solo chi sogna impara a volare.

di xdistance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** they don't know about us. ***
Capitolo 2: *** the persistence. ***
Capitolo 3: *** over again. ***



Capitolo 1
*** they don't know about us. ***


“Era buio, buio pesto una volta chiusi gli occhi. In quel silenzio emergeva soltanto il battito accelerato dei nostri cuori.
Quelle luci oltrepassavano le nostre palpebre e giungevano ai nostri occhi.
Avevamo davanti uno sfondo bianco..
E no, non stavamo morendo... O forse quasi.
So solo che stringevo la mia mano alla sua e intrecciavamo le nostre dita continuando a tremare, insieme, come due foglie d'autunno legate allo stesso ramo.” 
 
Ciao a tutti, mi chiamo Erica, ho 16 anni e il mio sogno è racchiuso in un banale pezzetto di carta. E' incredibile come un pezzo di carta giallo possa rendermi così felice come è inspiegabile la sensazione che si prova anche solo nel toccarlo. Perché è come se stessi toccando il mio sogno o meglio, sto toccando il mio sogno. In parole povere.. Il mio sogno è quello di poter sentire dal vivo le voci di quei cinque ragazzi che mi hanno insegnato a sognare. Ed è proprio così, esattamente, vivo della loro musica. Da quando sono entrati a far parte della mia vita, tutto ha avuto un senso. La loro musica è la forza che mi tira su quando cado in un fosso profondo. E' ciò che mi trasmette la voglia di non mollare mai, di continuare a testa alta, qualunque cosa succeda. E' un qualcosa che ti aiuta a credere nei sogni, è la cura ad ogni dolore, è ciò di cui non mi stancherò mai. Starei ore a parlare di loro e di quanto siano fondamentali nella mia vita, ma riduco il tutto dicendo che loro.. Loro sono la cosa più bella che mi sia capitata.
Frequento il terzo anno del liceo scientifico e il pomeriggio mi dedico a studiare musica in una scuola di canto, tutto questo insieme al mio migliore amico.
Non è che mi piaccia poi così tanto cantare, preferisco più che altro ascoltarla la musica, ma sto scoprendo man mano che praticarla è ancora più speciale. Perché quando canti è come se ti trovassi nel tuo mondo, dove ci sei tu e quelle note, nessun'altro, solo tu e la tua musica. E se non fosse stato per il mio migliore amico, non avrei mai scoperto tutto ciò, ci siamo iscritti a questa scuola quasi un annetto fa e mi sono iscritta solo per lui. Perché non aveva intenzione di iscriversi da solo e quindi abbiamo iniziato a studiare insieme. Lui ha una voce pazzesca, a differenza mia, perché a mio parere lui è nato per cantare. 
Chi è lui? 
Lui si chiama Gabriele ed è la causa del mio sorriso.
 
“Il buio ci avvolgeva e il silenzio ci cullava. Quel silenzio che ci lacerava i cuori. 
Di tanto in tanto le luci erano pronte a sfiorarci come vento.
Eravamo immobili, l'uno accanto all'altra, fermi come statue di pietra. La nostre mani
erano intersecate l'una nell'altra e percepivo il suo battito cardiaco. Quel battito 
ormai sempre in salita e senza freni”
 
Ciao, sono Gabriele, ho 16 anni e il mio sogno è... qual'è il mio sogno? Ne ho molti, forse troppi. Uno di quei sogni è sigillato in una pezzo di carta, chi l'avrebbe mai detto che un pezzo di carta mi avrebbe dato felicità? Delle volte resto lì, fermo a fissarlo e ancora non ci credo, uno dei miei sogni è davanti ai miei occhi e ancora non riesco a crederci, pur potendolo toccare con le mie stesse mani. Uno dei miei sogni è di poter sentire quei ragazzi che mi hanno insegnato a credere in me e inseguire i miei sogni anche se la vita ti pone ostacoli. Sembra scontato dirlo ma loro sono parte di me, sono quel qualcosa che mi fa andare avanti pur volendo crollare. Loro sono quegli amici che ho sempre desiderato ma che non ho mai avuto. Ma almeno c'è lei la mia migliore amica.
Con lei frequento il terzo anno del liceo scientifico, ma anche le lezioni di canto durante il pomeriggio. Cantare e la musica sono qualcosa che mi fa rinascere in un'altra dimensione, sono quelle cose che mi rendono felice è come se potessi dare tutto me stesso, sfogarmi e aprirmi agli altri.
Ebbene sì, l'ho costretta ad iscriversi a causa mia, all'inizio non era molto convinta ma poi ha accettato rendendomi molto felice. Lei continua a ripetermi che ho una bellissima voce ma non è così. E' lei ha ha una voce fantastica ma non se ne rende conto, ma ci sono io anche per quello, per farle capire che è perfetta.
Lei?
Lei è Erica ed è la speranza che mi fa andare avanti ogni giorno.

..continued.

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Capitolo 2
*** the persistence. ***


“Non mollate mai” continuava quella voce. Una voce che non partiva dalle orecchie, ma direttamente dal cervello. “Non è la fine” affermava, mentre percepivo un lieve gocciare. Suppongo sia pioggia, ma cadeva dal cielo dei suoi occhi e forse anche dai miei. Ma cominciavo a non sentirne più la consistenza. E i piedi non toccavano più la terra. E le palpebre spingevano verso l'alto. “Forse sto sognando” continuava quella voce. 
Nemmeno il rumore assordante della porta che sbatté contro il muro riuscì a capacitarmi che ero solo tra veglia e sonno. 
“Ery.. Ery non potrai crederci, ma...” spalancai gli occhi e c'era Gabriele.
“Era solo un sogno...” dissi tranquillizzandomi.
“Ery, il modulo! Leggi!” poggiandomi un modulo di iscrizione sulle gambe.
“Cos'è?” accennai sbadigliando.
“E' il modulo di iscrizione a xfactor uk, dagli un'occhiata dai!” prendendomi le mani e poggiandomele sul foglio. 
“Wow, allora.. Hai pensato di iscriverti?” attorcigliandomi una molla nei capelli.
“Iscrivermi? No, non credo... Da solo non posso” disse gettandosi a terra con la voce rauca e le mani che gli fungevano da cuscino per la testa.
“Perché non puoi? Dai, è il tuo sogno, non puoi mollare proprio ora” gli dissi provando ad incoraggiarlo.
“Ecco si! Non ho intenzione di mollare! E... Se venissi con me?” disse alzandosi di scatto da terra “Si esatto, ci iscriviamo insieme! Dai, ricordi, ne parlammo una volta!” prendendomi le mani.
“Gabry ci verrei col tutto il cuore, ma sai che non me lo permetteranno mai” gli risposi mordendomi il labbro.
“Se il problema sono i nostri genitori, abbiamo tempo per convincerli.. Il punto è, tu ci vuoi venire?” fissando il vuoto che avevo negli occhi.
“Certo che si, ma...” risposi morendo dalla voglia di voler compilare quel dannato foglio.
“Nessun ma!” disse suscitando un sorriso colossale.

Le sue braccia calde mi stavano 
avvolgendo.
Il nostro abbraccio. In quell'abbraccio, sentivo il suo calore avvolgermi
e riscaldarmi, come per rassicurarmi che sarebbe stata sempre lì, pronta a
sostenermi nelle mie, talvolta anche sue, scelte.
Sentivo che il suo corpo rabbrividì al contatto con le mie braccia fredde,
ma la strinsi più forse, quasi per chiederle scusa, ma allo stesso tempo
volevo dirle grazie, grazie per quello che aveva e stava facendo per me.

Non appena lasciai le sue braccia “Come riusciremo a convincerli?” pensai a voce alta, “Riflettevo... Perché non usiamo lo stesso metodo che abbiamo usato per il biglietto?” mi disse accennando una risata “Si parte con i messaggi subliminali?” affermai soddisfatta “Yeah babe” rispose lui, mentre sulle labbra si andava delineando un sorrisetto divertito.
Nemmeno il tempo di distaccarci che sentimmo un consueto rumore familiare avvicinarsi, erano le scarpe di mia madre. “E' il momento di iniziare” mi disse Gabriele sottovoce. “Come?” risposi agitata. “So get out, get out, get out of my head” cominciò a canticchiare “Dai su continua” mi sussurrò. “And fall into my arms instead” continuai. 
E cantammo insieme “I don't, I don't, don't know what it is, but I need that one thing” e nel frattempo sorridevamo, nella speranza che questa nostra strategia portasse a qualcosa com'è successo per il concerto. Ricordo di quanti giorni abbiamo passato chiusi nelle nostre camere a piangere restando digiuni l'intera giornata. Provando a rendere la nostra tristezza e la nostra voglia di avverare il nostro sogno, un qualcosa che i nostri genitori possano capire, anche se capirlo è impossibile. Non capiranno mai quanto siano importanti quei cinque ragazzi nella nostra vita. E' un qualcosa che noi chiamiamo "amore platonico", che molti traducono con "irrealizzabile" però. 
Improvvisamente sentimmo lo scricchiolio della porta e continuammo a cantare. 
“Ma siete proprio bravi allora!” fece lei entrando. “Vi lascio qualcosa da mangiare e tolgo il disturbo” continuò poggiando il vassoio sulla scrivania. 
“Che dici, ha funzionato?” dissi storcendo le labbra non appena chiuse la porta.
“E' solo l'inizio” accennandomi un occhiolino.
E così abbiamo continuato per un'intera settimana. L'altro giorno addirittura infilammo una specie di volantino di xfactor nello sportello dell'aspirapolvere della madre di Gabriele, è stato divertente incolpare il povero nialler (il suo cagnolino di due anni) e scapparcene in camera alla velocità della luce. Ne abbiamo inseriti altri nella cassetta della posta e addirittura nelle tasche dei jeans nel cesto dei vestiti da lavare. Ne abbiamo provate tante, ma ora basta messaggini lasciati nei posti più scontati ed abituali, basta giri di parole, è il momento di farci avanti e chiedere.

La camera era in disordine, pur essendo un ragazzo ordinato, in quel momento
non avevo la minima voglia di sistemarla, e come se non bastasse dovevo 
scendere per preparare la tavola. Non avevo molta fame ma non volevo sentirmi 
mia madre fino l'indomani con le lamentele.
Ero andato in camera mia dopo la cena, come solitamente facevo ma ad interrompere

quella tranquillità fu mia mamma, aprendo la porta della stanza attraendo su di 
se la mia attenzione. Senza esitazione, eliminò la distanza che c'era tra 
noi e si sedette ai piedi del letto.
-Cosa sono questi?- Face lei portando all'altezza della bocca diversi fogli tutti 
uguali -Ne ho trovati diversi da stamattina, ma non capisco, tu ne sai qualcosa?-
fece per continuare. Io, confuso sul cosa risponderle non aprii bocca.
Mia madre, immobile nella sua posizione, non si mosse aspettando una risposta da me,
ma il suono del telefono fece sobbalzare entrambi.
-Mamma ne parliamo domani con Erica, visto che riguarda entrambi- feci
come per congedare mia madre. -Okay, ho capito me ne devo andare perché devi 
rispondere al telefono, lo so me ne vado subito- disse con modo ironico 
chiudendosi la porta dietro le spalle.
Non aspettai un secondo in più a rispondere al telefono,avevo visto chi era
che mi stava telefonando e non appena accettai la chiamata, risposi -Sei la mia salvezza.
 

-continued..

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Capitolo 3
*** over again. ***


  •  

     

    Me ne tornai a casa e stetti l'intera giornata in stanza ad ascoltare musica dal cellulare distesa sul letto, mentre mia madre bussava in continuazione alla porta dicendomi di andarmene in cucina a mangiare qualcosa, chiedendomi perché io stessi li' dentro, ma io non le degnai nemmeno di una risposta e ad un certo punto si stancò di bussare perché infondo credeva che ci fossi rimasta male che non mi avrebbe mandata, ma non sapendo che non era affatto così. Mi sentivo inutile, incapace e soprattutto bugiarda. Erano anni che avevo promesso a Gabriele che quel sogno l'avremmo avverato insieme e in un attimo stavo buttando tutto all'aria. Non mi sono mai arresa difronte a niente, ho sempre lottato per quello che voglio e finquando ci ho creduto, l'ho ottenuto. E mentre ero sul punto di addormentarmi con over again che non mi si levava dalla testa, mi venne un'idea. Se quello che voleva mia madre era che studiassi, lo avrei fatto finché non avrebbe firmato quel dannato modulo. E siccome negli ultimi mesi di scuola ci sono solo interrogazioni, mi sarei offerta l'intera settimana. Prima il dovere e poi il piacere, pensai. Quindi spensi il cellulare, chiusi nell'armadio qualunque cosa potesse distrarmi e mi misi a studiare come non avevo mai fatto in tutta la mia "carriera" scolastica.

    Era l'ennesima volta che provavo a chiamarla ma il telefono era spento, pensavo di aver sbagliato qualcosa in quei giorni ma non capivo esattamente cosa, pur cercando di sforzarmi. Era tutto il pomeriggio che stavo sistemando la mia camera in attesa di una chiamata o un messaggio di Erica ma non arrivò niente. Era ora di cena e il -Gabriele vieni ad apparecchiare la tavola- di mia madre si fece sentire, mio fratello era uscito e stava a dire che sarei rimasto da solo con i miei genitori. 
    La cena passò in tranquillamente tra una cosa e l'altra, ma prima che entravo in camera mia fui bloccato da mia madre -Tu ed Erica non dovevate spiegarmi delle cose?- disse con tono di domanda dietro alle mie spalle, ma risposi con un -Non mi risponde al telefono- con voce sincera. Il silenzio calò tra di noi e chiusi la porta alle mie spalle.
    Accesi lo stereo e la musica partì, ero preoccupato per Erica ma quella melodia era come se mi tranquillizzasse, e su quelle note mi addormentai inconsapevole di tutto.

    Il mattino dopo, pur avendo dormito soltanto 4 ore, mi alzai di botto non appena suonò la sveglia. Quando uscii dalla porta accesi il cellulare e mi trovai ben 12 chiamate perse di Gabriele, quindi lo chiamai. Rispose con una voce assonnata, infatti l'avevo appena svegliato "non sei mai stata così puntuale" mi disse "ti aspetto alla fermata dell'autobus, passa tra esattamente 6 minuti quindi sbrigati" risposi riattaccando.

    Non feci nemmeno in tempo ad abbassare lo sguardo che me la ritrovai al mio fianco, affannata dalla corsa appena conclusasi per non perdere il pullman. 
    -Eccomi- fece tutto d'un fiato prima di prendere aria nuovamente -Chi ti ha portato superman?- dissi con tono scherzoso accennando una risata che fu interrotta dall'arrivo del bus.
    Il tempo passò in fretta tra musica e chiacchiere varie che subito arrivammo alla nostra fermata.
    -Ci vediamo a ricreazione- disse scendendo dal pullman -Come mai di corsa?- le dissi in modo sorpreso dall'affermazione precedente -Alla prima ora in fisica, devo ripetere che mi interroga- fece avviandosi verso la classe -Buona fortuna allora!- feci con voce più alta in modo che mi sentisse e vidi uscire dalle sue labbra un -Grazie-.

    Entrai di corsa in classe appena suonò la campanella, mentre Gabriele si intrattenne fuori come facevamo solitamente. Fui la prima ad entrare e appena varcai la porta e il prof mi vide, non mi diede nemmeno il tempo di dire "buongiorno" che con un tono sorpreso "oh santo cielo, cosa vedono i miei occhi!? non ho mai avuto l'onore di vederla entrare in classe prima delle 8,30" mi disse e per non sprecare altro tempo mi limitai ad un sorriso, dopodiché aprii il libro per ripetere fisica. Dopo una decina di minuti la classe si riempì e il prof fece l'appello come ogni mattino, al momento del mio cognome risposi tremando, non so cosa mi prendeva. "Sei preparata?" mi sussurrò Gabriele mentre il prof continuava a segnare le assenze "credo di si" risposi sospirando. "Il numero 13 alla lavagna" rimbombò nell'aula. "Cazzo sono io il numero 13" pensai mentre presi il quaderno stropicciato che avevo torturato per la tensione "senza quaderno per favore" continuò il prof, quindi mi alzai e mi avviai alla cattedra pregando che andasse tutto bene.

    Questo stava a dire che erica aveva finito la sua interrogazione, aggiudicandosi un 7 e mezzo.
    -E tu eri quella che si preoccupava di andar male pff- dissi con tono scherzoso verso di lei mentre si sedeva al mio fianco -Zitto che mancava poco e sarei morta all'istante!- rispose sospirando -Shh che sei andata alla grande!- dissi allargando le mie braccia, come per accoglierla tra esse e lei subito lo accettò sussurrando leggermente un sincero -Grazie-.


    continued...

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