Born to die

di lottieverdeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Too late to turn around ***
Capitolo 2: *** A smile that should not exist ***
Capitolo 3: *** I'm Back ***
Capitolo 4: *** First Kiss ***
Capitolo 5: *** Best friend I ever had ***
Capitolo 6: *** I'm a Killer Cato ***
Capitolo 7: *** Don't leave me like this. ***
Capitolo 8: *** Together at last ***
Capitolo 9: *** Part of me ***
Capitolo 10: *** The last time ***



Capitolo 1
*** Too late to turn around ***








 

CAPITOLO 1
 


Fin da quando sono nata mio papà ha sfogato i suoi sogni di gloria irrealizzati su di me.
A quattro anni come regalo di Natale sotto il mio albero c'era solo un solitario coltello.
A cinque anni mi ha costretta ad imparare ad usarlo. A sei anni, cioè adesso, mi sta accompagnando all'accademia.
Le porte dell'edificio sono spalancante, due pacificatori di guardia. Il vento mi scompiglia i capelli, alzo la testa per poter osservare meglio la grande caserma che chiamano Accademia.

“Non voglio andarci.” Dico secca. Mio papà si gira, leggermente perplesso. E' la prima volta che lo contraddico, che mi oppongo a lui.
Al posto di rispondere mi afferra per un braccio e mi trascina di forza verso l'edificio.
“Ci andrai e ci starai finché non tornerai vittoriosa dagli Hunger Games.”
“E se mi rifiutassi di andarci?” Con un ultimo strattone mi spinge davanti ad un pacificatore che mi guarda.
Alza una mano, come per afferrarmi. “Non provarci.” Dico tagliente e mi giro verso il portone.
Senza salutare mio padre faccio un passo, poi un altro, finché un rumore mi fa sobbalzare.
La mia vita, quella vera è finita, perchè questa che mi aspetta non è vita, ma solo una tortura a cui solo i più forti possono resistere e io lo sono.

 

Mi metto in fila con le mie coetanee che come me ambiscono alla vittoria negli Hunger Games.
Siamo una decina e tutte ci nascondiamo dietro alla nostra faccia fiera e felice, anche se dentro non lo siamo.
Dal mio canto, l'unica cosa che sento è indifferenza. La mia vita qua, sarà esattamente come a casa, un inferno.
La nostra allenatrice si presenta come Enobaria, ed ad una ad una ci chiede il nostro nome. Arrivata a me sorride beffarda.
Probabilmente per colpa della mia bassa statura. In confronto alle mie future compagne, sono davvero piccola.
“Mi chiamo Clove.” Dico guardandola negli occhi.
“Bel nome.” Ghigna.
“Anche Enobaria è bellissimo.” La mia futura allenatrice alza una mano, per tirarmi una sberla, ma con scatto fulmineo la blocco.
“Non provarci.” Ripeto. Probabilmente diventerà la mia frase preferita. Lei si libera dalla mia presa e ci fa segno di seguirci, si atteggia come se fossimo i suoi cagnolini e questo non mi piace affatto.
Di malavoglia la seguo, in una sala grandissima, con qualunque tipo di armi.

Ragazze cosa sapete fare?” Chiede. Le mie compagne mugugnano qualcosa che suona come un niente.
Quando arriva a me sorride di nuovo in quel modo che mi fa venire voglia di prendere un coltello e piantarglielo nel cuore, ora, qua e adesso.
“So lanciare coltelli.” Scoppia in una fragorosa risata imitata dalle altre ragazze.
Vorrei solo aver detto che noi umani assomigliamo alle pecore, quando la grande pecora capa fa una cosa le altre la seguono.
Enobaria mi porge un coltello che afferro. Lo impugno, come mi ha insegnato mio papà e lancio. Colpisce un manichino esattamente al centro del segno che indica il cuore e io sorrido soddisfatta.

Enobaria ci ha congedate dicendo che oggi voleva solo conoscerci.
La sacca che contiene le mie robe sulla spalla mi dirigo verso la mia camera, il numero 9, al terzo piano.
Penso a mio padre a come mi ha abbandonata davanti al portone, come un oggetto senza valore.
Mia madre non si è mai opposta a lui, ha paura, è una codarda.
Una voce mi risveglia dai miei pensieri.
"Hanno reclutato un nano all'accademia." dice un ragazzo biondo con gli occhi blu.
"Hanno reclutato un pagliaccio all'accademia" Rispondo pronta imitando la voce del biondo.
Il ragazzo mi appoggia due mani sulle spalle e con la sua forza bruta mi costringe a guardarlo.
"Stai attenta a quello che dici ragazzina."
"Stai attento a quello che fai ragazzino."
Lo guardo un'ultima volta, uno sguardo pieno di sfida e di odio, poi lui mi molla e io corro verso la mia camera.

Bene, due nemici sicuri in un giorno.
Dai, poteva andare anche peggio.



 



 


Ciao a tutti!

Innanzitutto grazie per aver letto questo primo capitolo.
Clove è appena arrivata all'accademia, e indovina indovinello chi è il ragazzo che ha conosciuto e che si è inimicata già dall'inizio?
Se vi è piaciuto, (Ma anche se secondo voi fa schifo) mi farebbe piacere se lasciaste anche un mini-commento per dirmi che ne pensate.
Spero di riuscire ad aggiornare il più preso possibile.

Bye bye popolo di efp :)
Lottieverdeen


 

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Capitolo 2
*** A smile that should not exist ***








CAPITOLO 2

 

"Fammi vedere cosa sai fare Clove." Dice Brutus osservandomi con aria di sfida. "Lo sai vero che non c'è posto per tutti qua."
Non tutti possono restare all'accademia, le nuove reclute vengono testate alcuni mesi e poi se non reputate idonee spedite 
di nuovo a casa. Prendo un coltello e mi sistemo davanti al bersaglio.
"Sai Brutus, credo che per me..." quasi dolcemente il coltello scivola via dalla mia mano e si conficca esattamente nel cuore 
del manichino. "... ci sarà sempre posto." Concludo quasi beffardamente. 
Brutus sorride soddisfatto e mi lascia sola per un attimo. Probabilmente per discutere sul mio futuro collocamento.
Nell'accademia ci sono tre gruppi: Il primo, composto dai più forti, i principali candidati per i giochi della fame, il secondo per
quelli che devono migliorare le loro tecniche e il terzo quello delle nuove reclute.
Un giorno sarò nel primo gruppo, mi allenerò per gli Hunger Games e realizzerò il sogno che mio papà non ha mai potuto realizzare.
Brutus mi raggiunge e mi fa cenno di seguirlo.
Attraversiamo un corridoio completamente spoglio, come d'altronde il resto dell'accademia.
"Abbiamo deciso di metterti nel secondo gruppo. Non deludermi Clove, ripongo molte speranze su di te."
Sorrido felice del complimento, lo seguo attraverso una porta, che porta in una palestra ancora più grande della precedente.
Resto con la bocca aperta, ammirando i ragazzi e le ragazze che combattono fra loro, con tanta ferocia, che non sembrano
nemmeno persone vere. Il rumore di metallo che batte su metallo è fastidioso, sono abituata al leggero fruscio dei coltelli.
"Anche tu qua?" Una voce stranamente familiare arriva da dove prima c'era Brutus.
Mi aggira con la sua spada. I suoi occhi mi osservano beffardi e la sua bocca e tirata su in una smorfia quasi di disgusto.
Lancio uno sguardo a Brutus che mi guarda annuendo, e cogliendolo di sorpresa mi fiondo addosso a lui.
Cato mi osserva per un momento, poi alza la spada per colpirmi, e so, da come mi guarda, che se non mi fossi spostata 
l'avrebbe affondata. Avrebbe ucciso, senza ripensamenti, ma io non sono il tipo che mi fa uccidere così facilmente. Lo aggiro rapidamente e con un pugno sul suo polso li faccio cadere la spada. Velocemente gli appoggio il coltello alla gola, alzandomi in punta di piedi. ma lui sorride e senza fatica mi scansa via da sè e raccoglie la spada, poi si gira e se ne và.
Io resto; lì, sorridendo sulla mia prima piccola vittoria. Brutus mi fa un cenno e sorride e mi fa segno di andare, il mio allenamento vero e proprio incomincerà domani, e io sono più pronta che mai.

"Clove." Il mio cuore si ferma e poi comincia a battere più velocemente, mi giro e lo vedo, di nuovo.
Nei suoi occhi blu leggo la sete di sangue, una sete che mi spaventa e che mi costringe ad indietreggiare.
Mi inchioda al muro, e si abbassa leggermente per potermi guardare meglio nei miei occhi marrone nocciola.
"Non avresti dovuto comportarti così oggi." Ringhia.
"Sei tu che mi hai sfidata Cato." Rispondo tranquilla, anche se avrei solo voglia di scappare, correre via da questo
essere crudele e vendicativo.
"Non sfidarmi bambinetta." 
"Non sono una bambinetta! Fino a prova contraria, Cato, ti ho appoggiato il coltello alla gola, e ne porti pure il segno."
Il mio sguardo si ferma alla sua gola, dove c'è un piccolo taglietto, quasi invisibile, ma segno della mia vittoria.
"Non so chi sei, ma non mi piaci per niente."
"Nemmeno a me piaci, stai tranquillo." Ad un tratto la rabbia sparisce dai suoi occhi, che diventano quasi umani.
"Di ragazze come te non ne ho mai conosciute." Scuote la testa.
"Ah, adesso sarei una ragazza?"
"No, sei un'assassina, esattamente come me e gli altri."
"IO NON SONO UN'ASSASSINA!" Gli urlo addosso. 
"Non ancora, ma lo diventerai." La rabbia sale dal profondo del mio cuore, anche se so che ha ragione, sono qua solo per un motivo, per uccidere. A qualunque altra persona avrei tirato una sberla, ma qualcosa mi costringe a trattenermi.
Indietreggio, spaventata dall'idea che un giorno forse ucciderò per piacere, solo per sentire la vita andarsene.
Cato sorride. E' così strano vederlo ridere. Forse sta ridendo di me, ma qualcosa mi dice che è tutto diverso,
che quel sorriso è tanto vero quanto rassegnato, che è qualcosa che non dovrebbe esistere.
Senza guardarlo mi giro e corro via.





 



Ciao a tutti!
Grazie a quelli che hanno recensito la mia storia e l'hanno messa tra le preferite e anche a quelli che l'hanno letta e non recensita.
Spero che anche questo capitolo ne deluda le vostre aspettative. (?)
Grazie a tutti,
Lottieverdeen

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Capitolo 3
*** I'm Back ***






CAPITOLO 3


Erano passati tre anni da quando avevo messo piede all'accademia. Anni in cui la mia vita aveva iniziato a girarsi intorno 
a due cose: armi e combattimenti. Avevo perfezionato il lancio dei coltelli e migliorato le mie altre doti.
Cato ed Enobaria non erano più i miei unici nemici. A loro si erano aggiunti altri ragazzi che avevo battuto nei combattimenti ed allenatori che avevo fatto arrabbiare con il mio credermi superiore a tutti. 
Quando per le vacanze ero tornata a casa mio padre non aveva aspettato un solo minuto per mettermi alla prova. Si è ritrovato il mio coltello puntato alla gola, accompagnato da un grido di mia madre. "Dov'è la mia bambina?" Aveva urlato. Nella sua faccia c'era tutto; disperazione, ribrezzo e odio. "E' sparita, non c'è più!" E mi ero imprigionata nella mia camera. Uscivo solo per mangiare e andare in bagno. Doveva saperlo, che non sarei mai più stata il batufolo che aveva messo al mondo, che la sua unica figlia sarebbe diventata un'assassina. Passavo i miei pomeriggi a lanciare coltelli, e a cullarmi nella depressione.
Ero triste, non riuscivo più a sorridere, nemmeno quando colpivo un bersaglio e la cosa che mi faceva paura era la parola che rimbombava nella mia te
sta. Sangue.
Il secondo anno nulla era stato più facile, distretto 2 aveva perso agli Hunger Games e questo aveva causato un aumento delle ore di allenamento. La cosa che però faceva più male non era la debolezza fisica, ma le occhiate di disprezzo che mi lanciava Cato.
La Clove di una volta probabilmente avrebbe reagito alle sue sfide, ma quella nuova, provata e distrutta dal peso che stava sulle sue spalle lo ignorava.
Durante il terzo anno Cato non mi aveva nemmeno più sfidata, mi aveva ignorata, e dimostrato che un cuore spezzato è la punizione peggiore di tutte. Si, io Clove ho un cuore. Un cuore che batte per una persona che mi disprezza come si disprezzano i tributi di distretto 2 che vengono uccisi nel bagno di sangue iniziale.

Ora eccomi qua, nove anni, il mio quarto anno. Chiudo gli occhi e sospiro quando ad un tratto una voce mi sveglia dai miei pensieri. 
"Clove." Mi giro e vedo quel ghigno beffardo quegli occhi pieni di scherno che mi hanno fatto abbassare la testa così tante volte.
Ma non ora. Gli d'ho le spalle, varcando il portone, decisa di ignorarlo, anche se so, che è una promessa che non potrò mantenere.

"Clove." Brutus mi ferma prima che riesca ad entrare nella palestra per la prima lezione dell'anno. "L'anno scorso mi hai deluso. Spero che quest'anno non farai lo stesso." Annuisco. 
"Non succedrà di nuovo Brutus." Lui mi osserva per un attimo. Mi giro verso l'ingresso della palestra quando Brutus mi appoggia una mano sulla spalla.
"Ricorda per cosa sei venuta qua Clove. Non farti distrarre da cose inutili." Un brivido percorre la mia schiena. "Quest'anno inizi con la spada."

Arrivata in palestra afferro la spada che mi sembra pesare di meno e mi avvicino ad un manichino. Cercando di imitare un'altro ragazzo alzo la spada e affondo la lama nel petto del manichino. Il ragazzo mi guarda e sorride.
"Devi impugnarla così." Si avvicina a me e sistema le mie mani sull'impugnatura. "Quando combatti pensa sempre a qualcuno che odi, aiuta davvero." Sorridendo se ne va.
Sollevo la spada pensando a Enobaria e a mio padre, quando una voce mi distrae.
"Non sei capace, arrenditi." Dinuovo quel ghigno, quel sorriso e quel portamento superiore. 
Sento l'adrenalina dentro di me, il cuore che accelera i battiti, le mani che si muovono da sole.
Colpisco il manichino nel cuore, poi mi giro e ne centro un altro, facendogli cadere la testa con un tonfo, che rompe il silenzio nella palestra. 
Sono tornata, più agguerrita di prima.



 




Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi piaccia! 
Ringrazio le persone che hanno recensito i primi due capitoli e anche quelli che l'hanno solo letta.
Grazie a quelli che l'hanno aggiunta tra le preferite.
Questo capitolo è un po' incasinato, Clove capisce che le piace Cato, ma non ha ancora i pensieri chiari su cosa fare.
Aggiornerò presto
Lotty




 


 

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Capitolo 4
*** First Kiss ***


 


 

Coltello dopo coltello, immaginando Enobaria al posto del bersaglio non manco nemmeno un manichino.
La palestra è vuota, il silenzio che mi circonda paradisiaco.
Ho compiuto 10 anni pochi giorni fa e dai miei genitori non è arrivato nemmeno un piccolo pensierino.
Dovrei esserci abituata e invece no. Mi sono sentita così terribilmente sola, che per la prima volta non sono riuscita a trattenere le lacrime.
Rumori di passi mi distraggono dai miei freddi pensieri da assassina. Mi giro allarmata, ritrovandomi una lama premuta sul collo.
"Mettiamo fine alla tua misera esistenza Clove?" Enobaria. La sua voce la riconoscerei ovunque.
"Lasciami andare." Urlo agitandomi, cercando di liberarmi dalla sua presa.
"Clove, Clove. Sono mille volte più forte di te." Mi sussurra nell'orecchio.
"No, non lo sei." Enobaria mi prende il braccio e ci appoggia la lama.
"Vedremo..." Lentamente affonda la lama. Mi sfugge un urlo di dolore. Sento il sangue gocciolarmi dalla ferita.
Enobaria sorride sadicamente e mi spinge, scaraventandomi per terra.
Sento i suoi passi che rimbombano nelle mie orecchie, anche quando se nè già andata.

"Clove?" Qualcuno mi chiama, ma la sua voce suona così lontana, come in un mare ovattato, persa nelle dolci correnti.
Solo quando mi scuote mi risveglio dai miei pensieri.
"Cato?! Cosa ci fai qui?" Chiedo quasi spaventata. Il suo sguardo però non è cattivo come in paestra, non è sadico come quando mi ha atterato e minacciato con la spada.
"Ti cercavo."
"Me?"
"Si, sciocchina." Mi aiuta a rialzarmi e mi ritrovo così vicina a lui che il mio cuore inizia a battere più forte.
Lentamente mi solleva il braccio e osserva la ferita. "Chi?" Chiede.
"Enobaria." Lui mi guarda negli occhi e stringe i pugni. 
"Non succedrà più." Lo rassicuro, ma lui scuote solo la testa e mi abbraccia.
Appoggio la testa al suo petto accorgendomi che anche il suo cuore sta battendo più forte.
Ad un tratto mi alza la testa con un dito in modo da potermi guardare negli occhi, poi si avvicina, sempre di più, finchè le sue labbra sono sopra alle mie. Un brivido mi percorre dalla testa ai piedi mentre Cato mi bacia. Così dolcemente, che se non ci fosse lui a tenermi cadrei a terra. Finisce tutto troppo veloce.
Cato mi osserva per un attimo così lungo, poi si scioglie dal nostro abbraccio e mi guarda preoccupato.
"Non doveva succedere." Scuoto la testa. Ha ragione. Noi dovremmo essere nemici, dovremmo odiarci, ucciderci.
"Ma è successo." Cato sorride. Questa volta annuisco.
"Dormi bene Clove." Si gira, lasciandomi sola, dinuovo.
Buona notte Cato... Troverò un modo per non finire negli Hunger Games con te, promesso.









Buonasera a tutti...
Innanzitutto grazie a tutti quelli che hanno recensito la storia e che l'hanno aggiunta alle preferite.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e ringranzio in anticipo le persone che lo leggeranno.
Volevo già aggiornare ieri, ma sono riuscita a cancellare tutto quello che ho scritto .-.
Mi dispiace che questo capitolo sia così corto, ma prometto che i prossimi saranno più lunghi
Ciao a tutti,
Lotty

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Capitolo 5
*** Best friend I ever had ***





Cato è quella persona che mia mamma e mio papà non sono mai stati. Con lui posso parlare, ridere e piangere.
Passiamo ore seduti vicini a raccontarci del nostro passato, delle nostre famiglie, di tutto quello che abbiamo passato.
Del nostro futuro non parliamo mai. Sappiamo entrambi cosa diventeremo. Quello che ci unisce non è amore, ma un'amicizia più profonda delle radici, più bella del sole d'estate. Qualche volta non abbiamo nemmeno bisogno di parlare per capirci, basta uno sguardo, un sorriso che dice più di mille parole. In palestra combattiamo sempre insieme, ci siamo creati una barriera, un muro invisibile che ci divide dagli altri. Io prevedo le sue mosse, lui prevede le mie, i nostri combattimenti potrebbero non finire mai, siamo in perfetta sincronia e così ci muoviamo, senza paura di fare male all'altro, perchè sappiamo che non può succedere. Non si può fare male a una parte di se stessi.

Il mio undicesimo compleanno era alle porte e con lui Cato.
"Cosa ci fai qui?" Guardo il mio orologio ancora assonnata. "Alle quattro di mattina?"
Lui sorride e mi abbraccia, ignorando le mie proteste. Mi accarezza i capelli e mi appoggia una piccola scatoletta nella mia mano.
Lentamente apro il piccolo pacchetto e quasi smetto di respirare dalla sorpresa.
Cato mi ha regalato una collana argentea con un ciondolo. Una spada e un coltello che si incrociano e al loro centro due "C" intersecate. Sento una lacrima rigarmi una guancia e lo abbraccio stampandogli un bacio sulla guancia.
Per un attimo mi sento normale, una ragazzina che ha appena compiuto undici anni e ha ricevuto il suo regalo.
Cato sorride e si gira per andere, ma io lo trattengo e lo tiro nella mia stanza.
"Resta! Tanto non mi addormento più."

Percorro il corridoio al suo fianco. Niente di non si tocca eppure mi sento così vicina a lui.
"Da quando ti ho incontrata sto meglio Clove." Ha sussurrato. Sorrido, è la prima persona che mi vuole bene, la prima persona che mi apprezza, la prima persona che ho paura di perdere.
"CLOVE!" Una voce stridula e piena di panico mi risveglia bruscamente dai miei sogni. "CLOVE!" E' un urlo che non sembra quasi umano, tanto è carico di paura. "RIVOGLIO MIA FIGLIA!" Il mio cuore scivola giù, inizio a correre. A quattro anni ho imparato a contare fino a 10, imparato a controllarmi, ma ora sento che tutta la calma di questo mondo non potrebbe fermarmi.
Mi fiondo su una figura raggomitolata per terra facendole da scudo con il mio corpo.
"Maledizione, cosa ci fai qua?" Le urlo addosso tenendo d'occhio le guardie che la stavano pestando. Cato è inginocchiato al mio fianco. "Voglio portarti via, da questi BASTARDI." L'ultima parola la urla e sputa ai piedi alle guardie.
Succede tutto così velocemente. La guardia mi strattona via e appoggia qualcosa al mio collo.
La scossa arriva, così violentemente, rovescio la testa indietro e sbatto per terra. Cerco di regolarizzare il mio respiro, ma l'unica cosa che esce sono versi strozzati e animaleschi. Combatto contro la senzazione di stanchezza che mi prende, mentre voci roche e cotonate si fanno strada in me. "Clove... no... resta." "UCCIDILA...!" "NO... Clove?" voci confuse che non mi danno pace. Poi il nero più totale.

Fa freddo. Il metallo dove sono appoggiata è gelido... qualcuno ansima, due occhi neri mi fissano, carichi di rabbia. Il cielo sopra di me... gira, sempre più veloce, un vortice di nude emozioni.
Una freccia, si avvicina a me lentamente, affiancata da un uccello azzurro. Non mi muovo, incantata.
Il dolore arriva in ritardo e mi investe come un'onda in piena. La freccia si conficca in me.

Urlo.









Ciao a tutti,

eccomi di nuovo, in terribile ritardo, perdonatemi!
Non trovavo idee per questo capitolo, finchè non ho pensato di metterci dentro anche la mamma di Clove.
Perfavore, fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere.
Adieu,

Lotty

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Capitolo 6
*** I'm a Killer Cato ***





Nel mio sogno Cato tiene la mia mano, la stringe come se fosse il suo ultimo appiglio. Il mio petto si alza e si abbassa troppo lentamente. Con la mano libera estrae la freccia conficcata nel mio petto. Cerco di aprire gli occhi per vederlo un'ultima volta, ma le mie forze non bastano.
"Non voglio morire Cato." Sussurro.
"Non morirai Clove, te lo prometto."

Un rumore fastidioso mi sveglia, un ticchettio ritmico e continuo non mi lascia pace. La stanza è bianca e io sono coricata su uno scomodo letto d'ospedale. Il dolore è ovunque, ma cerco di ignorarlo.
"Clove! Per l'amore del cielo, ti sei svegliata!" La voce di Brutus suona così estranea, così lontana, eppure e lì, vicino al mio letto e sembra preoccupato. Sospira di sollievo quando apro gli occhi e lo osservo.
"Dov'è Cato?" Chiedo quasi sussurrando.
Brutus mi guarda e sorride. "Sta bene, Clove, sta bene." Ripete il mio nome per calmarmi, ma c'è qualcosa nellasua voce che mi fa paura. "C'è qualcosa che mi devi dire?"
"Tua madre è morta."
Ignorando il dolore mi alzo e ringhio. "Chi è stato?" Brutus mi appoggia una mano sulla spalla per calmarmi, ma poi la ritrae velocemente, capendo che è un gesto inutile. "Le guardie." Dice una voce lontana. Dall'ombra si avvicina una figura sfuocata, che pian piano diventa più chiara. Enobaria mi guarda, mi osserva e studia, come un leone studia le mosse di una gazzella.
"Non preoccuparti tesoro." Dice dolcemente. "Le abbiamo tenute per te."

Enobaria mi scorta attraverso un corridoio buoi e deserto. Passiamo davanti a porte da cui provengono gemiti e lamenti che ignoro. Stringo tra le mani un coltello, la fredda impugnatura è l'unica cosa che mi permette di non impazzire subito.
Mia madre, la persona che mi ha messo al mondo, morta. Questo solo perchè era entrata nell'accademia e aveva reclamato la sua figlia. "Posso ucciderli?" Chiedo alla mia allenatrice speranzosa. Lei mi osserva per un attimo e poi risponde.
"Se ci tenevi davvero così tanto a tua madre si."
"Non è che ci tenevo a lei, ma è la persona che mi ha messo al mondo, non volevo perderla, non in questo modo."
"Uccidili allora." Dice girando una chiave nella serratura di una porta di metallo. Ignoro l'odore di sterco, vomito e sudore e cerco di scorgere le due figure nella penombra.
"Chi ha ucciso mia madre." Chiedo cercando di mascherare il panico nella mia voce. L'uomo alla mia destra tossisce.
"Sono stato io bambinella." Sembra fiero di quello che ha fatto. La rabbia mi pervade e con una mossa fulminea affondo il coltello nel suo cuore. L'uomo cade ai miei piedi spruzzandomi con il suo sangue.
Alla mia sinistra sento una risata, è beffarda, sadica, schifata. Tutto insieme. 
"Ti hanno allenato bene allora assas..." Il mio coltello si conficca nella sua gola prima che possa finire la frase.
Cercando di trattenere le lacrime passo di corsa davanti ad Enobaria.
Erro nei corridoi vuoti, la vista annebbiata dalle mie lacrime. Ad un tratto sbatto contro qualcuno.
"Clove, cos'hai? Mi avevano detto che stavi meglio e ..." Scuoto la testa e lo guardo con gli occhi gonfi e rossi.
"Sono un'assassina Cato!" Lui, ignorando il sangue e la puzza appiccicati a me mi abbraccia. E' il suo abbraccio a farmi calmare. Il mio cuore inizia a battere di nuovo regolarmente, i singhiozzi si affievoliscono.
"Ho ucciso Cato, sono diventata come loro mi volevano."
"Tu non sarai mai quello che vogliono. Tu appartieni solo a te Clove."
"Oh, se fosse vero Cato." sussurro.









Ciao a tutti.

Innanzitutto ringrazio mille volte le tredici persone che prefersicono questa storia e le 16 che la seguono, vuol dire davvero moltissimo per me!
Mi dispiace se nello scorso capitolo la parte finale era così confusa, ma spero che questo capitolo ve l'abbia chiarita un po', se no ditemelo che mi tirerò in testa una padella e cercherò di essere più chiara.
Mi raccomando ditemi cosa ne pensate,
ciao,
Lotty


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Capitolo 7
*** Don't leave me like this. ***






 


Chiudo gli occhi mentre dolcemente Cato mi cullo tra le sue braccia. Mi sento di nuovo una bambina, come una volta, quando mia mamma era ancora in vita e io non mi esercitavo per diventare un'assassina. Quando io giocavo ancora con la mia palla blu nel cortile della mia casa e non avevo ancora un coltello come giocattolo
Le sue labbra accarezzano dolcemente il mio orecchio e sussurrano parole dolci. Parole che non voglio dimenticare, mai.
Ricordo ancora il primo impatto che ho avuto di Cato, la prima volta che l'ho visto. Era gracile, ma i suoi occhi mandavano scintille. Ora è cambiato. Sento i suoi muscoli tesi, pronti a scattare per proteggermi. I suoi occhi non hanno perso l'entusiasmo di una volta, ma solo io so, che Cato non vuole più combattere per fare onore al suo distretto, ma ormai il suo destino è segnato. E' stato messo nel primo gruppo, quello per i ragazzi che quasi sicuramente andranno nell'arena. Ci hanno diviso. E' stato come strappare via un pezzo di me. Mi hanno preso la persona a cui tenevo di più e ho il dubbio che l'abbiano fatto apposta. Più volte Cato si è immischiato nei miei combattimenti per aiutarmi. Questo non è andato giù hai nostri allenatori. Nell'accademia tutti si devono odiare, non può esserci qualcosa come amore tra due ragazzi. Ed è quello che c'è tra di noi? Il nostro ultimo bacio dista almeno un anno, quando disperata avevo cercato qualcosa che mi facesse pensare ad altro. Avevo dodici anni ed ero stata costretta ad uccidere un'altra guardia disubbidente.
Enobaria ci aveva diviso e aveva fatto tutto per dividerci, non ci era riuscita. Ogni sera si rifugiava nella mia stanza e mi svuotava il suo cuore. Insieme ci addormentavamo, ci scacciavamo via gli incubi a vicenda. Anche Cato più volte era stato costretto ad uccidere guardie o delinquenti. E' un modo per preparare i tributi. Ci sporcano la coscienza fin da giovani, fanno in modo che la nostra strada sia macchiata di sangue da sempre.
"A cosa pensi Clove?" Mi chiede dolcemente Cato. 
"Ho paura Cato. Ci potrebbero obbligare ad andare nell'arena insieme per punirci." 
"Non lo farebbero mai. Non perderebbero due combattenti come noi Clove. Sanno anche loro che entrassimo nell'arena insieme non usciremmo." Annuisco spegnendo la luce sul comodino.
"Buona notte Cato." Sussurro. La risposta arriva subito e la sua voce spezzata, quasi volesse trattenere le lacrime, dimostra che anche i colossi come lui, hanno sentimenti e paure.

Nella pausa pranzo che divide gli allenamenti matutini e quelli pomeridiani Cato si siede vicino a me. Noto subito il suo sguardo assente e lontano. Evita il mio sguardo e io cerco di capire cosa posso avere fatto di sbagliato che ora sia cos' arrabbiato con me.
Quando si gira di scatto io sobbalzo, ancora in preda ai pensieri più terrificanti.
"Niente Clove, lascia stare." Mi mette un dito davanti alla bocca per farmi tacere e procede quasi arrabbiato. "E' meglio se non ci vediamo più Clove." Detto questo si alza e se ne va, senza nemmeno salutarmi.
La rabbia si impossessa di me, prima di poter pensare a una soluzione alternativa mi alzo e lo raggiungo. Cato si riga e mi urla addosso arrabbiato. "Non capisci Clove mi hai stufato!" 
Non può essere, cosa ho fatto Cato, dimmelo, perfavore! Non guardarmi con quello sguardo arrabbiato, non lasciarmi sola di notte, quando gli incubi mi perseguitano e non mi lasciano tregua. Non scivolare via da me così velocemente, perchè lo fai? Cosa ho sbagliato? Dimmelo Cato, dimmelo. So che mi legge negli occhi ora, so che sa quello che voglio dirgli, sa che non posso parlare perchè se no si sentirebbero le mie parole disperate, strozzate dalle lacrime versate per la persona che non voglio perdere.
Di nuovo si gira e si allontana, verso la porta. Scuoto la testa incredula mentre vedo come Enobaria si avvicina a lui, non senza lanciarmi un occhiata di sfida, e gli appoggia una mano sulla spalla, sorridendo sadicamente. Cato la ignora, con le mani in tasca e la testa bassa la segue.
Ma io ho visto qualcosa, sono sicura, non posso essermi illusa, 
una lacrima, scesa furtiva lungo la sua guancia e asciugata con la medesima velocità con cui mi ha scaricata.








Ciao a tutti!
Allora spero che questo capitolo vi piaccia, perchè mi sono impegnata davvero molto a scriverlo!
Ringrazio le 13 persone che hanno aggiunto questa storie tra le preferite e che la seguono.
Per favore, lasciate un piccolo commento e ditemi cosa ne pensate, mi farebbe davvero molto piacere.
La vostra Lotty.

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Capitolo 8
*** Together at last ***





La vita senza Cato è uno strazio. Mi mancano le sue braccie che mi stringono forte al suo petto, mi manca la sua voce rassicurante, che mi tranquillizza dopo un incubo, il suo sorriso, che mi fa sentire leggera e più di tutto le sue dita, che mi pettinavano dolci i miei capelli quando mi svegliavo. Mi manca la persona che mi amava, anche se non l'ha mai detto. Osservo il mio coltello nero, appoggiato sul comodino. Quante volte mi capita ora di scattare in avanti per afferarlo quando mi sveglio dopo un incubo. Quante volte mi sono sfogata con lui, quante volte ho cercato rifugio nella violenza, martoriando l'interno del mio armadio. Ma questa volta è diverso, sento che un coltello non è il modo giusto per sfogare la mia tristezza. Per la prima volta, io Clove, l'assissina più abile dell'accademia, piango. Le lacrime scorrono dolci sulle mie guancie, assaggio con la punta della lingua quell'acqua salata e sospiro.

Esco dalla mia stanza, i miei passi rimbombano monotoni nel corridoi vuoto. Fa talmente freddo che il mio respiro si condensa nell'aria. L'impianto di riscaldamento dell'Accademia si è rotto e non sono ancora riusciti ad aggiustarlo. Scuoto la testa disgustata da questa situazione. Sono sola, in un freddo corridoio, senza Cato. Non riesco a fermare la domanda che continua a rimbombare nella mia mente vuota. Perchè? Cosa ho sbagliato? Ad un tratto una risata stridula mi risveglia dai miei pensieri. Cato sta facendo il solletico ad una ragazza appoggiata al suo petto. Esattamente come lo faceva a me quando ero triste.
Cerco di ignorarlo, ma il mio sguardo viene imprigionato dai suoi dolci occhi azzurri. Cato mi guarda, ha smesso di fare solletico alla biondina. Arrabbiata si stringe di più a lui per riavere la sua attenzione. Cato, però la ignora. La spinge via da se e si avvicina a me. Mi afferra un braccio, come per assicurarsi che non scappi e apre la bocca per dire qualcosa. Imbarazzato si passa una mano tra i capelli.
"Allora Clove io..." Inizia, ma viene subito interrotto da una voce civettuola. Enobaria mi osserva con uno sguardo trionfante e strattona via Cato da me. "Catuccio, devi allenarti, vieni!" Catuccio? Da quando Enobaria chiama Cato in quel modo? Capisco se avessero confidenza ma... Confidenza... La parola rimbalza da una parte all'altra del mio cervello. Perchè è così importante?
Lo sguardo di Cato però mi fa capire tutto. Lui è il mio confidente. Lui capisce quello che penso, lui sa che io lo amo e io so che prova lo stesso per me. Perchè c'è bisogno di parlare se il silenzio dice di più di mille parole? Ed eccola di nuovo, quella scintille che si riaccende. Uno sguardo e lui si libera dalla presa di Enobaria, afferra la mia mano e insieme scappiamo. Dove non importa, importante che siamo di nuovo insieme. Le urla di Enobaria e i suoi passi frettolosi ci accompagnano ancora a lungo, ma finalmente arriviamo alla mia stanza e ci chiudiamo dentro. Mentre io mi precipito sul letto, Cato si appoggia sulla porta. Il suo petto si abbassa e si alza velocemente. Non è mai stato una persona resistente. La sua massa muscolare non lo favorisce in quel punto.
"Perchè l'hai fatto?" Chiedo a bassa voce. Il legame che un mese fa c'era tra di noi si è spezzato. Non mi fido più di lui come facevo prima. Dovrà ancora passare del tempo prima di lasciarlo di nuovo vegliare sui miei incubi. E' tutto sbagliato, tutto da rifare.
Fa male sapere che lui non si fida più di me, esattamente come io non mi fido di lui. Mi spezza il cuore averlo qua vicino e non riuscirlo a guardare. Lentamente si avvicina a me, si siede e appoggia una mano sulla mia spalla.
"Clove, non fare domande, verra un giorno in cui te lo dirò, ma non ora. Sappi che l'ho fatto per te."
Quello sguardo, quelle labbra, quei occhi. Non posso vivere un solo istante ancora senza di lui. Lentamente mi avvicino a lui, le nostre labbra si incontrano, le mie mani accarezzano i suoi capelli.
Confidenza... Fiducia.. d'altronde non sono la stessa cosa?
E io mi fido più di Cato che di ogni altra persona in questo crudele posto.








Ciao popolo di Efp!

Voglio ringraziarvi per le 16 persone che hanno messo questa storia nelle preferite e le 20 che la seguono! Mi rendete felice!
Volevo far durare la malinconia di Clove più a lungo, ma poi ho pensato che non posso dividerli troppo a lungo :(
Recensite perfavore :) Mi fa sempre molto piacere sentire il vostro parere.
La vostra,

Lotty

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Capitolo 9
*** Part of me ***







 

Si sta avvicinando, sempre più velocemente. Mancano solo tre mesi alla mietitura. La mietitura di Cato, quella in cui lui, ormai diciotenne si offrirà volontario. L'anno in cui gli Hunger Games saranno ancora più spettacolarli, perchè di guerrieri come lui se ne sono visti pochi. Ha passato i test di prova senza procurarsi nemmeno un graffio, fatto che mi ha fatto accrescere la stima per lui.
La fredda stima che si ha per i proprio avversari, perchè Cato non è più il mio amore. Solo ora mi accorgo come quella parola suoni stupida. Per lui non ero nient'altro che uno sciocco passatempo, peccato che me ne sia accorta troppo tardi. Ha tredici anni ho sentito come parlava con i suoi amici.

"Quella Clove, ti piace davvero Cato?" Aveva chiesto un suo compagno.
"No, me la faccio solo qualche volta." Hanno riso. Riso della mia stupidità. Mi sono trattenuta, mi è costato davvero molto autocontrollo a non assalirlo e targliarli la gola, lì davanti a tutti.
La sera stessa ha avuto il coraggio a presentarsi alla mia camera. Ha avuto fortuna che non avessi il mio coltello a portata di mano.
Gli ho tirato un calcio e gli ho sbattuto la porta sul naso. Quando il giorno dopo mi continuava a fissare alibito, ho preso una decisione, di cui ancora oggi qualche volta mi pento.


Quanto vorrei offrirmi volontaria con lui, per dimostrare a tutti che riuscirei persino ad uccidere il più grande guerriero del 2, ma sicuramente non mi lascerebbero. Sono troppo piccola. Figuriamoci. Hanno solo paura di perdere il loro bel Cato.
La rabbia che prima mi spingeva ad osservarlo truce, ora si è trasformato in odio. Qualunque sia stato il piano di Enobaria per dividerci, ha funzionato alla perfezione. C'è solo un piccolo problema in tutta questa storia. Lui.
Continua a seguirmi, come un cane bastonato, ogni volta che i nostri sguardi si incontrano cerca di addolcirmi con i suoi occhioni blu, che fanno effetto su tutti. Persino sui maschi. Qualche volta mi vergogno persino quando vedo alcuni ragazzi che gli sbavano dietro. Mi fanno schifo, anche se da una parte li capisco. C'è stato un tempo in cui anche io ero perdutamente innamorata.
Anche ora, in questo preciso istante Cato mi osserva e sorride. So cosa sta cercando di fare, sta cercando di fare appello alla mia coscienza. Peccato che non ci sia più.


La piazza della mietitura e gremita di persone e di ragazzi, i ragazzi si muovono con assoluta sicurezza, ridono e scherzano tra loro, sapendo che sicuramente a loro non toccherà. Maggiore invece e la paura tra le ragazze. Nessuna delle diciottenni ha voluto dichiararsi volontaria per andare nell'arena. Sanno tutti che con Cato non esistono molte opportunità. O lui, o lui.
Più volte ho scongiurato il mio allenatore a permettermi di andare, ma la sua decisione ormai era presa. Non avrebbe fatto partecipare ai giochi due guerrieri come noi. Uno basta ed avanza. Io potevo fare onore al mio distretto un'altro anno.

La voce della capitolina è stridula e da fastidio nelle orecchie. Per la prima volta in vita mia sono leggermente agitata. Non sono abituata a vedere così tante persone insieme.
"Allora ragazze e ragazzi del distretto 2, è arrivato il momento di estrarre il nome di due forti giovanotti che anche quest'anno faranno onore al nostro distretto." Sorride. "Prima le donne!"
Infila la mano nella boccia di vetro e estrae un bigliettino. Mi sorprendo a trattenere il fiato.
E lo dice, lo dice, quel nome, il nome che volevo tanto sentire. "Clove Anderson."

Potrei far cadere una spilla e l'eco si sentirebbe a lungo, nella piazza del distretto 2. Sorrido e mentre salgo sul palco lancio uno sguardo di sfida a Cato, ma quando vedo la sua faccia, tutta la beffa svanisce. Continuo a fissarlo, non smetto un solo secondo di osservare i suoi movimenti. Quando un ragazzino di tredici anni si fa avanti paralizzato, il mio cuore inizia a battere forte. 
Nessuno si muove, il ragazzo inizia a guardarsi intorno scombussolato.

E' questo che intendeva quando in una notte burrascosa, mentre mi stringeva a sè e mi sussurava in un orecchio: Ti amo?
Diceva davvero sul serio mentre con le sue mani mi pettinava i capelli? Non scherzava quando mi continuava a sorridere nonostante l'avessi più di una volta mandato al diavolo?

Cato si fa avanti, urla che vuole venire volontario e si avvicina a me, cercando di evitare il mio sguardo.
"Perchè questo momento di esitazione, bel ragazzo?" Chiede la donna sorridendogli.
"Volevo aumentare la tensione." Dice, facendo l'occhiolino.
Ma lo sguardo che mi regala dice ben altro.
Solo mie potevano essere le sue labbra, solo mia la sua voce, solo mie le sue mani. Ma ora è troppo tardi.
Il mio cuore inizia a battere forte, cerco di trattenere le lacrime mentre la tristezza mi annebbia la vista.
Chiunque di noi due torni dall'arena, non tornerà mai del tutto intero.
Perchè dovunque io vada, una parte di me sarà sempre da lui.





 



Ciao belle persone!

*Si scuote e si asciuga le lacrime* O cielo, perchè lo fatto? Perchè li ho fatti litigare? Potete bastonarmi, se volete, tanto lo sto già facendo da sola.
Clovina! Tu non puoi odiarlo! :(
Dopo queste breve sfogo volevo ringraziarvi per i 18 Preferiti!
E' Troppo per me, troppe emozioni per volta.

*Sviene*
 




 




 


 

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Capitolo 10
*** The last time ***




 

 

 

 

 

Clove, non riesco a dormire.” Dice Cato, appoggiato allo stipite della porta. Mi guarda attraverso i suoi bellissimi occhi blu. Si arruffa i capelli con una mano ed entra. Senza bisogno di una risposta, lui sapeva che avrei ceduto. Maledico la mia debolezza, ma so benissimo che non riuscirei a trattenerlo. Si siede al mio fianco, traccia lentamente il profilo della mia faccia con le mani, poi chiude gli occhi e lentamente le sue labbra si appoggiano alle mie.
Ad un tratto un dolore folle attraversa il mio corpo, Cato si ritrae di colpo strappa un pugnale dal mio petto. “Sciocca, sciocca e prevedibile Clove.” Inizio ad ansimare, guardo il mio petto, dove la macchia di sangue si allarga veloce. “Cato – ma...”
Non ti ho mai amato Clove... mai...” Le sue parole sono sempre più lontane, la sua faccia mi appare una silhouette sfuocata. Mai... l'ultima parola rimbomba nella mia mente, finché tutto non diventa nero.

Mi alzo di scatto, con il fiatone infilo le mie scarpe e alla cieca cerco la porta. Si apre senza problemi, al contrario di quello che credevo.
Esco nel corridoio, passando davanti alla stanza dei mentori, a quella di Cato e alla cucina, fino ad arrivare nel piccolo soggiorno.

Ma non sono sola.

Clove? Sei tu?” Chiede Cato. Sto zitta, non voglio rispondergli, non voglio che sappia che sono lì. “Qualcosa mi dice che abbiamo fatto lo stesso sogno. Tu mi pugnalavi e mi dicevi che non mi hai mai amato. E' l'ultima morte che vorrei morire.”
Le sue parole mi confondono, distraggono e scombussolano. Muovo alcuni passi verso di lui, fino ad arrivare alla sua schiena. Mi guarda attraverso il riflesso della finestra.
"Clove, perfavore, non ce la faccio più." Si gira verso di me, i suoi occhi lucidi, la sua faccia provata. Non ce la faccio, non posso vederlo così, eppure mi trattengo.
"Mi dispiace Cato, non posso." Mi allontano di alcuni passi e cerco di non guardarlo negli occhi. 
Vedo troppo tardi, come velocemente si alza dal divano. Mi giro ed inizio a correre, ma lui è più veloce. Mi inchioda al muro. Le lacrime sono sparite dai suoi occhi, la cieca furia con cui mi guarda mi impedisce di muovermi. Mi fissa, non la smette per nemmeno un secondo. Le sue mani sulle mie spalle, mi trattengono al muro. Non mi muovo, nemmeno se potessi mi libererei dalla sua presa. Non riesco a resistere, le mie labbra incontrano le sue e il bacio che ci diamo non è dolce e lento come gli altri. Al contrario. Quasi mi fa male, il modo con cui preme le sue labbra sulle mie, ma mi piace. La sua stretta si allenta, lentamente accarezza la mia schiena, attraverso il tessuto, mentre mi bacia con foga.
Ci stacchiamo ansimando. Lo sguardo di Cato è stupito, come quello di una persona che ha fatto una cosa terribilmente sciocca.
"Clove... mi dispiace. So che solo uno di noi due uscirà dall'arena, so che sono terribilmente egoista, perchè continuo a sperare che quella persona sia io, ma è la mia natura! Sono nato per non provare sentimenti, nemmeno per la persona che più..." Li appoggio un dito sulle labbra per interrompere la sua ondata di parole che rischia di sommergermi. 
"Non chiedermi scusa, non c'è nulla di cui scusarsi." Lui scuote la testa. Mi prende la mano, mi trascina con se. Dovrei oppormi, cercare di lasciarlo andare una volta per tutte. Ha appena detto che vuole uscire lui vivo dall'arena, ha appena detto che mi pugnalerebbe se restassimo solo i due, ma una stupida e innamorata parte di me non vuole crederci. Cerca disperatamente una scappatoia, ma non la trova. Per la prima volta cedo. Cedo e mi faccio trasportare da lui. 
Davanti alla sua stanza si ferma.
"E' probabilmente l'ultima notte che potremmo passare insieme." Sorride triste. Ha ragione, è l'ultima notte in cui potremmo stare abbracciati senza le telecamere che ci osservano, stare da soli.
Annuisco, Cato apre la porta, e mentre mi tira con sè sussurra.
"E' da troppo tempo che facciamo incubi..."




 



No, questa volta non ho scuse, questa volta mi sono lasciata davvero andare e ho dimenticato che ho iniziato troppe storie su questo sito per scomparire dalla faccia della terra.
Spero che questo capitolo vi piaccia, ho deciso di farli stare insieme ancora un attimo, prima dell'ingresso di Glimmer.
Stupida Glimmer .-.
Ma cosa pensano davvero i due tributi del due della biondina?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo! (PROMETTO DI AGGIORNARE IN TEMPO (: )
La vostra,
Lotty

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