I Promised.

di WakeMeUp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A new hope. ***
Capitolo 2: *** Dad. ***
Capitolo 3: *** Hi, daddy! ***
Capitolo 4: *** House is not a Home. ***
Capitolo 5: *** So, kiss me. ***
Capitolo 6: *** He will come back to us. ***
Capitolo 7: *** Red code. ***
Capitolo 8: *** Feelings. ***
Capitolo 9: *** Something more. ***
Capitolo 10: *** Changes. ***
Capitolo 11: *** I Was Here. ***



Capitolo 1
*** A new hope. ***


Un incontro casuale fece sì che due vite si incrociassero, si fondessero, si abbandonassero, per poi tornare ad unirsi più forte di prima.





Louis rabbrividì e si strinse nel cappotto, lasciando che il vento tagliente gli pungesse sul volto leggermente accarezzato dai segni del tempo e il vento freddo gli scompigliasse i capelli castani. 
Le strade di Londra percorse erano ormai sempre le stesse e portavano sempre alla stessa meta; portavano dove il suo cuore l'aveva sempre indirizzato.
Arrivò davanti alla clinica e sospirò, riuscendo già a percepire l'odore di caffè e lenzuola pulite di quella piccola clinica privata, poi entrò. Una folata di calore lo avvolse, come tempo prima riusciva a fare solo casa sua, ormai fredda perché sempre vuota.
 Si avviò tra i corridoi, conoscendo perfettamente la strada, fermandosi solo un attimo alla macchinetta per salutare l'infermiera che si prendeva cura, da ormai due anni, del suo amato. 
«'Giorno Louis» salutò la donna mora sulla cinquantina, né magra né grassa, alta circa un metro e sessantasette, accennando un piccolo sorriso.
«'Giorno Mary» rispose, lasciandole un bacio sulla guancia. 
«Qui anche stamattina, eh?» lo rimproverò la donna. Louis abbassò lo sguardo ed annuì.
Mary gli aveva consigliato più volte di restare a casa a riposare perché il suo amato a quell'ora della mattina dormiva, così lui si sarebbe potuto presentare anche più rilassato e lucido agli occhi del ragazzo ma niente, lui non voleva saperne.
Era una specie di gioco il loro, quello di fingere che il suo ragazzo dormisse e che al mattino si risvegliasse ad una determinata ora. Era un gioco che metteva speranza, quello di prepararsi al meglio per il momento in cui si sarebbe risvegliato, perché Louis era sicuro che l'avrebbe fatto, nonostante fossero passati ormai due anni in cui il suo amato viveva nell'incoscienza.
Casa sua senza l'altro era vuota, fredda e triste. Lui non ci viveva più bene, non la sentiva più casa loro, ma solo una vecchia casa abbandonata, perché casa sua era un ragazzo alto, magro, con un fisico invidiabile, una massa di ricci perfettamente imperfetti e un paio di occhi verde smeraldo, che non vedeva da troppo tempo. Harry era casa sua, dov'era il riccio, c'era anche lui. 
«Non riesco a stare a casa, sto peggio» confessò e la donna sospirò, annuendo. 
«C'è stato il moro stanotte... Zayn!» iniziò Mary e Louis alzò la testa, guardandola curioso. «È stato tutta la notte con lui. Gli ha parlato tanto...» continuò. «Di te» concluse. 
Louis puntò lo sguardo sulla donna, che gli sorrise, lasciando che una lacrima le rigasse il volto. 
«Perché piangi, Mary?» chiese, accarezzando la guancia della donna delicatamente, raccogliendo la lacrima. 
«Louis, lui ti ama» disse, lasciando che un'altra lacrima le solcasse una guancia leggermente arrossata.
Louis rimase ad osservarla incredulo per interi minuti. Doveva aver frainteso, Zayn non poteva essere innamorato di lui. Zayn non era gay, stava con Perrie. 
«Di che stai parlando, Mary?» chiese. 
«Hai capito bene. Zayn è innamorato di te, da sempre, ma non ha mai avuto il coraggio di dirtelo. Poi tu ti sei fidanzato con Harry e lui si è fatto da parte, cercando di dimenticarti.»
Ogni parola pronunciata dall’infermiera lo sconvolgeva sempre di più, secondo dopo secondo.
«Lui ha sofferto per te, tanto. Ha sofferto ogni giorno guardandoti felice con Harry, ma sapere che eri felice, faceva star bene anche lui. Per questo, nonostante tutto, passa tutte le notti a parlare ad Harry di te, come se fossi la cosa più bella e preziosa al mondo, dei vostri viaggi, del vostro quasi matrimonio, della volta in montagna... Gli ha raccontato alcune delle più belle cose che riguardano voi due, non aggiungendo neanche una parola su di lui» concluse la donna, e le lacrime minacciarono di uscire copiose dai suoi occhi azzurri, mentre la sua mente cercava di rielaborare tutto ciò che le sue orecchie avevano sentito.
«È speciale, Louis, tienitelo stretto» sussurrò infine la donna, lasciandogli una carezza sulla guancia.
Louis annuì.
«Grazie» sussurrò in risposta, baciandole una guancia, prima di guardarla mentre si allontanava.
Rimase per lunghi attimi fermo lì, a fare chiarezza nella sua mente, adesso ancor più affollata.
Non aveva mai pensato alla possibilità che Zayn, il suo migliore amico, potesse essere innamorato di lui. Avrebbe dovuto saperlo, Zayn era sempre stato bravo a mascherare le sue emozioni, non lasciandogli intendere niente. 
Scosse la testa e sbuffò, portandosi una mano tra i capelli, inserendo con l'altra delle monete per un caffè nella macchinetta; poi prese il cellulare e guardò l'ora che indicava le otto e quindici. Voleva chiamare Zayn, voleva parlargli e voleva vederlo, ma sapendo che il moro aveva trascorso sveglio l'intera notte lì, pensò e sperò che in quel momento stesse riposando.
Si sedette poi su una sedia lì vicino e bevve il suo caffè, lasciando che la sua mente rielaborasse ogni singola parola che la donna gli aveva confessato,  tentando invano di non impazzire.
Innamorato di lui... Zayn era innamorato di lui; da più di due anni il moro era innamorato di lui e in tutto quel periodo invece di avvicinarsi a lui e cercare di conquistarlo, come chiunque egoisticamente avrebbe fatto, Zayn ogni notte andava in clinica da Harry a raccontargli di loro. 
Quel pensiero lo scombussolava lasciandolo sorpreso ma quasi felice. Sì, felice di avere l'ennesima conferma di quanto il suo migliore amico fosse speciale e di quanto lo amasse. 
Prese un altro sorso di caffè distrattamente, mentre i suoi occhi si persero nell'osservazione vaga della porta che si trovava di fronte, in quel'ala della clinica dove c'era la stanza per tutti i neonati che dormivano nelle culle, finito il tempo da trascorrere nell'incubatrice. 
Si alzò e si avvicinò alla porta,  spostandosi poi davanti al vetro che lasciava libera l'osservazione di quelle nuove vite imprigionate in quei piccoli corpicini. 
Un bambino, un maschietto, attirò la sua attenzione. Aveva gli occhi verdi, brillanti e bellissimi, che ricordavano quelli di Harry, un volto dai lineamenti dolci e le guance paffute. Notò che era l'unico sveglio e l'unico che non portava nessun nome sulla culletta. Si chiese perché, quando una voce familiare rispose a quelle domande tacite. 
«È orfano. La madre era una ragazza giovane che è riuscita a partorirlo ma qualcosa in lei già durante la gravidanza non andava... è morta subito dopo.» 
Louis si voltò verso Mary. «E il padre?» chiese. 
«Non c'è, non sappiamo niente di lui, i genitori della ragazza si sono limitati a dirci che non c'è. Aspettiamo che lo adottino» rispose la donna.  
Louis annuì e si voltò nuovamente verso il bambino che ancora si guardava intorno. 
«È bellissimo» disse e la donna annuì.
Dopo pochi attimi il piccolo si voltò verso il vetro e per un secondo incrociò il suo sguardo, abbozzando quello che doveva essere un sorriso. Il volto di Louis s'illuminò e un sorriso spontaneo spuntò sul suo volto, come non faceva da quasi due anni.
«Mi ha sorriso!» esclamò felice, voltandosi verso Mary che rise, annuendo. 
«Gli piaci» confessò. Louis si voltò nuovamente verso il bambino e continuò ad osservarlo, fino a quando ad un tratto la donna si avvicinò a lui e gli sussurrò.
«Vieni con me.»
Louis annuì e la seguì. Mary lo condusse nella stanza e chiuse la tenda davanti a quel vetro dove prima Louis si era fermato ad osservare. 
«Non dovrei farlo, ma è per una buona causa» iniziò la donna. «Lavati le mani» continuò. 
Louis annuì e fece come gli era stato detto; una volta fatto si voltò verso la donna e attese spiegazioni. 
«Su, avvicinati» lo incitò l'infermiera. Louis la guardò leggermente impaurito.
Non aveva mai preso in braccio un bambino così piccolo. Quel fagottino era fragilissimo e le sue mani tremavano, ma si avvicinò al bambino.
Il piccolo bambino dagli occhi verdi lo scrutò per un po', poi gli sorrise nuovamente e alzò le braccine per quanto gli fosse possibile. Louis sorrise e sentì il suo cuore accelerare i battiti. 
«Dai, prendilo» lo incitò ancora la donna, che osservava intenerita la scena, con un grande sorriso sulle labbra. 
Louis cercò di smettere di tremare e prese delicatamente il bimbo dalla culla, stringendoselo addosso. Lo posizionò su un braccio, con la testa poggiata al suo avambraccio, e lo cullò un po'. Il bambino si aprì nuovamente in quella piccola smorfia che doveva essere un sorriso, cacciando un versetto e, come se si fosse sentito a casa solo in quel momento, chiuse gli occhi. 
Louis si voltò verso Mary che gli sorrideva felice, mentre una lacrima le rigava una guancia. 
«Ha scelto te.»
Louis guardò nuovamente il bimbo tra le sue braccia e sorrise. 
«Voglio prenderlo» disse sicuro. «È una situazione difficile Mary, tu dovrai aiutarmi, ma voglio farcela. Per lui, per me e per Harry. Sono sicuro che quando si sveglierà ne sarà felicissimo» concluse deciso, tornando a guardare il fagotto che dormiva beatamente tra le sue braccia. Mary annuì. 
«Va bene. Anche se adesso dovrò vederti ancora più spesso, povera me.»
Louis la guardò e rise.
«Ammettilo che mi adori!» asserì. Mary rise ed annuì. 
«Forse un po'.» ammise. Louis rise e scosse la testa, per poi riportare l'attenzione sul nuovo membro della famiglia Tomlinson.
«Come lo chiamerai?» chiese poi l'infermiera. 
«Edward!» affermò deciso, senza aver bisogno di pensarci, accarezzando delicatamente la manina del bimbo. 
«È un bel nome» concordò la donna. 
«È il secondo nome di Harry» confessò.
Mary si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla. 
«Andrà tutto bene.» sussurrò. Louis annuì e le poggiò la testa sulla spalla. Entrambi rimasero poi in silenzio, contemplando quel piccolo bambino dagli occhi verdi e quei pochi capelli castani. 
«Benvenuto in famiglia, Edward» sussurrò Louis. Mary sorrise. 
«Ti troverai bene, vedrai» concluse la donna, lasciando che il silenzio calasse e regnasse sovrano, arrendendosi solo al suono del respiro e dei battiti del cuoricino di quella creatura che, inconsapevolmente, quel giorno aveva salvato tre vite.







Piccolo angolo mio.

Eccoci qui ancora una volta oggi. Colgo l'occasione per augurarvi nuovamente una buona befana, buona domenica e buon anno nuovo.
Sono qui per postarvi il primo capitolo di una mini-long Larry.
Harry e Louis stanno insieme da circa quattro anni e sono quasi due anni che Harry è in coma in seguito ad un incidente.
Louis va lì ogni giorno, per i primi mesi viveva lì con lui e nel tempo ha stretto amicizia con Mary, l'infermiera di Harry.
Louis è cresciuto, è più maturo, ha perso la spensieratezza da giovane ventenne e decide di prendersi la responsabilità di un figlio, perché quel bambino in poco tempo è riuscito a stregarlo.
Oltre a questo, però, Louis dovrà vedersela con Zayn, adesso che ha scoperto che il moro è segretamente innamorato di lui da tempo.
Zayn parla ad Harry ogni notte e gli parla di loro, di Harry e Louis, tutte le loro avventure e del loro quasi matrimonio.
Scoprirete poi che Harry aveva fatto una promessa a Louis, una promessa che aveva intenzione di mantenere e di cui Zayn parla ad Harry ogni notte per far sì che il riccio torni e la mantenga.
Harry si sveglierà? Louis avrà l'affidamento del bambino? Zayn riuscirà a parlare con lui e chiarire le cose tra loro?
Vi lascio, devo finire di studiare e devo andare via.
Spero questo primo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriositi.
Alla prossima,
WakeMeUp. Xx

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Capitolo 2
*** Dad. ***







Quella notte, la sua prima notte da quasi ufficialmente papà, Louis la trascorse in ansia. Era ansioso perché il giorno dopo avrebbe dovuto conoscere i nonni del bimbo e sarebbe dovuto andare a firmare per l'adozione. Era nervoso perché lui era un ragazzo gay, fidanzato con un ragazzo in coma; non proprio la situazione più favorevole per affidare un bambino, ma Louis ci sarebbe riuscito, voleva quel bambino con tutto il cuore perché era bastato un sorriso per far sì che si affezionasse a lui ed era consapevole che sarebbe stato del tutto in grado di dare al bambino tutto quello di cui avesse avuto bisogno.
Era passata appena una settimana da quel primo "incontro" con il bimbo e -i vantaggi di essere Louis Tomlinson, cantante della famosa band One Direction- i suoi avvocati erano riusciti a fargli svolgere tutte le pratiche con gli assistenti sociali in una sola settimana, invece che in mesi interi.
Aveva svolto controlli psicologici, gli avevano fatto fare test che verificavano il suo stato di salute fisica e mentale, avevano verificato la possibilità di prendersi cura del bambino sotto il punto di vista economico, sociale e tante altre procedure. Sempre i vantaggi nell'essere Louis Tomlinson, gli avevano permesso di non specificare la situazione familiare -ovvero riguardo il suo compagno in coma- ma di limitarsi a dire di avere un compagno, completamente sano e in grado di potersi prendere cura del bambino insieme a lui.
Quella notte, però, Louis era nervoso anche perché era la sua ennesima notte con la consapevolezza che in quel momento, il suo migliore amico stava in camera del suo amato a raccontargli altri aneddoti su di loro e la loro vita colorata e complicata.
Parlare con Zayn era il suo desiderio più grande in quegli ultimi giorni, ma proprio non sapeva come fare a trovare l'attimo giusto, e soprattutto, le parole giuste. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Nella sua mente un piccolo discorso iniziò a prendere forma, ma si smontò subito dopo perché in realtà Louis si disse che era il moro, quello a dover parlare, la sua risposta poi sarebbe arrivata di conseguenza. O almeno ci sperava, quasi come sperava di non essere in ritardo.
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo mentre infilava un piede nella scarpa classica e concludeva il nodo alla cravatta nera. Dovette rifare quel nodo circa tre volte, non ne era mai stato in grado, non metteva mai cravatte e se le metteva, un sexy ragazzo riccio glie l'allacciava sussurrandogli un "Ah, cosa faresti senza di me" prima di concludere il nodo e lasciargli un bacio sulle labbra sottili.
«Non lo so neanche io cosa ho fatto senza di te.»sussurrò e per un attimo si fermò per permettere ad alcuni ricordi di riaffiorare nella sua mente in modo che gli dessero forza, ma si riprese subito dopo, era di fretta!
Si guardò intorno nella stanza un'ultima volta e controllò che chiavi della macchina, chiavi di casa, cellulare e portafoglio fossero tutti al loro posto, poi uscì di casa.
Una folata di vento lo colpì in pieno, facendolo rabbrividire a causa della giacca leggera. Percorse velocemente il vialetto di casa e prese la macchina di Harry. Sapeva che il riccio era con lui, in quel momento, e lo stava sostenendo, ma avere qualcosa di suo lo faceva sentire sempre più forte.
Si diresse velocemente al municipio, lanciando qualche imprecazione a causa del perenne traffico Londinese, poi arrivò; L'orologio segnava le otto e cinquanta precise, era in perfetto orario.
Parcheggiò la macchina e si diresse all'ingresso dove si sorprese nel trovare Liam e Niall affiancati da Mark, il suo avvocato.
Si avvicinò al gruppetto di uomini che parlavano tranquillamente tra di loro e un sorriso sincero si dipinse sul suo volto.
«A cosa devo quest'enorme accoglienza?»fece notare così la sua presenza. Liam, di spalle accanto a Niall, si girò a guardarlo e gli sorrise, prima di corrergli incontro e stringerlo in un abbraccio che sapeva di scuse per non esser stato sempre presente come avrebbe voluto, di forza che voleva trasmettergli, di promessa di esserci sempre, a partire da quel momento.
«Scusa.»gli sussurrò il biondo. Louis si limitò a stringere l'altro più forte e chiuse gli occhi.
«L'importante è che adesso sei qui.»sussurrò poi. Liam lo strinse ancora e Louis quasi soffocò, ma sorrise.
«Sì, e non ti libererai mai più di me, Tomlinson.»sussurrò ancora il biondo, le braccia ancorate saldamente attorno alla vita del castano, il viso poggiato alla sua spalla.
«Non ho mai voluto farlo.» quelle parole scivolarono fuori dalla sua bocca che venne da lui stesso, un attimo dopo, maledetta perché sapeva che quelle parole spontanee arrivavano al biondo in modo tagliente, accusatorio e l’ultima cosa che voleva era vedere Liam piangere o incolparlo di qualcosa, ma fu troppo tardi. Le dita del biondo affondarono nella sua pelle attraverso la giacca che stava raccogliendo anche le lacrime di quel pianto silenzioso a cui il biondo si era lasciato andare.
Dopo l’incidente di Harry, Liam era caduto in depressione, la band aveva smesso -per forza di cose- di esibirsi ai concerti, di scrivere musica e quant’altro e per il povero cuore di Payne, conosciuto come quello più sensibile dei cinque, forse solo dopo Harry, tutte quelle brutte novità erano pesate tanto, forse troppo per un cuore così fragile.
Liam aveva lasciato da poco Danielle, in seguito alla scoperta di un tradimento, poi c’era stata la pausa della band, uno dei suoi migliori amici in coma e la sua vita gli era sembrata, giorno dopo giorno, scivolare fuori dalle sue mani come granelli di sabbia bollente.
Non ci era riuscito, aveva deluso se stesso, non era riuscito ad essere il “daddy direction” che tutti si aspettavano, non era riuscito a stare accanto a Louis per dargli forza, non era riuscito ad aiutare Zayn a superare il suo amore a senso unico per Louis, bensì era crollato. Crollato come un castello apparentemente di cemento, pieno però dentro di sabbia, e cosa ancor peggiore aveva trascinato con sé il suo migliore amico.
Niall si era fatto forza per entrambi, fin dal primo giorno aveva lottato per ricostruire due vite, non una; era stato lui a convincere Liam a riprendere a mangiare dopo tre lunghi giorni, era stato lui a portarlo, mano nella mano come con i bambini, a riprendersi il suo look da Liam Payne, nascosto dal viso magro, le occhiaie perenni e capelli troppo lunghi per essere i suoi. Era stato lui, ad accompagnarlo dallo psicologo, lui a nascondersi nei bagni per piangere quando Liam dormiva, perché non poteva mostrarsi fragile.
Il rimorso che riempiva il cuore di Liam era infinito e Niall cercava, giorno dopo giorno, di portargliene via un po’, fino a quando quel giorno, saputa la notizia del bambino da Zayn, era stato lo stesso Liam a prendere Niall e trascinarlo lì, per riprendersi finalmente la sua vita e ritrovare se stesso.
Louis strinse a sua volta la presa sul corpo del biondo e gli accarezzò i capelli.
«Va tutto bene, Lee.» sussurrò.
Dopo qualche attimo Liam si staccò da lui e si passò una mano sul viso, per asciugare quelle lacrime rimaste a scorrere sul suo viso, prima di incastrare lo sguardo in un paio di iridi color dell’oceano che lo scrutavano piene di amore.
«Scusa.» sussurrò ancora Liam, distogliendo lo sguardo dall’altro che si era fatto intenso e troppo pesante.
Louis si avvicinò a lui e con due dita gli fece alzare il viso per incontrare di nuovo le sue iridi color bronzo.
«Se osi scusarti un’altra volta ti prendo a calci!» ed eccolo, di nuovo il vecchio Louis, colui che non riesce ad esser serio per più di cinque minuti. Liam si lasciò andare ad una piccola risata ed annuì.
«Ti voglio bene, Boo Bear.»
Per un attimo Louis sentì il suo cuore fermarsi, chiuse gli occhi e sospirò, e prima che potesse rendersene conto una lacrima scivolò fuori dai suoi occhi blu. Boo Bear: c’erano solo tre persone a cui permetteva di chiamarlo così e quelle erano Harry, sua madre e Liam. Ma quello che maggiormente lo stupì fu sentir pronunciare quel soprannome dalla voce calda di un Liam che, dopo due anni, in lui vedeva ancora Boo Bear e non Louis.
Credeva di esser cambiato negli ultimi anni, credeva di aver perso la maggior parte del suo umorismo, credeva di non esser più quel ragazzo che viveva da eterno Peter Pan e veniva soprannominato Boo Bear, e invece quelle due semplici paroline, quel soprannome, sussurrato dalla voce di Liam gli era bastato per capire che non c’era nulla di diverso in lui, come non c’era in Liam. Potevano passare anni, ma loro sarebbero sempre stati Hazza, Boo Bear, Leeyum, Nialler e Dj Malik.
Quando riaprì gli occhi non si fermò a scontrarne un paio color bronzo, ma ne cercò un paio color cielo, leggermente umidi, e quando li trovò un sorriso spontaneo gli nacque sul volto e con un cenno della testa invitò Niall ad avvicinarsi.
Il biondino non se lo fece ripetere e corse verso di lui, stringendo lui e Liam in un abbraccio sentito, un abbraccio che segretamente Niall desiderava ogni notte.
«Vi voglio bene.» sussurrò spontaneamente; Liam e Niall gli erano mancati, terribilmente, come gli mancava Zayn.
«Andrà tutto bene.» la voce dall’accento irlandese risuonò tra quel piccolo cerchio che avevano creato con i loro corpi e li lasciò tutti con un sorriso.
«Allora, neo-papà, vogliamo andare?» una quarta voce, quella di Mark, li interruppe e Louis sembrò ricordarsi solo in quel momento dove fosse e perché, così sciolse velocemente l’abbraccio con i suoi due fratelli ed annuì.
«Ragazzi, è tardi, io devo andare.» asserì. Niall e Liam annuirono comprensivi. «Ma, se vi va potremmo vederci verso le dodici alla clinica, dopo passerò lì e potremmo andare mangiare qualcosa insieme, tanto a quell’ora le visite sono chiuse.» continuò. Liam e Niall sembrarono non aspettar altro ed annuirono vigorosamente.
«Certo!» asserì Niall sorridendo.
«Nando’s?» propose Liam, conoscendo il suo pollo.
«Ovviamente!» Niall finse un tono talmente ovvio da far scoppiare tutti a ridere, poi Louis li salutò e si diresse con Mark nell’aula prestabilita per l’incontro.


 
«Perfetto, signor Tomlinson. Abbiamo solo bisogno della firma del suo partner e l’affidamento sarà completato.»
Dopo aver svolto le ultime pratiche, messo le firme dei nonni del bambino, messa la sua di firma, sembrava andare tutto bene, tutto sembrava essersi concluso per il meglio, ma a quanto pare no, non lo era.
«Ma, avevate detto che non c’era necessità della firma del compagno del mio assistito.» asserì Mark per lui, troppo nervoso per poter pronunciare qualunque frase di senso compiuto, mettendosi più composto sulla sedia di quell’ufficio triste.
«Mi dispiace, signore, ma se sui documenti non appaiono entrambe le firme dei genitori del bambino l’affidamento non può essere completato.» L’uomo sulla cinquantina che gli sedeva di fronte sembrava non voler sentire scuse, così Louis si ritrovò a dover improvvisare.
«Va bene Mark, non c’è alcun problema, adesso lo chiamo!» asserì e il suo avvocato lo guardò confuso. Louis gli fece cenno di assecondarlo e l’uomo annuì.
«Mh..vado!» asserì, alzandosi dalla sedia sotto gli occhi dei nonni del bambino, del suo avvocato e dell’uomo, poco convinti.
Una volta fuori da quell’aula si diede dell’idiota, chi avrebbe chiamato adesso, che si sarebbe finto il suo fidanzato e avrebbe firmato le carte per l’affidamento di un bambino? Chi si sarebbe preso quell’enorme responsabilità?
Continuò ad interrogarsi per interi minuti, mentre la sua mente rifiutava quell’unica risposta che aveva.
Sapeva benissimo chi sarebbe stato l’unico che per lui avrebbe fatto qualunque cosa senza obiettare, eppure non ci riusciva, non riusciva a fare quella telefonata.
Si poggiò al con la schiena contro il muro di quel corridoio spoglio e sospirò, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, poi estrasse il cellulare dalla tasca, cercò velocemente tra i numeri preferiti quello del suo migliore amico e chiamò.
Non appena Louis avvertì la telefonata aprirsi, dall’altro lato, parlò senza permettere all’altro di dire nulla, troppo nervoso.
«Zayn, scusami, mi servirebbe un’enorme favore, puoi raggiungermi?»



«Bene, signor Tomlinson, signor Malik, ecco le carte, adesso è tutto concluso, congratulazioni.»
Louis e Zayn sorrisero, il castano prese i documenti che l’uomo gli stava porgendo, poi salutò con una stretta di mano ed uscì da quella sala, seguito dal moro.
Una volta fuori Louis consegnò i documenti a Mark che lo salutò con un caloroso abbraccio di congratulazioni, mentre Louis lo ringraziò circa dieci volte; non osava immaginare come avrebbe fatto senza di lui, gli era davvero grato.
E, da quel momento, lui era ufficialmente papà. Non poté far a meno di sorridere sornione, mentre guardava il suo avvocato allontanarsi, ma si spense subito dopo, rendendosi conto del silenzio pesante che era calato tra lui e Zayn, rimasti ormai soli, mentre si dirigevano alle loro auto.
«Beh, complimenti, papà!» asserì Zayn, rompendo il silenzio. Louis sorrise sincero e rivolse un piccolo sguardo al moro.
«Potrei dirti lo stesso, tecnicamente l’altro padre sei tu.» asserì un po’ imbarazzato.
«Già.» sospirò il moro, abbassando la testa e riprendendo a camminare in silenzio, con le mani nascoste nelle tasche del cappotto nero. Louis non sapeva dire da quanto tempo non vedesse Zayn, era circa un mese, ed il moro era sempre lo stesso; lo sguardo cupo, il sorriso dolce, le ciglia lunghe e gli occhi grandi, nocciola e profondi. I capelli corvini sempre lisci e tirati su con il gel, il solito pacchetto di sigarette nelle tasche dei jeans, le scarpe nere.
Zayn era sempre Zayn ed era sempre bellissimo.
«Ho qualcosa in faccia?» chiese il moro sorridendo, voltandosi solo un attimo verso di lui. Louis scosse la testa e per un attimo si sentì un ragazzino, imbarazzato ad osservare il ragazzo che gli piace.
«Ehm, no, no.» rispose Louis, in modo frettoloso, distogliendo lo sguardo da Zayn che adesso ridacchiava divertito. Louis non si era minimante accorto di essersi fermato ad osservare il moro.
«Come sta Harry?» chiese poi Zayn, rompendo nuovamente il silenzio che si era creato.
«Come se tu non lo sapessi.» sputò fuori Louis, maledicendo, per l’ennesima volta in un paio d’ore, la sua brutta boccaccia.
Zayn sospirò ma non rispose, facendo presente dopo poco a Louis che erano arrivati alla sua macchina.
«Beh, allora, ci vediamo.» asserì il moro e, senza attendere risposta, gli diede le spalle e si allontanò. Ma non ebbe poi il tempo di allontanarsi molto che Louis gli afferrò saldamente un polso e fermò la sua corsa.
«Zayn, aspetta… dobbiamo parlare.»
 




Piccolo angolo mio.

Okay io proprio non so come scusarmi, non vedo so neanche io con quale coraggio mi sto presentando dopo quasi due mesi, con un capitolo così breve e…pietoso.
Spero mi perdonerete, ma c’è stato un periodo in cui avevo pensato di abbandonare la scrittura, poi tutto si è risolto e ho deciso di portare avanti ciò che ho iniziato, anche perché a questa piccola storiella ci tengo tanto, è la mia prima Larry e merita di esser completata.
In questo capitolo vediamo come essere Louis Tomlinson dia i suoi vantaggi e abbiamo l’inserimento fisico, diciamo, di Liam, Niall e Zayn.
I primi due hanno vissuto una situazione complicata, soprattutto Liam che però grazie a Niall sta riuscendo, giorno dopo giorno, a riprendersi.
Mentre riguardo Zayn, lui viene chiamato da Louis per un’emergenza e non esita neanche un attimo ad aiutare il suo migliore amico, ma le cose tra loro sono difficili, silenzi imbarazzanti iniziano a crearsi e farsi pesanti e Louis non ce la fa, non può mantenere questo rapporto con Zayn, ha bisogno di chiarire con lui e di sentirlo vicino, perché è il suo migliore amico e ha bisogno di lui più di chiunque altro in quel momento.
Come finirà tra loro?
Bene, penso di aver ciarlato a vuoto, quindi me ne vado, perché è tardi, mi fa male la testa e non voglio annoiarvi ulteriormente.
Spero mi perdonerete, mi scuso ancora, prometto che il prossimo arriverà presto.
Grazie mille a chi è rimasto, nonostante il ritardo mostruoso, a chi è anche semplicemente passato ed ha chiuso, a chi ha recensito lo scorso capitolo, a chi ha preferito o seguito o anche solo letto in silenzio.
Grazie, davvero.
Alla prossima.
WakeMeUp. Xx


PS: Per informazioni sugli sviluppi e sugli aggiornamenti della storia, o anche per insultarmi perché pubblico in ritardo, o qualsiasi altra curiosità potete trovarmi su http://ask.fm/ICantChange17 o https://twitter.com/OpsHi17 a me fa sempre piacere sentirvi. C: 

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Capitolo 3
*** Hi, daddy! ***









Pronunciò quelle parole senza neanche rendersene conto, spinto dal desiderio di chiarezza, ma un attimo dopo, quando la paura s’impossessò del suo corpo, quel desiderio sparì nel nulla, lasciando spazio ad un altro desiderio che chiedeva che quelle parole potessero esser ritirate.
Non era quello il momento adatto per chiarire, non erano pronti per confessarsi tutto, non erano pronti per confrontarsi, nessuno dei due  lo era e quello non era né il luogo, né il momento adatto.
Zayn si voltò verso di lui lentamente e, senza lasciar trapelare neanche minimamente l’inquietudine che dentro di lui stava crescendo, lo guardò confuso, armandosi di una maschera di tranquillità, cucendosela addosso.
«Dimmi…» asserì il moro. Louis avvampò per un attimo, poi scosse la testa. Doveva improvvisare e farlo in fretta.
«Uhm, Liam e Niall vengono a pranzo con me, dopo, perché non vieni con noi?» chiese, con un tono che apparve talmente tranquillo da non sembrare il suo. Non sapeva se quella fosse una buona idea, averlo invitato a pranzo, ma dopotutto non erano da soli, c’erano Niall e Liam, sarebbe dovuto andare tutto bene…oppure no? Non lo sapeva, tutto quello che sapeva era che desiderava da tanto passare un po’ di tempo con Zayn e quella gli era sembrata l’occasione più adatta e meno imbarazzante, oltre ad essere l’unica soluzione saltatagli in mente in quel momento.
Il moro parve pensarci su qualche attimo e Louis era convinto che quando schiuse le labbra stava per rifiutare, così lo precedette.
«E’ così tanto che non stiamo un po’ tutti insieme.» asserì, abbassando lo sguardo sulle sue mani che si contorcevano nervosamente. E a quelle parole Zayn parve convincersi.
«Sì, va bene.» rispose, rivolgendogli un mezzo sorriso. Louis sorrise a sua volta e in quel momento provò un’esagerata voglia di abbracciarlo, ma non poteva farlo, qualcosa lo rendeva nervoso e non gli permetteva di compiere quel semplice gesto che a lui in quel momento appariva impossibile.
Avrebbe potuto abbracciarlo, Zayn era sempre il suo migliore amico e lui teoricamente non doveva saper nulla sui sentimenti che il moro provava per lui, ma dal momento in cui lo sapeva, non riusciva ad ignorare quella consapevolezza e si bloccava. Si riscosse leggermente dal quel momento di imbarazzo e insicurezza e guardò l’orologio sul suo polso, che segnava le dieci precise, poi tornò a guardare Zayn.
«Beh, i ragazzi vengono tra un paio d’ore in clinica, io devo andare lì, vieni con me?» chiese poi. Era sicuro che il moro avrebbe rifiutato, convinto di essere di troppo, in quel momento in cui la situazione alla clinica era critica e complicata, ma Louis si stupì nel vedere il moro annuire.
«Sì, certo.» quelle due semplici parole lo riempirono di felicità, ma anche un po’ di inquietudine, che decise però di ignorare.
«Ottimo.» sussurrò, rivolgendo un piccolo sorriso al moro, per poi osservarlo mentre si avvicinava alla sua macchina e ci saliva, prima di salire a sua volta nella sua auto e partire insieme, diretti alla clinica.


Una volta arrivati i due migliori amici parcheggiarono le auto nel parcheggio esterno di quella clinica privata poi, l’uno accanto all’altro, si diressero all’entrata.
Louis era felice e non vedeva l’ora di vedere quello che poteva ormai chiamare suo figlio. Un enorme sorriso si fece spazio sul suo viso e non passò inosservato a Zayn che sorrise a sua volta, poi chiese.
«Che hai?» Louis fece spallucce, sorridendo e stringendosi nella giacca leggera, portando le mani nelle tasche.
«Sono felice.» asserì. «Sono papà, e tu sei qui, mancherebbe solo una cosa per rendere tutto perfetto.»
E non servirono altre parole, entrambi si lasciarono andare ad un sospiro pesante, un sorriso amaro, poi varcarono la porta d’ingresso della clinica, sospirando per il piacere dell’ambiente caldo.
Louis percorse velocemente il primo corridoio e si fermò solo per fare un cenno a Dan, l’infermiere di turno all’entrata, poi, con ancora Zayn al seguito, chiamò l’ascensore, ci salì e premette il tasto del secondo piano.
Un silenzio più che motivato era calato tra i due ragazzi, che avevano tanto da dirsi quanto poco coraggio per farlo.
L’ascensore si fermò e le porte si aprirono, rivelando quel corridoio, a Louis terribilmente familiare.
Si mosse velocemente, era ansioso di vedere Edward e di portarlo dal suo papà, quello da cui sembrava aver preso gli occhi; percorse il corridoio a grandi falcate e si fermò davanti alla vetrata da cui la prima volta aveva visto il suo bambino, sorridendo quando riuscì a vederlo nella sua culletta, la numero diciassette, mentre con i suoi occhietti verdi si guardava intorno, come al solito l’unico a non dormire.
«Qual è?» quella voce alle sue spalle lo fece sobbalzare e lo richiamò dal suo momento di trance. Sorrise a Zayn e tornò a puntare gli occhi su suo figlio.
«Il numero diciassette.» rispose. Zayn annuì e fece vagare per un po’ gli occhi su tutte le cullette, prima di trovarla, la numero diciassette, e spalancare gli occhi.
«Lou, è…bellissimo!» asserì.
«Lo so…» sospirò. «E non dorme mai!» continuò.
«Assomiglia già al papà!» asserì Zayn, riferendosi a Louis che era conosciuto per essere iperattivo e dormire veramente poco.
Louis sorrise e scosse la testa, prima di avvicinarsi alla porta del piccolo ufficio accanto, dove vi era Mary intenta a sistemare qualcosa in un armadietto.
«Buongiorno bella signora!» asserì Louis, annunciando la sua presenza. Mary sobbalzò e si voltò verso di lui, sorridendo quando si rese conto di chi fosse e stupendosi quando alle sue spalle scorse la figura del moro.
«Buongiorno Louis!» rispose ridacchiando. «Ciao Zayn.» continuò con un sorriso.
Louis si avvicinò a lei e le lasciò il solito bacio sulla guancia, mentre il moro le fece un cenno con il capo e le rivolse un sorriso.
«Allora?» chiese poi la donna, rivolgendosi a Louis. Louis le sorrise radioso e l’abbracciò istantaneamente.
«Ci sono riuscito!» asserì. La donna emise un gridolino di felicità e lo strinse a sé.
«Lo sapevo, lo sapevo!» asserì. Louis la strinse ancora e Zayn si sentì quasi fuori posto e pensò di uscire fuori, fino a quando il castano sciolse l’abbraccio con l’infermiera e si voltò a guardarlo con un sorriso.
«Sì, ma non avrei fatto niente senza di lui.» Zayn si sentì imbarazzato in quel momento, e ringraziò la sua pelle leggermente scura, perché era sicuro che se non fosse stato così scuro le sue guance si sarebbero colorate di rosso. Sorrise debolmente e fece spallucce.
«Ho fatto solo il mio dovere, sei mio fratello, se non lo facessi per te per chi dovrei farlo?» asserì in risposta. Louis gli sorrise e ancora una volta provò il grande desiderio di corrergli incontro e abbracciarlo e quella volta non lo zittì, non lo represse, sospirò e velocemente si avvicinò al moro, gettandogli le braccia al collo, chiudendo gli occhi e stringendolo in un abbraccio sentito, un abbraccio desiderato che per tanto tempo gli era mancato.
Zayn sospirò e chiuse gli occhi, passando le braccia attorno al busto del castano, stringendolo forte a sé.
Louis aveva desiderato così tanto quell’abbraccio che, nel momento in cui sentì le dita del moro affondare nella sua pelle attraverso la giacca, stringendolo forte, non riuscì ad impedire a due piccole lacrime di correre fuori dai suoi occhi blu.
Si sentiva bene in quel momento, come si sentiva sempre quando era tra le braccia del suo migliore amico, di suo fratello, e avrebbe desiderato poter restare incollato a lui per quanto più tempo fosse possibile perché aveva bisogno di quel calore umano, aveva bisogno di quelle braccia che lo stringessero, di quei capelli che gli solleticavano il viso e di quelle parole non dette, tipiche del suo migliore amico, espresse attraverso i gesti.
Solo dopo qualche minuto si staccò dal moro, sussurrandogli un “grazie!” all’orecchio e sciogliendo l’abbraccio.
I due ragazzi si sorrisero e così fece anche Mary che aveva osservato tutta la scena felice, con una strana luce negli occhi.
«Vieni con me, ti faccio conoscere Ed!» asserì poi Louis, prendendo Zayn per un braccio, trascinandolo nella stanza accanto dove Louis si lavò le mani, tolse la giacca e si avvicinò alla culla del suo bambino, solo dopo aver fatto fare al moro lo stesso procedimento.
«Ciao Ed!» asserì Louis, infilando le mani nella culla, scoprendo delicatamente le coperte al bambino che, non appena l’aveva visto, aveva iniziato ad agitare le mani, felice.
Louis sorrise e prese in braccio suo figlio, lasciandogli un bacio sulla fronte, prima di sistemarselo delicatamente su un braccio, con la testa poggiata al suo avambraccio destro e i piedini a scalciare debolmente sulla sua pancia.
Si voltò poi con il bimbo tra le braccia e si avvicinò a Zayn, che era rimasto poco lontano dalle cullette e si fermò avanti a lui, con un sorriso sulle labbra.
«Zayn, ti presento Edward.» sussurrò, ma il bimbo non capendo non si girò verso il moro, bensì resto a studiarlo con i suoi occhietti verdi, mentre ancora ogni tanto si lasciava andare qualche verso o agitava le braccine o le gambe. Zayn sorrise e il suo cuore accelerò un battito, felice nel vedere come quel bambino sembrasse nato per stare tra le braccia di Louis e dargli una nuova speranza, in quella vita fin troppo buia.
«Sembra esser nato apposta per stare con te.» diede voce ai suoi pensieri il moro, lasciando il castano con un sorriso. «Ed è surreale quanto i suoi occhi somiglino a quelli di Harry.» continuò.
Louis sorrise ancora, incapace di fare qualunque altra cosa ed annuì.
«Avvicinati.» disse poi a Zayn lontano di qualche passo. Il moro fece un passo avanti e non appena Edward si accorse della sua presenza gli puntò i suoi occhi verdi sulla sua figura e il moro giurò di aver visto Harry in quegli occhi grandi e verdi, di un verde stupendo. Spalancò gli occhi, poi sorrise, portando un dito sulla pancia del bimbo, accarezzandolo leggermente.
«Ciao Ed.» sorrise il moro e il bimbo si lasciò scappare un piccolo verso, quando il dito del moro finì sul suo fianco. Soffriva il solletico sui fianchi…proprio come Harry.
Zayn sorrise, e così fece anche Louis, prima di puntare il suo sguardo sul castano.
«Dovresti portarlo da lui.» asserì serio. Louis sobbalzò un attimo, poi annuì.
«Vieni con me.» gli chiese, piuttosto fermo, quasi imponendogli quella condizione. Zayn apparve per un attimo insicuro, poi annuì.
Louis era tranquillo, era felice, perché quel bimbo gli stava donando tutta la felicità che aveva perso in due anni, solo stando tra le sue braccia. Louis pensava di poter catalogare quello come il miglior giorno di sempre da due anni a quella parte.
Aveva ritrovato Liam, Niall, ma soprattutto Zayn, nonostante ci fossero ancora parecchie cose da chiarire, e aveva trovato Edward.
Ma fu quando entrambi furono entrati nella camera del riccio che l’atmosfera cambiò. Louis sospirò e si avvicinò al fidanzato, come sempre steso in quel letto, coperto da coperte e lenzuola bianche, collegato a mille macchinari, gli occhi chiusi, i ricci morbidi perfettamente imperfetti, inerme.
Si avvicinò ancora e gli lasciò il suo consueto bacio sulle labbra, prima di scostargli qualche riccio dalla fronte e sussurragli in saluto.
A Zayn si strinse il cuore nel vedere quella scena, poi richiamato da Louis si avvicinò, con Edward tra le sue braccia che aveva iniziato a piangere e che smise solamente quando fu tra le braccia di Louis.
«Amore, questo è il tuo papà.» asserì Louis, rivolgendosi ad Edward che lo guardava con sguardo profondo, quasi riuscisse a percepire il dolore che si nascondeva dietro il sorriso che il castano gli stava rivolgendo.
Louis poggiò delicatamente Edward sul letto accanto al riccio, tra il suo fianco sinistro e il braccio, poi portò una sua mano ad afferrare quella di Harry che condusse fino al pancino del bimbo e con un dito lo accarezzò lentamente, salendo sul volto e fu quando Louis arrivò con il dito del riccio alle labbra di Edward, che il bambino, con il suo braccio rivolto verso l’alto, raggiunse quel dito lungo e lo strinse leggermente nella sua mano sinistra. Louis sorrise felice a quella scena, Edward aveva già capito tutto. Poi alzò leggermente la testa e quello che vide gli fece perdere un battito.
Non se l’era immaginato, lo aveva visto, poteva giurarci: Harry aveva sorriso.




Piccolo angolo mio.

Hi guys!
I'm back!
Sono tornata prima del previsto per scusarmi ancora dell'interminabile ritardo dell'altra volta e farmi perdonare postando in anticipo, ma soprattutto perché c'è una ragazza speciale, a cui dedico il capitolo perché l'ho pubblicato per lei oggi, perché era un po' giù di morale e volevo strapparle un sorriso.
Quindi, babe, eccolo qui, tutto per te, spero ti sia piaciuto!
E scusami per questo immane ritardo. c.c
Sul capitolo non ho molto da dire, Louis ha l'affidamento e ritrova i suoi amici. Invita Zayn a pranzare con loro e Zayn, dopo un po' di tentennamenti, accetta.
I due si ritrovano a non dirsi nulla, semplicemente lasciar correre per il momento e pensare a ritrovarsi.
Così Zayn accetta anche di accompagnarlo in clinica, dove Louis gli mostra suo figlio e Zayn resta sconcertato da quanto quel bambino si senta a proprio agio tra le braccia del castano, di quanto sembri nato apposta per essere tra quelle braccia e dare una motivazione in più al castano, in quella vita ormai buia. Ma soprattutto è sconcertato da quanto quegli occhi verdi somiglino a quelli del riccio.
Ed è proprio per questo, che Zayn spinge Louis a portare Edward da Harry ed è lì che tutto cambia, tutto muta.
Edward piange tra le braccia di Zayn e si calma non appena incontra nuovamente un paio d'occhi blu, e non piange neanche quando è tra le braccia di qualcun altro, braccia sconosciute di cui il bambino si fida perché gli occhi di Louis gli hanno detto di farlo.
Ed è così, che le mani della famiglia Stylinson si uniscono e si fondono, lasciando tutti con un sorriso, secondo Louis, proprio tutti.
Cosa succederà adesso? Harry si sveglierà o era un'illusione di Louis?
Lo scoprirete presto.
Alla prossima.

WakeMeUp. Xx

Ps: ringrazio tutti, chi legge, recensisce, segue, preferisce...tutti! Vi amo tutti, davvero!
Babe, scusa ancora, è tutto tuo. <3

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Capitolo 4
*** House is not a Home. ***








Il tempo era passato in fretta, le undici erano diventate mezzogiorno, ma Harry era ancora in coma, nel suo letto, Louis era ancora in clinica, mentre Edward tra le sue braccia si nutriva, succhiando voracemente il latte dal ciuccio del biberon e Zayn era ancora lì, a pochi passi da Louis, seduto su una sedia, perso nell’osservarlo.
Zayn poteva giurare che quella fosse una delle scene più belle di cui nella sua vita si era ritrovato spettatore. L’amore con cui Louis cullava suo figlio e gli teneva alto il biberon, mentre con l’altra mano lo stringeva e gli accarezzava la gamba con i polpastrelli, era quasi surreale. Le sue mani si muovevano con estrema delicatezza, i suoi occhi erano fissi sul volto rilassato del bambino e sul movimento delle labbra sul ciuccio. Edward sembrava essere nella pace dei sensi, mentre con gli occhi chiusi continuava a nutrirsi, stretto in quelle braccia che erano state casa sua fin dal primo momento.
Le dita di Louis si mossero ancora, facendo su e giù con i polpastrelli sulla gamba del bambino, fino al piedino piccolo.
Era la prima volta che gli dava da mangiare e ne era rimasto stregato. Il modo in cui le labbra di suo figlio, -era ancora emozionato dall’idea di poterlo chiamare così-, si muovevano veloci sul cuccio del biberon, il suo petto si alzava e abbassava regolarmente, i suoi occhi erano chiusi mentre mandava giù il latte, lo lasciavano stregato. Fu una voce, qualche attimo dopo, a fargli distogliere lo sguardo da Edward, regalando anche una pausa al bambino che non poteva, chiaramente, mandare sempre tutto giù.
«Lou io vado a fumarmi una sigaretta, torno tra poco.» asserì il moro. Louis lo guardò per qualche attimo, cercando di decifrare la sua espressione che sembrava nervosa e tranquilla al contempo, lasciandolo perplesso, poi annuì.
«Va bene, ma fa presto perché Liam e Niall dovrebbero arrivare a momenti.» ribadì. Il moro annuì alzandosi e si allontanò, uscendo da quella piccola stanzetta che Mary gli aveva messo a disposizione, con un letto per lui e una culletta per suo figlio, dal momento che, ne era sicura, Louis non sarebbe più tornato a casa a dormire.
Quella piccola stanza era carina e accogliente. Il suo letto era posto al centro della stanza, accostato al muro dalla parte del cuscino, mentre la culletta era subito accanto, poggiata al muro alla sua sinistra, mentre sulla destra le pareti color caffelatte erano interrotte da una grande finestra di vetro che lasciava intravedere una parte del panorama di Londra, da quel terzo piano piuttosto alto. Sulla parete di fronte al suo letto, invece, vi erano una porta che dava in un piccolo bagno, un armadietto in ferro, nell’angolino a sinistra, e una piccola scrivania.
Tutto sommato non era poi così male, per essere la stanza di una clinica, aveva tutte le comodità e appariva anche calda e accogliente.
Aveva preso quella decisione fin da subito, la prima notte a casa Edward doveva trascorrerla con entrambi i suoi genitori e dal momento in cui lui non l’avrebbe mai più lasciato la notte solo in clinica, aveva chiesto a Mary di trovargli una sistemazione che non aveva esitato ad arrivare.
L’idea che di notte Ed potesse svegliarsi, piangere, sentirsi male, o qualsiasi altra cosa, mentre lui non era accanto a lui lo terrorizzava, quindi l’unica soluzione in quel momento era quella.
Solo quando il bimbo tra le sue braccia iniziò a piangere, Louis si rese conto di essersi perso nei suoi pensieri e non aver finito di dar da mangiare a suo figlio, così scosse la testa e si alzò in piedi, cullando Edward mentre il bimbo aveva riagganciato le labbra attorno al biberon e si nutriva ad occhi chiusi.
Più Louis lo osservava, più se ne innamorava.
Lo trovava un bambino bellissimo e gli dispiaceva anche l’idea che non potesse avere il latte dal seno della madre, sapeva che quel latte che Mary gli aveva preparato era adatto, ma niente poteva essere come il seno della madre, Louis lo sapeva ma andava bene così, erano entrambi felici e in salute, e Louis aveva imparato che era tutto ciò che contava.
Non passò poi molto da quando Zayn si era allontanato, che il moro tornò, ma questa volta in compagnia.
«Ehi Lou, guarda chi ho trovato in corridoio!» esordì il moro entrando. Louis si voltò di poco e sorrise alla vista di Liam e Niall accanto a lui.
«Shh, non urlare!» lo riprese Louis, rivolgendosi a Zayn, mentre Liam e Niall lo guardarono confusi.
«Cosa…?» provò il biondino, ma non appena Louis si girò con il corpo e Liam e Niall videro quel piccolo fagotto azzurro tra le sue braccia, il silenzio calò nella stanza e Louis sorrise, nel vedere gli occhi lucidi di Liam e il sorriso orgoglioso di Niall.    
«Sta provando ad addormentarsi, ha appena finito di mangiare.» sussurrò il castano con un sorriso, guardando Edward che si era totalmente lasciato andare tra le sue braccia e con gli occhi chiusi respirava regolarmente.
Liam trattenne visibilmente una lacrima e si avvicinò a lui, fermandosi a pochi centimetri di distanza, osservando quel piccolo fagottino che portava ufficialmente il cognome di uno dei suoi migliori amici.
«E’ bellissimo.» sussurrò, portando una mano ad accarezzare lentamente il braccino del bimbo, scendendo sulla gamba e infine sul piede coperto dalla tutina azzurra.
«E dovresti vedere i suoi occhi… penso li abbia rubati ad Harry.» asserì Zayn, ancora sulla porta accanto a Niall che spalancò la bocca a quell’ultima affermazione. Liam si voltò verso Zayn, poi puntò il suo guardo su Louis.
«Ha gli occhi verdi come Harry?» chiese Liam, la voce leggermente tremolante, quasi spaventato di aver pronunciato quel nome, spaventato dall’idea che anche solo nel sentire quel nome Louis potesse crollare, ma non era così, a Louis piaceva sentire il nome di Harry e piaceva pensarlo e parlare di lui nella quotidianità, come se lui fosse davvero lì con loro. Sorrise dolcemente a Liam ed annuì.
«Uguali.» asserì. Liam lo guardò stupito per qualche attimo, poi tornò a guardare Edward. Sembrava esserne rimasto affascinato anche lui; Edward aveva il potere di attirare l’attenzione di chiunque e lasciare tutti stregati. Sorrise nell’osservare la delicatezza con cui Liam stava accarezzando suo figlio, per poi puntare i suoi occhi blu su una figura minuta alle sue spalle. Niall ricambiò il sorriso che il castano gli stava rivolgendo e si avvicinò quando Louis gli fece cenno di farlo.
Il potere di Edward non fallì neanche con Niall; il biondo si era avvicinato lentamente, aveva guardato Louis, poi il bambino tra le sue braccia e dopo essersi lasciato andare qualche complimento e qualche frase di congratulazioni per esser diventato ufficialmente papà, si era lasciato andare e si era accomodato con gli altri due sul suo letto, tutti e tre intenti ad osservare Edward che ogni tanto mugugnava, fino a quando il bimbo non cadde in un sonno profondo.
Louis poggiò Edward nella culla, gli aggiustò le coperte e gli lasciò un bacio sulla fronte, prima di infilarsi la giacca e osservarlo mentre chiamava Mary che avrebbe coperto la sua assenza per il tempo del pranzo.
Louis rimase tutto il tempo ad osservare suo figlio dormire, in attesa di Mary.
«Lou, se non la smetti lo consumerai.» lo richiamò scherzosamente Zayn, facendo ridacchiare Niall alla sua destra. Louis gli rivolse un’occhiataccia e scosse la testa.
«Zayn, lascialo stare! E’ normale essere nervosi e apprensivi, lo capisco, io fossi stato in lui probabilmente non sarei neanche venuto a pranzo con voi per stare con mio figlio.» ed eccolo, un’altra volta Liam Payn, in tutta la sua apprensione.
«Liam!» lo richiamò Niall, forse spaventato dall’idea che il castano potesse tirarsi indietro. I quattro presenti in quella stanza si lasciarono andare qualche risata, poi tornarono seri.
«Tranquillo Nialler, non ho intenzione di tirarmi indietro, solo sono preoccupato.» asserì, aggiustando ancora la coperta sul corpicino di Edward che dormiva a pancia sotto, con il sederino posato all’insù, le manine strette a pugno poggiate al cuscino e il viso paffuto sprofondato sul cuscinetto morbido.
Louis non riuscì a resistere a quella scena e cacciò il suo iPhone, immortalando suo figlio in quella posa quasi angelica.
Niall si alzò dal suo posto e si avvicinò a lui, poggiandogli una mano sulla spalla destra, stringendola leggermente.
«Lou, andrà tutto bene, devi stare tranquillo.» disse il biondo e Louis annuì.
«E poi è con Mary, è in buone mani, lo sai.» aggiunse Zayn. Louis annuì ancora e si lasciò andare un sospiro, poi incitò tutti ad alzarsi dalle loro posizioni, aprì le braccia e si perse in uno dei loro abbracci di gruppo, di quelli che aveva sempre amato.
Tre mani diverse stringevano la sua schiena; diverse, ma non sconosciute. Ognuna di quelle mani aveva la sua impronta sulla sua pelle, rimasta una tela bianca per troppo tempo.
Questo era diventato senza i suoi migliori amici, una tela bianca e sgualcita, che passo dopo passo stava riprendendo la sua forma, i suoi colori.
Stava riacquistando il giallo radioso del sorriso di Niall, il blu del mistero negli occhi di Zayn, il verde della speranza di un lieto fine del cuore di Liam, l’azzurro cielo, simbolo della vita con Edward e presto avrebbe riacquistato anche il rosso, il suo colore preferito, il rosso dell’amore di Harry.
 

Ancora una volta il tempo era passato in fretta e senza accorgersene i quattro si trovarono al loro solito tavolo da Nando’s, i loro piatti già vuoti, i bicchieri con ancora solo qualche sorso di bibite, grandi sorrisi sul volto e tanta voglia di riavere Harry con loro e lasciare che quel momento non finisse mai.
«E vi ricordate della volta in cui voi due vi siete persi in Australia?» chiese Niall, dopo aver preso un altro sorso dalla sua birra semivuota, tenendosi la pancia per le risate. Louis e Zayn scoppiarono subito a ridere, ricordando quell’avvenimento folle.
«Sì, e chi se lo dimentica!» asserì Zayn. «Louis è un vero schifo in fatto di orientamento.» continuò. «Lo so benissimo dove siamo, adesso arriviamo all’Hotel.» lo citò il moro, imitando la sua voce leggermente acuta.
«Ehi! Io non parlo in questo modo e smettila di prendermi in giro, mister “Seguimi e arriviamo di certo!” sì, all’ospedale arrivavamo con te!» ribatté il castano, mentre le risate non avevano intenzione di placarsi.
Avevano passato finalmente un po’ di tempo insieme e Louis si era reso conto che non era cambiato assolutamente nulla; mancava Harry, certo, una parte importantissima per ognuno di loro, ma sapere che loro stessi, nonostante il tempo, nonostante i problemi, non fossero affatto cambiati, gli lasciava uno strano sorriso sul volto che non aveva intenzione di sparire.
Tutto sembrava essere come due anni prima: risate, scherzi, battute, prese in giro, sfide, l’apprensione di Liam, le risate e le tremila portate di Niall, le poche parole di Zayn e le sue immancabili sigarette… tutto era esattamente come prima, se solo Harry fosse stato lì, allora Louis avrebbe potuto fieramente affermare che i One Direction erano tornati, ma in realtà, non erano mai andati via.
«E vi ricordate i tour?» chiese poi Liam, facendo apparire sui volti di tutti dei sorrisi consapevoli ed emozionati.
Ricordavano tutto dei tour, di entrambi, erano stati entrambi stupendi se non per il Take Me Home Tour, che aveva avuto un finale che aveva lasciato –letteralmente- tutti a bocca aperta. Non era stato un finale previsto, nessuno di loro pensava potesse succedere. Nessuno di loro pensava che il giorno dell’ultima data Harry potesse fare un incidente d’auto e finire in coma per due anni, nessuno immaginava quel finale, nessuno lo voleva, eppure era successo.
«Quante ne abbiamo combinate…» sospirò Louis. Gli altri tre annuirono, poi uno strano silenzio calò sul loro tavolo, lasciando che fossero i ricordi a riempire le loro menti.
Louis sapeva bene che stavano pensando tutti la stessa cosa, ma non voleva lo facessero, nessuno di loro, non in quel momento; si erano ritrovati, avevano passato un paio d’ore stupende a mangiare, ridere e scherzare, completamente a loro agio come se nulla fosse accaduto, non voleva che l’atmosfera mutasse in qualcosa di troppo triste da sostenere, per ognuno di loro.
Fece per parlare ma una cameriera appena arrivata al loro tavolo lo precedette.
«Scusatemi signori, posso portarvi altro?» chiese. Niall scosse la testa, Liam rifiutò cortesemente, seguito da Zayn e lui congedò la biondina, dicendogli che non voleva altro e di portare cortesemente loro il conto.
La ragazza annuì e andò via, tornando poco dopo con il conto che, dopo le proteste di tutti, fu saldato da Louis che aveva usato la scusa di voler festeggiare suo figlio per costringere gli altri ad arrendersi.
Quando il conto fu saldato i quattro ragazzi uscirono fuori dal locale, fermandosi a qualche passo dall’entrata, bloccati da un paio di ragazzine che li osservarono spalancando gli occhi e agitandosi leggermente.
«Ma… ma voi siete i One Direction!» esclamò una di loro, quella che sembrava la più piccola in un gruppo di ragazze dai quattordici ai sedici anni. Louis sorrise amaramente, così come gli altri tre accanto a lui, ma nessuno diceva niente, nessuno riusciva a dire nulla. Fu Liam a parlare.
«No.» scosse la testa. «Siamo Niall, Liam, Zayn e Louis.» continuò, lasciando perplessi tutti, tranne loro. Era stato così anche in passato, quando in tour erano stati costretti a privarsi di Zayn a causa di un lutto in famiglia, si erano fatti chiamare con i loro nomi perché i One Direction erano Louis, Harry, Liam, Niall e Zayn, senza uno non c’erano più i One Direction, ma solo quattro ragazzi.
«Sì, appunto, i One Direction!» continuò la ragazzina mora. Fu Zayn questa volta a prendere la parola.
«No, i One Direction sono Niall Horan, Liam Payne, Louis Tomlinson, Zayn Malik e Harry Styles, qui ci sono solo Niall, Liam, Louis e Zayn.» asserì il moro. Le ragazzine sorrisero ed annuirono, per poi sparire dopo aver chiesto qualche autografo e qualche foto.
«Fa strano firmare autografi dopo due anni.» asserì Louis.
«Non ti dico le foto, credo di aver dimenticato come si posa per una foto!» concordò Niall. I quattro risero sommessamente, mentre l’uno accanto all’altro si dirigevano alle auto.
«Io ricordo come posare per una foto, per quello ho sempre avuto un dono.» asserì Zayn, beccandosi qualche risatina, qualche sbuffo e qualche occhiataccia. «Ma credo di aver dimenticato come interagire con una fan, in quello era Liam quello bravo.» concluse, passando un braccio attorno alle spalle di quello che era il suo migliore amico da quando nella sua mente Louis era diventato qualcosa di più.
Louis pensava invece che Zayn potesse avere una cotta per Liam e così anche il biondo cenere per il moro; li vedeva bene insieme, anche negli anni precedenti li osservava nei loro atteggiamenti da coppia sposata, nei rimproveri di Liam e negli abbracci di Zayn, nelle notti passate a dormire avvinghiati, negli sguardi dolci, nelle carezze fatte quasi per caso, del tutto spontanee.
Era anche per quello che non pensava che Zayn potesse avere una cotta per lui, eppure si sbagliava.
Louis giurò di aver visto Liam arrossire a quella frase, accompagnata da quel contatto e sorrise.
«Non ero io ad essere bravo, eri tu ad essere veramente pessimo in qualunque tipo di rapporto, Zay Zay.» ribatté dolcemente Liam, mentre Zayn non perse neanche tempo a negare, perché era vero, lui era sempre stato pessimo nei rapporti con le persone, era più forte di lui, e gli lasciò un bacio sulla guancia che lo fece arrossire ancora.
Louis sorrise nel guardarli, permettendo per un attimo che dei flash di lui ed Harry gli tornassero in mente, poi scosse la testa, lasciando che volassero nuovamente via.
Dopo pochi minuti i quattro ragazzi arrivarono alle macchine e il silenzio pregno di imbarazzo regnò per qualche istante.
«Lou tu vai in clinica adesso, no?» chiese poi Niall, rompendo quel silenzio pesante. Louis lo guardò sorpreso, poi annuì.
«Sì, perché?» chiese di rimando.
«Vogliamo venire a salutare Harry.» rispose per lui Liam, lo sguardo basso e i denti a torturare il labbro inferiore, segno che stava trattenendo ogni sua emozione, per poi lasciarla andare via e sparire.
«Va bene.» acconsentì il castano, ricambiando tre sorrisi diversi, per poi dirigersi alla macchina e salirci, nuovamente diretto a…casa.
Sì, perché ormai quella per lui era casa, la clinica, lì dove suo figlio giocava, urlava, piangeva, dormiva, sorrideva e mangiava, mentre il suo ragazzo riposava.
Quella era casa sua, lì dove c’era la sua famiglia c’era lui. Casa sua era in due paia di occhi verdi, in un corpo statuario, forte e imponente e in uno minuto, piccolo e fragile, casa sua erano Harry e Edward e fino a quando ci sarebbero stati loro, lui era sempre a casa.
Aveva ritrovato i suoi migliori amici, non aveva parlato con Zayn, ma era stato bene, e quello gli andava più che bene.
In quel momento, tutto quello che voleva, era tornare a casa.



Piccolo angolo mio.
 
Hi everyone!
Okay, ormai non riesco a fare a meno di postare negli orari più spropositati, ma la mia vita è tutta random, quindi anche gli aggiornamenti lo sono.
Questo è un capitolo di passaggio, non succede nulla di concreto e mi scuso anche perché penso sia pessimo, scritto male e privo di contenuto, ma vabbè.
Qui abbiamo la nuova sistemazione di Louis, i primi passi da papà e finalmente il totale riavvicinamento della band.
Liam e Niall conoscono Edward e come tutti gli altri ne rimangono stregati.
Louis inizia già con la sua apprensione da papà, non è bellissimo?
Okay, smetto di fangirlare su Louis e torno seria.
I quattro si riavvicinano e si ritrovano ad un tavolo da Nando’s a parlare come se nulla fosse mai successo, a raccontarsi della loro vita in quegli ultimi tempi e a ricordare tanti momenti felici, perché con tutto quello che hanno passato nessuno di loro vuole calcare la mano sulla nota triste, bensì tutti loro sono alla ricerca del sorriso, quindi si lasciano andare e ripercorrono tanti ricordi felici.
Alla fine c’è il contatto con delle fan e si nota come, nonostante nulla sembra esser cambiato in loro, qualcosa è comunque cambiato e loro tengono a sottolineare che se manca uno, non sono altro che singole persone.
Ma dopo quel lungo pomeriggio, non ancora concluso, Louis vuole solo tornare a casa ed è felice che i suoi migliori amici vadano con lui perché anche loro sono la sua casa e avere loro, Harry e Edward lo renderebbe l’uomo più felice del mondo.
Liam e Niall vogliono andare da Harry… cosa succederà adesso?
Come passeranno il resto del pomeriggio? Cosa succederà quando tutti e quattro andranno da Harry?
Lo scoprirete, yeah!
Non ho altro da dire, mi sembra di aver ciarlato abbastanza, me ne vado!
Grazie a tutti, chi segue, chi recensisce, preferisce o legge in silenzio. Love you all.
Alla prossima.

WakeMeUp. Xx

Ps: La gif non ci appizza nulla, lo so, ma era l'unica che ho trovato in cui c'erano loro quattro che scherzavano senza Harry. u.u

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Capitolo 5
*** So, kiss me. ***







Non appena i quattro amici varcarono la soglia della clinica, una strana tensione calò su di loro. 
Liam camminava in silenzio, con un leggero sorriso incoraggiante sul volto e la testa bassa, mentre un braccio di Zayn gli circondava le spalle e uno di Niall gli circondava la vita, quasi come se i due amici lo stessero trattenendo dal crollare ancora.
Louis, invece, percorreva a grandi falcate quell'ultimo corridoio che lo separava dall'essere nuovamente a casa.
Era passato da Edward, poco prima, si era assicurato che il bimbo stesse bene e che Mary non avesse bisogno di nulla e successivamente aveva invitato i ragazzi a seguirlo, così che potessero salutare Harry.
Una volta arrivati davanti alla camera del riccio, Louis si voltò un'ultima volta verso i suoi amici, quasi per chiedere se fossero sicuri di volerlo vedere in quello stato, e attese solo un cenno e un sorriso da parte loro, poi aprì la porta e non appena i suoi occhi si posarono su quella figura statuaria, si sentì a casa.
Liam, Niall e Zayn entrarono dietro di lui, quest'ultimo si chiuse la porta alle spalle, poi si poggiarono al muro accanto alla porta, per lasciare ai due fidanzati un attimo tutto loro.
Louis si avvicinò ad Harry a passo spedito, fermandosi alla sua sinistra, mentre i suoi occhi si posavano sul volto rilassato e la sua mano scivolava lungo il braccio sinistro del riccio, prima di andare ad intrecciarsi con una mano grande, dalle dita sottili.
«Ciao amore...» Sussurrò il castano, stringendogli la mano, prima di avvicinarsi alle sue labbra e sfiorarle con le sue. 
«Ricordi, ti avevo detto che avrei rivisto i ragazzi per pranzo, e beh loro adesso sono qui e vorrebbero salutarti.» continuò poi, spostandogli qualche riccio dalla fronte. 
«Faccio avvicinare prima Liam, ti va? Così avrai affrontato già la parte più difficile. È sempre il solito rompi scatole, non è cambiato affatto.» Louis si lasciò andare un sorriso e così anche gli altri tre, mentre Liam si avvicinava lentamente ad Harry, spinto dall'invito di Louis.
Il biondo cenere si avvicinò ancora, portandosi dal lato opposto a quello del castano, mentre i suoi occhi scrutavano l'intera figura del riccio nel letto e ogni tentativo di frase gli moriva in gola.
Liam riuscì ad avvicinarsi del tutto, prendendo la mano libera del riccio e stringendola tra le sue. 
«Sei bellissimo. Ma non dire a Lou che te l'ho detto se no mi picchia!» sussurrò Liam, rivolgendosi ad Harry, con tono scherzoso. Louis ridacchiò e scosse la testa.
«Ragazzi, vi dispiacerebbe lasciarmi un attimo solo con lui?» Chiese poi Liam. «Lou, posso?» Chiese ancora.
Louis tentennò per qualche attimo, prima di accordargli quel permesso con un sorriso.
«Certo Lee!» Asserì il castano sorridendogli, prima di lasciare un bacio sulle labbra del suo ragazzo e dirigersi alla porta.
Non appena furono fuori, i tre ragazzi si guardarono, indecisi sul cosa fare. Fu Niall a spezzare il silenzio.
«Lou, io vorrei andare a vedere Edward, sai prima dormiva e vorrei conoscerlo.» asserì il biondo e Louis annuì, sorridendogli dolcemente.
«Certo. Ti ricordi dov’è la stanza?» chiese. Niall annuì.
«Allora vai, c’è Mary, io prendo un caffè alla macchinetta.» asserì il castano. Niall gli sorrise ed annuì ancora.
«Ci vediamo dopo, allora.» concluse, prima di sparire tra i medici e i pazienti che affollavano il corridoio.
«Tu che fai?» si rivolse poi Louis a Zayn. Il moro sembrò riscuotersi da uno stato di trance e alzò la testa dal pavimento.
«Uhm.. sì, ti aspetto, voglio andare a fumarmi una sigaretta.» asserì il moro. Louis si limitò ad annuire e insieme si diressero verso l’ascensore. Scesero al piano terra e si diressero alla macchinetta vicina all’uscita che dava sul giardino, dove Zayn avrebbe potuto fumare la sua sigaretta.
Louis prese un caffè, poi condusse Zayn fuori, poggiandosi al muro accanto all’entrata, un po’ più distante dalla porta.
Un silenzio piuttosto pesante calò tra di loro, mentre Louis sorseggiava il suo caffè, prima di porgere il bicchiere al moro, che accettò volentieri e ne prese un sorso, restituendo poi il bicchiere al castano che lo finì mentre Zayn cacciava dai jeans il suo pacchetto di sigarette e se ne accendeva una.
Louis si perse ad osservarlo; Zayn era bellissimo, di una bellezza soprannaturale, il suo viso era un’opera d’arte e le sue labbra leggermente sporte in avanti per catturare il filtro erano quanto di più invitante avesse mai visto.
Louis fece scendere il suo sguardo sul collo del moro, ricordandosi quanto fosse maledettamente sexy durante i concerti, quando si esibiva nei suoi grandi acuti e gonfiava ogni vena di quel collo che era soggetto dei desideri di chiunque e forse, nonostante Harry, lo era stato anche dei suoi. Ma Louis era sicuro lo fosse stato anche di quelli di Harry.
Poi il suo sguardo scese ancora, fermandosi sullo scollo della maglietta grigia sotto la giacca di pelle, che lasciava intravedere il suo ultimo tatuaggio, delle labbra contornate da due ali nere.
E forse quel tatuaggio un po’ rappresentava il moro, le labbra erano la passione che scoppiava dentro di lui, la tentazione che il suo corpo suscitava in qualsiasi essere umano e quelle ali nere il mistero, il peccato, che si nascondeva dietro quel faccino perfetto.
E Louis non riuscì ad impedire ad un brivido di percorrergli la schiena, quando il suo sguardo si soffermò sul membro del moro visibile attraverso i pantaloni aderenti. Zayn non metteva mai pantaloni troppo aderenti, ma quel giorno li aveva messi e quello non giovava a Louis, che sentì un qualcosa risvegliarsi sul suo basso ventre, osservando come quei pantaloni gli mettessero in risalto il membro.
Scosse la testa e si ricompose, ringraziando l’amore che il moro metteva quando fumava, e che gli aveva permesso di non notare lo sguardo invadente del castano.
«Non ero mai stato in questa parte della clinica.» asserì il moro, guardandosi attorno e ammirando quel giardino verde pieno di alberi e fiori che metteva una pace innata. «E’ davvero bello qui.» continuò poi.
Louis deglutì a vuoto e si limitò ad annuire, ancora scosso da quanto successo poco prima.
«Già..» fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, mentre il suo sguardo si fissava nuovamente sulle labbra di Zayn attaccate al filtro di quella maledetta sigaretta e Louis si maledì perché lui non poteva star desiderando quella sigaretta solo perché ci aveva poggiato Zayn quelle sue maledette ed invitanti labbra rosee.
Il moro però quella volta percepì il suo sguardo e si voltò a guardarlo curioso.
«Cosa c’è?» chiese. Louis distolse lo sguardo e scosse la testa.
«Niente.» rispose, ma Zayn non gli credette neanche per un attimo.
«Certo, come se non ti conoscessi.» sbuffò il moro, scostandosi dal muro per posizionarsi avanti a lui e alzargli il viso con la mano libera dalla sigaretta.
I due si guardarono per qualche attimo negli occhi, poi il moro prese la sigaretta con due dita e la avvicinò alle labbra del castano. Louis lo guardò ancora per qualche attimo, poi poggiò le sue labbra sul filtro e inspirò, per poi gettare lentamente il fumo fuori dalle sue labbra.
Louis sentì la nicotina circolare dentro di lui e si rilassò leggermente, lasciandosi andare contro il muro e chiudendo gli occhi.
Zayn prese l’ultimo tiro dalla sigaretta, poi la gettò e la spense, avvicinandosi ancor di più al corpo del castano, che rabbrividì quando una mano del moro si poggiò sul suo fianco e l’altra gli alzò nuovamente il viso, per fargli aprire gli occhi. Zayn non sapeva che cosa stesse prendendo a Louis, voleva capire ma il castano continuava a stare con gli occhi chiusi, abbandonato contro il muro.
«Lou..» lo chiamò il moro e solo in quel momento Louis aprì gli occhi, puntandoli ferocemente in quelli nocciola del moro.
I due si guardarono intensamente negli occhi per qualche attimo, Zayn era confuso mentre Louis sembrava quasi posseduto. Una strana luce negli occhi. Il castano afferrò i lembi della maglia del moro e se lo tirò contro, facendo aderire i loro petti, i respiri sulle labbra fin troppo vicine.
«Baciami.» asserì Louis e Zayn non ebbe tempo di realizzare nulla.
Le loro labbra si incastrarono per una frazione di secondo, tanto che Zayn quasi non percepì il contatto, mentre le sue mani si posizionavano sul petto del castano e lo spingevano lontano.
«No, smettila Lou, questo non è quello che vuoi!» sputò fuori il moro.
Zayn non sapeva dire se le sue labbra avessero davvero toccato quelle di Louis, perché non appena il castano si era sporto in avanti, verso di lui, e quelle labbra si erano quasi poggiate sulle sue, un’orribile sensazione l’aveva attraversato.
Aveva pensato ad Harry, in quel momento. L’idea che entrambi potessero tradire Harry si era fatta spazio nella sua testa e aveva quasi provato ribrezzo nel provare a baciare l’uomo dei propri sogni, ma soprattutto, l’uomo di suo fratello.
Louis invece era lì, immobile, a pochi passi da lui, con uno sguardo che trapelava delusione, rabbia, sconforto e sì, ancora rabbia. Non sapeva cosa gli era preso, non sapeva perché avesse provato l’infinito desiderio di saggiare quelle labbra, non sapeva più nulla.
Come aveva, Zayn, che gli era stato lontano per mesi, che non gli aveva parlato di persona, che non era mai andato a trovarlo in clinica, il coraggio di dire cosa lui volesse e cosa non volesse. Che ne sapeva, lui, di tutto ciò che gli era passato per la mente in quel periodo?
«Che ne sai tu di cosa voglio, eh Zayn?» sputò fuori, irato. «Sei sparito per mesi, ogni notte vieni qui da Harry e non mi hai mai detto niente, non mi hai chiamato, non sei venuto da me, non mi sei stato vicino.» continuò, mentre il moro lo guardava con sguardo mortificato e incassava ogni parola come una coltellata. «Hai idea di quanto io sia stato male? Per quanto ne so Harry potrebbe anche non svegliarsi più, eppure giorno dopo giorno mi sono convinto del contrario e sono andato avanti, da solo.»
Louis era talmente arrabbiato che non si era neanche reso conto di star urlando, mentre chiunque fosse nei paraggi si era girato ad osservarli.
«Lou, ti prego, non urlare.» lo pregò, infatti, il moro. A Zayn non piaceva essere al centro delle attenzioni in situazioni come quelle, non gli sembrava il caso di far sapere a tutti le loro faccende private e di dar spettacolo in quel modo.
«Non urlare è tutto quello che sai dire, Zayn? Non urlare?» ma Louis era sempre più furioso, mentre il nervosismo aveva fatto sì che dai suoi occhi scivolassero piccole gocce di quell’oceano che aveva al posto degli occhi.
Era ferito, deluso, e arrabbiato. Giorno dopo giorno era andato avanti da solo, senza nessuno che lo stringesse e gli dicesse che sarebbe andato tutto bene. In quel momento aveva bisogno di qualcuno che gli mentisse, che gli dicesse che Harry si sarebbe svegliato a breve, che non avrebbe riportato danni e che avrebbe ripreso ad amarlo più intensamente di prima. Aveva bisogno di qualcuno che lo amasse, che gli trasmettesse forza, che lo prendesse per mano e lo trascinasse fino al traguardo, senza permettergli di cadere ancora. Aveva, indirettamente, chiesto a Zayn di farlo, ma il moro sembrava starsi tirando indietro, come aveva fatto anche fino a quel momento.
«Louis, ti prego… smettila.» supplicò il moro e il castano perse la parola, distolse lo sguardo da quello del moro e si piegò sulle ginocchia, abbassando la testa e lasciandosi andare alle lacrime.
Era crollato, ancora, spezzato in due tra un amore che poteva nascere e un amore che doveva rinascere.
E in quel momento, alla vista di un Louis così abbattuto, fragile e spezzato, Zayn sentì i frammenti del suo cuore, spargersi lentamente sul pavimento.
Louis aveva bisogno di aiuto e lui non gliene aveva dato. Avrebbe cominciato ad esserci sempre, da quel momento.
Il moro si avvicinò al castano e gli accarezzò i capelli.
«Vieni qui.» sussurrò, poi lo afferrò per il busto passandogli le mani sotto le braccia e lo sollevò da terra, stringendoselo contro.
Louis portò le mani sul petto del moro, poggiandoci anche la fronte, e strinse i pugni, dandogli dei piccoli colpetti ogni tanto.
«Tu non c’eri. Lui rischiava la vita ogni giorno, io morivo ogni giorno con lui e tu non c’eri.» sussurrò il castano con voce rotta, mentre le lacrime si disperdevano sulla maglietta di Zayn che veniva continuamente colpita dai pugni del castano.
A Zayn, paradossalmente, venne quasi da ridere perché nonostante il momento fosse maledettamente serio, Louis riusciva a risultare dolce come un bimbo capriccioso, che mollava pugnetti al petto del padre perché non voleva fare il bagnetto. Sorrise impercettibilmente, poi tornò serio e poggiò il viso tra i capelli dell’altro, inspirando l’odore dello shampoo al cocco.
«Lo so, lo so e non sai quanto mi dispiace, ho agito da vigliacco, ma adesso sono qua.» rispose, stringendo maggiormente il corpo del castano al suo petto.
Louis fece scorrere le mani sul petto del moro, andando ad afferrarne i lembi e li strinse in un pugno.
«Non lasciarmi, ti prego.» Il moro scosse la testa, lasciandogli un bacio tra i capelli castani.
«Non lo farò.»
Ed era vero, Zayn non avrebbe mai più lasciato Louis solo, neanche la notte. Il moro si sarebbe praticamente trasferito in clinica. Tornava a casa solo per farsi una doccia e riposare quando sapeva che Louis stava bene e che non aveva bisogno di niente.
E così, persi nel loro abbraccio, nessuno dei due aveva notato Liam sulla soglia dell’uscita della clinica, che li aveva osservati e aveva ascoltato un frammento del suo cuore scivolare via.
E non avevano notato neanche Niall che, ancora una volta, stava impedendo al suo migliore amico di crollare, stringendolo tra le sue braccia.

 
 
 
 
 
Piccolo angolo mio.

Hi guys, eccoci qui!
Perdonate il ritardo immane ma nelle vacanze di Pasqua sono partita e non sono riuscita ad aggiornare.
Bene, bene, un capitolo piuttosto ricco.
I quattro tornano in clinica e vanno da Harry, dove Liam chiede a tutti di lasciarlo un attimo solo con il riccio, e i ragazzi obbediscono. Cosa vorrà mai dire Liam ad Harry?
Vi preannuncio che alla fine della FF, ci sarà uno speciale che raccoglie vari missing moments, tutti dal Pov di Liam, e che quindi ciò che Liam ha detto ad Harry lo scoprirete solo alla fine.
Ma, se avete supposizioni, fatele pure.
Intanto, mentre Lee parla con Hazza e Nialler va a giocare con Edward, nel giardino della clinica succedono cose oscure… Ahahahah, non è vero, niente cose oscure.
Louis si ritrova vicino a Zayn, troppo vicino a Zayn, e si ritrova a studiare il corpo del moro, cosa che non gli giova affatto.
Louis è confuso, non bacia qualcuno realmente da quando Harry è in coma e quando vede Zayn lì, vivo, bello e attraente non riesce a resistere, lo osserva, lo ammira e si risveglia in lui quell’attrazione fisica che con Zayn c’è sempre stata, così come c’era, anche se in modo più leggero, tra Zayn e Harry.
Louis per un momento vuole davvero quel bacio, ma per fortuna c’è Zaynie, che ripara tutto e gli impedisce di fare un grande errore.
E allora Louis si sfoga, si arrabbia e gli urla contro, e Zayn si rende conto delle sue colpe e lo abbraccia, facendo una promessa a se stesso: non lo avrebbe più lasciato solo.
Bene, adesso me ne vado perché devo andare a pranzo da mia zia e se non mi sbrigo mia mamma mi ammazza.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere se c’è qualcosa che non vi è piaciuto, se invece vi è piaciuto, se mi odiate perché Louis per una frazione di secondo ha baciato Zayn, quello che volete, a me fa piacere sentirvi, anche le critiche, spesso servono per crescere.
Quindi nulla, grazie ancora a chi è arrivato fino a qui, a chi recensisce, segue, preferisce o legge in silenzio.
Grazie a tutti e buona domenica! C:
WakeMeUp. Xx

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Capitolo 6
*** He will come back to us. ***


Louis mugugnò, un raggio di luce attraversò l’intera stanza e si abbatté sulla culletta dove Edward dormiva beatamente, e si stropicciò gli occhi, avvertendo qualcosa pesargli sul fianco. Lentamente aprì gli occhi e un sorriso spontaneo gli nacque sulle labbra quando riconobbe il braccio tatuato del suo migliore amico; si voltò leggermente, senza riuscire a smettere di sorridere perché Zayn da addormentato di prima mattina era, se possibile, più bello che mai. Aveva un’espressione beata sul volto e ogni singolo muscolo sembrava essere rilassato come mai; Louis aveva dimenticato cosa volesse dire risvegliarsi tra le braccia di qualcuno e la sensazione fu talmente piacevole che l’aveva riempito di un buon umore che, Louis ne era certo, non lo avrebbe abbandonato per tutta la giornata. E forse fu proprio quel suo buon umore, che lo portò a girarsi e lasciare un lungo bacio sulla guancia di Zayn, con il chiaro intento di svegliarlo.
Aveva deciso che sarebbero usciti quella mattina, tutti insieme, perché Edward aveva bisogno di vestitini, pannolini, copertine, passeggino, giochi, cappellini e quant’altro, e Louis non poteva tirare avanti con ciò che gli dava Mary, voleva dare a suo figlio tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
Quando le sue labbra sulla guancia del moro si schiusero e i denti affondarono nella pelle olivastra, lasciandovi un morso giocoso, Zayn aprì definitivamente gli occhi, brontolando qualche imprecazione contro Louis, che non l’aveva lasciato dormire.
«Svegliati dormiglione, si va a fare compre oggi!» asserì il castano, e Zayn brontolò ancora, alzandosi dal letto per avvicinarsi ad Edward.
«Lou, sono le otto.» si lamentò il moro sbuffando e voltandosi dall’altro lato, proprio dove il castano stava prendere in braccio suo figlio, ma si fermò. Edward dormiva del tutto rilassato, coperto dalle mille coperte calde fino alle spalle, con il viso paffuto poggiato al cuscino e le braccia alzate, con i pugnetti a stringere la federa bianca. Era talmente bello che Louis non ebbe il coraggio di prenderlo, così si limitò ad aggiustargli le coperte, schioccargli un bacio sulla tempia e lo lasciò dormire, tornando sul letto per convincere Zayn a svegliarsi completamente e alzarsi per iniziare a prepararsi.
«Lo so, Zayn, ma voglio andare a comprare tutte le cose per Edward e non voglio che si faccia tardi, perché a mezzogiorno deve mangiare e il latte caldo lo può fare solo Mary qui, quindi dobbiamo tornare.» si spiegò. «Quindi adesso tu ti alzi e ti vesti, la doccia l’hai fatta ieri sera, quindi muoviti!» concluse il castano, togliendogli le coperte e lanciandogli un cuscino sulla faccia.
«Ti ho mai detto che sei insopportabile?» mugugnò il moro alla fine, alzandosi sconfitto, mentre Louis era già sparito in bagno.
«Non lamentarti e muovi il culo, mi faccio una doccia.»
Zayn si alzò da letto e si stiracchiò leggermente la schiena, lanciando un’occhiata alla culletta, prima di avvicinarsi.
E perfino lui, Zayn Malik, colui che immaginava di avere un figlio verso i trentacinque anni o più, a ventidue anni si trovava a pensare che Edward fosse la creatura più bella che avesse mai visto e che Louis avesse fatto la cosa più giusta del mondo a prenderlo con se.
Portò una mano a sfiorare delicatamente la schiena del bimbo, prima di iniziare ad accarezzargli dolcemente il dorso della manina piccola, ritrovandosi a sorridere da ebete.
Zayn non si rese conto di quanto tempo stette lì a contemplare quel bimbo, ma si disse che doveva esser stato parecchio, perché sentì l’acqua fermarsi e Louis uscire dalla doccia.
Lasciò un’ultima carezza al bimbo, poi si affrettò a recuperare un jeans e una maglietta dalla borsa, per poi indossarli velocemente e imprecare quando, proprio mentre aveva infilato una gamba nel jeans, Edward si svegliò e scoppiò in un pianto fragoroso, che però Louis non sentì a causa del rumore del phon, mentre a Zayn prese il panico; infilò il jeans velocemente, lasciandolo sbottonato, mentre bussava alla porta di Louis per farsi sentire, ma nulla, il pianto di Edward e il phon non lasciavano spazio alla sua voce, così Zayn si guardò attorno velocemente, ancora agitato, e fu quando vide il ciuccio del bimbo poggiato sulla scrivania lì accanto che si rilassò leggermente. Afferrò il ciuccio e corse dal bimbo; non voleva prenderlo in braccio, non avrebbe saputo farlo, così si limitò ad avvicinarsi a lui e accarezzarlo dolcemente, porgendogli il ciuccio, e sembrò funzionare perché il bimbo afferrò il ciuccio tra le labbra e rimase a fissarlo qualche minuto, prima di richiudere gli occhi, nuovamente rilassato.
Zayn si lasciò andare un sospiro e si sedette sul letto, per poi stendersi con la schiena, esausto. Non ci sapeva fare con i bambini, quelle creaturine richiedevano troppe attenzioni e lui non era in grado di dargliene, non aveva quel cosiddetto “istinto paterno”, ed era per quello che avrebbe avuto un figlio molto tardi.
Proprio in quel momento, Louis uscì dal bagno e lo guardò con sguardo di rimprovero perché aveva ancora i pantaloni sbottonati, era senza scarpe e non per niente pronto a differenza sua a cui mancava solo la giacca.
«Mi ucciderà. Non lasciarmi mai più solo con lui.» asserì il moro e Louis lo guardò confuso.
«Di che parli?» chiese il castano, avvicinandosi. Zayn si passò una mano sul volto e indicò Edward nella culletta.
«E’ scoppiato a piangere, non sapevo che fare e tu non mi sentivi! Per fortuna poi ho trovato il ciuccio.» Louis sorrise, compiaciuto e divertito.
Zayn era buffissimo quando era impacciato, il moro non era abituato a quelle cose, nonostante avesse sorelle e cugine minori, non aveva mai avuto troppa confidenza con i bambini, aveva sempre paura di sbagliare.
Louis sorrise dolcemente e si accomodò accanto a lui, spostandogli i capelli dalla fronte, prima di lasciargli un bacio su una tempia.
«Sei stato bravissimo.» asserì e Zayn scosse la testa. «Ma adesso preparati, su.»
Il moro annuì e si alzò dal letto, avvicinandosi al bagno. Si pettinò e si lavò i denti velocemente, abbottonò i pantaloni, mise il deodorante, si spruzzò un po’ di profumo, poi uscì e trovò Louis seduto sul letto con suo figlio tra le braccia, che succhiava voracemente il latte dal biberon, per il primo pasto della giornata.
Sorrise impercettibilmente, poi recuperò le scarpe e se le infilò, infilando anche una giacca e una sciarpa, mentre Louis continuava a dare da mangiare ad Edward, cullandolo mentre lo teneva avvolto in due coperte di pile bianche, che lo rendevano ancor di più angelico.
E quando furono fuori dalla stanza, finalmente tutti pronti, Louis sorrise e si strinse di più quel fagottino di coperte al petto, cullandolo dolcemente, mentre Edward lo guardava con i suoi occhioni verdi e succhiava lentamente il cuccio.
«Zayn, noi andiamo a salutare papà, vero amore?» chiese Louis, sorridendo a suo figlio. «Vieni con noi?» si rivolse poi al moro che scosse la testa.
«Vi aspetto giù, andate pure!» Louis annuì, e prima di allontanarsi lasciò a Zayn il biberon, chiedendogli se potesse andare da Mary e capire se lei potesse preparargli un po’ di latte e mettere il biberon in una borsa che lo tenesse caldo, così che se avessero fatto tardi Edward avrebbe potuto mangiare. Il moro aveva annuito e i due si erano allontanati, diretti in direzioni opposte.
«Andiamo da papà, amore, andiamo da papà.» asserì Louis, accarezzando la pancia di suo figlio attraverso le coperte.



Louis entrò con calma nella stanza, trovando il riccio sempre lì, sempre con la stessa espressione sul volto, sempre attaccato alle stesse macchine che indicavano sempre la stessa situazione.
Con calma si avvicinò e poggiò un bacio sulle labbra di Harry, dandogli il buongiorno, prima di girare le braccia in modo che Edward potesse guardare l’altro suo papà.
«Amore, dì ciao a papà.» sussurrò Louis e il bimbo rimase per attimi infiniti a fissare Harry per poi agitare leggermente un braccio, colpendosi una gamba da solo, e allora Louis sorrise, poggiando il bimbo sul petto di Harry, a pancia sotto, in modo che il bimbo potesse vedere il volto di suo padre, mentre con una sua mano lo teneva fermo per la schiena.
Edward osservò ancora qualche minuto il riccio, poi con una manina gli sfiorò le labbra, spostando successivamente la mano sulla mascella, dove strinse un po’ le dita e accarezzò la barbetta che stava crescendo lentamente sul volto da ragazzino di Harry.
E Louis non poteva fare a meno di sorridere, notando quanto suo figlio fosse intelligente e come avesse già capito tutto.
Poggiò bene il palmo della mano sulla schiena di suo figlio, per stringerlo forte, poi si voltò verso Harry.
«Quanto vorrei che tu potessi vederlo… Non ti conosce eppure già ti ama.» asserì il castano sorridendo, spostando il suo sguardo dal bimbo al riccio. Louis si lasciò andare un sospiro, poi si riscosse.
«Ma noi adesso dobbiamo andare, vero piccolo?»
Louis avvicinò il volto a quello di suo figlio e gli strofinò il naso su una guancia, baciandogliela successivamente, prima di riprenderlo dal petto di Harry e riposizionarselo addosso, tra le coperte calde.
«Papà, noi andiamo a comprare tante cose belle per Edward, va bene?» asserì ancora con un sorriso amaro sul volto, consapevole che non sarebbe arrivata risposta.
Strinse una mano ad Harry, mentre Edward ancora lo fissava intensamente, poi si avvicinò al suo orecchio.
«Ho bisogno di te.» sussurrò. «Noi abbiamo bisogno di te.» si corresse. «Ti amo.»
Lasciò un ultimo bacio sulla tempia al riccio, poi uscì fuori da quella stanza.
E fu in quel momento, quando Harry non fu più sotto lo sguardo vigile di Edward, che l’atmosfera cambiò. Edward scoppiò a piangere e Louis, silenziosamente, lasciò che una sua lacrima facesse lo stesso.
«Torneremo da lui, amore, sta tranquillo.» asserì, cullando suo figlio e cercando di calmarlo. «Lui, tornerà da noi.»


 

Camminavano da circa cinque minuti, Louis e Zayn, l'uno accanto all'altro, stretti nei loro cappotti pesanti mentre chi li osservava gli lanciava sguardi tra il disgustato e l'intenerito perché sembravano veramente una famiglia; Zayn procedeva con una camminata molleggiante, con il suo inevitabile broncio da brontolo sul volto e lo sguardo perso, come se non avesse mai visto un ragazzo dell'età di Louis andare in giro con un bambino di circa tre mesi tra le braccia, in cerca di un negozio per bambini dove comprare pannolini, ciucci, biberon e quant'altro.
E Louis sorrideva, mentre Zayn con la borsa di Edward su una spalla sbadigliava ogni tanto e brontolava qualche imprecazione a Louis per averlo svegliato così presto, dopo una mezza nottata insonne.
«Smettila di brontolare e sorridi, su.» lo incitò Louis con un sorriso, aggiustandosi Edward tra le braccia avvolto tra le coperte bianche, che sonnecchiava tranquillo.
Zayn mugugnò e gli rivolse un piccolo sorriso che fece apparire forzato, ma che sotto, sotto, lui sapeva essere sincero; non gli dispiaceva accompagnare Louis a comprare tutto l'occorrente per il bambino, adorava quella creatura, era il figlio dei suoi migliori amici e aveva promesso che avrebbe aiutato Louis, quindi l'avrebbe fatto.
«Ecco, molto meglio!» affermò Louis, sorridendo ancora, con quel suo buon umore che non aveva intenzione di sparire.
Poi sospirò e si voltò alla sua destra, vedendo finalmente una farmacia: Boots, lì avrebbe sicuramente trovato i pannolini, il resto era da vedere. Fece un cenno al moro e insieme attesero il semaforo, prima di attraversare la strada e dirigersi all'interno del negozio.
Quando entrarono un piacevole calore li investì ed entrambi si ritrovarono a sospirare, muovendosi tra gli scaffali.
«Eccoli!» esclamò Louis, fermandosi davanti ad uno scaffale con tutti i pannolini di diverso tipo. Louis si perse qualche attimo ad osservarli, cercò il tipo adatto, la taglia adatta, e sorrise soddisfatto, richiamando Zayn. «Zayn vieni qui, prendi quelli!» asserì, indicando al moro il pacco di pannolini che Zayn afferrò, per poi proseguire.
«Mh, cosa cerchiamo adesso?» chiese il moro.
«Ciucci, biberon, latte, crema per il culetto, bagnoschiuma delicato e uhm… borotalco.»
Louis completò la sua lista e Zayn sospirò; sarebbe stata una lunga giornata.
«Adiamo!» asserì il moro, incamminandosi tra gli scaffali e recuperando, sotto gli ordini di Louis tutto ciò che il castano aveva elencato.
«Uhm..Zayn, il ciuccio ti piace questo azzurro con l'orsacchiotto o quello azzurro con la nuvoletta?» Zayn lo guardò confuso.
«Si diventa davvero così quando si è padri?» chiese il moro. «Lou, prendine uno, su!»
Louis gli rivolse un'occhiataccia.
«Diamine Zayn, è di mio figlio che stiamo parlando, non voglio trascurarlo. Mostra un po' di entusiasmo, oppure tornatene a casa.» sputò fuori il castano, facendo voltare il cassiere e quei pochi clienti che giravano per il market. Zayn abbassò la testa e si scusò, avvicinandosi a lui.
«Quello con la nuvoletta; è morbido e angelico, come lui.» asserì, guardando quel bimbo che dormiva placidamente tra le braccia del padre, lasciandogli una carezza sulla fronte scoperta.
Louis gli sorrise e gli lasciò un bacio sulla guancia.
«Grazie.»
Zayn scosse la testa, afferrando anche il ciuccio e controllandosi le braccia piene di cose.
«Mh, direi che qui abbiamo preso tutto, no?» chiese il moro. Louis fece vagare il suo sguardo sui prodotti che le braccia del moro tenevano al petto ed annuì.
Pagarono tutto in fretta e una delle mani di Zayn, dopo circa mezz'oretta che erano fuori, reggeva già due buste piene.
I due camminarono ancora, quando ad un tratto furono costretti a fermarsi perché Edward piangeva insistentemente tra le braccia di Louis e il castano non riusciva a tranquillizzarlo. I due si fermarono in uno Starbucks e Louis chiese del bagno.
Non appena furono nel bagno, stranamente pulitissimo, Zayn aprì la borsa di Jeans da cui srotolò un materassino su cui il castano adagiò suo figlio, lo spogliò della tutina e gli cambiò il pannolino sporco, sotto lo sguardo di Zayn che lo guardava, cercando di spiegarsi come Louis potesse avere tutta quella destrezza con i bambini. Il castano faceva tutto con una disinvoltura che disarmava Zayn; lui non ci sarebbe mai riuscito. Non si sentiva affatto pronto per un figlio, non avrebbe mai potuto portarlo avanti da solo e non riusciva a negare che provava una grandissima ammirazione nei confronti del castano, che aveva adottato quel bambino salvandogli la vita, nonostante la situazione difficile in cui si trovasse.
Ciò che però Zayn aveva notato, era che non era stato solo Louis a salvare Edward, ma anche il contrario. Da quando quel bimbo era entrato nella sua vita il castano sorrideva più spesso, era più forte, più pieno di vita, più determinato… Edward aveva portato nuovamente la luce nella vita del castano e Zayn gli era grato.
«Siete bellissimi, sai?» sussurrò. Louis sorrise leggermente, riavvolgendo Edward tra le coperte e risistemando la borsa, prima di porgerla al moro con un sorriso.
«Lui lo è.» asserì il castano, riprendendo suo figlio tra le braccia, finalmente tranquillo, che succhiava il ciuccio e lo osservava con i suoi occhi verdi, muovendo leggermente le sue manine delicate.
Il castano lasciò un bacio sulla guancia di suo figlio che si lasciò andare un piccolo verso compiaciuto, e allora Zayn sorrise, mentre il castano ridacchiava felice.
«Lo amo, ma pesa, quindi andiamo e compriamo un passeggino!» asserì il castano e Zayn rise, dirigendosi alla porta di quel bagno e beandosi ancora per un po' del calore di quell'ambiente, prima di riaffrontare il freddo londinese.


 

Camminarono per quella che sembrò quasi un'altra mezz'ora, poi arrivarono a destinazione; Louis fece vedere a Zayn circa cinque porta enfant inglesina diversi, poi insieme ne scelsero uno blu notte, con un rivestimento bianco candido all'interno e degli ornamenti di un azzurro chiaro, quasi invisibili che rendevano il tutto molto candido.
Louis sorrise, soddisfatto, poi Zayn pagò, al posto di Louis, dicendogli che quello era il suo regalo per il nuovo nascituro, e Louis dopo qualche protesta si era arreso, ringraziandolo e incitando suo figlio a fare lo stesso, ma il bimbo si limitò a fare un verso e sputare il ciuccio, per lasciarsi andare una specie di sorriso a cui i due ragazzi risposero ridacchiando.
Si fecero montare il porta enfant e Louis vi sistemò subito dentro suo figlio, avvolgendolo tra le coperte calde e alzandogli la cappotta, così che il bimbo fosse tranquillamente al caldo, a differenza di loro che stavano semi-congelando, nonostante le sciarpe, i cappelli e i cappotti pesanti. *
Quando i due furono nuovamente in strada, Zayn con le mani ancora piene di buste, Louis con la borsa di Edward su una spalla e le mani poggiate al porta enfant, conducendolo tra la gente, due sorrisi inevitabili padroneggiavano sui loro volti.
«Zay…» chiamò improvvisamente il castano, mentre i due si dirigevano verso la loro ultima tappa: i vestitini.
Il moro si voltò verso di lui e non poté fare a meno di sorridere, guardando a quanto adesso sembrasse un padre a tutti gli effetti.
«Sembri anche più adulto adesso, sai?» cambiò discorso il moro, interrompendolo prima che Louis, come Zayn sapeva, finisse per ringraziarlo ancora.
Il castano lo guardò torvo e accigliò le sopracciglia.
«Mi stai dando del vecchio, Zayn?» Il moro scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
«Sembri solo più…responsabile.» asserì. «Ma tu sarai sempre Peter Pan.»
Louis non seppe dire perché ma quell'ultima frase lo rese felice; la sua fobia del crescere con il tempo si era affievolita, ma era ancora lì e forse Zayn aveva ragione, era cresciuto improvvisamente, tutto insieme.
«Per fortuna ho chi me lo ricorda.» asserì. «A me sembra realmente di essere invecchiato tutto insieme.» continuò ridacchiando. Zayn rise con lui, poi scosse la testa.
«La mia data di nascita dice che sono più piccolo, ma sarò sempre più vecchio di te.» concluse il moro, lasciando il castano con un sorriso.
E non ne parlarono più, tranquillamente, sorridendo, i due si diressero ad un negozio di vestiti per bambini e, tra una risata e una presa in giro, i due comprarono di tutto: tutine rosse, azzurre, blu, bianche, capellini di lana, guantini, un piumino, un cuscino per la culla, dei calzini, delle canottiere e chi più ne ha più ne metta.
Zayn, inaspettatamente, si ritrovò felice a fine mattinata; non gli era pesata quella giornata di shopping, non aveva iniziato con il piede giusto, certo, ma dopo si era rilassato e tutto gli era apparso piacevole, anche scegliere delle tutine per un bimbo di soli tre mesi.
Zayn e Louis si diressero alla macchina, erano quasi le dodici e fortunatamente erano in perfetto orario per l'orario in cui Edward avrebbe dovuto fare il suo secondo pasto della giornata.
I due ragazzi si risistemarono, Louis piegò il passeggino, sistemò Edward nel seggiolino posteriore, poi salì accanto a Zayn.
Fecero parte del viaggio in silenzio, ascoltando un po' di musica e canticchiando ogni tanto, quando ad un tratto alla radio mandarono Little Things, la canzone che Ed Sheeran aveva scritto, modificato per Harry e Louis, e aveva regalato a loro.
E fu in quel momento, quando la voce roca di Harry risuonò nell'abitacolo, che Louis non riuscì a trattenere le lacrime, nascondendo il viso di lato e osservando il paesaggio fuori dal finestrino.
Cercò di nascondere a Zayn le sue lacrime, ma il moro aveva notato subito il suo cambio di umore; Zayn non cercò di cambiare stazione, semplicemente gli strinse forte una mano e sussurrò.
«Andrà tutto bene.»
E Louis scelse di credergli; ricambiò la stretta e chiuse gli occhi, abbandonandosi al suono della voce del fidanzato, sulle note della loro canzone.   
Quella del primo bacio, quella delle insicurezze, delle lacrime, del cottage in montagna, di un ballo, di un camino, delle coccole e della prima promessa.











Piccolo angolo mio. 

Okay, eccomi qui, inaspettatamente anche per me, ma ho colto l'occasione.
Questo è un capitolo di passaggio, che però fa capire quanto Zayn tenga a Louis, dimenticandosi anche di se stesso e dei propri principi, ritrovandosi a fare e dire cose che Zayn Malik non farebbe.
E poi c'è Edward, che non conosce Harry eppure vede l'amore negli occhi di Louis e se ne prende parte, ritrovandosi ad amarlo come solo un bambino può.
E infine Louis; qui possiamo vedere quanto Louis tenga a Zayn, ma in realtà ami Harry, quanto il riccio gli manchi e quanto abbia bisogno di lui.
Non ho altro da dire e sono anche di corsa, quindi nulla, spero vi sia piaciuto, ci vediamo al prossimo con qualche novità. u.u
Alla prossima. 
Grazie come sempre a tutti, chi legge, recensisce, preferisce, segue...grazie, davvero!

P.S: non c'è la gif, lo so, appena posso la metto. :3

WakeMeUp. Xx

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Capitolo 7
*** Red code. ***






L’odore di lenzuola pulite, caffè e cioccolata calda si disperdevano in quel corridoio della clinica, dove un ragazzo moro osservava attentamente tutte quelle piccole creature dormire placidamente nelle loro cullette, qualcuno ancora nell’incubatrice, mentre la cioccolata calda tra le sue mani si raffreddava lentamente.
Osservava quei bambini perché loro avevano avuto il coraggio di venire al mondo ed iniziare la loro sfida più grande, quella guerra che battaglia dopo battaglia lo lasciava in piedi, ma mai più illeso.
Tutto stava andando troppo bene per durare a lungo.
Forse in cuor suo Zayn lo sapeva, sapeva che prima o poi sarebbero crollati, ma non avrebbe mai immaginato che uno dei suoi migliori amici crollasse davvero, rotolasse giù per un dirupo e arrivasse al confine tra la vita e la morte, tra i colori e il buio pesto, tra il sogno e l’incubo, tra l’amore e la solitudine.
Osservava quei bambini mentre pensava che da un momento all’altro una di quelle creature avrebbe potuto prendere il posto di Harry, in quel mondo, dove sembravano essere rimasti in troppi.
E per un attimo li odiò, li odiò tutti, perché loro avevano tutta la vita davanti e potevano prendere il posto di qualche anziano che la sua vita l’aveva ormai vissuta, di qualche malato che desidera la morte come sollievo, perché vuole smettere di soffrire, ma non a lui, non ad Harry.
Harry aveva solo ventuno anni e la vita gliene aveva strappati già due, non poteva strapparglieli via tutti.
Harry aveva una famiglia a cui regalare un sorriso, dei migliori amici da aiutare, una mamma da rendere orgogliosa, un fidanzato a cui restituire la vita e un figlio a cui donare amore.
Un rumore leggero di passi al suo fianco lo fece voltare e immediatamente il moro si irrigidì, per poi rilassarsi quando quella voce si rivelò e la figura venne avanti lentamente, poggiandogli una mano sulla spalla.
Il moro le sorrise, poi tornò a puntare lo sguardo su quei bambini che sarebbero stati felici fino a quando avrebbero ignorato.
E’ quando si inizia a sapere, a scoprire, che si inizia a soffrire.
E’ come quando sei piccolo, che credi in Babbo Natale, poi scopri che non esiste e ci stai male, perché in lui ci avevi creduto, ma lui ti ha deluso e pensi che era tutto migliore quando non sapevi.
«Sei già stato da lui?» chiese poi Mary dolcemente, tirandolo fuori dalla sua scia di pensieri.
Zayn scosse la testa, portandosi la tazza alle labbra e beandosi del calore che riempiva il suo corpo.
«Per la prima volta, non ne ho il coraggio.» ammise sconfitto.
«Cosa vuol dire?»
«Ho una brutta sensazione.» ammise. «Il problema maggiore, però, è che le mie brutte sensazioni non sbagliano mai.»
Mary si lasciò andare un sospiro, poi parlò ancora.
«Come mai sei qui? Vuoi un bambino anche tu?» scherzò, cercando di alleggerire la tensione e rimase quasi a bocca aperta quando sentì Zayn ridacchiare. Il moro scosse la testa.
«Me ne bastano due, per il momento.» asserì, lasciando la donna confusa, così si spiegò.
«Edward e Louis.» disse. «Per il momento sono come due bambini da crescere.» continuò. «E per lo stato, almeno per il momento, Ed è anche mio figlio.» concluse, lasciandosi andare a sua volta un sospiro che sapeva di sconfitta, ma anche di voglia di farcela.
Non si era mai sentito pronto per fare il padre, non si sentiva pronto per affrontare tutto quello.
Alla sua età non si aspettava di dover gestire un amico in coma, un amico -padre- in fase di crollo e un amico depresso.
Quando tutto era iniziato Zayn credeva di essere in una sorta di mondo in cui alla fine, in un modo o nell'altro, nonostante tutto, le cose andavano bene, ma si sbagliava.
La vita li aveva colti alla sprovvista, nel momento in cui maggiormente avrebbe saputo ferirli, e lo aveva fatto. Li aveva fatti crollare tutti, lasciandogli sulla pelle i segni di una guerra che Zayn voleva vincere.
E, forse, era proprio per quello che Harry si era affidato a lui.
«Vado da lui.» annunciò ad un tratto.
Mary gli accarezzò la spalla, regalandogli un bacio sulla fronte che gli diede fiducia, che, per un attimo, gli fece sperare che forse tutto sarebbe potuto andare per il verso giusto.

 

Circa quindici minuti, tre sigarette e un paio di camminate dopo, Zayn era davanti alla stanza numero 173, cercando il coraggio di varcare quella soglia e vedere quel viso ancora una volta.
Passarono ancora cinque minuti, poi il moro mise piede in quella stanza.
Harry era sempre lì, inerme, di una bellezza disarmante, tenuto in vita da un paio di macchinari.
Chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò a lui, prendendogli la mano e sedendosi accanto a lui, per poi guardarlo e sentirsi uno stupido.
«Mi fai sembrare una ragazzina sdolcinata, ogni volta, Styles.» sbuffa. «Ma mi manchi da morire e sarebbe stupido nasconderlo.» continuò, poi si fermò e si lasciò andare un sospiro, fissando le loro mani e immaginando quelle dita lunghe e affusolate intrecciate alle loro gemelle.
«Louis non ne può più.» sussurrò. «Sei tutta la sua vita, Harry, e non resisterà ancora a lungo senza di te, ed è per questo che devi smetterla di stare legato a questi fottuti macchinari e riprenderti la tua vita, cazzo Harry lui non ce la farà senza di te.» sputò fuori. «E neanche io.» scosse la testa.
«Stavate per sposarvi. Gli avevi detto di sì. Lui era così felice… Ricordo che ogni giorno diceva che mancava un giorno in meno del giorno prima al giorno in cui avrebbe finalmente raggiunto la felicità che tanto aveva agognato.» sorrise leggermente, ricordando il luminosissimo sorriso che padroneggiava sul viso del castano ogni volta che si parlava del loro matrimonio.
«Lui diceva che non gli interessava preparare nulla, che lo faceva solo per te, ma che lui ti avrebbe sposato anche sotto un ponte, con la pioggia, con la tuta, perché il vostro amore è troppo per qualsiasi vestito elegante e ricevimento coi fiocchi.» sorrise ancora, un sorriso spento. «Glielo avevi promesso, Harry. Gli avevi promesso che l'avresti sposato, che gli saresti stato accanto, fino alla fine. E non è questa la fine, Harry, non a ventuno anni.» scosse la testa, trattenendo una lacrima.
Non poteva finire così, Harry non poteva mollarli, e soprattutto non sarebbe stato lui a farla finire in quel modo, perché non era il modo giusto, eppure Zayn non sapeva più quale fosse il modo giusto.
«Perché?» sussurrò. «Perché io?» continuò, voltandosi a guardare Harry. «Perché hai affidato la tua vita a me, eh?» sbottò, senza riuscire a trattenere una lacrima.
Harry aveva scelto lui. Aveva scelto lui perché decidesse quando sarebbe arrivato il momento di staccare la spina e farla finita.
Doveva ammetterlo, non se lo sarebbe mai aspettato. C'erano così tante persone in grado di farlo, perché proprio lui?
«Non staccherò mai quella spina, Harry.» sussurrò, scuotendo la testa e stringendogli forte la mano.
«Tornerai. Devi farlo. Per te, per Louis e per Edward.» sorrise, pronunciando il nome del bambino. «E' bellissimo, sai? Ti somiglia. Ha i tuoi stessi occhi.» sussurrò, poi si fermò un attimo, prima di continuare. «Louis perde ore ad osservarli, sperando di trovarci il tuo sguardo.»
«Glielo avevi promesso, Harry.» ripeté, mordendosi le labbra, prima di passargli una mano sulla fronte, cercando i suoi occhi, trovandoli chiusi, ancora, come erano stati per troppo tempo.
«Non lasciarlo andare. Sta crollando e solo tu puoi salvarlo. Vieni a riprendertelo Harry, lui è tuo. Nessuno saprà mai renderlo felice quanto te.»
Non stava mentendo, tutto ciò che diceva era la verità, nonostante il suo amore per il castano fosse sconfinato, lui non sarebbe mai stato in grado di rendere felice Louis come anche solo un sorriso di Harry riusciva a fare.
Zayn se lo ricordava, Louis, i primi giorni di fidanzamento con Harry. L'aveva aiutato così tante volte a sgattaiolare da Harry, coprendoli con chiunque, soprattutto con i manager.
Ricordava come il castano sorridesse eccitato all'idea di poter baciare quelle labbra rosee e morbide. Zayn ricordava di aver visto, per la prima volta, la felicità espressa su un viso e legata all'amore.
«Torna, Harry. Riprenditelo, amalo, sposalo. Mantieni la tua promessa.» ribadì.
«Gira il viso, Harry. Guardami, alzati, esci da quella porta, corri da lui e resta qui. Resta con noi, perché questo è il tuo posto.» gli strinse la mano, sperando in una minima reazione da parte di quel ragazzo che doveva tornare a vivere.
«Harry… Louis ha bisogno di te.» sussurrò. «Non lasciare che il suo viso si spenga, non lasciare un bambino senza padre, non lasciare una madre senza figlio, non lasciare una sorella senza fratello, non lasciare che lacrime di dolore vengano versate per te. Non lasciarmi ad asciugare le sue lacrime, non ancora una volta.»
E non ci riuscì, neanche lui, neanche Zayn Malik riuscì a trattenere le lacrime che lente e calde scendevano sul suo viso privo di vita, fino a bagnare il petto niveo del riccio.
«Torna, Harry.»
Pronunciò quelle ultime parole, poi fu questione di attimi.
Il rumore del battito sulla macchina si affievolì, il panico iniziò a montare nel suo petto.
Zayn si alzò di scatto, correndo in corridoio e chiamando gli infermieri che accorsero velocemente.
Il battito diminuiva, il panico cresceva, il dolore prendeva il sopravvento sul respiro. Solo un'ultima parola, perché la sicurezza che Harry non se ne sarebbe andato svanisse dalla sua mente e quella brutta sensazione che aveva provato per tutta la sera tornasse più forte.
Pochi minuti e tutte le sicurezze di Zayn erano crollate.
Crollate, ancora, come loro, come un castello di sabbia calpestato da un bimbo, come Louis… come Harry.
«Codice rosso.» fu tutto ciò che Zayn riuscì a percepire, alla fine, prima di crollare. Ancora.




Piccolo angolo mio.

Okay, io non so proprio come scusarmi. 
E' un capitolo corto e di passaggio e arriva dopo più di un mese. Sono imperdonabile, scusatemi infinitamente ma ho avuto dei problemi.
In ogni caso, qui non succede molto, abbiamo uno Zayn disperato, perché Harry sembra non dare più segni positivi, e in preda a brutte sensazioni che si rivelano fondate.
Zayn non sa cosa fare e si tormenta, perché Harry gli ha affidato la sua vita e Zayn vuole credere in lui, vuole che si svegli ma Harry, al contrario, da segni negativi.
Codice rosso, a quanto pare. 
Cosa farà Zayn? Harry cederà o lascerà che sia Zayn, ancora una volta, a decidere?
Zayn staccherà la spina o continuerà a credere in lui? 
Giuro che la prossima volta torno presto! 
Scusate, scusate, scusate!
Spero questo capitolo non faccia troppo pena. Mi farebbe, come sempre, piacere una vostra opinione, consigli o anche critiche. 
Scusate ancora, grazie a tutti e per le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ho amato le vostre recensioni, risponderò al più presto. 
Grazie a tutti, davvero. 
WakeMeUp. Xx

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Capitolo 8
*** Feelings. ***


Caos.    
Tutto era caos nella testa di Zayn. Tutto girava, mentre lui cercava un appiglio a cui aggrapparsi, qualcosa che lo tenesse in piedi tra tutto ciò che stava crollando attorno a lui; lo trovò in un paio di occhi color bronzo, iridi che lui conosceva bene, occhi familiari, occhi dolci, appena carichi di quella forza mancata per tanto. 
Zayn si aggrappò a lui, affondò le dita sulle sue spalle larghe e lo strinse, nascondendo il volto stanco nell'incavo del suo collo. 
La stretta dell'altro non tardò a arrivare e lo fece sentire quasi in colpa perché non era lui quello che doveva essere sorretto, ma non ci pensò, si limitò a ringraziare chiunque l'avesse mandato lì. 
E così si ritrovarono stretti l'uno nell'altro, mentre la vita di uno dei loro migliori amici traballava, camminava indecisa su un filo sottile. 
Spegnersi o riprendere a brillare? Un rebus irrisolvibile, un dubbio costante.
La domanda che si poneva Zayn, però, era un'altra: perché ci stai mettendo tanto per ritornare a brillare, Harry?
Perché per lui era così, non c'erano altre vie d'uscita, Harry doveva tornare a brillare! Ma in quel momento, neanche Harry sembrava aver vie d'uscita da quella sala di terapia intensiva.

La notte era sempre piaciuta a Zayn, perché la notte è quella dell'ispirazione, dell'amore, degli amanti, della passione, del piacere, del sogno, delle riflessioni, della pace, perché la notte era l'unico momento in cui, anche chi aveva paura del buio o faceva un incubo, sembrava non aver paura. E Zayn non se lo spiegava, perché da bambino ti sembra che il buio sia cattivo, il lato oscuro, spaventoso ed imprevedibile e la notte sia quella dei ladri, dei mostri, dei fantasmi. Solo per lui non era mai stato così.
La notte a Zayn portava consiglio, lo aiutava a riflettere con calma, con il completo silenzio ad avvolgerlo e la tranquillità che solo la notte può darti, il silenzio del buio, che dice molte più cose di quelle che vorremmo ascoltare; ma quella notte no, quella notte fu per Zayn una delle più brutte anche se, come sempre, portò consiglio.

Rannicchiato sul pavimento di un corridoio spoglio della clinica, tra le mani un peluche, gli occhi gonfi e stanchi, la testa poggiata su una spalla forte dal padrone troppo debole.
Nessuno dei due proferiva parola, nessuno dei due ne aveva il coraggio o la forza; Zayn troppo stanco, disperato, confuso. Liam semplicemente distrutto.
Le mani del ragazzo di Wolverhampton sfiorarono le cosce magre di Zayn, accarezzandole per regalargli un po' di calore, mentre anche il suo corpo sembrava star cedendo; Zayn era smagrito, grandi occhiaie contornavano gli occhi marroni e la pelle aveva perso quel suo color del cappuccino, trasformandosi in semplice latte macchiato: spoglio.
«Per la prima volta non so cosa dire» ammise, sospirando, Liam.
Zayn chiuse gli occhi gonfi e rossi e si lasciò andare maggiormente sul suo corpo; le forze insufficienti per formulare un pensiero corretto. Liam abbassò la testa, portando una mano ad accarezzare quei capelli neri che non erano più curati come prima, privi di gel e scompigliati.
«Vorrei solo che ci dicessero che sta bene, che si è svegliato, che è tornato» sussurrò.
Zayn strizzò gli occhi e si portò le mani alle tempie, massaggiandole per alleviare il dolore lancinante.
«Ci sta chiedendo di farla finita.»
Pronunciò quelle parole in modo talmente rapido che sembrava non ci avesse riflettuto su un attimo, ma in realtà a quella soluzione Zayn ci era arrivato proprio pensandoci per ore.
Non sapeva più cosa fare e proprio quando pensava che fosse arrivato il momento per Harry di riprendersi la propria vita e viverla davvero, Harry si era tirato indietro. Nascosto, ancora, dietro un coma che sembrava infinito e a cui forse, pensava Zayn, Harry voleva mettere fine per sempre, ma nel modo sbagliato, o forse semplicemente più doloroso.
Liam lo guardò, confuso e curioso per le sue parole, perché sapeva che Zayn non diceva mai qualcosa se non aveva un significato per lui e quelle parole erano troppo brutte per non aver dietro un significato, una riflessione, e allora chiese: «Che vuoi dire?»
Zayn sospirò, poi si voltò a guardarlo con gli occhi di chi sa che a quella conclusione non si sarebbe neanche dovuto avvicinare, tanto quanto Eva non avrebbe dovuto cedere alla tentazione.
Era sbagliato, lo sapeva, ma nei suoi occhi le venature dell’iride raccontavano di un uomo disperato, con una responsabilità troppo grande per le sue spalle ormai troppo minute.
«Non lo so, Lee. Penso solo che forse ha assegnato a me questo compito perché sapeva che qualcuno -o qualcosa-  mi avrebbe detto, dopo due anni, che forse è arrivato il momento di staccare la spina..»
Il tempo di pronunciare quelle parole e il suo sguardo fu di nuovo sul peluche tra le proprie mani, mentre quello del ragazzo accanto a lui si posava sulla sua figura, leggermente confuso.
«Zayn, io..» Liam sospirò, non sapendo esattamente cosa dire.
Non c’era più il vecchio Liam, quello sempre pronto a fare della serietà il giusto uso e della prontezza nel risolvere i problemi caratteristica fondamentale, adesso c’era un Liam semplicemente stanco, che sperava soltanto che qualcuno gli restituisse il suo migliore amico e la serenità che non aveva da troppo.
Quando Zayn vide sul suo volto la sconfitta di non esser neanche riuscito a pronunciare una frase gli prese la mano e la strinse forte, costringendolo ad alzare il volto e guardarlo negli occhi.
«Liam tu non sei questo. Questo è non è il mio Liam. Il mio Liam è brillante, intelligente, forte e coraggioso.» Zayn lo guardò. «Non avere paura di dire ciò che pensi e sbagliare, o di dirlo nel modo sbagliato. Dillo e basta.»
Lo sguardo di Zayn era talmente penetrante che Liam si ritrovò a rabbrividire; gli strinse la mano e prese un respiro profondo: era arrivato il momento di cambiare l’andamento delle cose.
«Zayn io non penso che voglia farla finita.»
Pronunciò tutto d’un fiato, riprendendo dopo tanto tempo a dire ciò che pensava senza spaventarsi delle conseguenze: non aveva nulla da perdere. Anzi, una vita da riguadagnare.
«Penso che abbia solo bisogno di aiuto, in qualche modo.»
Sentiva che quelle erano le parole giuste da pronunciare, sentiva che era così, anche se non sapeva perché.
Come poteva Harry aver bisogno del loro aiuto? Cosa poteva volere che facessero? Liam non sapeva spiegarselo, tutto nella sua testa prendeva vita sottoforma di punto interrogativo; non aveva risposte, solo insicurezze e un puzzle nella sua testa che si stava formando di nascosto, senza farsi vedere, senza svelarsi davvero.
Zayn l’osservò attentamente, una ruga di espressione sulla fronte gli fece capire che qualcosa in Liam stava iniziando a prendere forma, ma si accorse, dal volto sconfitto dell’amico, che quel qualcosa non sarebbe venuto fuori facilmente, che quel qualcosa voleva essere scoperto, e Liam si sentiva troppo debole, troppo insignificante, per riuscirci.
«Che vuoi dire, Lee? So che stai pensando a qualcosa, e voglio sapere cos’è. Ho bisogno di saperlo,» fece una pausa, addolcendo poi il suo tono che era diventato fermo e determinato, guardandolo per qualche attimo, mentre le sue dita sfioravano quelle del più piccolo lentamente. «Ne ha bisogno Harry.»
Liam non poté fare a meno di rabbrividire –ancora- a quelle parole, sentendo finalmente quella motivazione forte, quella determinazione che aveva sbaragliato lo sconforto, protagonista fino a poco prima, e si morse le labbra, prendendo un respiro profondo.
«Penso che ciò che gli sia successo stasera –qualsiasi cosa sia- non fosse un modo per dirci di farla finita, ma bensì una richiesta d’aiuto. E’ come se lui ci chiedesse di non arrenderci, e anzi, di fare di più.»
Le parole uscivano sempre più veloci, una dopo l’altra, come un pensiero che lentamente prende forma, dopo così tanto tempo in cui la mente era stata a riposo; Zayn lo osservava soddisfatto, perché era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta in cui Liam si era armato della propria intelligenza per trovare una soluzione responsabile, o la risposta ad un rebus infinito, come il coma di Harry. Il suo viso era sempre corrucciato, confuso, e stanco, perché nel suo periodo di depressione Liam era stato solo a letto, in silenzio, abbandonato alle lacrime la maggior parte del suo tempo; mangiava poco, o non mangiava affatto, se non per proteggere il proprio stomaco da tutte le pillole che era costretto ad ingerire. Non erano stati momenti semplici per lui, e in quel momento, vederlo riprendersi, riprendere a parlare, e a farsi valere, come se non fosse più tutto nero, come se nei suoi occhi spenti fosse tornata ad accendersi una piccola luce verde: verde, come gli occhi di Harry; verde, come gli occhi di Edward; verde, come la speranza che adesso tornava a sentire forte nel petto, per Zayn era il più bello dei regali che qualcuno potesse fargli.
«Fare di più?» chiese allora, cercando di spingere Liam oltre il suo limite, cercando di togliergli dal viso quella smorfia insicura; voleva vederlo sicuro di sé quando diceva una cosa, anche quando diceva una sciocchezza, come il pensare che l’Australia fosse vicina al Giappone, come aveva sempre fatto Liam Payne. «In che modo?»
Liam sospirò, scuotendo la testa e abbassando lo sguardo.
«Non lo so, Zay. Non so dirti di più. Ho solo questa…sensazione, che mi dice che ci sta chiedendo aiuto e che c’è qualcosa che ignoriamo» concluse, facendo poi spallucce, poggiando la testa al muro dietro di sé e  chiudendo gli occhi. Zayn fece una piccola smorfia dispiaciuta, perché l’amico non era riuscito ad andare oltre, ma questo non eliminò comunque la grande sensazione di orgoglio che aveva nei suoi confronti.
«Sei stanco?» chiese, stringendogli la mano e allungandosi a baciargli la fronte. Liam si limitò ad annuire.
«Sei venuto qui da solo o c’è anche Nì da qualche parte?» chiese ancora Zayn, sussurrando quelle parole tra i suoi capelli, stringendogli un braccio attorno alla vita per accoccolarselo addosso.
«Sono venuto da solo, ma scommetterei tutti i miei soldi che mi abbia sentito uscire e mi abbia seguito» ridacchiò leggermente il ragazzo più giovane, poggiando il viso nell’incavo del collo di Zayn, alla ricerca del suo odore, dell’odore di casa.
Zayn sorrise sincero al suono di quella piccola risata, chiudendo a sua volta gli occhi, sentendo una strana sensazione di leggerezza, nonostante il macigno sul petto a causa dell’incognita su cosa fosse accaduto ad Harry solo un’ora prima.
«Mi sei mancato Lee. E sappi che sono estremamente fiero di te.»
Liam non fece in tempo neanche a sorridere e schiudere le labbra per ribattere, quando il rumore di una porta che si chiude, e la vista del medico che si era occupato di Harry uscire dalla sala di terapia intensiva, (dove il riccio era stato portato, dopo aver passato quelli che a Zayn sembravano un’infinità di minuti nella sala di rianimazione) catturò la loro attenzione.
Zayn scattò in piedi, andando velocemente verso di lui, mentre Liam, approfittando della scusa di essere stanco, li guardava da qualche metro di distanza; la verità era che la consapevolezza di non avere la forza, -dopo aver ritrovato quel briciolo di speranza tanto agognato- di sopportare la possibilità di un’ennesima notizia negativa, lo colpì in pieno viso, come un pugno, e lo lasciò lì, ad osservare e ammirare da lontano, la sconfinata forza del suo amico. Quella forza che lui aveva perso, ma che sperava, e forse un po’ sapeva, di poter riacquistare presto.
Quella forza con il quale Zayn era andato davanti al medico, ad accogliere un’altra notizia difficile.
Le parole del medico erano così dannatamente piatte, così dannatamente da dottore, che deve, in tutti i modi, non far trapelare le proprie emozioni, che Zayn provò a comportarsi allo stesso modo. Ascoltava tutti quei termini medici, come se ormai fosse un’abitudine -e forse lo era-, fino a quando il medico arrivò al punto, gelando di nuovo gli animi.
«Ha avuto un arresto cardiaco.» Per Zayn, un proiettile in un braccio avrebbe fatto meno male. «Adesso è stabile.»

 

Louis stava iniziando a preoccuparsi sul serio, Zayn non era da nessuna parte e a lui stava per venire una crisi. 
Era nervoso, preoccupato, e sentiva una sensazione orribile nel petto. Si sentiva vuoto, perso, e non gli piaceva affatto. L'ultima volta che aveva provato quella sensazione era in quell'ospedale, contro un muro, la testa in cui rimbombava la notizia del suo fidanzato in coma e il volto bagnato dalle lacrime, che nessuno poteva asciugargli. 
Afferrò il telefono che era accanto a lui sul letto e provò a chiamare ancora, ma ancora una volta quella voce registrata gli disse che il cliente chiamato non era raggiungibile. 
E fu allora che Louis scoppiò; pianse, mentre stringeva tra le mani in cellulare e batteva a terra il piede, nervosamente. 
Era passata circa mezz'ora, da quando si era svegliato e non aveva più trovato Zayn al suo fianco, e Louis si rese conto di non riuscire a fare a meno di Zayn. Si era abituato alla sua presenza costante e la sua assenza pesava più di ogni silenzio.
Louis non ebbe il tempo di pensare ancora a dove potesse trovarlo, che la porta si aprì lentamente, rivelando dietro un Zayn che pensava di trovarlo dormendo ed entrava in punta di piedi. 
Louis si lasciò scappare un singhiozzo appena lo vide e scattò dal letto, correndo verso di lui e saltandogli addosso, stringendogli forte le braccia al collo, mentre il moro gli afferrava le cosce per non farlo cadere, e il castano si stringeva a lui, facendo combaciare i loro corpi e stringendogli le gambe attorno al bacino, mentre ancora sfogava le ultime lacrime nell'incavo del suo collo. 
Zayn gli accarezzò lentamente la schiena e non fece domande, attese semplicemente, stringendolo tra le sue braccia. 
«Non farlo più, ti prego» sussurrò il castano, stringendolo fino a togliergli il respiro. 
«Cosa?» chiese flebilmente il moro. 
«Non andartene più» lo pregò. Zayn scosse la testa. 
«Lou, sono sceso a fumare una sigaretta, ero qui giù!» asserì il moro, mentendo. 
«Non farlo Zayn; avvisami, portarti il cellulare, lasciami un bigliettino, ma non andartene mai più così.»
Il ragazzo si limitò ad annuire, mentre il castano aveva allentato la presa attorno al suo bacino ed era scivolato leggermente giù, senza però sciogliere la presa attorno al suo collo. 
«Ho avuto paura» ammise poi Louis, dopo minuti di silenzio. «Tanta paura.» 
Zayn lo strinse maggiormente e chiuse gli occhi, poggiando la testa sulla spalla del castano ed inspirando il suo profumo. 
«Non ti lascio Lou, l'ho promesso» sussurrò il moro. Louis restò per un attimo sorpreso. 
«A chi?» chiese. 
«Non importa. Ho promesso che ti sarei stato vicino e lo farò. Non devi aver paura, anche quando non ci sarò, tornerò sempre.»
Louis annuì e sospirò, cercando di regolarizzare il respiro dopo i singhiozzi. Si allontanò leggermente dal moro, solo per guardarlo negli occhi, poi gli accarezzò una guancia. 
«Grazie» asserì, avvicinandosi al suo volto e lasciandogli un dolce bacio sulla guancia dove non c’era la sua mano. Zayn scosse la testa, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa il castano lo fermò.
«Zayn, rilassati e, per una volta, accetta che qualcuno ti ringrazi.» 
Zayn sorrise leggermente, la testa piena di pensieri e parole, che sapeva non avrebbe pronunciato quella notte, perché avevano entrambi bisogno di dormire, per le spiegazioni ci sarebbe stato tempo il mattino seguente, quindi annuì, stringendo nuovamente a sé il castano. 
«Ti voglio bene» sussurrò Louis; sapeva che non sarebbe arrivata risposta, Zayn non dimostrava il suo affetto a parole, di fatto il castano sentì solo le dita del moro stringergli la schiena. 
Lo voleva; voleva Zayn accanto, sempre. Non riusciva più a farne a meno, il moro era diventato una costante nella sua vita e lui non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Non adesso che aveva ritrovato, almeno lui.
«Non lasciarmi.»
Un sussurro taciuto nella propria gola. "Non lo farò Lou. L'ho promesso a lui."

 




 






Piccolo angolo di una stronzetta che sa di essere molto colpevole.



Salve a tutti/e!
Come state? Riconosco di mancare da queste parti da più di un anno e so di essere colpevole ai massimi livelli, e che forse vorreste urlarmi contro, perché sono tornata con un anno e più di ritardo, e addirittura con un capitolo che peggiora e interseca ancor di più le cose.
Bene, parto con lo scusarmi con tutti voi, infinitamente, e aggiungo una premessa: oggi sono qui, a postare, perché avevo questo capitolo pronto già da un po' e ieri, un'altra di voi, mi ha contattata chiedendomi se avrei più aggiornato oppure no.
Come ho detto a lei, ho avuto un periodo di pausa dalla scrittura per più di un anno, in cui non ho scritto praticamente nulla; a Settembre, poi, mi è venuto lo sfizio di riprovarci, e quindi ho consultato la mia cartella di Fanfiction e ho convenuto che la cosa migliore e più giusta fosse ricominciare da qui.
Ecco com'è nato questo capitolo, e anche l'altro che ho già pronto.
Ecco di nuovo però il problema: come ho già detto, gli unici capitoli pronti che ho sono questo, e il prossimo, di conseguenza oggi vi posto questo, il prossimo potrebbe arrivare la prossima settimana, e poi non posso fgià più promettervi un aggiornamento a settimana, perché ho ricominciato da poco a scrivere, quindi mi è più difficile e mi richiede più tempo (che non ho). Quindi oggi sono qui, con questo capitolo, e tante, tante, scuse a voi, che avete continuato a sostenermi nel vostro piccolo, e vi ringrazio da morire.
Mi dispiace moltissimo non potervi assicurare più costanza, ma posso assicurarvi impegno. Ce la metterò tutta, per voi.
Grazie mille a tutti, tutti, voi che mi avete sostenuta e l'avete sempre fatto.
Grazie a chi mi ha scritto su ask, su efp, kik e quant'altro.
Grazie a chi continua a leggere la storia, ai nuovi lettori, a quelli vecchi. Grazie a tutti.
Risponderò il prima possibile (magari stasera) anche alle recensioni dello scorso capitolo, ma ora sono di corsa a pallavolo. 
Grazie davvero, infinitamente, di cuore a tutti. 
Vi adoro. 
Questo capitolo è tutto per voi. Abbiamo visto un Liam tornare ad aprirsi e dire la sua, raggiungendo Zayn senza Niall per ritrovare un po' della sua indipendenza.
Abbiamo visto Zayn capire che qualcosa in Liam sta maturando, e quella cosa sarà fondamentale.
Abbiamo visto un barlume di speranza in loro, di trovare il perché di tutto ciò che stava succedendo e di conseguenza il modo di salvare Harry che però, ancora una volta, si tira indietro...o gli lancia un allarme?
Per finire quell'ultimo pezzettino con Louis serviva a me per farvi capire quanto Louis stia diventando dipendente da Zayn.
Come andranno le cose? Le sensazioni di Liam saranno giuste? Harry si riprenderà o farà un altro pericoloso passo indietro? Come si evolveranno le cose tra Louis e Zayn?
A voi le considerazioni.
Grazie ancora, a tutti. 
Un bacione, la vostra scapestrata..

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Capitolo 9
*** Something more. ***



 

«E' come se lui ci chiedesse di non arrenderci, e anzi, di fare di più.»

Le parole di Liam rimbombavano nella testa di Zayn, come la melodia di una musica da discoteca, penetrante, che si ripete come un mantra, e non ti lascia più libera la mente.
Fare di più. Cosa voleva dire Liam, con "fare di più"? Cosa potevano fare loro, di più, per Harry? Più di parlargli ogni giorno, di andare a trovarlo, di stringergli la mano e raccontargli di tutto ciò che era stata la sua vita, per aiutarlo a ricordare, una volta sveglio?
Qualcosa non quadrava in tutto quello, i medici stessi, fornivano sempre le stesse versioni, Harry non peggiorava e non migliorava, era in un coma infinito, causato da un incidente d'auto, da cui il ragazzo sembrava essere uscito anche bene.
"Trauma cranico", furono le prime parole dei medici, la sera dell'incidente. "Non riportati danni permanenti", fu il proseguo. "Si risveglierà presto", era stata la conclusione, le cosiddette "ultime parole famose", perché Harry non si era mai più risvegliato e nessuno, riusciva a spiegarsi perché.
C'era qualcosa che non quadrava in tutto quello, qualcosa di cui nessuno si era mai preoccupato, qualcosa che solo una persona poteva sapere, e poteva scoprire.


Zayn era sempre più pensieroso, e Louis lo notava. C'era qualcosa che gli stava nascondendo, qualcosa che pesava sul suo petto e che Zayn non riusciva, e forse non voleva, condividere con lui. 
Una parte di Louis voleva sapere, perché Zayn era pur sempre uno dei suoi migliori amici, o forse anche qualcosa in più. Lo sguardo del ragazzo era cambiato, e Louis lo sentiva sulla pelle, che non era più lo stesso.
Un'altra parte, si diceva che forse non era il caso chiedere, e aggravare la propria situazione con altre preoccupazioni: che quella scelta fosse puramente per la salute propria e del bambino, o fosse per la leggera gelosia che Louis, in fondo, sapeva di provare nei confronti di Liam, dal momento in cui aveva capito che ogni notte, alla stessa ora, Zayn spariva per incontrare lui, era da definire.
Mai avrebbe immaginato, Louis, il motivo di quegli incontri. Mai avrebbe potuto immaginare perché da un giorno all'altro Zayn aveva lo sguardo sempre più perso nel vuoto, sempre più assente.
Alle volte neanche i pianti di Edward lo risvegliavano dalla sua trance, e non sapere distruggeva Louis, ma non avrebbe chiesto: sarebbe stato Zayn a parlargliene.
Zayn che lo stringeva di notte, fino ad aspettare che fosse addormentato, per poter sparire. Zayn che di giorno lo guardava in un modo, e di notte in un altro.
Zayn che, Louis ne era convinto, si stava innamorando di Liam.
Aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa tra di loro, ma la cosa si era sempre vanificata, perché il moretto aveva sempre dimostrato di avere attenzioni solo per Louis. Eppure, qualcosa era cambiato.
Molte cose erano cambiate, da quando Harry era entrato in coma. Tutti loro erano cambiati, e a Louis troppi cambiamenti non erano mai piaciuti.
Cambiare può essere invitante alle volte, ma sai sempre ciò che lasci e mai ciò che trovi, e spesso, in occasioni come quelle, molte cose non si trovano più, e si è costretti a dire addio.
A Louis non piaceva dire addio; ogni volta in cui era stato convinto di dover dire addio a qualcosa, che sapeva non avrebbe mai più riavuto, o rivisto, Louis aveva sempre detto "arrivederci", perché lasciava un briciolo di speranza in qualcosa che nasceva senza possibilità.
Tutto, e tutti, meritano una possibilità, e anche una seconda, in caso di errore, e la vita ne stava dando continue di possibilità ad Harry, eppure lui non sembrava mai coglierle.
Tutto quello lo stava distruggendo, e la sola cosa che lo teneva in piedi era un ometto, poco più grande di due spanne e mezzo, con due bellissimi occhi verdi. 
Louis strinse il bambino al petto ancora qualche attimo, dopo essersi assicurato che avesse mangiato tutto e avesse fatto il ruttino, e lo poggiò nella culla, prima di voltarsi a guardare il viso stanco di quell'uomo che non si faceva ormai più neanche la barba, e che si faceva accompagnare ogni mattina da sbadigli, occhiaie e almeno tre caffè nel giro di qualche ora.
«Zayn, Edward dorme, io vorrei andare da Harry. Pensi tu a lui?» chiese, facendo qualche passo verso colui che per tanto tempo era stato la sua roccia, e che Louis temeva si stesse sgretolando, crollando pezzo dopo pezzo, come un domino spinto giù da un'ennesima brutta notizia.
Lo sguardo di Zayn rimase fisso nel vuoto, e la preoccupazione di Louis salì in un istante: Zayn non stava bene. Mai, negli ultimi anni, Louis l'aveva visto così.
I suoi passi verso il ragazzo, abbandonato contro una parete, a terra, trasandato e perso, furono lenti ed incerti; si sedette accanto a lui e poggiò una mano sulla sua coscia destra, sempre più sottile, a causa del poco cibo che Zayn mandava giù ogni giorno, e portò l'altra a sfiorare quel viso ispido, smagrito e stanco, cercando di catturare il suo sguardo con il proprio.
Solo quando terra e mare si fusero, il ragazzo più giovane si riscosse, e si perse ancora, ma questa volta in un oceano di dolore misto a forza, quella negli occhi di Louis.
«Zayn,» sussurrò Louis, la voce flebile, quasi un sussurro impercettibile.
«Va' da lui.» Fu la risposta, secca e diretta, del giovane dal viso stanco. «Ci penso io.»
Louis sospirò, sentendo per un attimo gli occhi pizzicare, perché Zayn lo stava allontanando, e Louis non riusciva a sopportarlo. Non poteva permettersi di perderlo, non di nuovo.
«E a te chi ci pensa, Zayn?» sussurrò, l'oceano in calma piatta, pronto a ricevere un'ennesima batosta. «Non più io, ovviamente.»
Fu l'ultima cosa che disse, e non ebbe bisogno di pronunciar altra parola, che Zayn capì di cosa stesse parlando Louis. 
Lo guardò negli occhi, un velo di dolore a coprire le iridi color cioccolato, e la voce rotta in gola, perché Zayn avrebbe voluto parlare, ma non poteva. 
Passò qualche attimo a cercare le parole adatte, poi scelse i gesti: le sue mani corsero alla vita del maggiore, e lo strinsero al proprio corpo, con l'intento di trasmettergli, attraverso esso, tutto ciò che voleva dire ma che era costretto a tacere, in un silenzio doloroso, un silenzio agghiacciante, che Zayn avrebbe voluto frantumare con un martello, e distruggerlo in mille pezzi, come un vetro colpito da un enorme masso: il peso del silenzio, che Zayn era costretto a portare sulle spalle.
«Un giorno capirai, e da solo, sorriderai e ringrazierai qualsiasi angelo abbia aiutato Harry a mantenere le sue promesse.»
Quella frase, piena di mistero, sentimento, paura, speranza, non fece che mettere confusione nella testa del più grande; ma non ci fu tempo per altre parole. Lentamente, la stretta di quelle braccia così familiari, sfilò via, e con essa, la presenza di quell'unica persona che lo avesse mantenuto in piedi fino a quel momento; Louis si sentì sempre più perso, una volta solo, e decise che c'era solo una cosa da fare, per ritornare a sperare: ritrovare la strada di casa.
Era semplice, Louis la percorreva ogni giorno, e portava sempre, alla stanza numero 173, lì dove giaceva, inerme, la sua più grande promessa alla vita.
Entrare in quella stanza, per lui, ormai, era come rientrare a casa. Harry, era l'unica casa che gli fosse rimasta, l'unica di cui avesse mai avuto bisogno, l'unica, che voleva indietro a tutti i costi.
Lì, su quelle pareti, apparentemente così spoglie, erano scritte le storie che nessuno di loro aveva mai avuto il coraggio di raccontare, e anche quelle che invece, in vari anni, avevano vissuto tutti insieme.
Ogni storia aveva un diverso narratore, un diverso protagonista, e un diverso finale, ma tutte, avevano lo stesso destinatario: Harry.
E ogni storia, ogni narratore, ogni voce, racchiusa in quella stanza, una volta espansa, lasciava parte di sé ad Harry, che avrebbe fatto tesoro di quelle storie, e al risveglio, sarebbe stato lo stesso Harry di prima, se non ancor più consapevole.
Perché Louis lo sapeva, che Harry si sarebbe svegliato. Harry doveva mantenere la sua promessa.
E come gli altri, anche Louis aveva lasciato qualcosa lì dentro: il suo cuore sul petto di colui che, ormai da due anni, giaceva quasi senza vita su un lettino, aspettando che Harry lo prendesse, e gli desse in cambio il suo, ma nell'attesa, il petto di Louis era rimasto vuoto.
Solo il corpicino di un bambino, l'aveva riempito; quel bambino che, come Louis, non vedeva l'ora di poter guardare negli occhi suo padre, e chiamarlo papà per la prima volta.
Come da rito, Louis baciò Harry sulle labbra, gli strinse la mano, e si sedette accanto a lui, prima di iniziare a raccontargli tutto ciò che sentiva: gli raccontò di Zayn e Liam, di come Edward stesse imparando a riconoscere il calore del petto di Louis, e quello di Zayn; gli raccontò di come il bambino si rilassava nel sentire il moro cantare, e di quanto rideva alle pernacchie sulla pancia. Gli raccontò di come il bambino, nel sorridere, evidenziasse le fossette alle guance, e di quanto mangiasse: era un buongustaio!
Trascorsero le ore, e Louis le passò tutte a parlare, accarezzare e osservare Harry. Non tornò in camera quella notte, bensì, fece sì che Mary gli portasse Edward nella culletta.
Nessuno dormì nella stanza che Louis aveva in clinica, quella notte. 
Edward dormì, per la prima volta, sul petto di suo padre. Louis dormì, per la prima volta, in un letto insieme alla sua famiglia. Zayn, e Liam, non dormirono affatto, quella notte.
Ma quella notte, tutti, avevano fatto di più per Harry.

Harry, per la prima volta dopo troppo tempo, riprese a sperare.

 

Piccolo angolo mio.

Salve a tutti! 
Eccoci qui, di nuovo. 
Finalmente maggiorenne, di ritorno dalle vacanze, e libera da ogni pensiero.
Avevo questo capitolo, e anche il prossimo, già pronti da un po', ma nel posto in cui ero in vacanza non ho avuto modo di postare, quindi eccomi qui.
Inizio sperando che abbiate trascorso delle belle vacanze, e augurandone di buone a chi è in vacanza ancora per un po'.
Mi scuso per l'esponenziale ritardo, ma spero ci sia ancora qualcuno di voi interessato alla storia, seppur dopo così tanto tempo.

Premetto che questo capitolo è molto corto, l'avrete notato, e mi scuso per questo, ma è un capitolo di transito, che doveva introdurre questa nuova fase della storia, che si farà sempre più avvincente, perché c'è un mistero da svelare, che solo una persona può scoprire.
Sapete già chi è? Fatemi sapere le vostre ipotesi!
Spero che, seppur corto, questo capitolo vi sia piaciuto e abbia, ancor più, catturato la vostra attenzione.

Ringrazio come sempre tutti voi!

Per qualsiasi evenienza mi trovate su Twitter: https://twitter.com/LostStarsM

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Capitolo 10
*** Changes. ***




«Ma quella notte, tutti, avevano fatto di più per Harry.»

L’alba del mattino sembrò arrivare più in fretta, quella mattina. Un leggero vento fresco veniva dalla finestra poco lontana dal letto, che Louis aveva lasciata aperta la sera prima.
I primi raggi del sole invasero la stanza attraverso le tende, e illuminarono il viso pallido di Harry, che in due anni aveva affrontato molti cambiamenti; cambiamenti, che il ragazzo non aveva potuto vedere.
Il corpo di Harry non aveva mai smesso di vivere, era cresciuto, era passato ed era cambiato, così come il tempo, che sembrava scorrer via come granelli di sabbia tra le dita di un bambino, che alza le mani al vento e osserva i granelli volare via, lasciando una piccola scia.
Il tepore del corpo di Edward sul petto di Harry, aveva fatto reagire il giovane padre, che spontaneamente, nella notte, aveva cacciato un piccolo sospiro, quasi rilassato, senza nessuno che potesse notarlo.
Quella mattina, però, il risveglio di Louis fu totalmente diverso da quello delle ultime mattine: non furono i raggi del sole, né la voce di Zayn, né il pianto di Edward a svegliarlo, ma Mary.
Non appena Louis riuscì ad aprire gli occhi, e mettere a fuoco la scena, davanti a lui si fece spazio la figura di Mary, la donna che aveva assistito Harry fin dal primo momento.
«Lou,» susurrò Mary, scuotendo appena la spalla del ragazzo, che non ne voleva sapere di svegliarsi. «Lou,» continuò ad insistere Mary, e sospirò di sollievo quando vide leggeri movimenti e sospiri provenire da Louis, che si era portato le mani al viso e si era stropicciato appena gli occhi, cercando subito con lo sguardo suo figlio, e sbarrò gli occhi quando non lo vide sul petto di Harry sobbalzando, quando, girandosi per alzarsi e andare a cercarlo, si ritrovò davanti la donna.
«Mary, dov'è Edward?» buttò fuori, allarmato, guardandosi attorno. La donna gli mise le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi, invitandolo a calmarsi.
«E' per questo che ti ho svegliato, Lou. E' venuto a prenderlo Zayn per dargli il latte, visto che tu non ti svegliavi e non voleva disturbarvi,» spiegò la donna, sorridendogli appena, cercando di tranquillizzarlo. «Dovresti andare da loro, tanto qui tra poco avremo da fare,» concluse, guardando appena Harry, per poi girarsi verso Louis, che aveva appena ripreso il respiro regolare, e aveva annuito.
Dopo averla vista uscire, si passò appena le mani sul viso e perse ancora qualche attimo ad osservare Harry, allungando una mano ad accarezzargli il viso; la sua mancanza stava diventando sempre più insopportabile, e Louis non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a sopportare tutto quello, voleva solo averlo indietro, e in momenti come quello tutto gli crollava addosso, tutto gli sembrava senza vie d'uscita, ed era per quello, che lui doveva ricominciare a vedere la luce, e c'era un solo posto dove farlo: casa. Quella casa in cui Louis non andava da diverso tempo, quella casa che sapeva di loro, sapeva di vita, e ora era totalmente abbandonata e trascurata; quella casa che richiedeva delle cure, per essere perfetta quando il padrone sarebbe tornato a casa, perché l'ipotesi che non ci tornasse, per Louis, era inesistente.
«Vado a lavorare per noi, amore mio. Vado a ricostruire i nostri spazi.»
Sussurrò, lasciandogli quel solito bacio sulle labbra, in saluto, e uscì dalla stanza, tornando in quella che era diventata per lui, per Edward, e Zayn, una piccola dimora fissa. Si stupì, appena entrato, però, perché tutto ciò che vide fu il consueto caos mattutino, un pannolino nel cestino, dei vestiti sul letto, e tutto lasciava intendere che Zayn avesse portato fuori Edward.
In cuor suo, nonostante la preoccupazione, Louis sorrise a quella dolcezza, perché tutto ciò che Zayn faceva per loro, era tutto extra: Zayn non era il padre di Edward, e non avrebbe dovuto preoccuparsi del biberon, o di portarlo a fare una passeggiata.
Mandò velocemente un messaggio a Zayn, chiedendogli dove fossero, e decise di farsi una doccia veloce, prima di andare a cercarli.
Il getto dell'acqua calda sopra la testa lo rilassò parecchio, e per la prima volta, chiudendo gli occhi, riuscì ad avvertire il calore delle mani di Harry che lo accarezzavano, lo stringevano e lo coccolavano, sfiorando ogni suo lembo di pelle, con quelle mani grandi il cui tocco era inebriante, per Louis.
Si perse in quei ricordi troppo tempo, e non si rese neanche conto del tempo che passava, e dei tocchi sul proprio corpo che aumentavano; gli occhi chiusi gli fecero perdere la cognizione di tempo e spazio, tutto era diventato Harry.
Louis si sfiorò in tutti i punti preferiti da Harry, percependo le sue mani e le sue labbra in ogni punto sfiorato: passò un dito sul proprio collo e non riuscì a resistere, cacciando un ansimo, al pensiero di quelle labbra morbide baciare e succhiare quella porzione di pelle.
Il tutto si fece più intenso, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo, e finì con Louis a massaggiarsi l'intimità; era troppo tempo che non aveva un orgasmo, troppo tempo che non faceva l'amore con Harry, troppo tempo che non sentiva tocchi sulla propria pelle, tocchi tanto desiderati.
Raggiunse il culmine in breve tempo, l'acqua calda che scorreva sul suo corpo, la fronte poggiata alla parete davanti a sé, il fiato corto, il corpo tremante, e nella testa una sola immagine: Harry.

Quella doccia gli aveva fatto bene, il suo corpo era rigenerato e anche il suo umore e la voglia di fare. L'avevano notato tutti nella clinica; passava per i corridoi e, oltre il buon odore, portava dietro di sé un sorriso dolce, tratto dal pensiero di un nuovo inizio, con la sistemazione della casa, nuove esperienze per Edward, e un'altra ottica sul proprio rapporto con Zayn.
Poteva esser stata una cosa da poco, ma stare sotto la doccia, e pensare solo ed esclusivamente ad Harry, dimentico di tutto il resto, gli aveva fatto capire che quella sua strana tendenza verso Zayn, in quel periodo, non era stata altro che il frutto di una necessità di sostegno, di appoggio da qualcuno che fosse realmente vivo. E quella scoperta, quella conferma, aveva contribuito al suo sentirsi meglio, quel giorno, più consapevole e sicuro di ciò che voleva e ciò che pensava.
Raggiunse velocemente il cortile dell'ospedale, e sorrise non appena vide Zayn con il passeggino, camminare lentamente e canticchiare qualcosa.
Si avvicinò velocemente a loro, e abbracciò Zayn da dietro, forte, cogliendolo di sorpresa e facendolo sobbalzare, ma non gli importava, perché tutto ciò che contava per lui in quel momento era stringerlo, e fargli capire che lui sarebbe stato lì in ogni caso, al suo fianco, anche se non voleva parlare, anche se non voleva stare con lui.
Gli lasciò un piccolo bacio sulla guancia e gli rivolse un sorriso, quando avvertì il suo corpo rilassarsi tra le proprie braccia.
«Buongiorno,» sussurrò, con quella strana luce negli occhi, che non passò inosservata neanche a Zayn. Il ragazzo, per la prima volta dopo qualche giorno, gli rivolse un sorriso sincero e ricambiò il buongiorno, per poi aggiungere: «Sapevo che lasciarti con lui ti avrebbe fatto bene.»
Louis ridacchiò appena, e annuì, perché quella notte, quel risveglio al suo fianco, e quell'inizio di mattinata, totalmente incentrati su Harry, gli avevano davvero fatto bene.
Distolse poi la sua attenzione da Zayn e la puntò sul bambino, che era dolcemente addormentato a pancia sotto, nel passeggino, rannicchiato sotto le coperte.
«Non si è addormentato fino a quando non l'ho messo a pancia sotto, non ho idea del perché» spiegò Zayn, notando che Louis aveva guardato incuriosito suo figlio.
Il ragazzo annuì, sorpreso, perché fino a quel momento Edward non aveva mai voluto dormire in quel modo in particolare, poi un piccolo ricordo gli sfiorò la mente e sentì un brivido percorrerlo, con un sorriso ancor più ampio a farsi spazio sul suo viso.
«E' evidente che gli piaccia dormire con suo padre,» sussurrò. «Ha dormito a pancia sotto sul petto di Harry, stanotte.»
Non ci fu bisogno di altre parole, anche Zayn rabbrividì, ma a differenza di Louis non sorrise, anzi quel pensiero lo invase profondamente, perché come poteva un bambino, così piccolo, chiedere tacitamente di dormire in quel modo, quasi cercando il calore di chi lo aveva ospitato tutta la notte?
«E' incredibile,» rispose solo Zayn, in un sussurro, ricevendo solo un cenno d'assenso in risposta.
Louis prese il passeggino e iniziò a spingerlo dolcemente, al posto di Zayn, che camminava al loro fianco.
«Come stai stamattina?» chiese il più grande, curioso di vedere se quella mattina, con quel suo strano buon umore, sarebbe riuscito a tirar fuori più di qualche parola, dalle labbra del minore.
Zayn si strinse appena nella giacca, infilando le mani nelle tasche, e alzò le spalle, perché in ciò a cui lui e Liam stavano lavorando non c'erano grandi sviluppi o grandi motivi per esultare, e nella sua vita non c'era davvero molto di nuovo di cui essere entusiasti.
«Bene, e tu?»
Louis annuì semplicemente in risposta, e tra loro cadde un leggero silenzio, che non durò molto, perché Louis lo interruppe quasi sul nascere.
«Voglio andare a vedere dei mobili nuovi per casa, voglio sistemarla tutta, per Harry. Ho la sensazione che stia tornando, Zayn. Sta tornando da noi,» lasciò uscire quell'ultima frase in un sussurro, guardando, con un luccichio innamorato negli occhi, verso il proprio bambino.
Era convinto che Edward, la sua presenza, la sua energia, la sua vitalità, stessero facendo bene ad Harry, e voleva essere pronto per il suo ritorno.

Zayn aveva deciso di accompagnarli, aveva preso l'auto, caricato Edward, il passeggino, aspettato che Louis salisse, e aveva guidato l'auto fino a casa Styles-Tomlinson.
Una volta arrivati, Louis fece un intero giro della casa, mentre Zayn stava attento ad Edward, e si appuntò tutto ciò che gli serviva, le idee che aveva e iniziò con scegliere le tinte con cui voleva dipingere le pareti, prendendo misure, spostando mobili, decidendo il destino di ogni cosa lì dentro. Non voleva stravolgere tutto, perché quello era tutto ciò che lui e Harry avevano creato insieme, quindi voleva solo dargli una rinfrescata.
Prese vari appunti, e compose il numero di un suo amico, che gli avrebbe procurato un bravissimo pittore, che gli avrebbe rifatto tutta la pittura alle pareti, e anche un altro pittore che avrebbe realizzato per lui il quadro che voleva regalare ad Harry al suo risveglio, quadro che avrebbero appeso in camera di Edward.
Trascorse molto tempo a studiare tutto quello, tra lacrime e sorrisi, con il solo pensiero in testa di rendere ad Harry un perfetto rientro a casa.
Quello, sarebbe stato il suo nuovo progetto.

Tutto era cambiato, ancora, in poche ore. Louis non aveva più in testa Zayn, che si era rilassato, liberato del peso di quella tensione che c'era stata tra loro.
Edward era più vicino all'altro suo papà, che faceva sempre più passi avanti, ma sempre meno evidenti.
Liam, a sua volta, era sempre più vicino a qualcuno e a qualcosa, che avrebbero determinato e stravolto le vite di tutti loro.
Niall, aveva dato una svolta alla sua vita, e aveva trovato una nuova luce.
Ma questa, è un'altra storia.




 

Piccolo angolo mio!

Salve a tutti!
Volevo, prima di tutto, scusarmi per il ritardo, ma non è la prima volta e non sarà l'ultima.
Vi dico subito che sono di fretta, ma ci tenevo a pubblicare, quindi lascio e scappo.
Sul capitolo, velocemente, c'è da dire che è un capitolo (apparentemente statico) ma che ha portato una svolta alla storia, che adesso inizierà a prendere una piega diversa.
Louis ha ritrovato la sua strada, ora sa cosa deve fare, e questo è importante.

E non solo lui, ma questo lo scoprirete più avanti.
Io sono di corsa, quindi vi chiedo solo, come sempre, di farmi sapere, anche di eventuali incoerenze ed errori, perché non ho potuto neanche rileggerlo.
Spero io sia riuscita nuovamente ad interessarvi, nonostante questi siano capitoli un po' noiosi e di passaggio, perché più avanti ne vedremo delle belle e vi chiederete "ma che cavolo..?". 
Okay, niente spoiler! 
Grazie come sempre a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!


 

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Capitolo 11
*** I Was Here. ***


 

 

 

«Ho tutto!»
Louis scese le scale soddisfatto, con un sorriso sulle labbra e qualche foglio pieno di appunti, misure, e un disegno approssimativo di una piantina di alcune stanze della casa; aveva deciso di aggiungere alcuni mobili, rimodernarne altri, cambiare le tende in camera da letto, e altri piccoli dettagli, che avrebbero reso la casa più moderna, fresca, ma al contempo accogliente, all'altezza del proprietario, che sarebbe presto tornato a casa.

Louis si convinceva sempre di più, minuto dopo minuto, del fatto che Harry sarebbe tornato presto. Mai si era soffermato, davvero, a pensare a come Harry sarebbe potuto tornare.
In due anni ne aveva apprese tante di cose, ma alcune di quelle sembravano esser state completamente rimosse dalla sua mente, nel momento in cui aveva incontrato gli occhi di Edward e aveva ricominciato a sperare, a crederci, nel fatto che Harry avrebbe mantenuto la sua promessa.
Ma lui, come tutti gli altri, sapevano benissimo che Harry, se si fosse risvegliato, avrebbe potuto riportare danni alla corteccia celebrale, alla memoria, agli arti, che non funzionavano più bene come prima, a causa sia del sistema nervoso, sia dell'esser stati fermi così tanto.
Harry, se fosse tornato in quella casa, avrebbe potuto anche tornarci con zero ricordi o consapevolezze, o su una sedia a rotelle, o muto, perché anche parlare poteva risultargli difficile, a seconda dei danni rimediati.
Era passato, e stava passando, troppo tempo. E quello lo sapeva anche Zayn che, con il tempo, ci stava facendo la guerra.

Rimase bloccato solo qualche attimo a riflettere su quelle cose, poi preferì scuotere la testa e orientare i propri pensieri su tutt'altro, se non avesse voluto perdere ogni entusiasmo, che stava caratterizzando quel progetto che voleva portare avanti.
Se non per Harry, l'avrebbe comunque fatto per Edward.
Edward, che era sul tappeto del salone con Zayn, che lo guardava attento, mentre il bambino si guardava attorno e gattonava tranquillo sul tappetto, studiando le cose con lo sguardo, allungandosi a toccare tutto ciò che riusciva a toccare, scoprendo sempre più cose, di quel mondo che a lui era così nuovo, e totalmente estraneo.
Louis li raggiunse velocemente, e sorrise al suo bambino, andando a stuzzicarlo con una leggera pernacchia su una guancia, che fece ridacchiare il bambino, che si rannicchiò sul petto di Louis immediatamente, dopo che il giovane padre l'avesse invitato tra le proprie braccia.
Zayn li guardò e sorrise, scattandogli una foto, mandandola a Liam, che gli aveva confessato di esser rimasto totalmente stregato dalla bellezza e l'intelligenza di Edward.
«Allora, andiamo?» chiese poi, e Louis annuì velocemente, stringendosi il proprio bambino al petto e alzandosi dal tappeto.
«Voglio che questa casa torni a splendere.»

«Che ne dici di quella?»
Zayn gli indicò una tenda semplice, di un colore chiaro, simile alla sabbia, che calzava perfettamente nella loro (di Harry e Louis) camera da letto, che era principalmente arredata con il blu e con il bianco, un bianco panna, quasi beige.
Non appena la vide pensò che fosse davvero la tenda perfetta, e annuì, ringraziando Zayn per averla notata, e prendendolo in giro subito dopo.
«Forse dopo tutti questi anni, a contatto con stylist e il mondo dello spettacolo, qualcosa sugli abbinamenti l'hai imparato.»
Ridacchiò, infilando la tenda nel carrello, che Zayn stava spingendo, mentre lui spingeva la carrozzina in cui Edward dormiva come un angioletto.
«Uhm, forse,» rispose il più giovane, non volendo alcuna responsabilità, con un sorriso sul viso. Quel sorriso caldo, affettuoso, che a Louis era tanto mancato.
Non si ricordava quasi più di come fosse passare un pomeriggio a fare shopping, sorridere ad un amico, scherzare insieme, passeggiare; non ricordava quasi più nulla di quella che era la vita, la normale vita di un ragazzo di vent'anni, o giù di lì.
Sospirò appena, amaramente, e Zayn sembrò notarlo, perché fece un riepilogo delle cose che avevano nel carrello, e lo guardò.
«Io penso che ci siamo, Lou. Adesso dovremmo andare a comprare qualcosa per te, che ne pensi?» propose, volendo far ritrovare a Louis la gioia di un vestito nuovo, che l'avrebbe fatto sentire meglio, più pulito, più vivo.
Louis gli rivolse un piccolo sorriso, poi scosse la testa. Gli era grato per quello, per tutto ciò che stava facendo per lui; nonostante facesse intere notti in bianco, Zayn, gli era sempre accanto e affrontava ogni giorno con lui, come se ne avesse davvero la forza, come se
nulla fosse successo, come se di notte avesse riposato.
Louis non aveva ancora scoperto cosa facesse Zayn, di notte, quando andava via, sempre convinto che Louis non se ne accorgesse, che andava via alle due e tornava alle sei (visto che erano le ore in cui Edward era in pieno sonno e non svegliava nessuno),per fingere di esser stato al suo fianco tutta la notte. Eppure, nonostante la curiosità lo divorasse, non aveva mai voluto chiedergli nulla, perché pensava che Zayn in quelle ore si svagasse, prendesse un momento di riposo, di relax, da lui, da Edward e dalla pesantezza di essere costantemente in una clinica, per il peggiore dei motivi, con la peggiore delle responsabilità, cioè la vita di Harry. Zayn non si sarebbe mai risposto nel modo adeguato, alla risposta che lo tormentava, e cioè perché Harry avesse affidato, proprio a lui, la sua vita.
«Uhm, non so Zay, forse è meglio comprare ancora qualcosa per Edward,» affermò, facendo una piccola smorfia con le labbra, che fece sospirare Zayn, che scosse la testa e si girò a guardarlo negli occhi.
«Louis, ascoltami. Sei uno dei migliori padri che abbia mai conosciuto, e so che ai propri figli si vuole dare sempre di più, e sempre il meglio, ma fidati di me se ti dico che Edward ha tutto ciò che potrebbe desiderare. Tranne una cosa, che è quella che manca a tutti, cioè Harry. Ma lo riavremo presto, ne sono convinto. E per quando tornerà, dovrai farti vedere al meglio, e dargli tutta quella forza di cui avrà bisogno. Quella forza che potrai dargli solo tu.»
Le parole di Zayn arrivarono, inizialmente, come una doccia fredda, ma la migliore che Louis avesse fatto nell'ultimo periodo.
Non poté fare a meno di annuire e seguirlo, dopo averlo stretto in un abbraccio.

Il tempo che spesero in giro, tra negozi di mobili, caffetterie in cui prendere una cioccolata o un caffè, negozi per bambini, negozio di abbigliamento per uomini, e cose di prima necessità, fu parecchio lungo, ma fu un toccasana.
Louis ebbe modo di prendere, sommariamente, tutto ciò di cui aveva bisogno, ma soprattutto ebbe modo di ritrovare Zayn, quello che era il suo migliore amico, quello che gli era sempre stato accanto, per una sigaretta o per una guerra, lui era stato al suo fianco. Aveva ritrovato il sorriso di Zayn, la sua voce, le sue risate; per la prima volta, dopo un po' di tempo, lo vedeva nuovamente, non rilassato, ma quasi.
Il tempo era corso via velocemente, i minuti passati si erano trasformati in ore, e Louis quasi si sentì triste per quello, perché era davvero troppo tempo che non passava un pomeriggio simile e, forse anche per quello, non appena arrivato a casa, quella vera, quella che era stata, e sarebbe stata (insisteva), il suo nido d'amore con Harry, scoppiò a piangere.
Le lacrime scorrevano sul suo viso come un fiume in piena, e non intendevano fermarsi; le gambe tremavano, fino a cedere, lasciandolo cadere contro il muro; i pugni stretti, che quasi desideravano aggrapparsi a qualcosa, qualunque cosa, che gli avrebbe riportato il suo Harry.
Non ne poteva davvero più, e ne portava evidenti segni sul viso; era dimagrito, era stanco, i suoi occhi erano spenti, e si illuminavano solo ai sorrisi di Edward.
Tutto era diventato troppo, anche (e soprattutto) vivere.
Provava sempre ad andare avanti, a mantenere il sorriso sulle labbra, a darsi forza e prenderla dagli altri, ma non bastava, perché tutto quello non gli avrebbe riportato indietro Harry.
Nessuno gli avrebbe portato indietro Harry, e lui non poteva farci nulla, che non fosse aspettare, urlare, pregare, implorare, chiunque, di ridare la vita a quel ragazzo, che la meritava molto più di altri.
Quel momento di realizzazione fu molto duro, perché aveva passato un'intera giornata a crederci, a sperare, a lottare, ad andare avanti, a fare di tutto, nella convinzione e, quasi con la serenità, di chi sa che quella persona tornerà.
Aveva varcato quella linea sottile, quel confine invisibile, che c'era tra sicurezza (forza) e sconforto. Durante la giornata era stato convinto e determinato; calata la sera, invece, ogni convinzione era diventata vana e tutto sembrava di nuovo nero, impossibile.
Non poteva sapere, Louis, che in realtà la vita di Harry era nelle mani di qualcuno, che quel qualcuno che poteva ridargli Harry esisteva; non poteva saperlo mentre le lacrime scorrevano sul suo viso, impedendogli la vista; mentre dava pugni al muro e guardava le proprie mani farsi viola; mentre Edward piangeva tra le braccia di Zayn, perché sentiva suo padre piangere, e strepitare; non poteva saperlo, mentre Zayn si mordeva le labbra fino a farle sanguinare, e tratteneva le lacrime, tentando sorrisi ad Edward, tappandogli le orecchie e coccolandolo tra le proprie braccia; non poteva saperlo, Louis, mentre Harry, per l'ennesima volta, nell'ennesima notte, veniva strappato via da loro un po' di più, ancora un po'.
Non poteva saperlo, mentre Liam guardava il muro e Niall stringeva un corpo caldo al proprio petto.
Non poteva saperlo, Louis, che mentre tutti loro vivevano, Harry...

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