A little bit

di JunJun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ~ Paura ***
Capitolo 2: *** I ~ Curiosità ***
Capitolo 3: *** II ~ Fragole ***
Capitolo 4: *** III ~ Equivoci ***
Capitolo 5: *** IV ~ Confusione ***
Capitolo 6: *** V ~ Ricatto ***
Capitolo 7: *** VI ~ Suicidio ***
Capitolo 8: *** VII ~ Fallimento ***
Capitolo 9: *** VIII ~ Vendetta ***
Capitolo 10: *** IX ~ Fastidio ***
Capitolo 11: *** X ~ Addio ***
Capitolo 12: *** XI ~ Amore ***
Capitolo 13: *** XII ~ Ipocrisia ***
Capitolo 14: *** XIII ~ Rinuncia ***
Capitolo 15: *** XIV ~ Passaggio ***
Capitolo 16: *** XV ~ Proposta ***
Capitolo 17: *** XVI ~ Piano ***
Capitolo 18: *** XVII ~ Ukita ***



Capitolo 1
*** Prologo ~ Paura ***


PROLOGO

~ Mondo degli Shinigami.

Un luogo buio, infinito, senza tempo, un luogo di silenzio e di morte. Un mondo vuoto, privo di vita. Un mondo in cui non esiste la nozione di bene o male, giusto o sbagliato, vero o falso. Un mondo distrutto, in cui tutto è nero. E così deve essere.
Una valle desolata, macabro cimitero attraversato da un burrone. Fra le carcasse sparse sulla torba, l’olezzo proveniente dal basso, l’erba marcia sparsa per terra, qualcosa mosse per un attimo l'aria morta. Un tonfo sordo, seguito da uno scricchiolio: nel cielo nero, uno Shinigami era appena atterrato su un mucchio di ossa putrefatte.
Era, come tutti gli altri Shinigami, un essere che incuteva null'altro che ribrezzo: un corpo piccolo e scheletrico, mal nascosto da un enorme mantello nero stracciato; pelle grigia, spaventosi occhi rossastri, il viso oscurato da una massa disordinata di capelli lunghi, scuri e sporchi. Con uno scatto nervoso, lo Shinigami mosse un passo in avanti, e le sue minuscole ali violacee da pipistrello, che aveva utilizzato fino a quel momento, si ripiegarono sulla schiena, confondendosi con le pieghe del mantello.
Lo Shinigami restò fermo, come in attesa, per qualche istante: ma intorno a lui era la morte. Sollevato, si decise infine ad incamminarsi, l'eco dei suoi passi che riecheggiava sinistro tutt'intorno.
Era determinato. Aveva compiuto un viaggio molto lungo solo per giungere in quel posto, e per un solo motivo: avere giustizia.
"SAYO!" gridò di colpo una voce rauca, sghignazzante.
Lo Shinigami si paralizzò.
"E così, alla fine hai deciso di farti ammazzare," continuò la voce, maliziosa.
Sayo si guardò intorno velocemente, ed infine lo vide: c'era un altro Shinigami in quella vallata, sdraiato a terra in mezzo alle carcasse, beato come un bagnante umano che sta prendendo il sole in spiaggia. Era così grosso e brutto che si confondeva, in mezzo a quel mucchio di schifezze.
"Che vuoi, Ogre?" ruggì Sayo, con fare indispettito.
"Ho sentito che Ryuk ti ha fregato il Death Note e l'ha buttato nel mondo degli umani," sparò quello.
"Già. E allora?"
"Stai andando a dire al Re quanto sei imbecille, no? Dai retta a me, ti ammazzerà di certo."
Sayo parve spaventarsi. "Forse..." esitò. "...ma io rivoglio il mio quaderno!" affermò poi con decisione.
Ogre, ridacchiando, si puntellò con un braccio per osservare meglio quello Shinigami: Sayo era all'apparenza uguale a tutti gli altri, ma una volta che la conoscevi, ti accorgevi che era mille volte più imbranata. Ghignò divertito: Ryuk doveva essere riuscito a rubarle il Death Note con una facilità assurda.
"Ma dai, Ryuk si sta solo divertendo un po'. Quando avrà finito, te lo riporterà", le disse.
"Non è per questo. Non mi piace ciò che ne sta facendo Ryuk nel mondo degli umani. Non è divertente. Rivoglio il mio quaderno".
Ogre sbuffò. “Ma se è solo per il quaderno, allora vattelo a riprendere tu, no?"
”Io?!” Sayo trattenne il fiato. Le sue ali frusciarono come prese da un tic nervoso. La sua voce divenne un sussurro: "Ma io..." mormorò, "Io ho paura del mondo degli umani".
A quella sparata, Ogre non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a ridere furiosamente: la famosa paura del mondo degli umani di Sayo. Quello Shinigami era davvero troppo stupido. Doveva convincerla a non andare dal Re. Non sapeva alle spalle di chi avrebbero riso, se lui l’avesse fatta fuori.
Sayo strinse nervosamente i pugni ossuti, ignorando Ogre. Aveva osservato dal suo mondo tutto ciò che stava accadendo nel mondo degli umani, da quando Ryuk vi aveva lanciato il quaderno. E, ultimamente, le cose avevano preso una piega che non le piaceva. Più volte aveva guardato di sotto mordendosi le dita per la tensione, temendo che sarebbe accaduto il peggio, che sarebbe successo qualcosa a lui, che osservava da tanto. Infine, non ce l’aveva fatta più, ed aveva deciso di intervenire: sarebbe andata a chiedere al Re di far tornare Ryuk nel mondo degli Shinigami insieme al duo quaderno.
Ma ripensandoci, Ogre aveva ragione, se avesse detto al Re che se lo era fatto rubare, lui l’avrebbe sicuramente polverizzata.
Sospirò. Non aveva voglia di morire così. Oltretutto, non gli piaceva ciò che vedeva nel mondo degli umani, ma l'idea di doverci andare era ancora peggiore. Se solo avesse potuto manipolare un essere umano per fargli prendere il quaderno e portarglielo in qualche modo, sarebbe stato tutto risolto. Ma per manipolare gli esseri umani le serviva, appunto, il quaderno.
Sayo sospirò di nuovo, con un che di patetico: "Io…io ho paura," mugolò.



Note&piccoli spoiler.
La mia prima fanfiction su Death Note! Ho finito pochi giorni fa di vedere la serie animata, nonché il primo film (quant'è caruccio L nel live action!ç.ç;; *se lo mangia a morsi*). Nonostante abbia già una fanfic su Tokyo Mew Mew in lavorazione e che NECESSITA una battaglia finale da scrivere, è da qualche giorno che non faccio altro che pensare ad una fanfic su Death Note. Oggi pomeriggio il pensiero era diventato ossessione, avevo *bisogno* di scrivere quello che sentivo dentro di me, e così... eccomi qui! Questa fanfic, in realtà, non ha grandi mire né sarà molto lunga; ho solo intenzione di scrivere ciò che mi sarebbe piaciuto accadesse nella storia animata. Un "what if..." per consolarmi della bastardata che hanno fatto gli autori nel maledetto episodio 25 e a seguire...quel figo di Matt... ç.ç;... *coff coff*
Anche nella serie animata appare lo Shinigami a cui Ryuk ha rubato il quaderno: il suo nome è Shidoh, e, ripresosi il quaderno, svolazza via. Io avrei in mente qualcosa di più complesso, invece. ^^° Spero che mi seguirete nelle mie follie. Nel frattempo vi consiglio di leggere le fanfic di DarkRose su questa stessa serie, perché sono stupende da commuoversi. ç__ç;;
A presto e commentate!! xD
JunJun

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Capitolo 2
*** I ~ Curiosità ***


Piece I ~ Curiosity Tokyo

Grazie, Anansy, per la recensione e gli incoraggiamenti! Sei molto dolce... E complimenti per il profilo personale...


Piece I ~ Curiosity

Tokyo, casa Yagami. Notte fonda.
Light richiuse il suo Death Note con un colpo secco: anche quella notte aveva compiuto il suo dovere, giudicare il male che straziava il suo mondo.
Ripose la penna sulla scrivania, poi prese in mano il quaderno dello Shinigami. Ne fissò a lungo la ruvida copertina nera.
"Inutile," pensò.
No, nn poteva continuare ad ingannarsi così. Poteva mentire a tutto il mondo, ma non a sé stesso.
Light Yagami, 18 anni, figlio dell'ufficiale di polizia Soichiro Yagami. Fin da bambino, il suo sogno era sempre stato quello di diventare anch'egli un ufficiale di polizia, e per questo motivo aveva deciso di iscriversi alla facoltà di Legge dell'università di Tokyo.
Ora, però, era tutto cambiato.
Light si alzò per andare a prendere un libro dal suo scaffale, poi si coricò sul letto reggendolo a fatica fra le mani, tanto era grosso e pesante: era il primo volume dei Sei Codici della Legge. Lo aprì, soffermandosi sulla semplice dedica scritta in prima pagina: "A Light, auguri per i tuoi 18 anni. Papà".
Il ragazzo rimirò per qualche secondo la grafia ordinata di suo padre, poi gettò il libro accanto a sé con un gesto rabbioso.
Fino a poche settimane fa, libri come quello erano stati la sua Bibbia. Lui aveva sempre creduto nella giustizia, aveva sempre creduto nel Codice. Ma quando, pian piano, si era reso conto che esso era solo un ideale, che il suo mondo era popolato da ingiustizie, marciume in cui i criminali facevano i propri comodi a discapito dei più deboli, qualcosa era morta dentro di lui.
Lui voleva giustizia. Voleva solo un mondo in cui non ci fosse più malvagità. Per questo, solo per questo, aveva usato il Death Note per giustiziare criminali.
All'inizio.
All'inizio, ci credeva davvero. Ma ora, ora scrivere nomi sul Death Note era diventata poco più che un'abitudine, un qualcosa di necessario da fare per realizzare il proprio sogno, diventare il Dio Assoluto del Mondo Nuovo.
Che la giustizia esistesse o meno, ormai non si trattava più solo di uccidere i malvagi: era molto, molto di più.
Girò la testa per osservare il libro. In ogni caso, in queste condizioni, I Sei Codici Della Legge non erano altro che un mucchietto di carta straccia. Una singola pagina del Death Note valeva mille volte più di quell'ipocrita mattone pieno di vane parole, leggi inutili e mai applicate.
Ryuk, che in quel preciso momento aveva finito di rosicchiare il torsolo l'ultima mela che Light gli aveva portato, non si lasciò sfuggire il brillio sinistro che era comparso negli occhi del ragazzo umano.
"Stai rivedendo le tue priorità, Light?" gli chiese lo Shinigami, ingoiando i resti della sua mela e leccandosi le dita.
Light si voltò lentamente per sorridere al demone: "Non hai bisogno di studiare la Legge, quando a dettarla sei tu," rispose mellifluo.
Ryuk sogghignò piano: quel ragazzo era davvero interessante. Quando lo aveva conosciuto, aveva pensato che Light fosse uno di quei genietti incompresi e depressi, ma si era presto ricreduto: il livello di freddezza e malvagità che era stato capace di raggiungere per uccidere chiunque avesse tentato di ostacolarlo era impressionante. Ryuk ancora rideva nel ricordare l'espressione di puro terrore dipingersi sul volto di quella Naomi Misora, l'istante in cui Light le aveva sussurrato: "Io sono Kira", l'istante prima che il Death Note le trasmettesse l'impulso irresistibile di suicidarsi. Quel Light era davvero un mostro. Decise di stuzzicarlo un po', giusto per sapere quali sarebbero state le sue prossime mosse.
"Quindi, niente più università? Ti sei impegnato così tanto! Non hai fatto altro che studiare, in questi giorni!" gli disse, cercando di sembrare preoccupato.
Light incrociò le braccia dietro la testa. "Solo perché sapevo che mi stavano osservando. Ma in ogni caso, no, io devo frequentarla. Se non lo facessi, risulterei sospetto".
"Neh, Light, tu sei sospetto comunque. Se non lo fossi, non ti avrebbero messo sotto controllo," sghignazzò lo Shinigami.
Il ragazzo si morse un labbro a sangue. Quel dannato (*) e le sue telecamere. Era stata una fortuna che se ne fosse accorto in tempo. Aveva rischiato molto, ma era riuscito lo stesso ad evitare di tradirsi.
Certo, era stato comunque costretto a ridurre il numero di esecuzioni e a nascondere il Death Note. Ma, per fortuna, era andato tutto bene. Alla fine, pareva essersi convinto che lui non potesse essere Kira, e la prova era stata la rimozione di tutte le telecamere nascoste.
Ma non era ancora finita. Light sapeva benissimo che, se al più presto non fosse saltato fuori un altro possibile Kira, sarebbe tornato a sospettare di lui. E lui doveva evitarlo ad ogni costo. Oppure, poteva cercare un modo per avvicinarsi ad ed ucciderlo a tradimento.
"Uccidere..." Light aggrottò la fronte. Qualunque decisione avesse preso, doveva morire. Era un uomo troppo pericoloso. E poi, aveva osato mettersi contro di lui. Lo aveva umiliato, con lo scherzetto della falsa apparizione in TV.
Gliel'avrebbe fatta pagare cara.
Ryuk si appollaiò sul soffitto come un pipistrello, incrociando lo sguardo del ragazzo. "Light, perché non parli più? Che stai pensando?" gli chiese, curioso.
"Se ti annoi, perchè non te ne vai ad uccidere tu qualche umano inutile?" sbottò il ragazzo, seccato per essere stato interrotto dai suoi pensieri.
L'orrendo sorriso di Ryuk si fece radiosamente sadico: "Magari proprio , no? Immagino che ti piacerebbe, giusto?" Poi, senza dare il tempo all'altro di ribattere, scese dal soffitto e ricadde sdraiato sul letto di Light, una mano a sorreggergli il volto, fisso su quello del ragazzo: "No, non lo farò. se lo facessi, finirebbe tutto il mio divertimento. E poi, non ho bisogno di uccidere umani, per ora. Quando morirai tu, scriverò il tuo nome sul mio quaderno, e mi prenderò tutti gli anni di vita che ti rimangono."
Light sbuffò: Ryuk sapeva essere davvero consolante a volte. D'altra parte, era sicuro che avrebbe potuto offrire a Ryuk un'intera piantagione di mele, ma lui non gli avrebbe mai fatto un favore. Light sospettava che si stesse divertendo un mondo a vederlo annaspare, disperato, in cerca di una via d'uscita ai guai in cui continuava a cacciarsi.
Si girò dall'altro lato, per non essere costretto a guardare quella faccia schifosa.
"Finirò sul tuo Death Note il più tardi possibile, Ryuk. Ma ora che ci penso, ti ho già chiesto come hai fatto ad avere due quaderni? Hai detto che l'hai rubato ad un altro Shinigami, no?"
Ryuk ricominciò a ridere: "Già, è stato uno spasso."
Light si accigliò. "E non credi che quello verrà a riprenderselo?"
Ryuk rideva così tanto da essere costretto a portarsi le mani allo stomaco. "No, no, credimi Light, lo conosco abbastanza bene da dirti che in questo momento si starà rodendo il fegato perchè ha una paura matta di venire qui. Ad un certo punto, penserà che l'unico modo per scendere nel mondo umano e recuperare in fretta il quaderno è quello manipolare la morte di un umano che glielo riporti. Poi però si renderà conto che per manipolare gli umani gli serve il quaderno".
Light sembrava contrariato da quella risposta. "Quindi è probabile che ci stia osservando rodendosi il fegato, ma che decida di non agire, giusto?"
"Non è probabile, è certo. Ma perché sei così interessato?"
"Pura curiosità, Ryuk," fu la risposta innocente. Light si rimise a sedere sul letto. I suoi occhi caddero sul suo orologio da polso: l'una e tre quarti. Il giorno dopo, avrebbe avuto il test d'accesso all'università. Era necessario che andasse a dormire. "Basta, ne ho abbastanza per stasera," mormorò, riprendendo in mano I Sei Codici per riporli al proprio posto. "Domani per me sarà una giornata faticosa, ho la prova d'accesso. Ho bisogno di..."
Due tonfi alla porta. "Fratellone! Sei ancora sveglio? Ma che fai? Parli da solo?"
Light si pietrificò: dall'altra parte della porta, sua sorella stava bussando per entrare.
"Oh, se ti ha sentito parlare con me di quaderni ed omicidi sono guai!!" Ryuk prese a saltellare fregandosi le mani, mentre i suoi occhi gialli si illuminavano.
"Sta' zitto!" gli sibilò Light, andando ad aprire la porta: la sua sorella minore, Sayu, si precipitò nella stanza, cercando di abbracciarlo. Lui si allontanò, facendole quasi perdere l'equilibrio.
"Sayu, sei matta?" la sgridò. "Stavi origliando?"
"No, stavo solo andando in bagno," fu la semplice risposta. "Sono passata per camera tua e ti ho sentito parlare da solo." Indicò il libro che Light ancora aveva fra le mani: "So che sei nervoso per domani, ma ora basta ripetere, devi andare a dormire, o non ci capirai niente in quei test assurdi! E poi, non preoccuparti, il mio fratellone è un genio, passerà di certo! Buona notte!!" e Sayu, scoccato a tradimento un bacio sulla guancia di Light, girò i tacchi ed uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Light rimase per qualche secondo immobile, teso, stringendo il libro.
Aveva origliato?
E se sì, lui aveva detto qualcosa di compromettente? Non gli sembrava.
Ma, e se Sayu avesse qualche sospetto?
"Per curiosità," gli chiese Ryuk portandogli una mano sulla spalla "...se lei scoprisse che tu sei Kira, cosa faresti?"
"Io..." Light, senza cambiare espressione, si voltò verso di lui e sorrise: "...la ucciderei" sibilò.
"Ha! Lo sapevo!"
Se avesse avuto un cuore, Ryuk l'avrebbe sentito palpitare forte nel petto per l'emozione. Aveva fatto proprio bene a gettare il quaderno nel mondo umano. Le cose si facevano sempre più interessanti.


***

(*) Perdonatemi, non ho resistito ad usare quel font. XD

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Capitolo 3
*** II ~ Fragole ***


Piece II ~ Strawberries Era una

Piece II ~ Strawberries

Era una mattina grigia, proprio come il suo umore. Quella notte, aveva dormito poco e male per prendere quella decisione, ed ancora non era del tutto sicuro di ciò che stava facendo. Ma ormai era tardi per cambiare idea.
Mentre camminava per uno stretto viale secondario del cortile dell'università, L sentì delle gocce d'acqua bagnargli i capelli ribelli. Dopotutto, avrebbe dovuto chiedere a Watari di accompagnarlo in limousine fino all'entrata: avrebbe attirato di più l'attenzione, ma avrebbe evitato di cacciarsi nei guai. Sperava almeno di raggiungere un luogo coperto prima che scoppiasse la tempesta, ma era alquanto improbabile: era la seconda volta che vedeva alla sua destra la facoltà di Lettere.
Cavolo, si era perso.
Le facoltà dell'università di Tokyo erano sparse in un mucchio di edifici riuniti in un unico campus, ma lui non sapeva né quale fosse quello in cui doveva andare né come arrivarci. Per di più, in giro non c'era nessuno a cui chiedere informazioni. Brutta cosa.
Il giovane si fermò un attimo per pensare: dietro di lui, sentì un rumore di passi interrompersi bruscamente, ma non se ne curò. Ragionò sul fatto che prima aveva sbagliato strada perché aveva raggiunto Lettere e poi girato a destra; a questo punto, chiunque al suo posto avrebbe pensato che, una volta raggiunta di nuovo la facoltà, svoltando a sinistra si sarebbe ritrovato sul viale principale. Sospirò annoiato, rimettendosi le mani nelle tasche, chiedendosi se davvero la sua non fosse paranoia.
Non gli piaceva uscire e mostrarsi così, in pubblico. Anche se nessuno era a conoscenza della sia vera identità, provava una strana impressione ogni volta che lo faceva. Fastidio, forse. Pur essendo il famoso L, paladino della legge e della giustizia, non sopportava tutte quelle ordinarie piccole leggi che il cittadino medio è costretto a seguire: devi apparire sempre in ordine, essere ben vestito, essere amichevole, camminare dritto, sederti composto etc etc etc. Se non lo fai, vieni isolato ed additato come anormale. Non che a lui fosse mai importato, ma non sa farsi i fatti suoi, la gente? La gente non sa cosa significhi passare intere notti, sveglio, solo, ad analizzare dettagli su dettagli di crimini terribili o a leggere interminabili e sanguinose biografie di efferati serial killer alla sola luce del monitor di un computer.
"...".
No, non lo sa, ma è proprio questo ciò che voleva lui: cancellare silenziosamente il male, per garantire a queste persone la serenità di una vita tranquilla. Senza omicidi, senza sangue, senza dolore.
Felice.
Raggiunta la facoltà di Lettere, L girò nuovamente a destra, ritrovandosi di nuovo a percorrere il vialetto che, si era appena reso conto, girava intorno alla biblioteca e quindi ritornava su sé stesso. Finse di guardare distrattamente l'orologio sul suo cellulare per lanciare una rapida occhiata dietro di lui, nonostante sapesse che il test d'ammissione sarebbe iniziato fra un quarto d'ora, e che probabilmente Yagami non era ancora arrivato, dato che lui odiava aspettare.
"Light Yagami", pensò L. Le possibilità che lui fosse Kira erano di poche unità percentuali, ma il suo istinto gli diceva che quel ragazzo perfetto stava nascondendo qualcosa. Ed il suo istinto non si era mai sbagliato. Era solo per scoprire il segreto di Light che L aveva deciso di iscriversi sotto falso nome alla sua stessa università e di presentarsi, con una scusa, a lui. Ma il suo piano ammetteva grossi rischi... fra cui anche quello che lui stava correndo adesso, dato che aveva appena avuto la conferma al suo sospetto di essere pedinato.

***

Light, con Ryuk al seguito, scese dal bus che l'aveva lasciato proprio di fronte all'università. Il cielo era plumbeo, ma il suo sorriso era radioso: non doveva preoccuparsi, stava andando tutto come previsto. La sua fedina era pulita, nessuno avrebbe più sospettato di lui. La sera precedente, prima di andare a dormire, aveva programmato la morte di altri criminali per il giorno dopo, per sicurezza, ma sapeva che non ce ne era reale bisogno.
Light era Kira, l'assassino dei criminali; aveva ucciso a sangue freddo 12 agenti dell'FBI, ingannato L ed il suo stesso padre, condannato a morte Naomi Misora; ma, una volta passato questo test, Light Yagami sarebbe stato considerato da tutti un normalissimo, brillante, studente universitario.


***

Altro che paranoia, ormai L ne era certo: qualcuno lo stava seguendo da quando era sceso dalla sua limousine. All'inizio, aveva pensato che si trattasse di un'impressione; ma aveva scelto apposta due volte di seguito la stessa strada sbagliata, e per due volte di seguito aveva sentito gli stessi passi sottili muoversi dietro di lui. Non era affatto un'impressione.
Continuò a camminare con noncuranza, fingendo di non essersi accorto di nulla. Era inutile andare in panico adesso: cercò piuttosto di ragionare. Il suo inseguitore di certo non doveva essere un professionista dato che, anche se lo seguiva a larga distanza, si era lasciato scoprire così facilmente; ed inoltre, non voleva fargli del male, perchè se avesse voluto, l'avrebbe già ucciso, dato che si trovavano in un posto isolato e senza testimoni. D'altra parte, nessuno sapeva che lui era L; e se anche qualcuno dei suoi nemici ne fosse venuto a conoscenza, di certo non gli avrebbe messo alle costole un tipo così imbranato. Per lo stesso motivo, non poteva neanche trattarsi di Kira, anche perché lui, per uccidere, aveva bisogno di un nome, oltre che di un volto.
E, per quanto potesse tentare, Kira non sarebbe mai riuscito a scoprire il suo vero nome.
Leggermente rassicurato da questi pensieri, L smise di chiedersi chi fosse il suo inseguitore: chiunque fosse stato, lo avrebbe conosciuto fra poco. Il viale che stava percorrendo svoltava dopo due metri ad angolo verso l'altro lato della biblioteca: con uno scatto improvviso, li percorse correndo, fermandosi proprio dietro l'angolo. Si voltò indietro, in attesa. Dall'altra parte si sentirono passi di corsa. L strinse i pugni, pronto al peggio, ma, di colpo, dall'angolo sbucò una ragazzina: interdetto, il detective sbarrò gli occhi, ma non riuscì ad evitare che lei gli rovinasse addosso.
Fortunatamente era abbastanza forte da non perdere l'equilibrio, così la ragazza finì per sbattere la testa contro il suo petto.
"Kyah! Ahia..!" mugolò quella, strofinandosi con una mano la fronte dolorante. "Ehi, ma ti sembra il modo di...?! AH!"
L la afferrò di colpo per le spalle, allontanandola da sé per guardarla meglio: sembrava una comunissima ragazza.
"...".
Che, dopotutto, si fosse sbagliato?
No....
La fissò con i suoi grandi occhi neri, così seri e penetranti che quella si spaventò.
"M-Mi scusi!" esclamò, la voce dolce che tremava. "Io... non volevo, è che... devo fare il test, ma... mi sono persa... così, stavo correndo e...e...".
L parve annoiarsi: "Non farneticare," sbottò.
"Wah? Io non sto farneticando! E' la verità! Lo giuro!" protestò la ragazza, agitando le braccia nell'inutile tentativo di liberarsi da quella presa forte.
Era più bassa di lui di almeno tutta la testa, aveva un fisico minuto e dei capelli bizzarri, lunghi e di un colore violetto chiaro. Aveva la pelle era bianca e liscia. E continuava a farneticare.
L le scostò la frangia dal viso per osservarla meglio in faccia: era carina, vestita in modo carino, ma a lui non interessava. Le sollevò il mento con una mano per fissarla profondamente negli occhi rosati, riuscendo in un colpo solo a farla stare zitta e a farla arrossire in modo assurdo. Per un attimo, rimase colpito: quella ragazzina era strana. Aveva degli occhi che brillavano. E poi...
Chiuse gli occhi, avvicinando lentamente il viso al suo collo, annusando piano.
...profumava di fragole.
La lasciò andare con uno scatto, facendole quasi perdere l'equilibrio. Poi, datole le spalle, ricominciò a camminare, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Non aveva tempo da perdere...
La ragazza, ancora rossa in volto, lo sguardo perso, barcollò qualche secondo come se stese per svenire. Il minuscolo zaino a spalla marrone le ricadde sul braccio. Sospirò forte per riprendersi, ed un attimo dopo trotterellava accanto ad L.
Lui la stava aspettando: "Perché mi seguivi?" chiese a bruciapelo.
La ragazza abbassò la testa. "Mi dispiace. Mi sono persa," ripeté per l'ennesima volta.
L si accigliò: era sicuro, al 90%, che quella fosse una balla. Anche se, a pensarci bene, era abbastanza normale che una persona insicura che si perde in un luogo solitario si metta a seguire il primo che capita, se non altro per non restare da sola. E poi, in fondo si trovava in un'università, non in un campo minato. Nessuno conosceva la sua identità, e se quella ragazzina era un agente segreto, un pericoloso avversario o un killer pluriomicida, allora Kira si sarebbe presto rivelato essere un funambolo su corda.
"Capisco" annuì pensieroso, gli occhi al cielo, l'indice sulle labbra. In silenzio, i due ripercorsero di nuovo la strada verso la facoltà di Lettere, quindi svoltarono a sinistra: come aveva previsto L, in breve si ritrovarono nel viale principale, gremito, nonostante il tempo minaccioso, di gruppetti di ragazzi ben vestiti e pettinati che si dirigevano ordinatamente verso il grande ingresso di un edificio universitario preceduto da bellissimi scaloni di marmo.
L, camminando, lanciò uno sguardo furtivo alla ragazza che continuava a camminargli accanto, sempre a testa bassa, quindi riportò lo sguardo in avanti e ricominciò a mordicchiarsi il dito. Kira, la tensione, la pioggia, aule che non si trovano, ragazzine che ti piombano addosso. Quel profumo era stato troppo. Non ce la faceva più. Aveva una voglia immensa di...
"I-Ichigo! (*)"
"U-Uh?!?!" saltò L, sgomento, paralizzandosi.
"Il mio nome è Ichigo" ripeté la ragazza, che aveva sollevato di botto il viso verso di lui. "Piacere..!!" si inchinò lievemente.
L impiegò qualche secondo per riprendersi. "Ryuga...Hideki," scandì alla fine.
Ryuga Hideki, come quel famoso idol tanto in voga fra le ragazzine negli ultimi tempi. Quel nome falso non era una scelta casuale, bensì una precauzione contro Kira.
Come una qualsiasi ragazzina che avesse scoperto che l'omonimo del suo attore preferito è l'esatto suo contrario, Ichigo lo fissò stranita. Fin qua, tutto come previsto. Ma, invece di esclamare qualcosa tipo: "Ehy, ti chiami come il mio idol preferito", dopo un momento di pausa imbarazzata lei gli domandò innocente, imitando il suo indice alle labbra:
"Allora...devo chiamarti così?"
L rimase a bocca aperta: "Cosa..?!"
"Voi due là in fondo!" li chiamò la voce nervosa di un professore. "Sbrigatevi! Il test sta per iniziare!"
"Uhm!" annuì Ichigo, staccandosi dal fianco di L per correre verso l'entrata. "Allora ciao, Hideki-san," gli disse prima di sparire nell'ingresso, voltandosi un attimo per salutarlo con la mano.
"...". L, immobile, si passò una mano fra i capelli disordinati. Sapeva che non l'avrebbe più rivista, ed in fondo era meglio così. Anche se ci aveva parlato per meno di cinque minuti, poteva affermare che quella Ichigo era la cosa peggiore che gli fosse mai capitata: era in un momento di grande tensione, doveva concentrarsi su Yagami e su Kira, ed invece...
...ed invece, gli era venuta una voglia matta di fragole.

***
***

(*) "Ichigo" significa letteralmente "Fragola"...
Ed infatti l'ispirazione per questo capitolo viene da questa perla di pucciosità che ho tradotto qui. ç***ç; click!

Anansy, ti ringrazio di nuovo per il commento!^**^;; E grazie anche a chi legge solo e non commenta (tanto vi vedo, dalla pagina dell'account =PPP). Visto, aggiorno alla velocità della luce!*ò*; Spero che questo capitolo non ti abbia deluso. Grazie anche per il parere sullo stile: sono da poco uscita da un grosso blocco dello scrittore, e mi fa piacere sentire che finalmente ho ricominciato a scrivere cose comprensibili. ^^°
Ah, il font per la scrittura di si chiama "ManuskriptGotisch", e lo si trova facilmente cercando con Google. ^.-

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Capitolo 4
*** III ~ Equivoci ***


Mondo degli Shinigami

Attenzione! Capitolo vagamente pervertito.... ^^°
Grazie LittleDream, grazie Anansy per i commenti!*.*;; Eh, anche se mi dispiace ammetterlo, in fondo non era difficile capire chi fosse la ragazza! *voleva fare il colpo di scena xD*
E' che la trama di Death Note è secondo me già di per sé perfetta di suo, però ho cercato lo stesso di usarla come base per degli sviluppi diversi; non saranno mai all'altezza dell'originale, ma mi diverto a scrivere... E Anansy, a proposito del capitolo precedente dedicato a L, non sono brava a farli ma spero che ti piaccia il blu oltremare!xD --> click!
Littledream, sappi che lo odio, ma mi sto impegnando per scrivere bene di Raito!è.é;; *decisa*


Piece III ~ Equivoci

Cancelli dell'università Todai, verso la fermata dell'autobus.
Light Yagami, solitario in mezzo ad un gruppo di ragazzi che si scambiavano opinioni sul test appena sostenuto, camminava con lentezza sul marciapiede.
Lui non aveva nulla da dire a nessuno: quel test elementare era stato per lui una pura e semplice formalità. I professori avevano fornito agli studenti due ore per completarlo ma, dopo la prima mezz'ora, im preda alla noia lui stava già rileggendo le risposte date. Alla fine, non sapendo più cosa fare, aveva preso a guardarsi un po' intorno con cautela. Ed era stato in quell'occasione che aveva incrociato lo sguardo con lui...
"Light, chi era quello?"
Light controllò l'orario dal suo orologio, quindi estrasse dal portafogli il biglietto del bus.
"Hey, Light!"
Il ragazzo tossicchiò leggermente, accennando al gruppetto di ragazze chiacchierine alla sua destra, ed ai ragazzi che camminavano dietro e davanti a lui.
Ryuk ci rinunciò. "Ah,capisco, non mi puoi rispondere perché siamo in mezzo a questa folla. Comunque, mi stavo solo chiedendo se quel tipo che era seduto dietro di te fosse un tuo amico".
"Non ho amici," bisbigliò Light raggiungendo la fermata, appoggiandosi al muro di recinzione dell'università alle sue spalle.
Da quando Ryuk leggeva nel pensiero?
Lo Shinigami planò sulla sommità del muro, proprio sulla verticale di Light. "Però lui ti guardava in modo strano, ed anche tu lo fissavi preoccupato".
Light si morse piano un labbro, incerto: quel ragazzo trascurato, spettinato, con quelle occhiaie impressionanti sotto gli occhi e quel suo modo assurdo di stare seduto, gli aveva fatto una profonda impressione.
Quando lui si era voltato indietro, lo aveva visto fissarlo con uno sguardo strano. Interessato. Indagatore. Penetrante.
Quel ragazzo, pensò Light, lo guardava come se lo conoscesse.
Come se sapesse.
Ryuk sghignazzò.
"Che hai?" abbaiò il giovane, perdendo la pazienza. Non solo quella situazione non gli piaceva, ma conosceva abbastanza bene Ryuk da capire che lui gli stava nascondendo qualcosa di importante.
"Quel ragazzo aveva un nome strano," ammise il demone.
Light strinse gli occhi. "Ah, allora è per questo", realizzò infine.
Ora aveva capito dove voleva arrivare Ryuk: prendendolo per paura e curiosità, voleva convincerlo a fare lo scambio di occhi con lui. Sorrise internamente: Ryuk poteva incuriosirlo e preoccuparlo quanto voleva, ma lui non avrebbe mai ceduto metà della sua vita solo per conoscere il nome del primo che passa.
"Beh, non mi importa," affermò, chiudendo il discorso.
Ma in realtà non riusciva a smettere di pensarci. Lo sguardo di quel tipo, addosso a lui, gli dava una sorta di tensione crescente. Chi mai poteva essere?
"Io ne sono sicuro, con ho fatto nessun errore. Tutti quelli che potevano nuocermi sono morti. Tutti."
Si ripeté mentalmente più volte questa frase per convincersi.
E comunque, anche se quel ragazzo in futuro si fosse rivelato un pericolo, alla prima occasione avrebbe trovato un modo per ucciderlo.
Non c'era possibilità di fallimento.
"Oh-oh, ma guarda un po' chi c'è lì..." mormorò Ryuk.
Light guardò in alto: il demone aveva voltato la testa, fissando con aria stupita un punto imprecisato alla sua sinistra. Pensando immediatamente al tipo del test, Light si voltò di scatto in quella direzione, ma rimase quasi deluso quando incrociò gli occhi di una ragazza dai lunghi capelli violetti che, seminascosta dietro un grosso palo della luce, lo stava spiando.
Lo scambio di sguardi durò un istante, poi la ragazza, realizzato di essere stata scoperta, tirò un urletto, arrossì di colpo e si nascose dietro al palo.
Ryuk sembrava sinceramente sorpreso. "Questo non me lo sarei mai aspettato," osservò, scendendo vicino a Light.
Lui, che praticamente credeva che tutto questo fosse solo una farsa per convincerlo ad accettare il baratto, lo fissò annoiato: "Ryuk, hai qualcosa da dirmi?"
L'altro incrociò le mani dietro la testa, iniziando a galleggiare in aria con fare indifferente: "No, nulla, è solo che sembra che tu non possa mettere il naso fuori alla porta che le ragazze iniziano a ronzarti attorno come api sul miele. Però quella è carina, perchè non ci provi?"
Light mormorò qualcosa come che non aveva il tempo per queste sciocchezze, quindi salì sull'autobus, appena arrivato. Mentre timbrava il biglietto, si era già dimenticato di quel piccolo teatrino: situazioni del genere, con ragazzine timide che lo guardavano di nascosto, erano abbastanza comuni per uno come lui. Gli era già capitato altre volte, ma ora aveva altro a cui pensare.
E poi quella non era il suo tipo.
L'autobus partì lentamente, e Ryuk si sedette sul tettuccio per scroccarsi la corsa.
"E così,"
pensò, "alla fine è scesa nel mondo degli umani. E' stupida ma interessante, l'idea di rubare il corpo di un essere umano".
Chissà cosa pianificava di fare ora, quella lì? Avrebbe sicuramente cercato di avvicinarsi a Light per riprendersi il quaderno. Chissà se lui si sarebbe accorto di chi aveva alle costole? Ryuk gongolò di piacere. In ogni caso, lui non gliel'avrebbe mai detto, a Light, chi era quella ragazza. Mai.


Ichigo tirò un lungo sospiro.. "Light Yagami, quel ragazzo che è appena salito sul bus.... E' lui che ha il mio Death Note..." gemette piano, accasciandosi a terra, le gambe piegate e la schiena contro il palo. Ragazzi e ragazze le passarono accanto senza notarla; solo un gatto randagio, annoiato anche lui, si fermò di fronte a lei, piegando la testa in segno interrogativo.
Lei lo guardò incerta per lunghi secondi. "Vedi, è che quel ragazzo..." iniziò alla fine, portandosi i pugni al petto. "Ecco..."
"Myah?"
"...Mi fa... Paura..!!!!"


***
***

La porta della suite d'albergo si chiuse con uno scatto. L entrò nella stanza perfettamente arredata, togliendosi le scarpe.
Dal salotto, il sovrintendente della polizia Soichiro Yagami, seguito dagli agenti Aizawa e Ukita, gli venne incontro preoccupato: "Ryuzaki, eccoti qui! Allora, com'è andata? Novità? Conferme? Smentite? Nuovi indizi?" gli chiesero i tre quasi in contemporanea.
Lui, preso dai suoi pensieri, li oltrepassò senza rispondere.
"Io non sono d'accordo con questa tua scelta, è pericoloso uscire così allo scoperto!" ci tenne a precisare timidamente Matsuda, seduto sul divano bianco di pelle. "E poi, tutto questo solo per controllare Light-kun...lo hai detto tu stesso che era innocente, no?"
Mogi, in piedi dietro di lui, annuì.
"Ryuzaki, io credo che dovremmo concentrarci su altre piste," dichiarò Aizawa, con aria seria.
Il giovane, continuando a non rispondere, si accomodò sulla sua poltrona, portandosi le ginocchia al petto. "Quali 'altre piste'?" pensò irritato. Chiuse gli occhi per qualche istante, poi si rivolse al sovrintendente: "Signor Yagami, non ho avuto possibilità di parlare con suo figlio oggi. Ho avuto un contrattempo, ma d'altronde lui mi sembrava molto teso per il suo test, non ho voluto metterlo sotto pressione. Ma il giorno della cerimonia di inizio del semestre avrò certamente modo di conoscerlo... e poi, ho intenzione di invitarlo ad entrare nella nostra squadra per partecipare alle indagini".
Gli agenti della polizia si guardarono l'un l'altro, colpiti.
"Cosa? ... Perché, Ryuzaki?" chiese Yagami, anch'egli stupito da quell'affermazione.
In quel momento Watari entrò nella stanza, portando in mano un vassoio con un the' ed una fetta di torta: li poggiò premuroso sul tavolino alla destra di L, e poi scomparve silenziosamente dalla porta da cui era entrato.
L, pur continuando a parlare col sovrintendente, sbirciò nel vassoio con una certa curiosità infantile: "Credo che Yagami Light sia un ragazzo ben dotato. Intendo, ha delle grandi-"
Una staffilata improvvisa di dolore gli fece morire le parole sulle labbra, quando si accorse che la torta al cioccolato che gli aveva preparato Watari era alla guarnita con panna e...
"...ciliege..." mormorò, fissando deluso il dolce.
"B-Ben dotato? C-Ciliege?!" balbettò il signor Yagami, sbarrando gli occhi.
L prese tristemente in mano una forchetta, punzecchiò incerto la torta: "Si, vede... Per tutto quell'interminabile test, lui era davanti a me. Dovevo concentrarmi, ma non riuscivo a resistere, stavo quasi impazzendo. Lo guardavo, ed avevo voglia di-"
"R-Ryuzaki!" lo interruppe il signor Yagami, sconvolto.
Matsuda arrossì tremendamente. "Ryuzaki..." mormorò all'orecchio di uno sbalordito Aizawa, "N-Non sarà mica..?!"
"Perché le ciliege, Watari?" Il detective moro, sconsolato, raccolse dal vassoio la tazza di the'.
Il signor Yagami ebbe uno scatto nervoso, e sbatté il pugno sul tavolino: "Ryuzaki! Che intenzioni hai con mio figlio?" gridò.
Lui non capiva il motivo di tutta quella agitazione. "Si rilassi," disse atono, addolcendo la sua bevanda con due, tre, quattro, cinque cubetti di zucchero. "...lei è padre e non lo capisce, ma suo figlio è davvero molto esperto in questo campo. D'altra parte, ricorda quando lo tenevamo sotto controllo? Le registrazioni di lui che abbiamo visto insieme lo dimostrano ampiamente," spiegò, sorseggiando il suo the' nero.
Naturalmente L alludeva a quando Light, appena sentita la falsa notizia che avevano mandato in TV, aveva capito che la storia del 1500 agenti dell'FBI che cercavano Kira in Giappone era una farsa.
Il signor Yagami, però, ripensò alle riviste pornografiche che lui e L gli avevano visto sfogliare, di nascosto, in camera sua.
Sbiancò. "M-Ma...ma...".
Con fare speranzoso, L immerse la forchetta nella fetta di torta e poi se la portò alla bocca ma, invece del sapore dolce e succoso delle fragole, sentì il retrogusto agrodolce e troppo raffinato della ciliegia: non gli piaceva.
Si alzò per andare verso la fruttiera sul tavolo, in cerca di qualcosa di dolce. "Capisco le sue preoccupazioni, signor Yagami," replicò, "ma da quello che ho potuto vedere, il ragazzo mi è sembrato sveglio e servizievole, posso assicurarle che l'esperienza con me non sarà traumatica. Ma vista la sua ansia, che sia Kira o meno...", disse, prendendo una banana, "...ci andrò piano con lui."
E, sbucciato il frutto, lo assaporò lentamente, leccandolo soddisfatto.
Matsuda si accasciò addosso a Mogi.
Aizawa indietreggiò spaventato, mentre il signor Yagami stava lì, boccheggiando, di colpo così teso e rosso in faccia che sembrava gli stesse per venire un collasso.
L, osservando la scena, continuò tranquillamente a mangiarsi la sua banana. "Ma che hanno tutti oggi?" si chiese, annoiato.

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Capitolo 5
*** IV ~ Confusione ***


Mondo degli Shinigami

Jun: Ugyuuuu... ç.ç;;
Ryuk: Scusate, ha iniziato ieri a stendere l'epilogo...
Jun: ç.ç;;;
Ryuk: E quindi triste perchè si è autorivelata il finale della sua fanfic...^.^°
Jun: T~T'''''



Piece IV ~ Confusione

Grazie alle correzioni automatiche, i risultati del test uscirono in rete appena il giorno dopo. Light non si dette neanche la pena di scaricarli: il giorno della cerimonia di apertura del semestre percorse il viale alberato dell'università con il suo vestito migliore ed un sorriso trionfale stampato sul volto.
In quella mattina luminosa, i petali di ciliegio portati dal vento cadevano ai suoi piedi come a formare un tappeto d'onore. Al suo passaggio, molti ragazzi e ragazze lo indicarono o si voltarono a guardarlo, chiedendosi ammirati chi fosse quel giovane così bello ed elegante.
Certo, se quelle persone avessero potuto scorgere dietro di lui Ryuk, che volteggiava come impazzito lanciando dappertutto occhiate di folle curiosità, sarebbero probabilmente scappate a gambe levate.
Light, varcata la soglia di marmo bianco della prestigiosa università, si soffermò alla bacheca appesa alla destra dell'ingresso: con decisa gentilezza, si fece largo fra la folla di studenti che vi si accalcava. Arrivato lì davanti, sulle decine di fogli bianchi di avvisi d'esame e calendari di corsi cercò il suo nome fra quelli dell'elenco delle matricole che avevano passato il test, ed infine scorse sulla sommità del foglio una riga che diceva:

Yagami Light - approvato con 100/100.

Il sorriso sul suo volto si allargò: non avrebbe potuto essere altrimenti. (*)
Allontanatosi dalla bacheca, attraversò il vasto atrio, di marmo anch'esso, per recarsi nell'aula delle lauree: era in quella grandissima sala che sarebbe avvenuta la cerimonia di apertura. Nel camminare, Light notò che non erano solo studenti a percorrere la sua stessa strada: molte persone adulte, che sembravano estranee all'ambiente universitario, ed alcuni fotografi, cameraman, nonché ragazzini e ragazzine, camminavano velocemente nella sua stessa direzione. Il ragazzo si chiese il perchè di tutta quella presenza: in fondo, quella non era altro che una semplice, noiosa cerimonia.
"Cosa, non lo sai ancora?" esclamò un ragazzo alla sua destra, in risposta ad un suo amico che gli aveva posto la stessa domanda che Light stava pensando. Lui cercò di carpire un briciolo di quella discussione. "Ma è impossibile, ne ha parlato lei stessa al suo programma TV ieri sera!" continuò il ragazzo, un biondino dal volto paffuto.
"Ma chi?" rispose l'altro, moro e con un accenno di barba sul mento.
"Misa Amane!"
"Ma chi, la idol? Quella bionda supersexy? Quella che ora presenta quel programma di cucina?"
"Si, lei! Pare che collaborerà con la facoltà di Disciplina delle Arti della Musica e dello Spettacolo e terrà dei corsi per le matricole. Oggi è stata invitata alla cerimonia come ospite, e terrà un piccolo discorso. Se riusciamo a metterci in prima fila ce l'avremo seduta accanto!"
Light sbuffò. Ora si spiegava quell'affluenza di gente inutile. Bastava un idol nei dintorni, e le persone impazzivano.
"Wow... chi ne se frega dei corsi, verrebbe voglia di iscriversi alla facoltà solo per conoscerla..." concluse il moro, grattandosi la barba.
Scocciato, Light tirò avanti, infilando le mani nelle tasche: se prima giudicava la cerimonia noiosa, ora non vedeva l'ora di tornare a casa. Tra l'altro, la sera precedente aveva dovuto di nuovo dare a Sayu ripetizioni di matematica e, dato che dopo un paio d'ore sia lui che sua sorella erano finiti per crollare insieme addormentati sulla scrivania, non aveva avuto l'opportunità di scrivere sul Death Note. Con Misa Amane alla ribalta, Light aveva paura che la cerimonia sarebbe durata più del previsto, e sarebbe parso sospetto se oggi Kira non avesse giustiziato nessuno.
"Light, mi annoio," sospirò Ryuk in quel momento. Lo shinigami si era guardato attorno speranzoso per tutto il tempo, ma non aveva più visto la ragazza dai capelli violetti. Neanche nei giorni passati ne aveva avuto traccia. Quando l'aveva vista, aveva sperato che Sayo gli avrebbe dato occasione di divertirsi, ed invece probabilmente aveva rinunciato al suo Death Note ed era tornata a nascondersi nel mondo degli Shinigami. Che noia. "Light... voglio una mela," piagnucolò lo Shinigami, irritando ancora di più il ragazzo.
Lui si voltò indietro di scatto per lanciargli un'occhiata obliqua molto eloquente, ma proprio in quel momento venne urtato malamente da un uomo e rischiò quasi di cadere a terra.
"Ma che razza di modi!" pensò Light, contrariato. L'uomo, un biondo con grossi occhiali da sole a specchio ed un lungo impermeabile di pelle nera, non si scusò con lui ma continuò a camminare velocemente verso l'aula delle lauree, spingendo di lato al suo passaggio molte altre persone.
"Tsk."
Light si spolverò la giacca e decise di ignorare l'incidente.
Decisamente, quella era la sua giornata no.

Poco distante da Light e Ryuk, una figurina seminascosta dietro una colonna lasciò andare un sorrisino: "E' arrivato," mormorò, "Proprio come previsto," e, dopo aver indietreggiato di qualche passo, prese a correre veloce verso la parte opposta.


**
**

L non ne poteva più. Era una situazione assurda, incredibile. E pericolosa.
Per andare alla cerimonia di apertura si era fatto lasciare da Watari poco distante dai cancelli dell'università, ma non aveva percorso pochi passi che di nuovo si era sentito addosso gli occhi di qualcuno. Chi lo stava seguendo?
Si voltò indietro di scatto, ma non vide anima viva. All'apparenza tranquillo, ma in realtà con una vena che gli pulsava paurosamente sulla fronte, il detective tornò allora verso la sua limousine, e con la testa fece un cenno d'intesa a Watari. L'uomo parve capire, ed accese il motore della macchina.
L camminò a rapide falcate fino a svoltare l'angolo del primo edificio che si trovava nei dintorni, poi fermò e si girò indietro, in attesa. Dopo qualche secondo, il solito rumore di passi di corsa, e, un attimo dopo, L si ritrovò Ichigo fra le braccia.
"Ahia..." mugolò quella, massaggiandosi la testa. "Ugh! Non di nuovo!"
"Tu!" esclamò L, a metà fra lo stupito e l'irritato. "Lo sapevo."
E, afferrata per un braccio la ragazza, la trascinò senza troppe cerimonie fin dentro la limousine.
Chiuse le portiere.
"Watari, per favore fai un giro dell'isolato," recitò al microfono interno, dato che la parte anteriore e quella posteriore della macchina erano separate da uno spesso vetro infrangibile.
L'auto si mise in moto.
Ichigo, spaventata, si raggomitolò nella parte opposta della macchina, gli occhi chiusi, stringendosi le braccia allo stomaco e piegando le gambe.
"L'ho fatto arrabbiare!" pensò. "Come ha fatto a scoprirmi di nuovo?" si chiese.
Malinconica, una voce dentro di lei le rimproverò tristemente: "Vedi, lui non è L per nulla, e tu ti sei esposta troppo".
La ragazza si sentì come una bambina sgridata dalla madre: "Ma io volevo vederlo..." provò a scusarsi. "E poi..."
"...volevi avvertirlo," concluse l'altra. "Ti capisco, però...sai già come andranno le cose... se gli dici la verità, lui non ti crederà. E se gli dici tutto...".
"... lo perderò," realizzò Ichigo. La presa sulle braccia si allentò. "Lo perderò, in ogni caso," si ripeté, ritrovandosi a lottare per non mettersi a piangere. Era proprio una stupida: per i suoi sogni assurdi si era consapevolmente cacciata in una situazione imbarazzante e senza via uscita. E la cosa peggiore era che lui in questo momento la stava studiando per capire cosa avesse in mente, mentre la verità era che neanche lei stessa sapeva cosa voleva.
Sospirò forte per calmarsi, quindi assunse un'espressione decisa, alzando gli occhi verso L: "Io..." iniziò d'istinto, ma non riuscì a concludere.
Infatti il detective, al suo minimo movimento, gridando un: "Non muoverti!", le era praticamente saltato addosso, toccandola dappertutto e percorrendole con fare esperto e deciso tutto il corpo esile.
"Ah!" gridò lei, facendosi rossa, cercando di opporre una timida resistenza. "No, no, aspetta, non così, è ancora troppo presto!!"
"..."
Pochi secondi, ed L concluse la perquisizione.
Nulla. Quella non aveva niente addosso, era totalmente disarmata. Si era aspettato un pugnale, una pistola, del veleno, un'atomica, una qualunque cosa. Invece, nulla di nulla.
Forse era vero che non voleva ucciderlo.
D'altro canto, bastava guardarla un attimo con quelle guance rosse, gli occhioni stupiti e quei vestiti chiari, ora un po' spiegazzati, per capire che fosse una brava persona.
...oltretutto carina...
Ma no!
L si portò il pollice alle labbra ed iniziò a succhiarne la punta per il nervosismo. Quella ragazza gli avrebbe fatto venire un esaurimento. Frugò velocemente nel suo zaino: anche lì nulla.
"Tu..!" iniziò alla fine.
Ichigo chiuse gli occhi, aspettandosi di essere sgridata. Ma ciò non successe, così li riaprì uno alla volta. "Uh?"
L, non più nervoso, aveva portato le gambe allo stomaco e la fissava con un'aria estremamente curiosa.
"Tu sei una persona strana," concluse, il dito alle labbra.
Ichigo, non sapendo cosa ribattere, unì le mani, abbassando lo sguardo.
"Perché continui a seguirmi?" le chiese lui.
C'erano il 75% di possibilità che lei non fosse né Kira né un suo avversario. Era solo una ragazzina. Da quel comportamento assurdo ed infantile che aveva, poteva benissimo essersi presa una cotta per lui, ma il punto era che lui non sapeva come avesse fatto a prendersela, dato che l'unica volta che era uscito era stato per il test.
"Perché io..." rispose piano Ichigo dopo molti secondi di silenzio, "...so che tu sei L," ammise.
L aprì la bocca, allontanandovi il dito. La fissò sgomento per qualche secondo. Ma chi diavolo era quella?
Gli era piombata di colpo nella vita e sembrava sapere tutto di lui, mentre lui non riusciva neanche a capire chi fosse. Forse la figlia di qualche agente con cui lui aveva collaborato tempo prima, oppure...
"Wammy's House?" realizzò all'improvviso. Ma l'ultima volta che l'aveva visitata, due anni prima, non gli era stato riferito dell'esistenza di una ragazzina dal nome e dall'aspetto così particolari.
Ma ad esempio, il nome poteva benissimo essere falso. Doveva indagare sulla vera identità di questa ragazza.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi L, senza cambiare espressione, disse tranquillamente: "Ti sbagli".
Ichigo sobbalzò. "Eh?"
"Hai sbagliato persona," continuò lui con noncuranza. "Io ammiro L, ma non sono lui. Quindi, se mi seguivi solo perchè credevi che lo fossi, puoi smettere tranquillamente di farlo, dato che non è così. Te l'ho detto, mi chiamo Ryuuga Hideki e mi sono appena iscritto a questa università. Se non mi credi, ti faccio vedere la mia patente," e frugò fra le tasche.
Ichigo lo guardò incerta, mentre lui le mostrava il documento falso che attestava la sua identità di Hideki. Lei guardò prima il documento, poi lui, poi di nuovo il documento e quindi...alzò gli occhi sopra la testa del ragazzo.
Lui non capì il significato di quel gesto, ma non vi diede peso. Piuttosto le chiese: "E comunque, chi ti ha raccontato una cosa simile?"
Ichigo si accucciò nella parte opposta dell'auto e non rispose. L si insospettì: forse non era poi così innocente come voleva far credere. Se non altro, ormai era sua, e non se la sarebbe lasciata sfuggire così facilmente.
In quel momento, l'auto si fermò.
"Watari..?"
Dal microfono interno, la voce del maggiordomo si scusò: "Si stava facendo tardi, così vi ho portati proprio di fronte all'università".
"Ti ringrazio, va bene così," annuì il ragazzo. Poi si rivolse a Ichigo, azzardando un poco convinto: "Io ora devo andare. Vuoi venire con me?"
Era un problema, ma se c'era una minima possibilità che lei credesse alla sua storia di Ryuuga Hideki, e lui le avesse intimato di restare lì in macchina, lei si sarebbe insospettita a sua volta. Quindi non restava che portarsela dietro e tenerla d'occhio. Se Light gli avesse detto qualcosa, poteva sempre farla passare per una sua conoscente.
Ichigo, comunque, scosse la testa in segno negativo.
"Ah..." constatò lui. Un problema in meno. "Bene, allora per favore mi aspetteresti qui? Vorrei parlarti".
Lei annuì.
"Meglio così". L uscì dalla macchina, andando un attimo a sedersi sul sedile accanto a Watari. Lui stava seguendo dal telegiornale le notizie del giorno, in attesa di notizie sugli omicidi di Kira che però non arrivavano. "Watari, tienila d'occhio," lo avvertì. "Non mi sembra pericolosa, ma sa chi sono. Ora però è più importante Light Yagami. Penso che se ne starà tranquilla, ma in caso di emergenza, addormentala col gas".
L'anziano uomo annuì, e L si sentì sollevato. Di lui poteva fidarsi. Scese e stava per chiudere le portiere, permettendo a Watari di mettere la sicura, quando Ichigo aprì di scatto la sua e scese, afferrandolo per la maglietta.
"Te lo dirò!" esclamò.
"Eh?"
"Ti dirò tutto, anche se non mi crederai. Ti prego solo di ascoltarmi".
Dal tono di voce che usava, L realizzò che quella ragazza era disperata, e ne provò pena. Ma nonostante ciò, lui aveva fretta e quel contatto gli dava fastidio. Le poggiò le mani sulle spalle, cercando di allontanarla da sé. "D'accordo," disse conciliante, come se stesse parlando ad una bambina. "Ti ascolterò volentieri, ma tu ora resta con Watari e non muoverti fino al mio ritorno, ok?"
"Hm..." annuì quella, scostando lo sguardo. Ritornò di malavoglia nella limousine, e finalmente le sicure scattarono.
Dubitando seriamente della sanità mentale di quella ragazza, L si avviò verso l'università.
Nel camminare per il viale che solo pochi minuti fa aveva percorso anche Light, tirò fuori il minuscolo portafogli che le aveva sfilato di nascosto, e frugò fino a trovare quello che cercava: il documento d'identità di Ichigo.
"Furude Ichigo. Nata a Osaka il il 20/04/87, residente a Tokyo".
"20 anni? Gliene davo 15".
Ma d'altronde, poteva benissimo trattarsi di un documento falso. Avrebbe dovuto verificare, ma ora doveva concentrarsi su Light e Kira.
"Un pazzo alla volta," si disse come rassegnato, entrando nell'università.
Preso dai suoi pensieri, non sospettò neanche per un secondo che difficilmente sarebbe uscito vivo da lì.


***
***
***

(*) Special: finale alternativo.
Light, varcata trionfante la soglia di marmo bianco della prestigiosa università, si soffermò alla bacheca appesa alla destra dell'ingresso. Sulle decine di fogli bianchi di avvisi d'esame e calendari di corsi, cercò il suo nome fra quelli del risultato del test. Infine lo trovò, e sorridendo lesse:

Yagami Light - Respinto con disonore

...
...
...
Light si portò le mani alle guance, e, mentre dietro di lui tutto si faceva nero, in modo molto simile all'urlo di Munch, gridò disperato: "
NOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!".

*******

Non so come sia venuto fuori questo capitolo: siccome mi dava l'aria di trattare una parte noiosa, doveva essere un pezzetto molto più breve che preludeva ai prossimi avvenimenti, ma mi sono lasciata prendere la mano, così ho dovuto rimandare l'azione al prossimo, che ho appena messo in cantiere. °-°;

@LittleDream: Grazie mille per tutto!!^***^;; Sono felice che non ti siano dispiaciuti L e Raito. Cerco di renderli come gli originali, anche se spesso non scrivo cose abbastanza profonde da riuscire a cogliere il loro "vero" animo.

@Shichan: Grazie mille Shichan!°\\\° Non sai che piacere mi faccia sapere che ti è piaciuta, visto che mi sento sempre una grande imbecille rileggendo ciò che scrivo!XDDD E' che alla fine, volevo provare a portare una ventata di pucciosità in quest'anime, senza però andare eccessivamente OOC. Spero di riuscire a mantenermi su questa linea.

@Anansy90
: Si, povero Yagami-san, L l'ha sconvolto. XDDD Ma di certo, questo è sempre meglio di certi doujin one-shot in cui lui gli chiede: "Signore, posso chiamarla papà?" xD Anche io adoro quell'immagine... grazie di tutto... >***<;;;

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Capitolo 6
*** V ~ Ricatto ***


Piece V ~ Sequestro

Piece V ~ Ricatto

Il destino non può essere cambiato: se ciò fosse possibile, non lo si potrebbe più chiamare tale. "Cambiamento" è infatti sinonimo di rivoluzione, esplicita e totale modificazione del piano degli eventi; ciò non può essere realizzato da essere mortale.
"Interferire", questa è la parola giusta. Si può interferire con il destino, ma... puoi gettare in uno specchio d'acqua tutte le pietre che vuoi: esse ne incresperanno la superficie cristallina ma, dopo pochi secondi, il flusso d'acqua tornerà esattamente uguale a prima, mentre la pietra che lo ha disturbato andrà inevitabilmente a fondo.
"Light, se prometti di mantenere il segreto...posso rivelarti qualcosa di importante sul caso Kira," sussurrò L, seduto accanto a Light.
Lo sguardo del giovane Yagami tradiva la sua curiosità, ma lui mantenne fermamente un'aria fredda ed indifferente: "Non dirò niente a nessuno," rispose dopo alcuni secondi, "Parla".
Mentre Misa, salita sul palco dell'aula delle lauree su cui loro due erano stati insieme fino a poco fa, prendeva la parola, L si voltò di scatto verso Light: "Io sono L," sussurrò.
'Io sono L'....
Quelle tre parole sconvolsero profondamente l'animo del ragazzo castano. Le sue labbra si aprirono in un'espressione di puro stupore. "Io sono L"... quel tipo... Ryuga Hideki, quel tipo assurdo, dal nome palesemente falso...era...L..?
No, un momento, era impossibile... Il vero L non sarebbe mai venuto da lui a dirgli: "Io sono L"...
L sapeva che Kira voleva ucciderlo... se sospettava di lui, la mossa più logica, a questo punto, sarebbe dovuta essere nascondersi a lui per difendere la propria incolumità...
Ma forse... L aveva realizzato che in questi casi la migliore arma da difesa era l'attacco.
In ogni caso, che doveva fare ora, Light, Kira?
Per prima cosa, calmarsi...non poteva pensare ora. Ryuga sembrava interessato al discorso della bella Misa, ma lui sapeva che in realtà lo stava guardando furtivamente, studiando le sue reazioni.
No, non doveva pensare... doveva comportarsi non come Kira, ma come l'innocente Yagami Light.
Ryuk, dietro di lui, scoppiò a ridere, commentando ironico l'accaduto.
Light lo maledisse nel pensiero: era quasi convinto che, grazie agli Occhi, Ryuk avesse capito subito che quel ragazzo era L, o comunque una persona diversa dalle altre. Lui, Light, non aveva potuto scoprirlo che a sue spese. "Almeno stesse in silenzio, quel maledetto Shinigami, invece di rigirare il coltello nella piaga," si disse.
"Se sei lui, sei una persona che rispetto e ammiro," replicò infine a L, con cautela.
"Grazie," fu la risposta educata dell'altro, che tornò quindi a concentrarsi su Misa, che parlava con molto brio, catturando l'attenzione della platea. "Carina, vero?" chiese a Light, indicandola.
"Molto," rispose lui, stringendo silenziosamente i pugni. Chiunque fosse quel ragazzo, gliel'avrebbe fatta pagare. Presto.
Misa parlò e continuò a parlare, senza mai fermarsi. Appariva felice dall'opportunità concessale, eccitata dall'idea di poter tenere quei brevi corsi, ed aveva un'abilità discorsiva che nessuno si sarebbe mai immaginato. Passava da un argomento all'altro come una farfalla che vola di fiore in fiore. Pareva quasi che non volesse staccarsi dal microfono.
Riscosse un grande successo, venne anche filmata dalle telecamere di Sakura TV, presenti in sala.
Era quasi l'una quando la cerimonia finì. Light aveva controllato più volte, con nervosismo, l'orario, e non aveva più scambiato neanche una parola con L, per non insospettirlo ulteriormente.
All'una meno un minuto in punto, dopo circa mezz'ora di intervento, Misa concluse. Venne il momento dell'applauso finale. Le persone iniziarono ad alzarsi ed allontanarsi. Tutto normale, tutto come chiunque avrebbe previsto.
Ma allo scoccare dell'una, successe qualcosa di diverso.
"Che nessuno si muova!" gridò un uomo con pesante accento americano, "Siete presi in ostaggio".
Light, alzandosi di scatto, si sentì mancare il fiato quando scorse sul palco l'uomo biondo che l'aveva urtato quella mattina, e che ora stringeva con un braccio il collo di una terrorizzata Misa, a cui aveva puntato una pistola alla testa.
Light, come le centinaia di persone lì riunite, si rese presto conto di non trovarsi di fronte ad una singola manifestazione di pazzia, bensì nelle mani di una banda organizzata: comparendo quasi magicamente fra la folla, almeno una decina di uomini vestiti di scuro, armati anch'essi, andarono verso le porte d'uscita e le chiusero, ponendovisi davanti, ed intimando alle persone tornare ai proprio posti ordinatamente.
"Un sequestro..?" esclamò L, incredulo, tornando a sedersi.
"Ma... non ha senso..." osservò Light, dando voce ai pensieri del detective.
Alle domande: "Chi siete? Che cosa volete?" del rettore dell'università, l'unico rimasto in piedi in prima fila, l'americano intimò agli addetti della Sakura TV di contattare la televisione e far mandare in onda in diretta un suo messaggio, breve ma chiarissimo:
"Siamo discepoli di Kira," disse alle telecamere, sempre stringendo la gola di Misa. "E vogliamo una sola cosa: L, consegnati a noi!"
"Che COSA?" L trasalì. Era assurdo!
"Se non lo farai," continuò il sequestratore, "uccideremo tutti gli ostaggi. Per cominciare, uno ogni venti minuti, finché non ci darai una risposta". Puntò la pistola verso la prima fila. "Il primo è lui," disse, e sparò. Un secondo dopo, il rettore crollò a terra, la testa sanguinante, morto sul colpo.
Ci furono molti strilli terrorizzati delle persone presenti in sala, ma nessuno si mosse per paura, soprattutto quando dal fondo della sala si sentirono scattare le sicure delle pistole dei complici, tutti omaccioni dall'aria poco raccomandabile.
"La prossima sarà lei," continuò il sequestratore, tornando a puntare la pistola contro Misa, che strillò. "Hai capito, L? Se non vuoi avere sulla coscienza tutte queste persone, ti consiglio di arrenderti. E sappi che siamo a conoscenza di un modo per riconoscerti, per cui, se se al tuo posto verrà un altro e noi lo scopriamo, a pagarne le spese saranno le quattrocentoquarantadue persone qui presenti. E ti lascio immaginare cosa accadrà se la polizia ci gioca brutti scherzi. Ora sta tutto a te, L. Ma se vuoi un consiglio, una persona che dice di agire per la giustizia non può permettere una simile strage davanti ai suoi occhi, per colpa sua".
Detto ciò, l'uomo fece chiudere la comunicazione, e nella sala scese il silenzio. Alcuni complici chiusero tutte le aperture; le tende vennero tirate, e vennero accese alcune le luci. L'atmosfera in sala si fece chiusa e opprimente.
L, fermo al suo posto come tutti, strinse i denti: chi erano quei maledetti? Dove li aveva già visti? Come potevano dire di poterlo riconoscere e soprattutto, cosa credevano di ottenere con quel gesto?
Il ragazzo fece mente locale sulle persone a conoscenza del suo volto, le uniche che avrebbero potuto parlare: c'erano gli agenti di polizia, Watari, Light. C'era anche Naomi Misora, e per un momento lo assalì il dubbio che lei non fosse morta, bensì che fosse la loro arma segreta per carpire la vera identità di L. Strinse la morsa sul dito. No, Naomi si sarebbe suicidata, piuttosto che lasciarsi usare così.
Gli tornò allora in mente Ichigo: "Io so che tu sei L!" gli aveva detto. Come avesse fatto a scoprirlo era un mistero, ma d'altra parte, se lei fosse stata collegata a queste persone, loro non avrebbero organizzato un sequestro in grande stile per costringerlo a mostrarsi.
"Io conosco quella persona..." disse una ragazza dietro di lui, interrompendo i suoi pensieri. "E' un assassino, era al telegiornale ieri, ha rapinato una banca!"
"Io ho paura!" sospirò un'altra ragazza dietro di Light, singhiozzando.
Uno dei complici, un colosso senza capelli, puntò la pistola nella loro direzione. "Ehi, oche, silenzio!" urlò. "Non deve parlare nessuno".
L ebbe un barlume di memoria: ecco dove aveva già visto quell'uomo ed i suoi complici: quei pregiudicati ieri avevano rapinato una banca ed ucciso gli impiegati... il notiziario della sera aveva mostrato sia i loro nomi che i loro volti, e lui si era sorpreso che Kira non li avesse uccisi subito.
Ma tutto ciò non aveva comunque senso: dei criminali che si dichiarano discepoli di Kira? No, c'era decisamente qualcosa che non andava...
L strinse gli occhi. Ma a parte tutto questo, c'erano comunque miliardi di buchi in quel sequestro...era praticamente un suicidio: la polizia non ci avrebbe messo molto a coprire ogni via d'uscita dall'università. Anche se avessero ucciso L, non appena questi tipi avrebbero liberato gli ostaggi - a meno che non avessero preparato uno space shuttle per la fuga - sarebbero stati catturati ed uccisi.
Potevano dei fanatici di Kira potevano spingersi a tanto? Chi potrebbe mai gettare così la propria vita? O forse... era stato Kira a spingerli a fare ciò?
L trattenne il fiato: Kira! Kira non aveva ancora ucciso questi criminali; Kira aveva dimostrato di essere in grado di controllare la morte delle persone. Probabilmente, questo era tutto un suo piano per farlo uscire allo scoperto.
Anche se c'era qualcosa che non quadrava: un ricatto pubblico, una morte improvvisata, un piano che fa acqua da tutte le parti: questo non era affatto lo stile del Kira che conosceva lui.
Ma... e se ci fosse un secondo Kira?
L lanciò un'occhiata veloce a Light, scorgendo nella sua espressione un certo nervosismo. Per infiniti motivi, non poteva essere stato lui ad organizzare ciò. E poi Light, da quando era entrato nell'università, non aveva fatto nulla di sospetto. Non aveva parlato con nessuno se non con lui. Se fosse stato d'accordo con questi assassini, gli avrebbe fatto capire che L era lui, e loro lo avrebbero ucciso senza fare tutto questo inutile ambaradan. O forse Light non credeva davvero che lui fosse L.
"Light," mormorò piano L al ragazzo accanto a lui, per richiamare la sua attenzione. "Che ne pensi?"
Lui ruotò le pupille nella sua direzione, senza muoversi. "E' un bel problema," disse a voce bassa, la voce leggermente spezzata. Le sue labbra tremavano.
L lo interpretò come un gesto di paura o preoccupazione. Non poteva certo immaginare che Light, dentro di sé, stava ridendo come un pazzo: "Cosa farai ora, L?" continuava a ripetersi, lottando per non scoppiare in una risata traditrice.
Nonostante il fatto che questo sequestro avrebbe fatto perdere alla reputazione di Kira molti punti, Light era più che soddisfatto: se Ryuga Hideki era il vero L, non avrebbe mai lasciato morire tutta quella gente senza battere ciglio. Si sarebbe sacrificato. Non poteva comunicare con l'esterno, quindi non poteva organizzare piani per salvarsi la pelle. Se invece lui non era L, allora presto il vero si sarebbe mostrato.
E, una volta guardato in faccia, se non l'avessero fatto quei criminali, in un modo o nell'altro lo avrebbe ucciso lui.
Altro che giornata no!
Il ragazzo benedì sua sorella ed i suoi noiosissimi compiti di matematica: aveva deciso di uccidere il sequestratore, un tale John Brook che aveva visto al telegiornare, ieri notte.
Certo, dubitava fortemente che quel tipo fosse sul serio un discepolo di Kira. Ma le regole del Death Note prevedevano la possibilità che più quaderni girassero contemporaneamente nel mondo degli umani. Forse, questa era opera di un altro Kira. E quest'ultimo doveva essere dalla sua parte, dato che aveva architettato questo piano solo per uccidere L.
E d'altra parte, comunque fosse finita, Light, come ostaggio, era libero da ogni sospetto.
Non riuscì a non sorridere: forse c'era davvero un Dio a proteggerlo? L non avrebbe mai sospettato che ci fosse un secondo Kira.
Incrociò nuovamente gli occhi di L.
"Light-kun," gli disse lui, "sospetto che ci sia un secondo Kira in giro".
Light si fece pallido: "Cosa? ne sei sicuro?".
L'aveva già intuito! E maledizione! No, che fosse L o meno, quel dannatissimo ragazzo doveva morire.
"Ah, il cellulare..."
Light scorse L prendere, con molta accortezza, il cellulare che gli vibrava nella tasca, e portarsi all'orecchio un auricolare wireless. Si piegò piano verso di lui: dall'auricolare, captò distintamente la voce preoccupata di suo padre.
"Ryuzaki, abbiamo visto l'annuncio in TV. Che cosa sta succedendo lì dentro? Che dobbiamo fare?"
"Ryuzaki?" pensò Light. Allora aveva ragione, il nome Ryuga era falso.
"Parli piano, la prego," disse L. "A quanto pare nulla, se vogliamo che Misa Amane tenga i corsi ai quali sembrava così interessata," mormorò.
"Hai intenzione di consegnarti, allora? Ma non puoi farlo!" esclamò il signor Yagami.
"Papà!" esclamò d'impulso Light, e fece un movimento brusco.
Uno dei complici, l'omaccione calvo, li notò: "Voi due!"
"Ryuzaki, circondiamo l'università," disse il signor Yagami, prima che L chiudesse la conversazione spaccando il cellulare.
Un attimo dopo, questo gli venne strappato di mano dal complice, e lui si ritrovò con una pistola sulla faccia.
"Non muoverti, bastardo!"
"Che succede?" gridò il sequestratore.
"Capo, cercava di chiamare aiuto con questo cellulare".
"Allora adesso abbiamo chi giustiziare dopo la signorina Amane," osservò mellifluo l'americano, e poi si guardò intorno. "Altri aspiranti suicidi?"
L'uomo calvo tolse la pistola dal viso di L, ma gli premette fortemente sulle gambe. "E siediti per bene, idiota!"
"Tsk," mormorò lui, eseguendo l'ordine. Questa non ci voleva proprio.
Quando il complice si fu allontanato, Light sfiorò con una mano il braccio di L.
"Mi dispiace," gli disse con aria innocente. "Era mio padre, vero?"
"Fai silenzio Light-kun, se non vuoi morire anche tu," rispose secco l'altro.
Light, voltatosi dall'altra parte, ghignò piano: grazie a suo padre, ora non solo aveva la conferma che quel ragazzo era L, ma era anche riuscito a farlo condannare a morte. Ucciso L, utilizzando il frammento del Death Note che aveva nel portafogli lui avrebbe giustiziato John Brook, obbligandolo prima di morire a dire i nomi di almeno due dei suoi complici con la scusa di cercare aiuto. Quindi avrebbe ucciso anche loro e gli altri, per paura, sarebbero fuggiti via, lasciandoli andare.
Era un piano perfetto. Doveva solo cercare di non ridere fino a quel momento.
Trascorsero altri minuti, lunghi come ore, di silenzio totale. L'aula delle lauree, con il soffitto in legno e le pareti spesse, era insonorizzata, ma a Light parve lo stesso di sentire le sirene spiegate della polizia e i motori degli elicotteri che avevano circondato l'università. Sapeva che la polizia non avrebbe mai cercato un'azione di forza: non poteva rischiare di uccidere tutta quella gente.
Trascorsero altri minuti. Il ragazzo notò che L, invece di dire le sue ultime preghiere, in quei momenti appariva più assorto e concentrato che mai. Probabilmente cercava un modo per salvarsi la vita, possibilmente salvando anche gli ostaggi; ma poteva pensare quanto voleva, ormai era un uomo morto.
Light lanciò un'occhiata all'orologio, ed una fitta piacevole gli strinse lo stomaco: il tempo era passato così lentamente, eppure così velocemente! Fra due minuti e quaranta secondi Misa sarebbe morta, e poi sarebbe toccato ad L. Le lancette dell'orologio gli pulsavano nella testa, ossessivo e mortale conto alla rovescia. Ancora venti minuti, ed il suo acerrimo rivale sarebbe stato ucciso, e lui non aveva dovuto pronunciare che una parola per permetterlo.
Il giudizio divino. Light si sentì più forte e sicuro che mai.
Due minuti.
Una goccia di freddo sudore scivolò lungo la guancia di L: non c'era più tempo per pensare. Tra l'altro in quella situazione, non potendo né stare seduto al suo modo, né avere i suoi zuccheri, non riusciva neanche a farlo decentemente; sapeva che se si fosse mosso o avesse tentato di contattare l'esterno, il pelato che lo stava fissando dal fondo della sala gli avrebbe sparato. Non poteva fare nulla.
Sorrise amaramente: Kira lo aveva messo sotto scacco, dopotutto. Aveva sottovalutato quel piano assurdo del sequestro, forse era vero che Light aveva organizzato tutto.
Ma a quel punto, che Light fosse Kira o meno, veniva da pensare che quest'essere fosse davvero onnisciente, se sapeva che lui si sarebbe presentato all'università. E se era così, era dotato dei poteri di un Dio, cosa che lo rendeva del tutto fuori dalla sua portata.
"Maledizione," imprecò nel pensiero. Poteva sempre giocare il tutto per tutto e rivelare a Brook di conoscere la vera identità di L, di essere un poliziotto in borghese. Ma poi sarebbe stato costretto a dare dei nomi, mettendo in pericolo la vita di altre persone. E c'era anche il problema che quel tipo diceva di sapere come riconoscere L: lui era quasi convinto che fosse un bluff, perchè finora nessuno lo aveva notato, ma...
"Tempo scaduto!" disse il sequestratore, guardando l'orologio. "Dite addio alla vostra idol, e vi raccomando, ringraziate L per questo!"
Ci fu un trattenersi di respiri ovunque.
"C-Cosa?! No, aspettate ragazzi, parliamone!" obiettò Misa, un sorrisetto nervoso sul volto spaventato.
"Silenzio!" l'americano la spinse addosso ad un suo complice, che le puntò una pistola alla testa. Molti lanciarono degli strilli, qualcuno sommessamente gridò: "Non fatelo!", molte ragazze si coprirono gli occhi con le mani.
"Massa di mocciosi," mormorò il sequestratore, e fece un cenno al complice che non sparò bensì, immobilizzata Misa, la condusse nella saletta dietro il palco.
Misa, lottando per liberarsi, strillò terrorizzata per tutto il tragitto.
Di colpo, però, lo schermo della Sakura TV si accese da solo.
"Ma cosa..?"
"Signore, non uccida l'ostaggio," recitò una voce mascherata che si nascondeva dietro al simbolo di L. "Mi recherò all'ingresso dell'università disarmato".
"Chi sei?" chiese l'americano.
"Sono L," fu la risposta.

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Mi sembra inutile dirlo, ma la prima parte del capitolo è praticamente la versione romanzata di un pezzetto dell'episodio 9 dell'anime. =P

@Shichan: Infatti mi è venuto spontaneo scrivere quel finale alternativo. xD Ho letto un sacco di queste one-shottine, sono anch'esse così pucciose da sciogliersi!! Accieee!!! *felice che il capitolo ti sia piaciuto, anche se in questo Ichigo non è comparsa, ma è stato praticamente solo su Ryuzaki e sulle sue seghe mentali xD * >*****<;;

@Anansy90: Accontentata!TçT; *fila più veloce di un treno e non capisce neanche lei come sia possibile xD * Ed io ti ringrazio per i tuoi commenti, sempre positivi e che mi mettono addosso energia e voglia di continuare!*ò*; Effettivamente, anche io spero che L si metta con Ichigo, perchè non l'ho ancora deciso, dato che sto scrivendo senza una trama ben prestabilita, un po' lasciandomi trasportare dai pensieri dei personaggi - non so come dire. °.°;

Alla prossima!!>*<;

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Capitolo 7
*** VI ~ Suicidio ***


Rieccomi qui

Rieccomi qui! Stavolta ho impiegato più tempo per aggiornare anche perché questo è un capitolo abbastanza lungo e complesso. Infatti, non sono ancora convinta di alcuni punti, ma non ho avuto molto tempo per correggerli... Inizialmente, il capitolo doveva essere ancora più lungo, ma ho deciso di tagliare l'ultima parte per...beh, si, per far aumentare la tensione. =P *bastard inside*

@Frejia: Sei molto cara, grazie davvero!! Beh, Light in fondo è un gran mattacchione! xD L'idea di scrivere di un sequestro mi girava nella testa da un po' di tempo. Così, nello scrivere questa fanfic, ho deciso di utilizzarla. Mi sento molto realizzata. xD
@Anansy90: >***<;;; Stavolta ho impiegato qualche giorno in più, mi chiedo se il risultato pagherà! (spero di si xD) Ti ho sorpresa con questa idea? Guarda che siamo appena all'inizio... *risata malefica*
@Shichan: Come ho detto, alla fine l'idea mi girava nella testa da un po'... così alla fine mi è riuscito facile scriverla. ^.^; Altra fan sfegatata di L... *ç*; Continua a leggere, non ti deluderò!! (a proposito, ti ho aggiunta ieri. xD)


Buona lettura. ^.^;
Chi non l'ha ancora fatto, mi lasci un commento o scriverò il suo nome sul Death Note. xD



Piece VI ~ Suicidio

"L?!" pensarono nello stesso istante due sbalorditi L e Light.
"L?" ripeté il sequestratore John Brook. In un attimo, la sua espressione si allargò in un sorriso malizioso. Si passò una mano fra i lunghi capelli biondi: "Allora ti aspetto all'entrata, L. Ma per quel che riguarda Misa Amane, la terremo sotto tiro, in caso volessi giocarci brutti scherzi," disse. E, interrotta la comunicazione, fece cenno ad uno dei suoi di andare nella saletta per sospendere l'esecuzione di Misa.
A quella vista, molti ostaggi tirarono un piccolo sospiro di sollievo, sia per loro stessi che per la bella idol. Tutti, però, si domandarono preoccupati: L, punta di diamante dell'investigazione mondiale, si sarebbe davvero sacrificato per salvare loro? O avrebbe messo in atto - come chiunque avrebbe fatto - uno stratagemma per salvarsi la vita?
No, non poteva farlo. Se l'avesse fatto, e loro ci fossero andati di mezzo, si sarebbe dimostrato essere null'altro che un vigliacco. La sua reputazione sarebbe stata rovinata per sempre, nessuno avrebbe più avuto fiducia in lui. E poi, in fondo, che cosa voleva L? Se l'era cercata: aveva osato sfidare Kira, che agli occhi di tutti ormai appariva come un essere semidivino. Forse non si meritava la morte, ma un essere umano che sfida un dio non può aspettarsi altro che questo.
Brook, armato di pistola e radiotrasmittente, raggiunse velocemente l'uscita più vicina dall'aula delle lauree. Prima di varcare la soglia, però, si voltò indietro: "Se gli ostaggi tentano qualcosa, o vi contatto per avvertirvi che L e la polizia ci hanno fregato, uccideteli tutti," raccomandò a voce molto alta e minacciosa ai suoi complici. Quindi uscì, facendo frusciare dietro di sé il pesante impermeabile nero che indossava.
Light ed L avrebbero dato di tutto per poter andare fuori con lui.
Che stava succedendo all'esterno? Alla fine, la polizia aveva deciso di tentare il tutto per tutto, ingannando i sequestratori?
Ma, come avevano potuto decidere di mettere in pericolo la vita di centinaia di persone? E chi mai era stato così folle da offrirsi di interpretare la parte di L, per morire al posto suo?
"Papà?" si chiese Light sconvolto. Suo padre e il suo dannato amore per la famiglia e per la giustizia! Quando l'avrebbe capito che non era più un ragazzino e che sapeva cavarsela benissimo da solo?
"Watari!" realizzò L, trattenendo il respiro. Maledetto, lui e quel suo insensato istinto di protezione! Quando l'avrebbe capito che il suo compito era solo di eseguire i suoi ordini e non di fare di testa sua?
"...e se il sequestratore non si lasciasse ingannare da lui?" si domandarono entrambi, voltandosi per lanciarsi la stessa rapida occhiata nervosa.
Potevano solo sperare che, chiunque avesse organizzato questa messinscena, fosse abbastanza intelligente da riuscire anche a portarla a termine.

La ragazza dai capelli violetti scese dalla limousine di L, premurandosi di chiudere piano la portiera. Watari, fermo al suo posto, la osservava allontanarsi con occhi vuoti.
Non era stato difficile convincerlo: le era bastato chiamarlo con il microfono interno, come aveva visto fare da L, per costringerlo a voltarsi verso di lei e guardarla negli occhi, mentre lei gli spiegava cosa avrebbe dovuto fare per salvare il suo protetto. L'anziano uomo, senza neanche un attimo di esitazione, aveva acconsentito ad ogni suo ordine e le aveva permesso di contattare l'interno dell'università fingendosi L.
Si incamminò sul viale di ciliegi fra la folla di poliziotti che, increduli, si spostavano ad ala per farla passare Nel silenzio che si creò in quel momento, nell'aria riecheggiava solo il rumore degli stivaletti della ragazza che, con aria sofferente, camminava premendosi una mano sulla tempia destra.
Sapeva dall'inizio che Kira avrebbe cercato di uccidere L, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe successo tutto così presto e all'improvviso. Si era ritrovata completamente spiazzata da quel gesto e, dopo aver visto e sentito il messaggio del sequestratore da una delle televisioni interne della limousine, in mancanza di tempo ed idee migliori non aveva potuto far altro che attuare questo contrattacco improvvisato per salvare la situazione.
Era ben consapevole che fingersi L era un suicidio bello e buono, anche perché fino a quel momento aveva usato i suoi poteri solo su Watari, ma già iniziava a sentirsi molto debole.
"Sei sicura di quello che stai per fare?" le chiese la voce dentro di lei, in apprensione.
"Si... devo farcela, ad ogni costo."
"Se questa è la tua decisione, allora sono con te. Non ti abbandonerò mai".
"Grazie, Ichigo".

Continuando a camminare verso l'università, la ragazza tolse la mano dalla testa e chiuse leggermente gli occhi, ripensando agli avvenimenti di solo una settimana fa.

Nella notte lei, Sayo, era scesa con molta paura nel mondo umano, nella città dove abitava il ragazzo a cui Ryuk aveva dato il suo Death Note. Le sue intenzioni erano semplicemente quelle di trovare il ragazzo, attendere finché non si fosse distratto un momento e quindi riprendersi il quaderno, per poi filare al sicuro nel mondo degli Shinigami.
Per l'appunto, una delle regole degli Shinigami recitava: "Non interferire mai con gli avvenimenti del mondo umano, se non per uccidere utilizzando il proprio Death Note". Non doveva fare altro che riprendersi il suo quaderno.
Pensando ciò, si era fermata in una strada buia e isolata: qui aveva subito cercato di raccogliere la sua concentrazione, alla ricerca delle vibrazioni che il suo Death Note emetteva - ma un grido tremendo l'aveva fatta bruscamente tornare alla realtà. Avvertita la presenza di due esseri umani nelle vicinanze, Sayo era rimasta paralizzata, le orecchie tese e le ali contratte per la paura. Quante risate si facevano gli altri Shinigami del suo terrore per gli esseri umani! Era un blocco stupido, e lei stessa se ne rendeva conto, ma non poteva farci nulla. Era più forte di lei: gli esseri umani, soprattutto se molti, la facevano tremare.
Era ancora ferma sulla strada ad ascoltare quelle grida sempre più flebili che chiamavano aiuto, quando di colpo un uomo, spuntato da un vicolo lì vicino, l'aveva attraversata, gettando a pochi metri da lei un coltello sporco di sangue. Sayo aveva vissuto momenti di puro terrore, finché l'uomo non era svanito nell'oscurità delle strade di Tokyo.
Deglutendo, lo Shinigami aveva deciso di andare a verificare cosa era successo nel vicolo da cui era spuntato: ci fu dentro con uno sbattito d'ali. Il buio era totale, ma i suoi occhi avevano scorto distintamente, semisdraiata contro un muro, la sagoma di un umano. In quell'attimo, la sua paura era cessata: quell'essere umano era agonizzante, ormai non poteva fare altro che morire. Sayo si era così avvicinata a lei per osservarla meglio: coperta di sangue, gli occhi semiaperti e quasi spenti, era una giovane ragazza. Quasi le dispiaceva per lei, ma in ogni caso non poteva fare nulla, ormai era andata.
Sayo stava già tornando sui suoi passi, pensando a come rubare il Death Note a quel tale Light Yagami, quando aveva sentito un tonfo alle sue spalle: terrorizzata, si era girata di scatto per vedere che la ragazza, con le sue ultime forze, si era gettata ai suoi piedi e le stava tendendo una mano, sussurrandole flebile: "Aiutami".
"E' tutto a posto, è tutto a posto," aveva allora iniziato a ripetersi lei, appoggiando la schiena sul muro opposto dello stretto vicolo. "Lei può vedermi solo perché è ad un passo dalla morte, non può farmi niente".
"Aiu...tami," aveva però ripetuto la ragazza.
Sayo si era sentita prendere dalla compassione. "Non vuoi proprio morire, eh?" si era chinata su di lei, carezzandole la testa con le mani nodose. "Non fare così, ecco.. rilassati, se continui così sentirai solo più dolore".
"Ho... paura," aveva risposto quella.
Lei aveva annuito. "Anche io, e tanta," aveva detto in tono funebre. Invece di morire, quella ragazza continuava a fissarla, aggrappandosi disperatamente agli ultimi istanti di vita che le restava. Se ne fosse stata capace, si sarebbe messa a piangere, tanto le faceva pena quella scena. "Anche io ho paura," si disse. "Ma non posso fare proprio niente per lei... anche se...anche se...". C'era un modo per salvarla. Senza pensarci, d'istinto, lo Shinigami aveva preso la decisione: sollevato il volto della ragazza morente, le aveva dato un leggero bacio sulle labbra.
A quel contatto, il corpo di Sayo si era disintegrato in frammenti di sabbia e ossa; era rimasta solo la ragazza, che era ricaduta senza forse a terra.
Uno Shinigami è un essere dal corpo inattaccabile ed immortale. Entrando in quel corpo umano, Sayo lo aveva reso altrettanto immortale. Rubare un corpo era una cosa vietata, o meglio, lo si poteva fare una volta sola e con un cadavere, alla nascita dello Shinigami. Il corpo rubato diventava suo e, destinato a non morire mai, avrebbe continuato a sformarsi e decomporsi, finché lo Shinigami non si fosse ridotto ad essere un mostro.
Con quel gesto, Sayo si era praticamente autocondannata a restare per l'eternità in quel corpo umano, che fra solo poche centinaia di anni sarebbe diventato poco più che uno scheletro ammuffito; ma, finché lei restava in quel corpo, quella ragazza non sarebbe morta: sarebbe rimasta dentro di lei.
Sayo aveva stretto i pugni, cercando di alzarsi, prendendo confidenza con quel corpo nuovo, leggero e sottile: in ogni caso, ora che era lei stessa per metà un essere umano, aveva ancora più paura di prima.
"Chi me l'ha fatto fare?" aveva pensato tristemente. Se ne era già pentita.
"Ecco...scusami...credo sia colpa mia," le aveva risposto una voce nella sua mente.
"Ah, sei qui".
"Si...ti ringrazio, Shinigami, è che io ho paura di morire. E' la mia paura più grande".
"Ormai è fatta, e poi sai, in fondo... la tua paura... è anche la mia..."
aveva ammesso. Poi, dopo qualche secondo di silenzio: "Ma a te va bene continuare a vivere così?" aveva chiesto.
"Si...anche perché... ora non sono più sola,"
era stata la risposta felice.
Sayo si era rallegrata. Neanche lei, ora, era più sola.
Pian piano, aveva finito per affezionarsi a quell'essere umano. Si chiamava Ichigo, le aveva detto, ed aveva vissuto una vita miserabile quasi quanto la sua. Però, a differenza di lei, era così intelligente, e dolce, e precisa! Ogni volta che aveva paura di un essere umano spuntato fuori all'improvviso, lei la rassicurava come se fosse una sorella maggiore e, quando era in difficoltà, la consigliava, cercava di aiutarla in ogni modo. Ichigo le trasmetteva una tale pace ed equilibrio interiori che, in poco tempo, Sayo migliorò molto il suo carattere, allontanando la sua insicurezza. Oltretutto, da quando era in quel corpo umano, Sayo provava emozioni che non aveva mai sentito: le emozioni umani erano molto più forti rispetto a quelle delle altre forme di vita. Forse era anche per questo che così tanti umani impazzivano e diventavano malvagi: non riuscivano a controllare le loro passioni.
Sayo sospirò. Si, però... le cose non sarebbero dovute andare così. Tutto questo non sarebbe dovuto accadere. Anche questo sequestro, era del tutto fuori luogo. Forse, a causa della sua interferenza, nel mondo umano c'era stata un'alterazione.
"Non interferire mai con gli avvenimenti del mondo umano..." si ripeté tristemente.
Mannaggia a Ryuk e alla sua noia.
Aveva paura, ma stavolta non solo per lei: se lei fosse morta, anche Ichigo sarebbe scomparsa.
"Sayo, hai già fatto tanto per me, sono io che sto male al pensiero di non essere riuscita ad aiutarti, stavolta. Vorrei tanto fare qualcosa io per te".
"Ma tu hai fatto tantissimo! E comunque, ora la cosa più importante è tirare fuori L da quella situazione".
"Ok! Salviamo L e tutte quelle persone! Fight!"
Sayo era arrivata di fronte ad un nervoso sovrintendente Yagami, che in un attimo la squadrò da capo a piedi: non aveva creduto alle sue orecchie, nel sentire che L si sarebbe recato davanti all'università: L era dentro l'università. Ma la trasmissione proveniva dalla limousine di Watari, per cui era presumibile che quello si trattasse di un piano d'emergenza di Ryuzaki.
Certo, non si sarebbe mai aspettato che l'arma segreta di L fosse una ragazzina dall'aria indifesa.
"Tu chi sei, ragazza?" le chiese con imbarazzo, aggiustandosi gli occhiali da vista.
Sayo piegò leggermente la testa, arrossendo. "Io sono L," disse con un sorrisino dolce.
"Uh?" il signor Yagami sgranò gli occhi. "Ma che dici? Tu non sei..."
"No, sono io!" insistette la ragazza, convincente.
Era molto carina. Così carina, che di colpo il signor Yagami ne rimase affascinato: "Oh," realizzò, "...si, è vero, sei L! Lasciatela entrare!"
Matsuda, che aveva assistito alla scena da lontano, si avvicinò di corsa al sovrintendente, allargando le braccia per impedire a Sayo di proseguire: "Signor Yagami, aspetti, non possiamo lasciare che una civile-" si girò un attimo per indicare Sayo, che si strinse le spalle, come ferita.
"Ma io, ecco..."
Matsuda abbasso le braccia, incantato: "Oh, no, non volevo, scusami L, fai quello che vuoi".
La ragazza batté una volta le mani: "Oh, grazie!"
"E' vero, è L," disse Aizawa al resto della squadra di polizia. "Fatela entrare".
"A-Agli ordini," annuirono quelli, stupiti.
Per farla breve la polizia, convinta che Sayo fosse L, la lasciò entrare senza problemi nell'università.
Una volta dentro, le porte d'ingresso si richiusero dietro di lei, lasciandola nell'oscurità quasi totale, dato che tutte le aperture erano state serrate. I suoi Occhi le permettevano di vedere chiaramente anche in quel contesto tutti i particolari ma, anche se ci fossero stati pericoli imminenti, lei non avrebbe avuto la forza di evitarli. Si sentiva malissimo. Era per questo che non usava mai i suoi poteri: ogni volta che persuadeva qualcuno si indeboliva, e gli anni di vita che le restavano calavano in maniera esponenziale.
Fortuna che aveva sempre scritto molto sul suo Death Note.
Brook, comparso come dal nulla, le puntò la pistola contro: "E tu chi saresti?"
"L..." disse Sayo, sorridendo debolmente.
Lui tolse la sicura alla sua pistola. "Ma non farmi rid... Ah! E' vero, maledizione, tu sei il vero L!"
La ragazza riprese un po' di coraggio: quell'umano aveva una personalità molto debole, poteva ancora farcela a convincerlo. Gli prese le mani fra le sue: "Si...signore, la prego, liberi gli ostaggi...per favore!"
Brook, sconvolto, si affrettò a rimettere nella fondina che aveva alla gamba destra la pistola. "Ma si, si, subito!" e prese la radiotrasmittente.
Poi, però, ci ripensò. "No, non posso liberarli".
Ahia. "Ne è...sicuro..?"
"Io non posso liberarli tutti! Ci terremo Amane Misa e i professori di questa maledetta università". Accese la trasmittente: "Avete sentito? Liberate gli ostaggi!"
"Non riesco più a convincerli!" Sayo si portò entrambe le mani alla testa, che le stava causando fitte di dolore.
"Ma perché non gli hai chiesto di arrendersi?!" esclamò Ichigo.
"Perché devo scoprire chi c'è dietro tutto questo e fermarlo! Oppure, potrebbe riprovarci!".
"Oh... giusto. Regola numero uno, dai sempre retta allo Shinigami!".


Nel frattempo, nell'aula delle lauree, l'atmosfera si stava facendo sempre più pesante. Entro pochi minuti, le persone tenute prigioniere al suo interno avrebbero avuto il loro giudizio di indulgenza oppure di sentenza. Che cosa sarebbe successo loro? La tensione era così forte che molti degli ostaggi iniziarono a tremare, piangere, parlare, muoversi sulle loro sedie, e qualcuno addirittura svenne.
"Ma lei lo sa con chi sta parlando? Io sono un docente universitario!" gridò un uomo, guardando con disprezzo uno dei sequestratori, un piccoletto con dei lunghi baffi che gli aveva intimato il silenzio.
Quello strinse i denti, e si voltò verso i compagni: "Il capo ci sta impiegando troppo".
Il complice calvo si avvicinò di nuovo ad L e Light, puntando la pistola contro il detective: "Se il capo non ritorna, tu sei il primo a morire".
"Hime, il capo sta chiamando!" gli gridò però un terzo complice.
"Fammi sentire, idiota!" Il calvo gli prese dalle mani la trasmittente ed ascoltò il messaggio di Brook. Era il momento della verità.
"Keichi, che succede?" gli chiese il piccoletto, avvicinandosi a lui.
"Succede," rispose lui, "che il vero L si è arreso! Gli ordini per ora sono di liberare gli ostaggi! Tutti, tranne la idol ed i professori. Motomiya, Kagami, controllateli voi".
Un miscuglio di sorrisi frenetici e sospiri nervosi fu la reazione generale all'annuncio. L si era consegnato! Lo sapevano! Era davvero un eroe!
Le persone, su ordine dei sequestratori, si alzarono silenziosamente dai loro posti ed iniziarono a camminare in modo ordinato ma veloce verso l'uscita.
"I professori..." mugolò Kagami, un biondo dal fisico asciutto. "Come li riconosciamo?"
"Sono quelli che si danno più arie," spiegò Keichi, stringendosi nelle spalle.
"No, aspettate, io...io non sono un professore!" gridò lo stesso uomo di prima, quando il complice con i baffi Motomiya, la pistola alzata, gli disse sghignazzando di tornare seduto.
"Pare che ce l'abbiano fatta," sussurrò Light ad L, attendendo il suo turno di alzarsi.
"Comincio a non capirci più niente," mugolò l'altro in risposta.
"Ehi, voi due, muovetevi o vi ammazzo!" gli gridò Keichi.
"Questo tizio ci ha proprio preso in antipatia," osservò Light con un sospiro, chiudendo con L la lunga fila degli ostaggi liberati.


Nel frattempo, una voce nel buio sbatté il pugno sul muro: "L è davanti all'università?" esclamò. "Ma è impossibile! Maledizione!"
Il suo piano si era rivelato un disastro fin dall'inizio: c'erano troppe cose che non aveva previsto. Chi aveva dato a Brook l'ordine di liberare gli ostaggi? Ora L, quello vero, stava scivolando via dalle sue dita, e non poteva fare nulla per fermarlo. Non poteva neanche ucciderlo: aveva visto di nuovo il suo nome, ed accanto a lui il nome di Kira, ma fra tutta quella gente, ed in quella posizione scomoda, non c'era stato modo di vedere in faccia nessuno dei due. A questo punto, c'era solo da sperare che Kira fosse riuscito, in qualche modo, a farlo tornare indietro.


Gli ostaggi, accompagnati dai complici, scesero velocemente le scale che li avrebbero riportati nell'atrio. Light ed L, le mani alzate come tutti, erano gli ultimi: dietro di loro c'era solo Keichi, che sembrava non stare aspettare altro che un loro minimo movimento sospetto per sparargli alla testa.
Avevano appena iniziato a scendere, quando alle spalle dei tre si sentirono dei rumori di passi: voltandosi indietro, Light ed L scorsero in fondo al corridoio Ichigo che scompariva verso l'aula delle lauree, scortata da Brook ed un altro complice.
L si sentì mancare il fiato. Lei? Che cosa ci faceva lei qui?
Come aveva fatto a convincere Watari, la polizia ed i sequestratori di essere L? E, soprattutto, che diavolo aveva in mente di fare?
Una pistola premette sulla sua schiena: "Ehi, tu, cammina!"
L non impiegò che un secondo per prendere la decisione.
Con uno scatto tanto veloce quanto deciso, il ragazzo si girò indietro colpendo Keichi in pieno volto con il gomito. L'uomo non ebbe neanche il tempo di sparare per reazione: con un calcio, Ryuzaki lo disarmò, quindi un ultimo pugno allo stomaco lo mandò a sbattere contro la parete alle sue spalle, sanguinante e privo di sensi.
"Occhio per occhio, amico," commentò il moro, raccogliendo la pistola. In fondo, era settimo dan.
Light non credeva ai suoi occhi: "Ryuga...?" mormorò, abbassando le mani.
"Light-kun, mi serve il tuo aiuto," disse piatto l'altro, nascondendo la pistola nell'attaccatura dei jeans.
"Il mio aiuto?" Kira era felicissimo di aiutare L a suicidarsi, ma in un contesto del genere l'innocente Light doveva apparire piuttosto titubante. "Cosa... vuoi fare?" gli chiese spaventato. "Io non voglio rischiare la mia vita!" esclamò poi.
"Posso assicurarti che non correrai alcun pericolo".
Poiché ad entrambi parve di sentire dei rumori di passi vicini, si ripararono velocemente nella prima aula vuota che trovarono: era piccola e le veneziane rosse erano tirate, ma la luce riusciva lo stesso a penetrare dagli spiragli, creando nell'aria un gioco di luci rosse e gialle molto suggestivo.
"Light-kun," disse L, dopo aver chiuso la porta, "Hai un cellulare?"
Lui si vuotò le tasche: "No, li odio. E poi, contavo di tornare presto a casa".
L si morse un dito: Kira o non Kira, lui da solo non poteva fare nulla. "Allora dimmi... quanto veloce puoi correre?"
Il ragazzo castano appoggiò una mano alla cattedra. "Ryuga, che cosa hai in mente?"
"Due cose: nel sotterraneo c'è la centralina elettrica".
"La centralina?"
"Esatto. Vai lì e spacca tutto".
"Ma...in questo modo peggiorerai le cose! Penseranno che sia un trucco della polizia e uccideranno gli ostaggi!"
"No, se correrai abbastanza in fretta - ascolta Light, appesa alla bacheca dell'università c'era un volantino che fissava per domani la conferenza del dipartimento di Elettrofisica su di un potente generatore di campi elettromagnetici a largo raggio che hanno costruito. Ed il dipartimento di elettrofisica si trova al terzo piano".
Light schiuse le labbra: forse iniziava a capire.
"Tutte le uscite sono controllate dai sequestratori, ma ai piani superiori non c'è nessuno," continuò L. "Quel generatore è nel laboratorio del dipartimento al terzo piano: se lo trovi, disattivi i filtri isolanti del laboratorio e attivi il generatore alla massima potenza, si creeranno disturbi tali che sarà impossibile per loro comunicare con le radio".
"Di conseguenza, non potranno contattare i complici all'esterno," realizzò Light. "E non potranno sapere che la polizia sta entrando".
"Lasciamo tre minuti alla polizia per entrare, il tempo per te di correre giù nel piano sotterraneo. Subito dopo, la luce salterà; li complici nell'aula delle lauree si troveranno spiazzati, non riusciranno a comunicare con gli altri, saranno confusi e la polizia potrà fare irruzione con il gas".
Light strinse i pugni: quel ragazzo aveva studiato nei dettagli un piano praticamente perfetto in una manciata di minuti. Doveva ucciderlo al più presto, non c'era dubbio.
"E'... un piano perfetto," commentò dopo qualche secondo.
"No, non lo è," sbottò L. "Innanzitutto perchè non possiamo contattare l'esterno. C'è un'unica soluzione... Light, appena entri in quel laboratorio, afferra un telefono ed avverti tuo padre".
Lui incrociò le braccia. "D'accordo Ryuga, anche se pare che alla fine debba sbrigarmela tutta io. Tu cosa farai?"
L si avvicinò all'uscita. "Io torno di là. C'è una cosa che devo fare".
Il Kira dentro Light scoppiò in una risata. "Si, farti ammazzare".
"Ho capito. Farò come mi hai detto," disse Light.
L annuì, afferrando la maniglia della porta. Non la aprì, ma rimase lì fermo, incerto.
In fondo, perchè doveva rischiare tanto? Quella ragazza aveva deciso spontaneamente di sacrificarsi. E poi, non era niente per lui, anzi... conosceva persino la sua identità. Forse... forse sarebbe stato meglio se fosse stata uccisa.
Strinse la fredda maniglia di metallo. No, no, non poteva permetterlo. Era colpa sua se Ichigo era nei guai. Si stava sacrificando per lui, perché, se ne era reso conto quando l'aveva vista con Brook, lei lo amava. A tal punto da offrire la sua vita in cambio della sua. Anche se lui non ricambiava quel sentimento, non poteva permettere che lei morisse per lui.
"Ryuga, che succede?" gli chiese preoccupato Light poggiandogli una mano sulla spalla, vedendolo così esitante. Che si fosse reso contro di stare andando a morire?
"Light-kun..." L gli lanciò un'occhiata, "Posso davvero fidarmi di te?"
Light inarcò leggermente un sopracciglio: che cos'era quello sguardo sconsolato? "Certamente," annuì. "Ryuga, L, te l'ho detto che sei una persona che ammiro da sempre. E' un onore per me collaborare con te. Qualunque sia il tuo piano, farò del mio meglio," concluse con un'espressione decisa e rassicurante.
L lo guardò negli occhi, profondamente. C'era la possibilità che lui fosse Kira, ma doveva rischiare e fidarsi.
"Allora buona fortuna," disse, aprendo la porta quando fu sicuro che il corridoio fosse deserto.
"Anche a te".
In pochi secondi, Light raggiunse l'ascensore più vicino. L lo guardò svanire all'interno della cabina, poi si mise all'opera per cercare una scala secondaria che lo conducesse al piano superiore. Sospirò, mentre saliva di corsa. In fondo, non gli era mai piaciuta l'azione diretta. Era molto più facile studiare dati ed impartire ordini da una lussuosa stanza d'albergo, con Watari che gli portava ad orari regolari i suoi dolci ed il caffé caldo. Si portò d'istinto il dito alle labbra, fermandosi all'ingresso di un corridoio molto stretto che portava agli studi dei docenti: accidenti, era da stamattina che non toccava cibo. Nei momenti di tensione mangiare dolci era per lui un bisogno, ma qualcosa gli diceva che quelli che aveva gustato col caffé prima di venire qui erano stati gli ultimi che avrebbe mangiato in vita sua.

(to be continued...)

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Capitolo 8
*** VII ~ Fallimento ***


Mondo degli Shinigami

Pubblico di fretta perché c'è aria di partenza in casa. xD
Grazie per i commenti!^O^; Sono ripassata oggi pomeriggio sul sito, e dopo averli letti mi sono messa a scrivere in tutta fretta il capitolo. *ò*;;
Alla prossima! Un bacio.

Piece VII ~ Fallimento


Sayo stava male.
Aveva abusato dei suoi poteri, ed ora ne stava pagando le conseguenze. Era sempre più debole. Mentre camminava scortata da Brook e dal suo complice, il suo corpo diventava pesante; le gambe facevano fatica a muoversi, e la testa le pulsava forte come se stesse per scoppiare.
Deglutì con fatica. "Io...non ce la faccio più," pensò. Il lungo corridoio che stava percorrendo si faceva sempre più scuro ed incerto, i suoi contorni più sfocati.
Ichigo era preoccupatissima per le condizioni dell'amica. "Sayo!" le gridò, "Non devi mollare!"
L'altra non la ascoltò, ma sorrise debolmente: "Almeno, L è al sicuro adesso," si consolò chiudendo gli occhi, prima di crollare a terra svenuta.
"Sayo...!"


"Stanno liberando gli ostaggi!"
La polizia sollevò le armi per fronteggiare un'eventuale sparatoria. I complici del sequestratore avevano condotto gli ostaggi davanti all'ingresso dell'università, usandoli però come scudo per sé stessi.
La piazzola davanti l'università, quasi interamente occupata da automobili della polizia, venne presto invasa da un'ondata di persone spaventate che, le mani sopra la testa, correvano al riparo il più velocemente possibile. Nel liberare l'ultimo gruppo di ostaggi, i sequestratori si affrettarono a chiudere dietro di loro le porte dell'università.
Quando tutte le persone furono al sicuro, il sovrintendente Yagami tirò un sospiro di sollievo. I sequestratori erano stati di parola: li avevano liberati senza torcere loro un capello, ma in ogni caso i guai non erano ancora finiti.
Ukita, accanto a lui, abbassò la sua pistola, abbozzando un sorrisino: "Signore, ce l'abbiamo fatta! E tutto per merito di L!".
Yagami annuì con aria pensierosa. Qualche secondo dopo, però, la sua bocca si spalancò per l'orrore: "Merito di L? No, non è stato L! E' stata quella ragazzina..." balbettò, incredulo. "Dio mio, ma chi era quella ragazzina?"
Aveva consegnato ai sequestratori una ragazzina! Ma come aveva potuto? E soprattutto... perché fino a pochi istanti prima era convinto che lei fosse L...?!
Matsuda, dopo una breve corsa, raggiunse i due agenti: "Capo, i sequestratori non hanno liberato tutti gli ostaggi!"
Yagami, ansante per la tensione, fece un cenno come per dire: lo sapevo già. Se li avessero liberati tutti, tempo mezz'ora e quei sequestratori avrebbero avuto in regalo dalla polizia di Tokyo un paio di braccialetti in ferro e un soggiorno al penitenziario più vicino, in attesa di conoscere la data della loro esecuzione. Era normale che avrebbero deciso di tenersi alcuni degli ostaggi. Erano un'assicurazione sulla loro vita. Sperava solo che fra essi non ci fosse anche Light.
"Quanti?" domandò, sforzandosi di non chiedere direttamente di suo figlio: in questo momento doveva essere poliziotto, non padre.
"Almeno una trentina! Le persone liberate ci hanno detto che si sono tenuti tutti i professori dell'università e Misa-Mis...cioè, Misa Amane!"
Il macigno sul cuore di Yagami scomparve di colpo. Suo figlio era salvo. Grazie al cielo. "Dov'è Ryuzaki?"
Matsuda, a quella domanda, assunse un'aria da funerale: "Capo... io, Mogi e Aizawa abbiamo cercato lui e Light dappertutto, ma, ecco..."
Yagami non ebbe neanche il bisogno di sentire il resto della frase: aveva già capito. Si voltò di scatto verso l'università silenziosa, le porte chiuse, le tende tirate.
"Light! Perché?" si chiese, disperato.


Light uscì velocemente dall'ascensore, trafficando con una penna ed il suo portafogli. Poggiate le spalle al muro, finì di scrivere qualcosa, quindi lo richiuse, lanciò un'occhiata all'orologio ed iniziò a correre. Non si sorprese quando, svoltato il primo angolo del corridoio buio che stava percorrendo, si ritrovò faccia a faccia con Ryuk.
"Che c'è?" gli chiese frettoloso, mentre con gli occhi cercava di leggere nel buio le targhe dorate appese sulle numerose porte che oltrepassava velocemente. "Perché non sei fuori a goderti lo spettacolo?"
Un'espressione stupita si dipinse sul volto dello shinigami, che si grattò la testa: "Non dirmi che lo farai davvero...".
Volando accanto a Light, che continuava a correre senza dargli retta, ripeté con veemenza: "Non dirmi che non ne approfitterai per uccidere il tuo avversario! E' un'occasione d'oro! Potresti sederti e guardarlo morire, invece hai intenzione di aiutarlo?".
"Esattamente," annuì Light. "Se come dici tu mi sedessi per guardarlo morire, ma lui miracolosamente lui si salvasse, finirei nei guai. Per cui, ho intenzione di fare ciò che mi ha detto".
Il giovane si fermò davanti alla porta del laboratorio che cercava: era aperta. Si era quasi aspettato un antifurto, ma probabilmente i sequestratori, nel prendere possesso dell'università, li avevano disinseriti tutti. Come se dovesse buttarsi in acqua per un'immersione, prese un grosso respiro prima di avventurarsi all'interno.
Accese le luci, constatando che il laboratorio del dipartimento di elettrofisica era una grossa stanza asettica e... disordinata: chip, schede madri, miliardi di cavi e congegni elettronici sconosciuti gettati dappertutto insieme alle attrezzature per la loro manutenzione, sui tavoli, sulle sedie, sulle scrivanie occupate dagli schermi a cristalli liquidi dei computer. Era questo che i geni chiamavano 'caos creativo'?
Light fece qualche passo, incerto, finché con soddisfazione non notò su una scrivania l'impercettibile riflesso di spia rossastra posta, probabilmente, sul soffitto: una telecamera di sorveglianza. Proprio come aveva immaginato. Sforzandosi di fare finta di nulla, si mosse come per dare l'impressione di stare cercando qualcosa.
"Certo, Ryuk, che ho intenzione di aiutare L,"
pensò con un sorrisino. "Se però accade un imprevisto, io non posso davvero farci nulla".
"Light, sento dei passi, c'è qualcuno qui fuori," mormorò lo Shinigami con una certa inquietudine mista a curiosità.
Light assunse un'espressione sorpresa, preparandosi psicologicamente al dolore che stava per provare.


"Sono un uomo morto".
L si sporse leggermente dalla ringhiera della terrazza interna al secondo piano che dava sull'aula delle lauree. L'aveva notata quando era tenuto in ostaggio, e non ci aveva messo molto per raggiungerla. Da lì, nel buio, per gli altri era molto difficile vederlo, mentre lui aveva una visione quasi perfetta dei movimenti che avvenivano in quella stanza: riusciva persino a distinguere le espressioni terrorizzate dei professori, ammassati e inginocchiati a terra in un angolo, tenuti sotto tiro dai due complici lasciati a sorvegliarli. Pochi secondi, ed il sequestratore e gli altri suoi complici sarebbe entrati, portando con loro Ichigo, forse per ucciderla. Cosa poteva fare per evitarlo?
"In fondo, sapevo già che sarebbe accaduto".
Non era un pessimista, era solo razionale. E lui, benché armato e dotato di un'intelligenza fuori del comune, non poteva fronteggiare dieci uomini da solo, salvare la ragazza e gli ostaggi ed uscirne vivo. Cose del genere accadevano sono nei film d'azione.
Certo, se Light avesse seguito le sue istruzioni c'era un 5% di possibilità che tutto si risolvesse per il meglio, ma lui ne dubitava: Light era Kira, e lui era spacciato.
"In ogni caso, non ho rimpianti".
La porta dell'aula si aprì, e L si riparò dietro al muro più vicino, sbirciando in basso.
Dalla porta entrarono Brook ed il suo complice. L aggrottò la fronte con preoccupazione: il primo stringeva fra le mani una mitraglietta, un'arma pericolosa perché permetteva di sparare in modo continuo e quindi di fare molte vittime in poco tempo; l'altro, invece, teneva rudemente in braccio Ichigo. L cercò in ogni modo di non far annegare la sua razionalità nell'angoscia. Che le avevano fatto? Era svenuta o morta? Sperò con tutto il cuore che fosse la prima.
I complici di Brook, quelli che avevano tenuto d'occhio l'entrata dell'università e quelli che avevano portato fuori gli ostaggi rientrarono, e sbarrarono tutte le porte di ingresso. L li guardò, e notò che fra di loro non c'era il calvo, quello che aveva steso poco prima. Forse non si era ancora ripreso. Meglio così.
In quel momento, ci fu per un istante un impercettibile calo di corrente: probabilmente, il generatore era stato attivato. Il detective parve sollevarsi: "Allora non è Kira!" pensò, anche se con una punta di amarezza. Light lo stava aiutando per davvero: i suoi sospetti su di lui si erano rivelati sbagliati.
Forse.
Ad ogni modo, ora toccava a lui: se tutto andava come previsto, la polizia sarebbe entrata fra pochi minuti: doveva cercare di evitare il peggio fino a quel momento.
L si era già allontanato dalla terrazza per passare all'azione, quando un rumore di spari attirò la sua attenzione, costringendolo a tornare indietro di corsa: sporgendosi, vide che Brook stava sparando ai suoi complici.
"Che diavolo fa? Ammazza i suoi complici?"
Ma perchè quelli non reagivano? Brook puntava l'arma con velocità e disinvoltura impressionanti di volta in volta verso uno dei suoi compagni, scaricandogli contro una serie di proiettili che con tutta probabilità lo uccidevano sul colpo. Tutti parevano terrorizzati, ma nessuno, nessuno, cercava di ribellarsi o fuggire. L era sconvolto.
Quando il biondo ebbe finito la carneficina, puntò l'arma fumante contro gli ostaggi, ma non sparò. Quelli, pallidi come la morte, tutti miracolosamente illesi, capirono all'istante il messaggio nascosto in quel gesto: andatevene o siete morti. Senza dire una parola, presi dal terrore, indietreggiarono lentamente fino alla porta più vicina: raggiuntala e apertala, si dettero alla fuga libera.
Usciti gli ostaggi, Brook andò a richiuderla, quindi si voltò verso l'unico superstite, il complice che ancora teneva Ichigo. Allungò un braccio, e se la fece passare da lui. Questi gli fece un sorrisino nervoso, che il biondo ricambiò, prima di puntargli la mitraglietta in faccia.
Quando anche l'ultimo complice cadde a terra in un lago di sangue, Brook si rimise l'arma in spalle e, con in braccio Ichigo ancora svenuta, si diresse verso la saletta interna. Benché il sudore freddo imperlasse la sua fronte, a quella vista L decise di scendere ed affrontarlo: uno contro uno, era rischioso, ma lui non poteva fallire.
"Devo sbrigarmi!"
Ripercorse al contrario la strada che aveva fatto per salire. Gli ingressi dell'aula erano bloccati, ma sicuramente c'era un'altra porta che conduceva alla saletta. Doveva esserci un'altra porta. Tutte le aule dell'università avevano due entrate.


Brook entrò nella saletta, piccola, buia anch'essa a causa delle tende tirate, ma ben arredata: al centro un lungo tavolo rettangolare per le riunioni, agli angoli dei vasi di piante e, accanto alla porta, uno scaffale traboccante di fogli ma allo stesso tempo ordinato. Morbidamente seduta sul soffice divano rosso accanto ad una seconda porta, c'era Misa Amane.
La ragazza bionda, quando lo vide entrare, girò la testa nella sua direzione.
"Hai fatto quello che dovevi fare?" gli chiese con aria nervosa.
Brook aveva lo sguardo vuoto. "Misa Amane, ecco L," disse spingendo poco le braccia in avanti per mostrarle Ichigo.
Lei la guardò, gli occhi rossi e scrutatori di uno shinigami.
"Non è L," affermò dopo pochi secondi, con aria contrariata.
Misa Amane aveva visto il nome di L. O meglio, credeva di aver visto il nome di L.
L Lawliet.
Nessun altro poteva avere quel nome. L non era un soprannome, era il suo vero nome. O comunque, il nome necessario ad ucciderlo.
Quel nome, per tutta la durata del sequestro, aveva fluttuato accanto a quello dell'unica persona di cui lei non poteva scorgere il tempo di vita rimanente: Light Yagami. Kira.
Ciò significava che L era riuscito ad arrivare a Kira prima di lei. Ma lei non era riuscita a guardare in faccia nessuno dei due.
Ichigo Furude.
Questo era il nome che ora Misa leggeva sulla testa della ragazza che un inquieto Brook gli presentava come L.
E se fosse stata una trappola?
O forse... forse si era sbagliata?
"Ha detto di esserlo. Io...ne ero convinto. Più che convinto. Non so perché".
"Non so perché?" Misa non ne poteva più. Si alzò in piedi: "Ma questa non è L!" esclamò. "E' una normalissima ragazza!".
"N-Non è L?" ripeté Brook, ora terrorizzato, lasciando cadere a terra Ichigo senza troppi complimenti. Gli occhi vitrei, si portò le mani alla testa: "Io ho... ho sbagliato!" gridò con disperazione, crollando a terra. Scoppiò in lacrime, coprendosi il volto con le mani.
"Idiota," pensò Misa.
Ichigo si mosse leggermente: stava riprendendo conoscenza.
Misa raccolse dalla scrivania una penna: ad ogni modo, se c'era anche solo una minima possibilità che Furude fosse L, non poteva lasciarla fuggire così.
Aprì il suo Death Note ed iniziò a scrivere, quando di colpo la luce saltò.
"Che succede?"
Brook saltò in piedi: "La polizia! Dev'essere la polizia!" disse, e, preso dal panico, fuggì dalla porta da cui era entrato.
A scatti, piccole luci blu di emergenza si accesero nella stanza.
Misa batté i pugni sulla scrivania: la polizia? Impossibile! Aveva organizzato tutto questo sequestro con il solo scopo di conoscere Kira e togliere di mezzo il suo rivale più grande, ed invece nulla era andato come credeva. Aveva sbagliato tutto! Le venne quasi voglia di piangere.
Una mano fredda e scheletrica le toccò una spalla: Rem.
"Misa, ora che anche gli ultimi ostaggi sono stati liberati, la polizia ha deciso di entrare. Devi fuggire anche tu: se ti trovano qui, si insospettiranno," spiegò con calma lo Shinigami.
Misa annuì. "Ascolta Rem, vai avanti tu, controlla che non ci sia nessuno. Io ti seguirò fra pochi secondi".
"D'accordo. Tornerò ad avvertirti in caso di pericolo".
Rem si allontanò, attraversando la porta secondaria come un fantasma.
Nel frattempo, Ichigo si era messa in piedi a fatica, sorreggendosi ad una delle sedie sparse per la stanza. "Rem...?" mormorò con voce flebile, facendo spaventare Misa.
"Ti sei svegliata?!" esclamò lei preoccupata, voltandosi di scatto a guardarla.
Non aveva altra scelta.
Con un gesto veloce, Misa prese il suo cellulare dalla tasca e lo accese per farsi luce, quindi riaprì il suo Death Note e scrisse il nome: Furude Ichigo.
"Misa Amane ha un Death Note?" disse Ichigo, stupita, osservandola. "Che sia... quello di Sayo?"
"Cosa?" Misa chiuse di scatto il quaderno: era finita. In quaranta secondi, chiunque fosse, quella ragazza sarebbe morta. Però...
"Come fai a sapere del Death Note?" disse sorpresa, indietreggiando. "Chi sei tu?"
Ichigo provò a seguirla, ma era troppo debole per camminare, così ricadde in ginocchio a terra. Allungò una mano verso Misa, come per chiederle un aiuto a rialzarsi, ma la biondina, stravolta, non si mosse. "Io..." iniziò Ichigo, ma di colpo le mancò il fiato. Le sue pupille si dilatarono, mentre una fitta tremenda all'altezza del cuore la paralizzò. Incapace di gridare per il dolore, si portò le mani al petto, agonizzante.
Misa sbarrò gli occhi: ce l'aveva fatta! Sbandando e facendo cadere una sedia, indietreggiò di corsa fino alla porta secondaria, per poi fuggire dalla stanza.


L strinse la pistola, correndo verso la porta che aveva che aveva cercato in tutta fretta. Alla fine, aveva fallito. Non aveva trovato un piano migliore, ma non importava: l'unica cosa che gli premeva era salvare quella ragazza da una fine ingiusta.
"Se davvero esiste qualcuno lassù, ti prego, fa' che non sia troppo tardi".
Era ormai a pochi metri, quando vide la porticina spalancarsi ed una figura fuggire nella direzione opposta alla sua con aria stravolta. Illuminata dalle luci di emergenza, Ryuzaki non tardò a riconoscerla: "Misa Amane!?".
La ragazza stringeva fra le mani qualcosa. Un quaderno.
Preso da un terribile presentimento, L la lasciò perdere e senza alcuna precauzione si fiondò dentro la stanza, spalancando la porta con un braccio, appena in tempo per vedere Ichigo accasciarsi a terra.
Morta.

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Capitolo 9
*** VIII ~ Vendetta ***


Mondo degli Shinigami

@Anansy90: Ciau ^O^;; Non fa nulla, nonostante anche io, da parte mia, sia sempre felice di trovare i tuoi commenti quando pubblico.*ò*; Spero che tu abbia passato delle buone vacanze! Il capitolo precedente era inquietante? Il fatto è che, purtroppo, il Death Note non sbaglia mai, e non si può cancellare quello che ci è scritto sopra... però...beh, si ci può sempre vendicare! >=D

Anche se non mi piace molto com'è venuto questo capitolo 'conclusivo'... ç.ç;

Nota importante!
Invece di Ryuzaki, ho deciso di chiamare L... L. Non so perché avessi usato il suo 'nome falso' all'inizio. Forse perchè Ryuzaki mi piace di più. Ma, in ogni caso, per evitare equivoci, dai prossimi capitoli il suo nome sarà L. L'ho cambiato anche nei capitoli precedenti...ok? =D


Piece VIII ~ Vendetta

"Ichigo!"
L gettò a terra la pistola per precipitarsi sulla ragazza, il cuore che gli batteva all'impazzata.
"Troppo tardi," continuava a ripetersi angosciato, "E' troppo tardi!".
Si chinò su di lei per verificare le sue condizioni: aveva gli occhi spenti e semiaperti e un filo di sangue che le colava dalla bocca.
Non era più cosciente.
Il polso non c'era più.
Una triste consapevolezza si fece largo nella mente del ragazzo.
Attacco di cuore.
Kira.
Le chiuse gli occhi, affranto. Non sapeva come, ma lei lo aveva salvato, ed aveva salvato anche tutte quelle persone. Era solo merito di quella ragazza se lui era ancora vivo. E lui, L, il grande L, non era riuscito a fare nulla per lei.
Le scostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso: "Mi dispiace," mormorò.
"Uhm... Ahia..."
L ritirò di colpo la mano, sentendosi mancare il respiro.
Sayo riaprì gli occhi, facendo sbiancare il giovane accanto a lei. La ragazza si strofinò le labbra, portandosi via il sangue con la manica della camicetta: "Ahi! No... no, ancora quel mal di testa assurdo, basta, non ce la faccio più!" si lamentò.
Si mise a sedere, battendosi con il palmo della mano la tempia destra, forse sperando che fosse un buon rimedio antidolorifico.
L le era a due centimetri, la bocca aperta e lo sguardo stralunato: "Ma...ma... il sangue... il battito cardiaco...".
"Tu... tu sei viva!" esclamò alla fine il detective, come se fosse lui il primo a non crederci.
Lei parve accorgersi in quel momento della sua presenza. Le si illuminarono gli occhi: "L! Sei...sei venuto a cercarmi!" disse emozionata, abbracciandolo.
Il ragazzo era troppo sconvolto per ribellarsi. "Si, ma credevo che fossi morta!" protestò.
Lei si staccò da lui, con le lacrime agli occhi, tirando su con il naso: "Vuoi... vuoi dire che ti dispiace che sono viva?"
"N-Non intendevo questo...! Tu-".
Commossa, Sayo gli saltò di nuovo addosso, stringendolo forte: "Ho avuto paura che ti succedesse qualcosa!" piagnucolò.
Fu in quel momento che L, per la prima volta nella sua vita, L ammise la crudele verità:
"Io... Non ci capisco più niente".

Si concesse qualche secondo per mandare giù questo pensiero, quindi decise di riprendere il controllo delle proprie emozioni: presa per le spalle la ragazza, la allontanò da lui e le disse in tono che non ammetteva repliche: "Basta così. Dobbiamo sbrigarci ad andare via. C'è ancora quel pazzo in giro. Finché non arriva la polizia, è pericoloso restare qui".
Lei annuì, come se non desiderasse altro che questo.
Si rialzarono insieme ed L, presala per un braccio, la condusse fuori dalla porta da cui era entrato.
Mentre correvano insieme, Sayo non poté fare a meno di sorridere: "Hai visto, Ichigo? Ce l'abbiamo fatta!" pensò, felice.
Ma non avvertì in lei alcuna risposta.
"I-Ichigo...?"


John Brook, seminascosto dal buio dell'aula delle lauree, fece cigolare la porta della saletta, aprendola. Nella sua mente risuonavano solo due frasi:
"L! Sei...sei venuto a cercarmi!"
"Si, ma credevo che fossi morta!"
Una scarica di adrenalina gli percorse il corpo: aveva trovato L.


Fra lo stupore degli agenti di polizia, in un fuggi-fuggi generale i professori dell'università si erano precipitati fuori dall'edificio, cercando riparo nel loro posto di blocco. Agli agenti che gli chiesero come avessero fatto a fuggire, questi risposero che il capo, quel biondo americano, aveva ucciso tutti i suoi complici, e che loro erano vivi per miracolo.
Gli agenti faticarono a credere a questa storia: che Brook fosse impazzito? In ogni caso, ora che gli ostaggi erano al sicuro e che era rimasto un solo criminale all'interno dell'università, non restava che fare irruzione e catturarlo.
Il sovrintendente Yagami, nel dare l'ordine di entrare, sentì una stretta al cuore: suo figlio era ancora lì dentro, forse morto. Desiderò ardentemente di rivederlo, e probabilmente qualcuno decise di realizzare quel suo desiderio, dato che alzando la testa verso l'ingresso dell'università, scorse proprio Light.
Sbalordì: suo figlio era in piedi sugli scaloni, ed avanzava a fatica, stringendosi un braccio.
Appariva stremato.
"Light!" Yagami, senza alcun contegno, corse da lui, che gli si rovesciò in braccio. Era ferito: perdeva molto sangue dall'avambraccio sinistro.
"Papà..." mugolò dolorosamente il ragazzo. "...mi ha sparato...non ce l'ho fatta...a chiamare aiuto...".
"Non sforzarti!" gli gridò il padre. "Ti porto in ambulanza. Dov'è L?!"
"E' tornato... dentro.. Mi dispiace...io...".
"Non fa nulla, Light, ora non parlare! Voi, fate irruzione!"
All'ordine di Yagami, almeno una ventina di agenti armati e dotati di caschi e giubbotti antiproiettile oltrepassarono lui e Light, precipitandosi dentro l'edificio.


L si era perso.
La fretta, o forse il buio o l'emozione, avevano giocato un brutto scherzo al suo senso d'orientamento: per quanto girasse, non riusciva più a trovare l'uscita.
Strinse i denti: quell'università era peggio di un labirinto. (*) Alla fine, si fermò accanto alla porta di chissà quale aula studio.
Non c'era da preoccuparsi. Ancora poco, e la polizia avrebbe riportato tutto alla normalità. Insieme ad Ichigo (o meglio, alla ragazza che lui credeva si chiamasse Ichigo...) aveva percorso molti corridoi, e di conseguenza ormai dovevano essere abbastanza lontani dall'unico pericolo incombente, il sequestratore ancora a piede libero. Un altro fattore rassicurante era che quell'ala dell'università appariva deserta: gli unici rumori erano quelli dei loro respiri, affannati a causa della corsa.
L approfittò della sosta per riprendere fiato, appoggiandosi al muro freddo del corridoio immerso nella penombra. Lanciò un'occhiata furtiva alla ragazza in piedi accanto a lui: era strana, più del solito. Fino ad un minuto prima era dolce ed infantile come quando l'aveva conosciuta, ma non appena avevano cominciato a correre, lei non aveva più detto una parola. Ora che, ansimando, la osservava, notò aveva gli occhi lucidi ed un'espressione funerea sul volto.
Il primo pensiero che gli venne in mente fu: "Forse è lunatica". Ma L non poteva immaginare quale tormento interiore stava vivendo in quel momento la ragazza.
Per tutto il tempo della fuga, Sayo non aveva fatto altro che chiamare Ichigo, senza però ottenere alcuna risposta. Sembrava che fosse scomparsa. Perdipiù, forse anche a causa dell'l'inquietudine e della preoccupazione, il suo dolore alla testa era tornato pian piano a farsi insopportabile. Quando i pensieri negativi le annebbiarono la mente, e le sembrò che tutto stesse per scoppiare, si voltò di scatto verso L:
"L!" gli chiese improvvisamente, con aria così disperata da farlo spaventare, "Perché pensavi che fossi morta?"
Lui impiegò qualche secondo per poterle risponderle. "Tu...tu sembravi aver appena avuto un attacco cardiaco," le disse piano. "Pensavo...che fosse stato Kira".
Poi aggiunse, in tono pensieroso: "Ho visto Misa Amane correre fuori dalla stanza in cui ti ho trovata. E' stata lei a farti qualcosa?"
La ragazza abbassò gli occhi: "Non lo so. L'ultima cosa che ricordo io, è che sono svenuta mentre venivo scortata da quei criminali. Non ricordo... di essere entrata in quella stanza, né di aver visto qualcuno al suo interno. Ciò significa che..."
"Ciò significa che..."
Le lacrime le impedirono di terminare la frase. Aveva capito perché Ichigo non era più dentro di lei: mentre lei, Sayo, era priva di sensi, Ichigo era tornata ad essere cosciente nel suo corpo. Ed era stata uccisa da un Death Note.
Ichigo era morta.
Non le avrebbe risposto mai più.
Sayo si coprì il volto con le mani, scoppiando in lacrime. Come aveva potuto lasciare sola la sua unica amica nelle mani di Kira?
Non se lo sarebbe mai perdonato.
"Ehi...". L si preoccupò molto per la reazione esagerata della ragazza, che continuava a piangere come le si fosse spezzato il cuore. Disorientato dalla situazione, cercò di consolarla come poteva: "Stai calma," provò a dirle, "Non è successo nulla, non fa niente se non ricordi. Non è morto nessuno, anche io sono salvo, e presto prenderanno i colpevoli. E' tutto a posto".
Sayo non lo ascoltava. Era colpa sua se Ichigo era morta, lo sapeva. Era stata lei ad insistere per interferire con i piani del destino. Non avrebbe dovuto fare tutto questo. Non sarebbe dovuta scendere nel mondo umano. Non faceva altro che sbagliare.
"Combino solo guai, dovrei solo scomparire," stava pensando lo shinigami quando, con ben poca delicatezza, L le afferrò i polsi, togliendole le mani dal viso:
"Ora basta," le disse deciso, guardandola negli occhi.
Lei, sorpresa da quel gesto, rimase lì a fissarlo, con le lacrime che ancora le rigavano le guance. Per un momento non pensò che a lui, che presto sarebbe rimasto intrappolato nella rete del destino, e capì che, qualunque cosa avesse tentato, non avrebbe potuto fare niente per salvarlo: anzi, forse avrebbe addirittura peggiorato la situazione.
Subito dopo, però, la ragazza notò qualcosa con la coda dell'occhio: un brillio rossastro alla loro destra.
L'aura di un essere umano che li aveva seguiti fin laggiù. L'aura nera di un assassino.
Sayo smise di piangere. Di colpo, qualcosa si risvegliò dentro di lei, ed in un istante tutta la tristezza che provava si trasformò in un fortissimo sentimento di rabbia, tale da farle venire il voltastomaco. La sua vera natura, repressa per troppo tempo, premeva per uscire.
Lo shinigami riportò l'attenzione sul ragazzo davanti a lei: il suo viso era vicinissimo al suo, tanto che poteva sentire il suo respiro, respirare il suo profumo. I suoi occhi neri e profondi erano una calda oscurità in cui perdersi per sempre.
Era così bello. Le sarebbe piaciuto tanto poter restare con lui. Ma c'era una cosa che doveva fare a tutti i costi.
"L...".
Socchiuse gli occhi e sfiorò le sue labbra, lievemente, in un bacio pieno di amarezza.
Lui, stupito, non fece nulla per evitarlo. Anche perché, pochi secondi dopo, si accasciò contro il muro senza forze.
"...perdonami," concluse Sayo, guardandolo cadere.
Gli voltò le spalle, concentrandosi sul nemico che le era alle spalle. I suoi occhi erano diventati rossi, ed aveva un'espressione cupa stampata sul volto. Nonostante sapesse benissimo che se avesse usato di nuovo i suoi poteri sarebbe con tutta probabilità scomparsa, non le importava.
Certo, era colpa sua se Ichigo era morta. Ma qualcuno doveva pagare.
"Fatti vedere," gridò all'uomo nascosto dietro l'angolo.
John Brook, lo sguardo vuoto, avanzò verso di lei.
Sayo sorrise tremendamente, di fronte a quella scena patetica: "Povero stolto. Perché osi sfidarci?".
Brook raccolse dalla fondina alla gamba la sua pistola. "Io devo... portare L da Amane Misa".
"Dunque Amane Misa possiede un Death Note, e tu sei uno che è stato manipolato da lei," osservò sprezzante lo shinigami. "Ho capito. E' lei la mia nemica. Tu sei solo un povero disperato, che non può morire finché non compie la sua missione".
"Io devo solo... portare L da Amane Misa".
"Fammi indovinare: lei ha gli Occhi, e voleva che tu le portassi L e che poi ti suicidassi, giusto?"
"Io devo-"
"Sono altre le cose di cui ti devi preoccupare!" gridò Sayo. Un'aura mostruosa le comparve attorno al corpo. Allargò le braccia: nonostante il suo aspetto fisico non fosse cambiato, non era più la ragazzina dolce ed ingenua di poco prima. Era un demonio. Scoppiò in una risata spaventosa: "Prega per la tua anima, ora proverai l'orrore che solo uno Shinigami può farti patire!"
Se solo Brook fosse stato in sé, a quella vista avrebbe di certo preferito suicidarsi.
Invece si limitò a gridare.
Gridare, gridare, in preda al dolore più atroce.
Finché dopo un tempo che gli parve interminabile, non arrivò.
Finalmente.
Il buio.


***
***

Vuoto totale.
Non c'era più nulla intorno a lei. Solo freddo, paura, disperazione.
Era orrendo.
Ma in fondo, non era impossibile da sopportare. Ci si sarebbe abituata, forse anche prima di quanto si fosse immaginata, se non fosse stato per quella voce.
Calda, profonda, rassicurante. Che continuava a parlarle, impedendole di andare via.
A volte era piatta, a volte nervosa, a volte dolce, ma sempre così malinconica.
La ascoltava, ma non capiva cosa diceva. Voleva rispondere, ma se l'avesse fatto, sarebbe tornata indietro.
E non voleva.
C'era troppa sofferenza dall'altra parte.
Un giorno, non la sentì più. Al suo posto, altre due, voci ovattate che le rimbombavano nella testa.
Erano vitali, ma distaccate. Si rispondevano l'un l'altra, ma non parlavano a lei. Incuriosita, si concentrò su di esse, cercando di capire cosa dicessero.
"Che assurdità. Non posso crederci che sia riuscito a convincerci".
"Sii paziente, Aizawa".
A...Aizawa?
"A me dispiace, Matsuda, ma secondo me non si sveglia più. Persino Ryuzaki ha perso le speranze".
Matsuda? ...Ryuzaki?
"Ma no,dai, non è così!"
"Ah, no? E allora perché non si fa più vedere?"
"E' solo triste. Dai, pensa che lui è stato qui, da solo, per cinque giorni di fila. Noi due siamo qui da meno di un'ora, e già a vederla sempre in quello stato mi viene la depressione".
Di chi parlano?
"Si, ma non può scaricare a noi questa cosa. Io sono un poliziotto, non un assistente sanitario".
"Ma lui deve pur occuparsi del caso Kira. Ha continuato ad uccidere come un dannato, nonostante abbiamo tenuto sott'occhio Light ventiquattr'ore su ventiquattro".
"Chissà perchè, non forse perchè Light non è Kira? Senti, Ryuzaki è un fissato, credi a me".
"Però lui sostiene che Kira si trovasse nell'università quel giorno".
"Eh già, ma l'unica testimone dei fatti è in coma da una settimana e probabilmente non si sveglierà più".
Stanno parlando... di me?
"Spero proprio di no! Ryuzaki ha bisogno di lei per scoprire chi è Kira".
L ha bisogno di me?
"Non lo so, Matsuda...".
Tirò un forte respiro.
L... Ryuzaki... Kira...
Misa... Ryuk... Il Death Note...
Ogre... Ichigo... Brook...
Matsuda... Aizawa... Yagami... Watari...
Il sequestro...
Misa...
Ichigo...
L...
Mille volti, mille immagini si sovrapposero nella sua mente, fino a svanire in un lampo di luce bianca.
Soffocando un grido, Sayo spalancò gli occhi e scattò a sedere, ansimando.
Aizawa e Matsuda si voltarono verso di lei, scioccati. Si guardarono in faccia, prima di gridare contemporaneamente:
"SI E' SVEGLIATA!"
"Dio mio!"
"Bisogna chiamare il sovrintendente! E Ryuzaki!"
"Aizawa! Chiama Ryuzaki!"
"No Matsuda, fallo tu, io chiamo il sovrintendente!"
Matsuda afferrò un interfono, digitando velocemente un numero, mentre Aizawa tirava fuori il suo cellulare.
Sayo li osservò entrambi, senza capire. Si guardò intorno: niente più vuoto. Si trovava in una stanza dalle pareti chiare, illuminata dolcemente dal sole che filtrava attraverso le tende chiare di una grande finestra. Era su un letto, ed aveva addosso solo un lungo camice bianco e anonimo. Aveva un ago infilato nel braccio, e quando provò a toccarsi il viso, scoprì che c'era una maschera d'ossigeno sulla sua bocca. Se la tolse con un gesto spaventato. Che stava succedendo?
Chi erano quelle persone?
E soprattutto... chi era lei?


*****

(*) Se Jun ed i suoi amici, dopo un anno di corsi, ancora si perdono per i corridoi nella minuscola università di provincia che frequentano, immaginate cosa può succedere nell'Università di Tokyo ad uno che non ci è mai stato. XD

Direi in anteprima il titolo del prossimo capitolo, ma non l'ho ancora deciso. Il titolo provvisorio è 'Misteri'.

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Capitolo 10
*** IX ~ Fastidio ***


Mondo degli Shinigami

Piece IX ~ Fastidio


Il sovrintendente Yagami posò su una scrivania le carte che reggeva in mano e lanciò un'occhiata stupefatta in giro: ancora non credeva di trovarsi in quel posto.
Una stanza gigantesca dalle pareti metalliche, ben illuminata da potenti luci artificiali e con un intero lato occupato solo da decine e decine di schermi a cristalli liquidi, su cui giravano ogni secondo miliardi di informazioni dettagliate e riservatissime. Al centro della parete, troneggiava uno schermo alto più di due metri. Sembrava la torre di controllo di uno space shuttle, invece era 'semplicemente' una stanza al piano terra dell'ipertecnologico grattacielo che L aveva fatto appositamente costruire per investigare su Kira.
Si erano trasferiti lì da poco meno di una settimana: per esattezza, la sera stessa dell'incidente all'università.
Yagami fissò la sua attenzione sul ragazzo che stava seduto in modo strano su una delle sedie di metallo, davanti ad un portatile: com'era possibile che una sola persona potesse tutto questo?
Mentre Mogi, seduto al suo fianco, continuava a lavorare, lui si alzò e si direzionò verso la postazione di L, accanto a cui era seduto Light. Inaspettatamente, L gli aveva chiesto di partecipare alle indagini su Kira, e lui aveva accettato di buon grado. Il sovrintendente era però tutt'altro che soddisfatto della decisione di suo figlio: non riusciva ancora a passare sopra al fatto che, per aiutare L, fosse rimasto ferito durante una sparatoria.
Yagami era a due metri dalle spalle dei ragazzi, che discutevano fra loro su chissà che cosa, quando sentì L esclamare: "Hai ragione Light, è davvero incredibile!".
Il ragazzo, forse in risposta, sbuffò. "In realtà, la cosa più incredibile è che tu sia uscito da tutta questa storia del sequestro senza neanche un graffio." Si guardò la grossa fasciatura che aveva sul braccio sinistro.
L lo studiò con sguardo penetrante: "Sai Light, da come lo dici, sembra che la cosa ti dia un grande dolore".
Prima che lui potesse ribattere, Yagami gli poggiò una mano sulla spalla: "Ryuzaki... mio figlio stava scherzando," disse corrucciato al detective.
Light assunse un'aria abbattuta: "Lascia stare, papà. Lui... è convinto che io sia Kira".
"Ancora convinto?" Yagami si alterò. "Ma Ryuzaki, mio figlio, pur di aiutarti, è stato ferito gravemente!"
L, per tutta risposta, si infilò in bocca un dolcetto al cioccolato. "Signor Yagami, sa meglio di me che un buco nel braccio non può essere chiamato ferita grave," ribatté. "E poi ti toglieranno le fasciature domani, giusto, Light?"
"Hai persino voluto vedere il video registrato dalla telecamera di sorveglianza del laboratorio, dato che dubitavi delle parole di Light. Non ti sei ancora convinto?" insistette Yagami.
"No," ammise piatto L, ingoiando il boccone. Raccolse dal vassoio che aveva accanto a lui un altro dolce e lo guardò intensamente.
Light sapeva che, in quel momento, L stava rievocando nella sua mente ciò che aveva visto nel video registrato nel laboratorio: Light entrava nella stanza e si guardava intorno, quando all'improvviso veniva raggiunto da uno dei complici del sequestratore, lo stesso uomo calvo che aveva tentato più volte di ucciderli. L'uomo estraeva un pistola e sparava a più riprese contro di lui. Al secondo sparo, Light veniva colpito al braccio sinistro, e cadeva a terra, perdendo i sensi. Al terzo sparo uno dei proiettili, forse rimbalzato contro un macchinario, tornava indietro e colpiva l'uomo, che si accasciava a sua volta a terra, agonizzante.
Questa sequenza breve ma elettrizzante scagionava Light da ogni possibile accusa di essere Kira, un complice, o addirittura l'organizzatore del sequestro. Light, come il copione di un film, l'aveva scritta sul frammento del Death Note che aveva nel portafogli, per usarla come alibi nel caso in cui L fosse sopravvissuto:

"Keiichi Hime, raggiunge un ostaggio fuggito nel laboratorio di elettrofisica al 4^ piano. Spara e lo ferisce al braccio sinistro, ma uno dei proiettili torna indietro, ferendolo a morte".

L'unica cosa non prevista era stata che uno dei proiettili sparati aveva urtato contro la centralina elettrica del laboratorio, causando un grave corto circuito che in poco tempo aveva fatto saltare tutte le luci dell'università. Ma per quanto lui non avesse mosso un dito per aiutarlo, L era riuscito comunque a cavarsela.
"Quest'uomo è davvero baciato dalla fortuna," pensò Light.
Un altro buco nel suo piano era stato che, nonostante tutto, L continuava a sospettare che lui fosse Kira.
Ma neanche L poteva sospettare per sempre, soprattutto di fronte a prove così evidenti della sua innocenza: Light era un semplice studente coinvolto nel sequestro, che aveva tentato in ogni modo di aiutare il detective in difficoltà ed era stato ferito nel tentativo. Light Yagami era un eroe, credevano tutti gli agenti di polizia.
E presto se ne sarebbe convinto anche L.

"Ryuzaki," sbottò il sovrintendente, "questa situazione è per me insostenibile. Voglio sapere quanto sospetti di mio figlio".
"Le probabilità che Light Yagami sia Kira, dopo gli ultimi avvenimenti, sono scese al 2%. Ma capirà che, in assenza di altri sospetti, mi concentro su di lui," replicò L.
Balle, pensò però il detective. Le percentuali che sparava di tanto in tanto a chi gliele chiedeva erano casuali: lui non diceva mai ad alta voce una percentuale dell'1% se prima lui stesso non ne era convinto al 101%. Nè Light né suo padre potevano immaginare che la visione di quel video non aveva fatto altro che confermare i suoi dubbi sul fatto che Light fosse Kira: ogni qualvolta Light Yagami ostentava le prove della sua innocenza, L si limitava a ripensare che Kira può manipolare la morte delle persone.
Con questo, Light si era con tutta probabilità liberato dell'agente Penbar, che lo stava pedinando, e di Naomi Misora, che probabilmente lo aveva scoperto.
E se a questo univa il fatto che Kira, per uccidere, ha bisogno di un nome e di un volto...
E che solo lui e Light avevano sentito l'amico di quel tale Hime chiamarlo per nome...
L era sempre più convinto che il serial killer da lui tanto disperatamente cercato gli era seduto proprio accanto.
Chiedergli di partecipare alle indagini per tenerlo sotto controllo era stata una mossa astuta, ma molto azzardata. Sarebbe riuscito a giocare con il fuoco senza bruciarsi?

Il signor Yagami, alla risposta di L, parve sollevarsi da un grosso peso, peso che si attenuò ulteriormente quando vide che il detective stava offrendo uno dei suoi ipercalorici dolci a suo figlio: un gesto amichevole ed ammirevole, dato che, solitamente, ne era gelosissimo.
Light, nonostante odiasse tutto ciò che esiste di dolce a questo mondo, lo accettò per educazione.
Quando il giovane ebbe dato un paio di morsi, L gli sventolò a tradimento davanti agli occhi una foto appena raccolta dalla stampante:
"Ehi Light-kun, cosa ne pensi di questa?" gli chiese, reggendo fra le labbra un altro dolcetto.
Light prese in mano la foto: il tempo di visualizzare cosa ritraeva, ed i bocconi che a fatica aveva appena mandato giù gli risalirono in gola: non era mai stato debole di stomaco, ma stavolta riuscì a trattenersi dal vomitare tutto sulla scrivania giusto il tempo di afferrare un fazzoletto e portarselo contro la bocca.
L lo guardò incuriosito, quindi, reggendola fra il pollice e l'indice, girò la foto verso di lui. "Light-kun, non ti facevo così impressionabile," commentò, mentre ingoiava con indifferenza il suo dolce.
Il castano, asciugandosi le labbra con un un altro fazzoletto dopo aver gettato via il primo, si chiese furente se L l'avesse fatto apposta.
"Allora, che ne pensi di questa foto?" insistette lui.
Light sospirò, strappandogliela di mano e fissandola con attenzione, reprimendo un altro istintivo conato di vomito: "Che cosa vuoi che debba pensare? Sembra che quest'uomo sia stato investito da un camion".
L annuì, incerto. "...si, ma solo dopo che il suo cadavere fatto a pezzi sia stato calpestato da un branco di bisonti," soggiunse.
Yagami, ancora in piedi alle spalle dei due giovani, era anch'egli nauseato da quella foto: il corpo senza vita che ritraeva era così irriconoscibile e martoriato da fare senso al più freddo medico legale del mondo. Il poliziotto non sapeva se fosse più disgustosa la vista degli organi interni sparsi a terra, quella della faccia completamente spaccata e coperta di materia cerebrale, o quella degli arti dell'uomo, piegati in modo da formare impressionanti angoli innaturali.
"E' un'altra vittima di Kira?" chiese a L.
"Forse," rispose lui enigmatico. Si infilò in bocca un ennesimo dolce, continuando a fissare la foto: "Mi chiedo con che arma possano essere state inferte queste ferite," pensò ad alta voce.
"Ed io come tu possa mangiare in un momento del genere," sbottò Light.
"E' davvero terribile," ammise Yagami. "Chi può aver fatto una cosa del genere?"
"Qualcuno che mi è stato a due passi, dato che questo è il corpo di John Brook, l'americano che ha organizzato il sequestro all'università," disse L con un'indifferenza da cui però traspariva preoccupazione.
Light e suo padre lo guardarono sconvolti: che cosa significava?
L non si curò della reazione dei due ma chiuse gli occhi, ripensando a ciò che era accaduto quel giorno di una settimana fa: l'ultima cosa che ricordava era che Ichigo era scoppiata in lacrime davanti a lui, senza motivo apparente, e che lui aveva cercato di riportarla alla ragione. Lei ne aveva approfittato per baciarlo, e poi... Poi, ricordava di aver sentito le forze abbandonarlo, come se qualcosa le avesse risucchiate di colpo ed avesse spento la luce.
Gli agenti di polizia che li avevano raggiunti gli avevano successivamente riferito di aver ritrovato lui e la ragazza svenuti a terra a pochi metri l'uno dall'altro e, accanto a loro, i resti inquietanti di quel cadavere, che la scientifica gli aveva appena comunicato essere del sequestratore.
L, sinceramente, aveva creduto che quel tipo fosse scappato, invece pareva che li avesse seguiti. Ma lui non ricordava di aver visto nessuno, prima di svenire. Da lì sorgeva il dubbio: perchè aveva perso conoscenza così all'improvviso? Qualcuno lo aveva colpito a tradimento, poi aveva colpito Ichigo, ed infine aveva ucciso Brook? O forse era stato lo stesso Brook a colpirli entrambi, prima di essere ucciso? Ma, in ogni caso, chi diavolo era stato ad ucciderlo? Ichigo lo aveva visto in faccia? E - chiunque fosse stato - perchè non aveva riservato a loro due lo stesso trattamento?
L non riusciva a darsi una risposta a queste domande.
Era ancora fermo con la foto sotto gli occhi, quando il telefono dalla parte di Light iniziò a trillare. Quest'ultimo allungò la mano per prendere la cornetta, ma L fu più veloce.
"Ehi!" esclamò Light, tirandosi velocemente indietro con la sua sedia per evitare che il detective lo travolgesse con il suo slancio.
L afferrò il telefono, agitato come se da quella telefonata dipendesse la sua vita: "Matsuda-san, che succede?" domandò.
"Ryuzaki, si è ripresa!" strillò il giovane dall'altro capo del telefono.
L trattenne il fiato: "Arrivo subito!" disse, e lanciò la cornetta a Light, che lo guardò malissimo.
"Pare che fra poco i nostri dubbi saranno chiariti," spiegò il detective, infilandosi velocemente le sue scarpe da ginnastica. "Ichigo si è svegliata, vado a parlarle".
"Quanta fretta, ci tieni così tanto a quella ragazza?" osservò con pacata irritazione Light, rimettendo a posto ciò che restava del telefono.
"No, ma è l' l'unica che può darci delle spiegazioni," fu la risposta pronta di L prima di allontanarsi su per le scale.
In effetti era così: da come si erano messe le cose, quella ragazza era l'unica che poteva aiutarlo a dare una svolta alle indagini. Anche se L non poteva nascondere di provare un certo sollievo già solo per il fatto che si fosse ripresa: mentre lui, sei giorni prima, si era risvegliato non appena il poliziotto che li aveva trovati lo aveva scosso per le spalle, lei non aveva più riacquistato conoscenza. Era come se lo shock l'avesse fatta cadere in una sorta di trance: era in perfetta salute, però non era più in sé. L'avevano portata al quartier generale, in una stanza dell'infermeria, in cui ogni giorno un medico diverso, fra i migliori che L conoscesse, era venuto a visitarla, ma nessuno era riuscito a fare nulla.
La ragazza stava lì, con gli occhi fissi verso il muro che aveva davanti, ma tentare di comunicare con lei era come parlare ad un vegetale. Si trovava in un altro mondo. I medici dicevano che non esisteva un modo per farla tornare normale: dipendeva solo dalla sua volontà. A quella risposta, L aveva creduto che non ci fossero speranze, dato che l'aveva vista così fragile. Però, su loro consiglio, a costo di tralasciare le indagini su Kira, aveva passato ogni giorno molte ore in quella stanza con lei per parlarle e convincerla a tornare. Ma, nonostante avesse tentato a più riprese, ogni volta con argomenti e toni diversi, alla fine di ogni giornata non aveva ottenuto altro che una deprimente sensazione di rabbia ed impotenza.
Quella mattina, quei sentimenti gli erano diventati così forti insopportabili che aveva deciso di non tornare mai più da lei, ed aveva chiesto a Matsuda e Aizawa di starle vicino e di avvertirlo immediatamente in caso fosse successo qualcosa.
Non pensava che lo avrebbero chiamato così presto. Si sentì quasi in colpa per averla abbandonata proprio ad un passo dal suo risveglio.
Raggiunse velocemente l'entrata dell'infermeria: nella piccola sala d'attesa all'ingresso trovò due agitati Matsuda e Aizawa che parlavano fra loro, sconvolti.
Gli si fermò davanti, le mani nelle tasche. "Che succede? Perchè siete qui fuori?" gli chiese.
Matsuda si strofinò una mano dietro la testa per nascondere l'imbarazzo: "Si, ecco...noi...noi non volevamo..." iniziò balbettando.
L parve innervosirsi: "L'avete spaventata?"
"No, no, no," si affrettò a rispondere Aizawa. "E' solo che..."
"L'hanno spaventata," si disse L, aggrottando la fronte. "Allora aspettatemi qui," ordinò ai due, avanzando verso la porta della stanza dove era ricoverata la ragazza.
"Un momento, Ryuzaki!" lo fermò Aizawa.
Il moro lo guardò interrogativo.
"Io e Matsuda crediamo che...abbia perso la memoria," concluse il poliziotto.
L strinse la maniglia, incredulo: "Cosa?"
Maledizione, non ci voleva.
Entrò nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Nonostante tutto, non poté trattenersi dal provare una certa tenerezza quando vide la ragazza seduta sul letto che si abbracciava le ginocchia, guardando fuori dalla finestra: stava bene.
Quando si accorse della sua presenza, lei si voltò nella sua direzione: incrociarono gli occhi per qualche secondo.
"Ehi, come va?" le chiese lui in tono cauto, rompendo infine il silenzio.
Lei inclinò la testa da un lato, guardandolo come si potrebbe guardare un ladro che si è introdotto nel proprio appartamento. "Potrebbe andare meglio. Dove sono?"
"In un'infermeria," rispose lui vago, avanzando nella stanza. "Ichigo, ti devo chiedere delle cose," cominciò poi.
La ragazza inarcò le sopracciglia. "Ichigo?" ripeté.
L si accovacciò su una sedia, al suo solito modo. "Non...ricordi come ti chiami?" le chiese, guardandola fisso.
"Ma certo che si!" fu la risposta orgogliosa dell'altra. "Io sono...sono...".
"A me risulta che ti chiami Furude Ichigo, hai vent'anni e vivi in un appartamento qui a Tokyo, sola," spiegò il detective.
Lei sorrise ironica: "Ah, si? E tu come lo sai? Sei un mio parente? O un mio...'amico'?"
L si irrigidì: quella non era più la ragazza che conosceva. Ma forse era solo sconvolta: era comprensibile, dopo l'esperienza che aveva vissuto. In situazioni del genere, gli consigliò il suo buonsenso, bisognava solo avere pazienza.
"Non ti ricordi di me?" le chiese, con curiosità mista a delusione.
"No".
"Sicura?"
Lei lo guardò, e dovette ammettere che, in fondo, quello strano ragazzo le era familiare: "No".
"Che cosa sai di me?"
"Che ti chiami L".
L si portò il dito sul labbro inferiore, alzando lo sguardo verso il soffitto bianco: "Perfetto. In pratica ricordi l'unica cosa che avresti dovuto dimenticare," osservò a bassa voce. Riportò la sua attenzione su di lei: "Guarda che ti sbagli, io non sono L".
La ragazza strinse i pugni sulle lenzuola: "Tu sei L Lawliet," disse imperterrita.
Ma come...
"Ti sbagli, io..."
"BUGIARDO!" gridò d'istinto Sayo.
Perchè quel tipo le mentiva così, se lei poteva leggere distintamente il suo nome? Forse lui non sapeva che lei poteva farlo?
L, gli occhi sbarrati, poggiò le mani sulle ginocchia. Poiché non riusciva a sostenere lo sguardo furente della ragazza, si girò verso la finestra, ma senza guardare in realtà il bel panorama esterno, illuminato dal sole del mattino.
"Si, hai ragione, io sono L. Ma tu chiamami Ryuzaki, per favore," mormorò.
Fu sorpreso nel sentire la ragazza scoppiare in una risata. Si voltò verso di lei che, una mano davanti alla bocca, continuava a ridere di cuore.
"Scusa, ma più che un drago, seduto a quel modo mi sembri un bradipo" (*) ammise.
"E' un'offesa?". L decise di ignorare quell'osservazione. A lui piaceva quel soprannome. "Chiamami come vuoi, ti chiedo solo di non dire a nessuno il mio vero nome. Posso fidarmi?"
La ragazza annuì, asciugandosi una lacrima per il troppo ridere.
L sospirò: poteva fidarsi sul serio?
"Ehi, Ryuzaki!" gli chiese lei dopo un po', con ancora un lampo divertito sul volto: "Scusa la domanda, ma vedi qualcosa sopra la mia testa?"
L la guardò come se fosse un pazzo fuggito dal manicomio: "Cosa dovrei vedere?"
La ragazza si alzò dal letto per andarsi a specchiare, per quanto possibile, nei vetri della finestra: l'aura rossa sul suo capo recitava a grosse lettere scarlatte il nome 'Sayo'.
"Ichigo, cosa dovrei vedere?" ripeté L, quasi con preoccupazione.
Sayo realizzò in quel momento che lui non poteva vedere le aure. Neanche le due persone che c'erano prima, a quanto pareva, ne erano in grado, dato che non sapevano come chiamarla. Perdipiù, L le aveva chiesto di non dire a nessuno il suo vero nome. Pareva proprio che questo dono fosse solo suo.
Esaminò quella di L: il colore predominante era una luce blu intenso. Qualcosa le diceva che quel ragazzo era un illuminato: onesto, sensibile, creativo, spirituale, intelligente. Ma, interpretando i numeri scritti sotto il suo nome capì, non sapeva perché, che sarebbe morto di lì a poco.
Provò una certa tristezza.
"Nulla, non era nulla," disse, tornando a sedersi sul letto.
"Ichigo..."
"Non chiamarmi così! Questo nome strano mi dà fastidio. Io sono Sayo".
"E questo da dove esce fuori?" pensò L. Quella ragazza aveva la capacità unica di farlo andare in confusione. Lui, che aveva un quoziente intellettivo pari a 197. Prese un breve respiro per calmarsi. "Scusami, Sayo. Ricordi perchè sei finita qui?"
Lei scosse la testa.
"Sforzati, per favore," insistette lui.
Sayo ci rifletté su per qualche secondo. "Un quaderno..." mormorò alla fine. "Io sono qui perchè...ho perso un quaderno...".
Una lucina si accese nella mente di L: "Un quaderno? Che significa?"
"Uhm..."
"Ich...Sayo, non ricordi altro?"
"No..."
L si alzò in piedi: "Non ricordi proprio nulla? Neanche del sequestro..."
"Basta, smettila!" gridò Sayo, le mani alle tempie.
"Non lo faccio perché mi diverte," rispose secco L . "E' importante!"
Sayo stava davvero perdendo la pazienza. "Senti, se ricordassi qualcosa, te lo direi, davvero!" esclamò. Incrociò le braccia e si girò dall'altra parte, dandogli le spalle. "Ora scusami ma vorrei riposare, quindi per favore vattene".
"Non voglio insistere, ma ti ripeto, è importante che tu ricordi! Io..."
Sayo si girò di scatto verso di lui: "Tu mi dai fastidio!" scandì, seccata.
L si sentì come se qualcuno gli avesse appena sparato in pieno petto. Con un gesto istintivo, spinse via la sedia su cui teneva poggiata la mano: "Perfetto," concluse. "Perfetto. Buon riposo allora," disse, prima di uscire dalla stanza. Richiuse dietro di sé la porta.
Si rimise le mani in tasca, chinando un poco la schiena.
"'Tu mi dai fastidio!' Ma sentitela! Dopo tutto quello che ho fatto per lei!".
Fuori dall'infermeria, Matsuda ed Aizawa gli vennero incontro: "Ryuzaki, come..".
Lui non smise di camminare verso l'uscita: "Vuole riposare," rispose brevemente agli agenti.
"Eh?" Matsuda lo seguì trotterellando. "Ma Ryuzaki..."
"Non la disturbate".
"Ryuzaki!"
"Torno di sotto".
Aizawa si fermò davanti alla soglia dell'infermeria, osservando il detective scendere le scale con un diavolo per capello: "Io avevo cercato di avvertirlo," pensò.


**********


Light smanettava con poca voglia davanti al suo portatile. Dopo che L si era allontanato, suo padre era tornato al suo posto di lavoro alla scrivania dall'altra parte della stanza, lasciandolo solo. Era normale: quel povero vecchio non sospettava minimamente chi fosse in realtà. Guardò l'orologio: erano già dieci minuti che L era via. Doveva preoccuparsi?
Da come gliene aveva parlato, pareva che la ragazza a cui teneva tanto avesse uno stretto legame con Kira, o meglio, con il secondo Kira. Ed L era convinto che, se fossero riusciti a provare la sua esistenza e a trovarlo, avrebbero potuto usarlo per arrivare anche al Kira originale. Lui.
Nonostante Light fosse convinto che quella ragazza non potesse essere di minimo aiuto ad L, l'avrebbe uccisa volentieri per sicurezza, magari per una complicazione del coma; ma tutti i dannati medici con cui L aveva parlato continuavano a ripetere che lei non era in pericolo di vita.
Morale della favola: se Light l'avesse uccisa, L si sarebbe insospettito.
Non restava che aspettare il momento adatto.
Light aveva appena finito di digitare la password per disattivare il suo screensaver, quando un frammento di carta gli si posò, svolazzando, sul braccio.
Incuriosito, lo prese fra le mani per guardarlo, ed un istante dopo sentì la testa pulsargli per il terrore e la sorpresa: un orrendo Shinigami era comparso davanti a lui. Light si tirò indietro e represse a stento un grido di paura; lanciò una rapida occhiata agli agenti di polizia, troppo distanti per notare quel suo movimento improvviso.
Fingendo di tornare a guardare lo schermo del computer, si rivolse a bassa voce allo shinigami, un essere altissimo e pallido: "Tu sei lo shinigami del secondo Kira?" gli chiese.
"Io sono Rem," fu la risposta irata di quello. "Il secondo Kira ti manda la pagina del Death Note che ha scritto una settimana fa, come prova della sua fedeltà a te".
"Ma davvero?" Light aprì il frammento di carta che aveva toccato: con una scrittura chiaramente femminile, tonda e graziosa, recava la frase:

John Brook. 10/09/06, ore 13.00. Suicidio. Convince i suoi complici a prendere in ostaggio gli studenti dell'università Todai in cambio di L, affermando che li ucciderà tutti. Come prova, uccide il rettore dell'università. Minaccia di morte Amane Misa, portandola in una stanza isolata. Quando L si fa vivo, spara ai suoi complici e lo porta da lei. Infine, si spara alla testa.

Seguivano, sul retro del foglietto, i nomi dei complici e quindi quello del rettore, morti per ferita da arma da fuoco sparata da Brook.
Quindi, era stata Amane Misa ad organizzare quel casino. Ingegnosa, ma troppo ingenua ed impulsiva per i suoi gusti.
"Perchè Misa mi cerca? Come puoi vedere, il secondo Kira mi ha portato solo guai. Non voglio avere nulla a che fare con lui," sbottò.
"Per quanto io sia contraria, Misa vuole solo aiutarti nella tua missione," spiegò Rem. "So che vorresti conoscerla, e che hai bisogno di lei per raggiungere i tuoi scopi. Non mentirmi".
Light strinse gli occhi: quello shinigami era molto perspicace.
"Hai ragione, ma ora sono tenuto sotto sorveglianza, e non posso fare nulla. Vai via, Rem, L potrebbe tornare da un momento all'altro. Dici al secondo Kira che appena possibile lo contatterò io".
"Io non sono ai tuoi ordini, umano, e non me ne andrò finchè non mi avrai dato anche tu un pezzo del tuo Death Note da portare a Misa, per permetterle di vedere lo shinigami Ryuk".
"Perché, non si fida di me?"
"Io non mi fido di te".
Light, seccato, porse a Rem l'ultimo frammento che aveva nel portafogli, chiedendosi se avrebbe fatto meglio ad uccidere Misa.
"Ecco ciò che Misa mi ha detto di darti a questo punto". Rem gli porse un altro foglio. "Aspetto una tua risposta".
Light aprì e lesse quel secondo foglio: era un normale pezzo di carta, anche se vagamente profumato. Diceva:

Grazie per la tua fiducia, Kira! Sappi che Misa ha intenzione di aiutarti con tutta sé stessa! Sono in debito con te, perchè hai vendicato la morte dei miei genitori uccidendo il loro assassino. Te ne sarò grata per tutta la vita.
Per quanto riguarda il sequestro, come avrai capito avevo organizzato io tutto questo, ma solo per te. Speravo che sarebbe servito per avvicinarmi ad L. Misa ha fallito, ma tu sei riuscito ad entrare in contatto con lui. Spero che tu stia bene. Sappi che anche io ho un Death Note, e come te lo uso per uccidere solo le persone cattive. Ho ucciso il rettore perché mi aveva affidato quell'incarico solo in cambio di non ti dico quali schifezze che gli avrei dovuto fare. E quei criminali, ho usato loro perchè avevo notato al telegiornale di quella mattina che tu non li avevi ancora uccisi. Però posso aiutarti ad uccidere L. Io ho gli occhi, posso farlo per te. Fai finta che io sia la tua ragazza. Accetta il mio aiuto. Misa farà di tutto per vederti.

Lette queste righe, Light fece appena in tempo a nasconderle nella tasca prima che L comparisse alle sue spalle. Fortunatamente, il detective sembrava così preso dai suoi pensieri da non averlo notato.
"Allora...com'è andata?" gli chiese Light in tono vivace, cercando di ignorare l'inquietante presenza dello shinigami che L, inconsapevolmente, aveva appena attraversato.
"Male," buttò lì lui, mettendosi a sedere con aria nervosa e depressa. "Non ricorda nulla," precisò poi.
Gli occhi di Light, notò L, a quella risposta emisero un brillio divertito. Ma forse era una sua impressione: in quel momento, vedeva tutto nero.
"Proprio nulla?" chiese Light.
"Tabula rasa," recitò L. Aveva deciso di non dire a nessuno che Ichig...cioé, Sayo, ricordava solo il suo nome, perdipiù quello vero.
Come avesse fatto a scoprirlo, era e restava un mistero.
L prese dal vassoio gli ultimi due dolcetti con entrambe le mani, e fu a quel punto che Rem si pose davanti a Light. "Light Yagami, qual è la tua risposta a Misa?" domandò.
Lui parve esitare un momento. "Va bene," rispose infine a mezza voce.
"Cosa hai detto?" chiese L, voltandosi verso di lui.
"Allora ci rivedremo presto," disse Rem con voce pesante. "Ma ti avverto, se succederà qualcosa a Misa, io scriverò il tuo nome sul mio Death Note, e ti ucciderò". Si allontanò verso la parete più vicina, per poi passarvi attraverso come un fantasma e svanire.
"Ci mancava solo questa," pensò Light.
"Light-kun...?"
"Scusami, Ryuzaki, intendevo dire... va tutto bene, sarà una questione di tempo, ho letto che in casi del genere di solito la memoria torna dopo qualche giorno di riposo".
"Ah". L si leccò le dita, facendo una smorfia annoiata. "Lo spero". Premette qualche tasto, facendo comparire una cartella con alcuni file. Ne aprì uno.
Light gli fu subito accanto. "Cerchi ancora informazioni su di lei?"
"Magari c'è qualcuno che può aiutarla. A parte un manicomio, intendo".
L sfogliò rapidamente le informazioni che aveva già letto e riletto: Ichigo Furude, all'età di 10 anni, era stata data in affidamento ai suoi zii di Tokyo dopo la morte per incidente dei suoi genitori. Aveva frequentato le scuole medie ed il liceo più vicini, conclusi entrambi con ottimi voti. Per più anni aveva prestato volontariato e fatto parte di un'associazione umanitaria. Dopo il liceo, non risultava iscritta a nessuna università. C'era però una sua denuncia archiviata in commissariato: appena maggiorenne, aveva denunciato il suo padre adottivo per violenze e maltrattamenti - a suo avviso protratti per diversi anni - su sua moglie e su di lei, ma la polizia aveva presto archiviato il caso. Un mese dopo la denuncia, lei aveva abbandonato la sua casa e preso in affitto un piccolo appartamento in un altro quartiere. Lavorava come commessa in due negozi e la sera era barista.
"Forse lavorava così tanto per risparmiare soldi per l'università," commentò Light.
"Già." L chiuse la cartella. Non voleva far leggere a Light la parte più interessante delle sue ricerche.
Dalle sue indagini, risultava che poco meno di due settimane prima il padre adottivo di Ichigo era comparso al telegiornale come principale sospettato dell'omicidio di sua moglie. Poco prima di essere giustiziato da Kira, aveva confessato di aver ucciso sia sua moglie che Ichigo.
Ed in effetti, sull'arma del delitto ritrovata c'era il sangue della ragazza, di cui si erano trovate grosse tracce nelle vicinanze del suo appartamento. Ma nessuno aveva mai ritrovato il corpo.
Che cosa significava? Che quella ragazza era in realtà un fantasma?
"Mi sembra una brava persona, direi un angelo. Non sembra legata a Kira o al secondo Kira. Sospetti che lo sia?".
"Non lo so," disse L, frustrato.
Watari gli portò un vassoio con del té ed alcune paste alle mandorle. L ne prese una, incerto.
Quello che stava pensando andava contro tutte le sue convinzioni razionali, ma c'erano troppe cose che non quadravano in quella storia. Ichigo o Sayo, o chiunque fosse, era una persona normalissima, ma conosceva la sua identità. Era a conoscenza di cose importanti sul suo conto quando invece non avrebbe dovuto. E poi, aveva convinto tutti di essere L. Aveva evitato la morte di chissà quante persone, ed aveva salvato la vita a lui. Perdipiù, pareva essere tornata in vita due volte, di cui una proprio davanti ai suoi occhi. Lo aveva protetto da Brook e dal suo assassino. O forse, era stata lei stessa ad ucciderlo, utilizzando i suoi poteri.
Perché L, nonostante non avesse mai creduto a cose del genere, si ritrovò a considerare la possibilità che Ichigo fosse un esper, una persona dotata di poteri paranormali.
O forse, come diceva Light, era un davvero angelo, che lo stava proteggendo dalla morte che lui stesso presagiva da quando aveva iniziato a lavorare sul caso Kira.
O, più semplicemente, lui era impazzito.
Kira, morti paranormali, manipolazioni pre-morte, resurrezioni, Shinigami, esper, angeli... dannazione, lui era un detective, non un investigatore dell'ECSO!
L aveva sperato che, quando lei si fosse svegliata, avrebbe potuto spiegargli tutto, mantenendo la sua promessa. Quando si erano conosciuti, era sembrata così bendisposta nei suoi confronti! Ora che però gli serviva, lei aveva dimenticato tutto. Un tempismo perfetto.
"Ha detto che le dò fastidio," confessò a Light, mangiando il candito sulla cima del dolce e posando il resto accanto alla tazza.
"Chi non lo direbbe?" commentò Kira. "L'avrai fatta arrabbiare," disse invece Light in tono consolante.
"Ma io non le ho detto nulla di male!" fu la risposta, quasi piagnucolosa, del detective.
Light scrollò le spalle: "A questo punto, lei potrebbe non dirti nulla per ripicca".
L si morse il dito: questa non sarebbe stata una buona cosa.
"Potresti presentarmela," continuò Light. "Magari potrei parlarle io. Le racconto con calma ciò che è successo, la sua vita, la aiuto a riacquistare la memoria e ad aiutarti con le investigazioni. Non voglio vantarmi, ma ho un certo successo con le ragazze".
L lo guardò: "Meglio di no," fu la risposta nervosa.
"Perché?" domandò Light, stupito.
"Perché no".
"Ryuzaki, continua così e penserò che tu sia geloso".
L si innervosì: cercava di provocarlo? Sorrise internamente: non si può essere gelosi di una persona che non si ama. "Light-kun, se ti trovassi di fronte ad un probabile Kira, che ti chiede di farti conoscere l'unico testimone ad un suo delitto, tu cosa faresti?"
Light alzò una mano (l'altra era semi-immobilizzata per via della fasciatura...) in segno di resa. "Ho capito, non voglio alimentare i tuoi sospetti su di me insistendo. Ma io non sono Kira, e prima o poi te lo proverò," disse in tono sincero e convincente .
"E quando avrò convinto te e chi ti sta intorno, ti ucciderò," concluse nel pensiero, sogghignando.


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(*) Ryuzaki in giapponese significa "Drago nascente".
Se non lo sapevate veneratemi, perchè ho perso due ore per scoprirlo, visitando ogni tipo di siti jap/eng . xD


To Anansy90:
Mia fedele commentatrice, auguri di tutto cuore per il tuo compleanno!!^o^; Non sapevo che lo fosse. Dai, con qualche giorno di ritardo, però ecco il nuovo capitolo! Forse ti ha deluso, perché la situazione è alquanto peggiorata, però... beh, se ho scritto nel rating che questa fanfic è "Romantica", il motivo c'è. ^.- Ichigo ricompare di tanto in tanto, ma solo nei ricordi o nelle ricerche di L, come puoi vedere. é.è;;; Ma, in fondo era lei un angelo, si è sacrificata per salvare la sua amica. >***<;

Questo è un capitolo abbastanza lungo ed incasinato quasi quanto l'amv che sto montando in questi giorni (e di cui poi naturalmente infilerò a tradimento un link anche qui xD). Mi spiace. @.@'
Ho fatto un calcolo orientativo, e mi sono resa conto che questa fanfic sarà più o meno di 15/20 capitoli. E' un bene? E' un male? Chissà. xD
Il prossimo capitolo, di cui per ora ho scritto solo mezza pagina, si intitola "Amore".
Alla prossima!^O^;

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Capitolo 11
*** X ~ Addio ***


Tornata!^o^; (Nooo, ndTutti)

@Anansy: Già, rispetto all'azione dei capitoli passati ora c'è un periodo di "calma", ma...durerà?xD Grazie per l'osservazione sulla "stonatura", mi chiedo se con questo capitolo sia riuscita a far evolvere la situazione allo stesso modo del precedente, senza passaggi troppo bruschi: Sayuccia non è più la stessa, ed L e la sua fissazione per Kira non aiutano. =.=' Mah, speriamo bene. Avrei aggiornato prima, ma ho avuto il computer fuori combattimento per una settimana. ç.ç; Ne ho approfittato per continuare un po' su carta il primo capitolo di Again and Again. ^^°
@Xenophilia: Ti ringrazio! non sai quanto sono felice nel leggere commenti come il tuo. =Q___ Scrivo per il puro piacere di farlo, ma sapere che i miei appunti fanno piacere a persone come te mi dà una gioia immensa!!çOç;; *commossa*
@DarkRose: Amora!!!! Quando ho visto le tue recensioni ci sono rimasta così: °_°;; --> *ò*;;; , non pensavo che ti avrei mai ritrovato qui, e che mi avresti lasciato commenti così positivi e lusinghieri!! Non so che dirti... grazie per aver letto e commentato tutta la fic, sei una persona fantastica, una scrittrice bravissima ed io farò del mio meglio per non deluderti!! >**<;;
@Shirahime88: Anansy ti amo!ç.ç;;; Shirahime, i tuoi commenti sono molto accurati e mi rendono felice: tengo molto al mio stile, mi è capitato spesso di cadere nello sconforto rendendomi conto da sola di non riuscire a scrivere bene T.T! Quindi ora è ok. ^___^;;; Sono felicissima soprattutto di averti sentito dire che riesco a rendere bene le personalità di L e Light, personaggi che ammiro moltissimo e che non vorrei mai rovinare con un OOC. (Anche se l'OOC più grande di questa fic è l'assenza di yaoi. xD). I miei amv?*.*;; Kyah, giusto ieri ho fatto questo su L, Mello e Light/Kira:
AMV - Death Note - Naraku no Note , con una canzone che mi spezza il cuore perché fa: "Ora dimentica il tuo futuro, perchè sarà di nuovo macchiato dal sangue. Quel vento tiepido che vortica a spirale ne è probabilmente un segno. / Fuggi! Fuggi da questo triste destino, tu non sei il fiore dell'inferno... non quel tipo di posto. / Non perderti! Non perderti, o non riuscirai a vedere la mano tesa che cerca di aiutarti! / Anche il pianto ha un limite, e volerà attraverso i frammenti del tempo. ". *ripensa agli episodi 25 e 35 e scoppia in lacrime T__T;; *

Nota: Dato che come al solito sono logorroica e non volevo rendere troppo lungo questo capitolo, ho rimandato la seconda parte al prossimo. Di conseguenza ho cambiato il titolo, che ora è:


Piece X ~ Addio

Nel tardo pomeriggio, L provò un'altra volta a parlarle con Sayo: l'esito non fu migliore del primo tentativo.
Tornato di sotto, stanco e con i nervi a fior di pelle, chiese a Watari di preparargli l'ennesimo doppio caffé: il pover'uomo, compresa la situazione, gli presentò davanti una tripla camomilla e lottò duramente per fargliela mandar giù fino all'ultima goccia.

L ritornò da Sayo il giorno dopo, ma con disappunto si rese conto che lei, pur di non vederlo, era capace di far finta di dormire anche per ore.

Al tentativo successivo, trovò la porta dell'infermeria bloccata dall'interno.

Un'altra volta, si dovette sentir dare del pervertito e fu costretto ad uscire di corsa dalla stanza perché era entrato proprio mentre lei si stava cambiando.

La mattina seguente, L scoprì con orrore che la ragazza era non si sa come scappata: nel panico, l'avevano cercata per ore in tutto il grattacielo. Alla fine, dopo aver avuto un'illuminazione, L aveva raggiunto la terrazza sul tetto e cinque minuti dopo ne era ridisceso trascinando per un braccio Sayo: per tutto il tragitto dal ventritreesimo al primo piano, lui non disse una parola e lei gli gridò contro tutti i tipi di offese che conosceva mentre lo prendeva inutilmente a pugni.
Come conseguenza, una decina di telecamere nascoste furono installate nell'infermeria.

Avrebbe potuto sbatterla in una delle celle nel piano interrato e gettare via la chiave.
Avrebbe potuto farla torturare da Watari finché non avesse rivelato la verità.
Avrebbe potuto strangolarla con le sue mani e finire lì la storia.
Invece, un'ora dopo, L era di nuovo in infermeria per cercare di parlarle.
Davanti alla porta esitò, massaggiandosi le tempie.
"Che diavolo ho fatto per meritarmi tutto questo?"
Questa volta, si decise, sarebbe stata l'ultima. Pur di convincerla ad aiutarlo, se necessario, avrebbe giocato la sua ultima carta, quella che aveva cercato di evitare a tutti i costi.
Non avrebbe mai voluto usarla ma, a questo punto, non c'era altra scelta.
Strinse forte la maniglia della porta e, determinato, varcò la soglia della stanza.
"Ehi, Say—Ah!"
L non aveva fatto un passo che incespicò su qualcosa e cadde malamente a terra, sul duro pavimento piastrellato. Si voltò indietro, verso l’entrata: "Una prolunga?" realizzò, scorgendo il sottile cavo bianco steso a pochi centimetri da terra. La risata forte ed irritante che sentì riecheggiare nella stanza subito dopo gli diede la conferma di ciò che aveva appena immaginato.
"Così impari ad entrare senza bussare, maniaco!"
Sayo, seduta come al solito sul suo letto, con una mano davanti alla bocca rideva sadicamente, soddisfatta che la sua trappola fosse riuscita così bene.
L, ancora a terra, non si arrabbiò ulteriormente per quest'ultimo tiro: dopo tutto il nervosismo provato nei giorni passati, si sentiva spossato e frustrato da quell’assurda situazione.
E poi, ragionò, non solo perdere la calma non era mai stato nel suo carattere, ma lo avesse fatto adesso avrebbe soltanto peggiorato le cose.
"Immagino che anche se avessi bussato, non me l'avresti detto," si limitò ad osservare atono, rimettendosi in piedi avendo cura di spostare i resti del cavo che gli era rimasto impigliato fra le gambe.
"Esattamente," replicò l'altra sorridendo.
"Sayo," sospirò L, "che cosa devo fare con te?"
"Lasciarmi in pace mi sembra una buona idea," disse lei, impaziente di vederlo andar via.
"Ti sono così antipatico?" le chiese lui, le mani nelle tasche, strofinandosi il piede destro sul polpaccio sinistro.
Sayo annuì con calore.
La spontaneità di quel gesto fece spezzare qualcosa dentro l'animo del detective: la odiava, quella ragazza, con tutto il cuore.
Rimise il piede a terra: ”E allora stai a vedere, adesso!”. In un attimo, L raggiunse il letto e vi si sedette sopra, proprio di fronte a lei.
Sayo, interdetta, fece per allontanarsi, ma lui glielo impedì afferrandole le spalle e attirandola a sé in un abbraccio precipitoso da cui lei si staccò subito con un gesto spaventato.
”Sayo,” le disse lui senza lasciarle le spalle, guardandola con un’espressione grave. “Hai ragione a pensarla così. Mi sono comportato malissimo con te, ma c'è una cosa che non ti ho detto”.
La ragazza, seppur infastidita ed imbarazzata da quella situazione, mantenne la calma ed assunse un’aria sospettosa: ”Sarebbe..?”
L abbassò lo sguardo. ”Speravo che te ne saresti ricordata da sola; non volevo sforzarti, anche se non poterti parlare mi ha fatto soffrire molto, credimi”.
Sayo non rispose, bensì aggrottò la fronte: quel tipo stava forse cercando di farla sentire in colpa?
L, dopo qualche secondo di silenzio, prese un forte respiro e strinse poco di più la presa su di lei. Tornò a guardarla negli occhi: "Vedi, noi due stavamo insieme," le confessò.
Lo sguardo della ragazza divenne vitreo. ”Cosa?” sibilò. "Noi due...insieme?" ripeté poi, incredula.
”Si,” mentì L con voce bassa, socchiudendo gli occhi. “Io…Io ti amo”.
Lei non ebbe nessuna reazione visibile, ma lui le sentì il cuore sobbalzare nel petto. Erano davvero troppo vicini, e lui la strinse di nuovo a sé, stavolta con molta più dolcezza. Lei non solo non strillò o iniziò a prenderlo a pugni, ma lo lasciò fare, e a quel punto L si rincuorò: in fondo, era sempre stato bravo a mentire. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così difficile dire quelle parole, ma a parte questo quella messinscena non era così impegnativa come aveva creduto: le ragazze come Sayo sono tutte uguali, basta essere carini con loro e loro cascano ai tuoi piedi. Certo, si sentiva maledettamente in colpa a fare una cosa del genere, ma era stata lei a cercarsela, non gli aveva lasciato altra scelta.
E comunque, era solo per continuare le indagini su Kira.
Era solo per Kira.
Continuando a ripeterselo L chiuse gli occhi e la baciò piano, a fior di labbra, accarezzandole i capelli con una mano, per poi allontanarsi leggermente.
”R-Ryuzaki…” sospirò lei a voce bassa, trattenendolo, le labbra dischiuse ed invitanti.
Al ragazzo mancò il fiato. Il sentir pronunciare a quel modo il suo nome lo fece rabbrividire. Sentiva l'impulso irrefrenabile di accettare quell'invito, e una fitta allo stomaco tutt’altro che spiacevole che gli impedì di razionalizzare subito i suoi pensieri.
Un momento... che cosa diavolo gli prendeva? Era solo Sayo! Non c’era bisogno di emozionarsi così tanto per quella lì. E poi era solo per continuare le indagini. Non stava facendo sul serio, anche se…
Maledizione, sapeva di fragola.
Lei gli poggiò una mano sulla guancia, e a quel punto L perse totalmente il controllo e schiuse la bocca per cercare quella della ragazza ma, prima che potesse farlo, lei gli spinse via il viso bruscamente, facendolo sbilanciare.
L, sorpreso, spalancò gli occhi, ricadendo di lato sul letto. Guardò interrogativo Sayo, che nel frattempo aveva incrociato le braccia e gonfiato le guance arrossate: "…tu stai fingendo," concluse imbronciata.
“C-Cosa..?” mugolò lui, che aveva il batticuore.
"Quello che dici è impossibile".
"Non...mi credi?"
"No."
Lo sguardo stupito sottolineato dalle occhiaie, L si puntellò su un braccio, indicandosi le labbra con l’altra mano: "Però mi hai baciato," osservò.
"E tu mi hai mentito sul tuo nome. Perché dovrei fidarmi di un bugiardo?" ribatté Sayo con una logica che non faceva una piega.
L, ancora sorpreso e vagamente deluso, poggiò la mano sul lenzuolo candido, rimettendosi seduto.
”Ehi, Sayo…”
"Vai via, per favore".
”Aspetta, non pensare subito male, io-”
"Ryuzaki!" lo interruppe lei. "Vattene," ripeté.
Il ragazzo strinse convulsamente i pugni, chinando la testa: anche la sua ultima opportunità era sfumata. Non avrebbe mai saputo la verità. "Ho capito," annuì con una punta di amarezza, mentre si rimetteva in piedi. "Me ne andrò, ma sappi che se sono disposto ad arrivare a tanto con te è solo perchè tu sei a conoscenza di informazioni che potrebbero salvare la vita a molte persone, e-".
"Ecco, vedi?" esclamò lei all'improvviso.
L, terrorizzato, richiuse la bocca.
"L'hai ammesso tu stesso!" continuò la ragazza con agitazione crescente. "Cosa sarebbe successo se mi fossi fidate di te? A te non importa niente di me: a te servono solo quelle informazioni, ed appena le avrai ottenute mi abbandonerai. Poco fa hai detto di essere dispiaciuto per ciò che mi hai fatto, ma nonostante tutto non mi hai nemmeno chiesto scusa!"
Dopo aver detto ciò, Sayo si morse le labbra, il viso delicato tirato in un'espressione seria ed inquieta che non le si addiceva affatto, dato che la faceva sembrare molto più grande. L, vedendola in quello stato, credette che stesse per inizare gridare o per scoppiare a piangere ma, quando ricominciò a parlare, era invece tremendamente calma.
"Ryuzaki," gli disse, "a me non importa niente a cosa ti serva quello che non so più: tu sei solo un bugiardo," lo guardò fisso negli occhi, "sei un essere senza cuore".
Colpito e affondato.
Normalmente le accuse gli scivolavano addosso, ma stavolta colpirono L dritto nell'anima come un coltello avvelenato: lui, semplicemente, si sentì morire.
"Un essere senza cuore...".
Quindi era questo quello che lei pensava davvero di lui.
Beh, non c'era molto da dire per replicare a quelle offese: lui l'aveva sempre trattata come un bambina, anzi, come un oggetto, senza mai tenere conto di cosa potesse provare lei; la teneva da giorni in quella stanza contro la sua volontà, aveva cercato di approfittarsi di lei. Le uniche parole gentili che le aveva rivolto erano false.
No, non c'era proprio niente da dire: Sayo aveva perfettamente ragione a pensarla così.
Ma era stata lei a cercarsela, e poi lui lo aveva detto fin dall'inizio che pur di catturare Kira era disposto a fare qualunque cosa.
No...
Alla fine, non era così.
Alla fine, non importava perché si fosse comportato a quel modo: lei era una ragazza sola ed indifesa, e lui era un bastardo.
Se anche aveva avuto un'opportunità con Sayo, ormai l'aveva bruciata. L'aveva ferita.
Lei non si sarebbe mai fidata di lui; non dopo questo.
Ormai parlare con lei non aveva più senso.
Avrebbe rinunciato a scoprire il segreto di quella ragazza, e avrebbe cercato di arrivare a Kira utilizzando altri indizi, altre tracce.
C'era sempre il comportamento sospetto di Misa su cui concentrarsi, no? Poteva fare benissimo a meno delle informazioni di Sayo.
...
L indietreggiò, gli occhi fissi sul pavimento, la lingua impastata. "Allora addio," mormorò infine, voltandosi verso la porta. La raggiunse ed uscì, richiudendola piano dietro di lui.
Una lacrima scivolò giù dalla guancia di Sayo.
”Addio, L”.



Light si sforzò di apparire vivace e, sorridendo a L mentre raggiungeva la sedia accanto alla sua, gli fece la domanda di rito: "Allora, Ryuzaki? Com'è andata stavolta?".
Il detective non rispose, e Light non insistette più di tanto: dalla faccia che aveva, si capiva che era andata di nuovo male.
Quanto godeva.
E la cosa più bella in tutto ciò era che Ryuzaki era così preso da quella ragazza che non si era accorto che lui si incontrava con Rem almeno una volta al giorno per passarle le istruzioni che Misa avrebbe dovuto seguire per sviare le indagini. Praticamene, Light chiedeva a Misa di uccidere il doppio dei criminali che Kira uccideva di solito, giusto per far capire ad L che in giro c'erano due Kira, e che lui non poteva essere uno di questi, dato che stava attaccato al detective tutto il giorno e, rinchiuso in quella base, non aveva alcun modo di seguire i notiziari.
"Mi odia," ammise infine L, fingendo indifferenza. Raccolse da una ciotola sulla scrivania un biscotto, ma non lo mangiò.
Matsuda, comparso di colpo alle spalle dei due, sollevò l'indice con aria saputa: "Il confine fra amore ed odio è molto sottile," declamò, facendoli sobbalzare per la sorpresa.
L, depresso, non perse neanche tempo a pensare ad una frase per ribattergli. Aveva constatato con irritazione che ormai il suo problema con Sayo era diventata la barzelletta del quartier generale. Per fortuna che almeno aveva spento le telecamere con cui sorvegliavano l'infermeria, prima di salire da lei: se Light o gli altri lo avessero visto in quella situazione…
Strinse istintivamente il pugno, frantumando il dolce: che cosa gli era preso? Per un attimo, aveva perso il controllo delle sue azioni.
Ma ormai, realizzò lasciando ricadere le briciole nella ciotola, non importava più nulla.
"Ha detto che sono un bugiardo senza cuore," disse piatto a Light.
Matsuda, che probabilmente non aveva niente di meglio da fare, con lo stesso sorriso beota gli diede una pacca sulle spalle: "Allora è fatta, le ragazze vanno matte per i tipi così".
L gli lanciò un'occhiata obliqua: "….quindi è vero," osservò mestamente.
Matsuda divenne più rosso di un peperone: "Nonono, Ryuzaki, io non volevo dire questo..!" balbettò imbarazzato, mentre Aizawa, gli occhi al cielo, dopo averlo raggiunto lo afferrò per la giacca e lo trascinò al suo posto.
Quando i due si furono allontanati L accese lo schermo del suo portatile e digitò le password per riattivare le telecamere nascoste, che si accesero giusto in tempo per in quadrare Sayo che, accasciata sul davanzale della finestra, si strofinava gli occhi rossi e lucidi di pianto.
Light sollevò entrambe le sopracciglia: "Ma che le hai detto?" domandò al compagno. "Guarda come l'hai fatta piangere".
Lui rimase a fissare lo schermo, come ipnotizzato. "Sono un essere senza cuore, che altro ti aspettavi?" mormorò.
Light sbuffò: L poteva anche essere un grande detective, ma a volte si comportava come un bambino. Il ragazzo si chiese cosa fosse meglio fare in quel frangente: cambiare argomento e parlare degli ultimi omicidi di Kira, oppure fare l'amico e consolare L?
Incerto, Light attese la mossa dell'avversario, ma rimase spiazzato quando dopo molti secondi lui, con un gesto impulsivo, staccò il portatile, si alzò ed uscì dalla stanza.
Pochi istanti dopo, Light gli era accanto, nel corridoio di metallo.
"Scusami Light, oggi non ho voglia di lavorare, vado a farmi un giro," disse il moro senza guardarlo.
"Ryuzaki," lo chiamò Light, stupito.
”Che c’è?" replicò lui. "Perchè non torni a casa anche tu? Sono tre giorni che abbiamo tolto la sorveglianza su di te, ma tu non ti sei mosso da qui. Guarda che l'ho capito che non sei Kira. Se non vuoi collaborare con le indagini ma sei qui solo per convincermi della tua innocenza, allora non è più necessario che continui a starmi dietro. Anzi, vattene, voglio restare da solo”.
Light, per un attimo, rimase impressionato da quelle parole: non aveva mai visto L rivolgersi a qualcuno in quel modo, doveva essere davvero agitato. Sorrise internamente: era la sua occasione. "Ryuzaki, lascia che ci provi io con quella ragazza," disse con decisione.
Il detective gli lanciò uno sguardo annoiato: "No," rispose.
"Ryuzaki!"
"No," ripeté lui. "Io ti conosco, Light, con il tuo fascino potresti convincerla a fare tutto quello che vuoi".
Light scoppiò in una risata: "Ma che discorsi sono? E poi, non è forse quello che hai tentato di fare - senza successo - tu?"
La frecciatina lanciata da Light sortì il suo effetto: L si passò una mano fra i capelli, inquieto.
"Forse ha ragione," si disse. Forse doveva provare lui.
Dopotutto il fascino magnetico di Light era riuscito a colpire persino lui.
Continuando a percorrere il corridoio con Light al suo fianco, L raggiunse un grande atrio che, diversamente dal resto del piano terra, era luminoso ed arredato elegantemente come se si trattasse della hall di un hotel di lusso. Si accovacciò su una poltrona di pelle dorata, lanciando un'occhiata ad una delle enormi finestre dalle cornici dorate che davano direttamente sulla strada, motivo per cui l'arredamento era così curato.
Fuori aveva iniziato a piovere.
Non se ne era accorto.
"Allora?" incalzò Light, alle sue spalle.
L si strinse le ginocchia: si, Light sarebbe riuscito sicuramente a farsi amica Sayo. Sarebbero diventati amici intimi in poco tempo. Light le avrebbe asciugato le lacrime, lei si sarebbe presa una cotta per Light e gli avrebbe raccontato tutti i suoi segreti; e lui, con le sue telecamere, avrebbe visto ed ascoltato ogni cosa da lontano.
Come al solito.
Alla fine del caso, se fosse sopravvissuto, avrebbe lasciato anonimamente del denaro a Sayo e fatto in modo che lei si potesse costruire la vita che meritava.
Lei si sarebbe dimenticata di lui e lui si sarebbe dimenticato di lei. Sarebbe tornato tutto come prima.
Era questo che voleva, no?
L guardò fisso la pioggia che batteva forte sul vetro. "Light, se a Sayo succede qualcosa, qualunque tipo di cosa, tu sei un uomo morto," disse.
Il castano sbuffò: "Sembra di sentir parlare Rem," pensò. "Ryuzaki, io non sono Kira, e a lei non succederà nulla".
"Perfetto, allora," disse L senza distogliere lo sguardo dalla finestra. "Hai carta bianca".
Light sorrise (diabolicamente, s'intende): "Ti ringrazio per la fiducia, Ryuzaki. Ora torniamo di là, che ne dici? Gli altri si staranno preoccupando".
"Non ho voglia di lavorare oggi, per me sarebbe inutile tornare," rispose il detective. "Vai tu e fammi un favore, quando esci da qui spegni le luci".
Light obbedì senza battere ciglio: ormai aveva ottenuto quello che desiderava. Ora poteva scoprire se quella ragazza poteva essere pericolosa o meno per lui e, nel primo caso, studiare una strategia per toglierla di mezzo il prima possibile. Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Bastava solo che Misa ed i suoi piani suicidi non si mettessero in mezzo.

*****************


L ricomparve nel quartier generale solo un'ora dopo che Light e gli agenti di polizia furono andati via. Era ormai notte, le luci erano tutte spente ma gli schermi dei computer sulla parete, con la loro luce giallastra, davano alla stanza un che di sinistro. Incurante di ciò, L raggiunse la sua sedia. Pochi secondi dopo Watari, che doveva aver seguito i suoi movimenti dalle telecamere di sicurezza, entrò a sua volta nella stanza con in mano un largo vassoio coperto.
"Watari, ho bisogno di parlare con Wedy, devo affidarle una missione. Potresti mettermi in contatto con lei entro un'ora?" gli chiese L appena notò la sua presenza.
"Non c'è problema, Ryuzaki," annuì l'anziano, poggiando il vassoio alla sua destra.
"Grazie," rispose L, ed iniziò a battere una serie di tasti per attivare il computer. Poi, visto che Watari non si muoveva, indicò il vassoio con il viso: “Non ho tempo per cenare, oggi ero stanco e ho passato la giornata a riposare, quindi ora ho un sacco di lavoro arretrato”.
Watari sospirò: L non poteva neanche sperare di ingannarlo a quel modo. Conosceva quel ragazzo da quando era uno scricciolo che gli tirava la giacca chiedendogli supplichevole se invece del pranzo poteva mangiare un altro pezzo di torta.
Gli poggiò una mano sulla spalla: "Va tutto bene, Ryuzaki?” gli chiese in tono paterno.
”Certo, è solo stanchezza,” rispose lui testardo.
”L... tu non sei mai stato bravo a mentire,” osservò Watari.
Lui ebbe un brivido e staccò di colpo le dita dalla tastiera, voltandosi si scatto verso l'anziano inventore. Watari annuì dispiaciuto, come per dire: "Credimi, è così".
L abbassò la testa, ed un ciuffo di capelli ribelli gli ricadde gli occhi. Si portò un dito alle labbra. "Watari," ammise, "mi fa male".
L'uomo si chinò su di lui, preoccupato: L non si era mai ammalato. ”Dove?” chiese.
”Qui,” rispose il ragazzo con un sorrisino amaro, indicandosi il cuore.

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Capitolo 12
*** XI ~ Amore ***


Piece XI ~ Amore

Sayo si svegliò di soprassalto, spalancando terrorizzata gli occhi violetti.
Aveva fatto un incubo orrendo: un uomo vestito di nero la minacciava con una pistola. Ma a farle paura non era stata quella visione, bensì la sua reazione nel sogno: di fronte a quel tipo così sinistro, lei come impazzita iniziava a ridere forte, disperata...beffarda, crudele...
La luce del sole filtrava viva dalla finestra semiaperta, illuminando la stanzetta immacolata. L'orologio rotondo che ticchettava sulla parete segnava le otto in punto. La ragazza tirò uno sbadiglio e si stropicciò il viso: aveva un leggero mal di testa. Raccolse dal cassetto del comodino alla sua destra delle pillole e le ingoiò velocemente, per poi tornare sul letto e richiudere gli occhi. L'infermeria si trovava al primo piano, e per questo Sayo poteva sentire distintamente i rumori traffico mattutino scorrere giù in strada. Quel brusio di sottofondo, a causa del silenzio che regnava nella stanza, si fece in breve così pesante ed insopportabile che la ragazza fu costretta ad alzarsi ed andare a chiudere la finestra per attutirlo.
Sospirò, tornando a sdraiarsi, le braccia aperte e lo sguardo fisso sul soffitto. Odiava il dover stare rinchiusa in quel posto ventiquattr'ore su ventiquattro, ma dopotutto i medici avevano ragione: non era ancora in grado di uscire fuori. La sua malattia le causava un fastidio praticamente continuo alla testa, che spesso veniva interrotto da improvvise e dolorosissime fitte, se lei si dimenticava o non faceva in tempo a prendere le sue medicine. Tutto ciò la rendeva nervosa e fin troppo suscettibile, e come conseguenza mangiava pochissimo e passava la notte, quando riusciva ad addormentarsi, in preda ad incubi angoscianti.
Sayo si portò una mano sulla fronte: se era ridotta così era tutta colpa di quella dannata amnesia. Le sarebbe mai tornata la memoria? Il medico che veniva a visitarla le ripeteva ogni giorno di rilassarsi, di riposarsi e di non pensare a nulla che potesse alterare il suo equilibrio mentale, ma il problema era che finché c'era L nei paraggi lei non avrebbe potuto fare nessuna delle tre cose.
L...
Sayo non sapeva neanche se definire quel ragazzo con termini lusinghieri o offensivi; sapeva solo che, da quando lo aveva (ri?)conosciuto pochi giorni prima, non aveva fatto altro che pensare a lui. Visto che lui aveva ampiamente dimostrato di non ricambiare, lei naturalmente non glielo aveva mai detto, ed a volte ancora lottava contro questi sentimenti, ma non poteva farci nulla, era più forte di lei. Il solo rievocare la sua immagine nella mente le causava un turbinio di emozioni tale che tutte le prescrizioni dei medici andavano di colpo a farsi benedire. Sayo non si pentiva assolutamente di ciò che aveva fatto o gli aveva detto l'ultima volta, ma non aveva neanche bisogno di recuperare i suoi ricordi per capire che in realtà lui le piaceva da morire.
Ripensò al suo bacio ed alla sua voce calda e sensuale con cui le aveva parlato solo poche ore prima e si sentì avvampare. Tirandosi un pugno sulla fronte si rigirò nervosa nel letto: non poteva dimenticare che per quanto gli piacesse, L era e restava un solo dannato bugiardo.
Si chiese se lui l'avesse ingannata anche quando lei non aveva perso la memoria. Probabilmente era così, doveva essere una persona orribile e crudele.
Lo desiderò, dato che in quel caso presto lui avrebbe avuto la punizione che meritava e lei avrebbe ottenuto una mera consolazione: il suo tempo di vita, aveva notato l'ultima volta, si era ridotto ancora. Non mancava molto ormai, e forse lei davvero non l'avrebbe più rivisto.
Ma in fondo era meglio finirla così: se quel ragazzo apparteneva alla morte, era inutile affezionarsi a lui per poi soffrire quando infine lei lo avrebbe portato via. Era stato meglio dirsi addio così, senza troppi complimenti.
Sayo ricominciò a piangere, silenziosamente.


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"Buongiorno, mamma. Ciao, sorellina".
Light entrò in cucina, ben vestito e pettinato e si sedette al tavolo per fare colazione. Sayu, sulla sedia di fronte a lui, gli sorrise e gli porse la sua tazza preferita:
"Ciao, grande detective!" lo salutò radiosa.
La sera prima, suo padre era stato costretto a rivelare a lei e a sua madre che Light era stato assente da casa per indagare con lui sul caso di Kira. La signora Yagami non aveva preso bene la notizia, ed aveva iniziato a gridare isterica che Light era ancora troppo giovane e che quel caso era troppo pericoloso ma Sayu, al contrario, da quel momento sembrava essere entrata in uno stato di adorazione per lui.
Mentre Light sorseggiava piano il suo caffélatte e lo shinigami Ryuk, alle sue spalle, gemeva e mugolava come un cagnolino affamato verso la fruttiera a centrotavola, traboccante di stupende mele, rosse e succose come mai ne aveva viste nella sua vita millenaria. Light, accortosi della situazione solo dopo un paio di minuti di piagnistei continui dello Shinigami, alzò gli occhi al cielo e, finita la colazione, si infilò una di quelle mele in tasca, con l'idea di dargliela appena uscito di casa.
Ryuk non se la meritava, perché nei giorni passati non gli era stato minimamente d'aiuto; ma Light si era stufato di vederlo saltellare tutto accartocciato per la base di L, in fase avanzata della sua crisi d'astinenza.
"Vado all'università e poi passo da papà per fare voi-sapete-cosa. Ci vediamo stasera," disse, mentre varcava la soglia di casa.
"Stai attento," lo raccomandò piatta sua madre, ancora arrabbiata.
"Fagli vedere chi sei!" gli gridò dietro Sayu, agitando la mano.
Light scese in strada, diretto verso la fermata dell'autobus. Mentre camminava con aria assorta estrasse la mela dalla tasca ed iniziò a giocarci, lanciandola un poco in aria e poi riprendendola.
Dietro di lui, Ryuk aveva la bava alla bocca: "Light," gli borbottò, fissando ogni movimento del frutto con occhi spiritati, "dammela".
"Perché dovrei?" rispose mellifluo il ragazzo.
"Minacciare uno shinigami porta sfortuna!" lo ammonì Ryuk.
Light abbozzò un sorrisino sadico. "Ah, si?" disse, e si portò la mela alle labbra, come per morderla.
"Light!" lo implorò Ryuk disperato, "se me la dai ti dico una cosa importante!"
Il ragazzo gli lanciò un'occhiata obliqua: "Ovvero?"
"Dietro di te c'è una ragazza che ti sta osservando da quando sei uscito di casa".
Light si paralizzò all'istante e lasciò cadere la mela: Ryuk l'afferrò al volo come se fosse un prezioso tesoro e la addentò avidamente. Il castano lo maledisse in silenzio: chiunque fosse quella ragazza, se vedeva mele sparire ai suoi piedi si sarebbe insospettita.
"E se fosse un'altra spia di L?"
Light aveva già considerato la possibilità che le parole che il detective gli aveva rivolto il giorno prima di ieri non fossero state dette in preda alla rabbia ma facessero parte di un piano per fargli abbassare la guardia.
"Dov'è, Ryuk?" chiese sottovoce allo shinigami.
Lui, probabilmente solo per rendergli la pariglia, era così concentrato a sgranocchiare la sua mela che parve non sentirlo. Light, contrariato, decise di fare finta di nulla e riprese a camminare, ma ben presto alle sue spalle udì un precipitoso rumore di passi ed una voce che lo chiamava: si voltò indietro, e scorse Misa che, dopo una breve corsa, si era fermata a pochi metri da lui per riprendere fiato.
"Light," ansimò la ragazza, con un sorriso ed una mano al petto. "Guarda che è inutile che fai finta di non esserti accorto di me, Misa aveva sentito Ryuk dire che l'aveva vista," si voltò verso lo shinigami. "Shinigami guastafeste, volevo fargli una sorpresa!".
Ryuk, che nel frattempo aveva finito il suo pasto, fece spallucce sghignazzando.
"Misa... stupida!" pensò Light. "Che ci fai qui?"
"Light, piacere di conoscerti, sono Misa. E' la prima volta che ci vediamo, ma io so tutto di te. Ho fatto molte ricerche in questi giorni," sorrise la biondina con un tono allegro e vivace che a Light dava il nervoso.
"Misa, è pericoloso farti vedere con me," le sibilò.
"Ma Misa voleva conoscere Kira di persona!" piagnucolò la ragazza. "E poi non c'è pericolo, non c'è nessuno in giro, Rem controlla la zona, e poi nessuno sa di noi...e del nostro segreto," concluse con un occhiolino malizioso e un dito davanti alla bocca.
"Questa ragazza è un'idiota!" si disse Light. Parlare a quel modo in mezzo alla strada! E' vero, non c'era nessuno in giro, ma nonostante tutto Light si sentiva ancora osservato.
"Ti va di venire con me?" chiese Misa, le guance leggermente arrossate. "Misa vorrebbe parlare con te riguardo alle tue ultime istruzioni, magari in un posto più sicuro".
"Magari," annuì Light con depressione crescente. Aveva la vaga impressione che quella ragazza non volesse parlare di Kira, ma accennando all'argomento aveva fatto in modo che lui non potesse rifiutare la proposta.
E poi, se Light trattava male Misa, Rem lo avrebbe ucciso.
Bella situazione.
Misa si strinse al braccio destro di Light e lo condusse verso una strada secondaria, ma i due non avevano fatto pochi passi che una moto gli si accostò accanto: era nera, fiammante e bella quasi quanto il guidatore, una donna con un grosso casco rosso. Sollevata leggermente la visiera protettiva, la donna chiese ai due ragazzi: "Scusatemi, sapete come si arriva al quartiere di Aoyama?"
Misa sollevò le spalle, senza lasciare Light: "Misa è sempre stata negata nel dare indicazioni".
"E' un po' distante da qui," ammise lui con voce seccata. "Le conviene andare verso la fermata universitaria lì in fondo, c'è una mappa della città." Ed indicò il luogo in cui sarebbe dovuto andare lui.
"Oh. Grazie mille," rispose Wedy e, riabbassata la visiera, ripartì con una sgommata.
"Dicevo, Light," ricominciò Misa, trepidante, "possiamo andare a casa mia, non è molto lontana, e poi lì staremo tranquilli, dato che abito da sola".
Light inarcò le sopracciglia, sbalordito. Dietro di lui, Ryuk ridacchiò: quella ragazza era davvero intraprendente.


********


"Altro che studente modello, mi avevi detto che sarebbe andato all'università, ed invece l'ho trovato mentre si avviava in direzione opposta con una bionda!" disse velocemente e a mezza voce Wedy al telefono mentre, ferma con il motore acceso davanti alla mappa della città indicatale da Light, fingeva di guardarla con aria interessata.
L, dall'altra parte della cornetta, non poteva credere alle sue orecchie: "Mi stai dicendo che...é uscito con una ragazza invece di andare all'università?" ripeté, stordito.
"Certo, sembravano molto intimi, e lei era anche molto carina," confermò Wedy.
L si morse istintivamente il pollice destro. "Non è da lui," pensò, fissando lo schermo bianco del suo computer.
"Ma a dirti il vero, mi sembrava che la situazione gli desse molto fastidio".
"Fastidio, hai detto..?"
Quattro parole riecheggiarono nella testa del ragazzo:"Tu mi dai fastidio!!"
Soprapensiero, L prese una tazza di caffé dal vassoio che Watari gli stava porgendo, e mando giù più di metà del contenuto in un sorso. Ma non solo non si era accorto che il caffé era bollente, si era persino dimenticato di zuccherarlo: il risultato fu che, dolorante e nauseato tossì e sputò più volte credendo di morire, imprecando e contraendo il viso in un'espressione di puro disgusto.
"...ti dicevo, la biondina... ehi, tutto bene laggiù?" si interruppe Wedy, preoccupata.
"S-Si, c-conti-n-nua p-pure," boccheggiò il moro con voce rauca, rosso in faccia, continuando a tossire.
Watari, che aveva fatto in tempo a togliergli di mano la tazza prima che lui la rovesciasse a terra, uscendo dalla stanza gli lanciò un'occhiata commiserevole: la situazione era grave, e peggiorava di minuto in minuto.
"Dicevo, mi sembra di averla vista in televisione, aveva una faccia conosciuta. Parlava di sé stessa in terza persona, si è chiamata Misa".
"Misa?" L sbarrò gli occhi. "Misa Amane?"
"Wedy, ti hanno visto?" chiese alla ladra.
"Non l'ho seguito che per pochi metri, ma per evitare che sospettasse qualcosa gli ho chiesto un'indicazione e me ne sono andata," rispose lei con noncuranza, accendendosi una sigaretta.
"Ho capito. Ascolta, ora dimentica tutto e non avvicinarti più a loro".
"Di già? Ma è così pericoloso?"
"Non fare domande, per favore".
"Come vuoi, ma sappi che per me é sempre un piacere aiutarti. Chiama pure se hai bisogno".
"Sicuramente".
"Ci si sente".
L richiuse il telefono e assorto tornò a sedersi: come aveva fatto Light Yagami a conoscere Misa Amane? Era ormai più di un mese che lo stavano tenendo sotto controllo, e per tutto quel periodo lui non aveva mai avuto contatti con lei. Eppure, il primo giorno di libertà di Light, si ritrovavano insieme ed uscivano di nascosto. Com’era possibile? Quando si erano sentiti, quando si erano conosciuti? Dove?
Il sovrintendente Yagami si avvicinò a lui con una cartelletta azzurra in mano: "Ryuzaki, ecco i risultati delle autopsie condotte sugli ultimi criminali assassinati da Kira..." L'uomo, nel parlare, notò che il volto del detective era più pallido del solito. "...ci sono problemi?"
L gli lanciò un'occhiata di rimando: era inutile dirgli che i suoi sospetti che suo figlio fosse Kira ormai rasentavano il 320%. Se solo avesse avuto delle prove per confermarli... avrebbe potuto chiedere a Wedy di continuare a tallonare i due, ma non gli andava di esporla ad ulteriori rischi: se Light si era accorto di Raye Penber e lo aveva ucciso, poteva benissimo fare lo stesso con lei.
Eppure, L avrebbe venduto la sua anima pur di avere la possibilità di sapere dove stavano andando Light e Misa, e cosa si stavano dicendo. Se le sue ipotesi erano corrette ed erano entrambi Kira, a quest'ora stavano probabilmente complottando contro di lui. In assenza di prove, non gli restava che studiare un piano per farli uscire allo scoperto ed incastrarli, o far confessare almeno uno di loro; aveva già una mezza idea di come agire, ma bisognava fare in fretta. Si voltò verso Yagami.
"In realtà c'è un problema," gli disse, e quindi iniziò a spiegargli i motivi per cui avrebbe dovuto far emanare immediatamente un ordine di arresto verso Misa Amane.

***************

La camera di Misa era una stanza ampia e ben tenuta, arredata in uno strano stile dark-gotico. Il pavimento era ricoperto di una morbidissima moquette con delle fantasie rosse e bianche, mentre sulle pareti spiccavano indistintamente figure sacre, simboli magici, poster autografati e cartoline di viaggi; sul letto, dalle lenzuola color sangue, c'erano dei peluches orrendi, che somigliavano molto a quelle bamboline utilizzate per i riti vuduu. Le tende leggere, anch'esse rosse, erano tirate, ma la stanza era illuminata da almeno una decina di candele nere che rilasciavano un profumo un po' aspro. Il grande comò e la scrivania, su cui era poggiato un portatile impiastricciato da adesivi, erano pieni di oggettini di ogni tipo, da boccette di profumo a forma di cuore a ciondoli dalle forme particolari a statuine ed oggettini strani.
Light la osservò con interesse: in un certo senso lo stile di quella ragazza gli piaceva, ma non restò a pensarci troppo.
Ryuk si appollaiò su una sedia di legno nero mentre Light, invitato da Misa, si sedette sul suo letto. Rem, entrata in quel momento dalla parete, si unì silenziosamente al gruppo.
"Allora, che volevi dirmi, Misa?" chiese Light con fare annoiato.
"Beh..." iniziò lei, abbastanza timidamente. "...io finora ho obbedito a tutto ciò che mi hai detto di fare, ed alla fine sono riuscita a convincere le persone che sospettavano di te..."
"Hai fatto un buon lavoro, ma non sono ancora pulito," la interruppe Light. E non lo sarebbe stato finché il suo più grande avversario non fosse morto.
"Sappi che Misa continuerà a fare tutto ciò che può per aiutarti!" esclamò a quel punto la ragazza. "Sai, tu hai punito l'assassino dei miei genitori... Misa sarà in debito con te, per sempre".
"Allora è per questo che ha deciso di aiutarmi," realizzò Light. Poi però cambiò idea: sapeva che non era solo per questo. Quella ragazza aveva un doppio fine, e bastava guardare l'accuratezza con cui si era vestita e truccata, la perfezione dell'ordine nella sua stanza ed il tono emozionato con cui parlava per capire quale fosse.
"Come ti sei procurata il Death Note?" le chiese Light.
"Me lo ha lasciato in eredità uno shinigami quando è morto," fu la risposta veloce di Misa. "Ehi, Light, sai come si uccide uno shinigami?"
"Cosa? Gli Shinigami possono essere uccisi?"
Misa, contenta di sapere qualcosa che Light non sapeva, gli ripeté l'intera storia di Jealous e del suo Death Note. Light la ascoltò interessato, ma si rese subito conto che quel metodo di uccidere non era applicabile su Ryuk, se un giorno avesse voluto liberarsi di lui.
Ma, per quel che riguardava Rem...
"Allora, cosa ne pensi?" concluse Misa.
"E' molto interessante, ti ringrazio per l'informazione".
La biondina sorrise felice, andando a sedersi accanto a lui. Esitò un momento, nel notare la sua espressione dura. "Ora che sei libero, comunque... che intenzioni hai, Light?" gli domandò infine.
Light la scrutò attentamente, le labbra serrate. Non aveva intenzione di rivelarle quello che gli passava per la testa, ma non poteva neanche lasciarla all'oscuro di tutto. Lei si sarebbe insospettita, e lui doveva dare l'impressione di fidarsi di lei, se voleva ricevere ancora il suo aiuto.
"Misa," iniziò infine, con aria assente, "...in questi giorni ti ho fatto uccidere due tipi diversi di criminali: quelli che commettevano azioni punibili da me, Kira, e criminali minori a tua scelta, ma entrambi in largo numero. In questo modo, L ha confermato i suoi sospetti che ci fossero due Kira con due visioni leggermente diverse, ma allo stesso tempo ciò ha fatto crollare le accuse sul mio conto, perchè io sono stato con lui per tutto il tempo. Non sono sicuro che si fidi ancora di me, ma sinceramente a questo punto non me ne importa: i suoi sospetti ormai saranno ridotti al minimo, e non ci vorrà molto perchè crollino del tutto. L'importante è che le persone che lo circondano siano convinte della mia innocenza. Ora, la nostra prossima mossa sarà scoprire il vero nome di L e creare le condizioni adatte per far passare la sua morte come un incidente del tutto casuale".
"Quindi dobbiamo uccidere L?" domandò Misa.
"C'era qualche dubbio in proposito?" Light accavallò le gambe e poggiò il gomito su una di esse per guardare meglio Misa. "Per uccidere L non possiamo organizzare qualcosa in larga scala come hai fatto tu all'università, perché lui ha capito che quei criminali erano stati manovrati da te, e se organizzassimo rapine, terrorismo o che altro, attireremmo troppo l'attenzione. Non possiamo farlo morire come attacco di cuore, perché sa che Kira ha bisogno di conoscere almeno il volto per ucciderlo, e le persone che l'hanno visto sono pochissime, e fra questi ci sono anche io. Idem il suicidio, sarebbe sospetto. Un incidente sarebbe la cosa migliore, ma lui non esce mai. La malattia invece potrebbe essere una pista..."
Il ragazzo interruppe i suoi ragionamenti quando si accorse che Misa aveva unito le mani al petto e lo guardava con occhi luccicanti.
"...Light, tu credi davvero che Misa sia degna di stare al tuo fianco ed aiutarti?" le chiese supplichevole.
Lui rimase a fissarla, sorpreso. "Certo che lo sei, altrimenti non ti direi queste cose," mentì infine.
"Perché io farei di tutto per te, Light, io sarei anche pronta a sacrificarmi se solo tu volessi".
Il ragazzo rimase a bocca aperta: ma che aveva quella? Era proprio un'incosciente a fidarsi a quel modo di lui, o forse era una fanatica. Era meno di mezz'ora che si erano incontrati, e lei era già pazza di lui.
Questa cosa avrebbe potuto portarlo in vantaggio, comunque.
"Misa...finché continuerai ad fare ciò che ti dico, andrà tutto bene," la rassicurò.
"Light," le chiese lei, avvicinandosi. "Misa vuole essere la tua ragazza".
"Questo non è possibile," fu la risposta secca dell'altro, che distolse lo sguardo.
"Perché?" domandò Misa, con aria ferita. "C'è forse un'altra ragazza?"
"No," rispose Light gelido, "sono io che non voglio".
A quelle parole, Misa scoppiò in lacrime e si nascose il viso fra le mani. Light volse la testa altrove, disgustato, ed incrociò per caso gli occhi di Rem: lo shinigami lo stava fissando in modo così freddo, così profondo e spaventoso, che Light si sentì rabbrividire fin dentro le ossa.
Si voltò di nuovo verso e le poggiò una mano sulla spalla in segno di scuse: aveva esagerato. E poi, una Misa ridotta in quello stato non gli sarebbe stata d'aiuto.
"Non possiamo stare insieme, finché c'è L che sospetta di me," le spiegò. "Lui indagherebbe sul tuo conto, e potrebbe finire per metterti nei guai. E' per la tua sicurezza, capisci? Una volta eliminato L, potremo vederci senza problemi".
Misa abbassò le mani. "Oh, Light..." singhiozzò.
Lui le fece passare un braccio attorno al collo, mentre con l'altra mano stringeva le sue: "Misa, chiedi a Rem di svelarmi il nome di L. Lei l'ha visto, la prima volta che è venuta da me," sussurrò. Le volte successive, infatti, Light era stato ben attento a farsi trovare mentre era solo.
"No," fu la risposta immediata di Misa.
"Uh?" Light inarcò le sopracciglia.
"Quel nome... non serve che te lo dica Rem. Lo sa anche Misa. Vi ho visti insieme all'università. Ma io non conosco il volto di L".
"Tu..." Light ebbe un fremito d'emozione. "Tu sai il nome di L?" scandì a voce alta, afferrando la ragazza per le braccia. "Misa!" gridò, "Dimmelo!"
"Light..." sussurrò lei, "m-mi fai male così...".
"Avanti, Misa, dimmi quel nome!"
"I-io..."
"MISA!" ululò Light, stringendo la presa. "Una volta tolto di mezzo L, potremo stare insieme!"
Misa alzò la testa verso di lui: aveva uno sguardo folle e gli occhi fuori dalle orbite. Le faceva paura.
"I-Il suo vero nome..." iniziò, tremante.
Light gemette.
"Il suo vero nome è L-".
Lo spaventoso rumore di un vetro che si infrangeva fece sobbalzare i due ragazzi: Ryuk aveva appena ridotto in mille pezzi una boccia di cristallo rosso. "Scusate l'interruzione," mormorò imbarazzato lo shinigami, la bocca piena di frammenti di vetro, "non volevo interrompervi, ma è che nel buio mi sembrava una mela, così ho provato a morderla e..".
Misa si liberò con uno strattone dalla presa di Light e si alzò in piedi: "Light, non ti dirò quel nome, né permetterò a Rem di dirtelo," dichiarò decisa.
Lui la imitò, lo sguardo traboccante di rabbia: "Tu..".
"Light!" esclamò Misa, gli occhi lucidi. "Mi dispiace, ma..se vuoi sapere quel nome, devi dimostrarmi il tuo amore!".
"EH?!" Light si sentì mancare il terreno sotto i piedi. "Dimostrare il mio amore?"
Quella ragazza non solo lo stava privando dello strumento che sarebbe segnato la sua vittoria finale, ma lo stava ricattando.
Come si permetteva?
Deluso, come mai in vita sua, allargò meccanicamente le braccia, e Misa vi si gettò, stringendolo.
Rimasero in quella posizione per un po' di tempo, senza dirsi nulla, Misa con un sorrisino triste ma speranzoso e Light che pregava che il pavimento si aprisse e lo inghiottisse.
"Vieni". Senza sapere come, Light si ritrovò di colpo disteso sul letto di Misa, e lei gli si accoccolò accanto, accarezzandogli i capelli.
Misa iniziò a parlare, ma Light non la ascoltava veramente. Percepì il suo nome, le parole papà, mamma, tsuki, luna, Kira, Rem, ma non riusciva a collegarle ad un discorso logico. Aveva la testa per aria: non riusciva a pensare, e se ci provava, nella sua mente compariva solo una stradina grigiastra interrotta da un baratro oscuro: che doveva fare? Anche se fosse andato a letto con lei, Misa avrebbe potuto continuare a tenerlo in ostaggio per settimane, forse mesi. Aveva capito che il nome di cui lei era a conoscenza era ciò per cui lui avrebbe fatto qualunque cosa.
Quando finalmente Misa smise di parlare, Light girò verso di lei la testa e le chiese piano: "Misa, tu conosci una certa Ichigo Furude, che si fa chiamare Sayo?"
"Ichigo...?" lei ci pensò un attimo, poi si illuminò. "Si, Misa l'ha uccisa! All'università... diceva di essere L... ho scritto il suo nome sul Death Note".
"Cosa?" Light sollevò la schiena, mettendosi a sedere. "Guarda che devi aver sbagliato, è ancora viva".
Lei, sbattendo le ciglia, strinse i pugni al petto. "Misa non sbaglia mai! E poi, sono rimasta lì finché non l'ho vista cadere... è morta davanti ai miei occhi, te lo assicuro!".
"Misa, è ancora viva," ripeté Light testardo.
"E' molto strano," intervenne Rem a quel punto. "Nessun umano può sopravvivere al Death Note".
"Che non sia un umano, allora?" ironizzò Light.
"Boh, chissà. Mi annoio, vado a fare un giro, ciao a tutti". Ryuk volò fuori dalla finestra, andando a poggiarsi su un palo della luce abbastanza lontano dalla casa di Misa. Iniziò a ridere come un pazzo: vedere Light ridotto a quello stato pietoso era uno spasso. Voleva divertirsi ancora un po', e se voleva farlo, doveva almeno evitare di scoppiare a ridere in faccia a quei tre, ripensando a Sayo.
"Ma io ho visto la sua data di morte! Non riuscivo a decifrare i numeri, però c'era!" continuò intanto ad insistere Misa.
Light si passò nervosamente una mano fra i capelli. ”Rem! Tu cosa dici?”
”Yagami Light, te lo confermo, era un normalissimo umano”.
Il ragazzo si accigliò: "Questa cosa necessita di essere controllata". L'angoscia si impadronì di lui: se il quaderno non poteva fallire e Misa aveva davvero fatto ciò che sosteneva, allora era vero che quella ragazza nascondeva un segreto. Si pentì di tutte le volte che l'aveva sottovalutata, pensando che L fosse impazzito: senza saperlo, aveva corso sul filo del rasoio fino a quel momento. Se L fosse davvero riuscito a farla parlare, forse a quest'ora lui poteva essere già stato giustiziato.
Doveva scoprire al più presto chi era e cosa sapeva. Sarebbe stato facile, dato che ora lui poteva parlarle tranquillamente.
A quel pensiero, si tranquillizzò: le carte erano tutte a suo favore.
"Indagherò sul suo conto allora: L mi ha detto di diventare suo amico intimo e farmi dire il suo segreto".
Misa sbarrò gli occhi: "Amico... intimo?"
"Si," annuì Light con un sorriso decisamente malizioso. "Devo fare il possibile per farla parlare".
"NON TE LO PERMETTERO'!" gridò a quel punto la ragazza, perdendo la calma. "Light, tu sei solo di Misa!"
Lui divenne serissimo: "Allora aiutami a cercare un modo per togliere di mezzo quella ragazza, dato che pare che su di lei il Death Note non abbia effetto".
"Certo che lo farò!"
Misa annuì, decisa: non avrebbe permesso a nessuna di rubarle il suo Light. Lo amava con tutto il cuore, e non avrebbe mai permesso che un detective o una ragazzina attentassero al suo amore. Piuttosto, li avrebbe uccisi entrambi, con le sue stesse mani.

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NB: L'autrice si rifiuta di scrivere scene romantiche fra Light e Misa. .__.'''
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Nyah! Grazie per le recensioni!ç****ç;; Mi è preso un colpo quando le ho viste ieri sera. x°D Rispondo una per una:

@DarkRose86:
Io ti adoro. >***<;; La tua recensione mi ha fatto tremare di commozione, è bellissima, ed io sono felice di essere riuscita a coinvolgerti così tanto con questa fic!ç****ç;; Lol, mettiamo su un fanclub: "Light, vai a prendere il sole sui binari"? xD Continuerò appena possibile...ci risentiamo in giro. ^**^;;

@Shirahime88:
Si, L da bambino doveva essere pucciosissimo!xD Già mi immagino di quanta santa pazienza si sarà dovuto armare Watari per crescerlo. Watari è il mio mito!*O*; (Infatti adoro le drabble di Mendori su di lui). Ti ringrazio per aver commentato sia fanfic che video: i dispiace che quest'utimo ti abbia reso triste. ç__ç;

@Anansy90:
Che bel nome che hai dato al tuo pc! *__*;; Accie della recensione! *saltella felice per tutta la stanza* Light ha tutti i motivi del mondo per mettersi in mezzo, ma il problema é: riuscirà a scoprire chi è Sayo senza farlo capire ad L, che ha tutti i motivi del mondo per monitorare ogni suo singolo respiro? E soprattutto riuscirà Misa a trattenere i suoi impulsi omicidi?x°D Ellino si è innamorato, si... ma non riesco a fargliene rendere conto. ç__ç;; Sono due capitoli che ci provo, ma lui nulla, ci soffre ma ha un rifiuto mentale ad ammetterlo. ç__ç;; Spero che al prossimo le cose miglioreranno, anche se lui c'ha una testa dura che... =.='''

@Freija:
Non me lo dire, ho sofferto nello scrivere questo capitolo in cui Light è protagonista. ç__ç;; Mi rifarò al prossimo, in cui L...no vabbé, non spoilero. xD Si, si, anche io vorrei essere Sayo!xD (L'imbranataggine è quella) Sono felice che il mio stile sia chiaro... spero di non cambiare mai (se non in meglio!). ^__^;

@Zephyree:
Ti ringrazio per i complimenti! Cercherò di dare il massimo per non deluderti, yeah! è.é; *Ormai è partita x°D* Solo che ci vorrò un po' più di tempo da ora in poi, perché sto studiando per l'università. ç__ç;

@Kyah:
Fatto ^O^;


Il prossimo capitolo è: Ipocrisia. Stay connected!

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Capitolo 13
*** XII ~ Ipocrisia ***


Piece XII ~ Ipocrisia Il giorno

Ciao a tutti! Pubblico, dopo un po' di tempo (università, università... ç__ç;; ), il nuovo capitolo della fanfic. L'avevo in cantiere già da un po', ma solo oggi mi sono decisa a finirlo! Sono andata un po' a rilento con questo capitolo perché non mi convinceva molto - come al solito xD - e perché rappresenta una situazione "di stallo", che ho cercato di snellire il più possibile. E poi, ho volutamente reso ambigue alcune scene. Il risultato, spero che sia di vostro gradimento. =* Il prossimo capitolo sarà un po' più corto, ed inizierò a scriverlo nei prossimi giorni, ma prima vorrei ultimare quello che ho in corso per "Again and again".
Risponderei alle recensioni (che ho adorato!*__*;), ma...argh, è mezzanotte ed io devo ancora preparare la mia valigia per domani mattina!!°O°''' Kyah!!!>ò<;;; *va in panico, ed inizia a correre per tutta la casa raccogliendo libri e vestiti*
Un abbraccio, JunJun.

Piece XII ~ Ipocrisia

Il giorno dopo, Mogi ed Ukita si presentarono alla base di L con i volti tirati, i vestiti spiegazzati, i nervi a fiori di pelle e ben due ore di ritardo. Il sovrintendente, che quella mattina aveva provato più e più volte a contattarli telefonicamente, nel vederli ridotti in quello stato rimase a dir poco sconcertato.
"Che cosa vi è successo?" domandò loro, avvicinandosi. "Maledizione, perché non ci avete avvertiti del ritardo? Eravamo tutti in pensiero!"
"Io no," osservò pacato L dal fondo della sala, senza staccare gli occhi dal fax che stava leggendo. "Se fossero stati in pericolo, avrebbero utilizzato le loro cinture," spiegò poi, alludendo al segnalatore che Watari vi aveva installato.
"Ha ragione, papà" annuì Light accanto a lui, aggiustandosi il collo della camicia nera che indossava.
"E' che... Ci dispiace avervi fatto preoccupare, capo. Ma vede, lì in centrale stamattina è successo un macello," sospirò Ukita, per poi iniziare a spiegare: "La notizia per ora è ancora riservata, ma stanotte un gruppo di pazzi che sostiene Kira ha infilato una bomba nel nostor ex quartier generale per le indagini... per puro caso, un agente ha scoperto il pacco prima che esplodesse, e quando si è accorto di cosa si trattava, è corso via urlando. Vi lascio immaginare il panico che si é scatenato lì dentro..."
"M-Maledizione..." ripeté Yagami.
"Di là sanno che noi due ci occupiamo del caso Kira, così ci hanno lasciato andare, ma la situazione è ancora molto instabile," concluse Ukita, passandosi una mano fra i capelli ed abbandonandosi su una sedia."Ma non ne parliamo, sono già distrutto".
"E quei tipi pensano che se fanno saltare in aria la sede della polizia, Kira sarà contento?" commentò Light aggrottando la fronte.
"Beh, se la polizia saltasse in aria, qualunque criminale sarebbe contento," osservò L, con un vago tono provocatorio che Light colse in pieno.
"Almeno si sa chi sono, Ukita?" chiese quest'ultimo, buio in viso.
"No, anche se hanno lasciato un messaggio anonimo per spiegare i motivi del loro gesto. Ma non preoccuparti, Light-san, penso che appena si saranno calmate le acque, il capo della polizia..."
"...deciderà di smettere di dare la caccia a Kira," concluse L, interrompendo il pensiero del poliziotto.
"Cosa? Cosa te lo fa pensare?" domandò lui, incredulo. "Perché la polizia dovrebbe abbandonare il caso Kira?"
"Se fossi nei panni del capo della polizia, io farei così,” dichiarò L. “In fondo, ormai tutti vedono quell'assassino come un semidio, e di conseguenza giudicano la lotta contro di lui impossibile, persino autodistruttiva. Se non succederà dopo i fatti di oggi, questa decisione verrà presa presto, quindi vi consiglio di prepararvi all'eventualità, signori.
"Inoltre... non possiamo escludere che i membri di questo fantomatico gruppo siano pedine di un piano di Kira, e per questo da oggi dovremo interessarci anche a loro, per evitare che in futuro ci rivelino brutte sorprese. Ma cambiando argomento..." continuò il giovane, sollevando il foglio che ancora reggeva fra le mani, "...ho appena avuto la conferma che nella giornata di ieri i criminali hanno continuato a morire fin verso la mezzanotte, ma fra di essi non c'era nessuno di quelli comparsi al telegiornale della sera. Successivamente, gli omicidi sono cessati". Si voltò verso Light: "E' strano Light-kun, non trovi?"
"Uh?" mugolò lui, preso in contropiede. "Si. Molto".
"Ma che sta facendo Misa?" pensò come Kira nello stesso istante. L'ultima volta le aveva ripetuto di continuare le esecuzioni al posto suo come al solito, in modo da non destare sospetti... cos'era adesso questa storia?
"Beh, chissà cosa passa per la testa a Kira," commentò alzandosi in piedi per evitare di guardare in faccia il detective davanti a lui. "Ti aiuterei volentieri a risolvere questo nuovo enigma, ma come sai devo andare da Sayo".
L abbassò il fax, fissandolo: "Già..." annuì.
"Anche se credo che avresti fatto meglio ad avvertirla del mio arrivo".
"Io no".
Light socchiuse gli occhi: “Come preferisci, Ryuzaki. Allora vado”.
"Ti seguo sullo schermo," disse L. "Buona fortuna".
”Grazie,” mormorò Light, allontanandosi.
L, stringendosi le ginocchia, lo guardò uscire dalla stanza. Aveva davvero preso la decisione giusta? Se Light era Kira, una volta venuto a conoscenza dei poteri di Sayo avrebbe potuto ucciderla o cercare di sfruttarla per i suoi scopi. Non si sarebbe mai lasciato sfuggire un'occasione del genere. Certo, lui avrebbe monitorato tutto: ma ciò non lo faceva sentire più tranquillo.
Oltretutto, ragionando sul carattere e sulle capacità mentali della ragazza, L aveva concluso che le probabilità che lei si accorgesse di un'eventuale tranello tesole da Light erano inferiori al 2%, mentre al contrario c'erano il 98% di possibilità che a lungo andare lei finisse per innamorarsi di lui e passare dalla sua parte, ed in questo caso sarebbero stati guai seri, per lei, per lui stesso e per tutti.
...
Forse aveva davvero sbagliato, ma ormai non poteva più tornare indietro. L’aveva detto fin dall’inizio: pur di incastrare Kira, era disposto a tutto, persino a mettere in pericolo la propria vita...
...e quella di una ragazza innocente.
Mordendosi il labbro inferiore, L riportò sullo schermo del suo computer le immagini della telecamera nella stanza di Sayo, ma quando sollevò gli occhi su di esso rimase di sasso: la stanza era completamente vuota.


Sayo avanzava con cautela nel corridoio dell'infermeria deserta: si era stancata di starsene in quella stanza ad impazzire di solitudine e noia. Dopo aver pensato a lungo, aveva preso la sua decisione; si era quindi alzata, si era rivestita ed era sgusciata fuori. La porta era chiusa a chiave, ma già qualche giorno prima la ragazza si era resa conto di poter varcare facilmente qualunque tipo di ingresso senza problemi. La scoperta di questa sua capacità non l'aveva preoccupata, né lei ci aveva pensato troppo: era una cosa così naturale che le veniva spontaneo farlo.
Raggiunse la porta dell'infermeria: anche quella era chiusa a chiave, ma non era un problema. Sayo poggiò una mano su di essa, chiuse gli occhi...ma in quello stesso momento qualcuno spalancò la porta dall'esterno e lei, sbilanciata, ricadde in avanti.
"Wahaaa!"
"Ma che diav-"
BUM! Light sbatté con violenza la schiena a terra, e quando rialzò la testa si ritrovò addosso la ragazza.
"Ahia," iniziò a mugolare lei, che probabilmente non si era accorta di essere finita in una posizione alquanto equivoca. "...ma perché deve finire sempre... O mio - SCUSAMI!!" le guance infiammate, Sayo si rimise in piedi velocemente.
"F-Figurati" balbettò Light, abbastanza sconvolto. Nella foto, quella ragazza gli era sembrata più tranquilla. Si rialzò anche lui, spolverandosi i vestiti, più che altro per recuperare la calma. "Tu...devi essere Sayo, vero?" le domandò infine, fissandola.
Lei ebbe un sussulto: aveva già visto quello sguardo penetrante da qualche parte. "Si, e tu chi sei?"
"Light Yagami. Piacere," fu la risposta del ragazzo che sorrise, tendendole la mano.
Lei, nervosa, non la prese: "Scusa, però ti ho chiesto chi sei".
Light non si scompose. "Direi... Il miglior amico di Ryuzaki," spiegò.
"Ah...".
Sayo, ingenuamente, squadrò Light da capo a piedi: era un ragazzo davvero bello. Si concentrò sull'aura che fiammeggiava intorno al suo corpo, rossa come il sangue, tanto da farle impressione.
”Troppo sicuro di sé, forte, orgoglioso. Tende ad usare gli altri per raggiungere i propri scopi. Ed é un assassino…”
La ragazza si chiese quante possibilità ci fossero che il miglior amico di Ryuzaki potesse ucciderlo a tradimento.
"Tutto a posto?"
"...".
Light Yagami. Sayo ricordava che quel ragazzo era una persona importante per lei, ma il motivo le sfuggiva.
Aggrottò la fronte, mentre nella sua mente riaffioravano vaghe immagini confuse.
"Ehi..."
La ragazza ritornò di colpo alla realtà e, assunta un'aria contrariata, incrociò le braccia: "Ryuzaki?" ripeté. "Lo sapevo, quell'antipatico. Aveva detto che mi avrebbe lasciata in pace".
Light fece spallucce.
"Perché sei qui?" gli chiese lei.
"E tu perché scappavi?" domandò lui di rimando.
"Perché lì dentro mi annoio," fu la risposta quasi triste della ragazza. "Yagami-san, ti va di fare un giro?"
Light strinse la labbra, agitato: non c'erano telecamere in quell'infermeria, né nei corridoi lì vicino: L l’avrebbe ucciso. Se Light voleva risultare simpatico a Sayo non poteva dirle di no, ma allo stesso tempo doveva portarla in un posto da cui L avrebbe potuto osservali. Il ragazzo realizzò all'improvviso che al bar su quel piano, quello in cui facevano sempre colazione, c'era la sua salvezza, un paio di telecamere di sorveglianza.
"Va bene. Vieni con me, ti offro qualcosa".

Pochi minuti dopo, i due ragazzi erano ad un tavolino del bar: era una sala abbastanza spoglia, senza finestre e illuminata a giorno da lunghi neon appesi al soffitto. Light ebbe alcuni problemi a rintracciare l'unico l'inserviente che se ne occupava, ma riuscì infine ad ottenere due caffé, che portò lui stesso al tavolo.
"Grazie," gli sorrise Sayo, prendendo fra le mani la tazza bollente che lui le porgeva.
Lui fece un cenno col capo in segno di riconoscenza, quindi le si sedette di fronte. Era certo che L avesse già scoperto dove si trovavano, e forse li stava già spiando. Con gli occhi del detective addosso, non poteva permettersi di fare neanche un passo falso. D'altro canto, per ora non era necessario: voleva solo scoprire se quella ragazza rappresentava davvero un pericolo per lui.
Al momento non sembrava proprio, ma era meglio non abbassare la guardia.
Prese una bustina di zucchero. "Sayo, quanto zuc-" iniziò a dire, ma si interruppe quando si accorse che lei stava già bevendo.
Rimase a fissare la scena, sinceramente sorpreso.
Lei lo notò. "Tutto ok?", gli chiese, abbassando la tazza.
"Si, certo," si affrettò a rispondere lui, riprendendosi. Svuotò una bustina di zucchero nel suo caffé e mescolò con cura. Decisamente, pensò, a quel mondo non esisteva una via di mezzo.
Dopo che entrambi ebbero sorseggiato il caffé in silenzio, Sayo si decise a domandare a Light: "Allora?"
"Allora cosa?" chiese lui, simulando un'espressione innocente.
"Ryuzaki ti ha chiesto di venire qui per convincermi ad aiutarlo...giusto?"
"Ah... beh, si. E' molto preoccupato per questo caso".
"Caso?" ripeté Sayo, inarcando le sopracciglia.
"Certo, é un detective," spiegò Light, confuso da quella reazione. "Non lo sapevi?" chiese poi. "Non sa neanche chi è Ryuzaki!" pensò nello stesso istante. Probabilmente, lui non glielo aveva mai rivelato, e se era così, allora Light aveva combinato un guaio. "Ormai è andata, non posso certo rimangiarmi la parola. Ma Ryuzaki avrebbe dovuto avvertirmi, accidenti a lui...".
"Vedi, attualmente si sta occupando del caso Kira," decise di concludere.
Sayo ebbe un brivido. "K-Kira?"
"Si, proprio lui," annuì Light, colpito dalla reazione della ragazza. "Tu forse sai qualcosa di lui..?"
"Di...di quell'assassino spaventoso?" mormorò lei, a voce bassissima, senza staccare gli occhi da Light. Per un attimo, l'aura rossa del ragazzo si confuse con lui: non era più il ragazzo gentile di pochi istanti prima, era un'altra persona. Aveva i capelli rossi, gli occhi iniettati di sangue, e lo sguardo diabolico di uno...
...Shinigami.
Fu un attimo...
Sayo tornò a fissare la tazza vuota davanti a lei. "N-No... Non so nulla," ammise, tremando. "Però...mi ricordo benissimo di quel tipo, lui mi fa...paura".
"Mi dispiace," disse Light in tono consolante, ma non meno concentrato di prima: quella spiegazione non lo convinceva del tutto. "Magari è per questo che non ricordi il resto, sei rimasta sconvolta da ciò che hai visto".
"C-Che cosa dovrei aver visto di così importante?"
"Non so dirti di preciso. Ma Ryuzaki è convinto che tu abbia incontrato Kira".
"I-Io incontrato Kira?" ripeté lei, con terrore crescente.
"Ma può darsi che si sbagli!" esclamò velocemente Light, che non aveva alcuna intenzione di farle avere un attacco di panico per poi passare il resto dell'appuntamento a consolarla. "Non è detto, e poi se non ricordi nulla può benissimo darsi che effettivamente non sai nulla".
"D-Dici?" sussurrò lei spaventata. "Ma... hai detto che Ryuzaki è sicuro!".
"Ti ripeto che potrebbe essersi sbagliato! Ad ogni modo, per ora cercherò di convincerlo che tu sei in buona fede, d'accordo?"
"U-Uhm,” annuì Sayo, chinando la testa. “Non si fida proprio di me, eh?" si lasciò sfuggire lei.
"Perché, credi che di me si fidi?" replicò Light con noncuranza. "Pensa che sospetta che io sia Kira, figurati!" esclamò poi, scoppiando in una risata.
Sayo sollevò la testa di scatto, guardando il ragazzo di fronte a lei con occhi sbarrati.
Fu da quello sguardo atterrito che Light si convinse che lei non stava mentendo: quella ragazza aveva davvero paura di Kira. Un esserino spaventato come quello non gli avrebbe mai dato grane. Non aveva neanche bisogno di ucciderla...subito. Bastava metterle in testa che Kira uccideva chiunque provava a fermarlo. Magari più in là, quando fosse stato sicuro che L non lo stava osservando. In questo modo, anche se lei fosse davvero a conoscenza di qualcosa, non l'avrebbe mai rivelata a nessuno per paura. "Ma io non lo sono, credimi," disse con la sua voce calda e rassicurante. "Anche io vorrei vedere quell'assassino con un paio di manette ai polsi… non mi piace quello che fa".
"Neanche a me," ammise Sayo, riabbassando lo sguardo.
"Ascolta Sayo, non preoccuparti di nulla, ci penserò io a chiarire le cose con Ryuzaki. Non ti meriti tutto questo. Sei una persona stupenda".
Light disse queste parole con un tono così dolce che Sayo ne rimase colpita, o forse fu il suo sorriso incantevole a farle questo effetto. Tutto quel discorso l'aveva confusa, ma a quel punto non impiegò che un secondo per decidere cosa fare.
"Y-Yagami-san," balbettò.
"Si?" rispose lui.
Sayo si portò i pugni al petto: "G-Grazie di tutto, tu sì che sei una brava persona!" gli disse, commossa.

Mentre Light, con una risata imbarazzata, si portava una mano dietro la testa e mormorava ridendo un: "Dai, chiamami pure Light-kun!" L, dalla sua postazione, lasciò andare un qualcosa a metà fra un sospiro sollevato ed uno sbuffo annoiato. Le telecamere del bar non avevano l'audio, ma leggendo un po' il labiale e concentrandosi sulle espressioni dei ragazzi era riuscito più o meno a capire la piega della conversazione. Poggiò la tazza di té che stava sorseggiando sul piattino, pensieroso.
"Sta funzionando!" gridò in quel momento Matsuda dall'altra parte della stanza, attirando la sua attenzione.
"Però è strana, con nessuno di noi aveva mai sorriso così," osservò Ukita.
"Io non credo che stia fingendo, mi sembra sincera. E poi Light è un playboy," sussurrò Aizawa con aria assorta.
L si accorse in quel momento che i tre poliziotti, approfittando dell’assenza del sovrintendente, stavano guardando la stessa scena che lui stava seguendo sul suo schermo con lo sguardo acceso di tre drogati da reality show. "Ma non dovevano controllare i movimenti di Kira?" si chiese, irritato.
Deciso ad ignorarli, tornò a concentrarsi su Light e Sayo.
Intanto, però, i poliziotti continuavano a parlare fra loro:
"Eh, il figlio del signor Yagami ci sa proprio fare," riprese Aizawa.
"Si, e Ryuzaki ne è invidioso, poverino. Avete visto che faccia che ha?" sogghignò Ukita.
"Beh, in fondo lui odia perdere. E poi secondo me quella ragazza gli piace," osservò Matsuda, anche lui ridacchiando.
"Se proprio devo scegliere una persona con cui avere a che fare, la preferisco meno frivola, Matsuda-san".
Matsuda, nel ritrovarsi di colpo L alle spalle, si fece di mille colori.
Aizawa ed Ukita si voltarono rapidamente verso le loro rispettive postazioni con l’aria di due bambini colti in fallo. Un istante dopo, i loro computer erano tornati a visualizzare i TG locali.
Matsuda, dal canto suo, di fronte agli occhi scintillanti del detective assunse un'espressione che andava ben oltre l'imbarazzo: "S-Si, lo so, Ryuzaki, scusami, abbiamo Kira ed il secondo Kira da catturare...".
"Ti sbagli," lo interruppe L, inclinando la testa da un lato. "Solo Kira. Il secondo Kira è già nostro".
"Eh?"
Scansando Matsuda, L digitò una sequenza di tasti dal suo pc: uno degli schermi si illuminò, mostrando una nuova immagine. "L'ho fatta arrestare da Yagami-san. Ora lui e Mogi-san stanno perquisendo la sua casa in cerca di ulteriori prove della sua colpevolezza," commentò il detective.
Matsuda, sconvolto come gli altri poliziotti, fissò la ragazza comparsa sullo schermo: era legata ed imbavagliata, tenuta prigioniera in una cella in chissà quale luogo sconosciuto. "MI-MISA-MISA..?! Ma cosa le hai-".
”Dispiace anche a me, ma è sospettata di essere Kira, abbiamo dovuto prendere precauzioni…”
"Ryuzaki, da quanto tempo è lì?!" domandò uno stravolto Aizawa.
"Precisamente da quando sono cessati gli omicidi di nuovi criminali".
I poliziotti si guardarono l'un l'altro, spaventati.
"Non lo dite a Light per ora, per favore,” sussurrò L con un dito alle labbra. “E vi prego di concentrarvi sul vostro lavoro, anche se non sembra è una cosa seria".

****

Light e Sayo rimasero insieme per un’oretta. Rotto il ghiaccio, lei gli parlò per tutto il tempo come se fosse un vecchio amico, ma non accennò più né a Ryuzaki né a Kira. L, per quanto possibile, cercò di capire di volta in volta cosa si stessero dicendo i due, anche se non riusciva a concentrarsi molto: vederli così vicini gli dava una vaga sensazione di fastidio. Ma cercò di non pensarci. I suoi occhi erano fissi su Sayo: lei era in qualche modo diversa da come la ricordava, il suo comportamento divergeva dagli standard caratteriali che lui aveva preventivato, era quasi sospetto. Certo, era goffa tanto quanto prima – ed L se ne rese conto quando rovesciò la sua tazza di caffè addosso a Light, prima di urtare contro una sedia – ed arrossiva e farneticava esattamente come aveva fatto con lui, però… c’era qualcosa di strano.
Sayo sorrideva a Light, gli parlava, lo ascoltava, sembrava totalmente presa da lui, ma più di due volte L aveva notato il suo sguardo svuotarsi e diventare lontano, quando era sicura che Light non potesse vederla. Forse questo segno di disattenzione significava che lei stava fingendo con Light? Ma se era così, era solo perché non si fidava di lui, o perché c'era qualcos'altro?
Quando infine Light, dopo aver riaccompagnato Sayo nell’infermeria, tornò da lui, L lo ringraziò per ciò che aveva fatto e quindi lo congedò. Non gli disse nulla di Misa: in fondo, Kira non avrebbe impiegato molto tempo per scoprire che il secondo Kira era stato rapito.
Il resto della giornata trascorse velocemente. A notte fonda, il signor Yagami tornò da lui con il resoconto della perquisizione della casa di Misa: L lo sfogliò avidamente ma, come gli aveva preannunciato il sovrintendente, in quella casa non c'era assolutamente nulla di sospetto. Misa era pulita.
Ciò significava che quella ragazza dal viso angelico di una bambina non era il secondo Kira?
Però gli omicidi erano cessati proprio quando lei era scomparsa.
E se Misa fosse stata manipolata da Kira?
L strinse forte le mani sulle gambe: non ne poteva più. Era tutto il giorno che continuava a porsi domande di cui non trovava risposta.
In realtà, non c’era altra soluzione. Doveva scoprire come uccideva Kira. Doveva scoprire al più presto come uccideva Misa. Doveva far parlare lei, o Sayo. Gli bastava la confessione di una sola delle due. Era ad un passo dalla soluzione del mistero...come poteva fare la mossa decisiva?
L passò l'intera notte a pensare, e Watari, sotto suo ordine, passò l'intera notte nei sotterranei della base, il luogo segreto in cui Misa era tenuta prigioniera.
Quando l’inventore, la mattina successiva, tornò da L, lo trovò ancora immerso nei suoi pensieri. Gli poggiò accanto il caffé (che aveva previdentemente già zuccherato) ed una fetta di torta.
Il ragazzo non lo guardò neanche, ma prese istintivamente in mano la forchetta. "Com’è andata?” gli chiese con voce piatta.
Watari, sospirando, gli spiegò che, per quanto avesse provato a farla parlare, Misa non aveva confessato nulla. Al contrario, aveva continuato fino alla fine a dichiararsi innocente, ma il test che lui aveva eseguito con la macchina della verità rivelava che la voce ed il corpo della ragazza tremavano quando lei diceva quelle parole, ed il battito del suo cuore aumentava vertiginosamente di ritmo.
Ovvero: Misa negava, ma con tutta probabilità stava mentendo.
Nonostante avesse fallito la sua missione, però, Watari in quel momento non poteva fare a meno di gioire internamente: quella era la prima volta in tre giorni che L accettava di mangiare.
Anche se forse era solo perché era così concentrato da non rendersi conto di cosa stava facendo.
”Misa non parlerà... Proprio come immaginavo…” mormorò L soprapensiero, quando Watari ebbe finito il suo prevedibile resoconto.
Si era reso conto da tempo di essere in una situazione di stallo, ed attualmente le variabili in gioco erano così tante da perderci da testa. Durante la notte aveva elaborato un nuovo piano, ma non aveva ancora in mano il potere necessario per realizzarlo. Strinse la forchetta in modo convulso, infilzando un pezzetto di torta e portandosela alla bocca.
I lati delle sue labbra si incurvarono in un'espressione funerea. "Watari," mormorò a voce bassissima. "Io odio la torta di ciliege".
L'anziano tossicchiò, imbarazzato. "Lo so..." disse a mò di scusa. "Purtroppo...Sayo..."
L si voltò verso il suo tutore, molto lentamente: "Cos'ha combinato stavolta?" sibilò.
"Ecco..."
"Che altro è successo?"
"Vedi, Ryuzaki…” sospirò Watari, con un’aria avvilita che non era affatto da lui. “Stamattina era scappata di nuovo... e mi ha raggiunto nelle cucine, mentre stavo tagliando le ultime fette del tuo dolce preferito. Non so bene neanche io cosa sia successo, ma… quando lei mi ha chiesto se poteva prenderlo lei, io… non ho saputo dirle di no”.
L non poteva credere alle sue orecchie. "Cosa?" disse, stravolto.
”Mi dispiace…”
Il giovane rimise a posto la forchetta, rimettendosi in piedi. Questo era troppo.
"Io la ammazzo," mormorò fra sé e sé L a denti stretti, per tutto il percorso dalla sua postazione all’infermeria. In pochi secondi raggiunse la porta della stanza di Sayo, bussò velocemente e quindi aprì la porta.
"Che cosa ti sei messa in testa?!" esclamò una volta entrato, senza dare a Sayo il tempo di dire neanche una parola.
Lei, che indossava i vestiti del giorno prima, accovacciata davanti alla finestra non sembrava sorpresa di vederlo. "Lo sapevo che saresti venuto," osservò atona, ingoiando con noncuranza l'ultimo pezzetto di torta alle fragole.
Della SUA torta alle fragole. "Tu…" sibilò L, pericolosamente.
”Perché non mi hai detto che eri quel detective?” lo interruppe lei seria, posando sul davanzale il piattino. “Pensavo che ci tenessi, a farmi recuperare la memoria”.
”L’hai fatto?”
”No”.
”Tsk,” commentò lui, frustrato. In fondo, se ora si trovava in questa situazione la colpa era tutta di Sayo. Era da quando l’aveva conosciuta che lo stava facendo stare da schifo. Nessun altro l'aveva mai fatto stare così. Quella ragazza faceva di testa sua, gli intralciava le indagini, aveva rischiato di farlo ammazzare. Ma in fondo, queste cose erano solo bazzecole. Non importava. Non importava nulla. La cosa più grave era che Sayo si era permessa di mangiare le SUE fragole, che Watari era andato a comprare appositamente per LUI.
Tutto, tutto, ma i suoi dolci.
In un attimo, L raggiunse la ragazza e la afferrò per un polso, trascinandola quasi di peso fuori dalla stanza.
"Ehi, ehi, ehi, che stai facendo?!"
"Non peggiorare la situazione".
"Dove mi stai portando? Lo sapevo, sei solo un pervertito!"
”Almeno non sono perverso come te, Sayo,” sbottò lui. “Ma questo è un altro discorso. Ora, se proprio vuoi saperlo, stiamo andando a casa”.
”A…casa?” ripeté lei, senza capire. "A casa di chi?"
"Tua, naturalmente," spiegò L, senza aggiungere altro.

****

Meno di mezz'ora dopo, Sayo stava percorrendo a passi incerti il piccolo atrio dell’appartamento all'occidentale in cui L l’aveva portata.
”Davvero abitavo qui?” gli chiese, incredula.
Lui richiuse la porta di legno alle sue spalle. ”Si. Ti eri trasferita da poco,” ammise.
Lei si guardò intorno, sempre più stupita. Quell’ambiente le era del tutto sconosciuto. Attraversò a gran passi la prima stanza della casa, un salottino con un angolo cottura, poi entrò nello stretto corridoio affianco ad essa, dove c’erano altre due semplici porte di legno. Si fermò solo quando ebbe trovato ciò che cercava: nell’ultima stanza in fondo al corridoio, in una camera da letto semplice ma ordinata, c’era una specchiera su cui qualcuno aveva attaccato alcuni promemoria ed un paio di foto. Sayo ne staccò una: nonostante la penombra dovuta alle imposte della finestra semiabbassate, riuscì a riconoscere nella foto una bambina che le assomigliava terribilmente, tenuta in braccio da un uomo. Sorridevano entrambi. Lei aveva uno zainetto sulle spalle. Sul retro della foto, c’era scritto: “Ichigo ed il suo papà, primo giorno delle elementari”.
Sayo rimase a lungo a fissarla.
”Ichigo…” pensò. “Ichigo…”.
”Questa doveva essere la tua stanza…” osservò L, entrando a sua volta. Provò a sedersi sul lettino dalle lenzuola impolverate ma, con sua sorpresa, non appena vi poggiò sopra una mano, quello che lui aveva scambiato per un cuscino poggiato al centro del letto prese vita e lo morse. Trattenendo un’esclamazione di sorpresa e dolore, il detective riuscì a fatica a ritrarre la mano. ”…e questo doveva essere il tuo gatto,” gemette mentre l’animale, spaventato, fuggiva via dalla stanza.
Sayo, sempre stringendo la foto fra le mani, corse anche lei fuori. L, sorpreso, provò a seguirla, ma ben presto si accorse che lei non era più nell’appartamento. La ritrovò, dopo una rapidissima ricerca, mentre fissava un punto imprecisato di un muro del vicolo proprio di fronte alla casa.
Non sapeva perché, era agitato. Sayo aveva preso di colpo un'espressione troppo seria. Restò in attesa per molti minuti, ma infine si decise a raggiungere la ragazza, che pareva quasi ipnotizzata, e a poggiarle una mano sulle spalle. ”Ichigo..?” sussurrò.
”Ti sbagli,” rispose lei lugubre, stringendo il pugno: la fotografia che stringeva si accartocciò. “Io sono Sayo. Ichigo non c’è più. E tu, Ryuzaki…” continuò, girandosi verso di lui, “…stai sanguinando”.
L, d’istinto, si guardò la mano: il morso di quel gatto gli aveva lasciato un segno ben visibile sul dorso. ”Non è niente,” disse, facendo un passo indietro. Si rimise le mani nella tasca, voltandosi dall'altra parte. “Ora andiamo, si fa tardi”. Si allontanò per primo.
Sayo restò immobile ancora qualche secondo, quindi fece per seguirlo. Ma qualcosa, comparsole davanti all’improvviso, le impedì di andare oltre.


L era a pochi passi dalla limousine in cui Watari stava pazientemente aspettando, quando si accorse che Sayo non era più dietro di lui. Si guardò un attimo intorno, scorgendola infine con la coda dell’occhio mentre compariva dall’angolo.
"Ryuzaki!" gridò lei, raggiungendolo di corsa.
"Che c'è?" chiese lui impassibile. Dato che Sayo non gli rispose, si voltò indietro nella sua direzione, ritrovandosi faccia a faccia con il gatto che poco prima l’aveva morso.
Istintivamente fece uno scatto indietro, poi guardò prima il gatto e quindi la ragazza che speranzosa lo reggeva fra le braccia.
"Assolutamente no," disse, prima ancora che Sayo avesse il tempo di parlare.
"Ma… è così carino!” protestò lei. Il gatto, dal canto suo, soffiò minaccioso nella direzione di L.
"Indubbiamente,” replicò lui, “ma non possiamo portarlo alla base".
Sayo sbuffò. ”Perché lo tratti male? Lui ti somiglia”.
L sbarrò gli occhi, fissando il gattino: era bianco, con il pelo folto, gli occhi scuri ed aveva delle macchie nere sulla coda, su una zampa ed intorno ad un occhio. E ringhiava verso di lui. ”E’ solo un gatto selvatico”.
”Appunto”.
”Ascolta, ci sono già fin troppi animali lì dentro,” sospirò L. “E poi guarda,” disse indicando un angolo della strada, da cui era appena un gruppetto di randagi. “Lì ci sono i suoi amici che lo cercano, lascialo andare, su".
A quel punto, Sayo parve arrendersi. Rimise a terra il gattino, che subito corse verso gli altri. “Myah~” lo salutò con la mano, quindi rientrò nella limousine.


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Capitolo 14
*** XIII ~ Rinuncia ***


Rieccomi

Rieccomi, dopo quasi due mesi di assenza! Questo capitolo è stato scritto in questi tristi giorni natalizi, in cui già il mio solito ‘terrore per gli esami imminenti’ aleggia come un lugubre fantasma sulla mia testa...ma lasciamo stare! Il chap ha subito un taglio netto, perché inizialmente il dialogo fra L e Light era stato programmato per essere un ‘duello mentale’ fra i due; poi, però, ho deciso di dare spazio alle frasi pronunciate da loro, lasciando alla fantasia il reale pensiero dietro quelle parole buttate in tono spontaneo e ostentatamente indifferente.
Ok, ora la smetto di sclerare e rispondo alle recensioni. xD

@Marghe:
Felice che la pensi così!!*____*;;; Perdonami per il ritardo immenso: cercherò di rimediare, nei prossimi giorni, I swear!
@Xendor: Ti ringrazio!! In realtà spero di continuarla e concluderla il più presto possibile: ho una voglia immensa di scrivere tutto ciò che mi gira per la testa da mesi, e se la cosa fa piacere a voi, a me non può che dare gioia!^O^
@Anansy: Chu, ganbatte per il tuo Marluxia! (cattivo...) Eppure quel micio era così socievole… xD
@DarkRose: Wah, non sai quanto piacere mi facciano le tue recensioni (chilometriche e non XD)! E soprattutto, non sai quanto sia felice per averti risollevato il morale. ç*ç;; Be happy, ok? Sussurrerò alla coscienza di Sayo di non farsi abbindolare da Light; anche se tu sai quanto sia incerta sull’argomento: ‘Con chi deve stare Sayo? E soprattutto, starà con qualcuno?’… no, scherzo, in realtà è già tutto scritto, devo solo concludere alcuni pezzi, mwahahaha! *O*;;; Tvb. ^*^;;
@Kyah: Ma lei non l’ha fatto mica apposta!xD [Credici, ti prego!] …lol, accie per la recensione!xD
@Fredyck: Nooo!!xD Studia, o diranno che la mia fic è diseducativa!xD Riguardo ai bloopers: questa è una fanfic, per cui io ho immaginato che la lifespan di L fosse corta, ma appunto non necessariamente nell’anime è così.^*^; Per il resto, mi sono ispirata tantissimo al primo film, ed in effetti hai ragione, il carattere di Light è preso da lì, come anche l’idea che con il Death Note si possa comandare ad una persona di ucciderne un’altra, con qualche ‘giochetto’ di penna. Spero di aver chiarito le tue perplessità. ^.-
@Freija: Si, L somiglia ad un gatto, ed è stupenda questa cosa, vero?**; (<- occhi a cuoricino xD). [anche se a lui non piacerebbe saperlo XD]
@Shirahime88: Chu, effettivamente Light è uno psicopatico, ma ha fascino quando ci si mette… chissà, chissà. xD
@Rossychan: Grazie dei bei complimenti! Spero di averti soddisfatta, e soprattutto di poter aggiornare di nuovo come un tempo, ora che ho un po’ di vacanza. ^.- Anche se stavolta non mi sono impegnata molto...ho molte idee da buttar giù. *ò*;


Piece XIII ~ Rinuncia.

Misa piangeva.
Grosse lacrime calde, sfuggite dalla mascherina nera che le copriva gli occhi, le rigavano le guance struccate e smorte per la disperazione ed il nervosismo, soffermandosi lungo il mento, prima di cadere giù, a terra.
“Non ne posso più,” sibilò la ragazza, accasciata in piedi sulla piattaforma a cui era legata, all’orrenda voce metallica che da ore la interrogava su Kira. “Smettila…”.
Era stata imprigionata da tre giorni, ma queste erano le prime parole diverse da ‘No’, ‘Non so nulla’, ‘Non so di cosa tu stia parlando’ che aveva pronunciato in 72 ore di interrogatorio.
All’ìmprovviso, Misa fece scattare la testa in alto: ”Allora rinuncio,” disse.
”Signorina Amane-san… a cosa rinuncia?” chiese la voce metallica dal microfono della telecamera con cui stava osservando la ragazza.
”Rinuncio a tutto, va bene così?!” prese a gridare lei. “Basta che tu faccia finire tutto questo! Non ne posso più! SI, RINUNCIO, RINUNCIO A TUTTO!”.
Watari, seduto alla sua postazione dall’altra parte dello schermo, lasciò andare il microfono e raccolse velocemente dalla scrivania il suo telefono. Senza staccare gli occhi da Misa, che aveva iniziato a strillare come in preda ad un attacco, compose velocemente un numero. Ma Misa si accasciò senza sensi sul posto prima che Watari potesse ottenere risposta. Il cellulare continuò a squillare a vuoto per molti secondi, finché la linea non cadde.
Watari realizzò che avrebbe dovuto sbrigare quella faccenda da solo.


L poggiò la mano fredda al vetro a specchio della finestra, guardando fuori. Si trovava nella stessa hall al piano terra in cui era stato solo pochi giorni prima. In fondo quei locali di rappresentanza gli piacevano, avrebbe dovuto tornarci più spesso: sembrava di essere in un altro mondo, era rilassante.
Aveva pregato Watari di contattarlo non appena avesse avuto novità su Misa, eppure aveva lasciato vibrare il suo cellulare nella tasca senza rispondere. In strada, nonostante fosse ormai quasi sera, la gente affollava i marciapiedi: uomini o donne che tornavano dal lavoro, ragazzini che correvano ridendo, coppiette che camminavano mano nella mano. Lui poteva vedere loro, ma loro non potevano vedere lui. Loro vivevano la loro vita, lui era bloccato dall’altra parte dello specchio.
Non che la cosa gli importasse; aveva scelto lui di essere diverso.
Ma nonostante tutto, qualche volta, guardando fuori, lui-
”..dannazione, mi stai ascoltando, Ryuzaki?!”
La voce tonante di Light richiamò il giovane alla realtà. Sollevò impercettibilmente un sopracciglio. “Sinceramente no, Yagami-kun. Mi sembra che tu abbia perso un attimo la testa,” mormorò, senza muoversi dalla sua posizione.
Light, in piedi alle sue spalle, portò una mano a coprire un occhio, le dita che spettinavano la frangia castana. L gli lanciò un’occhiata furtiva: sembrava che stesse facendo un grande sforzo per recuperare la calma persa solo pochi istanti prima. Quando a lui accadeva così, gli bastava una tazza di tè caldo, ben zuccherato. Ma a Light non piaceva il tè, per cui sarebbe stato inutile offrirgliela.
Eppure, a lui era venuta voglia di un tè: ma non era il momento di chiedere a Watari di prepararglielo.
Da parte sua, Light non aveva tardato a rendersi conto della scomparsa di Misa. Gli erano bastati pochi minuti per realizzare che era stato L ad imprigionarla: una deduzione tanto logica quanto banale. Da qui a correre di filato dal detective per ottenere la conferma definitiva, il passo era stato breve. Ciò che lo preoccupava, però, era il perché L avesse compiuto questo passo: aveva scoperto che lei era il secondo Kira, o voleva solo ottenere informazioni da lei?
”Ryuzaki, vorrei solo sapere che cosa ti sei messo in testa,” mormorò infine il ragazzo. “Forse non te ne rendi conto, ma hai oltrepassato il limite. Prima me, poi Misa…che cosa vuoi da lei?”
”Sapere chi è in realtà,” osservò l’altro, pacato. “Nasconde molti segreti, non trovi?”
”Già…” Light parve improvvisamente molto interessato al nodo della sua cravatta: con lentezza, iniziò ad allentarla. ”Come Sayo, no? Cos’è, ora devo andare ad interrogare anche lei, dopo che tu l’hai fatta spaventare con i tuoi modi assurdi? Ora capisco perché sei sempre solo. Ryuzaki, hai idea di come si tratta un essere umano?”
L staccò la mano dalla finestra, voltandosi piano verso Light: ”Perché ti lamenti? Mi pareva foste in buoni rapporti”.
Il suo sguardo era imperscrutabile come al solito, ma quel suo movimento fece sorridere internamente Light, che smise di giocare con la cravatta.
”Dunque mi spiavi,” sospirò, facendo bene attenzione a far trasparire la delusione dal suo tono.
”Sapevi già che l’avrei fatto,” fu la risposta.
”In verità, volevo credere che quando mi hai detto di non aver più sospetti su di me, tu dicessi il vero, Ryuzaki. Volevo credere che dopo tutto ciò che ho fatto per te, tu avessi fiducia in me. Invece mi hai ingannato per tutto il tempo. Che idiota che sono. Ma se vuoi una spiegazione, comunque, eccoti la verità: anche a me il comportamento di Misa era sembrato sospetto. Di conseguenza, ho utilizzato la mia libertà provvisoria per avvicinarla, e continuare ad indagare in privato”.
L, senza staccare gli occhi dal castano, raggiunse una poltrona e vi si accovacciò. ”Interessante. Cosa hai scoperto?” domandò.
Light non riuscì a capire se quella domanda fosse provocatoria o meno. Naturalmente, propese per la prima ipotesi. ”Non ho avuto il tempo di giungere a delle conclusioni. Pare che nasconda bene le sue informazioni, o che sia innocente. Comunque sia, tu l’hai fermata prima che potesse rivelarmi qualcosa di interessante”.
”Peccato.”
L, del tutto indifferente, si voltò nuovamente verso la finestra.
Seguirono alcuni secondi di silenzio, in cui Light si lasciò cadere sul divano di fronte al moro.
”Allora, non mi chiedi come ho fatto ad arrestarla?” chiese lui, in tono quasi infantile.
”Immagino in base a qualche assurda supposizione, dato che nemmeno io sono riuscito a trovare prove contro di lei,” rispose il castano.
“No. E’ bastato un semplice rilievo delle impronte digitali nella stanza in cui l’avevano rinchiusa”.
”Non vedo come abbia potuto esserti d’aiuto”.
L si portò, nel suo consueto gesto istintivo, il dito alle labbra: ”Non è una conclusione così semplice, ma credevo ci saresti arrivato anche tu. Basta entrare nei panni di Misa: se in quel sequestro fosse stata davvero un ostaggio, una volta chiusa in quella stanza, sorvegliata a vista dal complice, la sua mente l’avrebbe spinta ad un bivio: avrebbe potuto scegliere di spaventarsi dalla situazione o di perdere la testa. Nel primo caso, sarebbe rimasta ferma in un punto della stanza, tremante come una foglia, quindi avrebbe lasciato solo impronte isolate in un punto della stanza. Nel secondo caso, avrebbe tentato il tutto per tutto per fuggire, e ci sarebbero stati segni di colluttazione. Ma dal rilievo delle impronte digitali non è emersa né l’una né l’altra cosa. Puoi immaginare cosa è successo quando dopo aver gettato la polvere i tecnici della scientifica hanno spento la luce?”
Light era così irritato e disgustato che non si degnò neanche di rispondere, così L continuò.
”Semplicemente, quando hanno spento la luce, le impronte digitali di Misa hanno illuminato quella stanza come…stelle nella notte. Le impronte erano dappertutto. Pare che Misa abbia raccolto, toccato, sfogliato, qualunque cosa in quella stanza. Come se… come se…”.
”…come se fosse stata libera di cercare qualcosa con cui passare il tempo,” concluse Light.
Annoiata è la parola esatta,” corresse L. “Ci si annoia quando si è in attesa di qualcosa che non avviene. E di certo non mi riferisco alla sua morte, ufficialmente programmata da quei sequestratori”.
“Quindi secondo te questo basterebbe a provare che Misa è stata l’artefice di tutto, e che in quella stanza era in attesa di L”.
”Chissà,” rispose L laconico. “Vedi, è per questo che la sto trattenendo: voglio sapere da lei cosa è successo davvero quel giorno. Purtroppo, si ostina a non parlare; puoi comprendere che questa cosa non faccia altro che aumentare i miei sospetti nei suoi confronti, dato che lei, a differenza di Sayo, è ben consapevole delle sue azioni passate”.
”Capisco, Ryuzaki.”
Light rovesciò la testa sullo schienale. In pochi secondi, la sua espressione si rilassò: abbozzò persino un sorriso. ”Anche io credo che sia così,” disse infine. “Le tue deduzioni sono davvero geniali. Ma se lei è a conoscenza di ciò, perché non confessa?”.
”Probabilmente, qualcuno con cui ha parlato prima che la arrestassi l’ha istruita a non dire nulla in caso di pericolo”.
Fu l’enfasi posta sulla parola qualcuno che fece ribollire il sangue nelle vene a Light. Il suo sorriso mutò rapidamente in stizza: ”E allora cosa vuoi fare, Ryuzaki? Vuoi arrestare anche me? Sono disposto a permettertelo, pur di convincerti che non sono chi tu credi!”
L lo guardò senza capire.
”Tu giochi con me; credi che io non sappia che vuoi incastrarmi? Ma io sono solo uno studente, e sono stufo di questa guerra psicologica. Dimmi, se sospetti di me, perché non lo dici apertamente? Perché non mi metti sotto la tua sorveglianza, come hai fatto con Misa, e mi interroghi fino a che non sei soddisfatto?”
”No”.
”Perché?!”
”Perché tu devi continuare a parlare con Sayo, Yagami-kun. Sai bene quanto ci tenga”.
Light socchiuse gli occhi, fissando L. Si chiese se quelle sue risposte atone erano naturali, oppure facessero parte di una strategia per incastrarlo. Non riuscì a trovare risposta a questo rompicapo senza fine che ad un occhio esterno sarebbe apparso persino comico.
”Va bene,” annuì infine, alzandosi in piedi. “Farò come vuoi, Ryuzaki. Io continuerò ad occuparmi di Sayo, tu di Misa. Continueremo separatamente le indagini, da oggi in poi. Almeno uno di noi dovrà avere fortuna, no?”
L incrociò le braccia sulle ginocchia: ”E’ quello che penso anche io”.
”Allora vado, è quasi ora”.
”Ci vediamo più tardi”.
Light aveva già raggiunto l’uscita, quando alle sue spalle sentì L mormorare: ”Sono curioso di sapere cosa ha scritto su quel quaderno”.
Kira ebbe un fremito. “Cosa intendi dire?!”
Il detective gli lanciò uno sguardo assorto: ”Sai, fra le altre cose, le impronte erano anche su una penna gettata a terra nella stanza. E’ come se Misa l’avesse usata per scrivere qualcosa. Però non hanno ritrovato nulla con la sua calligrafia. Forse ha scritto qualcosa e l’ha portato con lei”.
”Perché…sostieni che abbia scritto su un quaderno?”
”Beh… si scrive lì di solito, no? Appunti, note…appuntamenti, impegni…oppure…ah!”
Sotto lo sguardo terrorizzato di Light, L scattò in piedi, lo sguardo allucinato.
”Che c’è…Ryuzaki?” chiese il ragazzo, aggrappandosi alla cornice della porta.
”Perdona la mia scortesia, Yagami-kun. Sei venuto qui di corsa, e non ho fatto nulla per metterti a tuo agio. Dimmi, posso offrirti un dolce?”
La delicata rifinitura in legno scricchiolò sinistramente sotto le dita di Kira. ”Ti ringrazio, ma li odio,” sibilò.
L’altro si infilò le mani in tasca: ”Peccato, non sai cosa ti perdi”.
”Allora ciao.”
Nero di rabbia, Light si congedò da L, sperando ardentemente che un giorno uno dei suoi stupidi dolci gli andasse di traverso. Effettivamente, avrebbe potuto scrivere una cosa del genere sul Death Note: “morte per soffocamento da cibo”. Sarebbe stata una morte insospettabile. Avrebbe potuto attuarla entro breve tempo, se quell’idiota si fosse fatto vedere da Misa. Una volta che lei avesse associato un volto al nome che conosceva, convincerla a buttarlo giù sul Death Note sarebbe stato uno scherzo.
”Qualunque cosa tu stia pensando, Light Yagami, è ormai inutile: Misa ha rinunciato al suo quaderno”.
La voce di Rem, comparsa di colpo in mezzo al corridoio che stava percorrendo, fece congelare Light sul posto.
Riprese a camminare solo dopo alcuni secondi, ignorando lo shinigami, che prese a seguirlo: nel covo del suo avversario, Light non poteva permettersi di fare alcuna mossa falsa. Dall’esperienza con Misa se ne era reso conto: L poteva guardarlo in ogni momento.
Non era una cosa inquietante; era fastidiosa.
”L’ho convinta io, "continuò Rem. "Non avrebbe resistito ancora a lungo. Le ho detto che lo desideravi tu, per il suo bene. Ora ha perso ogni ricordo legato al Quaderno, ma ricorda ancora di te…”
Senza smettere di camminare, Light si portò due dita al mento, cercando di ragionare.
”Se Misa ha rinunciato al quaderno, ma Rem è venuta a cercare me, vuol dire che probabilmente vorrà consegnarmelo… Avrò così due quaderni a disposizione... Ma se Misa ha perso la memoria, non potrà più essermi d’aiuto con L. Devo inventare qualcosa di nuovo, e forse…forse ho già in mente cosa...”.
Quando, meno di un’ora dopo, Light si trovava a bussare alla porta di Sayo, sogghignava.
”Si, ormai si tratta solo di rifinire i particolari. In fondo, il fatto che io sia in possesso di un Death Note non significa che debba usare per forza quello, per uccidere chi mi intralcia”.
Lei stava leggendo un libro, ma quando vide Light entrare abbandonò la lettura per rivolgergli un radioso sorriso. Ma, dopo aver notato la sua espressione, assunse un’aria preoccupata.
”Tutto bene, Light-kun?”
”Mai stato meglio, Sayo-chan,” fu la risposta di Light, che, entrato, si richiuse la porta alle spalle.

Nello stesso momento, L, informato da Watari della situazione di Misa, stava aprendo la porta di metallo della stanzetta in cui la biondina era tenuta prigioniera.
Lei era seduta, legata, su una sedia di metallo. Aveva ancora gli occhi bendati, e la testa china come se stesse dormendo.
L si portò di fronte a lei. ”Amane Misa?” chiamò.
La testa di Misa scattò in avanti. ”Chi sei?!” chiese, tesa.
”Un agente al servizio di L…”.
”L? Il tizio che mi ha rapita? Che cosa volete da me?! Lasciatemi in pace!”
”Uh? Il tizio che ti ha..?”
”…RAPITA!” strillò Misa. “Un malvagio! E un pervertito!”
L aggrottò la fronte. ”L non è un pervertito. Tra l’altro, lavora per la polizia, e-”.
”P-e-r-v-e-r-t-i-t-o! Pervertito!”
”Amane-san…”
”E poi la polizia non rapisce ragazze innocenti come Misa! Ora liberami, prima che il mio ragazzo ti trovi e te la faccia pagare”.
”Il tuo ragazzo?”
”Light,” piagnucolò Misa, cercando di liberarsi. “Light, Light, Light!”
”Se ti riferisci a Light Yagami, in questo momento sta aiutando la polizia ed L per scovare Kira. E dato che sembra che tu tenga così tanto a lui, potresti aiutarlo. Amane-san, sei a conoscenza di una qualche informazione su Kira?”
”No! No, no, NO! Ve l’ho già detto mille volte. Ed ora liberatemi! ORA!”
L sospirò, poggiando le spalle alla parete metallica dello stanzino.
”Dai, complice del rapitore, liberami! Se mi liberi ti faccio un autografo, ok?”
Quella sarebbe stata una lunga notte.


**********

Extra. L'angolino delle risposte.

Misa: Ta-daaa!!! Eccoci qui, in quest'angolino presentato dalla vostra Misa-Misa, in cui voi lettori potrete porre -a vostro rischio e pericolo- delle domande ai personaggi di questa fic!! Oggi abbiamo con noi...Light Kira Kami-sama-chan Yagami!
Light: *letteralmente trascinato da Misa davanti al microfono* ....=____=;;;
Misa: Ed ecco la nostra stupenda ed insostituibile velina Rem che porta le prime due domande!
Rem: *entra abbozzando una piroetta e le passa due buste*
Misa: *apre la prima* La prima lettera ci è stata spedita dal signor Cipollotto da San Fuorimano, che allega anche una sua foto su cornice digitale LCD e chiede a Light: "In questa fic non sei l'uke di L perché il tuo carattere è ispirato al Light del film, l'unico che più o meno conserva una mera parvenza di virilità?"
Light: ..... Misa, scrivi al signor Cipollotto di andare a farsi f....
Misa: >=o
Light: ...friggere.
Misa: >=D
Light: In padella, tagliato a pezzi, con molto olio bollente ed un pizzico di sale. >=D
Misa: Siiii!!!*O*; *prende il Death Note e scrive quanto detto* Fatto, tesoro! ...ed ora la seconda lettera! *apre la suddetta* Dunque, ci scrive il signor Roger da Londra, che ci chiede: "Com'è possibile che già alla prima puntata di questo angolino ci siano delle domande?"
Light: Non sono affari tuoi, vecchio rimbambito.
Misa: E con l'ultima risposta di Light, terminiamo la puntata. Alla prossima, grazie per averci seguito!^O^;



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Capitolo 15
*** XIV ~ Passaggio ***


Piece XIV ~ Convivenza Light e

Ed eccomi di nuovo qui! Questo è un aggiornamento molto veloce perché... avevo una voglia matta di scrivere questo capitolo. xD
Lo dedico a Nenia, che stamattina con il suo "continua Juuuun!!!", mi ha spinto a scrivere. >****<;; Grazie per sostenermi sempre, sei un tesoro!ç***ç;;

PS:
Leggete la scena extra [segnalata dal (*)] DOPO aver letto il capitolo.
Il motivo è che...beh, lo capirete da soli.
Io vi ho avvertiti. XDDD



Piece XIV ~ Passaggio


Quella mattina, il vento spirava impetuoso sulla città di Tokyo. Dal terrazzo della base di L, Light aveva quasi bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non essere trascinato via. Il cielo plumbeo ricopriva il sole a tal punto che nonostante fossero appena le otto, sembrava essere in piena notte. Lottando contro il vento e le gocce di pioggia, Light richiuse con estrema cura il Death Note di Misa, quindi lo passò allo shinigami di fronte a lui.
"Allora Ryuk...hai capito cosa devi fare, o devo ripetertelo di nuovo?" gli gridò, sovrastando il rumore dell'aria.
Il demone, insensibile al freddo, lo guardò incuriosito. "Si, ripetimelo di nuovo," sghignazzò infine.
Light lo fulminò con un'occhiataccia: aveva sprecato cinque minuti buoni sulla soglia di quel terrazzo (uno dei pochissimi punti dove, aveva scoperto, non vi erano telecamere di sorveglianza...), tremando per il freddo, per spiegare a Ryuk il suo piano fin nei minimi dettagli; la sua era stata una domanda ironica.
"Non sto scherzando, Light! E' che non ho capito bene cosa devo fare dopo avergli dato il quaderno di Misa".
"Fattelo tornare in mente allora, non ho alcuna intenzione di ripetertelo!"
"Sei cattivo con me ultimamente." Ryuk rigirò il Quaderno fra le mani ossute. "Prima hai fatto diventare me il proprietario del Death Note di Misa, poi Rem la proprietaria del tuo quaderno, e poi te lo sei fatto passare di nuovo da lei. In teoria non è cambiato nulla, tranne il fatto che ora io devo andare a consegnare il Quaderno a quel tizio che mi hai indicato e seguirlo per fare ciò che mi hai detto. Mi sembra divertente, per cui per me non ci sono problemi a fare ciò che mi chiedi, ma insomma...ci tieni così tanto a liberarti di me? Cioé mi chiedo, perché devo fare tutto io, mentre Rem se ne resta qui tranquilla con te? Cos'ha lei che io non ho, Light?"
"...è forse una dichiarazione, Ryuk?"
pensò il ragazzo, vagamente intimidito dall'aria ferita assunta dallo shinigami. "Quando hai accettato di aiutarmi non ti ho detto che ti avrei dato spiegazioni. Capirai tutto a suo tempo, Ryuk. Ora muoviti e vattene," disse infine.
"Ok, ok, tanto lo sapevo che non mi avresti risposto..." Lo shinigami spalancò le sua ali e si librò in aria. "Beh, addio!" salutò, prima di svanire fra le nubi tempestose.
Light tornò dentro solo quando fu ben sicuro che lo shinigami fosse davvero andato via.
Richiuse il portone di metallo del terrazzo e si tolse la giacca, umida a causa del vento e dell'acqua portata da esso.
"Che vuoi, Rem?" chiese a bassa voce, incrociando lo sguardo con lo shinigami scheletrico, che lo attendeva lì.
"Nulla," rispose quella. "Non ti chiedo il perché delle tue azioni; mi hai promesso che se avessimo fatto in questo modo Misa sarebbe stata liberata, dunque mi fido. Spero solo per te che tu sappia cosa stai facendo".
Light sospirò annoiato. "Misa sarà libera entro poche ore, se il tuo amico fa ciò che gli ho detto. Quindi sta' tranquilla".
"Non posso stare tranquilla, sapendola in pericolo. Devo accertarmi che stia bene".
"...?"
"Light Yagami, so che dovrei seguirti per il regolamento, ma io non ti sopporto, dunque preferisco evitarti il più possibile. Piuttosto, andrò da Misa, anche se lei non può vedermi... Già, non può più vedermi...".
Sotto lo sguardo allibito di Light Rem, continuando a parlare, scomparve attraverso una parete. "E questa qui? E' innamorata o cosa?"
Si passò una mano fra i capelli: gli umani potevano anche essere interessanti, ma gli shinigami erano davvero stupidi, a volte.

*


Anche se non l'avrebbe mai ammesso, quella mattina L avrebbe volentieri mollato tutto per andare a riposare un po'.
Non era pigrizia; piuttosto, esasperazione, ben celata dietro la sua abituale espressione spenta.
Era stato con Misa fino a pochi minuti prima; credeva che parlandole di persona sarebbe riuscito a districare i suoi dubbi su di lei ma, come Watari gli aveva predetto, una volta rinvenuta la ragazza aveva subito un cambiamento radicale: ora non solo parlava, parlava, parlava senza mai fermarsi, ma continuava a gridare e lamentarsi del fatto di essere innocente. E non faceva altro che dire di Light, di quando lui sarebbe venuto a salvarla sul suo cavallo bianco, spaccando la faccia ai pervertiti che la tenevano prigioniera.
Riguardo il benedetto sequestro, aveva ricreato la versione in cui lei era solo una vittima. E di fronte alle prove della scientifica, lei aveva risposto semplicemente... che non ricordava cosa aveva fatto in quella stanza.
Neanche lei.
Perché tutto questo?!
Non lo consolava neanche la notizia che Kira avesse smesso di uccidere, da quando aveva fermato Amane. Avrebbe potuto consegnarla al governo, che l'avrebbe giudicata colpevole e di conseguenza condannata a morte; ma se lei era davvero il secondo Kira, ciò significava che il primo - Light Yagami..? - appena possibile avrebbe ricominciato ad uccidere, magari donando le sue capacità ad un'altra persona. Ma cosa doveva fare con Misa, se lei non confessava la sua colpevolezza e non gli mostrava l'arma del delitto?
L era così preso dai suoi pensieri, che quando per inerzia raggiunse la solita stanza dorata dai vetri a specchio, per poco non gli venne un colpo nello scoprire che era già occupata da un'altra persona.
E precisamente, dove solo il giorno prima lui stava fissando fuori dalla finestra, ora vi era Sayo, nella sua stessa identica posizione.
Erano giorni e giorni che L non la vedeva; per un attimo, se ne dispiacque. Aveva cambiato stile: ora teneva la i capelli legati in una coda, ed indossava una gonna nera pieghettata, una camicia bianca senza maniche e dei manicotti neri. Era semplice, ma come tutte le ragazze carine, qualunque cosa avesse avuto addosso le sarebbe stata bene.
Ma lui non aveva tempo per queste cose; sopratutto, non per lei, che tra l'altro preferiva Light.
Mentre L realizzava quest'ultimo pensiero, Sayo, accortasi della sua presenza, istintivamente sollevò gli occhi, fissando un punto imprecisato dietro o sopra di lui. L'aveva già fatto molte volte, ma L non aveva mai capito che cosa significasse questo gesto. Stavolta, però, vide con chiarezza che la ragazza, divenuta improvvisamente pallida, stava sussurrando qualcosa come in trance.
Non impiegò molto per leggerle le labbra: 'Dodici ore', aveva detto.
Ma che cosa significava?
"Sayo," la chiamò.
Al suono della sua voce, la ragazza sembrò risvegliarsi da un incubo, per piombare dritta in un altro. "Ehilà, Ryuzaki," lo salutò piano, girandosi dall'altra parte.
Lui imitò quel gesto; c'era qualcosa dentro di lui che lo bloccava. Ma qualunque cosa fosse, venne presto sepolta da un forte sentimento di irritazione. "Non dovresti essere qui," disse. "Perché continui a scappare come una ragazzina?"
"Non sono scappata," replicò lei in tono offeso. "Sono con Light-kun. E' passato stamattina da me. Mi ha accompagnata lui qui, ma ora si è allontanato un momento. Tutto qui".
L, senza cambiare espressione, le diede le spalle. "Bene allora. Ci vediamo".
Fece per andarsene, ma al suo primo movimento, come previsto, sentì la ragazza scattare in avanti, verso di lui.
Colpito e affondato.

Sayo si bloccò in mezzo alla stanza, consapevole di essersi tradita.
L si voltò verso di lei: "Vuoi dirmi qualcosa?" le chiese.
Lei parve esitare per un tempo infinito. "No," negò infine, un vago rossore sulle guance.
"Peccato," commentò l'altro. Condusse un dito sul labbro inferiore, pesantemente inclinato verso il basso. "Perché sai, io invece ho un paio di cose da dirti. La prima è che non sto giocando. La seconda è che se hai in mente di cacciarti in qualche altro guaio, non ho alcuna intenzione di venirti a salvare di nuovo".
Lei non reagì, ma si limitò a difendersi con un vacuo: "Mi dispiace causarti problemi, ma io non ti ho mai chiesto nulla".
"Hai ragione, sono io che spreco il mio tempo con persone sciocche..." continuò lui, sempre con lo stesso tono indifferente ed annoiato, "...e superficiali, che dovrebbero solo crescere".
Stavolta, L conlse nel segno: una luce rossastra brillò negli occhi di Sayo. "Che strano, sentire Ryuzaki che recita queste parole," sibilò senza gioia la ragazza, le braccia incrociate ed una mano sulla guancia. "Proprio, lui che si reputa il miglior detective al mondo, ma di fronte a se stesso nega l'evidenza dei fatti".
Lui la guardò senza capire.
"Che tu non ti stia divertendo con Kira, non ne sono sicura," spiegò lei. "In questo momento, Kira è l'unica persona al mondo che ti interessa. Kira è la tua unica ragione di vita, l'unico avversario davvero degno di te. Come tu, per lui, sei l'unico umano degno di sfidarlo. Siete così simili voi, due anime perse, meschine, che si nascondono dietro la purezza di un ideale..."
"Me e Kira? Scusa, ma cosa può saperne, una come te, di queste cose?" L non aveva intenzione di stare al suo gioco, né di accettare provocazioni. Ma c'erano cose che non poteva più tenersi dentro. "Tu che non fai altro che comportarti come una bambina, quando qui c'è in gioco la vita delle persone. Cosa ti lega a questo posto? Cosa ti lega a me, dato che mostri di odiarmi così tanto? Potresti andartene quando vuoi, se solo ti decidessi a parlare. Oppure potresti usare le tue strane capacità per fuggire da qui. Ascolta la mia ultima teoria: penso che tu, nonostante abbia recuperato ormai del tutto i tuoi ricordi -perché l'hai fatto, non negarlo-, voglia restare qui perché sei complice di Kira. Magari in qualche modo, lui ha scoperto la mia identità, ed ha mandato te per uccidermi, e farlo sembrare un incidente. Si, potrebbe essere una cosa sensata... una come te, è davvero insospettabile".
"Io sua complice? No, ti sbagli. Come dici tu, sono solo una ragazzina. Ed è vero, commetto continuamente errori. Ma cerco di migliorare".
"Allora, se vuoi un consiglio, dovresti impegnarti di più. L'unico cambiamento che ho visto, è stato che da bambina immatura sei diventata ragazzina sfacciata".
Sayo si rabbuiò. "Io invece non ho mai visto nessun cambiamento in te, Ryuzaki; e sinceramente mi dispiace. Mi dispiace tantissimo, perchè in tutta la tua vita tu hai sempre sofferto, e continui a soffrire tutt'ora. Mi dispiace perché hai odiato chi ti ha fatto soffrire. Ma soprattutto mi dispiace che sia solo per vendetta che da questa sofferenza sia nato L.
"Perchè gli altri ti odiavano. Nessuno di loro ti ha mai accettato e tu, pur di non affrontarli, sei fuggito da loro.
"Ti sei convinto di essere un diverso, di non poter più avere contatti con loro.
"Hai cancellato la tua identità, il tuo essere disprezzato, ed hai vissuto la tua vita nascondendoti dietro la maschera della giustizia, dietro il nome di L. Con questo nuovo nome, sei diventato un idolo. Quelle stesse persone che in passato avevano disprezzato l'orfano Lawliet, ora ammirano L, lo invocano, lo amano. Ma loro non sanno che L sei tu, né sanno che sei internamente felice della loro attenzione, perché equivale alla tua rivalsa. Vero, Ryuzaki?".
L aprì la bocca per replicare, ma aveva improvvisamente la gola secca. Gli occhi gli tremavano mentre le incrociava con le iridi rosse della ragazza: lei stava parlando con un tono così lento e lugubre da non sembrare quasi umana.
"Sai, in realtà L non ha mai rivelato la sua vera identità non per la paura di essere preso di mira dai suoi nemici, ma per la paura delle reazioni che seguirebbero alla sua rivelazione.
L è paralizzato dalla paura che se si rivelasse al mondo per ciò che è, verrebbe nuovamente disprezzato, nuovamente torturato e rifiutato. Per cui preferisce continuare a fuggire e nascondersi. Questa è la verità. Negala pure, Ryuzaki. Negala, di nuovo. Prima però, dimmi chi è davvero il bambino, fra noi due".
Mentre Sayo pronunciava quest'ultima frase, L aveva stretto i pugni. A quella richiesta chinò il viso, ed i capelli spettati gli scivolarono sugli occhi. Si lasciò sfuggire un sorriso ironico: "Devo aver pensato davvero tanto a me, per montare tutte queste teorie senza senso su L. Pensavo che fossi più presa dal tuo Light-kun".
"Ti ho già detto cosa provo per te".
Il sorriso del ragazzo si allargò: "Pietà?"
"Mi rendo conto ora che forse non sono qui per il motivo che io stessa avevo immaginato all'inizio; forse sono qui solo perché non avrei sopportato di vederti morire senza essere consapevole di ciò che stai gettando".
"A giudicare da ciò che sto facendo e che ho fatto, non mi sembra di stare gettando la mia vita per nulla. Sai, grazie a quest'essere misantropo e depresso, ora c'è qualche criminale in meno in giro".
"Ma non grazie a te, il male sarà mai debellato. E' nella natura intrinseca umana".
"Lo so perfettamente, grazie. Ma non posso lasciare che il mondo vada a rotoli. Io che posso, devo fare qualcosa. Non è un concetto difficile da comprendere. Lo capisci, o devo spiegartelo in termini più semplici?".
"Sarebbe inutile; l'incoerenza resterebbe lo stesso".
"Sayo... tu parli a me di incoerenza?"
"Se L credesse davvero in questi ideali, non si occuperebbe solo dei casi che gli interessano, cioé quelli più complicati, difficili, dove chiunque ha fallito, ma dove lui può dimostrare di riuscire. Se L agisse solo in base ad essi, capirebbe che sono irrealizzabili, per cui sacrificare l'intera sua esistenza ad essi, rifiutando di vivere, è solo fonte di rimpianti. Se tu, Ryuzaki, fossi davvero la Giustizia, una volta risolto un caso, quando non hai più nulla da fare ed il tuo interesse verso il mondo è di nuovo calato a zero, non passeresti tutto il tempo prima del caso successivo a decidere se suicidarti o-"
Sayo si ritrovò con le spalle al muro prima di poter concludere la frase. L l'aveva sbattuta lì con tale violenza da strapparle un gemito di dolore.
"Chi diavolo sei tu?" le sibilò lui, tremante e sconvolto come mai in vita sua. "Che cosa vuoi da me?" Le stringeva le braccia, inchiodandola contro la parete gelida, talmente forte che lei sentì gli occhi, tornati normali, riempirsi di lacrime, mentre dalle sue labbra non uscivano altro che singhiozzi.
Fu in quel momento che Light ritornò nella stanza. Aveva ancora la giacca sgualcita fra le mani, che lanciò sulla sedia più vicina non appena si rese conto della situazione.
Infatti, nonostante L avesse lasciato andare di scatto la ragazza, non appena lui fu entrato, Light rimase attonito di fronte alla scena che gli si poneva davanti: Sayo piangeva, accasciata a terra, con dei preoccupanti segni rossi sulle braccia. Ryuzaki invece sembrava come impazzito: tremava visibilmente, e respirava come se avesse corso per chilometri e chilometri.
La prima cosa che fece Light fu andare verso Sayo. "Ryuzaki, che cosa diavolo-" iniziò a sibilare, ma L lo interruppe con uno scatto d'ira del tutto innaturale per lui.
"Yagami-san, dove diavolo eri andato?" esclamò.
Light no si lasciò intimidire da quel tono. "Che cosa le hai fatto? Sei impazzito sul serio, Ryuzaki?!" replicò, allo stesso modo.
"RISPONDIMI!"
Light sorrise con aria ironica: "In bagno. Sei contento, ora?".
L strinse i pugni: per un attimo, Light pensò che lo avrebbe picchiato. Invece, dopo aver biascicato un: "Verificherò," voltò le spalle ai due ed uscì.
Quando L si fu allontanato, Light si dedicò a Sayo.
"Che cosa è successo?" le chiese, preoccupato. Non lo era tanto per lei, ma per ciò che passava per la testa ad L; se lui aveva davvero perso la testa, avrebbe potuto sfruttarlo a suo vantaggio per fargli perdere credibilità di fronte agli altri agenti. Ma doveva sapere cosa era successo.
Lei si asciugò le lacrime. "Lascia stare, è colpa mia...L'ho fatto arrabbiare io".
"Che gli hai detto?"
"Uhm... che è... che è uguale a Kira".
Light inarcò le sopracciglia: era bastato questo a far perdere la testa al suo avversario?
In effetti, neanche a lui sarebbe piaciuto un simile paragone...
"Te l'avevo detto che non saresti dovuta venire qui. Tu hai insistito così tanto, perchè volevi parlare con quel tizio! Devi lasciarlo perdere. E' solo un depresso".
Sayo si girò dall'altra parte. "Già... avrei dovuto darti retta, Light-kun".
"Non preoccuparti, presto questa storia finirà. Te lo prometto," sorrise lui.
"Lo so..." disse lei con un filo di voce. "Lo so".




"Amane-san!"
L fece scattare la serratura magnetica della prigione di Misa.
"HA!" esclamò lei, sentendo i passi del ragazzo che si avvicinavano. "Di nuovo il complice del pervertito!"
Con un gesto veloce, L le strappò via la mascherina, quindi si dedicò alle manette che le bloccavano i polsi.
"Ahia!" gridò la biondina. "Hey!"
In pochi istanti, Misa fu libera; ma era stata ferma in quella stessa posizione per così tanto tempo, che quando anche l'ultima catena che la teneva in piedi fu sciolta non riuscì a reggersi in piedi da sola; ma L la prese fra le braccia, sorreggendola.
"Uh..." miagolò la ragazza, premuta contro il suo petto. "Lo sapevo, sei un pervertito anche tu".
"Riesci a camminare?" le chiese il ragazzo.
Misa gemette. A parte la debolezza dovuta al fatto che si era rifiutata di mangiare per tutto il corso della sua prigionia, aveva i muscoli addormentati, ed il solo stare in piedi le causava un formicolio atroce per tutto il corpo. "Tu che ne dici?!"
"Che ce la puoi fare," tagliò corto lui e, scioltosi da quell'involontario abbraccio, la trascinò fuori dalla stanza, tenendola per un polso mentre lei strillava per il dolore.
"Ma mi lasci stare o no?" iniziò a gridare Misa, dopo un paio di minuti di cammino per i corridoi metallici, quando ormai il sangue le aveva risvegliato gambe, braccia e sensi. "Ma che vuoi farmi? Non hai alcun diritto di trattarmi così! Ehi, ma mi stai ascoltando?!"
L, che ovviamente non la stava ascoltando, con la mano libera prese il suo cellulare e compose un numero di telefono: "Watari? Sayo in cinque minuti nella zona 3 al decimo piano".
Chiuse la chiamata, e lasciò andare Misa, che si fermò per massaggiarsi il polso.
Lui la guardò con aria interrogativa. "Forza, Amane-san. Non hai sentito che abbiamo un appuntamento?"
"Ed ora chi sarebbe Sayo?" domandò la ragazza con aria offesa.
"Vorrei saperlo anche io".




Pochi minuti dopo, L e Misa si ritrovarono davanti ad uno strano portone di legno e vetro colorato. Non aveva la serratura.
L digitò velocemente una serie interminabile di numeri su una tastiera posta sulla parete affianco, e la porta si aprì con un impercettibile cigolio.
Misa, vagamente spaventata, varcò la soglia, e percorse con L il breve corridoio illuminato oltre di essa: pochi passi, e si ritrovò in un appartamento stupendo, arredato come la suite di un albergo di lusso; la stanza principale era un salotto che aveva una parete fatta quasi interamente di vetro, che affacciava sulla città.
"Ma questo posto è...è..." iniziò a dire la ragazza con aria ammirata, ma il rumore del portone che si apriva le fece consumare il resto della frase sulle labbra. Voltandosi verso L, Misa scorse alle sue spalle la persona che era appena entrata, Watari. A poca distanza, c'era Sayo.
La ragazza, nell'incrociare lo sguardo di Misa, trattenne il fiato; indietreggiò di un passo, come se avesse visto un fantasma.
L non si lasciò sfuggire questa reazione; ma diede mostra di dedicare la sua attenzione solo a Misa.
"Lui è Watari, il maggiordomo," le disse indicando l'anziano, che fece un breve inchino.
Poi aggiunse, voltandosi appena verso Sayo: "Lei la conosci già, no?"
Quest'ultima aggrottò impercettibilmente la fronte: non le piaceva quella situazione, né il tono di voce con cui L stava parlando.
Triste e gelido come il vento che faceva tremare i vetri.
"Certo...che la conosco, è Amane Misa," rispose. "E' una famosa idol...è un piacere... vederla di persona".
L le lanciò un'occhiata in tralice: "Non dicevo a te".
Sayo rimase di stucco.
"Ah, dicevi a me? Uhm...no, sinceramente Misa non la conosce. Anche se ha un viso familiare... ma fra tanti fan... anche se ci siamo viste, scusami ma non ricordo di te," sorrise la bionda, un po' imbarazzata.
L si mise le mani in tasca. "Peccato; ma in fondo avrete occasione di conoscervi meglio, dato che per un po' vivrete qui assieme".
"E-EH?!"
"Perché?!"
"Non guardare me, Misa; è un ordine di L," commentò il moro. "Consideralo una specie di arresto domiciliare. Sarete sorvegliate da lui, da Watari, e dalla polizia. Ci sono delle telecamere qui in giro. Naturalmente, non chiedermi dove sono".
"E per quanto tempo dovrei restare qui, scusami?!"
Il ragazzo si portò il dito sulle labbra, pensieroso. "Dodici ore dovrebbero bastare. Dico bene, Sayo?".
La ragazza non riuscì a rispondere; era impallidita di colpo.
"Cos'è quella faccia desolata? Il tuo Light-kun tornerà a trovarti stasera, se è questo il problema".
Fu un attimo: l'espressione stupita di Misa si deformò in quella di una leonessa inferocita: "Light COSA?! Cos'è questa storia? Lui è qui? Dov'è?! E perché si vede con LEI?!".
Sayo, da parte sua, era così sconvolta che non riuscì far altro che fissare Misa e mormorare qualcosa come: "Perché, tu lo conosci?"
La bionda la guardò come se stesse tentando di ucciderla usando solo gli occhi: "Io sono la sua ragazza, non lo sai?"
Sayo si sentì vagamente offesa da quei modi. "Ah, si? Strano, lui non mi ha mai parlato di te," replicò, rossa in viso.
Misa spalancò la bocca: "C-Che COSA?!"
"Vedo che avete già iniziato a fare amicizia," osservò L, come fra sé e sé, che nel frattempo aveva raggiunto Watari alla porta. La sua espressione,, se possibile, si fece ancora più scura. "Allora buon divertimento ragazze," disse alle due, prima di chiuderle dentro.
"E' stata la scelta giusta, Ryuzaki?" gli domandò il tutore, una volta fuori.
Lui annuì, il volto basso.
Watari sembrò accontentarsi di quella risposta. Raggiunse l'ascensore e, digitando un codice, lo chiamò. Ma quando, pochi secondi dopo, le porte si aprirono, l'anziano fu il solo ad oltrepassarle. Guardò interrogativamente L, che in risposta gli fece un cenno, rispondendo in tono vago:
"Si. Solo un attimo. Inizia pure a scendere, ti raggiungo subito".
Watari, seppur preoccupato da quel comportamento, premette un tasto all'interno dell'ascensore, ed il meccanismo di chiusura delle porte si avviò.
Quando infine le porte si chiusero, e la gabbia iniziò a scendere, L, rimasto solo, vi poggiò sopra le spalle.
Tolse una mano dalla tasca del jeans per coprirsi il viso.
E cominciò a piangere.

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(*) Scena extra:


L: CHI DIAVOLO SEI TU?!
Sayo: Io... Io sono... *con un gesto, getta via gli abiti di Sayo, rivelandosi per ciò che è realmente* ....IL MORALIZZATORE!!*o*;;
L: AAAAAAARGH!!!!!!!!!!!!!!
Moralizzatore: ...ma Ryuzaki, Ryuzaki, ti sembra il modo di comportarti? Tratti male le ragazze, questo non si fa, no, no! Dovresti migliorare il tuo carattere, essere più aperto e disponibile nei confronti degli altri! E poi, vogliamo parlare della tua alimentazione? Mangiare solo dolci fa malissimo alla salute!
L: AAAAAAARGH!!!!!!!!!!!!!! *fugge*
Moralizzatore: *lo insegue* La gola è uno dei 7 peccati capitali!! Devi pentirti, o finirai all'inferno! Lo dico per il tuo bene!
L: *riesce a dileguarsi, ma ad un certo punto è costretto a fermarsi per riprendere fiato*
Moralizzatore: *comparendogli alle spalle* Ryuzaki, devi pentirti per le tue azioni!
L: AAAAAAARGH!!!!!!!!!!!!!! *fugge ancora, ma si ritrova con le spalle al muro in un vicolo cieco XD*
Moralizzatore: ...d'altronde, anche stare davanti al computer rinchiuso in un bunker per giorni e giorni senza dormire fa male! Da domani, si cambia: al mattino passeggiata nel parco per giocare con le paperelle nello stagno, sperando che non siano quelle di Duck Note, poi pranzo in un ristorante macrobiotico, si va in Chiesa, torniamo a casa, fai le pulizie, il bagno, leggiamo un bel libro di favole e poi a letto presto!
L: *con un crocifisso in mano* VADE RETRO, KIRA!!!!!!!!!!!!!!
Light: Qualcuno mi ha chiamato?
L: OòO;;; *indica Light* Ecco! ...prenditela con lui!
Moralizzatore: Non finché non ti pentirai delle tue azioni, caro il mio L Lawliet!
Light: *__________________*;;; *se lo appunta XDDD*
L: OòO;;;;;
Moralizzatore: ....ma ora che siete in due, non posso risparmiarvi un'altra bella predica! Avete idea di tutte le immagini, fanfic et doujin yaoi che avete creato voi due? E tutto perché per lasciarvi ritrarre in questi modi e posizioni impure vi fate pagare profumatamente!
L&Light: *pensiero* Cazzo, ci ha scoperto!
Light: Ma che vuoi? L'inchiostro per scrivere sul Death Note costa!
Moralizzatore: Ma voi causate scompiglio nella mente delle giovani ragazze [compresa l'autrice della fanfic, s'intende], sconvolgendole e gettandole nel nero baratro del peccaminoso yaoi! Le povere fanciulle, di fronte ai vostri atteggiamenti lussuriosi, fanno pensieri o cose altrettanto lussuriose!
L: Capisco, ma non guardi me, è Watari che mi costringe! E' lui che scatta le foto! Io non ho mai visto neanche un centesimo!!
Moralizzatore: Comunque sia PENTITEVI!+O+; E fate quello che la trama originale vuole!! Insultatevi, picchiatevi e combattete fra di voi fino alla MORTE!! *avanza verso di loro come un'ombra malefica*
Light&L: *si abbracciano tremando terrorizzati XD*
Misa: ...ma che diavolo succede qui? Cos'è questo casino?
Moralizzatore: *vede Misa* ...
Misa: *vede il Moralizzatore* ...
Misa&Moralizzatore: .......AAAAAAAAAAAAAAAARGHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!
Moralizzatore: QUESTO E' TROPPO ANCHE PER MEEEEEE!!!*fugge via per non tornare mai più XD*
Light&L: Fiuuuu...
Misa: ...era un'offesa? ò___ò;;

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Capitolo 16
*** XV ~ Proposta ***


Nuova pagina 2

Rieccomi qui...eh si, anche nel 2008, purtroppo sono qui!xD
Questo è un capitolo più breve, ma che avevo in mente di scrivere da un po', così l'ho buttato giù appena ho potuto. Ma mi hanno chiesto in molti come mai ultimamente aggiorno solo questa fanfic e non "Again and again", per cui ecco la risposta: sono determinata a finire questa ficcy prima di dedicarmi all'altra. Per ALB, mancano ormai "solo" 10 capitoli. Uhm... però accetto consigli o pareri. >***<;;

Anansy, Freija, Shiraime: sono felice che la scena extra vi sia piaciuta!xD Lo spunto l'ho preso da Duck Note, il 2^ capitolo, quando Lind Taylor dice a Light: "...sono conosciuto anche come il moralizzatore..." xD
Grazie anche a Hilarysan, a BaByEyEsBlUeS, nuova lettrice, e a Francesca Akira: sei quiiiii!!!!*___*;;;

Piece XV ~ Proposta

L ridiscese le scale, ritrovandosi al quartier generale. Era più pallido del solito, ed il suo viso senza alcuna espressione, ma nessuno degli agenti di polizia lì presenti vi fece caso.
Il detective raggiunse Matsuda, il più vicino a lui; insieme ad Aizawa, il moretto stava spiando all'interno dell'appartamento di Misa e Sayo dagli schermi posti sulla parete.
"Allora," chiese L, "si sono già uccise a vicenda?"
"No, Sayo ha convinto Misa ad abbassare le armi," spiegò il giovane con un sorriso ingenuo.
Aizawa si passò una mano sulla fronte: "Infatti, alla fine Misa si è convinta e l'ha lasciata andare. Per un attimo, però, ho temuto che sarebbe accaduto il peggio".
L aggrottà la fronte: "Dunque Misa si è convinta a lasciarla in pace..." mormorò.
"Beh, la scusa era plausibile: Sayo-chan le ha solo detto di essere un agente in incognito che collabora con L".
"Ah, si?" Il detective sbatté le ciglia. In effetti era la risposta più logica da dare, per salvarsi da una situazione equivoca come quella; forse, questa volta non c'entravano nulla i poteri di Sayo. "Buon per lei. Così può continuare a vedere Light e allo stesso tempo evitare che Misa la strangoli nel sonno. Comunque sia, non perdetele d'occhio neanche un momento, per le prossime 12 ore," disse, allontanandosi.
"Perché 12 ore, Ryuzaki?" domandò Aizawa, quasi con curiosità.
"Diciamo che... è una soffiata. Ho saputo che nelle prossime ore potrebbe accadere qualcosa di importante".
"Davvero?" si intromise Ukita, dalla scrivania accanto. "Sicuramente però non riguarderà Kira: è da quando abbiamo fermato Amane-san che su questo fronte è tutto-". Una rapidissima serie di bip martellanti costrinse l'agente a prestare la sua attenzione allo schermo di fronte a lui: quello che vide lo lasciò a bocca aperta.
"Oh mio Dio, e questo cosa...Ryuzaki! Ragazzi! Venite a vedere!"


Per Misa e Sayo la mattinata passò lentamente, e con essa il pomeriggio. Dopo la discussione iniziale, le due erano entrate in buoni rapporti. Nel senso che non si parlavano, ma non arrivavano neanche alle mani.
In realtà, si odiavano a morte: Misa provava a priori sentimenti omicidi nei confronti di chiunque si avvicinasse a Light; Sayo, da parte sua, ora ricordava perfettamente di come Misa non avesse esitato un momento ad uccidere Ichigo, usando il Death Note. Ciò che la tratteneva dal saltarle addosso era solo la consapevolezza che se l'avesse fatta fuori, avrebbe scatenato l'ira dello shinigami Rem, che la proteggeva. Sayo poteva vederla chiaramente, alle spalle di Misa. E Rem poteva vedere lei. Ma nessuna delle due rivolse una parola o un cenno all'altra; la situazione era lampante, non vi erano bisogno di parole per comprenderla.
Siccome quell'appartamento prevedeva una sola camera da letto da dividere in due, ma entrambe preferivano stare nel soggiorno, si costrinsero a sedersi insieme; ma non per questo, si scambiarono parole o sguardi fra loro. Dato che non vi era una televisione, Misa passava il tempo coricata sul divano a mandare sms ai suoi amici mentre Sayo, sulla poltrona di fronte, leggeva il suo libro. La situazione rimase statica fino a che, poco prima che il grosso orologio a pendolo appeso alla parete battesse le cinque, Sayo scaraventò via il suo libro e si mise le mani nei capelli.
Misa, spaventata da quel gesto, scattò a sedere, realizzando in quel momento che la sua coinquilina doveva essere una psicopatica. Guardò il libro, caduto in mezzo alla stanza: non poteva sapere che era stato lanciato contro Rem, che alla fine aveva azzardato un'osservazione sull'inutilità per Sayo di restare ferma in quel posto.
Misa pensò che o il finale di quel libro non le era piaciuto, o che non ne aveva letto neanche una pagina: intuì che era la seconda ipotesi, e si fece anche un'idea di qual'era il problema.
"Guarda che lo so che ce l'hai con me perché sono la ragazza di Light. Se vuoi puoi insultarmi. Tanto lui non se la prenderà".
Sayo non la guardò neanche. "Non ce l'ho con te. Sono nervosa per problemi miei".
"Senti, perché non chiami qualche tuo amico? Magari prendi appuntamento con qualcuno, per quando riusciamo ad uscire di qui. Ti presto il mio cellulare se vuoi".
"Grazie, Misa. Non ho amici".
"No?"
"No".
"Peccato," sospirò la bioda. "Che vuoi fare allora?"
Sayo si rabbuiò. "Nulla, dato che sono bloccata qui, grazie a quello stupido L. Non ha capito che non c'è più tempo per queste cose. Ed io non ho più tempo per stare dietro ai suoi-".
"Guarda che ti sta sentendo. E' un pervertito a cui piace spiare le ragazze".
"Meglio, così posso dirgli direttamente che è UN IDIOTA!" esclamò la ragazza, alzandosi in piedi. Le sue iridi divennero sanguigne. "Non lo sopporto. Vuole costringermi a fare chissà cosa, ma non sa che se io perdo davvero la testa, io-"
Spaventata da quel cambiamento repentino, Misa indietreggiò, ma inciampò e ricadde sul divano. "Smettila, mi fai paura così!" gridò.
"Uh?" Sayo sbatté le ciglia: gli occhi ritornarono ad essere luminosi. "Giusto. Scusami," disse, dispiaciuta. Raccolse il cellulare di Misa, caduto sul tappeto quando lei era inciampata, con l'intenzione di restituirglielo. "E' che...non so cosa devo fare..." le disse.
Sayo non si aspettava che Misa la consolasse (ci sarebbe mancato altro!) o che le desse un qualche buon consiglio per risolvere i suoi problemi; ma di certo ci rimase male quando la biondina, udito il suono del campanello della porta, quasi la gettò a terra nella foga di correre ad aprire.
"Vado io!" strillò emozionata, correndo per il corridoio.
Sayo poggiò il cellulare sul tavolino accanto al divano, sospirando.
"Uh.... Che cosa dovrei fare ora? Ormai L ha capito che ho recuperato la memoria. Ma non sa che sono uno shinigami e che posso vedere chiaramente che fra poche ore, lui farà puff!".

Dall'ingresso, si sentì il cigolio della porta che si apriva.
"Però forse sa che io non sopporto Misa. E forse, sa anche che Misa ha tentato di uccidermi. Se è così, l'ha fatto apposta! Così lui ottiene informazioni su di noi due controllandoci insieme, ed intanto tenendomi qui mi provoca. E se magari sospetta anche che sono uno shinigami, sta solo aspettando la conferma. Favoloso...
"Se mi faccio scoprire da questi esseri umani, il Re mi... -no, non voglio neanche pensarci!- Ma allora... se non posso tornare nel Mondo degli Shinigami senza farmi scoprire, che devo fare? Restare qui e fuggire alla prima occasione? Tanto ormai è finita, manca così poco tempo... non sono riuscita a scoprire il piano di Light, ed L non si fiderà mai di me... ed io non voglio andare a parlargli di nuovo. Anzi, non voglio più vederlo. Ma che dico? Tanto non lo vedrò più comunque."

Sospirò di nuovo, arricciandosi i capelli con le dita.
Dall'ingresso, si sentirono provenire delle voci: Misa, che esclamava con entusiasmo frasi come "Light! Quanto mi sei mancato! Che bello rivederti!!" ma soprattutto, i commenti stupiti di quest'ultimo: "Misa! Ma...che ci fai tu qui!?"
Probabilmente, L non gli aveva detto nulla di lei.
Sayo si alzò per inerzia, sciogliendosi la coda ormai devastata, e raggiunse anche lei l'ingresso.
Trovò Light era fra le braccia di Misa o meglio, Misa che si era avvinghiata addosso a Light, stringendolo in un abbraccio che lui avrebbe volentieri sciolto. Nel vedere la ragazza, lui quasi deglutì per la paura di ciò che sarebbe potuto succedere: non ci teneva affatto a ritrovarsi nel bel mezzo di una scenata di gelosia fra due ragazze.
Ma Sayo, prima che lui avesse il tempo di parlare, gli sorrise e gli disse in tono allegro: "Buonasera, Yagami-san! Come sta? E' da tanto che non ci vediamo. Ho avuto il piacere di conoscere la sua ragazza, Misa-chan. E' davvero carina, complimenti!"
"Ah...si," annuì lui. "Grazie...".
Misa, che aveva seguito la scena con un broncio da far paura, si affrettò ad afferrare Light per un braccio: "Vieni Light, ho tante cose da dirti!" disse, e lo trascinò, contro la sua volontà, via con sé.
Non erano passati che pochi secondi che Sayo sentì scattare la serratura della camera da letto. Sospirò, per l'ennesima volta: non le restava che tornare in salotto ad autocommiserarsi per un altro paio d'ore.
Rem se ne era andata. Sayo raccolse da terra il suo libro, ed andò ad accovacciarsi sulla sua poltrona, stringendosi le ginocchia. Impiegò qualche minuto per capire che quella postura era molto simile a quella assunta abitualmente da L; tirò giù le gambe ed anzi si alzò in piedi, ricominciando a torturare i lunghi capelli lavanda.
Perché non era intelligente come lui o come Light?
Perché di fronte ad un problema che prevedeva più soluzioni, aveva la capacità di scegliere SEMPRE quella peggiore?
"Buonasera. Vi ho portato il té".
La voce gentile e pacata di Watari la riportò alla realtà: l'anziano era entrato silenziosamente ed aveva posato sul tavolino un vassoio con tre tazze di liquido ambrato.
Lei non lo aveva sentito entrare, ma non se ne stupì.
"La ringrazio, signor Watari. Lei è sempre così gentile. Anche per i libri..."
Continuava a giocare con i capelli.
"Si sente poco bene?" le chiese lui con gentilezza. "Posso portarle qualcosa?"
La ragazza aprì la bocca per liquidarlo con un 'No, la ringrazio,' quando, guardando il vassoio, un pensiero assurdo le balenò nella mente. "I-In effetti sì... C'è... Ci sarebbe... la torta dell'altro giorno? Quella...con le fragole?" chiese, speranzosa. "Mi piacerebbe averne una fetta... Era ottima... davvero!"
Watari abbozzò una sorta di sorriso colpevole. "Mi fa molto piacere che le sia piaciuta. Ma purtroppo posso prepararla solo per Ryuzaki. Sa... la ricetta prevede un'ora di cottura e quasi lo stesso tempo per la preparazione degli ingredienti e la decorazione. Non avrei il tempo di farne due".
Sayo arrossì. "Ma...é naturale. Mi scusi, davvero, mi lasci perdere".
Non poteva neanche usare i suoi poteri, se L la stava guardando. Non che ne avesse voglia, comunque.
"Potrei insegnarle come si prepara".
La ragazza alzò gli occhi su Watari, incredula, lasciando finalmente andare i capelli. "Cosa?!"
"Avevo intenzione di scendere in cucina proprio ora per prepararla; se vuole, può venire con me," spiegò lui. Poi, anticipando la domanda della ragazza, aggiunse: "Ryuzaki non se la prenderà, sapendo che è in mia compagnia".
"I-Io...la ringrazio, ma non voglio farle perdere tempo. E poi, non so neanche come..."
"Dica di sì, per favore".
"O-Ok..." sussurrò la ragazza, improvvisamente felice. "Ok, allora... va bene!".

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*********************


Extra. L'angolino delle risposte. (2)
Misa: Ed eccoci nel nostro secondo appuntamento! Questa volta siamo in diretta dalla base segreta di L, ed abbiamo con noi la mia coinquilina....
Sayo: Ciao!^O^;
Misa: Dunque, la prima lettera è di una certa JunJun che dice di aver trovato un...metodo migliore del Death Note per uccidere sul colpo le persone?! Light!!
Light: *dall'altra stanza* Ignorala, è da quando l'hanno presa a cantare nelle CAD Momusu che miete vittime con i suoi assoli. >___>;
Misa: ò___ò;; Ok, allora...*getta via la MIA lettera ç__ç; * ...ci è arrivato un sms dal signor Tarou Matsuda, che ci chiede: "Ultimamente ti vedo sempre con in mano un libro. Che cosa leggi di bello? A me piacciono molto i polizieschi, ma secondo me tu sei più un tipo da letture impegnate. Fammi indovinare, stai leggendo un libro di Nietzsche, o magari una raccolta di poesie italiane?"
ShinigamiSayo: No, in realtà è un libro di proverbi. Da noi non si usano queste espressioni, se voglio essere credibile come essere umano devo informarmi. è__é;;;
Misa: *con la mascella che sfiora il pavimento* Uh...e quale sarebbe il tuo preferito?
Sayo: "Non dire gatto finché non ce l'hai nel sacco!"
Misa: =______=;; E a chi/cosa sarebbe riferito, scusami?
ShinigamiSayo: Uhuhuhuhu.... *____________*;; (<- ride in modo davvero poco rassicurante XD)
Misa: OmmioLight, ma allora è davvero una psicopatica... ò___ò;;

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Capitolo 17
*** XVI ~ Piano ***


Piece XII ~ Veleno

Eccomiiii!!! Ho finito questo capitolo di corsa, ma mettendoci tutta me stessa, perché...

Perché...

...

...Margaron, buon compleanno!! ^***^;;;
tvb, chu~! Non ho trovato una carta da regali adatta... ma ti prego di accettare lo stesso questo mio pensiero. ç*ç;

Piece XVI ~ Piano.


Sayo si tolse il grembiule, fissando incerta il dolce che aveva appena finito di preparare.
“Mi sembra un ottimo risultato, per essere la tua prima volta,” le disse gentilmente Watari, accanto a lei.
La ragazza aggrottò la fronte: ottimo lavoro? Dove lo vedeva? Quella torta non era davvero nulla di speciale. E poi, la sua abilità nel fare le decorazioni era a dir poco penosa: i ciuffetti di panna erano tutti sbilenchi, ed pezzetti di fragola avevano ognuno una grandezza diversa.
“A me sembra orrenda,” commentò disgustata.
”Prima di dirlo, dovresti assaggiarla,” osservò Watari in tono cortese. Stava decorando la sua torta, che a differenza di quella di Sayo, sembrava appena uscita da una pasticceria di lusso.
”Non ne ho il coraggio”.
”Eppure non hai sbagliato nulla; ti ho osservato per tutto il tempo, e hai seguito alla perfezione tutte le mie istruzioni”.
”Ma non va bene. A me non va mai bene niente, quindi anche questa non va bene,” dichiarò la ragazza, in modo quasi infantile. La sua voce era leggermente incrinata.
"Se non vuoi provarla tu, potresti chiedere a Ryuzaki," propose l'anziano, sempre nello stesso tono gentile e paziente, continuando con le sue decorazioni. "Sai, lui è-"
”No!” gridò di colpo Sayo. Watari, per la sorpresa, sollevò la testa dal suo lavoro. “S-Scusa, Watari. E' che…è meglio di no,” concluse lei, la voce sempre più bassa e gli occhi sempre più lucidi.
"E' un peccato," commentò Watari, tornando alle sue decorazioni, mentre lei raccoglieva il dolce dal tavolo e si dirigeva mesta verso la pattumiera. Destino volle che la porta delle cucine si spalancò proprio mentre Sayo vi stava passando davanti: spaventata dal rumore improvviso, la ragazza balzò indietro, ma nel farlo perse la presa sul vassoio che reggeva, che rischiò di cadere. L, che nel frattempo era entrato velocemente dalla porta, si mosse d'istinto per raccoglierlo al volo, ma dovettero passare parecchi secondi prima che capisse perché si ritrovava quella torta fra le mani.
Watari, con un sospiro di sollievo, sistemò sul suo dolce l'ultima fragola, quindi si tolse anche lui il grembiule, per poi passarsi una mano sulla fronte.
L e Sayo, frattanto, erano perfettamente immobili nelle loro posizioni: ognuno fissava l'altro come se fosse stato un fantasma.
Alla fine, la ragazza poggiò il piede che teneva sollevato a terra, indietreggiando di un passo. ”Che cosa…”
”…ci fai tu qui..?!” concluse L, risollevandosi con il vassoio in mano. Ma prima che potesse aggiungere altro, Watari tossicchiò, attirando la sua attenzione.
"Sono stato io a chiederglielo, Ryuzaki," ammise, pacato. "Non è colpa sua. Non voleva neanche venire, in realtà. Ho insistito io".
"Gliel'hai chiesto tu...?" ripeté L, sbarrando gli occhi fin quasi all'inverosimile: da quando in qua Watari faceva proposte del genere a delle persone sconosciute e... dava loro del tu? Watari era solitario e riservato quanto lui, se non di più. Non aveva mai dato confidenza a nessuno, senza un motivo preciso.
Già, non senza un motivo ben preciso...
Ripensando velocemente a tutto ciò che era accaduto fino a quel momento, L si fece una vaga idea sul perché Watari avesse portato Sayo con lui. Ma quest'idea era appunto così vaga e spaventosa, che si rifiutò persino di accettarla.
Decise di lasciarla perdere e sorvolare su tutto.
Riportò l'attenzione su Watari: ”Volevo dirti che oggi è quel giorno del mese. Bisogna…”.
L'anziano annuì, interrompendolo: "Ho capito. Vado subito a resettare il timer”.
”Ora?” ripeté L, stupito. "Ma ora è..."
”L’ultima volta l’ho inserito prima; potrebbe partire un falso allarme, meglio prevenire,” spiegò l'altro, convincente.
Così Watari, senza dare ad L il tempo di ribattere, uscì dalla cucina, lasciandolo solo con Sayo.
Lei ebbe come l'impressione che l’avesse fatto apposta; diversa era la situazione di L, che invece ora ne aveva la certezza.
Watari sapeva che lui sarebbe venuto a chiedergli di resettare il timer.
'Allora era davvero per questo che l'ha portata con lui,' si disse. Per la prima volta in vita sua, L provò un fortissimo istinto omicida nei confronti dell'amato tutore.
Quante volte doveva ripeterglielo?! Lui era lì solo per eseguire i suoi ordini, maledizione! Di certo non per trovargli una ragazza. E se proprio voleva, poteva cercargliene una migliore, non... non lei!
D'altronde, era colpa sua: si era lasciato andare troppo con lui. Già quando aveva rifiutato di mangiare, gli aveva fatto intendere che c'era qualcosa che non andava; e quando infine si era sfogato (beh, in realtà non aveva detto che due parole in croce, ma a Watari dovevano essere bastate per fraintendere, per immaginare chissà cosa, come se lui avesse tempo di mettersi a giocare con le femmine!) con lui, doveva averlo convinto a prendere questa stupida iniziativa. Che sarebbe stata comunque inutile, dato che lui non aveva la minima intenzione di parlare con Sayo. Anzi, se ne sarebbe andato volentieri, se ciò non avesse significato lasciarla sola fino al ritorno di Watari, cosa che avrebbe contraddetto tutti i suoi ordini precedenti.
E lui, per quanto potesse dirgli quella ragazza, era una persona COERENTE.
Sayo, vedendo il bel viso del ragazzo farsi sempre più scuro, da parte sua preferì non fare domande. Non ci sarebbe comunque riuscita, dato che il rivedere L aveva trasformato la sua tristezza in qualcosa di molto, molto peggiore. Non voleva neanche guardare quanto tempo gli rimaneva; la faceva stare troppo male. Sinceramente avrebbe voluto piangere, ma non poteva farlo davanti a lui; e poi sarebbe stato completamente inutile.
Ma non sapeva quando sarebbe tornato Watari, e non poteva restare lì immobile per ore, con gli occhi lucidi e la testa bassa. Doveva essere forte.
Alla fine, per distrarsi ed occupare il tempo, non trovò di meglio da fare che riprendere ciò che aveva interrotto.
Senza guardarlo, tese le braccia verso L, che aveva ancora fra le mani il vassoio con la torta: ”Scusa, potresti ridarmela?” disse.
Lui, sentendo quel tono funereo, ebbe un moto di protezione nei confronti del dolce. ”Perché?” chiese, allontanandolo da lei.
“Perché venuta male,” rispose Sayo. “Ho sbagliato tutto, quindi devo gettarla via”.
”Non si gettano i dolci,” dichiarò L, con tutta la solennità che una frase del genere poteva evocare.
Lei sollevò di scatto la testa, esasperata: ”Senti, L, non fare il-" iniziò ma, realizzato cosa stava per dire, si interruppe bruscamente. "D'accordo, se proprio ci tieni, te ne farò un’altra, ok?” riprese poco dopo, con il tono più pacato che poteva.
"No," rispose l'altro con una semplicità ed un'indifferenza irritanti.
Lei non replicò, e lui ne approfittò per oltrepassarla ed andare a posare nuovamente il vassoio sul tavolo, accanto a quella di Watari.
Le studiò entrambe, e alla fine indicò quella di Sayo:
"Era per me?" chiese alla ragazza.
"No," rispose lei secca.
"Eppure lo hai ammesso un secondo fa," replicò lui con il dito alle labbra e lo sguardo incuriosito.
"Non l'ho mai neanche pensato".
"Ah, si?"
"Si".
”Peccato; credevo che volessi scusarti”.
”Sei tu che dovresti farlo,” fece notare lei.
”Dici?” osservò L, assorto. Si era appoggiato ad una sedia lì vicino, ed aveva raccolto dal tavolo un cucchiaio, che usò per prendere di nascosto un pezzetto del dolce di Sayo. Stava per portarselo alla bocca, ma…
Non farlo.”
…lei lo raggiunse e gli bloccò il polsi prima che potesse farlo. Lui la guardò interrogativo.
“Se assaggi questa torta, ti accadranno cose terribili,” lo ammonì la ragazza.
L non capì se stesse scherzando o parlando sul serio. Avrebbe potuto analizzare il suo comportamento e soppesare le varie probabilità, ma la verità era che....non gli andava di farlo.
Così si voltò verso di lei, guardandola dritta negli occhi: ”Forse me le merito,” le sussurrò tristemente.
In un attimo, Sayo avvampò: stava sognando o... lui aveva appena ammesso di aver sbagliato?
E con quella voce e quello sguardo, poi...
Completamente presa, allentò la presa, balbettando parole sconnesse; ed L ne approfittò per mettersi in bocca il dolce.
Sayo impiegò del tempo per realizzare quanto successo. Quando però comprese la verità, il suo viso passò dal rosso brillante al bianco pallido.
"...L-L'hai fatto apposta..!" sibilò, orripilata.
"Sei troppo ingenua," commentò L atono, prendendo una cucchiaiata di panna mentre masticava. Sorrideva impercettibilmente.
"T-Tu...! TU!" strillò Sayo, prendendolo per la maglietta. "Tu sei la persona più-"
"…come hai fatto...?!"
"Eh?"
L sbarrò gli occhi, trattenendo il fiato. La posata quasi gli cadde dalle mani. "Ma...cosa ci hai messo?" sibilò.
Lei pensò che si stesse sentendo male: non l'aveva mai visto con un'espressione così allucinata. Lo lasciò andare. "Non ti piace?" azzardò. "Visto? Te l'avevo detto".
"Ma che..." replicò lui, come se gli avessero appena detto che Kira era il Papa. "E'…non ho parole. Ma l’hai fatta davvero tu? Come l’hai fatta?"
"T-Ti piace?" balbettò lei, incredula, mentre lui continuava a mangiare come se non avesse mai assaggiato una torta in vita sua. "A-Allora Watari aveva ragione!" esclamò. "A-Accidenti! Ed io che pensavo che la mia prima ed ultima prova sarebbe stata-”.
L quasi si affogò con una fragola. "Come, ultima?!" gettato da qualche parta il cucchiaio, scattò verso di lei, disposto persino a supplicarla di fargliene altre, ma al suo movimento improvviso Sayo si ritrasse d’istinto, chiudendo gli occhi e lanciando un piccolo grido. L rimase interdetto, finché non si rese conto che quello era un gesto fatto per paura; a quella constatazione, lo stomaco gli si contrasse come se qualcuno glielo stesse stritolando.
Così... Lei credeva che lui l'avrebbe di nuovo...?
Nonostante la ragazza, accortasi della sua reazione esagerata, avesse assunto un'espressione sorpresa quasi quanto la sua, L indietreggiò, a sua volta spaventato. “Scusa, io…”
”N-No, scusami tu, sono io che…”
Lui si girò dall'altra parte. "E’..E' meglio che vada," disse, raggiungendo la porta.
"A-Aspetta!" Sayo provò a seguirlo, ma quando arrivò all'uscita, lui era già sparito nel corridoio scuro. "Ryuzaki…"
Non ebbe la forza di seguirlo.
“...sei uno stupido,” mormorò, lasciandosi cadere a terra.
Si strinse forte nelle ginocchia, lottando nuovamente per trattenere le lacrime.
"Perché....perché deve sempre finire così?"


Seduto alla sua postazione, L teneva fissi gli occhi su una lista al computer che continuava ad allungarsi in modo spaventosamente veloce: erano tutti i criminali che Kira aveva ricominciato ad uccidere, di getto, come se fosse tornato al lavoro dopo una lunga vacanza. Il detective avrebbe dovuto studiare le dinamiche e le date di ognuna di quelle singole morti per trovare un eventuale nesso, un qualcosa che lo avvicinasse all'assassino, ma la lista cresceva così velocemente che gli era impossibile persino leggere i nomi.
Matsuda, alla sua sinistra, ci aveva provato ed ora stava rantolando, accasciato sulla sedia, con lo sguardo perso e stralunato di chi è appena uscito da una seduta di ipnosi.
L si ritrovava solo con lui: Aizawa e Mogi erano andati in centrale; Ukita era sparito da qualche ora, probabilmente richiamato dalla polizia anche lui. Yagami invece era già tornato a casa con suo figlio: Light era riuscito a liberarsi di Misa in un tempo decisamente breve. Lei, in quel momento, era sdraiata sul letto, ben visibile dagli schermi, abbracciando il cuscino.
L lasciò che i minuti scorressero in silenzio, senza pensare a nulla di preciso; quando Watari comparve alle sue spalle, non gli disse nulla. Lasciò che posasse l'abituale vassoio sulla scrivania, prima di raccogliere da esso una forchetta, con cui si portò alla bocca un pezzo della fettina di torta che lui gli aveva portato.
Non era quella di Sayo; era buona, per carità, ma...non era quella di Sayo. Si chiese se anche questo facesse parte del piano di Watari.
"Dì la verità, cosa le hai fatto mettere in quella torta?" gli chiese improvvisamente, con aria diffidente.
"In realtà..." Watari si riaggiustò gli occhialini dorati, "...nulla. Le ho dettato la mia ricetta mentre lei preparava. Non ha cambiato nulla".
L mordicchiò la forchetta. "Ma mi dispiace era squisita, mai assaggiato nulla di più delizioso".
Watari gli versò il caffé. L lo guardò, in attesa di una risposta che lo illuminasse.
"Ryuzaki," sospirò l'anziano, "devo davvero rispondere alla tua domanda?".
"Se non vuoi dirmelo, almeno falla anche tu così la prossima volta," si limitò a dire lui, posando la forchetta. Riprese a fissare la lista, che ora incrementava più lentamente: focalizzò la sua attenzione sui nuovi nomi che comparivano in basso.
...Houjou Teppei...
...Takano Miyoko...
"Ryuzaki, mi spiace, ma non credo riuscirò mai a farne una uguale," concluse Watari. Si allontanò.
"Si vede che non vuoi farlo," sibilò L a mezza bocca, senza staccare gli occhi dalla lista.
...Kururugi Suzaku...
...Tyler Mais...
"Non è colpa sua, Ryuzaki," si intromise Matsuda.
L lo fulminò con un'occhiata: "Da cosa lo deduci?" gli domandò, facendolo sobbalzare per il terrore.
"H-Hh-Ha d-detto che...n-non è una questione di ingredienti o abilità...v-vero?"
"Esattamente".
"A-A-Allora...e-ecco... forse.... f-forse è una questione di persone".
L spinse via il vassoio. Ci mancava solo Matsuda adesso. Non volle neanche rispondergli.
L'altro deglutì, riprendendo un po' di coraggio. "Quella ragazza...ti piace molto, vero?" tentò, imbarazzato.
L fissò testardamente la lista delle nuove vittime di Kira.
....Re Tadase...
...Luigi Di Sessa...
"E-E' che...anche io...se ricevessi un regalo dalla persona che mi piace, lo giudicherei la cosa più bella al mondo. Anche se alla fine è solo un oggetto inutile, però, ecco...è...è bello, sapere che c'è qualcuno che pensa a te".
...Raen Ollem.
La lista smise di scorrere. Matsuda, incoraggiato dal fatto che L non gli rispondeva, si lanciò in una lunga conversazione su come la sua ultima ragazza lo avesse fatto soffrire quando l'aveva lasciato, sulle sue speranze di trovare la persona giusta in futuro, su come avrebbe dovuto essere quest'ultima. L lo lasciava parlare senza interromperlo; probabilmente, senza neanche ascoltarlo. La sua espressione era ancora più assorta e indecifrabile del solito. Ma quando sentì il nome 'Misa-Misa', non riuscì più a resistere.
"Matsuda-san..." mormorò.
L'altro interruppe di colpo il suo discorso appassionato, passandosi una mano fra i capelli, mentre i sensi di colpa per anta audacia prendevano il sopravvento. "R-Ryuzaki, mi spiace, non arrabbiarti. Lascia stare, le mie sono solo sciocchezze. Lo so che sei qui solo per lavoro, per cui non hai tempo da perdere con queste cose, sono io che sono un idiota che-" si interruppe a metà frase, terrorizzato al solo pensiero della reazione di L: l'avrebbe sbattuto fuori a calci dalla squadra investigativa, glielo leggeva nello sguardo che gli stava rivolgendo di sbieco.
L fissò il giovane per molti secondi, in silenzio. Quando ormai Matsuda era già rassegnato al peggio, come se non fosse successo nulla ritornò a fissare lo schermo.
"Ha perfettamente ragione," proferì, atono.
Matsuda ridacchiò nervosamente. "Eh, si, sono proprio un idiota," ripeté.
"Non mi riferivo a questo".
"A-Ah, no?"
L non rispose.
Dapprima Matsuda pensò che volesse prenderlo in giro. Poi cercò di ripensare a ciò che aveva detto, cercando di capire a cosa si stesse riferendo L; impiegò parecchi secondi per farlo.
Ma non appena lo realizzò, rischiò seriamente di cadere dalla sedia per la sorpresa.

***************

Note di fine capitolo: Grazie mille a chi ha recensito!!
Ed anche a chi ha solo letto. ^.-
Non so se è una cosa brutta o bella, ma i capitoli che mancano probabilmente non sono 9, ma di meno. Tutto dipende da quanto li farò lunghi.
Ma man mano che scrivo [non lo posso nascondere, e molti lo sanno già], mi accorgo di una cosa: il plot originale di Death Note è abbastanza stravolto. Come faceva notare una ragazza qualche tempo fa, Death Note non è fatto per scriverci su storie d'amore, eppure ho voluto provarci lo stesso, e sono felice che l'idea sia piaciuta, ma consapevole che...la trama originale non avrebbe mai previsto cose del genere!xD Sotto uin certo aspetto, dunque, mi "spiace" quasi di aver dato spazio alla mia "ispirazione" e voglia di creare qualcosa di "diverso".
D'altra parte, però, ammetto che fantasticare su queste cose ogni tanto... mi piace. xD
Un altro punto che voglio additare è che ho sempre cercato di mantenere l'IC dei vari personaggi, ma sono abbastanza sicura che ad esempio l'L originale non avrebbe tralasciato tutta una serie di dettagli sul comportamento di Light che io gli ho fatto tralasciare a tradimento (bella collaboratrice sarei per lui!xD)... o che Rem non avrebbe mai fatto ciò che far---ops, spoiler?

Ulteriore nota aggiunta in seguito: Uh, hanno aggiornato tutte le mie autrici preferite!*___*; DarkRose, Lemnia, NekoRika, e la new entry Hilarysan. *__*; Mi sento quasi in imbarazzo, a pubblicare anche io, subito dopo di loro. °___°;;;

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Capitolo 18
*** XVII ~ Ukita ***


Piece XIII ~ Assalto Non aveva

Come sempre in ritardo, ma eccomi. =D
Dunque...innanzitutto grazie mille a tutti per i commenti, e soprattutto per aver risposto ai dubbi che mi assillavano. Ve ne sono grata, mi avete tolto un grosso peso!>***<;; Grazie a Xendor, a Don Natsumi per i commenti sul foro. ^__^;; Per quel che riguarda le recensioni su EFP:
@Lady_parody: Ti ringrazio per averla letta tutta! Fa sempre piacere avere nuovi lettori. ^**^;; Spero che seguirai anche i prossimi capitoli. ^.-
@Hilarysan: Scusami se non ti ho ancora commentato la tua fic.é_è;;; Rimedierò al più presto!! Come si evolveranno le cose in futuro? Beh, come dice il caro vecchio Murphy... "sorridi, domani sarà peggio". =D
@Anansy90: Mancano pochi capitoli perché...perché...beh, ho già provato a fare una fanfic di 50 capitoli, ma è finita male. xD Quindi non voglio dilungarmi tanto, o finirò per abbandonare tutto. Tanto più che ho il finale già che spinge nella mia testa per uscire. xD E poi... ehi, fra qualche mese questa storia compie un anno!! E tu l'hai sempre seguita, fin dall'inizio. Ti ringrazio infinitamente. ç***ç;; Ah, il momento che tanto aspettavi....magari si sta avvicinando. ^.-;;
@Randa89: Grazie davvero anche a te per le tue osservazioni!! E' che...adoro Death note, non sopporterei di 'rovinarlo' con una pessima fanfic. Se un giorno dovessi scrivere un capitolo disgustoso e totalmente OOC, vi prego fermatemi. xD
@Shiraime88: Matsuda XDD Io lo adoro, mi è simpaticissimo! Ed infatti in questa sede gli ho dedicato un po' di spazio in più. ^__^;;
@Marghe88: Eh si, descrivere L innamorato è una tortura! Anche se - intelligenza a parte - sto diventando come lui, non sono adatta a ragionare dal suo punto di vista. >_< Ma tu sei la migliore lettrice che abbia mai avutooohh ç***ç;; Grazie di tutto Marge-chan!! Accarezza il bel visino di B sulla copertina di Another Note anche per me, ti raccomando. ç***ç;;;

Sarò logorroica, ma voglio aggiungere delle note:
- Schopenhauer non me ne voglia, nei primi periodi l'ho citato. xD
- Penso che questo ed i prossimi capitoli potranno dare fastidio a qualcuno...eventualmente me ne dolgo, ma purtroppo la trama che vi presento è questa, non posso farci altro. >_<;; Se proprio non dovesse piacervi, non posso far altro che dirvi: non leggete. ç__ç;;
- Non sono buona a lavorare in photoshop, ma questa era la mia ultima occasione per mostrarvi un colorize di Sayo che avevo fatto qualche tempo fa: kuriku. La base è questo personaggio di Negima (che io in teoria dovrei doppiare al CAD xD), che tra l'altro si chiama...Sayo. OòO; Anche se dovrebbe essere un po' più grande.°ò°;
- Parlando di Sayo, in tema di colorize: quando ho iniziato a scrivere di lei, le ho dato questo aspetto 'fuori dalla norma' principalmente per sottolineare il fatto che...non appartenesse al mondo degli umani. xD
- Per anticipazioni sul prossimo capitolo, appena possibile aggiorno il mio profilo.
That's all. =*

Jun

Piece XVII ~ Ukita

Matsuda fissava L in modo stranissimo. "A-Allora Sayo-chan ti piace davvero?" gli domandò stupito. Era come se dopotutto non riuscisse a credere che L potesse provare dei sentimenti per qualcuno.
Da parte sua, il detective arrossì impercettibilmente, ma non rispose.
In realtà, si sentiva davvero uno stupido.
Semplicemente, L non aveva mai preso in considerazione l'idea di potersi innamorare: compreso come andava il mondo, aveva vissuto la sua vita guardandolo da spettatore esterno, ed aveva concluso che l'innamoramento non era altro che un bisogno fisiologico legato alla procreazione. Poiché partiva da un impulso dettato dall'istinto verso la psiche aveva concluso che, avendo realizzato questa verità, le possibilità che lui potesse innamorarsi erano appena del 2%.
Aveva concluso che l'amore era un qualcosa di perfettamente controllabile ed evitabile.
Ma ora si rendeva conto di non aver capito niente.
Non era ricaduto in quel misero 2%, aveva sbagliato tutti i calcoli. Se l'amore fosse stato un qualcosa di controllabile, lui non avrebbe mai provato dei sentimenti per Sayo. Lei era il suo totale opposto, ed era l'opposto della persona che L avrebbe dovuto avere al suo fianco: lui stava benissimo da solo, ma se proprio avesse dovuto scegliere una compagna, avrebbe preferito una persona forte, seria, al suo livello; se proprio avesse dovuto dividere la sua vita con qualcuno, avrebbe scelto una persona che fosse stato in grado di controllare e prevedere, in modo da essere sicuro di non porre la sua incolumità a rischio, dandogli la sua fiducia.
Sayo non era nulla di tutto ciò. Innanzitutto... non era una persona normale, sotto fin troppi aspetti. E poi non solo era ingenua, ma tendeva a fare ogni cosa di testa sua, anche se ciò metteva a repentaglio la sua stessa vita. Una persona del genere non era affatto prevedibile, ed anzi era persino pericolosa.
Ma d'altra parte... lei aveva dimostrato di essere molto forte e decisa. A differenza di lui aveva dei sogni, e lottava per essi. Non importava quanto fosse impossibile, né che fosse sola, e neanche che gli altri la giudicassero per questo. Lui stesso l'aveva creduta infantile e superficiale, ed invece si era visto sbattere in faccia da lei cose di cui neanche lui si era mai neanche reso conto.
Era questo il punto.
Per quanto questo pensiero fosse spaventoso, lei lo capiva. Nonostante lui avesse sempre tenuto nascosti i suoi veri pensieri, lei aveva letto nella sua anima. Aveva visto che era nera, ma nonostante ciò aveva continuato a provare sentimenti per lui.
Almeno, finché lui non aveva rovinato tutto.
Il fatto era che tutto questo l'aveva spaventato. Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. All'inizio aveva pensato che Sayo fosse come tutte. Aveva creduto che fosse innamorata di L. Non di Lawliet. Non di lui. Il pensiero che qualcuno potesse provare sentimenti per uno come lui era persino ridicolo. Ed il pensiero che lui potesse ricambiare era ancora più ridicolo.
Nel bene o nel male, lui era diverso da ogni altro essere umano; aveva pensieri completamente differenti da quelli che una persona media aveva, ed un quoziente intellettivo tre volte superiore ad essa. E questi che potevano sembrare doni, si erano rivelati essere in realtà una vera e propria maledizione, che lo aveva allontanato dal mondo intero, e gli aveva fatto perdere del tutto interesse e fiducia in esso, sprofondandolo in un baratro che giorno dopo giorno, ora dopo ora, lentamente oscillava fra noia e irritazione.
Sapendo tutto ciò, come aveva potuto lei continuare a provare sentimenti per lui?
E soprattutto come poteva causargli ogni volta una tale confusione di pensieri, ed una tale agitazione di sentimenti?
Aveva creduto che ignorandola avrebbe risolto il problema, invece…nonostante tutti i suoi pensieri e le sue elucubrazioni... nonostante non riuscisse a trovare alcuna logica in ciò...
...lei gli piaceva.
Già... Watari e Matsuda avevano ragione.
Gli piaceva, e non potevano immaginare quanto, poco prima, lui si era dovuto trattenere dal prenderla fra le braccia e baciarla.
Ed il solo pensiero che Light avrebbe potuto fare una cosa del genere in qualunque momento gli faceva ribollire il sangue. Perché Light non amava. Light era Kira.
Per quanto pensieri del genere non fossero da lui, L si ritrovò a considerare l'assurda eventualità che Sayo, delusa da lui, potesse innamorarsi di Light.
E cominciò a credere che potesse realizzarsi.
In fondo, loro due avevano trascorso giorni e giorni insieme, e Light le aveva sempre mostrato solo il suo lato migliore. Sapeva che lei non si sarebbe mai lasciata ingannare da lui, ma nonostante questo aveva paura che alla fine sarebbe andata così.
Light, cinico e spietato, avrebbe potuto fare di lei tutto ciò che voleva, mentre lui che l'adorava non avrebbe avuto neanche il diritto di sfiorarla.
Il giovane si voltò verso Matsuda: "L'amore è una fregatura," concluse amaro.
Il giovane commentò quell'osservazione con un odioso sguardo commiserevole.
L divenne rosso, per il nervosismo e l'imbarazzo. Non gli piaceva quella situazione. Non era assolutamente da lui. Si morse le labbra, odiandosi per come si stava comportando.
Ma insomma, che diavolo ci faceva ancora lì con Matsuda? Perchè non era da lei a dirle tutto?

*


Era ormai passata un'ora da quando Watari aveva riaccompagnato Sayo nella sua stanza. Per tutto quel tempo lei era stata nel soggiorno, seduta accanto alla vetrata che dava sulla città. Fissava con occhi vuoti l'orologio a pendolo appeso al muro lì di fronte.
Misa era di nuovo sul divano, con una babydoll rosa addosso e una tazza di té alla ciliegia fra le mani. Ogni tanto lanciava un'occhiata che si poteva definire di pietà, ma nessuna delle due ruppe il muro di silenzio.
Forse Misa era ancora convinta che a lei piacesse Light, pensò Sayo. Chissà se avrebbe mai capito che lei aveva stretto amicizia con Kira solo per fargli credere di essere inoffensiva, e per collezionare più informazioni possibili su di lui? Sospirò. Credeva che in questo modo avrebbe avuto un vantaggio su di lui, e che avrebbe potuto aiutare il suo L. Ma erano state tutte illusioni; alla fine, non era riuscita a fare nulla. E quando L era uscito dalla cucina, lei non aveva avuto la forza di seguirlo. E lui non si era più fatto rivedere da allora.
Sayo si strofinò gli occhi, nuovamente lucidi. Perché se ne sorprendeva ancora? Non poteva aspettarsi altro da lui: gli aveva fatto capire già fin troppe volte che lei gli era più dannosa che altro. Non c'era motivo di dispiacersi per questo: dopotutto aveva sempre saputo che il suo era un amore impossibile.
Forse doveva davvero andarsene, tornarsene a casa. Sarebbe bastato un attimo, in fondo. Chi se ne importava se l'avrebbero vista sparire? Una volta tornata di là, l’avrebbero punita e nella migliore delle ipotesi non sarebbe più potuta tornare nel mondo degli umani. Così non avrebbe neanche visto quello. Si, magari doveva andare via. In fondo, della sua presenza non importava più a nessuno ormai.
Chiuse gli occhi. ”Allora addio a tutti,” pensò. Ma un istante dopo li riaprì di scatto.
No, no, un attimo! Che cosa diamine le stava prendendo?!
Non poteva andarsene ora! Era arrivata fino a quel punto, dannazione! Aveva contribuito a combinare tutto quel casino, ed ora che si era accorta che era più grande di lei rinunciava e scappava come una bambina?!
No. Non poteva farlo. Quando tempo fa era scesa nel mondo umano aveva preso una decisione, ed ora doveva mantenerla, qualunque fosse il prezzo da pagare.
Si alzò in piedi, stringendo i pugni.
Misa si sollevò appena dal divano per guardarla dirigersi verso l'ingresso. "Dove vai?" le chiese curiosa.
"Devo vedere Ryuzaki," rispose lei.
"Mi spiace, è troppo tardi," si intromise una voce.
Sayo si sentì afferrare malamente per le spalle: spaventata, si voltò indietro, incrociando due occhi rossi e brillanti che conosceva molto bene.
"Non odiarmi per questo," sogghignò Ryuk, spingendola di nuovo nella stanza. "Ha detto che mi avrebbe regalato una piantagione di mele se l'avessi aiutata. E poi è divertente".
"E-EH?!" mormorò lei, senza capire. Cadde a terra, mentre Ryuk con ben poca grazia prendeva in braccio Misa, che dopo i primi secondi di stupore iniziò a strillare per la paura.
Ryuk la ignorò: sembrava un ragazzino che attende l'apertura di un negozio di giocattoli. "Tre...due...uno..."

*

Erano passati pochi secondi da quando L, senza dire neanche una parola, aveva abbandonato Matsuda nella sala dei monitor, ma a lui erano sembrati anni. Aveva fatto una fatica enorme per raggiungere l'ascensore e farlo partire, e per tutto il tempo era stato preso da dubbi tanto sciocchi quanto inutili.
Alla fine, era davvero sicuro di voler andare da lei a parlarle? E se sì, che cosa le avrebbe detto? E se lei non avesse più voluto ascoltarlo? Dopotutto, non lo aveva più cercato da quando lui l'aveva lasciata.
Si portò una mano alla fronte, cercando di pensare in modo razionale, ma di colpo sentì uno, due tonfi sordi, attutiti dalle porte insonorizzate dell'ascensore. La cabina tremò così forte che L dovette aggrapparsi alla tastiera per non cadere.
"Eh...?" mormorò infine, quando la breve scossa cessò.
Ebbe l'accortezza di premere subito il tasto di emergenza dell'ascensore per cui, quando pochi istanti dopo la luce oscillò e saltò, le porte si erano già aperte quasi del tutto a metà del primo piano. Riuscì ad uscire fuori con poca fatica, mentre intorno a lui una serie di luci di emergenza rossastre si accendevano a blocchi.
In quel momento, un preoccupato Matsuda sbucò dal fondo delle scale, raggiungendolo di corsa: "Ryuzaki! Che sta succedendo?!" chiese trafelato.
Lui lo guardò fisso: aveva impiegato troppo poco tempo per raggiungerlo. "Matsuda-san, lei mi stava seguendo?"
L'altro arrossì: "I-Io, ecco...!"
"Vada ad assicurarsi che le ragazze stiano bene. Ora!" gli intimò L, con un tono basso ma decisamente minaccioso.
Il moro rabbrividì: "Si, si, certo!" farfugliò, iniziando a correre su per la rampa lì accanto.

Continuando a salire senza mai fermarsi, Matsuda raggiunse l'appartamento di Misa e Sayo in meno di due minuti: trovò la porta completamente sfondata e ribaltata, ma non sentì alcuna voce al suo interno. Deglutendo, si arrischiò ad entrare. Percorse l'ingresso, e quando infine giunse nel salotto sgranò gli occhi: a quanto pareva, qualcuno aveva fatto irruzione dall'alto in quella camera, sfondando le vetrate, che ora giacevano ridotte in migliaia di a pezzi appuntiti sul pavimento. Tutta la stanza era completamente devastata, come se fosse passato un terremoto. Probabilmente erano arrivati a bordo di un elicottero, ed in effetti gli pareva di sentire il rumore lontano di un motore e delle pale che tagliavano l'aria.
O forse, erano allucinazioni dategli dalla paura.
Si guardò intorno: non vedeva Misa, ma al centro della stanza scorse Sayo riversa a terra.
Non si intendeva di ferite, e questo fece aumentare il suo nervosismo. Vide che la ragazza aveva schegge di vetro conficcate in più punti del corpo, ed una brutta ferita alla testa. Si era formata una pozza di sangue attorno a lei. Non osando toccare nulla, si limitò a tentare di tastarle il polso. Per un attimo credette che fosse morta. Poi si sentì afferrare il braccio di scatto dalla sua mano insanguinata.
"Matsuda, deve aiutarmi," sibilò Sayo, gli occhi rossi e il viso sfregiato.
Per tutta risposta, lui iniziò a gridare terrorizzato.

*


La luce soffusa della lampada, la voce monotona di un giornalista alla TV. Light, seduto alla scrivania nella sua stanza, sorseggiava una tazza di caffé, senza fretta. Era certo che quella notte sarebbe stata impegnativa per lui: se tutto andava come pianificato, entro un'ora suo padre sarebbe stato contattato dalla polizia, e loro avrebbero dovuto precipitarsi nella base di L. In quel frangente, Light avrebbe dovuto tirar fuori tutta la sua abilità recitativa ed il suo sangue freddo: e per questo, doveva mantenersi ben sveglio. Finì il caffé e poggiò la tazzina accanto ai libri universitari, chinando poi il viso su di essi. Rem, accanto a lui, lo fissava immobile: era stata costretta a seguirlo in quanto possessore del Quaderno, ma Light ancora non si era abituato all'impressionante presenza di quello shinigami. Non parlava, non si muoveva, non faceva nulla. Stava solo lì ferma come un orrendo attaccapanni. Ryuk, per quanto irritante, sotto quell'aspetto era più...di compagnia.
"Toc toc! Fratellone? Posso?"
Sayu fece capolino nella stanza. Light sospirò.
"Uhm... mi aiuteresti con la matematica?" chiese lei, speranzosa.
Light, visibilmente contrariato, sfogliò una pagina del suo libro di Legge: "Non stasera, Sayu".
"Grazie, fratellone! Lo sapevo che mi avresti aiutata!" esclamò sorridente la ragazza, e gli si accomodò vicino, spostando con un gesto della mano i libri del fratello. "Perché questa faccia? Tanto tu non hai niente da fare!"
"Giusto..." mormorò lui, stringendo gli occhi. "C'è chi fa tutto per me," concluse internamente, sorridendo.

*


Il fatto che si fossero attivate le luci di emergenza poteva significare una cosa sola: Watari aveva cancellato ogni singolo dato dai sistemi della base, compresi i programmi che regolavano i collegamenti telefonici, elettrici, termici o di aerazione interni. Ciò non sarebbe accaduto in condizioni normali: la cancellazione totale dei dati era una procedura da effettuare in casi di emergenza, in cui non c'era tempo di dare al sistema i comandi per discernere i dati da cancellare.
In parole povere, chiunque avesse fatto irruzione, aveva raggiunto Watari prima che lui potesse chiamare aiuto.
L avrebbe voluto precipitarsi da lui per verificarne le condizioni, ma la sua razionalità glielo impediva. Se da una parte c'erano buone probabilità che Watari fosse stato preso, dall'altra c'erano le vite di Matsuda, di Misa e di Sayo da preservare. Oltretutto, era probabile che il nemico si aspettasse una simile reazione.
Si era ritrovato in una situazione simile in passato. Esattamente simile.
E fu proprio quello che gli fece pensare al peggio.
Ritornò nel bunker, dove c'era l'unico telefono che connetteva all'esterno. Li trovò Ukita che lo aspettava. Per un attimo, rimase perplesso: credeva che fosse tornato alla centrale. Poi capì.
"Ryuzaki, eccoti, finalmente. Ti ho cercato dappertutto," disse Ukita.
L non tardò ad accorgersi che l'agente aveva portato con sé degli amici.
D'altronde, se qualcuno aveva fatto la spia, era naturale che avrebbe rivelato l'ubicazione del cuore della sua base.
Degli uomini vestiti di scuro si fecero avanti dal buio. Dietro di lui, altri bloccarono le porte. Erano tutti armati, e i volti erano coperti da spessi occhiali.
L si voltò verso l'agente: "Ukita-san...le ho mai detto che odio le feste a sorpresa?"
Lui non replicò; la sua espressione era pressoché vuota.
"E' lui L?" chiese una voce alle spalle dell'uomo.
Ukita annuì. Uno sparo, e l'agente sbarrò gli occhi.
Si udì uno strillo. Quando Ukita cadde a terra senza vita, dietro di lui comparve Misa, che piangendo si stringeva saldamente alla persona che aveva appena sparato.
Era una donna sulla trentina, di razza orientale. Il suo fisico era ben formato, ma nascosto da un ostentato abbigliamento maschile: un paio di pantaloni neri ed una giacca dello stesso colore, che copriva una camicia bianca ora schizzata di sangue; al collo, una cravatta lucida leggermente allentata. Indossava inoltre un lungo mantello nero. Portava i capelli corti, i lineamenti del viso erano delicati e risaltavano grazie al forte trucco nero. Con una mano, stringeva al petto un quaderno dalla copertina nera. Sarebbe stata una bellissima ragazza, se non avesse avuto quella pistola fumante nell'altra mano e la faccia devastata da una felicità quasi folle.
Dilatò le pupille di un celeste quasi irreale, focalizzandole sul ragazzo sconvolto di fronte a lei: "Piacere di conoscerla, signor L. Il mio nome è Takada Hirano. Il suo?".


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