Sexual Innuendo In This Burned Out Paradise

di Chara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Capitolo 1

 

C’era una volta… No, così non va proprio. C’era una cazzo di volta il rock. Sì, decisamente molto meglio. Il rock è sempre stato una ragione di vita, per coloro che ci credevano davvero. Era qualcosa che faceva vibrare il cuore e le ossa e ricordava alla gente che sapeva sentire non soltanto con le orecchie che si poteva essere fottutamente vivi anche solo ascoltando un suono. Eppure non era solo un suono, era pura anima, l’espressione più sincera di coloro che la lasciavano fluire dalle proprie mani. I musicisti consideravano i propri strumenti come una parte di loro, come un’estensione del proprio corpo, e nessuno sapeva meglio di essi quanto il rock n’ roll fosse uno stile di vita, una religione. Un motivo per continuare a fare ciò che facevano e per crederci ancora.

Beh, quasi nessuno. C’erano loro. Sì, loro… le groupie.

I pregiudizi facevano sempre male, in tutti i casi. Ma la ristrettezza mentale di chi considerava queste ragazze alla stregua di puttanelle senza dignità non aveva eguali.  Sicuramente anche in quel caso, come in ogni aspetto della vita, c’erano vari tipi di groupie: quelle che fottevano e basta, quelle che si innamoravano e quelle che si sintonizzavano sul serio sulla stessa lunghezza d’onda delle rockstar con cui mischiavano sudore e vita. E anima. L’anima c’era sempre in mezzo, in un modo o nell’altro. Ed era quasi ironico come, pur evitando in tutti i modi di definire il rapporto che intercorreva tra tutti loro, sempre quelle dannate anime finissero per intrecciarsi inesorabilmente e irrimediabilmente.

Proprio come i loro corpi.

- Non si può mai dormire in pace, cazzo! – brontolò una voce maschile, il cui proprietario emerse con fare scocciato da un groviglio di braccia e lenzuola – Voi e i vostri fottuti capelli mi soffocherete nel sonno prima o poi –

- Stai zitto, Duff, fammi dormire – mugugnò il possessore di una seconda voce, ancora più impastata dal sonno della prima. I suoi capelli scuri e ingarbugliati sembravano proprio quella giungla di cui il loro gruppo parlava in una canzone, ed erano il motivo principale del lamento di Duff.

- Slash – una terza figura, questa volta femminile, emerse completamente svestita e spudorata da quella sottospecie di bordello per diffondere la sua stizza ai presenti – Non fottermi il cuscino! –

- Se non te ne stai zitta mi fotto te, almeno urlerai per un motivo – replicò Slash, il volto beatamente sprofondato nel cuscino che le aveva rubato.

- Io non ci vengo più a fare baldoria con voi due: sembrate una coppia di sposati – blaterò ancora Duff, girovagando per la stanza incurante della sua nudità – Angie, dove hai lanciato i miei pantaloni? –

- Che diavolo vuoi che ne sappia? Ero così ubriaca che non ricordavo nemmeno li avessi, dei pantaloni – replicò la giovane con sarcasmo, i lunghi capelli mossi a coprirle il seno mentre, con un paio di pugni tra le scapole di Slash, si riappropriava del trofeo di guerra rappresentato dal cuscino.

- Angie – ringhiò in risposta ai colpi sulla sua schiena, per poi voltarsi di scatto e ribaltare la giovane sul materasso. Seppellì il volto nei suoi seni, sospirando soddisfatto – Se non vuoi lasciarmi quel cazzo di cuscino allora mi prenderò le tue tette: sono anche più morbide –

Duff roteò gli occhi e finalmente riuscì a raccattare tutti i suoi indumenti, avviandosi alla porta con passo pesante. Urtò con un piede una bottiglia vuota di Jack Daniel’s, e imprecò sonoramente. Ricevette in cambio un soffocato grugnito di protesta, naturalmente da Slash, mentre Angie lo salutava debolmente con una mano, sul volto un’espressione rassegnata per il sonno che, stesa in quella posizione, non avrebbe sicuramente più recuperato. Il biondo ricambiò il sorriso e, scuotendo il capo, si defilò.

- Se ne è andato? – sussurrò Slash dal suo comodo giaciglio.

- Sì – sbuffò la ragazza, lanciandogli in testa il cuscino spappolato su cui, fino a poco prima, aveva dormito Duff – Prendi questo e vattene al diavolo –

- Veramente io avevo in mente un’altra cosa – precisò soave, alzandosi a sedere per poi passare un dito nel solco dei suoi seni fino giù all’ombelico. Prima che potesse proseguire oltre, però, Angie si voltò e gli diede le spalle, lasciando Slash con un’espressione perplessa mentre il suo cervello, ancora annebbiato dall’alcol, cercava di elaborare al meglio quel secco rifiuto.

- Scordatelo, ho sonno – replicò burbera, accomodandosi meglio.

La sua schiena nivea e completamente nuda era un richiamo atroce per il giovane: era sicuro che non avrebbe resistito se fosse rimasto lì con lei, perché ormai il sonno se n’era andato insieme a quel coglione di Duff che non riusciva mai a muoversi senza svegliare tutti. Così decise di andare a farsi una doccia, non prima però di aver deposto qualche languido bacio tra le scapole di Angie, che in risposta emise uno sbuffo molto somigliante ad un sospiro. Slash sogghignò blandamente, consapevole che sarebbe bastato davvero poco per convincerla che una buona dose di sesso per colazione poteva decisamente essere meglio di mezz’ora di sonno in più. Ma il suo umore, dopo, sarebbe stato forse poco adatto ai postumi di una sbornia di quel gruppo di disgraziati e decise di lasciar perdere. Si avviò quindi verso il bagno, canticchiando tra sé la prima strofa di Sympathy for the devil.

Intanto, in quel porcile che una volta era una camera da letto, irruppe un personaggio molto singolare a destare il sonno di Angie che, se l’avesse saputo prima, avrebbe senza dubbio acconsentito ad una sveltina mattutina con Slash in modo da far trovare all’ospite una simpatica sorpresa. Che poi, le sveltine con quel maledetto uomo insaziabile non erano mai solo sveltine.

- Svegliati – blaterò a gran voce il personaggio appena giunto – Sono le due di pomeriggio e i ragazzi devono provare per questa sera, smettila di essere di intralcio –

- Che provino, cosa c’entro io? – rispose Angie, coprendosi il capo con un cuscino come aveva fatto lo stesso Slash meno di venti minuti prima – Me ne sto qui tranquilla senza dare fastidio a nessuno e recupero il sonno che stanotte questi stalloni dei poveri non mi hanno concesso, ma tu vattene –

- Neanche per sogno, tu vieni con me a fare un giro –

- A farti scopare da Axl stai prendendo proprio i suoi modi dispotici, eh? – sibilò iraconda, quando l’altra spalancò finestre e persiane per farla svegliare. Angie si tirò a sedere, prendendo a caso il primo indumento che trovò. Dopo esserselo infilato, capì che si trattava della maglietta di Slash e fece spallucce: erano più le volte che indossava le sue cose rispetto ai vestiti più o meno femminili che si era portata in quel tour.

- E tu sei acida –

- Come una che è stata svegliata sul più bello per ben due volte, Jen –

Jennifer si strinse nelle spalle, lasciando intendere senza mezzi termini che non gliene importasse pressoché nulla, e si alzò. Il suo sguardo si illuminò di sfacciato interesse quando Slash fece la sua comparsa dal bagno avvolto solamente da un asciugamano striminzito sui fianchi.

- È inutile che mi guardi così, piccola – replicò divertito, lanciando qualche gocciolina qua e là mentre scuoteva il capo – Vedere Angie con addosso la mia maglietta e nient’altro mi eccita come nemmeno il tuo sguardo più perverso potrebbe fare –

- Stavo solo ammirando, caro il mio chitarrista – lo informò con una risata spensierata – E poi, lo sai che non mi piacciono i mori –

- Nemmeno i rossi, se è per questo – si intromise Angie a bassa voce, quasi come se stesse parlando con se stessa. Ma Jen la sentì ugualmente e non si risparmiò una gelida occhiata al vetriolo, facendo sogghignare sotto i baffi anche Slash.

- Ti aspetto fuori, Angelica dei miei stivali – berciò e, a passo di marcia, si diresse fuori dalla porta. La sbatté con tanta forza da farla tremare sui cardini e, per fortuna, quel suono coprì la risatina esasperata e incredula di Angie.

- Sei cattiva – le rinfacciò il chitarrista, sedendosi sul materasso al suo fianco. Le depose un bacio lieve sul collo mentre lei si appoggiava al suo petto con le spalle, completamente incurante della sua pelle bagnata.

- C’è un sacco di gente che ci sfotte, dicendoci che sembriamo una coppia di vecchietti sposati – mugugnò con uno sbadiglio – E io non posso ricordare a Jen che, anche se si fa sbattere da Axl tutte le volte che lui schiocca le dita, Duff la sta ancora aspettando a braccia aperte? –

- Ti ricordo che Duff era in questo letto fino a mezz’ora fa – sorrise Slash, intrufolando una mano sotto la maglietta di Angie per lasciarle morbide carezze attorno all’ombelico.

- Che vuoi farci? – la giovane si strinse nelle spalle, rendendosi poi conto di avere un braccio e due gambe che le impedivano completamente di muoversi – Le urla di Jen le avranno sentite fino a Los Angeles. E si può sapere che diavolo stai cercando di fare?

- Non scherzavo quando ho detto che sei eccitante con addosso i miei vestiti – mugugnò Slash prima di passare la lingua sulla clavicola di lei – E non ho ancora abbandonato il progetto di farmi una scopata per colazione –

- Prova a chiedere a Gilda o magari anche alla stessa Jen – propose seria, riuscendo per un miracolo divino a divincolarsi dalla presa ferrea delle braccia ambrate di Slash – Sicuramente non ti diranno di no, considerando come sono avide di dettagli sul tuo… corpo –

- Ma le tue tette sono tanto più grandi – si lagnò senza nemmeno starla ad ascoltare, spalancando gli occhi in un tentativo di persuadere la giovane con uno sguardo da cucciolo ferito. Angie dovette ammettere tra sé che faceva un certo effetto, soprattutto considerato il debole che aveva per i suoi occhi neri sempre socchiusi. Per non parlare di quelle labbra morbide che sapevano essere così abili a farla impazzire…

- La cosa non mi riguarda – replicò senza pietà, dirigendosi a sua volta in bagno – Ti troverò una ragazza carina per questa sera, così potrò recuperare un po’ di sonno. E non provare a seguirmi in bagno, voglio farmi una doccia rilassante

Il giovane non disse nulla, limitandosi a stringersi nelle spalle come se non gli avesse appena rifilato senza ripensamenti l’ennesimo due di picche della giornata, ma la sua impagabile faccia da schiaffi preoccupò Angie che, inarcando un sopracciglio con perplessità, cercò a tentoni la chiave della porta del bagno. Quando scoprì che non c’era spalancò gli occhi in un principio di preoccupazione, che si trasformò in puro terrore quando Slash gliela sventolò davanti al naso, estraendola dalle pieghe dello striminzito asciugamano che gli cingeva i fianchi.

- Cercavi questa, Angelica? – le chiese retorico sbattendole davanti la sua faccia tosta senza eguali.

- Perché mi perseguiti, Saul? – replicò esasperata, cominciando ad arretrare nel bagno.

Slash la seguì con movenze cadenzate, come un gatto che gioca placidamente con il topo che sa di avere in pugno, e, quando Angie sbatté contro il lavandino, le fu addosso. Le sollevò la maglia e le strinse i glutei prima di sollevarla per permetterle di cingergli i fianchi con le gambe. Affondò la lingua nella sua bocca, baciandola con una passione inestinguibile, e la portò nella doccia senza mai staccare le labbra dalle sue.

- Morirò giovane – gemette disperata quando finalmente riuscì a liberarsi per racimolare un po’ d’aria. Slash ridacchiò, seppellendo il volto tra i suoi seni, e aprì il getto dell’acqua, lasciando che quel suono coprisse i loro sospiri per il tempo a venire.



*



Ehm, sì. Salve ^^
Non ho mai pubblicato qualcosa da queste parti e spero di non essere accolta con insulti o cose contundenti varie. Se foste a conoscenza di storie più o meno sulla stessa lunghezza d'onda della mia ditemelo, così ci faccio un giro e vedo se poi si svilupperanno nello stesso modo o che cosa. Non vorrei mai copiare qualcuno, anche involontariamente! O.o Ringrazio Lisa per aver betato tutta la faccenda, per aver trovato un titolo alla storia (che è preso da Rocket Queen) e anche per la copertina, perché io con la grafica faccio schifo ai cessi :3
Aggiornerò penso settimana prossima, nel malaugurato caso in cui siate interessati xD Adios!

Giuggi 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2

 

L’albergo in cui alloggiavano non era male, considerando quanto fosse economico e come si presentava dall’esterno. Dopotutto, i Guns N’ Roses erano ancora soltanto una opening band che preparava il pubblico ad accogliere i Cult in giro per le arene e i locali del Nord America, non potevano certo permettersi quelle lussuose suite da nomi altisonanti come Plaza oppure Palace e roba simile. Ma non stavano poi così nella merda, ecco. Nelle loro camere c’era persino spazio per qualche groupie. Qualcuna fissa e qualcuna occasionale, ma ci si divertiva sempre e gli albergatori non si lamentavano mai più di tanto, per mancanza di interesse o, forse, più che altro per timore.

Angie se ne stava appollaiata sulla poltroncina nell’angolo della camera di Slash e lo guardava rivestirsi pigramente dopo quella colazione nella doccia a base di sesso e acqua bollente. Nel mentre, si fumava una sigaretta e ciccava sul pavimento di moquette senza minimamente curarsi di chi, poi, avrebbe pulito. La cenere non sarebbe sicuramente stata la parte peggiore che avrebbero lasciato dopo il loro traumatico passaggio.

- Sai, Slash – mormorò distrattamente, ammiccando poi in direzione del cavallo dei pantaloni di pelle del chitarrista – Ogni tanto mi chiedo come diavolo tu riesca a far entrare tutto quel ben di dio nei tuoi pantaloni di pelle –

- Ma dai, piccola – sorrise di rimando, avvicinandosi piano – Mi domando le stesse cose più o meno tutte le volte che ti vedo aprire la bocca –

Angie rise di gusto prima di tirare avidamente dalla sigaretta. Slash la raggiunse definitivamente e la baciò rude, schiudendole i denti con la lingua ed esplorando la sua bocca come se non l’avesse fatto anche nell’ora precedente e durante buona parte della notte. Si appoggiò con le braccia forti ai braccioli della poltroncina, distanziandosi poi lentamente, quasi riluttante. Dalle sue labbra uscì quella nuvoletta di nicotina e catrame che le aveva rubato, e sorrise di nuovo.

Subito dopo si diresse alla porta, roteando gli occhi quando sentì Izzy imprecare come un pazzo, probabilmente per il ritardo con cui avrebbero iniziato le prove. Ma Slash ci avrebbe scommesso: Axl non era ancora arrivato e lui si sarebbe lo stesso preso una ramanzina perché era stato a scoparsi allegramente la sua groupie e non chissà dove a fare chissà cosa con chissà chi.

- Chiappe d’oro – sospirò Angie, ammirando spudoratamente il suo fondoschiena mentre si allontanava indisturbato.

La giovane si alzò con calma, consapevole che, da qualche parte, Jen e magari anche quella psicopatica invidiosa di Gilda la stavano aspettando. Non era carino da parte sua essere ostile ad un’altra groupie, dopotutto erano tutte sullo stesso livello. Era come se fossero le trasposizioni femminili della rock band che tanto amavano e veneravano, ma quella biondina da strapazzo proprio non la sopportava. Cercava di portarsi a letto tutti e cinque i ragazzi, quando era palese che solo Steven la volesse. In realtà serpeggiava il vago sospetto che avesse una cotta per lei ma nessuno si era mai azzardato a dire nulla, perché era meglio non metterlo troppo in imbarazzo. Poi ci avrebbe dato dentro con alcol e coca e alla band serviva un batterista capace di tenere il ritmo, perlomeno.

Jen si era sempre divertita a sottintendere che ad Angie non piacesse Gilda semplicemente perché ci provava anche con Slash, e a tutti piaceva pensare che quei due in realtà fossero molto più fidanzati che semplici amanti. Forse, più che altro, avevano quella vera intesa che groupie e rockstar avrebbero dovuto avere, ma era fin troppo chiaro che pensarci dopo un’ora intensa di sesso sfrenato non avrebbe portato da nessuna parte. O così decise il cervello di Angie. 

Quando la giovane fece la sua comparsa nella sala comune che condividevano i ragazzi, fu accolta da un coro di fischi e risatine maliziose e scoprì che i ragazzi non se n’erano ancora andati a provare. Se non altro il frontman non si era dato alla macchia come era già capitato.

- Beh? – chiese senza capire, inarcando un sopracciglio alla vista di tutte quelle espressioni indecenti – Che volete? –

- Si è sentito tutto, piccola – la illuminò Axl, squadrandola con i suoi occhi insondabili.

Slash le lanciò un’occhiatina divertita ma, se Angie lo conosceva anche solo la metà di quanto le era permesso dire, era certa che almeno un pochino fosse imbarazzato. Perlomeno a disagio, ecco. Non gli piaceva essere giudicato, soprattutto in una cosa intima come una bella scopata.

La groupie rise tra sé con amarezza, realizzando quanto il chitarrista si sentisse realmente a suo agio solo con un ago in vena. Non era comunque lei la persona più adatta a fargli notare come fosse sbagliato.

- Che coraggio! – sbuffò in direzione di Axl dopo quella riflessione, scuotendo i lunghi capelli castani a dimostrazione di quanto poco o nulla le importasse – Questa notte, se non fossi stata impegnata, avrei potuto contare i vostri orgasmi, tuoi e della tua groupie senza spina dorsale –

- Ehi, no – s’intromise Jen, sentendosi punta sul vivo da quella affermazione – Le tue cazzate dimmele in privato, perché gli uomini credono a tutto –

- Farebbero così male a crederci? –

- Che noia voi due – blaterò Gilda con quella sua odiosa voce nasale, scuotendo una mano dalle unghie perfettamente laccate di blu. Anche quel movimento, agli occhi di Angie, sembrò volto solamente allo scopo di farsi notare. Scambiò l’ennesima occhiata con Slash, che di nuovo sorrise sotto i baffi, forse per aver intuito perfettamente i pensieri della sua groupie, e scosse le spalle, decidendo che non le importava nulla.

- Hai ragione, Gil – annuì convinta Jennifer, passandosi poi una mano negli spettinati capelli neri – Andiamo a fare un giro, donne? Così da lasciare il campo libero alle rockstar –

Sembrava persino più gasata di loro, e in cambio riuscì solamente a strappare un vago sorriso ad Axl. Il cantante la apprezzava più che altro per il suo sesso rumoroso, ma anche lei non si trovava poi così bene quando lui stava tra le sue gambe. Però nella vita bisognava sempre scendere a compromessi, soprattutto quando l’alternativa era qualcosa di pericolosamente inaccettabile.

- Mi hai fatta svegliare presto apposta, Jen – sogghignò Angie in direzione dell’amica – Mi dispiacerebbe proprio rimanere a marcire in questo albergo –

- Non sarai così ottimista da sperare che non ci sia dietro un secondo fine, spero – ridacchiò anche Duff, parlando per la prima volta da quando erano arrivate le ragazze. Stava diventando sempre meno loquace, ultimamente, e molto presto nemmeno l’alcol e le altre cose sarebbero bastate a tenere l’argomento sotto chiave. La diretta interessata, nel mentre, faceva abilmente finta di nulla.

- Vogliono portarmi via per evitare che rapisca Slash, immagino – rispose a tono, facendo sorridere il chitarrista che, però, non rispose nemmeno stavolta. Era comodo nascondersi sotto quella massa enorme di ricci scuri, ma la verità era che capitava decisamente più spesso che fosse lo stesso Slash a rapire Angie, non il contrario. Da chiunque partisse l’idea, nessuno dei due si lamentava mai.

- Se lo sai allora sparisci – replicò secco Axl, nella sua brusca e disarmante schiettezza – Soprattutto con quella maglietta addosso –

La giovane inarcò il sopracciglio per l’ennesima volta in poco tempo, abbassando poi lo sguardo sul suo petto. La scritta Groupies do it better campeggiava senza pudore sulla stoffa bianca annodata appena sotto l’ombelico, e Angie sogghignò, avvicinandosi al rosso con movenze feline.

- Preferisci che la tolga, dolcezza? – mormorò sollevandogli il mento con un dito. Sul suo viso campeggiava quel solito sorriso storto che aveva sempre prima di una malefatta, anche se di solito non era Axl il suo compagno di scorribande.

- Non sarebbe una cattiva idea – replicò tirandola verso di sé per i fianchi.

- Eh no – Angie si allontanò di scatto, facendo rimanere il cantante con la bocca spalancata dallo stupore. Non era abituato a ricevere un rifiuto da una donna e, di solito, quando accadeva, la sua reazione non era delle migliori – Sono una distrazione, non posso rimanere qui. Voi dovete provare per questa sera –

- D’accordo, proviamo – s’intromise Slash, lanciando un’occhiataccia alla groupie. Una parte di lui, non poteva negarlo, era quasi compiaciuta anche se il motivo continuava a sfuggirgli, ma la sua parte razionale sapeva che far arrabbiare Axl non era mai una buona idea – Dov’è sparito Izzy? –

- Al cesso – replicò Gilda con tono svagato, come se Izzy chiuso in bagno da un quarto d’ora fosse una cosa normale e, soprattutto, senza conseguenze.

- È uno scherzo – sbuffò Duff, mentre anche Steven abbassava il capo per sfuggire alle loro occhiate indagatrici.

Jen sospirò, trascinando fuori le altre due ragazze, e decise che non avrebbe voluto saperne nulla per un po’. Gilda si lamentò per quella brusca uscita di scena, ma venne subito zittita a dovere.

- Andiamo, Angie, che hai da tenere così fissi i tuoi grandi fanali azzurri? – sbottò di nuovo Jennifer, ormai presa da chissà quale frenesia.

- Che devo avere? – rispose quella, ignorando di proposito gli sbuffi lamentosi della biondina. Era così infastidita, ci avrebbero scommesso un braccio, solamente perché non era riuscita a strusciarsi un po’ su tutti. O, più probabilmente, perché Izzy aveva rifiutato le sue avances per chiudersi in bagno ad infilarsi una siringa nel braccio. Jen lo sussurrò ad Angie in un orecchio mentre Gilda si fermava a specchiarsi in una vetrinetta.

- Non sarai triste perché Slash ti ha abbandonata per una dose di ero, no? –

- Gilda, quella mi sembri decisamente tu. Io e Slash, al massimo, ci facciamo insieme – replicò a tono, ormai stufa di sopportare i suoi lamenti. Quella strinse gli occhi e disse con tono seccato che sarebbe andata a farsi un giro nel negozio di scarpe dall’altra parte della strada, ma non tentarono di fermarla.

- Andiamo, Angie – sospirò Jen passandosi una mano tra i capelli, con il solo risultato di spettinarli ulteriormente – Resisti un po’ di più –

- No, Jen – sbottò Angie risentita, infilandosi in un bar per mendicare un bicchierino di Jack Daniel’s o, perché no, un lavoretto per la serata. Non potevano sempre vivere sulle spalle dei ragazzi con la scusa di essere groupie – Non la sopporto: è così meschina che mi stupisce che non l’abbiano ancora cacciata –

- Apre le gambe a comando – replicò l’altra facendo spallucce – Questo è quello che vogliono –

Angie roteò gli occhi senza farsi notare, leggendo una lieve accusa nelle parole di Jen, ma non disse nulla. Alla fine, tutte loro erano lì perché aprivano le gambe a comando. Se poi capitava che si instaurasse una complicità diversa era un altro conto, ma quei cinque sbandati non avevano in mente altro che raggiungere la cresta dell’onda e scaricare la tensione svuotandosi in qualche ragazza compiacente.

- Non fare quella faccia – disse di nuovo Jen, interrompendo il flusso dei suoi pensieri – Tu e Slash siete fortunati perché avete raggiunto quel livello di intesa per cui non c’è bisogno di parole, per cui tu non ti offendi se lo trovi a letto con un’altra e per cui lui sa che tu lo capisci

- Sono qui apposta per essergli utile in ogni modo possibile, rinfacciarmelo è la cosa meno sensata che tu possa fare – sbottò di nuovo, ma con il brusco risveglio che aveva avuto era il minimo rimanere di cattivo umore tutto pomeriggio.

- Perché te la prendi, eh? – Jen era sorprendentemente tranquilla, soprattutto per i suoi soliti modi di fare – Io ti invidio

- Lascia stare – la interruppe per poi indicarle un pub – Lì cercano delle bariste, magari per stasera ce la caviamo –



*



Rieccomi :3
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e tutto il resto, vi giuro che non me le aspettavo proprio e saltellavo per casa come una scema! xD
Comunque, mi sono accorta che l'altro giorno non ho specificato quando è ambientata la storia, ma lo faccio ora: siamo nel 1987, durante il tour con i Cult, che però ignorerò filosoficamente xD Poi più avanti specificherò altre cose o incongruenze varie, se ci sarà bisogno. Il resto è storia e la conosciamo bene tutti u.u
QUI c'è Jen, e QUI c'è Gilda, se volete sapere come me le immagino. A preeeesto! ;3

Giuggi

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




Capitolo 3

 

Edmonton era una bella città, tutto sommato. La periferia era piena di squallidi locali e negozietti vari, l’ideale per chi non aveva molti soldi ma del tempo da sprecare. Così Angie e Jennifer avevano trovato quella sottospecie di pub frequentato solamente da qualche viscido ubriacone o da dei viaggiatori solitari. In ogni caso non da molta gente e, quella poca che c’era, non era nemmeno poi così raccomandabile. Il proprietario, Clayton, era un tizio simpatico, completamente calvo. Non era sfuggito loro il modo in cui le guardava, indugiando sempre un po’ di troppo sul collo di Jen o sulle tette di Angie, ma non era decisamente il loro tipo. Per l’amor del cielo, loro amavano i capelli. Più ce n’erano, meglio era. Era così appagante affondare le mani in quelle matasse aggrovigliate, magari anche spalmate contro un muro a farsi scopare come se non ci fosse stato un domani.

Da quanto avevano capito, quella sera c’era ancor meno gente a causa del concerto dei Cult e di quei tizi rognosi che aprivano per loro, che però spaccavano come un sacco di altre band non avevano più fatto da un sacco di anni.

Le ragazze avevano sorriso, sentendo quelle parole. Loro conoscevano molto bene i tizi rognosi in questione e, se avessero saputo come li avevano descritti quelli nel pub, sicuramente si sarebbero gasati fino all’inverosimile. Magari avrebbero anche preso la cosa come una scusa per festeggiare e sbronzarsi. Effettivamente, ponderò Angie guardando l’orologio, era quasi l’una e il suo turno era pressoché finito, ma non si era ancora sentito nessuno che fosse stato al concerto. E di sicuro era già finito da un pezzo. I ragazzi, ormai, avrebbero dovuto essere in giro a fare baldoria e le sembrava strano che non fossero ancora venuti in quel locale. Gliel’avevano espressamente chiesto, giusto per divertirsi un po’ insieme come al solito.

- Ehi, bellezza – rantolò un tizio con i baffi giallastri a causa del tabacco e di chissà che altro, strappando Angie alle sue riflessioni – Portami un bicchierino di scotch, ma lo voglio servito nelle tue belle tette morbide –

- Non sono pagata per usare le mie tette, mi dispiace – replicò la ragazza senza nemmeno fingere un tono dispiaciuto, cercando in tutti i modi di mantenere la calma. Avrebbe voluto spaccargli in testa il vassoio solamente per il disgusto che quella sottospecie di uomo le provocava.

- Il cliente ha sempre ragione, non lo sai? – sbottò alzandosi in piedi – Si vede che sei nuova, dovrò dire a quel vigliacco di Clayton di insegnarti un po’ di buona educazione –

Non era molto alto, notò la groupie, ma dopotutto non lo era nemmeno lei. La prese per i polsi, con un’agilità parecchio insolita per un ubriaco, e la sbatté con la schiena contro il tavolino grazie all’aiuto di un vile sgambetto. Le bloccò i polsi con una mano sola, e di nuovo Angie si domandò come diavolo facesse ad avere tutta quella forza se faticava persino a reggersi in piedi. D’accordo, lei era un po’ dimagrita da quando aveva preso a seguire i Guns, ma non le sembrava proprio di essere regredita a quando aveva dodici anni.

Quindi decise di racimolare un po’ di determinazione e gli piantò una decisa ginocchiata fra le gambe, facendolo accasciare, purtroppo per lei, proprio sul suo corpo. Chiaramente vi cedette a peso morto, intontito dal dolore, e con un altro spintone lo fece rotolare per terra, appoggiato con la schiena contro la sedia su cui era seduto.

Angie si voltò di scatto, il fiato corto a smuoverle il petto con ritmo frenetico, e andò a sbattere contro una figura solida. Quando alzò il capo, si trovò a perdersi in due iridi scure come la notte, leggermente annebbiate dalla stanchezza e dall’alcol, e forse anche un po’ arrabbiate.

Nella frenesia del momento non si era resa conto che dalla porta del locale fosse entrato un fiume di gente urlante, tra cui anche i ragazzi e un sacco di mocciose affamate che giravano attorno alla band con aria quasi febbrile.

- Slash – ansimò colta alla sprovvista, rilassandosi subito quando lui le passò un braccio attorno ai fianchi per attirarla a sé. Le morse lievemente il labbro inferiore, per poi voltarsi a guardare l’uomo ubriaco e dolorante sul pavimento.

- Tutto bene, piccola? – le chiese preoccupato, carezzandole una guancia con le nocche.

Lei annuì e il chitarrista le sorrise un po’ più sollevato ed orgoglioso per come da sola era riuscita a mettere al tappeto quell’idiota, e forse anche felice di non vedere nessuna traccia di lacrime nei suoi occhi.

- Non ci sai proprio fare con le donne, tu – sbuffò poi con fare seccato e un po’ impastato dall’alcol, rivolgendosi al tizio riverso sul pavimento. Angie nascose un sorriso divertito, rendendosi conto di come Slash non fosse poi molto più convincente del suo assalitore. Un ubriaco che faceva la paternale ad un altro ubriaco, ecco cos’erano. Ma, se non altro, Slash non aveva mai assalito una ragazza nemmeno quando era strafatto di coca.

- E tu che diavolo vuoi, razza di squattrinato capellone? – rispose quell’altro, lanciando un’occhiata di fuoco al braccio protettivo del chitarrista attorno al corpo della ragazza – Stavo parlando con la mia cameriera, sei pregato di sparire –

- Si dà il caso che la tua cameriera sia la mia groupie – berciò con fare possessivo – E, comunque, con le sue meravigliose tette si fa così

Detto questo, tuffò il capo riccioluto nella scollatura della maglietta di Angie, inspirando a pieni polmoni il suo profumo. Sulla schiena della groupie passò un brivido violento, che la scosse da capo a piedi, ma fu oltremodo sorpresa quando le labbra di Slash posarono un bacio delicato proprio nell’incavo tra i suoi seni. Era un bacio completamente opposto al gesto che aveva appena compiuto.

- Hai capito, brutto stronzo? – sogghignò quando sollevò il capo – Non ti azzardare a toccarla, lei è mia

E la baciò, questa volta sulle labbra, con fare rude e violento, rimarcando ancora quelle parole come se non fosse stato abbastanza convincente. Angie si aggrappò alle sue spalle, assecondando i movimenti della sua lingua e anche quelli dei suoi fianchi. C’erano più parole in quel gesto che in tutto il possesso che aveva espresso un momento prima. La voleva e l’avrebbe presa subito, su quel tavolo, se non ci fosse stata tutta quella gente.

Quando si allontanò, rimasero per un momento con la fronte accostata, senza dire una parola. Angie avrebbe mentito a se stessa se avesse detto di non aver provato una stretta allo stomaco quando Slash aveva pronunciato quelle parole, ma qualunque donna si sarebbe sentita orgogliosa se un uomo l’avesse difesa in quel modo. E la convinzione con cui il chitarrista aveva proferito quelle parole…

Deglutì sonoramente, decidendo che non avrebbe più pensato a quel momento. Era una groupie, prima di tutto, e in quel preciso istante avrebbe solo dovuto portare la sua rockstar a sbronzarsi insieme a lei e a tutti gli altri.

- Quanto ti manca? – le domandò Slash, strappandola ai suoi pensieri. Le carezzò la schiena e di nuovo si stupì di quante sfaccettature del suo carattere così chiuso potessero trasparire in così poco tempo.

- Stacco all’una – rispose con un piccolo sorriso compiaciuto sulle labbra rosse.

- Beh, muoviti – mormorò quasi sgarbato - È già passato un quarto d’ora dall’una. Non vorrai lavorare tutta la notte, spero –

- No – ridacchiò in risposta, riuscendo a scorgere sotto quella corazza il desiderio di passare del tempo con lei. Era forse successo qualcosa? – Andiamo a ritirare il bottino –

Raggiunsero Clayton sul retro e scoprirono che Jen aveva già staccato. Angie di nuovo si stupì di quanto quell’assurda situazione l’avesse distaccata dalla realtà, ma decise di non pensarci più. Se l’era già detto un attimo prima ma non era riuscita a mantenere la parola con se stessa, e un po’ si indispettì. Il proprietario ringraziò la groupie e le fece i complimenti per l’efficienza del lavoro, consegnandole poi una piccola busta bianca che lei si infilò nel reggiseno.

Slash lanciò un’occhiatina invidiosa a quell’ammasso di carta e Clayton lanciò un’occhiatina invidiosa a Slash. Angie si chiese se fosse per la quantità indicibile di capelli del chitarrista o per il semplice fatto che lui potesse toccarla. In ogni caso, non le importava. Si limitò ad ammiccare verso la rockstar quando riuscì ad intercettare il suo sguardo rivolto alla sua scollatura. Il giovane sorrise come un bambino a cui vengono promesse le caramelle, e la tirò via da quello sgabuzzino che sapeva di alcol e muffa.

- Vieni là con noi? – le chiese subito, e lei annuì.

- Certo -

La prese per mano, intrecciando le dita alle sue. Quelle dita sapevano compiere dei miracoli, rifletté Angie. Il modo in cui sfioravano quelle sei fottute corde, le sensazioni che trasmettevano quando la sua musica raggiungeva le orecchie di chi ascoltava. Il cuore. E di nuovo riuscirono a compiere una magia inspiegabile, con un gesto così semplice come intrecciare le dita a quelle di un’altra persona. Non era giusto che avesse quei poteri, ma la sua pelle contro quella della giovane le fece riverberare quella lieve carezza nel ventre e anche più su, nel petto. Era stupefacente.

Quei pensieri erano traditori, però. Si intrufolavano nella sua mente a dispetto di tutta la fatica che faceva per convincersi a chiuderli fuori. Lei era una groupie, una cazzo di groupie. E non era nemmeno una piccola adolescente alle prime armi, non aveva più sedici anni. Conosceva tutte le sfaccettature di quel ruolo, e la dolcezza non era contemplata. Non troppo. E si stupì anche di come si fosse improvvisamente rammollita.

Ma era lui, era Slash ad essere così dolce nonostante la sensualità. Nonostante il rock.

Quando giunsero alla tavolata a cui erano seduti i ragazzi, Angie vide distintamente Axl lanciare un’occhiataccia alle loro dita intrecciate. Lo notò anche Slash, a quanto sembrava, perché dal nulla sfilò la mano dalla sua, lasciandola smarrita per un momento. Si voltò a guardarlo, scoprendolo con il capo abbassato ed eccessivamente impegnato a scostare due sedie.

Axl era così: se credeva che qualcosa avrebbe distratto uno dei componenti della band, allora tentava in tutti i modi di frapporsi tra l’amico e quel qualcosa. Lo faceva con le migliori intenzioni, certo, ma quando c’era di mezzo Erin o qualsiasi altra cazzata in cui era coinvolto, nessuno poteva mai dirgli cosa fare. Era frustrante.

La giovane alzò di nuovo lo sguardo, cercando di non far trasparire nulla dalla sua espressione, e vide Duff fulminare Slash per la sua reazione. Non riuscì ad afferrare il senso di quell’indignazione così palese, ma vide il biondo rivolgere subito dopo uno sguardo a Jen. La giovane parlava con Gilda e sembrava non essersi accorta di nulla, così il bassista tornò al suo drink e se lo scolò d’un fiato.

Angie scosse la testa con aria spazientita, incrociando poi lo sguardo di un immusonito Duff. Quel ragazzo era troppo ingenuo, e stava cominciando a sentire il peso dei discorsi irrisolti con la sua ex groupie di fiducia. Senza contare, poi, che il fatto che lei fosse così abile a nascondere a tutti i suoi sentimenti lo metteva in crisi come poche altre cose al mondo e proprio non riusciva a capire che lei fosse a disagio quanto lui. Gli uomini erano fin troppo bravi a non vedere al di là del proprio naso, a volte. E forse Angie avrebbe fatto bene a ricordare quella frase anche per se stessa.



*



Buonsalveeee! :3
Quando arrivo alle note non so mai cosa dire, uh xD Credo che tra un po' gli aggiornamenti rallenteranno, o finirò tutti i capitoli pronti e, con l'ansia della fretta, finirei per scrivere gli altri in modo orribile e non è proprio quello che vorrei! Ringrazio come al solito chi recensisce, segue e tutto il resto, mi fate tanto felice :) A presto!

Giuggi

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***




Capitolo 4

 

Avevano fatto una gran baldoria, ecco la verità. Angie aveva scoperto che Clayton aveva lasciato una generosa mancia sia a lei che a Jen, così avevano messo insieme qualche spicciolo per pagare un giro di Jack a tutti e ne era uscito qualcosa di molto somigliante ad un bordello. Nel vero senso della parola. Avevano dovuto trascinare via Steven e Gilda, spalmati su un tavolino appiccicoso d’alcol intenti a darci dentro nei preliminari più vergognosamente spinti che memoria d’uomo riuscisse a ricordare, e i loro compagni di viaggio non erano decisamente gente che si scandalizzava con poco. Ma sicuramente quei due il giorno dopo non avrebbero ricordato nulla, e prenderli per il culo sarebbe stato ancora più divertente.

Naturalmente, nessuno si era risparmiato delle cazzate apocalittiche, che non avrebbero dovuto lasciare la bocca di nessuno per evitare di traumatizzare il prossimo, ma le groupie non erano note per essere ragazze fini. Loro erano solamente invidiate perché si facevano ripassare da quelle rockstar piene di sesso, e perché dopo avevano il permesso di indossare le loro magliette e sfoggiarle in giro per le strade come se fossero dei trofei. Beh, Angie lo faceva spesso ma solo perché amava l’odore della pelle di Slash. Ma all’apparenza era tutta un’altra storia.

In ogni caso, Duff si era divertito ad improvvisare una specie di gioco della bottiglia, ma si erano rotti praticamente subito perché quella bottiglia del cazzo era quadrata e non scivolava bene sul legno. Avrebbero dovuto pensarci prima di scolarsi solo Jack Daniel’s, ma che potevano farci se era così buono? Comunque, il gioco proposto dal bassista consisteva in una risposta ad una domanda imbarazzante ogni volta che il collo della bottiglia puntava verso qualcuno, e in più un bicchierino di Jack, giusto per sciacquarsi la bocca per la confessione scottante.

Il primo turno era toccato proprio a Angie, perché la sfiga l’aveva sempre più o meno perseguitata.

- Voglio sapere la cosa che ti ha fatto più sesso la prima volta che hai visto Slash – ridacchiò il biondo, agitando la sigaretta con il solo risultato di spargere cenere in testa a Izzy. Si guadagnò un pugno.

- Mi aspettavo una domanda molto più imbarazzante – sbuffò la groupie, attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno al dito con fare civettuolo.

- Rispondi –

- I capelli – sorrise ambigua, guadagnandosi un’occhiata incerta dal chitarrista e un coro di risate da tutti gli altri – Che diavolo ridete? Quei capelli così selvaggi mi hanno surriscaldata immediatamente: smaniavo dalla voglia di sapere se tutto di lui fosse selvaggio allo stesso modo -

- Sciacquati la bocca, adesso – sghignazzò Duff, dando una pacca sulla spalla al suo compagno dai capelli selvaggi.

Angie bevve, facendo spallucce.

Tutta la sera andò avanti di quel passo, fino a che Clayton non li supplicò di sloggiare perché anche lui aveva una famiglia che, magari, si preoccupava che rientrasse a casa. Jen e Angie lo ringraziarono di nuovo e si adoperarono per far uscire tutta quella massa indecente dal locale, che decisamente non era mai stato conciato così male.

L’unico che non fece storie fu Slash, ma non aveva parlato molto per tutta la sera. Fu decisamente fortunato perché la bottiglia di Jack Daniel’s gli voleva bene anche da vuota: l’aveva graziato.

- Davvero hai notato solo i miei capelli la prima volta che mi hai visto? – sbottò ad un certo punto, una volta ritornati all’albergo. Teneva il capo ostinatamente chino verso il basso mentre fingeva una maniacale attenzione verso il pacchetto di sigarette.

- Scusa? – allibì Angie strabuzzando gli occhi. Era pressoché incredula riguardo a quello che le sue orecchie avevano appena sentito, e non poteva davvero essere che Slash si stesse facendo dei complessi riguardo all’aspetto fisico. Insomma, era di Slash che si parlava. 

- Hai capito – borbottò burbero, e alla groupie sembrò quasi di vederlo un po’ in ansia. Sorrise.

- Che hai, rockstar? Un calo di autostima? – gli domandò, tuffandosi sul letto al suo fianco. Scostò con rapidità un ciuffo che le impediva di vedere il suo viso imbronciato.

- Rispondimi e basta – sbuffò, scostandosi dalle sue mani curiose, e tornò a nascondere il volto.

La groupie ridacchiò brevemente, sedendosi poi a cavalcioni su di lui e prendendogli le guance con le mani. Lo obbligò a guardarla negli occhi e, prima di cominciare a parlare, mandò al diavolo tutti i suoi buoni propositi e lo baciò. La sua idea era quella di un bacio leggero, qualcosa che sciogliesse la tensione che irrigidiva i lineamenti di Slash, ma avrebbe dovuto sapere che ogni fottuta volta in cui la loro pelle entrava in contatto partivano delle scintille che davano fuoco a tutto.

E infatti si ritrovò spalmata con il petto contro il suo e le loro lingue intrecciate che giocavano a rincorrersi in una danza che sapeva di fumo e Jack Daniel’s e anche di Slash. Oh, sì, il suo sapore era così spettacolare da superare persino quello dell’alcol e della nicotina. Era inebriante.

Una mano del chitarrista circondò il suo seno e l’altra arpionò i suoi fianchi, spingendola verso il basso per incontrare il suo bacino.

Angie maledì la stoffa dei jeans che impediva un contatto più ravvicinato, soprattutto perché sapeva che Slash non indossava mai la biancheria intima. Ma, dopotutto, aveva ancora una domanda a cui rispondere.

- Prima di tutto – ansimò quando riuscì a distanziarsi per riprendere fiato - Io ti ho sentito. La tua musica, il suono della tua chitarra… mi hanno ipnotizzata –

Il giovane la guardò, assottigliando gli occhi velati dall’alcol, e attese che continuasse.

- Allora ho seguito quel suono e sono giunta alle tue mani. Bellissime, forti, veloci. Così ho cercato i tuoi occhi, ma non li ho trovati perché avevi sempre quei maledetti capelli davanti al viso. Ed è stato in quel momento che ho visto i tuoi capelli. E ho votato la mia vita alla pazzia, ho dato l’anima al rock. Perché ho deciso che li avrei intrecciati alle mie dita, prima o poi, perché vedere i tuoi occhi era diventato un bisogno ancora prima di averti conosciuto – lo disse tutto d’un fiato, con una serietà che mostrava raramente ma che non lasciava dubbi su quanto credesse in ciò che aveva detto. Quando il flusso delle sue parole finì, lasciandole sulla lingua solamente il sapore del bacio di poco prima, sorrise conscia della portata di ciò che aveva appena detto, e rimase ad aspettare una risposta che non tardò ad arrivare.

- Sei più romantica di quel che sembri – decretò Slash, scegliendo accuratamente le parole. Non sembrava essersi spaventato, ma sicuramente ci stava rimuginando parecchio.

- A mio rischio e pericolo – rispose Angie con fare enigmatico - Ma anche tu sei meno idiota di quel che sembri –

- A mio rischio e pericolo, giusto? –  ribatté divertito, mentre lei si tirava a sedere, buttando le gambe snelle giù dal letto della sua rockstar.

- Già –

- Dai, vieni qui – la chiamò Slash dopo un momento di pacioso silenzio, in cui nessuno dei due sembrava disturbato dalla mancanza di parole. Non era un silenzio pesante, solo… stavano bene così - Voglio sentirti urlare un po’ –

- Ritiro tutto – allibì la groupie, gettando indietro il capo per una risata divertita - Sei ancora più idiota di come appari –

- Cosa? – il chitarrista si finse offeso, e si allungò ad afferrarla per i fianchi per cominciare senza pietà a farle il solletico, affondando ripetutamente le dita nella pelle serica della sua pancia.

Angie rideva a crepapelle, dimenandosi come una pazza e ben presto si trovò ansante ed intrappolata tra il materasso e il corpo di Slash. La maglietta si era sollevata fino a metà pancia, lasciando scoperto l’ombelico ornato da un anellino d’argento.

- Non avevo capito – ansimò la giovane, lasciando cadere le braccia sul letto – Che volessi farmi urlare in questo modo –

- Non hai una vaga idea – la provocò il chitarrista, sprofondando con il viso nella sua pancia, e con le labbra andò a lambire il cerchietto di metallo che svettava sulla pelle – Di quanti modi abbia in mente per farti urlare, piccola groupie trasgressiva –

Angie ridacchiò ancora, affondando le dita tra i suoi capelli. Era sempre stato attratto da quel piercing, diceva spesso che prima o poi anche lui l’avrebbe avuto e sarebbe stato divertente strofinare i due cerchietti l’uno sull’altro, magari proprio mentre si davano alla pazza gioia. Ma non aveva ancora deciso se un gingillo all’ombelico fosse abbastanza virile o no.

La risata della groupie si trasformò in un sospiro quando la bocca di Slash si spostò verso il basso, quasi frettolosa ma altrettanto appassionata. Sembrava non contenere più l’impazienza di spogliarla di nuovo, di essere di nuovo dentro di lei fino a perdersi.

- Slash – ansimò quando ricevette un morso proprio sul monte di Venere, ancora coperto dalla stoffa dei jeans.

- Ti mangerei, cazzo –

Angie si tirò a sedere, sollevando poi il capo di Slash per i capelli. Lo guardò per un attimo con un piccolo sorriso perverso e poi lo baciò, seguendo con la lingua il contorno delle sue labbra piene.

- Potresti farlo – gli propose, mordendosi le labbra e inarcando spudoratamente le sopracciglia.

- Stai giocando con il fuoco – la avvertì con voce roca, gli occhi velati di malcelata eccitazione.

- Non mi sembra – la groupie fece spallucce, ancora inginocchiata di fronte a lui come se stessero discorrendo di cose futili come il tempo -  Mi aspettavo scintille e invece sono ancora qui con tutti i vestiti addosso e nemmeno un succhiotto sulla pancia –

- Sai, piccola – Slash si grattò la testa e strinse le labbra, fingendosi pensieroso – Se non ti avessi sentita urlare “ti prego Slash, basta” giusto ieri sera, penso proprio che mi sarei offeso –

Angie trattenne a stento una risata e si passò lentamente la lingua sulle labbra, senza staccare mai un momento i suoi grandi occhi chiari dalle pozze nere della sua rockstar. Le piaceva da impazzire provocarlo fino allo sfinimento, nonostante fosse un gioco in cui non ci sarebbero mai stati vincitori né vinti, ma il fuoco che riusciva ad accendergli dentro si tramutava in un meraviglioso sesso senza precedenti. Ogni volta era sempre fottutamente meglio.

- Non mi dispiacerebbe implorarti di nuovo – soffiò ad un centimetro dalle sue labbra, per poi allontanarsi di scatto proprio quando sembrava stesse per baciarlo. Ma Slash fu più veloce, si lanciò letteralmente su di lei e la schiacciò di nuovo con il suo peso contro il letto.

- Nemmeno a me dispiacerebbe -

La groupie era schifosamente divertita, il chitarrista glielo leggeva in fronte e non poté negare di essere divertito a sua volta. Ma decisamente non era solo quello, e glielo fece capire premendo con decisione i fianchi contro i suoi. Era anche eccitato oltre ogni limite.

Finalmente si decise a fare sul serio e le sfilò la maglietta, che in realtà era la sua, con un gesto rapido. Rimase a guardarla per un momento, le guance colorate dall’alcol e quella pelle lattea così diversa dalla sua, e…

- Slash – blaterò Izzy aprendo la porta – Invece di scopare come un coniglio vieni a darci una mano: Steven e Gilda sono svenuti in corridoio e dobbiamo farli sparire prima che i tizi dell’albergo vengano a fare rogna. Angie, piccola, le tue tette sono sempre uno spettacolo –

Slash piagnucolò con fare disperato, nascondendosi per un momento nelle appena nominate tette, e poi si alzò, lasciando la groupie con uno sguardo che la diceva lunga su quello che le avrebbe fatto quando fosse ritornato.



*



Rieccomi :)
Non c'è molto da dire su questo capitolo, non succede proprio niente. C'è solo della gente che quaglia senza pietà ma alla fine non succede nemmeno quello xD Vabbè... Ringrazio chi di dovere per le recensioni, le seguite e tutto il resto, siete tanto gentili :) A presto!

Giuggi 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***




Capitolo 5

 

Quando Slash tornò dallo sbattimento di scarrozzare Gilda e Steven in camera, non perse tempo e concluse il discorso che avevano lasciato in sospeso prima che Izzy li interrompesse. Fu un ottimo deterrente per la sbornia, se non altro, perché dopo entrambi si ritrovarono lucidi e distesi a condividere una meravigliosa sigaretta post-orgasmo.

- Alla fine quei due cazzoni non erano solo ubriachi – stava dicendo il chitarrista, lasciando cadere in un bicchiere di plastica una pioggerellina di cenere – Si erano anche già sparati un paio di spade coi controcazzi e credevano di poter andare non so dove senza svenire. Ovviamente sono collassati entrambi sul pavimento a due passi dal bagno -

Angie scosse il capo, ricordando però che anche lei e Slash poco tempo prima erano collassati nel breve tragitto dal bagno al letto, e in una stanza d’albergo non era poi questa incommensurabile distanza. Ma scosse il capo, decisa ad allontanare quei pensieri.

- Com’è andato il concerto? – gli domandò quindi.

- Il pubblico non era granché – commentò stringendosi nelle spalle, senza tuttavia lamentarsi troppo. Slash non si lamentava mai – E Axl aveva mal di gola, così ha dovuto fermarsi un po’ o non sarebbe riuscito a cantare Paradise City. E sai quanto teniamo a quella canzone –

- E quindi che è successo? – chiese preoccupata, e il chitarrista sorrise.

- Abbiamo fatto un po’ di casino noi, sai… - le spiegò placido – Abbiamo improvvisato un po’, però è saltata Sweet Child O’ Mine

- Ti dispiace non averla suonata, non è vero? – gli domandò, intenerita dall’amore che provava per tutta la sua musica.

Slash annuì.

- Suonala ora –

- Ma non possiamo – ridacchiò piano – Non ho gli amplificatori, sono già caricati per la partenza di domani. E poi è notte –

- Hai l’acustica – gli ricordò.

- E tu? – mormorò sollevandole il mento con due dita. Parlò con le labbra praticamente sulle sue, puntando i suoi pozzi neri nelle iridi celesti della groupie – Tu canterai? –

Angie sorrise incerta, e poi annuì. Slash indossò rapidamente i jeans, togliendo poi la chitarra dal fodero. Si sedette sulla poltroncina e si batté i palmi sulle ginocchia, invitandola a sedersi in braccio a lui. La giovane obbedì lesta e si sistemò in modo che la chitarra potesse poggiare sulle sue gambe. Slash la circondò con le braccia per poter così suonare il suo strumento e la groupie appoggiò la schiena al suo petto nudo. Si stava meravigliosamente in quella posizione, avrebbe potuto passarci le ore.

Sweet Child O’ Mine con la chitarra acustica era uno spettacolo raro, ma era ugualmente affascinante. E guardare le dita di Slash muoversi così rapidamente era ipnotico, non avrebbe mai smesso. Erano così belle, maestose, sicure. E la sua musica era fottutamente perfetta. Il modo meraviglioso in cui suonava rispecchiava appieno l’amore che provava per la chitarra e per la sua musica in generale.

Angie cantò piano, senza strafare. Dopotutto cantava solo per loro due, avrebbero sentito anche se avesse tenuto la voce bassa. Sapeva le parole senza nessun’incertezza, le aveva cantate così tante volte da imprimersele indelebilmente addosso. E poi, forse, una parte di lei desiderava che qualcuno parlasse di lei in quel modo. Ma non lo sognavano tutte le donne?

- Mi piace la tua voce – le disse Slash, quando anche le corde ebbero smesso di vibrare per l’ultimo accorto – Sei brava –

- Mi onori, Saul – rispose imbarazzata, voltandosi tra le sue braccia per appoggiare la guancia nell’incavo del suo collo. Il giovane posò la chitarra contro la poltrona e sollevò la groupie per portarla sul materasso. Si sedette con la schiena appoggiata ala testiera del letto, continuando a guardarla.

- Potrei proporre ad Axl di farti cantare in una canzone del prossimo disco – ponderò serio.

- Smettila – Angie rise, abbracciandosi le gambe – Non mi interessa fare la rockstar, voglio solo essere la tua groupie –

Slash inclinò il capo, studiandola per un momento.

- Avanti, dimmelo – ordinò la giovane di punto in bianco, posando un gomito sulla sua coscia per sorreggere il volto. I suoi occhi lo fissavano sagaci e il giovane si dimenò, a disagio.

- Che cosa? – chiese, sbattendo gli occhi con fare perplesso. Si domandò se si fosse perso un pezzo di discorso, ma non gli sembrava nemmeno di essere ubriaco.

- Quello che vuoi dirmi -

- Cosa ti fa pensare che voglia dirti qualcosa? – allibì quasi inquietato. D’accordo, effettivamente c’era qualcosa che gli vorticava in mente, ma non credeva che fosse così palese. Forse quella groupie lo conosceva più a fondo di quanto lui stesso credesse.

- Te lo leggo in faccia, rockstar – spiegò con fare superiore, roteando gli occhi con impazienza – Avanti -

- Sì, ma perché credi che voglia dirlo proprio a te? – insistette il chitarrista, mordendosi poi la lingua. Aveva ammesso che, effettivamente, ci fosse qualcosa.

- Perché mi dici tutto -

- Ma magari questa volta no – ipotizzò vago, perché quel suo tono saccente e sicuro di sé gli fece venire una voglia matta di tirare la corda. Ma sapeva che, poi, sarebbero sicuramente degenerati a rotolarsi fra le lenzuola.

- Non dire cazzate – sbuffò divertita, avvicinandosi ancora di più a Slash. Imitò la sua posizione, posando un cuscino contro la testiera del letto per poi appoggiarvisi con una spalla. I suoi occhi, illuminati da un luccichio divertito, non lasciarono mai la figura del giovane, così come quel maledetto sorriso irresistibile non lasciò mai le sue labbra.

- Perché non ti offendi? – sbottò ad un certo punto, vedendola così calma e pacifica.

- Perché so che stai dicendo cazzate – gli puntò un dito proprio sul tatuaggio di Shirley, affondando ripetutamente nella sua pelle.

- Da cosa lo capisci? -

Angie tacque per un momento, stringendo le labbra con fare pensieroso. Stava cercando di trovare un paragone adatto per far capire a quella testa vuota ma piena di capelli cosa volesse dire.

- Se io ti dicessi che sei un coglione ti offenderesti? – gli chiese, tentando faticosamente di rimanere seria. Non era certo facile con Slash di fronte a lei che la guardava con tanto d’occhi.

- No – rispose serio, stringendosi nelle spalle dopo averci pensato qualche secondo.

- Perché? – gli chiese.

- Perché è vero -

Angie roteò gli occhi, ma nella sua mente passò per un momento un lampo di cattiveria che le sussurrò quanto avesse ragione. Lo represse con forza: quella era solo una pessima considerazione di sé, non idiozia vera e propria. Come diavolo faceva a stare ogni sera su un palco davanti a migliaia di persone se aveva un’autostima così inesistente?

- E se ti dicessi… - portò alle labbra l’indice che fino ad un momento prima se ne stava sul braccio di Slash, fino a che finalmente trovò il paragone che cercava – Se ti dicessi che la tua musica fa schifo, ti offenderesti? -

- No, nemmeno questa volta – Angie ebbe il sospetto che Slash si stesse divertendo a smontarla ogni volta, ma ignorò forzatamente quell’ipotesi per tentare di arrivare al punto del discorso.

- E questa volta perché? – gli domandò quasi esasperata.

- Perché… - il chitarrista si interruppe, spalancando occhi e bocca perché finalmente illuminato dalla comprensione, e poi rispose, esaltato come un bambino di fronte ad un gioco nuovo – Perché so che non lo pensi -

- Esattamente per questo io so che tu scalpiti dalla voglia di dirmi quella cosa che ti passa per la testa – concluse con fare saccente, posandogli un lieve bacio sulla spalla nuda. Slash intercettò il suo viso per catturarle le labbra in un bacio affamato. Fece per spingerla all’indietro sul materasso ma Angie sfuggì alla sua presa, lanciandogli un’occhiata ammonitrice. Farle dimenticare di cosa stessero parlando non funzionava con lei perché, nonostante si facesse violenza per allontanarsi dal suo corpo caldo e insaziabile, sapeva decisamente mantenere un ferreo autocontrollo.

- Axl mi ha fatto il culo perché sto troppo tempo con te e crede che tu mi distragga – snocciolò d’un fiato, passandosi una mano sul volto con aria stanca. Angie realizzò che doveva essergli costato parecchio tenersi dentro quel peso fino a quel momento, e si sentì un po’ in colpa.

- E tu cosa gli hai risposto? – mormorò dolcemente, immergendo le dita nei suoi ricci folti per fargli dei grattini alla base del collo.

- Che non è vero, che quando ho in mano la mia chitarra non importa nient’altro – sussurrò appoggiandosi alla mano della groupie. Aveva bisogno di un po’ di coccole, realizzò. Anche se, forse, avrebbe avuto bisogno di un’altra bella dose di fuochi d’artificio per sfogare tutta quella frustrazione.

- Ma Axl non ci crede – dedusse Angie, guardando Slash sdraiarsi supino.

- No -

- Promettimi una cosa – gli disse di punto in bianco, sedendosi a cavalcioni su di lui.

- Cosa? – le domandò, tirandosi di nuovo a sedere per guardarla negli occhi.

- Nella prossima città – mormorò seria, chiudendo le mani a coppa sulle sue guance per evitare che il suo sguardo fuggisse via - Andrai a caccia di qualche ragazza e te la farai per bene -

- Ma non mi va – si lamentò come un bambino - Preferisco scopare con te -

- Slash… - lo minacciò con uno sguardo ammonitore, anche se di certo non avrebbe potuto metterlo in punizione come se fosse stata sua madre.

- D’accordo – cedette con un sospiro, posando la fronte contro la sua. Come avrebbe fatto ad andare a cercarsi delle altre ragazze se, ogni volta che l’aveva a portata di labbra, non riusciva a non baciarla, o peggio?

- Bravo bambino – la groupie lo prese un po’ in giro per alleggerire la tensione di quell’argomento tanto spinoso, e gli carezzò il capo proprio come una brava mammina.

- Però tu sei la mia preferita di sempre – le confessò Slash, sprofondando il viso nel suo collo dopo averla guardata con uno stupefacente sguardo da cucciolo bisognoso d’affetto. Angie si meravigliava ogni volta di come una sottospecie di tigre affamata come lui potesse anche mostrare a volte dei lati così dolci.

- Non fare il pappamolla – rise.

- Ma tu sai cosa mi piace – il giovane si stese sul materasso, le braccia mollemente abbandonate ai lati del suo corpo e negli occhi quella scintilla che, lo sapevano entrambi, avrebbe presto fatto divampare un incendio.

- So cosa ti piace – ripeté Angie, mordicchiandosi il labbro con fare provocatorio. Era proprio quello che intendeva con l’espressione “tigre affamata” riferita a Slash. Riusciva ad accenderla come nessun altro.

- A quanto pare hai già capito -

- O forse parli della doccia? – gli chiese, abbassandosi poi a leccare la striscia di peluria che, dall’ombelico, scendeva fino a scomparire nei pantaloni.

- Mmmm… Non penso che arriveremo fino alla doccia – ponderò con un ansito, per poi ribaltare le posizioni con un colpo di reni e inchiodarla al letto. Premette i fianchi contro i suoi, informandola con dovizia su quanto fosse già completamente eccitato.

- Chissà quando proverò l’ebbrezza di dormire di notte – si chiese Angie, affrettandosi però ad infilare le mani nei jeans di Slash, per poi farglieli scorrere lungo le cosce.

- Mai, piccola – le disse, riempiendole il collo di baci e morsi, finendo poi a lasciarle un vistoso segno violaceo proprio sul seno, coperto appena da una canotta larga - La notte è fatta per il sesso -

– Credo di averlo già intuito -

- Allora zitta e datti da fare – le ordinò, baciandola subito per evitare un’altra replica.

E anche quella notte andò a farsi fottere, letteralmente.



*



Buonsalve a tutti :D
Gente che mi conosce mi fa notare che le mie note sono brutalmente dimagrite rispetto ad altre storie, quindi dovrò ingegnarmi e inventare qualche cazzata per ammorbare il prossimo con la mia stupidità.
Più che altro, mi dispiace che Axl passi sempre per lo stronzo della situazione, ma gli si addice troppo. È una cosa più forte di me xD Per il resto non saprei di cos'altro sproloquiare, potrei dire che ho in mente una storia nuova su Slashino ma al momento non ho proprio intenzione di iniziarla, visto che anche questa fatica a trovare il tempo per essere scritta. Sentiti ringraziamenti all'università che mi succhia la linfa vitale. E sentiti ringraziamenti, sentiti per davvero in questo caso, anche a chi segue questa storia e tutto il resto :) E basta. A presto ;3

Giuggi

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***




Capitolo 6

 

- Mama take this badge from me

Axl era un coglione, ecco la verità. La sera prima aveva dovuto prendersi una pausa durante il concerto per colpa del suo mal di gola e sul pullman non smetteva un attimo di cantare senza riserva. Beh, in realtà stavano cantando tutti, e lui diceva che gli sarebbe bastato il riposo del giorno successivo per riprendersi completamente, ma Slash era un po’ preoccupato mentre suonava quella strana versione collettiva di Knockin’ on heaven’s door.

- I can’t use it anymore

Anche Izzy accompagnava le loro voci con la chitarra, ed era bellissima quell’atmosfera spensierata che si era venuta a creare. Persino Cooper, l’autista strano e sbandato, e Alan, l’insostituibile manager, cantavano insieme a loro e, per una volta da un bel pezzo di tempo, non avevano nessun pensiero negativo a tormentarli.

- It’s getting dark, too dark to see – continuavano senza sosta, ma quella canzone aveva il potere di tenerli tutti sulla stessa lunghezza d’onda, tutti come se stessero davvero bussando alle porte del paradiso – Feels like I’m knockin’ on heaven’s door

Jen se ne stava seduta al centro e teneva per mano le altre due groupie e tutte sorridevano beate, complice anche quel piccolo tesoretto di marijuana che gironzolava tra di loro. Angie diede un tiro quando fu il suo turno e soffiò il fumo direttamente nella bocca di Slash, che naturalmente ne approfittò per intrufolare la lingua tra i suoi denti.

Ma la giovane non aveva tempo, doveva cantare, così si allontanò ficcandogli in bocca la canna senza troppi complimenti.

- Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, hey, hey, hey, hey, yeah  – urlarono alzandosi in piedi e quasi si sbilanciarono all’indietro – Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

- Oh, knock-knock-knockin’ on heaven’s door, oh, oh yeah – risposero Axl, Alan e Duff, alzandosi in piedi a loro volta - Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, hey, hey yeah! -

Tutti e sei ricaddero malamente sui sedili a causa della brusca frenata di quella vecchia carcassa di autobus, e risero a crepapelle quasi coprendo le chitarre di Izzy e Slash.

Erano sicuri al cento per cento che i Cult, su quel pullman enorme e lucido là davanti a loro, non si stessero divertendo così tanto.

- Fammi fare un altro cazzo di tiro – ordinò Slash, non appena Duff gli rubò la canna dalle labbra.

- Mama put my guns in the ground – replicò il biondo, soffiandogli il fumo in faccia e guadagnandosi un vaffanculo ringhiato in mezzo ai denti, ma continuò insieme agli altri, infischiandosene bellamente – I can’t shoot them anymore

- That cold black cloud is comin’ down

Jen indicò il cielo, completamente ricoperto di nubi che molto presto avrebbero scaricato su tutti loro un temporale dei peggiori. Ah, quanto avrebbero voluto fermarsi per una notte dove capitava, ma purtroppo non erano loro a gestire il viaggio. Forse, però, una sosta per pisciare al di fuori della bottiglia gliel’avrebbero concessa.

- Feels like I’m knockin’ on heaven’s door

Slash continuava a suonare, ma cantò quelle parole e subito dopo posò il capo sulla spalla di Angie, la quale a sua volta si appoggiò alla testa riccioluta della rockstar. Entrambi, con gli occhi socchiusi e sotto il pieno controllo della marijuana, sembravano toccare il cielo con un dito. Beh, si poteva bussare alle porte del paradiso con un’unghia invece che con un pugno. L’unico inconveniente era che chi fosse stato dall’altra parte avrebbe dovuto aguzzare per bene le orecchie.

- Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, hey, hey, hey, hey, yeah  – urlarono di nuovo tutti insieme, e Axl non ebbe tempo di guardare male quella sottospecie di coppietta, perché Gilda e Jen lo presero per mano, formando con gli altri un cerchio largo tutto il bus, per cantare insieme anche quel secondo ritornello – Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

- Knock-knock-knockin’ on heaven’s door,  oh yeah. Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, hey, hey yeah! -

Mentre Slash si dava da fare con quel suo assolo spettacolare alla chitarra acustica, che nessuno di loro avrebbe mai creduto potesse suonare così meravigliosamente bene, approfittarono per far fare alla piccolo torcia un altro giro a tutti. Angie rimase per ultima, per poter di nuovo soffiare il fumo in bocca a Slash, ma questa volta non si sottrasse quando lui tentò di approfondire il contatto, mandando al diavolo la chitarra. Sorrise sulle sue labbra, sentendolo buttare fuori il fumo dal naso e solleticarle la pelle della guancia, e intrecciò la lingua con la sua attirandolo a sé per i capelli.

Partirono fischi e sghignazzate da tutte le parti quando si ribaltarono su un sedile, ma poi qualcuno fece notare che mancava la chitarra solista, e Slash dovette ricomporsi, seppure a fatica e decisamente malvolentieri.

Non poteva cambiare, lui era fatto così: qualsiasi tipo di alcol o droga, eroina a parte naturalmente, riuscivano a scatenare in lui una libidine così inarrestabile da interrompere qualsiasi cosa stesse facendo solamente per lasciarle libero sfogo.

- Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, hey, hey, hey, hey, yeah  – esplose Axl, e che si fottesse pure il mal di gola: lui voleva cantare. Quella canzone aveva sempre dato i brividi a tutti, per quello un sacco di gruppi provavano spesso ad inciderne una cover. Ma mancava qualcosa, mancava sempre qualcosa. E loro lo sapevano che quella sarebbe stata fottutamente giusta, e allora il rosso ci metteva tutto se stesso e così anche gli altri.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door – risposero le ragazze, in quello che poi sarebbe diventato un coro professionista in sala di incisione e nell’Illusion tour.

Steven, che fino a quel momento era stato occupato a suonare dei bonghi, rigorosamente rubati in un mercatino etnico su suggerimento di Slash, invocò dell’alcol a gran voce e Duff estrasse una bottiglia del caro zio Jack da sotto un sedile, e presto prese a girare allo stesso modo della canna.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, mmmh, oh yeah

Questa volta a Slash andò male, perché Angie non avrebbe potuto passarglielo direttamente dalla sua bocca. O meglio, certo che avrebbe potuto, ma si rifiutò. Insomma, già non avevano del ghiaccio, ma bere alcol a temperatura corporea era una delle cose più disgustose che mente umana avesse mai potuto concepire.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

I bonghi improvvisamente smisero di accompagnare le chitarre, perché Steve si era ritrovato con Gilda a cavalcioni e stavano regalando alla truppa una sottospecie di porno live.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, mh no, no, no, oh oh

Naturalmente, Jen non amava essere da meno e saltò al collo di Axl per il secondo spettacolino dal vivo nello spazio ristretto di un piccolo bus.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

Slash sospirò, scuotendo il capo come se fosse proprio lui l’unico a poter salvare la situazione. Così mollò la chitarra in mano a Duff, un po’ anche per distoglierlo dalla visione della sua ragazza preferita intenta a darsi da fare con il rosso, e prese Angie per i fianchi. Se la tirò sulle gambe e le morse il labbro inferiore per provocarla un po’. Lei non si fece pregare e, intrecciando le dita ai suoi capelli per sollevargli il volto, intrufolò la lingua nella sua bocca per mostrare agli altri quattro come fosse un limone coi fiocchi.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, mh no, no, no, oh oh – Izzy, Duff, Alan e l’autista Cooper continuarono a cantare, mentre il biondo improvvisava qualche nota con la chitarra di Slash. Lui era il bassista della situazione, cazzo, era il riccio ad essere negligente.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, mh, no, no, no, oh yeah – il manager piombò addosso ai due musicisti e passò le braccia attorno alle loro spalle, continuando a cantare e ondeggiare insieme come dei meravigliosi idioti – Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door, ooooh yeah – Duff mandò al diavolo la chitarra, lanciandosi in braccio ad Alan come se fosse stato una leggiadra principessina e persino Izzy, in preda ad un raro e sconsiderato attacco di risate, piombò in braccio al biondo facendo cadere tutti e tre tutti aggrovigliati su un sedile. Al che, tutta quella gente che se ne stava beatamente a limonare si risvegliò e riprese a ridere e a cantare, e pazienza se le chitarre erano ormai abbandonate su qualche appoggio di gomma piuma.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door

Fuori aveva cominciato a piovere, le gocce cadevano con violenza immane sul tetto del bus e picchiettavano senza pietà contro i finestrini, coprendo quasi il ruggito del motore, che Cooper tirava al massimo senza preoccuparsi delle conseguenze. Non capitava raramente che si chiedessero come diavolo avrebbero fatto ad arrivare fino alla prossima città.

Knock-knock-knockin’ on heaven’s door – cantarono di nuovo, per l’ultima volta, e poi Axl si staccò dal gruppo per concludere in bellezza - Whoooa whoooa, whoooa oh yeeeah

Rimasero per un po’ in silenzio, godendosi quella sensazione soddisfatta che albergava nelle loro menti per merito delle varie sostanze stupefacenti, prima tra tutte la musica che aveva sempre un effetto superiore a qualsiasi altra robaccia.

- Chi rolla la prossima? – domandò Duff ad un certo punto, rompendo il silenzio – La voglio bella cicciona, una vera torcia olimpica! –

- La faccio io se mi fate pisciare in un bel cespuglio verde – propose Slash, sventolando in aria la mano – Mi sono rotto il cazzo di pisciare in bottiglia –

- Falla fuori dal finestrino, principessa – ciarlò Cooper dal suo posto alla guida – Se ci fermiamo non lo riprendo più quel pullman bello lucido. Questo gioiellino dell’età di mia nonna non supera le cento miglia orarie –

- Ma Coop, poi l’arnese prende freddo – si lagnò il chitarrista, seppellendo per un momento il volto nelle tette di Angie, come d’abitudine – Mi serve, sai… -

Angie si alzò, con un sospiro stressato e un’alzata di occhi al cielo, e raggiunse Cooper, piantandogli la scollatura proprio sotto il naso. Il pullman sbandò.

- Dai Coop, ti prego – si lamentò carezzandogli il volto – Voglio prendere un po’ d’aria –

- Andata – sospirò l’autista apprestandosi ad accostare, mentre guardava più nella maglietta della groupie che verso la strada – Ci aspetteranno –

Così, tra fischi e applausi per l’ottima opera di convincimento della giovane, scesero quasi rotolando per gli scalini. Peccato che Adler si fosse fossilizzato con la bottiglia di Jack in mano.

- Andiamo Steve, posa la scimmia e vieni a pisciare – urlò Duff, battendo i pugni sul vetro, proprio di fianco alla testa cotonata del batterista.

- Forza, Slash – lo incitò Steven quando finalmente riuscì a scendere, mentre più o meno ognuno di loro si appropriava di un cespuglio come se fossero ai cessi dell’autogrill – Scrollalo bene perché altrimenti Angie poi non vuole giocare –

- Spara meno cazzate, Steve – blaterò Angie, continuando a saltellare di qua e di là sotto la pioggia, esaltata per le canne ma anche per l’aria fresca che le sfiorava la pelle – Vorrei ricordati che Gilda è molto più schizzinosa di me –

- Ragazzi, messi così mi sembrate pronti per una gara a chi piscia più lontano – li sbeffeggiò Jen, l’unica a non essere scesa dal bus. Non aveva tutti i torti, d’altronde: i suoi capelli erano già abbastanza spettinati senza che si mettesse a prendere anche tutto quell’umido.

- Vieni a fare da giudice, allora – la punzecchiò Axl, voltandosi appena sopra la spalla.

- Fottiti – rispose piccata, alzando il medio.

- Ci pensa Angie, vero piccola? –

- Mettiti in fila – s’intromise Slash, alzando la patta.

- Mettetevi tutti in fila, mestruate, e salite su questa cazzo di scatola di lamiera – sbuffò la diretta interessata – Il minuto d’aria è passato –

Così, tra un insulto e l’altro, il viaggio riprese alla volta di Vancouver.

 

 

*



Buongiorno u.u
Ok, questo capitolo è spudoratamente inutile ma ce l'avevo in testa e dovevo per forza scriverlo. È terribilmente fluff ma anche terribilmente hippie, e credo che la loro vita ai tempi fosse piena di momenti inutili come questi. Poi le cose sono cambiate, quello è certo, ma adesso non siamo in quel periodo :)
Vi informo, così a caso, che mi frulla in testa una fanfic che sto progettando come One Shot e che poi diventerà di sicuro una cosa a due, tre capitoli. Mi conosco -.-
E poi ringrazio le care persone che mi seguono, recensiscono, leggono, fanno, disfano. E anche Lisa perché psicanalizza i miei personaggi e corregge le cazzate e tutto il resto. Non la citavo da un po', mi sembra giusto farle tante coccole ogni tanto u.u
Ho finito, tornerò presto muahahah (sempre se qualche essere umano sano di mente non riapra un manicomio apposta per me).

Giuggi 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***




Capitolo 7

 

Quel locale puzzava di vomito e muffa. Avevano da poco finito di suonare e i suoi amici si erano occupati di portare via in fretta tutti i loro strumenti per poi poter tornare a sbronzarsi insieme come se non ci fosse stato un domani. Che poi, per come vivevano loro, un domani non c’era mai. Dipendeva tutto da quale prospettiva si guardava la loro squallida vita, ma a Slash non piaceva troppo pensare a certe cose. Si preoccupava più che altro di vivere il momento e, qualunque cosa fosse successa, lui non avrebbe mai avuto rimpianti perché si era sempre fatto in quattro.

Però, quella sera, non aveva retto quel cazzo di odore nauseante e si era rifugiato fuori dal locale, sul retro, con la scusa di farsi un paio di righe in santa pace. Peccato che le sue tasche fossero vuote e della coca neanche l’ombra. L’unica cosa strapiena era la sua fottuta vescica, perché lui e Duff si erano fissati di volersi sbronzare con la birra. Ma alla fine avevano ripiegato sull’assenzio per alzare il tiro. Non ci sarebbe stata nemmeno una goccia di Jack, almeno fino a quando non avessero pisciato fuori tutta quella roba che avevano ingurgitato.

Se solo avesse avuto voglia di alzarsi per abbassare la cerniera dei pantaloni… e dove cazzo aveva lasciato le sigarette? Dieci a uno che qualche stronzo gliele aveva fottute dalla tasca del chiodo in mezzo a tutta quella ressa apocalittica.

- Posso farti la carità, rockstar? –

Slash alzò gli occhi, vedendo un’ombra scura stagliarsi davanti al suo campo visivo. Era una ragazza, lo capì dalla voce ma non di certo da quello che vedevano i suoi occhi. Quella cretina si era messa proprio davanti al lampione e non si vedeva un cazzo, se non una figura tutta nera.

- Sai, se evitassi di fottermi gli occhi potrei anche starti ad ascoltare –

La tizia ridacchiò leggermente, e subito dopo si sedette sul marciapiede al suo fianco. Al chitarrista piacque il suono della sua risata, gli parve sincera e giusta. Insomma, non che lui sapesse come diavolo potesse essere una risata giusta, ma era quello che gli era venuto in mente.

Prima che potesse alzare gli occhi per osservarla, si trovò sotto il naso un pacchetto di Marlboro Light. Beh, lui preferiva le Rosse ma non avrebbe detto di no ad una sigaretta offerta. Sorrise a mezza bocca, mugugnando un ringraziamento neanche poi troppo convinto, e si rese conto che quella tizia doveva essere là già da un pezzo se si era resa conto che gli mancavano le sigarette.

- Mi spiavi? – le chiese, trovando per miracolo il suo accendino nella tasca del giubbotto.

Quando alzò lo sguardo, si stupì di trovarsi un paio di stupefacenti e interessate iridi azzurre fisse sul suo volto. Non se l’aspettava così bella, dovette ammetterlo almeno a se stesso. I capelli erano lunghissimi, un po’ mossi e di un invitante color caramello. Quasi dello stesso colore del suo amato zio Jack. E sorrideva. Ah, lui non voleva la ragazza fissa, non dopo Yvonne, ma quel sorriso fu più potente di un pugno in pieno stomaco. E seppe fin da subito che quella ragazza avrebbe portato un sacco di guai.

- Ti sorprenderesti di sapere quanta gente ti spia, Slash – rispose divertita, stringendo con le labbra una sigaretta ancora spenta. Fece per rubargli l’accendino ma il giovane tirò indietro la mano, avvicinandosi con il volto per accenderle la sigaretta con la sua.

La ragazza sorrise, soffiando poi il fumo da quelle cazzo di labbra rosse.

- Grazie – gli disse piano.

- A te – replicò – Per la sigaretta –

Rimasero in silenzio per un po’, dopotutto due sconosciuti non potevano avere poi molto da dirsi.

- Non mi piace come hai suonato questa sera – sbuffò di punto in bianco, facendolo voltare di scatto verso di sé. Gli sorrise di nuovo, stordendolo come aveva già fatto almeno tre volte solo nei pochi attimi che avevano passato insieme.

- Mi stai giudicando? – le domandò con calma. Non gli aveva detto nulla che non fosse vero, ma non credeva che fosse anche trasparso agli altri. Il suo ego di musicista probabilmente non aveva accusato bene il colpo. Per quello sentiva bruciare.

- No – scosse il capo, aspirando con quelle dannate labbra un’altra boccata di fumo – Ho espresso un parere. Ti ho sentito fare cose meravigliose con la tua bambina, ma lei non si può lamentare per la tua performance di stasera, così lo faccio io –

Rideva, rideva davvero.

- Che c’è? – le domandò. Si sentiva fottutamente nudo davanti a quella ragazza, e nemmeno capiva il perché.

- Sei buffo –

- Cosa? – esplose come i fuochi d’artificio, quasi strozzandosi con il fumo che lui stesso aveva inspirato. Lei rise ancora, riempì la sua testa di quella risata argentina e non seppe se fosse colpa sua o dell’alcol, ma rimbombava dappertutto. E gli piaceva.

- Sì – insistette, inclinando il capo mentre non smetteva un attimo di guardarlo con quegli occhi così azzurri – Mi guardi con quell’espressione terrorizzata da quando ti ho detto che non hai suonato bene. Ma, in realtà, le tue dita sono state perfette come al solito. Sei tu. Tu non c’eri con la testa –

Slash la guardò allibito, probabilmente ancora più sconvolto di quanto era stato fino a quel momento. Questa volta però lei non rise della sua espressione, rimase tranquilla ad osservarlo metabolizzare quella stoccata prepotente, che forse una sconosciuta non si sarebbe nemmeno dovuta permettere. Eppure gli sembrava di conoscerla da sempre.

No, cazzate.

Lei lo conosceva da sempre, perché nemmeno Steven si era accorto che c’era qualcosa che lo assillava. Un tormento. Non vedeva l’ora di tornare a casa e farsi un po’, solo per calmare quell’ansia che sentiva dentro. Eppure quella bambolina sconosciuta gli aveva sbattuto in faccia tutto quello da cui stava cercando di scappare, e lo aveva fatto senza mai avergli parlato in tutta la vita.

- Come ti chiami? – le domandò, come se un nome potesse dare una spiegazione a tutto quello che gli vorticava in mente. Lo tentava, ecco la verità.

- Angelica – soffiò piano, inarcando poi un sopracciglio come se lei per prima non ci credesse. Decisamente non aveva nulla di angelico, a cominciare da quelle labbra peccaminose per finire sui jeans strappati che lasciavano vedere più pelle di quanta ne coprissero – Angie, credo sia meglio –

- Sei una groupie? – le chiese di getto, rendendosi conto che, forse, lei avrebbe frainteso. Avrebbe potuto pensare che voleva scoparsela contro il muro freddo di quel vicolo, oppure avrebbe potuto pensare che le stava dando della puttanella. Scosse il capo sotto il suo sguardo vispo e curioso, rendendosi conto che, se aveva capito il suo stato d’animo ascoltando la vibrazione delle sue sei corde, allora non avrebbe mai pensato quello di lui.

- No – rispose, spegnendo la sigaretta contro l’asfalto per poi puntare di nuovo gli occhi nei suoi – Non ancora –

- Che significa? –

- Quello che ho detto – sorrise, portando un ciuffo di capelli dietro l’orecchio – Non so cosa accadrà domani, rockstar –

- Non chiamarmi rockstar – mormorò senza poterselo impedire – Non so cosa accadrà domani –

Angie buttò il capo all’indietro e rise di gusto, catturando l’attenzione di Slash come se fosse stata una musica fottutamente bella.

- Sei una rockstar adesso, Slash – gli spiegò – Non parlo di domani –

Cogliere l’attimo. Seguire l’istinto.

Abbassò lo sguardo quando le loro ginocchia cozzarono, e si domandò quando si fossero avvicinati così tanto. Incrociò di nuovo quegli occhi, rinunciando a lottare per mantenerli a distanza. Erano una calamita, lo attraevano inesorabilmente.

Cogliere l’attimo.

- Ti dà fastidio se resto un po’ con te? –

- Ti ho avvicinato io – sorrise di nuovo, ma questa volta si morse il labbro, chissà, forse con imbarazzo – Perché dovresti darmi fastidio? –

Seguire l’istinto.

Fu un attimo realizzare che avrebbe voluto mordere le sue labbra come faceva lei, fu ancora più veloce avvicinarsi e catturarla in un bacio. Un morso. E un bacio.

Si ritrovò avvinghiato alla sua bocca e non seppe nemmeno quando l’avesse spinta contro il muro, senza nemmeno alzarsi in piedi. Angie aveva le gambe divaricate e Slash si era intrufolato all’interno di esse, stringendole un ginocchio, metà nudo e metà coperto. Risalì con la mano sulla sua coscia e con i denti non smetteva un momento di mordere le sue labbra. Un pensiero fugace gli attraversò la mente: dopo sarebbero diventate ancora più rosse.

- Ti accompagno a casa – ansimò sulle sue labbra, socchiudendo gli occhi per godersi le carezze di lei sul viso. Gli piacevano le coccole, scoprì.

- Non voglio andare a casa – lo provocò, sfiorandogli le labbra con i polpastrelli – E poi, con te? -

Slash boccheggiò un momento, e poi si tirò su a sedere. Le diede le spalle, ferito nell’orgoglio per quella specie di rifiuto.

- Andiamo, rockstar – sbuffò, alzandosi in piedi per piantarsi poi di fronte a lui – Sto scherzando –

- Sparisci – borbottò voltando il capo dall’altra parte – Me le hai fatte girare –

- Slash – lo chiamò decisa, il tono che questa volta non ammetteva repliche – Ti offro una cucina, per mangiare tutto quello che vuoi… anche se temo che non sarà molto –

- Vattene –

- Ti offro anche un bagno per farti – lo strattonò esasperata, ma lui non si mosse – E un letto, ti offro anche un cazzo di letto –

- Per dormire? – Slash alzò il viso, sprofondando i suoi occhi neri in quell’azzurro così stupefacente. I loro sguardi, insieme, gli ricordavano l’esplosione di una piattaforma petrolifera, che avrebbe violato la profondità dell’azzurro dell’oceano. Lui l’avrebbe distrutta in quel modo? Lei non sembrava poi così indifesa.

- No – sorrise ancora, intrecciando le dita alle sue per tentare inutilmente di tirarlo in piedi. Ci rinunciò – Non per dormire -

Sapeva il fatto suo, sì. Decisamente.

Sorrise anche lui, ma non rispose. Si limitò a guardarla, al diavolo il petrolio e al diavolo l’oceano. Non vedeva l’ora di scorrere le mani sulla sua schiena e di sprofondare con il volto in quelle tette meravigliose.

- Dai, Slash – si lagnò – Alzati –

Si spinse verso di lei per catturarle di nuovo le labbra in un morso, ma la sua risposta fu sempre la stessa quando si distanziò.

- No –

- Slash, alzati! – la sua voce cambiò improvvisamente, si fece quasi più accesa. Più viva. Reale.

- No – le rispose di nuovo. Voleva giocare, si stava divertendo. Poi sarebbe stato più bello scopare fino a crollare addormentati l’uno sull’altra.

- Andiamo, Slash – gli arrivò uno schiaffo sul viso – Axl si incazza stavolta –

Slash aprì gli occhi intontito, trovandosi i grandi e luminosi occhi azzurri della sua groupie. Scoprì di essere seduto in una doccia, non sul marciapiede del retro di quel locale che puzzava di vomito e muffa. Si rese conto che non erano a Los Angeles. Erano a Vancouver.

- Dai, piccola – mormorò, passando le mani dietro le ginocchia di Angie per farla crollare a cavalcioni su di lui – Siamo in una doccia, lo sai che ti voglio a tutte le ore –

- Io ti insulterei a tutte le ore – blaterò di rimando, tirandogli qualche ciocca di capelli – Ti sei spaccato di nuovo una vena. E sei rimasto svenuto per due cazzo di ore –

- Axl mi fa il culo – realizzò improvvisamente – Dobbiamo provare –

- Dio grazie – berciò la groupie, alzandosi poi per uscire dal bagno – Muovi il culo –

E lo piantò lì, rimbambito e insoddisfatto, perché un’occasione sprecata in doccia sarebbe stata un rimpianto per tutta la vita.



*



Buonsaaaaaaaalve!
Adoro questo capitolo, il primo incontro tra due con tutto quell'affiatamento doveva essere una cosa strana, doveva catalizzare l'attenzione di Slash e l'ha fatto. Chissà, invece, da quanto tempo Slash aveva catalizzato l'attenzione di Angie. Questo non lo sapremo mai, temo. Non voglio una storia fatta di flashback. Devo precisare una cosa: di solito uso il corsivo per i ricordi però qui non ho voluto distinguere perché Slash era fatto, confuso e tutto il resto e non è stato facile per lui distinguere tra ricordi e realtà, quindi non mi è sembrato adatto usare due caratteri diversi. Tutto qui u.u
Come al solito ringrazio le anime pie che mi leggono, parlano, seguono, preferiscono, eccetera. Vorrei ringraziare anche Lisa ma in questi giorni è sparita e quindi non la ringrazio. Spero solo che non sia da qualche parte persa nei suoi sogni su Eddie Vedder perché mi serve mentalmente viva xD
Ciò detto mi eclisso, me ne torno ad ascoltare la nuova canzone degli Aerosmith che è stata tipo SBAAAM, un pugno. E mancano sette giorni al concerto di Padova sofuchrfeoglicjsio ok ciao, me ne vado xD

Giuggi 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***




Capitolo 8

 

Quello stronzo di Slash aveva sempre la fortuna dalla sua. Con una doccia veloce era riuscito a riprendersi abbastanza per presentarsi alle prove, perché mancavano solamente due ore al concerto. Axl miracolosamente non tirò il culo al chitarrista perché, in quanto a ritardi, non era proprio il più azzeccato per parlare, e poi lui non avrebbe cantato quel pomeriggio. Sarebbe rimasto a dirigere a caso con la scusa di preservare la voce.

Slash arrivò con Angie al seguito e, naturalmente, si beccarono un’occhiataccia dal rosso. Duff li guardava con una strana espressione, probabilmente mista a preoccupazione, perché temeva che i suoi amici avrebbero fatto la sua stessa fine. E lui ci teneva al riccio: si era accorto di come quella groupie riuscisse ad arrivare anche in punti che l’eroina non riusciva a raggiungere e, sotto sotto, sperava che Angie riuscisse a distoglierlo da quella marcia dipendenza.

- Si pregano i non addetti ai lavori di pedalare fuori dai coglioni – decretò Axl al microfono e la groupie, che stava tranquillamente parlando con Izzy, incassò la stoccata con un’alzata di spalle e un sospiro spazientito. Passò di fianco al rosso, strizzandogli un occhio, e tirò Slash per una manica della maglietta fino ad averlo davanti. Gli passò una gamba in vita per attirarlo ancora di più a sé e lo baciò profondamente, spalancando la bocca per mostrare anche a quelli dall’altra parte dell’arena le loro lingue in movimento. Inutile dire che la rockstar si dimostrò subito entusiasta, afferrandole i glutei per poi spingerla verso i suoi fianchi.

Partirono dei fischi e anche un sacco di grasse risate. Ma, quando dovettero allontanarsi per riprendere fiato, Angie ne approfittò per sgusciare via. Il chitarrista la guardò un attimo perplesso, con quello sguardo da cucciolo bisognoso d’affetto che poco si addiceva alla tigre che si era dimostrato fino ad un momento prima. Era palese che gli fosse ancora rimasto addosso quel fuoco dell’occasione sprecata in doccia.

- Angie – disse di nuovo Axl, parlando con calma nel microfono – Stai tirando la corda –

Per tutta risposta la groupie si passò la lingua sulle labbra. Era lei la donna, lei aveva il coltello dalla parte del manico e potevano stare tutti certi del fatto che ne avrebbe approfittato.

Mentre se ne andava, naturalmente sempre accompagnata da Jen, si permise di tirare un sospiro di sollievo, che all’amica non sfuggì.

- Forse dovresti smetterla di fare la sostenuta, Angie – le consigliò pacata – Ti si ritorcerà contro –

- Guardaci, Jen – rise di rimando, il tono di voce amaro come i pensieri che si portava dentro – Tutto ci si ritorcerà contro, siamo qui apposta per farci del male –

- Non sei mai stata pessimista – le fece notare, passando come di consuetudine una mano nei capelli spettinati.

- Allora forse sono troppo sobria – ipotizzò divertita – Troviamo un bar? –

- Andata –

Trovarono un tecnico del backstage e, con un paio di sguardi languidi, riuscirono a convincerlo a fare da postino per loro. Decisero in quale bar si sarebbero eclissate, portandosi dietro quel povero ragazzo, e poi lo cacciarono via a calci nel culo per informare ai ragazzi dove si fossero rintanate. Quel poverino aveva forse a malapena l’età per essere assunto e quelle due arpie non si erano fatte nessun problema a traumatizzarlo con i loro discorsi principalmente incentrati sulle acrobazie sessuali dei Guns. Aveva passato tanto di quel tempo a balbettare e a cercare di trovare una scusa per il rossore cronico sul suo viso che ormai avevano anche smesso di ascoltarlo. Il problema, per quel povero Luke, fu che lui non avrebbe potuto smettere di ascoltare loro, che se lo portavano in giro come se fosse stato un cagnolino, tenendolo sotto braccio per paura che fuggisse. Ed era proprio quello che avrebbe voluto fare, oltre al fatto che, se l’avessero beccato fuori dalla sua area di lavoro, avrebbe perso il posto e magari anche tutti i soldi che aveva guadagnato fino a quel momento.

- Poverino – sospirò Jen quando finalmente lo cacciarono al backstage con suo sommo sollievo – Non penso arriverà a destinazione –

- Se non è morto finora, con tutte quelle palpitazioni, non lo farà di certo durante il tragitto per tornare all’ovile – replicò Angie, stringendosi nelle spalle dopo essersi calata un bicchierino di dio solo sapeva cosa.

Passarono ancora un bel pezzo di tempo a sparare solo cazzate, sputando sentenze su tutti gli uomini, giovani e non, che vedevano passare in quel locale. L’alcol scorreva a fiumi ma sembrava non vincere mai sui loro corpi temprati da un tour le cui fondamenta erano adagiate su bottiglie vuote di Jack Daniel’s e altra benzina varia. Ogni tanto qualcuno con l’udito piuttosto affinato riusciva a captare i loro commenti e si voltava, rosso in volto. Ma naturalmente nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a due donne così intraprendenti: evidentemente erano convinti che appartenessero alla stirpe delle mangia uomini e si mantenevano alla larga. Angie non se ne stupì: al sesso forte piaceva vincere facile, per quello si erano guadagnati quell’appellativo nei secoli.

- D’accordo, bellezza – l’interruppe Jen, smettendo finalmente di tergiversare e sparare cazzate – Adesso che abbiamo sciolto un po’ la lingua e rilassato i nervi, parliamo di cose serie –

- Non puoi aspettare che l’alcol prenda possesso del mio cervello? – la supplicò scolandosi un altro bicchierino. Ormai avevano perso il conto – Anche se temo che le riserve di questo buco immondo finiranno ancora prima di riempirmi lo stomaco -

- Scordatelo, da ubriaca fai tutto facile –

- Per questo bevo sempre –

- Ad Axl non va giù questo tuo rapporto con Slash – esordì Jen, incurante delle proteste dell’amica – Lo sai che vi tiene d’occhio –

- Lo so – annuì Angie, voltando il capo verso di lei con un’improvvisa serietà negli occhi – L’ha detto anche a Slash –

- E lui cos’ha intenzione di fare? –

- Voleva continuare a fregarsene, a farsi i fatti suoi – borbottò stizzita la groupie, giocando con un fazzolettino di carta per finire poi a ridurlo in brandelli, complice il nervosismo che accompagnava quella conversazione – Ma l’ho obbligato ad andarsene a rimorchiare qualcuna, questa sera dopo il fottuto concerto –

- Non pensi mai a cosa possa significare questa sua fissa di farsela solo con te? – chiese cauta Jen, sperando che un tono morbido potesse ammortizzare l’inevitabile esplosione di Angie. Perché ogni volta era così, ma non poteva esimersi dal tentare di infilarle una pulce nell’orecchio. Eppure sembrava sempre fallire, sembrava che quei due fossero convinti di aver instaurato un semplicissimo rapporto tra rockstar e groupie, una cosa semplice che avrebbero potuto recidere ogniqualvolta ne avessero avuta voglia. Peccato che a tutti gli altri paresse un’altra cosa.

- Significa che ho le tette più belle delle tue – sogghignò Angie, alzando di nuovo quel muro invalicabile davanti a sé. Non c’era verso, non ci sarebbe mai stato verso di cavarle di bocca qualcosa.

- Parlare con te è peggio del sesso senza orgasmo – sbottò Jen, mentre la barista si voltava verso di loro con gli occhi fuori dalle orbite. La mora le fece un sorrisino, strizzandole un occhio con fare malizioso. Quella arrossì, e tornò a farsi gli affari suoi.

- Ti assicuro che per me vale lo stesso – replicò sagace – Anzi no, sei più asfissiante di Slash quando si fissa che vuole scopare e io non voglio –

- Ma dai? – allibì fingendo sconvolgimento - È mai successa una cosa del genere? –

- Vai a farti fottere, Jennifer –

- Volentieri, Angelica. Trovami solo un bel maschione e sarò felice di defilarmi –

- Mi chiamavi, bambolina? – s’intromise una voce, il cui proprietario passò un braccio attorno alle spalle di Jen.

- Ciao Izzy – sorrise Angie, sporgendosi per dargli un rumoroso bacio a schiocco proprio sulle labbra – Sei qui da solo? –

- No, gli altri stanno diffondendo testosterone con delle ragazze là fuori – spiegò divertito – Io sono venuto a cercarvi –

- Cercavi noi o il whiskey? – risero le groupie, e il chitarrista sorrise di sbieco.

- Mi conoscete fin troppo bene – concesse con un sorriso.

Angie inclinò il capo, osservando Izzy senza farsi troppo notare. Due occhiaie scure segnavano profondamente il suo viso, spegnendo il suo sguardo una volta vispo. L’eroina stava consumando anche lui, e dio solo sapeva come avrebbe fatto a distoglierli tutti da quel vizio maledetto. Se l’era ripromesso una sera, quando Slash le aveva raccontato del suo amico Todd morto di overdose a New York, ma non era ancora riuscita a trovare un metodo che funzionasse.

- Ti sei incantata, piccola? – le domandò il giovane, passandole una mano davanti al viso – O ti sei improvvisamente innamorata di me? –

- Perché lo dici come se non fosse una bella cosa? – rise la groupie, avvicinandosi con fare cospiratore – Hai paura che ti mangi? –

- Più che altro ho paura che mi mangi Slash –

- Non mi ha mica comprata – rise.

- Chissà –

Izzy non era di molte parole, era sempre enigmatico e bisognava saper interpretare parecchio per capire cosa volessero dire le sue frasi. Angie era sempre stata un tipo piuttosto empatico, nonostante le riuscisse molto bene anche fingere di essere totalmente insensibile. E con lui era quello che aveva sempre fatto: se avesse voluto farsi capire non sarebbe stato così criptico, e così aveva deciso di rispettare i suoi spazi nonostante, forse, avesse bisogno di qualcuno con cui parlare molto più di tutti gli altri.

- Ci vuoi provare addirittura con due ragazze contemporaneamente, Jeffrey? – sghignazzò Axl, già piuttosto alticcio, apparendo dal nulla con due bamboline tirate a lucido sotto braccio.

- E tu, William? – replicò Izzy, indicando con un cenno del capo le sue due prede.

- Ma io lo faccio sempre – rise – Sei tu che rischi di far piovere. Siamo in tour, il brutto tempo non ci piace –

- Ciao piccola – mormorò la voce suadente di Slash all’orecchio di Angie.

- Perché avete tutti questo vizio di apparire dal nulla? – rispose la groupie in un mormorio, reclinando il capo sulla sua spalla. I suoi lunghi ricci scuri erano ancora umidi per la recente doccia, e furono un vero toccasana per il caldo opprimente del pub.

- È divertente coglierti di sorpresa –

- Per farmi urlare dallo spavento? – rise, offrendogli una battuta sul piatto d’argento. La verità era che adorava le sue frasi provocatorie, erano un meraviglioso preludio ai loro fuochi d’artificio.

- Mi piace farti urlare in tutti i modi – rispose infatti per poi morderle una guancia, non deludendo le sue aspettative nemmeno quella volta.

- Piccioni, aria – berciò Axl, interrompendo quell’interessante conversazione.

Angie guardò Slash, ricordandogli la promessa che le aveva fatto pochi giorni prima.

- Vado a caccia – annuì con un sospiro, e la groupie gli diede un lieve bacio in risposta. Sapevano entrambi che era giusto così.

- Che ti porto? – le domandò un barista, quando si avvicinò al bancone per posarvi stancamente i gomiti.

- Quello che di meglio hai da offrire – soffiò sagace, non resistendo a provocare un perfetto sconosciuto. Sorrise: indossava una maglietta dei Led Zeppelin sopra un petto decisamente marmoreo. Perfetto.

- La rockstar ti dà picche e ripieghi sul barista? – sbuffò quello, senza però trattenere un sorriso a sua volta. Perché avrebbe dovuto resisterle? Era così raro trovare un uomo che dicesse di no.

- La rockstar mi sbatte tutti i giorni – replicò piccata, passandosi la lingua sul labbro – Il barista è sempre diverso in ogni città –

Quello sorrise ancora, posandole davanti agli occhi un bicchiere ricolmo di liquido ambrato.

- Stacco tra mezz’ora –

Angie sorrise, guardando di nuovo quella maglietta. Sempre trovare un tornaconto. Bingo.



*



Giornooo!
Rischio il linciaggio, probabilmente, ma vorrei ricordarvi che Angie e Slash sono convinti di essere dei semplici trombamici, come si suol dire al giorno d'oggi. E lo sapete che la convinzione fotte la gente, infatti saranno ancora più cazzoni perché vogliono dimostrare di aver ragione.
A parte ciò, ho pubblicato una nuova minific che avrà solo qualche capitoletto (penso 4), sempre su Slashino. Se vi va, fateci un salto. Poi ringrazio le anime buone che recensiscono, chi legge, segue, preferisce, ricorda, bla bla bla. Vi voglio bene xD
Il prossimo aggiornamento di questa storia non so quando arriverà, perché tra venerdì e sabato sono a Padova da quei figoni assurdi dei Conspirators e quindi questa è una settimana di fibrillazione :3 *saltella per casa affogando nella bava*
Basta, ho finito. A presto :3

Giuggi 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***




Capitolo 9

 

Si chiamava Jude ed aveva appena lasciato i Marines, perché proprio non se la sentiva di rischiare la vita tutti i giorni. Aveva capito quasi subito di aver sbagliato a credere di potercela fare, aveva creduto di essere adatto, e invece non lo era stato.

Angie si era trattenuta per troppo tempo ma, quando finalmente era riuscita a farlo addormentare grazie a degli squallidi grattini tra le scapole, aveva sbuffato fuori tutta la stizza che si era tenuta dentro mordendosi la lingua.

Quel Jude era davvero un idiota, l’aveva rimbambita di chiacchiere anche mentre scopavano: una cosa improponibile. Persino Slash, che quando si prendeva confidenza diventava logorroico, quando scopava pensava solo a scopare. E invece quello no, doveva dirle che era bellissima, che i suoi occhi erano azzurri come il cielo o forse come il mare, non aveva ancora saputo decidersi. Di certo lei non gliene avrebbe lasciata l’occasione perché, non appena fu certa che il suo sonno fosse abbastanza pesante, cioè quando si mise a russare in modo quasi indecente, raccattò i suoi abiti e sparì.

Era un orario fottuto, qualcosa come le dieci del mattino, e fu un trauma uscire alla luce del sole, soprattutto perché non aveva portato gli occhiali scuri. E lei era nel bel mezzo dei postumi di una sbronza che non aveva nemmeno provato.

Arrivare all’albergo dove alloggiavano i Guns fu una sottospecie di impresa epica, soprattutto perché non aveva capito dove cazzo l’avesse portata quell’idiota. Ed era la bellezza di mezzogiorno e mezzo quando giunse a destinazione e il suo umore non aveva fatto altro che peggiorare. Aveva finito le sigarette, perché era così nervosa che si sarebbe anche fatta una meravigliosa speedball, nonostante non fosse dipendente da nulla che non fosse nicotina e sesso. Quello di Slash, naturalmente. Per quello non vedeva l’ora di trovare i ragazzi.

Quando mise piede nella sala comune trovò un puttanaio, letteralmente. Gilda e Jen dormivano una sull’altra su un divano, ed erano addirittura vestite. Anche Izzy lo era per metà, ed era ribaltato quasi a testa in giù su una poltrona; Steven, invece, era comodamente adagiato su una rossa con le tette più finte di una banconota da tre dollari. Idem per Axl, solo che lui se ne stava spaparanzato su due tizie e questa visuale arrivava da niente meno che la sua stanza, la cui porta era aperta senza nessun problema. Di Duff e Slash nemmeno l’ombra, ma c’erano due camere ancora inesplorate e con le porte rigorosamente sprangate. La groupie ringraziò il cielo per il pudore che almeno due su cinque sembravano avere ancora. In realtà, probabilmente non volevano soltanto essere disturbati, perché ne aveva avute a sufficienza di prove che testimoniassero quanto la decenza non fosse più parte di nessuno di loro.

- Che faccia – la sbeffeggiò Izzy, improvvisamente con gli occhi aperti ma immutato nella sua posizione.

- Non so cosa tu possa captare dato che sei steso a testa in giù – soffiò in risposta, avvicinandosi alla poltrona per aiutarlo in quel suo malsano tentativo di raddrizzarsi.

- Vedevo i tuoi occhi sbarrati – spiegò divertito, passandosi stancamente una mano sul volto.

- Mi sembra di essere piombata in un bordello –

- E sarebbe una novità? – le chiese di nuovo.

- No, effettivamente no – concesse, lasciandosi cadere sulle sue ginocchia e ignorando diligentemente il suo gemito di protesta – Lasciami riposare, Izzy, è da due ore che cerco di trovare questo cazzo di albergo –

Izzy rise piano, e si accontentò di posare il capo sulla sua spalla per riprendere a dormire. Peccato che qualcuno avesse altri piani, perché una voce decise di svegliare tutti.

Una voce che raramente si sentiva urlare.

- No, non me ne frega proprio un cazzo! Vedi di sparire! – urlò Slash, aprendo la porta con addosso niente meno che il nulla. Così, perfettamente nudo come Ola e Tony l’avevano fatto. E una parte del cervello di Angie non poté evitare di pensare che l’avevano fatto proprio bene.

Una ragazza uscì fuori con i vestiti in mano, addosso solo l’intimo e i lunghi capelli castani che la coprivano almeno un po’.  La rockstar la fulminò con gli occhi, ringhiando ancora qualcosa di sconnesso prima di sparire di nuovo in camera e sbattersi la porta alle spalle, facendola anche tremare sui cardini.

Quella poverina si ritrovò a rivestirsi in fretta e furia con addosso lo sguardo di quattro uomini e sei donne, perché tutti erano approdati là sconvolti da quella scena. A parte Angie, naturalmente, ma lei non si sconvolgeva più di nulla riguardo alla sua rockstar. Non dopo averlo visto abbracciare il cuscino scambiandolo per lei.

- Ehi – sbuffò Duff, rivolgendosi ad un punto imprecisato dentro la sua stanza – La tua amica se ne sta andando, che ne dici di seguirla? –

- Ragazze – tuonò quindi Jen, tentando spudoratamente di non ridere – Gli uomini delle caverne hanno svuotato lo svuotabile anche per questa notte, quindi siete pregate di togliervi dalle palle se non volete rischiare dio solo sa cosa –

E, improvvisamente, una mandria di cinque ragazze mezze rintronate si ritrovò a dover fuggire dalle grinfie di quegli squilibrati dei Guns N’ Roses. Avevano dato tutto il possibile, ma le groupie di fiducia rimanevano sempre le solite tre. Le stesse tre che in quel momento le guardavano quasi impietosite, rendendosi conto che, da un momento all’altro, avrebbero potuto fare la stessa fine e ritrovarsi in mezzo alla strada.

Un brivido percorse la schiena di Angie, che lo represse alzandosi e lasciando libere le gambe di Izzy per dirigersi a passo sicuro verso la camera di Slash. L’ultima ragazza, che non si era ancora defilata, la guardò terrorizzata, ma ricevette in cambio un sogghigno di superiorità prima di aprire con decisione la porta.

- Che cazzo vuoi ancora? – sbottò la rockstar, voltandosi di scatto. Si era infilato un paio di jeans, se non altro.

- Il tuo – soffiò sorniona la groupie, inclinando il capo mentre sorrideva sfrontata – Si può? –

- Angie, sei tu – sospirò sollevato, lasciandosi cadere a peso morto sul materasso – Quanto vorrei che tutte fossero come te –

- Perverse? – chiese divertita, raggiungendolo sul letto.

- Anche – sogghignò compiaciuto, per poi voltarsi a pancia in giù per guardarla meglio in viso – Ma mi riferivo alla capacità di lasciarmi uno spazio per respirare

Angie rise piano, abbassandosi poi per passare la lingua sulla schiena della sua rockstar. Quando sentì un sospiro tremante uscire dalle sue labbra piene si distanziò, e si stese al suo fianco.

- Se non respirassi moriresti – ammiccò divertita – E da vivo sei decisamente più interessante –

Slash si issò su un gomito, portandosi poi sopra il corpo della sua groupie. Le carezzò il viso, sfiorandole le labbra con un dito. La sua espressione così assorta era meravigliosa e Angie non resistette a provocarlo un po’. Schiuse la bocca, afferrando il suo polpastrello tra i denti e succhiò piano, muovendo poi la lingua in circolo senza mai staccare gli occhi dalle profondità nere delle iridi che la guardavano senza perdersi nemmeno un movimento.

Era fin troppo facile farlo tornare di buon umore.

- Raccontami le tue conquiste – gli disse lasciando la presa. Slash sorrise e, prima di dire qualunque cosa, si chinò a baciarle le labbra. Piano, senza fretta. Quasi come se volesse assaggiarla da capo dopo una notte senza di lei, come se si fosse dimenticato il suo sapore.

- Due tizie – sbuffò annoiato – Una è sparita dopo una scopata portandosi via la mia maglietta dei Led Zeppelin, quella che quei pezzi di merda di Duff e Steven mi avevano bucherellato con le sigarette. E l’altra è quella che hai visto prima, che ho cacciato via dopo che mi ha chiamato amore. Cioè, ti rendi conto? –

- Si fanno sbattere dal primo che passa e poi pretendono di chiamarti amore? – allibì Angie, ridendo sotto i baffi per una cosa di cui Slash non si era nemmeno accorto.

- Ehi – si risentì e le pizzicò un fianco per protesta – Io non sono il primo che passa, io sono Slash –

La groupie scoppiò a ridere, ribaltando poi le posizioni.

- Andiamo, stallone – lo punzecchiò schiacciandogli la punta del naso con un dito – Non ti sarai mica offeso, no? –

- Mi offenderò se non mi racconterai tu delle tue conquiste – replicò sagace, osservando incuriosito il succhiotto sul suo collo.

- Non ci provare – allibì tirandogli un ciuffo di capelli, per poi scoppiare a ridere di nuovo, completamente incredula – Quel succhiotto me l’hai fatto tu ieri pomeriggio! –

- Beh, fa lo stesso. Raccontami del barista di ieri sera –

- Sei avido di informazioni, signor chitarrista – mormorò sulle sue labbra, prima di lasciargli un morso sul mento. Adorava vederlo infiammarsi, era più forte di lei – Il tizio era un Marines, ma poi si è cagato sotto ed è tornato a casa. Parlava troppo ed era un bel po’ appiccicoso, così sono scappata e gli ho rubato anche un regalino per te –

Slash sbarrò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento della maglietta che indossava la sua groupie. Era la stessa che i suoi amici gli avevano bruciato con le sigarette e che quella ragazzina feticista gli aveva rubato quella mattina. Non ci poteva credere.

- Ma io ti adoro – esclamò d’un tratto, scattando a sedere per poi abbracciarla di slancio. Ricaddero di lato, rotolando fino quasi a cadere dal letto. Il chitarrista rideva, sconvolto, allibito ma felicissimo. Adorava quella maglia, l’aveva sempre adorata e il suo umore era peggiorato drasticamente quando si era reso conto che non l’avrebbe più avuta. E poi era arrivata lei, e gliel’aveva portata di nuovo. D’accordo, non era più la stessa, ma era anche integra!

- La voglio indossare – disse poi, smettendo ad un tratto di ridere – Quindi adesso ti spoglio, e poi approfitterò bassamente del tuo meraviglioso corpo –

- Ai tuoi ordini, rockstar – mormorò Angie mordendosi un labbro, e muovendo le gambe per attorcigliargliele in vita – Sono tutta tua –

- Piccioncini! – ululò Steven, aprendo la porta per poi fiondarsi dentro nella stanza – Angie, deve averti fatto proprio schifo il tizio che ti sei fatta ieri sera se non hai perso tempo, eh –

- Sai com’è – la groupie si strinse nelle spalle, piegando poi le gambe per attirare i fianchi di Slash contro i suoi – Sono abituata a ben altro –

- Ci stai dicendo che Slash ce l’ha grosso? – sghignazzò il batterista, mentre anche Duff faceva capolino, allibito per la piega che aveva preso la conversazione.

- Fottiti, Steven. Non fare il finto tonto perché non ci credo neanche per sbaglio che non ve lo siete mai misurato –

- Beccati – sghignazzò Jen dall’altra stanza, mentre anche la risata di Gilda faceva eco alla sua.

Steven rimase interdetto per un po’, decidendo poi di fare dietrofront e andarsene. Lo sentirono mugugnare qualcosa come “maledetta coppietta di sposati” ma si guardarono bene dal prenderlo in giro di nuovo. Dopotutto, il batterista non se l’era misurato da solo, no?

- Sparite – si lagnò Slash, nascondendo il volto nelle tanto adorate tette di Angie – Non si può mai scopare in santa pace, qui –

- Colpa tua – lo sbeffeggiò Axl passando di fronte alla porta – Prima parli e poi fotti. Ma prima si fotte e poi, se avanza tempo, si parla –

- Duff – sospirò Angie, tappando la bocca di Slash per evitare che rispondesse al rosso – Evapora –

- Veramente ero venuto a dirvi che si parte tra poco – rispose, un sorriso enorme ed eccitato ad illuminare il suo volto – La prossima tappa è dall’altra parte del confine! -



*



Salveeeee!
Ok, probabilmente un sacco di persone hanno visto Slash al Gods of Metal, a Roma l'anno scorso e nei vari altri concerti, ma io non c'ero mai andata ed è stata una cosa aaaaaaaaa, soprattutto perché ero proprio là sotto e... oddio erano così vicini. QUANTO SONO BELLIIIIIIIII. Basta, mi do un contegno u.u
Questa cosa della maglietta dei Led Zeppelin è una cazzata enorme, ma mi piaceva. Così ce l'ho messa xD Abbonatemi le coincidenze strane, ogni tanto capitano davvero nella vita. Certo, molto raramente ma capitano.
Ciò detto me ne vado, mia mamma comincia a pressare per farmi fare questo, quello e quell'altro. Odio la domenica. Ovviamente prima di andarvene vi ringrazio per le recensioni meravigliose, per le preferite, seguite eccetera. Quando avrò tempo di rileggere il capitolo dell'altra storia posterò anche quello, nel frattempo mi tocca armarmi di straccio della polvere -.- A presto :3

Giuggi

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***




Capitolo 10



Seattle, niente meno. Erano tornati negli Stati Uniti e l’aria cominciava a profumare di casa, sebbene la California fosse ancora lontana. Per Duff, però, era tutta un’altra storia.

Quella mattina avevano varcato quella linea immaginaria che separava il Canada dagli Stati Uniti, e tutti sentivano nelle ossa un’attesa diversa, l’adrenalina era più forte.

Jen lo guardava con aria sognante, vedendolo così allegro. Dopo tutti quei casini tra di loro non erano più così frequenti le occasioni che lo divertivano, che lo facevano sprizzare al settimo cielo come in quel momento. Il loro sconquassato pullman aveva da poco varcato i confini della città e il biondo già fischiettava allegro, continuando a tormentare Izzy che, poverino, voleva anche un po’ dormire, solo per raccontargli vari aneddoti su qualsiasi viuzza o locale che incontravano passando. In quel pub ci aveva suonato, in quell’altro vicolo aveva fatto una gara con i suoi amici a chi vomitava più lontano, sulla panchina di quella fermata del bus ci aveva persino fatto una bella scopata con una tizia che aveva una decina d’anni in più di lui.

La cosa divertente era che, alla fine, tutti ascoltavano ciò che diceva tranne il suo interlocutore. Slash se ne stava comodamente sdraiato su due sedili e teneva una mano sulla bocca di Angie, stesa su di lui, per evitare che scoppiasse a ridere per la tranquillità con cui il bassista sparava le sue cazzate adolescenziali. Non che fossero scandalizzati, ci mancherebbe, ognuno di loro ne aveva fatte a bizzeffe di quelle idiozie, ma era quasi ridicolo sentire Duff che se ne vantava come se fossero state imprese epiche. Era quasi dolce, ecco.

- Angie – la chiamò a bassa voce Slash, togliendo la mano dalla sua bocca per permetterle di alzare il viso. Lasciò scivolare le dita sul suo collo in una lieve carezza, fermandosi poi nell’incavo tra le due clavicole e deviare sulla spalla – Guarda Jen –

La giovane stava guardando Duff con lo sguardo che brillava e a stento tratteneva un sorriso. Era letteralmente adorante, ma dopo un momento abbassò gli occhi improvvisamente umidi, e a nessuno dei due silenziosi osservatori sfuggì la lacrima che solcò la sua guancia. Sparì tra le lentiggini e riuscì a nasconderla in qualche modo con i lunghi capelli sempre spettinati, ma di certo era uno spettacolo raro vedere Jen piangere, la stessa Jen che aveva sempre il sorriso sulle labbra.

- La sto guardando – annuì Angie in un sussurro, posando la mano su quella di Slash per intrecciare le dita con le sue – Possiamo ringraziare il cielo che Axl sia là dietro a dormire, o adesso farebbe fuoco e fiamme –

- Dici che è interessato a lei? – borbottò sconvolto, cercando sempre di mantenere la voce bassa.

- Ma no, scemo – rise la groupie, nascondendo il volto nel suo collo. Gli diede un morso in risposta alla cazzata che aveva appena detto e lui si dimenò leggermente – Se la vedesse piangere si incazzerebbe perché, secondo la sua mentalità, i sentimenti sono una distrazione per voi –

- Oh, non ci avevo pensato –

Angie non capì il cambiamento del suo tono di voce e decise di non prestarvi troppa attenzione, ma lei di certo ci aveva pensato in abbondanza a quella faccenda dei sentimenti tra di loro. Erano come una spada di Damocle sempre a penzoloni sulle teste di tutti. Eppure continuava a non capire come Axl potesse pontificare di simili stronzate, se poi scriveva addirittura canzoni per la sua Erin. Certo, poi la tradiva con Jen e con tante altre, ma intanto ci stava insieme e scriveva che i suoi occhi erano del colore del più azzurro dei cieli. Si preoccupava per la band, tanto di cappello, ma il suo modo di farlo forse non era proprio il più coerente e azzeccato.

- Comunque – continuò Slash, schiarendosi la voce dopo quel momento di imbarazzo – Dobbiamo fare qualcosa per quei due, mi mettono un’angoscia terribile con quel loro guardarsi da lontano e sospirare alla luna –

- Li hai visti sospirare alla luna? – allibì la groupie spalancando gli occhi. Voltò il capo verso di lui, nonostante incontrare il suo sguardo fosse impossibile per via degli occhiali da sole.

- Una volta ho beccato Duff, mezzo sbronzo dopo un concerto – confessò quasi a disagio, come se fosse stato lui quello sconvolto che sospirava alla luna.

- Ma che ne sai, magari sospirava per i cazzi suoi – ipotizzò Angie, parlando con le labbra posate sotto il mento della sua rockstar – Magari era in fase orgasmica per il concerto, a te capita ogni tanto, no? È divertente, poi diventi insaziabile –

Le lanciò uno sguardo ma fu impossibile decifrarlo a causa delle lenti scure, ma sul suo viso si rifletté lo stesso sorriso compiaciuto della groupie.

- Credi che non sappia distinguere un sospiro triste da uno orgasmico? – si lamentò comunque, punto sul vivo. D’accordo che era sempre sbronzo e fatto, ma crederlo così scemo era quasi offensivo.

- Chi ha gli orgasmi qui? – esclamò Jen, spuntando fuori dal sedile davanti. Angie saltò quasi per aria, rifilando una gomitata tra le costole del suo cuscino umano, che tossì un paio di volte prima di riuscire a riprendersi e sputare maledizioni in mezzo ai denti. Rivolte a chi delle due, però, rimase un mistero.

- Io, questa notte – rispose il chitarrista con un ampio sorriso entusiasta – E anche Angie. Davvero non l’hai sentita urlare? –

- Lo so cosa stai cercando di fare, cara la mia rockstar da quattro soldi – sbadigliò Jen, guardando Slash con aria superiore. Dall’altra parte del bus, intanto, Duff parlava senza sosta e Izzy si era definitivamente addormentato, ma il biondo sembrava non rendersene conto o, forse, decise di ignorarlo per continuare a parlare per i granelli di polvere che appestavano l’aria.

- Ma che cazzo dici? –

- State confabulando – li accusò di nuovo, puntando un dito contro il naso di Angie – E non dovete azzardarvi, avete capito? –

- Non capisco di cosa tu stia parlando – insistette Slash con indifferenza, mettendo su la sua migliore espressione angelica e il che era decisamente tutto dire – Ti fai troppe paranoie, Jen. Non hai pensato che magari sia perché hai una coda di paglia più grossa delle canne che si rolla Axl? –

Angie sorrise, cercando di non farsi vedere dall’amica, e  si complimentò silenziosamente con la sua rockstar per quella stoccata impeccabile.

- Ci penserò – concesse la groupie, per poi riprendere a parlare con fare saccente e indicare le loro mani unite, che si sciolsero subito come se la loro pelle fosse improvvisamente diventata incandescente – Comunque, cara coppietta di sposini, voi dovreste pensare agli stramaledetti cazzi vostri –

- Ci stiamo pensando – sbuffò Slash, prendendosi un’occhiataccia di compatimento da Jen.

- Siete tanto bravi a farneticare su me e Duff come due vecchie comari pettegole, ma poi passate le ore abbracciati e con le dita intrecciate come due cazzo di piccioncini – riassunse in un sussurro concitato, perché non era così stronza da far arrivare quella conversazione fino alle orecchie sensibili di Axl – E poi, quando ve lo fanno notare, vi allontanate terrorizzati. Chi è messo peggio? -

La schiena di Angie era terribilmente rigida ma anche Slash non era da meno. Parlare di sentimenti non era mai stato il loro forte, soprattutto perché entrambi sapevano che il loro rapporto non era proprio un semplice feeling tra una rockstar e la sua groupie, ma era più un’intesa tra due persone e basta, che si comprendevano fino in fondo e che, fin troppo spesso, si rendevano conto di conoscersi molto più di quanto il loro apparente rapporto richiedesse.

- Guardate ragazzi! – esclamò Duff ad un certo punto, distogliendo l’attenzione da quel discorso spinoso che, presto o tardi, avrebbe portato la schiena di Angie a spaccarsi in due.

- Che c’è? – chiese Slash, rilassandosi visibilmente. Posò una mano sulla coscia della sua groupie, come a rassicurarla di qualcosa. Non che avesse molto senso, visto che in quel casino a mille incognite c’erano assieme, e solo parlandone avrebbero potuto cavare qualche ragno dal buco. Il problema, però, era che in quel lato del carattere erano paurosamente simili: tendevano fin troppo ad accantonare e ignorare ogni cosa che li avrebbe messi in imbarazzo agli occhi degli altri, e soprattutto evitavano accuratamente di parlare di sentimenti.

Dio li fa e poi li accoppia, pensò Jen alzando gli occhi al cielo, ma poi si ricordò che anche lei si trovava in quella situazione del cazzo e allora mandò tutto al diavolo.

- Noi suoneremo là domani sera! – annunciò il bassista tutto esaltato, puntando un lungo dito contro il finestrino del pullman per indicare un’enorme arena che catturava decisamente tutta l’attenzione dei passanti.

- Quello è il Kingdome? – chiese Angie, alzandosi dal suo comodo giaciglio per spalmarsi a sua volta contro il vetro, un sedile più avanti.

- Sì, piccola – ululò Duff, incurante della gente che dormiva. Steven e Gilda avevano smontato un paio di sedili per potersi distendere e in quel momento si svegliarono di soprassalto, mandando occhiate omicide al biondo bassista che, intanto, continuava a saltellare sul sedile. L’avrebbe presto sfondato – Sono a casa! -

- Che cazzo succede qui? – sbottò Axl, comparendo tutto spettinato dallo stanzino che avevano montato in fondo al pullman. Jen gli sorrise divertita, andando a calcargli sul capo quei ciuffi che sparavano ovunque come se li avesse cotonati. Sembrava un popcorn, quasi come Steven.

Duff, naturalmente, smise di ridere vedendo quella scena e voltò ostinatamente il capo verso il Kingdome, da cui stavano già cominciando ad allontanarsi.

- Qualcuno è tornato a casa e deve farlo sapere a tutti – sghignazzò Slash, forse l’unico, assieme ad Angie e Jen, a non essersela presa per il casino che era saltato per aria alla vista dell’arena. Il rosso voltò lo sguardo verso di lui e, vedendo la groupie più vicina al bassista che alla sua rockstar preferita, sembrò quasi soddisfatto e anche la sua stizza nei confronti di Duff diminuì. Passò un braccio in vita a Jen, che seppellì il volto nella sua spalla per sfuggire allo sguardo che, ne era sicura, il biondo le aveva riservato. Uno sguardo pieno di amarezza, sicuramente.

- E non riesce a contenere la sua cazzo di gioia – berciò anche Izzy, calcandosi meglio gli occhiali da sole sul naso. Tuttavia, fu chiaro che lottava con le sue labbra per riuscire a non sorridere.

- Come se non lo sapessimo già che vieni da Seattle, Duffy – anche Gilda dovette dire la sua, naturalmente. Perché perdere l’occasione per farsi notare?

Duff li guardò male ad uno ad uno, anche chi non aveva detto nulla, e presto tutti cominciarono a ridere vedendolo con quel muso lungo. Mancavano da casa da un sacco di tempo e, nonostante ormai vivessero a Los Angeles in pianta più o meno stabile, sapevano cosa significasse tornare nella propria città natale. Anche se scappare da essa a suo tempo era stato un bisogno, tornarvi con la propria nuova famiglia accendeva un entusiasmo diverso, nuovo. C’era il bisogno di mostrare ai propri amici tutte le cazzate combinate, tutto quello che meritava di essere ricordato anche se, magari, agli occhi degli altri poteva sembrare inutile.

Ma era casa, quella merda avrebbe sempre avuto un odore diverso per lui.

- Ehi, stronzi – esclamò il biondo quando il pullman si fermò. Quando scesero, Duff respirò a pieni polmoni tutto lo smog che l’aveva accompagnato per anni. Era sempre quello. Abbandonò lo zaino per terra e sollevò un terribilmente contrariato Izzy, facendolo roteare come una ballerina – Sono a casa, cazzo! Stasera si fa baldoria! -



*



Giorno!
Scusate il ritardo, ho un esame imminente e non ho molto tempo per me...
Questo capitolo è molto di passaggio, in realtà è anche quasi inutile, ma io amo il fluff e ce lo dovevo mettere in mezzo per forza u.u Quanto è bello Duffone che saltella in giro e solleva Izzy? Coccole :3
Oddio uccidete il mio vicino che non sa suonare la chitarra e da anni si diletta a dissacrare tutta la storia del rock! Per fortuna si è stufato di Sweet Child O' Mine e Knockin' on Heaven's Door, però purtroppo ieri è venuto il turno di Another Brick in the Wall T.T Morirò giovane!
Bene, ringrazio chi recensisce, segue e tutto il resto. E Lisa, visto che non la sto cagando da un po'. A presto!

Giuggi 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***




Capitolo 11

 


Duff saltellava e parlava ininterrottamente da quando avevano messo piede giù da quel cazzo di pullman. Beh, in realtà aveva iniziato a sparare puttanate a raffica da molto prima, ma da quando la suola consumata dei suoi stivali aveva toccato l’asfalto della sua città natale nessuno era più riuscito a fermarlo. Non che ci avessero provato, in realtà, perché a nessuno piaceva troppo perdere tempo. C’era sempre qualcosa di meglio da fare, come ad esempio andare a caccia di alcol e donne.

Jen lo guardava da lontano come un bambino guarda l’albero di natale con la speranza che, miracolosamente, appaiano decine di pacchi scintillanti sotto di esso. Non si capiva bene per quale motivo la groupie avesse quell’espressione, ma probabilmente sperava che il biondo decidesse arbitrariamente di rivolgerle la parola e, perché no, portarla a pranzo dai suoi genitori e presentarla loro come la sua fidanzata.

D’accordo, forse quello no, ma quei due erano cotti a puntino e dio solo sapeva per quale fottuto motivo non si rivolgevano la parola. Beh, in realtà lo sapevano tutti ma l’orgoglio sapeva essere più grosso ed ingombrante di un elefante in una cristalleria e avrebbero dovuto accontentarsi di ipotizzare vari piani per farli riappacificare, piani che puntualmente venivano abbandonati perché erano tutti troppo ubriachi per metterli in atto.

In quel momento Slash, Angie e Jen erano in giro per le vie di Seattle per far passare un po’ il tempo. Più che altro, erano andati in esplorazione cercando di capire se ci fosse qualche spacciatore degno di nota e quali fossero i pub migliori in cui sbronzarsi fino a perdere il senno e anche il fegato. Sarebbe stato decisamente più semplice chiedere a Duff, e lui stesso sarebbe stato più che felice di fare da guida turistica per i suoi amici, ma la presenza di Jen l’aveva improvvisamente reso reticente e allora avevano deciso di fare tutto da soli.

Chissà come mai.

Per la prima volta, Angie sentì su di sé il peso di qualcosa di simile alla notorietà. I Guns N’ Roses erano approdati in quella città già più di un anno prima per l’ultima, e quasi unica, data del disastroso tour che avevano organizzato per promuovere quella loro unione forse proficua, e avevano decisamente lasciato il segno. Quindi, nonostante riuscissero ancora a camminare indisturbati, capitava spesso che qualcuno li additasse e si mettesse a parlottare in modo concitato. La groupie aveva l’orecchio buono, aveva captato chiaramente di essere stata etichettata come una delle classiche puttanelle dei gruppi rock, pronta ad aprire le gambe a comando e ad eseguire ogni sconsiderata fantasia di quei cinque depravati solo per un po’ di fama.

Ma l’invidia faceva parlare anche chi non aveva le mani in pasta, soprattutto quel genere di persone, e lei aveva sempre saputo a cosa sarebbe andata incontro intraprendendo quel tipo di vita: non aveva paura del giudizio della gente, soprattutto perché la sua coscienza era linda come un fazzolettino bianco. Lei era lì per Slash, punto. Al diavolo la gente idiota.

- Ciao Slash! – esclamò all’improvviso un vulcano biondo dalla voce stridula, piazzandosi davanti ai tre - Ti ricordi di me? –

Slash non rispose, ma invocò l’aiuto di Angie con uno sguardo parecchio confuso e quasi impaurito. Quella sogghignò, stringendosi nelle spalle. Lei non ci era mai stata a Seattle, non ne sapeva proprio nulla. Glielo fece capire con un’occhiata vaga e un sorrisino, ma la rockstar non sembrava troppo tranquilla. Anzi, probabilmente era anche terrorizzato da quella biondina, perché si mosse di un passo verso la sua groupie, come a cercare una protezione. Come se avesse rischiato lo stupro.

- Ci siamo conosciuti quella volta in cui sei venuto a Seattle con i tuoi amici… E avete suonato – gli spiegò con finto tono spazientito, masticando un chewing-gum alla velocità del suono, e pure con la bocca aperta.

Angie la etichettò immediatamente come una ragazzina insopportabile e viziata, a giudicare dall’abbigliamento fin troppo curato e artificiosamente glam rock, e senza cervello. Ma quella tizia era bionda, e nella sua mente non poté fare a meno di associarla a quell’altra gallina di Gilda e, forse, il suo giudizio non era poi così obiettivo.

- No, dolcezza – sbuffò Slash, accendendo una sigaretta da quella che stava fumando Angie. La biondina guardò male entrambi, ma riservò uno sguardo carico d’odio alla groupie, che si domandò se sentirsi onorata oppure offesa - Io mi ricordo solo di essere stato molto ubriaco durante il mio soggiorno a Seattle. Quindi capirai che di te non mi ricordo affatto –

Quella roteò gli occhi azzurri e decisamente troppo truccati, piantando poi le mani sui fianchi.

Jen lanciò uno sguardo all’amica, e ad entrambe ricordò una madre un po’ troppo infuriata. Le mancavano solo lo spazzolone in mano e i bigodini tra i capelli.

- Come no? – si stizzì la tizia, attirando anche un paio di sguardi perplessi con la sua voce non proprio musicale - Abbiamo anche fatto l’amore –

- No, frena, ragazzina – sbottò Angie, giunta al limite della sopportazione. Non poteva andare lì a fare l’aspirante rockstar e poi dire che aveva fatto l’amore con Slash. Dio, quel povero cristo avrebbe perso tutti i capelli! - Al massimo vi sarete fatti una bella scopata, sempre che di bella si possa parlare –

Le lanciò uno sguardo di superiorità, notando il reggiseno spudoratamente imbottito che spuntava fuori dal borchiato gilet di jeans che indossava. A Slash piacevano le donne abbondanti, doveva essere stato parecchio ubriaco per essere andato a letto con quella. Sempre che fosse vero, naturalmente.

- Ma fare l’amore mi sembra una frase un po’ surreale – continuò senza pietà, approfittando dell’attimo di smarrimento della tizia, rimasta vomitevolmente con la bocca aperta per quell’uscita spudorata della groupie - Per non dire che è una cazzata, che renderebbe anche meglio l’idea –

- E tu chi sei? – sibilò dopo un momento, quando finalmente riuscì a riprendere le poche facoltà mentali di cui era miracolosamente dotata.

- Quella che si fa sbattere da Slash al momento – rispose piccata, piantando le mani sui fianchi. Non aveva bisogno di masticare a bocca aperta per sembrare più carismatica, le bastava camminare al fianco della sua rockstar e sapere che le sue tette gli piacevano più di quelle di chiunque altra. Era una groupie, d’accordo, ma l’orgoglio femminile era ben radicato anche in lei. Tanto più che Slash sembrava essersi annichilito dallo sconvolgimento e non più in grado di intagliare una conversazione decente. Nemmeno per dire di sì o di no a quella piaga della società.

- Beh, allora vai a farti sbattere da qualcun altro – rispose la bionda, facendo sbarrare gli occhi ad Angie - Sono qui perché voglio stare con Slash –

Jen si era allontanata di qualche passo, decidendo che lei non aveva alcuna intenzione di marchiare il territorio, soprattutto se quel territorio era Slash. Aveva già abbastanza casini con i suoi due uomini, preferiva lasciare alla sua amica quella testa riccioluta. Insomma, lo sapevano tutti che ogni riccio è un capriccio. Non ci teneva a mettersi le mani in pasta, ecco.

Angie sogghignò all’affermazione della bionda, ma decise di non replicare. Fece poi dietrofront, sempre sotto lo sguardo terrorizzato della sua rockstar, che proprio non si sentiva nelle condizioni di rimanere da solo con quella che si prospettava essere una piovra. Mentre si allontanava con passo felino, ancheggiando in modo sfrontato, morse senza preavviso un orecchio di Slash e gli diede anche uno schiaffo ben assestato su quel culo da mordere, strappandogli la bandana che teneva sempre nella tasca posteriore dei pantaloni. Se la legò attorno al collo, lasciando un’estremità a penzoloni nella sua scollatura. La rockstar rimase a guardarla imbambolato per un momento, e poi Angie si dileguò con una strizzatina d’occhi.

Era fottutamente brava a rimanere un chiodo fisso nel cervello delle persone, soprattutto se era obbligata ad andarsene. Jen, dal suo piccolo angolino ai margini della scena, se la rideva beatamente, poiché sapeva che non sarebbe stato faticoso per lei rimanere nei pensieri di Slash. Era sicura che, senza nemmeno impegnarsi troppo, sotto quella scorza da duro, il chitarrista pensava alla sua groupie molto più spesso di quanto lasciasse trapelare.

- Ehi, ti sei imbambolata? – le domandò Angie, sventolandole una mano davanti agli occhi. Jennifer scosse il capo, riprendendo a sogghignare con furbizia per la scena di poco prima.

- Sei diabolica – le disse.

- Non sviare – sbuffò la groupie, senza però riuscire ad impedire ad un sorriso di affiorare sul suo viso – Pensavi a Duff? Ti abbiamo vista, io e Slash, con quello sguardo… -

- Invece pensavo proprio a te e Slash – la rintuzzò, scuotendo il capo quando vide Angie voltare il capo dall’altra parte. E sì che avrebbe dovuto capire che chiudersi a riccio con lei non funzionava. Erano in quella faccenda da più di due settimane, per non parlare dei dieci mesi di convivenza a Los Angeles e tutto quello che era successo anche prima. Si conoscevano fin troppo bene per riuscire a seminarsi con le parole.

- A cosa pensavi? – sbuffò seccata, alzando gli occhi al cielo senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo – A come starei bene con l’abito bianco? –

- Ti sei arresa, vedo – Jen ridacchiò brevemente per poi tornare di nuovo seria – No, non pensavo a quello. Pensavo alla vostra meravigliosa intesa, a come il suo viso si sia disteso quando hai preso le sue difese con la biondina lì dietro –

- Oh, adesso è lui che si è innamorato di me? –

- Chi è innamorato di te? – sbottò Slash, apparendo dal nulla dietro di loro. Le ragazze saltarono per aria e il giovane sghignazzò beato, decisamente più tranquillo da quando si era lasciato alle spalle la biondina – Non ti azzardare, capito? Voglio l’esclusiva sulle tue tette giganti –

- Le mie tette non sono giganti – si sconvolse Angie, sprofondando con il naso nel collo della sua maglietta senza un minimo di pudore, come se non avesse mai visto il proprio corpo durante la sua vita – Sono tette grandi, ma grandi normali

- Veramente dicevo che tu sei innamorato di lei – Jen dovette intromettersi in quel delirio per riprendere il filo del discorso, perché sapeva che altrimenti sarebbe finito tutto nel dimenticatoio un’altra volta e lei era disposta a tutto per svegliare quei due.

- No, Jen – Slash scosse il capo con convinzione, i lunghi ricci sfiorarono il viso di entrambe – Io sono innamorato di te… e delle tette di Angie –

- Di me? – scoppiarono tutti a ridere, ma era come se Angie dicesse di essere innamorata di Izzy. Insomma, non ci azzeccavano nulla!

- Sì – il chitarrista annuì computo, cercando di trattenere il sorriso dalle sue belle labbra morbide – Tra me e te c’è un sacco di alchimia. Abbiamo anche gli stessi capelli! –

- Quelli di Jen assomigliano un po’ ad un pagliaio, però – rise Angie, passando un braccio in vita a Slash – Io tuoi sono più ricci e basta -

- Stronza – sibilò l’amica con un sorrisetto mellifluo, attaccandosi all’altro braccio del chitarrista – Dì un po’, Slash, ma la biondina dove l’hai lasciata? –

Indurì la mascella e, se non avesse avuto gli occhiali da sole a coprirgli lo sguardo, Angie era sicura che avrebbe visto i suoi grandi occhi scuri sbarrarsi di terrore.

- Si chiama Stephanie – gemette disperato, stringendo di più la sua groupie al suo fianco – Per liberarmene le ho detto che ci saremmo visti stasera –

Angie alzò gli occhi al cielo: avrebbe dovuto rivederla e sprizzava gioia da tutti i pori, quasi quanto Slash.



*



Scusate la latitanza, ma oggi pomeriggio ho un esame (alle 4, io l'ammazzo quell'uomo!) e quindi sono stata un po' presa. Adesso ho deciso che BASTA, perché è inutile e in ogni caso non lo passerò lo stesso perché è un infame bastardo, quindi aggiorno e la finiamo così.
Stephanie è QUI, simpaticissima come due dita in gola proprio. Non pare anche a voi? xD
Altra cosa. Dunque, il tour con i Cult non si è protratto tutto l'inverno come la sto menando io, anzi probabilmente non era nemmeno in inverno. Al momento non ricordo perché sono un po' fissata con il periodo di St. Louis (è solo che sto ragionando sul seguito di quell'altra storia u.u), quindi ho un vuoto, però se AFD è uscito a luglio... no, oggi non devo fare conti perché sarebbero tutti sbagliati xD Comunque, beh, prendetela per buona. Pensate a tutta questa gente che copula in allegria e non guardate la collocazione spazio-temporale xD Bene, ho finito. Se non mi vedete più è perché il professore mi ha stroncata. A presto (?)! :3

Giuggi

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***




Capitolo 12



Gli amici di Duff erano dei veri cazzoni, tutta gente che sapeva spaccarsi per bene, ed erano decisamente degli ottimi compagni di scorribande per quei disgraziati dei Guns. Se poi si ricordavano del delirio che avevano provocato l’ultima volta che erano stati in gita a Seattle allora ecco che succedevano i casini. Il bassista, poi, era esaltatissimo per le facce sconvolte dei suoi amici quando diceva loro che Angie, Jen e Gilda erano le loro compagne di viaggio, con quella faccia da maniaco sessuale che solo un litro e mezzo di vodka riusciva a conferirgli.

E allora, perché fare le preziose? Gilda ballava su un tavolo insieme a Jen, strusciandosi l’una sull’altra con una foga tale che nemmeno una scopata impegnata avrebbe ottenuto gli stessi risultati.

- Qui c’è un altro tavolo libero, piccola – le disse all’orecchio Axl, battendo sul legno con una mano.

Angie lo guardò con fare di compatimento, scolandosi in risposta tutto il bicchiere che aveva davanti. Non era male, ma forse non era ancora abbastanza ubriaca.

- Credo di essere un po’ troppo sobria per fare una cosa del genere – rispose divertita.

- Oh, è pudore quello? – ridacchiò sinceramente colpito – Forse dovresti fare le presentazioni, non credo di averlo mai incontrato prima –

- Sei anche simpatico, Rose – si complimentò, e in risposta ricevette un morso umido sulla guancia – E fai il marpione? –

- Ho voglia di scopare con te – le confessò con un candore disarmante – Non si può? –

- E allora perché vuoi mandarmi su un tavolo a ballare invece di chiudermi da qualche parte fino a domani mattina? –

- Mi stai provocando? – rise il rosso, passandosi la lingua sulle labbra.

- Non si può? – gli fece eco Angie, perfettamente padrona di se stessa nonostante le provocazioni. Se l’avesse fatto Slash quel gesto allora, beh, sarebbero già stati spalmati contro un tavolo a darci dentro. Ma Axl, per quanto sexy e carismatico fosse, non aveva decisamente lo stesso impatto su di lei. Il rosso decise proprio in quel momento di passare all’attacco: la spinse con i fianchi contro il bancone e tuffò il volto nei suoi capelli, prendendo a leccarle il collo con decisione e malizia. Sapeva con precisione dove volesse andare a parare, e lo stava anche spiegando a meraviglia.

Peccato che Angie avesse l’abitudine di raccogliere tutte le provocazioni, e ne aveva in arretrato ancora un paio prima di cedere a quell’ultima.

- Niente da fare, principessa – sogghignò e, piantando i gomiti sul legno dietro di lei, fece forza per salire sul bancone. Facendolo, il suo corpo strusciò pesantemente contro quello di Axl e vide i suoi occhi appannarsi di desiderio.

La groupie si maledì per aver scelto proprio quella sera di indossare dei vertiginosi tacchi a spillo ma, d’altra parte, solo quelle scarpe le avrebbero permesso di ondeggiare come dio comandava. Sfilando sul bancone senza che il proprietario del locale avesse la forza di dirle nulla, perché anche lui era là con la bocca spalancata a guardarle il culo, Angie raggiunse il tavolo di fianco a quello di Jen e Gilda e cominciò a ballare. Non c’era un gruppo a suonare, ma le casse diffondevano la voce di Joan Jett intenta nella miglior cover mai esistita di I love rock n’ roll, ed era fin troppo facile muovere i fianchi a quel ritmo incalzante.

Angie lasciò vagare lo sguardo fino ad incontrare gli occhi spalancati e perplessi di Slash, che stringeva convulsamente una bottiglia mezza vuota di Jack Daniel’s, e non le staccava gli occhi di dosso. Effettivamente, tutti non le staccavano gli occhi di dosso. Forse non erano abituati a vederla in atteggiamenti così spudoratamente provocatori perché, a dispetto dell’alone di sensualità che emanava, si era sempre comportata abbastanza da maschiaccio. Beh, aveva accuratamente evitato di ondeggiare con i fianchi in quel modo, a meno che non dovesse strusciarsi sulla sua rockstar e, a giudicare dai suoi occhi fissi su di lei, non desiderava altro che quello.

La groupie rise, vedendolo così imbambolato, e prese al volo la bottiglia aperta che Jen le lanciò. Tuttavia, mentre quella stronza della sua amica se la rideva, Angie si ritrovò la canotta bianca totalmente piena di vodka. Naturalmente, divenne trasparente e appiccicosa. Così non le rimase altro da fare che annodarla sotto il seno, lasciando vedere al mondo il piercing che adornava il suo ombelico e, quando si girava, anche il pentagramma che le scorreva longilineo sulla colonna vertebrale.

Il riff di Rocket Queen.

Ma, dannazione, non sarebbe riuscita a ballare ancora a lungo se quelle due maledette iridi nere come il peccato avessero continuato a fissarla. Lo vide avvicinarsi al bancone, talmente ipnotizzato dai suoi movimenti da muovere leggermente i fianchi a sua volta, sempre con lo sguardo nel suo, sprofondati l’uno nell’altra senza nemmeno toccarsi.

Angie mandò al diavolo anche l’esibizionismo di ballare su un tavolo e si appoggiò alle sue spalle non appena Slash tese le mani per tirarla giù di là. Furono presto abbracciati, avvinghiati a muovere finalmente quel cazzo di bacino all’unisono, frizionando i fianchi in quella sottospecie di preliminari in pubblico. Reclinò il capo all’indietro, lasciando che la sua rockstar riempisse il suo collo di baci e morsi e carezze con la lingua.

- Non mi piace che mostri quel tatuaggio – mormorò roco con le labbra sulle sue, che ad ogni parola donavano una nuova carezza – Alla gente viene voglia di leccarlo ed è una cosa che voglio fare solo io –

Per Angie fu troppo sentire quella frase. Si tuffò sulle sue labbra e, prima ancora di baciarlo, lo morse con tutta la frustrazione che aveva addosso. Frustrazione per non poterlo avere in quel momento, su quel tavolo, davanti a tutti, senza dare importanza a nient’altro che non fosse lui. Sentiva le sue mani percorrere quel tatuaggio che le aveva detto che avrebbe voluto leccare e ansimò, accontentandosi di sentirlo leccarle il palato, e poi la lingua e i denti e di nuovo le labbra. Era un tornado, ci metteva tutta la passione che aveva nell’anima e non poteva fare a meno di assecondarlo, gemendo nella sua bocca quando la spinse contro il bancone.

Al diavolo tutto, se avesse voluto scoparsela su quel pezzo di legno non gli avrebbe detto di no.

- Ciao Slash – trillò una voce alle loro spalle, facendo sobbalzare Angie.

Lo sapeva, dio se lo sapeva. Ci avrebbe scommesso la testa che qualche stronzo infame li avrebbe interrotti sul più bello. E quella voce, oh, quella voce l’avrebbe riconosciuta fra mille, nonostante l’avesse sentita soltanto una volta.

Slash gliel’aveva detto come si chiamava… Ah, sì. Stephanie.

- Slash – chiamò di nuovo, alzando la voce.

Angie ringhiò, mordendo e succhiando il labbro della sua rockstar così forte da sembrare quasi la protagonista di un porno. Gli graffiò il volto prima di intrecciare le dita ai suoi capelli per tirarlo ancora di più verso di sé. E lui non si fece pregare, perché portò le mani sui suoi glutei per spingerla contro i suoi fianchi,  per dirle senza parole quanto fosse eccitato. Solo per un bacio, che poi un semplice bacio non era affatto.

Ma poi si allontanò piano, riluttante, conscio di quella presenza vicino a loro che avrebbe continuato con la tortura della sua voce se non le avessero dato corda. Angie lo baciò leggera, sorridendo divertita mentre si rendeva conto di quanto le loro labbra fossero rosse e gonfie.

- Ciao Stephanie – mormorò roco, staccando a fatica gli occhi dalla bocca della sua groupie per puntarli sul viso rotondeggiante della bionda. Anche lei aveva gli occhi azzurri, ma non c’era nemmeno da provare a fare un paragone con quelli in cui si era perso fino ad un attimo prima.

- Vedo che ti stai dando da fare – lo rintuzzò gelosa.

- Te l’ho detto che sono quella che si fa sbattere da Slash – replicò Angie, sogghignando beata mentre non accennava ad allontanare la mano dai ricci in cui era immersa – Sei sorda, forse? –

- E io ti ho detto che voglio stare con Slash – si impuntò Stephanie, dandole uno spintone che la fece arretrare di un paio di passi.

Slash gemette infastidito, sentendo la mano della sua groupie tirargli qualche ciocca di capelli, ma non fu lei che fulminò, bensì quella bionda vanesia che credeva di essere la star della serata.

Angie, dal canto suo, non fece altro che scoppiare a ridere di gusto, complice anche l’alcol che, finalmente, cominciava a fare il suo effetto.

- Giusto – sghignazzò, ondeggiando di nuovo vicino ai due – Dovete fare l’amore

- Hai qualcosa in contrario? – sbottò furiosa, mentre il suo volto si chiazzava di rosso – Ti ho già detto di andare a farti sbattere da qualcun altro, ubriaca come sei non ti sarà difficile trovarlo –

- Infatti è proprio quello che farò, anche perché non ho la ben che minima voglia di stare a sentire la tua orrenda voce per un minuto di più – disse schietta e improvvisamente seria, facendo capire senza mezzi termini che non fosse proprio solo l’alcol ad avere il controllo del suo corpo. Stephanie la guardò con gli occhi sbarrati, quasi impaurita, ma non tentò di fare passi indietro.

Slash si sentiva in imbarazzo ad essere conteso tra due donne, ma lo rincuorava un po’ sapere che la sua groupie si stesse solo divertendo un mondo. Dopotutto, lei non aveva bisogno di conquistarlo. Era lui che smaniava dalla voglia di passare un sacco di tempo a rotolarsi insieme a lei su qualunque superficie, orizzontale o anche no.

- Ciao tigre – sussurrò Angie, leccandogli il labbro inferiore – Non rimpiangermi troppo, possiamo sempre divertirci un po’ come dio comanda quando avrai finito con la biondina –

E, prima che la suddetta biondina potesse davvero replicare o magari prenderla a pugni, la groupie se ne andò ridacchiando verso Axl, che l’aspettava a braccia aperte e con un sogghigno ammirato sulle labbra.

- Sei proprio una meravigliosa stronza, piccola – si complimentò, stringendole un braccio attorno ai fianchi – Io stesso non avrei saputo fare di meglio –

- Io sì – soffiò maliziosa, parlando con le labbra sulla sua guancia – Avrei potuto scoparmelo sul bancone e con quella in prima fila, ma poi avrebbe urlato e dio solo sa quanto mi uccida quella sua orribile voce –

- Non invidio Slash quando la sentirà urlare nelle sue orecchie – concordò il rosso, spingendola in una zona del locale meno affollata. Si sedette su un tavolo, posando i piedi fasciati dagli scarponcini su uno sgabello, senza il minimo riguardo.

Assottigliò gli occhi, guardandolo con fare pensieroso. Lui se ne accorse ma si limitò a sorriderle ambiguo; sicuramente sapeva per quale motivo lo stesse guardando in quel modo, ma non accennò a dire o fare nulla. Tuttavia, Angie non era una con l’abitudine di demordere, infatti gli si piazzò davanti e lo guardò con aria di sfida.

- Tu – soffiò minacciosa, divaricandogli le gambe di scatto – Mi sembrava di aver capito che volessi darti da fare con me –

- Ti sei strusciata su Slash fino ad un momento fa, dai… - si lagnò evitando il suo sguardo, ma lo sapevano tutti quanto amasse farsi supplicare. E, altrettanto bene, Axl sapeva che Angie non sarebbe rimasta lì a fare i suoi comodi per molto. Gli avrebbe lasciato una, massimo due, chiamate ancora ma nella seconda non ci sperava.

- Ma io sono insoddisfatta – gli disse – E quando sono insoddisfatta divento affamata

Il rosso sorrise, complimentandosi silenziosamente per l’efficace opera di convincimento. E la trascinò via per un braccio, sotto l’esame attento di due occhi neri.



*



Brrrr che freddo, il vento mi sussurra che è meglio scappare prima che qualcuno decida di farmi fuori.
Ricordatevi solo che non tutto il male viene per nuocere (mi stavo dimenticando il "non" O.O), quindi già più o meno nei prossimi capitoli risolveremo questo nodo u.u E poi, se proprio non vi va giù, date la colpa all'alcol. Mi sono limonata di quei cessi ambulanti da ubriaca che lo sa solo il signore. Quindi perché Angie non potrebbe farsela con Axl, che è pure un gran bel pezzo di gnocco? Sto cercando di persuadervi u.u
E intanto vi ringrazio per il ringraziabile e me ne torno a studiare! Adios! ;)

Giuggi 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***




Capitolo 13



Gli occhi di Axl Rose si stavano beando di una meravigliosa visuale. Sicuramente non aveva mai apprezzato così tanto il riff di Rocket Queen come in quel momento, ma la proprietaria di quella schiena decise di fargli uno sgarbo e tagliò in due quel pentagramma, allacciandosi il reggiseno con mano sicura.

Il rosso alzò il sopracciglio, domandandosi per un momento per quale diavolo di motivo le donne fossero tanto abili con quei due gancetti mentre lui, che pure ne aveva slacciati a bizzeffe, proprio non riuscisse a levarseli di torno al primo colpo.

- Hai intenzione di consumarmi, Axl? – chiese Angie divertita, infilando con decisione anche la maglietta. Il cantante inarcò anche l’altro sopracciglio, indisposto dalla crudeltà di quella groupie che proprio non voleva saperne di lasciar godere un po’ anche i suoi occhi.

- Te ne vai così presto? – le domandò in risposta, senza rispondere alla sua domanda o forse sì, perché, dopotutto, chi tace acconsente.

- Sì – soffiò in risposta, voltandosi appena al di sopra della spalla per mostrargli il suo blando sogghigno – Ti piaccio perché sono terribilmente stronza, o no? Lasciami esserlo fino alla fine –

- Vuoi andare a rompere le uova nel paniere a quei due? – ridacchiò divertito, alzandosi a sua volta per andare ad abbracciarla.

- Porta la tua spudorata nudità da un’altra parte, non ho bisogno di sentire nessuna presenza sulla schiena – lo blandì secca, senza tuttavia perdere il sorriso che le distorceva le labbra.

- Un bacio me lo dai almeno? -

- Siete tutti uguali – sbuffò Angie roteando gli occhi – Credi che non sappia che, infilandomi la lingua fino alle tonsille, non tenterai di incastrarmi di nuovo sul materasso? –

- E allora scappi per evitare di cedere? – la provocò sornione, pregustando già il sapore della vittoria. Vittoria verbale, se lei non avesse risposto. O vittoria fisica, se avesse colto al volo la sua provocazione per finire nuovamente a farsi un’altra bella scopata. Non sapeva cosa aspettarsi da una come lei, era così imprevedibile che lo eccitava all’inverosimile. Capiva Slash, sebbene lo infastidisse sapere che non fosse lui quello con l’esclusiva su di lei.

La groupie si voltò e, spintonandolo all’indietro fino a farlo sdraiare sul letto, gli salì a cavalcioni per infilargli diretta la lingua nella bocca lievemente spalancata. Lo baciò rude e quasi volgare, proprio come gli piaceva tanto, ma si staccò ancora prima che Axl potesse arpionarle i fianchi.

- Ti ho baciato – puntualizzò riappropriandosi del proprio sogghigno superiore – Ma non ho ceduto. Chi ha vinto, eh stallone? -

E lo lasciò lì con la sola compagnia del suo stupore, chiudendosi con decisione la porta alle spalle. Una volta da sola nella penombra del corridoio, si permise di rilassare le spalle e sospirare di sollievo, rimanendo ad osservare la luce che filtrava dalle persiane chiuse, e seppe che la notte era finita da un bel pezzo. Era rimasta con il rosso molto più di quanto si fosse inizialmente prefissata, ma non avrebbe comunque potuto prendere e andarsene nel bel mezzo di tutte quelle acrobazie in cui l’aveva coinvolta. Fu comunque soddisfatta di non aver urlato nemmeno un po’. Quello l’aveva indispettito per davvero, almeno quanto aveva divertito lei. Ma Axl non era Slash, i suoi capelli non erano abbastanza selvaggi e la eccitavano meno della metà di quanto potessero fare quei maledetti riccioli neri di cui sarebbe andata a caccia proprio in quel momento. E, in realtà, non sapeva nemmeno per quale motivo avesse accettato di andarci a letto. Anzi, perché avesse insistito lei stessa per farlo. Ogniqualvolta Slash passava la notte con un’altra, lei si ostinava a trovare un ripiego come se fosse possibile colmare l’abisso che c’era fra lui e qualsiasi altro uomo.

Sorrise con amarezza. Le sembrava quasi di sentire la voce di Jen che tentava di inculcarle nella mente le sue idee strane sentimentali, dando peraltro via del suo. Era lei la prima a farsi sbattere da Axl solo per non dover pensare a quanto le facesse male sapere che Duff ogni notte si perdeva in qualcuna che non era lei. In realtà, l’unica in cui si perdeva con certezza era la bottiglia di Jack o di qualsiasi altra cosa che teneva sempre in mano. Le donne, poi, erano un accessorio per non farsi mancare nulla. Ma sapeva che anche lui avrebbe dato anima e corpo per poter tornare tra le braccia della sua mora spettinata. Inarcò un sopracciglio: perché allora continuavano ad ignorarsi in modo così assurdo?

Scosse il capo, agitando anche una mano nel nulla come se quei pensieri idioti potessero andarsene così, e giunse finalmente davanti alla camera a cui aveva pensato per tutta la notte mentre si faceva fottere da Axl. Abbassò la maniglia, scoprendo che non avevano sprecato tempo a dare un giro di chiave.

- E io che pensavo di dover forzare la porta – esclamò sarcastica, lanciando poi uno sguardo al letto in cui Stephanie dormiva avvinghiata al braccio di Slash. Lui, naturalmente, era spaparanzato come un pascià, le gambe divaricate e il solo lenzuolo candido a coprirgli la vergogna.

Ma che vergogna?, si domandò Angie. Quello era un vero ben di dio.

- Angie – mugugnò Slash destatosi, cercando di mettere a fuoco la groupie nella penombra della stanza – Che ci fai qui, piccola? –

Si mosse, e finì inevitabilmente per svegliare Stephanie, che però non parlò. Grazie al cielo rimase zitta ad osservare la scena, forse troppo addormentata per articolare una sola sillaba.

- Mi aspettavo che la cacciassi – spiegò, muovendo la testa per indicare la bionda – Evidentemente ti è piaciuto abbastanza –

- O ero troppo ubriaco per non addormentarmi di botto – replicò con la voce impastata dal sonno. Angie era l’unica ad avere il privilegio di poterlo svegliare senza essere insultata in nessun modo e nemmeno malmenata.

- Beh, adesso sei sveglio –

- Mi stai proponendo il miglior modo per svegliarmi del tutto? – allibì compiaciuto, scrollandosi di dosso Stephanie.

La groupie sorrise. Era proprio lì per quel motivo. Si avvicinò al letto con passo cadenzato, ancheggiando lievemente perché consapevole dello sguardo di Slash su di sé. Sapeva che stava già pregustando il momento in cui l’avrebbe stretta nel suo abbraccio sensuale. Posò un ginocchio sul letto, tenendosi in equilibrio anche con una mano. Alzò lo sguardo per incrociare i suoi occhi neri ed accesi di interesse e scostò placidamente il lenzuolo che gli copriva i fianchi, per poi abbassare il capo, sempre mantenendo il contatto visivo, e posare un lieve bacio tra i suoi riccioli scuri.

- Che diavolo fai? – sbottò Stephanie mentre Angie rialzava il viso con un pigro sogghigno sulla bocca. Voltò il capo verso di lei, socchiudendo gli occhi con fare seccato, e si leccò le labbra con lentezza felina.

Slash non riuscì a trattenere un gemito strozzato vedendo quell’immagine, ma non parlò.

Non disse nulla nemmeno quando la groupie si abbassò di nuovo, stringendo tra i denti un lembo di pelle del suo interno coscia e succhiando avidamente.

- Angie – implorò la rockstar con voce tremante, passandosi le mani sul volto forse per schiarirsi le idee – Se mi mandi in bianco anche stavolta, io… -

- L’unica cosa bianca che vedrai sarà il marmo della doccia – gli assicurò dopo aver leccato il punto che, fino ad un attimo prima, aveva torturato – Beh, forse non solo quella –

- Cazzo – ansimò Slash. Il sorriso di Angie era la cosa più erotica che avesse mai visto. Ogni giorno lo eccitava di più, era sempre più fottutamente sensuale e perdeva letteralmente l’uso della ragione quando se la ritrovava davanti con quell’espressione perversa sul bel viso.

- Stephanie – chiamò la groupie, lanciando una vaga occhiata compiaciuta all’ormai ingombrante presenza dell’erezione della rockstar – Sparisci, qui abbiamo da fare –

- Slash – si lamentò quella, battendo un pugno sul cuscino – Dille qualcosa –

- In questo momento le direi un sacco di cose tranne quelle che tu vorresti che le dicessi – le disse con calma ma senza giri di parole – Ma, naturalmente, se vuoi rimanere a guardarci fottere sei libera di farlo –

La bionda rimase per un momento con la bocca spalancata, ma gli altri due non seppero mai cosa avesse deciso di fare, perché Slash si alzò in piedi di scatto e prese in braccio Angie, sbattendosi poi alle spalle la porta del bagno mentre lei avvolgeva le gambe attorno ai suoi fianchi.

- Mi sei mancato, tigre – mormorò la groupie sulle sue labbra prima di dargli un bacio appassionato.

- Da quando sei così zuccherosa? – le chiese in risposta, posandola sul lavandino per poterle sfilare maglia e pantaloni. Era troppo vestita per tutte quelle cose che aveva in mente di farle, e lui era estremamente impaziente – Axl ti ha sconvolta a tal punto? –

- Non è stato entusiasmante – gli confessò mentre portava le mani tra i suoi ricci – Dio, questi capelli -

- Perché no? –

Angie non rispose subito, le mancò la voce quando la bocca della sua rockstar si impossessò del suo collo, mordendolo e leccandolo fino a quando non ebbe raggiunto il solco tra i seni. Si passò una mano dietro alla schiena, slacciando il reggiseno che solo pochissimo tempo prima aveva allacciato sotto lo sguardo penetrante di Axl. Slash prese quei due triangoli di stoffa e li lanciò lontano, forse contro la porta. Chissà.

- Rispondimi – le ingiunse, chiudendo le labbra sul suo capezzolo sinistro.

- Non posso – ansimò la groupie, reclinando il capo all’indietro – Non riesco a pensare –

Slash si allontanò di scatto, prendendole il volto con una mano mentre con l’altra, aperta tra le scapole, l’aiutava a mantenersi in equilibrio.

- Ora rispondimi –

- Lui… - Angie, ancora con il fiato corto, socchiuse gli occhi per pensare alla risposta. Alzò una mano per sfiorare uno zigomo della sua rockstar, finendo poi sul suo labbro inferiore. Slash aprì la bocca, mordendole il polpastrello, ma la lasciò subito. Attendeva ancora una risposta, e quella volta sarebbe stato lui a non farsi distrarre da lei, nemmeno dalle sue tette tanto morbide e tanto vicine – Lui prende e basta. Non mi dà niente –

- E io cosa ti do? – le chiese ancora, chiudendo gli occhi per godersi le carezze della mano della sua groupie scendere lungo la mascella e poi sul collo. Si fermò lì per un momento, per poi risalire di nuovo ad intrecciarsi ai suoi ricci selvaggi.

Angie posò la fronte contro la sua, inspirando forte.

- Tu dai e basta, Slash – sorrise, rendendosi conto di essere molto più smielata di quanto non fosse mai stata probabilmente in tutta la sua vita – Dovresti essere un po’ più egoista –

Il giovane sorrise di sbieco, catturandole poi le labbra in un bacio avido ed eccitato. La mano che le teneva sul viso si spostò più in basso, carezzandole il collo e il seno, scorrendo poi per tutto il busto fino ad arrivare al basso ventre. Le sfiorò il monte di Venere per poi proseguire ancora più in basso e inserire due dita in lei. La groupie boccheggiò.

- Perché dovrei essere egoista? – chiese divertito ma anche ipnotizzato – Non c’è niente di meglio della tua espressione di questo momento –

- Io… - ansimò Angie, per poi arpionarsi con le unghie alle spalle di Slash quando sentì anche un terzo dito entrare in lei – La doccia. La doccia è meglio –

- Beh, perché no? – le disse, sollevandola con l’altro braccio dopo averle posato un bacio sulle labbra dischiuse – Mi avevi parlato delle piastrelle bianche, sono curioso di vederle –

E con un gesto secco aprì la tenda, intrufolandosi all’interno.



*



Deduco che questa gita fuori porta con Axl non sia andata giù a nessuno, ad ogni modo non era una cosa che avevo intenzione di prolungare. Quindi si è risolto tutto, almeno per ora. Stephanie ce la siamo levata dalle palle così, non avrei sopportato l'idea di scrivere di lei per più di tre capitoli. È già troppo. Accetto di buon grado le fucilazioni per aver interrotto di nuovo la faccenda sul più bello e non dico più niente. Ringrazio tutti per le recensioni e cose varie e mi ritiro. Pregate per il mio esame, ne ho bisogno.

Giuggi

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***




Capitolo 14



Bianco. Quell’hotel aveva i bagni piastrellati di bianco, un marmo così candido da risultare quasi accecante. Solo ogni tanto qualche venatura grigia disturbava quel candore che tanto contrastava con gli ansiti di quelle due anime affannate che popolavano la doccia. Tutto era un groviglio di mani, gambe e capelli e le goccioline di sudore venivano presto confuse con quelle dell’acqua che scorreva senza sosta sulle loro pelli calde e addossate l’una all’altra.

Angie aveva ragione: lui non sapeva fare altro che dare, dare e dare ancora. Sembrava bearsi dei suoi gemiti e perdersi in lei era l’unica cosa che contava, se poteva rimanere a guardare il suo volto stravolto dall’orgasmo.

Slash si muoveva freneticamente, i loro fianchi si scontravano ad ogni spinta ma non era ancora sicuro di essere arrivato abbastanza dentro di lei da esserne soddisfatto. Voleva solo che la sua groupie dimenticasse di essersi fatta fottere da Axl e ricordasse solo lui. Lui doveva essere la sua rockstar, non il rosso.

Quei pensieri lo sconvolgevano, non aveva mai creduto che sarebbe giunto a pensare delle cose simili, così… romantiche. Ma non era romanticheria, quella. Era egoismo, lo stesso che Angie gli consigliava di avere. Lui ce l’aveva già, perché voleva essere l’unico a farla urlare, a farla godere in quel modo.

E d’un tratto fermò i suoi movimenti, rimanendo con un braccio attorno ai fianchi della groupie e l’altra mano stretta a pugno contro il muro. Soffriva anche lui in quel momento, avrebbe voluto continuare a muoversi fino a scoppiare insieme, come succedeva sempre. Ma quella tortura serviva, doveva solo… capire. E mettere in chiaro le cose.

- Slash – sospirò Angie, sprofondando il capo nell’incavo del suo collo – Ti prego –

- Cosa? – le chiese, sollevandola per la nuca per lambirle ancora le labbra con la lingua. Il getto dell’acqua gli martellava una spalla ma non era abbastanza insistente da distrarlo dal punto che voleva raggiungere, da quel tunnel che non sapeva se avrebbe portato alla luce o al buio. Al baratro.

- Lo sai –

- Dimmelo – sorrise piano, deglutendo rumorosamente – Sono egoista –

Angie sorrise, esalando un sospiro tremante. Sarebbe impazzita.

- Muoviti – concesse, stringendo di più le gambe attorno ai suoi fianchi – Ancora

Slash sorrise, dando una spinta poderosa con i fianchi. La groupie spalancò la bocca e socchiuse gli occhi, sentendo il respiro venirle meno per quell’ondata di sensazioni inaspettate.

- Slash – lo supplicò in un mugolio disperato quando si rese conto che si era fermato ancora. Gli piantò le unghie sul petto solo per indispettirlo. Era completamente nelle sue mani, come se fosse stata di creta – Perché mi fai questo? –

- Non ti azzardare mai più – mormorò roco, trattenendole il volto per assicurarsi che la guardasse negli occhi. Dovevano mantenere il contatto, quello della pelle non era abbastanza. Voleva toccarla fuori e dentro. Voleva essere con lei, attorno a lei, in lei.

E poi lo accusava di non essere abbastanza egoista, roba da pazzi.

- A fare cosa? – gli domandò. Non era certa di voler sentire la risposta, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa purché lui continuasse a muoversi dentro di lei.

- A farti sbattere da Axl – confessò infine e con una buona dose di fatica, dando poi un altro colpo con i fianchi fino a spingersi in lei profondamente come le aveva promesso.

Questa volta un urlo strozzato proruppe dalla gola di Angie, che si trasformò in un sospiro frustrato quando realizzò che erano immobili di nuovo. Continuava a fermarsi, continuava a farla soffrire, l’avrebbe uccisa se avesse continuato in quel modo. Imprecò sottovoce, sentendo che la presa che aveva su se stessa stava inesorabilmente andando a farsi fottere. Giusto per restare in tema, insomma.

- Tu eri con Stephanie – sputò tra i denti. Non era giusto che quella vendetta di Slash la riducesse così, la rendesse così dipendente da lui, dai suoi gesti, dal suo corpo, dal suo calore.

- Non mi interessa – un’altra spinta, ma non ottenne in risposta nulla oltre ad un mugolio disperato: non aveva più la forza nemmeno di urlare – Yvonne mi è bastata –

- Io non sono la tua ragazza – sibilò Angie in risposta, spostando una mano dalla sua spalla per intrufolarla tra i loro corpi uniti. Tuttavia, Slash la intercettò quando le sue dita stavano solamente sfiorando la sottile striscia di peluria che portava proprio là dove voleva arrivare, e ricevette in cambio l’ennesimo sospiro frustrato. Cosa credeva quella maledetta, che anche lui non si stesse torturando come un fottuto stronzo facendo quella cosa? Ma ne aveva bisogno, dio se ne aveva.

- Sei la mia groupie – sbottò riprendendo a muoversi, ricevendo in risposta un nuovo urlo, questa volta ancora più sconvolgente del primo. Era un suono eccitante quasi quanto quello della sua chitarra, e sicuramente era indispensabile allo stesso modo, gli faceva rimbombare il cuore nelle orecchie con la stessa intensità – Sei quella che mi capisce. Sei quella che mi conosce –

Ad ogni frase i loro fianchi cozzavano sempre più velocemente, impazienti, insaziabili come le loro anime affini che sempre si cercavano. E sempre si trovavano.

- Sì – annuì Angie, soffocando un altro sospiro nel suo collo. Inspirò il suo odore, lasciando che i suoi capelli, aggrovigliati in decine di piccoli serpenti, le carezzassero il viso e le labbra, martoriate dai mille morsi che si era inferta in quell’ultima mezz’ora a causa delle torture a cui la sua rockstar l’aveva sottoposta.

In altre occasioni si sarebbe sentita onorata e magari avrebbe anche riflettuto molto di più su quelle parole, ma forse fu un bene che non vi stesse dando eccessivamente peso. Se le avesse mal interpretate, se avesse creduto di essere un gradino al di sopra di quello che era sempre stata allora il suo cuore avrebbe battuto più forte e avrebbe lasciato a briglie sciolte qualcosa che non era sicura fosse giusto e lecito provare. Se fosse stata padrona della sua mente si sarebbe rovinata da sola e ringraziò quella estenuante tortura per impedirle di realizzare la concreta portata delle parole della sua rockstar. E quella delle sue sensazioni, dei suoi sentimenti.

- Non ti azzardare mai più a farti qualcuno dei Guns che non sono io – rimarcò di nuovo, affondando in lei senza più un freno, senza più pietà e aspettando null’altro di raggiungere quella luce oltre il tunnel. Sì, perché ormai era abbastanza vicino da vederla, e preferì guardare il bicchiere mezzo pieno piuttosto che ammettere a se stesso di essersi sbilanciato riguardo ai suoi sentimenti per lei, per quella groupie con cui aveva un rapporto così… perfetto – Non sono più disposto a dividerti con loro -

Alzò gli occhi per guardarla e vide le sue labbra dischiuse ma piegate in un blando sorriso, come se fosse stata soddisfatta per qualcosa. Slash proprio non riuscì a capire per cosa potesse esserlo, oltre chiaramente al sesso, ma non resistette oltre a baciare quella bocca peccaminosa.

Ed esplose. Lo fece con un profondo gemito, le labbra ancora sigillate da quelle di Angie e gli occhi chiusi per l’intensità dell’orgasmo che aveva raggiunto.

Sicuramente era stato ripagato da quella orribile nottata in compagnia di… in quel momento non ricordava neppure con chi avesse passato la notte. C’era solo la sua groupie davanti a lui.

E si accasciò a terra, trascinandosi dietro il corpo morbido di Angie fino a seppellire il volto nei suoi seni, per ascoltare il battito frenetico del suo cuore che correva con la stessa velocità del suo. Ci sarebbero rimasti secchi prima o poi.

- Vuoi l’esclusiva? – domandò ad un certo punto la groupie, prendendogli il viso per guardarlo negli occhi. Ma le sue labbra morbide sembravano più invitanti, così si avvicinò per baciarle piano, con quella poca forza che le era rimasta. Adorava quella sensazione di spossatezza, nulla era meglio del sesso per svuotarle la mente dai problemi che si creava da sola.

- Sì – rispose Slash. Senza pensarci, senza giri di parole, fottendosene delle conseguenze. Come sempre, dopotutto. Loro non erano persone che pensavano al domani, altrimenti avrebbero risolto il loro casino evitando direttamente di crearlo, evitando di instaurare quel legame troppo complicato da cui non erano riusciti a fuggire – Voglio che tu sia solamente la mia groupie –

- Si può fare – concesse Angie con finta supponenza, riappropriandosi della propria sagacia una volta che il respiro le si fu regolarizzato. La consapevolezza di quello che avevano appena condiviso, forse ancora più a sensazioni che a parole, le piovve addosso come una secchiata gelida e tentò in ogni modo di riscoprire il loro rapporto per com’era sempre stato.

- Posso sempre cederti ad Axl in cambio di Jen – propose la rockstar, fingendosi offeso.

- Ad Axl o a Duff? –

- Questo è un problema – sbuffò divertito, scostando la tenda della doccia per poi portarla fuori in braccio – Ma, visto quel che è successo questa notte, preferirei cederti a Duff che ad Axl –

Camminava piano e in modo instabile, temendo forse di scivolare a causa dell’acqua che si era sparsa ovunque per il pavimento, bagnando anche gli abiti di Angie. Forse avevano un po’ esagerato.

- Lo immaginavo – sorrise la groupie, passando le braccia attorno al collo di Slash – Non sei un granché come principe azzurro, sai? –

- Meglio così – replicò con sicurezza – Non sarei affatto a mio agio con quella cosa… la calzamaglia! –

- Io dico di sì, invece – ridacchiò divertita, ammiccando spudoratamente in direzione del suo bassoventre mentre si mordicchiava un labbro – Sarebbe un ottimo panorama, ma mi accontenterò dei pantaloni di pelle –

- Sei perversa – allibì la rockstar, senza però sconvolgersi più di tanto. Sorrise, anche, sapendo che, dopotutto, se loro due erano così affini dovevano anche avere gli stessi difetti. Che poi, non era nemmeno sicuro che non fossero delle qualità, considerando quello che combinavano sotto le lenzuola. O in doccia. Sì, la doccia era il loro posto preferito.

- Non mi dici niente di nuovo, tigre – annuì Angie, rimanendo piacevolmente sorpresa quando Slash la posò a terra per avvolgerla con un candido e vaporoso asciugamano di spugna – Ti piaccio per questo –

- Ah, adesso mi piaci? – la punzecchiò, ridacchiando quando lo trascinò nel morbido abbraccio del suo enorme asciugamano.

- Da impazzire –

- E in base a cosa lo deduci? –

- Me lo stai dicendo tu – replicò con sicurezza, senza tuttavia nascondere quanto fosse divertita e compiaciuta dalla situazione – Con la tua ingombrante presenza contro il mio corpo –

- Scusami piccola, sono un caso perso – mormorò strabuzzando gli occhi, e la groupie quasi gli scoppiò a ridere in faccia per l’assurdità di quelle sue scuse – Ma tu... tu… -

- Io ti piaccio – decretò soddisfatta, alzandosi sulle punte per regalargli un rapido bacio a schiocco sulle labbra – Andiamo a sfogare i tuoi bassi istinti, potrebbe non dispiacermi affatto –

- Carina – Slash storse le bocca, sollevandola per portarla sul letto. L’asciugamano cadde ed entrambi si ritrovarono di nuovo nudi e perfettamente incuranti – Sopra o sotto? –

E pensare che le persone normali chiedevano se destra o sinistra.

- Come se fosse facile! – rise Angie, quando si trovò sdraiata sotto il corpo caldo della sua rockstar – Rotoliamo sempre come delle trottole –

- Facciamo un pronostico, allora – le propose, cominciando a baciarle il collo mentre premeva la sua ingombrante presenza contro l’interno coscia della sua groupie.

- Stai zitto e scopami, rockstar –

- Wow – si complimentò, lasciandole un lieve morso nel solco tra i seni – Non mi resta che acconsentire, piccola maniaca –

Inutile dire che, tempo della fine, ricordarsi chi fosse sopra e chi sotto fu proprio l’ultimo dei loro pensieri.



*



Salveeee!
Oddio quanto mi vergogno di questo capitolo xD Ho scritto cose ben più spinte, in effetti, ma credo di aver perso tutta la verve. In ogni caso, questo è per chi chiedeva che, per una volta, si concludesse qualcosa. Niente, spero vi piaccia e se non vi piace non voglio saperlo. Ahahah ok non è vero, ditemelo u.u
Ringrazio Lisa, una volta ogni tanto direi che è d'obbligo, perché mi lascia delle recensioni indecenti e perché... mi sopporta. Oddio, qualcuno lo fa x'D A preeeesto, tante coccole a tutti!

Giuggi 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***




Capitolo 15



- Vai a consolarlo – bisbigliò Angie, dando una gomitata secca nelle costole dell’amica che aveva di fianco.

Jen si limitò a scoccarle un’occhiataccia e non si mosse, ma si vedeva lontano un miglio quanto desiderasse correre da Duff, immusonito e tutto solo sul sedile appena dietro quello di Cooper. Erano appena partiti da Seattle e il bassista avrebbe solo voluto rimanere un po’ di più a fare baldoria con i suoi vecchi amici.

- Fatti gli stramaledetti cazzi tuoi, porca puttana! – rispose ad un certo punto Jen, stufa del gomito di Angie che continuava a pungolarla e farla contorcere.

- Questi sono cazzi miei, bambola – ribatté velenosa – Mi farete impazzire con questi sguardi fuggevoli e i sospiri languidi. Mi sembra di essere stata catapultata in quella nuova soap opera… The Bold and the Beautiful

- Com’è che sei sempre così aggiornata? – se Angie voleva giocare, allora avrebbe risposto a tono anche lei. Tutto per farle dimenticare all’amica l’argomento “Duff” – Non vi date abbastanza da fare, eh? -

- Faccio semplicemente zapping, mentre Slash si fa i fatti suoi – tergiversò la groupie, agitando una mano per non dover specificare nulla. Parlava dei concerti, certo, ma non solo di quelli. Sapevano entrambe che Angie doveva ammazzare il tempo soprattutto quando Slash si chiudeva le ore in bagno a farsi di ero, perché non poteva proprio sempre farsi insieme a lui solo per dimezzargli la dose. Rischiava di cadere nella sua subdola dipendenza ma, più che altro, rischiava di infastidire la sua rockstar e di compromettere tutto il loro rapporto - Non sono mica come te, che non fai altro che dormire –

- Forse dovresti, hai delle occhiaie indecenti –

La groupie arrossì lievemente, facendo vagare lo sguardo senza trovare il coraggio di alzare gli occhi per incrociare quelli vispi dell’amica. Non sapeva per quale motivo si sentisse in imbarazzo, dopotutto non era una novità che si desse alla pazza gioia con Slash. Eppure in quel momento il suo cervello decise di farle provare un’ondata di vergogna.

- Avete fatto i porci anche ieri sera? – allibì Jen incredula. Insomma, sapeva che fossero più o meno in attività costante peggio di due conigli, lo sapevano tutti e lo sentivano anche, ma non pensava che ci avessero dato dentro anche dopo che il riccio si era portato via la biondina dalla voce stridula.

- Ieri sera era con Stephanie – precisò infatti Angie, sbuffando al ricordo di quella rivoltante e presuntuosa ragazzina - Io ho dato questa mattina –

- E questa notte sei stata con Axl? –

- Già – annuì laconica, non sapendo che altro dire. Non aveva paura che Jen si potesse offendere, dopotutto il suo rapporto con il rosso era molto più superficiale di quello che lei aveva con Slash, e anche di quello che la stessa Jen aveva avuto con Duff.

- Sei di poche parole, mi sembra – insinuò curiosa, spalancando gli occhi scuri in modo quasi terrificante. Infatti si guadagnò un’occhiataccia preoccupata da Angie, che replicò un po’ traumatizzata.

- Che vuoi sapere? I dettagli? –

Jen scosse il capo, sospirando spazientita come se la reticenza dell’amica fosse paragonabile a quella di una bambina dell’asilo. Ma che diavolo aveva da nascondere, poi?

- Che ha detto Slash per averlo tradito con Axl? – sbottò a bassa voce.

- Ma sei fissata! – esplose anche Angie, abbassando subito dopo il tono,  rendendosi conto che Duff era sobbalzato per lo spavento - Non l’ho tradito, non stiamo insieme –

- Però ha detto qualcosa – insinuò di nuovo Jen.

- Perché questa certezza? –

- Perché non hai negato –

La groupie sbuffò, decidendo di vuotare il sacco per lo sfinimento. Continuare a fingere indifferenza avrebbe portato quella pazza psicopatica a metodi di investigazione inquietanti, e decisamente non aveva voglia di sperimentarli sulla sua pelle.

- Ha detto che non devo più andarci a letto, che sono solo la sua groupie – snocciolò esasperata, facendo pesare a Jen quella confessione obbligata - E levati quel sorrisino dalla faccia –

- Che ne sai che non pensavo ai cazzi miei? – chiese, mettendo su una faccia da schiaffi invidiabile.

- A Duff, magari? Non pensi mai ai cazzi tuoi quando c’è di mezzo un discorso su me e Slash –

- Ma lo faccio per il tuo bene – tentò di nuovo, aggiungendo anche un sorrisino angelico alle sue labbra. Un’espressione che proprio non le si addiceva, esattamente come ad Angie non si addiceva il suo nome.

- Lo fai perché sei pettegola e perché non vuoi pensare che sei nella merda peggio di me – le rinfacciò, sogghignando compiaciuta dalla sua abilità di rivoltare la frittata. Però era fin troppo facile con Jen, la sua curiosità le offriva mille occasioni su piatti d’oro, nemmeno d’argento.

- Smettila – ed eccola che arrossiva, facendo traboccare l’amica di malcelata soddisfazione.

- Ah, di me si può parlare ma di te no? – disse ancora Angie, per poi tirarle l’ennesima gomitata - Vai da lui, muovi quelle chiappe –

- No –

- Jen – la groupie divenne perentoria, abbandonando il sorriso. Era seria in quel momento, voleva davvero che la smettessero di fare i bambini. Non c’era nulla di male nel portarsi la ragazza in tour, non costituiva tutte quelle distrazioni di cui millantava Axl. Lo sapevano che lo faceva per il bene della band, perché sfondare e mostrare al mondo la propria musica a muso duro era quello che più volevano al mondo, ma non c’era solo quello. Prima di essere rockstar erano persone, e tutte le persone presto o tardi smettevano di accontentarsi di un po’ di sesso che scaldasse le ossa. Magari, chissà, alcuni desideravano anche qualcuno che scaldasse il petto.

Jen roteò gli occhi, voltandosi a guardare Duff. Deglutì rumorosamente e, con lo sguardo spalancato dall’angoscia, si alzò diretta verso il biondo. Ad Angie quasi cascò al suolo la mandibola, incredula che, per una volta, l’amica l’avesse ascoltata, e voltò il capo verso la sua rockstar, scoprendolo sveglio e con lo sguardo puntato su di lei. Gli sorrise appena, inclinando il capo.

- Che confabulavate? – le domandò sottovoce, e la groupie dovette indovinare le sue parole dal movimento delle labbra, perché il rombo del motore copriva tutti i sussurri.

- Voleva sapere i dettagli delle nostre scopate – replicò con lo stesso tono, ricevendo in risposta un sorriso compiaciuto. Non era proprio vero che Jen volesse sapere quello, ma non poteva certo dirgli come stavano davvero le cose. E poi gli uomini non avevano mai conosciuto i dettagli dei discorsi tra donne.

- Interessante –

- Non glieli ho detti, comunque – Angie si sentì in dovere di specificarlo, alzandosi poi per avvicinarsi a Slash. Gli si sedette in braccio, e la rockstar ne approfittò subito per posarle una mano sulla nuca e attirarla a sé in un bacio. Niente di che, fu un semplice e morbido sfiorarsi di labbra, e se l’avesse visto Axl sicuramente si sarebbe fatto un sacco di paranoie per l’elevata dose di dolcezza. Ma quei due non si facevano tutti quei problemi, avrebbero anche potuto passare le ore solamente a baciarsi in quel modo se non ci fosse stato nulla ad innescare la libidine.

Quando si allontanarono un po’, voltarono lo sguardo per sbirciare la coppietta seduta sul primo sedile e scoprirono, con enorme disappunto e incredulità di entrambi, che erano sì seduti vicini, ma anche che si stavano ignorando con una stupefacente faccia tosta. Insomma, non si parlavano da più di due settimane ma l’unica cosa che riuscivano a fare quando finalmente Jen trovava le palle di annullare la distanza di sicurezza che si erano imposti era stare seduti vicini. In religioso silenzio.

- Sono due teste di cazzo – soffiò allibito Slash, per poi sogghignare in direzione della sua groupie – Piccola, mi verrebbe voglia di sbatterti sul sedile per far vedere loro cosa dovrebbero fare –

- Ogni scusa è buona per sbattermi sul sedile, mi sembra – replicò Angie divertita, notando come, però, le mani della sue rockstar fossero placidamente posate sui suoi fianchi senza alcuna intenzione di ribaltarla e dare spettacolo.

- Ci puoi scommettere – il suo sorriso sornione gli fece guadagnare un altro bacio, approfittando del fatto che Jen fosse impegnata a guardare Duff e non potesse vederli – Stai cercando di farti perdonare qualcosa, per caso? –

- Se volessi farmi perdonare mi basterebbe inginocchiarmi e usare la bocca – lo provocò carezzando con una mano tutto il suo petto fino alla cintura.

- Lo sai che non mi piacciono i pompini sul bus – sbuffò, nonostante ci stesse seriamente pensando – Il ronzio del motore mi deconcentra -

- Lo so – ridacchiò la groupie – Ma perché mi hai fatto questa domanda? -

- Così… chiedevo – Slash si strinse nelle spalle, le labbra strette nel tentativo di trattenere un sorriso – Mi sembri un po’ dolce

- Solo per un paio di bacetti? Se vuoi la smetto subito, basta solo dirlo –

- No – replicò la rockstar, talmente in fretta da far sorridere Angie – Non ho detto questo –

- Allora ti piacciono le coccole, tigre? – mormorò e si avvicinò di nuovo, baciandogli piano una guancia per poi definire la linea della sua mandibola con le labbra. Continuò per alcuni minuti, e presto dalla gola di Slash proruppe un mugolio di apprezzamento – Sì, decisamente. Fai anche le fusa –

- Se non la smetti ti ribalto davvero contro un sedile e svegliamo tutti – la minacciò, forse cercando di nascondere l’imbarazzo.

Ma che c’era poi di male se per una volta si mostrava un po’ più umano e meno bestia? Non che la bestia le dispiacesse, decisamente. Ma aveva scoperto di apprezzare molto anche il suo lato più impacciato, tenero. Da cucciolo, ecco.

La groupie si preoccupò per i suoi stessi pensieri e decise che doveva smetterla. Dovevano fare qualcosa o sarebbe finita a comportarsi da fidanzatina, ed era decisamente l’ultima cosa che desiderava fare. O essere.

- Qui ci vuole un po’ di movimento – decretò ad un certo punto, ignorando la provocazione di Slash, che sembrò quasi esserne dispiaciuto.

- Sveglierai i ragazzi, dai – le fece notare – E Axl è stanco –

- Axl è più sveglio di me e te – sbuffò Angie, alzandosi per infilare il capo nel piccolo stanzino sul retro del bus – A meno che quella sigaretta non si stia fumando da sola. Andiamo, frontman. Vedo il fumo che galleggia per aria –

- Uh, mi hai beccato – le disse il rosso, bloccandola sul posto con uno sguardo gelido – Adesso cosa mi fai? –

- Te la spengo in fronte se non la pianti di fare il coglione – sibilò piccata – Smettila di tenermi il muso perché te l’ho data una sola volta –

- E cosa vorresti? – le chiese quindi, il tono leggermente più mite nonostante le labbra strette in una smorfia furiosa.

- Vieni di là a cantare, lo sai anche tu che dobbiamo fare qualcosa per Jen e Duff –

Angie si sedette sul cuscino di fianco al rosso, cercando di deporre le armi. Dopotutto, pungolare il suo orgoglio non sarebbe servito a nulla. Anzi, sarebbe stato solamente controproducente.

- Cosa? – allibì Axl, incredulo per quella richiesta ridicola.

- Axl, sii serio – disse la groupie. Già solo il fatto che lei, un’estranea ai Guns, glielo stesse dicendo forse avrebbe dovuto far risuonare un campanello d’allarme nella sua adorabile testolina rossa, ma doveva convincerlo ad alzare il culo, non poteva anche fargli aprire gli occhi – Duff ha la testa per aria da un bel pezzo. Se quei due chiarissero forse suonerebbe anche meglio. Ti troveremo un’altra groupie, dai –

In risposta ricevette uno sbuffo seccato ma, se non altro, la seguì.

- E sia -



*



Seraaaa!
Teoricamente non avrei dovuto pubblicare stasera, ma visto che ho il cervello incasinato devo trovare un modo per pensare a qualcos'altro xD Questo capitolo è molto inutile e molto fluff, ma mi serviva per prepararvi al prossimo u.u Sarà una cosa seria u.u Niente, stanotte ho sognato una porcata assurda e quindi adesso me ne torno a scrivere perché è stata un'ispirazione meravigliosa. Santo (?) Slash che mi fa sognare queste cose!
Ok,
ringrazio tutti per le recensioni, le preferite, le seguite e simili, e mi eclisso su word. A presto :3

Giuggi 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


16



Capitolo 16



Axl fischiettava indisturbato, mentre Slash e anche Izzy suonavano le loro chitarre acustiche.

Era un colpo basso in piena regola quello, ma Angie aveva deciso che era stufa di guardare quei due rincorrersi con gli occhi e non muovere un passo l’uno verso l’altra. Insomma, era stufa davvero quella volta e li avrebbe portati ad un fottuto punto, volente o nolente.

- Shed a tear ‘cause I’m missin’ you – cantarono tutti insieme - I’m still alright to smile

Patience non era ancora stata incisa in nessun album ma loro l’avevano lì e la adoravano. Era diversa, e Izzy ne era particolarmente orgoglioso.

Inoltre, era spudoratamente perfetta per Jen e Duff. Se non avessero saputo con certezza il periodo in cui era stata composta, avrebbero giurato che l’avesse scritta il bassista tutto da solo in una di quelle due settimane di esilio dalla sua bella.

- Girl, I think about you every day now – Axl si portò una mano al cuore mentre pronunciava quelle parole e subito dopo strizzò un occhio a Angie, che mimò di battergli un cinque al volo.

La groupie sorrideva: era felicissima di essere riuscita a convincere il rosso. Sapeva che, dopotutto, lui voleva solo il bene dei suoi compagni, anche se molto spesso riusciva a dimostrarlo nei modi sbagliati. Ma, con il suo aiuto, forse sarebbe riuscito a fare davvero qualcosa di buono. E si sarebbe anche divertito nel frattempo. Che volesse ammetterlo o no.

Proprio in quel momento Duff irrigidì la schiena e si voltò verso di loro, fulminando con lo sguardo tutti. Anche Gilda che non faceva altro che guardare Steven suonare i suoi piccoli bonghi rubati. Anche Izzy che suonava la chitarra e canticchiava senza alzare lo sguardo dalle sue sei corde.

- Was I time when I wasn’t sure – cantava anche Slash, dio se cantava. Ci metteva l’anima in quelle parole e nemmeno lui sapeva il perché, sapeva solo che voleva aiutare uno dei suoi migliori amici a tirarsi fuori dal casino con la sua donna. Perché le donne erano sempre un casino, soprattutto quelle che entravano sottopelle e riuscivano persino ad imporsi nella testa insieme al suono della chitarra. Per avere una mente libera la musica sarebbe dovuta essere al di sopra di tutto, senza intrecciarsi alle sensazioni di chi la suonava. Ma sarebbe stata una musica di merda se non avesse toccato l’anima, e allora forse era meglio fottersi per una donna piuttosto che fare la fine di non provare più niente nemmeno grazie alla musica. La musica era tutto, lo era sempre stata - But you set my mind at ease -

Angie lanciò uno sguardo a Jen e si rese conto che la sua amica era un po’ troppo rigida sul suo sedile. Lei e Duff non si guardavano, facevano di tutto per evitare di incrociare gli occhi dell’altro ma qualcosa impediva loro di alzarsi e allontanarsi. Forse erano solamente allibiti, o forse chissà.

- There is no doubt, you’re in my heart now

La verità era che ci voleva una canna. Una torcia olimpica, come la chiamava Duff. Ma Duff non era reperibile in quel momento, il suo cervello cercava solamente di trovare il più in fretta possibile un metodo per uccidere i suoi compagni con annesse groupie, perché sapeva che l’idea era partita da quella stronza che se la faceva con il riccio.

- Said, woman, take it slow – sussurrò Slash nell’orecchio di Angie, facendole strabuzzare gli occhi. Sentì le guance scaldarsi un po’, ma ringraziò di avere i capelli suoi e della sua rockstar a nasconderla dalla vista dei suoi occhi neri - It’ll work itself out fine

Non la nascose però allo sguardo di Axl, che non smise di cantare ma riuscì comunque a riservare loro un’occhiataccia. Si sentì preso in contropiede: lui si stava prestando a fare quella cazzata perché sapeva che Angie aveva ragione quando diceva che Duff aveva la testa per aria da quando aveva rotto con Jen, ma non era dell’idea che Slash sarebbe stato più produttivo se avesse avuto una donna per quella sua testa riccia. Anzi, forse per farlo concentrare appieno nella sua musica non avrebbe dovuto avere nessuna groupie fissa, ma l’aveva realizzato quando ormai erano già partiti, e non era ancora così stronzo da cacciare una ragazza a centinaia di chilometri da casa sua.

- All we need is just a little patience – sospirò il rosso, forse tentando di convincere anche se stesso.

- Said, sugar, make it slow – Jen si voltò in quel momento, beccandosi in pieno un occhiolino da parte della sua perfida amica. Gonfiò le guance, tentando di trattenere l’ira che le attanagliava le viscere, e i suoi occhi si inumidirono di stizza. Non poteva credere che lo stessero facendo davvero - And we come together fine -

- All we need is just a litt… -

- Coop, ferma questo catorcio – sibilò improvvisamente la groupie, alzandosi in piedi sotto lo sguardo annichilito e mortificato di Duff.

Si stavano avvicinando ad una piccola stazione di servizio, c’era un benzinaio e anche qualcosa che sembrava una tavola calda o, perlomeno, un bar. Qualcosa con tracce di vita, insomma.

- Ma non posso, piccola – provò a protestare l’autista, indicando poi il solito autobus nero e lucido davanti a loro di un centinaio di metri – Li perderemo –

- Ferma questo cazzo di autobus o rompo il vetro e mi lancio giù – sbottò di nuovo, furiosa come nessuno di loro l’aveva mai vista. I suoi capelli sembravano persino più spettinati.

Così Cooper, a malincuore, dovette accostare, sperando almeno che le pompe della benzina non fossero guaste com’era già capitato. Sul bus, intanto, era sceso un gelido silenzio. Non vibrava più nessuna corda e i presenti avevano quasi paura di respirare.

Jen scese come una furia, camminando senza destinazione ma con il solo intento di allontanarsi da quella massa di deficienti che non sapevano farsi i cazzi propri.

- Forse dovresti andare a parlarle – ipotizzò Izzy, lanciando uno sguardo contrito ad Angie. Eccolo che già si sentiva in colpa; come diavolo faceva ad essere sempre così altruista?

- Credo che debba andarci Duff – rispose la groupie, prendendosi in risposta uno sguardo assassino dal biondo e uno ammirato da Slash, per il coraggio che aveva avuto a rivolgersi a qualcuno il cui umore, probabilmente, non era molto diverso da quello di Jen.

- Cosa? – sbottò infatti il bassista – Angie, guarda che casino hai combinato! Se ti facessi i cazzi tuoi per una volta, forse… -

Angie, nel frattempo, si era alzata e, mentre Duff parlava, si era avvicinata a lui fino a rifilargli un sonoro ceffone che quasi rimbombò per la cabina dell’autobus.

- Io sono stufa di vedervi piangervi addosso solo perché non avete i coglioni di guardarvi in faccia – esplose furiosa – Duff, sei innamorato pazzo. E credi che Jen sia da meno? Avete troncato ogni rapporto solo perché avevate paura di una relazione ma questa che state facendo adesso non è altro che una fottuta sceneggiata e ti ci manderò a calci in culo da Jen se non avrai le palle di andarci con le tue cazzo di gambe lunghe. Mi hai capita? –

Nessuno l’aveva mai vista così seria, eppure ne furono colpiti in positivo. Duff la guardava come se avesse appena visto un fantasma, e Angie non fece altro che stizzirsi ancora di più: il fatto che seguisse in tour cinque teste di cazzo con in corpo più alcol che sangue non significava che fosse una cretina senza cervello. Il cervello ce l’aveva e lo sapeva usare anche meglio di quei due, perché c’era un limite a tutto, anche ai sospiri languidi.

Il biondo non replicò, rimase a guardarla mentre, dopo quella sfuriata, cercava di regolarizzare il respiro. Era furiosa, forse ancor più di Jen e quella situazione rinsaldò la convinzione che aveva riguardo ai lati negativi del far arrabbiare le donne.

Eppure…

- Ti devo una birra – sospirò infine, schioccandole un rapido bacio in fronte e correndo a perdifiato per raggiungere la sua bella che, nel frattempo, era già sparita chissà dove.

- Mi devi almeno cento dollari, stronzo – sbuffò Angie a bassa voce, scuotendo il capo mentre tornava a sedersi in braccio a Slash.

- E poi sono le donne quelle che cambiano idea ogni cinque secondi – allibì invece Gilda, schiaffandosi una mano in fronte.

- Lascia perdere, Gil – ridacchiò la groupie, ammettendo per una volta che avesse ragione – Gli uomini sono ancora più complessati di noi –

- Vorrei farvi notare che siete in netta minoranza su questo autobus – commentò placidamente Slash, intrufolando le dita sotto la maglietta di Angie.

- Stai zitto, tigre – rispose quella, alzandosi di nuovo in piedi – Legati quei capelli e andiamo a spiare i piccioncini –

- Tu dai dei piccioncini a loro? – rise Steven, presto imitato da tutti gli altri.

- E perché mi devo legare i capelli? – chiese invece Slash, facendosi trascinare per un braccio giù da quel vecchio catorcio annebbiato dal fumo delle loro sigarette.

- Perché sembri un cespuglio – rispose la groupie, ignorando la stoccata del batterista.

- Mi mimetizzo meglio, no? –

- Slash, qui è tutto cemento –

- Sposati! – li sbeffeggiò ancora Steven, e Angie si voltò per dedicargli un meraviglioso dito medio.

Prese di nuovo la sua rockstar per il gomito e si nascosero dietro un pilastro del benzinaio. Di Duff e Jen nemmeno l’ombra, così si avvicinarono al bar, nascondendosi di nuovo come potevano. I due fuggitivi erano sul retro, nascosti da una pila di bancali in legno, mezzi sfasciati probabilmente a causa della malagrazia con cui i proprietari li accatastavano là fuori. Si nascosero dall’altra parte, rimanendo in silenzio per sentire cosa si stessero dicendo.

- Ma non capisci, Duff? – stava sbottando Jen, palesemente esasperata ma anche dispiaciuta – Non sei tu, è questo tipo di vita, quello che succede, la sicurezza che non potrei mai avere –

- Vorrei farti notare che anche tu fai parte di questo tipo di vita, sei una groupie – replicò Duff con lo stesso tono – Ti fai sbattere da Axl tutte le sere e io ti sento urlare mentre lui ti fa godere –

- Ma è diverso! –

- Non è diverso per un cazzo, Jen – il biondo la prese per le spalle, guardandola fisso negli occhi – Se tu fossi la mia ragazza non avrei bisogno di andare a cercarmi nessun’altra. Avrei te, e credimi quando ti dico che mi basterebbe –

- Slash – sussurrò intanto Angie – Stai fermo, mi distrai –

La rockstar stava premendo la sua groupie contro i bancali, muoveva i fianchi sui suoi e le riempiva la nuca di baci.

- Mmmh – replicò in risposta, allungando anche una mano fino ad intrufolarla sotto la maglietta di lei, per carezzarle il ventre – Credi che ci sentirebbero se… -

- Sì – sospirò, sbattendo gli occhi per riprendere lucidità – Stai zitto e fermo. Devo sentire –

- Ma piccola – protestò – Voglio vedere se questa massa di legno reggerebbe… -

Interruppe il suo fiume di cazzate per strabuzzare gli occhi e spalancare la bocca: Jen piangeva ma lei e Duff erano avvinghiati in un bacio epico, in stile film anni ‘50. Una cosa vergognosa.

- Non è che verranno loro a scopare contro questi bancali? – ipotizzò Slash.

Angie si morse la lingua per non scoppiare a ridere. La sua rockstar sapeva davvero essere ridicola quando ci si metteva. E poi, d’accordo, era una domanda idiota ma anche i soggetti in questione non è che fossero proprio delle persone a posto.

- Chissà – risposte infatti – Torniamo dagli altri, eviteremo di scoprirlo -



*



Stappiamo le bottiglie, facciamo un party tipo il pranzo di matrimonio di November Rain perché questi due ce l'hanno fatta :')
Sicuramente l'avevate già capito dall'inizio, visto che ho cambiato l'immagine (non mi piace, l'ho rifatta tipo mille volte ma quei due insieme proprio non riuscivo a metterceli... per non parlare di Angie e Slash, quelli non ci provo neanche perché so che non ci riuscirei u.u). Comunque, ehm, io mi sento scema a fare le note così lunghe ma di parlare poco non sono capace. E poi devo dirvi di leggere questa storia, è della mia santissima (? non ci crede nessuno) beta e mi rode davvero vedere così tanti zero zero zero, soprattutto perché è piena di immagini e bella e... non si può catalogare in niente. Alla gente piace leggere facile e io non lo sopporto. Vi prego, andate a farci un giro T.T Vi ringrazio, per le recensioni e tutto il resto e stavolta anche per l'attenzione. È davvero importante. A presto, tante coccole!

Giuggi 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***




Capitolo 17

 


Dopo quella piccola parentesi alla stazione di servizio, in cui si erano improvvisati spie federali, Angie e Slash erano tornati di corsa sull’autobus, dove gli altri componenti della band li aspettavano curiosi e avidi di informazioni riguardo ai piccioncini in fuga. Tranne Izzy, lui si era rimesso a dormire perché non gli importava troppo impicciarsi dei fatti altrui. Axl era indecifrabile, naturalmente, poiché non era ancora convinto di aver fatto la cosa giusta per il bene del suo gruppo e del suo bassista. Sperava solo che quella groupie non gli spappolasse il cervello perché a quello ci pensavano già la birra e la vodka, e una distrazione in più non era affatto richiesta.

Tuttavia, nei giorni successivi sembrò proprio che Duff fosse tornato in sé: suonava meglio di quanto avesse mai fatto e metteva un grandissimo impegno in ogni cosa, anche soltanto quando doveva rollare le canne. Quelle erano le famose torce olimpiche che gli piacevano tanto e che i ragazzi avevano imparato ad apprezzare quando l’avevano conosciuto.

Jen, inutile a dirlo, era al settimo cielo. Continuava a spacciarsi per una groupie, ma non usciva praticamente mai dalla camera del suo uomo e persino un estraneo si sarebbe accorto che era impegnata. Solo lei faceva finta di nulla ma non sarebbe potuta durare per sempre, non era l’unica donna in quel gruppo e c’era qualcuno con un sacco di voglia di punzecchiare il prossimo.

- Mi annoio – le rinfacciò una sera Angie, mentre come al solito aspettavano i ragazzi di ritorno dal concerto. Certo, avrebbero preferito aspettarli nel backstage per accoglierli pieni di adrenalina e completamente fradici ma sembrava che alcuni tecnici si fossero lamentati della loro molesta presenza. Probabilmente quel tale, Luke, era rimasto traumatizzato dalle due groupie quel giorno in cui l’avevano trascinato in giro per Edmonton. Però che colpa ne avevano loro se i Cult assumevano gente facilmente impressionabile?

- Vai da Slash, sfilagli la chitarra e scopatelo – le consigliò Jen, sorridendo alla vodka nel suo bicchiere perché, molto probabilmente, le ricordava Duff.

- Non parlo di quello, bellezza. Smettila di fare la ninfomane assatanata – rispose piccata, roteando gli occhi con esasperazione – Parlo dell’ameba che sei diventata da quando tra te e Duff va tutto a gonfie vele –

- Vorrei ricordarti che sei stata tu ad aver fatto tutto quel casino per farci riappacificare… –

- Infatti non parlo di questo –

- …e vorrei approfittare di questo momento per dirti che non ho apprezzato i metodi – blaterò convinta, ignorando forzatamente la voce di Angie che interrompeva la sua filippica.

- Ma smettila, non ci crede nessuno – la riprese l’amica, dandole un leggero spintone che la fece quasi sbilanciare giù dall’alto sgabello del bancone.

- Lascia perdere – sbuffò seccata Jen, agitando una mano come a scacciare una mosca - Comunque, che intendevi allora? –

- Sei diventata noiosa – la prese in giro elencando poi tutte le cose che le stavano proprio sullo stomaco – Hai sempre la testa fra le nuvole, non parli più, continui a sorridere, hai sempre addosso le magliette di Duff, quando sparisci nella tua camera non ti si vede più quasi per giorni e ti si sente solamente urlare come una pazza invasata in preda ai tuoi orgasmi –

Jen sorrise vittoriosa, forse rendendosi conto di aver raggiunto il suo obiettivo amoroso o, forse, per un’altra cosa. Più precisamente, per l’abilità di Angie di mettersi nei casini da sola.

- Io ho sempre addosso le magliette di Duff, quando sparisco nella sua camera non mi si vede più quasi per giorni e mi si sente solamente urlare come una pazza invasata in preda ai miei orgasmi – Jen fece eco alle parole dell’amica, accompagnando tutto con un ampio sorriso che fece ghiacciare il sangue nelle vene alla groupie che le stava di fronte. Aveva capito fin troppo bene dove stesse cercando di andare a parare, la maledetta. E si insultò mentalmente per averle concesso una vittoria così facile.

- Io e Slash siamo diversi, non abbiamo fatto tutte le vostre scenate e… - rispose infatti, forse agitandosi un po’ più del dovuto. Ma il sorriso sornione di Jen la mandava in ansia, così come il suo sguardo alla maglietta bianca di Slash su cui campeggiava la scritta “If you don’t like oral sex keep your mouth shut”.

- Rilassati, Angelica – la prese in giro interrompendo il suo fiume concitato di parole – Stavo solo rielaborando quello che mi hai detto. Il fatto, poi, che tu abbia sempre addosso vestiti di Slash e tutto il resto è una pura e semplice coincidenza –

- Hai passato troppo tempo con Axl – la accusò Angie, ricevendo in risposta una risata sguaiata.

- Per fortuna che abbiamo rimediato, allora –

Duff apparse dal nulla, passando un braccio introno al collo della sua groupie e facendo spaventare entrambe.

- Possibile che abbiate sempre questo vizio del cazzo di arrivare alle spalle della gente? – sbottò Angie, saltando nuovamente per aria quando sentì due braccia decise circondarle i fianchi.

- Dicevi, piccola? – rise anche Slash, sbucando fuori allo stesso modo del suo altissimo amico.

- Morirò giovane – sospirò, socchiudendo gli occhi per godersi le labbra della sua rockstar percorrere il suo collo dal basso verso l’alto e viceversa. Il suo alito caldo s’infrangeva sulla sua pelle riempiendole la schiena di brividi. Era possibile che riuscisse ad eccitarla solo respirando?

- Interessante – mugugnò in risposta – L’ultima volta che ti ho sentita dire una frase del genere ti stavo trascinando in doccia per una scopata del buongiorno –

- Una cosa proprio mai vista, insomma – lo prese in giro Duff, allontanandosi per un momento dalle labbra di Jen.

- Ma tu mentre ti limoni la tua donna devi ascoltare i cazzi miei? – sbottò Slash, provocando le risate delle due groupie.

- Ormai ci ho fatto l’abitudine – replicò sagace il biondo, ammiccando in direzione del compagno – Quando fai urlare Angie sono obbligato a farmi i cazzi tuoi, e adesso ci ho preso gusto –

- Prendetevi una stanza – mugugnò burbero, sorridendo poi quando sentì la sua groupie soffocare le risate nascondendosi nel suo collo.

- Ce l’abbiamo già – ribatté anche Jen, avvolgendo le gambe attorno ai fianchi di Duff.

- Usatela allora – li incitò anche Angie, lanciando un’occhiata alla loro posizione.

Sembravano proprio due coppiette, tre se si contavano anche Gilda e Steven che probabilmente erano già tornati in albergo a darci dentro. O magari in qualche vicolo solo per il gusto del rischio. Ad ogni modo, chiunque si sarebbe accorto che tra Slash e Angie c’era qualcosa. Chiunque tranne le ragazze che puntavano il chitarrista. Quelle c’erano sempre ed erano spudorate ancor più delle idee perverse che prendevano Angie sotto la doccia.

- Scusate – disse una tizia, interrompendo le risate dei quattro – Voi due state insieme? –

Slash guardò la sua groupie, e la groupie guardò la sua rockstar. Loro due stavano insieme?

- No – risposero all’unisono e con tranquillità disarmante, senza però accennare minimamente a lasciare la presa delle proprie mani intrecciate.

Jen e Duff rotearono gli occhi, increduli per la sicurezza della loro risposta. Insomma, era palese che non fosse vero, ma i diretti interessati continuavano a credere che tra loro ci fosse solo del sesso. Il sesso c’era, per carità, era anche tanto e lo sentivano tutti, esattamente come tutti vedevano anche che ci fosse dell’altro. Com’era possibile che non si chiedessero perché Axl si faceva così tante paranoie a riguardo? Erano completamente ciechi.

- Quindi – continuò quella, assottigliando gli occhi con fare pensieroso – Se io volessi provarci con Slash potrei farlo –

- Sì – annuì Angie serafica – Ma dovresti vedertela con me –

- Ma hai detto… -

- Lo so cosa ho detto, ma mi stavo già pregustando una bella nottata selvaggia con questa tigre dai capelli ricci e ho intenzione di mettere in atto ogni porcata che ho progettato –

Slash stava bevendo dal bicchiere della sua groupie, peraltro di nascosto perché lei stava parlando con la tizia sconosciuta e gli dava le spalle, e ci mancò davvero poco che sputasse tutto. Sentì un brivido di eccitazione corrergli lungo la schiena all’udire quelle parole, ma il desiderio non superò lo sconvolgimento di aver scoperto che voleva marcare il territorio. Non che a lui dispiacesse farsi lei piuttosto che le altre, anzi ne era ben contento come già le aveva detto, ma era stata la stessa groupie ad insistere perché non smettesse di andare a caccia. E ora aveva cambiato idea?

- Angie, piccola… - le disse infatti, provando ad esternare i suoi dubbi.

- Lo so cosa vuoi dirmi – sogghignò Angie in risposta, dandogli un buffetto sulla guancia – Ma l’altro giorno, in doccia, sei stato molto chiaro riguardo alle mie libertà e non mi piacerebbe affatto annoiarmi mentre tu ti dai alla pazza gioia. La notte non è fatta per dormire –

- D’accordo – s’intromise di nuovo la ragazza – Vuoi giocartela? Giochiamocela –

- Mi piaci – si stupì la groupie – Se anche dovessi perdere, sicuramente sei meglio delle ultime conquiste di Slash e non verrei a rompervi le uova nel paniere –

- Tanto meglio. Gara di bevute? –

Angie inarcò un sopracciglio: aveva bevuto tutto il pomeriggio e sicuramente quella tizia vedeva le sue guance arrossate e i suoi occhi lucidi, e tentava di giocare d’astuzia. Beh, chi era lei per tirarsi indietro?

- Mi sembra un’ottima idea… -

- Evan, mi chiamo Evan – disse la tizia, stringendo la mano che la groupie le aveva allungato.

Sedettero al bancone, sempre sotto lo sguardo sconvolto di Slash che proprio non si capacitava della cazzata che stava avvenendo davanti ai suoi occhi. Fu anche incaricato di tenere il conto, ma sapevano benissimo anche loro che l’avrebbero tenuto da sole. La posta in palio era troppo alta.

Iniziarono con un bicchiere, naturalmente di Jack, che venne svuotato in meno di un battito di ciglia. La stessa fine fecero un secondo e anche un terzo. E un quarto. Quando ebbero davanti per la quinta volta il bicchiere pieno Slash non resistette, prendendo entrambi e scolandoseli con la stessa loro rapidità.

- Slash – protestò Angie, incespicando leggermente con la lingua – Non ti intromettere –

- Scusami, piccola – borbottò con un sorriso di scuse – E scusami anche tu, Evan. Ma proprio mi mettete un’ansia terribile e ho agito d’istinto –

E una pausa non avrebbe fatto loro male, tra l’altro.

Ma la sua groupie non sembrava dello stesso parere perché fece di tutto per accelerare. Scolò i cinque bicchieri successivi con una semplicità disarmante, come se fossero stati acqua. Evan la guardava un po’ preoccupata ma dovette stare al suo passo se voleva vincere. Tuttavia, giunta al nono bicchiere, abbassò lo sguardo con aria schifata e decretò che non sarebbe riuscita a berlo, a meno che non avessero voglia di vederla vomitare.

- Stai dicendo che getti la spugna, dolcezza? – chiese Angie, reggendosi il capo con una mano. Se non avesse bevuto come un’alcolizzata anche prima dell’arrivo dei ragazzi allora non sarebbe stato affatto difficile reggere quei nove bicchierini di amore, ma il suo stomaco non avrebbe retto a lungo. Per quello voleva fare in fretta, per avere la possibilità di infilarsi due dita in gola e buttare fuori tutto. Anche se un po’ le dispiaceva spendere dei soldi per qualcosa che poi sarebbe finito dentro ad un cesso. Ma voleva essere in grado di scoparsi la sua rockstar, una volta tornati in hotel, perché Slash era decisamente la priorità in serate come quella.

- Sì – gemette Evan, ciondolando con il capo per poi decidere che appoggiarlo al bancone sarebbe stato molto meglio.

Angie sogghignò, assaporando la vittoria. Fantastico.



*



Buonsalve!
Sono un po' fatta per lo studio intensivo di cose che non stanno né in cielo né in terra, quindi probabilmente dirò cazzate. Ok che le dico sempre, ma stavolta sono un pochino giustificabile. QUI c'è Evan, che è anche troppo bellina per il ruolo che ricopre, ma pace. Nel prossimo capitolo dirà un sacco di cose fighe che, tipo, smuoveranno l'ormone di Angie e quindi fa anche bene ad essere così gnocca :3 Ma stendiamo un velo pietoso, lo scopriremo prossimamente. Nulla, ringrazio tutti come al solito. Siete sempre troppo djceoigdjv :3 A presto!

Giuggi 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***




Capitolo 18


 

- Angie, piccola… - la chiamò Slash, vedendola ondeggiare verso il bagno – Dove vai? –

- A vomitare – rispose secca e, vedendo l’espressione stupita di Slash, continuò – Il fatto che il mio stomaco riesca a tenere giù litri e litri di alcol non significa che il resto del mio corpo sia bendisposto a sopportarlo –

- Non andrai in coma etilico, dai – provò a tranquillizzarla, attirandola a sé per seppellire il volto nei suoi capelli – Rimani qui con me –

- Non andrò in coma etilico ma cadrò addormentata molto prima di averti fatto qualche servizietto di quelli che ho in mente – Angie rise divertita della sua mancanza di filtri, o forse rise solamente per colpa della sbronza che la governava – E poi non ti sto abbandonando, torno subito –

- Allora ti accompagno –

- Hai paura che degli avvoltoi vengano a reclamare la tua carne? – lo prese in giro, lasciandogli sul collo un bacio umido al sapore di Jak Daniel’s.

Lo sguardo spaurito di Slash la fece scoppiare a ridere di nuovo: faceva sempre lo spavaldo ma la verità era che vedere due donne fare una gara di bevute per vedere chi avrebbe dovuto scoparselo lo aveva mandato letteralmente in panico. Lui era abituato a farsi Angie e gli andava anche bene così, non aveva bisogno di cercarsi nessun’altra perché scoprire nuovi corpi non gli interessava. Quello della sua groupie era così fottutamente morbido che non ne avrebbe mai trovato un altro uguale. E poi quella pazza era completamente… beh, pazza. Aveva una fantasia così perversa che avrebbe potuto rivaleggiare con quella di Axl. Non che lui avesse provato, naturalmente, ma al rosso piaceva vantarsi quando era di buon umore.

- La mia carne aspetta il suo avvoltoio preferito – sogghignò, intrufolando una mano nei suoi jeans per pizzicarle la pelle serica delle natiche – Voglio farti un sacco di cose –

- Smettila di fare il porco in pubblico e lasciami andare in bagno –

Angie decise di smetterla di dargli corda, o non sarebbe più riuscita nemmeno a stare in piedi, altro che andare in bagno. Quell’anima dannata da rockstar aveva il potere di renderla stupida e di farle perdere il libero arbitrio: se lui voleva che lei restasse, allora lei dimenticava completamente il motivo per cui voleva andarsene. Se poi frizionava i fianchi contro i suoi, allora poteva anche dire addio al cervello.

Finalmente raggiunse la toilette, e l’odore pungente di piscio fu quasi rassicurante. Se non altro, ebbe il potere di rivoltarle lo stomaco e non fu difficile chinarsi sul cesso e rimettere tutto quello che il suo stomaco distrutto non aveva ancora assorbito. Inutile dire che fu come rinascere. Era ancora sbronza, certo, ma se non altro non avrebbe avuto quel perenne senso di nausea che le avrebbe impedito di farsi sbattere per bene dalla sua rockstar.

- Si può sapere come cazzo fai? – le chiese quella Evan, una volta che fu tornata dal bagno.

- A fare cosa? – le domandò Angie, masticando svogliatamente un chewing-gum. Le stava venendo sonno. Doveva svegliarsi in qualche modo, così lanciò uno sguardo a Slash, passandosi la lingua sul labbro inferiore. Sorrise: le sembrò quasi di vederlo drizzare le antenne, nascoste tra quella massa informe di ricci selvaggi.

- A reggere così bene – le disse di nuovo la ragazza.

La groupie la guardò per un momento, domandandosi per quale motivo fosse ancora lì a parlare con lei e non da qualche parte a leccarsi le ferite brucianti di umiliazione. Era una ragazza strana, forse troppo controllata. A lei non piacevano le persone troppo controllate, erano fredde e lei aveva il fuoco dentro, soprattutto da quando aveva visto per la prima volta Slash su un palco al Troubadour.

- Li seguo in tour e tutto il resto – spiegò pacata, stringendosi nelle spalle - Se voglio stare al passo devo essere resistente –

- Tu sei una groupie ufficiale? – sbalordì Evan, passandosi una mano nei corti capelli scuri. Sembrava decisamente esterrefatta, come se le groupie si fossero estinte insieme allo scioglimento degli Aerosmith o alla morte di Nancy Spungen. Chissà dove viveva, quella ragazzina.

- Se fossi ufficiale non sarei una groupie, non credi? – rise di nuovo Angie. Quelle ufficiali erano le fidanzate, le groupie erano solo delle compagne di letto, di vita, di musica. Di anima. Qualcosa che una normale fidanzatina del cazzo non sarebbe mai potuta essere.

- Oh, non ci avevo pensato –

Angie sorrise, abbassando il capo. Forse era colpa dell’alcol, forse della stanchezza o forse di quel discorso sulla sua condizione, sul suo non essere la fidanzata di Slash, ma disse una cosa che la fece pentire esattamente un momento dopo.

- Se vuoi puoi fartelo, io recupererò un po’ di sonno –

Ma ormai l’aveva detto, avrebbe solo potuto prendere a testate un muro per complimentarsi con se stessa oppure rimangiarsi la parola, una cosa che assolutamente non avrebbe mai fatto, nemmeno sotto gli influssi della cocaina.

- No – grazie al cielo Evan scosse la testa dopo un lungo momento, in cui probabilmente stava valutando i pro ed i contro di quella proposta - Non è giusto, io ho perso e devo comportarmi da perdente –

- Hai troppo onore per fare una gara di bevute con una groupie solo per una scopata con una rockstar – si stupì Angie, faticando a credere a ciò che aveva sentito. Quella tizia era davvero strana, ma la ringraziò silenziosamente.

- Forse voglio solo provare dei brividi diversi da quelli di un salto con un elastico attorno alle caviglie –

- Non sono poi così diversi – sorrise la groupie, abbassando lo sguardo come per guardare il fondo di un bicchiere che, però, non aveva davanti. Fu tentata di ordinare un altro drink, ma se l’avesse fatto avrebbe vanificato la sua gita al bagno, e non le sembrava proprio il caso - Ti sembra sempre di avere le vertigini, esattamente come nel bungee jumping –

- Allora, forse, dovresti guardarti allo specchio e chiederti se davvero non provi niente -

Angie spalancò gli occhi al sentire quelle parole, e voltò il capo per guardare Evan negli occhi. Perché tutti sembravano mettersi d’accordo per angosciarla con quella faccenda? Solo perché stava diventando monogama? Non doveva per forza essere innamorata di Slash se considerava il sesso con lui una cosa da togliere il fiato.

- Forse intendevo solamente che Slash fotte meglio di chiunque altro – le disse infatti, tentando di difendersi come meglio poteva.

- Forse – concesse Evan, inclinando il capo mentre la guardava con un sorriso enigmatico.

Angie sbuffò, annunciando che se ne andava a riscuotere la sua parte prima che quella ragazzina cambiasse idea, e afferrò Slash per il collo della maglietta, trascinandolo fuori.

La verità era che i suoi occhi sinceri sembravano denudarla della sua corazza, ed era come se le sbattessero in faccia tutto quello che lei si rifiutava di vedere, o si ostinava a credere che non ci fosse. Che poi, chi voleva prendere in giro? Lo sapeva meglio di chiunque altro, perché era lei che quando si sporgeva sentiva le vertigini del precipizio su cui camminava.

Fuori pioveva e faceva un freddo fottuto, la pelle dei loro giubbotti non era sufficiente a riscaldarli e a proteggerli dal tempo impietoso e dopo solo pochi secondi si ritrovarono bagnati fradici.

- Angie – la chiamò Slash, stringendole il polso per ricordarle che lo stava ancora trascinando per il bavero della maglietta come se fosse stato un cane al guinzaglio – Cosa diavolo ti prende? –

- Niente – gli disse, voltandosi verso di lui e lasciando finalmente la presa sulla sua maglietta – Volevo solamente godermi la pioggia –

- Sei ubriaca – constatò, come se quello fosse il motivo della sua stranezza.

- Anche tu – sorrise la groupie, avvicinandosi per baciare le sue labbra bagnate di goccioline gelide.

In realtà si sentiva terribilmente sporca in quel momento, sporca di qualcosa che assomigliava pericolosamente ad un sentimento, ed era proprio quel sentimento che voleva che la pioggia lavasse via. Un sentimento che lei non doveva provare, che non le era concesso e che l’avrebbe solamente portata alla rovina. E lontano da tutto ciò di cui aveva bisogno: la sua rockstar.

- Piccola, tu sei pazza –

- Non mi vorresti se non lo fossi –

Un altro bacio, lieve, bagnato.

Non era il modo più adatto per scacciare quella sensazione strana che le sconquassava il petto, lo sapeva anche lei. Ma era ancora in tempo per rimediare, fino a che non avesse sentito il bisogno di sfogare quel sentimento fottuto con le lacrime allora sarebbe stata in tempo a salvare la situazione.

Così premette la lingua sulle labbra di Slash, che non aspettavano altro che quella decisione per aprirsi e affondare nella bocca bollente della sua groupie.

- Angie, rientriamo – la supplicò quasi, appena riuscì a trovare la forza di allontanarsi da lei – Fa freddo –

- No – rispose secca, mordendogli il labbro per protesta e guardandolo poi con una strana luce negli occhi. Doveva scrollarsi di dosso quelle sensazioni, doveva fare qualcosa e avrebbe potuto solo in un modo – Ti posso riscaldare, se vuoi –

Slash boccheggiò un momento, non sapendo cosa aspettarsi da lei. Non si aspettava nemmeno quella risposta, a dire la verità, ma Angie era sempre imprevedibile e, da ubriaca, lo era ancor di più. Era completamente pazza, una squilibrata. La rockstar continuava a pensarlo anche mentre si sentiva sospingere in un vicolo completamente buio. Solo un lampione della strada principale gli permetteva di vedere la luce perversa nello sguardo celeste della sua groupie, e lo accese come una miccia.

- Hai ancora freddo, tigre? – mormorò divertita, aderendo completamente al suo corpo dopo che lo ebbe spinto contro il muro gelido e fradicio – Mi sembri… accaldato –

- No, piccola. Sto congelando – le assicurò, facendo scorrere le mani sulla sua schiena fino a stringerle i glutei per attirarla ancora di più verso di sé, verso quell’erezione che avrebbe presto fatto esplodere i suoi pantaloni se Angie non avesse fatto qualcosa.

- Oh, sì – annuì piano, sprofondando con il volto nell’incavo del suo collo per poi lambirlo con la lingua dal basso verso l’alto, fino a sfiorare l’accenno di barba sul mento – Sei proprio di ghiaccio –

Senza nessun preavviso si lasciò cadere in ginocchio, slacciando i suoi jeans solo dopo aver morsicato la nera pezza triangolare che si trovava proprio al di sotto della cerniera. La groupie si beò del sospiro frustato della sua rockstar, e soffiò piano sulla sua pulsante eccitazione.

- Angie – la minacciò Slash, il capo reclinato contro il muro e le nocche tra i denti per evitare qualsiasi reazione – Ti odio –

- E io invece amo letteralmente questa tua abitudine di non indossare mutande –

E la amava davvero, era una cosa che la faceva impazzire. Esattamente come lui in quel momento impazziva per il movimento della sua bocca. Sapeva fin troppo bene cosa gli piacesse, sapeva tutto del suo corpo e non si faceva nessun problema ad usare quelle informazioni contro di lui. Non che gli dispiacesse.

Una mano di Angie vagava sotto la maglia della sua rockstar, graffiando ogni tanto il suo ventre e muovendosi con lo stesso ritmo incalzante delle sue labbra. Slash pulsava sulla sua lingua, provocandole violente scariche di piacere lungo tutta la schiena. Era così meraviglioso guardarlo con le labbra dischiuse e ansimanti, era la visione più erotica che i suoi occhi potessero afferrare. Non ci sarebbe mai più stato nella sua vita qualcosa di così sensuale e appagante solo da vedere, nessuno sarebbe mai più stato come Slash.

E, forse, avrebbe dovuto cominciare ad imparare a conviverci.



*

 


Giorno xD
Anche qui piove, non solo dove stanno Angie e Slash, ed è una signora rottura di palle. Comunque, bando alle ciance, ce li avete presente i pantaloni di Slash con la pezza all'inguine, no? Quelli con lo squarcio causato da un risveglio improvviso del suo amico del piano di sotto :3 Ok, la smetto. Potete dirmi qualsiasi cosa, ma non cantate vittoria troppo presto per i sentimenti di Angie... lo sapete che da ubriachi siamo tutti un po' strani xD
Bene, ringrazio tutti per le recensioni e chiedo scusa se, eventualmente, mi fossi dimenticata di rispondere a qualcuno. Vi giuro che non lo faccio apposta, è proprio che me lo dimentico perché sono una psicopatica. Au revoir xD

Giuggi

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***




Capitolo 19


 

Era una bella mattinata, o forse un bel primo pomeriggio. O magari un pomeriggio e basta. Chissà. Ad ogni modo, c’era il sole. Ma anche il sole era un fottuto stronzo, perché un suo raggio fendeva l’aria senza pietà, illuminando la polvere svolazzante nell’aria, per piantarsi proprio sull’occhio destro di qualcuno che in quel momento non voleva fare nulla che non fosse dormire e anche dormire. I postumi di una sbronza non si curavano in altro modo.

O forse, come le aveva detto Slash dopo averlo sentito da qualcun altro, il modo migliore per il dopo sbornia era sempre un’altra sbornia.

- Porca puttana – sbuffò Angie contrariata, scostando le coperte per riuscire a voltarsi dall’altra parte – Non si può mai dormire in pace –

- Buongiorno, piccola – mormorò divertito Slash, steso al suo fianco, mentre si allungava per darle un morbido bacio sulla punta del naso.

- Buongiorno un cazzo – rispose in un soffio, sprofondando di nuovo nel cuscino. Mugugnò di soddisfazione quando riuscì a chiudere gli occhi senza nessuna luce a trattenerla prepotentemente dallo sprofondare nuovamente nel mondo dei sogni.

- Hai ragione – la rockstar sorrise, immobile con lo sguardo fisso sulla sua groupie – Perché ormai dovrei dirti buon pomeriggio –

- La mia risposta sarebbe la stessa, tigre –

Slash sospirò, stringendo poi le labbra in una linea sottile con fare pensieroso. Alla fine sbuffò, mandando tutto al diavolo, e si tuffò sulla bocca rossa di Angie, che però non sembrava proprio del suo stesso avviso. Lo scansò infatti con uno schiaffo ben assestato su una guancia, anche se probabilmente non era nemmeno molto cosciente. Sembrava già essere caduta tra le braccia di Morfeo e Slash quasi si risentì. Non tanto per lo schiaffo ma per il fatto che si facesse abbracciare da qualcuno che non era lui. D’accordo, quel Morfeo non la abbracciava davvero, ma comunque gli fotteva un sacco di tempo che avrebbe potuto passare con la sua groupie. E lo sapevano tutti che il sesso mattutino era il suo sesso preferito. E non importava se non era più mattina.

All’improvviso un secco trambusto catturò l’attenzione della rockstar, e anche quello di Angie, che però mantenne ostinatamente gli occhi chiusi. Non era possibile che tutti ce l’avessero con il suo sonno. E poi Jen diceva sempre che era colpa di Slash se non dormiva mai. Cazzate, erano tutti dei casinisti di prima categoria, ecco la verità.

Axl spalancò la porta, fulminando entrambi con lo sguardo. Slash, intanto, si era alzato e girovagava per la stanza alla ricerca di un accendino o di qualcosa che avesse la stessa funzione. Si sarebbe accontentato anche di una pietra focaia, cazzo, ma gli serviva qualcosa da accendere.

- Che diavolo ci fai lì sdraiata come una moribonda? – sbottò il rosso, rimanendo con lo sguardo ostinatamente fisso su Angie la quale, ancora più ostinata di lui, non si degnò nemmeno per un momento di aprire le palpebre. Anzi, voltò il capo dall’altra parte, spudoratamente.

- La frusta di Shirley ha colpito ancora, vero Slash? – ridacchiò Steven, apparendo da dietro le spalle di Axl e picchiettando senza pietà le sue bacchette contro lo stipite della porta. Facevano un baccano infernale, per l’amor di dio, ma stranamente il rosso non sembrò esserne seccato. Sembrava essersi messo d’accordo con il batterista, che non gli andava poi così a genio data la sua noncuranza con cui gli sbatteva in faccia le sue mancanze, per disturbare quella che il gruppo definiva una coppia di sposati. E in quel momento erano una coppia di sposati in preda ai nauseanti postumi di una cazzo di sbronza colossale.

- Vedi di tacere, Adler – replicò Angie con fare minaccioso, degnandoli finalmente di un minimo di attenzione e aprendo addirittura un occhio azzurro – Se non vuoi che ti infili quelle due bacchette dove non batte il sole –

- E poi, caro il mio peloso popcorn arrapato – s’intromise anche Slash, punto sul vivo, accendendosi finalmente quella cazzo di sigaretta con fare nervoso. Non si trovava a suo agio in quel momento, si sentiva quasi sotto esame e di sicuro doveva essere colpa degli occhi verdi di Axl, che quel giorno tendevano spaventosamente al grigio e avevano deciso di fissarlo fino a trapassarlo – Io non le concio così le donne, sai? –

- Taci, Hudson – berciò Angie, riemergendo con il volto dai cuscini in cui era sprofondata per indispettire Axl e anche per ignorarli deliberatamente – Mi hai conciata peggio –

- Ma di che parli? – allibì la rockstar in risposta, sbuffando fuori il fumo mentre parlava. Tentò di ciccare nella bottiglia vuota che aveva lasciato sul pavimento dal giorno prima, ma imprecò sonoramente quando non riuscì a centrare lo stretto collo di vetro che lo guardava dal basso senza un minimo di pietà. Steven rise di lui, ma si nascose subito dopo dietro la schiena del rosso per evitare che la suddetta bottiglia gli arrivasse in fronte.

- Parlo di quando hai voluto sperimentare il kamasutra in una settimana, idiota –

- Davvero, man? – esclamò anche Duff, che probabilmente era rimasto dietro la porta ad ascoltare per tutto quel tempo. Sembrava entusiasta di quella scoperta, e probabilmente stava già elaborando l’ipotesi di sperimentare con la sua bruna esplosiva.

- Trovatene un’altra, McKagan – lo avvertì Jen, freddandolo sul momento. Il biondo spalancò la bocca per un momento, facendo spallucce subito dopo, convinto che in qualche modo l’avrebbe avuta vinta.

- Una figata – rispose quindi Slash, gongolando senza pudore al ricordo – Lo rifarei anche subito –

- Io no – decretò invece la groupie, alzandosi a sedere di scatto. Il suo volto si tese in una smorfia, probabilmente dovuta ad un capogiro per essersi alzata troppo velocemente.

- Me lo ricordo – ridacchiò ancora il riccio, guardandola poi con un falsissimo sguardo da cucciolo pentito – Poi per una settimana mi hai fatto solo pompini –

- Avrei dovuto staccarti il cazzo a morsi, allora – sibilò spazientita, alzandosi con un diavolo per capello – Forse avresti smesso di sparare puttanate a raffica -

Non bisognava far arrabbiare Angie dopo una sbronza, lo sapevano tutti, ma se lo appuntarono di nuovo mentalmente anche mentre, con lo sguardo, la seguivano dirigersi in bagno come un treno.

Si chinò sul lavandino, aprendo il getto dell’acqua e regolando il miscelatore completamente sull’acqua fredda. Aveva bisogno di svegliarsi per bene, prima di tutto, e poi avrebbe pensato a come far sparire quella fottuta emicrania che non le lasciava pace.

Dopo dieci minuti ferma immobile sotto il rubinetto, tranne in quei brevi momenti in cui voltava il capo per prendere una boccata d’aria, sentì due mani carezzarle i glutei e dei fianchi premere decisamente contro i suoi, prendendo ad ondeggiare piano.

Un porco come lui ci marciava, quando la trovava in posizioni come quelle. Scema lei che non si era chiusa a chiave.

- Sei una femminuccia – la accusò divertito, sollevandole la maglia sulla schiena per sfiorare con la lingua quel pezzo di tatuaggio che riuscì a scoprire. Stava tentando di rabbonirla in ogni modo e non si sarebbe fatto problemi ad ammetterlo, se qualcuno gliel’avesse chiesto. Ma non gli importava: non si sarebbe sicuramente mai offeso con lei solo perché i postumi la rendevano intrattabile. Era terribilmente eccitante anche vederla furiosa.

Angie sollevò il capo di scatto, mandando acqua dappertutto e frustando il volto di Slash con i suoi capelli bagnati. La rockstar ridacchiò, vedendola così permalosa, ma le sue labbra rosse e gonfie a causa dell’acqua gelida attirarono la sua attenzione attraverso lo specchio e smise di ridere immediatamente.

La groupie sogghignò per la sua espressione fissa ed inebetita, e sgusciò via dalla sua presa ferrea, sentendosi formicolare ovunque per l’insoddisfazione. Sapeva per quale motivo era andato a cercarla, e un po’ le dispiaceva lasciarlo a bocca asciutta.

- Sono una femminuccia, dici? – riecheggiò placidamente, mentre si avvolgeva i lunghi capelli in un asciugamano – Dopo tutte le volte in cui mi hai infilato la testa tra le gambe mi stupisce che te ne sia accorto solamente ora –

Slash non replicò, si limitò a ridacchiare divertito oltre che a guardare il suo meraviglioso fondoschiena mentre si allontanava. Ed Angie lo sapeva, se lo sentiva bruciare addosso il suo sguardo nero e ardente di desiderio, ma lei proprio non ci era riuscita a non provocarlo quando aveva visto là i suoi boxer rossi, abbandonati su una sedia come se non fossero un indumento contemplato dalla sua rockstar. Occupavano solamente spazio nella borsa.

Quelli erano i suoi pensieri mentre se ne andava ancheggiando in camera di Izzy. Ignorò volutamente l’occhiataccia di Axl, perché non avrebbe colto nessuna provocazione di quell’idiota fino a che non avesse saputo qual era il problema di fondo. Perché lui aveva un problema con lei ma si comportava come se gli fosse dovuto. Invece Angie era abituata a sapere le ragioni per cui avrebbe dovuto litigare con qualcuno.

- Ti vedo pensierosa – l’accolse Izzy, allungato sul letto a fumarsi placidamente una sigaretta.

- E tu mi sembri svogliato – ribatté aguzzando la vista, mentre con calma si chiudeva la porta alle spalle.

- Non ho più siringhe – confessò con uno sbadiglio – E non ho intenzione di alzarmi per andarle a cercare fino a quando non comincerò a diventare nervoso –

La groupie non disse nulla, ma si allontanò dalla porta per andare sul letto al suo fianco. Gli rubò la sigaretta per un breve tiro, e poi gliela piazzò direttamente in bocca sotto il suo sguardo divertito ma anche profondamente acuto.

- Non guardarmi così, Angie – la rimproverò pacato – Non ho intenzione di smettere. Non adesso –

- Lo so, Jeff – annuì la groupie, posando con un sospiro il capo sul petto di Izzy – Credo di essermene fatta una ragione, più o meno –

- Non chiamarmi Jeff – le ingiunse, tirandole per dispetto una ciocca di capelli che sfuggiva alla presa dell’asciugamano – E levati questo coso, perdi tutto il tuo fascino –

Angie rise divertita, lasciando che il giovane le sfilasse il telo dal capo, ma presto la sua risata si spense, lasciandola a fissare il vuoto senza nulla da dire che non fosse presagio di un casino terrificante.

- Ehi, piccola, cosa c’è? –

- Izzy – sospirò, passandosi una mano sul volto per tentare inutilmente di calmare l’angoscia – Forse non sono così forte come ho sempre creduto –

- Sì che lo sei – la smentì – Altrimenti saresti già scappata a gambe levate –

- Ma Jen e Gilda… -

- Lascia stare loro due – Izzy scosse il capo, prendendo a carezzarle la schiena per tranquillizzarla – Gilda ha Steven e Jen a suo modo ha sempre avuto sia Axl che Duff –

- Ma io ho Slash – gli ricordò, sorridendo amaramente tentando però di nasconderlo.

- Slash è un coglione – decretò secco, senza giri di parole – Per lui basta non litigare con Axl, e accetterebbe qualsiasi cosa –

- Jeff, io ho paura – sussurrò la groupie, alzandosi a sedere per permettere all’amico di vedere i suoi occhi sgranati e lucidi. Nessuno l’aveva mai vista piangere, lei era quella cazzuta, quella forte. Quella più adatta per seguire quella manica di deficienti che in realtà erano.

Izzy fece per parlare ma improvvisamente la porta si spalancò, facendo sobbalzare Angie, che ricacciò indietro le lacrime con una prontezza quasi stupefacente.

Slash aveva un’espressione indecifrabile in volto, ma la mascella contratta e le sopracciglia aggrottate lasciavano intendere una tempesta. Angie però non avrebbe saputo dire se la suddetta tempesta fosse già passata o dovesse ancora venire.

Ma, quando lui le fece cenno di seguirla, si limitò a lanciare un’occhiata preoccupata a Izzy prima di raggiungere la mano che la sua rockstar le tendeva.



*



Giorno :3
Avete mai sentito parlare della quiete prima della tempesta? In realtà la quiete c'è sia prima che dopo e i modi di dire vengono distorti al bisogno, ma non siamo qua per filosofeggiare su queste cazzate. La verità è che dovrei andare a studiare ma non ne ho voglia. Come se avessi scelta. Anyway, faccio che ringraziarvi tutti per le recensioni, i preferiti e per quel che vi pare (scegliete voi, è un grazie-jolly) e me ne vado sui libri. Quanto sono lunatica, mamma mia. Beh, a presto!

Giuggi

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***




Capitolo 20


 

Angie aprì gli occhi lentamente, senza mai sbattere le palpebre. Come una bambola.

Non aveva dormito nemmeno un minuto, nonostante la stanchezza che le attanagliava la mente, e mettere a fuoco la stanza non fu poi così difficile. Anzi, purtroppo fu dannatamente semplice, come se ogni dettaglio fosse stato messo lì apposta in modo così spigoloso e sfacciato per ricordarle di non essere all’altezza. Eppure lei aveva sempre dato il massimo.

Quando Slash aveva spalancato la porta della camera di Izzy, un brivido di terrore le aveva attraversato la schiena. Ma nemmeno lei aveva capito da cosa fosse spaventata.

- Cos’è successo? – gli aveva chiesto una volta da soli.

- Ho discusso con Axl –

La sua voce era bassa e roca, probabilmente stava trattenendo a stento la rabbia cieca che sentiva dentro e la groupie si sentì impotente. Era lì apposta per farlo sentire meglio ma non sapeva come fare.

- Per quale motivo? –

- Immagino volesse darmi una scusa per avventarmi su di te e scoparti fino a quando non farà male ad entrambi – aveva sogghignato con amarezza, avvicinandosi a lei, che gli aveva posato le mani sul petto e anche la fronte.

- Cosa posso fare? – aveva domandato ancora, quasi disperata. Forse era un caso patologico quella fobia di non essere all’altezza di ciò che lui voleva.

- Fatti scopare fino a quando non farà male ad entrambi –

Aveva sorriso, alzandosi in punta di piedi per sfiorare le sue labbra. Poi quel bacio era diventato fuoco e avevano bruciato fino a quando, per davvero, avevano sentito dolore. Ma dentro o fuori? E c’era davvero differenza?

Angie si carezzò piano le braccia, cercando di scaldarsi per quel poco che poteva mentre ripensava a quel momento di poche ore prima.

Ma non era facile. Nulla lo era.

La parte di letto alla sua sinistra era vagamente tiepida, segno che Slash non si era alzato da molto, ma quel calore non sarebbe bastato, da solo, per far sparire il freddo che sentiva addosso sia fuori che dentro. L’aveva sentito alzarsi, e l’aveva anche guardato allontanarsi completamente privo di vestiti, e aveva preferito rimanere lì ad ammirarlo invece che fermarlo, perché lei sapeva che cosa stava andando a fare. Certo.

Un sospiro tremolante lasciò le sue labbra e si guardò le gambe nude, quasi fosforescenti nel buio. Si sentiva le ossa pesanti e realizzò che forse ci avevano dato dentro un po’ troppo. Ma Slash ne aveva bisogno, la sua necessità era solamente di affondare in lei come se fosse l’ultima volta. E lei era lì apposta per lui. A farsi scopare fino a quando non avrebbe fatto male ad entrambi.

E poi, cosa le garantiva che quella non fosse realmente l’ultima fottuta volta? Camminava sul filo del rasoio da così tanto tempo, sapeva che presto o tardi quel confine sarebbe diventato troppo sottile e lei sarebbe caduta. Dalla parte sbagliata, naturalmente. Rovinando tutto.

Sentiva di esserci così vicina…

Avrebbe dovuto andarsene, poi. Nulla e nessuno le avrebbe permesso di rimanere lì ancora.

Eppure anche in quel momento, nel silenzio della notte o forse del primo mattino, chissà, Angie sapeva esattamente dove trovare la sua rockstar, e l’avrebbe saputo anche se non avesse visto lo spiraglio di luce fendere il buio provenendo dalla porta socchiusa del bagno.

Non era una groupie a caccia di fama, lei. Sarebbe rimasta nell’ombra per sempre, se fosse stato necessario, nella stessa ombra che la avvolgeva anche in quel momento. Ma avrebbe fatto davvero qualunque cosa per lui, perché capiva fin troppo bene la sua mente e i suoi bisogni.

Si alzò lentamente, quasi indecisa. A tentoni trovò le mutandine e le indossò insieme alla maglietta di Slash, e poi si diresse scalza verso il bagno avvolta da quel cotone quasi lacero impregnato di quell’odore che le dava tanta sicurezza, il profumo della sua pelle.

Il pavimento era gelido, ed essere così poco vestita non aiutava di certo. Il suo respiro era pesante, il cuore batteva sempre forte quando si trovava in quella situazione, ma la pioggia impietosa aveva ripreso a picchiettare contro i vetri dell’unica finestra della stanza e copriva il suo lieve ansimare, dandole l’illusione che la sua inquietudine fosse di qualcun altro e non al centro del suo petto. Poteva fingere di essere tranquilla, ma la verità era che il cuore le rimbombava nelle orecchie e nemmeno lei sapeva il perché. O forse lo sapeva fin troppo bene. Aveva paura.

Quando aprì la porta, posando il palmo sul legno gelido come tutto il resto, la prima cosa che vide fu un cucchiaino malamente abbandonato sul marmo delle piastrelle. Deglutì, proseguendo con lo sguardo fino a trovare ciò che le interessava, ciò che aveva un disperato bisogno e al tempo stesso paura di vedere.

Slash era seduto a terra con la schiena poggiata alla parete della vasca, sui suoi fianchi stretti era drappeggiato un asciugamano schizzato di sangue e il laccio emostatico faceva bella mostra di sé sul suo braccio. Lui armeggiava con la siringa, anch’essa macchiata fuori e dentro di intenso cremisi, assicurandosi che nulla del bene più prezioso che conteneva sfuggisse alla sua reale destinazione.

Quando alzò lo sguardo, lucido e già in parte assente, si stupì di trovarla lì ad osservarlo appoggiata allo stipite della porta, ancorata ad esso come se ne dipendesse la sua salvezza. Le sue belle labbra piene si mossero per parlare, ma nessun suono prese forma dalla sua gola. Il sangue aveva macchiato anche la sua bocca. Sì, era giunto anche lì.

- Angie – riuscì a dire dopo vari tentativi, la voce roca e appena percettibile in quel silenzio così assordante. La pioggia ticchettava senza pietà, rimbombava nel petto della groupie allo stesso ritmo del suo cuore e nulla poté impedire ai suoi occhi di farsi lucidi al solo pensiero del tormento che poteva spingere una persona ad arrivare fino a quel punto. Una persona, lui.

Perché la verità era che degli altri non gliene fregava un cazzo, le importava solo di lui.

- Ehi – disse piano, inginocchiandosi al suo fianco. Gli carezzò il viso, senza cercare in alcun modo di strapparlo al fiume di sensazioni che aveva disperatamente cercato, e lo baciò a fior di labbra, leccando via quella stilla scarlatta che svettava sulla pelle ambrata del suo viso.

- Mi dispiace – mormorò ancora, in modo sempre più confuso e assente. Eppure i suoi occhi continuavano a guardarla e sembrava quasi che la stessero trapassando – Non te ne ho lasciata… -

- Shhh, non importa, lo sai… – rispose Angie, scostando una ciocca di capelli dai suoi bellissimi occhi neri. Prese la siringa e la depose accuratamente nel lavandino, il posto più lontano che il suo braccio potesse raggiungere standogli accanto, e liberò il suo braccio dalla costrizione del laccio emostatico – Lo sai che non è di quella che ho bisogno –

Avrebbe tanto voluto dirgli che aveva bisogno di lui, che lui stesse bene e che non fosse così maledettamente insicuro e tormentato, ma non poteva dirglielo mentre era conciato in quel modo. Forse non avrebbe mai potuto dirglielo, sarebbe stato troppo azzardato. Dopotutto era soltanto una groupie, che poteva saperne?

Slash sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere sul morbido tappeto che copriva il pavimento. Ma si gelava, l’inverno non faceva sconti a nessuno nel Nord America. E i sudori freddi e i tremori l’avrebbero presto scosso dalla testa ai piedi, fino nell’anima.

Così Angie si alzò, diretta verso la camera da letto alla ricerca di una coperta ma non andò molto lontano. Una mano le bloccò la caviglia, facendola ondeggiare pericolosamente in cerca di equilibrio. Abbassò lo sguardo e incrociò gli occhi di Slash, improvvisamente spalancati. Quasi impauriti.

- Dove stai andando? – farfugliò incerto.

- Prendo una coperta – gli sorrise con dolcezza, abbassandosi per carezzargli la fronte madida di sudore – Il pavimento è gelido, e tu tremi –

- Non andare – gemette quasi disperato, e per Angie fu impossibile allontanarsi da lì. Era di burro quando si trattava del suo chitarrista dagli occhi neri, non avrebbe mai saputo dirgli di no. E forse era ancora più debole di lui, che aveva il coraggio di sfuggire a ciò che lo tormentava. Lei no, lei rimaneva lì a farsi distruggere dai suoi dubbi e dalle sue paure mentre all’esterno fingeva che tutto andasse bene, perché lei doveva essere forte anche per lui.

Dovette accontentarsi di qualche candido asciugamano di spugna e, stendendosi piano al suo fianco, coprì i loro corpi abbracciati e non le rimase altro da fare che sperare di recuperare un po’ di calore in qualche modo. Posò il capo sul suo petto, ascoltando i battiti esageratamente lenti del suo cuore.

Slash le passò un braccio in vita, tirandola sopra di sé, ed Angie sorrise piano, affondando il viso nella giungla dei suoi capelli. Avrebbe voluto stringerlo forte, passare le sue mani sulla sua schiena e carezzarlo fino a farlo rilassare senza il bisogno di spararsi in vena tutta quella merda. Ma non poteva. Nemmeno farsi insieme per dimezzargli la dose avrebbe potuto strapparlo da quella schiavitù, a meno che lui non l’avesse voluto. Ma non aveva il coraggio di affrontare quell’argomento. Dopotutto, se era la sua groupie per qualcosa, sapeva che non le avrebbe mai risposto e, se l’avesse fatto, non sarebbe di certo andata nel verso giusto.

- Angie – mormorò di nuovo Slash, voltando il capo fino a posare il mento sulla sua tempia. Il braccio attorno ai suoi fianchi era debole, avrebbe voluto stringere di più solo per assicurarsi che non tentasse di nuovo di andare via, ma non aveva poi tutto quel controllo sul suo corpo. Era l’ero ad avercelo, lui stava solo lì a guardare.

- Sono qui, Slash – rispose puntellandosi su un gomito – Ma tu non ci sei molto, no? –

Lui sorrise brevemente e in modo appena percettibile, chiudendo subito dopo le palpebre terribilmente pesanti, ma non rispose più.

- Parliamo dopo – continuò Angie, carezzandogli una guancia con la punta delle dita – Non vado via. Sono qui -

Slash sorrise di nuovo, confortato da quelle parole, e questa volta si sollevarono entrambi gli angoli della sua bocca.

La groupie sospirò, rimanendo un po’ puntellata sul gomito per carezzargli il volto. Lo osservava, intanto, e ogni volta non riusciva mai a smettere di pensare che fosse bellissimo. Amava i suoi occhi, in quel momento chiusi, sapeva che avrebbe fin troppo facilmente potuto perdersi in quella loro oscura profondità. E quasi non desiderava altro.

Sfiorò il suo naso con un polpastrello, continuando a scorrere poi sulla sua pelle umida fino ad arrivare alle sue morbide labbra dischiuse. Inclinò il capo, indecisa, ma poi mandò al diavolo tutto e posò la bocca sulla sua. Sentì ancora il sapore metallico del sangue che poco prima gli aveva leccato via, e di nuovo gli occhi le divennero lucidi. Avrebbe davvero continuato a resistere? Sarebbe stata disposta a farsi ancora insieme a lui solo per essergli vicino in tutto? Dio, si sentiva un po’ troppo Nancy Spungen in quel momento ed ebbe paura. Di nuovo. Sorrise tra sé: era diventata una frignona cagasotto.

Guardò di nuovo Slash, ancora in stato di semi incoscienza e ignaro di tutto ciò che le vorticava nella mente con una velocità quasi spaventosa, e si limitò a baciargli il petto più e più volte e ad intrecciare le gambe alle sue, per dargli quel poco calore che aveva, per fargli sentire che lei c’era e ci sarebbe sempre stata fino a che lui l’avesse voluto.

Erano lì, insieme. Sempre.



*



A me viene l'ansia da prestazione quando pubblico capitoli così impegnativi! Comunque, prima che mi diciate qualsiasi cosa, mi scuso se Slash non sembra un tossico vero (perché quando sono fatti vanno in paranoia se la gente li tocca e cose varie), ma proprio non ci riuscivo a tenere Angie lontana. Per il resto non voglio aggiungere nulla perché questo capitolo parla da solo. Presto si saprà anche il vero motivo della lite con Axl, ma penso possiate già immaginarlo. Ringrazio tutti per le recensioni, le seguite, i preferiti, eccetera. E ringrazio anche Lisa, per lo stressante (per lei) supporto che mi ha dato mentre scrivevo e piangevo queste pagine xD A presto ;3

Giuggi

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***




Capitolo 21


 

Angie era uscita a comprare le sigarette: era stato fin troppo facile finirle dopo quella notte e quella mattina, in cui Slash non aveva fatto altro che dormire. Forse per evitare di vuotare il sacco, o forse semplicemente perché ne aveva voglia. Sapeva che lui non era tipo da simili sotterfugi, piuttosto confessava chiaro e tondo di non aver voglia di parlarne. Anche se con lei non era mai successo: le diceva sempre tutto perché sapeva di potersi fidare, di poter avere un parere serio ed imparziale.

Sospirò, rientrando dalle porte girevoli a vetro dell’albergo. I ragazzi il giorno prima si erano divertiti come dei bambini ad infilarsi in quella sottospecie di trottola, ridendo come pazzi e fumando come ciminiere. Il proprietario li aveva guardati come degli insetti, più o meno come in quel momento stava guardando lei. Sapeva che non aveva prenotato nessuna camera e che dormiva a scrocco, così come le altre due ragazze che seguivano la band e tutto il resto, ma non si era di certo azzardato ad esprimere la sua contrarietà sotto lo sguardo arrogante di Axl o di fronte all’imponente altezza di Duff. Era fin troppo facile incutere timore alla gente, con quell’aspetto così spudoratamente rock e trasgressivo. Così, ora che si trovava da sola, faceva il gradasso e si sarebbe anche lamentato se lei gliene avesse lasciata l’opportunità. Peccato che quel giorno Angie non fosse proprio dell’umore, e le bastò socchiudere gli occhi e inarcare le labbra in un sorriso malizioso per far fuggire il tizio a gambe levate. E rosso come un peperone, per giunta.

La groupie sospirò, rendendosi conto di come gli uomini alla fine fossero tutti uguali, tutti senza spina dorsale quando si ritrovavano davanti agli occhi un paio di fanali azzurri ed un sorrisino malizioso.

Beh, sì, non proprio tutti.

Ce n’erano alcuni che riuscivano a resisterle e anche a catturarla, forse per la loro capacità di non cedere soltanto per un’espressione un po’ perversa. D’accordo, non erano immuni al suo fascino ma, forse, il fatto che anche lei fosse attratta da loro aveva un peso diverso su tutta la faccenda.

Loro. Lui. Sempre lui.

Si stava fottendo il cervello a pensare tutte quelle cazzate senza senso, le sarebbe esplosa la testa entro l’ora della partenza. Non mancava molto, ormai. Forse solo un paio d’ore.

Odiava viaggiare di notte, e di solito non accadeva, ma quella volta era andata così. Così tutti i ragazzi avevano ben pensato di dormire il più possibile per poi essere in grado di fare baldoria sull’autobus e fare compagnia a Cooper. Non che si sentissero poco sicuri a lasciarlo sveglio da solo, più che altro si sarebbero sentiti delle vere merde a russargli nelle orecchie.

Tranne Axl, a quanto pareva. Perché era là che si stava rollando una canna con così tanto impegno che non alzò nemmeno lo sguardo verso di lei. I lunghi capelli erano talmente lisci che sembravano una tenda sapientemente studiata per mettere un divisorio tra lui ed Angie.

Non che lei avesse voglia di fare qualcosa che non fosse sputargli in faccia, dopo lo sconvolgimento che aveva provocato in Slash la sera prima, e quindi tutto sommato le andò bene il suo muso lungo.

Così decise di andarsene dalla sua rockstar, a chiedergli di sputare il rospo.

Si sentiva un’angoscia terribile addosso, come se in qualche modo fosse coinvolta anche lei. Ma che c’entrava? Non aveva fatto nulla di diverso da quello che faceva sempre, eppure non riusciva a togliersi quella spiacevole sensazione dalle ossa.

Non fu di certo d’aiuto sentire Duff e la sua bella fare i piccioncini, ma non sarebbe servito nemmeno prendersela con loro solo perché erano felici e rilassati.

- Duff, smettila di mordermi – stava sibilando Jen, la voce incrinata nel tentativo di reprimere un attacco di risate – Devi dormire. E poi ti manderò in bianco per almeno una settimana se continuerai a tentare di marchiarmi il collo come se fossi un cazzo di vampiro –

- Quindi non posso farti nemmeno un succhiotto? –

- Succhia il cuscino, o io smetterò di succhiare te – ribatté piccata – Non vale stanotte farti due righe per rimanere sveglio e attivo -

Angie scosse il capo con blando divertimento, sorridendo però con amarezza. Jen, tempo prima, le aveva detto di provare invidia nei suoi confronti, ma adesso chi invidiava chi? Lei, forse, non avrebbe mai avuto quello che stava avendo la sua amica e, dio, si rendeva conto solamente in quel momento di quanto profondi fossero l’attaccamento e l’adorazione nei confronti di Slash.

Forse non avrebbe sopportato vivere senza la sua presenza costante, il volto nella scollatura della maglietta e le braccia attorno ai fianchi. Il suo contatto fisico era un modo di ricordarle sempre la sua presenza, di dirle che anche lui c’era, nonostante fosse una schiappa a dimostrare il suo affetto. Eppure, per quanto tempo ancora si sarebbe accontentata solamente di un po’ di affetto?

L’ennesima frustata le schioccò sul volto quando, aperta la porta della camera della sua rockstar, lo trovò seduto sullo sgabello in un angolo della stanza, intento a suonare una delle canzoni che amava di più, ma anche una delle più struggenti. La sua chitarra acustica poggiava sulle sue gambe bellissime e perfettamente affusolate, e le venne voglia di baciarle. Avrebbe voluto baciare tutto di lui, sempre. Ormai non aveva più senso nemmeno arginare quei pensieri, ci era troppo dentro.

Lo sguardo le cadde per un momento sulla televisione accesa e senza audio, sintonizzata su un canale che trasmetteva quello che sembrava un programma di cucina. Sorrise per un attimo, vedendo gli strani interessi che poi la sua rockstar non avrebbe mai avuto tempo e voglia di mettere in pratica.

Così agguantò il telecomando e premette il pulsante rosso, per spegnere quella cosa che mostrava ricette al nulla. Forse fu il lampo che passò nello schermo prima di annerirsi completamente, o la mancanza di immagini colorate che da quel momento la televisione smise di trasmettere, ma finalmente si accorse di lei e alzò il volto, inchiodando gli occhi nei suoi. Angie non accennò nemmeno per un momento a distogliere lo sguardo da lui, si limitò a sedersi con finta calma sul materasso, proprio di fronte allo sgabello su cui sedeva.

 - Non è un granché senza pianoforte – si scusò Slash, fermando le dita e poi anche le sei corde, che ancora non avevano smesso di vibrare. Sembravano riverberare nella gola di Angie, proprio lì dove sentiva il cuore in quel momento. Che strana sensazione.

- A me piaceva – sorrise la groupie, nascondendo dietro alle sue labbra inarcate la tristezza e il terrore che le attanagliavano le viscere. Ricordava bene per quale motivo era stata scritta quella canzone, e desiderò scappare quando vide l’incertezza immobilizzare le labbra della sua rockstar. Voleva dirle qualcosa, eppure deglutì le parole insieme alla sicurezza di sé.

Slash si alzò, posando la chitarra contro il muro, e si diresse verso Angie, che intanto lo guardava con gli occhi sempre più spalancati. Sorrise, quasi orgoglioso dell’empatia e della perspicacia che aveva sempre dimostrato nei suoi confronti: era proprio così che sarebbe dovuta essere una vera groupie, una vera compagna di vita on the road.

Si inginocchiò di fronte a lei, posando la guancia sul suo ginocchio. Depose un bacio lieve sulla pelle che si intravedeva dallo squarcio dei jeans, e poi alzò ancora gli occhi neri per puntarli nei suoi. Forse nessuno al mondo aveva mai visto i suoi occhi quanto lei. Forse solo sua madre.

- Axl mi ha chiesto di scegliere tra te e l’eroina – mormorò di punto in bianco, facendole mozzare il fiato in gola - Dice che due distrazioni così grandi sono troppe per me, ed è disposto a cacciarti –

- Per questo avete discusso – dedusse Angie, tentando di controllare il tremore nella voce. Sapeva che sarebbe successo, lo sapeva, ma non ancora pronta a sparire.

- Sì –

- Ed è per questo che adesso stai suonando questa canzone – continuò amareggiata, lottando contro i suoi occhi che sembrava avessero tutta l’intenzione di riempirsi di lacrime - Perché speri che capisca di dovermene andare senza bisogno che tu lo dica –

Slash scosse il capo con impotenza, conscio di non essere riuscito a spiegarsi come avrebbe voluto, e prese un lungo sospiro per farsi coraggio. Era tutto un cazzo di casino.

- Keith scrisse Angie per raccontare la fine del suo amore a causa della droga. Lui e Anita si amavano, disse, ma riuscivano solo a farsi del male –

- Slash, cosa… Io e te non siamo fidanzati –

Angie non poté comunque negare di aver provato una stretta al cuore quando la sua rockstar l’aveva paragonata ad una fidanzata.

La sua rockstar… avrebbe potuto ancora chiamarlo così?

- Tu… smettila – sbottò Slash, dopo un momento di indecisione, in cui i suoi occhi si persero nel vuoto - Tu sei diversa dalle altre perché so che non mi chiederai mai di scegliere tra te e la mia chitarra –

- Non potrei mai, lo sai – la groupie si stranì per un momento, non capendo cosa c’entrasse quella frase con il loro precedente discorso, ma fu anche felice di sentire che lui aveva capito davvero tutto ed aveva la piena fiducia in lei perché non gli avrebbe mai rifilato un colpo basso di quel genere - Se non fosse per la tua chitarra adesso, forse, non sarei neppure qui –

- Sei qui – annuì Slash, chiudendo gli occhi soddisfatto – Non andartene –

La faceva facile. Se tutto quel casino implicava fare una scelta allora, beh, sapevano entrambi quale sarebbe stata. La dipendenza veniva prima di tutto.

- Dovrai comunque fare una scelta – gli disse infatti, deglutendo rumorosamente.

- Sono disposto a rinunciare a qualsiasi cosa che non sia la mia chitarra… e te

Era terrorizzato anche lui, glielo leggeva negli occhi. Forse fu per quel motivo che decise di seppellire il volto nel suo ventre, per nasconderle quanto fosse difficile per lui. Ma era davvero quello che voleva?

- Non mi piaci quando sei troppo melenso –

Slash alzò il capo di scatto, fulminando con gli occhi il suo sorrisino divertito. Ma poi rilassò le spalle, baciandole un altro lembo di pelle tra gli squarci dei pantaloni. Aveva capito che lo faceva per lui, che voleva solo spezzare la tensione perché erano come una bomba ad orologeria conciati in quel modo.

- Ti sto dicendo che preferisco mollare l’eroina piuttosto che te e questo è tutto quello che riesci a dirmi? – sbuffò contrariato, infilando due dita nel buco sulla coscia e tirando senza pietà.

- Slash! – esclamò allibita, osservando come le avesse distrutto uno dei pochi jeans che si era portata. Ne aveva tre paia, maledizione, non poteva andare in giro con una gamba di fuori con il freddo che faceva.

- È tutto quello che sai dirmi? – ripeté tornando serio.

Angie sospirò, scivolando giù dal letto per ritrovarsi a cavalcioni sulle gambe della sua rockstar, chiudendo poi le mani a coppa sulle sue guance per incatenare i loro occhi un’altra volta.

- Sei davvero sicuro di quello che mi stai dicendo? –

- Non chiedermelo di nuovo – mormorò Slash, posando la fronte contro la sua facendo sì che anche le loro labbra venissero in contatto – Ogni minuto che passa riduco la distanza dalla prima crisi di astinenza –

- Ti aiuterò in ogni modo – gli promise seria, nessuna incertezza nella voce e nello sguardo.

- Lo so – un bacio sul mento, uno sul naso e uno sulle labbra – Altrimenti non avrei scelto te -



*



Nevica, yeeee. E invece no, mi sta sul culo la neve. In più stasera devo uscire in macchina e quindi mi sta sul culo ancora di più xD Comunque, lasciamo stare. Il motivo per cui Slash ha discusso con Axl l'avevate immaginato tutte, più o meno, e la conseguente scelta di Slash è dovuta al fatto che lui, nel suo libro, dice che in questo periodo ha mollato l'eroina... e io ci ho solo romanzato su xD Angie, degli Stones, è una delle mie canzoni preferite e, prima che vi passi per la mente, non ho chiamato la mia groupie così per quel motivo. È stato un caso, le ho collegate dopo xD E non so se sia realmente così la storia di Keith e Anita. L'ho letto nei commenti di youtube e su wikipedia (uno più inaffidabile dell'altro), però ecco prendetela per buona. Bene, ringrazio le anime buone per le recensioni e me ne vado a sfacchinare con photoshop per Lisa che, mannaggia a lei, mi fa penare in tutti i modi possibili ed immaginabili! A presto :3 (intanto io piango con gli AB, ci tenevo a dirvelo xD)

Giuggi

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***




Capitolo 22


 

- Basta, basta! Questa pioggia mi ha rotto il cazzo – sbottò Slash, sbattendo con forza inaudita i pugni contro il finestrino del loro già abbastanza scassato bus. Era disperato, era in gabbia.

Angie socchiuse le palpebre, senza però mutare di un centimetro la sua posizione. Lui sudava e aveva gli occhi sbarrati, forse terrorizzato dall’imminente sopraggiungere della crisi d’astinenza, o forse già nel bel mezzo di essa. Ma, poche ore prima, le aveva fatto promettere di stargli lontano, di lasciarlo a marcire nel suo brodo perché sapeva diventare davvero troppo furioso quando il suo corpo e la sua fottuta mente reclamavano l’eroina. Così alla groupie non rimaneva altro da fare che non fosse stringere i denti e piantarsi brutalmente le unghie nella carne del braccio, ripetendo nella propria mente come un mantra la promessa che aveva fatto alla sua rockstar.

- Che cazzo vuoi? – sibilò d’un tratto, puntandola con i suoi occhi neri contratti – Che cosa cazzo hai da guardarmi così, dall’alto della tua bellezza e della tua arroganza? Lo sai che è tutta colpa tua se sono in questo fottuto casino, dovresti almeno essermi riconoscente per non averti ancora rovinato quel bel faccino che ti ritrovi! –

Angie roteò gli occhi, senza minimamente offendersi e senza nemmeno tentare di nascondere quella sua espressione annoiata ed esasperata. Non era più una bambinetta e ormai il suo livello di conoscenza del carattere di Slash era abbastanza alto da permetterle di scindere con certezza la verità dalla menzogna e dalle parole dette per disperazione. Non sarebbe stata una groupie degna di quel nome se si fosse sentita davvero una merda per la cattiveria che le stava sputando addosso.

Si inacidì solamente sentendo puntato sulle sue scapole lo sguardo soddisfatto e il sorrisetto irriverente di Axl, lo vedeva nel riflesso del finestrino sporco di polvere e fango. Sicuramente quell’idiota stava già progettando di stappare bottiglie di vino e farlo scorrere a fiumi sulla sua dipartita, ma un po’ di tensione tra lei e la sua rockstar non l’avrebbe sicuramente fatta scappare a gambe levate. Così si alzò in piedi, barcollando per quello schifo di pullman senza ammortizzatori, e piantò sotto il naso di Slash una bottiglia piena del buon vecchio Jack. Lui la prese senza fare storie ma anche senza minimamente guardarla in faccia, e se ne scolò un terzo praticamente d’un fiato, con avidità e senza allontanare le labbra nemmeno per respirare. Tamponare le crisi d’astinenza con l’alcol; sopperire quella dipendenza con qualcos’altro che rimanesse giù a rivoltarsi nello stomaco e nel fegato insieme a bile e succhi gastrici; qualcosa che annebbiasse la mente fino ad assopire quel bisogno incessante e proveniente da ogni fottuto angolo del corpo. Era l’unico modo che avevano per non interrompere il tour, ne avevano parlato quella mattina, prima di ripartire su quel catorcio che sembrava sempre di più un cassonetto pieno di merda.

Avrebbero passato due giorni in viaggio, i Cult avevano deciso di non spostarsi più in aereo in modo da avere una manciata di giorni di riposo, visto che, a quanto sembrava, Ian si era preso la bronchite e voleva recuperare tempo, anche cancellando una data. Izzy ci aveva scherzato su, ipotizzando che fosse stato Axl ad attaccargli il mal di gola in una delle loro limonate pesanti, ma il rosso non aveva gradito affatto che fosse stata messa in dubbio la sua eterosessualità e aveva mandato a farsi fottere il suo amico di una vita, rubandogli poi anche la ragazza che era riuscito a rimorchiare. Il chitarrista non se l’era affatto presa, si era limitato a sghignazzare e a chiudersi in bagno con una siringa in mano. Non gli serviva una donna per provare sensazioni abbastanza potenti da soddisfarlo, si sarebbe accontentato di un ago e di una vena, naturalmente dopo essersi fatto le coccole con un bel cinque contro uno.

- Angie – Slash la chiamò con un rantolo, sulle labbra un sogghigno di scherno che mai gli aveva visto addosso – Sei una squallida puttana –

La giovane non rispose a parole, si limitò a piantargli uno schiaffo ben assestato in volto, facendogli girare il capo verso sinistra. Quello l’aveva infastidita, nonostante tutte le offese fossero relative se dette da lui. Tuttavia si pentì praticamente subito, perché Slash si alzò di scatto dal sedile su cui era sprofondato e, imprigionandole i polsi, la spinse con forza inaudita contro la parete del bus, laddove i sedili erano staccati per potersi sdraiare più comodamente. Ma il pullman sbandò proprio in quel momento ed entrambi rovinarono a terra, uno sopra l’altra. Angie batté il sopracciglio contro lo spigolo di un finestrino e si tagliò, anche se fortunatamente non svenne. Slash se ne accorse e la sua espressione diabolica mutò immediatamente, ma sapevano entrambi che quel dispiacere non sarebbe durato a lungo.

- Angie – le disse di nuovo, pigolando mortificato. Le sfiorò subito dopo lo zigomo, sul quale scendeva una lacrima scarlatta. Era surreale e dannatamente inquietante.

- Shhh – gli rispose, prendendogli il capo riccioluto e calcandoselo nell’incavo del collo – Non è niente –

- Sono arrabbiato, piccola – gemette ancora, affondando senza pietà le dita nella pelle dei suoi fianchi, scoperti a causa di quel casino che avevano combinato – Voglio farti male e non riesco a fermarmi –

La groupie cercò Axl con lo sguardo, strappandogli un assenso concesso a malincuore, e portò Slash nello stanzino sul retro del bus, solitamente proprietà privata del rosso.

Aveva un’idea, non sapeva se avrebbe funzionato ma sicuramente esimersi dal tentare non era una possibilità che era disposta a contemplare. Lui stava male, e sarebbe stato peggio nelle ore seguenti. E lei era lì, che lo guardava impotente senza poter alleviare la sua sofferenza. Se la sarebbe presa tutta, se avesse potuto. E invece si accontentò di prendersi i suoi insulti mentre lo trascinava nello stanzino di Axl, lo sguardo annebbiato dalla tempia pulsante. Il frontman sicuramente non le avrebbe concesso quel favore se avesse saputo cosa aveva intenzione di fare, ma ormai il danno era fatto. Si tirò alle spalle la pesante tenda blu che li separava dal resto del bus e lasciò il braccio di Slash, che cadde a terra preda dei capogiri e dei tremori che cominciavano a sopraggiungere.

Probabilmente non avrebbe funzionato, ma se non ci avesse provato non l’avrebbe mai saputo.

Così si sedette a cavalcioni su di lui e iniziò a sbottonargli i pantaloni. Lui la guardava con una strana espressione in volto, un misto di rabbia e disgusto e dio solo sapeva cos’altro. Angie non era abituata a quello sguardo, non era abituata a tanto odio e rancore e tutte quelle cose che non si addicevano affatto alla sua rockstar. Lui era buono, solo un po’ troppo fatto, ma era sempre stato un’ottima persona. Eppure l’astinenza provocava tutte quelle cose, forse sapere di essere così determinato a smettere lo faceva sentire peggio o forse era solamente così che doveva essere. Per un momento pensò ad Yvonne. Lei l’aveva sempre tenuto a casa sua, lei sapeva come fare. Ma quando Angie aveva deciso di seguire i Guns nel loro tour aveva perso l’affitto sulla casa, non aveva più un tetto sopra la testa in cui portarlo quando fosse stato così male. Oltre, naturalmente, all’altra variante che erano le centinaia di chilometri dalla città degli angeli.

Era patetica. Faceva paragoni con l’ex ragazza di un uomo che non era nemmeno suo. Era patetica.

Si allungò fino ad afferrare la bottiglia di Jack Daniel’s e, dopo aver sollevato Slash per evitare che si strozzasse, gliela piantò in bocca, obbligandolo a bere. Non che lui lo disdegnasse, per l’amor di dio, ma probabilmente era nauseato a sufficienza da coccolarsi bile e succhi gastrici senza l’ausilio di alcolici vari.

La groupie approfittò del fatto che fosse impegnato per abbassargli i pantaloni e passare la lingua sul suo inguine. Si sentiva una ninfomane, si faceva uno schifo indicibile. Eppure per lui avrebbe fatto anche di peggio. Forse, se la situazione non fosse stata così orribile, avrebbe anche potuto realizzare l’entità dei suoi pensieri e della sua… devozione, ma in quel momento riusciva solo a vedere la similitudine di un orgasmo con le sensazioni causate dall’eroina. Se la mente di Slash avesse provato le stesse cose, forse avrebbe sofferto un po’ di meno.

- Sei… Tu… - mugugnò, le labbra ancora posate sul collo in vetro della bottiglia – Puttana

Angie ringhiò, graffiandogli l’interno coscia prima di alzarsi e, con l’ennesimo spintone, farlo stendere nuovamente. Non fu per nulla delicata, tanto che il Jack si riversò in parte sul pavimento e sulla maglietta bianca di Slash. Ma era stufa di farsi insultare da uno che non era nemmeno padrone di se stesso.

Quell’unghiata sulla sua pelle per un qualche miracolo divino ebbe il risultato di farlo eccitare. Da una parte fu quasi sollevata dal fatto che rimanesse ipersensibile, soprattutto quando si trattava di lei, e quasi animale anche conciato in quel modo, se non altro le avrebbe facilitato il lavoro. Infatti chiuse le labbra sulla sua erezione e lasciò che la lingua lo carezzasse con una flemma completamente diversa dal fuoco rabbioso che si sentiva dentro. L’avrebbe volentieri morso, giusto per vendicarsi di quella cattiveria gratuita che le aveva riservato.

Alzò gli occhi per un momento, senza smettere di muovere le labbra, e vide i suoi occhi neri socchiudersi leggermente, come se fosse riuscito a calmarsi almeno quel tanto che bastava da prendere fiato e realizzare dove si trovasse. Anche i tremori si diradarono, lasciando il posto a qualche sporadico ansito, e si illuse quasi di pensare che stesse funzionando.

Ma la sua rockstar era imprevedibile, per quello le piaceva così tanto. Infatti scattò a sedere, stringendola per la nuca per evitare che si muovesse, e venne nella sua bocca senza minimamente curarsi del fatto che potesse soffocare. Infatti Angie si allontanò di scatto, tossendo anche l’anima, sputando un polmone quasi. Lanciò uno sguardo a Slash e lo scoprì a sogghignare. La sua risata, quasi sadica, le giunse ben nitida all’udito ma sfocata alla vista. Gli occhi le lacrimavano, concedendole una visuale nebbiosa e in parte scarlatta a causa del sangue che le colava dalla tempia. Un conato si fece strada nella sua gola senza però che vomitasse nulla, perché era da più di dodici ore che non se la sentiva di mangiare o bere nulla. Era come se l’astinenza la stesse vivendo anche lei.

Peccato che i conati fossero contagiosi, così anche Slash si ritrovò a boccheggiare ed Angie, ancora ansimante, riuscì a lanciarsi su di lui per allontanargli i capelli dal viso mentre afferrava a caso uno zaino vuoto e ci vomitava dentro anche l’anima, oltre ad alcol, bile, succhi gastrici e tutta la rabbia che gli era rimasta addosso. La giovane si ritrovò a pensare che il compito di una groupie non avesse molto a che fare con quello della madre, ma in quel momento si ritrovò a chiedersi quale delle due cose fosse di più.

Si passò una mano tra i capelli appiccicati di sangue rappreso, e continuò a carezzare la guancia di Slash dopo che, finito di rimettere, si fu nascosto nel suo incavo tra il collo e la spalla.

Quello stanzino del cazzo puzzava di chiuso, di fumo, di sesso e anche di vomito. Era davvero un’atmosfera disgustosa, una delle più stomachevoli che Angie avesse avuto la disgrazia di incontrare. Le ricordava l’odore del Troubadour, la notte in cui aveva conosciuto la sua rockstar. Chissà, forse fu per quello, ma la situazione smise d’un tratto di essere così deprimente.



*



Oddio, non so da dove cominciare. Forse dovrei chiedere scusa se ho postato questo capitolo all'ora di pranzo, ma sappiate che io è da ieri che ho nausea e vomito e quindi sono messa peggio di voi xD Comunque spero sia verosimile... inoltre la faccenda eroina finisce qui, perché Saul, sempre nel suo libro, dice che l'eroina l'ha mollata sostituendola con l'alcol e praticamente non parla di astinenza. Anche perché, essendo in tour, non se la poteva permettere una settimana di merda. Quindi ho adattato nel modo meno strano possibile.
Come al solito grazie per le recensioni, a volte mi chiedo se non siate esagerate xD Ah, e preparatevi ai casini *sogghigna in modo malefico* A preeeesto :3

Giuggi

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***




Capitolo 23


 

Era passata una settimana, e Slash stava di nuovo bene. Beveva più di prima ma, se non altro, non si era più bucato e nemmeno aveva tentato di farlo. Angie l’aveva sentito dire a Duff che aveva spostato la sua dipendenza da illegale a legale, ma in ogni caso aveva fatto quello che aveva voluto Axl ed era anche riuscito a prenderlo un po’ per il culo.

Già, l’aveva sentito dire. Perché loro due non si erano più parlati da quel giorno in autobus. La groupie ancora si chiedeva il motivo per cui la sua rockstar la evitasse come la peste, per cui appena si trovavano troppo vicini lui si irrigidiva e scappava come se avesse avuto qualche mostro strano alle calcagna. E lei era così stupida che, ancora troppo calata nel suo ruolo forse non più così certo, gli stava a distanza perché era quello che lui voleva, quello di cui in quel momento aveva bisogno.

Si guardò allo specchio della camera di Izzy, in cui si era trasferita da quando Slash le aveva chiuso la porta in faccia. Aveva un ginocchio scoperto ed era tutta colpa di uno a caso, che ci aveva infilato dentro le dita per ottenere una risposta che non avrebbe nemmeno avuto bisogno di chiedere, ma la cosa che attirava la sua attenzione non era nemmeno quello squarcio. Lo squarcio che la preoccupava non si vedeva attraverso il suo riflesso, e l’unica cosa che la preoccupava erano quei jeans che non volevano saperne di stare al loro posto, sui fianchi. Avrebbe dovuto rubare una cintura, ma dove? Era Slash quello bravo con la cleptomania, lei era un’impedita. Soprattutto se non aveva abbastanza energie per correre.

- Quando è stata l’ultima volta che il tuo stomaco ha visto del cibo, sorella? – le chiese Jen, strappandola ai suoi pensieri senza preoccuparsi del fatto che, forse, rimuginare era proprio quello che più voleva. O forse se ne stava preoccupando troppo e lo faceva apposta per impedirglielo. In ogni caso, ad Angie la sua voce non sembrò mai così fastidiosa come in quel momento.

- Se vuoi parlare con me sputa quel chewing-gum – rispose piccata – Quel tuo ruminare continuo con la bocca aperta mi dà sui nervi e penso tu sappia che sono già abbastanza suscettibile –

- Cos’è? Ti dà forse fastidio che io mastichi qualcosa? – rispose Jen, incrociando le braccia – Da quanto non mangi? Sono seria –

- Anch’io –

- Angie –

- L’altro ieri sera – ringhiò infine, alzando gli occhi per fulminarla attraverso lo specchio.

La groupie se ne stava appoggiata allo stipite della porta e sembrava persino che anche i suoi capelli spettinati fossero là apposta per giudicarla.

- Vuoi un po’ di correttore? Fai schifo – soffiò velenosa, lanciando un’occhiata di compatimento alle borse quasi dello stesso colore dei suoi occhi che Angie sfoggiava con noncuranza estrema.

- Senti ma che problemi hai? Provocarmi non ti porterà da nessuna parte, non esploderò –

- Già, perché non ne hai la forza! –

Duff era sulla porta, proprio dove fino ad un momento prima era appoggiata Jen. Le guardava discutere e non muoveva un muscolo, forse troppo pensieroso riguardo a quella situazione. Anche lui e la sua ragazza erano stati così coglioni da ignorare tutto in quel modo? Non ricordava nemmeno più il motivo per cui avevano smesso di parlarsi e di andare a letto insieme, ma ricordava ancora quanto male facesse, forse non l’avrebbe mai più dimenticato. E quella stessa sofferenza la leggeva nello sguardo celeste di Angie ed era sicuro che l’avrebbe vista anche negli occhi di Slash, se solo quel coglione si fosse tolto gli occhiali da sole almeno una volta. Invece si accontentava di vedere la sua mascella contratta come mai gli era successo da quando lo conosceva. Lui non era mai nervoso, perché preferiva godersi tutti i lati positivi possibili, ma quando accadeva allora Duff sapeva che c’era da preoccuparsi sul serio.

Però loro due avevano aiutato lui e Jen quando era stato il momento, quindi avrebbero dovuto ricambiare. E non solo per non sentirsi in debito, ma perché erano loro amici e, cazzo, non aveva senso che stessero così quando era stato così semplice far riunire loro due.

- Sono solo preoccupata per la tua salute – sentì dire la sua ragazza, ma Angie scosse il capo di nuovo e si accese una sigaretta con stizza.

- Io sto benissimo –

Jen ringhiò, chiudendo le mani a coppa sulle guance dell’amica per obbligarla a non scappare di nuovo con lo sguardo. I suoi occhi scuri erano decisi e taglienti, ma non le avrebbe permesso di fuggire ancora. L’avrebbe costretta a guardarla in faccia e a dirle che stava davvero bene.

Anche se non era vero.

Se soltanto Slash non fosse stato così coglione! Se lo chiedevano tutti, persino Axl, il perché di quel cazzo di casino. Non aveva senso. Il rosso probabilmente pensava che il suo chitarrista fosse ancora preda dell’astinenza, dopotutto lui non aveva mai affrontato quelle situazioni e non sapeva davvero come ci si sentisse. E se l’era bevuta quando Izzy gli aveva confermato che quelli erano i sintomi, dopotutto Jeff non avrebbe mai mentito al suo migliore amico. Oppure sì?

Perché tutti sembravano essersi alzati a muro per difendere quei due rottami che ogni giorno cadevano sempre più a pezzi? Angie se lo chiedeva, ma non riusciva a trovare una risposta. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, o così dicevano.

- Perché ti ostini a farti del male? – chiese ancora Jen, tanto vicino al suo volto da solleticarle la pelle del naso con i suoi capelli.

- Guardami, Jen. Lo sai perché io e te siamo finite in questo casino? Perché noi siamo quelle donne che l’amore delle favole lo usano per pulirsi il culo, perché vogliamo farci male, perché soffrire è l’unico modo per sentire. E se non senti, allora non vivi –

Era anche quello il motivo per cui amavano tanto la musica, no? Non c’era nulla che desse più emozioni della musica, o almeno quello era ciò che pensava prima di conoscere Slash. Una volta era stato proprio lui ad averle detto che non c’era mai stato nulla di meglio del sesso, almeno fino a quando non aveva imparato a suonare la chitarra. E per lei era lo stesso: non aveva mai creduto che i brividi che le trasmetteva la musica potessero arrivare ancora più intensi da colui che quella musica la suonava. All’inizio aveva creduto che fosse a causa del suo essere un musicista, ma forse quella scusa aveva retto per i primi tre giorni. Poi era andato tutto a puttane, proprio come il suo cervello in quel momento.

- Lo sai cosa mi hai detto, vero? – sussurrò Jen, mentre alle sue spalle anche Duff smetteva di respirare, l’aria bloccata in gola perché non avrebbe mai creduto che Angie, quella forte, quella decisa, quella che sapeva sempre cosa chiedere alla vita, potesse ammettere un’insicurezza come quella. Eppure l’aveva fatto, l’aveva fatto davvero.

- Quello che volevi sentirti dire – sospirò distrutta, andando a sedersi sul letto.

- Lo sapete che gli unicorni sono specie protetta? – esordì Izzy, arrivando nella sua camera che mai prima di quel momento aveva visto così affollata – Dovreste lasciare loro un po’ di spazio per respirare come dio comanda –

- Che cosa stai farneticando, Izzy? – allibì Jen, guardandolo con i suoi grandi occhi scuri spalancati. Faceva quasi impressione, sembrava una rana. La rana dalla bocca larga, avrebbe detto Angie… se solo fosse stata un po’ più in forma.

- Parla di Angie, per il bernoccolo sulla fronte che si è fatta l’altro giorno –

Come se se lo fosse fatto da sola, pensò la diretta interessata. Ma non aveva né la voglia né la forza di ricordarlo a tutti loro.

- Wow, McKagan! – esclamò Izzy stupito – In quella tua testa gialla da lampione allora c’è qualcosa oltre ai residui di birra e vodka! -

- In testa ai lampioni brilla sempre una lampadina, non lo sai Isbell? – esclamò il bassista, compiaciuto e convinto, mentre sorrideva soddisfatto abbagliando il suo chitarrista che, poverino, si trovava vicino a lui.

- Amore – s’intromise Jen titubante, sorridendogli con dolcezza, come si fa con un bambino – Le lampadine che intendi tu sono un po’ piccole per i lampioni, non ci stai facendo una bella figura… -

Duff boccheggiò per un istante, incredulo che anche la sua dolce metà si fosse rivoltata contro di lui.

- Quindi ritira tutta la tua arroganza e smamma, magari anche portandoti dietro la tua ragazza perché sono tornato qui per dormire, capito? –

La suddetta ragazza lo guardò male, beccandosi in cambio un sorrisone alla Izzy che avrebbe fatto sciogliere anche un ghiacciaio… anche Gilda!

- Izzy vuole scopare con Angie! – rise Axl dall’altra stanza, convinto di star mettendo i sottotitoli alle frasi dell’amico, ma in realtà non aveva capito proprio un cazzo. O forse aveva capito anche troppo e voleva solamente allontanare Angie e Slash più di quanto non avessero già fatto da soli.

Nessuno gli rispose, ma sentirono qualcosa andare in frantumi dalla camera adiacente. Probabilmente era una lampada e sicuramente era stato un riccio a caso che sembrava essersi dimenticato tutto della donna che gli aveva scaldato il letto e l’anima fino ad una settimana prima.

Così Jen si schiarì la voce e si portò via, in silenzio, il suo fidanzato, lasciando una groupie con il cuore stanco e la mente distrutta a farsi carezzare le spalle dal chitarrista sbagliato.

- La smetterai mai di chiamarmi unicorno? – chiese Angie con la voce bassa, una volta che furono rimasti soli. Voleva sembrare divertita e forse lo era anche, ma non riuscì comunque a dimostrarlo.

- La smetterò quando ti andrà via quel bernoccolo –

La groupie sospirò, tastandosi una tempia dolorante. Quel livido e quel taglio non avevano la minima intenzione di andare via, sembravano quasi ostinarsi a rimanere lì per ricordarle cosa si stava perdendo, cosa si era lasciata sfuggire. Ma lei non aveva fatto nessuna cazzata, per l’amor di dio! Era stato Slash ad allontanarla. Forse aveva scoperto di essersi pentito, forse rimpiangeva di aver lasciato perdere la cosa sbagliata… ma era sempre in tempo, no? Avrebbe potuto cacciare lei e ricominciare a bucarsi. O cacciare lei e basta.

Forse avrebbe dovuto prenderla lei quella decisione, andarsene e attraversare gli Stati Uniti facendo l’autostop per tornare a casa. Ma Los Angeles sarebbe stata abbastanza grande per entrambi una volta che i Guns fossero tornati? Dio, stava pontificando una fuga con i contro cazzi, quanto era diventata patetica?

- Smettila di pensarci – le ingiunse Izzy, senza smettere un attimo di carezzarle le spalle tese.

- A cosa? –

- Lascia perdere –

- Jeff, non sono una giornalista. Puoi evitare di parlare a monosillabi con me –

- Pensavo non ci fosse bisogno di dirti cosa ti passa per quella tua testa di femminuccia complessata… – sbuffò annoiato.

- Ehi! – lo interruppe furiosa – Io non sono complessata! –

- …pensavo – Jeff alzò il tono della voce, fulminandola con uno sguardo per averlo interrotto – Pensavo di non doverti sbattere in faccia quanto l’amore ti stia logorando ma evidentemente lo devo fare, perché sei anche peggio di quella testa di cazzo nella stanza affianco che lancia a terra le cose per le cazzate che dice Axl. Avete lo stesso muso lungo e non c’è nemmeno un fottuto motivo –

Era strano sentirlo fare discorsi così lunghi e così poco apatici, ma furono parole buttate al vento. Angie comprendeva Slash perché erano davvero due teste di cazzo fatte allo stesso fottuto modo.



*



Giorno!
Nevica da morire, siamo tutti chiusi in casa e quindi, invece di studiare, aggiorno xD E poi comunque è una mattina persa, visto che mi sono persa nei meandri di Tumblr e addio a tutti xD I casini sono arrivati, ma mi sembrava vuoto non separarli per un po', quei due. Io sono dell'idea che si apprezza davvero qualcosa quando lo si perde, quindi c'era bisogno anche di questo. Ma, nota bene, io non so scrivere cose tristi. Quindi ci sarà il lieto fine e don't worry u.u A posto, vi ringrazio come sempre per le recensioni meravigliose che mi lasciate e torno a tuffarmi in Tumblr. A preeesto!

Giuggi

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***




Capitolo 24


 

Ridendo e scherzando era passata un’altra settimana. Beh, d’accordo, non tutti ridevano e scherzavano. C’era chi, con un radicale cambio nei modi di fare, si era rinchiuso in camera a fare dio solo sapeva cosa. Una volta lo sapevano tutti cosa accadeva al di là delle pareti dietro cui si nascondeva, perché le urla di Angie erano sempre arrivate ben chiare a tutti e lei stessa non si era mai premurata di nasconderle. Dopotutto, che le importava?

Ma da quando Slash aveva deciso, senza apparente motivo, di avercela con lei, sia sull’autobus che negli alberghi regnava uno strano silenzio e, quando qualcuno parlava, lo faceva sempre sottovoce perché quella tensione sembrava precaria, come se spezzandola potesse capitare di peggio. Ma cosa poteva esserci di peggio di uno Slash taciturno e solitario? D’accordo, non era mai stato particolarmente estroverso o espansivo, anche da ubriaco preferiva farsi i cazzi suoi perché a farsi quelli di tutti ci pensava già Steven, ma si era arrivati ad un punto in cui ne avevano tutti i coglioni pieni. Tuttavia, l’espressione che aveva sempre in volto Angie aveva fatto desistere persino Axl da qualsiasi frecciatina, o simili, diretta a quella coppia di divorziati, ormai, perché nessuno avrebbe più potuto dire che erano sposati. Due estranei avrebbero avuto più interazioni di quante ne avessero avute loro in quei giorni.

In realtà, Angie non levava mai gli occhi di dosso alla sua rockstar, spesso lo fissava così intensamente da farlo dimenare a disagio e scappare come un codardo, naturalmente. Aveva deciso che gliel’avrebbe fatta pagare per quel comportamento insensato, ma Izzy e Duff scuotevano la testa con incredulità crescente, perché lo stava facendo davvero. E la cosa assolutamente priva di senso era che non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di parlargli, di chiedergli per quale motivo si comportasse così. Sempre che lei non lo sapesse e avesse fatto credere agli altri una cosa sbagliata. Chiederlo a Slash naturalmente era impossibile, visto che nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a lui per parlargli di qualcosa che non fosse la musica.

- Smettila di rompere le corde come se le tue dita fossero delle fottute forbici, allora! – blaterò Izzy, uscendo dalla camera del suddetto chitarrista – O, almeno, pagami tutte quelle che mi scrocchi. Non navighiamo nell’oro, cazzo -

- Vaffanculo! – replicò il riccio e, per tutta risposta, il compagno sbatté adirato la porta della stanza.

- Io non ero così acido quando ci stavamo avvicinando a Seattle – sospirò Duff a bassa voce, facendosi sentire solo da Angie, seduta sul divano accanto a lui, mentre ammiravano quella pessima scenetta da cabaret. In realtà era Slash che faceva sembrare tutti quanti delle adolescenti in piena sindrome premestruale, e quel suo strano modo di fare aveva reso Izzy molto adatto ad essere inquadrato come la sua fidanzatina isterica. Era una sua dote, probabilmente.

La groupie ponderò di farlo notare a Steven e Axl, sperando che in quel modo la smettessero di prenderla per il culo, ma poi si rese conto che non l’avrebbero comunque più fatto. Era strano come tendesse a dimenticarsi che il legame con la sua rockstar era stato reciso come le corde della chitarra che ad ogni concerto facevano una brutta fine.

- Però, Duff, lo sai che Indianapolis è ad uno sputo da Lafayette –

Il bassista annuì distrattamente, guardando Izzy ciondolare fino a loro. Quando era scazzato strusciava i piedi in modo davvero fastidioso, infatti tutti ringraziarono che fosse sempre incline al pacifismo, perché se fosse stato di pessimo umore più spesso avrebbe fatto saltare i nervi a tutti.

- Allora vedi di riprenderti le tue corde del cazzo – gridò Slash, aprendo la porta di scatto e facendo saltare tutti per aria – Me le comprerò con gli stessi soldi che prima sputtanavo in eroina, come tu continui a fare anche adesso! –

Quello che però il chitarrista non aveva previsto era la presenza di Angie esattamente di fronte a lui, così quando giunse spavaldo ad incontrare i suoi occhi del colore del cielo si pietrificò. Letteralmente.

Izzy avrebbe tanto voluto scoppiargli a ridere in faccia, perché dopotutto se lo meritava, ma non era così stronzo e capiva anche il malumore dell’amico. Certo, non gli aveva fatto piacere sentirsi dire quelle cose sull’eroina, ma da una parte lo ammirava perché per lui Angie era stata una ragione abbastanza forte per riuscire a smettere. E poteva solo immaginare come si sentisse in quei giorni, senza di lei.

Che cazzone, però. Ce l’aveva lì davanti, se gli faceva così male stare senza di lei perché non andava a riprendersela? Lei di certo non l’avrebbe rifiutato, era a pezzi quanto lui.

E si vedeva, si vedeva dai loro occhi che non riuscivano ad allontanarsi, erano quasi incollati e sicuramente non si sentivano più così bene da giorni, perché la verità era che si attraevano come due fottute calamite. I loro corpi sembravano quasi tendersi l’uno verso l’altro. La schiena di Slash era rigida ma piegata in avanti, come se il suo stesso corpo stesse anelando il calore della sua groupie. Era come un’astinenza. Dopotutto, lui lo sapeva bene, una dipendenza la si poteva curare solo con un’altra. E chi lo diceva che una donna non potesse essere importante a tal punto? Axl? Ma per favore…

Però non avrebbero potuto rimanere così in eterno, Angie avrebbe preso a testate un muro fino ad aprirsi di nuovo quel taglio che si era appena cicatrizzato se fosse rimasta in quel modo ancora a lungo, con le difese abbassate, e qualcuno avrebbe dovuto farglielo notare. Lei era quella forte, quella che non avrebbe mai voluto mostrare la sua debolezza a colui che ne era la causa. E invece lo stava proprio facendo. Non sarebbe stata fiera di se stessa.

Così Izzy si schiarì la gola, e mancò poco che Slash saltasse per aria come un cazzo di fuoco d’artificio. Era palese che non si fosse accorto del casino che aveva combinato, per lui era talmente un bisogno avere un qualsiasi contatto con lei che, quando succedeva, era come perdere la cognizione del tempo. E dire che, nemmeno due settimane prima, era la normalità passare le ore perso nei suoi occhi. Non che fossero momenti meno preziosi, soprattutto perché di solito accadeva insieme a del meraviglioso sesso senza precedenti, ma quella era davvero una tortura.

L’unico risultato di quell’azzardo di Izzy, però, fu che Slash rientrò nella sua stanza sbattendo la porta esattamente nello stesso modo in cui l’aveva aperta, e lo sentirono anche dare un giro di chiave.

Angie si alzò furiosa, mangiandosi in due falcate la distanza tra il divano e l’ingresso di quella camera in cui l’idiota era sparito, e fece per prenderla a pugni. Tuttavia, quando fu lì, abbassò il braccio senza più un briciolo di forza e si lasciò andare con la fronte contro il legno. Sospirò, posando i palmi ai lati delle tempie, e mormorò una sequela di insulti che però stonavano con la sua voce incrinata.

- Vaffanculo – ringhiò infine con tutta la forza che aveva, ma non le uscì dalla gola più di un labile gemito. Sperò che Slash fosse dall’altra parte della porta a sentirla disperarsi, ma sperò anche il contrario perché l’ultima cosa che voleva era rendere noto il suo tormento al diretto interessato. Non le importava se Duff, Izzy e Jen l’avessero vista in quelle condizioni, loro l’avrebbero comunque saputo vedendola con addosso solamente suoi vestiti, niente più magliette della sua rockstar, e con quelle occhiaie spietate sotto agli occhi.

Ma addirittura scoppiare a piangere…

Così se ne andò in quella che era diventata egoisticamente anche la sua camera, ma non riusciva a vederla come Jeff gliel’aveva rigirata. Lui non si sarebbe più potuto fare i cazzi suoi per un periodo di tempo indeterminato e lei se ne stava là a sbafo, come se non le fosse importato un cazzo.

- Qualcuno sa per quale motivo quei due non si cagano? – sbuffò Duff, accendendosi una sigaretta.

- Tu e Jen sapete per quale motivo non vi cagavate? – chiese Izzy serafico, scuotendo anche il capo mentre li osservava. Era quasi ridicolo che proprio lui facesse una domanda del genere.

Jen e il bassista si guardarono per un lungo istante, forse pensierosi o forse rendendosi conto delle analogie con i loro due amici.

- No – risposero poi candidamente, stringendosi nelle spalle.

Era acqua passata, continuare a chiederselo non avrebbe fatto nessuna differenza, tanto più che finalmente, dopo quelle poche settimane che però erano sembrate loro un’eternità, erano riusciti a trovare di nuovo quell’equilibrio che si erano persi per strada.

- Vi siete risposti –

Izzy faceva sempre tutto facile, eppure il suo ragionamento non faceva una grinza e dovettero dargliene atto. Alla fine era lui il cervellone in quella macchina malandata, non perché fosse più intelligente degli altri ma perché era quello che non si faceva problemi ad usare la materia grigia.

E poi qualcuno avrebbe dovuto ragionare, no?

- Quindi, molto probabilmente, quando riusciranno a chiarirsi si fidanzeranno e torneranno a comportarsi come due sposati del cazzo –

Tutti guardarono Gilda, che era appena comparsa dalla stanza di Steven, che occupava abusivamente proprio come le altre groupie, e si stupirono della perla di saggezza che aveva appena sparato. Lei ignorò seraficamente quelle occhiate sconvolte e, con un sogghigno indecifrabile, si lasciò cadere sul divano tra Jen e Izzy e continuò il suo monologo.

- Quello che mi sconvolge è che hanno rotto i coglioni a voi due idioti per due settimane e adesso si stanno comportando nello stesso identico modo -

- Gilda – balbettò Duff, alzandosi dallo schienale del divano per guardarla in viso - Che hai mangiato a colazione? Hai rubato il cervello ad Angie? –

- McKagan, sei dolcissimo – mugugnò saccente, fingendosi seccata o forse fingendo di non esserlo… non la conoscevano così bene - Il fatto che non abbia mai usato il cervello non significa che non l’abbia mai avuto, non ti pare? Dopotutto sono una donna –

Jen si morse la lingua, cercando di trattenere una risatina: da quando Steven le aveva confessato, da ubriaco naturalmente, di essere innamorato pazzo di lei allora aveva mostrato di essere un po’ più meritevole di stare dove stava. D’accordo, non era miss simpatia in ogni caso, ma riusciva ad essere sopportabile e magari anche a dire qualcosa di sensato, come aveva fatto proprio in quel momento.

- Beh, avresti dovuto usarlo più spesso – soffiò anche Izzy, centrando il punto come sempre grazie alla sua predisposizione genetica all’uso del minor numero possibile di parole – Ti saresti risparmiata un sacco di insulti –

Gilda fece per rispondere, sulla lingua già la quantità giusta di veleno, ma venne interrotta dalle urla di Axl, che stava cacciando fuori dalla sua stanza una donna mezza nuda. La guardò andarsene, con sulle labbra un sogghigno biecamente soddisfatto, e solo dopo che vide la porta chiudersi si rese conto di quattro paia d’occhi spalancati che lo fissavano senza ritegno.

- Bill… - mugugnò Izzy, una nota allibita nella voce – Dimmi che non è come penso –

- Sì che lo è – rispose il rosso – E ora scusate, vado a farmi una bellissima doccia –

E se ne andò canticchiando Fat bottomed girls, a voce così alta che lo sentirono anche sotto il getto dell’acqua.

- Quella – Jeff si schiarì la voce, imbarazzato – Era la madre della prima ragazza che ha rifiutato Axl, se non erro erano di Indianapolis –

Jen e Gilda si guardarono, e all’unisono si schiaffarono una mano sul volto.

Era una fottuta primadonna.


 

*



Giorno!
Prima ti tutto vi dico che questo capitolo mi fa schifo, l'ho scritto di merda ma non sono capace di vederli che si ignorano. Mi mettono addosso una depressione allucinante e quindi scrivo di conseguenza. Spero che, comunque, tutto ciò vi faccia capire che preferisco quando vanno d'accordo e quindi faranno "pace" molto presto xD Gilda, boh, mi sono sentita in colpa e quindi le ho voluto fornire almeno un cervello xD Poi resta antipatica anche a me, ma almeno non fa sfigurare il genere femminile. Più avanti farà un'altra buona azione! Poi basta, vi ringrazio per le recensioni, come sempre siete troppo gentili. E me ne vado a studiare! :3

Giuggi

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***




Capitolo 25


 

Angie fissava il soffitto, infastidita da una macchia di muffa.

Al diavolo, non poteva credere di essere davvero di pessimo umore per quello. In realtà si odiava perché la sera precedente si era rintanata in camera di Izzy, costringendolo ad andarsene a scopare da un’altra parte. Dio, perché non si arrabbiava mai con lei? Avrebbe dovuto mandarla a calci in culo a parlare con quell’altro idiota di Slash e invece non lo faceva. Si limitava ad accarezzarle la schiena quando, di notte, non riusciva a dormire perché sentiva troppo freddo. Freddo dentro, quel freddo che non sarebbe passato. Ma a lei piaceva stare lì con lui, era quasi confortevole trovare cucchiai, accendini e siringhe nascosti in quei posti così poco furbi dati dalla certezza che nessuno sarebbe mai andato a rovistare. Le ricordava Slash, e quelle volte in cui lo prendeva ad insulti perché calpestava il suo dannato cucchiaio e finivano a litigare per scherzo e poi a rotolarsi in un letto o in una doccia. Ma cosa era rimasto di quel modo di prendere tutto alla giornata?

Un cazzo.

Angie si alzò e uscì a cercare Izzy. Voleva solo chiedergli scusa, e dirgli che lei se ne sarebbe andata a fare un giro e magari anche a compare le sigarette, e che lui avrebbe potuto riprendersi la sua camera. Così aprì un po’ di porte a caso, trovando prima Duff e Jen, poi Axl. Ne mancavano due. Due fottute porte e la groupie deglutì. Conoscendo la sua sfiga di sicuro avrebbe aperto quella sbagliata, così decise di aprire l’altra.

Sbarrò gli occhi e gonfiò le guance, tentando in tutti i modi di non scoppiare a ridere come una cretina. La scena era davvero surreale: Steven e Gilda si scambiavano effusioni con le loro gambe intrecciate e, stranamente, erano anche mezzi vestiti. E, dall’altra parte del letto, steso a pancia in giù, c’era Slash con addosso solamente un paio di jeans. Per un attimo pensò che si fossero divertiti tutti e tre, ma dubitava che Steven fosse disposto a dividere la sua groupie con qualcun altro. Ormai era pubblicamente cotto di lei. E poi, a giudicare dal modo scazzato in cui la sua rockstar se ne stava sdraiata in quell’angolo di materasso, il più lontano possibile da quei due, decisamente non dovevano aver condiviso un bel cazzo di niente.

…e l’aveva chiamato ancora la sua rockstar? Dio, le abitudini erano dure a morire, eppure in quei giorni l’evidenza l’aveva stroncata così tante volte che si domandava come facesse ad essere ancora così testarda e non levarsi quel modo di dire dalla testa.

Forse rimase là impalata un po’ più del previsto, forse a divertirsi con quel quadretto surreale o forse ad ammirare la schiena nuda e perfetta di Slash e le sue mani che tanto le mancavano, ma fu presto raggiunta anche da Jen e Duff, che erano stati disturbati dalla sua incursione in tutte le stanze e avevano deciso di alzarsi a loro volta. Il biondo scoppiò a ridere senza ritegno, iniziando a sfottere Slash perché si era ridotto a fare da terzo incomodo proprio con Steven e Gilda che, lo sapevano tutti, erano più appiccicosi della colla e parecchio rumorosi quando si scambiavano le coccole. Poi, visto che Steven era in boxer, lo immaginavano tutti cosa avessero fatto in quelle ore anche senza arrivare a scopare.

Chissà poi perché erano andati in camera di Slash. Probabilmente Izzy aveva rubato il letto al batterista con la sua focosa conquista dai capelli rossi e peccaminosi.

In ogni caso, anche Jen iniziò a sganasciarsi dalle risate insieme al suo ragazzo e il riccio, già con il dente parecchio avvelenato per i gemiti e i sospiri languidi che aveva dovuto sorbirsi per tutta la notte insieme al cigolio delle molle del materasso, si alzò in piedi come una furia con gli occhi ancora chiusi per il sonno e a passo di marcia si piantò davanti ai tre che si godevano lo spettacolino.

- Ho già i coglioni abbastanza girati questa mattina – ringhiò, sfruttando la sua massa incolta di capelli per farsi buio – Vedete di smetterla di ridere come dei deficienti o vi sbatto a calci in culo fino a Los Angeles –

Peccato che, con le palpebre serrate, non avesse visto dove stava andando. Quando, dopo quella profusione di veleno, trovò il coraggio di aprire gli occhi annebbiati, non fu di certo pronto a vedersi davanti lo sguardo sbarrato di Angie che era forse ancora più sconvolta di lui.

La vide abbassare lo sguardo lungo il suo petto, le labbra distorte quasi in una smorfia sofferente per quella visione che una volta era la quotidianità, e si maledì per la sua abitudine di andare in giro con il bottone dei jeans sempre slacciato.

- Io non stavo ridendo – precisò poi la groupie, rialzando gli occhi con uno scatto di determinazione. La sua voce era gelida, quasi offesa, e probabilmente non solo per quello scoppio di rabbia contro di lei. Era offesa per tutto, per quella situazione di merda in cui si erano ficcati senza nemmeno sapere il perché. O forse lui lo sapeva, forse… o forse no. Chiederglielo non sarebbe stato saggio e nemmeno utile, visto che lui nella migliore delle ipotesi le avrebbe sbattuto la porta in faccia, preferendo lo spettacolino di Gilda e Steven ai suoi fottuti occhi indagatori.

E Slash boccheggiava, quasi pietrificato. Cosa avrebbe potuto risponderle? Scusarsi per averla aggredita con quelle parole? Scusarsi per tutto? Certo che no.

E probabilmente Angie, che era sempre stata l’unica in totale sintonia con il suo cervello marcio e bacato, capì anche in quel momento cosa gli passava per la testa perché sogghignò amaramente, voltandogli poi le spalle diretta chissà dove, soltanto lontano da lì, lontano da lui.

Avevano proprio perso tutto? Cosa ne era stato di quella complicità tra groupie e rockstar che avevano instaurato? Cosa ne era stato di quel profondo significato che avevano dato di nuovo alla figura della groupie? Forse aveva ragione la società a considerarle solamente come delle puttanelle da tour, delle ragazze che in cambio di un po’ di notorietà si facevano fottere da una band di strafatti. Ma non era così, dio, non era mai stato così.

Purtroppo o per fortuna, quei pessimi pensieri furono interrotti dalla porta della camera di Steven, in cui per l’occasione si era insediato Izzy, che si aprì facendo uscire un tornado rosso e due fanali azzurri liquidi di lacrime.

Angie alzò un sopracciglio: quella faccenda stava diventando peggio di una soap opera. Sembrava la valle dei cuori infranti. Ogni giorno sbattevano porte e ragazze scappavano via con gli occhi lucidi e la dignità in pezzi. Beh, lei non era scappata ma in quanto a lacrime e dignità non era messa molto diversamente.

Quello che la stupiva era che, quella volta, lo stronzo fosse Izzy. Lui era quello che le ragazze le mandava via in modo gentile, sorridendo loro e parlandone con calma. Lui diceva che era stata una bella nottata, le ringraziava per il sesso e per la compagnia, e concludeva il discorso con un filosofico arrivederci. Ma nessuna aveva pianto davanti a lui, tutte erano sempre riuscite a trattenere l’umiliazione fino a casa, perché più o meno era quello il lasso di tempo che impiegavano a realizzare che una rockstar le aveva appena scaricate. Quindi, o quella rossa era più intelligente delle altre, o lui le aveva detto qualcosa di diverso.

Così, invece di andare a chiederlo a lui, non ci pensò nemmeno un momento e seguì la ragazza. La trovò fuori, seduta sul muretto davanti all’hotel che giocava con un pacchetto vuoto di Marlboro rosse, probabilmente lasciato da uno dei ragazzi.

- Come ti chiami? – le chiese, sedendosi di fronte a lei.

Dio, era giovanissima. Più guardava il suo volto dai lineamenti delicati e più si sentiva vecchia. Non aveva nemmeno mai detto a Slash quanti anni avesse, per paura che prima o poi la cacciassero via, ma in quel momento si sentì vecchia lo stesso.

- Kara – rispose quella, la voce strozzata nel tentativo di trattenere un singhiozzo – E tu? –

- Angie – mormorò in risposta, lasciando che l’azzurro dei loro occhi si mischiasse. Sapeva che il suo era un azzurro diverso, più disilluso e consapevole. Forse, per questo, un azzurro meno brillante – Cos’è successo con Izzy? –

- Ieri sera mi ha detto che tu, adesso, sei una groupie disoccupata – Kara sorrise invece di risponderle, e la groupie ammise a se stessa di averla sottovalutata. Era sveglia, forse per quello piangeva.

- Izzy è un pettegolo, non si fa mai gli affari suoi – rispose divertita, ma non si offese. Dopotutto, era convinta che ormai fosse palese anche ad uno sconosciuto quanto stesse male.

- Quindi voi groupie siete innamorate di loro? – allibì la ragazzina, spalancando la bocca. Angie sapeva dove voleva andare a parare: era convinta che sarebbe potuta essere una groupie anche lei se avesse ammesso che loro li amavano. Ma non era quello il punto.

- Sai, alla fine siamo tutte innamorate di loro – mormorò con amarezza, accendendosi una sigaretta per nascondere il suo sguardo velato di lacrime – Il problema sta nell’imparare a conviverci –

- E tu hai imparato? –

- Se avessi imparato non sarei qui a compromettermi la salute ed il futuro ad ogni momento. Ma non ci riesco –

Dio, non aveva mai ammesso quelle cose ad alta voce. Era come renderle vere, e lei si sentiva come se Slash in persona la stesse prendendo a calci nello stomaco.

- L’amore non è una brutta cosa – mormorò Kara, stringendole una mano con convinzione.

Perché era così ottimista, perché credeva che sarebbe riuscita ad avere il mondo in mano?

Ma, dopotutto, anche lei era così quando aveva conosciuto i Guns N’ Roses, la sua croce e la sua delizia.

- Quello non corrisposto sì –

- L’ho provato, ma poi passa… -

- Allora forse non hai mai amato per davvero – sussurrò Angie stremata, sentendo una lacrima scorrerle sulla guancia senza pietà, come se stesse scavando un solco nella sua pelle.

- Ma tu non vuoi di più? – chiese Kara dopo un momento di silenzio - Come puoi stare bene sapendo che lui va a letto con altre donne? –

- Facciamo tesoro di quel poco che abbiamo, ce lo facciamo bastare, perché sappiamo che se provassimo a chiedere di più perderemmo anche quello che abbiamo guadagnato –

La groupie alzò lo sguardo, stupita che qualcuno avesse parlato al suo posto, e si trovò davanti la figura di Gilda con un sorriso distrutto, quasi disperato. Ma lei stava meglio, lei e Jen l’avevano avuto, il di più.

- E cosa avete guadagnato? –

- La loro fiducia – rispose Angie, scambiando un sorriso complice con quella groupie che non aveva mai sopportato e che in quel momento sentiva così vicina - E il sapere che nessun’altra lo capirà mai come noi –

- Non è amore anche questo? – chiese di nuovo Kara, stupendo entrambe. Il fatto che fosse giovane non precludeva che avesse già capito tutto, e la semplicità con cui sbatteva in faccia cose che loro stesse avevano impiegato settimane per metabolizzare era destabilizzante.

- Non venire con noi – le disse Gilda, carezzandole il capo mentre Angie lottava con il nodo che le bloccava la gola - Non rovinarti, non disilluderti. Sei troppo giovane per questo –

Le due groupie si guardarono, ringraziandosi a vicenda per quello strano sostegno che nessuna di loro aveva chiesto. Ma che in quel momento stava impedendo ad una donna di affondare.



*



Giorno!
Oggi devo dire un sacco di cose xD Prima di tutto, sappiate che mancano cinque capitoli e poi la storia sarà conclusa. Con il lieto fine, naturalmente. Ve lo ricordo sempre perché non si sa mai! Poi vi dico che il prossimo aggiornamento slitterà di qualche giorno, visto che c'è di mezzo il natale e non avrò il tempo di pubblicare perché sarò in giro a rotolare per le varie case dei parenti xD Però, se la fortuna mi assiste, potrei iniziare a pubblicare il seguito dell'altra mia storia (che forse qualcuno di voi ha letto, boh). Pooooooi, la scena di Steven, Gilda e Slash l'ho presa da QUESTA foto, e qui ringrazio Lisa per avermi dato l'input, e per ultimo... QUESTA è Kara, è bellissima, vero? :3 Che devo dire d'altro? Nel caso in cui i Maya fossero in ritardo, io vi ringrazio davvero tantissimo per le belle cose che mi avete sempre detto e poi ringrazio anche la sopracitata Lisa per il betareading. Se, invece, i Maya si fossero persi per strada... nulla, ripeterò tutto alla fine del trentesimo capitolo. Bon, basta. A non-so-quando-ma-comunque-presto, adios! :3

Giuggi

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***




Capitolo 26


 

Dopo quel breve momento di complicità con Gilda, che probabilmente entrambe speravano non durasse troppo a lungo, e dopo essersi assicurate che Kara avesse desistito dal suo folle progetto di imbarcarsi con loro alla ricerca di un amore che non avrebbe mai trovato, Angie decise che sarebbe andata a parlare con Izzy per sapere che diavolo si fossero detti quei due per sconvolgere la piccola rossa fino a quel punto.

Se la prese con calma, stremata dalla conversazione appena avvenuta con quella ragazza e, soprattutto, da tutte le cose che aveva ammesso.

Innamorate. Innamorate di loro.

Si diede uno schiaffo in volto neanche poi così leggero, mentre aspettava che l’ascensore arrivasse a piano terra per portarla nelle stanze dei ragazzi. Non aveva più dodici anni, poteva anche smetterla di prendersi per il culo da sola e dire al mondo che il suo rapporto con Slash era solamente dettato da una perfetta chimica. Nessuna perfetta chimica l’avrebbe ridotta a perdere cinque chili in due settimane e nessuna perfetta chimica le avrebbe tolto il sonno, il sorriso, il pepe e anche la voglia di vivere. No, ok, quella ce l’aveva ancora, ma solo perché doveva fare il culo a Izzy e guardare male Slash fino a Los Angeles. Poi chissà. Ma la realtà rimaneva sempre quella che aveva ammesso poco prima: lei era terribilmente innamorata della sua rockstar.

E fanculo se non se la sbatteva più, fanculo a tutto. Lui sarebbe sempre rimasto la sua rockstar.

Dio, quanto era altalenante il suo umore? Fino ad un momento prima si era sentita uno schifo, un pezzo della tappezzeria muffa e sporca che ornava le pareti di quell’albergo, solo per quel breve contatto con Slash che l’aveva praticamente calpestata. E in quel momento, dentro di sé, sentiva quasi di poter rivendicare ancora qualche cazzo di diritto su di lui solo perché aveva ammesso di provare un fottuto tipo di amore nei suoi confronti. Ma come osava?

Si guardò allo specchio dell’ascensore: dire che lo amava era come pretendere di frapporsi tra lui e la sua chitarra? Tra lui e la sua musica? Aveva sempre pensato così.

Chissà, forse il punto era solo essere a conoscenza dei limiti, del fatto che quelle sei fottute corde sarebbero sempre state al primo posto. E andava bene così, le era sempre andato bene. Anzi, era così che doveva essere e come lei stessa voleva che fosse. Non poteva saperlo con certezza, ma se non ci fosse stata quella musica e quei polpastrelli sempre pieni di tagli a suonare e a farle vibrare corpo e anima, forse non sarebbe nemmeno stata la stessa cosa. Lei non sarebbe stata la stessa.

- Che faccia – mugugnò Steven con un’espressione terribilmente addormentata, trovandosi davanti Angie quando le porte dell’ascensore si aprirono.

- Stavo pensando a cose complicate – sogghignò la groupie, sorpassandolo con una pacca sulla spalla – E poi non è che la tua sia molto meglio –

- Io ho scopato tutta la notte –

- Ma non dire cazzate! Slash ti avrebbe sbattuto fuori a calci nei coglioni –

- Saul si è rammollito, ultimamente – le disse il batterista, lanciandole un’occhiata indagatrice da sotto il ciuffo biondo che riusciva ad essere cotonato anche dopo sei ore nel letto, andando contro ogni logica – Tu ne sai nulla? –

- Affatto – rispose pacata – Se cerchi la tua ragazza è giù nel parcheggio che fuma come una ciminiera –

Steven fece per risponderle, sbarrando gli occhi. Sapeva già cosa voleva dirle, voleva blaterare cose tipo che Gilda non era la sua ragazza e minchiate del genere, ma l’ascensore si chiuse davanti alla sua faccia, rischiando anche di prendergli in mezzo il naso, così Angie si limitò a ridacchiare e a salutarlo con la mano.

Non era di così buon umore, in realtà. Però Steven ispirava sempre un sacco di risate, ed era anche facile prenderlo per il culo perché era troppo rincoglionito e addormentato per rispondere a tono, così ne aveva approfittato. Aveva ancora il sorriso sulle labbra quando Slash uscì dalla sua camera e se la trovò davanti. Non si era preso la briga di rivestirsi e, a quanto sembrava, non si sarebbe nemmeno preso la briga di guardarla in faccia.

- Slash, senti… – provò a dirgli, cercando con gli occhi il suo viso che, maledizione a quei capelli, non riuscì a vedere per bene. Di certo non le sfuggì il suo naso e le sue labbra carnose frementi per la fatica di mantenere un’espressione neutra, ma i suoi occhi… beh, quelli no. Era chiedere troppo.

- Ho da fare, non ora –

Però… le aveva anche risposto. La cosa aveva dell’incredibile. In ogni caso si defilò prima che potesse aprire di nuovo la bocca. Aveva paura di lei? Non lo sapeva nemmeno lui, probabilmente. Era solo un maledetto cazzone e la groupie si odiò per averlo cercato ancora una volta, per aver ceduto lei per prima esattamente come ogni fottuta volta in cui passava le ore con gli occhi puntati sulla sua figura. Diceva a se stessa e agli altri che lo faceva solo per fargliela pagare, per fargli vedere che lei era forte e stava bene anche senza di lui.

Ma la verità era che lei non stava affatto bene senza di lui, in quei rarissimi momenti in cui le rivolgeva la parola si sentiva quasi rinascere e poi crollava di nuovo con il culo per terra quando capiva che non avrebbe funzionato, che avrebbe fatto di nuovo lo stronzo e sarebbe tornato nel suo guscio senza lasciarle nemmeno uno spiraglio.

Eppure, porca puttana, se anche lui si rintanava in camera e non usciva a bere, scopare e fare risse allora perché faceva così tanto il sostenuto? Se avevano dei problemi perché non ne parlavano? L’avevano sempre fatto, cosa c’era di così grosso quella volta?

- Che faccia – la apostrofò Izzy, appoggiato con i fianchi al davanzale della finestra, quando Angie entrò nella camera di cui si era appena riappropriato.

- È la stessa cosa che mi ha detto anche Steven e, guarda caso, entrambi avete la stessa espressione rincoglionita di chi non potrebbe proprio permettersi di parlare –

- Sei acida, amore – sogghignò andandole incontro. Le passò le mani sulle braccia, come faceva sempre. Quando la vedeva sembrava sempre volerla riscaldare, come se avesse freddo. Ed era sempre la solita storia: lei aveva freddo dentro.

- Sono incazzata per come hai stravolto quella piccola Kara – sibilò puntando gli occhi nei suoi.

Izzy irrigidì la schiena, allontanandosi da lei per accasciarsi per terra, di fianco al fodero della sua chitarra. Lo aprì e, infilando la mano in una taschina interna praticamente invisibile, estrasse una siringa usata.

- L’hai vista, no? – le disse, giocando con l’ago come se fosse stato qualcosa di completamente innocuo – Era così bella… e fragile. Mi ha detto di non avere nemmeno diciassette anni. Io ne ho venticinque, Angie. E sono un fottuto tossico e se le avessi permesso di venire con noi l’avrei distrutta –

- Ti sei affezionato così tanto in una notte, Izzy? – gli domandò Angie, prendendogli di mano la siringa per riporla al sicuro nel suo nascondiglio. Si sedette sul pavimento insieme a lui, sulle sue ginocchia, e gli circondò il collo con le braccia. Lo obbligò a posare la testa nell’incavo della sua spalla e lo cullò per qualche minuto.

- Quegli occhi… era così ingenua, mi ricordava disperatamente una bambina. E me la sono scopata… dio, sono un porco. Non era nemmeno ubriaca -

- Voi uomini avete il vizio di sottovalutarci – sorrise la groupie, parlando con le labbra sulla fronte della rockstar – Lei sapeva quello che stava facendo, era disposta a correre ogni rischio possibile se tutto ciò avesse comportato starti affianco. Io lo so che cosa si prova quando vedi qualcuno solo attraverso uno schermo grande come un tombino oppure su un giornale dalla carta patinata e poi… riesci a trovartelo davanti. Tu non lo sai cosa ti esplode dentro, Izzy. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per te, se solo glielo avessi permesso –

- Angie, io… - alzò lo sguardo, lasciando che la groupie carezzasse con un sorriso amaro i pesanti solchi violacei sotto i suoi occhi – Tu eri diversa, sei sempre stata più forte. Persino di Gilda e di Jen. Kara è fragile… la spezzerei, la sporcherei. Non sopporterei che degli occhi così si circondassero delle stesse occhiaie che stai toccando ora -

- Prima di tutto non sono più forte di loro, ho finto di esserlo per troppo tempo e ora ne sto pagando le conseguenze. E, comunque, forse avrebbe potuto aiutarti a ripulire il tuo cervello da quella merda che ti spari in vena – aveva iniziato il suo discorso con amarezza per poi finire determinata e furiosa verso quella fottuta eroina che stava distruggendo tutto. Lei stessa si era fatta a volte, ma non avrebbe mai perso l’indipendenza in favore di qualcosa che chiudeva fuori i problemi per due ore. Si sarebbe accontentata di essere stretta nelle braccia giuste.

- Lo sai che non ne ho la forza, adesso –

- Lo so – annuì piano, posandogli un bacio sulle labbra – Per questo l’abbiamo mandata via –

Avevano gli occhi lucidi entrambi, per motivi diversi ma forse più affini di quanto credessero. C’erano sofferenze che accomunavano anche gli animi più distanti. Eppure loro due erano sempre stati amici.

- Saresti la mia groupie perfetta – sospirò Izzy, rompendo il silenzio dopo un lungo momento.

- L’ho già sentita questa – ridacchiò in risposta, per poi sfidarlo e alleggerire l’atmosfera - E perché no? –

- Perché Slash… -

- Cazzate, Slash non c’entra. Semplicemente non c’è intesa sessuale tra noi –

- Piccola, sono un uomo – il chitarrista alzò lo sguardo, ammiccando nei suoi confronti mentre tentava di abbozzare un sorriso - Non mi ci vogliono i ricci lunghi e selvaggi per farti arrapare –

- Questo lo dici tu –

- Proviamo – la sfidò, baciandola di nuovo e più profondamente.

Angie strizzò gli occhi, muovendo la lingua insieme a quella di Izzy. Non sentiva niente. L’amicizia con Izzy era troppo diversa da quello che la legava a Slash.

E se… non fosse più riuscita ad amare qualcuno, dopo di lui?

Il loro bacio fu interrotto da qualcosa che andava in pezzi, ed entrambi scattarono in piedi quasi contemporaneamente. Una tazza di porcellana giaceva a terra, contro il muro macchiato di caffè. Probabilmente corretto. E Slash se ne stava andando a passo di marcia.

- Slash – gemette la groupie, sentendosi scivolare tutto dalle dita. Gli corse incontro, prendendolo per un gomito e obbligandolo a voltarsi proprio mentre lui varcava la soglia della sua stanza. Ma non si aspettava quello sguardo gelido e furioso. Si aspettava la solita indifferenza, era abituata a quella e sapeva come farsela scivolare addosso, più o meno.

Ma quello… non gli era piaciuto vederla con Izzy, gli aveva promesso che non avrebbe mai più fatto nulla con nessuno dei suoi compagni ed era come se l’avesse tradito. Ma era stato solo un bacio, un bacio e per di più per scherzo. E loro due non si parlavano più, non si toccavano da settimane. Aveva ancora dei diritti su di lei? Voleva averne?

- Lasciami – le disse a bassa voce, la gola che quasi tremava per la furia repressa che stavano sopportando le sue corde vocali.

Angie obbedì subito, come se si fosse scottata. Dai suoi occhi sgorgavano lacrime a fiotti, ormai nemmeno se ne vergognava più.

E quando Cooper aprì la porta della sua stanza, invitandola all’interno, non vide motivo per dirgli di no. Dopotutto, non aveva niente da perdere.



*



Nessuno dovrebbe pubblicare capitoli tristi sotto natale, visto che già l'atmosfera non è il massimo (disse il Grinch xD ma ognuno ha i suoi difetti xD). Però ci voleva, quindi vi tocca. Il prossimo capitolo arriverà prima della fine della settimana... penso sabato, giusto perché mi sono rotta di vedere 'sti due pugnalarsi tra le scapole e voglio velocizzare il tutto. Nulla, vi ringrazio per tutto il ringraziabile e spero che non abbiate mangiato troppo u.u A presto :3

Giuggi

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***




Capitolo 27


 

Pioveva di nuovo. Ormai sembrava che il cielo non volesse più mostrare al mondo che il sole, da qualche parte là dietro quella pesante coltre di nubi, esisteva ancora.

Ma, in ogni caso, ormai era sera tardi e nessun raggio luminoso avrebbe potuto filtrare attraverso il grigio. Bisognava solo aspettare e sperare che il giorno dopo fosse sereno.

Bisognava sempre aspettare, in tutto. E anche sperare.

Il loro hotel aveva un giardino interno, per una volta. Era un lusso del cazzo, completamente inutile, tanto più che la carta da parati che tappezzava le stanze era squallidamente sbiadita e anche ammuffita agli angoli e, da quando erano arrivati loro, si era ingrigita ancora di più per colpa di tutte le sigarette che fumavano e respiravano nemmeno fossero aria.

Quella notte, sotto la pioggia, sempre così presente in quel tour e sempre così pronta a fotterli ogni volta da essere stata paragonata ad una groupie, una figura era mollemente abbandonata su una panchina, incurante del diluvio o forse fin troppo consapevole di esso. In ogni caso, tutta quell’acqua sembrava non riuscire a lavare via nulla di quel periodo di merda che stava spegnendo, in alcuni di loro, quella voglia di fare casino che si erano portati dietro da casa al posto delle valigie.

Qualcun altro camminava svogliato, strusciando i piedi nelle pozzanghere e pensando che il concerto che avevano appena concluso fosse stato una vera merda, almeno per quanto riguardava lui. Ma in quella testa non c’era più nulla ormai, c’era solo terreno fertile per i capelli che però in quel momento erano fradici e appiattiti contro il capo e sulle spalle. La vivacità che l’aveva sempre accompagnato sembrava essersi afflosciata proprio come la sua chioma selvaggia e come la figura inzuppata su quella panchina che in quel momento aveva davanti.

- Angie – esclamò stupito, e forse anche un po’ sconvolto – Cosa cazzo ci fai qui sotto il diluvio? –

Angie alzò lo sguardo stralunato, le palpebre socchiuse e le pupille enormi che avevano inghiottito quell’azzurro che una volta illuminava tutto quello che le stava attorno, lui compreso.

Lui soprattutto.

- Guarda – gli disse, senza rispondere alla domanda che le aveva posto. Gli parlò con un sorriso così forzato e di plastica, così disperato da mettere i brividi – La pioggia è entrata nella bottiglia e il Jack è tutto annacquato –

Lui la guardò alzare mollemente il braccio, la cui mano artigliava in modo maldestro e poco convinto una bottiglia rettangolare dall’etichetta inzuppata. Tutto era inzuppato tra loro, c’era di mezzo sempre la pioggia che, in un modo o nell’altro, se ne rimaneva sempre lì ad osservarli e non li aiutava mai. Se la rideva anche, magari.

Però era vero, il Jack era molto più pallido del normale e probabilmente faceva anche schifo. Come se fosse stata l’unica cosa. Anche Angie sembrava più pallida del normale alla luce fredda di quel lampione che si stagliava sopra di loro, ma lui non poté evitare di pensare che non facesse per nulla schifo. No, lei era bellissima come sempre, anche se più magra e con lo sguardo spento e assente.

- Sei fradicia – le risposte atono, annullando con un paio di ampie falcate la distanza tra loro, obbligando la pioggia a spostarsi perché lì vicino a lei doveva starci lui. Le sollevò il mento con due dita, schiudendo le labbra per respirare disperatamente la sua stessa aria. Starle vicino gli faceva sempre quell’effetto – E sei fatta –

- Già – annuì la groupie, ridendo piano. Avevano troncato quella specie di conversazione tra sordi, in cui entrambi dicevano quello che volevano dire senza però mai rispondersi. Lei lo aveva fatto, forse non aspettava altro che quelle parole. Continuò a sorridere beata, lasciando cadere il capo sul palmo della mano che la reggeva – E tu mi stai parlando. Non credevo che le allucinazioni arrivassero con così poco -

- Dove hai preso la coca? – indagò di nuovo, il tono di voce duro come la linea della mascella serrata mentre la sollevava dalla panchina. Era fradicia come un pulcino e la maglietta, ormai trasparente, lasciava intravedere fin troppo bene il pizzo nero dell’intimo che indossava. Slash cercò di non abbassare lo sguardo ma era così difficile… no, era impossibile. Non toccava una donna da settimane, non toccava lei da settimane e dio solo sapeva quanto cazzo gli fosse mancata.

Sarebbe bastato così poco, sarebbe bastato ingoiare l’orgoglio e, se non gli fosse riuscito a secco, avrebbe potuto accompagnarlo giù per l’esofago con una buona sorsata di qualcosa. Dopotutto non avrebbe corso rischi, gli ubriachi dicevano sempre la verità e loro erano sempre ubriachi.

Cazzate, i rischi li avrebbe corsi eccome visto che avrebbe potuto dirle che… cose serie, ecco. Cose che non era pronto a dire, cose che non era giusto che dicesse, cose che nemmeno da sbronzo avrebbe dovuto avere il coraggio di far uscire da quel cesso che si ritrovava al posto della bocca.

- Ehi, sei proprio un esperto se sai che sono fatta di coca – rise la groupie. Erano dei singulti isterici, quasi forzati, come se nemmeno lei credesse a quello che diceva e faceva.

Erano diventati due estranei, non si parlavano più come una volta. C’era freddo ovunque, dentro e fuori, e non era solo per colpa della pioggia. La pioggia… piangeva.

Come Angie, le cui risa si tramutarono ben presto in singhiozzi inarrestabili e fu costretta a rifugiarsi sul petto di Slash, con il naso nell’incavo della spalla ad inspirare a pieni polmoni il suo fottuto profumo.

- Dio, quanto posso essere idiota – gemette, stringendo tra i pugni il cotone della sua maglietta – Ero venuta qui a piangere in santa pace, perché con la pioggia non avrei sentito il solletico delle lacrime sulla mia faccia ma ora sento i singhiozzi. Non voglio sentire i singhiozzi! -

- Stai calma – rispose lui, stringendola a sé mente le carezzava la schiena – Ci sono qui io –

- Sì, sei qui – annuì tra i singhiozzi – Mi manchi, Slash. Perché non lo vedi? –

- Non dire niente – mormorò in risposta, stringendo i denti mentre posava le labbra sulla sua fronte. Dio, lo vedeva. L’aveva sempre visto e anche a lui mancava come l’aria ma non ci riusciva a guardarla negli occhi. Non ne aveva più il coraggio, nonostante a lei sembrasse non importare. Perché non le importava, perché continuava ad inseguirlo nonostante tutto? Anzi, perché le importava così tanto? Che fottuto casino.

- Ti porto dentro – le disse poi, passandole una mano dietro le spalle e l’altra dietro le ginocchia. La sollevò, facendola accoccolare contro il suo petto.

Se Angie fosse stata un po’ più in sé si sarebbe resa conto che non era la prima volta che la portava in giro così, e quando era successo l’aveva fatto perché erano appena usciti dalla doccia e non voleva farla scivolare. Anche in quel caso erano bagnati fradici. Slash pensava proprio a quel giorno mentre la portava dentro, a quando le aveva detto di non farsi più Axl e nessun altro dei suoi compagni. Ma si era limonata Izzy, se lui non avesse scagliato quella tazza contro il muro magari si sarebbero anche messi a scopare. E pure con la porta aperta.

Ah, cazzate. Stava solamente cercando una scusa per poter evitare di parlarle ancora per un po’. Non sarebbero mai finiti a scopare, aveva visto che lo stava baciando con gli occhi aperti. Angie non baciava mai con gli occhi aperti. Beh, non baciava mai lui in quel modo. Ma tanto gli bastava.

- Ti serve la calzamaglia – mormorò, muovendo le labbra contro la pelle del suo collo. Se lo ricordava, se lo ricordava anche se era così fatta. Forse era importante.

- Sì, certo, così sarei un cotechino –

- A me piaceresti lo stesso, sai? Mi accontenterei dei tuoi capelli, poi i vestiti te li potrei sempre togliere – sussurrò, tentando di alzare il capo per guardarlo negli occhi. Ma dovette desistere, le girava tutto e non aveva abbastanza percezione del suo corpo.

- Perché parli al condizionale? – le chiese, mordendosi la lingua subito dopo. Ma se la morse davvero, fino a sentire il sangue in bocca, e si diede dell’idiota. Che cazzo di domande faceva?

- Perché adesso non posso più toccarti… - rispose subito, gli occhi fissi nel vuoto con quelle pupille enormi e niente più azzurro ad illuminare la sua rockstar – Spogliarti… -

- Angie –

- Baciarti… -

- Angie, smettila –

- Amarti – quelle parole le fuggirono di bocca, forse contro la sua volontà o forse no, ma subito dopo riprese a singhiozzare, nascondendosi nel suo petto come aveva fatto fino a quel momento – Scusami, sono patetica –

- Sei solo fatta – rispose Slash con apatia, camminando nel corridoio accompagnato dallo stridio della gomma bagnata delle sue scarpe contro il pavimento.

- E tu sei arrabbiato di nuovo – sospirò sconsolata, pulendosi una lacrima con stizza – Sono un’idiota –

- Smettila, non sono arrabbiato e tu non sei idiota –

- Cosa succede ragazzi? – chiese Jen, uscendo dalla sua stanza con i capelli arruffati come al solito e addosso solamente uno slip e la maglietta di Duff – Cazzo, Angie! –

- Dove ha preso la coca? – domandò a sua volta Slash, ignorando la preoccupazione della giovane e anche l’espressione sconvolta di Duff, appena uscito in corridoio insieme alla sua ragazza – Jen –

- Noi non ne sappiamo nulla – rispose farfugliando.

- Noi chi? –

- Io! Volevo dire che io non ne so nulla –

- Non ha senso nasconderlo, Jen – le disse anche Gilda, apparendo da un’altra porta mentre, ormai, quasi tutti erano accorsi per vedere a cosa fosse dovuto quel trambusto.

- Ma si può sapere di che cazzo parlate? – sbuffò ancora il chitarrista, cominciando ad alterarsi. Era già alterato, a dire il vero, lo era per quello che gli aveva detto Angie, perché vedere la sua groupie così gli faceva male al fegato e a tutto quello a cui avrebbe potuto far male. Avrebbe solo voluto spaccare tutto.

Jen e Gilda si guardarono, poi guardarono l’amica, seduta a terra, fradicia e tremante, e infine sputarono fuori tutto.

- Cooper –

Nessuno parlò per qualche secondo, poi fu Slash a rompere il silenzio.

- In cambio di cosa? –

- Beh – continuò Gilda in un sussurro, stringendosi nelle spalle mentre Steven, dietro di lei, serrava la mascella e i pugni e se ne tornava in camera – Lui ci prova sempre, sai… la coca è il suo modo per ottenere ragazze. Ci siamo fatte un po’ tutte con la sua roba, quando riusciva a farci sballare di più poi ci scopava anche, solo perché noi eravamo così fatte che ci saremmo fatte sbattere anche da un muro. Jen ci è andata vicino qualche volta, Angie era addirittura la prima volta che si faceva… non ha mai avuto bisogno di fuggire dalla realtà. La sua realtà è sempre stata meglio della nostra, ad esclusione dell’ultimo periodo, naturalmente -

- Io lo ammazzo – ringhiò Slash, dirigendosi a passo di marcia verso la camera del loro autista, ma qualcosa lo trattenne per la gamba. Abbassò lo sguardo, trovando Angie che piangeva ancora.

- Non volevo creare altri casini – gli disse disperata, mentre grossi lacrimoni rotolavano giù per le sue guance pallide - Volevo solo… dimenticare quelli che c’erano già -

La rockstar sospirò, abbassandosi per prenderla in braccio e poi sparire nella sua stanza. Avrebbe lasciato perdere per quella notte. Ci avrebbe pensato domani, ma prima di tutto aveva bisogno di vedere nuovamente l’azzurro della sua groupie, che si era negato per tutto quel fottuto tempo.



*



Salve, sto mangiando i popcorn perché sono una schifosa :3
Mi fa un po' strano aggiornare troppo spesso, ed effettivamente non penso che accadrà di nuovo xD Però mi ero stufata pure io di vedere questi due comportarsi così. Naturalmente non hanno chiarito, ma questa volta ci siamo davvero vicini (le altre volte erano tutte balle xD). Questa cosa di Cooper l'ho presa dal libro di Slash, ovviamente. In realtà non era l'autista del bus ma il tour manager, solo che ho preferito mettere tutto insieme così non creavo troppa confusione e troppi personaggi inutili. Credo di aver detto tutto, quindi vi ringrazio come sempre per le recensioni e me ne vò. A presto :3

Giuggi

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***




Capitolo 28


 

Quando Angie aprì gli occhi quella mattina, o pomeriggio, o quel cazzo che era, si convinse di essere assolutamente ancora sotto l’effetto di qualche stupefacente. Eppure si sentiva particolarmente lucida e, in un certo senso, più appagata di poche ore prima.

E davanti a lei si stagliava la visione più bella che una persona appena sveglia, una persona come lei, potesse desiderare: Slash era appoggiato sull’altra metà del suo cuscino, le palpebre serrate e le labbra dischiuse a testimoniare come fosse beatamente sprofondato nel sonno. I suoi capelli stavano di nuovo tentando di strangolarla e dio solo sapeva quanto le fosse mancata quella sensazione, quei piccoli serpenti aggrovigliati attorno al suo viso e al suo collo.

Una sua mano era sotto il cuscino e l’altra era incastrata tra i loro corpi, proprio sul suo seno. Angie mosse le gambe, realizzando che quelle di entrambi erano nude, e si domandò se si fosse persa qualcosa mentre era fatta di quella merda. Aveva passato così tanto tempo in agonia per la mancanza di un qualsiasi contatto con lui che le sarebbe dispiaciuto parecchio essersi persa il loro… riavvicinamento.

E comunque doveva ancora capire per quale cazzo di motivo non si fossero parlati, toccati e guardati in faccia per tutto quel tempo. Insomma, settimane. Per loro, abituati a saltarsi addosso ventiquattro ore su ventiquattro, era stato davvero troppo. Che poi, in realtà, non era detto che avessero fatto pace o qualcosa di simile. Ma il solo fatto di essere lì nello stesso letto, così vicini e mischiando il calore dei propri corpi, era come tornare a respirare dopo troppo tempo.

Faceva quasi male.

La groupie si dimenò a disagio, indecisa se toccarlo o meno. La risposta, in realtà, la conosceva anche da sola e gliela stava dando il palmo della sua mano, che formicolava come se la stesse invogliando ad allungare quelle dita verso il suo petto ambrato. E, al diavolo tutto, lo face. Sfiorò il suo sterno, mordendosi il labbro con espressione concentrata, e risalì lungo il suo collo. Sfiorò la linea della mascella, sbuffando dal naso quando sentì un lieve accenno di barba punzecchiarle la pelle, e si spostò verso le labbra. Ridiscese verso il mento, indecisa se disturbare anche la sua bocca morbida o meno, ma non resistette e si umettò le dita con quei due cuscinetti dischiusi che sembravano chiamarla sempre di più ad ogni momento. Si spostò poi verso la linea dolce del suo naso e allontanò di scatto la mano quando si rese conto dei suoi occhi vigili che la fissavano senza ombra di sonno, trascinandola con loro in quell’abisso nero a metà strada tra la perdizione e la dedizione.

- Ciao – gli disse piano, lasciando cadere il polso nel sottile spazio tra i loro corpi, proprio dove se ne stava beata l’altra mano di Slash. Intrecciò le dita con le sue, e si stupì nel notare che lui non sembrava essere  intenzionato ad allontanarsi come se fosse stata una lebbrosa. Era positivo, no?

- Come stai? – le chiese duro, osservando con attenzione il gonfiore sotto i suoi occhi. Quello era colpa delle lacrime però, non della coca.

- Sto bene, adesso –

Adesso significava proprio adesso, quell’adesso lì con lui, di nuovo pelle contro pelle. Mosse le gambe, intrecciandole alle sue e si chiese di nuovo, sentendosi solleticata dalla peluria ispida delle sue gambe, se fosse successo qualcosa. Perdersi una scopata con lui dopo quei giorni era peggio di un suicidio.

La groupie si allungò fino a sfiorare le sue labbra, e raggiungerle fu ancora più bello della prima volta. Non le ricordava così morbide, e si diede della cretina per essere riuscita a dimenticarle. Si poteva dimenticare un uomo così?

Ma lui si allontanò, dando prova un’altra volta di quanto cazzo fosse lunatico e complicato. Gli uomini a contatto con i sentimenti erano sempre un po’ troppo squilibrati per i suoi gusti, rifletté Angie. Lo osservò alzarsi, camminare fino alla finestra con addosso solamente un paio di calzoncini e accendersi una sigaretta per poi aspirare con stizza e avidità.

- Slash – lo chiamò incerta, alzandosi a sua volta. Indossava la sua maglietta, quella dei Led Zeppelin che aveva rubato a quel tizio, Jude. Ora era impregnata dell’odore della sua rockstar, quel profumo così buono che sapeva di casa. Una bella casa da cui forse, però, era stata sfrattata.

- Non posso, Angie – mormorò distrutto, passandole la sigaretta come se niente fosse. La stava rifiutando eppure le offriva la sua razione di nicotina. Ma cosa cazzo c’era sotto quei fottuti ricci?

- Dio, è come se fossi nel deserto da settimane e tu stessi mostrandomi un bicchiere d’acqua fresca senza darmi la possibilità di arrivare a berlo – sbottò infine la groupie, passandosi una mano sul volto mentre allungava l’altra per restituirgli la cicca.

- È questo che pensi? – allibì lui. Sembrava sgomento. Non aveva senso, tutta quella situazione era surreale - Ti senti così? –

- Mi sento come se tu non volessi dirmi per quale fottuto motivo ce l’hai con me, e mi sento così da un bel pezzo di tempo – lo accusò a denti stretti, lasciando poi cadere le spalle come se non avesse più forza addosso - Più o meno da quando ti sei disintossicato –

- Tu… davvero non capisci? –

- Ti ho sempre capito, Slash, ed è sempre stato facile perché il tuo cervello, nonostante sia fottuto dall’alcol e da tutta quell’altra merda, ha sempre ragionato nello stesso senso del mio – si scambiarono un sorriso appena accennato, nonostante tutto erano ancora orgogliosi di quello strano filo rosso che li aveva uniti come a nessuno di loro era mai successo - Ma stavolta… -

- Dio, Angie – Slash lanciò la sigaretta dalla finestra, ignorando l’occhiataccia che ricevette dalla groupie, e si passò le mani nei capelli quasi con angoscia. Non si capivano, non trovavano un punto d’incontro e lui avrebbe dovuto dire ad alta voce quelle cose che tanto avrebbe voluto dimenticare. Invece no, prese fiato e buttò fuori tutto - Ti ho dato della puttana. Ti sono venuto in bocca senza darti la possibilità di scansarti, ti ho quasi soffocata e ti ho riso in faccia. Per quale fottuto motivo incomprensibile tu non ce l’hai con me? –

- Cosa? Questo è il motivo per cui tu non mi parli? –

- Sì! Dovresti odiarmi, porca puttana fottuta! – esplose il chitarrista, stringendole le spalle e dandole uno scossone. Come se lei fosse ancora sotto l’influsso della coca. Dio, non era mai stata così sveglia…

- Sei una schifosa testa di cazzo, sai? – ringhiò Angie, dandogli uno spintone così forte da farlo finire contro un muro. Inutile dire che Slash proprio non se lo aspettava, e rimase lì a guardarla imbambolato con gli occhioni spalancati e fuori dalle orbite. Era allibito. Ma lo erano entrambi.

- Sono stata male per così tanto tempo che non avrei nemmeno creduto che il mio corpo potesse sopravvivere così a lungo senza cibo, e adesso sono sicura che saresti anche capace di lamentarti del fatto che mi sono diminuite le tette – gli tempestò il torace di pugni fortissimi, lo guardava in faccia senza remore e con un coraggio che a lui mancava, ma non aveva scelta. Quegli occhi gli erano troppo mancati per cercare da qualche parte la forza di distogliere lo sguardo.

- Ho praticamente perso dieci anni di vita per te, brutto figlio di puttana, e tutto ciò perché tu non hai i coglioni di guardarmi in faccia dopo aver fatto il coglione mentre eri in astinenza da eroina e non ragionavi? – gli diede uno schiaffo in volto così forte da delineare immediatamente le sue cinque dita contro quella pelle scura e meravigliosa, così forte da sentire il palmo pulsare allo stesso ritmo del suo cuore impazzito. Le sembrava di tornare a galla finalmente, di sentire di nuovo ciò che le stava attorno, di respirare - Ma dico, ti senti quando parli? –

- Credi che io sia stato bene senza di te in questi giorni? – esplose a sua volta Slash, prendendola ancora per le spalle e chinando il viso su di lei, che lo guardava spavalda, quasi attendendo impaziente una sua reazione rabbiosa che, però, non arrivò. Si lasciò andare ad un sospiro tremante e posò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi impotente, sentendosi svuotato nel ricordare tutta l’ansia contro cui aveva combattuto, e la tentazione di farsi di nuovo - Dio, mi svegliavo di notte e credevo di impazzire senza sentirti abbracciata a me… e tu mi insulti? Chiunque non mi avrebbe più rivolto la parola dopo tutto quello che ho detto e fatto, ma tu… –

- Io non sono chiunque – precisò placidamente, inclinando poi il capo per sfiorare le sue labbra e respirare su di esse, e questa volta lui non si allontanò - E adesso vedi di scoparmi abbastanza forte da farmi dimenticare tutto questo inferno, rockstar –

- Angie, non so se… -

- Parlo sul serio, Slash. Non ce l’ho con te per essermi venuto in bocca, per avermi dato della puttana. Ricordi? Io so quando dici cazzate. Quindi scopami e fammi così male da rendere insulso tutto quello che abbiamo passato in questi giorni. Consideralo il tuo modo per farti perdonare –

- No – disse di nuovo.

Angie ringhiò, mordendosi il labbro così forte da sentire in bocca il sapore metallico e gli rifilò un altro schiaffo potentissimo sulla guancia. Sull’altra, questa volta.

Il riccio non ci vide più, e non solo per i capelli che gli avevano inondato il viso. Quella donna era il fuoco, era governata dalle emozioni e dio solo sapeva come avesse fatto a starle vicino in quelle poche ore senza perdersi dentro di lei, dentro il suo corpo e dentro i suoi occhi.

Lo faceva imbestialire, cazzo.

Così la prese per i fianchi, la sollevò e la sbatté contro il muro così forte da farla tossire qualche volta. Le morse il labbro e spinse la lingua fino a farle aprire i denti. La baciò rude, profondamente fino ad arrivarle nell’anima e quasi soffocarla come poche settimane prima, quando le era venuto in bocca senza nemmeno rendersene conto.

Lei seppellì una mano nei suoi capelli, stringendo le ciocche e spingendo la sua nuca ancora di più verso di lei, mentre con l’altra mano gli graffiava la schiena.

- Angie –

- Ti sto marchiando – gli rispose, mordendogli una spalla – Così domani sera, quando sul palco ti spoglierai, tutte sapranno che sei mio

- E chi l’ha deciso? – le domandò, abbassandole gli slip con uno strattone.

- Io –

Slash non rispose a parole, ma sogghignò beato ed entrò in lei senza preavviso, strappandole un urlo sconvolto. La groupie ansimò per un momento, gli occhi spalancati per quell’intrusione inaspettata, ma dopo un momento scoppiò a ridere in modo quasi isterico, spingendo le spalle contro la parete per inarcare meglio la schiena e protendersi verso di lui.

Continuò a ridere e anche la sua rockstar rise, e presto le risa si mischiarono agli ansiti e ai gemiti. Dio, non potevano credere di essere di nuovo lì, uno dentro l’altra. Sembravano passati secoli dall’ultima volta, sembrava come respirare l’aria di campagna dopo un mese in mezzo ai tubi di scappamento. Respirare di nuovo. Slash era sicuro che anche la musica sarebbe sembrata di nuovo bella se lei fosse stata di nuovo là a guardarlo suonare.

- Hai ragione – le disse con il fiato corto, quando si accasciarono a terra insieme in preda ai fremiti dell’orgasmo – Le tette ti sono diventate troppo piccole -



*



Bene, oggi è una giornata di merda (spero che per voi non sia così), quindi non mi dilungherò troppo. La ripetizione delle parole "così forte" non è marcatissima, ma è voluta. Forse non c'è bisogno di spiegarlo a parole, ma quello che c'è tra loro due è così forte. Anyway, per fortuna hanno chiarito e non picchiate Slash per il suo motivo idiota. Per lui è una cosa seria. Buon anno a tutti, a presto!

Giuggi

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***




Capitolo 29

 


Due polpastrelli scorrevano, incuranti dei taglietti infami causati dalle corde del prolungamento della sua anima, su una pelle serica e alabastrina che si riempiva di brividi ogni volta che quelle dita guadagnavano un centimetro. Erano partite, curiose come solo delle mani che non toccavano l’oggetto del proprio desiderio da troppo tempo potevano essere, dalla piega dietro il ginocchio fino ad arrivare alla sommità della coscia, appena sotto il gluteo. Tutto ciò avveniva mentre erano immersi nell’acqua, nel calore di un bagno rigenerante come non se n’erano mai concessi.

- Ricordami ancora per quale fottuto motivo io e te non abbiamo mai fatto un bagno – disse Slash, reclinando il capo fino a carezzarle il collo con le labbra. Era adagiato tra le sue gambe, con la schiena contro il suo seno prosperoso e gli sembrava di non essere mai stato così bene in tutta la vita. Era… in pace. Se fosse morto in quel momento sarebbe andato tutto bene. Certo, non gli sarebbe affatto dispiaciuto finire il tour, farsi qualche altra bella scopata con la sua groupie e magari prendere a pugni quella faccia di cazzo del loro autista pieno di tic, ma non sarebbe stato male neppure così. Era una sensazione di cui si sarebbe accontentato con facilità.

- Perché sei un porco schifoso e hai sempre preferito sbattermi in doccia – replicò Angie con tono mellifluo, godendosi il sospiro della sua rockstar mentre gli sfiorava il petto umido con il palmo della mano.

- Non che tu ti sia mai lamentata, comunque –

- Io non mi lamento mai di te – gli sussurrò in un orecchio – Però mi lamenterei se tu, adesso, non ti girassi e… -

- Sorpresa! – esclamò Duff, aprendo la porta con un sorriso fintissimo. Dietro di lui, Izzy e Axl entrarono con calma nel bagno.

- Hai visto, lampione? – il rosso gli batté seraficamente una mano sulle spalle, incoraggiandolo per qualcosa che ai due nella vasca era sconosciuto – Non hai interrotto niente –

- La prossima volta che mi costringi a fare una cosa così deficiente lo tiro fuori e te lo metto in bocca –

- Ragazzi – rise Izzy, indicando poi Angie con un cenno del capo – C’è una signora –

- Questa signora ne sa peggio di voi, tranquilli – sogghignò Slash, beccandosi in risposta un pizzicotto sul capezzolo… dalla signora.

- E comunque sono ancora una signorina, non sono così vecchia –

- D’accordo, bambola – Axl ammiccò in direzione delle sue ginocchia, che sbucavano fuori dall’acqua – E poi, se fossi vecchia, non ti arpioneresti così bene ai fianchi delle persone che ti fottono –

A quella frase Slash replicò alzando di scatto un piede per riempire di schizzi i suoi tre compagni, ma principalmente il rosso, che osava fare battutine del cazzo sulla notte che aveva trascorso con la sua groupie. Allagò il bagno, praticamente, ma se non altro ebbe la soddisfazione di vedere i suoi compagni fradici come se fossero appena usciti da una lavatrice.

- Chi ti ha chiesto di lavarci? Me la so fare anch’io una doccia, brutta pecora del cazzo – sbottò Duff, levandosi la maglietta per strizzarla e rimetterla subito dopo.

- Chi ti dice che fosse solo acqua? Lo sai che noi ci diamo da fare, poi adesso dobbiamo recuperare il tempo perso e ci diamo dentro come conigli. Effettivamente non mi sembrava proprio che l’acqua fosse così tanta – li prese in giro anche Angie, divertendosi un mondo nel vedere le espressioni disgustate di quei tre pionieri delle cazzate ma che sapevano anche essere più schizzinosi delle ragazzine aristocratiche. Alzò anche una gamba, bagnandoli di nuovo, ma Slash sembrò non essere d’accordo perché le prese il ginocchio e lo calcò di nuovo tra la schiuma senza dire nulla. La groupie sospirò. Non era mica la prima volta che le vedevano le gambe.

- Che schifo! – si lagnò invece Izzy, facendo un balzo indietro quando gli arrivò dell’altra acqua – D’accordo limonarmi Angie, ma non voglio rimanere incinto di Slash –

- Ti ricordo che hai già rischiato, sai Jeff? Quella volta che tu e Slash vi siete scopati quella tizia e lui ti è venuto sui pantaloni… -

- Taci Rose, non voglio più sentirle queste cose –

- Scusate, io e la mia donna ci staremmo facendo un bagno caldo estremamente interessante. Siete venuti in massa a vederci scopare o avete qualcosa da dire? –

Angie arrossì lievemente sentendo quelle parole, oltre naturalmente a sentirsene oltremodo lusingata e, cazzo, anche soddisfatta, e Izzy le lanciò un sorrisino vedendo la sua espressione. A quel maledetto fattone non sfuggiva mai nulla. Non poteva essere fatto e basta come tutti gli altri? No, lui doveva accorgersi anche di quello che le passava nella testa.

- Volevamo solamente dirti che Coop è scappato -

- Cosa? – sibilò Slash, raddrizzandosi di colpo per poi tornare nella sua posizione quando si rese conto di aver lasciato scoperto il seno della giovane.

- Vedi il lato positivo, dai. Ci ha lasciato il bus, dobbiamo solo trovare qualcuno disposto a guidarlo fino a casa e che possibilmente non cerchi di fottersi le ragazze con l’aiuto della coca –

La groupie si dimenò a disagio, ma Slash intrecciò le dita con le sue al di sotto della schiuma, dove nessuno poteva vederli. Non che avessero paura del loro giudizio, ma lui sapeva quanto ad Angie desse fastidio mostrare il fianco o, in generale, qualunque segno di debolezza.

Erano la coppia di rockstar e groupie più riuscita dai tempi di Sid Vicious e Nancy Spungen. Anzi, loro erano ancora meglio perché non si erano uccisi… fino a quel momento. Avevano rischiato qualche volta, Angie soprattutto aveva rischiato di morire di fame, ma si poteva dire che in quel momento fossero in marcia e anche ben avviati, come se quelle settimane non fossero mai esistite. Come un sound check su un palco già visto, insomma.

E dire che le opening band non avevano la fortuna di farlo sempre, il sound check.

- Perché è scappato? – sbuffò Slash, lasciandosi andare contro la spalla della sua groupie. Gli dispiaceva, in fondo. Gli sarebbe piaciuto riempirlo di calci e pugni fino a fargli sputare cosa avesse fatto o tentato di fare con la donna sbagliata. Ma a quanto pareva l’occasione gli fu negata.

- Questo qui – disse Duff, indicando Axl alla sua destra – A quanto pare è stronzo tanto quanto è rosso –

- E tu sei pirla tanto quanto sei alto, Michael – replicò il frontman, senza nemmeno tentare di nascondere quanto fosse orgoglioso di sentirsi dire che era un pezzo di merda dei peggiori.

- Dicevamo – si intromise Izzy, mentre Duff fulminava il suo cantante dall’alto dei suoi due metri e si beccava in risposta un dito medio – Questo qui ha nascosto la roba e le siringhe a Steven, che ha cominciato subito a diventare nervoso e a dare in escandescenze –

- Così l’abbiamo mandato da Cooper e lui l’ha pestato per bene – concluse Axl, mentre sul suo viso si allargava un sogghigno di proporzioni epiche. Non poteva davvero essere così stronzo.

- A quanto pare, anche se ha sempre fatto finta di niente, questa cosa di Coop che è riuscito ad attirare Gilda con un po’ di coca non gli è andata proprio giù –

- Finta di niente un cazzo, Duff – s’intromise Angie, sovrastando i mugolii d’apprezzamento di Slash, che si godeva le carezze che la groupie stava dispensando attorno al suo ombelico – Non dire così solo perché voi idioti non avete mai guardato al di là della bottiglia. Steven con Coop non ci parla da secoli –

- Lui lo sapeva? – allibì di nuovo il biondo, e la giovane si strinse nelle spalle.

- Non ha mai avanzato pretese su Gilda, sapete che in questo gruppo chi vuole qualcosa di più di una storia di sesso viene malmenato... vero Axl? Come sta Erin? –

- Non passa più dalle porte – mormorò Slash, ma lo sentirono tutti ugualmente e nessuno si risparmiò una bella risata in faccia al diretto interessato, i cui occhi verdi se ne stavano assottigliati a fissare male tutti.

- State zitti – sbuffò il rosso – Andiamo, lasciamoli scopare. Li sentiremo anche dall’altra stanza –

- Stiamo mettendo in cantiere un bambino – lo prese di nuovo in giro il riccio, urlandogli cazzate mentre si avviavano fuori dal bagno – Sai, il matrimonio e tutto il resto. Vogliamo fare una campagna contro l’abuso di alcol e droghe… e l’uso dei preservativi, lo sai che li adoro –

Per tutta risposta Axl sbatté la porta alle sue spalle, provocando le risate dei piccioncini nella vasca.

- Non sa proprio stare allo scherzo – si lagnò Angie, lasciando cadere la mano sull’interno coscia della sua rockstar – Su, ci hanno lasciati da soli perché dobbiamo scopare, no? Fottimi, tigre -

- La prossima volta che ti vedo limonare con qualcuno che non sono io ti giuro sulla mia chitarra che ti prendo a pugni – rispose invece Slash, ripensando ancora a quello che aveva detto Izzy poco prima, quando li avevano schizzati con l’acqua della vasca.

Angie sospirò, roteando gli occhi mentre lui, girato di spalle, non poteva vederla

- La prossima volta che ti azzardi a evitarmi perché credi che io debba avercela con te per un motivo ti giuro sulla mia rockstar che ti prendo a schiaffi – replicò con tono ancora più acido, tirandogli i capelli sulla nuca per fargli reclinare il capo - Ops, l’ho già fatto –

- E non giurare su di me – mugugnò la rockstar, deponendo le armi senza troppo farsi pregare. Lui non voleva litigare di nuovo con lei, voleva sprofondare la faccia nelle sue tette e starle appiccicato come un chewing-gum sotto la suola degli stivali.

- Perché no? Tu hai giurato sulla tua chitarra –

- Ma la chitarra posso sempre ricomprarla, di vita ne ho una sola –

- Tu non fare cazzate e la tua vita sarà salva –

- Mi stai minacciando? –

- Assolutamente no, tigre – mugugnò, chiamandolo di nuovo in quel modo che lo faceva uscire pazzo mentre con due dita tirava sadicamente i ciuffetti di peluria sul suo pube – Ti ho detto di fottermi, sei sordo? O non ti si alza già più? -

- Sei tu che non ti alzerai più quando avrò finito con te –

Angie rise, lasciando che Slash si girasse tra le sue gambe per sovrastarla di nuovo. Adorava quel suo sguardo da predatore, quegli occhi che trasmettevano tutta la fame e l’impazienza. Quegli occhi che le erano mancati così tanto. Ma come cazzo aveva fatto per tutto quel tempo senza di lui?

- Mi implorerai di smetterla – la minacciò, dopo averla baciata a lungo e aver assaporato per bene le sue labbra e la sua lingua che sapevano di sapone e di lei, di quell’unico sapore che tutto l’alcol e la roba non gli avrebbero mai impedito di sentire.

- Ne dubito – rispose la groupie, spingendolo subito dopo all’indietro nella vasca. L’acqua straripò dai bordi, bagnando tutto il pavimento. Ma a loro non importava, in quel momento c’era solo Angie che conduceva il gioco, che lo faceva e basta senza bisogno di chiedere perché il suo sguardo era affamato tanto quanto quello della sua rockstar.

Calò i fianchi senza preavviso, e chiuse gli occhi sentendolo scivolare dentro di lei e riempirla di nuovo, dopo poche ore da quel ricongiungimento brutale contro il muro.

Sesso, non amore.

L’amore era romantico, perdeva di smalto.

Ma il loro era sesso, puro e semplice. Perché il sesso era un bisogno, forte come quel fuoco che a loro non importava di spegnere, perché non avevano paura di bruciarsi.



*



Giorno! Oggi è ufficialmente l'ultimo giorno di vacanza, visto che il weekend non conta. Sto sentendomi male xD Comunque, Cooper è scappato e quindi tutto torna tranquillo, più o meno. Questo capitolo lo dedico alla smarties89, perché mi ha preceduta con la faccenda della vasca, mannaggia a lei, e perché ha dedicato alle mie coronarie alcuni dei suoi migliori capitoli xD Poi vi ricordo che il prossimo capitolo è l'ultimo e basta xD Ringrazio tutti per le recensioni, a presto! :'3

Giuggi

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***




Capitolo 30


 

«Mi sentii a casa quando il tour dei Cult sbarcò alla Long Beach Arena. Ricordo che arrivai nel corso della notte precedente e mi trovai a osservare incantato l’edificio. Lì avevo visto Ozzy, AC/DC, Black Sabbath, Judas Priest, Billy Idol e un numero infinito di altri, e tante volte avevo pensato che suonare lì significava che eri arrivato

 

 

- Smettila di sospirare come una checca isterica, vedrai che andrà tutto bene! –

Slash voltò il capo verso colei che aveva appena parlato, scoccandole un’occhiata a metà tra lo spazientito e l’imbarazzato e lei, per tutta risposta, piantò le unghie sul dorso della sua mano, che stringeva da quando erano arrivati là. Mancavano meno di ventiquattro ore al momento in cui i Guns avrebbero suonato alla Long Beach Arena, in California, a casa. Erano emozionati, eccitati, non stavano più nella pelle, ma Slash sapeva che, come in ogni cosa, non c’erano solamente dei lati positivi. Lui aveva paura di fermarsi, di arrivare a posare i piedi per terra, di muoversi con le sue scarpe dalle suole consumate anziché con le ruote altrettanto consumate di un fottuto autobus che cadeva a pezzi e che però li aveva portati in giro per tutto il Nord America. Per quello Angie gli stringeva la mano, perché, se doveva essere la sua groupie fino in fondo, voleva essergli vicino e capire anche quella volta. Non che dovesse sforzarsi, in ogni caso.

- Tra qualche giorno collasserò ubriaco sul bancone del Rainbow – disse poi per rompere il silenzio, osservando la piccola lastra di granito ai suoi piedi, sulla quale spiccava la scritta Rainbow Lagoon Park, che nulla aveva a che vedere con il loro amato bar – Dio, quel pezzo di legno mi ha provocato così tanti bernoccoli in questi ultimi anni che mi stupisco che la mia testa non si sia mai aperta in due –

- Le teste di cazzo sono peggio del cemento, non lo sai? –

- Stasera sei simpatica come uno spillo nelle palle – sbuffò contrariato, lasciando poi che Angie lo baciasse a fior di labbra – E sei anche una leccaculo, mi sembri un po’ Axl –

- Adesso sei tu che dovresti leccarmi il culo, dopo una sparata del genere –

- Se vuoi ti lecco qualcos’altro – propose con un sorrisetto perverso e quella solita luce affamata negli occhi, lasciando poi scivolare la mani fino ai suoi glutei sodi – Non per vantarmi, ma sono piuttosto bravo –

- Lo so che lo sei – annuì divertita, assecondandolo quando la spinse in avanti per far scontrare i loro bacini – Ma non vantarti troppo, mi sembri un po’ Axl –

- Stronza – mugugnò prima di sprofondare il volto nella sua scollatura, come tanto gli piaceva fare.

- Da morire – annuì lei, pizzicandogli un fianco per poi fuggire via.

Slash la guardò sgusciargli via dalle braccia, mentre camminava sensuale e ancheggiava nel buio illuminato della notte californiana. Persino l’aria era diversa nella contea di Los Angeles, ed Angie sembrava ancora più bella. E lui non riusciva a guardarla senza eccitarsi come un ragazzino, non riusciva a guardarla senza sentirsi irrimediabilmente attratto dal suo sguardo sagace e dalle sue curve armoniose. La rockstar realizzò di avere una voglia pazza di prenderla e farla sua proprio lì, sull’asfalto o magari su quel pezzo di granito la cui scritta Rainbow Lagoon Park gli sembrava davvero troppo… pura. Come se avesse bisogno di una sporcata, ecco. Magari la sua.

Sogghignò, spostando lo sguardo sulla sua groupie per proporle quell’affare che profumava di proibito e squilibrato, un po’ come loro due. Sicuramente avrebbe acconsentito subito, la amava proprio per quello.

Un momento.

Cosa cazzo aveva appena detto? Ah, merda.

Si riscosse da quei pensieri fottuti, decidendo che il modo migliore per dimenticarsi i casini in cui si stava annodando fosse proprio mettere in atto quella sua fantasia. Ma, quando si voltò verso di lei, la vide canticchiare e rimase un attimo imbambolato con gli occhi sulle sue labbra.

- Talk about things and nobody cares – sussurrava, e Slash ebbe un moto d’orgoglio sentendo quanto eccelsi fossero i gusti musicali della sua… ancora, stava pensando ancora a lei come la sua ragazza. Si domandò per quanto tempo ancora avrebbe potuto schivare quel pensiero - Wearing other things that nobody wears

La afferrò per un braccio, facendola voltare. Angie smise di cantare, stupita da quel gesto, e poi gli sorrise.

- Ya callin’ my name, but I gotta make it clear – replicò la rockstar, sorridendo a sua volta con le labbra sulle sue - Can’t say where I’m gonna be in a year -

- Dio – la groupie chiuse gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua. Si era messa a cantare la prima canzone che le era passata per la testa, forse non era un caso che il secondo verso fosse proprio quello. Lui le stava dicendo che non sapeva quanto il loro legame sarebbe durato, no? Perché l’essenza di un legame è fatta da coloro che lo compongono, e bastava così poco perché tutto si spezzasse. Ne avevano già avuto un assaggio, ma fortunatamente avevano solamente rischiato di mandare tutto a puttane. Non era successo, ma ad Angie era bastato quell’assaggio per avere il terrore folle che tutto finisse… groupie. Nancy. Sid. Il loro legame sarebbe mai stato minimamente paragonabile a quella leggenda che, nonostante tutto, non era solo eroina?

- Cosa? – le chiese, carezzandole uno zigomo con il pollice.

- La tua voce – sorrise, posando la mano sulla sua – Mi farei fottere anche solo dalla tua voce –

- E invece ti farai fottere dal proprietario di questa voce – sogghignò Slash, sollevandola di punto in bianco e caricandosela in spalla. Sembrava che non stesse aspettando altro… era un chiodo fisso, aveva in mente solo il sesso ed era quasi preoccupante – Comunque, parlando di voce, sappi che ho intenzione di farti urlare fino a domani mattina… tu la perderai, la voce –

- Ma Slash – strillò, prendendogli a pugni la schiena e ringraziando che non potesse vederla sorridere – Domani sera devo urlare, non posso perdere la voce –

- Farai il pesce – la prese in giro, facendole fare un saltello che le strappò uno strillo acuto – Ecco, vedo che hai capito –

Risero e si provocarono fino all’albergo, dove ci diedero davvero dentro fino a perdere la voce. Peccato che Angie fosse abituata ad urlare per ore sotto le torture della sua rockstar, e la sera dopo fu là sotto tra la folla a fare il suo dovere, in compagnia di Gilda e Jen e dei loro amici venuti appositamente da LA.

Le ragazze se ne stavano sotto il palco, urlando e contorcendosi come delle vere fan. Solo che loro sapevano anche come incitarli a dovere, magari passandosi la lingua sulle labbra o sfiorandosi il corpo accidentalmente mentre li guardavano negli occhi. Il culmine, però, lo raggiunse naturalmente Angie quando, alla fine di una canzone, riuscì a sfilarsi il reggiseno da sotto la maglia e lo lanciò a Slash, ridendo come una pazza.

Il chitarrista la guardò con gli occhi spalancati mentre un sorriso divertito gli deformava le labbra e in quattro falcate raggiunse Axl. Gli rubò il microfono e puntò lo sguardo sulla sua groupie, slacciandosi anche il bottone dei jeans. Fin lì niente di strano. Insomma, lo faceva sempre.
- Piccola, grazie mille per il tuo regalo. Lo custodirò come se fosse un tesoro - ridacchiò. Dio, era completamente ubriaco e non era proprio una cosa strana chiedersi come cazzo facesse a suonare conciato in quel modo - Mi piacerebbe ricambiare ma, lo sai, non porto mai le mutande –

Inutile precisare che tutta la platea esplose in un ruggito roboante.

Angie roteò gli occhi, riconoscendo come la megalomania gli si addicesse terribilmente e lo facesse sembrare ancora più sensuale. Come se fosse possibile.

Erano un concentrato di sesso, là su quel palco completamente fatti e sudati, e mezzi nudi, e dentro la musica che suonavano e cantavano. Ed erano così… dio, erano il sesso. Qualunque donna con un minimo di ormoni avrebbe desiderato di farsi fottere da tutti e cinque, magari anche contemporaneamente. Nessuno era così, non avevano mai visto nessuno così.

La groupie si defilò dopo Paradise City, correndo per arrivare nel backstage in tempo per prendere la sua rockstar e strusciarsi un po’ su tutto quel sudore e quella musica che aveva addosso più dei vestiti, e mostrò il suo pass con sfacciataggine, lasciandolo a penzoloni sulla scollatura. Il tizio che la fece entrare era tra quelli che si erano lamentati della sua, e delle altre, presenza costante dietro il palco e fu con malcelata soddisfazione che lo scavalcò, diretta verso quei disgraziati che di lei non si lamentavano mai. Beh, Axl l’aveva fatto fino a poco tempo prima e Slash continuava a farlo, soprattutto quando lo teneva sulle spine… di solito dentro una doccia, o su un materasso. Cose interessanti, comunque.

Arrivò insieme a loro, e fu colpita dallo sguardo estasiato di Slash. Avevano suonato divinamente quella sera, ne erano consapevoli, e vederlo così soddisfatto e, per una volta, conscio di quello che sapeva donare al pubblico le fece scattare qualcosa dentro.

Si lanciò su di lui, intrufolandogli la lingua tra i denti senza nemmeno dargli il tempo di capire cosa stesse accadendo. Con la coda dell’occhio vide Izzy rubargli la sigaretta con calma serafica, per poi sospingere gli altri dalla parte opposta rispetto a loro. Quello aveva già capito tutto, che novità.

Angie interruppe il bacio con un’ansia incontrollata a livello del petto, ma quando incrociò i suoi occhi neri, appannati, luminosi e unici, mandò tutto a farsi fottere e lo disse.

- Ventidue –

- Eh? – replicò lui, cadendo dal pero e facendo crollare anche tutta la tensione.

La giovane roteò gli occhi, stringendo le labbra per evitare di sorridere, e ripeté.

- Ho ventidue anni – scandì di nuovo, tamburellando per un momento le mani sul suo petto. Lui rimase lì a guardarla imbambolato, realizzando cosa davvero lei stesse facendo.

C’era sempre stato un alone di mistero attorno alle groupie. Nessuno sapeva nulla di loro, a volte anche il nome con cui si facevano chiamare non era reale, e molte di loro tenevano segreta soprattutto l’età, per evitare che le loro amate rockstar le cacciassero, considerandole troppo vecchie o rimpiazzandole semplicemente con carne più fresca. Era quello che aveva fatto anche Angie. Ma confessandogli quel numero scomodo si era resa vulnerabile, aveva messo corpo ed anima nelle mani di colui per cui aveva dato inizio alla sua gloria e alla sua rovina ed in quel momento toccava solo a lui decidere cosa fare.

- Hai la mia età? – allibì stupito, ciondolando per un momento nell’incertezza. Non aveva bisogno di guardare gli occhi celesti della sua groupie per capire che erano arrivati ad un giro di boa in quel casino in cui si erano ficcati. Voleva solamente capire quale fosse il modo più adatto per dirglielo.

Sì, perché non poteva tenersi per sé proprio quella cosa. Insomma… insieme facevano più di quarant’anni e saperlo con certezza, chissà perché, lo rendeva reale.

- Sei troppo vecchia per fare la groupie, cazzo – sbuffò, trattenendo un sogghigno vedendola sbarrare gli occhi con terrore crescente, così decise di continuare – Io dico che sarebbe ora di diventare la mia ragazza –

Un boato enorme esplose da ogni angolo, facendoli quasi saltare per aria. Una manica di gente era rimasta là nell’ombra ad ascoltare. Non si erano persi una parola… quei figli di puttana.

 

 

«I nostri amici vennero a trovarci da LA e, quando salimmo sul palco, ci sostennero più di quanto avesse fatto tutto il pubblico canadese messo insieme. Era grandioso, eravamo a casa.»


 

*



Giorno. Oggi è un giorno triste per me, ma farò la persona normale e non farò scene da Via col vento. Bene, a parte ciò vorrei precisare che l'insegna Rainbow Lagoon Park c'è davvero fuori dal parchetto vicino alla Long Beach Arena. Ho passato un pomeriggio intero su google maps per le vie di Long Beach, con tutte quelle palme californiane così fighe xD E la canzone che canticchiano è Sweet Emotion dei miei amati Aerosmith. Effettivamente mi domando perché, invece del tour con i Cult, non abbia preso quello con gli Aerosmith. Vabbè, ormai è andata xD Le citazioni all'inizio e alla fine del capitolo sono, ovviamente, tratte dal libro di Slashone, e basta. Ho finito e non annoierò più nessuno con le mie note chilometriche. Se vi va sto pubblicando un'altra ministoria, sempre su Slash, ed è il seguito di un'altra. Però sommate fanno 12 capitoli, quindi non è nulla di impegnativo. Se vi va, sono là entrambe. Ringrazio di nuovo Lisa per il betareading e il supporto morale e voi anime buone che mi avete tanto seguita :') Adesso me ne vado perché sono ridicola davvero, lol. A presto,

Giuggi

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