversò la mente, ripensando alla sera prima. Lei seduta sul marciapiede e il biondo vicino a lei...molto vicino a lei. Ricordava che aveva pensato che avesse un buon odore e che le sue labbra fossero...scosse il capo energicamente, cercando di scacciare quel pensiero. Non doveva pensarle certe cose, nemmeno se Duff fosse stato l'ultimo uomo sulla faccia della terra.

Sbuffò, imprecando contro sé stessa mentre si avvolgeva intorno al corpo un morbido asciugamano; si vestì con una morbida tuta, si asciugò i capelli e si mise a letto, dedicando il suo pomeriggio ad una buona lettura.

Verso le sei, decise che era ora di andare al magazzino a sentire le prove: Alan spingeva per il cd e lei doveva valutare se avevano del materiale adeguato. Si vestì indossando un paio di jeans aderenti strappati sopra le ginocchia, le converse nere e una camicia a quadrettoni bianca e nera.

Uscita in strada prese un taxi, che la condusse in poche decine di minuti a casa dei Guns; già da fuori, sentì arrivare il suono di una chitarra elettrica e benedì ogni santo del cielo e della terra per il fatto che erano riusciti a ricomporsi e avrebbero fatto le prove.

Quando aprì la porta del magazzino, vide Steven dietro la batteria e Izzy e Slash alle chitarre: stavano jammando, ed erano incredibilmente bravi. Rimase in silenzio ad ascoltarli, ripetendosi ancora che quei ragazzi avrebbero fatto strada, ma venne interrotta da una raggiante Jane che la salutò con un abbraccio da orso.

 

“Miri, ho tante cose da raccontarti...”

 

“Non credo di volerle sapere, Jane...”

 

“Sei arrabbiata con me?”

 

“No, ma ora sta buona che devo lavorare!” Jane annuì, felice di sentirsi dire che l'amica non era arrabbiata, e si lanciò sul divano dopo aver salutato Slash con la mano.

 

“Ciao manager!” Axl uscì da una stanza e le si avvicinò, salutandola con un bacio sulla guancia. Da quando è così gentile? si chiese Miri. “So che sei qui per valutare le nostre canzoni per un album...”

 

“Esattamente rosso...vorrei iniziare a sentire per bene il vostro repertorio, per poi parlare con Alan e decidere quando iniziare a registrare il disco.”

 

“Fantastico, baby! Noi cominceremmo anche subito...ma manca Duff...” disse Slash, accomodandosi sul divano accanto a Jane, che non perse l'occasione per saltargli addosso.

 

“Slash ha detto che è uscito poco dopo che sei andata via tu, ma ancora non è tornato...” aggiunse Izzy.

 

“Avrà trovato qualche pollastra...quella checca lì attira più figa di tutti noi messi assieme, maledetto!”

 

“Parla per te Adler!” rispose Axl, voltandosi poi verso la porta del magazzino che si era aperta. “McKagan, eccoti! Parlavamo giusto di te...e Adler, per una volta devo darti ragione...” disse ancora il cantante, vedendo la sventola che si accompagnava con il biondo.

 

Miri la squadrò da capo a piedi e fu costretta ad ammettere con se stessa che era davvero una splendida ragazza: il bassista le diede un bacio mangia-faccia per poi andare ad imbracciare il suo basso. La bionda si avvicinò a Miri e si presentò con il nome di Amanda; fece lo stesso con Jane, con cui iniziò subito a chiacchierare animatamente.

Miri si voltò verso la band che stava sistemando i volumi degli amplificatori e vide che Duff la fissava...non era uno sguardo normale, sembrava...quasi di sfida. Voleva che gli dicesse qualcosa riguardo a quella ragazza? Se si aspettava una cosa del genere da Miri aveva sbagliato strada, quello era sicuro. Anche se, durante le varie canzoni, la mora non riusciva a fare a meno di guardare Mandy che lanciava baci al biondo, e nemmeno evitare di fissarli mentre, durante una pausa, facevano una qualche schifezza come bere la birra l'uno dalle labbra dell'altro.

Duff, dal canto suo, aveva notato come Miri fosse irrequieta...non aveva la presunzione di dire che fosse gelosa, ma la presenza di Mandy la indisponeva. Ghignò tra sé, convinto che, se avesse saputo giocare bene le sue carte, sarebbe riuscito a conquistarla. 

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Capitolo 11
*** 11 ***


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Lo so, vi amo anche io XD Buona lettura!!!



Le prove terminarono verso le 9 di sera e Miri e Jane andarono a casa a piedi, per sgranchirsi un po' le gambe e sgranocchiando un hamburger; la manager aveva raccolto sufficienti informazioni sul materiale del gruppo, e poteva dire che un disco ci sarebbe uscito senza alcun problema. Il giorno seguente ne avrebbe parlato con Alan.

Miri era silenziosa e Jane se ne accorse: del resto, per due amiche come loro non servivano grandi discorsi per comprendersi.

 

“Che hai, Miri?”

 

“Nulla, perchè?”

 

“Perchè sei silenziosa, e me accorgo quando hai qualcosa che non va...”

 

“Niente di importante, davvero.”

 

“Sono andate bene le prove, vero?” Jane aveva già una mezza idea di quello che stava accandendo a Miri, non le erano sfuggiti gli sguardi che lei e Duff si erano scambiati e quelli che lei aveva lanciato a Mandy.

 

“Sì, sì...molto bene, molto bene...”

 

“Simpatica quella ragazza, vero? Quella Mandy?” Jane vide Miri irrigidirsi impercettibilmente.

 

“Sì...sì, molto simpatica...”

 

“Che tu sappia è la ragazza fissa di Duff o...solo un passatempo?”

 

Miri perse la pazienza, e Jane ebbe la conferma che ci aveva visto giusto. “Che palle, Jane, non lo so! Cosa sono, la balia di Duff???”

 

La bionda si fermò in mezzo al marciapiede e guardò la sua amica alzando un sopracciglio. “Senti, puoi darla a bere ad altri ma non a me!”

 

“Cosa dovrei darti a bere, eh??”

 

“Ho visto come guardavi Duff e come fulminavi Mandy, sai???”

 

“E allora? Sono dell'idea che i ragazzi non dovrebbero avere distrazioni mentre provano!”

 

“Miriam...”

 

“Jane!!!!”

 

“Perchè non ammetti che ti piace Duff?”

 

Ora fu Miri a bloccarsi in mezzo alla strada. “Ma come ti viene in mente una cosa simile?!?”

 

“Non ci voleva molto, osservandoti con attenzione, sai?? E poi ti conosco meglio delle mie tasche, in caso tu ancora non l'abbia capito!”

 

Miri sbuffò, sedendosi poi di punto in bianco su una panchina davanti a cui stavano passando. “Ti giuro, Jane, non ho idea di cosa mi stia passando per la testa. Ieri sera, al locale, prima che andassimo via, lui mi ha accompagnato fuori perchè non mi sentivo bene...e penso che se non fosse arrivato Slash ci saremmo baciati.”

 

Jane le si era seduta accanto, e la ascoltava in silenzio, annuendo ogni tanto.

 

“E poi stamattina, quando siamo andati a fare colazione insieme...lui mi ha parlato della sua famiglia, di quello che faceva a Seattle prima di venire qui...e io gli ho raccontato di me, del mio lavoro, della mia famiglia. Mi sono sentita estremamente a mio agio con lui, non era la rockstar da strapazzo, era un semplice ragazzo che ha la grande dote di saper ascoltare e con cui confidarti ti sembra la cosa più normale del mondo.”

 

Jane si alzò dalla panchina, tendendo la mano alla sua amica per farla alzare, e le sorrise. “Sei cotta a puntino, baby!”

 

“Cosa?? Ma no, non è vero!”

 

“Sì che è vero!”

 

“No!”

 

“E io ti dico di sì!!!”

 

 

 

Intanto al magazzino, dopo le prove, i ragazzi avevano deciso di uscire a fare un po' di baldoria. Mandy si aggregò a loro e, durante il tragitto, rimase alcuni passi indietro insieme a Duff.

 

“Bello, la tua manager è cotta a puntino! Dovevi vederla che sguardi ci lanciava quando bevevamo la birra insieme. Io dico che puoi lanciarti all'attacco!”

 

Duff non aveva fatto nulla quel giorno con Mandy...o meglio, ci avevano provato, ma la mente del biondo era da un'altra parte...da una ragazza mora che gli aveva fottuto il cervello.

Aveva parlato alla ragazza di cosa lo turbava e lei si era offerta di essere presente alle prove per tastare il terreno.

 

“Dici? Ho paura di fare un casino, contando che è la nostra manager!”

 

“Sì, quello è senz'altro da tenere in conto...però io dico che devi provarci. Poi vedremo come risolvere gli eventuali problemi.”

 

“Slash mi uccide!”

 

“E perchè mai?”

 

“Mi ha detto che devo tenere l'uccello nelle mutande con lei!”

 

Mandy rise di gusto. “Vedrai che, in caso con lei vada bene, anche lui se ne farà una ragione!”

 

Arrivarono al locale e si piazzarono al bancone, dove non badarono a spese. A serata inoltrata, erano tutti e sei ubriachi. Slash si alzò dallo sgabello su cui si era appollaiato dicendo: “Stronzi, io vado da Jane. Quella ragazza è una bomba!”

 

“Man, ma è tardi, è mezzanotte!” disse Duff.

 

“Lei è sempre pronta per me, bello!” rispose il riccio, sbandando leggermente per il troppo alcool ingerito.

 

“Duff, perchè non accompagni Slash? Non credo che da solo riuscirebbe ad arrivare a destinazione!” disse Mandy ad alta voce, strizzando l'occhio al biondo.

 

Così Duff, ovviamente per semplice amicizia, accompagnò Slash a casa di Jane e Miri; una volta arrivati davanti al portone, il riccio si attaccò senza il minimo di finezza al citofono. E fu proprio Jane a rispondere e a fare una risatina sentendo chi fosse.

La bionda li aspettava sulla porta, con una micro tuta addosso, fatta di shorts e canotta, che per Slash furono un richiamo incredibile dato che subito le saltò addosso.

Miri, sentendo trambusto, sbucò dalla porta della camera, per vedere solo Slash e Jane coinvolti in un bacio mangia faccia, e Duff in piedi nel mezzo del corridoio che le sorrideva imbarazzato.

 

“Scusa l'ora, ma Slash voleva venire a trovare Jane. L'ho accompagnato perchè era troppo ubriaco!”

 

“Duff! Lasciaci solo per favore!” gli disse Jane, mentre Slash le mordicchiava il lobo di un orecchio.

 

La bionda fece in tempo a guardare Miri e farle l'occhiolino, ricevendo in tutta risposta una alzata di occhi al cielo della mora e la visione di Duff che la seguiva nella sua stanza. 

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Capitolo 12
*** 12 ***


Miri si era rimessa nel letto, sotto le coperte, e aveva preso il libro che stava leggendo; il suo obiettivo era fare finta di nulla, fare come se Duff non fosse lì…o almeno, come se non gliene fregasse un cazzo.

Quando sentì il biondo chiudere la porta e sedersi sul bordo del letto, nonostante la tentazione i suoi occhi si mantennero sul libro, nonostante in quel momento non vedessero nulla.

 

“Delitto e castigo? Accidenti, che lettura leggera!” scherzò Duff, cercando di attirare la sua attenzione. Miri alzò lo sguardo verso di lui, uno sguardo glaciale, che fece sbarrare leggermente gli occhi del biondo.

 

“So che tu ti limiti a leggere Topolino, ma grazie al cielo c’è anche qualcuno che ama capolavori come questo…” disse acida la mora, pentendosi però subito dopo di quello che aveva detto. “Scusa, non dovevo essere così stronza…”

 

“E’ vero, sei stata un po’ stronza. Ma ormai ci ho fatto l’abitudine!” le fece l’occhiolino, strappandole un sorriso. “Dovresti essere meno stronza e più allegra. Sei bellissima quando sorridi, sai?”

 

Miri arrossì, reclinando il capo per cercare di nascondere le sue guance imporporate. Non doveva cedere, non doveva cedere…se lo ripeteva come un mantra…

Nella stanza calò il silenzio, e di conseguenza l’imbarazzo; la manager non sapeva più cosa dire, tantomeno cosa fare. Odiava quelle situazioni, la portavano a essere più stronza della norma.

 

“Come sta la tua ragazza?” chiese al bassista.

 

“Intendi Mandy?”

 

“Sì, Mandy…”

 

“Non è la mia ragazza.”

 

“La tua trombamica, allora…”

 

“Così è più azzeccato!” ridacchiò Duff, scatenando uno sbuffo innervosito di Miri. “Sarai mica gelosa?”

 

Miri diventò di ogni colore. “Co…cosa ti viene in mente?”

 

Pessima mossa quella di parlare…la sua voce la stava tradendo: era roca, tremula, decisamente non convincente.

 

“Non ci sarebbe nulla di male, sai…” Duff, strisciando il sedere sul letto, era risalito avvicinandosi ai cuscini, e quindi a Miri.

 

“Certo che ci sarebbe qualcosa di male…sono la tua manager!”

 

“Ma tu mi piaci molto, Miri…sei bella, intelligente, cazzuta…”

 

Miri lo guardò con gli occhioni sbarrati e Duff non potè non pensare che fosse ancora più bella, con il viso impaurito e arrossato.

Lei non rispondeva e il biondo decise di agire: si voltò verso di lei, poggiando un ginocchio sul letto e le si avvicinò. Miri rimase immobile, troppo scioccata per poter dire o fare qualsiasi cosa; sentiva il respiro di Duff sulla pelle, come la sera prima quando erano seduti sul marciapiede di quel vicolo lurido. Sapeva anche quella sera di alcool, fumo, tabacco…e qualcos’altro di estremamente sensuale che la stava inebriando.

Duff le sorrise lievemente, mettendole una ciocca ribelle dietro l’orecchio, e lasciò la mano appoggiata sulla sua guancia morbida; le diede un lieve bacio sulle labbra, da cui si scostò subito, per poi iniziare a carezzarle con i polpastrelli la guancia e il collo.

Miri sentiva i suoi polpastrelli un po’ ruvidi da musicista sul viso e sul collo, e un brivido le percorse tutta la schiena; sentiva di aver già il fiato corto, per così poco, accidenti. Non aveva un ragazzo da parecchio tempo, ma, cazzo, avere il fiato corto per due innocue carezze era troppo!

Nonostante questi rimproveri che oscillavano nella sua mente in quel momento vuota, non riusciva a scostarsi da lì, o almeno a scostare la sua mano; nemmeno quando vide il viso di Duff inclinarsi e avvicinarsi inesorabilmente a lei.

Il biondo poggiò le sue labbra sottili su quelle di Miri, in un bacio inizialmente senza pretese: temeva che lei potesse dargli uno sberla o volesse interrompere il contatto. Ma quando sentì che Miri metteva una mano nei suoi capelli, Duff le morse leggermente il labbro inferiore per farle schiudere la bocca; le loro lingue iniziarono ad accarezzarsi lentamente, in un bacio dolce ma allo stesso tempo passionale.

La ragazza era preda di quelle emozioni sconvolgenti che un solo bacio le stava dando, di quella rockstar più giovane di lei, così scapestrato, drogato, alcolizzato…ma che cazzo, sapeva baciare incredibilmente bene!

Duff, dal canto suo, era preda di quel bacio esattamente come Miri: il suo amico nei piani bassi era già più che sveglio…avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla prendere lì, su quel letto, in quel momento. Ma sapeva che doveva trattenersi se non voleva farla allontanare.

Il loro bacio durò minuti, che a loro parvero ore, e quando Duff la spinse gentilmente giù per farla sdraiare sul letto, miri sbarrò gli occhi, rendendosi improvvisamente conto di quello che stava accadendo. Poggiò le piccole mani sul petto di Duff e lo allontanò da lei; lui la guardava perplesso, il viso arrossato e i capelli biondi spettinati. Miri pensò che era bellissimo, un istante prima di rendersi conto che aveva fatto una stronzata.

 

“Michael…” gli disse “Non possiamo, lo sai meglio di me. Io sono la manager della tua band e non possiamo permetterci problemi sentimentali che potrebbero rovinare le cose. Questo bacio è stato…bello, non posso negarlo. Ma dobbiamo fare come se nulla fosse, d’accordo?”

 

Per Duff, fu come prendersi una secchiata d’acqua gelida addosso: pensava di avercela fatta, l’aveva vista così coinvolta da quel bacio. E invece niente, lo aveva stupito un’altra volta. “Come se nulla fosse? Dici sul serio?”

 

Miri si era alzata dal letto e si era avvicinata alla porta. “Sì, sono più che seria. E ora, se non ti dispiace, vorrei dormire. Puoi dormire sul divano, dato che quei due credo saranno impegnati per tutta la notte.” Duff si alzò in piedi e in pochi passi fu fuori dalla porta. “Buona notte, Duff.”

 

Il biondo rimase alcuni istanti impalato davanti alla porta chiusa, per poi andare rassegnato nel salotto e piazzarsi sul divano. Prese il telecomando e accese la tv, iniziando a fare zapping per poi fermarsi sulla classica MTV. Di sicuro, non sarebbe riuscito a prendere sonno facilmente.


Ma di certo, non sarebbe stato l'unico. Miri si rimise a letto, sospirando e toccandosi le labbra che, fino a pochi istanti prima, Duff aveva baciato con ardore. Era eccitata, non sapeva nemmeno lei come era riuscita a fermarsi: se avesse aspettato ancora pochi minuti, il suo cervello si sarebbe spento del tutto e probabilmente si sarebbero ritrovati a fare sesso come due animali.
Accidenti a lui, al fatto che fossi così sexy e risvegliasse in lei certi istinti sopiti ormai da tempo...non stava con un ragazzo da almeno un anno. E anche prima, non aveva mai avuto relazioni particolarmente durature...la sua vita era dedicata al lavoro, non aveva tempo per l'amore. Ma Duff...Duff l'attraeva come una calamita. E quel bacio aveva solo confermato l'attrazione che provava per lui.
Ma lui era il bassista dei Guns...i Guns erano la band di cui lei era manager, la prima band di cui era manager...band che aveva ottime possibilità di fare strada e, di conseguenza, ne aveva anche lei come manager. Non poteva rovinare tutto per una cotta...perchè sì, si trattava senza dubbio solo di una cotta.
E tentando di convincersi di ciò, si addormentò.

 

 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Il mattino seguente, la sveglia suonò presto per Miri, dato che alle 9 aveva appuntamento con Alan alla Geffen; appena aprì gli occhi, quello che era accaduto con Duff la notte precedente le tornò alla mente e fece un sospiro. Ora, lo avrebbe visto di là sul divano…sperava solo che dormisse e non si accorgesse di nulla. Prese alcuni abiti dall’armadio e andò in bagno il più silenziosamente possibile. Si vestì, si raccolse i capelli in una coda e si truccò, dato che profonde occhiaie le solcavano il viso.
Una volta pronta, prese in camera giacca e borsa e andò in salotto, dove Duff dormiva profondamente sul divano, coprendosi alla bell’e meglio con il giubbotto di pelle. Miri lo guardò, ripetendosi per l’ennesima volta quanto cazzo fosse bello quel ragazzo; prese da un armadio che stava nel corridoio, e contenente un po’ di tutto, una coperta e la lanciò sul copro del biondo che così sarebbe finalmente stato al caldo.
Si sentì un po’ in colpa per averlo mandato lì, sul divano…ma di certo non poteva farlo dormire nel suo letto…probabilmente, avrebbero fatto tutt’altro, non dormire.
Prese la metro che, in una ventina di minuti, la portò alla Geffen. Entrò e si recò subito all’ufficio. di Alan, che era già al lavoro sommerso di centinaia di fogli.
 
“Miriam, tesoro, entra!”
 
“Ciao Alan.”
 
“Ciao bambolina. Che occhiaie, stai bene?”
 
Benissimo, ieri sera sono quasi finita a letto con il bassista dei Guns ‘N Roses, ma che vuoi che sia… “Non ho dormito molto bene, tutto qui…”
 
“Guarda un po’ qui…” Alan le porse un giornale locale dove si parlava del concerto tenuto dai Guns due sere prima. “Non capita spesso che questo giornale da strapazza parli di concerti…l’ultima volta è successo con il primo concerto dei Motley Crue…”
 
“Hanno la serata per le prossime settimane, più altre che speriamo di ottenere…”
 
“Ottimo lavoro, Miriam, stai andando alla grande. Ma ciò non mi stupisce…sapevo che ce l’avresti fatta! Invece, a proposito di materiale come sono messi quei 5 stronzi?”
 
“Molto bene, direi, un album ci esce tutto…e alcuni pezzi avanzano senza dubbio. Hanno tre ballate, ma penso che dovremmo inserirne una sola…e poi hanno parecchi ottimi pezzi. C’è solo un problema…”
 
“Quale?”
 
“Non sono disposti a scendere a compromessi con le loro canzoni. Non accettano modifiche o miglioramenti.”
 
“Non ha importanza, da quel che ho sentito può andare benissimo così.”
 
“Ma Alan…sei sicuro?”
 
“Miri, fidati. Quei cinque hanno bisogno solo di migliorie per il loro comportamento da cazzoni…per la loro musica, invece, non ne hanno bisogno. Io credo che possiamo iniziare le registrazioni fra meno di un mese. Partiamo a marzo e facciamo uscire l’album a luglio. Va bene?”
 
“Benissimo. Prenoto la sala registrazioni per i prossimi mesi.”
 
“Brava ragazza. Vai ad avvisarli…e portagli un anticipo per il contratto e l’album.”
 
“Un anticipo? Sono capaci di buttarlo via in droga un anticipo, Alan!”
 
“Cazzi loro…io un anticipo glielo devo dare, la Geffen glielo deve dare. Se poi non sono in grado di usarli bene, a me non interessa. Qui c’è l’assegno. Ci sentiamo domani, Miri, fammi sapere se hai prenotato la sala.”
 
Miri sbuffò, uscendo. Era sempre così con Alan: quando aveva finito, la cacciava praticamente dal suo ufficio senza darle consigli, o qualcosa di simile per gestire quella situazione. La prima cosa che fece fu quella di chiamare la sala registrazioni e prenotarla dal primo di marzo fino ai primi di giugno e poi uscì per andare al magazzino, anche se sapeva che probabilmente mancavano Duff e Slash.
Quando bussò alla saracinesca di quella sottospecie di casa, andò ad aprirle Izzy.
 
“Ciao, Miri. Che ci fai qui?”
 
“Ciao Iz. Vi porto un assegno con un anticipo della Geffen per il vostro contratto e l’album che inizierete a registrare a inizio marzo.”
 
Izzy sbarrò leggermente gli occhi, incredulo. “Cazzo, sta succedendo davvero…”
 
“Sì, sta succedendo davvero. Ora si fa davvero sul serio…non potete permettervi cagate. Tieni, qui c’è l’assegno. Inutile dirvi che spero vivamente non sputtaniate tutto in droga, alcool e troie…trovate un posto decente dove vivere, sistemate gli strumenti…ma i soldi sono vostri, quindi fatene pure che cazzo volete.”
 
“Grazie, Miri. Grazie di tutto!”
 
“Nulla…ci vediamo domani sera al Rainbow, Iz, avete la serata.”
 
“Lo so, lo so. Abbiamo appeso qui il tuo calendario.” Indicò una parete dove con un pezzo di scotch era attaccato il foglio dove Miri aveva scritto tutte le serate che la band aveva.
 
“Fantastico. Ci vediamo domani sera alle 8.30. Ciao Izzy!”
 
Miri uscì dal magazzino e iniziò a parcheggiare…non aveva voglia di tornare a casa, temeva che ci sarebbe stato ancora Duff e di vederlo proprio non se la sentiva. Che cazzo avrebbe potuto dirgli? La sua determinazione nel non volerlo più vedere non era molta, e temeva che per qualche bella parola da parte sua sarebbe crollata come un castello di sabbia.
Non aveva fatto colazione e, nonostante fossero già le undici passate, decise di fermarsi in una tavola calda vicina al Sunset a mangiare qualcosa.
Entrò, e vide subito seduti a un tavolo Axl con una ragazza, che le dava la schiena; Miri gli si avvicinò per salutarlo.
 
“Miriam, ciao! Che fai da queste parti?”
 
“Sono andata al magazzino, ma ho trovato solo Izzy. Comunque, lui ti spiegherà tutto.”
 
“Certo, certo. Miri, posso presentarti Erin? Erin, lei è Miriam, la nostra manager.”
 
Miri guardò la bella e sorridente ragazza che era con il rosso: la riconobbe subito.
 
“Sei la Sweet Child o’ mine, vero?” Erin annuì, arrossendo. “E’ un piacere conoscerti.”
 
“Piacere mio, Miriam.”
 
“Bene, vi lascio, vado a ordinare qualcosa. Axl, ci vediamo domani sera, c’è la serata al Rainbow!”
 
I tre si salutarono e Miri andò al bancone, dove ordinò un cappuccino da portare via e un croissant alla crema; mangiò e bevve passeggiando verso casa e, una volta là, non potè fare altro che salire, sperando che i due se ne fossero già andati. Del resto, era mezzogiorno!
Ma quella, a quanto pareva, non era la sua giornata fortunata perché, appena aperta la porta di casa, venne accolta da urla e gemiti provenienti dalla stanza di Jane, e vide Duff in cucina.
Lui sembrava non essersi accorto dell’arrivo della ragazza e, dopo un istante, Miri capì perché: stava ascoltando il walk-man, e precisamente il suo walk-man. Canticchiava sottovoce ed era assorto nel fare qualcosa sul tavolo…non capiva cosa e quindi mise la testa in cucina. Rimase a bocca aperta: stava preparando una torta!
Duff si accorse di essere osservato. “Ciao!” le disse “Mi annoiavo e ho pensato di fare una torta per ringraziarvi dell’ospitalità!”
Miri lo guardò perplessa: si stava comportando come se nulla fosse…forse anche lui si era reso conto che sarebbe stato impossibile, per loro, avere una relazione. Tirò un sospiro di sollievo: le stava rendendo le cose molto più semplici del previsto.
 
“Che torta fai?”
 
“Una foresta nera, ovviamente! Ho trovato tutti gli ingredienti!”
 
“Sì, perché dopo che avevo comprato la torta nella pasticceria dove lavori, Jane aveva deciso che dovevamo imparare a farla, dato che le era piaciuta. Aveva comprato tutta la roba, ma ovviamente non ci abbiamo nemmeno provato!”
 
Duff ridacchiò. “C’è del caffè caldo, se vuoi!”
 
“L’ho già preso, grazie. Sono stata alla Geffen, questa mattina, e ho buone notizie. A inizio marzo comincerete a registrare l’album!”
 
Miri vide Duff chiudere gli occhi e sorridere…un sorriso luminoso e bellissimo…e felice. Il ragazzo non poteva credere a quelle parole…era la realizzazione di un sogno.
Miri rimase ad osservare Duff fare la torta, e poi arrivarono anche Jane e Slash, che finalmente avevano terminato con l’attività fisica.
Pranzarono tutti insieme e poi i ragazzi tornarono al magazzino per le prove. Si diedero appuntamento la sera successiva al Rainbow.








Buonsalve! Capitolo tranquillo, dove non accade nulla di che! Nel prossimo ci sarà un piccolo salto temporale di alcuni mesi...ma non so quando riuscirò ad aggiornare, sorry D: Un bacio e grazie :)



 

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Capitolo 14
*** 14 ***


‘Appetite for destruction’ venne pubblicato il 21 luglio 1987. Sarebbe diventato uno dei dischi più importanti della storia del rock ‘n roll, ma loro all’epoca non lo sapevano…per loro, il massimo della vita era festeggiare con una buona dose di alcool, coca e donne.

E infatti andò così, per quasi una intera settimana prima del 21; i ragazzi stavano ancora nel magazzino che avrebbero lasciato a fine mese, e poi sarebbero andati a vivere un po’ di qua e un po’ di là: Axl con Erin, Slash con Jane, Steve con la sua nuova ragazza Adriana Smith, e Duff con Izzy.

Miri non aveva accolto bene l’annuncio di Jane che andava a vivere con il riccio, sia perché non si fidava assolutamente di quel disgraziato, sia perché l’idea di vivere da sola le metteva non poca ansia; il problema non erano le spese, dato che aveva un ottimo stipendio, quanto il tornare a casa e non trovare la sua pazza amica ad aspettarla con una novità o un pettegolezzo.

Però Jane era davvero innamorata di Slash e Miri non desiderava altro che vederla felice…sperava solo che lui non le facesse del male.

Con Duff, invece, le cose andavano bene: con lui, la manager rideva e scherzava esattamente come gli altri membri del gruppo; certo, l’attrazione che provavano l’uno verso l’altra non si era sopita, ma entrambi probabilmente, Duff soprattutto, avevano compreso che era meglio essere amici.

Dopo la settimana di sfascio totale, fu tempo di una festa organizzata dalla Geffen per l’uscita dell’album. Tutti i Guns dovevano ovviamente partecipare, anche per la presenza di alcuni giornalisti e di una tv locale che avrebbe fatto loro delle riprese.

Alan si era raccomandato con Miri che quei 5 debosciati avessero un aspetto presentabile e che evitassero le solite magliette con scritte oscene.

Così, il giorno prima, Miri aveva dato appuntamento ai musicisti per andare a comprare qualche abito per la festa; avevano acconsentito, a condizione che scegliessero loro i negozi dove andare.

 

“Cazzo, ragazzi, non ce la fate ad arrivare in orario?” i cinque arrivarono tutti insieme al punto di ritrovo, e con un ritardo di 20 minuti.

 

“Cosa vuoi che siano 20 minuti, baby…”

 

“Hai ragione, Rose, te puoi fare di meglio!” scherzò Miri ignara che, di lì a qualche anno, Axl avrebbe davvero fatto di meglio. “Andiamo, su!”

 

La condussero in un enorme negozio in stile rock, dove i ragazzi erano soliti rifornirsi; i prezzi erano buoni, ma quel giorno non importava a nessuno, dato che pagava la Geffen.

Duff fu il più rapido, scegliendo un paio di pantaloni di pelle nuovi, una camicia nera e una giacca taglio elegante nuova, Izzy scelse un paio di pantaloni di pelle gialli orribili, una camicia nera e giacca elegante nera, Steven un paio di jeans e una camicia bianca con un panciotto nero, Slash pantaloni di pelle, camicia bianca e giacca da smoking nera gessata bianca e Axl jean,s t-shirt bianca e una gilet leopardato senza maniche.

Miri li osservò tutti vestiti che improvvisavano sfilate ridendo e scherzando: non erano esattamente il prototipo dell’eleganza, ma rispetto ai loro canoni aveva già fatto miracoli. Rise osservandoli mentre sculettavano vistosamente e facevano movimenti effeminati: erano belli, bellissimi. Molto diversi l’uno dall’altro, ma assieme stavano una meraviglia.

Axl era uno degli uomini più sexy che Miri avesse mai visto, con il fisico scolpito e un culetto che parlava da solo. Izzy aveva il classico fascino del chitarrista misterioso e intrigante. Steven aveva un sorriso bellissimo, luminoso, che ti trasmetteva allegria solo guardandolo. Slash aveva un corpo da dio greco e delle mani che facevano miracoli con la chitarra. Duff…Miri si era incantata su Duff, che a sua volta la stava guardando. La manager arrossì vistosamente e il bassista le andò vicino.

 

“Tutto ok, ragazza?”

 

Miri aveva già imparato a sue spese come la voce la potesse tradire quando era nervosa, quindi si limitò ad annuire.

 

“Tu sai già cosa indosserai?”

 

Miri annuì ancora.

 

“Tanto sei talmente bella che staresti bene con qualsiasi cosa addosso!” la mora arrossì ancora di più, soprattutto quando sentì Duff darle un lieve bacio sulla fronte.

 

Gli altri quattro avevano finito di fare le loro scenate e li stavano fissando; Miri corse subito alla cassa per pagare, mentre Duff lanciò uno sguardo di fuoco ai suoi amici. “Che avete da guardare? Lo spettacolo è finito, andiamo…”

 

“Ragazzi!” Miri li chiamò “Voi andate pure a casa, ci vediamo domani sera alla festa. Passerà la limousine alle 8.”

 

Tutti annuirono e salutarono Miri.

Mentre camminavano stranamente in silenzio, Izzy se ne uscì, con la sua solita calma, con una domanda che tutti si stavano ponendo. “Cosa c’è tra te e la manager, Michael?”

Il biondo si piantò in mezzo alla strada, per poi rispondere solo con dei borbottii, tra cui i ragazzi distinsero un ‘coglioni’ e un ‘fatevi i cazzi vostri’.

 

“Michael” Izzy lo prese per una manica delle maglietta e lo fece fermare. Tutti, ovviamente, lo imitarono. “Stai attento, ok? Stiamo facendo maledettamente sul serio, i nostri sogni si stanno esaudendo, e non possiamo rischiare di mandare tutto all’aria per una donna…che tra l’altro non è una donna qualunque.”

 

“Jeff, mi sono sempre tenuto alla larga da lei. C’è stato solo un bacio tra di noi, mesi fa, ma lei poi ha voluto fare come se nulla fosse per non complicare le cose.”

 

“E ha fatto bene, porca puttana, Duff! Che ti passa per la testa?” chiese Axl.

 

“Non lo so, ragazzi, vi giuro…io non ce la faccio…”

 

“Ecco perché hai trombato così poco, ultimamente…” constatò saggiamente Steven.

 

“Bravo genio…manco mi si alza più, porca troia!” calciò una lattina, che se ne stava sul bordo del marciapiede.

 

“Sei messo male, McKagan…”

 

“Taci Hudson…”

 

“Comunque si vede che anche tu le piaci…” disse ancora Izzy.

 

“Si vede sì, cazzo! Oggi ti spogliava con gli occhi!”

 

“Non dire certe cose, Slash…sono in astinenza!”

 

“Ma che schifo!”

 

“Fanculo Steve!”

 

“Sei una checca, amico!”

 

“Fottiti Axl!”

 

 

 

La sera seguente, Miri si stava preparando; con lei c’erano anche Jane, Adriana Smith ed Erin. Avevano deciso di prepararsi tutte insieme per la festa e andare là insieme. Miri aveva optato per un semplice tubino rosso che le arrivava a metà coscia e la fasciava il corpo perfetto, con sopra un giubbino di pelle corto e un paio di decolletè nere con tacco vertiginoso legate alla caviglia. I capelli erano mossi e il trucco leggero. Era uno schianto.

 

“E’ arrivata la limousine!” esclamò Erin, anche lei bellissima in un abito nero, guardando fuori dalla finestra.

 

Le quattro scesero il più velocemente possibile, tacchi permettendo, e salirono sulla grande auto, su cui i Guns le stavano già aspettando.

 

“Ehi bellezze!” vennero accolte da grida di saluto e bicchieri colmi fino all’orlo di champagne.

 

In poche decine di minuti di viaggio, si scolarono 4 bottiglie di champagne, che stava dando già alla testa alle ragazze, soprattutto a Jane, di certo non famosa per la sua capacità di reggere l’alcool. Si lanciò su Slash, con cui iniziò una conversazione decisamente non verbale.

 

“Cazzo, ma fate schifo, ragazzi!” disse Duff, scatenando le risate di tutti.

 

Arrivati alla festa, le coppie si avviarono verso il grande locale dove era stata organizzata la festa. Duff aiutò Miri a scendere dall’auto come un vero gentiluomo e, lei, un po’ sciolta grazie all’alcool, gli disse: “Grazie, mi serviva proprio un aiuto con questi maledetti tacchi!”

 

“Sei uno schianto questa sera, Miri…non ho idea di come farò a starti lontano…” le sussurrò nell’orecchio, vicino a lei…tremendamente vicino. La mora sentì subito il suo profumo così familiare e un brivido percorrerle tutta la schiena. Anche lui era bellissimo: i pantaloni di pelle lasciavano davvero poco spazio alla fantasia, la camicia nera sotto la giacca bianca era sbottonata, e sotto il collo spiccava il suo amato lucchetto.

Nemmeno lei aveva idea di come si sarebbe mantenuta lontano da lui, quella sera.





Buonsalve! Eccomi con un aggiornamento lampo, probabilmente l'ultimo della settimana. Martedì e mercoledì ho due esami, quindi sono con l'acqua alla gola...comunque non disperate, magari o per questa o per la mia altra storia qualche aggiornamento potrebbe scapparci ;) Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono! Un bacione!

 

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Capitolo 15
*** 15 ***


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Pronte???????????? Buona lettura xD




L'inizio della festa fu una noia mortale per tutti: i musicisti furono costretti a subirsi numerose interviste e glielo si leggeva in faccia che nessuno di loro ne aveva per le palle. Anche Miriam, insieme a Tom Zutaut e Alan Niven, dovette subirsi non poche interviste.

Fino a quando, dato che probabilmente anche Alan stesso si era rotto i coglioni, ordinò a tutti i giornalisti di alzare i tacchi, e lì si aprirono finalmente i festeggiamenti. Senza tante cerimonie, gli stessi Tom e Alan se ne andarono subito nel privè del locale con due bionde da sballo, mentre nella sala principale i musicisti, le ragazze e un centinaio di invitati che nessuno di loro conosceva e che probabilmente erano lì solo per bere a scrocco, iniziarono la vera festa.

Un pessimo dj iniziò a mettere musica di ogni tipo, a volte imballabile, ma questo non poteva fermare la voglia di divertirsi dei ragazzi.

L'alcool scorreva a fiumi e anche Miri si ritrovò presto decisamente ubriaca e a piedi nudi a ballare su un tavolo con Jane, Adriana e un'altra moretta che doveva essere una cameriera, data la 'divisa' e il cartellino con il nome sul seno: Daisy. Nonostante l'alcool, Miri si domandò più volte quanti anni potesse avere quella ragazzina. Fatto sta che quello diventò il suo ultimissimo problema, quando partì 'Kiss' di Prince e le sue due amiche iniziarono a saltare, coinvolgendola in una danza folle.

Anche Slash si unì a loro, e Jane iniziò a strusciarsi su di lui e, come prevedibile, arrivarono quasi a fare sesso lì su quel tavolo. Anche Adriana era scesa per raggiungere Steven, mentre Izzy era salito per ballare con quella Daisy; Miri si pose ancora lo scrupolo di quanti anni potesse avere, scrupolo che di nuovo dimenticò quando Duff, da sotto, le tese la mano per farla scendere. Miri la afferrò e, in un secondo, si ritrovò tra le braccia del biondo. I due iniziarono a ballare stretti, strusciandosi l'uno sull'altro senza alcun pudore, tanto che ben presto Duff si ritrovò con una notevole erezione strizzata nei pantaloni.

Miri se ne accorse e Duff temette che fuggisse a gambe levate; invece la stupì, rimanendo sempre con i suoi fianchi uniti a quelli del bassista e, non contenta, si voltò iniziando a strusciare il suo fondoschiena sul bacino di Duff, che stava letteralmente dando di matto.

La fece voltare di nuovo verso di lui e, con irruenza, la baciò: la teneva stretta a sé, con una mano nei suoi capelli, e le aveva aperto la bocca per intrufolare la lingua quasi con forza.

Ma Miri non parve scandalizzarsi e, anzi, a sua volta mise una mano dietro la testa di Duff e non si fece pregare ad approfondire quel bacio. Quando si staccarono, entrambi avevano a fiato corto e Miri il viso arrossato: si sentiva una ragazzina in quel momento, era bastato un po' d'alcool per far crollare le sue difese.

Ma in quel momento non desiderava altro.

Duff la guardò e pensò che non l'aveva mai vista più bella di così: provava lo stesso desiderio che stava provando lui in quel momento, semplicemente ne era spaventata. Il biondo le si avvicinò e le sussurrò nell'orecchio: “Ti va se andiamo via di qui?”

Miri annuì e si fece accompagnare al guardaroba, leggermente barcollante; prese la borsa e il chiodo e, sempre per mano a Duff, uscirono in strada; l'aria fresca della notte la colpì e fu un vero toccasana per la sua testa che sembrava non volerla smettere di girare.

Il bassista la trascinò dall'altra parte della strada, dove si era appena fermata un taxi, richiamato da un suo gesto; i due salirono e Duff diede il suo indirizzo. Miri si sistemò meglio sul sedile, appoggiando il capo e chiudendo gli occhi; Duff la avvolse con le sue braccia e nessuno dei due disse nulla fino a quando non arrivarono.

Miri scese dal taxi dopo Duff, che di nuovo le afferrò la mano, sorridendole; lei ricambiò il sorriso, nonostante in quel momento non fosse padrona delle sue labbra, del suo viso e tantomeno della sua mente. Le sembrava di essere in un sogno, quando ti muovi ma le tue gambe vanno da sole.

Entrarono nell'appartamento del biondo che, come Miri notò nonostante la sbronza, era un vero disastro: ma del resto cosa aspettarsi da due ragazzi single che vivevano da soli?

Duff le prese la giacca e la appese a un appendiabiti scassato che c'era nel corridoio; dopodichè le si avvicinò e le accarezzo dolcemente il viso.

 

“Stai bene, Miri?”

 

“Sì...mi gira solo un pochino la testa...”

 

“Vuoi prendere un po' d'aria?” Miri annuì e Duff la condusse sul piccolo terrazzino. “Vuoi un po' d'acqua?” La ragazza annuì ancora e il biondo rientrò per prenderle un bicchiere d'acqua.

 

Miri respirò a pieni polmoni l'aria fresca e si sentì subito meglio: stava iniziando a ragionare quasi lucidamente. Sapeva benissimo dov'era, sapeva benissimo con chi era...e sapeva di avere una voglia matta di fare sesso con Duff. Non aveva mai fatto colpi di testa nella sua vita...ok, iniziare a 25 anni non era esattamente il massimo...a 25 anni e con il lavoro che stava facendo...ma non aveva voglia di pensare a quello...al domani.

Al domani ci avrebbe pensato...domani...ora aveva un solo obiettivo.

Rientrò in casa proprio mentre Duff stava per portarle il bicchiere; glielo prese dalle mani, lo scolò tutto d'un fiato e lo poggiò sul tavolo, per poi buttargli le braccia al collo e baciarlo con impeto.

Duff rimase inizialmente interdetto, per poi realizzare subito cosa stava accadendo e rispondere attivamente al bacio.

Sollevò Miri e la fece sedere sul tavolo, urtando accidentalmente il bicchiere che cadde a terra rompendosi in mille pezzi. Ma nessuno dei due se ne interessò.

Miri strinse le gambe dietro il sedere del biondo, per avvicinarlo di più a lei e poter sentire, di nuovo per la seconda volta in quella serata, l'effetto che lei gli faceva. Timidamente, gli fece togliere la giacca, che cadde a terra, e poi gli sbottonò i pochi bottoni della camicia, sfilandogli subito anche quella. Miri iniziò a baciare il petto magro e bianco di Duff, che iniziò a sospirare di piacere. Le prese il viso per baciarla di nuovo e, di peso, la portò in camera da letto.

Una volta lì la fece sedere e le tirò giù la zip del vestito, svelando un completo intimo di pizzo nero che diede il colpo di grazia al suo povera cuore.

Si avventò su di lei, come un leone sulla preda, e iniziò a lasciare baci bollenti su tutto il suo corpo; le tolse il reggiseno, iniziando a stuzzicarla e gemendo mentre sentiva Miri sbottonargli i pantaloni di pelle e mettere una mano dentro accarezzandolo languidamente.

Presto, rimasero entrambi completamenti nudi e si ammirarono con sguardi pieni di desiderio; Duff fece aprire le gambe a Miri e si sistemò nel mezzo. Dopo averla stuzzicata un po' con le dita, la penetrò, lentamente, scatenando un forte sospiro nella mora, che strinse forte le mani sulle spalle di Duff. Il bassista si mosse inizialmente piano, per gustarsi al massimo quell'incredibile piacere che non ricordava di aver mai provato; ma quando Miri gli mise le mani si glutei per chiedergli di più, perse il controllo. Iniziò a muoversi velocemente, fino a quando non sentì lei tendere tutti i muscoli e venire, soffocando un gemito nel suo collo; quella visione lo fece impazzire e, dopo un paio di spinte, la seguì.

Duff rimase dentro di lei, mentre i loro respiri si calmavano e, quando uscì, si coricò accogliendola tra le braccia. Stremati e in pace con il mondo, crollarono addormentati. 

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Capitolo 16
*** 16 ***


Quando Miri aprì gli occhi, stava albeggiando: lo poteva vedere dalla luce che entrava dalla finestra dato che le persiane erano aperte.
Aveva la bocca impastata e pensava di poter bere litri di acqua; facendo il più piano possibile per non svegliare Duff, si alzò e cercò di recuperare tutti i pezzi che nella foga della sera prima erano volati chissà dove.
Quando ebbe preso tutto, uscì e chiuse la porta della stanza di Duff; andò in bagno e, nel farlo, passò davanti alla stanza di Izzy, che non si era curato di chiudere la porta…contando il fatto che non era solo. Curiosa, Miri si sporse un po’ e potè vedere in quel groviglio di arti, capelli e coperte quella giovane cameriera che ballava con loro sul tavolo.
Scuotendo il capo, si chiuse a chiave in bagno e tentò di darsi un aspetto almeno decente, dato che doveva andare alla Geffen e tempo per andare fino a casa sua, contando il traffico mattutino di LA e che era dall’altra parte della città, non ce ne era. Si sciacquò il viso ripensando a quello che era accaduto la sera prima…un qualcosa di inevitabile, contando i precedenti. Era andata a letto con il bassista della band che seguiva…che razza di casino. Doveva parlarne con Alan, a costo di essere licenziata; sapeva che lo avrebbe deluso, ma non dicendogli la verità sarebbe stato solo peggio.
Una volta pronta, pronta si faceva per dire ovviamente, percorse il breve corridoio per uscire ma potè vedere che c’era qualcuno in cucina; subito trasalì pensando fosse Duff, ma poi…
 
“Jeff…che fai sveglio?”
 
“Potrei chiedere la stessa cosa a te…anzi  te chiederò perché hai dormito qui…”
 
Miri arrossì, rendendosi conto di essere stata colta in castagna. “Jeff, siete liberi di licenziarmi. Io stessa stavo per andare alla Geffen a parlare con Alan.”
 
“Noi non abbiamo nessuna intenzione di licenziarti. Non credo possa esserci nulla di male se tu e Duff avete una storia…credo che entrambi siate abbastanza intelligenti da saper essere comunque professionali…per me, non c’è problema…”
 
Miri non si stupì nemmeno troppo della tranquillità con cui Izzy disse quelle parole…del resto era Izzy.
 
“E tu invece, con quella ragazzina?”
 
“Carina, ci siamo divertiti…”
 
“Mi è sembrata molto giovane, ieri sera…”
 
“Ha 18 anni…”
 
“Almeno quello…”
 
“Non credo tu sia nella posizione migliore per farmi la paternale, manager…” Miri alzò le braccia in segno di resa e, dopo un rapido saluto, uscì nella fresca aria mattutina di LA.
 
Fermò un taxi e si fece condurre alla Geffen; come previsto, impiegarono un’ora buona e giunsero a destinazione alle 8. Miri aveva ancora mezz’oretta per fare colazione.
Prese ben due croissant e un cappuccino con la panna…doveva sedare le sue ansia in qualche modo, no?
Alle 8.30 entrò alla Geffen, dove la segretaria le disse che Alan non era ancora arrivato; allora, si mise nella sala d’aspetto dove fu costretta ad attendere per più di mezz’ora. Sentì dei passi nel corridoio e, pensando fosse Alan, si alzò e si avviò verso di lui; ma girato l’angolo potè vedere che non era Alan…
 
“Perché te ne sei andata stamattina?”
 
“Duff, ti prego, non qui…”
 
“Cos’è, ti vergogni di essere venuta a letto con me?”
 
“Michael, per favore, non dire sciocchezze. Devo lavorare…”
 
“Hai intenzione di fare come se niente fosse anche questa volta, eh?”
 
“Michael…”
 
“E’ così vero?”
 
Duff urlò quella ultima domanda e Miri si sentì gelare il sangue nelle vene quando sentì una voce più che famigliare.
 
“Che cazzo succede qui?”
 
Era Alan. Erano fottuti.
 
“Vorreste dirmi che avete da urlare, eh?” Alan guardò prima Miri, poi Duff, poi di nuovo Miri, ma nessuno dei due parlò. “Il gatto vi ha mangiato la lingua?”
 
“Signor Niven, io…” balbettò Duff.
 
“Taci McKagan…alle 9 del mattino non ho voglia di sentir cagate. Miriam, nel mio ufficio. Subito.”
 
Il tono di Alan non ammetteva repliche e due ragazzi lo compresero subito; si lanciarono un ultimo sguardo mentre Miri saliva le scale per andare nell’ufficio del suo capo, mentre lui era rimasto giù a parlare con la segretaria di alcuni appuntamenti.
Miri entrò nell’ufficio di Alan e si sedette su una delle due sedie appostate davanti alla scrivania; si torturava le mani per il nervosismo.
Non poteva crederci di aver mandato tutto a rotoli per una cotta: il suo lavoro, il suo rapporto con Alan…praticamente tutta la sua vita, dato che non aveva altro, a parte Jane.
Si irrigidì quando sentì la porta la porta aprirsi, ma non si voltò.
Alan, in silenzio, si sedette sulla sua poltrona, dall’altra parte della scrivania, e, sfregandosi il viso con le mani, disse:
 
“Miriam…che ci faceva Duff qui?”
 
“Alan, prima che tu possa dire qualunque cosa, sappi che la cosa che mi ferisce di più è averti deluso…non tanto perdere il lavoro, quanto averti deluso!”
 
“Perdere il lavoro? Che vai dicendo?”
 
“Ecco, riguarda Duff…”
 
“Mi hanno detto che ieri sera ti hanno vista andare via dal locale con lui…ed eri ubriaca…cosa devo aspettarmi dal post serata?”
 
Miri abbassò la testa, mortificata e rossa come un peperone.
 
“Ci sei andata a letto?”
 
Lei annuì leggermente, sull’orlo delle lacrime.
Alan sospirò e di nuovo si sfregò il viso  con le mani; Miri contava i secondi che la separavano dall’essere cacciata fuori a calci.
 
“Miri, non posso dirti di essere felice di questa cosa…perché già la situazione con i Guns ‘N Roses non è facilissima contando che tipi sono…le implicazioni sentimentali portano di rado a qualcosa di buono. Però non ho la minima intenzione di licenziarti, o di toglierti l’incarico. Tu continuerai a seguire quei 5 coglioni…se poi, pensi di essere davvero presa di Duff e di voler creare qualcosa con lui, confido nella tua intelligenza e professionalità per poter comunque portare avanti il tuo compito.”
 
La mora era allibita: mai più si aspettava una risposta del genere da suo capo. Non poteva negare di essere sollevata, dal punto di vista lavorativo…ma rimaneva il punto di vista del suo maledetto cuore, che negli ultimi mesi prendeva a battere furiosamente quando Duff si avvicinava.
Dopo aver lasciato Alan, decise di prendersi una giornata per lei, senza niente e nessuno che la potesse disturbare.
Aveva bisogno di pensare.

 

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Capitolo 17
*** 17 ***


Dopo essere andato alla Geffen, Duff era tornato a casa con la coda fra le gambe. Lì, aveva trovato quella ragazzina, Desy, che stava facendo colazione con Izzy. Da quando Izzy era così un gentiluomo? Ok, nessuno di loro era stronzo come Axl che cacciava le sue amanti a calci…ma nemmeno loro avevano mai brillato per educazione e galanteria.
 
“Michael” Duff non aveva parlato appena era entrato in casa: voleva solo andarsene in camera sua a dormire. Ma il moro lo aveva notato, ovviamente. “Da dove arrivi?”
 
“Ho fatto una passeggiata”
 
“E da quando tu passeggi alle 8 del mattino?”
 
“Stradlin, non ti ci mettere anche tu per favore, ok??? Probabilmente abbiamo perso la nostra manager e tutto perché sono un coglione che non sa tenere l’uccello nelle mutande. Se volete cacciarmi dalla band, fate pure…però ora non infierire, cazzo!” Duff stava urlando. Izzy pensò che non lo aveva mai visto così, quindi lo lasciò andare senza replicare.
 
Quando sentì sbattere la porta della sua stanza, telefonò ad Axl, Slash e Steven, che lo mandarono senza mezzi termini a quel paese dato che erano appena le 10 del mattino, l’alba per chi, come loro, aveva folleggiato tutta la notte. Ma il chitarrista non si fece certo grossi problemi e organizzò una riunione lì nel suo appartamento, dato che la questione Duff/Miri era da affrontare tutti insieme.
I musicisti se la presero con comodo e arrivarono dopo più di un’ora; quando Izzy, che intanto aveva salutato Desy dandole appuntamento per quella sera stessa, riuscì a farli sedere tutti sullo sgangherato divano del suo salotto, spiegò il motivo della riunione, prima di andare a chiamare Duff e parlare anche con lui.
 
“Ragazzi, Miri ha passato la notte qui…”
 
“Le avete ceduto un letto, almeno, o l’avete fatta dormire su ‘sto divano di merda?”
 
Tutti guardarono Slash con un sopracciglio alzato, domandandosi se era una battutaccia. Ma vedendo l’espressione seria del chitarrista capirono che no, non aveva colto il doppio senso della frase di Izzy.
 
“Io lo dicevo che scopare troppo con Jane ti fotteva gli ultimi neuroni…” disse disperato Axl. “Coglione, dubito che le abbiano dovuto lasciare il letto! E se Izzy è qui che ci parla di questa cosa, il cerchio si restringe…”
 
Slash riflettè un secondo, per poi alzarsi di scatto. “Io gli taglio il pisello a quell’imbecille!”
 
Si avviò a grandi passi verso la stanza di Duff e spalancò la porta. “Coglione, vieni qui che ti devi tagliare l’uccello!”
 
Michael, che aveva sentito urla e schiamazzi, aveva capito cosa stava succedendo di là e stava attendendo il momento in cui sarebbero venuti a chiamarlo. Si alzò dalla sedia su cui stava e si avviò, come un condannato al patibolo, verso il salotto.
 
“Prima che possiate dire qualsiasi cosa, ragazzi, voglio dirvi che mi dispiace…e che se avremo conseguenze da questa faccenda siete liberi di cacciarmi dalla band.”
 
“Michael” disse Steven “Non è solo colpa tua…lei ha partecipato attivamente come te, penso…”
 
“Era talmente ubriaca che non ci scommetterei, Adler!”
 
“Fottiti, Slash…è lei che ci ha provato, sai? Se no per me potevamo anche dormire come due angioletti…”
 
I quattro rimasero in silenzio fissando Duff, per poi scoppiare a ridere come dei matti; il biondo arrossì: in effetti, non era stato particolarmente credibile.
 
“Comunque, ciancio alle bande…”
 
“Bando alle ciance, Slash…” lo corresse Izzy.
 
“E’ uguale…ora credo che dobbiamo parlare con Miriam, vi pare?”
 
“Sì, lo credo anche io. Idee di dove sia?” domandò Axl.
 
“Stamattina è andata alla Geffen…” Duff decise di omettere il piccolo dettaglio di averla seguita e averle fatto una scenata da fidanzatino geloso e Izzy, grazie a dio, mantenne quella discrezione che tanto gli apparteneva.
 
“Che ne dite di provare a chiamarla là e chiederle di venire qui?” propose Slash.
 
“Si può fare…cerco il numero.” Izzy andò in cucina dove tenevano il telefono.
 
Rimase alcuni minuti di là e poterono sentirlo parlare con qualcuno dall’altra parte della cornetta; tornato in salotto, disse agli altri che Miri aveva lasciato la Geffen un paio di ore prima.
 
“Proviamo a chiamarla a casa…” propose allora il batterista.
 
Izzy annuì e tornò in cucina a fare quella seconda telefonata; ma questa volta non lo sentirono parlarono, il che significava che la manager non era a casa.
 
“Non ci resta che aspettare e riprovare finchè non la troviamo…” concluse il rosso. “Cazzo, McKagan…ti avevamo avvisato, no??”
 
“Lo so…sono un coglione…”
 
“Comunque qualsiasi cosa accada non ti cacceremo dalla band…ok, hai combinato tu questo casini, ma gli amici non si abbandonano anche se sono dei coglioni. Vero ragazzi?” domandò Axl agli altri.
 
“Ovvio, man!” confermò Steven.
 
“Puoi stare tranquillo, Michael.” Aggiunse Izzy.
 
“Io l’uccello te lo taglio comunque!” concluse Slash in bellezza.
 
Stavano ridendo per quella battuta del riccio chitarrista, quando il citofono suonò.
Di malavoglia, Duff si alzò per andare a rispondere.
 
“Chi è?”
 
“Sono Miri…”
 

 
 


 
Buonsalve! Vi avviso che fino a lunedì non aggiornerò, sorry D:
Grazie a tutti! Un bacio!
 

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Capitolo 18
*** 18 ***


Dopo essere andata via dalla Geffen, Miri era andata al mare: niente la rilassava come una passeggiata sulla spiaggia. Rimase lì, mangiando un gelato, a pensare e ripensare quello che Alan le aveva detto. Lo sconcerto per non essere stata licenziata era notevole, e non poteva fare altro che ringraziare all’infinito quell’uomo meraviglioso che era Alan Niven: se fosse stata licenziata per quel motivo, difficilmente avrebbe potuto fare carriera, conoscendo l’ambiente.
E poi ripensò a Duff…le piaceva, le piaceva molto, come le era piaciuta la notte che avevano passato insieme. Non si sentiva da tempo così desiderata da un uomo…ok, negli ultimi anni aveva lasciato l’amore fuori dalla porta, troppo occupata con il lavoro…però nemmeno prima forse aveva mai incontrato qualcuno come lui.
Forse avrebbe potuto davvero conciliare le due cose…ma sapeva che tipi erano…e che tipo era Duff.
Era un alcolizzato, ogni tanto si faceva anche qualche striscia di coca…e cambiava letto praticamente ogni sera. Non di certo quello che si può definire un tipo affidabile…ma magari sarebbe cambiato…per lei.
Il rischio era che, se mai fosse accaduto qualcosa e si fossero lasciati, avrebbe dovuto lasciare la band. Era disposta a correre il rischio di perdere il lavoro per amore?
Sì…forse…non lo sapeva.
Doveva parlare con Duff…e anche con la band, dato che anche loro avrebbero dovuto approvare la situazione. Poi c’era di nuovo Alan da affrontare…ma quello la preoccupava meno di tutto il resto, dati i precedenti.
Tornò in strada e fermò un taxi per farsi portare a casa di Izzy e Duff.
Quando arrivò davanti alla palazzina sgangherata in cui i due vivevano, citofonò attendendo di sentire una delle loro voci. E fu proprio quella di Duff a rispondere.
 
“Chi è?”
 
“Sono Miri.”
 
La ragazza lo sentì esitare un istante prima di aprirle il portone; fece le scale di corsa e, una volta giunta al piano dove stava il loro appartamento, vide Duff sulla porta con la giacca in mano.
 
“Io vado a farmi un giro…”
 
“Michael aspetta…voglio parlarti…”
 
“Se vuoi parlare, mi trovi nel parco qui dietro casa.” E detto questo si dileguò giù dalla scale, lasciando Miri impalata sul pianerottolo.
 
La ragazza era ancora imbambolata quando sentì una voce che la fece sobbalzare: “Entra, manager. Vuoi stare lì tutto il giorno?” la mora si voltò e vide Axl sulla soglia della porta che la guardava sorridendo.
 
Miri accettò il suo invito e, avvicinatosi al rosso, lui le diede un bacio sulla guancia sussurrandole di stare tranquilla; la ragazza si stupì non poco della rilassatezza del rosso e pensò che, forse, non sarebbe andata così male.
In salotto c’erano anche Izzy, che fumava svogliatamente una sigaretta, e Slash e Steven che stavano facendo un po’ di zapping.
Appena Miri spuntò, il moro si alzò e spense la televisione che gli altri due guardavano con interesse, data la presenza di alcune ballerine sgambettanti e mezze nude.
 
“Ehi, Stradlin, stavo guardando!”
 
“Taci, Adler. E’ arrivata Miri.”
 
Steven sembrò accorgersi solo in quel momento della ragazza e si alzò per salutarla con un abbraccio. Miri scoppiò in lacrime vedendo comunque l’affetto che quei cinque pazzi le trasmettevano.
 
“Accidenti, Adler, che effetto che fai alle donne!” alla battuta di Slash, tutti risero, Miri compresa. “Vieni a sederti vicino a me, bambolina. Io almeno ti faccio ridere!”
 
La ragazza, tirando su con il naso come una bambina piccola, si sedette sul divano tra Slash e Steven, che la abbracciarono ancora come orsi.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Miri decise di parlare.
 
“Ragazzi, se siete qui immagino che tutti voi sappiate cosa è successo con…va beh, sapete con chi. Io voglio dirvi che siete liberi di richiedere un altro manager se non vi va questa situazione. Io non so ancora come mi comporterò con Duff, in realtà, ma voglio dirvi che in ogni caso manterrò la professionalità che ho avuto fino ad ora e che, se nascessero problemi, sarei ovviamente disposta a lasciare la mia posizione. Però, ripeto…devo parlare con Duff e…cazzo, sono così confusa…”
 
“Manager, noi abbiamo parlato di questa situazione tutti insieme.” Disse il rosso con calma. “Duff è preso di te, si vede, e se tu sei qui credo che anche tu lo sia. Sappi che se decidessi di creare qualcosa con il biondo, per noi non sarebbe un problema. Abbiamo imparato a conoscerti in questi mesi e siamo certi che manterresti comunque la tua professionalità. Al biondo non può che fare bene avere una donna come te, che comunque lo seguirebbe nei tour e quant’altro. Quindi, Miri…segui il tuo cuore.”
 
Tutto guardarono Axl scioccati: da quando era così saggio? Solo Izzy non si stupì più di tanto: grazie a dio, William veniva ancora fuori, ogni tanto. Non molto spesso, ma quando accadeva ne valeva davvero la pena.
 
Miri rimase di nuovo in silenzio alcuni minuti.
“Ne siete sicuri? Slash?”
 
“Avevo minacciato Michael di tagliargli l’uccello…ma a questi punti, non voglio farti un tale torto!” la ragazza arrossì a quella frase, mentre gli altri risero.
 
“Steven?”
 
“Stai tranquilla, ragazza…sappiamo che sei una tipa a posto!”
 
“Jeff?”
 
“Sai come la penso, Miri” il moro le fece l’occhiolino e un sorriso sghembo. “Dai, vai da quel coglione del nostro bassista, ora.”
 
Miri si alzò e, presa la giacca, uscì veloce di casa, per andare nel parco dove Duff le aveva detto che l’avrebbe aspettata.
E, infatti, lo vide seduto su una panchina che fumava ansiosamente una sigaretta.
Non disse nulla, si limitò a sedersi lì, accanto a lui.
 

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Capitolo 19
*** 19 ***


 
Il silenzio tra i due rimase per minuti infiniti…sembravano ore, giorni…non semplici minuti formati da soli 60 fottuti secondi. Duff fumava una sigaretta dietro l’altra, Miri si torceva le mani con nervosismo. Ma fu lei a spezzare il silenzio, un attimo prima di impazzire per quel silenzio tra di loro.
 
“Michael…io ho paura. Tanta paura. Questo lavoro è una grande occasione per me e non voglio rischiare di perdere tutto…però mi rendo conto che per la prima volta nella mia vita non riesco a non ascoltare il mio cuore. L’ho sempre fatto, l’ho sempre messo da parte…ma questa volta non ci riesco, Duff…non ho idea di cosa tu mi abbia fatto, ma io ho una paura fottuta di quello che potrà accadere a me…a noi.”
 
Duff la guardò e le sorrise, carezzandole la guancia con l’indice; era bellissima con il respiro accelerato per l’ansia, tutti i suoi dubbi, i suoi timori. Erano gli stessi che provava lui, del resto.
 
“Miri, anche io sono terrorizzato. Sono terrorizzato perché non provo più certe cose per una donna da tempo…cioè, forse non le ho mai provate. E ho paura per la situazione in cui ci troviamo…tu sei la mia manager, la manager della mia band. Tutti noi abbiamo sputato sangue per arrivare dove siamo arrivati, ma non voglio rinunciare a te. Non posso prometterti nulla…sai che sono un alcolizzato, un drogato, uno stronzo inaffidabile…ma proverò a essere migliore…per te. E se andrà male…vedremo cosa fare, come risolvere la situazione. Non voglio però non provare a vivere questa cosa tra di noi…sempre che lo voglia anche tu.”
 
Il cervello di Miri andò all’impazzata in quegli istanti…cosa doveva fare? Lasciarsi andare o rinunciare a Duff? Fanculo…
Buttò le braccia al collo di Duff e lo baciò con dolcezza sulle labbra; il loro bacio divenne subito passionale, riportando alla mente di entrambi la notte trascorsa insieme. Ma quando Duff mise le braccia intorno a Miri per farla sedere a cavalcioni su di lui, lei si staccò.
 
“Duff…dobbiamo andarci piano. Dobbiamo imparare a conoscerci, fare le cose con calma, non bruciare le tappe…come se tra noi non fosse mai successo nulla…”
 
Il biondo sgranò leggermente gli occhi. “Non so se ce la faccio…”
 
Lo sguardo di rimprovero di Miri gli fece capire che non scherzava. “Ok, piccola, ok…ci andremo piano. Mi dedicherò al corteggiamento e a conquistarti nuovamente ogni giorno, va bene?”
 
Miri sorrise e lo abbracciò di nuovo.
 
“Ragazza, però non esagerare con tutta questa fisicità, sono pur sempre un uomo!”
 
La mora rise e si alzò, tendendogli la mano: dovevano andare ad affrontare tutte le persone che gli erano vicine. Dopo sì che avrebbero potuto iniziare una vera relazione.
Prima di tutto, andarono alla Geffen.
Duff se la stava facendo letteralmente addosso ad affrontare Alan Niven, che era quasi un padre per Miri; lei cercava di tranquillizzarlo stringendogli la mano più forte.
Dopo essere stati annunciati dalla segretaria, andarono nell’ufficio di Alan, che nemmeno li salutò, limitandosi a un cenno per farli accomodare.
 
“McKagan, sarò molto chiaro. Falla soffrire e ti taglio le palle. Anche se lei è la manager della tua band, cercheremo tutti di isolare il più possibile il vostro rapporto dal contesto lavorativo. Perciò ti taglierò le palle, a prescindere dal fatto che tu sia il bassista o meno dei Guns ‘N Roses.”
 
Miri ridacchiò tra sé: si aspettava una uscita del genere da Alan, sempre molto protettivo nei suoi confronti. Ma la faccia del biondo era una maschera di angoscia; lei gli mise una gamba sulla coscia per tranquillizzarlo, ma siccome lui non dava segni di reazione parlò:
 
“Alan, non terrorizzare Michael. Ho l’età per assumermi le mie responsabilità. So che non sarà facile, ma io non voglio rinunciare a lui…” i due ragazzi si guardarono e si sorrisero dolcemente.
 
Alan, che le smancerie proprio le detestava, alzò gli occhi al cielo. “Fate vomitare, ragazzi. Va bene, avete la mia benedizione. Ora smammare, ho da fare. Miriam, ci vediamo domani mattina qui in ufficio perché ti devo parlare di una cosa…e McKagan…occhio…”
 
“Grazie Signor Niven…grazie davvero.”
 
“Sì sì…aria adesso…”
 
I due ragazzi uscirono. Miri tentava di trattenere una risata, ma proprio non ce la faceva, e Duff se ne accorse.
 
“Che hai da ridere?”
 
“Stai tranquillo, Michael. Alan non è così terribile come sembra…”
 
“Contando che in un giorno è il secondo che minaccia le mie parti bassi, permettimi di essere un po’ preoccupato!”
 
Miri rise ancora, per poi dare un bacio lieve sulle labbra del biondo. “Dai, andiamo dai tuoi amici adesso.”
 
I due presero un bus per andare all’appartamento di Duff; nessuno dei quattro, per semplice pigrizia, si era schiodato da lì, e ora si stavano fumando una canna in allegria. Quando videro la loro manager, tentarono di nasconderla, con il risultato che Steven bruciò il divano.
 
“Vedi che sei un animale, Adler…dio, quanto mi stai sul culo…”
 
“Calmati, Izzy, tanto questo divano faceva già cagare.”
 
“Sì sì, ora sciollare gente…” intervenne Duff.
 
“Alè che McKagan deve fare il coniglio!”
 
“Slash! Smettila! Ragazzi, vi pregherei di evitare, almeno in mia presenza, battutacce…vi ricordo che sono prima di tutto la vostra manager. Ora forza, andate dalle vostre donne e levatevi di qui.”
 
Tutti sbuffarono, ma si alzarono dal divano.
 
“Slash, salutami Jane.” Disse Miri.
 
“Contaci, baby!”
 
“Jeff, non voglio che vai via anche tu, è casa tua!”
 
“Tranquilla, ho un appuntamento!”
 
“Jeff, sta attento…è molto giovane…” aggiunse Miri, riferendosi a quella ragazzina, Desy.
 
“Manager, sta tranquilla. E sta attenta anche tu.” Il moro le fece l’occhiolino, a cui Duff aveva risposto con un bel dito medio.
 
Quando tutti furono usciti, Miri e Duff si accomodarono sul divano.
Ora che avevano ricevuto la benedizione da tutti, potevano cominciare davvero a stare insieme.






 
 
Hola ;) Eccoci qui, con i nostri due che ce l’hanno fatta! Vi avviso che ho iniziato una nuova storia: si intitola ‘HOME’  e se volete farci un salto, non mi fate che piacere!
Grazie a tutti :D
Un bacione
 

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Capitolo 20
*** 20 ***


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Dopo aver lasciato casa di Duff, Slash se ne andò all’appartamento dove viveva con Jane; la ragazza era appena arrivata dal lavoro e stava mettendo un po’ in ordine la loro casa.
 
“Ciao piccola…”
 
“Ehi, stallone…già a casa?”
 
“Sì, con una notevole novità…”
 
“Ovvero?”
 
“Miri e Duff si sono messi insieme…”
 
Jane sbarrò leggermente gli occhi a quella notizia e ascoltò attentamente tutto il racconto del suo riccio.
 
“Sicuramente Miri te ne parlerà…”
 
“Le dirò se domani pranziamo insieme…così, anche se non ne ha le intenzioni, le farò sputare il rospo…”
 
“Astuta, la mia ragazza…” le disse, avvolgendole le braccia intorno alla vita e dandole un lieve bacio sulle labbra.
 
Jane gli sorrise e approfondì subito quel bacio, intrufolando le mani nei ricci del chitarrista, che amava all’inverosimile.
Slash si sedette sul divano, mettendosi Jane a cavalcioni, senza mai staccare il contatto delle loro labbra. Nonostante stessero insieme da mesi, la loro vita sessuale era incredibilmente attiva e perfino Slash era talmente soddisfatto che non sentiva nemmeno il bisogno di qualche scappatella, come aveva sempre fatto con le sue ex ragazze.
Jane gli tolse la t-shirt e lui la imitò subito, ghignando fra sé quando vide che la ragazza non portava il reggiseno; si tuffò subito sui suoi seni, che adorava, e Jane gettò indietro la testa sospirando, appena sentì la lingua di Slash torturarle i capezzoli.
Si baciarono di nuovo e Jane slacciò rapidamente i pantaloni di pelle del chitarrista, mettendo una mano dentro e iniziando a massaggiare il suo membro già duro; dopo alcuni minuti di tortura, Jane si alzò e si tolse gli ultimi indumenti rimasti, sfilando poi del tutto i pantaloni a Slash. Dopodichè si rimise su di lui e, prendendo il suo membro in mano, lo inserì dentro di lei, scatenando in Slash un gemito gutturale.
Jane iniziò subito a muoversi energicamente, aiutata dalle mani di Slash sui suoi fianchi; continuò a cavalcarlo, sentendo Slash dentro di lei sempre più in profondità, finchè non sentì il suo corpo attraversato dal piacere dell’orgasmo. Slash adorava vedere il suo viso in quel momento, vederla chiudere gli occhi e aprire la bocca trattenendo un urlo di piacere. Quando poi i suoi muscoli che si contraevano lo avvolgevano completamente, anche Slash raggiungeva l’estasi, dando questa volta a Jane il privilegio di vederlo chiudere gli occhi e stringere le labbra per il piacere provato.
Erano ancora nudi e abbracciati su quel divano, incurante di tutto e di tutti, quando Jane chiese a Slash:
 
“Duff la farà soffrire?”
 
Il riccio rimase un attimo pensieroso. “Sicuramente, Michael fra tutti noi è quello che si fa più coinvolgere dalle relazioni, il più romantico, il più checca di tutti…però, piccola, lo sai anche tu che tipi siamo. Tu hai avuto un gran coraggio a metterti con un cazzone come me…”
 
“Ringrazio ogni giorno quel qualcuno lassù per averlo fatto.”
 
“E io lo ringrazio perché tu ogni giorno sei qui con me…però, dobbiamo essere realisti…Duff è preso di Miri, ma è un disgraziato come tutti noi…magari diventerà il ragazzo perfetto per lei…però non lo so…io temo solo quello che accadrà se quei due si lasceranno…perderemmo la nostra manager…”
 
“Io temo per il suo cuore invece…Miri non è una da colpi di testa, e se lo ha fatto è perché Duff le piace davvero. Speriamo di non dover raccogliere cocci…”
 
“Vedremo, piccola…vedremo…”
 
 
Quando Slash era andato via da casa di Duff, Izzy aveva fatto la stessa cosa. La sera prima si era dato appuntamento con Desy; lei gli aveva dato il suo indirizzo e lui sarebbe andato a prenderla per portarla poi a fare un giro al mare. Quella, almeno, era la sua idea.
Citofonò  e la voce della ragazza lo fece sorridere.
 
“Sono Izzy…”
 
“Hai voglia di salire? Devo ancora prepararmi.”
 
“Ok, che piano?”
 
“Quarto”concluse Desy, aprendo il portone.
 
Izzy imprecò quando vide che non c’era l’ascensore; per tutte le scale se la prese con se stesso per il fatto che fumasse da quando aveva 12 anni e che non riuscisse quasi più a respirare dopo quattro piani.
Desy rise quando lo vide appoggiare una mano alla parete del pianerottolo per recuperare fiato; Izzy la guardò e pensò che era bellissima, soprattutto per il fatto che aveva un semplice asciugamano avvolto intorno al corpo.
 
“Scusa, sono appena tornata a casa e ho fatto una doccia…”
 
“Non ti preoccupare, non abbiamo fretta” il moro le sorrise a sua volta ed entrò nel piccolo appartamento dove la ragazza viveva da sola.
 
“Vuoi qualcosa da bere? Una birra?”
 
“Grazie…” Desy prese due birre dal frigorifero e brindò con Izzy.
 
Dopo averne bevuto buona parte in silenzio, Desy disse che andava a vestirsi e il moro rimase impalato in mezzo alla cucina.
Continuò a sorseggiare la birra, sentendo sempre più la voglia di baciare quella ragazzina che lo aveva colpito come non gli accadeva da tempo. Sapeva che era giovane e che non doveva esagerare…però lei l’altra sera mica si era posta alcun problema. E di esperienza sicuramente ne aveva…dato che era riuscita a farlo impazzire con quelle sue labbra.
Posò la lattina sul tavolo e a grandi passi raggiunse il bagno, la cui porta era solo socchiusa: lo stava provocando, lo sapeva.
La aprì:Desy si stava asciugando e Izzy vide la sua schiena nuda e il suo fondoschiena sodo e rotondo, grazie al quale l’amichetto là sotto si risvegliò di colpo. Desy si girò verso di lui, ma non sembrò per niente sconvolta dalla presenza del ragazzo nel bagno; anzi, si voltò e si avvicinò ancheggiando a lui, avvolgendogli le braccia al collo e baciandolo con passione. Il moro, di certo, non si fece cogliere impreparato.
In un secondo si ritrovarono sul letto della ragazza; Izzy baciò e accarezzò il bel corpo della ragazza e si eccitò quando la sentì gemere sotto le sue carezze. Desy non rimase di certo passiva: lo spogliò rapidamente, dedicandosi poi subito con le labbra all’erezione del ragazzo, che richiedeva prepotenti attenzioni.
Quando entrambi erano al limite, entrò in lei: era delicato e dolce, cosa non comune per lui, e si stavano gustando quelle splendide sensazioni.
Raggiunsero il culmine quasi insieme, rendendosi conto che, forse con nessun altro, avevano mai provato simili sensazioni.

 




 
Hola! Siete vive? Breve capitolo di passaggio, giusto per dedicarci un po’ anche alle altre coppie. Nel prossimo capitolo, che arriverà sabato, avremo un piccolo salto temporale! Grazie a tutti voi che leggete, seguite e recensite!
Smack :D
 

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Capitolo 21
*** 21 ***


Era passato un mese da quel giorno, e la storia di Duff e Miri andava a gonfie vele. Il biondo si stava comportando in modo impeccabile: aveva eliminato la coca e aveva ridotto drasticamente l’alcool. E, inutile dirlo, non gli era passato nemmeno per l’anticamera del cervello di cercarsi un’altra donna…anche se Miri lo stava mettendo a dura prova.

Sì, perché Miri aveva davvero ‘ricominciato’ da zero ed era un mese che i due si limitavano a baci e carezze innocenti nei momenti di intimità; il biondo era felice perché stavano acquistando sempre più confidenza e complicità…dall’altra sentiva di non farcela davvero più.

I suoi compagni di band non perdevano occasione di prenderlo in giro sulla sua futura cecità, ma lui non avrebbe mai tradito Miri.

Lei sembrava tranquilla e rilassata, anche quando nei momenti di intimità faceva di tutto per allontanarsi da lui ed evitare di fare certe cose…in realtà anche lei stava scoppiando. Aveva perciò deciso di chiedere consiglio ad un’amica…Jane, la quale però non era esattamente la persona migliore a cui chiedere consigli sull’astinenza dal sesso.

 

“Io sarei già morta!”

 

“Su quello non ho dubbi…” rispose Miri alla prevedibile frase di Jane.

 

“Perché devi infliggerti questa tortura, Miri? Duff ti ha dimostrato che tiene a te…e

in vari modi…”

 

La manager ripercorse con la mente i regali che Duff le aveva fatto, i fiori, i bigliettini…e poi, la stessa faccenda del sesso era una dimostrazione.

 

“Secondo te che dovrei fare?”

 

“Che dovresti fare? Prenderlo, sbatterlo contro un muro e farti scopare come se non ci fosse un domani!”

 

Miri sbarrò leggermente gli occhi a quella frase, per poi scoppiare a ridere.

 

“Cosa ridi? Stasera fatti trovare con un completino come si deve…e scatenate questi ormoni, che ormai saranno grossi come gatti!”

 

Dopo un paio d’ore, la mora tornò a casa con tre completi intimi striminziti e sexy che Jane le aveva prestato; quel giorno, Duff era a provare con i ragazzi, dato che il mese dopo avrebbero intrapreso un breve tour in Nord-America per promuovere il disco, ma erano d’accordo che alla sera sarebbe andato da lei…ormai, praticamente, viveva lì.

Miri decise di fare le cose per bene e sistemò una fila di candele che collegava la porta d’ingresso alla camera da letto; lì, dopo aver messo delle belle lenzuola rosse, accese altre candele e poi indossò il babydoll azzurro che Jane le aveva prestato. Quando sentì la porta di casa aprirsi, si sedette sul letto, in silenzio, aspettando l’arrivo di Duff; man mano che i passi del biondo si avvicinavano, Miri si sentiva sempre più eccitata. Ora che aveva preso la grande decisione, non aspettava altro che sentire le labbra e le mani del biondo su di sé.

Appena comparve sulla porta della camera da letto, le sorrise dolcemente e si sedette sul letto accanto a lei.

 

“Sei bellissima.” Le sussurrò, per poi baciarla con passione.

 

In un attimo, Miri si ritrovò schiacciata sul letto dal corpo di Duff, che la stava mangiando di baci: si era trattenuto per tanto tempo, ora non lo avrebbe più fermato nessuno.

Le mani di entrambi correvano veloci sui loro corpo, cercandosi, assaporandosi, dandosi piacere come quella fatidica notte di un mese prima.

Dopo questa serata, Duff e Miri passarono parecchio tempo a casa da soli a recuperare il tempo perso: uscivano solo alcune ore nel pomeriggio, lei per andare alla Geffen e lui a provare.

Passò un altro mese e con lui arrivò la partenza per il tour; la casa discografica aveva messo a loro disposizione un tour bus. Non era granchè, ma ci si doveva accontentare…del resto, la fama era ancora lontana.

Ogni musicista avrebbe portato con sé una ragazza: Axl con Erin, Steven con Adriana, Slash con Jane, Izzy con Desy con cui ormai faceva coppia fissa…e Duff con Miri.

Nella vita lavorativa, infatti, la loro relazione non aveva dato alcun problema, anzi: tutti apprezzavano Miri per la splendida persona che era e per la correttezza che mostrava ogni giorno. Non aveva mai commesso l’errore di mescolare la vita sentimentale a quella lavorativa, quando era con gli altri trattava Duff come un qualsiasi membro della band…e di ciò i ragazzi e i capi di Miri erano molto soddisfatti.

La mattina della partenza, il punto di ritrovo era la Geffen stessa: c’erano anche Alan e Tom Zutaut e, appena videro quei 5debosciati arrivare barcollando, capirono che già alle 10 del mattino erano ubriachi marci…o forse lo erano ancora dalla sera prima.

Miri alzò gli occhi al cielo, cercando di sorvolare sul fatto che uno di loro fosse il suo ragazzo; Duff si avvicinò comunque a lei, chiedendole subito scusa per lo stato in cui era.

Quando salirono sul bus, tutti si sistemarono nelle loro poltrone con le rispettive donna e crollarono addormentati.

 

“Cosa avete combinato stanotte, Michael?” Miri chiese subito, appena furono da soli, cosa fosse successo la precedente sera…la serata da uomini.

 

“Abbiamo bazzicato sul Sunset…abbiamo incontrato dei vecchi amici che per congratularsi per il nuovo album ci hanno offerto da bere…” il biondo strascicava parecchio le parole, e anche gli occhi un po’ annebbiati indicavano la sbronza di cui era preda in quel momento. “Sai come è, piccola…è maleducazione rifiutare da bere…” Duff ridacchiò, tentando di buttarsi su Miri, che però lo evitò. Appena lui fu sdraiato, crollò addormentato, scatenando una risata della ragazza.

 

Miri organizzò un po’ con l’autista le varie soste e poi raggiunse le altre ragazze, le quali si erano riunite in un punto del bus, dato che tutti i loro uomini dormivano come poppanti.

 

“Come stanno?”

 

“A parte che puzzano come dei maiali, bene…” tutte risero alla frase di Adriana.

 

“Alla prima tappa di stasera nell’hotel li obbligheremo a farsi una doccia!” assicurò Miri.

 

La prima tappa era Sacramento, dove avrebbero suonato e poi passato la notte, prima di ripartire per Seattle.

Miri e le ragazze impiegarono il tempo spettegolando, leggendo riviste, giocando a carte…incuranti delle cinque rockstar che russavano beatamente.



Hola :D Vi avviso che non aggiornerò più fino a venerdì prossimo...lo so, mi odiate D: Prometto che mi farò perdonare! Intanto vi vado ad aggiornare anche Home ;) Un bacio e grazie!

 

 

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Capitolo 22
*** 22 ***


Il tour fu devastante per tutti. Essendo una band non ancora affermata, non potevano certo godere di lussuosi hotel, aerei e quant’altro.
I Guns N’ Roses si ritrovarono a suonare in bettole puzzolenti, molto simili ai club del Sunset dove tante volte si erano esibiti, ma ogni volta riempivano il locale.
Molti ragazzi li acclamavano e conoscevano le loro canzoni, segno che avevano comprato l’album. Erano tutti molto soddisfatti dopo le loro serate, anche se poi erano costretti ad andare a dormire su quello scassatissimo tour bus dove non c’era aria condizionata e si schiattava di caldo.
Era notte fonda e stavano viaggiando verso Seattle, dove la sera dopo si sarebbero esibiti. Duff era felice perché avrebbe avuto un paio d’ore nel pomeriggio per andare a trovare i suoi. Aveva anche una mezza idea di portare Miri con sé per presentarla a casa, ma temeva che alla ragazza non andasse.
Dopo che Miri ebbe illustrato a tutti il programma del giorno seguente, andò a sistemarsi nelle due poltrone dove lei e Duff avevano praticamente messo le radici durante quel tour: la ragazza aveva ormai il mal di schiena perenne.
Appena le si sedette accanto, si attaccò con impeto alle labbra di Miri, che di certo non si fece pregare; il sesso su quel bus non era esattamente del più esilarante. C’era solo una tenda che li separava dagli altri e la privacy era pari a zero. Ma questo non li fermava, anche perché in tutto il bus era abitudine darci dentro.
Miri salì a cavalcioni del biondo senza staccarsi dalle sue labbra e lo spogliò in fretta; Duff non rimase con le mani in mano, spogliandola a sua volta.
La ragazza prese in mano il membro duro del bassista e, dopo averlo massaggiato un po’, lo condusse dentro di sé, scatenando in entrambi un gemito che cercarono di soffocare l’uno sulle labbra dell’altro. Quando raggiunsero il culmine, rimasero ancora a lungo uniti, con il capo di Miri sulla spalla di lui.
Duff, intanto, continuava a pensare e ripensare alla proposta di portare Miri a conoscere ai suoi, ma non aveva il coraggio di parlare. Lei si accorse che qualcosa non andava, solitamente Duff era piuttosto logorroico.
 
“Amore, che succede? Sento le rotelline del tuo cervello…”
 
“Mhm…”
 
“Michael?”
 
“Senti, domani io andrò a trovare i miei a Seattle.”
 
“Sì, me lo hai già detto…gli altri invece andranno nel backstage del locale. Pagando il proprietario abbiamo avuto la possibilità di avere già nel pomeriggio i camerini, così si potranno fare la doccia e riposare. Ma non c’è problema: tu vai, ci vediamo poi al locale.”
 
Duff ebbe un tuffo al cuore: ecco, adesso era ancora più difficile.
 
“In realtà mi…mi chiedevo se…se ti andava di accompagnarmi…”
 
Miri sbarrò leggermente gli occhi. “Vuoi presentarmi ai tuoi?”
 
“Ecco, detto in parole povere…sì…”
 
“Oh…” la mora rimase un po’ in silenzio. Non se l’aspettava. Sapeva che Duff la amava, ma non pensava che volesse già presentarle i suoi. In ogni caso, ciò la rendeva felice e non poteva fare altro che accettare. “Molto volentieri, Michael…”
 
“Sul serio?” Duff non ci poteva credere. Nei pochi istanti in cui Miri era rimasta in silenzio, lui si era già fatto centinaia di film mentali sul suo rifiuto, sul volerlo mollare e quant’altro.
 
“Certo. Mi farebbe molto piacere.”
 
Duff la abbracciò come un orso e, in pochi istanti, si ritrovarono a fare l’amore con ancora più passione di prima.
 
Il pomeriggio seguente, Duff e Miri scesero da un taxi davanti a casa McKagan. Era una semplice casetta indipendente, con un orticello nel giardino e fiori ben curati. Duff le aveva raccontato tante cose della sua famiglia: dei suoi fratelli, che ormai, a parte due, vivevano tutti per conto loro; dei problemi incontrati dalla loro famiglia quando suo padre beveva e sua madre doveva farsi in quattro per mandare avanti la famiglia; di suo fratello Bruce che gli aveva insegnato a suonare il basso e a cui doveva praticamente tutto.
E fu proprio Bruce ad aprire la porta; il ragazzo non viveva più a Seattle, ma per l’occasione era venuto lì, nella casa paterna, per rivedere il suo fratellino. Dalla porta spuntarono poi due sorelle e una donna avanti con gli anni ma ancora bella; i suoi occhi avevano il taglio felino degli occhi di Duff e anche il sorriso era identico.
Miri sorrise vedendo la famiglia abbracciarsi con calore ed entusiasmo e rimase con il sorriso stampato sul volto fino a quando Duff le si avvicinò e, posandole una mano sulla schiena, la spinse verso i suoi; avevano deciso di non dire esplicitamente che stavano insieme, lei si sarebbe presentata solo come manager.
 
“Ragazzi, mamma…vi presento Miriam, la nostra manager. Miri ti presento mia mamma Alice, mio fratello Bruce e le mie sorelle Claudia e Lilian.”
 
La ragazza strinse calorosamente la mano a tutti, elargendo sorrisi; solo sotto lo sguardo sospettoso di mamma McKagan si sentì leggermente arrossire. Sembrava che quella donna le potesse leggere dentro e temette che il loro segreto non sarebbe durato a lungo.
Una volta in casa, tutti si accomodarono nel salone, iniziando a parlare dell’album dei Guns ‘N Roses e dei concerti che stavano facendo.
 
“Miriam, ti fa dannare tanto questo debosciato?” chiese Alice.
 
“Beh, sicuramente sia lui che gli altri non sono quelli che si possono definire…ragazzi tranquilli. Ma con un po’ di pugno di ferro riesco a farmi valere!”
Miri fece l’occhiolino a Duff che le sorrise.
 
Continuarono a chiacchierare ancora un po’, finchè Bruce disse a Duff che aveva portato la sua nuova chitarra per mostrargliela e così lo condusse al piano di sopra; mamma McKagan mandò le due figlie in cucina e preparare un po’ di panini da dare a Duff e Miri. E così le due si ritrovarono da sole.
Miri si sentì di nuovo un po’ intimidita davanti allo sguardo indagatore della donna, che aveva mandato di là le figlie per un motivo ben preciso.
 
“Miriam, cosa c’è tra te e mio figlio?”
 
La mora sbiancò a quella domanda, nonostante un po’ se la aspettasse. Comunque non trovò la voce per rispondere; vedendola annaspare, Alice continuò:
 
“Non fraintendermi, non voglio criticarti. E capisco perché non abbiate detto la verità, dato che tu sei la loro manager. Mi sembri una tipa a posto, Miriam, e non puoi fare che del bene a mio figlio.” La donna le sorrideva affettuosamente e Miri si rilassò un pochino. “Mi dispiace che non possiate fermarvi di più con noi.”
 
“Le prometto, signora, che torneremo a trovarla…magari un week end, così avremo più tempo.”
 
“Sarebbe fantastico. E non chiamarmi signora, chiamami Alice.”
 
Miri rispose solo con un sorriso, dato che rientrarono Duff e Bruce.
 
“Mamma” disse Bruce “Ho detto a Michael di smetterla con ‘sta scenetta e di ammettere che lui e Miri…”
 
“Bruce! Che razza di maleducato! Vuoi mettere in imbarazzo la nostra ospite?” il tono di Alice era duro e autoritario e Bruce chinò il capo mortificato. Miri ridacchiò tra sé quando vide Duff fare lo stesso, nonostante il rimprovero non fosse diretto a lui. Miri pensò che quella donna aveva dato un’ottima educazione ai figli, nonostante fossero ben 8, e che riusciva a farsi rispettare e a incutere timore anche in uomini di ormai trent’anni suonati.
 
“Scusalo, Miriam, Bruce è davvero maleducato a volte. Michael, io e Miriam abbiamo avuto una breve conversazione da sole e…non posso dirti altro se non che avete la mia benedizione!” rise Alice, facendo una lieve carezza sul volto del figlio.
 
“Grazie mamma…”
 
“E ora, andate o farete tardi. Claudia! Lilian! Sono pronti i panini?”
 
Le due ragazze arrivarono dalla cucina con due borsate di panini ripieni di ogni ben di dio.
 
“Mamma, ma non era il caso!” le disse Duff.
 
“Certo che lo era, Michael. Ti vedi? Sei magro, peserai 30 chili bagnato! Miriam, guardami che mangi, eh!”
 
“Certo Alice!” rispose Miri cercando di non ridere.
 
“E ora sciò, c’è qui fuori il taxi. Chiamami appena sei a Los Angeles, figlio degenere.”
 
“Sì, mamma…” rispose il bassista abbracciandola.
 
Dopo i saluti e gli arrivederci i due salirono sul taxi e, senza dire nulla, solo guardandosi, iniziarono a ridere a crepapelle.
 
“Non è possibile farla a mamma McKagan. E’ un vero generale!”
 
“Duff, ha cresciuto 8 figli. E’ una donna con le palle come ce ne sono poche! Se poi i tuoi fratelli sono tutti come te!”
 
“Cosa vorresti dire, eh, birichina che non sei altro?!”
 
Duff iniziò a fare il solletico a Miri, che rideva a crepapelle; si fermarono solo quando il taxista lanciò loro un’occhiataccia dallo specchietto retrovisore.
 






Eccomi ad aggiornare anche questa! Vi avviso che il nuovo capitolo arriverà dopodomani :) Grazie a tutti, un bacio!

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Capitolo 23
*** 23 ***


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Quando il tour in Nord-America terminò, tornarono a Los Angeles. Miri venne subito braccata da Alan per la produzione del primo video, con il singolo Welcome to the jungle. Miri parlò con i ragazzi di come fare il video, e alla fine venne deciso di riportare l’esperienza di Axl il quale, arrivato in bus da Lafayette, si ritrova smarrito nella folle città degli angeli. Per poi alla fine diventarne parte integrante.
L’idea piacque alla Geffen e in pochi giorni il video venne girato.
Ma poi arrivò l’ostacolo più grande: MTV. Il canale musicale si rifiutò di mandare il video, considerato troppo crudo e, probabilmente, realistico.
Miri mosse mari e monti, dimostrando le sue grandi capacità ancora una volta e, dopo settimane, riuscì a ottenere che MTV mandasse in onda il video di notte.
La prima notte, tutti erano a casa della manager: Duff, che ormai viveva lì in pianta stabile e tutti gli altri con le loro donne che, incredibile ma vero, erano sempre le stesse. Si riunirono lì, con litri di alcool e chili di patatine, pronti a brindare e fare festa dopo aver visto trasmesso il loro primo video.
E la festa si protrasse poi per il resto della nottata; quando Miri si alzò il mattino seguente a causa del telefono che suonava all’impazzata, trovò un vero e proprio disastro nel suo salotto: gente che dormiva ovunque, sul divano, sulle poltrone, sul tappeto. Rimase di sasso quando, arrivata in cucina dove teneva il telefono, vide sul tavolo Slash e Jane nudi, che dormivano abbracciati.
Alzò gli occhi al cielo, pensando che avrebbe dovuto disinfettarlo, quel tavolo…che schifo.
 
“Pronto” rispose dopo un moto di disgusto al telefono.
 
“Miri, sono Alan.”
 
“Alan ciao! Oggi non dovevo venire in ufficio, no?”
 
“No, tranquilla. Avete visto il video stanotte?”
 
“Sì, lo abbiamo guardato tutti insieme.” Evitò di dire che poi si erano allegramente sbronzati lì a casa sua.
 
“Fantastico. Comunque stamattina mi ha chiamato un tizio di MTV…il video ha avuto un successo straordinario, con picchi di ascolti in quei miseri 4 minuti di canzoni e gente che ha chiamato il canale per ore e ore. Quindi inizieranno a passarlo regolarmente anche di giorno!”
 
Miri sorrise felice: era un’ottima notizia. Stava andando tutto a gonfie vele e ora stava ancora migliorando, se possibile.
 
“Voglio che mettiate in cantiere un altro video…fra un paio di mesi così lo manderemo in onda.”
 
“Va bene, Alan. Oggi ne parlo con i ragazzi.”
 
“Ottimo. Domani vieni in ufficio da me con loro, così ne parliamo tutti insieme.”
 
“Perfetto. Domani saremo da te.”
 
“Buona giornata, Miri. E bravissima.”
 
Miri sorrise e, dopo aver salutato, chiuse la telefonata. Svegliò quei cadaveri dei suoi amici e del suo ragazzo, a cui diede la bella notizia. Tutti ne furono felici ed entusiasti. Dopo le ragazze, tranne ovviamente la manager, se ne furono andate, Miri e i Guns iniziarono a parlare di quale canzone far uscire come singolo. Ci furono varie proposte, per poi optare alla fine per Sweet child o’ mine, che si contrapponeva totalmente alla violenza di Welcome to the jungle.
L’idea venne approvata anche dalla Geffen il giorno seguente e poco dopo iniziarono le riprese.
Due mesi dopo, mesi nei quali i ragazzi si chiusero in studio per creare nuove canzoni, venne mandato in onda il nuovo video e il successo fu ancora maggiore di Welcome to the jungle.
Miri e i Guns vennero travolti subito dalla fama, e quindi da interviste, impegni, il progetto di un nuovo album. Non c’era ancora abbastanza materiale per un album al livello di Appetite, perciò nel 1988 venne inciso Gnr Lies, una sorta di ‘contentino’ con 4 tracce inedite e altre cover. Miri avrebbe pensato per tutta la vita che quella registrazione, avvenuta in una sessione di un solo giorno dal vivo, era stata senza dubbio uno dei momenti più belli della sua carriera.
Le vendite di Appetite continuavano e, prima della pubblicazione di Gnr Lies, venne estratto ancora un singolo da Appetite, ovvero Paradise City.
Quando poi venne pubblicato Gnr Lies, vennero vendute un numero impressionante di copie, incredibile contando che l’album era stato inciso in un solo giorno di lavoro.
Seguì poi un altro tour, anche al di fuori degli Stati Uniti, con tappe in Australia e Asia.
Il successo dei Guns ‘N Roses aumentava ogni giorno di più: loro erano entusiasti, Miri era entusiasta e la sua carriera era ormai più che avviata. Stavano diventando la band più famosa del mondo.
Nessuno avrebbe immaginato che quello era solamente l’inizio della fine.

 
 




Hola! Lo so, capitolo deprimente e breve, ma mi serviva per fare un quadro generale della situazione…dal prossimo, come prevedibile, inizieranno i problemi…non so bene quando arriverò comunque il prossimo capitolo, spero prima possibile!
Grazie mille :D
Un bacio
 

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Capitolo 24
*** 24 ***


Ciao a tutti!!! Piccola nota...da questo capitolo in avanti seguirò a grandi linee gli eventi più importanti nella storia dei Guns 'N Roses, ma le date non saranno 'storicamente' corrette...devo adattarle un po' al mio corso della storia!!! Premetto che il nuovo capitolo arriverà giovedì, mentre probabilmente domani arriverà il nuovo di Home!
Buona lettura ;)




Il 1990 fu un anno difficile per tutti.

La fama tanto agognata era arrivata e, con essa, l'essere trasportati in una condizione completamente nuova ed estranea a ragazzi che, fino a pochi mesi prima, dovevano badare al centesimo se volevano mangiare almeno due volte al giorno. Ora tutto era nuovo: gli album Appetite for destruction e Gnr Lies arrivarono ai primi posti di tutte le classifiche e venivano vendute numeri di copie impensabili. Erano comparsi sulla copertina di Rolling Stones, agli MTV Music Awards...insomma, erano dei divi.

La Geffen, intanto, si leccava le dita davanti a quella che per loro, inaspettatamente, era diventata una vera fabbrica di denaro; nessuno si aspettava che quei 5 squattrinati potessero fare breccia in quel modo nel cuore del mondo e non avevano mai investito molto su di loro. Dopo un breve tour in cui i Guns aprivano per i Cult, la Geffen concesse loro una pausa da concerti e spettacoli per rimettersi in studio. Nessuno di loro aveva ancora avuto a che fare con i Guns 'N Roses famosi, pieni di soldi e a briglie sciolte.

Dopo un paio di mesi, mesi in cui i ragazzi non avevano fatto alcun progresso nella produzione di nuove canzoni, Miri decise di parlare con loro a quattrocchi. Li riunì nel suo ufficio alla Geffen, dato che in quel momento non era né loro amica né la donna del loro bassista.

 

Ragazzi, vi ho chiamati perchè credo che sia il caso di parlare un po' della vostra situazione...Steven, mi stai ascoltando?” la mora guardò verso il batterista che, svaccato su un divano dell'ufficio, se ne stava a capo chino ridacchiando tra sé per qualcosa che nessuno di loro comprendeva.

 

Sentendosi chiamare, Steven alzò il capo verso la manager, ridendo ancora; Miri vide bene i suoi occhi e capì subito che era strafatto. Capì anche che la situazione era più grave del previsto; sentì montare dentro una gran rabbia, perchè aveva una paura fottuta che tutto quello che con il sudore avevano costruito fosse mandato a monte per quella merda.

 

Allora, pezzi di stronzi.” urlò, attirando l'attenzione se non di tutti i musicisti, almeno di quattro. “La situazione non sta andando bene. Vi stiamo lasciando del tempo, tempo in cui siete profumatamente pagati, per preparare un nuovo album. Forse per la produzione di Appetite potevate permettervi di fare ancora i coglioni. Ora no. Ora men che meno. Vi rendete conto di dove siete arrivati? E vi rendete conto che se continuate a bere e a farvi non concluderete nulla? Porca puttana, vi avevo dato tre mesi per fornirmi una traccia per un ipotetico album, contando che 5 o 6 canzoni le avevate già E voi che cazzo avete fatto? Nulla!!!!! Trovate in fretta una soluzione, ragazzi, perchè non ci siamo per niente.”

 

Tutti rimasero in silenzio assoluto: perfino Steven sembrava aver recuperato un po' di coscienza. Nessuno di loro aveva mai visto Miri così, nemmeno Duff; certo, qualche litigio tra loro c'era stato, e sempre per le dipendenze del bassista, ma mai e poi mai lei si era arrabbiata in quel modo.

Quel rimprovero fece capire loro che forse dovevano davvero mettersi sotto, e Axl fece la sua proposta.

 

Andiamo via da LA. Andiamo a Chicago, lì comporremo meglio.”

 

Va bene, qualsiasi cosa. Ne parlerò con i miei superiori, ma non ci saranno problemi. Fate le valigie, partiremo a giorni.” concluse Miri.

 

 

E così fecero: si spostarono a Chicago, dove rimasero un paio di mesi. Mesi in cui Izzy si perse, Steven si perse, Slash si perse...tutti e tre nel tunnel della droga. Duff beveva parecchio, ma riusciva a limitarsi grazie alla presenza di Miri, e Axl...Axl spariva.

Quando i ragazzi si presentavano in studio, lui non arrivava, oppure, quando arrivava, lo faceva con ore di ritardo: ancora non era diventata un'abitudine, quella dei suoi ritardi da prima donna.

La situazione era fuori controllo, nonostante Miri tentasse in tutti i modi di recuperare quelle 5 anime che si stavano perdendo; mandò Duff a Seattle, dai suoi, dove rimase per un mese riducendo drasticamente l'uso di alcool e annullando quello della coca. Jane andò a prendersi Slash, che costrinse a una astinenza forzata, ma che funzionò per liberarlo, almeno in quel momento, dal tunnel dell'eroina.

Rimaneva Steven, e Izzy, i quali, senza più ragazze, passavano le loro notti nei locali a scopare, tirare e farsi una pera dopo l'altra.

Miri parlò con Izzy, che considerava uno dei più ragionevoli della band, e il ragazzo decise di andare in una clinica, dove rimase per due mesi, uscendone ripulito.

Rimaneva Steven: tutti, Miri, Alan, i ragazza ormai puliti, tentarono di tirarlo fuori dal tunnel in cui ormai non vedeva nessuna luce. Ma pareva che lui non volesse farsi aiutare.

La goccia che fece traboccare il vaso fu il Farm Aid, dove i ragazzi suonarono due canzoni, di cui una fu la nuova Civil War; ma fu un vero disastro.

Miri osservava da dietro le quinte come Duff tentava di stare vicino alla batteria per dare il ritmo a Steven che, completamente fuori, aveva già aperto lo spettacolo con un ruzzolone sul palco: quello era stato solo l'inizio per un concerto, grazie a dio durato solo un quarto d'ora, pietoso.

 

Sei un coglione, Adler, sei un coglione!” nel backstage Axl, in preda all'ira, aveva preso Steven per la maglietta sbattendolo contro un muro. “Sei talmente fatto che non riesci nemmeno a tenere due bacchette del cazzo in mano!”

 

Axl, mollalo...” gli disse pacata Miri, nonostante dentro di sé avesse un casino ingestibile. “Steven, così non va. Già in studio non stai dando il meglio...stasera è stato ancora peggio. Devi smettere di usare quella merda.”

 

Ma io riesco a suonare...” biascicò il biondo.

 

No che non ci riesci, pezzo di stronzo!” urlò di nuovo Axl.

 

Steven perse la pazienza e partì un pugno, che prese in pieno lo zigomo del rosso; nel backstage calò il silenzio più totale. Nessuno aveva le palle per parlare.

 

Steve...devi andare in riabilitazione.” disse poi Slash dopo un tempo indefinito. La tensione, in quella stanza, si tagliava con il coltello.

 

Non ne ho bisogno Slash. Tutti voi avete smesso senza chiudersi in quelle galere...”

 

Steven, perchè ci siamo riusciti noi, non è detto che ci riescano tutti. Magari tu ne hai più bisogno di noi.” aggiunse Izzy omettendo che lui, della riabilitazione nella clinica, ne aveva davvero avuto bisogno.

 

Col cazzo, io non ci vado. Io smetto quando voglio.”

 

Sentimi bene, Adler, o vai a disintossicarti, o sei fuori dai Guns.”

 

Miri si irrigidì: quella minaccia era molto pesante e molto dura per il futuro della band. Ma i musicisti avevano la facoltà di licenziare un membro della loro band e lei, in quel caso, non aveva voce in capitolo.

 

Tanto siete solo dei luridi ipocriti del cazzo. Siete marci fino al midollo e trovate da dire a me. Fanculo ragazzi, me ne vado dai Guns. Avrete notizie da un mio avvocato.”

 

Tutti guardarono muti Steven prendere la sua giacca e uscire dal backstage sbattendo la porta.

Un istante dopo che fu uscito, Slash scoppiò a piangere.


 

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Capitolo 25
*** 25 ***


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Buonsalve a tutti voi! Allora, primissima cosa, ringrazio Chara che mi ha regalato la splendida copertina qui sopra...grazie grazie grazie :D
Riguardo al capitolo, invece, vi dico che non sarà particolarmente lungo e che non accade nulla di che, dato che ho voluto dedicarmi solo alla bella coppietta qua sopra ;) Tra l'altro, attente perchè è un po' rosssssssso ;)Il prossimo, invece, sarà dedicato ai nostri coniglietti preferiti!!!
E...nient'altro, credo...domani arriverà il nuovo capitolo di Home!
Grazie a tutti voi e buona lettura ;)





 I giorni successivi furono un incubo per tutti: il nome di Steven non era più venuto fuori, ma aleggiava continuamente tra di loro. Soprattutto quando, durante una riunione alla Geffen, i ragazzi vennero a sapere di una lettera dell'avvocato dell'ex batterista che, in poche parole, li portava in tribunale. La sentenza ci sarebbe stata un mese dopo.

Nel frattempo, però, i Guns dovevano trovarsi un nuovo batterista: Miri e Alan dissero chiaramente ai musicisti che era tempo di incidere il nuovo album, album che i fans stavano aspettando con ansia e impazienza. A parte l'ultima breve e disastrosa esibizione, non facevano concerti da tempo, ed era ora di mostrare al mondo che i Gun 'N Roses c'erano, nonostante tutto.

Inizialmente, si dedicarono alle ricerche Duff e Izzy, senza però giungere a nlla di soddisfacente. Anche Miri si faceva in quattro, andando in vari club o studi dove sapeva che musicisti più o meno famosi si riunivano per jammare in tranquillità.

Ma loro si trovavano a un livello molto alto, e non andava bene un musicista qualunque.

Ciò che preoccupava la ragazza, inoltre, era anche il suo rapporto con Duff: lo stress in quel periodo era alle stelle ed era da tempo che non riuscivano a ritagliarsi un po' di tempo per loro stessi. La manager decise quindi che quel sabato si sarebbero dedicati a loro stessi e basta.

Quella mattina, dopo aver staccato il telefono per non avere nessuna rottura, preparò la colazione e la portò a letto a Duff; il biondo si stropicciò gli occhi, svegliato dall'aroma di caffè e dal profumo delle brioches calde.

 

A cosa devo questo servizio?” le domandò, baciandole leggermente le labbra.

 

Quanto è che non ci dedichiamo un po' a noi, McKagan?”

 

Molto, in effetti. E mi manchi da impazzire.” Duff abbracciò Miri e fece per baciarla, ma lei lo bloccò.

 

Prima fai colazione, o si fredda tutto.”

 

Non mi importa.” Duff prese il vassoio e lo posò sul comodino accanto al letto, per poi tuffarsi letteralmente su Miri.

 

La ragazza rise, vedendosi schiacciata tra il materasso e il corpo del biondo; ma, sentita l'erezione di lui che già premeva sul suo interno coscia, si accese in lei un vero e proprio fuoco.

Si baciarono con impeto, togliendosi rapidamente i pochi abiti che indossavano; Duff le baciò il collo, scendendo poi sui seni, che stuzzicò prima con le dita e poi con la lingua. Miriam iniziò a gemere, portando una mano tra i capelli del biondo, incitandolo a continuare.

Duff, dal canto suo, non aveva alcuna intenzione di andarsene di lì e continuò la sua tortura portando una mano all'intimità di Miri; inserì un dito in lei, scatenandole un forte gemito, gemito che fu più forte quando le dita divennero due.

Il biondo la portò al limite, e fu Miriam a fermarlo; invertì le posizioni e iniziò ad accarezzare lentamente l'erezione di Duff, che chiuse gli occhi godendosi al massimo il suo tocco. Quando poi Miri aggiunse le labbra e la lingua alla sua tortura, lui impazzì del tutto, gemendo e sospirando sempre più forte.

La allontanò quando sentì di non resistere più e, portandola sul suo bacino, la penetrò lentamente; entrambi gemettero, e Miri iniziò a muoversi piano.

Duff le arpionò i fianchi, dandole un ritmo sempre più veloce finchè, prima lei e poco dopo lui, non raggiunsero il culmine.

 

Wow...ne avevo bisogno...” sussurrò Miri, una volta sdraiata accanto a Duff che la abbracciava.

 

Vedi che sei una piccola pervertita...” la prese in giro il biondo.

 

Ma smettila...è che...abbiamo avuto così tanti casini ultimamente...”

 

Ti prego, non parliamone. Non oggi. Godiamoci questo week end, ok? Perchè non ce ne andiamo da qualche parte? Togliamoci un po' da LA...”

 

Potremmo andare in una spa, che dici?” propose Miri.

 

Una spa...pace, relax, massaggi...ci sto!”

 

Miri sorrise e baciò felice il biondo. “E allora, prepariamo la valigia!”

 

Un'ora dopo, i due erano in viaggio verso una spa: distava un paio d'ore da LA e si trovava in mezzo la verde. Intorno, per chilometri, c'erano solo alberi e prati: un paradiso, insomma.

I due non avvisarono nessuno per non avere scocciature: necessitavano di un paio di giorni solamente per loro. E così fu: passarono il sabato e la domenica a farsi coccolare da idromassaggi, saune, massaggiatori...e le nottate a fare sesso sfrenato, come non accadeva dai primi tempi in cui stavano insieme. Ritornarono a LA solamente il lunedì mattina, e i due andarono diretti alla Geffen.

Miri si beccò una strigliata da Alan perchè aveva provato a chiamarla cento volte, ma l'uomo fu comprensivo quando lei spiegò che avevano staccato due giorni, o avrebbero dato di matto.

Alan, comunque, anche se a malincuore, ributtò su Miri tutte le responsabilità che la ragazza, per due miseri giorni, aveva rimosso: dovevano cercare un batterista, e non era una cosa su cui potevano permettersi di indugiare troppo.

Miri si rimise subito al lavoro: organizzò una riunione con i Guns per il giorno seguente per parlare di questa faccenda. I ragazzi erano piuttosto giù, Slash soprattutto, che si era rifiutato di partecipare alle ricerche insieme a Izzy e Duff.

Ma alla riunione del giorno seguente lo trovò cambiato e, come avrebbe saputo dopo, solo per merito della mitica Jane. 

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Capitolo 26
*** 26 ***


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Hola :D Come anticipato, questo capitolo è dedicato a Slash e Jane, dove conosceremo un aspetto diverso del loro rapporto ;) Non so bene quando aggiornerò questa storia, domani arriverà il nuovo capitolo di Home! Grazie a tutti voi e buona lettura :D


  
Quando Jane vide arrivare a casa Slash in lacrime, si prese una spavento non da poco: non lo aveva mai visto piangere, tanto meno singhiozzare come in quel momento. Era andato verso la camera da letto come un automa e si era buttato sul letto, rimanendo per ore a fissare il soffitto bianco. Jane si era seduta accanto a lui e, inizialmente, aveva provato a capire cosa fosse successo, per poi lasciar perdere quando vedeva che lui non dava segno di aprire bocca. Si era quindi limitata a coricarsi accanto a lui e prenderlo tra le braccia, e il riccio si era stretto a lei come un bambino fino a quando non si era addormentato.
Lo sistemò, quindi, sotto le coperte, per poi andare in salotto e telefonare a Miri, la quale le spiegò che la band aveva licenziato Steven per la troppa droga. Jane sospirò, sapendo quanto Slash fosse legato al batterista, sapeva della loro amicizia che durava da quando erano ragazzini e capiva perché si sentisse così.
Era andata di nuovo a letto e lui, sentendola, si era di nuovo avvinghiato come un polipo alla sua donna, quella che in quel momento era la sua ancora.
I giorni erano passati e la situazione non è che fosse tanto migliorata: Slash passava tanto tempo in casa, uscendo solo per andare a sbronzarsi. Aveva saputo dagli altri che si erano messi alla ricerca di un nuovo batterista e che avevano bisogno di Slash.
Ma Slash non c’era, o meglio, non voleva esserci.
Jane voleva fare qualcosa: non poteva limitarsi a stare lì a guardare. Lei era la sua donna ed era suo compito aiutare il chitarrista.
Così, un sabato mattina, proprio lo stesso in cui Duff e Miri erano partiti per il loro week end alla spa, Jane portò la colazione a letto al riccio, che aveva i postumi di uno sbronza con i fiocchi.
 
“Non ho fame, Jane…”
 
“Mangia…”
 
“Ti ho detto che non fame.”
 
“MANGIA, Hudson.” Slash la guardò stupito: Jane non era mai stata una che si imponeva con lui, che lo costringesse a fare cose che a lui non andavano. Proprio per questo stava così bene con lei: lui le lasciava i suoi spazi e lo stesso faceva lei…nei limiti, naturalmente.
 
E si rese conto che lui quei limiti li aveva superati, che aveva passato l’ultima settimana totalmente sbronzo, senza stare a sentire una parola di quello che Jane tentava ogni tanto di dirgli; le era grato per il fatto che non gli avesse domandato nulla, ma sapeva che lei era stata informata. In ogni caso, aveva apprezzato la sua discrezione.
Prese il croissant bollente e lo addentò, facendo cadere un rivolo di marmellata ustionante sul mento, marmellata che Jane gli tolse con un dito che avvicinò alle labbra del chitarrista.
 
“Bravo, amore, mangia tutto.” Gli disse come se fosse un bambino. “Nel frattempo ti vorrei parlare.”
 
Slash annuì, pronto a beccarsi una ramanzina con i fiocchi…che sapeva comunque di meritarsi.
 
“Senti, Saul…io so bene cosa è successo: so bene cosa è accaduto a Steven, e posso capire come tu ti stia sentendo…”
 
“No, Jane” la interruppe “Non puoi capire come mi sento. Io mi sento uno schifo, un vero e proprio stronzo…il più stronzo sulla faccia della terra. Sono amico di Steven da più di dieci anni e l’ho cacciato dalla mia band…e perché? Perché è un tossico esattamente come me!” Jane vide calde lacrime scorrergli sulle guance e gliele asciugò con i pollici.
 
“Ora tu non lo sei, Saul…”
 
“Ora no, ma lo ero…come e più di lui! E sono solo un ipocrita del cazzo! L’ho cacciato, l’ho allontanato dalla cosa più bella che ci sia mai capitata da…da sempre! Stavamo decollando e l’ho mandato via…”
 
“Allora, intanto non l’hai mandato via solo tu…e poi, Saul, capisci che lui non riusciva più a suonare. Cosa dovevate fare? Mandare a monte la vostra carriera? Lo so che stai male, lo stiamo tutti perché tutti eravamo affezionati a Steve…però purtroppo è andata così. Tu devi andare avanti, Saul! Non buttare via tutto quello che di bello avete costruito…con tanta fatica e tanto sudore. Un giorno recupererai il rapporto con Steven, senza Guns, senza droghe, senza null’altro che non sia la vostra amicizia…ora devi andare avanti, amore mio…”
 
Slash la guardò: era bellissima, nonostante le occhiaie, segno di notti che lui le aveva fatto passare insonne per la preoccupazione, i capelli un po’ arruffati e il pigiamone di cotone.
E l’amava: l’amava come non aveva mai amato nessuna donna.
L’amava perché sapeva cosa dirgli e quando dirglielo. L’amava perché era una donna con due palle quadrate dato che, lo sapeva, stare con uno stronzo come lui non era facile. L’amava perché in quella brutta situazione aveva saputo lasciarlo solo quando lui, silenziosamente, glielo chiedeva, e perché aveva saputo intervenire quando lui, sempre silenziosamente, glielo aveva chiesto.
Jane vide la sua rockstar aprirsi in un sorriso, un sorriso che non vedeva più da giorni e che le mancava come l’aria.
 
“Ti amo, Jane.” Lui non lo diceva spesso…ne era consapevole di quello che provava, ma non pensava che dirlo in continuazione dimostrasse che fosse vero. Lui prediligeva i gesti, non le parole.
Ma in quel momento glielo doveva dire: doveva farlo, o sarebbe scoppiato.
Lei lo abbracciò, stretto, come se da quell’abbraccio dipendesse la loro vita…e forse era proprio così.
Si baciarono con passione e desiderio, e si ritrovarono stesi sul letto, a fare l’amore: Slash la cercava, aveva bisogno di lei, di sentirla…e fu proprio quel giorno che la sentì, forse come non l’aveva mai sentita.
Si spogliarono con lentezza, si accarezzarono piano, come se dovessero scoprire quei corpi che, invece, conoscevano a menadito.
Slash le era sopra e le baciava il collo, il mento, le spalle, i seni, la pancia; Jane sospirava e guardarla con gli occhi chiusi e la bocca aperta lo fece impazzire.
Ma fu dolce, dolce come forse non era mai stato, anche quando entrò in lei, scatenando gemiti da parte di entrambi; Slash iniziò a muoversi, con spinte lente ma decise, per entrare in lei il più possibile. La vide e la sentì, dopo un po’, raggiungere l’orgasmo, e aggrapparsi al suo collo mormorando il suo nome. Il riccio continuò a muoversi fino a che anche lui non arrivò al culmine.
Passarono il loro fine settimana in quel letto, abbracciati, a fare l’amore: lunedì, per Slash, sarebbe iniziata una nuova fase della sua vita.
 

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Capitolo 27
*** 27 ***


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Dopo l'ennesima riunione con Miri, i ragazzi si misero tutti al lavoro alla ricerca del nuovo batterista. Slash e Duff iniziarono a vagare in club, locali e quant'altro e una sera la soluzione comparve davanti ai loro occhi un po' annebbiati a causa dell'alcool. Fortunatamente, anche da sbronzi le loro orecchio funzionava benissimo quando si trattava di buona musica.

Erano in un piccolo club sul Sunset e quella sera suonavano i Cult: il batterista era un certo Matt Sorum, di cui avevano già sentito parlare in giro dato che era un ottimo batterista. E quella sera Slash e Duff ebbero la conferma.

Alla fine dello show, andarono nel backstage e chiesero di parlare con Matt; li lasciarono entrare senza problemi, dato che li avevano riconosciuti, e lo stupore di Matt fu evidente. Come tutti gli aspiranti musicisti del periodo, ammirava quei 5 disgraziati che, partendo da niente se non solo il loro talento, avevo sgomitato per arrivare sulla vetta. E ci erano riusciti.

 

Ciao Matt. Possiamo parlarti un attimo?” Duff gli tese amichevolmente la mano, che il batterista strinse, facendo poi lo stesso con Slash.

 

Certo, andiamocene al bar.”

 

E davanti a una bottiglia di Jack, Duff e Slash gli fecero la loro proposta; proposta che avrebbe attirato chiunque avesse l'onore di riceverla.

E infatti Matt ci pensò il tempo di tre bicchierini di Jack.

 

Ragazzi, è un onore essere parte dei Guns 'N Roses.”

 

Gli altri due dissero che non c'era problema se avesse impiegato un po' di tempo per risolvere le questioni con i Cult, ma Matt disse che avrebbe risolto tutto con rapidità e che già due giorno dopo potevano vedersi con la manager.

Arrivato a casa, Duff diede la bella notizia, che tirò un sospiro di sollievo.

 

Ok, allora, dopodomani ci vediamo nel mio ufficio alle 12. Avete il numero di questo Matt? Avvisalo...”

 

Duff chiamò il nuovo batterista, per poi tornare a dedicarsi alla sua donna e festeggiare a modo loro l'arrivo di Matt.

 

Due giorni dopo, Miri era nel suo ufficio a preparare il contratto per Matt, quando la avvisarono dalla portineria dell'arrivo della band.

Miri salutò Matt con un bel sorriso e una forte stretta di mano.

 

Benvenuto, Matt. Sicuramente questi quattro debosciati ti hanno detto che io sono la manager dei Guns 'N Roses...dato che lavoreremo insieme, però, è giusto che tu sia subito informato del fatto che io sono anche la fidanzata di Duff.”

 

Duff mi ha avvisato, Miriam. Grazie.”

 

Allora ogni tanto servi a qualcosa, McKagan!” scherzò Miri scatenando le risate di tutti, tranne che del biondo. “Bene, Matt, qui c'è il tuo contratto. Leggitelo con calma...”

 

Matt annuì e prese in mano il contratto, che lesse con attenzione. Miri, intanto, aveva preso 5 birre dal piccolo frigo bar e una coca per lei.

Il nuovo batterista, a un certo punto, prese una penna e firmò, restituendo il contratto a Miri.

 

Fatto! Brindiamo!” disse Matt alzando la lattina di birra.

 

Tutti brindarono allegramente.

Si accordarono, poi, di ritrovarsi già il giorno seguente in sala registrazione: Miri aveva subito prenotato una sala appena saputo del nuovo batterista, di modo che i ragazzi potessero mettersi subito al lavoro.

 

L'ideale sarebbe riuscire a pubblicare il nuovo album all'inizio del nuovo anno. Matt, i ragazzi hanno da parte molto materiale che domani ti mostreranno...se riuscite a buttare giù ancora qualche pezzo, ne escono due album, ragazzi. E sarebbe l'ideale. Fate questo fottuto cd per l'inizio dell'anno e poi vi porto in tour!”

 

Tutti acconsentirono con urla da stadio.

I mesi seguenti i ragazzi li passarono in studio: tirarono fuori veri capolavori.

Verso la fine del '90, rilasciarono un'intervista per Rolling Stone dove presentavano il nuovo batterista. Erano in copertina, e quel numero del mensile fu quello che vendette più copie di tutte negli ultimi sei mesi.

I Guns 'N Roses erano tornati.





Hola :) Capitolo breve e di passaggio...il prossimo inizieranno i casini seri...non uccidetemi D: Se tutto va bene, domani sera posterò di nuovo! Grazie a tutti, smack!!!!!!!!!!!
Hola :) Capitolo 

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Capitolo 28
*** 28 ***


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Hola :) Prima di tutto, vi avviso che non manca molto alla fine di questa storia, anche se di preciso non so quanti capitoli. Domani vi aggiornerò Home, e questa invece la aggiornerò di nuovo giovedì!
Buona lettura :D



Nel febbraio del 1991 venne pubblicato il nuovo album dei Guns 'N Roses, o meglio i nuovi album. Sì, perchè alla fine i ragazzi erano riusciti a produrre ben due album: Use Your Illusion I e II. Uscirono lo stesso giorno, separatamente, cosicché non avesse un costo troppo elevato e tutti potessero acquistarne almeno uno.

L'uscita dell'album fu seguita da una serie interminabile di interviste giornalistiche e televisive, servizi fotografici e chi più ne ha più ne metta.

Intanto si preparava il Use Your Illusion Tour, il quale sarebbe stato il più lungo della storia del rock, con 192 show in 27 paesi del mondo, in due anni.

La partenza per il primo concerto, che si sarebbe tenuto il 9 maggio a San Francisco, fu tuttavia burrascosa.

Dopo essersi lasciato con Erin a gennaio, Axl era completamente uscito di testa; spariva per giorni, senza che nessuno sapesse che fine avesse fatto. Quando ricompariva, avviava pretese sul tour: volle assumere due coriste, un'intera sessione di fiati e un nuovo componente ufficiale della band, Dizzy Reed, alla tastiera.

Nessuno degli altri era d'accordo: ok le coriste, ok il pianoforte per November Rain...ma no alla tastiera e ai fiati.

Ma alla fine tutti cedettero, Miri compresa, dato che Axl minacciava quasi di non partire; tutti speravano che, accontentando quel capriccio, non ci sarebbero più stati problemi. Non potevano ancora sapere quanto si stavano sbagliando.

Miri si occupò poi dell'assunzione di un tour manager, che la potesse assistere in quel folle e infinito tour, che i suoi superiori avevano voluto a tutti i costi: sapevano che i Guns 'N Roses erano una bomba pronta ad esplodere in qualsiasi momento, e si doveva cogliere l'attimo. Incontrò vari tour manager che avevano già lavorato per altre note band, ma la scelta alla fine cadde su Doug Goldstein, con cui Miri aveva già collaborato.

Arrivò il fatidico giorno della partenza: Miri, Jane, Duff, Slash, Matt, Axl, Izzy, Dizzy, e tutto il loro seguito. Fra lo staff e i vari musicisti erano tantissimi; Miri si domandò per un istante se avrebbero guadagnato tanto da poterli pagare tutti, ma poi decise di non pensarci fino a quando non ce ne fosse stato bisogno.

Il concerto a San Francisco fu, come sempre, incredibile, e il tour iniziò con il botto; furono spettacolari anche gli altri show negli Stati Uniti, e poi si partì alla volta del Canada, di nuovo degli Stati Uniti e poi per il Nord Europa.

I ritmi erano frenetici, 4-5 concerti alla settimana; staff e musicisti erano stravolti.

E fu in questa situazione che i ragazzi, Izzy a parte che ebbe sempre la straordinaria forza di resistere, ripiombarono nelle dipendenze: prima l'alcool, poi la coca, poi l'eroina per Slash.

Miri inizialmente non ci fece caso più di tanto...o forse sì, ma il terrore le impose di convincersi che si stesse sbagliando, che le sue erano solo paranoie.

Vedeva che Duff era sempre ubriaco anche quando riuscivano a ritagliarsi un po' di tempo per stare da soli, però quando era con lei riusciva sempre a mantenersi il solito splendido ragazzo di sempre.

Un pomeriggio, Jane entrò come una furia nella stanza d'albergo di Miri.

 

Ti devo parlare!” urlò.

 

Parla piano, Duff dorme.”

 

E' ubriaco marcio, vero?”

 

Jane, ti prego...”

 

Ho beccato Slash ancora con una siringa nel braccio...”

 

Cazzo...”

 

Già, cazzo. Cosa devo fare, Miri?” la risolutezza che Jane aveva mostrato appena entrata in camera svanì e la sua voce si impregnò di angoscia e dolore.

 

Non lo so, Jane. Non credo di essere la persona migliore a cui chiederlo...”

 

Che vuoi dire?”

 

Ma mi vedi, cazzo?” Miri buttò fuori tutta l'ansia che teneva in corpo ormai a mesi. “Mi trovo in una situazione più grande di me che non riesco a gestire!”

 

Non è vero, Miri. I concerti stanno andando alla grande, i ragazzi fanno ovunque il tutto esaurito.”

 

Non parlo dei concerti, Jane, parlo di loro...dei nostri uomini che si stanno ammazzando con le loro mani e noi non siamo in grado di fare nulla!”

 

Jane abbracciò la sua amica, che scoppiò a piangere.

 

Senti, io parlerò con Slash. Il prossimo concerto è fra una settimana, no? Cercherò di fargli smettere almeno l'eroina...”

 

Jane, andrà fuori di sé appena sarà in astinenza.”

 

Non mi frega. Può fare quello che vuole...sono disposta a tutto per evitare un giorno di tornare in albergo e beccarmelo in overdose.”

 

Dopo un ultimo abbraccio alla sua amica, Jane uscì, diretta da Slash. Anche Miri raggiunse Duff nella camera da letto: la sua intenzione iniziale era quella di svegliarlo e parlargli, ma dormiva così bene che preferì lasciare stare. Gli tolse una ciocca di capelli dal viso e lo guardò: lo amava alla follia, non aveva il cuore di lasciarlo...ma non sapeva quanto ancora avrebbe retto.

Quel tour stava diventando estenuante e ogni giorno c'era qualche problema: il mal di gola di Axl, i capricci dei musicisti che si erano inevitabilmente montati la testa, Doug Goldstein che dopo ogni concerto dava festini da migliaia di dollari.

Stava andando tutto a catafascio, e Miri non sapeva cosa fare; aveva provato a imporsi, ma davanti si era sempre trovata dei muri.

La siringa nel braccio di Slash fu la prima goccia che fece traboccare il vaso, nonostante poi, grazie a Jane, l'eroina venne sostituita da un uso smoderato di alcool e coca.

La seconda ci fu nel mese di novembre, a Worcester, Massachusetts, dove i ragazzi dovevano suonare; Miri entrò nel backstage, beccando in pieno Duff sniffarsi una striscia. Non lo aveva mai fatto davanti a lei, non le aveva nemmeno mai detto che lo faceva, nonostante lei lo sospettasse.

Duff si bloccò e vide la ragazza sbiancare, ma comunque mantenere un certo contegno, dato che era andata in quel backstage per parlare con loro da manager.

Fece quello che doveva e, quando stava per uscire, Duff la fermò, chiedendole di lasciargli spiegare.

 

Non c'è un cazzo da spiegare, Michael!” urlò Miri, nel piccolo bagno in cui i due si erano rinchiusi per parlare. “Io non ce la faccio a vederti distruggere! Ho un mucchio di problemi in questo tour di merda...non puoi farmi vivere nel terrore di trovarti mezzo morto da qualche parte...”

 

Miri, amore, ti prego...perdonami...”

 

Perdonami! Duff, mi chiedi di perdonarti ogni volta che sei talmente sbronzo che non riesci nemmeno a rivolgermi la parola e cadi addormentato. Me lo chiedi quando rimani via ore in quel poco tempo libero che abbiamo e che potremmo passare insieme. In questi ultimi sei mesi sono state scuse continue!”

 

Duff la guardò mortificato: sapeva che aveva ragione.

Nonostante i suoi buoni propositi, il biondo non riuscì a migliorare: ormai lui, Slash e Matt erano compagni di bevute e passavano le loro serate a caricarsi.

Miri sentiva di essere al limite...ma la terza goccia, quella che definitivamente fece traboccare il vaso, arrivò a dicembre, a New York, agli American Music Awards. 

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Capitolo 29
*** 29 ***


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I Guns ‘N Roses furono candidati nel ’91 agli American Music Awards nella categoria di miglior album con ‘Appetite For Destruction’, insieme a Motley Crue e Skid Row.

Dopo un lungo dialogo tra Miri, Doug e Alan via telefonica, venne deciso di mandare solamente Slash e Duff insieme a Jane e Miri: le due donne li avrebbero tenuti d’occhio.

Nessuno di loro aveva idea di quanto si stessero sbagliando.

La fatidica sera, i due erano già ubriachi ancora prima di andare; Miri non disse nulla, sperando solo con tutta se stessa che non combinassero casini, dato che erano in diretta su MTV e li guardava mezzo mondo.

Ci fu una breve intervista ai ragazzi, che andò relativamente bene: non dissero troppe stronzate e, a parte Slash che si accese una sigaretta davanti al microfono, andò liscia.

Ci fu poi il rinfresco, dove i due continuarono a bere come spugne.

 

“Darei qualsiasi cosa per andarmene…” sussurrò Jane nell’orecchio a Miri. “Quando torneremo in albergo quel coglione si beccherà una di quelle strigliate…”

 

Miri non rispose: era a pezzi. Vedere Duff bere in quel modo smisurato era una pugnalata per lei…

Per fortuna, arrivò in fretta il momento della premiazione; tutti gli invitati vennero invitati ad accomodarsi nel teatro. Slash e Duff, sotto gli occhi sconvolti delle loro donne, si riempirono i bicchieri fino all’orlo, dato che ovviamente non potevano portarsi bottiglie.

Dopo i soliti discorsi introduttivi, vennero finalmente letti i candidati per i premi e, in quello di miglior album c’era Appetite. Quando i presentatori aprirono la busta e urlarono ‘Guns ‘N Roses’, Slash e Duff si alzarono esultanti; Slash abbracciò Jane, Duff diede un bacio sulla guancia a Miri e poi i due andarono sul palco.

E qui successe il patatrac.

I due iniziarono a parlare in modo sconclusionato, uno sopra l’altro, dicendo una parolaccia dietro l’altra; per fortuna, MTV ebbe la prontezza di mandare la pubblicità e interrompere quella scena pietosa.

Nel teatro era calato il silenzio; Jane si alzò e prese la borsa per andarsene da lì il più in fretta possibile. Miri, con le lacrime agli occhi, si avvicinò al palco dove Slash e Duff stavano ancora parlando a vanvera.

 

“Hanno mandato la pubblicità. Andiamo via, svelti.” Disse Miri con un tono che non ammetteva repliche.

 

I due si guardarono perplessi, per poi seguire Miri sempre in preda alla ridarella; una volta fuori, Miri fece chiamare la macchina che li aveva portati lì, e tornarono in albergo. Il viaggio fu silenzioso e probabilmente anche i due si erano accorti che qualcosa non andava, dato che si era calmati e avevano smesso di ridacchiare come due poppanti. Varcata la soglia dell’hotel, Doug Goldstein raggiunse Miri con un telefono.

 

“E’ Alan.” Le sussurrò. Come se fosse stato necessario dirglielo, disse Miri.

 

“Doug, per favore, riunisci la band nella tua camera. Vi devo parlare…” disse la manager e, dopo un cenno del capo, Doug si allontanò con i due musicisti.

 

Miri prese un profondo respiro e si sedette su una poltrona che si trovava nella hall.

 

“Pronto, Alan…”

 

“Come stai, piccola?” Alan aveva capito, anche quella volta.

 

E, sentendo quel tono paterno che l’uomo sapeva riservare solo a lei, scoppiò in lacrime: era dall’inizio di quel tour di merda che voleva farlo, che voleva scoppiare…ma non doveva, perché se scoppiava lei ci sarebbero stati problemi con la band…sarebbe scoppiata anche la band.

Alan la lasciò calmare e aspettò che fosse lei a parlare. “Scusami, non sono per niente professionale…”

 

“Non dire stronzate, Miriam. Di stronzate ne hanno già dette a sufficienza quei due bastardi stasera.”

 

“Li hai visti?”

 

“Certo che li ho visti, e sono allibito dalla sceneggiata pietosa che hanno fatto. Ho appena posticipato gli ultimi due concerti, quello in Oklahoma e quello a St. Louis. Li faranno in primavera, anziché a gennaio. Domani vi voglio tutti nel mio ufficio, anche fossero le 11 di sera, chiaro?”

 

“Io lascio, Alan…”

 

“Come?”

 

“Ti ringrazio per avermi dato fiducia, per avermi affidato un compito così importante…l’ho svolto finchè ci sono riuscita, ora proprio non ce la faccio più. Riceverai la mia lettera di dimissioni.”

 

“Ma Miri…”

 

“Mi dispiace, Alan, ma non cambierò idea. Ciao.” Miri chiuse la comunicazione prima che Alan potesse dire qualsiasi altra cosa. Non ce l’avrebbe fatta.

 

Poggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese la testa tra le mani: era finito, quel meraviglioso sogno che aveva vissuto per quasi 6 anni era giunto al termine. Non sarebbe più stata la manager dei Guns N’ Roses, la band che aveva portato alla ribalta in pochissimo tempo.

Ma non c’era solo quello…c’era Duff. Le cose tra loro negli ultimi mesi erano precipitate e ora avrebbe lasciato anche lui.

Si arrendeva con la band e si arrendeva con Duff; ci aveva provato con tutta se stessa, aveva provato a farli tornare sulla retta via, ma non ci era riuscita. Era tempo di farsi da parte…anche perché se fosse rimasta lì anche solo una settimana ancora, sarebbe impazzita.

Si asciugò le guance e, preso un profondo respiro, si avviò verso la stanza di Doug: ora doveva dire a loro la fatidica decisione.

 

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Capitolo 30
*** 30 ***


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“Siete dei coglioni, porca puttana! Ma vi rendete conto di che razza di figura abbiamo fatto?”
 
“Calmati, Bill…” Izzy cercò di riportare la calma nella stanza d’albergo di Doug Goldstein, calma che era già scemata da un bel pezzo.
 
“Ragazzi, ok, abbiamo fatto una cazzata…ora però smettetela, ok?”
 
“No, Hudson, no che non la smetto! Ci avete sputtanato, cazzo!”
 
“Smettila, Axl! Smettila…” urlò Duff.
 
Il biondo era rimasto come in trans per dieci minuti…sapeva che quella sera avevano causato molti problemi, e che Miri era al telefono con Alan Niven, probabilmente incazzato nero. E anche lei lo era, altrimenti non avrebbe indetto quella specie di riunione. Si era rotto il cazzo poi di sentire Axl insultarli, per quello era esploso così contro di lui.
Il rosso, che di certo non si voleva far rispondere male dal biondo, fece per ribattere, ma venne bloccato da Miri che aprì la porta.
Prese una sedia e la mise davanti ai 5, di modo da vederli tutti bene in faccia.
 
“I concerti di St Louis e in Oklahoma sono stati posticipati. Domani Niven vi vuole nel suo ufficio appena atterrate a LA. Doug vi accompagnerà…” Miri lanciò uno sguardo al collega, che la guardò senza dire nulla.
 
“Tu non vieni, manager?” chiese il rosso.
 
“No, Bill…io…io lascio…mi licenzio.” Dicendo ciò, Miri guardò Duff, il quale si alzò e uscì dalla stanza sbattendo la porta.
 
Calò il silenzio nella stanza e tutti osservarono Miri, che aveva il viso coperto dalle mani.
 
“Mi dispiace di aver preso questa decisione…” disse la ragazza dopo essersi ripresa un pochino. “Ma mi sono resa conto che non ce la faccio. Forse non sono all’altezza di guidarvi a un livello così alto, non lo so…fatto sta che ho preso la mia decisione.”
 
Izzy si alzò e abbracciò quella splendida donna. “Miri, se siamo arrivati qui è soprattutto merito tuo. Sei riuscita a mettere in riga cinque ragazzini senza cervello e li hai portati in alto. Tu sei eccome all’altezza, siamo noi che siamo troppo coglioni. Comprendo la tua decisione, più di quanto pensi…” La manager si chiese cosa significassero quelle parole: lo avrebbe compreso pochi mesi dopo.
 
Anche Matt, Axl e Slash la abbracciarono e la ringraziarono per tutto; accettò le sue scuse e gli promise che si sarebbe fatta sentire. A Slash disse anche di badare a Jane.
E fu da lei che andò dopo aver lasciato la stanza di Doug; non fu necessario darle spiegazione, la bionda aveva già capito. Le disse che se avesse dato retta alla ragione l’avrebbe seguita, avrebbe lasciato Slash, ma il cuore glielo impediva: lo amava troppo per lasciarlo in quel momento in cui, più che mai, aveva bisogno di lei per non andare a fondo. Le due ragazze si abbracciarono e si promisero di rivedersi al più presto: Miri, infatti, non sarebbe tornata a LA con loro il giorno dopo. Si sarebbe fermata a New York per un po’, per riprendersi e capire.
E poi andò da lui…il passaggio più difficile da affrontare. Non bussò nemmeno alla sua porta, si limito ad abbassare la maniglia e entrare.
Michael era sul letto che sfumacchiava una sigaretta e guardava il soffitto; Miri andò dal suo lato del letto e gli si sedette accanto.
 
“Michael, ti prego guardami…”
Lui girò la testa e la guardò negli occhi. “Mi hai pugnalato alle spalle…”
 
“No, Michael, non è vero…da quanto tempo le cose tra noi non vanno bene? Eh? Mesi…tu sei ubriaco dal mattino alla sera, tutto il tuo tempo libero lo passavi nel pub anziché con me. Apri gli occhi, Duff, le cose tra noi non vanno da un pezzo.”
 
Duff abbassò il capo, consapevole che quello che Miri aveva detto era la sacrosanta realtà…però faceva male, da morire.
 
“E’ stata una storia bellissima, Duff, ti ho amato da morire, ma così non si può andare avanti. Mi dispiace.” Miri lo guardò e, vedendo che lui non dava nessun cenno, gli accarezzò una mano e uscì dalla stanza del biondo, stanza che era anche la sua.
 
Scese nella hall e si sistemò su un piccolo divano, dove si accoccolò. Iniziò a piangere solo quando si trovò da sola…e questa volta sola lo era davvero. Era finito tutto…il suo lavoro, la sua storia d’amore…tutto finito. Il pensiero di non avere più Duff era…era impensabile.
Cosa avrebbe fatto adesso? Non ne aveva idea…in quel momento non aveva voglia di nulla, solo dormire per alleviare un po’ quel dolore che la stava lacerando.

  



  
  
Lo so, mi odiate a morte D: Ma prometto che, col tempo, le cose si risolveranno! Dovete solo avere pazienza!!! Vi avviso che nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale piuttosto lungo, e il nuovo capitolo arriverà martedì!!! Fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo ;)
Grazie, smack!!! :D

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Capitolo 31
*** 31 ***


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Hola :) Come anticipato, preparatevi a un bel salto temporale...vi avviso che non mancano molti capitoli alla fine, anche se ancora non so quanti. Buona lettura :D




 Marzo 2000

 

Erano passati 9 anni da quel giorno, ed erano accadute tante, tante cose.

Subito dopo aver lasciato i Guns Miri era rimasta un paio di settimane a New York a rilassarsi e a cercare di riprendere in mano la sua vita. Quando poi i ragazzi erano ripartiti per il tour, era andata a casa sua e di Duff a prendere tutta la sua roba; dell’appartamento avrebbe poi deciso il biondo cosa farne. Era poi andata alla Geffen, dove Alan le aveva dato un nuovo incarico come addetta stampa, così non da non entrare in contatto con i musicisti.

Ma, ovviamente, aveva seguito tutte le vicende disastrose della sua band che stava andando sempre più a catafascio.

Quando tennero il concerto a St. Louis nell’aprile del 1992, Axl si scagliò su uno spettatore con una videocamera e, dopo l’interruzione del concerto, il pubblico scatenò una vera e propria guerriglia. Dopo, Izzy aveva lasciato, troppo stanco e impotente davanti a quel carrozzone che erano diventati i suoi Guns ‘N Roses.

Miri lo aveva chiamato, poi, per sapere come stava, e Jeff le aveva detto:

Ricordi cosa ti dissi quando andasti via?” Certo che Miri se lo ricordava, lei stessa si era domandata perché Izzy comprendesse così bene il suo gesto: era ciò che stava pensando di fare anche lui.

Poi era subentrato Gilby Clarke e il tour era finito nel luglio del 1993 a Buenos Aires; dopo, i Guns scomparvero. Nel ’94 venne pubblicato ancora The Spaghetti Incident, la colonna sonora della disfatta della band, come dicevano in molti.

Slash aveva lasciato nel 1996, dopo un periodo di depressione e un tentativo di suicidio; come sempre, Jane era stata una presenza costante per lui e gli salvò letteralmente la vita. Nel ’98 era nato il loro primo figlio, London, e ora vivevano nella loro bella villa a Los Angeles.

Per quanto riguardava Duff, Miri aveva seguito praticamente in diretta il suo ricovero per la pancreatite nel ’94, grazie a Jane che la aggiornava costantemente; da brava vigliacca, non si era mai presentata in ospedale. Non avrebbe retto nel vedere lui a pezzi assistito dalla sua cara mogliettina Linda Johnson, mogliettica che, dicevano, aveva sposato a Las Vegas completamente fatto e ubriaco.

Fu felice poi di vedere, qualche anno dopo, che il ragazzo si era ripreso alla grande e, dopo essere tornato single e essersi trasferito a Seattle, si era concentrato anima e corpo sullo sport.

 

Per quanto riguardava Miri, invece, la ragazza era sempre alla Geffen come addetta stampa e la sua vita, dopo l’uragano Guns ‘N Roses, si era in parte ristabilizzata. Che poi, come può la vita tornare come prima dopo un’esperienza del genere? Dopo un’esperienza con loro?

Viveva in un piccolo ma grazioso appartamento, non era fidanzata a parte qualche saltuaria storiella, ed era convinta che sarebbe diventata una zitella circondata dai gatti; per ora ne aveva uno solo, Sansone, un gattone rosso di ben 7 kg, che adorava.

Andava sovente a trovare Jane, Slash e il suo adorato figlioccio London; e vi andò anche per pranzo quella domenica, la prima di marzo del nuovo millennio.

 

Miri!!! Sei in gran forma!” uno Slash con un sorriso smagliante la accolse con un abbraccio da orso.

 

Ciao Saul! Anche tu sei in gran forma!”

 

In effetti va tutto bene, anche gli Snakepit vanno alla grande…ma che te lo dico a fare, tu sei l’addetta stampa della Geffen!”

 

Tia Miriiiiiiiiiiiiii!!!” Un po’ instabile, London Hudson corse verso la mora, che lo accolse a braccia aperte e lo prese in braccio.

 

Si trasferirono in casa, dove Jane stava spignattando: la maternità e la convivenza la rendevano ancora più bella del solito. Aveva una luce negli occhi che Miri le vedeva da quando aveva conosciuto Slash e che negli ultimi anni era ancora cresciuta: la luce della felicità.

Ogni tanto invidiava la loro vita famigliare, vita che probabilmente lei non avrebbe mai avuto, dato che non avrebbe mai dimenticato Duff e che mai avrebbe amato un altro uomo…non come aveva amato lui, per lo meno.

Duff…voleva avere notizia da Slash su come stava.

 

Saul, lui come sta?”

 

Lui sta bene, Miri. Pare stia mettendo su una nuova band.”

 

Davvero? Meno male, era ora…e…”

 

No, non sta con nessuna.” Slash rispose alla sua domanda che le era rimasta bloccata nella gola.

 

Calò un attimo di silenzio che Jane spezzò. “Sedetevi, che le lasagne sono pronte!”

 

Passarono un pranzo e un pomeriggio allegro, in cui chiacchierarono, giocarono con London e risero fino alle lacrime. Miri adorava quei tre ed erano ciò che di più simile a una famiglia aveva in quel momento.

Tornata a casa, venne accolta dalle fusa del suo Sansone, l’unico maschio che non l’avrebbe mai tradita. Era un po’ giù di morale: vedere l’ex chitarrista dei Guns la portava a tornare con la mente indietro di dieci anni. Rise tra sé quando le venne in mente la reazione che aveva avuto quando Alan le diede l’incarico di seguire i Guns ‘N Roses. Nessuno in quella casa discografica avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati dove sono arrivati…nessuno scommetteva un centesimo su di loro. E invece ce l’avevano fatta…anche se poi era precipitati a terra senza paracadute. Quando i Guns si sciolsero, Miri si era sentita tremendamente in colpa, in particolare quando aveva sentito in una intervista Matt Sorum dire: “Il declino di una band inizia sempre quando il manager con cui si è arrivati al successo viene sostituito. Per noi non è stato diverso.”

Si era sentita uno schifo per giorni, ma poi aveva parlato con Slash, che le aveva detto che senza dubbio, conciati com’erano, sarebbero andati in ogni caso a picco, che lei fosse rimasta o no.

Decise di smettere di fare la malinconica e di mettersi a guardare un po’ di televisione; se ne stava beata sul divano, quando sentì vibrare il cellulare. Guardò il display: Alan Niven. Sospirò, sapendo che quando la chiamava di sera tarda , per di più di domenica non era mai un buon segno.

 

Miri, dormi?”

 

Al massimo dormivo, Alan…tutto a posto?”

 

No, son nella merda. Mi è appena arrivato il demo di una band…e cazzo se son forti, son davvero bravi. Piccolo problema al momento tutti i manager sono impegnati…e mi chiedevo…”

 

No, no e ancora no!!! Devo ricordarti la prima e unica volta che ho fatto da manager a una band cosa è successo???”

 

Miri, ma quella non era una band normale, quelli erano i Guns ‘N Roses, per dio! Qualsiasi band è più facile da gestire di loro, dai…”

 

Alan, te lo scordi, non lo farò mai!”

 

Ma, come sempre, Miri non aveva messo in conto le doti persuasive del suo capo, nonostante lo conoscesse da vent’anni. Il mattino dopo era alla Geffen, pronta ad ‘accettare’ quel nuovo lavoro che, ancora non lo poteva sapere, le avrebbe cambiato ancora una volta la vita. 

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Capitolo 32
*** 32 ***


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“Che ne pensi?”
 
“Sono bravi…come hai detto che si chiamano?”
 
“Sulla copertina del cd c’era solo scritto Loaded…”
 
“E chi sono i membri della band?”
 
“Non lo so, Miri…su questo devi indagare tu…”
 
“Alan, tu vuoi farmi rappresentare una band di cui nemmeno conosci i componenti?”
 
“A me non mi frega di che facce hanno: sono bravi, suonano bene, mi basta. Contando quanto scarseggia la gente di talento negli ultimi anni!”
 
“Ok ok. Sai almeno dove provano?”
 
“Sì, in quello studio di Los Feliz Boulevard, hai presente?”
 
“Sì…va bene, allora oggi pomeriggio vado. Adesso vado nel mio ufficio…”
 
Miri si mise a fare un paio di cose nel suo ufficio per chiudere la sua ‘carriera’ di addetta stampa, dato che avrebbe ricominciato a fare la manager. Da un lato era eccitatissima, dato che adorava quel ruolo, ma anche un po’ di ansia considerate le esperienze passate. Una cosa però l’aveva imparata: non avere il fidanzato nella band che rappresentava.
Nel primo pomeriggio, Miri prese la sua auto e andò allo studio dove pareva che questa band suonasse; entrò nello studio e vide due tizi, uno alla  batteria e uno alla chitarra, che jammavano e sembravano divertirsi un mondo. La ragazza li guardò e constatò che erano davvero bravi e che il carisma necessario pareva esserci.
Appena si accorsero di lei, si interruppero e la guardarono.
 
“Ciao ragazzi, sono Miriam, mi manda la Geffen.” Vide i loro volti illuminarsi per la gioia e le si avvicinarono per presentarsi.
 
“Ciao Miriam, io sono Mike.” Disse il chitarrista.
 
“E io sono Geoff” aggiunse il batterista.
 
“Abbiamo ricevuto il vostro demo e Alan Niven mi ha mandato qui per vedere un po’…”
 
“Wow, forte!” esclamò Mike con un sorrisone. “Ne mancano due, sono andati a prendere qualcosa da mangiare. Tu hai già pranzato, Miriam?”
 
“Sì, grazie, sono a posto.”
 
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Geoff avvicinandosi al frigo bar.
 
“Una coca se l’avete, grazie!”
 
Il batterista gliela porse sorridendo, prendendone una per sé e una per Mike.
Stavano bevendo tranquilli, quando fece la comparsa un ragazzo con i capelli neri fino alle spalle.
 
“Ciao stronzi!”
 
“Jeff, comportati bene che c’è una signora!”
 
“Una bella signora, tra l’altro. Jeff Rouse, al suo servizio.”
 
“Miriam, piacere. Mi manda la Geffen!”
 
Gli occhi del ragazzo di illuminarono. “Ehi, Mikey! Guarda chi c’è!” urlò verso la porta da cui doveva arrivare il quarto componente.
 
Miri lasciò cadere la lattina che aveva in mano quando lo vide…non era possibile, non poteva essere…lui.
 
“Miriam?” Duff pareva scioccato esattamente come lei. Mai più pensava che mandassero lei dalla Geffen, dato che da anni era diventata l’addetta stampa e non aveva più fatto la manager.
 
Miri si riscosse all’improvviso dallo shock e si scusò per il danno che aveva fatto con la coca-cola; vide un rotolo di carta su un tavolo lì accanto e lo prese, iniziando ad asciugare per terra.
Duff si chinò accanto a lei e mise una mano sulla sua; Miri si sentì attraversare da un brivido che le partì dalla punta delle dita e le arrivò alla punta dei capelli. Alzò gli occhi e i loro sguardi si incontrarono dopo tanti, tanti anni.
Subito, la ragazza distolse lo sguardo e finì di asciugare; gli altri tre avevano assistito confusi allo scambio tra i due e nessuno aveva il coraggio di dire nulla.
 
“Io…” Miri deglutì, cercando di tirare fuori la voce, che era scomparsa nel momento in cui aveva visto Duff entrare. “Io sono stata mandata qui dalla Geffen ma…ma non credo di poter svolgere al meglio il mio compito…vi…vi farò mandare qualcun altro. Arrivederci.” E uscì come un razzo dalla sala.
 
Duff si sedette sospirando su una sedie e si prese la testa fra le mani: ora che aveva riacquistato una certa stabilità nella sua vita, il passato ritornava prepotentemente. Non aveva mai smesso di amare quella donna meravigliosa, che era uguale a come se la ricordava, non sembrava che fosse passato nemmeno un giorno.
Dopo che se ne era andata, lui si era devastato ancora di più di quanto non facesse già; un anno dopo aveva sposato Linda in preda ai fumi dell’alcool e della coca, e un anno dopo ancora aveva rischiato di lasciarci la pelle. Se lo meritava: aveva maltrattato il suo corpo per vent’anni e ne stava pagando le conseguenze.
Poi era cambiato: aveva vissuto anni chiuso in se stesso, per evitare tentazioni e ritrovare stabilità nella sua vita. E poi era arrivato Jeff Rouse e da lì erano nati i Loaded.
 
“Mikey, stai bene?” gli chiese Geoff.
 
“Chi era quella ragazza?”
 
“Jeff, lei era la manager dei Guns ‘N Roses…”
 
“Cazzo, è quella Miriam?” chiese stupito Mike.
 
Duff annuì. “Credo di dovervi raccontare un po’ di cose, ragazzi.”
 
E così, il biondo raccontò ai suoi amici tutto quanto, tutta la travagliata storia d’amore che aveva vissuto con Miriam.

 

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Capitolo 33
*** 33 ***


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Buonsalve!!! Vi avviso che questo è il penultimo capitolo della storia D: Il finale arriverà domani sera o al massimo lunedì! Buona lettura ;)



Dlin dlon.
Jane imprecò sentendo il campanello: aveva appena messo il piccolo London a dormire per il pisolino pomeridiano e temeva che troppi rumori lo svegliassero. Volò alla porta, per evitare che suonassero di nuovo e, quando aprì, si trovò davanti una Miriam sconvolta.
 
“Miri! Che faccia, hai visto un fantasma?”
 
“Più o meno…posso entrare?”
 
“Ma certo.” Jane si spostò per farla passare. “Vuoi qualcosa da bere?”
 
“Hai alcolici?” Jane la guardò col sopracciglio alzato: no che non ne aveva, il suo compagno era un ex alcolista! “Dell’acqua andrà benissimo.” Concluse la mora interpretando l’espressione della bionda.
 
Jane andò di là, prese dell’acqua e anche del thè freddo e delle patatine e tornò in salotto, dove Miri si era seduta sul divano. Jane posò il vassoio con cibi e bevande sul tavolino lì accanto e si accomodò accanto alla sua amica.
 
“Che è successo, Miri?”
 
“Alan mi ha mandato a sentire una nuova band, oggi…mi ha chiesto di fargli da manager, dato che gli altri sono tutti troppo impegnati…”
 
“E’ un’ottima notizia, Miri! Finalmente tornerai al lavoro che tanto ami!!”
 
“C’è solo un piccolo problema, Jane…quella è la band di Duff…”
 
“Coooosa?”
 
“Sì…quando me lo sono vista comparire davanti mi sono quasi sentita mancare…”
 
“Oh porca miseria…non ci posso credere…Slash non sapeva che avessero già un contratto con la Geffen…”
 
“Non lo so, guarda…comunque sto andando da Alan per dirgli che non posso accettare.”
 
“In effetti è molto rischioso, Miri…ora che finalmente avevi ritrovato un po’ di serenità…”
 
“Cazzo cazzo cazzo…” Miri si prese la testa fra le mani, disperata.
 
“Vuoi che ti accompagni alla Geffen?”
 
“No, figurati, sta tranquilla.” Miri di alzò per andare.
 
“Chiamami appena arrivi a casa.” Si raccomandò Jane, dandole un bacio sulla guancia e guardandola mentre andava via.
Povera Miri, non gliene andava una per il verso giusto.
 
Dopo quasi un’ora di auto, la mora arrivò alla Geffen e si fiondò nell’ufficio di Niven.
 
“Spero per te che non ne sapessi nulla!!!”
 
Alan alzò gli occhi dal foglio che stava leggendo e, tolti gli occhiali da lettura, la guardò perplesso. “Prego???”
 
“La band che mi vuoi affidare è la nuova band di Duff McKagan!”
 
“Cosa? Ma ne sei sicura?”
 
“Pensi che potrei sbagliarmi su una cosa simile, Alan??? Quando me lo sono ritrovato davanti mi è quasi venuto un infarto!!”
 
“Miri, calmati” le disse dato che stava urlando. “Siediti e parliamone!”
 
“Non credo ci sia molto da dire...”
 
“Miriam, siediti!” Alan alzò la voce e la mora obbedì. “Mi dispiace di averti messo in una tale situazione, ma come ti ho detto fin da subito non sapevo chi fossero i membri della band. Ora, il problema è questo...io non ho nessun altro da dargli come manager, quindi se non lo fai tu non posso metterli sotto contratto.”
 
“Questo è un ricatto bello e buono, sai?”
 
“No...”
 
“Sì, perchè vuoi farmi sentire in colpa che se non accetto loro non avranno la possibilità di farcela...”
 
“Andrebbe così, in effetti...”
 
“Cazzo, Alan, perchè devi mettermi così alle strette, eh?”
 
“Non ti ho messo alle strette...stai facendo tutto da sola.”
 
Miri si alzò in preda alla rabbia. “Fanculo! FANCULO!” e uscì dall'ufficio sbattendo la porta.
Alan ridacchiò: non sapeva davvero che la band fosse di Duff, ma aveva giocato sporco, dato che sapeva bene che Miri non avrebbe mai fatto in modo che loro non avessero una possibilità, che lui non avesse una possibilità. La conosceva bene e sapeva che il giorno dopo l'avrebbe chiamato per accettare.
 
 
Intanto Duff, dopo aver lasciato lo studio, decise di passare da Slash per raccontargli l'ultima novità.
Parcheggiò davanti alla villa del suo amico, che aprì subito la porta.
 
“Sapevo che saresti venuto, ti aspettavo dalla finestra.”
 
“Sei diventato un indovino, Hudson?”
 
“No, caro mio...semplicemente Miriam è stata qui oggi...”
 
“Dovevo immaginarlo...ciao Jane!”
 
“Ehi, Mike, ciao! Come stai?”
 
“Scombussolato...”
 
“Andate in salotto, vi porto qualcosa da bere” disse Jane sparendo in cucina.
 
I due uomini si sedettero sul divano.
 
“Sfogati, Michael...”
 
“Dio, Saul...è stato...è stato un fulmine a ciel sereno...mai e poi mai mi sarei aspettato di vedermela lì, per rappresentare la nostra band...”
 
“Che vi ha detto?”
 
“Nulla, appena mi ha visto è fuggita...”
 
“Non stupirti, hai sempre fatto questo effetto alle donne...ahio!” Jane arrivò da dietro e gli diede un bello scappellotto per quello che aveva appena detto.
 
“Ecco qui pop-corn appena fatti e coca-cola!”
 
“Grazie, Jane...” le disse Duff.
 
La bionda tornò in cucina e Slash, presa una manciata di pop-corn, fece cenno all'amico di continuare.
 
“Non penso ci voglia rappresentare...e del resto come darle torto? Dopo di noi ha smesso di fare la manager...poi se ci sono io in questa band...”
 
“Già...ma lo sappiamo che Miri è imprevedibile, magari cambia idea. Come l'hai trovata?”
 
“Come l'ho trovata? Benissimo...bellissima, come me la ricordavo...non l'ho mai dimenticata, Saul...”
 
“E lei non ha mai dimenticato te, man...”
 
“Dici che potrei recuperare con lei?”
 
“Non lo so, ma credo valga la pena tentare!”
 
Duff sorrise, rincuorato dall'incoraggiamento dell'amico, e si disse che il giorno dopo sarebbe andato a parlarle e le avrebbe detto cosa provava, a costo di doverla legare alla sedia.
 

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Capitolo 34
*** 34 ***


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Duff il mattino dopo andò alla Geffen: voleva parlare con Miriam e voleva fare in modo che lo ascoltasse e non avesse vie di fuga.

Appena varcata la soglia, gli sembrò di tornare a casa dopo tanto tempo: ricordava come fosse stato ieri quando era andato lì a parlare con Niven per avere il permesso di stare con Miri…si era cagato praticamente in mano. Non che in quel momento si sentisse meglio, comunque. Stava per chiedere alla segretaria che stava all’ingresso dove poteva trovare la ragazza, quando una voce familiare lo chiamò:

 

Michael McKagan! Stavo quasi per non riconoscerti!”

 

Duff sorrise. “Alan Niven, tu invece non sei cambiato di un giorno!”

 

I due si abbracciarono con calore. “Come stai, Michael?”

 

Molto bene, Alan. E tu?”

 

Bene, sempre tanto lavoro da morire…mi verrà un infarto un giorno o l’altro. Complimenti per la tua nuova band, il demo che ci avete mandato era molto buono!”

 

Grazie…e scusa se non abbiamo scritto i nostri nomi, non volevo che foste influenzati nel giudicarlo!”

 

Scelta che ti fa un grande onore, Michael. Ma dimmi, che ci fai qui? Qualcosa mi dice che non stavi cercando me…”

 

Hai indovinato, Alan. Lei c’è?”

 

Sì, è nel suo ufficio. E’ piuttosto turbata per quello che è successo…”

 

Lo sono anche io, credimi…mai più mi aspettavo di incontrarla di nuovo in una simile occasione…però vorrei parlarle.”

 

Il suo ufficio è al 3° piano…vai…”

 

Duff gli fece un sorriso pieno di gratitudine e, facendo le scale a piedi, arrivò al 3° piano; qualche anno fa probabilmente avrebbe avuto un fiatone pazzesco, ma ormai per uno sportivo come lui 6 rampe di scale erano una bazzecola.

Lesse la targhetta con il nome di Miri sulla porta e indugiò un attimo prima di bussare: il cuore gli batteva a mille. Fece un profondo respiro e bussò con forza alla porta.

 

Sì, avanti.”

 

E’ permesso?” Duff mise la testa nell’ufficio e vide Miri spalancare gli occhi per lo stupore.

 

Non gli rispose, e lui colse quell’istante di incertezza per intrufolarsi. “Lo so, immagino tu non mi voglia vedere, ma lascia almeno che ti dica due parole…mi dispiace. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare…ero un coglione, sempre ubriaco e fatto…e ho avuto la mia punizione lasciandoci quasi la pelle. Non ti ho mai dimenticata, mai, Miri…anche quando mi sono sposato ero talmente fuori che manco me lo ricordo. Pensavo solo a te, penso solo a te. Non mi importa se non vuoi essere la nostra manager, ma vorrei chiederti di riprovarci.”

 

Miri rimase di stucco a quelle parole, che mai si sarebbe aspettata. Duff non poteva sapere che in quel momento, sulla sua scrivania, c’era il contratto per i Loaded, che avrebbero avuto lei come manager. Voleva che avessero una possibilità, lei avrebbe mandato giù il rospo.

Ma ora quelle parole di Duff cambiavano tutto: nemmeno lei lo aveva mai dimenticato e tante, tante volte aveva sognato di sentirlo dire quelle parole.

Continuò a non parlare, limitandosi a mostrare a Duff il contratto; lui lo lesse e alzò gli occhi su di lei, terrorizzato.

 

Troveremo un altro manager, Miri…non mi importa. Io ti voglio…voglio che mi dai un’altra chance perché ti amo come non ho mai amato nessun’altra…”

 

La donna scoppiò a piangere a quelle parole e si alzò per avvicinarsi a lui; si appoggiò con il fondoschiena alla scrivania, posizionandosi davanti alla sedia su cui Duff era seduto.

 

Sai, Michael…quando ti ho lasciato non ho dormito per una settimana…non riuscivo a immaginarmi una vita senza di te, e non ho imparato a farlo nemmeno con gli anni. Ho dovuto reimparare a vivere ogni giorno da sola, senza di te. Sai bene che ho fatto un solo colpo di testa nella mia vita, e forse è il migliore che abbia mai fatto, nonostante sia finita come è finita. Ora non ho più l’età per i colpi di testa, anche se mi piacerebbe tanto farne uno…”

 

Duff si alzò e la guardò negli occhi, gli stessi occhi che mai aveva dimenticato. “Fallo Miri…siamo entrambi adulti, non abbiamo più tanto tempo per i colpi di testa, ti pare? Dammi un’altra possibilità…”

 

Miri lo fissò in silenzio per alcuni instanti, e poi gli accarezzò una guancia leggermente, solo con i polpastrelli. Duff si avventò sulle labbra di Miri, incurante delle conseguenze; e la donna non si tirò indietro, dato che da 10 anni aspettava quel momento.

Si baciarono con passione, riscoprendo quei sapori che nessuno di loro aveva scordato; si chiusero dentro l’ufficio a chiave e si ritrovarono a fare l’amore sulla scrivania, sul divano, sulla sedia.

L’unica cosa importante era sentirsi, di nuovo.

E quello fu per loro un nuovo l’inizio: l’inizio di una vita insieme.

 

 


 

Beneeeeeeeeee, ed eccoci alla fine di questa storia :D Spero che il finale vi sia piaciuto e non vi abbia deluso, se avete voglia lasciatemi due righe!

E ora, passiamo ai ringraziamenti! Prima fra tutti, Chara, per la copertina e le splendide recensioni! Tanto love per te <3

Poi le mie fedelissime recensitrici Ormhaxan, Foxygiu, Filthy Neon Angel, e poi anche guitarsoul, shikira, chiaretta78 e tutte coloro di cui mi sto dimenticando! Grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate!

Grazie per avermi sempre sostenuto!!! Vi avviso che ho già in testa qualche ideuzza per una nuova storia! Intanto, se vi va, ho in ballo “Home”.

Grazie ancora, alla prossima!!!! 

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