Over the Top.

di hellvalentine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


CAPITOLO 1 – INTRO

 

 

Le lunghe dita scorrevano veloci sulla tastiera del mio nuovo Fender Jazz Special color perla mentre Step e Michael parlavano di qualche loro argomento privato invece che impegnarsi nella produzione del nostro nuovo pezzo. Universo maschile, quale sconosciuto.

Era così strano a volte essere l'unico componente femminile in una band di soli maschi che spesso e volentieri mi chiedevo a cosa stavo pensando quando accettai di entrare a far parte di quella banda di idioti. Risi nuovamente a quel pensiero. Sotto sotto mi divertivo da matti con loro e volevo davvero tanto bene a quei tre cazzoni.

Erano quasi venti minuti che aspettavamo invano il nostro batterista e, proprio quando Step stava per rimettere dentro la custodia la sua Jackson King V nera e tornare a casa, Jack irruppe nella stanza, inciampando prima nella moquette e poi sbattendo la testa contro un amplificatore facendo cadere la custodia con dentro un suo piatto Zildjian.

"Ragazzi, Dio ho una notizia meravigliosa!" biascicò, affannato a causa della corsa e dal dolore.

"Hai fatto sentire il demo alla mamma e gli è piaciuto?" dissi con tono strafottente mentre mi rialzavo da terra e mi accingevo ad accendere una sigaretta.

Gli altri risero, ma Jack era troppo serio per cominciare a rispondere ai miei sfottò.

"No Hell davvero non scherzo, abbiamo degli ingaggi!" continuò lui, deglutendo velocemente.

Era davvero emozionato. Dio, ma che gli stava prendendo?

"Mh interessante, e dove? Alla festa della birra del paese? Dai pivello, parla che ci hai già fatto perdere troppo tempo." intonò Michael, avvicinandosi successivamente al proprio microfono, pronto per l'inizio delle prove ora che finalmente il nostro batterista si era degnato di farci visita.

"No cazzo!" Esclamò, prendendo nuovamente fiato. "Ci aspetta una tourné mondiale! Apriremo per i Bullet For My Valentine ragazzi!" urlò il ragazzo, con un enorme sorriso stampato sul viso.

Uno stupore generale piombò nella nostra saletta prove, ammutolendoci.

Mi cadde improvvisamente la sigaretta dalle labbra prima di scoppiare in una risata nervosa.

Non potevo e non volevo credere che io, una musicista qualunque, avrei solcato gli stessi palchi dei miei idoli più grandi accompagnando i Bullet in tour.

"Sei simpatico Jack ma smettila di sfotterci." dissi, scuotendo successivamente il capo.

Scosse anche lui il capo e riprese a parlare con voce tremante.

"Non scherzo! Al concerto qui a Milano, il mese scorso, sono rimasto fuori dall'Alcatraz per riuscire a beccare i ragazzi mentre voi tutti siete tornati in paese. Sono riuscito a dare la nostra demo a Moose e mi ha scritto per e-mail proprio oggi! Lui e gli altri vorrebbero portarci in tournée, pensano che spacchiamo, capito? La nostra musica spacca cazzo!" disse, ancora più esaltato di prima.

Senza pensarci due volte, tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni la mail che gli era arrivata dove i Bullet in persona chiedevano la nostra presenza come gruppo spalla alla loro tournée mondiale. Era tutto vero.

Nella mail c'era espressamente scritto che tra una settimana saremmo dovuti partire alla volta di Londra, dove loro ci avrebbero accolto con tutto il loro entourage e le spese sarebbero state coperte interamente dal management. Sembrava una cosa così assurda, soprattutto perché capitata dal nulla. Sentivo le gambe tremare e la testa girare tanto ero emozionata. Stavo per svenire, non ci credevo. Mi appoggiai velocemente contro il muro mentre gli altri ragazzi esultavano, come se avessimo vinto alla lotteria.

Ma questo era anche meglio che vincere degli stupidi soldi, avremo potuto portare in giro la nostra musica insieme a niente meno che i Bullet For My Valentine.

 

Dopo aver festeggiato tutti insieme, decidemmo di annullare le prove per quella sera. Eravamo tutti troppo su di giri per poter suonare o produrre almeno qualcosa di decente, così nel giro di una ventina di minuti ero già alla volta del mio piccolo appartamento situato in un piccolo paesino in provincia di Milano. Vivevo lì da sola, poiché trasferitami a soli diciott'anni dopo aver capito che se non mi fossi data una mossa non avrei mai combinato nulla nella vita. Sorrisi a quel pensiero mentre guidavo la mia modesta automobile, conscia che il mio futuro stava finalmente per cambiare in modo radicale.

Era ormai un anno che ero scappata da casa per costruirmi una vita mia. Lavoravo come impiegata in un negozio d'abbigliamento per una misera paga mensile e quando ne avevo l'occasione impartivo privatamente lezioni di basso elettrico, la mia più grande passione.

Non vivevo nel lusso ma per fare quello che volevo era okay. In più potevo stare vicino al mio ragazzo, cosa che prima non mi era permessa data la nostra relazione a più di 300 km di distanza.

Ero stesa sul mio grande letto matrimoniale quando lo sentii quella sera, per comunicargli la notizia.

"Ehi amore, grandi notizie dalle prove!" esordii io.

"Che è successo, Vic?" mi chiese con tono più che entusiasta.

Lui era uno dei pochi a cui era permesso chiamarmi per nome. Per gli altri ero Hell e basta.
"Beh, abbiamo un ingaggio non da poco.." continuai, rimanendo in apnea qualche secondo come se le parole mi si stessero letteralmente bloccando in bocca.

"Suvvia Victoria, non tenermi sulle spine, parla!" proseguì Thomas, quasi spazientito tant'era scalpitante.

Presi dunque un gran sospiro.

"Si tratta di un tour mondiale.. Coi Bullet For My Valentine." dissi io in un sussurro.

Seguì un lungo momento di silenzio prima che lui cominciò a urlare come un pazzo, tant'era felice.

"Dio amore è bellissimo, è il tuo sogno! Com'è successo? E quando parti? Sono così feilce!".

Sorrisi da tanta eccitazione, cominciando così a spiegargli brevemente la storia a cui anche io facevo quasi fatica a credere tanto sembrava un sogno.

La musica aveva sempre fatto parte della mia vita o per lo meno da quando ne ho memoria.

Ero la classica pecora nera della famiglia: la ragazza coi capelli troppo bizzarri, il trucco troppo pesante, gli accessori troppo stravaganti e i vestiti incredibilmente inappropriati in qualsiasi situazione.

Ma non mi importava niente, perché avevo la musica dalla mia parte. E adesso, avevo anche lui.

Dopo aver parlato ancora per diverso tempo della mia nuova avventura, riattaccai il telefono. Il giorno dopo avrei dovuto attaccare presto al negozio e avevo bisogno di riposare.

 

Inutile dire che dormii poco e niente a causa dell'eccitazione che durò tutta la settimana, fino al tanto atteso giorno della partenza che avrebbe trasformato un gruppo di normali ragazzi in vere e proprie star.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


CAPITOLO 2 – HER VOICE RESIDES

 

 

"Guarda, loro sono i ragazzi che apriranno i concerti del nostro tour mondiale" esclamai facendo scorrere le foto sullo schermo del Mac con Charlotte al mio fianco.

"A me quella con quei grandi Ray-Ban da vista sembra una ragazza, veramente." puntualizzò lei, puntando il minuto dito verso lo schermo a indicare quella figura più bassa del gruppo.

Effettivamente aveva dei lineamenti troppo dolci per essere un metallaro cazzuto.

Sorrisi, scuotendo appena il capo per poi posarle un dolce bacio sulla guancia.

"Devi sempre correggere tutto tu?" le chiesi con tono divertito, richiudendo successivamente il computer.

Lei rise. "Certo, non è forse per questo che ti sei tanto innamorato di me?".

Feci una buffa smorfia in sua direzione, lasciando successivamente che mi baciasse teneramente le labbra.

Successivamente mi alzai da quel comodo divano, scuotendo appena i lunghi i capelli per poi raccoglierli in una morbida coda di cavallo.

"Dove devi andare Matt?" mi chiese lei con un tono di voce improvvisamente spento, triste.

"Mi aspettano tre ore di viaggio per arrivare a Londra, amore. Dobbiamo incontrare il gruppo e illustrare loro il tour" spiegai, avvicinandomi velocemente ad afferrare il mio pesante giubbotto in pelle.

Lei mi guardò storto per qualche secondo, lasciandosi andare ad un lungo sospiro, quasi esasperato.

"Quando tornerai?" chiese.

"Non lo so."

"Non.. non lo sai?" continuò, con voce più che addolorata.

Mi avvicinai a lei, lasciandomi scappare un piccolo sospiro. Odiavo lasciarla sola, ma la musica era il mio lavoro, nonché la mia vita. Mi inginocchiai innanzi a lei, prendendo tra le mie mani le sue.

"Sai che vorrei stare più tempo con te e con Evann, lo sai benissimo. Giuro che passati questi giorni a Londra torno da te per un po' prima di cominciare il tour" dissi, per farla calmare invano.

"Giorni?!?" disse lei con fare sconcertato, rialzandosi velocemente dal divano, tanto da farmi quasi cadere a terra. "Matt io non ce la faccio più. Evann ha bisogno di te più che mai ed anche io, a dirla tutta. E' opprimente averti così poco in casa, quando la smetterai e starai con noi, eh?".

La mia pazienza stava per oltrepassare il limite. L'amavo, è vero, amavo il nostro bambino più della mia stessa vita, ma quando aveva accettato di diventare la mia ragazza, anni fa, sapeva quali erano i miei sogni e le mie ambizioni. Oltre la famiglia avevo un lavoro e un sogno da mantenere che andava oltre qualsiasi cosa. Ero un egoista del cazzo? Probabile, ma la vita, come le varie decisioni, erano mie.

"Charly ti prego, ne abbiamo già parlato.." dissi io, nel vano tentativo di smorzare sul nascere una litigata.

"No Matt, non ne abbiamo già parlato. A dire il vero non ne abbiamo mai parlato! Tu hai sempre e solo avvisato o imposto il tuo volere, io mi sono stancata! Non era così gli anni passati.."

"Non era così perché non avevo il successo che ho adesso, non era così perché non ci eravamo ancora affermati! Sono riuscito a realizzare uno dei miei sogni più grandi Charly, perché non mi supporti?!"

Lei sospirò. Aveva gli occhi lucidi.. Era così palese il suo sforzo per trattenere le lacrime.

"Evann tornerà dalla nonna alle cinque.. Ti faccio chiamare per cena." sussurrò con voce afflitta, allontanandosi successivamente dal divano. Scossai il capo, quasi incredulo.

Avevamo discusso per una stronzata, ancora. E se c'è una cosa che odio è litigare per motivi così futili.

Afferrai distrattamente le chiavi della mia macchina e mi allontanai lentamente da casa, non prima di aver sussurrato tra i denti stretti un lieve "ciao", nonostante il nervosismo che m'aveva pervaso in quegli istanti.

 

Jay, Moose, Padge ed io eravamo sul tour bus e stavamo lentamente dirigendoci verso la grande Londra.

Loro erano rilassati e adorabilmente idioti come sempre.

Io no. Non avevo voglia di giocare insieme a loro con l' X-Box, non avevo voglia di bermi una birra o di scorazzare per il bus facendo l'imbecille.

Avevo ancora in testa quella breve discussione con Charly, l'ennesima discussione.

"Ehi Matt, non puoi fare così ogni volta che discuti con Charlotte però!"

"Moose lasciami stare" dissi sotto voce, risistemandomi gli occhiali scuri sul naso.

"Non vuole capirmi, non riesce a capirmi. Da quando le ho chiesto la mano è diventata ancora più ossessiva. So benissimo che Evann ha bisogno di me, che lei ha bisogno di me.. Ma io ho bisogno anche del mio lavoro, della mia musica. Non l'ha mai capito perché non ha mai avuto così tanto da perdere."

Rimase in silenzio ad ascoltarmi. Scossò successivamente la testa, cingendomi le spalle con un braccio per attirarmi in una stretta fraterna. In quei secondi mi fermai a pensare..

Forse in tutto questo tempo non ho mai capito che avevo bisogno di qualcun'altro, oltre Charly.

L'amavo davvero tanto, è vero, ma non era l'angelo di cui avevo bisogno. O per lo meno, non lo era più ed ogni giorno che passava lo dimostrava sempre più.

"Noi siamo qui con te, pensiamo a suonare. Vedrai che andrà tutto bene, Charly ti ama da morire. E se non ti ama lei, ti amiamo noi pezzo di stronzo!" disse Moose per tirarmi su di morale, dandomi un lieve pugno amichevole sulla spalla.

Dio, la classica frase fatta di Moose che però era in grado di tirarmi su il morale e soprattutto farmi ridere.

Ecco perché quello stupido batterista era uno dei miei migliori amici.

Le 3 ore di viaggio passarono talmente veloci che quasi non me ne resi conto. Eravamo già a Londra.

In pochi minuti arrivammo agli studi dove avremo incontrato il nostro futuro gruppo spalla, i Crucifixion.

Me li aveva fatti ascoltare Moose, incuriosito dal loro demo ricevuto ad una nostra data italiana e ne eravamo rimasti tutti incredibilmente colpiti sia per la bravura dei singoli componenti che dalla giovane età dei ragazzi. Mi sembra il più piccolo fosse un diciassettenne. O forse la ragazza era la diciassettenne?

Risi a quei pensieri, riportando la mente indietro alla mia adolescenza.

Mentre salivo le scale che ci avrebbero portato nella nostra saletta privata, mi tornò in mente la discussione. Ero peggio delle ragazzine alle prese con la loro prima cotta.

E con ancora quei pensieri in mente, completamente distaccato dal resto del mondo, varcai la soglia che separava noi dai Crucifixion, scambiandoci subito i convenevoli.

"Piacere, Hell" disse quella esile e minuta figura, piuttosto bizzara, dentro quell'enorme felpa dei Pantera.

"Piacere mio, sono Matt" sussurrai per cortesia, stringendole sucessivamente la mano.

"So chi sei" disse infine lei in un sussurro, rivolgendomi cortesemente un meraviglioso e dolce sorriso che lì per lì quasi mi fece venire la pelle d'oca.

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