The Mad Hatter's inferno. di Rebel Girl (/viewuser.php?uid=40115)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cappellaio matto che non è più matto. ***
Capitolo 2: *** Se cerchi qualcuno , assicurati almeno che quel qualcuno esista veramente ***
Capitolo 3: *** E se la pazzia fosse la normalità? ***
Capitolo 4: *** Una tazzina rotta: la pazzia di Hatter in bilico? ***
Capitolo 5: *** Le cose imparate si dimenticano presto ***
Capitolo 6: *** Che cosa è incivile e che cosa non lo è ***
Capitolo 7: *** Ogni vero inizio ha un suo litigio ***
Capitolo 1 *** Un cappellaio matto che non è più matto. ***
hatter
C'erano delle volte in cui il
cappellaio matto si interrogava per trovare il motivo della sua
pazzia. Era una cosa davvero strana vedere un cappellaio matto che si
metteva a formulare discorsi con una logica e intelligenti. Eppure
era da un po' di tempo che nella sua mente era accovacciato,
silenzioso e martellante, quel unico pensiero che lo tormentava da un
paio di giorni. Come aveva fatto a raggiungere la pazzia? Come
diavolo aveva perso il senno? Ma la domanda che più lo assillava era
una soltanto. Perché diavolo si stava facendo tutto quelle
domande?
Il cappellaio matto sedeva silenzioso sulla sua grande
poltrona di velluto viola, i capelli arancioni quasi fosforescenti
spettinati e arruffati, così crespi e in disordine da dare
l'impressione di non vedere l'ombra di una spazzola da molto tempo
ormai. I suo amato capello nero era posizionato sopra al tavolo,
proprio vicino a lui, tra una vecchia teiera bianca e malconcia e un
tazza che, reduce dai numerosi lancia da parte della lepre marzolina
contro a qualche albero o malcapitato, era priva del manico
circolare.
L'uomo osservava silenzioso il liquido
rossastro all'interno della tazza bianca, contemplando assorto il
riflesso dei suoi occhi sulla superficie del the. Quegli occhi, di un
verde sfavillante, erano leggermente stanchi e spenti. Il cappellaio
inarcò un angolo della bocca, appoggiando il mento sul palmo della
mano destra. Sentì un fruscio alle sue spalle ma non ci fece caso.
Ormai non faceva più attenzione a nessuna cosa attorno a lui.
“C'è qualcosa di strano nell'aria.
Un cappellaio matto che non fa più il matto. La cosa è preoccupante
anche per noi gatti...”
La voce pacata e calda dello Stregatto
gli arrivò alle orecchie. Era da molto tempo che quel micione blu
non si faceva vedere al the dei matti del Cappellaio. Forse perché
il Cappellaio matto non dava più ragioni di sedersi con lui a
festeggiare da parecchio tempo ormai. Da quando quel pensiero si era
impossessato della sua mente, di quell'uomo strambo e pazzo non
importava più niente a nessuno.
Gli occhi verdi del cappellaio si
alzarono di poco dalla tazza, visibilmente indifferenti alla presenza
del gatto.
“Che cosa mi sta succedendo,
Stregatto? E' da un po' di tempo che la mia testa è piena da strani
pensieri. Mi interrogo sul motivo della mia pazzia e poi sento che
qualcosa mi manca. Non riesco più a ballare la deliranza, non provo
piacere nel prendere il the con la lepre marzolina e nemmeno andare
in giro nel basco a parlare da solo e a fare discorsi senza senso mi
rende felice. Che sia già giunta la fine per il Cappellaio Matto?”
domando l'uomo, prendendo un cucchiaino argentato e mescolando con
poco interesse lo zucchero rimasto sul fondo della tazza che non si
era ancora sciolto al calore della bevanda bollente.
Lo Stregatto volteggiò nell'aria
fredda, scomparendo per alcuni secondi e poi riapparendo proprio
sopra alla testa del l'uomo.
“Facciamo un gioco Cappellaio.
Proviamo a pensare a tutte alle parole che iniziano per A...inizia
tu, mio buon amico.” miagolò il gatto blu, prendendo tra le sue
mani il capello nero e osservandolo con grande interesse.
Il Cappellaio piegò la testa di lato,
socchiudendo appena gli occhi. Lo Stregatto notò la sua espressione
leggermente seccata e rimise il cappello al suo posto, spolverandolo
appena con la zampa.
“Oh..chiedo scusa..” mormorò,
esibendo uno dei suo enormi sorrisi.
Il Cappellaio sorrise sarcastico,
concentrando la sua attenzione sul cappello nero.
“Tutte le parole che iniziano per A
dici? Sembra una cosa interessate...vediamo , lasciami pensare.”
rispose l'uomo.
“Tutto il tempo che vuoi, Cappellaio.
Permettimi di prendere una tazza di the mentre attendo.” disse il
felino, sistemandosi sopra una sedia e riempiendosi una tazza verde
di caldo the.
Il Cappellaio Matto prese delle
zollette di zucchero dalla zuccheriera e comincio ad sistemarle una
sopra all'altra, costruendo in questo modo una piccola torre bianca .
“Albero...Anfibio....Arcobaleno...Amore..Arco...”
“Molte bene, lascia provare me.
Altare...Argilla...”
“Ancora....Architetto...”
“Alice...”
“Esatto gatto, non ci avevo
pensato..Alice..” esclamò il Cappellaio, battendo le mani
felicemente. La sua espressione contenta mutò all'improvviso, la sua
bocca si piegò all'ingiù, i suoi occhi si spensero e perfino i suoi
capelli sembravano aver perso colore.
“Alice....la mia Alice....” mormorò
l'uomo, stringendo la stoffa della tovaglia, le nocche leggermente
bianche a causa della forza con cui stringeva la tovaglia “Come..come
ho fatto a dimenticarla?”
“I Cappellai dimenticano...lo hanno
sempre fatto...” rispose lo Stregatto, sorseggiando il suo the,
deliziato dal gusto dolce della bevanda.
“Ma come ho potuto dimenticare
lei...Alice...che..che stupido..Cappellaio! Merito di bruciare
all'inferno!!” esclamò l'uomo, prendendo la sua tazza e
lanciandola con forza contro ad un albero li vicino. La tazza si
frantumo in mille pezzi, il the rosso colò giù lentamente dal
tronco marrone.
Il Cappellaio sbatté le mani sul
tavolo, piattini, cucchiai, tazze e teiere vibrarono al gesto, alcuni
bicchieri rovesciarono il loro contenuto sulla tovaglia. Una grande
macchia scura si espanse sul tavolo. Lo Stregatto alzò in tempo la
sua tazza prima di essere investito da una piccola pozzanghera di
the.
“Stupido...stupido...stupido...”
mormorò l'uomo, nascondendo il viso tra le mani bianche e ossute.
Lo Stegatto svolazzò nell'aria,
avvicinandosi cautamente al cappellaio, sorseggiando il poco the
rimasto.
“Tipico di voi matti...perdete la
calma molto rapidamente...” disse il micione blu, facendo dei
cerchi in aria.
“Ora capisco...ora capisco il motivo
dei miei affanni..” mormorò l'uomo “ Alice..quella Alice...l'ho
dimenticata....ho dimenticato la ragione della mia pazzia...la
ragione per cui sento questo vuoto dentro di me..”
“Beh..può sempre dimenticarla di
nuovo...e sperare questa volta di non ricordarla più...” esclamò
lo Stregatto “ Ormai sarà vecchia...o peggio..morta...e anche se
fosse in vita..non si ricorderebbe più di te...di un Cappellaio
Matto che ha incontrato in un sogno da bambina...”
Il Cappellaio
alzò lentamente la testa. Aveva capito, aveva capito quello che
doveva fare. Condivideva il pensiero del gatto, l'Alice che aveva
conosciuto era di certo morta, troppo tempo ormai era passato
dall'ultima volta che si erano incontrati.
Troppo tempo, forse cent'anni....
Il Cappellaio si alzò di scatto in
piedi, rovesciando la grande sedia alle sue spalle.
“C'è sempre un'Alice che attende il
Cappellaio Matto!!” esclamò l'uomo, le labbra rosee inarcate in un
sorriso pazzo...un vero sorriso da Cappellaio. Prese un il cappello
nero, lo sistemò accuratamente sulla testa piena di capelli
arancioni e, dopo aver lanciato un'occhiata all'amico gatto, disse:
“Arrivederci, amico mio. Salutami la
capocciona e dille che il cappellaio matto è andato a riprendersi
Alice.”
Lo Stregatto per poco non sputò tutto
il the.
“Ma sei impazzito??? Non puoi
lasciare il Sotto-mondo!! E' una cosa proibita!!” esclamò il
gatto, seguendo il cappellaio che avanzava con passo deciso verso la
foresta.
“E' inutile che tenti di fermarmi, ho
preso la mia decisione!! Baci, saluti e un buon non-compleanno a
tutti!!” rispose l'uomo, saltellando felicemente e guardandosi
intorno alla ricerca di quel buco che lo avrebbe portato nel mondo in
superficie. Ma la domanda era...dove diavolo era finito quel buco??
“ Cappellaio ascoltami! Se vai in
superficie cambierai aspetto! Non avrai più le tue sembianze!”
“Non
importa...”
“Potrebbe non riconoscerti!”
“Non mi importa!”
“Potresti tu non riconoscerla...”
Il cappellaio si arrestò di colpo.
Inclinò la testa di lato.
“Questo mi importa...”
Scrollò le spalle e ricominciò a
camminare lungo il sentiero. La sua voglia di raggiungere il mondo in
superficie gli aveva così annebbiato la testa, facendogli perdere
anche quel piccolo barlume di lucidità, che non si rese nemmeno
conto di avere sotto i piedi proprio quel buco che stava cercando
tanto. Più precisamente se ne rese conto, ma solo quando ci cadde
dentro.
Lo Stregatto lo osservò scivolare
lungo quel tunnel di terra e polvere. Si passò una zampa sul viso e
mormorò:
“Stupido di un Cappellaio Matto..”
Salve!!!
é la prima mia fan-fic sul paring Alice-Mad Hatter....vi prego,
recensite e siate clementi!!! ^^ Un bacione a tutte quelli che hanno
solo letto... KISSSSSSSS
REbby ^___^
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Capitolo 2 *** Se cerchi qualcuno , assicurati almeno che quel qualcuno esista veramente ***
cappi
Il cappellaio matto si ricordava che
una volta, quando era ancora piccolo e decisamente sano di mente, sua
nonna gli raccomandava sempre di non giocare nel giardino di casa.
Era un grande giardino, pieno di alberi in fiore e frutti colorati e
dall'aspetto molto invitante. L'erba era verde, fresca e soffice
sotto ai piedi di chi la calpestava. Era davvero in bel prato, un
prato così vasto da stuzzicare la voglia di giocare di un
piccolo bambino dai capelli arancioni fosforescenti e dai grandi
occhi verdi. Eppure la sua cara nonnina non lo lasciava mai giocare
in quel vasto cortile.
“Non ci devi mai andare,
piccolino” gli ripeteva la vecchietta “ al centro di quel
bel giardino c'è un grande buco, proprio vicino a quell'albero
laggiù. Lo vedi? Se ci cadi dentro, verrai sballottato di qua
e di là, su e giù, la tua testa andrà sotto e
sopra. Ti sentirai come dentro ad un grande tornado e ogni singolo
muscolo del tuo corpo sarà indolenzito e proverai un mal di
testa che a fatica si può immaginare!”
Ora il cappellaio ne aveva la conferma.
La vecchia donna aveva proprio ragione, quel buco al centro del suo
giardino non poteva essere descritto con parole migliori. Uno
scombussola cervelli, ecco che cos'era. E ora che quelle sensazioni e
qui dolori li stava provando proprio sulla sua pelle, l'uomo con i
capelli arancioni non poteva far altro che ringraziare la nonna per
le parole di avvertimento e maledire la sua follia che lo aveva
trascinato dentro a quel pozzo di terra e polvere.
Il cappellaio giaceva sopra a qualcosa
di duro e bagnato. Attorno a lui non sentiva alcun rumore, solo il
suo respiro affannato e pesante gli giungeva alle orecchie. Cerco di
aprire più volte gli occhi, ma le palpebre era troppo pesanti
e il suo corpo non seguiva nessun comando impostogli dal cervello. Il
cappellaio cerco di muovere le braccia, qual tanto che bastava per
issarsi sui gomiti e alzarsi. Una fitta all'addome lo colpì in
pieno come una scossa elettrica, costringendolo a rimanere nella
posizione originaria. Si fece scappare un gemito di dolore che riuscì
ad attutire con un colpo tosse.
“Ok...ok....così
decisamente non va....” mormorò, serrando i denti nel
sentire la sua povera schiena mandare un leggero “Crack”
a ogni suo movimento.
Sospirò appena, cercando di non
respirare la polvere del suolo su cui era disteso, cosa che risultava
impossibile dato che il suo viso pallido era letteralmente
spiaccicato sul freddo pavimento. Tossì nuovamente, cercando
di riassumere mentalmente quello che aveva fatto nei secondi
precedenti. Buco, volo e caduta. Pavimento, dolore e qualche costola
rotta, per non parlare della sua schiena che avrebbe dato le sue
dimissioni da un momento all'altro. Il cappellaio si fece scappare
una risata, sostituita immediatamente da un “ahi!”
decisamente seccato.
“Che importa....basta che il mio
cappello sia intatto...” disse il cappellaio, portandosi con
fatica una mano sulla testa , felice di sentire il suo morbido e
sgualcito cappello....Il cappellaio spalancò gli occhi di
scatto, premendosi la mano sporca di terra sui capelli. Capelli,
morbidi e decisamente in quantità minore rispetto a quello di
cui era abituato. Dove diavolo era finito il suo cappello???? Dove
diavolo era l'oggetto che completava la sua testa??
Ignorando gli spasmi di dolore che il
suo corpo indolenzito gli lanciava, si alzò velocemente in
piedi, barcollando appena. Le mani stringevano i capelli, così
forte da dare l'impressione di volerseli staccare seduta stante.
“No..no...no...no.....”
mormorò il cappellaio, lanciandosi occhiate in giro, cercando
disperatamente il suo adorato cimelio. Camminò avanti e
indietro, senza mai staccare le mani dalla sua testa. Polvere,
polvere, polvere...metri e metri di pavimento vuoto e sporco, ma
niente cappello...
Il cappellaio non lanciò a
stento un urlo di disperazione. Alzò lo sguardo da terra,
osservando l'ambiente in cui si trovava. Sembrava una sala da ballo,
vari specchi ricoprivano le pareti della stanza, da una grande
finestra entrava la luce copiosa del sole seguita da un vento
freddo. Forse era inverno....
Qualcosa di bagnato gli cadde sopra
alla testa...freddo e soffice..quasi impercettibile...
Il cappellaio fece qualche passo
indietro, leggermente impaurito. Si guardo il palmo della mano...un
piccolo fiocco bianco e freddo... Alzò la testa verso il
soffitto, velocemente. Un grande buco adornava il soffitto, pezzi di
travi e vetro stavano sotto a quel buco....sotto a quel buco ci stava
proprio lui...
Gli occhi verdi del ragazzo osservavano
leggermente impauriti il cielo..un cielo grigio...un cielo
tipicamente invernale...
Osservò il pavimento sporco per
poi riconcentrare la sua attenzione sul tetto distrutto e pronto a
cedere da un momento all'altro.
“Credo di averlo fatto io....ma
tu guarda che pasticcio...” mormorò il cappellaio,
lanciando un'occhiata al suo palmo sporco e bagnato.
Poi accadde, il suo sguardo incontrò
la figura che si rifletteva all'interno degli specchi.
Era un ragazzo, non troppo alto. Aveva
più o meno 26 anni, i capelli erano castano scuro, così
luminosi da dare l'impressione di essere stati inverniciati da un
pittore esperto e decisamente folle. Non erano molto corti,
scompigliati e in disordine. Il suo viso era pallido, troppo bianco
per essere associato a quello di un essere umano. Dall'attaccatura
dei capelli scendeva copioso un rivolo di sangue, scivolando giù
lentamente lungo la guancia diafana, per poi andare a morire sotto al
mento. I suoi occhi erano grandi, a taglio netto,contornati da un
filo di matita nera e spessa, le iridi era di un verde acceso, così
acceso da sembrare pure finti.
Il cappellaio riconosceva solo quegli
occhi. Quei due pozzi misteriosi erano l'unica cosa che gli
ricordavano vagamente il suo aspetto. Certo, erano molto diversi dai
suoi alla forma naturale, ma quella colorazione era identica.
Il cappellaio fece alcuni passi in
avanti, alzando lentamente la mano destra, sfiorandosi le guance e la
fronte. Osservava stupito il suo riflesso allo specchio..così
diverso...così....normale rispetto al suo vero aspetto. Fece
scivolare lo sguardo sul corpo. I vestiti che portava, composti da
una giacca pesante rossa, un foulard nero con teschi colorati,
pantaloni gessati e scarpe arancioni, gli stavano decisamente larghi,
così larghi da nascondere il suo fisico. Le maniche della
camicia e della giacca gli coprivano le mani.
Il ragazzo toccò con le punte
delle dita il freddo specchio, il suo riflesso che lo guardava...lui
che guardava il suo riflesso.
“Oh.......ora capisco che cosa
intendeva lo Stregatto....” disse il ragazzo, la voce flebile e
quasi inudibile.
Rimase in silenzio per alcuni secondi,
gli occhi che vagavano lungo il suo corpo, il suo viso e i suoi
capelli. Inclinò la testa, inarcando un angolo della bocca.
“Bruttissimo.....si...è
decisamente l'aggettivo che mi darei in questo momento...”
disse il cappellaio, annuendo con convinzione.
Ad un certo punto la porta si aprì,
un vociare concitato e dei gridolini arrivarono alle orecchie del
ragazzo.
“E cosi avete mangiato una torta
di cioccolato alta tre metri? Wow...sono davvero invidiosa!”
Il cappellaio si voltò di
scatto, leggermente sorpreso da quelle voci. Nella stanza entrarono
una ragazza giovane, fasciata in un completo da danza classica
composto da un body nero e una gonnellina velata rosa. Le gambe erano
fasciate in un paio di calze bianche, così aderenti da mettere
in risalto il fisico esile e perfetto da ballerina. Aveva i capelli
biondi raccolti in una crocchia elegante e ordinata. Ai piedi portava
delle graziose scarpette da ballerina rosa. Dietro di lei, in fila
ordinata, stavano circa 12 bambine tra i 6 e i 9 anni, vestite più
o meno come la ragazza.
La ragazza si fermò all'istante,
notando il disordine e i vetri sparsi al centro della stanza.
“Oh mio Dio...ma che cosa è
successo?” esclamò la ragazza, la voce cristallina e
dolce leggermente velata da un tono preoccupato. Il cappellaio
rimaneva in silenzio ad osservarla. A dire la verità la sua
volontà era indecisa tra l'idea di scappare alla velocità
della luce fuori dalla finestra o quella di cadere in ginocchio in
mezzo alla stanza e invocare l'aiuto dello Stregatto.
La biondina alzò lo sguardo dai
resti del tetto e lo posò sulla figura che le stava a pochi
metri di distanza. Indietreggiò di qualche passo, spingendo le
bambine dietro alle sua spalle.
“E lei chi sarebbe??”
esclamò la ragazza, le fronte aggrottata in un espressione
leggermente stupita e impaurita, anche se i suoi occhi tradivano un
sentimento di rabbia repressa verso quel sconosciuto che le aveva
letteralmente distrutto il tetto.
Il cappellaio si guardò
velocemente attorno, sorpreso dalla domanda della ragazza. Alzò
di qualche centimetro la mano destra, puntando in dito indice verso
se stesso.
“Cero che lo sto chiedendo a lei?
Vede altre persone qui dentro?” rispose spazientita la ragazza,
perdendo leggermente la calma.
“Oh....allora lo sta chiedendo a
me....” mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo e
osservandosi i piedi scalzi. Mise le mani in tasca, rimanendo
sorpreso nel sentire che le sue dita avevano incontrato la fredda
porcellana che caratterizzava le sue tazze da the. La tirò
lentamente fuori dalla tasca della giacca. A quel gesto la ragazza
indietreggiò di qualche passo, il viso leggermente
preoccupato.
“Che cosa vuole fare?”
esclamò la biondina, stringendo la mano ad una bambina.
Il cappellaio osservò la tazza
che reggeva tra le mani, scheggiata proprio sul manico. Sorrise
appena, alzando lo sguardo e puntandolo su quello della ragazza.
Indico l'oggetto che reggeva in mano e disse divertito:
“Avete per caso del the?”
Ed ecco un nuovo
capitolo. Ah, spero che vi piaccia. Ho cercato di descrivere il
cappellaio come meglio potevo, spero di non avergli fatto perdere il
suo fascino!!! ^^ La matita nera sotto agli occhi mi è venuta
in mente guardando “Alice” un telefilm americano. Il
cappellaio matto aveva proprio la matita sotto gli occhi...ed era
davvero........^______________^
Comunque ora
passiamo ai ringraziamenti:
DarkStar:: Grazie
mille per il commento. Riguardo gli errori di grammatica....scusami
davvero tanto, ma avvolte capita che non mi accorga di quello che
scrivo. Spero di averne fatti di meno questa volta. Un bacione e
spero che ti piaccia anche questo capitolo!! ^^ KISS
Shorten: Beh, che
dire? Grazie per la recensione...non darmi troppa fiducia. La tua
Sensei può sbagliare molte volte.... Big Bang!!! e dopo questa
mi ritiro 0-0
Angel666:
Ah..anch'io sono una patita delle storie al contrario!!! Sono
contenta che ti sia piaciuta ^^...grazie per aver messo la mia storia
nei preferiti. Non ti deluderò!! FIGHTING!!!!! Va beh,
lasciamo stare ^^
Tawara: HALOA!!!
Auguri anche a te....( pasqua è passata ma non importa...
=_____=) sono contenta che la storia ti piaccia!!!! Alla
prossima...kissu!!!^^
Deppendent94:
HELLO!!! Spero che anche questo cappy ti sia piaciuto!! Il
cappellaio....beh...spero di averlo fatto abbastanza
affascinante...anche se ho i miei dubbi...BACIONI!!!
Bene, penso che
sia ora di ritirarmi!!!
BYE BYE BYE
RABBY
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Capitolo 3 *** E se la pazzia fosse la normalità? ***
capp
Che cos'era la normalità? Quale
definizione può essere ritenuta più appropriata per descrivere la
normalità dell'essere umano? Il Cappellaio non aveva mai trovato una
soluzione a tale domanda....
E come biasimarlo, pover'uomo? Come
poteva egli sapere il vero significato di tale parola? Lui, uomo
folle tra i folli, personaggio così ambiguo da suscitare quesiti che
riguardano solo la pazzia nella sua forma più pura?
Eppure, molte persone se lo
domandano.....
Alcuni si pongono tale domande
rispondendo segretamente, dialogando in se stessi. Essi arrivano alla
conclusione che la “normalità”, se essa può essere definita
tale, non è altro che il mondo circostante. Una persona che ha un
titolo di studio è definita “normale”, una madre, un padre, un
contadino, un adolescente scorbutico.....tutto questo, tutto quello
che segue le regole imposte dalla società viene classificato come la
“normalità”.
Ma ci sono delle persone che cercano di
arrivare a tale definizione additando gli altri, creando degli
stereotipi che poi, inevitabilmente, gli altri seguono. Una persona
che magari parla da sola o crede di vedere un unicorno che gli corre
nel giardino di casa viene classificata come “Pazza” e chiusa in
una struttura per curare la sua malattia.
“Quello è matto! Non vedete voi
stessi? Come fa egli a vedere tale sciocchezza?”
Un mormorio incessante che rimbomba
nella scatola chiusa in cui vivono i così detti pazzi. Il pazzo
quindi crede di essere “anormale” e si richiude in quella scatola
bianca, decidendo che la normalità detta legge su di loro che non
possono seguirla.
Il cappellaio matto però, essendo
pazzo, aveva un'altra teoria.....
Perché tutti coloro che non vedono le
stesse cose che vede la massa debbano essere catalogati come
“anormali”? Anche gli scrittori vedono e raccontano agli altri
cose che non esistono, eppure essi non vengono ritenuti “fuori di
testa” anzi, vengono lodati per i loro racconti .
Come diceva uno scrittore, la pazzia
non è altro che il grado più alto dell'intelligenza....
Eppure il Cappellaio si chiedeva ancora
che cosa fosse la normalità........
Il Cappellaio Matto si guardava
silenziosamente in giro, giocherellando con il filo della manica
della giacca che, durante la caduta di poco prima, si era ridotta ad
uno straccio polveroso e scucito.
La stanza in cui si trovava era piccola
e accogliente. Il calore prodotto dalla stufa a legna sistemata sotto
alla finestra produceva un basso ronzio. L'orologio a forma circolare
appeso alla parete ticchettava rumorosamente l'ora, le lancette che
si spostavano lentamente e pesantemente da un numero all'altro. Al
centro erano sistemate due poltrone foderate di velluto rosso e
davanti ad esse c'era un tavolino rettangolare di vetro con adagiato
sopra un vaso di porcellana con delle rifiniture d'oro. I fiori al
suo interno erano bellissimi, una combinazione di rose blu
dall'aspetto fresco e appena colte.
Il ragazzo sbuffò sonoramente,
afflosciando il proprio corpo sullo schienale della poltrona,
incrociando le braccia.
“In che guaio ti sei cacciato,
vecchio pazzo..... il mondo in superficie può essere descritto con
una sola parola....” mormorò il castano, lanciando un'occhiata al
vaso di fiori. Piegò la testa di lato, arricciando il naso
“......noioso.....”
La ragazza che aveva incontrato pochi
secondi prima lo aveva accompagnato, per non dire trascinato con lo
stesso trattamento che si riserva a un sacco di carbone, in quella
stanza. Gli aveva urlato dietro qualcosa del tipo “rimanga fermo
qui dentro e non si azzardi a scappare!”, il viso rosso e gli occhi
pieni d'ira, e poi si era sbattuta la porta alle spalle, senza più
aggiungere altro.
Il cappellaio non aveva fatto
obbiezioni, dopo tutto gli aveva sfondato il tetto di quella strana
stanza chiamata “sala da ballo”. Egli aveva aspettato
pazientemente il ritorno della strana ragazza, rinquarato dal
pensiero che ella stesse preparando del the da offrirgli, ma dopo 40
minuti in cui la biondina non aveva dato cenno di un immediato
ritorno, il cappellaio stava cominciando a scocciarsi, per non
parlare di quella noia che l'aveva assalito. Quel posto era troppo
silenzioso, nessuna tazza o teiera da rompere, nessun piatto di
pasticcini ….nessuno the! Per non parlare che il suo cappello non
era lì con lui....
“L'avrò perduto durante il volo
qui.....ma tu guarda che sfortuna....era un così buon cappello.....”
socchiuse gli occhi, aggiungendo “ ….... un FANTASTICO cappello,
per l'esattezza....”
La porta si aprì all'improvviso e
all'interno della stanza si precipitò la ragazza bionda. Il
cappellaio la osservò attentamente, notando che aveva cambiato
abbigliamento. Portava un paio di Jeans scuri, un maglioncino nero
con scollo a barchetta e i capelli, biondi e ondulati, le ricadevano
dolcemente sulle spalle scoperte.
Il ragazzo ebbe un sussulto..... quei
capelli, oro puro donato per amore a quella ragazza da Dio, gli
ricordavano qualcosa...... qualcosa che aveva già visto, qualcosa
che gli stava provocando una strana fitta allo stomaco....
Sobbalzò appena, portandosi una mano
allo stomaco.
La ragazza gli lanciò un'occhiata
distratta mentre prendeva posto sulla poltrona davanti a lui.
“Sta per caso male? La cosa non mi
stupirebbe molto, dato il suo volo dal tetto della mia scuola...”
esclamò la ragazza, incrociando le dita affusolate e pallide posando
le mani sul ventre piatto.
Il cappellaio alzò lo sguardo
lentamente, puntando gli occhi verdi su quelli azzurri della ragazza.
“Male, dice? Non credo...o meglio,
ritengo che il suo ragionamento sia decisamente logico ma non credo
che la causa di tale malessere sia la caduta...o forse lo dovrebbe
essere.....o molto probabilmente lo è.....non sono un medico, non mi
intendo di tali questioni.....” rispose il cappellaio, abbozzando
un sorriso sghembo, non distogliendo lo sguardo da lei.
La
ragazza sgranò gli occhi stupita, rimanendo scioccata da tali parole
che apparentemente non seguivano un filo logico. Le aveva pronunciate
con una tale velocità che a stento non avevano fatto cadere dallo
stupore la bionda dalla poltrona. Eppure, benché fossero state
pronunciate velocemente, erano perfettamente comprensibili, scandite
e la sua dizione era impeccabile, quasi come il monologo di un attore
di teatro.
“Lei parla sempre così?”
Il cappellaio sembrò pensarci su per
alcuni secondi, alzando lo sguardo al soffitto.
“Se dicessi di no sarebbe una
menzogna, se rispondessi che avvolte parlo lentamente direi la verità
per metà..ma se invece rispondessi pianamente di si sarebbe la pura
verità....”. Inclinò la testa di lato, sporgendosi un po' verso
la ragazza. Ella si ritrasse di qualche centimetro sgranando gli
occhi stupita.
“Cosa ritiene che sia più opportuno
rispondere?”
La ragazza gli diede un leggero
spintone per farlo indietreggiare alzandosi di scatto in piedi.
“Ritengo che l'ultima sia
perfetta.....signor..?”
Il cappellaio la osservò
silenziosamente.
“Signor?”
La ragazza sembrò leggermente
scocciata da tale comportamento. Sembrava di dover parlare con un
bambino cocciuto e testardo.
“Qual'è il suo nome?”
“Lei è sempre così scocciata?”
La bionda spalancò la bocca mentre un
veloce sorriso tinse le labbra del ragazzo.
“Per l'amor del cielo, lei è
totalmente pazzo....” esclamò esasperata, portandosi una mano alla
fronte.
“Grazie del complimento....è bello
essere lodati in questo modo ogni tanto...”
“Senta, per l'ultima volta...mi dica
che cosa ci fa qui dentro e come diavolo si chiama altrimenti sarò
costretta a chiamare la polizia, chiaro?”
Il cappellaio si portò
un dito alle labbra, camminando avanti e indietro per la stanza...
“Vediamo.....per rispondere alla
prima domanda.....” si fermò a pochi passi da lei, prendendo in
mano una penna da sopra al tavolino e giocandoci divertito con il
tappo “......direi che sarebbe più opportuno chiamarmi
Hatter....benché essa sia una bugia per metà. Riguardo alla seconda
domanda....”
Si avvicinò a lei, tenendo lo sguardo
puntato al soffitto, le penna che roteava tra le sue dita.
“E' una storia molto lunga, direi
quasi abissale come la mia pazzia.....non credo che lei voglia
ascoltare quindi ritengo che sia inutile raccontarla....ma se la
vuole ascoltare allora significa che non sarebbe poi una cosa stupida
raccontarla perché starebbe a significare che lei ha la pazienza di
ascoltare un pazzo...”
La ragazza incrociò le braccia al
petto, addolcendo per la prima volta la sua espressione.
“La desidera ancora quella tazza di
the?”
Hatter sorrise, abbozzando un inchino
grossolano.
“Con molto piacere, miss..”
ANGOLO DELLA PAZZA °(^----^)°
Salve a tutti!!!!!!!!! Lo so, sono in
ritardo di mesi e mesi e amen ma sono stata veramente
impegnata!!!!!!!!!!!!!!!!
SCUSATE!!!!!!!!!!!!!!!
Prometto che mi impregnerò tantissimo
per aggiornare con più velocità!!!
Riguardo ai fiori nel vaso.....ho
trovato in internet che l'aquilegia è il fiore della follia però
sinceramente ho preferito cambiare fiore perché, personalmente fa un
po' schifio ( come si suol dire dalle mie parti).
La calla l'ho scelta a caso.....bah....
comunque spazio ai ringraziamenti:
Angyr88: Sono contenta che ti piaccia!!
Spero che continuerai a seguirla....scusa per il capitolo corto ma
non sapevo se lo stavo scrivendo bene quindi ho preferito tagliarlo
^^.. un bacio e grazie
Darkstar: Ciao! Ah sono contenta che ti
piaccia il mio cappellaio! Nella mia testa aveva un'immagine più
figa (scusa la parola) ma spero comunque di averlo fatto ugualmente
bene! Riguardo al telefilm si chiamava Alice ed è del 2009...il
cappellaio merita, fidati!!^^
Shorten: Ciao cara! Allora, sono
contenta che ti piaccia mi raccomando continua a seguirla ^^
Tawara: Eh già, Alice che fa danza
classica non c'è la vedo neanch'io ^^ però mi sembrava che ci
stesse bene.....spero che continuerai a seguirla ^^
Candidalametta: Ho paura anch'io per
lui! Grazie per aver letto spero che continuerai a farlo ^^
DolceRossellina: Nooo hai perso la mia
fan fic!!!! No dai scherzo, ^^ sono contenta che vorrai continuare a
leggerla...spero che ti sia piaciuto questo capitolo ...un baciottone
^^
Euridice Volturi: Ciao!! Grazie per
aver letto, spero che continuerai a farlo!! Un baciottone^^
Bene, spero che questo cappy vi sia
piaciuto......grazie anche a quelli che hanno solo letto!!
Alla prossima, speriamo presto °(T^T)°
Rebby
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Capitolo 4 *** Una tazzina rotta: la pazzia di Hatter in bilico? ***
gh
La ragazza posò due tazze fumanti di
the sul tavolino di vetro, accostando di fianco ad esse un piattino
colmo di pasticcini assortiti e una zuccheriera bianca con delle
rifiniture azzurre che le davano un aspetto molto grazioso. Il
cappellaio osservò affascinato la propria tazza, cercando di
coglierne ogni piccolo dettaglio.
“Che cosa c'è? Non le va più il
the?” domandò la biondina, sedendosi sulla poltrona di fronte al
ragazzo, accavallando con un gesto elegante la gambe, sorseggiando
piano la bevanda calda e fumante,
Il cappellaio alzò di poco il viso,
incrociando le mani sul ventre.
“Oh no, affatto....mi domandavo se è
giusto bere il the in una tazza così perfetta e intatta.....”
“Scusi la domanda...ma lei come è
abituato a prendere il the signor Hatter?”
“Beh.... ai the dei
matti il leprotto marzolino è solito a rompere qualsiasi oggetto che
è facilmente distruttibile, cosa che non mi reca nessun
fastidio...... infatti, prendere il the in tazze distrutte e senza
manico è davvero divertente.....o almeno, lo sarebbe...... perché
se non lo fosse non lo sarebbe e quindi io non lo direi...”
La ragazza lanciò uno sguardo
interrogativo e stupito da oltre la sua tazza, soffocando per poco
una risata.
“Parla in un modo davvero
strano......da dove viene, scusi?”
Il Cappellaio non parve prestarle
attenzione, sembrava invece molto concentrato ad osservare la
zuccheriera, mormorando qualcosa di incomprensibile tra di se.
“Signor Hatter, mi sta ascoltando?”
esclamò la biondina, posando piattino e tazza e sporgendosi quanto
bastava verso il ragazzo.
“Tecnicamente non lo sto facendo,
anche se ritengo sia più opportuno farlo...” biascicò il
cappellaio, alzando lo sguardo verso la ragazza. Prese in mano la
tazza calda e cominciò a sorseggiare il the, mormorando un “chiedo
scusa...” quasi impercettibile.
La biondina si passò una mano sulla
fronte, distogliendo lo sguardo dal ragazzo e puntando sul pavimento.
“Ma perché sono qui a parlare con un
povero pazzo! E' caduto da un altezza di 3 metri! E' sicuro di non
aver niente?” domandò la ragazza, riavviandosi una ciocca di
capelli dietro all'orecchio “ oltre al cervello completamente fuori
uso...”
Il cappellaio abbasso la tazza,
appoggiandola delicatamente sul piattino.
“Credo di no........sento uno strano
dolorino alla schiena ma mi sono reso conto di tale cosa solamente
adesso che me l'ha fatto notare...per no parlare che ho dei spasmi di
freddo, dolori alla testa, dolori all'addome, un crampo al braccio,
la fronte insanguinata, un livido sotto all'occhio....”
“Signor Hatter!”
Il cappellaio si morse le labbra,
trattenendo il respiro.
“Grazie!” esclamò velocemente,
ispirando rumorosamente l'aria che aveva trattenuto “ora sto
meglio!”
La biondina lo guardò esterrefatta,
l'espressione sul viso che diceva specificatamente “ Ma in che cosa
mi sono invischiata?”
“Prima mi stava dicendo che si
trovava qui perché è alla ricerca di una persona...”
Il cappellaio sgrano all'improvviso gli
occhi, sputando tutto il the sul pavimento. Si alzò di scatto in
piedi, facendo cadere la tazza per terra che si frantumò in mille
pezzi.
“OH!!! Stupido di un cappellaio, ma
dove hai la testa!? L'ossigeno di questo mondo ti sta ammattendo?!
Devi cercarla prima che ella si dimentichi di te!” esclamò tutto
d'un fiato, cominciando a correre avanti e indietro per la stanza.
La ragazza lo guardò stupita,
trattenendo a stento un gridolino spaventato.
“Ma che le prende adesso? Si vuole
calmare?”
“Non posso, non posso! Come faccio a
trovarla?! Stregatto, maledetto felino, dov'è lei? Lo so che lo sai,
i gatti sanno tutto!!”
“Stregatto?”
“Dove...dove....posso
cercarla......ma quanti anni avrà ora? E se si è sposata o
peggio......” si fermò vicino al caminetto, portandosi le mani ai
capelli, gli angoli della bocca si piegarono all'ingiù, mentre il
colorito già di per se pallido assunse una leggere sfumatura
azzurrina.
“Se....se.....se...”
“Se cosa, signor Hatter?” esclamò
esasperata la biondina, alzandosi in piedi e avvicinandosi al ragazzo
che sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.
“Se è morta, defunta, passata oltre
tempo, ha preso la barca trainata da Caronte, il cuore le ha smesso
di battere in petto, ha chiuso gli occhi esalando l'ultimo respiro,
se....”
La ragazza prese il viso del cappellaio
tra le mani, voltandolo verso la sua direzione, lo sguardo
leggermente adirato, le guance tinte di un leggero rossore.
“Signor Hatter, si vuole calmare? Le
prenderà un colpo se non prova a stare calmo. Avanti, provi a
respirare lentamente....”
Il cappellaio degluttì rumorosamente,
osservando silenziosamente la ragazza negli occhi.
“Sono diventato matto, ragazzina?”
La biondina sorrise, posando le mani
sulle sue spalle.
“Mi creda, io ne vedo molti di
matti...sono una tirocinante in psichiatria....lei è totalmente
pazzo, ha perso il senno, non può essere più considerato un
cittadino americano con un po' di ragione in zucca...”
Il ragazzo rimase incantato ad
osservarla, piegando un po' la testa di lato. Si stava segretamente
domandando che diavolo fosse una psi...psi.....psi-che?
La biondina si inumidì le labbra,
osservando le varie espressioni che passavano sul viso del castano.
“Lasci che gli sveli un segreto che
ho imparato molto tempo fa...”
Si portò l'indice alla tempia,
picchiettando leggermente.
“I migliori, sono sempre matti....”
Il cappellaio spalancò la bocca,
facendo scivolare la braccia lungo i fianchi.
Poteva quella ragazza essere proprio
lei....la sua Alice?
Istintivamente, fece una cosa che non
avrebbe mai fatto a sottomondo, una cosa che gli trapassò il corpo
come un scarica elettrica.
Aprì le braccia, accogliendo la
ragazza all'interno del suo caldo abbraccio, stringendola come fa un
bambino con il suo pupazzo preferito..
Forse......aveva ritrovato la causa
della sua pazzia?
SAAAAAAALVE ^^
Eccovi un nuovo capitolo! Ringrazio con
tutto il cuore DolceRossellina ,Angry88 e Shorten per aver recensito
la mia fanfic!! Spero che continuerete a leggere^^
Grazie anche a tutti quelli che hanno
solo letto anche se preferirei sentire il vostro parere ^^
Un baciotto e alla prossima ^^
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Capitolo 5 *** Le cose imparate si dimenticano presto ***
jkp
Il cappellaio non ricordava
perfettamente i vari passaggi che l'avevano portato in quella
situazione. Fatto sta che dopo aver abbracciato, o meglio quasi
assalito Alice, la ragazza , presa da un eccesso di ira e di
sgomento, aveva portato i palmi delle mani all'altezza del petto del
cappellaio e, dopo aver cacciato un urlo, aveva spinto con forza il
corpo del povero ragazzo lontano da se facendolo cadere lungo disteso sul pavimento non prima di
aver urtato, durante lo spintone, lo spigolo della scrivania. A causa
dell'acuto dolore alla fronte, che si era semplicemente aggiunto a
tutti quelli che già stavano facendo tramare il suo povero corpo mal
ridotto, non era riuscito a comprendere bene quello che Alice, in
piedi vicino a lui, gli urlava addosso. Ricordava solo frammenti di
frase, quali “ Lei è un idiota!” “ Non riesce a stare fermo
almeno per un secondo!?” sostituiti ad intervalli da “ O mio Dio
l'ho ucciso!” “ Mi dica che ha urtato contro il vasetto della
marmellata, quello sulla sua fronte non può essere sangue!!”
Fatto sta, in qualche modo, Hatter si era ritrovo seduto su una
sedia in mezzo al corridoio della scuola di ballo, la ferita alla
testa che pulsava e un sacchettino di plastica rettangolare
contenente del ghiaccio premuto contro la fronte. Benché il
riscaldamento fosse alto nel corridoio, Hatter sentiva dei brividi di
freddo corrergli lungo la schiena. Osservò silenziosamente la porta
chiusa davanti a se, sul pavimento le ombre delle persone
all'interno della stanza , sinuose come se fossero vive,
sbucavano da sotto la fessura della porta. Alice lo aveva
letteralmente scaricato fuori dalla porta e, in compagnia di un uomo,
si era chiusa all'interno della stanza da più di un'ora ormai. Le
punte delle dita gli si erano congelate a causa del pacchetto di
ghiaccio che reggeva in mano. Il ragazzo storse gli angoli della
bocca in una smorfia, abbandonando il sacchetto sulla sedia di fianco
alla sua. Il corridoio era deserto e le uniche voci che udiva
provenivano da dietro quella porta che fissava ormai da un'eternità.
Si alzò in piedi, urtando con un piede la gamba della sedia su cui
aveva gettato il ghiaccio che, come era prevedibile, ruzzolò per
terra con un tonfo. Hatter non si preoccupò del fracasso che aveva
creato spostando la sedia. Si sistemò davanti alla porta di legno,
appoggiò i palmi delle mani sulla sua superficie liscia e, dopo
essersi morso nervosamente un labbro, accostò un orecchio alla porta.
Le voci gli giungevano ovattate ma riusciva comunque a riconoscere a
chi appartenevano.
“Quindi, da quanto posso capire, il ragazzo
in corridoio ti ha sfondato il tetto dell'aula 13?”
“Sfondato?!
Ha distrutto tutto! Il parquet ha un buco enorme nel punto in cui è
caduto.”
La voce di Alice era alterata e, da quanto poteva
sentire, la ragazza stava camminando avanti e indietro per la stanza.
L'uomo fece una pausa, sospirando appena.
“Hai idea di chi
sia?”
“Ha detto di chiamarsi Hatter.”
“E di nome?”
“Non c'è nessun nome solo...” lasciò la frase in sospeso,
prima di riprenderla accompagnandola con un sospiro “....Hatter.”
“Non mi sembra un ragazzo pericoloso. Forse sarebbe meglio se
tu lo portassi in ospedale. Da quel momento possono occuparsene
loro.”
Alice si fermò in mezzo alla stanza. Hatter rimase con
il fiato sospeso, premendo di più l'orecchio sulla porta.
“Si,
credo che tu abbia ragione. E' meglio se lo porto in ospedale.”
Hatter corrugò la fronte.
“Ospedale? Che diavoleria è
questa?”
La porta si aprì di scatto, facendolo sobbalzare. I
viso pallido e bellissimo di Alice gli comparve davanti agli occhi.
La ragazza lo guardò stupita, corrugando la fronte.
“Signor
Hatter, cosa diavolo stava facendo dietro alla porta?”
“Origliavo.”
L'uomo dietro ad Alice si fece scappare una
risata che cercò di nascondere dietro alla sciarpa che, un po'
goffamente, si stava sistemando attorno al collo.
“Almeno non
manca di sincerità il nostro amico.” esclamò l'uomo,
avvicinandosi ad Hatter , la mano tesa verso di lui. “Piacere di
conoscerla, Signor Hatter, io sono Henry Coleman e....”
Hatter
lanciò una veloce occhiata alla mano del signor Coleman. Ignorò le
parole dell'uomo e velocemente, sgusciò dal suo campo visivo,
sistemandosi nello spazio tra Coleman e Alice, rivolgendo le spalle
all'uomo che, quasi divertito, si voltò per capire che diavolo ci
stesse facendo quel ragazzo dietro di lui. Alice per poco non cacciò
un urlo sorpreso nel ritrovarsi a pochi centimetri dal suo viso
quello di Hatter.
“Che cos'è un Ospedale?” domandò il
castano.
Alice, visibilmente stupita, ci mise un
po' prima di poter formulare una qualsiasi frase che possedesse un
soggetto e un verbo.
“Un ospedale.....è il luogo in cui
vorrei....portarla signor Hatter.”
Hatter alzò un sopracciglio.
“Questo signor Ospedale equivale al fatto che io e te dobbiamo
dividerci per un tempo indefinito o permanente?” domandò il
ragazzo, pronunciando le parole una dietro all'altra, trattenendo
quasi il fiato.
Alice sbattè le palpebre più volte, sorpresa.
“In un certo senso.....si?”
“Dica al signor Ospedale
che in nessun modo, finché io sarò vivo, andrò a fargli visita se
lui minaccia di separarmi da te.” esclamò il castano, annuendo con
foga.
“Signor Hatter, un ospedale non è una persona.”
rispose Alice, osservandolo con un filo di disperazione. Quel ragazzo
la stava facendo diventare matta.
“Conosce così bene ogni
minima essenza della parola Ospedale per poter affermare, a gran
voce, che l'Ospedale non è una persona?” disse Hatter, alzando le
sopracciglia.
“C-come?”
“ Come presumevo,
lei non conosce l'Ospedale.”
Alice spalancò la bocca,
sbalordita. Lanciò un'occhiata ad signor Coleman, alzando un dito e
puntandolo contro il petto di Hatter.
“Vede, è questo a cui
mi riferivo prima quando dicevo che è strano!”
Coleman rise di
spirito, battendo una mano sulla spalla di Alice. “Ora capisco che
cosa intendevi, Alice.”
Hatter spostò velocemente lo sguardo
su Coleman per poi adagiarlo sulla mano dell'uomo sopra alla spalla
della biondina. Arricciò gli angoli della bocca, seccato.
“Un'ospedale, signor Hatter, è un luogo in cui le persone
ferite e mal ridotte si recano per ricevere delle cure.” disse
Coleman, sorridendo divertito.
Hatter fece scivolare lo sguardo
dalla mano dell'uomo, ancora sulla spalla di Alice, sugli occhi del
signore.
“Ora che conosco la definizione di Ospedale riterrei
adeguato dirle che lei, fra qualche secondo, potrebbe possedere le
opportune caratteristiche per recarsi in tal luogo se la sua mano
così odiosa non si sposta da....”
Alice sgranò gli occhi e,
velocemente, premetté il palmo della mano sulle labbra del castano,
facendolo quasi barcollare indietro.
“Si ricorda il discorso di prima,
signor Hatter?” domandò con la voce tremante dalla rabbia,
lanciandogli occhiate di fuoco. Hatter alzò gli occhi al soffitto,
perplesso.
“E' incivile quello che ho detto?”
“Va ben
oltre l'incivile!” esclamò seccata, sperando ardentemente di
soffocarlo con le sue stesse mani. “Mi ascolti, signor Hatter, lei
ha bisogno di un ospedale!”
“Se l'ospedale mi costringe a
separarmi da lei allora ne faccio a meno delle sue cure.”
“Ma
lei ne ha bisogno.”
“Si, suppongo di si. Ma, allo stesso
tempo, tutto quello di cui ho bisogno per guarire si trova qui.”
“E che cosa le servirebbe?”
“Alice.”
Alice sgranò
gli occhi, sentendo che, inconsapevolmente , stava arrossendo.
Hatter sorrise, posandole con poca delicatezza una mano sopra alla
testa.
“La mia dolce, dolce, piccola Alice. Ecco che cosa mi
curerà.”
Coleman rise, infilandosi i guanti di pesante
velluto.
“Alice, credo proprio che ti toccherà portartelo a
casa.”
Scusa il ritardo!!!!!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto
e recensito ^^
Buone feste!!!!!!!!!!!!
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Capitolo 6 *** Che cosa è incivile e che cosa non lo è ***
hatter 4
Se il cappellaio matto avesse potuto,
in qualche strano modo, associare una parola a quella situazione del
tutto fuori dal normale, molto probabilmente sarebbe stata,
IMPULSIVITA'.
Da quando era nato, non aveva mai e poi mai avuto
il desiderio di abbracciare qualcuno, nemmeno per finta cordialità.
Quella ragazzina che stringeva tra le sue braccia aveva un buon
profumo di the, la sua fragranza era qualcosa che cullava i pensieri
del cappellaio. I suoi capelli biondi, cascate d'oro sulle sue
spalle, erano morbidi sulla sua guancia. Sapevano da zucchero.
Il suo corpo era caldo, quasi lo poteva
percepire attraverso i vestiti.
Hatter appoggiò il mento sulla
testa della ragazza, gli occhi chiusi e un sorriso quasi infantile
sulle labbra screpolate a causa del freddo. Quanto era piccola tra le
sue braccia.
“Mia dolce pazzia, sei tornata a me.....”
mormorò il ragazzo, sentendo la felicità scorrergli nelle vene come
benzina nel serbatoio di una macchina. Già si immaginava la faccia
che avrebbe fatto la Lepre Marzolina nel rivederlo tornare con al suo
fianco Alice. Avrebbe riso dello Stregatto per averlo definito un
pazzo per aver cercato di ritrovare Alice. Prima, naturalmente, si
sarebbe fatto ridare il suo cappello.
“Ah, Alice, chiedimi qualsiasi cosa e
io te la darò. Vuoi la luna? No, quella non posso dartela, sarebbe
troppo grande da impacchettare. Vuoi il sole? No, no..... ti
scotteresti se lo tenessi in mano....”
“Signor Hatter, posso
davvero chiederle qualcosa?” domandò la ragazza, il viso ancora
nascosto sul petto del ragazzo. Hatter sorrise, stringendola più a
se, come un bambino che stringe un nuovo giocattolo timoroso di
perderlo.
“Certo che puoi. Se ti dicessi di no sarei in
contrasto con quello che ti ho appena detto, ma se ti dicessi di si
sarei in contrasto con quello che vorrei fare adesso che
consisterebbe nel stare in questa posizione per molto tempo, forse
l'eternità. Ma non possiamo sfidare l'eternità, perché se lo
facessimo significherebbe che non siamo umani e in tal caso noi...”
“Signor Hatter...”
“Scusami, dimmi pure.”
La
ragazza riempì con un gran respiro i polmoni, alzò il viso,
incontrando gli occhi verdi del ragazzo.
“Non si permetta mai
più di prendersi certe confidenze! Lo faccia di nuovo e chiamerò la
polizia, intensi?” urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in
corpo, scostandosi dal castano e chiudendo le mani in due pugni.
Hatter chiuse un occhio, inclinando un po' la testa di lato e
tappandosi con una mano un orecchio.
“Le hanno mai detto che
urlare nelle orecchie di una persona è considerata una cosa incivile
da fare?”
“Perché quello che ha appena fatto lei è da
considerarsi civile?”
“Non ne ho la più pallida
idea.”
“Allora non si permetta di dire se una cosa è civile e
non civile se nemmeno lei sa che cosa lo è o non lo è!”
“Ma
a questo punto nemmeno lei dovrebbe sgridarmi dato che lei ha fatto
una cosa che è ritenuta incivile quanto la mia.”
“Lei...lei
mi sta dicendo che ho torto?”
Hatter scrollò le spalle,
mordendosi un labbro.
“E' lei che l'ha detto, non io.”
“O
mio Dio, queste conversazioni mi faranno diventare pazza.” esclamò
disperata la biondina, portandosi le mani tra i capelli e voltando le
spalle ad Hatter.
“Oh, in questa caso continuiamo. Sarei felice
se lei diventasse pazza come me.” rispose il castano, battendo
felicemente le mani.
“Non lo dica neanche per scherzo!” disse
la ragazza, voltandosi appena nella sua direzione e lanciandogli uno
sguardo di fuoco. Dopodiché si mise a camminare avanti e indietro
per la stanza, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che vagava
sul pavimento.
“E' chiaro che lei ha battuto la testa. Perché
mi rifiuto di credere che lei sia veramente pazzo. Si, la causa deve
essere quella. La botta in testa!”
Si fermò davanti ad Hatter,
puntandogli gli occhi addosso.
“Da dove ha detto che viene?”
“Da Sotto-mondo. Vivo in un mulino abbandonato vicino ad una
vasta foresta e tutti i giorni prendo il tè con la Lepre Marzolina e
un ghiro.”
La biondina rimase di stucco, limitandosi a
guardarlo basita. Hatter, dal canto suo, sembrava più interessato al
lampadario.
“Si, ha preso una botta in testa...” sentenziò
la ragazza, continuando a camminare avanti e indietro per la stanza.
Le sembrava tutto surreale. Quel ragazzo, che all'aspetto
risultava molto attraente, certo non poteva negarlo, sembrava uscito
da un cartone animato o peggio, da un libro illustrato per bambini.
I suoi discorsi erano senza senso, privi di logica.
Di certo
quella botta l'aveva presa proprio forte.
Troppo assorta dai suoi
pensieri, la ragazza non si accorse nemmeno che Hatter l'aveva
raggiunta, posizionandosi davanti a lei. La biondina quasi inciampò
nelle scarpe troppo grandi del ragazzo e andò, inevitabilmente,
addosso al castano. Si massaggiò il naso, alzando il capo.
“Ma
che diavolo...”
“Non ho afferrato il suo nome o molte
probabilmente lei non me l'ha nemmeno detto. O, in conclusione, l'ho
già dimenticato.”
La ragazza lo guardò stupita, desiderosa di
afferrarlo per le spalle e scuoterlo con tutta la forza che aveva per
fargli ritornare un po' di ragione in zucca.
“Non gliel'ho
detto il mio nome, ecco perché non lo conosce.”
Hatter si
chinò appena all'altezza del suo viso, inclinando gli angoli della
bocca verso il basso.
“Seguendo la sua logica risulterebbe
incivile chiederle se me lo può dire?”
“No, non
direi...”
“Bene...Vede? Sto cominciando ad essere civile.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sospirando.
“Più o
meno, si.”
Hatter inclinò la testa di lato.
“Quindi se
lei non mi dicesse il suo nome, risulterebbe incivile?”
“D'accordo, è Alice. Contento ora? Il mio nome è Alice
Liddell.”
Hatter si portò le mani alla bocca, strabuzzando i
suoi grandi occhi verdi.
Alice lo guardò spaesata, corrugando la
fronte.
“Che le prende adesso? Non mi dirà che trova qualcosa
di incivile nel mio nome?” disse la biondina, non riuscendo a
trattenere una risata che sembrava quasi esasperata. Hatter fece
scivolare lentamente le mani lungo il viso, scuotendo la testa.
“Vecchio di un Cappellaio, c'è l'avevi davanti al naso e
nemmeno l'hai riconosciuta...che io possa bruciare all'inferno per
questo.” mormorò Hatter, sorridendo come un bambino.
“Eh?”
fu l'unica esclamazione che Alice riuscì a pronunciare prima di
ritrovarsi nuovamente tra le braccia del ragazzo che, quasi urlando,
aveva accompagnato tale gesto con un sonoro: “ALICE!”
“Signor
Hatter, me lo faccia ridire! Questo E' quello che prima abbiamo
definito incivile!!!”
Ok, non aggiorno dall'era giurassica.
Le scuse non servono, quindi godetevi questo capitolo ^^, sperando
che qualcuno abbia ancora la pazienza di leggerlo ^^
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Capitolo 7 *** Ogni vero inizio ha un suo litigio ***
jack
“Mi stia
vicino, signor Hatter. Se per qualche strano motivo dovesse allontanarsi da me
non ho nessuna intenzione di venirla a cercare, le è chiaro questo?” esclamò
stizzita Alice, facendo scattare la serratura della grande porta d’entrata
della scuola di danza. Il signor Coleman si sistemò il cappello sulla testa,
ridendo a bassa voce e lanciando occhiate dietro alle spalle della piccola
ragazza.
“Alice cara, credo proprio che tu non debba ripeterglielo tante volte.” Disse
l’uomo, sorridendo nel vedere Hatter in piedi dietro alla ragazza, un sorriso
compiaciuto sulle labbra screpolate dal freddo e piene di lividi a causa della caduta di poco prima. Alice gli
lanciò un’occhiata veloce, piegando le labbra in un espressione leggermente
scocciata.
“Se lo porto a casa con me è finita. Come farò a dire a David che ho portato
nel nostro appartamento un tizio pazzo senza dimora che ha sfondato il soffitto
della mia scuola di danza?” esclamò la biondina, infilando le chiavi nella
tasca del pesante cappotto azzurro, controllando un ultima volta che la porta
fosse ben chiusa. Il marciapiede davanti alla scuola era deserto. La neve aveva
ricoperto ogni centimetro della strada e il vento, freddo e tagliente, sferzava
il loro viso in modo costante.
“Oh, il caro vecchio David. E’ un bravo ragazzo, vedrai che se li spieghi la
situazione lui capirà.” Disse il signor Coleman, stringendosi nel suo soprabito
scuro. Scesero lentamente i gradini innevati, stando attenti a dover mettere i
piedi. Hatter si guardava in giro silenziosamente, non prestando molta
attenzione alla neve che si stava posando sui soffici capelli castani.
Alice si fermo a pochi passi da lui, lanciandogli occhiate dubitanti.
“Che cosa sta facendo fermo lì in quel modo? Ha per caso ricordato dove abita?”
Hatter poso gli occhi su quelli di Alice, fissandola intensamente. Alzò lentamente
un braccio e con l’indice pallido che sbucava dalla manica della giacca troppo
larga, indicò il cielo.
“ Non credi anche tu, Alice, che quando nevica i rumori diventino magicamente
ovattati? Le persone secondo me non ci fanno tanto caso nel tuo mondo. E’ come
se la Regina Bianca facesse cadere, insieme alla neve, un incantesimo sulla
città. E’ come vivere in un grande ,bianca , soffice e ghiacciata palla di
vetro!” disse il ragazzo, aprendo le braccia e piegando la testa all’indietro.
Un fiocco di neve gli solleticò il naso e il castano non riuscì a trattenere un
starnuto che risuonò per tutta la strada deserta. Alice salì gli scalini, prendendolo
delicatamente per la manica della giacca e trascinandolo verso il marciapiede.
“Benché sia uno spettacolo bellissimo la neve, se rimane un altro po’ sotto
questa bufera si prenderà una polmonite, signor Hatter!” esclamò Alice,
cercando a stento di far suonare il tono della voce più autoritario possibile
benché, nascosto dietro alla pesante sciarpa rossa, un sorriso divertito le si
era fatto strada tra le labbra rosee. Hatter tirò sul col naso, lasciandosi
trascinare dalla biondina lungo il marciapiede innevato.
“Anche prendere la polmonite può essere una cosa interessante. Come dice sempre
lo Stregatto: “Ciò che non ti uccide ti
fortifica Cappellaio!””
“Ma la polmonite non è una cosa con cui scherzare, signor Hatter. Solo
l’ospedale può…” disse il Signor Coleman ma venne prontamente fermato dalla
voce di Hatter che, avvicinatosi minacciosamente a lui, picchiettava l’indice
sul suo petto mormorando: “ Ancora questo signor Ospedale! Mi può dire dove
diavolo abita questo uomo così sapiente che riesce a curare così tante cose? Vorrei
proprio fare quattro chiacchiere con lui!”
“Dovrebbe proprio incontrarlo sa?! Almeno potrebbe curare quella botta in testa
che si è preso e farle tornare un po’ di sano buonsenso in zucca!” esclamò
Alice, strattonandolo per la manica della giacca in un vano tentativo di
allontanarlo dal pover uomo.
“Oh no. La mia pazzia non si prende mica con una semplice botta in testa! E’ una cosa che si tramanda per
generazioni, dopo molto uso di mercurio per costruire cappelli, lunga giornate
a chiedere risposte a indovinelli impossibili, the annacquato con zucchero
…” Lo sguardo minaccioso di Alice lo
fece zittire per alcuni secondi. Si sistemo il colletto della camicia,
guardando altrove. “ …… dai bambina non aveva quello
sguardo….così….spaventoso…direi quasi folle…...Alice, sei impazzita come me? Ma
allora siamo perfetti!”
“Io non sono pazza, è lei folle!”
“Alice, Alice… così mi farai arrossire.”
“Ma cosa diavolo è lei esattamente??”
“Un cappellaio. No, no. Più precisamente IL Cappellaio.”
“Un cappellaio senza cappello?”
Hatter spalancò la bocca per ribattere ma le parole li morirono in bocca. Schioccò
la lingua, per la prima volta stizzito.
“E’ una nuova moda di sottomondo, ragazzina. I cappellai potranno anche girare
senza cappello, no?”
“Ma allora non si chiamerebbero più cappellai se non avessero un cappello, no?”
“E allora un fabbro perde il suo titolo se non si porta sempre appresso un
martello?”
“ e allora perché lei non ha il cappello?”
“ e allora perché lei non ha il tutù?”
“Perché dovrei portare il tutù?”
“ Perché è una ballerina, no? E le scarpette dove sono? E le calze? Lo chignon?
I nastrini?”
“Ma non posso portarli sempre! Non portarli non significa che non sono più una
ballerina.”
Hatter sorrise compiaciuto, alzando la mano e puntandogli contro un indice.
Alice, dal canto suo, aveva la bocca spalancata e la fronte corrugata per lo
stupore.
“Ho vinto, guarda un po’.*” Esclamò Hatter, gongolando come un bambino che ha
appena ricevuto una scatola di cioccolatini per Natale. “ Non lo sa il detto:
“Mai sfidare un uomo folle se sai che è un Cappellaio”?”
“Non esiste quel detto!”
“Un detto comincia ad esistere nel momento esatto in cui qualcuno lo inventa.”
“Ma…ma…”
Il signor Coleman batte le mani, attirando l’attenzione dei due verso di se.
“D’accordo bambini, smettetela di litigare. Alice, tesoro. Il tuo taxi è
arrivato. A quanto pare eri troppo concentrata a battibeccare con il signor
cappellaio che non l’hai nemmeno notato.” Disse l’uomo, indicando un taxi nero
che si era appena fermato vicino al marciapiede.
“Perché la chiama tesoro?” esclamò Hatter, visibilmente stupito.
“Perché non dovrei, signor Hatter?” rispose Coleman, già pronto a farsi quattro
risate dalla risposta del ragazzo.
“Non è un tesoro.”
“Perché non lo è?”
“Non sta in un scrigno. E nemmeno in un isola deserta.”
Alice si passò un mano sul viso, scuotendo la testa, mentre Coleman rideva di
guasto sotto lo sguardo perplesso di Hatter.
“La prego, signor Coleman, almeno lei.” mormorò la biondina, lanciando
un’occhiata disperata al vecchio uomo. Coleman le batté una mano rossa e fredda
sulla spalla.
“Se lo porti a casa, Alice. Con quei vestiti bagnati e leggeri rischia di
morire assiderato. Ci vediamo domani mattina.” disse l’uomo e, dopo aver fatto
un cenno al castano, attraversò la strada. La sua figura massiccia e scura era
in netto contrasto con il candore della neve attorno a se.
Alice sospirò, voltandosi verso Hatter.
“Non vuole proprio andare all’ospedale?”
Hatter scosse la testa, accennando un sorriso.
“Se la porto a casa con me, mi promette che rivaluta l’idea di andare
all’ospedale?”
Hatter sorrise ancora di più, annuendo.
Alice sorrise appena, indicandogli il taxi. “Andiamo allora.”
Hatter seguì la ragazza, le braccia
dietro alla schiena, una posa da bravo bambino ubbidiente.
Alice non sapeva che tante cose si posso nascondere dietro alla schiena di un
uomo. E tra queste, poteva capitare che un cappellaio matto ci nascondesse le
sue bugie, che da semplici parole diventavano due dita incrociate.
Angolo dell'autrice:
Ok, decisamente è passato un SACCO di tempo dall'ultima volta
che ho aggiornato questa fic. Chiedo umilmente scusa a quelli che la
seguivano e che volevano vedere un continuato. Ho fatto un capitolo corto
corto perché non so quanta gente segue ancora questa storia.
Spero comunque che vi sia piaciuta! °(^O^)°
* Mentre
scrivevo mi è venuto in mente il "guarda un po'" che usa
solitamente Jack Sparrow. Non ho saputo resistere e l'ho messo anche
con Hatter! ^^
Allora,
Hatter me lo immagino come Johnny in " Jack lo squartatore":. ^^ e con
la matita da Jack Sparrow sotto gli occhi ^^
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