I migliori anni della nostra vita

di Edoatar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just Married ***
Capitolo 2: *** Un nuovo arrivo in casa Jackson ***
Capitolo 3: *** Una visita inaspettata ***



Capitolo 1
*** Just Married ***


I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA

 

Capitolo uno: Il matrimonio

 

Ok, lo ammetto. Ero agitato.

D'altronde non capita tutti i giorni di sposarsi, no?

Ero lì, in piedi sull'altare, costruito apposta per l'evento. Credo sia stata la prima volta che un matrimonio viene celebrato al Campo Mezzosangue. Quindi ci siamo, mi dissi. Mia madre si era seduta su una sedia in prima fila, al fianco della matrigna di Annabeth, e stava già consumando scatole intere di fazzolettini. So che cosa vi starete chiedendo, ma se sono mortali come fanno ad essere riuscite ad entrare al campo? Semplice, Zeus a concesso a Chirone la possibilità di far entrare tutti i parenti mortali all'interno dei confini magici. Mia mamma si era offerta per cucire lei stessa il mio vestito. L'abito che indossavo era blu, (ovviamente), con l'interno in seta verde e bianca. Le maniche erano rivestite di cashmire azzurro e un piccolo tridente dorato era cucito sul colletto. I pantaloni avevano lo stesso stile e la cravatta riportava tutte le tonalità del mare. Dal verde più brillante al blu più intenso.

Anche Era, la moglie di Zeus, era seduta da qualche parte in mezzo alla folla, dato che era sempre presente ai matrimoni.

Ai fianchi dell'altare, i miei amici della casa di Apollo provavano i cori. In piedi vicino a me c'era Chirone, il quale notò subito l'improvviso impallidire della mia faccia.

-”Nervoso, Percy?” Mi chiese.

Cercai di sorridere, “E me lo chiede!”

-”Per gli dei, ragazzo! Hai affrontato alcuni tra i mostri più terrificanti del tartaro e vorresti dirmi che non riesci a mantenere la calma in questo momento di gioia. Hai 23 anni, santo Olimpo!”

-”Signore,” gli chiesi, “Lei si è mai sposato?”

-”No.” Rispose.

-”Allora non può capire. Si fidi della mia parola.”

Rise ancora ma la nostra conversazione fu interrotta dal rumore delle persone alle mie spalle che si alzavano in piedi. Qualcuno stava suonano la tipica musica che si sente sempre ai matrimoni.

La prima persona che comparve era un uomo vestito con uno smocking bianco. Aveva i capelli grigi ma ancora chiari e alcune rughe sul viso. Sbucò una seconda figura e l'uomo la prese a braccetto. Man mano che si avvicinavano li distinsi. La seconda persona portava una lunga veste bianca, rosa e grigia. Sembrava un chitone. Un lungo strascico era fissato dietro al vestito e portava un velo proprio sulla fronte, così che le coprisse gli occhi, ma non aveva nessun buchet in mano. Ormai avevo capito chi c'era dietro a quel velo. Riconobbi anche l'uomo, era il padre di Annabeth. Il signor Chase mi si avvicinò.

-”Te la affido Percy. Mi raccomando, prenditi cura di lei.”

-”Lo farò signore.” Gli risposi. Lui annuì e si andò a sistemare vicino alla moglie.

Trassi un profondo respiro e le alzai il velo, portandolo dietro alla sua testa. Ora volevo veramente svenire. Annabeth non si era fatta mancare niente per impressionarmi. No andiamo, sto scherzando. In realtà il suo aspetto non era molto diverso da come era di solito. Anche per quella volta non si era truccata. Vedevo del fondotinta grigio, ma si confondeva con il colore dei suoi occhi.

Anche lei notò la mia faccia che continuava a cambiare tonalità.

-”Tutto bene Testa d'alghe?” Mi sorrise.

-”Ehm...ehm...”

-”Ok, allora.” Guardò Chirone, “Signore. Quando vuole.”

-”Ma certo, mia cara.” Il centauro prese tra le mani un libro che dalla copertina avrà avuto almeno tremila anni. Fece cenno alle altre persone di sedersi, poi cominciò a parlare.

Non so quanto duri un matrimonio dalle vostre parti, ma quello era stato decisamente rapido.

-”Prometti tu, Annabeth Chase, di amare, onorare, rispettare e...” mi squadrò per bene, “...e di tenere lontano dai guai la tua anima gemella?”

-”Lo prometto.”

-”E prometti tu, Percy Jackson, di amare, onorare e rispettare la tua anima gemella finché la morte non sopraggiunga?”

-”Lo prometto.” Risposi deciso.

Sull'altare arrivò uno dei fratellastri di Annabeth, il quale portava un vassoio d'argento con sopra riposti due anelli.

Su entrambi i gioielli, i nostri nomi erano incisi in greco antico.

Mi lasciai mettere il primo anello da Annabeth e successivamente io infilai nel suo dito l'altro.

-”Nel potere conferitomi da Zeus, signore degli dei, io vi dichiaro marito e moglie.”

Guardai Annabeth, che non poté trattenere due lacrime. Restai lì a contemplare la sua bellezza, almeno finché Chirone non mi riportò alla realtà.

-”Ehm, Percy. Ora puoi baciare la sposa.”

Non ci fu bisogno di farmelo dire due volte. La baciai e poi la presi in braccio al volo. Sentivo le persone che applaudivano e i singhiozzi di mia madre.

La portai fino all'uscita del campo, dove ci aspettava una biga trainata da due pegasi. Dietro ad essa c'era appeso un

cartello: JUST MARRIED. 

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Capitolo 2
*** Un nuovo arrivo in casa Jackson ***


Capitolo due: Un nuovo arrivo in casa Jackson

 

La corsa in macchina fino all'ospedale più vicino fu la più infernale di tutta la mia vita. Perfino peggiore di quella fatta con le tre sorelle anni prima.

Io stavo guidando e Annabeth era seduta dietro, con le mani continuamente strette attorno al pancione. Ogni tanto tirava un urlo e mi faceva quasi sbandare.

-”Resisti tesoro. Ci siamo quasi.”

-”Ma se è da un'ora che continui a ripeterlo!” Mi sbraitò lei.

-”Beh, cosa vuoi che dica.”

-”Oh, sta zitto!”

Svoltai in strada a tavoletta e scorsi le luci dell'ospedale. Parcheggiai in tutta fretta e chiamai un infermiere affinché mi aiutasse con Annabeth. Quello arrivò con una sedia a rotelle e ci caricò sopra mia moglie.

Restai al suo fianco fino a quando una donna non mi sbarrò la strada.

Era una bella donna, con un'aria vagamente famigliare. Aveva i capelli scuri e degli occhi profondi. Indossava un camicie bianco con appeso sopra uno di quei tesserini per farsi riconoscere. C'era scritto Queen.

-”Mi spiace signore, ma non può proseguire oltre.”

Cercai di replicare, ma la donna si chiuse la porta alle spalle.

I minuti che passavano mentre continuavo a camminare avanti e indietro nella stanza sembravano non finire mai.

-”Sì, anche io non sono mai stato molto paziente.”

Mi voltai di scatto. Un tizio se ne stava seduto su una sedia a leggere una rivista di pesca.

-”Ehm... mi scusi. La conosco.”

L'uomo alzò lo sguardo e mi fissò seriamente negli occhi, come per chiedersi se fossi sano di mente.

-”Percy. Non mi riconosci? Sono io, Poseidone.”

Ammetto che ci rimasi di sasso.

-”Oh, papa! Ma sì, certo che ti avevo riconosciuto...ah ah...stavo solo scherzando.” Mentii, ma probabilmente non ci cascò.

-”Comunque sia, volevo congratularmi con te. Stai per diventare padre.”

-”Eh già.”

-”Purtroppo non ho molto tempo. Sappi che avere dei figli aumenta le tue responsabilità. Non dovrai più badare solo ad Annabeth, ma anche a loro.”

-”Lo so bene.” Risposi.

-”D'accordo. Allora quando avrai voglia, porta i piccoli a visitare l'Olimpo. Il loro nonno Poseidone e...” gli si scurì il viso, “...e la loro nonna Atena,” mio padre stava cercando di non mostrarsi un po' contrariato, “li accoglieranno a braccia aperte.” Concluse.

-”Certo.”

-”Allora ci vediamo figliolo. Mi raccomando, stai lontano dai guai.”

-”Sai che questo è impossibile. E poi non parlarmi come se avessi ancora 16 anni.” Sbottai. Poseidone mi sorrise e si dissolse in una nuvola di vapore.

Passarono un'altra decina di minuti. Poi, finalmente, la donna che aveva accompagnato Annabeth in sala parto spalancò la porta e mi venne incontro.

-”Bene, signor Jackson. Ora, se lo desidera, può raggiungere sua moglie.”

Mi chiesi come facesse a sapere il mio nome, ma non ci feci caso.

La seguii in una stanza con le pareti azzurre e bianche.

-”Annabeth!” Esclamai. Lei era sdraiata su un lettino e aveva l'aria di essere molto stanca. Come darle torto.

-”Percy...” Cercò di mettersi a sedere, ma crollò subito sul letto.

-”Hei, ferma lì.” La rimproverò l'infermiera, “Sai che non devi sforzarti. Sarai pure una semidea, ma mettere al mondo un bambino sfinisce più di ogni altra cosa.”

Mi voltai verso la donna. Allora sapeva.

-”Ha vegliato su di me per tutto il tempo.” Mi informò Annabeth.

Fu allora che capii.

-”Divina Era.” Dissi con un filo di voce.

La dea annuì.

-”Sì, Percy Jackson. Saprai che, come madre degli dei, è mio compito assicurarsi che le fanciulle, oltre che sposarsi, ricevano le più accurate cure al momento del parto.”

-”La ringrazio molto.”

-”Ah, non c'è bisogno. Ora, credo che vogliate vedere vostro figlio.”

Uscì dalla stanza e rientrò nel giro di trenta secondi. Aveva un piccolo fagotto circondato da piccole coperte tra le mani.

Morivo dalla voglia di vederlo.

-”E' un maschietto.” Disse Era.

Lo cedette ad Annabeth, la quale se lo portò in grembo.

-”E' bellissimo.” Disse, commuovendosi. Me lo passò e mi commossi anch'io, perché mi ritrovai davanti alla cosa più bella che ebbi mai visto in tutta la mia vita.

Stavo reggendo un neonato. Aveva i capelli biondi come quelli di Annabeth. Aprì subito gli occhi e notai che erano verdi come i miei. Mi sedetti al fianco di mia moglie, che lo riprese in braccio.

-”Dunque,” ci disse Era, “Quale nome darete alla creatura?”

Fissai Annabeth, che ricambiò lo sguardo. Ne avevamo parlato già molto in quei nove mesi. La mia risposta fu immediata.

-”Lo chiameremo Luke.” risposi, “Luke Jackson.” 

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Capitolo 3
*** Una visita inaspettata ***


Capitolo 3: Una visita inaspettata

 

I mostri si stavano avvicinando, lo sentivo. Fiumi di persone scappavano dalla città in fiamme. Estrassi la spada e mi preparai, sicuro che un'altra ondata sarebbe presto giunta.

Anche Luke sguainò il suo pugnale quando un ruggito minaccioso percorse la radura. I mostri si riversarono fuori dalle loro tane.

-”Arrivano! Mantieni la calma e tieniti pronto.”

La prima creatura che ci venne incontro era una dracena, una donna con due viscide code da serpente al posto delle gambe.

Squadrò Luke e si leccò i baffi.

-”Sssalve tesssoro. Vieni qui a farti asssaggiare.” Si avventò contro mio figlio con gli artigli pronti a colpire, e naturalmente lui aspettò fino all'ultimo secondo prima di spostarsi di lato e mozzargli la testa.

-”Bel colpo.” Gli dissi.

-”Grazie, me lo ha insegnato mamma.”

ROOAAARRR!!!

Un altro mostro correva verso di noi. Era un gigante lestrigone.

-”Grrrrr, vi cuocerò in forno e poi vi inghiottirò in un sol boccone.”

-”Lo sai che non va bene mangiare senza masticare prima.” Lo incalzò Luke, “Lasciamelo papà, a questo ciccione ci penso io.”

-”Ehm, Luke...ne sei sicuro?”

-”Certo.”

Il gigante sguainò una scimitarra lunga almeno un metro e mezzo.

-”Ok... è tutto tuo!!!” Mi gridò mio figlio, che andò a nascondersi dietro di me.

Caricai contro il mostro, il quale vedendomi arrivare calò la sua arma verso il terreno, cercando di colpirmi. Tipico di quei tizi. Contano solo sulla forza fisica. Sgattaiolai dietro di lui e lo ferii ad entrambe le caviglie, costringendolo ad inginocchiarsi. Gli saltai sulla schiena e caricai un affondo con la spada, che si conficcò nella sua schiena. Il mostro ululò dal dolore.

Ero pronto per il colpo di grazia. Sollevai la spada ancora una volta e menai un fendente. Era quasi fatta, quando...bip.

Non ci vidi più. Ero avvolto dal buio.

-”Ehi, chi ha spento la luce?” Si lamentò Luke.

Mi tolsi gli occhiali del 5-D e vidi Annabeth in piedi dietro allo schermo TV, con i cavi della console in mano.

-”Mamma, hai rovinato il finale!” Brontolò Luke, “papà stava per decapitare un altro gigante.”

-”E' tutto il pomeriggio che state giocando, adesso basta. Luke, hai finito i tuoi compiti?”

-”Quasi.”

-”Quasi!? Percy, non lo hai aiutato prima di iniziare a giocare?”

Le feci gli occhi dolci.

-”Oddei, cosa devo fare con voi due.” Indicò entrambi.

-”Ma, mamma. Le vacanze estive sono appena iniziate e mancano quasi tre mesi alla riapertura della scuola.” Luke cercò di sembrare triste.

-”Non mi interessa. E' meglio se li finisci subito, così potrai concentrarti di più al campo.”

Un sorriso si materializzò sul viso di Luke.

-”Cosa? Sul serio? Dite davvero?” Ci fissava entrambi.

-”Te lo avevamo promesso,” Gli dissi, “Come regalo per il tuo decimo compleanno.”

Cominciò a saltellare sul posto, per poi fiondarsi su per le scale.

-”Se mi cercate sono in camera mia che inizio e finisco i compiti!”

Rimasi da solo con Annabeth. Notai che mi scrutava con la sua solita serietà.

-”Che c'è?” Chiesi. Il suo sguardo cambiò da arrabbiata a triste.

-”Niente. Cioè, sono solo un po' preoccupata per lui. Deve già cominciare l'addestramento.”

-”Hei, tu avevi sette anni quando sei arrivata al campo.”

-”Lo so. Ma, è un mondo difficile.”

-”Capisco come ti senti. E' sempre stato un mondo difficile. Andare al Campo Mezzosangue è la cosa più giusta.”

Annuì e mi guardò negli occhi.

-”Però, ho sempre il timore che non ce la possa fare.”

-”Dimentichi che è figlio nostro.”

La nostra conversazione fu interrotta da una bambina che mi chiamava.

-”Papà! Papà!”

-”Questa dev'essere Bianca. Meglio che tu vada, mi occupo io dei compiti di Luke.” Mi disse Annabeth.

Salii le scale ed entrai nella stanza delle bambine.

Oh, già! Non ve le ho ancora presentate. Sono due gemelle, nate tre anni dopo Luke. Hanno i capelli neri e gli occhi grigi come una tempesta (ereditati chiaramente da Annabeth). Avevamo deciso di chiamarle come le nostre amiche cacciatrici cadute eroicamente: Bianca e Zoe.

-”Papà.” Bianca era seduta vicino alla scrivania ed aveva un grosso libro aperto davanti agli occhi.

-”Bianca, che cosa c'è?”

-”Non riesco a rispondere a questa domanda di epica.”

Faticai a leggere la prima domanda a causa della dislessia, ma alla fine ci riuscii.

-”Chi fu l'eroe ad uccidere Medusa?” Lessi ad alta voce,”Ma scusa, sei in seconda elementare e l'insegnante ti assegna queste domande impegnative?”

-”La signora Marshall dice che io ho un quoziente intellettivo più alto rispetto a quello dei miei compagni.”

-”Capito. Chi era il marito di Andromeda? Pensaci su e troverai la risposta.”

Riuscivo a vedere gli ingranaggi nella sua testa che elaboravano centinaia di pensieri contemporaneamente. Mi ricordava moltissimo Annabeth.

 

Il momento di cena arrivò velocemente e tutti mangiammo pollo e roastbeef. Facemmo appena in tempo a finire il pasto e sparecchiare che suonò il campanello.

Luke corse ad aprire e restò fermo sul ciglio della porta.

-”Ciao. Non ti ricordi di me, vero?”

-”Ehm...” Balbettò Luke.

Arrivai anch'io e mi trovai davanti una signora di mezza età. Aveva i capelli color nocciola raccolti. Il viso era pallido, aveva un rossetto color ciliegia e indossava un lungo abito bianco. Mi ricordava una celebrità degli anni 20. Mi chiesi se stesse andando ad una festa in maschera o a qualcosa del genere.

-”Ciao Percy.”

Chinai la testa, ”Era.”

-”Non aspettavi la mia visita?”

-”A dire il vero no.”

-”Ma come? Annabeth non te l'ha detto? Io faccio visita ai figli dei mezzosangue ogni decennio. E se non mi sbaglio il piccolo Luke oggi compie dieci anni.” Era gli strofinò i capelli e lo spettinò.

-”Beh,” dissi, “vuole accomodarsi?”

-”Oh no, ti ringrazio ma vado di fretta.” Puntò il dito in fondo al viale e notai un uomo con uno smoking azzurro gessato che aspettava impaziente in un'auto. Suo marito non si prese la briga di salutare.

-”Sono venuta per dare questo a Luke.” Estrasse un piccolo pacco dalla borsetta e lo consegnò a mio figlio, ”Per il festeggiato.”

-”Grazie.” Lui lo prese e sorridendo sgattaiolò via in soggiorno. Subito dopo arrivò Annabeth.

-”Percy, Luke aveva un...” Si fermò, rivolse uno sguardo alla dea e chinò anche lei il capo.

-”Divina Era.” Disse, anche se non sembrò molto entusiasta.

Non mi stupisce, quelle due non si erano mai sopportate.

-”I vostri figli crescono.” Ci disse Era.

-”Beh, mi sembra logico.” Le rispose Annabeth, cercando di essere la più cordiale possibile. La dea non si offese, era abituata.

-”Volevo solo informarvi che Clarisse e Chris hanno avuto un altro figlio. Una bambina.” Quella notizia mi rallegrò subito.

-”Davvero? Come l'hanno chiamata?” Domandai.

-”Credo che tu lo sappia.”

Il loro primogenito era stato battezzato Charles.

-”Silena.” Dissi.

Era annuì.

BIIIP BIIIP

Zeus stava suonando il clacson in macchina e la dea sbuffò.

-”Arrivo, arrivo. Beh ragazzi, statemi bene. Credo che ci rivedremo presto.”

La salutammo (sì, anche Annabeth) e raggiungemmo Luke.

Aveva scartato il pacchetto di Era ed un'espressione perplessa gli era comparsa sul volto.

-”Che cosa ti ha regalato?” Chiesi.

Lui indicò un calendario ricco di foto di pavoni. Una salvadanaio a forma di mucca e un catalogo di vestiti maschili.

-”Papà, quella era una dea?” Mi domandò.

-”Sì.”

-”Allora poteva sforzarsi un po' di più nel scegliere i regali.”

Annabeth concordò con lui e dopo averlo consolato ed avergli parlato che sarebbe andato al campo lo convinse ad andare a letto.

Uscii di casa e dopo pochi metri mi stesi sulla sabbia. Era questo il bello di abitare vicini allo stretto di Long Island; eravamo sia vicini al Campo Mezzosangue sia al mare.

Guardai intensamente l'oceano, quando qualcosa si mosse alle mie spalle.

-”Papà.”

-”Zoe!” La chiamai, “che ci fai qui fuori? Non dovresti dormire?”

-”Non ci riesco, e poi Bianca continua a leggere il suo libro e non spegne la luce.”

-”Ok, ok. Ho capito.”

Lei sorrise e mi si mise in braccio. Il mio sguardo si soffermò per un attimo sulle stelle.

-”Hey Zoe.”

-”Mmm?”

-”La riconosci quella?” Indicai un punto nel cielo.

-”Ercole.”

-”E quell'altra poco distante?”

Ci pensò un momento.

-”Non me la ricordo.” Disse.

-”Leone. Ti sfido.” Le dissi, “Quella.”

Le indicai una costellazione che brillava più delle altre.

-”Non saprei.”

-”Apri la mente.”

Lei alzò il braccio e tracciò una linea immaginaria con il dito, come per unire la stelle.

-”Sembra una ragazza. Con un arco.”

-”Zoe Nightshade.”

-”La cacciatrice.” Fissò le stelle con aria sognante, “Un giorno sarò come lei, papà. Un'eroina.”

Le annuii e la ascoltai mentre parlava di come non vedesse l'ora di andare anche lei al campo, fino a quando Morfeo ci accolse nelle sue braccia.

 

 

Questo capitolo è dedicato a Sister of Percy, Sapientona e ValeryJackson ; che hanno seguito la vita di Percy fino a qui. Ancora grazie. 

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