The Mad Hatter's inferno.

di Rebel Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cappellaio matto che non è più matto. ***
Capitolo 2: *** Se cerchi qualcuno , assicurati almeno che quel qualcuno esista veramente ***
Capitolo 3: *** E se la pazzia fosse la normalità? ***
Capitolo 4: *** Una tazzina rotta: la pazzia di Hatter in bilico? ***
Capitolo 5: *** Le cose imparate si dimenticano presto ***
Capitolo 6: *** Che cosa è incivile e che cosa non lo è ***
Capitolo 7: *** Ogni vero inizio ha un suo litigio ***



Capitolo 1
*** Un cappellaio matto che non è più matto. ***


hatter

C'erano delle volte in cui il cappellaio matto si interrogava per trovare il motivo della sua pazzia. Era una cosa davvero strana vedere un cappellaio matto che si metteva a formulare discorsi con una logica e intelligenti. Eppure era da un po' di tempo che nella sua mente era accovacciato, silenzioso e martellante, quel unico pensiero che lo tormentava da un paio di giorni. Come aveva fatto a raggiungere la pazzia? Come diavolo aveva perso il senno? Ma la domanda che più lo assillava era una soltanto. Perché diavolo si stava facendo tutto quelle domande?
Il cappellaio matto sedeva silenzioso sulla sua grande poltrona di velluto viola, i capelli arancioni quasi fosforescenti spettinati e arruffati, così crespi e in disordine da dare l'impressione di non vedere l'ombra di una spazzola da molto tempo ormai. I suo amato capello nero era posizionato sopra al tavolo, proprio vicino a lui, tra una vecchia teiera bianca e malconcia e un tazza che, reduce dai numerosi lancia da parte della lepre marzolina contro a qualche albero o malcapitato, era priva del manico circolare.

L'uomo osservava silenzioso il liquido rossastro all'interno della tazza bianca, contemplando assorto il riflesso dei suoi occhi sulla superficie del the. Quegli occhi, di un verde sfavillante, erano leggermente stanchi e spenti. Il cappellaio inarcò un angolo della bocca, appoggiando il mento sul palmo della mano destra. Sentì un fruscio alle sue spalle ma non ci fece caso. Ormai non faceva più attenzione a nessuna cosa attorno a lui.

“C'è qualcosa di strano nell'aria. Un cappellaio matto che non fa più il matto. La cosa è preoccupante anche per noi gatti...”

La voce pacata e calda dello Stregatto gli arrivò alle orecchie. Era da molto tempo che quel micione blu non si faceva vedere al the dei matti del Cappellaio. Forse perché il Cappellaio matto non dava più ragioni di sedersi con lui a festeggiare da parecchio tempo ormai. Da quando quel pensiero si era impossessato della sua mente, di quell'uomo strambo e pazzo non importava più niente a nessuno.

Gli occhi verdi del cappellaio si alzarono di poco dalla tazza, visibilmente indifferenti alla presenza del gatto.

“Che cosa mi sta succedendo, Stregatto? E' da un po' di tempo che la mia testa è piena da strani pensieri. Mi interrogo sul motivo della mia pazzia e poi sento che qualcosa mi manca. Non riesco più a ballare la deliranza, non provo piacere nel prendere il the con la lepre marzolina e nemmeno andare in giro nel basco a parlare da solo e a fare discorsi senza senso mi rende felice. Che sia già giunta la fine per il Cappellaio Matto?” domando l'uomo, prendendo un cucchiaino argentato e mescolando con poco interesse lo zucchero rimasto sul fondo della tazza che non si era ancora sciolto al calore della bevanda bollente.

Lo Stregatto volteggiò nell'aria fredda, scomparendo per alcuni secondi e poi riapparendo proprio sopra alla testa del l'uomo.

“Facciamo un gioco Cappellaio. Proviamo a pensare a tutte alle parole che iniziano per A...inizia tu, mio buon amico.” miagolò il gatto blu, prendendo tra le sue mani il capello nero e osservandolo con grande interesse.

Il Cappellaio piegò la testa di lato, socchiudendo appena gli occhi. Lo Stregatto notò la sua espressione leggermente seccata e rimise il cappello al suo posto, spolverandolo appena con la zampa.

“Oh..chiedo scusa..” mormorò, esibendo uno dei suo enormi sorrisi.

Il Cappellaio sorrise sarcastico, concentrando la sua attenzione sul cappello nero.

“Tutte le parole che iniziano per A dici? Sembra una cosa interessate...vediamo , lasciami pensare.” rispose l'uomo.

“Tutto il tempo che vuoi, Cappellaio. Permettimi di prendere una tazza di the mentre attendo.” disse il felino, sistemandosi sopra una sedia e riempiendosi una tazza verde di caldo the.

Il Cappellaio Matto prese delle zollette di zucchero dalla zuccheriera e comincio ad sistemarle una sopra all'altra, costruendo in questo modo una piccola torre bianca .

“Albero...Anfibio....Arcobaleno...Amore..Arco...”

“Molte bene, lascia provare me. Altare...Argilla...”

“Ancora....Architetto...”

“Alice...”

“Esatto gatto, non ci avevo pensato..Alice..” esclamò il Cappellaio, battendo le mani felicemente. La sua espressione contenta mutò all'improvviso, la sua bocca si piegò all'ingiù, i suoi occhi si spensero e perfino i suoi capelli sembravano aver perso colore.

“Alice....la mia Alice....” mormorò l'uomo, stringendo la stoffa della tovaglia, le nocche leggermente bianche a causa della forza con cui stringeva la tovaglia “Come..come ho fatto a dimenticarla?”

“I Cappellai dimenticano...lo hanno sempre fatto...” rispose lo Stregatto, sorseggiando il suo the, deliziato dal gusto dolce della bevanda.

“Ma come ho potuto dimenticare lei...Alice...che..che stupido..Cappellaio! Merito di bruciare all'inferno!!” esclamò l'uomo, prendendo la sua tazza e lanciandola con forza contro ad un albero li vicino. La tazza si frantumo in mille pezzi, il the rosso colò giù lentamente dal tronco marrone.

Il Cappellaio sbatté le mani sul tavolo, piattini, cucchiai, tazze e teiere vibrarono al gesto, alcuni bicchieri rovesciarono il loro contenuto sulla tovaglia. Una grande macchia scura si espanse sul tavolo. Lo Stregatto alzò in tempo la sua tazza prima di essere investito da una piccola pozzanghera di the.

“Stupido...stupido...stupido...” mormorò l'uomo, nascondendo il viso tra le mani bianche e ossute.

Lo Stegatto svolazzò nell'aria, avvicinandosi cautamente al cappellaio, sorseggiando il poco the rimasto.

“Tipico di voi matti...perdete la calma molto rapidamente...” disse il micione blu, facendo dei cerchi in aria.

“Ora capisco...ora capisco il motivo dei miei affanni..” mormorò l'uomo “ Alice..quella Alice...l'ho dimenticata....ho dimenticato la ragione della mia pazzia...la ragione per cui sento questo vuoto dentro di me..”

“Beh..può sempre dimenticarla di nuovo...e sperare questa volta di non ricordarla più...” esclamò lo Stregatto “ Ormai sarà vecchia...o peggio..morta...e anche se fosse in vita..non si ricorderebbe più di te...di un Cappellaio Matto che ha incontrato in un sogno da bambina...”
Il Cappellaio alzò lentamente la testa. Aveva capito, aveva capito quello che doveva fare. Condivideva il pensiero del gatto, l'Alice che aveva conosciuto era di certo morta, troppo tempo ormai era passato dall'ultima volta che si erano incontrati.


Troppo tempo, forse cent'anni....


Il Cappellaio si alzò di scatto in piedi, rovesciando la grande sedia alle sue spalle.

“C'è sempre un'Alice che attende il Cappellaio Matto!!” esclamò l'uomo, le labbra rosee inarcate in un sorriso pazzo...un vero sorriso da Cappellaio. Prese un il cappello nero, lo sistemò accuratamente sulla testa piena di capelli arancioni e, dopo aver lanciato un'occhiata all'amico gatto, disse:

“Arrivederci, amico mio. Salutami la capocciona e dille che il cappellaio matto è andato a riprendersi Alice.”

Lo Stregatto per poco non sputò tutto il the.

“Ma sei impazzito??? Non puoi lasciare il Sotto-mondo!! E' una cosa proibita!!” esclamò il gatto, seguendo il cappellaio che avanzava con passo deciso verso la foresta.

“E' inutile che tenti di fermarmi, ho preso la mia decisione!! Baci, saluti e un buon non-compleanno a tutti!!” rispose l'uomo, saltellando felicemente e guardandosi intorno alla ricerca di quel buco che lo avrebbe portato nel mondo in superficie. Ma la domanda era...dove diavolo era finito quel buco??

“ Cappellaio ascoltami! Se vai in superficie cambierai aspetto! Non avrai più le tue sembianze!”
“Non importa...”

“Potrebbe non riconoscerti!”

“Non mi importa!”

“Potresti tu non riconoscerla...”

Il cappellaio si arrestò di colpo. Inclinò la testa di lato.

“Questo mi importa...”

Scrollò le spalle e ricominciò a camminare lungo il sentiero. La sua voglia di raggiungere il mondo in superficie gli aveva così annebbiato la testa, facendogli perdere anche quel piccolo barlume di lucidità, che non si rese nemmeno conto di avere sotto i piedi proprio quel buco che stava cercando tanto. Più precisamente se ne rese conto, ma solo quando ci cadde dentro.

Lo Stregatto lo osservò scivolare lungo quel tunnel di terra e polvere. Si passò una zampa sul viso e mormorò:

“Stupido di un Cappellaio Matto..”

Salve!!! é la prima mia fan-fic sul paring Alice-Mad Hatter....vi prego, recensite e siate clementi!!! ^^ Un bacione a tutte quelli che hanno solo letto... KISSSSSSSS

REbby ^___^


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Capitolo 2
*** Se cerchi qualcuno , assicurati almeno che quel qualcuno esista veramente ***


cappi

Il cappellaio matto si ricordava che una volta, quando era ancora piccolo e decisamente sano di mente, sua nonna gli raccomandava sempre di non giocare nel giardino di casa. Era un grande giardino, pieno di alberi in fiore e frutti colorati e dall'aspetto molto invitante. L'erba era verde, fresca e soffice sotto ai piedi di chi la calpestava. Era davvero in bel prato, un prato così vasto da stuzzicare la voglia di giocare di un piccolo bambino dai capelli arancioni fosforescenti e dai grandi occhi verdi. Eppure la sua cara nonnina non lo lasciava mai giocare in quel vasto cortile.

“Non ci devi mai andare, piccolino” gli ripeteva la vecchietta “ al centro di quel bel giardino c'è un grande buco, proprio vicino a quell'albero laggiù. Lo vedi? Se ci cadi dentro, verrai sballottato di qua e di là, su e giù, la tua testa andrà sotto e sopra. Ti sentirai come dentro ad un grande tornado e ogni singolo muscolo del tuo corpo sarà indolenzito e proverai un mal di testa che a fatica si può immaginare!”

Ora il cappellaio ne aveva la conferma. La vecchia donna aveva proprio ragione, quel buco al centro del suo giardino non poteva essere descritto con parole migliori. Uno scombussola cervelli, ecco che cos'era. E ora che quelle sensazioni e qui dolori li stava provando proprio sulla sua pelle, l'uomo con i capelli arancioni non poteva far altro che ringraziare la nonna per le parole di avvertimento e maledire la sua follia che lo aveva trascinato dentro a quel pozzo di terra e polvere.

Il cappellaio giaceva sopra a qualcosa di duro e bagnato. Attorno a lui non sentiva alcun rumore, solo il suo respiro affannato e pesante gli giungeva alle orecchie. Cerco di aprire più volte gli occhi, ma le palpebre era troppo pesanti e il suo corpo non seguiva nessun comando impostogli dal cervello. Il cappellaio cerco di muovere le braccia, qual tanto che bastava per issarsi sui gomiti e alzarsi. Una fitta all'addome lo colpì in pieno come una scossa elettrica, costringendolo a rimanere nella posizione originaria. Si fece scappare un gemito di dolore che riuscì ad attutire con un colpo tosse.

“Ok...ok....così decisamente non va....” mormorò, serrando i denti nel sentire la sua povera schiena mandare un leggero “Crack” a ogni suo movimento.

Sospirò appena, cercando di non respirare la polvere del suolo su cui era disteso, cosa che risultava impossibile dato che il suo viso pallido era letteralmente spiaccicato sul freddo pavimento. Tossì nuovamente, cercando di riassumere mentalmente quello che aveva fatto nei secondi precedenti. Buco, volo e caduta. Pavimento, dolore e qualche costola rotta, per non parlare della sua schiena che avrebbe dato le sue dimissioni da un momento all'altro. Il cappellaio si fece scappare una risata, sostituita immediatamente da un “ahi!” decisamente seccato.

“Che importa....basta che il mio cappello sia intatto...” disse il cappellaio, portandosi con fatica una mano sulla testa , felice di sentire il suo morbido e sgualcito cappello....Il cappellaio spalancò gli occhi di scatto, premendosi la mano sporca di terra sui capelli. Capelli, morbidi e decisamente in quantità minore rispetto a quello di cui era abituato. Dove diavolo era finito il suo cappello???? Dove diavolo era l'oggetto che completava la sua testa??

Ignorando gli spasmi di dolore che il suo corpo indolenzito gli lanciava, si alzò velocemente in piedi, barcollando appena. Le mani stringevano i capelli, così forte da dare l'impressione di volerseli staccare seduta stante.

“No..no...no...no.....” mormorò il cappellaio, lanciandosi occhiate in giro, cercando disperatamente il suo adorato cimelio. Camminò avanti e indietro, senza mai staccare le mani dalla sua testa. Polvere, polvere, polvere...metri e metri di pavimento vuoto e sporco, ma niente cappello...

Il cappellaio non lanciò a stento un urlo di disperazione. Alzò lo sguardo da terra, osservando l'ambiente in cui si trovava. Sembrava una sala da ballo, vari specchi ricoprivano le pareti della stanza, da una grande finestra entrava la luce copiosa del sole seguita da un vento freddo. Forse era inverno....

Qualcosa di bagnato gli cadde sopra alla testa...freddo e soffice..quasi impercettibile...

Il cappellaio fece qualche passo indietro, leggermente impaurito. Si guardo il palmo della mano...un piccolo fiocco bianco e freddo... Alzò la testa verso il soffitto, velocemente. Un grande buco adornava il soffitto, pezzi di travi e vetro stavano sotto a quel buco....sotto a quel buco ci stava proprio lui...

Gli occhi verdi del ragazzo osservavano leggermente impauriti il cielo..un cielo grigio...un cielo tipicamente invernale...

Osservò il pavimento sporco per poi riconcentrare la sua attenzione sul tetto distrutto e pronto a cedere da un momento all'altro.

“Credo di averlo fatto io....ma tu guarda che pasticcio...” mormorò il cappellaio, lanciando un'occhiata al suo palmo sporco e bagnato.

Poi accadde, il suo sguardo incontrò la figura che si rifletteva all'interno degli specchi.

Era un ragazzo, non troppo alto. Aveva più o meno 26 anni, i capelli erano castano scuro, così luminosi da dare l'impressione di essere stati inverniciati da un pittore esperto e decisamente folle. Non erano molto corti, scompigliati e in disordine. Il suo viso era pallido, troppo bianco per essere associato a quello di un essere umano. Dall'attaccatura dei capelli scendeva copioso un rivolo di sangue, scivolando giù lentamente lungo la guancia diafana, per poi andare a morire sotto al mento. I suoi occhi erano grandi, a taglio netto,contornati da un filo di matita nera e spessa, le iridi era di un verde acceso, così acceso da sembrare pure finti.

Il cappellaio riconosceva solo quegli occhi. Quei due pozzi misteriosi erano l'unica cosa che gli ricordavano vagamente il suo aspetto. Certo, erano molto diversi dai suoi alla forma naturale, ma quella colorazione era identica.

Il cappellaio fece alcuni passi in avanti, alzando lentamente la mano destra, sfiorandosi le guance e la fronte. Osservava stupito il suo riflesso allo specchio..così diverso...così....normale rispetto al suo vero aspetto. Fece scivolare lo sguardo sul corpo. I vestiti che portava, composti da una giacca pesante rossa, un foulard nero con teschi colorati, pantaloni gessati e scarpe arancioni, gli stavano decisamente larghi, così larghi da nascondere il suo fisico. Le maniche della camicia e della giacca gli coprivano le mani.

Il ragazzo toccò con le punte delle dita il freddo specchio, il suo riflesso che lo guardava...lui che guardava il suo riflesso.

“Oh.......ora capisco che cosa intendeva lo Stregatto....” disse il ragazzo, la voce flebile e quasi inudibile.

Rimase in silenzio per alcuni secondi, gli occhi che vagavano lungo il suo corpo, il suo viso e i suoi capelli. Inclinò la testa, inarcando un angolo della bocca.

“Bruttissimo.....si...è decisamente l'aggettivo che mi darei in questo momento...” disse il cappellaio, annuendo con convinzione.

Ad un certo punto la porta si aprì, un vociare concitato e dei gridolini arrivarono alle orecchie del ragazzo.

“E cosi avete mangiato una torta di cioccolato alta tre metri? Wow...sono davvero invidiosa!”

Il cappellaio si voltò di scatto, leggermente sorpreso da quelle voci. Nella stanza entrarono una ragazza giovane, fasciata in un completo da danza classica composto da un body nero e una gonnellina velata rosa. Le gambe erano fasciate in un paio di calze bianche, così aderenti da mettere in risalto il fisico esile e perfetto da ballerina. Aveva i capelli biondi raccolti in una crocchia elegante e ordinata. Ai piedi portava delle graziose scarpette da ballerina rosa. Dietro di lei, in fila ordinata, stavano circa 12 bambine tra i 6 e i 9 anni, vestite più o meno come la ragazza.

La ragazza si fermò all'istante, notando il disordine e i vetri sparsi al centro della stanza.

“Oh mio Dio...ma che cosa è successo?” esclamò la ragazza, la voce cristallina e dolce leggermente velata da un tono preoccupato. Il cappellaio rimaneva in silenzio ad osservarla. A dire la verità la sua volontà era indecisa tra l'idea di scappare alla velocità della luce fuori dalla finestra o quella di cadere in ginocchio in mezzo alla stanza e invocare l'aiuto dello Stregatto.

La biondina alzò lo sguardo dai resti del tetto e lo posò sulla figura che le stava a pochi metri di distanza. Indietreggiò di qualche passo, spingendo le bambine dietro alle sua spalle.

“E lei chi sarebbe??” esclamò la ragazza, le fronte aggrottata in un espressione leggermente stupita e impaurita, anche se i suoi occhi tradivano un sentimento di rabbia repressa verso quel sconosciuto che le aveva letteralmente distrutto il tetto.

Il cappellaio si guardò velocemente attorno, sorpreso dalla domanda della ragazza. Alzò di qualche centimetro la mano destra, puntando in dito indice verso se stesso.

“Cero che lo sto chiedendo a lei? Vede altre persone qui dentro?” rispose spazientita la ragazza, perdendo leggermente la calma.

“Oh....allora lo sta chiedendo a me....” mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo e osservandosi i piedi scalzi. Mise le mani in tasca, rimanendo sorpreso nel sentire che le sue dita avevano incontrato la fredda porcellana che caratterizzava le sue tazze da the. La tirò lentamente fuori dalla tasca della giacca. A quel gesto la ragazza indietreggiò di qualche passo, il viso leggermente preoccupato.

“Che cosa vuole fare?” esclamò la biondina, stringendo la mano ad una bambina.

Il cappellaio osservò la tazza che reggeva tra le mani, scheggiata proprio sul manico. Sorrise appena, alzando lo sguardo e puntandolo su quello della ragazza. Indico l'oggetto che reggeva in mano e disse divertito:

“Avete per caso del the?”




Ed ecco un nuovo capitolo. Ah, spero che vi piaccia. Ho cercato di descrivere il cappellaio come meglio potevo, spero di non avergli fatto perdere il suo fascino!!! ^^ La matita nera sotto agli occhi mi è venuta in mente guardando “Alice” un telefilm americano. Il cappellaio matto aveva proprio la matita sotto gli occhi...ed era davvero........^______________^

Comunque ora passiamo ai ringraziamenti:



DarkStar:: Grazie mille per il commento. Riguardo gli errori di grammatica....scusami davvero tanto, ma avvolte capita che non mi accorga di quello che scrivo. Spero di averne fatti di meno questa volta. Un bacione e spero che ti piaccia anche questo capitolo!! ^^ KISS


Shorten: Beh, che dire? Grazie per la recensione...non darmi troppa fiducia. La tua Sensei può sbagliare molte volte.... Big Bang!!! e dopo questa mi ritiro 0-0


Angel666: Ah..anch'io sono una patita delle storie al contrario!!! Sono contenta che ti sia piaciuta ^^...grazie per aver messo la mia storia nei preferiti. Non ti deluderò!! FIGHTING!!!!! Va beh, lasciamo stare ^^

Tawara: HALOA!!! Auguri anche a te....( pasqua è passata ma non importa... =_____=) sono contenta che la storia ti piaccia!!!! Alla prossima...kissu!!!^^


Deppendent94: HELLO!!! Spero che anche questo cappy ti sia piaciuto!! Il cappellaio....beh...spero di averlo fatto abbastanza affascinante...anche se ho i miei dubbi...BACIONI!!!



Bene, penso che sia ora di ritirarmi!!!

BYE BYE BYE

RABBY






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Capitolo 3
*** E se la pazzia fosse la normalità? ***


capp


Che cos'era la normalità? Quale definizione può essere ritenuta più appropriata per descrivere la normalità dell'essere umano? Il Cappellaio non aveva mai trovato una soluzione a tale domanda....

E come biasimarlo, pover'uomo? Come poteva egli sapere il vero significato di tale parola? Lui, uomo folle tra i folli, personaggio così ambiguo da suscitare quesiti che riguardano solo la pazzia nella sua forma più pura?

Eppure, molte persone se lo domandano.....

Alcuni si pongono tale domande rispondendo segretamente, dialogando in se stessi. Essi arrivano alla conclusione che la “normalità”, se essa può essere definita tale, non è altro che il mondo circostante. Una persona che ha un titolo di studio è definita “normale”, una madre, un padre, un contadino, un adolescente scorbutico.....tutto questo, tutto quello che segue le regole imposte dalla società viene classificato come la “normalità”.

Ma ci sono delle persone che cercano di arrivare a tale definizione additando gli altri, creando degli stereotipi che poi, inevitabilmente, gli altri seguono. Una persona che magari parla da sola o crede di vedere un unicorno che gli corre nel giardino di casa viene classificata come “Pazza” e chiusa in una struttura per curare la sua malattia.

“Quello è matto! Non vedete voi stessi? Come fa egli a vedere tale sciocchezza?”

Un mormorio incessante che rimbomba nella scatola chiusa in cui vivono i così detti pazzi. Il pazzo quindi crede di essere “anormale” e si richiude in quella scatola bianca, decidendo che la normalità detta legge su di loro che non possono seguirla.

Il cappellaio matto però, essendo pazzo, aveva un'altra teoria.....

Perché tutti coloro che non vedono le stesse cose che vede la massa debbano essere catalogati come “anormali”? Anche gli scrittori vedono e raccontano agli altri cose che non esistono, eppure essi non vengono ritenuti “fuori di testa” anzi, vengono lodati per i loro racconti .

Come diceva uno scrittore, la pazzia non è altro che il grado più alto dell'intelligenza....

Eppure il Cappellaio si chiedeva ancora che cosa fosse la normalità........




Il Cappellaio Matto si guardava silenziosamente in giro, giocherellando con il filo della manica della giacca che, durante la caduta di poco prima, si era ridotta ad uno straccio polveroso e scucito.

La stanza in cui si trovava era piccola e accogliente. Il calore prodotto dalla stufa a legna sistemata sotto alla finestra produceva un basso ronzio. L'orologio a forma circolare appeso alla parete ticchettava rumorosamente l'ora, le lancette che si spostavano lentamente e pesantemente da un numero all'altro. Al centro erano sistemate due poltrone foderate di velluto rosso e davanti ad esse c'era un tavolino rettangolare di vetro con adagiato sopra un vaso di porcellana con delle rifiniture d'oro. I fiori al suo interno erano bellissimi, una combinazione di rose blu dall'aspetto fresco e appena colte.

Il ragazzo sbuffò sonoramente, afflosciando il proprio corpo sullo schienale della poltrona, incrociando le braccia.

“In che guaio ti sei cacciato, vecchio pazzo..... il mondo in superficie può essere descritto con una sola parola....” mormorò il castano, lanciando un'occhiata al vaso di fiori. Piegò la testa di lato, arricciando il naso “......noioso.....”

La ragazza che aveva incontrato pochi secondi prima lo aveva accompagnato, per non dire trascinato con lo stesso trattamento che si riserva a un sacco di carbone, in quella stanza. Gli aveva urlato dietro qualcosa del tipo “rimanga fermo qui dentro e non si azzardi a scappare!”, il viso rosso e gli occhi pieni d'ira, e poi si era sbattuta la porta alle spalle, senza più aggiungere altro.

Il cappellaio non aveva fatto obbiezioni, dopo tutto gli aveva sfondato il tetto di quella strana stanza chiamata “sala da ballo”. Egli aveva aspettato pazientemente il ritorno della strana ragazza, rinquarato dal pensiero che ella stesse preparando del the da offrirgli, ma dopo 40 minuti in cui la biondina non aveva dato cenno di un immediato ritorno, il cappellaio stava cominciando a scocciarsi, per non parlare di quella noia che l'aveva assalito. Quel posto era troppo silenzioso, nessuna tazza o teiera da rompere, nessun piatto di pasticcini ….nessuno the! Per non parlare che il suo cappello non era lì con lui....

“L'avrò perduto durante il volo qui.....ma tu guarda che sfortuna....era un così buon cappello.....” socchiuse gli occhi, aggiungendo “ ….... un FANTASTICO cappello, per l'esattezza....”

La porta si aprì all'improvviso e all'interno della stanza si precipitò la ragazza bionda. Il cappellaio la osservò attentamente, notando che aveva cambiato abbigliamento. Portava un paio di Jeans scuri, un maglioncino nero con scollo a barchetta e i capelli, biondi e ondulati, le ricadevano dolcemente sulle spalle scoperte.

Il ragazzo ebbe un sussulto..... quei capelli, oro puro donato per amore a quella ragazza da Dio, gli ricordavano qualcosa...... qualcosa che aveva già visto, qualcosa che gli stava provocando una strana fitta allo stomaco....

Sobbalzò appena, portandosi una mano allo stomaco.

La ragazza gli lanciò un'occhiata distratta mentre prendeva posto sulla poltrona davanti a lui.

“Sta per caso male? La cosa non mi stupirebbe molto, dato il suo volo dal tetto della mia scuola...” esclamò la ragazza, incrociando le dita affusolate e pallide posando le mani sul ventre piatto.

Il cappellaio alzò lo sguardo lentamente, puntando gli occhi verdi su quelli azzurri della ragazza.

“Male, dice? Non credo...o meglio, ritengo che il suo ragionamento sia decisamente logico ma non credo che la causa di tale malessere sia la caduta...o forse lo dovrebbe essere.....o molto probabilmente lo è.....non sono un medico, non mi intendo di tali questioni.....” rispose il cappellaio, abbozzando un sorriso sghembo, non distogliendo lo sguardo da lei.
La ragazza sgranò gli occhi stupita, rimanendo scioccata da tali parole che apparentemente non seguivano un filo logico. Le aveva pronunciate con una tale velocità che a stento non avevano fatto cadere dallo stupore la bionda dalla poltrona. Eppure, benché fossero state pronunciate velocemente, erano perfettamente comprensibili, scandite e la sua dizione era impeccabile, quasi come il monologo di un attore di teatro.

“Lei parla sempre così?”

Il cappellaio sembrò pensarci su per alcuni secondi, alzando lo sguardo al soffitto.

“Se dicessi di no sarebbe una menzogna, se rispondessi che avvolte parlo lentamente direi la verità per metà..ma se invece rispondessi pianamente di si sarebbe la pura verità....”. Inclinò la testa di lato, sporgendosi un po' verso la ragazza. Ella si ritrasse di qualche centimetro sgranando gli occhi stupita.

“Cosa ritiene che sia più opportuno rispondere?”

La ragazza gli diede un leggero spintone per farlo indietreggiare alzandosi di scatto in piedi.

“Ritengo che l'ultima sia perfetta.....signor..?”

Il cappellaio la osservò silenziosamente.

“Signor?”

La ragazza sembrò leggermente scocciata da tale comportamento. Sembrava di dover parlare con un bambino cocciuto e testardo.

“Qual'è il suo nome?”

“Lei è sempre così scocciata?”

La bionda spalancò la bocca mentre un veloce sorriso tinse le labbra del ragazzo.

“Per l'amor del cielo, lei è totalmente pazzo....” esclamò esasperata, portandosi una mano alla fronte.

“Grazie del complimento....è bello essere lodati in questo modo ogni tanto...”

“Senta, per l'ultima volta...mi dica che cosa ci fa qui dentro e come diavolo si chiama altrimenti sarò costretta a chiamare la polizia, chiaro?”
Il cappellaio si portò un dito alle labbra, camminando avanti e indietro per la stanza...

“Vediamo.....per rispondere alla prima domanda.....” si fermò a pochi passi da lei, prendendo in mano una penna da sopra al tavolino e giocandoci divertito con il tappo “......direi che sarebbe più opportuno chiamarmi Hatter....benché essa sia una bugia per metà. Riguardo alla seconda domanda....”

Si avvicinò a lei, tenendo lo sguardo puntato al soffitto, le penna che roteava tra le sue dita.

“E' una storia molto lunga, direi quasi abissale come la mia pazzia.....non credo che lei voglia ascoltare quindi ritengo che sia inutile raccontarla....ma se la vuole ascoltare allora significa che non sarebbe poi una cosa stupida raccontarla perché starebbe a significare che lei ha la pazienza di ascoltare un pazzo...”

La ragazza incrociò le braccia al petto, addolcendo per la prima volta la sua espressione.

“La desidera ancora quella tazza di the?”

Hatter sorrise, abbozzando un inchino grossolano.

“Con molto piacere, miss..”






ANGOLO DELLA PAZZA °(^----^)°


Salve a tutti!!!!!!!!! Lo so, sono in ritardo di mesi e mesi e amen ma sono stata veramente impegnata!!!!!!!!!!!!!!!!

SCUSATE!!!!!!!!!!!!!!!

Prometto che mi impregnerò tantissimo per aggiornare con più velocità!!!

Riguardo ai fiori nel vaso.....ho trovato in internet che l'aquilegia è il fiore della follia però sinceramente ho preferito cambiare fiore perché, personalmente fa un po' schifio ( come si suol dire dalle mie parti).

La calla l'ho scelta a caso.....bah....

comunque spazio ai ringraziamenti:


Angyr88: Sono contenta che ti piaccia!! Spero che continuerai a seguirla....scusa per il capitolo corto ma non sapevo se lo stavo scrivendo bene quindi ho preferito tagliarlo ^^.. un bacio e grazie


Darkstar: Ciao! Ah sono contenta che ti piaccia il mio cappellaio! Nella mia testa aveva un'immagine più figa (scusa la parola) ma spero comunque di averlo fatto ugualmente bene! Riguardo al telefilm si chiamava Alice ed è del 2009...il cappellaio merita, fidati!!^^


Shorten: Ciao cara! Allora, sono contenta che ti piaccia mi raccomando continua a seguirla ^^


Tawara: Eh già, Alice che fa danza classica non c'è la vedo neanch'io ^^ però mi sembrava che ci stesse bene.....spero che continuerai a seguirla ^^


Candidalametta: Ho paura anch'io per lui! Grazie per aver letto spero che continuerai a farlo ^^


DolceRossellina: Nooo hai perso la mia fan fic!!!! No dai scherzo, ^^ sono contenta che vorrai continuare a leggerla...spero che ti sia piaciuto questo capitolo ...un baciottone ^^


Euridice Volturi: Ciao!! Grazie per aver letto, spero che continuerai a farlo!! Un baciottone^^




Bene, spero che questo cappy vi sia piaciuto......grazie anche a quelli che hanno solo letto!!

Alla prossima, speriamo presto °(T^T)°



Rebby



Rebby





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Capitolo 4
*** Una tazzina rotta: la pazzia di Hatter in bilico? ***


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La ragazza posò due tazze fumanti di the sul tavolino di vetro, accostando di fianco ad esse un piattino colmo di pasticcini assortiti e una zuccheriera bianca con delle rifiniture azzurre che le davano un aspetto molto grazioso. Il cappellaio osservò affascinato la propria tazza, cercando di coglierne ogni piccolo dettaglio.

“Che cosa c'è? Non le va più il the?” domandò la biondina, sedendosi sulla poltrona di fronte al ragazzo, accavallando con un gesto elegante la gambe, sorseggiando piano la bevanda calda e fumante,

Il cappellaio alzò di poco il viso, incrociando le mani sul ventre.

“Oh no, affatto....mi domandavo se è giusto bere il the in una tazza così perfetta e intatta.....”

“Scusi la domanda...ma lei come è abituato a prendere il the signor Hatter?”
“Beh.... ai the dei matti il leprotto marzolino è solito a rompere qualsiasi oggetto che è facilmente distruttibile, cosa che non mi reca nessun fastidio...... infatti, prendere il the in tazze distrutte e senza manico è davvero divertente.....o almeno, lo sarebbe...... perché se non lo fosse non lo sarebbe e quindi io non lo direi...”

La ragazza lanciò uno sguardo interrogativo e stupito da oltre la sua tazza, soffocando per poco una risata.

“Parla in un modo davvero strano......da dove viene, scusi?”

Il Cappellaio non parve prestarle attenzione, sembrava invece molto concentrato ad osservare la zuccheriera, mormorando qualcosa di incomprensibile tra di se.

“Signor Hatter, mi sta ascoltando?” esclamò la biondina, posando piattino e tazza e sporgendosi quanto bastava verso il ragazzo.

“Tecnicamente non lo sto facendo, anche se ritengo sia più opportuno farlo...” biascicò il cappellaio, alzando lo sguardo verso la ragazza. Prese in mano la tazza calda e cominciò a sorseggiare il the, mormorando un “chiedo scusa...” quasi impercettibile.

La biondina si passò una mano sulla fronte, distogliendo lo sguardo dal ragazzo e puntando sul pavimento.

“Ma perché sono qui a parlare con un povero pazzo! E' caduto da un altezza di 3 metri! E' sicuro di non aver niente?” domandò la ragazza, riavviandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio “ oltre al cervello completamente fuori uso...”

Il cappellaio abbasso la tazza, appoggiandola delicatamente sul piattino.

“Credo di no........sento uno strano dolorino alla schiena ma mi sono reso conto di tale cosa solamente adesso che me l'ha fatto notare...per no parlare che ho dei spasmi di freddo, dolori alla testa, dolori all'addome, un crampo al braccio, la fronte insanguinata, un livido sotto all'occhio....”

“Signor Hatter!”

Il cappellaio si morse le labbra, trattenendo il respiro.

“Grazie!” esclamò velocemente, ispirando rumorosamente l'aria che aveva trattenuto “ora sto meglio!”

La biondina lo guardò esterrefatta, l'espressione sul viso che diceva specificatamente “ Ma in che cosa mi sono invischiata?”

“Prima mi stava dicendo che si trovava qui perché è alla ricerca di una persona...”

Il cappellaio sgrano all'improvviso gli occhi, sputando tutto il the sul pavimento. Si alzò di scatto in piedi, facendo cadere la tazza per terra che si frantumò in mille pezzi.

“OH!!! Stupido di un cappellaio, ma dove hai la testa!? L'ossigeno di questo mondo ti sta ammattendo?! Devi cercarla prima che ella si dimentichi di te!” esclamò tutto d'un fiato, cominciando a correre avanti e indietro per la stanza.

La ragazza lo guardò stupita, trattenendo a stento un gridolino spaventato.

“Ma che le prende adesso? Si vuole calmare?”

“Non posso, non posso! Come faccio a trovarla?! Stregatto, maledetto felino, dov'è lei? Lo so che lo sai, i gatti sanno tutto!!”

“Stregatto?”

“Dove...dove....posso cercarla......ma quanti anni avrà ora? E se si è sposata o peggio......” si fermò vicino al caminetto, portandosi le mani ai capelli, gli angoli della bocca si piegarono all'ingiù, mentre il colorito già di per se pallido assunse una leggere sfumatura azzurrina.

“Se....se.....se...”

“Se cosa, signor Hatter?” esclamò esasperata la biondina, alzandosi in piedi e avvicinandosi al ragazzo che sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.

“Se è morta, defunta, passata oltre tempo, ha preso la barca trainata da Caronte, il cuore le ha smesso di battere in petto, ha chiuso gli occhi esalando l'ultimo respiro, se....”

La ragazza prese il viso del cappellaio tra le mani, voltandolo verso la sua direzione, lo sguardo leggermente adirato, le guance tinte di un leggero rossore.

“Signor Hatter, si vuole calmare? Le prenderà un colpo se non prova a stare calmo. Avanti, provi a respirare lentamente....”

Il cappellaio degluttì rumorosamente, osservando silenziosamente la ragazza negli occhi.

“Sono diventato matto, ragazzina?”

La biondina sorrise, posando le mani sulle sue spalle.

“Mi creda, io ne vedo molti di matti...sono una tirocinante in psichiatria....lei è totalmente pazzo, ha perso il senno, non può essere più considerato un cittadino americano con un po' di ragione in zucca...”

Il ragazzo rimase incantato ad osservarla, piegando un po' la testa di lato. Si stava segretamente domandando che diavolo fosse una psi...psi.....psi-che?

La biondina si inumidì le labbra, osservando le varie espressioni che passavano sul viso del castano.

“Lasci che gli sveli un segreto che ho imparato molto tempo fa...”

Si portò l'indice alla tempia, picchiettando leggermente.

“I migliori, sono sempre matti....”

Il cappellaio spalancò la bocca, facendo scivolare la braccia lungo i fianchi.

Poteva quella ragazza essere proprio lei....la sua Alice?

Istintivamente, fece una cosa che non avrebbe mai fatto a sottomondo, una cosa che gli trapassò il corpo come un scarica elettrica.

Aprì le braccia, accogliendo la ragazza all'interno del suo caldo abbraccio, stringendola come fa un bambino con il suo pupazzo preferito..




Forse......aveva ritrovato la causa della sua pazzia?





SAAAAAAALVE ^^

Eccovi un nuovo capitolo! Ringrazio con tutto il cuore DolceRossellina ,Angry88 e Shorten per aver recensito la mia fanfic!! Spero che continuerete a leggere^^

Grazie anche a tutti quelli che hanno solo letto anche se preferirei sentire il vostro parere ^^

Un baciotto e alla prossima ^^









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Capitolo 5
*** Le cose imparate si dimenticano presto ***


jkp

Il cappellaio non ricordava perfettamente i vari passaggi che l'avevano portato in quella situazione. Fatto sta che dopo aver abbracciato, o meglio quasi assalito Alice, la ragazza , presa da un eccesso di ira e di sgomento, aveva portato i palmi delle mani all'altezza del petto del cappellaio e, dopo aver cacciato un urlo, aveva spinto con forza il corpo del povero ragazzo lontano da se facendolo cadere lungo disteso sul pavimento non prima di aver urtato, durante lo spintone, lo spigolo della scrivania. A causa dell'acuto dolore alla fronte, che si era semplicemente aggiunto a tutti quelli che già stavano facendo tramare il suo povero corpo mal ridotto, non era riuscito a comprendere bene quello che Alice, in piedi vicino a lui, gli urlava addosso. Ricordava solo frammenti di frase, quali “ Lei è un idiota!” “ Non riesce a stare fermo almeno per un secondo!?” sostituiti ad intervalli da “ O mio Dio l'ho ucciso!” “ Mi dica che ha urtato contro il vasetto della marmellata, quello sulla sua fronte non può essere sangue!!”
Fatto sta, in qualche modo, Hatter si era ritrovo seduto su una sedia in mezzo al corridoio della scuola di ballo, la ferita alla testa che pulsava e un sacchettino di plastica rettangolare contenente del ghiaccio premuto contro la fronte. Benché il riscaldamento fosse alto nel corridoio, Hatter sentiva dei brividi di freddo corrergli lungo la schiena. Osservò silenziosamente la porta chiusa davanti a se, sul pavimento le ombre delle persone all'interno della stanza , sinuose come se fossero  vive, sbucavano da sotto la fessura della porta. Alice lo aveva letteralmente scaricato fuori dalla porta e, in compagnia di un uomo, si era chiusa all'interno della stanza da più di un'ora ormai. Le punte delle dita gli si erano congelate a causa del pacchetto di ghiaccio che reggeva in mano. Il ragazzo storse gli angoli della bocca in una smorfia, abbandonando il sacchetto sulla sedia di fianco alla sua. Il corridoio era deserto e le uniche voci che udiva provenivano da dietro quella porta che fissava ormai da un'eternità. Si alzò in piedi, urtando con un piede la gamba della sedia su cui aveva gettato il ghiaccio che, come era prevedibile, ruzzolò per terra con un tonfo. Hatter non si preoccupò del fracasso che aveva creato spostando la sedia. Si sistemò davanti alla porta di legno, appoggiò i palmi delle mani sulla sua superficie liscia e, dopo essersi morso nervosamente un labbro, accostò un orecchio alla porta. Le voci gli giungevano ovattate ma riusciva comunque a riconoscere a chi appartenevano.
“Quindi, da quanto posso capire, il ragazzo in corridoio ti ha sfondato il tetto dell'aula 13?”
“Sfondato?! Ha distrutto tutto! Il parquet ha un buco enorme nel punto in cui è caduto.”
La voce di Alice era alterata e, da quanto poteva sentire, la ragazza stava camminando avanti e indietro per la stanza.
L'uomo fece una pausa, sospirando appena.
“Hai idea di chi sia?”
“Ha detto di chiamarsi Hatter.”
“E di nome?”
“Non c'è nessun nome solo...” lasciò la frase in sospeso, prima di riprenderla accompagnandola con un sospiro “....Hatter.”
“Non mi sembra un ragazzo pericoloso. Forse sarebbe meglio se tu lo portassi in ospedale. Da quel momento possono occuparsene loro.”
Alice si fermò in mezzo alla stanza. Hatter rimase con il fiato sospeso, premendo di più l'orecchio sulla porta.
“Si, credo che tu abbia ragione. E' meglio se lo porto in ospedale.”
Hatter corrugò la fronte.
“Ospedale? Che diavoleria è questa?”
La porta si aprì di scatto, facendolo sobbalzare. I viso pallido e bellissimo di Alice gli comparve davanti agli occhi. La ragazza lo guardò stupita, corrugando la fronte.
“Signor Hatter, cosa diavolo stava facendo dietro alla porta?”
“Origliavo.”
L'uomo dietro ad Alice si fece scappare una risata che cercò di nascondere dietro alla sciarpa che, un po' goffamente, si stava sistemando attorno al collo.
“Almeno non manca di sincerità il nostro amico.” esclamò l'uomo, avvicinandosi ad Hatter , la mano tesa verso di lui. “Piacere di conoscerla, Signor Hatter, io sono Henry Coleman e....”
Hatter lanciò una veloce occhiata alla mano del signor Coleman. Ignorò le parole dell'uomo e velocemente, sgusciò dal suo campo visivo, sistemandosi nello spazio tra Coleman e Alice, rivolgendo le spalle all'uomo che, quasi divertito, si voltò per capire che diavolo ci stesse facendo quel ragazzo dietro di lui. Alice per poco non cacciò un urlo sorpreso nel ritrovarsi a pochi centimetri dal suo viso quello di Hatter.
“Che cos'è un Ospedale?” domandò il castano.

Alice, visibilmente stupita, ci mise un po' prima di poter formulare una qualsiasi frase che possedesse un soggetto e un verbo.
“Un ospedale.....è il luogo in cui vorrei....portarla signor Hatter.”
Hatter alzò un sopracciglio.
“Questo signor Ospedale equivale al fatto che io e te dobbiamo dividerci per un tempo indefinito o permanente?” domandò il ragazzo, pronunciando le parole una dietro all'altra, trattenendo quasi il fiato.
Alice sbattè le palpebre più volte, sorpresa.
“In un certo senso.....si?”
“Dica al signor Ospedale che in nessun modo, finché io sarò vivo, andrò a fargli visita se lui minaccia di separarmi da te.” esclamò il castano, annuendo con foga.
“Signor Hatter, un ospedale non è una persona.” rispose Alice, osservandolo con un filo di disperazione. Quel ragazzo la stava facendo diventare matta.
“Conosce così bene ogni minima essenza della parola Ospedale per poter affermare, a gran voce, che l'Ospedale non è una persona?” disse Hatter, alzando le sopracciglia.
“C-come?”
“ Come presumevo, lei non conosce l'Ospedale.”
Alice spalancò la bocca, sbalordita. Lanciò un'occhiata ad signor Coleman, alzando un dito e puntandolo contro il petto di Hatter.
“Vede, è questo a cui mi riferivo prima quando dicevo che è strano!”
Coleman rise di spirito, battendo una mano sulla spalla di Alice. “Ora capisco che cosa intendevi, Alice.”
Hatter spostò velocemente lo sguardo su Coleman per poi adagiarlo sulla mano dell'uomo sopra alla spalla della biondina. Arricciò gli angoli della bocca, seccato.
“Un'ospedale, signor Hatter, è un luogo in cui le persone ferite e mal ridotte si recano per ricevere delle cure.” disse Coleman, sorridendo divertito.
Hatter fece scivolare lo sguardo dalla mano dell'uomo, ancora sulla spalla di Alice, sugli occhi del signore.
“Ora che conosco la definizione di Ospedale riterrei adeguato dirle che lei, fra qualche secondo, potrebbe possedere le opportune caratteristiche per recarsi in tal luogo se la sua mano così odiosa non si sposta da....”
Alice sgranò gli occhi e, velocemente, premetté il palmo della mano sulle labbra del castano, facendolo quasi barcollare indietro.
“Si ricorda il discorso di prima, signor Hatter?” domandò con la voce tremante dalla rabbia, lanciandogli occhiate di fuoco. Hatter alzò gli occhi al soffitto, perplesso.
“E' incivile quello che ho detto?”
“Va ben oltre l'incivile!” esclamò seccata, sperando ardentemente di soffocarlo con le sue stesse mani. “Mi ascolti, signor Hatter, lei ha bisogno di un ospedale!”
“Se l'ospedale mi costringe a separarmi da lei allora ne faccio a meno delle sue cure.”
“Ma lei ne ha bisogno.”
“Si, suppongo di si. Ma, allo stesso tempo, tutto quello di cui ho bisogno per guarire si trova qui.”
“E che cosa le servirebbe?”
“Alice.”
Alice sgranò gli occhi, sentendo che, inconsapevolmente , stava arrossendo. Hatter sorrise, posandole con poca delicatezza una mano sopra alla testa.
“La mia dolce, dolce, piccola Alice. Ecco che cosa mi curerà.”
Coleman rise, infilandosi i guanti di pesante velluto.
“Alice, credo proprio che ti toccherà portartelo a casa.”





Scusa il ritardo!!!!!

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito ^^

Buone feste!!!!!!!!!!!!




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Capitolo 6
*** Che cosa è incivile e che cosa non lo è ***


hatter 4

Se il cappellaio matto avesse potuto, in qualche strano modo, associare una parola a quella situazione del tutto fuori dal normale, molto probabilmente sarebbe stata, IMPULSIVITA'.
Da quando era nato, non aveva mai e poi mai avuto il desiderio di abbracciare qualcuno, nemmeno per finta cordialità.
Quella ragazzina che stringeva tra le sue braccia aveva un buon profumo di the, la sua fragranza era qualcosa che cullava i pensieri del cappellaio. I suoi capelli biondi, cascate d'oro sulle sue spalle, erano morbidi sulla sua guancia. Sapevano da zucchero.

Il suo corpo era caldo, quasi lo poteva percepire attraverso i vestiti.
Hatter appoggiò il mento sulla testa della ragazza, gli occhi chiusi e un sorriso quasi infantile sulle labbra screpolate a causa del freddo. Quanto era piccola tra le sue braccia.
“Mia dolce pazzia, sei tornata a me.....” mormorò il ragazzo, sentendo la felicità scorrergli nelle vene come benzina nel serbatoio di una macchina. Già si immaginava la faccia che avrebbe fatto la Lepre Marzolina nel rivederlo tornare con al suo fianco Alice. Avrebbe riso dello Stregatto per averlo definito un pazzo per aver cercato di ritrovare Alice. Prima, naturalmente, si sarebbe fatto ridare il suo cappello.

“Ah, Alice, chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò. Vuoi la luna? No, quella non posso dartela, sarebbe troppo grande da impacchettare. Vuoi il sole? No, no..... ti scotteresti se lo tenessi in mano....”
“Signor Hatter, posso davvero chiederle qualcosa?” domandò la ragazza, il viso ancora nascosto sul petto del ragazzo. Hatter sorrise, stringendola più a se, come un bambino che stringe un nuovo giocattolo timoroso di perderlo.
“Certo che puoi. Se ti dicessi di no sarei in contrasto con quello che ti ho appena detto, ma se ti dicessi di si sarei in contrasto con quello che vorrei fare adesso che consisterebbe nel stare in questa posizione per molto tempo, forse l'eternità. Ma non possiamo sfidare l'eternità, perché se lo facessimo significherebbe che non siamo umani e in tal caso noi...”
“Signor Hatter...”
“Scusami, dimmi pure.”
La ragazza riempì con un gran respiro i polmoni, alzò il viso, incontrando gli occhi verdi del ragazzo.
“Non si permetta mai più di prendersi certe confidenze! Lo faccia di nuovo e chiamerò la polizia, intensi?” urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in corpo, scostandosi dal castano e chiudendo le mani in due pugni. Hatter chiuse un occhio, inclinando un po' la testa di lato e tappandosi con una mano un orecchio.
“Le hanno mai detto che urlare nelle orecchie di una persona è considerata una cosa incivile da fare?”
“Perché quello che ha appena fatto lei è da considerarsi civile?”
“Non ne ho la più pallida idea.”
“Allora non si permetta di dire se una cosa è civile e non civile se nemmeno lei sa che cosa lo è o non lo è!”
“Ma a questo punto nemmeno lei dovrebbe sgridarmi dato che lei ha fatto una cosa che è ritenuta incivile quanto la mia.”
“Lei...lei mi sta dicendo che ho torto?”
Hatter scrollò le spalle, mordendosi un labbro.
“E' lei che l'ha detto, non io.”
“O mio Dio, queste conversazioni mi faranno diventare pazza.” esclamò disperata la biondina, portandosi le mani tra i capelli e voltando le spalle ad Hatter.
“Oh, in questa caso continuiamo. Sarei felice se lei diventasse pazza come me.” rispose il castano, battendo felicemente le mani.
“Non lo dica neanche per scherzo!” disse la ragazza, voltandosi appena nella sua direzione e lanciandogli uno sguardo di fuoco. Dopodiché si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che vagava sul pavimento.
“E' chiaro che lei ha battuto la testa. Perché mi rifiuto di credere che lei sia veramente pazzo. Si, la causa deve essere quella. La botta in testa!”
Si fermò davanti ad Hatter, puntandogli gli occhi addosso.
“Da dove ha detto che viene?”
“Da Sotto-mondo. Vivo in un mulino abbandonato vicino ad una vasta foresta e tutti i giorni prendo il tè con la Lepre Marzolina e un ghiro.”
La biondina rimase di stucco, limitandosi a guardarlo basita. Hatter, dal canto suo, sembrava più interessato al lampadario.
“Si, ha preso una botta in testa...” sentenziò la ragazza, continuando a camminare avanti e indietro per la stanza.
Le sembrava tutto surreale. Quel ragazzo, che all'aspetto risultava molto attraente, certo non poteva negarlo, sembrava uscito da un cartone animato o peggio, da un libro illustrato per bambini.
I suoi discorsi erano senza senso, privi di logica.
Di certo quella botta l'aveva presa proprio forte.
Troppo assorta dai suoi pensieri, la ragazza non si accorse nemmeno che Hatter l'aveva raggiunta, posizionandosi davanti a lei. La biondina quasi inciampò nelle scarpe troppo grandi del ragazzo e andò, inevitabilmente, addosso al castano. Si massaggiò il naso, alzando il capo.
“Ma che diavolo...”
“Non ho afferrato il suo nome o molte probabilmente lei non me l'ha nemmeno detto. O, in conclusione, l'ho già dimenticato.”
La ragazza lo guardò stupita, desiderosa di afferrarlo per le spalle e scuoterlo con tutta la forza che aveva per fargli ritornare un po' di ragione in zucca.
“Non gliel'ho detto il mio nome, ecco perché non lo conosce.”
Hatter si chinò appena all'altezza del suo viso, inclinando gli angoli della bocca verso il basso.
“Seguendo la sua logica risulterebbe incivile chiederle se me lo può dire?”
“No, non direi...”
“Bene...Vede? Sto cominciando ad essere civile.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sospirando.
“Più o meno, si.”
Hatter inclinò la testa di lato.
“Quindi se lei non mi dicesse il suo nome, risulterebbe incivile?”
“D'accordo, è Alice. Contento ora? Il mio nome è Alice Liddell.”
Hatter si portò le mani alla bocca, strabuzzando i suoi grandi occhi verdi.
Alice lo guardò spaesata, corrugando la fronte.
“Che le prende adesso? Non mi dirà che trova qualcosa di incivile nel mio nome?” disse la biondina, non riuscendo a trattenere una risata che sembrava quasi esasperata. Hatter fece scivolare lentamente le mani lungo il viso, scuotendo la testa.
“Vecchio di un Cappellaio, c'è l'avevi davanti al naso e nemmeno l'hai riconosciuta...che io possa bruciare all'inferno per questo.” mormorò Hatter, sorridendo come un bambino.
“Eh?” fu l'unica esclamazione che Alice riuscì a pronunciare prima di ritrovarsi nuovamente tra le braccia del ragazzo che, quasi urlando, aveva accompagnato tale gesto con un sonoro: “ALICE!”
“Signor Hatter, me lo faccia ridire! Questo E' quello che prima abbiamo definito incivile!!!”





Ok, non aggiorno dall'era giurassica. Le scuse non servono, quindi godetevi questo capitolo ^^, sperando che qualcuno abbia ancora la pazienza di leggerlo ^^




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Capitolo 7
*** Ogni vero inizio ha un suo litigio ***


jack

“Mi stia vicino, signor Hatter. Se per qualche strano motivo dovesse allontanarsi da me non ho nessuna intenzione di venirla a cercare, le è chiaro questo?” esclamò stizzita Alice, facendo scattare la serratura della grande porta d’entrata della scuola di danza. Il signor Coleman si sistemò il cappello sulla testa, ridendo a bassa voce e lanciando occhiate dietro alle spalle della piccola ragazza.
“Alice cara, credo proprio che tu non debba ripeterglielo tante volte.” Disse l’uomo, sorridendo nel vedere Hatter in piedi dietro alla ragazza, un sorriso compiaciuto sulle labbra screpolate dal freddo e piene di lividi  a causa della caduta di poco prima. Alice gli lanciò un’occhiata veloce, piegando le labbra in un espressione leggermente scocciata.
“Se lo porto a casa con me è finita. Come farò a dire a David che ho portato nel nostro appartamento un tizio pazzo senza dimora che ha sfondato il soffitto della mia scuola di danza?” esclamò la biondina, infilando le chiavi nella tasca del pesante cappotto azzurro, controllando un ultima volta che la porta fosse ben chiusa. Il marciapiede davanti alla scuola era deserto. La neve aveva ricoperto ogni centimetro della strada e il vento, freddo e tagliente, sferzava il loro viso in modo costante.
“Oh, il caro vecchio David. E’ un bravo ragazzo, vedrai che se li spieghi la situazione lui capirà.” Disse il signor Coleman, stringendosi nel suo soprabito scuro. Scesero lentamente i gradini innevati, stando attenti a dover mettere i piedi. Hatter si guardava in giro silenziosamente, non prestando molta attenzione alla neve che si stava posando sui soffici capelli castani.
Alice si fermo a pochi passi da lui, lanciandogli occhiate dubitanti.
“Che cosa sta facendo fermo lì in quel modo? Ha per caso ricordato dove abita?”
Hatter poso gli occhi su quelli di Alice, fissandola intensamente. Alzò lentamente un braccio e con l’indice pallido che sbucava dalla manica della giacca troppo larga, indicò il cielo.
“ Non credi anche tu, Alice, che quando nevica i rumori diventino magicamente ovattati? Le persone secondo me non ci fanno tanto caso nel tuo mondo. E’ come se la Regina Bianca facesse cadere, insieme alla neve, un incantesimo sulla città. E’ come vivere in un grande ,bianca , soffice e ghiacciata palla di vetro!” disse il ragazzo, aprendo le braccia e piegando la testa all’indietro. Un fiocco di neve gli solleticò il naso e il castano non riuscì a trattenere un starnuto che risuonò per tutta la strada deserta.  Alice salì gli scalini, prendendolo delicatamente per la manica della giacca e trascinandolo verso il marciapiede.
“Benché sia uno spettacolo bellissimo la neve, se rimane un altro po’ sotto questa bufera si prenderà una polmonite, signor Hatter!” esclamò Alice, cercando a stento di far suonare il tono della voce più autoritario possibile benché, nascosto dietro alla pesante sciarpa rossa, un sorriso divertito le si era fatto strada tra le labbra rosee. Hatter tirò sul col naso, lasciandosi trascinare dalla biondina lungo il marciapiede innevato.
“Anche prendere la polmonite può essere una cosa interessante. Come dice sempre lo Stregatto: “Ciò che non ti uccide ti fortifica Cappellaio!”
“Ma la polmonite non è una cosa con cui scherzare, signor Hatter. Solo l’ospedale può…” disse il Signor Coleman ma venne prontamente fermato dalla voce di Hatter che, avvicinatosi minacciosamente a lui, picchiettava l’indice sul suo petto mormorando: “ Ancora questo signor Ospedale! Mi può dire dove diavolo abita questo uomo così sapiente che riesce a curare così tante cose? Vorrei proprio fare quattro chiacchiere con lui!”
“Dovrebbe proprio incontrarlo sa?! Almeno potrebbe curare quella botta in testa che si è preso e farle tornare un po’ di sano buonsenso in zucca!” esclamò Alice, strattonandolo per la manica della giacca in un vano tentativo di allontanarlo dal pover uomo.
“Oh no. La mia pazzia non si prende mica con una semplice botta in  testa! E’ una cosa che si tramanda per generazioni, dopo molto uso di mercurio per costruire cappelli, lunga giornate a chiedere risposte a indovinelli impossibili, the annacquato con zucchero …”  Lo sguardo minaccioso di Alice lo fece zittire per alcuni secondi. Si sistemo il colletto della camicia, guardando altrove. “ …… dai bambina non aveva quello sguardo….così….spaventoso…direi quasi folle…...Alice, sei impazzita come me? Ma allora siamo perfetti!”
“Io non sono pazza, è lei folle!”
“Alice, Alice… così mi farai arrossire.”
“Ma cosa diavolo è lei esattamente??”
“Un cappellaio. No, no. Più precisamente IL Cappellaio.”
“Un cappellaio senza cappello?”
Hatter spalancò la bocca per ribattere ma le parole li morirono in bocca. Schioccò la lingua, per la prima volta stizzito.
“E’ una nuova moda di sottomondo, ragazzina. I cappellai potranno anche girare senza cappello, no?”
“Ma allora non si chiamerebbero più cappellai se non avessero un cappello, no?”
“E allora un fabbro perde il suo titolo se non si porta sempre appresso un martello?”
“ e allora perché lei non ha il cappello?”
“ e allora perché lei non ha il tutù?”
“Perché dovrei portare il tutù?”
“ Perché è una ballerina, no? E le scarpette dove sono? E le calze? Lo chignon? I nastrini?”
“Ma non posso portarli sempre! Non portarli non significa che non sono più una ballerina.”
Hatter sorrise compiaciuto, alzando la mano e puntandogli contro un indice. Alice, dal canto suo, aveva la bocca spalancata e la fronte corrugata per lo stupore.
“Ho vinto, guarda un po’.*” Esclamò Hatter, gongolando come un bambino che ha appena ricevuto una scatola di cioccolatini per Natale. “ Non lo sa il detto: “Mai sfidare un uomo folle se sai che è un Cappellaio”?”
“Non esiste quel detto!”
“Un detto comincia ad esistere nel momento esatto in cui qualcuno lo inventa.”
“Ma…ma…”
Il signor Coleman batte le mani, attirando l’attenzione dei due verso di se.
“D’accordo bambini, smettetela di litigare. Alice, tesoro. Il tuo taxi è arrivato. A quanto pare eri troppo concentrata a battibeccare con il signor cappellaio che non l’hai nemmeno notato.” Disse l’uomo, indicando un taxi nero che si era appena fermato vicino al marciapiede.
“Perché la chiama tesoro?” esclamò Hatter, visibilmente stupito.
“Perché non dovrei, signor Hatter?” rispose Coleman, già pronto a farsi quattro risate dalla risposta del ragazzo.
“Non è un tesoro.”
“Perché non lo è?”
“Non sta in un scrigno. E nemmeno in un isola deserta.”
Alice si passò un mano sul viso, scuotendo la testa, mentre Coleman rideva di guasto sotto lo sguardo perplesso di Hatter.
“La prego, signor Coleman, almeno lei.” mormorò la biondina, lanciando un’occhiata disperata al vecchio uomo. Coleman le batté una mano rossa e fredda sulla spalla.
“Se lo porti a casa, Alice. Con quei vestiti bagnati e leggeri rischia di morire assiderato. Ci vediamo domani mattina.” disse l’uomo e, dopo aver fatto un cenno al castano, attraversò la strada. La sua figura massiccia e scura era in netto contrasto con il candore della neve attorno a se.
Alice sospirò, voltandosi verso Hatter.
“Non vuole proprio andare all’ospedale?”
Hatter scosse la testa, accennando un sorriso.
“Se la porto a casa con me, mi promette che rivaluta l’idea di andare all’ospedale?”
Hatter sorrise ancora di più, annuendo.
Alice sorrise appena, indicandogli il taxi. “Andiamo allora.”
Hatter  seguì la ragazza, le braccia dietro alla schiena, una posa da bravo bambino ubbidiente.
Alice non sapeva che tante cose si posso nascondere dietro alla schiena di un uomo. E tra queste, poteva capitare che un cappellaio matto ci nascondesse le sue bugie, che da semplici parole diventavano due dita incrociate.

Angolo dell'autrice:
Ok, decisamente è passato un SACCO di tempo dall'ultima volta che ho aggiornato questa fic. Chiedo umilmente scusa a quelli che la seguivano e che volevano vedere un continuato. Ho fatto un capitolo corto corto perché non so quanta gente segue ancora questa storia.
Spero comunque che vi sia piaciuta! °(^O^)° 

* Mentre scrivevo mi è venuto in mente il "guarda un po'" che usa solitamente Jack Sparrow. Non ho saputo resistere e l'ho messo anche con Hatter! ^^

Allora, Hatter me lo immagino come Johnny in " Jack lo squartatore":. ^^ e con la matita da Jack Sparrow sotto gli occhi ^^ 

 

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