There's No I in Threesome

di Stregatta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Now what is there to allow? ***
Capitolo 2: *** Oh, alone we may fight so just let us be three ***
Capitolo 3: *** What we need is one thing ***
Capitolo 4: *** No one can tell us what love brings (epilogo) ***



Capitolo 1
*** Now what is there to allow? ***


Non ho scritto ciò che state per leggere a scopo di lucro o per calunniare Matthew Bellamy, Dominic Howard e Kate Hudson e niente di tutto ciò è accaduto, presumibilmente.

[/parte noiosa]

[parte delirante]

Ciao, incauto/a visitatore/visitatrice! Ti va di leggere un po' di making of? No? Allora scrolla in basso fino al titolone in Georgia rosa confetto e buona lettura. :3

Tempo fa, pubblicai una raccolta di drabbline (Pointless *si pubblicizza senza vergogna*), di cui una si intitolava No I in threesome: una "proposta indecente" da parte di Kate a Dom che comportava la "condivisione" del nostro sorcio panzoso preferito.
Ora, cento parole sono pochine per spiegare quel che c'è dietro una proposta del genere - probabilmente anche milleduecentotrentadue lo sono, ma è pur sempre meglio di niente, no? E poi mica è finita qui, in un futuro che spero sia il più prossimo possibile vi propinerò pure i POV di Kate e Matt... Che non si dica che lascio le cose a met- *ripensa ad Exogenesis* *si vergogna assai*

(seriamente, scusatemi - sono una chiavica. ç_ç)

Eniuei, la fic prende il titolo da questa canzone e la casa di cui parlo è ritratta in queste foto.

E mò... Eh, enjoy if you can. XD


There's no I in threesome



Now what is there to allow?


Quella casa poteva davvero cominciare a piacergli, nel tempo: era lussuosamente arredata – l'antica credenza proveniente da un convento portoghese, il parquet in ogni stanza, le tende di seta e mussola... - ma al tempo stesso vivibile, luminosa, con un lieve tocco formale dato dal singolo pezzo puramente decorativo che Kate aveva deciso di inserire nell'arredamento di ogni stanza.
In soggiorno, ad esempio, c'era una massiccia sedia in legno finemente intagliato, con un paio di braccioli a forma di leone ed una patina di lacca scrostata a ricoprirne l'intera superficie; nessuno poteva utilizzarla. Qualunque angolo della stanza, qualunque oggetto era a completa disposizione di inquilini ed ospiti della casa tranne quella sedia.
Oziosamente, Dominic ripassò il contorno della criniera di uno dei due leoni con l'indice e considerò l'idea di violare il garbato divieto imposto dalla padrona di casa; in quel momento le tavole del parquet scricchiolarono sotto il peso di un passo altrimenti silenzioso.
- Ti piace, quindi?
Il vento gonfiò le tende bianche ai lati della porta-finestra come vele, ma sfiorò appena i capelli di Kate.
Un effetto molto hollywoodiano, pensò Dominic.
- Non è esattamente il mio genere...
La donna si strinse nel suo caftano leggero, entrando in casa - piedi nudi e capelli sciolti sulle spalle, un'interpretazione piuttosto convincente di spirito libero ed anticonvenzionale.
- Vuoi qualcosa da mangiare?
- No, grazie.
- Ma non hai pranzato...
- Non ho fame.
Kate gli girava lentamente attorno e lo guardava da sotto in su, attenta e sospettosa: improvvisamente sorrise, chiedendo: - Diresti di no anche a las enchiladas, amigo?
Distogliendo lo sguardo, Dom disse: - Perché, tu sai fare le enchiladas?
- Non mi permetterei mai di togliere lavoro agli onesti ristoratori messicani di Los Angeles.
- Che donna magnanima.
Kate spalancò la bocca in una delle sue tipiche risate sgraziate che non risparmiava neanche durante i suoi photoshoot ufficiali e che Matt gli aveva confessato tempo addietro di adorare alla follia.
Quando ride non riesco a smettere di guardarla... Sembra una leonessa bionda e un po' scema.
Dom non riuscì a trattenere un breve scoppio di risa a sua volta, e Kate lo interpretò come un segnale di resa: - Allora? Chiamo Paco e ordino per stasera? Oppure vuoi qualcosa adesso?


***


Dopo aver finito due tacos ed altrettante enchiladas con carne accompagnate da fagioli e riso, Dominic decise che la cucina messicana era il suo unico, vero amore segreto – ma non l'avrebbe mai confessato a sua madre.
Si pulì la bocca con il tovagliolo e reclinò la testa all'indietro, sospirando: - … non ne posso più.
Seduta di fronte a lui, Kate annuì e si leccò il pollice sporco di guacamole. Subito dopo disse: - Quindi niente dessert? -
Dominic strabuzzò gli occhi, tenendosi lo stomaco: - Sei pazza? Sto scoppiando!
Il divanetto era così invitante, incassato strategicamente in un angolo del patio adiacente alla piscina coperta, blu e bianco e morbido...
- Dove vaaai? - strascicò Kate, alzandosi in piedi per seguirlo.
- Voglio morire dolcemente su quel divano, se non ti spiace.
Penetrando attraverso le pareti a vetro, la luce aranciata del sole basso all'orizzonte lo accecò momentaneamente facendolo quasi barcollare: si sentì prendere per mano, si lasciò condurre sul sofa.
Kate mantenne una certa distanza, pur sedendosi accanto a lui - la testa abbandonata sullo schienale del sofa, i capelli disordinati e chiarissimi contro il blu del tessuto che lo rivestiva, le gambe lievemente rannicchiate, le mani in grembo, ferme.
- Cosa ne pensi? - sussurrò, e non aveva certo bisogno di specificare cosa.
Dom la guardò di sottecchi, per poi voltarsi su un fianco e fronteggiarla.
- Il mio organismo è troppo impegnato a digerire tacos e compagnia bella, non riesco a pensare.
- Dai, scemo.
Scema sei tu, pensò Dominic. Una leonessa scema.
- Non lo so.
- Ma ti è piaciuto, almeno?
- A livello fisico, intendi?
- Anche.
Dominic sospirò. - Sì.
- E allora perché lo dici con quella faccia, scusa?
Il sole era definitivamente tramontato: Kate mormorò: - Aspetta. - e andò ad accendere le luci del patio.
Restò accanto all'interruttore per un attimo con un'aria pensierosa, prima di chiedere maliziosamente: Preferisci le luci spente, tesoro?
Dominic scosse il capo, ribattendo a tono: - Mi piace guardare, cara.
- Lo immaginavo. - disse lei, sedendosi di nuovo - stavolta più vicina.
- … ti aiuterebbe sapere qualcosa in più su di me?
- Come?
- Non so, magari non ti fidi di me.
- Credimi, Kate, mi fido più di te che dello scellerato che ti sei scelto come fidanzato.
Lo sguardo di entrambi cadde sull'anello che scintillava al dito della donna, ingombrante e vistoso.
Non lo toglieva neanche in casa, tranne quando andava a nuotare – e per il momento questo valeva più delle mille, impietose speculazioni sull'ipotetica durata del suo rapporto con Matt elaborate da chi commentava sul sito di Perez Hilton.
- Ma io sono il nemico, no?
- Di chi? Delle quattordicenni che credono che Matt sia un romantico vampiro sbrilluccicoso in attesa che compiano diciott'anni per sposarle?
- No, il tuo.
Dom sollevò un sopracciglio: - Dopo quello che c'è stato ieri sera...?
- Sicuro, perché basta quello a spazzar via ogni ostilità e dubbio, giusto?
Kate si alzò in ginocchio sul divano, sedendosi poi sui talloni.
- Chiariamo subito che non hai firmato un patto di sangue, ok? Se ho parlato a Matt della possibilità di fare questa cosa è perché mi rendo conto che tu appartieni a lui da molto prima di me. Si può quasi dire che io non gli appartenga affatto, anzi.
Dom annuì.
Sapeva dell'insicurezza di Kate, la intuiva dal modo in cui lo seguiva in ogni suo spostamento anche transcontinentale, da come monitorava i tweets di Matt, dalle telefonate che gli faceva ogni giorno quando per forza di cose erano distanti... E continuava a considerarla infondata, stupida, quasi irritante.
Ci voleva il raziocinio ottenebrato dagli ormoni di una donna innamorata per credere che Matt gli appartenesse o che appartenesse a chicchessia, per quel che ne sapeva... E poi non bastava l'anello, la casa che stavano per acquistare a Londra e la seconda casa a Beverly Hills?
Il problema era che lei non conosceva Matt quanto lui, altrimenti si sarebbe considerata fortunata anche solo ad essere l'amore ufficiale di Matthew Bellamy.
Era più di quanto sarebbe mai toccato a Dominic, in ultima analisi.
- Quindi, puoi andare via quando vuoi. Nessuna pressione o ricatto....
Kate si riavviò i capelli dietro le orecchie in un gesto nervoso e goffo.
- … e non dobbiamo fare l'amore per forza, se non ti piaccio.
Cosa spingeva una donna bella, ricca, famosa e navigata a dire qualcosa del genere? Come faceva Matt ad instillare nella testa delle persone il timore di non essere desiderate? In quale dannato modo le spingeva a compiere certe scelte solo ed esclusivamente per lui, per tenerselo stretto?

le persone, poi. Ne conosceva solo due, ed entrambe erano stravaccate su quel divano con la pancia piena di cibo messicano e la testa palesemente in subbuglio.
Seguendo l'impulso del momento Dom accarezzò il viso di Kate, le sistemò i capelli passandoci le dita dentro, la baciò sulle labbra non essendo sicuro se fosse proibito o meno - ma non era così importante: pian piano avrebbero imparato a muoversi, come ospiti in una casa che nascondesse qualcosa di intoccabile.

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Capitolo 2
*** Oh, alone we may fight so just let us be three ***


Oh, alone we may fight
So, just let us be three

Finalmente, Dom si è addormentato.

Kate si mette a sedere cautamente per evitare di svegliarlo, appoggia le spalle alla testiera del letto e si copre col lenzuolo fin sotto al mento: anche se Dom non può vederla ed è piuttosto stupido provare imbarazzo dopo quello che hanno fatto, non se la sente di restare nuda di fronte a lui.

Quello è un livello di intimità ancora da conquistare per entrambi, pensa Kate tirando su il lenzuolo per coprire Dom fino all’altezza dello sterno.

È la sua faccia, ad interessarle. La faccia di Dom parla di tutto ciò che usualmente il suo proprietario tace.

Le sue guance sono quelle di una persona che ha perso parecchio peso, nel corso degli anni; le lentiggini e la carnagione brunita parlano di sole e vento - o di lettini solari? Le ciocche spioventi sulla fronte camuffano l’attaccatura dei capelli forse un po’ troppo alta per non essere dovuta ad un’incipiente calvizie. Le labbra sono socchiuse, e scoprono un millimetro della chiostra di denti bianchi e perfetti che si ritrova, la negazione totale di qualsiasi stereotipo riguardi gli inglesi e la loro notoria tendenza a ritrovarsi una guerra punica in bocca.

Nel complesso è bello, decide Kate, ed ispira simpatia.

Non le basta, però - vuole capire per quale motivo Matt non possa fare a meno di lui.

Distoglie lo sguardo, frustrata, e si infila entrambe le mani fra i capelli tirandoseli sulla faccia.

Quella faccenda rischia di farla impazzire, e ciò è ridicolo per due motivi: il primo, perché se l’è cercata e il secondo perché... Oh, andiamo, è Kate Hudson! Ha avuto un marito, ha un figlio, è stata con uomini e donne in grado di far perdere la testa a chiunque ne possieda una e mai nella vita si è sentita così... Disarmata, e da chi poi? Da una persona che ha cercato di rimorchiarla interpretando la parte dell’uomo protettivo e sicuro di sé - “mi prenderò cura io di te”... Lui, prendersi cura di lei! Lui, che delle volte Kate crede genuinamente abbia difficoltà a vivere la propria routine quotidiana senza rischiare di morire almeno un paio di volte al giorno, è così svampito ed è... Strano, con i suoi denti storti e le sue spalle strette, le gambe magrissime ed i fianchi larghi, gli occhi che ti bucano da quanto sono intensi, le mani grandi, calde e forti, la sua voce...

Non funziona. Dovrebbe pensare ai suoi difetti, non scivolare di nuovo sui dettagli di lui che la fanno impazzire.

Il fatto che spesso questi ultimi coincidano con i primi la spaventa a morte, e il fatto di essere spaventata a morte la spaventa a sua volta.

Non ci sono abituata, si dice per rassicurarsi ed allontanare la nausea che ha iniziato a salire verso la gola, è solo una questione di tempo e smetterò di avere paura.

Stanno bene insieme, no? Ridono, parlano, fanno tanto sesso. E Matt vuole bene a Ryder, che sembra stia iniziando a ricambiare dopo un periodo iniziale di tacita ostilità nei confronti della loro storia.

Kate lancia di nuovo un’occhiata all’uomo addormentato nel suo letto... Il letto che condivide con Matt, di solito. Cerca conforto nell’idea che è stata lei a concedergli il permesso di coprirsi con le loro lenzuola e di abitare insieme a loro.

Ovviamente, pensare a ciò che l’ha spinta ad una simile decisione non migliora il suo stato d’animo.

Li ha sorpresi a letto... Più semplice, squallido e scontato di così.

Non li ha colti sul fatto, erano semplicemente nudi ed addormentati l’uno addosso all’altro.

Per lo shock non è riuscita neanche a svegliarli: si è seduta sulla poltrona accanto al letto con le gambe e le mani tremanti e li ha osservati dormire. Ha imparato a memoria il disegno delle ciocche di capelli scure di sudore stampate sulla fronte bianca di Matt e seguito con lo sguardo il ritmico alzarsi ed abbassarsi del suo petto, appesantito dalla testa bionda del suo amico che semplicemente amico non era.

Quando si sono svegliati, aveva riacquistato un minimo di compostezza da qualche minuto - ma dell’idea che le è venuta qualche giorno più tardi non vi era ancora la minima traccia.

Buongiorno, aveva sussurrato con il più zuccheroso dei sorrisi, anche se di buono quel giorno non aveva proprio niente.

Adesso, a ripensarci, le viene da ridere e lo fa sottovoce, per non disturbare il clandestino accanto a lei e la nausea che ancora la attanaglia.

Non sono quelli, i patti... Non avrebbero dovuto fare l’amore con lui e non per il motivo per cui l’ha fatto. Non c’è nessun “io”, in una threesome, le ripicche e le gelosie minano la base del triangolo così come i segreti e le bugie.

Invece no, è giusto così.

Oddio, no, in realtà no... Matt non c’entra, quella del triangolo è stata una sua idea e dovrebbe perciò rispettare le condizioni che lei stessa ha stabilito.

Matt però è andato a letto con Dom, perché non dovrebbe farlo anche lei? Si è detto che non c’è nessun “io”, in una threesome, nessun diritto di possesso.

Ma è pur sempre vero che ogni triangolo ha un vertice, diamine.

Santo Dio... Se ne fanno di cazzate per amore, eh?

Perché l’amore stesso è una cazzata, in fondo. Se fosse una cosa seria non sarebbe persa per uno che in teoria non avrebbe dovuto degnare di una seconda occhiata, uno che non ha fatto altro che complicarle l’esistenza da quando lo conosce semplicemente essendo.

Dove non sono riusciti gli altri è riuscito quell’omino storto e logorroico, con le mille cose stravaganti che gli frullano per la testa e delle quali lei non ha mai abbastanza - le sue teorie, le stranezze di cui è a conoscenza e di cui parla con tanta passione, il modo insolito che ha di affrontare la vita e che delle volte è una trappola ed altre una benedizione.

Non somiglia a nessuno dei suoi ex. Nessuno regge il confronto, nemmeno Chris.

Ed è solo un omino storto e logorroico che ad Hollywood nessuno degnerebbe di una seconda occhiata ma che lei vuole tenersi stretto, e vuole riuscirci anche giocandosi carte mai utilizzate prima d’ora.

Almeno, pensa tornando a guardare Dom, non è sola in tutto questo - per accettare quel compromesso anche lui non deve essere del tutto in sé.

Dom resta un mistero insondabile: non vuole aprirsi a lei e metterla a parte delle sue ragioni, non ancora. Rimpinzarsi di cibo messicano e scopare è l’unico modo che le è venuto in mente per far breccia nella sua cortina di educata ritrosia, e probabilmente non servirà a molto.

Kate amerebbe sapere perché c’è dentro anche lui, in questa storia, e non solo.

Amerebbe sapere se può considerarlo un alleato, un compagno di sventura oppure una serpe in seno.

Se riuscirà a non impazzire ulteriormente, nel tempo lo scoprirà.

E adesso... E adesso vado a vomitare, pensa Kate correndo in bagno prima di rovinare le lenzuola.

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Capitolo 3
*** What we need is one thing ***


What we need is one thing



L’azzurro è un’illusione ottica, ricorda Matt all’improvviso.

Si chiama effetto Tyndall - o Rayleigh? No, Rayleigh spiega il perché di un cielo azzurro piuttosto che verde, rosso o giallo.

Comunque, l’azzurro è un’illusione ottica. Le iridi azzurre sono solo iridi con poca melanina, la luce le attraversa e riemerge sotto forma di onde corte o quel che sono, quindi voilà, azzurro. Backscatter, dovrebbe chiamarsi, o almeno così gli pare di ricordare.

L’idea è divertente e sconfortante al tempo stesso - anni ed anni trascorsi a ricevere complimenti per qualcosa che in realtà non esiste...

- Tom, lo sapevi che gli occhi azzurri sono un’illusione ottica?

Tom alza lo sguardo dal laptop che tiene in grembo e lo fissa con aria assente, come se non avesse capito.

- Che? - risponde, infatti.

- Gli occhi azzurri non esistono.

Tom riflette sul concetto, aggrottando le sopracciglia scure: poi il suo viso si illumina, e scoppia a ridere di cuore.

- Matthew Bellamy... Dal millenovecentosettantotto, semplificare e storpiare concetti di fisica è il suo mestiere.

- Oh, vaffanculo.

- Non arrabbiarti, fa parte del tuo fascino... Comunque, vieni all’ombra.

- Voglio stare con i piedi a mollo.

- Ma è mezzogiorno, e hai anche bevuto un bicchiere di vino a stomaco vuoto... Non farti trascinare, dai.

- Tu provaci.

- Non provocarmi, topo.

- Non ho paura di te, orango tango.

Sfoggiando un’espressione fintamente indignata, Tom posa il laptop sulla sdraio accanto alla sua e si alza in piedi, crocchiandosi le nocche.

- Te ne pentirai, Bellamy.

- Scusa, hai detto qualcosa? Ho sentito solo un “uga buga volere banana” in lontananza...

In un lampo, Tom è dietro di Matt e lo afferra saldamente per le spalle.

- Allora hai proprio bisogno di rinfrescarti le idee, scemo. - dice, prima di spingerlo in avanti e farlo cadere dentro la piscina.

Matt riemerge sputacchiando acqua e ridendo.

- Figlio di una gran puttana, salvando tua madre...!

- Certo! Prima vieni in casa mia, bevi il mio Merlot, infili i tuoi piedoni puzzolenti nella mia piscina e poi insulti i miei natali!

- Ho detto “salvando tua madre”!

- Perché sei un piccolo paraculo del cazzo!

- Vaffanculo. - ridacchia Matt, aggrappandosi alla scaletta per uscire dalla piscina.

- Ti do dei vestiti asciutti...

- Ma no, ora mi metto al sole e mi asciugo.

- Quando cazzo vuoi tornarci a casa, insomma?

Tom lo dice ridendo, ma la sua è una domanda seria. Matt lo sa, ma comunque risponde a tono.

- Mi stai cacciando, Tom? Stai cacciando il tuo amico e compagno di mille avventure? Da te non...

- Sei qui dalle nove a non far nulla... Almeno ti fossi messo a tagliare il prato, per dire.

- Detto fatto... Dov’è il tosaerba?

Stavolta Tom non sorride nemmeno, e prende finalmente il toro per le corna.

- Matt, cosa c’è?

- Niente, che deve esserci?

- Ti stai nascondendo.

- Non è affatto vero, ho solo piacere a stare in tua compagnia!

- Hai litigato con Kate?

- Assolutamente no, come ti...

- Con Dom, forse?

- Con nessuno, Tom, giuro.

- E allora qual è il problema?

- Non c’è.

Ed è vero, non c’è alcun problema.

Insomma, ad aspettarlo a casa ci sono un frigo pieno, il pianoforte, le chitarre, una TV con schermo LCD largo quanto un pannello solare e soprattutto le bionde della sua vita.

Le bionde sono pericolose, quando lo sono dentro e fuori.

La naturalezza con cui si muove Kate, come ride, come mangia, come parla.

La gentilezza spontanea di Dom, la sua infinita pazienza, il suo stare bene con sé stesso.

Sono due creature così luminose. E sono sue. E ha comunque talmente paura di perderle che non tornerebbe mai a casa.

È un po’ come il principio del gatto di Schrödinger: se rimarrà da Tom, Dom e Kate saranno lì dove li ha lasciati quasi ventiquattr’ore prima, dopo la prima notte della loro nuova situazione, della loro cosa e, allo stesso tempo, l’avranno lasciato solo, andandosene e mettendo fine a quella follia.

… un altro concetto di fisica brutalmente stuprato, ovviamente. Purtroppo, niente di quello che gli attraversa la testa esce dritto, pulito e condivisibile da qualcun altro.

La loro cosa non è condivisibile. Come si può raccontare ad una madre, ad esempio, che oltre ad una splendida fidanzata hai anche un amante - uomo - che è anche il tuo migliore amico e la migliore scopata della tua vita, finora?

Cazzo, perché deve preoccuparsi di sua madre? Perché deve sempre sforzarsi di far quadrare il cerchio? Perché quello che è in realtà deve per forza coincidere con ciò che dovrebbe essere, con ciò che vorrebbe essere, con ciò che è giusto e conviene e che va fatto perché sì?

Dom, Kate... Per loro è così facile. Il loro è un “sì”, non un “sì, però”.

A lui non sarebbe mai venuta in mente una soluzione del genere - o meglio, l’avrebbe tenuta da parte come fantasia inconfessabile... Invece Kate l’ha tirata fuori come se niente fosse. Lei è così, è leggera, è libera e lui è dannatamente fortunato ad averla. Ad averli entrambi.

Matt si sdraia e chiude gli occhi sotto il sole di quell’orribile terra senza stagioni che è Los Angeles.

Sa, lo sa che Dom e Kate sono ancora a casa, l’azzurro non esiste ma lui può vederlo comunque e la fisica non è mai stata il suo forte.



Pucciose signore ancora all'ascolto, come sempre per quanto riguarda questa storia non so cosa ho scritto e non so cosa scriverò in seguito - perché un epilogo lo voglio scrivere e credo anche che sarà un epilogo con sexy times e colpi di sceMa annessi... Ma sapete che le mie parole sono scolpite nel burro fuso (eh?).

... no, ok, li farò sgnaccherare, è deciso.

Consiglio spassionato: se apprezzate le mie storie prendendole addirittura sul serio (non troppo, il giusto) non leggete le note a piedi delle stesse. Finisco sempre per rovinare il mood, come avrete notato in quest'occasione.

Cheers. ♥

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Capitolo 4
*** No one can tell us what love brings (epilogo) ***


No one can tell us what love brings


Quindi, ci sono arrivati. Una conclusione del tutto naturale, per chi ha contribuito a creare il contesto nel quale inserirla.
È su questo che Matt, Dom e Kate devono concentrarsi – e si stanno sforzando di farlo, tutti e tre.
Dom bacia bene, come ha avuto occasione di constatare Kate il giorno prima: è premuroso, mai invadente, mai esibizionista. Bacia come vive, verrebbe da dire.
In questo caso, però, forse c'è anche del nervosismo a frenarlo... Stavolta non è lui lo spettatore.
Matt è talmente agitato da non cogliere questa sfumatura. Osserva Dom baciare la sua fidanzata con quella delicatezza che gli è familiare, e non sa leggerci nient'altro dentro.
Guardarli interagire in quel modo è solo perifericamente eccitante, la sua mente sta cercando di far combaciare l'immagine che si ritrova di fronte con il repertorio di cui già dispone ed è difficile, davvero difficile.
Sono così belli, comunque. Pressoché immobili, le braccia lungo i fianchi, i loro corpi distanti e le labbra come unico punto di contatto.
Pian piano Matt registra i dettagli, li mette in ordine, li decodifica e alla fine realizza.
Anche loro non sanno cosa fare, ma lo stanno facendo. Come lui.

Kate si stacca per prima, ha il respiro pesante e non da dove guardare.
Lo sguardo dei due uomini nella stanza con lei le pesa addosso anche se non può e non vuole vederlo.
Vorrebbe farla finita, subito, ed è per questo che si sfila la t-shirt, sbottona i pantaloni e li tira giù assieme alle mutandine.
Guarda Dom, ma lui non ricambia lo sguardo perché la sua attenzione è rivolta tutta verso Matt mentre si toglie la camicia e gli skinnies in pochi gesti rapidi.
Allora la sua improvvisa spavalderia scompare, lasciando il posto alla stessa solitudine che l'ha colta il giorno in cui ha trovato quell'estraneo a dormire accanto all'uomo che ama, e si sente intrappolata nel suo stesso gioco.

Finalmente la situazione comincia a fare effetto anche sul suo corpo, il sangue scende dal cervello e va a raccogliersi lì dove tutto diventa più facile.
Magari i maschi pensassero davvero con l'uccello, si ritrova a desiderare ironicamente Matt.
Può provarci, però, a cominciare da stasera.
- Allora, dobbiamo pregarti? - scherza Dom.
Accanto a lui, Kate sorride lievemente.
Sono entrambi in attesa di una mossa.
E allora muoviamoci.
- Quando mai mi sono fatto pregare per questo genere di cose...? - Matt ribatte a tono, iniziando a spogliarsi.
Pochi istanti dopo si dirige verso il letto, sfiorando la coperta in punta di dita mentre si avvicina al suo lato e da lì sale sul materasso, sdraiandosi comodamente nel mezzo.
Non gli è sfuggito il modo in cui Kate ha trattenuto il respiro e Dom ha stretto le gambe, come a tenere a bada il suo pene semi-eretto che fa capolino tra le cosce.
Lo desiderano davvero, a quanto pare. L'idea lo fa ridacchiare, mentre batte entrambe le mani sul letto in segno di invito.
Dom e Kate si muovono quasi in contemporanea, sistemandosi ai lati di Matt.

Quando si chinano entrambi per baciarlo sulla bocca, le loro teste si scontrano producendo un sonoro thud.

Per un attimo, nessuno fiata.
Poi, Kate apre la bocca ed inizia a ridere a crepapelle.
- Non... Non posso crederci...! - articola fra una risata e l'altra, mentre Matt sotto di lei si spancia e Dom, dopo un attimo di titubanza, si unisce a loro.
Ride di cuore, Kate, con tanto di lacrime ad inumidirle gli angoli degli occhi.
Siamo ridicoli, pensa, proprio ridicoli.
Quella consapevolezza è così rincuorante che si allontana da Matt di qualche centimetro, scherzando con Dom: - Vai, caro, dai inizio alle danze.
Lui sorride a trentadue denti.
- Grazie, carissima.
È giusto che sia lei a dargli il permesso, d'altronde l'idea è stata sua... Dom sa di doverle questo privilegio. A rifletterci, possiede un vantaggio talmente consistente su di lei che concederle un minimo di autorità non gli dispiace né lo preoccupa. E poi non è una guerra.

È solo questione di coordinazione, di esercizio.
Ci sarà un momento in cui troveranno la posizione giusta, quella in grado di accontentare tutti.
Può funzionare, anche in tre.

Fare l'amore in tre è faticoso, ma dormire in tre può essere addirittura peggiore.
Ad un'ora imprecisata ma sicuramente molto tarda della notte, Dom si sveglia con un gomito di Matt piantato nel collo. Quando lo scaccia in malo modo, l'imbecille si limita ad arricciare il naso e a borbottare un “fanculo” nel sonno.
Prima che possa girarsi dall'altra parte e riaddormentarsi, Dom sente dei rumori.
La porta del bagno in camera è socchiusa, e Kate non è nel letto.
I sensi di Dom si fanno più vigili, e riesce ad identificare i suoni che provengono dal bagno; preoccupato, salta fuori dalle coperte e spalanca la porta.
Kate è in ginocchio accanto al water, e si sta tappando la bocca con una mano.
- Cos'hai? - chiede Dom sommessamente.
Il fatto che Kate taccia non gli piace affatto.
- Oi, che diavolo hai?
A quel punto, lei alza lo sguardo.
Gli occhi sono ancora gonfi di lacrime per lo sforzo, la voce è un po' roca ma le parole sono fin troppo comprensibili.
- Mettiamola così, Dom... Spero sia solo un virus. Un virus che faccia sparire il ciclo e venire le nausee.


*nell'aria risuona l'eco di una risata malvagia*

Sicché, viva i quadrilateri. :D

*sparisce soffiando baci in direzione del gentile pubblico e schivando con eleganza uova marce e scarti di verdure varie*

… no, seriamente, grazie dell'attenzione e spero che apprezziate il finale. ♥

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