The Rebel

di Dreamer In Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Un grido di gioia ***
Capitolo 3: *** 2. Vecchie ferite ***
Capitolo 4: *** 3. Luna ***
Capitolo 5: *** 4. Corvi ***
Capitolo 6: *** 5. Sfogo ***
Capitolo 7: *** 6. Camelot ***
Capitolo 8: *** 7. Il vaso di Pandora ***
Capitolo 9: *** 8. La verità ***
Capitolo 10: *** 9. Partenza ***
Capitolo 11: *** 10. Fantasmi dal passato ***
Capitolo 12: *** 11. Primi passi ***
Capitolo 13: *** 12. Ripensamenti ***
Capitolo 14: *** 13. Mercato di sangue ***
Capitolo 15: *** 14. Eredità ***
Capitolo 16: *** 15. Nero ***
Capitolo 17: *** 16. Identità ***
Capitolo 18: *** 17. Paura ***
Capitolo 19: *** 18. Parole ***
Capitolo 20: *** 19. Miopia ***
Capitolo 21: *** 20. Canto notturno ***
Capitolo 22: *** 21. Requiem ***
Capitolo 23: *** 22. Orgoglio ***
Capitolo 24: *** 23. Nascondino ***
Capitolo 25: *** 24. Da mi basia mille ***
Capitolo 26: *** 25. Attesa ***
Capitolo 27: *** 26. Possibilità ***
Capitolo 28: *** 27. Mani ***
Capitolo 29: *** 28. Anime nere ***
Capitolo 30: *** 29. Umiltà ***
Capitolo 31: *** 30. Speranza ***
Capitolo 32: *** 31. Fiducia ***
Capitolo 33: *** 32. Confidenze ***
Capitolo 34: *** 33. Incontri ***
Capitolo 35: *** 34. Alleanze ***
Capitolo 36: *** 35. Futuro ***
Capitolo 37: *** 36. Vigilia ***
Capitolo 38: *** 37. Battaglia ***
Capitolo 39: *** 38. Intenti ***
Capitolo 40: *** 39. Complotto ***
Capitolo 41: *** 40. Per la libertà ***
Capitolo 42: *** 41. La principessa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Corri!
Corri, più veloce del vento.
Le guardie ti saranno presto alle calcagna.
O corri o sei morto.
Quindi, corri!
Il vento ti spettina i capelli.
Il sapore della libertà si posa sulle tue labbra screpolate e gonfie.
Sorridi.
Da lontano senti le sirene della prigione che urlano.
- Dannazione! –
Si sono già accorti che non sei più in quel lurido buco chiamato cella.
Cerchi di allungare le gambe,
forzi i muscoli,
il fiato si accorcia.
Ti duole ogni parte del corpo.
Non eri certo nelle migliori condizioni per scappare.
Sei stato giorni senza mangiare e bere
e le guardie ci vanno giù pesante quando hanno voglia di sfogarsi.
Senti  l’abbaiare dei cani che ti danno la caccia.
Annusano il tuo odore, impastato con quello dolciastro del sangue.
Ringhiano.
Devi trovare al più presto un posto sicuro.
La foresta te ne offre tanti di ripari.
Intanto, corri!
Perché è la libertà ciò che vuoi
e la vendetta.

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Capitolo 2
*** 1. Un grido di gioia ***


1. Un grido di gioia
 
- Mia signora, ha dei capelli stupendi! –
Una giovane dagli occhi verdi osservava affascinata la chioma rossa che teneva tra le mani. La principessa alzò lo sguardo sullo specchio che le stava davanti accennando un lieve sorriso.
- Grazie Rein. –
Il suo volto pallido tornò basso, mentre le mani della serva iniziavano ad intrecciare la morbida chioma. Prese il diadema che si trovava sul mobile e lo infilò sul capo della ragazza.
 - I capelli sono apposto, Principessa. L’aiuto a vestirsi. –
La rossa si alzò velocemente dallo sgabello e si spogliò dalla candida vestaglia da notte. Rein le infilò dalla testa la pregiata stoffa verde per poi iniziare a stringerle il corpetto ricamato in oro.  
- Trattenga il respiro … -
L’azzurra infilava e tirava i lacci con una certa velocità.
 - Mentre ero in lavanderia ho sentito una notizia sconcertante. –
La Principessa alzò gli occhi al cielo: per la sua ancella ogni mattina c’era una notizia sconcertante, ma la incitò a parlare.
- Che è successo? –
- Si ricorda Eclipse? Quel giovane che era stato imprigionato sette anni fa?–
Sentendo quel nome Fine strabuzzò gli occhi. Come dimenticarsi del ragazzo che aveva ucciso i suoi genitori?
 - Si, mi ricordo. -
Rein sorrise tristemente. Era ovvio che la sua amica se ne ricordasse. L’ancella viveva nel castello fin da quando era piccola e spesso giocava con la sua Principessa. Erano diventate grandi amiche e confidenti ma essendo stata introdotta come damigella di compagnia, doveva rispettare i codici della servitù. Il loro affetto era immutato ma non erano più libere di parlare come e dove volevano di quel che più piaceva loro.
- E’ scappato dalle prigioni del Regno. –
Fine si voltò di scatto vero la confidente puntando i suoi occhi cremisi in quelli verdi della ragazza.
-  Cosa!? Come ha fatto? – , sbraitò stupita.
– Questo non lo so, dovreste chiedere a vostro cugino. Di sicuro le sue informazione saranno più attendibili delle mie. Vostro zio è fuori di sé dalla rabbia. –
Rein vide la sua Signora sospirare così le si avvicinò e l’abbracciò forte.
- Vedrai che lo riprenderanno, Fine,  non rimarrà impunito per questo suo affronto. –
Una calda lacrima percorse la gota di Fine. Rein aveva ragione: il Re sarebbe andato in capo al mondo per ritrovare quel bastardo. Si allontanò da Rein passandosi velocemente la manica dell’abito sulla guancia nella speranza di non lasciare traccia di quella sua piccola debolezza. La serva se ne accorse ma si finse noncurante. Prese le mani dell’amica e le porto al petto sorridendole dolcemente.
- Forza! Il Re e vostro cugino la stanno aspettando, Principessa. –
Fine le sorrise di rimando. La sua ancella era l’unica che riuscisse a rubarle un’emozione da quando il suo cuore, dopo quel terribile giorno, si era congelato.
- Aspettami fuori, ti raggiungo subito. –
Con un cenno del capo l’azzurra si congedò dalla sua padrona e richiuse la porta alle sue spalle. Fine emise un sospiro e si voltò verso il grande specchio. Aveva una figura snella e slanciata con le forme nei punti giusti e un viso di porcellana. Era molto cambiata rispetto a quand’era bambina. Il dolore l’aveva fatta diventare una donna forte e determinata. Mostrava indifferenza a chiunque e riusciva a mantenere una mente razionale anche nei momenti più terribili. Aveva perso quella spensieratezza e vivacità che la caratterizzavano quando era bambina. Si accarezzò la lunga treccia che le ricadeva sulla spalla. Erano passati sette anni da quel tragico giorno e non se lo ricordava solamente per la straziante perdita ma anche per la sua prima delusione d’amore. Dopo tante belle promesse, lui l’aveva abbandonata. Lo odiava, con tutta se stessa.
 
 
La porta della locanda venne spalancata con un tonfo. Gli sguardi allegri dei clienti abituali e quelli cupi dei viandanti si voltarono verso l’uscio. Tio e Auler sorreggevano un uomo sulla ventina. Era vestito con un sacco di iuta sudicio e strappato e il suo braccio era malamente piegato, sintomo di una frattura. Sull’intero corpo vi erano lividi violacei e coaguli di sangue. I lunghi capelli scuri gli coprivano il viso cereo  che piano si levò mostrando occhi cobalto astuti e determinati  e sul viso un ghigno soddisfatto.
- Sono tornato. – sussurrò prima di crollare dalla stanchezza e nella locanda si levò un grido di trionfo.


 

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Capitolo 3
*** 2. Vecchie ferite ***


2. Vecchie ferite
 
- Cosa è tutto questo fracasso? –
Una donna sulla trentina dai lunghi capelli violacei uscì dalla cucina asciugandosi le mani del grembiule sporco di cibo. Appena vide la scena che le si presentò davanti si catapultò all’entrata e accolse sul suo grembo il capo del giovane svenuto.
- Figlio mio!-
Cominciò a scuoterlo preoccupata ma allo stesso tempo felice. Le lacrime grondavano dai suoi occhi cobalto e si riversavano sul viso stanco del ragazzo. In risposta ricevette un mugugno soffocato e lievi movimenti facciali. Sospirò sollevata per poi prendere in mano la situazione.
- Aiutatemi. Trasportatelo cautamente in una delle stanze e spogliatelo. - , disse asciugandosi le lacrime con lo straccio che aveva legato in vita. Si voltò verso la porta della cucina.
- Milky! Prepara una bacinella di acqua calda e delle erbe curative!–
Una ragazzina di quindici anni fece capolino nella mensa osservando con gli occhi sgranati la madre. Aveva dei corti capelli rosa raccolti in due codine e un dolce viso arrossato dal calore del fuoco su cui bolliva la brodaglia che stava mescolando. Sorrise commossa notando il corpo inerme del ragazzo tra le braccia della madre.
- E’ vivo? –, chiese dubbiosa.
La donna sorrise e annuì.
- Respira ancora ma se non facciamo qualcosa non arriverà a domani mattina. –
Si scambiarono uno sguardo complice poi la rosa si mosse per obbedire agli ordini. L’ex prigioniero fu sollevato e spostato in un luogo più tranquillo.
 
 
Le voci nella sala da pranzo si facevano sempre più nitide man mano che la ragazza si avvicinava. Non resistette alla tentazione e appoggiò il capo alla pesante porta in ebano nella speranza di sentire meglio.
Mise l’indice sulle sue rosse labbra facendo cenno a Rein di zittirsi.
- Che hai intenzione di fare, Padre? –
- Non so, Bright. Sette anni fa l’incarcerazione di quel marmocchio ha fatto quasi scoppiare una rivolta. Ora che è tornato con loro i ribelli si sentiranno più forti. Non possiamo permettere che ciò accada. –
- Riuscire a scappare da Inox non è cosa da tutti. –, commentò ammirato il Principe.
- Se ha preso da quel bastardo di suo padre avremo una bella gatta da pelare. –
- Comunque, aumentare le tasse mi sembra inadeguato. Il popolo è al limite. –
Il ragazzo era a capo dell’esercito reale e conosceva le condizioni in cui viveva il popolo meglio del padre che occupato negli affari di potere non aveva modo di mischiarsi con la feccia.
- Stai tranquillo, figlio mio. Ho in mente qualcosa ma dobbiamo aspettare. Sii paziente e la situazione diventerà a nostro favore. –
- Che intendi? –
- Ti spiegherò più tardi. Questo non è il luogo adatto per parlare. –
Fine decise che quello era il momento opportuno per entrare. Guardò la sua ancella con fare complice per poi spalancare con sicurezza la porta come se nulla fosse.
- Buongiorno. – disse con il suo solito sguardo freddo e distaccato.
Il Re seduto a capotavola si accarezzò la barba bruna sorridendole benevolo mentre il biondo inclinò leggermente la testa. La rossa si diresse verso il suo amato zio e gli lasciò un lieve bacio sulla guancia. Poi, gli si sedette accanto e iniziò a mangiare.
- Zio Aaron, ci sono novità? –, chiese fingendosi non curante, giocando con il cibo che aveva nel piatto.
- No, cara. –
Fine posò la forchetta a lato del piatto e si pulì le labbra carnose nel tovagliolo, posando poi, le eleganti e curante mani, in grembo. Puntò i suoi occhi cremisi in quelli scuri di Aaron.
- Ti avevo pregato di uccidere quel bastardo e tu gli permetti pure di scappare da Inox? –
- Quindi hai saputo… -, commentò atono il regnante.
- Ho i miei informatori. –
- Comunque, Fine, non potevo farlo impiccare. –
- Avresti dovuto, invece. Ora avremmo meno problemi. -
Il re alzò un sopracciglio con sufficienza.
- Da quando le donne si interessano di politica? –
- Da quando sono l’unica in questo castello ad avere un po’ di cervello. -
La sedia a capotavola si ribaltò bruscamente, mentre il re si alzava di scatto e una mano pesante colpì il viso della giovane. Un silenzio surreale scese nella stanza finché poche parole sussurrate non ruppero quell’equilibrio precario che si era creato.
- Non rivolgerti così al Tuo Signore, ragazzina. –
Fine si portò la mano sul viso cercando di placare le fitte di dolore. Poi, con uno sguardo determinato, guardò ilare Aaron.
- Tu non sei niente per me, men che meno il Mio Signore. –
La principessa si alzò e, seguita dalla sua fedele Rein, si diresse verso le sue stanze.
 
 
Aaron seguì la figura della ragazza allontanarsi dalla sala da pranzo. Infine, si voltò verso suo figlio e gli sorrise arrogante.
- Dovremmo rimettere in riga quella principessina viziata. –
Bright ricambiò la smorfia paterna anche se i suoi occhi mostravano incertezza e preoccupazione.
- Come padre? –
- E’ giunta ora di trovarti una consorte, Bright. –
 


 
 

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Capitolo 4
*** 3. Luna ***


3. Luna
 
Fine, seduta tra i morbidi cuscini in piuma d’oca del divano, sfogliava distratta le pagine di un libro. Alcuni colpi alla pesante porta scura catturarono la sua attenzione. Si alzò, stanca, dal morbido giaciglio e si avviò verso l’entrata.
- Finalmente sei tornata, Rein. Mi stavo annoiando. – , disse mentre apriva l’uscio.
Invece dei vivaci occhi verdi, si trovò davanti dei rubini troppo simili ai suoi. Bright rise osservando il viso stupito della ragazza.
 - Mi spiace deluderti ma non sono la tua ancella. –
Fine si riprese e alzò gli occhi al cielo, sorridendo leggermente.
– Me ne ero accorta. –
Tra i due ci fu un lieve silenzio imbarazzato. Bright si passò una mano tra i capelli biondi, spettinandoli leggermente. Quel gesto lo rendeva particolarmente irresistibile agli occhi della ragazza che aveva davanti. Dopotutto, era l’unico ragazzo, avente più o meno la sua età, che vedeva gironzolare nel castello e gli era molto grata per l’aiuto che le aveva dato durante il periodo particolarmente triste che aveva vissuto. Sapeva anche, però, che era totalmente soggiogato al volere del padre e per questo faticava  a sopportarlo. La rossa si riprese da quei pensieri e con la solita indifferenza lo invitò ad entrare. Quando si trovarono faccia a faccia davanti a un tè caldo, il biondo iniziò a parlare.
- Come stai? –
Fine alzò un sopracciglio mentre portava alla bocca la tazzina bollente.
- Non ti sembra una domanda un po’ banale? –
La rossa si concesse pausa permettendo a quel liquido caldo di scenderle lungo la gola.
- Cosa ti porta qui, Bright? –
- Volevo sul serio sapere come stavi, Fine. Perché credi che abbia un doppio fine? –
- Perché l’ultima volta che mi hai fatto questa domanda, sette anni fa, mi hai minacciata di tortura. –
- E’ per la tua incolumità, Principessa. –
- Se fosse per te e tuo padre dovrei rimanere chiusa nella torre più alta del castello senza contatti o senza la compagnia di un buon libro per la paura che la carta possa tagliarmi. Ah! Non dimentichiamoci del drago sputa fiamme! –
- Non esagerare. E poi i draghi non esistono!–
La ragazza schioccò la lingua in segno di disapprovazione.
- Hai ragione: dovrei esservi grata di avermi solamente privata della possibilità di uscire dalle mura di questo castello.  - , disse ironicamente.
- Hai finito? –, chiese Bright piuttosto scocciato.
Fine si passò la mano sul volto con fare disperato.
- Sul serio, Bright, cosa vuoi? –
- Volevo solo dirti che ho personalmente cominciato le ricerche di Eclipse.  –
- Hai avuto notizie? –, domandò fingendosi non curante mentre la curiosità la divorava.
- No, non so ancora nulla. Le mie spie, però, sono già al lavoro e le truppe stanno setacciando da cima a fondo la Foresta Nera. Non è facile uscire da quell’intrigo di rovi, sempre che ne sia effettivamente fuggito  e non sia morto prima. Non era per niente in buone condizioni prima della fuga. –
Bright prese le mani della ragazza tra le sue con dolcezza.
- Lo ritroveremo, cugina, e stavolta non ci limiteremo a rinchiuderlo in qualche oscura cella. –
Fine cercò di non ritrarsi subito da quel contatto indesiderato e accennò un sorriso.
– Grazie, Bright, ora sono più tranquilla. –
Il biondino si alzò, seguito dalla ragazza, e si avviò verso la porta. Appoggiò la mano sulla maniglia in ottone esitando per qualche secondo.
 - Appena saprò qualcosa verrò a riferirtelo, Fine. Tu cerca di stare tranquilla e evita di parlare così a mio padre: è nervoso. Anche lui vuole quello che vuoi tu quindi non ha senso che litighiate. –
Fine chinò leggermente il capo in segno di scuse.
- Sai che voglio bene a tuo padre. Mi infastidisce, solamente, il modo in cui mi tratta. Ho quasi venti anni, Bright, non sono più una bambina. –
Bright sorrise maliziosamente percorrendo la figura della sua bella cugina.
- Lo so. Lo vedo. –
Le mise una mano dietro la schiena e l’avvicinò a sé guardandola negli occhi. Fine arrossì leggermente facendo ridacchiare il ragazzo. Il viso dell’uomo si avvicinava troppo velocemente alle labbra di Fine che si dischiusero per la sorpresa. Le schioccò un tenero bacio sulla guancia che ebbe come effetto di spiazzare totalmente la ragazza.
- Sarai presto mia, Fine. – le sussurrò nell’orecchio mentre brividi di piacere e frustrazione percorrevano la spina dorsale della rossa.
 Poi la porta si aprì e si richiuse in un attimo lasciando Fine sola e con piacevole calore sulle  gote.
 
 
Un raggio di luna illuminava la piccola e parca stanza. Da un lato il fuoco scoppiettava allegro, regalando alla fanciulla dai capelli rosa che vi era seduta accanto un piacevole calore. L’estate era ormai alle porte ma nel deserto, la sera, la temperatura si abbassava anche di parecchi gradi. Prese un ciocco di legna e lo sistemò sulle fiamme, poi, lisciandosi l’abito blu, si alzò e si avvicinò al letto. L’uomo, sdraiato sul giaciglio, digrignava i denti  e corrugava la fronte per il dolore: urlare non l’avrebbe fatto mai.
 - Ho vissuto cose peggiori là. -, aveva sussurrato il cobalto in preda a quei terribili ricordi.
Non aveva mai nominato direttamente la Prigione di Inox e Milky sospettava il perché. Era troppo orgoglioso per ammettere il dolore che aveva provato e non riusciva ad accettare di essere stato in un posto del genere. Beh, non lo accetterei nemmeno io se fossi accusata  ingiustamente, pensò la ragazza. Intanto, per indicazione di Maria, Auler e Tio intingevano delle spugne nell’aceto per tenere pulite le ferite del moribondo. La febbre era passata e Shade era persino riuscito a sorbire un brodino.
 - Come vanno le cose nelle città? –, chiese con fare distratto generando nei presenti un sorriso rassegnato. Il cobalto, appena era stato di nuovo in grado di parlare, aveva fatto una miriade di domande sulle condizioni del Regno. Sua madre si era già stufata di starlo a sentire: gli aveva dato un bacio sulla guancia, abbracciato e detto quanto le era mancato, poi, con la scusa di dover tenere la locanda, si era allontanata.
- Tale padre, tale figlio. –, aveva sussurrato prima di uscire dalla stanza.
Intanto, Auler stava rispondendo.
- La capitale è totalmente sorvegliata. Ci sono spie ovunque e le guardie fanno la ronda tutta la notte. Il castello è impenetrabile e sia Re che Principe sono costantemente scortati da un centinaio di uomini, a cavallo e non.  Il popolo è terrorizzato: sono tartassati con minacce e pene di morte e vengono ogni giorno spennati fino all’osso. Nessuno ha il coraggio di esporsi. Anche nelle altre città la situazione non è delle migliori ma, ora che sei tornato, molti dei fedelissimi di tuo padre hanno organizzato piccoli gruppi e si incontrano nelle fogne. Non fanno molto ma stanno cercando il consenso della gente e giovani per ritemprare le nostre file. –
Alle parole del turchino lo sguardo dell’ex prigioniero si fece distratto mentre i suoi occhi scrutavano l’orizzonte al di là della piccola finestra.
- Auler, dimmi: la Principessa Fine è morta? –
- Dici la figlia di Elsa e Toulouse? – , chiese l’interlocutore dubbioso non riuscendo a seguire il flusso dei pensieri del cobalto il quale si limitò ad annuire alla sua domanda.
- Non si hanno più sue notizie da quando il Re e la Regina sono morti. Non credo che Aaron sia stato così stupido da ucciderla. Comunque, si dice che sia rinchiusa nella torre più alta del castello sotto la protezione di un enorme drago sputa fiamme; ma è solo una leggenda. –
Shade si voltò improvvisamente verso di lui, serissimo.
- Io non ne sarei così sicuro. –
Auler, stupito, si mise a ridere.
- A cosa ti riferisci? Al fatto che Aaron sia stupido o alla leggenda? –
Shade si unì all’amico e la stanza venne inondata dalla sua risata forte e cristallina.
- A entrambi, ovviamente. –
Presto la sua attenzione tornò al cielo notturno e  alla luna. La luna era per lui legata a moltissimi ricordi ed erano stati quei luminosi estratti di vita a rincuorarlo durante gli anni di prigionia. Doveva tutto a lei.
 
 
La ragazza, indossando una casacca e un paio di pantaloni di cuoio neri, si affacciò alla finestra della sua stanza e guardò in basso. Il giardino reale sembrava deserto ma in realtà vicino al roseto sonnecchiava una guardia mentre un'altra passava sotto i suoi appartamenti ogni ora, dopo aver fatto il giro del castello. Proprio in quel momento, un ragazzo in calzamaglia e ricoperto da ferraglia passava annoiato sotto di lei. Appena quello svoltò l’angolo, Fine si assicurò che la corda fosse stata fissata per bene al pilastro. La fece scivolare lungo la parete e per poi iniziare a calarsi. La luna illuminava quella parte del castello e questo la rendeva particolarmente visibile. Maledisse quello stupido pianeta per pentirsene subito dopo. Aveva imparato ad amare la luna. Si riconosceva in lei e la vedeva come una sorella: sola nel cielo, malinconica. In più, vi erano legati troppi ricordi che l’avevano aiutata a sopportare il dolore e continuare a vivere. Sentì il freddo del piccolo gioiello che le pesava sul collo. Nonostante tutto, doveva tutto a lui.


 

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Capitolo 5
*** 4. Corvi ***


4. Corvi
 
Camminava veloce e furtiva per i vicoli bui della città.  La sua figura nera si confondeva con le ombre degli edifici. Le strade erano vuote e le uniche fonti di luce erano i bagliori che provenivano dall’interno delle case e i raggi della luna. Si arrestò poggiando la schiena contro il muro rugoso.
A pochi passi da lei, due guardie, sporche e ubriache, camminavano ciondolando e bestemmiando. Il suo cuore cominciò a battere velocemente e il respiro si fece corto. Se l’avessero scoperta? Suo Zio non sarebbe stato clemente con lei.
Poi, si ricordò ciò che aveva imparato.
La paura non è tua nemica … non rinnegarla, ma impara a conviverci.
Sorrise leggermente ricordando quelle parole e si stupì di quel gesto. Era strano come il suo corpo si comportasse in maniera totalmente slegata al suo cervello. Non rinnegava l’utilità di quel consiglio ma arrivare a sorridere a un suo ricordo … non lo accettava! Strinse i pugni per la rabbia e decise che non era il momento per pensare a certe cose. Ora, doveva concentrarsi. L’adrenalina le scorreva nelle vene mentre vedeva i due uomini avvicinarsi sempre di più al suo nascondiglio. Si accucciò e raccolse da terra un sasso che lanciò nel lato opposto del vicolo. I due uomini si voltarono di scatto, improvvisamente allerta. La rossa ne approfittò per scivolare verso l’ennesimo anfratto buio dove forse i soldati non si sarebbero spinti. Doveva trovare l’unica persona che l’avrebbe sinceramente informata su quel che stava succedendo. Dopo sette anni di reclusione aveva bisogno di essere aggiornata. Era andata a casa della sua governante  solo una volta, quando aveva otto anni, e non si ricordava bene la strada ma era anche convinta che se avesse trovato un punto di rifermento ci sarebbe riuscita. Era da molto tempo ormai che non vedeva la sua città, il suo amato regno. Era tutto totalmente cambiato.
C’era silenzio a Lilian, un vuoto sinistro in contrasto con la Capitale ospitale e festosa che aveva conosciuto nella sua infanzia. Man mano che procedeva furtiva nell’ombra la stradina si allargava. Dal tetto dell’edificio cadde una piccola pietruzza che sfiorò appena la ragazza. Fine alzò lo sguardo spaventata mentre si avvicinava sempre di più alla fine del vicolo. Sulla sua testa vi erano due corvi neri appollaiati che la osservavano curiosi. Poi, uno dei due gracchiò e prese il volo, seguito dall’altro. La ragazza seguì con lo sguardo i due uccelli che si posarono sopra una costruzione in legno nel mezzo della piazza che si stagliava davanti a lei.
Fine indietreggiò disgustata da quella visione. Le gambe le tremavano e cadde a terra. Voleva urlare, andarsene, ma i suoi occhi non riuscivano a staccarsi, non riuscivano a capacitarsi di un tale scempio. Tre piccole figure dondolavano al chiarore della luna. I loro delicati colli erano legati a delle luride corde. I loro visi ciondolavano verso il basso senza che alcun segno di vitalità li percorresse. Erano tre bambini impiccati. I corvi circondavano i loro corpi, affamati. Svolazzavano e si affannavano per conquistare un piccolo brandello di carne. La rabbia prese possesso della ragazza. Si sentita violata da quell’ondata di emozioni. Non poteva perdere il controllo, non voleva perderlo. Dopo anni in cui si era imposta una totale indifferenza verso tutto e tutti, rischiava di perdere la sua maschera. Ma come poteva non essere sdegnata da quella visione? Non poteva sopportare di vedere dei bambini, simboli stessi dell’innocenza, messi a morte. Era come se ci fosse lei appesa a quelle corde. Dopo quel giorno la sua vita era diventata vuota e quell’infanzia tanto felice che aveva vissuto era stata rilegata nel fondo del suo cuore, per sempre. O almeno così credeva. Esplose. La frustrazione per la difficile perdita e l’allontanamento dall’infanzia e da tutto ciò ch era la sua vita, si fecero largo nel suo cuore. Si alzò e iniziò a urlare e a correre attorno a quell’inquietante struttura. I corvi si alzavano in volo quando si avvicinava ma si posavano di nuovo quando lei si allontanava. Infine, notando che ogni sforzo era vano, Fine si accucciò per terra in preda alla disperazione. Come era possibile che tre bambini potessero far tanto del male da essere addirittura giustiziati? Le lacrime cominciarono a cadere copiose dai suoi brillanti occhi. Si portò le mani alle orecchie desiderando di non sentire gli orribili versi di quegli uccellacci.
Un lieve fruscio la fece voltare di scatto, terrorizzata. Come poteva essere stata così stupida? Si era esposta troppo e aveva persino urlato. Nel girarsi si era aspettata di trovarsi davanti un esercito inferocito ma ciò che effettivamente vide le fece tirare un sospiro di sollievo.
- Devi andare via da qui! Subito! –, iniziò a sbraitare la ragazza bionda mentre la invitava con la mano ad andarsene e avvicinandosi piano a lei.
Intanto, il viso della sconosciuta vagliava preoccupato la piazza per assicurarsi non ci fosse nessuno. Fine poté guardarla meglio. Era bella; aveva una cascata di ricci biondi legati con un foulard bianco e i suoi occhi grandi occhi verdi risplendevano alla luce della luna. Stava guardando Fine con tristezza e comprensione.
- Ti han fatto del male? Quei bastardi... –
Si accucciò sulla rossa poggiandole dolcemente una mano sulla spalla. La sua voce era chiara e confortante.
- Posso aiutarti ma non puoi stare qui. Se ti vedessero, ti farebbero ancora del male. – , e con un cenno del capo indicò i tre bambini come ammonimento, - Io conosco un posto sicuro. Aspettami in quel vicolo. – , aggiunse indicando con un braccio proprio la stradina da cui era arrivata Fine.
La bionda porse alla principessa un fazzolettino immacolato sorridendo incoraggiante. La rossa lo prese timorosa e, mentre si asciugava le lacrime che rigavano ancora il suo volto, si avviò verso il suo nascondiglio. Il buio l’accolse come una madre e si sentì subito un po’ più al sicuro, confortata. Appena si calmò presto attenzione a ciò che faceva la sconosciuta. Questa si era avvicinata al palo delle impiccagioni e stava tagliando la corda che reggeva il primo bambino. Il corpo cadde a terra pesante e la ragazza sistemò gli arti e il capo in una posizione più degna. Infine, prese dalla cesta che si era portata appresso un lenzuolo bianco stendendolo sul piccolo cadavere. Il tessuto si adagiò morbido sulle membra del bambino evidenziando la sua minuta figura. Fece lo stesso lavoro con gli altri due corpi e Fine notò che la popolana si soffermò a contemplare il giocondo volto dell’ultimo. Era un fanciullo biondino e paffuto e Fine si stupì notando la somiglianza tra i due. Un brutto presentimento le passò per la mente, presentimento che venne confermato nel momento in cui la giovane accarezzò lievemente le gote del bambino. Quello era suo fratello. Calò anche su di lui il candido lenzuolo e poi, sempre guardandosi attorno con circospezione, si avvicinò a Fine.
- Era… -, cominciò la rossa, senza però trovare le parole.
La bionda le regalò un triste sorriso.
 – Si, piccola vendetta dei soldati nei confronti dei ribelli. -, rispose solamente, per poi dare le spalle a Fine. Da quello che Fine sapeva, i ribelli erano guidati da Eclipse. Ecco che razza di uomo era quel bastardo! Non solo aveva ucciso i suoi genitori ma permetteva pure che morissero tre innocenti. Si sarebbe vendicata, per se stessa e per quei tre bambini.
- Come si chiamavano? –, chiese a bruciapelo.
- Matis,  Robert e Bright. -, rispose canonica la bionda.
- Grazie, comunque… non so il tuo nome. –, cercò di approcciarsi la rossa.
- Io sono Altezza. –
Fine esitò qualche secondo prima di presentarsi. Non sapeva se il suo nome era comune e quindi insospettabile. Decise di mentire.
 - Io sono Rein. - , affermò sicura accennando un sorriso. Era il primo nome che le era venuto in mente.
- Ora, seguimi  Rein. -, sussurrò Altezza. Poi, vennero risucchiate dal buio.


 

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Capitolo 6
*** 5. Sfogo ***


5. Sfogo
 
Altezza avanzava sicura e furtiva tra le strade di Lilian. Un paio di volte bloccò la sua marcia per intimare a Fine di accostarsi al muro, nell’ombra, ma non si trovarono mai faccia a faccia con pericoli reali. Dopo qualche minuto di cammino, si trovarono in un vicolo cieco dove erano state riposte alcune botti marcite e assi di legno. La bionda guardò la sua nuova amica con un sorriso. In qualche modo sentiva che poteva fidarsi della rossa e che non rischiava di mettere a repentaglio la sua vita. Si stupiva, poi, guardandola, di come i suoi occhi fossero limpidi e sinceri: scorgeva della tristezza ma anche tanta bontà. Poi, perché mai una straniera si metterebbe a piangere davanti a degli impiccati, se non fosse un’amica? Scostò una delle pesanti botti, mostrando una piccola porticina. L’aprì e, accucciandosi a terra, vi strisciò dentro. Fine le andò subito dietro senza la ben che minima esitazione. Sbucarono in una stanza sotterranea illuminata da alcune candele. Era arredata con un piccolo letto e un tavolo. In un angolo, una donna sulla quarantina, guardava con occhi strabuzzati Fine.
- Mamma! Sai tranquilla. Non ci farà del male. –, sussurrò dolce Altezza avvicinandosi alla signora.
Il viso della donna era scavato dalla fame e i suoi occhi gonfi sembravano sporgere. I capelli biondi, legati in una spettinata coda, erano radi. Teneva tra le mani una piccola casacca blu, che doveva appartenere ad un bambino, su cui riversava tutte le sue lacrime.
- Rein, questa è Camelia, mia madre. – , le presentò, la bionda.
La principessa si avvicinò cauta alla popolana, rapita dal dolore che emanava. Nei suoi occhi leggeva la stessa sofferenza che provava lei e si sentì capita e rincuorata per la perdita che aveva subito anni prima. Prese dolcemente il viso di Camelia tra le mani. I suoi occhi cremisi s’incontrarono con quelli verdi della donna. Fine si sentiva in colpa per quello che era successo. Non aveva fatto nulla per fermare quello scempio! Non sapeva nulla di quello che succedeva nel suo Regno! Si era lasciata ingannare da suo zio. Per quanto i Ribelli creassero problemi, era necessario di punire dei poveri bambini? Finalmente, capiva che non poteva lasciarsi solo trasportare dalle emozioni, lasciare che tutto le scivolasse addosso. Doveva reagire e lottare contro le ingiustizie. Lei era la Principessa. Lei poteva farlo! Portò la testa della donna al suo seno e l’abbracciò teneramente. Non poteva permettere che il suo popolo soffrisse. Era giunta l’ora di conoscere come stavano le cose e cercare Camelot era diventata la sua priorità.
Un debole e sofferente grazie la riscossero dai suoi pensieri tormentati e si accorse, stupita, che anche le sue gote erano grondanti di lacrime. Quello della Principessa era un pianto liberatorio rotto dai singhiozzi, che esprimeva tutto il dolore e la rabbia che aveva provato fino a quel momento. Camelia la stava guardando con gratitudine.
- Piangi, bambina mia, piangi. Qui sei al sicuro. – le sussurrava ed era proprio quello di cui Fine aveva bisogno.
 

- Stai meglio? –
Una voce dolce riscosse Shade dai suoi pensieri. Si voltò piano gustando ancora per pochi secondi la visione del deserto e del suo amato cielo notturno. Si trovò davanti due occhi così simili ai suoi cobalto. Sorrise teneramente alla sua sorellina. Le era mancata terribilmente. Averla accanto era un toccasana al dolore e alla solitudine di quegli anni.
- Si, sto bene grazie. Mi fa ancora un po’ male il braccio ma sopporterò. –, le disse strizzandole l’occhio. Milky ridacchiò leggermente ma tornò subito seria.
- E’ un luogo terribile, vero? –
Shade tornò a fissare le stelle fuori dalla finestra, come se quel che stava per descrivere si trovasse su un pianeta lontano e non  a un centinaio di chilometri dalla locanda.
- Non puoi nemmeno immaginare quanto. –
La ragazzina sospirò scoraggiata. Aveva toccato una ferita ancora troppo aperta; era passata solo una settimana dopotutto. Nella stanza calò il silenzio rotto solo dallo scoppiettare del fuoco.
- Sai, -, cominciò Shade, - un giorno, un uomo passò davanti alla mia cella. Era vecchio, calvo, sporco e con i denti sporgenti. Era scortato dalle guardie; evidentemente era un nuovo detenuto. Si voltò, per caso, dalla mia parte e strabuzzando gli occhi si avvicinò alle mie sbarre. Le guardie cercarono di fermarlo ma con gomitate e calci le mise a tacere. Dopotutto era un vecchio, cosa avrebbe potuto fare? 
- Ehi ragazzo! -, mi chiamò intimandomi di avvicinami a lui. - Io so chi sei! - .
 Io lo guardai scocciato. Avevo già i miei problemi e il fatto che attirasse l’attenzione su di me mi infastidiva. Mio malgrado gli risposi, non volevo averlo sulla coscienza.
 Anche io so chi sono, gli dissi.
- Bene, Ragazzo! Tienilo a mente, perché il loro obbiettivo è distruggere te, il tuo ricordo e quello di tuo padre. Là fuori ci sono ancora persone che credono che cambiare le cose sia possibile. -
Poi si voltò verso le guardie che lo guardavano infuriate e si mise a urlare:  - A morte il Re! Viva la Ribellione! Viva Eclipse! -
Il vecchio venne picchiato e pestato a morte davanti ai miei occhi ma tutti i carcerati erano andati avanti a urlare  Viva Eclipse fino a che il vecchio non ha esalato l’ultimo respiro. Ed è morto con il sorriso sulle labbra, quel vecchio. –
Il ragazzo sospirò e sorrise ironicamente, stremato per aver raccontato una ricordo doloroso ma anche soddisfatto.
 - E’ stato in quel momento che ho deciso di scappare. –
Milky rispose sorridendo tristemente.
- Stasera, pregherò per quell’uomo. Grazie a lui ho di nuovo con me mio fratello e la speranza per un futuro migliore. –
Shade le accarezzò i capelli rosa.
 - Questo è lo spirito giusto, Milky. –
 
 
- Sapete dove posso trovare Camelot, la ex governante del castello reale? –
Altezza guardò Fine con incertezza.
- Perché lo vuoi sapere? –
- Devo parlarle. –
- Di cosa? –
La rossa alzò gli occhi al cielo scocciata. Che importanza aveva per Altezza? Era solo una vecchia governante! Decise di giocare d’astuzia. Se Altezza faceva parte della Ribellione non si sarebbe accontentata di una risposta vaga. Se voleva una risposta avrebbe dovuto dimostrarle fiducia.
- Voglio chiederle informazioni su come entrare nel Castello. –
La bionda strabuzzò gli occhi.
 - Ti mandano loro?-
Lo chiese con un tono tra il preoccupato e l’emozionato. Doveva riferirsi ai grandi capi. Fine assunse un tono d’importanza e annuì lievemente.  
- Ti ci accompagno io! - assentì emozionata la popolana. - E’ un onore per me aiutarti! Non sapevo coinvolgessero anche ragazze giovani nel sistema di spionaggio. –
Fine si guardò attorno imbarazzata. Non le piaceva dire bugie ma dopotutto non stava facendo niente di male. Voleva solo scoprire la verità.
- Sono una delle prime, infatti. Hanno capito che le donne passano meno inosservate ed essendo di corporatura più minuta riescono a intrufolarsi più facilmente. –
La bionda sgusciò fuori dal nascondiglio e aspettò Fine, che salutò Camelia e poi uscì. Mentre percorrevano di soppiatto i vicoli buoi Altezza continuava ad esprimere il suo entusiasmo.
- Finalmente si stanno muovendo. E’ da mesi che aspettiamo notizie da parte di Eclipse. Vuol dire che ora faremo sul serio! Potremo uscire dai nostri nascondigli e lottare contro le infamie del Re!-
Quando Fine sentì quel nome un brivido le percorse la schiena. Quelle persone osannavano Eclipse come se fosse il salvatore e l’unica speranza per il Regno. Per lei, era sinonimo di morte e odio ma non poteva giudicare Altezza. Si era ripromessa di conoscere tutta la verità. In sette anni suo Zio le aveva raccontato molte cose ma ora ogni certezza era svanita. C’era solo una gran sete di conoscenza e di vendetta, e soprattutto quest’ultima  non era più molto sicura che fosse indirizzata solo ad Eclipse.


 

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Capitolo 7
*** 6. Camelot ***


6. Camelot
 
Quando era piccola, era totalmente coinvolta da Camelot. Le piaceva inventare storie e fantasticare sulla vita della sua pazza governante. Camelot si muoveva sinuosa tra i corridoi e le compariva alle spalle all’improvviso cogliendola in fragrante  mentre progettava le sue marachelle. Per questo, Fine pensava fosse magica. Immaginava possedesse strani poteri, come la veggenza e il teletrasporto, e, spesso, si divertiva a spiarla sperando di scoprirla mentre compiva  una dei suoi incantesimi; cosa che non successe mai, ovviamente. Fine alzò, ridacchiando, gli occhi al cielo, ripensando a quei momenti. Camelot l’aveva resa una principessa senza mai dimenticare che fosse anche una bambina. L’educazione passava attraverso il gioco e lei era diventata una perfetta Principessa senza nemmeno accorgersene. La notte in cui morirono i suoi genitori Camelot venne cacciata dal castello lasciando la rossa in una profonda solitudine, rotta soltanto dalle chiacchiere di Rein. Per quanto apprezzasse la compagnia della sua cara serva, la figura di Camelot le mancava. Era come una sorta di nonna per lei e, dopo la morte di sua madre, una figura femminile adulta le era sempre stata essenziale. Altezza si voltò verso di lei incuriosita dal suo strano sorriso.
- Sei entusiasta di cominciare la missione? – le chiese, provando a indovinare il motivo della serenità dell’amica. Fine si riscosse dai sui pensieri e annuì poco convinta.
- Ecco! Ci siamo! Quella là, in fondo, è la casa. -
La rossa scorse davanti a se una piccola casetta bianca. Un’edera arrampicante aveva infestato gran parte della facciata anteriore della costruzione donandogli un aspetto rustico e trasandato. Le tende a fiorellini erano tirate e non si poteva scorgere nulla dell’interno. Molto probabilmente la vecchia strega stava dormendo. Altezza la fermo a qualche metro dall’ingresso.
 - Senti, Camelot è molto anziana e si fida poco delle persone. -, sospirò la bionda ricordandosi la fatica che aveva fatto per avvicinarsi a lei. - Appena ci aprirà, se aprirà, cercherò di spiegarle la situazione. Tu tieniti in disparte, intanto. –
Altezza si avvicinò piano alla porta e bussò esitante. L’uscio si aprì immediatamente lasciando la bionda con il cuore in gola per la sorpresa. Fine si nascose nel buio ridacchiando. Non era per niente stupita: questa era la dimostrazione che i suoi poteri magici non erano ancora svaniti. Un’anziana signora, bassa e snella, si sistemò la vestaglia guardandosi attorno con fare furtivo. Poi, con le sopracciglia aggrottate,  posò il suo sguardo su Altezza. - Che vuoi? -, gracchio scorbutica. La biondina, un po’ intimorita, cercò di parlare. Le sue parole sembravano non suscitare alcun interesse sull’anziana che, invece, stava osservando incuriosita Fine.
I loro occhi s’incontrarono e, in un breve istante, una nuova luce guizzò nei bruni specchi di Camelot che si facevano più umidi per la commozione. Alzò la sua magra e scheletrica mano e fece un lieve cenno per dir loro di entrare. Appena la porta si richiuse alle loro spalle, Fine si catapultò tra le braccia della sua amata governante, scoppiata in lacrime. La principessa di sentì tornare improvvisamente bambina. Assaporando il sapore dolciastro dei vestiti di Camelot venne catapultata in un altro mondo, in un'altra vita che a stento riconosceva come sua.
 
Una bambina di dieci anni, con capelli e occhi cremisi, si sfregava freneticamente gli occhi per cercare di frenare le sue piccole e tonde lacrime. Non poteva fare altro che nascondersi, non voleva vedere nessuno.
Quello stupido ragazzino l’aveva convinta a uscire dalle mura del castello e, ora, tutta Lilian la stava cercando. Per cosa poi!? Per osservare più da vicino un grosso insetto che Shade aveva chiamato cavalletta! Un insetto orribile, per giunta! Mentre stringeva i pugni dalla rabbia, ricordandosi di come si era dimostrata fifona davanti a un maschio, due  mani  l’afferrarono sotto le ascelle costringendola ad alzarsi e ad uscire dal suo cespuglio. Era stata scoperta e ora l’avrebbero sgridata. Stava per mettersi a correre quando la governante l’afferrò per un braccio e la strinse in un dolce abbraccio.
- Sciocca bambina! Ci hai fatti preoccupare. –
 
In quel momento, Fine si era sentita davvero amata. La consapevolezza che qualcuno potesse tenere così tanto a lei l’aveva resa felice. Questa consapevolezza si era ricompattata nell’abbraccio che la sua, ormai, vecchia governante stava ricambiando. Si misero a ridere entrambe, con voci chiare e serene, felici di essersi ritrovate e commosse che la loro unione non fosse stata scalfita dai tanti anni di lontananza.
- Sono così felice di vederti sana e salv… -, stava dicendo Camelot quando sentirono uno sferragliare alle loro spalle. Si voltarono impaurite, trovandosi davanti Altezza, paonazza, con un coltello in mano. La bionda spostò malamente Fine da Camelot, facendola cadere a terra.
- Cosa sta succedendo?-, chiese imbarazzata e offesa allo stesso tempo.
- Altezza, io… -, tentò di avvicinarsi Fine, capendo ora la frustrazione della sua nuova amica. Fine le aveva mentito, aveva detto ad Altezza di non conoscere Camelot e ora le aveva viste che si abbracciavano con affetto. Doveva ammettere che era una situazione un po’ confusa vista con gli occhi della popolana. Altezza tagliò l’aria all’altezza del ventre di Fine facendola indietreggiare. Le due ragazze si guardarono accigliate.
- Altezza cara, non vorrai mica uccidere la nostra erede al trono, vero? –
Altezza si voltò verso Camelot boccheggiando stupita, mentre quest’ultima si avvicinava al fuoco per far scaldare il bollitore.
 -Volete del tè? -.


 

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Capitolo 8
*** 7. Il vaso di Pandora ***


7. Il vaso di Pandora
 
Fine scoppiò a ridere quando vide Altezza inchinarsi al suo cospetto e mormorare "mi perdoni, Sua Maestà". Fino a cinque minuti prima le stava per squarciare l’ombelico con un coltello mentre, ora, si rendeva ridicola con un radicale cambio di atteggiamento. Senza esitazione Fine le cinse le spalle e l’aiutò ad alzarsi.
- Non darmi del lei, per favore. Non merito di essere considerata una Principessa e  tanto meno la futura erede al trono. –
- Ti sbagli, ragazza mia. -, intervenne Camelot facendo segno alle due ragazze di sedersi al tavolo e porgendo loro una tazza di tè fumante. - Il fatto stesso che tu sia qui dimostra che c’è una speranza per il nostro regno. –
La vecchia guardò dolcemente la sua prediletta e aggiunse:  - Era da molto che ti aspettavo - .
Altezza osservava prima l’una e poi l’altra cercando di cogliere il senso di quel discorso, per lei, enigmatico. Fine faceva scorrere il dito sul bordo della ceramica, in imbarazzo, cercando il coraggio di parlare. Portò il tè alla labbra assaporando quel dolce liquido che le riscaldava le membra. C’era stato troppo freddo nella sua vita, troppa vergogna e illusione. Quel calore stava risvegliando la sua anima assopita. Mai come quella sera, aveva vissuto tante emozioni insieme ma, stranamente, non ne aveva paura. Tra le mastodontiche mura del castello non aveva trovato che muffa e indifferenza. Le sue preghiere non erano mai state ascoltate e le sue lacrime asciugate. Era sola tra i fantasmi della sua infanzia e relazioni fittizie che non avevano fatto altro se non pietrificarle il cuore. Per sua natura aveva bisogno di rapporti veri e sinceri che non aveva esitato a trovare in Altezza, in Camelia, sua madre, e ora in Camelot, figura fondamentale nella sua infanzia. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare e condividere il suo dolore. Aveva bisogno di certezze e della verità. Aveva bisogno di aiuto e di una mano amica. Nelle poche ora che era uscita dal castello aveva trovato tutto questo e si rese conto di quanto avesse perso della sua vita, di come avesse sprecato i suoi anni migliori nel rimuginare la vendetta credendo ad un sanguinario zio e riponendo la sua fiducia in un cugino vigliacco. Solo ora capiva di essere a casa. Con una luce nuova negli occhi cremisi face la fatidica domanda: - Camelot, voglio sapere cosa successe quella notte. –
L’anziana sospirò sorridendo leggermente. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato ed era fiera della donna che aveva davanti. Durante quegli anni di esilio aveva avuto paura che Fine avesse dimenticato tutti i suoi insegnamenti, che si fosse lasciata soffocare dall’odio. Ci aveva impiegato parecchio tempo ma, dopotutto, pensò la governante Fine era sempre stata un po’ ottusa.
- Prima di tutto, devi sapere che non posso darti tutte le risposte che vuoi. -, disse Camelot arcigna, guardando Fine.  – E ti prego di non interrompermi. –
La rossa fece un lieve cenno con la testa per indicare che aveva capito. Con l’ennesimo sospiro, la donna iniziò a parlare.
- Questa storia è lunga e complicata, quindi stai bene attenta. So solo quello che gli occhi di una serva hanno potuto vedere anche se ero privilegiata rispetto a molti altri.
Entrai al castello per pura casualità. Cinque anni prima della tua nascita in tutto il regno si diffuse un epidemia che aveva provocato molti morti. Io, a quei tempi, ero una guaritrice e cercavo in ogni modo una soluzione alla malattia. Anche mio marito e mio figlio erano stati contagiati. Dopo molti esperimenti, il mio rimedio ebbe effetto. Era troppo tardi per i miei cari ma aiutò molte persone a guarire.
Poi, un giorno, venni chiamata a castello. La nostra regina, tua nonna Grace, aveva contratto la malattia mentre visitava una delle tante case di cura che erano state allestite. La regina era una donna esemplare. Era giusta e compassionevole, molto legata al suo regno. Quando entrai nelle sue stanze mi accolse abbracciandomi ed elogiandomi per il mio lavoro. Avevo ridato una speranza al suo popolo, mi disse. Io ero un po’ scettica alla sua reazione.  Avevo salvato molte persone  ma mio marito e mio figlio erano morti. La mia vita era vuota e non avevo più obbiettivi. Grace, che aveva notato il mio stato d’animo, mi consolò e mi chiese di diventare la sua dama di compagnia. Non esitai ad accettare; era un onore per me. Tua nonna guarì in pochi giorni e prese tutte le misure per evitare che l’epidemia continuasse. Ridiede spirito e fiducia al popolo e in pochi mesi in tutto il regno si respirava aria nuova.
 Io, intanto, ero indaffarata con le faccende di corte e a badare ai figli di Grace. Si chiamavano Aaron e Elsa. Elsa era la maggiore, e la prediletta dalla madre; sarebbe stata lei ad ereditare il trono. Era educata, gentile e generosa ma, soprattutto, bella. Nascondeva, poi, un lato del suo carattere che avrei conosciuto molto presto e che le creò parecchi problemi. Invece, Aaron era un ragazzino molto riservato. Era dedito alla battaglia e si divertita a cacciare e torturare piccoli animali, come topi e scoiattoli. Questi particolari mi lasciarono molto attonita ma sua madre mi garantì che erano solo dei giochi. Aaron viveva nell’ombra della sorella e ciò non fece altro che renderlo sempre più solo e insicuro. Il mio compito era insegnare loro l’arte medica e l’amore per la natura, che secondo Grace li avrebbe resi regnanti saggi e rispettabili. Ovviamente, la regina aveva ragione ma la loro educazione sarebbe dovuta iniziare già durante l’infanzia e non in piena giovinezza quando già il loro carattere e la loro indole era formata. Comunque, non disubbidii a Grace.
Era un girono di fine agosto quando tutto cominciò. Era da qualche anno ormai che ero arrivata al castello e, finalmente, dopo il lutto, sentivo che la mia vita aveva preso una buona piega. Stavo cavalcando con Elsa e Aaron e, passando per un bosco, perdemmo di vista tua madre. Decidemmo di ripercorrere la strada che avevamo fatto e la trovammo mentre chiacchierava con un ragazzo. Elsa era tutta spettinata e i suoi vestiti erano sporchi. Avvicinandoci sentimmo il loro discorso.
- Grazie di avermi salvata, Toulouse. Questa bestia mi ascolta decisamente poco. -, diceva ridendo.
- Bisogna solo saperlo domare. Se vuole un giorno potremmo incontrarci così le insegnerò a cavalcarlo meglio. -, rispondeva quello.
Quando Elsa ci vide si fece immediatamente seria e composta ringraziando formalmente ed educatamente il giovane. Tornati al castello provai a chiederle cosa era successo ma rispose in modo vago.
Nei giorni seguenti, Elsa era insolitamente distratta e sgarbata e spesso scompariva per ore e ore senza rivelarci dove andasse. Un sera, mentre pattugliavo i corridoi, la vidi sgattaiolare fuori dalla sua stanza. Decisi di seguirla. Arrivata nel giardino delle rose corse tra le braccia del ragazzo che aveva incontrato nel bosco e si baciarono appassionatamente. Ero molto delusa da lei soprattutto quando vidi che si lasciava accarezzare maliziosamente da Toulouse. Non potei tollerare oltre e intervenni. Proibii categoricamente a Elsa di vederlo. Credevo di averla rimessa in riga; anche sua madre intervenne in mio favore. Fu proprio questo il mio sbaglio: sottovalutarla. L’avevo sempre considerata una ragazza intelligente e responsabile. Aveva sempre rispettato le regole e pensavo che le sue scappatelle dipendessero dalla curiosità. Non potevo sapere che in realtà aveva un temperamento ribelle, uno spirito di avventura che aveva coltivato attraverso i romanzi che leggeva. Più io la punivo più lei si ribellava e il risultato che ottenni non era dei migliori: Elsa rimase incinta, di te, Fine.
Tuo padre, Toulouse, che successivamente ebbi modo di conoscere, era figlio di un falegname. Un bellissimo ragazzo, educato e fedele ma non aveva sangue nobile. Per legalizzare il matrimonio, Grace gli diede il titolo di Duca ma ormai lo scandalo era scoppiato.
I nobili voltarono le spalle alla regina che aveva reso tanto grande il nostro regno e le si ribellarono. Scoppiò una guerra civile tra l’esercito reale, supportato dai popolani, contro i mercenari dei signorotti locali. Tua madre e tuo padre vennero esiliati nel deserto. Grace si ammalò dal dispiacere. Pregò di cessare la guerra e instituì un Consiglio dei Nobili per supportare la regina nelle decisioni importanti. Il consiglio prese il totale potere. Il grande regno di Grace era finito.
Io rimasi al castello come assistente della regina che giorno dopo giorno deperiva sempre di più: la sua figlia prediletta era stata esiliata e non ne avemmo più notizie, il suo regno era in mano a usurpatori che tartassavano il popolo e Aaron, l’unico figlio che le era rimasto accanto, era passato dalla parte del nemico. Aveva convinto il Consiglio ad attribuirgli l’intero esercito e insieme ad una scorta girava per Lilian maltrattando chiunque avesse di fronte. La sua indole violenta e sanguinaria si era manifestata. Causò più malcontento lui che i nobili. Tuo zio era cattivo, Fine. Una persona malvagia. –
Fine aveva le lacrime agli occhi e si teneva i capelli tra le mani. Sua madre e suo padre avevano portato il regno sull’orlo del baratro. Era stato il suo concepimento a causare così tanti problemi. Si sentiva direttamente responsabile. Camelot interruppe i suoi pensieri.
- Non fartene una colpa, tesoro. Tu sei nata da un amore vero. Tua madre e tuo padre erano davvero uniti. Erano giovani e volevano solo stare insieme. Il tuo concepimento non era voluto ma i tuoi genitori fecero di tutto per tenerti al sicuro. Da un lato, l’esilio ti salvò e salvò loro da colpi di stato e massacri. Tua madre era erede, sostenuta e benvoluta dal popolo anche se aveva commesso qualche errore.  Non poteva lasciare il regno e sua madre in preda a quei folli… –


 

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Capitolo 9
*** 8. La verità ***


8. La verità

[…] Tuo zio era cattivo, Fine. Una persona malvagia. –
Fine aveva le lacrime agli occhi e si teneva i capelli tra le mani. Sua madre e suo padre avevano portato il regno sull’orlo del baratro. Era stato il suo concepimento a causare così tanti problemi. Si sentiva direttamente responsabile. Camelot interruppe i suoi pensieri.
- Non fartene una colpa, tesoro. Tu sei nata da un amore vero. Tua madre e tuo padre erano davvero uniti. Erano giovani e volevano solo stare insieme. Il tuo concepimento non era voluto, ma i tuoi genitori fecero di tutto per tenerti al sicuro. Da un lato, l’esilio ti salvò e salvò loro da colpi di stato e massacri. Tua madre era erede, sostenuta e benvoluta dal popolo, anche se aveva commesso qualche errore.  Non poteva lasciare il regno e sua madre in preda a quei folli … –
 

- … Cinque anni dopo, arrivò una lettera. –
L’anziana donna si alzò curva dalla sedia su cui sedeva e cominciò a frugare in un cassetto vicino al focolare.
Ne estrasse una pergamena raggrinzita e la porse a Fine. La ragazza l’aprì lentamente con la paura di sgualcirla ancor di più. La grafia era quella elegante e sottile di sua madre e le lacrime salirono agli occhi.
 
 Camelot,
   stiamo tornando. Lo scontento è altissimo e il popolo da la colpa di tutto a mia madre. Le cose devono cambiare e presto verrò a prendere il titolo che mi spetta. Prima che mia mamma muoia voglio che conosca Fine. Oh, la mia Fine. Che bambina fantastica! L’adorerai! Assomiglia molto a me ma il suo lato ribelle è molto più pacato. Abbiamo viaggiato molto in questi anni e ci siamo fatti molti amici, amici disposti ad aiutarci sempre. A presto mia cara governante.
Con amore,
Elsa.
 
Fine porse la pergamena ad Altezza che la lesse avidamente. Intanto, calò un silenzio carico di attesa in cui la Principessa e Camelot si guardarono complici. Quella era la dimostrazione che era davvero nata da un amore sincero. L’amavano molto come le avevano sempre dimostrato quando i suoi genitori erano in vita ma la delusione e il dolore della loro morte avevano oscurato i suoi pensieri. Quando pure Altezza alzò gli occhi dal foglio Camelot continuò.
- Qualche mese dopo si presentarono ai cancelli del castello. I tuoi genitori erano cresciuti erano diventati più adulti e tu, bambina, eri bellissima. Mi ricordo ancora come se fosse ieri: indossavi un grazioso abitino bianco, di fattura esotica, mi guardavi timorosa dietro le gambe di tuo padre e quando Elsa si avvicinò a me, abbracciandomi, mi sorrisi anche tu e mi abbracciasti a tua volta. Fu la prima volta dopo anni che risi. Oh ragazza mia, portasti la gioia in quel castello.
Tua nonna sembrò rinascere alla tua presenza. Si riprese visibilmente dalla malattia. Eri persino in grado di convincerla a fare passeggiate in giardino. Io ti insegnavo a leggere, a scrivere, a conoscere le piante e gli animali. Grace ti insegnava il coraggio e l’educazione, cercando di evitare gli errori che aveva compiuto con Elsa.
Intanto, tua madre aveva ripreso le redini del regno. Ora, era una vera Regina. Aveva mantenuto il Consiglio dei Nobili ma erano diventati più consiglieri che detentori del potere. Era tua madre a fare le leggi e il popolo era rinato.
Aaron non aveva accettato il suo ritorno ma Elsa aveva capito che escludendolo non avrebbe fatto altro che aumentare il suo risentimento. Lo lasciò a capo dell’esercito anche se era una scelta rischiosa. I problemi cominciarono due anni dopo. Per coincidenze e scelte azzardate le cose precipitarono. –
Prima che Camelot ricominciasse a parlare, Fine non poté trattenersi.
- E Bright? –
Camelot sorrise mesta alla sua prescelta.
- E’ sia una coincidenza che una scelta azzardata.  –
Fine la guardò confusa e decise che era meglio stare zitta. Il the si era raffreddato tra le sue mani ma continuò a bere perché la salivazione era venuta meno.
- Una notte bussò alla porta della servitù una giovane donna. Era bella con i capelli di grano e gli occhi zaffiri e teneva per mano un bambino identico a lei. Sosteneva di essere l’amante di Aaron e che dovevamo tenerci il bambino perché lei non ne era più in grado. Aaron venne richiamato da Elsa per spiegazioni ma questo andò fuori di sé dalla gioia vedendo il bambino. Non so se già allora pensasse di prendere il potere con questo losco trucco ma quella felicità era impropria. Era un'altra macchia nera sulla famiglia reale ma a lui non sembrava importasse. –
Altezza scosse la testa con vigore.
- Che intendi per losco trucco ? –
Fine sorrise tristemente.
- Te lo spiego io. Mio zio vuole farmi sposare Bright in modo che l’ erede al trono diventi Re. Dopo il matrimonio potrebbe anche farmi fuori che Bright sarebbe comunque il legittimo regnante. –
Camelot annuì.
- E’ per questo che sei scappata vero? – , chiese la bionda incuriosita dagli intrighi di corte.
- Stamattina ho avuto una discussione con Bright e mi ha fatto esplicitamente capire che avrei dovuto sposarlo. Ho voluto vederci chiaro in questa storia: prima mi tengono prigioniera nel castello per sette anni senza darmi spiegazioni e poi pretendono che io sposi mio cugino. Il minimo che potessi fare era capire cosa succedeva al popolo e vederci chiaro nelle informazioni filtrate che mi venivano date dalle serve. E poi bèh, per vendetta privata, ma quella è un'altra storia. –
- No ragazza mia, non è un'altra storia. Ci arriveremo pian piano. Ora, ascolta. –
L’anziana prese un profondo respiro e continuò.
- Bright e Camilla, così si chiamava l’amante di Aaron, vennero accolti nel castello. Elsa si sentiva responsabile e coinvolta nella vicenda: responsabile per le azioni di suo fratello e coinvolta perché avendo anch’ella una figlia era difficile negare ad un'altra donna un aiuto.
Bright era timido ed educato e subito diventaste amici ma lego molto anche con il padre che lo istigava a farti scherzi o cercava di farvi baciare e abbracciare. Fortunatamente non passasti troppo tempo sola con lui. Ai vostri pomeriggi in giardino si unì Rein, figlia di una serva, e Bright pose tutte le sue attenzioni su di lei. 
Camilla, invece,  viveva male la relazione con Aaron. Era un padre protettivo e deviante ma un amante terribile e violento. Camilla si confidò molte volte con Elsa che tento di consolarla ma alla fine la donna morì suicida per il terribile trattamento che le veniva sempre inflitto. Elsa era disperata anche più di Aaron. Bright pianse per intere settimane e Aaron continuava a sostenere che frequentando te e Rein era diventato una femminuccia. Se ne andò dal castello per educare suo figlio a modo suo, disse.
Non so dove lo portò per due anni ma quando il bambino tornò era cambiato. Apparentemente ancora tranquillo e pacato era però totalmente succube del padre e della sua cattiveria.
Intanto, alcuni amici dei tuoi genitori vennero a farci visita. Li avevano conosciuti al limitare del deserto e li avevano aiutati ad ambientarsi e a superare l’esilio. Maria e suo marito erano persone molto socievoli, alla buona, ma con idee repubblicane e il loro figlio… oh Shade!Ti ricordi, Fine… ? -
La rossa arrossì leggermente ed annuì senza fare commenti. Sapeva che prima o poi gli sarebbe toccato sentire quella parte della storia. Camelot ridacchiò tra sé.
- Era un bambino molto fantasioso! Non vi separavate mai e correvate da una parte all’altra del giardino parlando di draghi, pirati, sirene e creature fantastiche. Ne combinavate di tutti i colori. Una volta, mi ricordo, mi avete quasi fatto avere un infarto comparendomi alle spalle improvvisamente. –
Camelot appoggiò i gomiti sul tavolo e guardò Fine negli occhi.
-  Credo che sperassero che tra te e Shade nascesse qualcosa… beh… qualcosa era nato. Anche se eravate ancora ragazzini avevate un’intesa speciale e Shade si era ripromesso che ti avrebbe sposato un giorno. Quando Bright e Aaron tornarono dal loro ritiro trovarono un ostacolo nel loro piano all’ascesa del potere. Probabilmente, Elsa e Maria avevamo già deciso che tu e Shade vi sareste sposati, credendo di fare il vostro bene e il bene del regno. Quando Aaron lo scoprì andò fuori di matto.
Avevate dieci anni quando le cose degenerarono. Aaron insorse con il suo esercito di fedeli mercenari e fece irruzione nelle stanze reali del castello mentre il resto dei soldati seviziava Lilian. Ovviamente, Bright era al suo fianco. Ci arrestarono e ci rinchiusero in un ala del castello mentre i nobili del Consiglio vennero tutti giustiziati a fil di spada davanti all’intera città, nella piazza che ormai è diventata un luogo infernale. Tua nonna quel giorno morì; morì dalla disperazione e dalla consapevolezza di aver creato un mostro. Le sue ultime parole furono terribili e crudeli nei confronti di tuo zio che ebbe la faccia tosta di presentarsi al capezzale di sua madre dopo quello scempio. Credo che furono le parole della vecchia Regina a pacare la sua insaziabile sete di sangue e a salvare te. –
Camelot si asciugò le lacrime con un candido fazzoletto mentre Altezza non si era nemmeno sforzata di trattenersi. Fine aveva solo potuto immaginare quello che era successo in quei giorni visto che era stata isolata in una stanza, stanza che era rimasta la sua prigione per sette lunghissimi anni. Sua nonna non aveva voluto che assistesse alla sua morte ma Fine non aveva mai dubitato del suo affetto. Pian piano le cose si stavano facendo più nitide nella sua mente e nei suoi ricordi. La visione del mondo di una bambina di dieci anni è molto meno oggettiva di quanto aveva sempre pensato. Ogni sua certezza si era basata su quei ricordi, anche dolorosi, che nel suo egocentrismo infantile non le avevano permesso di comprendere  molte scelte che erano state fatte dagli adulti che la circondavano.
- Dopo i funerali di tua nonna l’intero Regno cadde in un doloroso lutto. Ovviamente, il popolo era a conoscenza del colpo di stato e delle cause della morte della Vecchia regina. Quando, poi, Aaron si dichiarò nuovo regnante lo scontento salì alle stelle. Fu allora che cominciarono ad organizzarsi i primi gruppi di ribellione. L’obbiettivo principale era liberare i legittimi Regnanti, cioè i tuoi genitori, te e uccidere tuo zio.  Il capo della rivolta era Eclipse, il padre di Shade. –
Fine strabuzzò gli occhi e trattenne il fiato disgustata mentre Altezza si muoveva irrequieta sulla sedia, godendosi già quella parte della storia.
- E – Eclipse? - , balbettò la Principessa non capendo come il resto del racconto potesse avere senso ma, ovviamente, come tutti gli altri ricordi, anche questo poteva essere stato trasformato dalle infide parole di suo zio.
 – Se era amico dei miei genitori perché li ha uccisi? – , chiese a bruciapelo.
Altezza strabuzzò gli occhi e spalanco la bocca.
- Eclipse non ha ucciso Elsa e Toulouse! - , gridò indignata.
Cameo sorrise tristemente.
- Calmati, Altezza. Fine è qui per delle spiegazioni e merita di sentire tutta la storia. –
Più confusa che mai Fine guardò Altezza e poi Camelot con un espressione ebete. L’unica base solida sotto i suoi piedi era crollata. Se Eclipse non aveva ucciso i suoi genitori chi era stato? E se Shade era figlio della ribellione perché l’aveva tradita e abbandonata?
La mano magra e ruvida di Camelot si posò sulla sua che era stata abbandonata sul tavolo in un gesto di sconforto.
- Eclipse aveva spie ovunque all’interno del castello e il suo stesso figlio continuava a frequentarti, di nascosto, ovviamente. Cominciarono con piccoli boicottaggi per poi diventare vera e propria guerriglia armata. I tuoi genitori erano in stretto contatto con i capi di questa rivolta e davano informazione fondamentali sugli spostamenti di Aaron. Io stessa ero una messaggera e stretta confidente del Re e della Regina. Aaron per qualche oscuro motivo, logorato dai sensi di colpa per la morte dell’amata madre, vi risparmiò momentaneamente. Tu eri innocente e in qualche modo facevi ancora parte del suo piano di dominio. Uccidere subito i tuoi genitori voleva dire firmarsi la condanna a morte. Ciò che frenava i ribelli ad attaccare il castello era la vostra incolumità.
Quella notte di sette anni fa arrivò prima che lo potessimo immaginare. Pensavamo davvero di aver placato momentaneamente la sete di sangue di tuo zio convincendolo ad applicare piccole riforme. Pensavamo avesse abbassato la guardia; pensavamo cominciasse a sentirsi stanco. Fu il nostro più grave errore.
L’ora dell’incursione era fissata per mezzanotte in modo da cogliere le guardie e lo stesso Tiranno nel sonno. La fuga dei tuoi genitori e tua, Fine, sarebbe poi stata più facile con il favore della tenebre. Non sapemmo mai come ma Aaron era a conoscenza del nostro piano. Fecero entrare all’interno del castello i ribelli capitanati da Eclipse senza opposizione. Dovevamo capire subito che era una trappola. Io facevo strada attraverso i corridoi per portarli alle stanze dei tuoi genitori. Mi ricordo ancora la tensione dei muscoli. Il mio cuore batteva all’impazzata. Quando aprii la porta dello studio di tua madre persi un battito. Fu il momento più terribile della mia vita. Vidi tuo zio Aaron passare a fil di spada Elsa mentre Toulouse giaceva già a terra in una pozza di sangue. Quel bastardo rideva di gusto sul viso contorto dal dolore della mia Elsa. Oh cielo! –
Camelot prese un lungo respiro con il volto grondante di lacrime ma non fermò quel racconto straziante.
- Prese Shade per i capelli e lo trascinò nel corridoio dove intanto le guardie avevano circondato tutti i rivoltosi. –
- Che ci faceva lì Shade? -, chiese Fine a bruciapelo.
- Non ne ho idea, ragazza mia, ma quella notte si salvò per un soffio. –
Fine, invece, poteva ben immaginare cosa ci facesse in quel luogo. Come aveva mai potuto dubitare della sua parola? Si sentiva un idiota, si sentiva lei la traditrice ora.
- I ribelli vennero tutti catturati mentre davano fuoco agli appartamenti dei tuoi genitori. Il giorno dopo, nella piazza di Lilian, venimmo tutti frustrati per ore e ore. I cinquecentotrentasette colpi che mi inflissero sul corpo me li ricordo ancora tutti ma ad ogni frustata la voglia di ribellarmi e vendicarmi di quel che era successo cresceva. Nessun urlo e nessun lamento fece gioire Aaron quel giorno, non gli avremmo mai dato quella soddisfazione e nemmeno il piccolo Shade. Oh! La forza e la determinazione di quel bambino davano ad ognuno di noi la forza e la determinazione di rialzarci. Suo padre, poi, lo guardava con un orgoglio infoiato. Aaron non sembrò apprezzare particolarmente la nostra tenacia e fece ammazzare ognuno dei settanta uomini che erano stati arrestati. Risparmiò me e Shade solo perché eravamo una vecchia megera  e un bastardino. Uccise Eclipse per ultimo sotto gli occhi di Shade che non versò una lacrima. Lasciò i cadaveri nella piazza per giorni e giorni permettendo che i soldati e i corvi ingiuriassero su di loro. Shade venne portato ad Inox ed io risparmiata solo per l’affetto che mi legava ad Aaron e a Bright.  –
Camelot ghigno compiaciuta.
– Salvare me e Shade fu lo sbaglio più grosso che fecero. Shade cominciò a rappresentare il simbolo di una speranza e io raccontai in ogni parte del Regno cosa fosse successo. Ora le cose stanno per cambiare, la gente è pronta per combattere. Con te e Shade alla guida Aaron non potrà che perire. Ora Fine hai addosso tutta la responsabilità di quello che è accaduto.  Tutto quello che ti circonda, dall’insetto, all’albero, alle case, al popolano, fanno parte del tuo regno e ogni singolo elemento rivendica la giustizia. Se vuoi far finta di niente e scappare va da tuo zio che è il compagno che ti spetta per la tua vigliaccheria ma se sei pronta a combattere, schierati e diventa la speranza per un nuovo regno. Tu, insieme al nuovo Eclipse, sei il simbolo di questa ribellione e non dimenticarlo mai. -


 

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Capitolo 10
*** 9. Partenza ***


9. Partenza
 
L’anziana donna prese da un cassetto una lunga forbice di ferro. A quel gesto, come se fosse stato un muto ordine, Fine fece cadere la treccia rossa lungo la schiena .Camelot sospirò afflitta e senza nemmeno scioglierle i capelli tranciò di netto l’elegante acconciatura di Fine. Un corto caschetto rosso circondò il viso rotondo della giovane. Il simbolo della sua regalità e soprattutto della sua femminilità venne gettato tra le fiamme del camino. Calò un silenzio carico di significati tra le tre donne che occupavano la stanza rotto solo da qualche singhiozzo della vecchia governante. Fine le posò una mano sulla spalla cercando di infonderle coraggio. - Sono solo capelli. Ricresceranno. -, sussurrò piano. Era una rinuncia necessaria per la sua sicurezza. Poi, lentamente si spogliò della casacca nera e cominciò a fasciarsi il petto. Nel controllare allo specchio di aver nascosto le sue curve il più possibile la sua attenzione cadde sull’amuleto che portava al collo. Era un rubino tondo grande quanto un’unghia incastonato in un sole oro. Quell’oggetto prezioso risaliva all’ultima visita che aveva ricevuto da Shade, quella tremenda notte.
- Questo è il mio pegno d’amore. -, le aveva detto il cobalto guardandola negli occhi. - Rappresenta la nostra unione: il sole e la luna che s’incontrano nel momento magico dell’eclissi.-
Sorride tristemente alla sua immagine riflessa. Shade era fin troppo romantico per essere un ragazzino di dodici anni. Per anni quello era l’unico ricordo che si era concessa di conservare di quel legame e, ora, proprio per tornare da lui avrebbe dovuto sbarazzarsene. Con mani tremanti si liberò dalla catenina che poi appoggiò sul tavolo.
- Che stai facendo?! –
La ragazza venne riscossa dalla voce tonante della sua vecchia governante che, sdegnata, le rimise al collo il ciondolo. - Questo è l’unico oggetto che può salvarti la vita! –
- Non è un po’ troppo prezioso per un giovane contadino in viaggio per il Regno? Penseranno che l’ho rubato e mi metteranno al patibolo.–
- Sciocca ragazza! Nascondilo nella fasciatura che non deve vederlo nessuno. E’ l’unico modo che lui ha di capire chi sei davvero. I soldati della corona non sono gli unici da cui devi tenerti in guardia. I ribelli non sono tutti delle brave persone. Alcuni sono dei violenti o dei criminali che sperano di ottenere la libertà eliminando Aaron. Tu devi rivolgerti solo a Shade! Chiaro? Solo lui può aiutarti davvero. –
La rossa annuì grave e lanciò uno sguardo d’intesa ad Altezza. La popolana, ovviamente, sapeva come stavano le cose. Era coinvolta nella guerriglia da ormai qualche anno e le era capitato di fare da staffetta da una città all’altra. I capi dei rivoltosi si conoscevano tutti tra loro, per fama o per amicizia, ma non tutti erano affidabili. Sarebbe stata comunque una buona guida per Fine: in un modo o nell’altro l’avrebbe aiutata. Si sentiva fiera della missione che le era stata affidata e l’avrebbe portata a termine anche a costo della vita. Fine infilò il gioiello nella fasciatura e si rimise la casacca nera. Camelot diede loro alcune provviste e una lettera per i capi della ribellione che avrebbero incontrato. L’anziana donna  aveva contribuito nel mantenere viva la fiamma della rivolta e aveva aiutato molte persone durante l’epidemia, quindi aveva molti amici disposti ad aiutarla. Altezza stese la cartina del regno sul tavolo per decidere quali sarebbero state le loro  tappe. La mappa  era molto dettagliata e sul retro vi erano segnati anche i dedali di gallerie sotterranee delle città principali. A Nord c’erano le Alte montagne che abbracciavano ad arco il resto del disegno. Ai piedi di queste c’era Lilian dove l’immagine di un castello stilizzato indicava la dimora del Re. A Est c’era il mare e a ovest la prateria, dove erano state edificate la maggior parte delle città. Infine a Sud, dopo la foresta di Inox, dove si trovava l’omonima prigione, c’era il deserto. Il loro compito era quello di trovare Eclipse e convincerlo a darle una mano per riconquistare il trono mentre Camelot avrebbe distratto il Re con rappresaglie a Lilian. - Bene, - cominciò Camelot, - il sole sta sorgendo è meglio che andiate. –
Altezza e Fine s’infilarono i mantelli e si diressero verso la porta. L’anziana signora abbracciò velocemente Altezza mormorandole un grazie e rivolgendole un sorriso incoraggiante. Poi, si avvicinò a Fine per sistemarle meglio il cappuccio del mantello. Le mani dell’anziana donna le scivolarono sul viso asciugandole le lacrime di quell’arrivederci che profumava di addio. Erano mani callose e rugose, di chi aveva lavorato per tutta la vita e che nemmeno nella vecchiaia aveva trovato un po’ di tranquillità. Non per questo alla rossa dispiacque quel contatto e quel calore che solo la sua vecchia governante era sempre riuscita a trasmetterle. Altezza aprì la porta e senza una parola invitò Fine a seguirla tra i vicoli bui della città. Un ultimo sguardo alle spalle le rivelarono Camelot commossa che sussurrava leggera  un buona fortuna. La rossa alzò gli occhi dove la luna, circondata ormai da un cielo crepuscolare, la guardava con quel fare complice ma misterioso di chi sembra promettere tanto ma che non ti da mai una certezza. Purtroppo,pensò amareggiata, non era più questione di fortuna. Aveva avuto fortuna ad arrivare ai vent’anni sana e salva pur vivendo in casa con un sanguinario. Aveva avuto fortuna a scappare dal castello per un folle colpo di testa senza farsi scoprire. Aveva avuto fortuna nell’incontrare Altezza invece che le guardie nella piazza centrale. Il viaggio che stavano per compiere sarebbe andato a buon fine solo grazie alla loro determinazione e, soprattutto, alla sua. Era lei la speranza per il suo popolo e solo lei avrebbe potuto sistemare le cose. Altezza le strinse un braccio per indicargli di fermarsi.  Si sistemò meglio la tracolla che portava in spalla e si nascose nell’oscurità della stradina. L’entrata della città era sorvegliata da due guardie assonnate ma ben armate e il muro di cinta era troppo alto per essere scavalcato senza che qualcuno le vedesse. Guardò allarmata l’amica che invece le restituì un sorriso determinato.
- Sai combattere? -, le sussurrò la bionda.
Fine scosse la testa in segno di diniego, confusa. La bionda ridacchiò. - Vorrà dire che dovrò usare tutto il mio fascino. Più tardi ti insegnerò qualche mossa.- .
Si sbottonò i primi bottoni della camicetta  e chiese a Fine di stringerle il corpetto. Si tolse il foulard bianco e liberò i boccoli biondi che le ricaddero angelici sul viso. Con un piccolo cambio di stile Altezza si era trasformata da pudica e umile ragazza in una donna sensuale e bellissima. - Ascolta, io li distraggo e tu sali sul tetto di questa casa e scavalca il muro. Aspettami dietro un albero. –
Senza lasciarle il tempo di replicare uscì dal loro nascondiglio e si diresse sicura verso le guardie. Quelle, stranite ma allo stesso tempo ammaliate, le chiesero gentilmente cosa ci facesse lì. - Oh, signori, vi ho visti così affaticati, dalla finestra della mia casa e ho pensato di portarvi qualcosa di buono. –
Estrasse dalla tracolla un po’ di formaggio e del vino e li offrì agli uomini che non toglievano gli occhi dalle sue grazie. Fine sorrise divertita per poi arrampicarsi sulla parete dell’abitazione. Le braccia poco allenate le dolevano per lo sforzo e con il respiro corto riuscì finalmente ad arrivare sul tetto. Guardò distrattamente verso il basso dove Altezza si stava avvicinando sensuale a uno dei due uomini sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Tra il tetto e la cinta vi era poco più di un metro e senza esitazione Fine si lanciò nel vuoto aggrappandosi al muro di pietra. Si issò con le braccia faticosamente e agile scavalcò la muraglia, rovinando pesantemente sull’erba. Si guardò attorno smarrita sperando che nessuno l’avesse vista e corse, poi, verso i primi alberi che costeggiavano la strada principale. Da lì spiò quello che stava succedendo. Altezza era stata spinta contro il muro dalle due guardie che ridevano mentre lei si dimenava dai loro viscidi tocchi. Proprio mentre Fine stava per uscire allo scoperto per cercare di salvarla la bionda assestò un calcio nel basso ventre all’uomo che si stava spogliando per violentarla. Il soldato cadde a terra gemendo e Altezza ne approfittò per estrarre la spada dalla federa di questo  e puntarla, poi, alla gola dell’altro. - Dammi tutte le armi o ti taglio la gola e poi castro il tuo amico. -
L’uomo strabuzzò gli occhi e arretrò confuso. - Dai ragazzina, stavamo solo scherzando. Abbassa quella spada e faremo finta di niente, non sarai punita. –
La risata della ragazza risuonò isterica nella via. Abbassò la lama, come aveva detto la guardia, ma con una velocità e una forza  impressionante, incastrandola nel terreno accanto alla testa del soldato inginocchiato.
Gocce di sangue cominciarono a cadere sul terreno sterrato mentre il poverino cominciava a rantolare dal dolore e si portava le mani all’orecchio. - Ora, -, cominciò Altezza, con fare calmo, - appoggia tutte le armi a terra … bene, così … -, disse mentre l’uomo eseguiva gli ordini - … poi, imbavaglia il tuo amico con quel pezzo di stoffa e siediti accanto a lui. Ecco, bravo. -
La ragazza estrasse una corda dalla tracolla e legò i due uomini l’uno all’altro. Poi,  imbavagliò anche l’altro soldato e raccolse le loro armi. - Se provate a fare del male ancora a qualche ragazza, sappiate che verrò a finire il lavoro che ho cominciato. E’ chiaro? –, disse guardandoli dall’alto in basso. I due annuirono con gli occhi spalancati e Altezza si allontanò tranquilla verso la foresta. Appena s’inoltrò tra gli alberi venne travolta da due braccia che la circondarono entusiaste. - Sei stata grande! Dove hai imparato a fare quelle cose? –
La bionda porse a Fine i due pugnali  e tenne per se la spada. - E’ una storia lunga, forse un giorno te la racconterò. Ora, amica mia, corri. –, e insieme s’inoltrarono nella foresta.
 
 
Erano le cinque di mattina e il sole era sorto da poco quando le porte della stanza del principe si spalancarono. - Bright! -, urlò il Re in preda all’ira, - Staccati dalla tua puttanella e vieni a vedere! –
Rein cercò di coprirsi il più possibile con le lenzuola e si rannicchiò in un angolo mentre il biondo veniva letteralmente buttato giù dal letto. Il padre lo prese malamente per il braccio e lo trascinò con se. Poi, si fermò un attimo e voltandosi verso la ragazza le fece cenno di seguirli. Entrarono trafelati negli appartamenti di Fine. Il letto era ancora in ordine e la finestra era spalancata. I tre vi si affacciarono e videro la corda penzolare.
- Dannazione! Possibile che le guardie siano così idiote da non accorgersi che la principessa è scappata?! –
Si voltò verso Rein e la spinse contro la parete. - Tu! Tu sai qualcosa, vero? –
La ragazza scoppiò a piangere. - No mio signore, non so nulla… -
Il Re stava già per colpirla di nuovo quando una mano gli fermò il braccio. - Padre, lei non sa niente. Mi avrebbe detto dei piani di Fine, altrimenti. Ci è stata fedele per anni perché tradirci adesso? –
Aaron passò lo sguardo da Rein a suo figlio, disgustato. - Sapevo che eri debole ma non immaginavo che ti abbassassi tanto da innamorarti. –
Poi, si avviò a grandi passi verso l’uscita. - Inviate un mandato di cattura a tutte le caserme per la Principessa Fine. La voglio viva. Voglio ancora che il mio erede diventi il legittimo re. -, disse rivolto a una guardia e sbatté la porta lasciando Bright sconcertato e Rein piangente avvolta solo nelle lenzuola.

 

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Capitolo 11
*** 10. Fantasmi dal passato ***


10. Fantasmi dal passato
 
- Siete due idioti! Vi siete fatti prendere in giro da una ragazzina! –
- Signore, quella ragazza sapeva quel che faceva. E’ stata lei ad avvicinarsi a noi e a… corteggiarci! –
Aaron alzò gli occhi al cielo. L’incompetenza dei suoi soldati era imbarazzante.
- Sembrava quasi che volesse distrarci. -, continuò il soldato che senza volerlo aveva detto la prima frase intelligente dopo ore di interrogatorio. Il re guardò stralunato il suo sottoposto che intanto continuava un monologo ricco di particolari inutili e volgari.
- Merda! -, inveì il regnante sbattendo il pungo sul tavolo e zittendo tutti i presenti.
- Che succede? – chiese Bright che assisteva il padre in quel colloquio.
- Tu, idiota!-, disse il Re indicando il povero disgraziato. – Hai notato se c’era qualcun altro con lei o dei movimenti strani? –
Il soldato ci pensò su per poi ammettere che aveva visto qualcuno avvicinarsi alla ragazza mentre si avviava verso la foresta. Il Re, paonazzo, uscì dalla stanza sbattendo la porta seguito poco dopo dal principe.
- Che succede, padre? -, richiese Bright aspettandosi una risposta. Aaron si fermò di scatto prendendo il figlio per le spalle.
- Succede, Bright, che la tua futura sposa è uscita dalla città e in compagnia di una presunta ribelle. Sa tutto. Dobbiamo parlare con l’unica persona che può averla aiutata. –
Il figlio sbiancò visibilmente e, sapendo a chi il padre alludeva, sperò con tutto il cuore che non volesse farle del male.
 

I due cavalli reali si fermarono davanti alla casa consumata dalle fiamme mentre alcuni popolani gettavano secchi di acqua sulla struttura per salvare il salvabile. Appena il fuoco si spense il re smontò da cavallo seguito dal fedele figlio e varcò l’uscio. I mobili erano rovinati e a stento ancora in piedi, a terra c’erano stoviglie rotte e oggetti personali . L’attenzione di Aaron venne attirata dal camino. Si chinò per raccogliere un capello, un sottile filo rosso che era scampato al calore.
- Vecchia megera! -, inveì il Re alzando il pungo al cielo.
 Il Bright  tirò un lieve sospiro di sollievo: Camelot si era salvata, anche se ancora per poco.
 
 
 
- Credi che metteranno un mandato di cattura? –
Altezza annuì grave mentre strappava con i denti un pezzo di carne secca. Dopo essere scappate da Lilian, si erano rifugiate in una grotta per riposarsi e per far disperdere le loro tracce. Entrambe erano mortalmente stanche ma Fine aveva dato diversi segni di cedimento dovuti alle nuove rivelazioni e al peso della responsabilità che doveva imparare a portarsi addosso.
- Per entrambe. Ovviamente cercheranno di tenere nascosta la tua identità, ma per me …. Beh non saranno solo le guardie a cercarmi. –
Fine corrucciò le labbra stranita.
- Che intendi? –
La bionda alzò gli occhi al cielo all’ingenuità di Fine. La reclusione l’aveva accecata e resa meno vigile e attenta. Non sapeva assolutamente nulla del suo regno se non attraverso i pochi ricordi di un infanzia lontana e triste. Altezza si era ritrovata a dover colmare i buchi di una vita vuota e oscura. In una settimana di convivenza in quella grotta aveva scovato una bambina sola e terrorizzata che si svegliava urlando la notte in preda a ricordi terribili e una giovane donna, una regnante risoluta e decisa che non si abbandonava a dimostrazioni d’affetto o a momenti di spensieratezza. La Fine sensibile e vulnerabile che aveva conosciuto sotto il palco dell’impiccagione aveva lasciato il posto a un’ostentata sicurezza e freddezza che Altezza non sapeva gestire. Come amica avrebbe cercato di aiutarla ma Fine era stata sola per troppo tempo e ora non sapeva più amare e lasciarsi amare.
- Aaron è riuscito a far si che fosse l’egoismo e l’indifferenza a dominare sugli abitanti del regno. Ha utilizzato un regime del terrore e ha fatto si che la povertà si espandesse in tutto il regno. Le persone hanno fame e spesso rimangono sole e vittime di angherie che non sanno come combattere. Allora si vendono, si lasciano corrompere e diventano spie del Re o cacciatori di taglie. –
Fine corrugò la fronte. – Cacciatori di taglie? –
- Soprattutto negli ultimi anni, con il ritorno della ribellione alcuni uomini o donne denunciano gli insorti o li catturano loro stessi per poi consegnarli all’esercito reale e guadagnare qualcosina. -
- Ma è una cosa orribile! Non ci si può più fidare di nessuno. –
 - No, infatti. Le spie sono ovunque e senza un capo o delle alleanze sicure portare avanti il movimento non è semplice. Per questo il ritorno di Eclipse è così importante. Non sarà facile trovarlo e soprattutto guadagnare la sua fiducia ma noi abbiamo l’asso nella manica.–
- E cioè? –
Altezza la indicò leggermente con un sorriso storto sulle labbra. – Tu. –
- Io? –
- Sono sicura che sarà senza parole quando ti vedrà. Dopotutto sei la sua principessa. –
Fine corrucciò la fronte. - Ehi! Aspetta un attimo. Che intendi? –
Altezza ridacchiò leggermente. – Credi che non l’abbia capito che tra voi due c’era del tenero? La promessa di matrimonio, la collana e il luccichio dei tuoi occhi quando si parla di lui sono indizi evidenti. –
La rossa alzò la mano in un gesto di stizza. – Lascia stare, per favore. E’ complicato. –
- Lo so, Fine. Non deve essere facile. Comunque, arrivare a loro non sarà facile. Molte persone si stanno rifugiando al sud, dove si trovano i ribelli, cercando una speranza. Eclipse metterà sentinelle ovunque e se è intelligente si nasconderà in un luogo dove solo i più fedeli potranno raggiungerlo. –
Fine annuì convinta. - Come fai a sapere tutte queste cose? –
Altezza abbassò gli occhi, strappò un filo d’erba e cominciò a rigirarlo tra le dita.
- Mio padre faceva parte degli uomini che seguivano Eclipse, il vero Eclipse, e io ho deciso di portare avanti la sua battaglia.–
La rossa strabuzzò gli occhi e strinse la mano alla bionda seduta accanto a lei.
- Hai assistito all’esecuzione? –
- No, mia mamma ebbe la fortunata idea di portarmi via prima che cominciassero. Ricordo solo mio padre che con un cenno mi sorrideva e mi diceva che sarebbe andato tutto bene. Nonostante la consapevolezza di dover morire, aveva il viso rilassato e gli occhi gioiosi mentre mi parlava. E’ uno dei ricordi più belli che ho di lui. E’ morto per ciò che credeva e questo lo rendeva fiero e orgoglioso. –
- Hai avuto l’occasione di salutarlo, quindi. –
- Beh, mi sarebbe piaciuto averlo accanto anche in questi anni, ma era così che aveva deciso di morire: da eroe. E’ stato un padre fantastico e un guerriero. Non posso esserne più fiera.  Ah! Ed è stato lui ad insegnarmi tutte quelle mosse. –
Fine gli sorrise dolcemente.
- A tal proposito, - continuò Altezza, - è meglio se ti spiego come maneggiare un coltello prima di rimetterci in viaggio. –
La bionda si alzò e lanciò improvvisamente uno dei pugnali a Fine che prontamente lo prese dall’elsa fermando la lama a pochi centimetri dal suo viso.
La rossa sorrise maliziosamente. – Non sono poi così sprovveduta. –
 


- Amici, abbiamo molto da fare e poco tempo a disposizione. – sospirò guardando i volti degli uomini e delle donne che credevano in lui. Erano seduti a un tavolo nella sua stanza  e davanti a loro c’era una cartina del regno e della birra. – Per creare un esercito abbiamo bisogno di soldati. Quindi il vostro compito sarà girare per i villaggi del regno e trovare nuovi volontari. Il vostro compito non è facile e sarà rischioso ma siete i miei uomini migliori e so che ci riuscirete. -
I ragazzi annuirono.
- Auler e Tio rimarranno con me per allestire un campo ed addestrare i volontari. Partiremo all’attacco tra un mese esatto e se voi non tornerete per quel tempo vi daremo per dispersi. Buona fortuna! –
Tutti si allontanarono e partirono per la loro missione salutando Shade con un abbraccio o con una stretta di mano.
Dopo che anche Auler e Tio lo salutarono, Shade uscì dalla stanza e senza farsi notare si addentrò nella foresta.
Arrivò in una piccola radura e attese. Dopo qualche minuto un fruscio lo avvisò che era arrivato. Di fronte a se, dall’altra parte del prato, una figura uscì allo scoperto. Il viso era coperto dal cappuccio nero come le tenebre .
- Hai notizie per me? -
Shade percepì un sorriso arrogante provenire da sotto il mantello.
- Camelot è riuscita a scappare e a mettere insieme un piccolo gruppo di ribelli. Fanno agguati all’esercito, rubano armi e fanno scappare i civili dalla fortezza. –
Il cobalto sospirò rassicurato. – Sono contento stia bene. Quella donna è fantastica. –
Prese dalla tasca il sacchetto con le monete e lo lanciò. L’incappucciato la prese al volo e con un cenno lo ringraziò. Fece per andarsene quando si fermò di nuovo.
- Ah! C’è un'altra cosa che mi ha pregato di riferirti con la massima segretezza. –
- E cioè? –
- Fine è viva. –
La figura oscura si allontanò ridacchiando divertita mentre Shade, incredulo, non riusciva più a respirare.
 
 


Ciao a tutti!
Lo so, lo so che sono passati parecchi mesi da quando ho aggiornato ma ho avuto una crisi mistica e intellettuale per cui non sono più riuscita ad andare avanti. Poi l'altro giorno mi è arrivata una recensione e l'ispirazione è tornata improvvismanete.
Spero che questo capitolo mi permetta di farmi perdonare da voi.... è sempre più complicato andareavanti perchè devo raccontare tre cose che avvengono contemporaneamente e spero che gli sbalzi temporali siano chiari. I primi due paragrafi sono ambientati nei primi giorni dopo la fuga di Fine mentre gli ultmi due una settimana dopo....
E' tornato anche Shade e ho deciso di aggiungere un nuovo personaggio che sarà estremamente fondamentale nella trama e metterà parecchia zizzania. muahahahha
un bacio a tutte
Ele

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Capitolo 12
*** 11. Primi passi ***


11. Primi passi
 
Nel buio della sua stanza Shade meditava sul da farsi. Rivelare a qualcuno la notizia era pericoloso, sia per lui che per Fine. Aaron sapeva che il punto debole del suo nemico era la Principessa e il cobalto si stupiva di non aver ancora ricevuto minacce o ricatti. Poteva essere una trappola, una scusa per farlo uscire dal suo nascondiglio sicuro e attaccarlo. D’altra parte, se il popolo fosse venuto a conoscenza di questa informazione, sarebbe insorto senza nemmeno aspettare l’intervento del cobalto. Fine era il simbolo di una dinastia reale onesta e giusta che avrebbe potuto rimettere ordine nel loro Regno. Aaron non poteva rischiare così tanto. Un’altra cosa che lo faceva riflettere era il tempismo dell’informatore. Black era una spia eccezionale, anche se non si capiva mai da che parte stesse, ma una cosa era certa: era molto affezionato a Camelot e la notizia era quindi attendibile. Ma come faceva Camelot ad essere assolutamente certa che Fine fosse viva, se nemmeno lei in quegli anni aveva osato sperarvi?
Voleva dire solo una cosa: Camelot aveva visto Fine e quindi Fine era uscita dal castello. Probabilmente ora lo stava cercando. Sperava solo non fosse sola perché dopo sette anni di reclusione, e lui lo sapeva bene, tornare nella realtà non era facile. Proprio in quel momento bussarono alla sua porta. Il cardine cigolò leggermente mentre la testa rosa di Milky entrava nella stanza. – Di sotto ci sono nuove reclute e non vedono l’ora di conoscerti. –  Il cobalto annuì e aspettò che l’uscio si richiudesse.
Si prese ancora qualche secondo prima di ricominciare la patetica commedia per cui semplici popolani o coraggiosi ribelli piangevano ai suoi piedi ringraziandolo. Non aveva fatto niente ancora, ma si rendeva conto che legato al suo nome, o meglio, a quello di suo padre, vi erano sogni e speranze. Per una volta si fece contagiare da quell’illusione e sperò con tutto il cuore di rivedere presto Fine. L’idea di quell’incontro lo terrorizzava per via di quello che avevano passato, per via dei cambiamenti e della lontananza, ma nel freddo della cella che l’aveva ospitato per sette anni, i ricordi e i sentimenti che provava per lei l’avevano salvato. La doveva ringraziare, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto. Lasciò la stanza con un leggero sorriso sulle labbra e la promessa si un incontro importante. Ora, aveva un compito da portare a termine.
 
 
Altezza guardò preoccupata la sua compagna di viaggio. La rossa camminava seria, con il viso contratto dallo sforzo. Gli allenamenti con la spada e i pugnali e le marce forzate stavano mettendo a dura prova la sua resistenza fisica. Ovviamente cercava di non lamentarsi ma la fatica la rendeva irascibile e fredda. La bionda avrebbe voluto lasciarla riposare e concederle più pause ma non era un viaggio di piacere: avevano una missione importante da portare a termine e prima sarebbero arrivate da Eclipse meglio sarebbe stato.
Pian piano gli alberi si facevano più radi, lasciando il posto a vasti prati e infine alla prateria che potevano scorgere lontano.
- E’ meglio se ci fermiamo qui. –
Fine la guardò rasserenata ma comunque confusa. – Siamo quasi arrivati alla prateria, perché fermarci? –
Altezza si guardò attorno vigile. – E’ pieno giorno e saremmo visibili a kilometri di distanza. E’ meglio non rischiare di farsi rintracciare dalle persone sbagliate. D’ora in poi ci muoveremo di notte, quindi fino al tramonto staremo qui tra gli alberi. –
Fine annuì e si stravaccò sull’erba.
Altezza le sedette accanto. – So che sei stanca, ma che dici se ci alleniamo ancora un po’ ? –
La rossa chiuse gli occhi con fare disperato ma annuì di nuovo e si alzò. La bionda la guardò sorridendo divertita.  – Oggi, proveremo qualcosa di nuovo. –
-E cioè?-, chiese Fine confusa.
- Si va a caccia! –
 
 
Il leprotto stava sgranocchiando tranquillo dell’erba. Si pulì il viso con la zampa e fece qualche salto avanti per poi soffermarsi di nuovo su un filo di verde.
Acquattate dietro un cespuglio, Fine e Altezza lo guardavano affascinate. La rossa si voltò verso la popolana e la guardò poco convinta. Che centrava un povero coniglio con il suo allenamento?
La bionda le sorrise incoraggiante. – E’ la nostra cena. Sbrigati se vuoi mangiare. -, sussurrò lievemente sperando che il coniglio non si spaventasse.
Fine chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Assaporò l’aria e ascoltò il rumore delle fronde scosse dal vento. Uscì dal suo nascondiglio senza fare rumore, e velocemente tolse il pugnale dallo stivale.
La lama si conficcò nella tenera carne dell’animale che immediatamente stramazzo al suolo. Sospirò soddisfatta. Almeno gli aveva colpito il cuore e non aveva sofferto. Altezza batté le mani entusiasta, sia della promessa di una buona selvaggina, sia per la bravura della sua allieva. – Sei stata grande! Non pensavo ci riuscissi! –
- Non era nulla di speciale, Altezza. Non ho fatto nulla di diverso rispetto al solito. –
La bionda si fermò stupita per guardare meglio l’amica. – Sai, Fine, spero che dietro a quella corazza di indifferenza tu ti sia resa conto che hai appena ucciso una creatura. Era necessario per sopravvivere, ma hai reso fine a una vita innocente. –
La principessa strabuzzò gli occhi rendendosi conto che no, non aveva affatto pensato di uccidere un essere vivente ma piuttosto a come essere il più efficacie e letale possibile. In quel momento ebbe paura di se stessa.
- Altezza, ascolta … -
La bionda alzò una mano per zittirla, mentre sembrava ascoltare qualcosa. Poi, si voltò con gli occhi spalancati dal terrore.
- Sbrigati! Arrampicati su quell’albero! –
Mentre Fine si issava su uno dei rami più bassi, Altezza afferrò la loro piccola preda infilandola nella sacca e con delle foglie nascose le poche gocce di sangue che erano cadute dalla ferita.  Poi, raggiunse velocemente la rossa che ormai era arrivata in cima alla pianta, ben nascosta dalla chioma verde.
- Che succede? - , provò a chiedere la rossa.
Altezza le tappò bruscamente la bocca con la mano e con un filo di voce sussurrò: - Nemici. Non respirare nemmeno.-
Dopo qualche minuto, tre cavalli della guardia reale passarono sotto di loro. I rispettivi fantini si guardavano in giro guardinghi.  –Eppure mi sembrava di aver visto qualcuno. -, borbottò quello che doveva essere il più giovane. L’altra guardia gli diede uno scappellotto inveendo sulla sua incompetenza.
- Dai, raggiungiamo gli altri. Il principe non sarà contento che ci siamo allontanati. –
Fine guardò Altezza preoccupata e terrorizzata. Bright la stava seguendo.
I tre proseguirono per la loro strada e per qualche minuto dopo il loro passaggio non ci fu che silenzio della piccola radura. Altezza sospirò appena. – E’ meglio che rimaniamo su quest’albero finché non cala il sole. Se il principe è da queste parti avrà un intero esercito come scorta. –
-E come faremo a superare la prateria? –
- Spera che non ci sia la luna piena, amica mia, e in una buona dose di fortuna perché ne avremo bisogno. –
 
 
Al crepuscolo le due donne scesero dal loro rifugio e sistemati i mantelli, ripresero il viaggio. Il cielo era nero, solo ogni tanto qualche fulmine illuminava la prateria. Lontano scorsero le luci della città che dovevano raggiungere e Altezza calcolò qualche ora di cammino. Dopo minuti di marcia una pioggia torrenziale cadde dal cielo facendo tornare il sorriso sul viso preoccupato della bionda.
- La pioggia attutisce i rumori e nasconde alla vista. Dovremmo cavarcela, a meno che non ce li troviamo proprio davanti.-
Doveva essere passata la mezzanotte quando arrivarono a Mari, la principale città della prateria. A differenza della capitale, non c’erano mura ed era poco controllata dalle guardie. Entrarono senza difficoltà e Altezza si avviò sicura verso una piccola locanda che si trovava in una via scura. L’insegna traballante raffigurava un leone che dava chiaramente il nome a quel posto. La bionda aprì sicura la porta ed entrò nel locale seguita dall’amica. Era una stanza poco illuminata e arredata da insulsi e logori tavoli di legno. Senza togliersi il cappuccio dei mantelli si sedettero in un angolo appartato e aspettarono l’arrivo dell’oste. Al centro della sala, cinque soldati della corona bevevano e ruttavano, noncuranti del loro arrivo.
- Certo che mio zio sceglie uomini molto seri e competenti. -, ridacchiò Fine e fece nascere un sorriso anche sul viso di Altezza.
Una ragazza dal viso paffuto e dai capelli arancio si avvicinò a loro sorridendo. – Cosa posso servirvi, signori? –
- A vederti così, Lione, non si direbbe che sei una dei più temibili capi della rivolta. -, disse la bionda alzando  lievemente il cappuccio del mantello e rivelando in parte la sua identità.
La giovane ridacchiò leggermente. – A volte le apparenze ingannano. Che notizie porti? – chiese mentre puliva con uno straccio il tavolo. Fine capì che era un modo per fare risultare la loro conversazione professionale e non confidenziale.
- Il problema non è che notizie ti porto, ma chi ti porto. Ci serve un posto sicuro. –
Lione annuì convinta e si voltò verso il locandiere, - Due stufati e due birre. -, e mentre se ne andava sussurrò. – Aspettate che tutti se ne siano andati. –
Mentre passava accanto al tavolo dei soldati, le arrivò una sonora pacca sul sedere, ma la ragazza non protestò e sorrise imbarazzata.
Fine guardò Altezza curiosa. – Come la conosci? –
- E’ la prima donna, dopo Camelot, che si è unita in maniera concreta e importante al movimento.  Guida da qualche anno il gruppo di rivoltosi di questa città e io, facendo la staffetta, le portavo spesso notizie da Lilian. E’ in gamba. –
Presto arrivarono lo stufato e le birre che le due ragazze tracannarono con gusto. Man mano il tempo passava e i clienti se ne andavano. Nel giro di qualche ora il locale era vuoto e Lione, fornita di mantello, si avvicinò a loro.
- Andiamo. –
 
Di nuovo sotto la pioggia battente, Fine cercò di stringere il mantello per placare i brividi di freddo. Altezza le strinse le spalle, preoccupata, per poi dedicare di nuovo l’attenzione alla sua amica con cui stava portando a galla vecchi ricordi. Lione si accorse di quel gesto premuroso. – Ma chi è quel ragazzo? -, sussurrò nell’orecchio della bionda. Altezza le accennò un sorriso: - Poi, ti spiego tutto. –
Si fermarono davanti alla porta di una vecchia casa diroccata. La ribelle bussò tre volte velocemente e dopo qualche secondo aggiunse due battiti. La porta si aprì immediatamente. Un uomo magro e dall’aspetto malaticcio teneva aperto l’uscio, che richiuse appena le tre ragazze entrarono. Ad un misero tavolo era seduta una donna che si trovava nelle stesse condizioni del marito. Un focolare regalava un po’ di luce e calore alla stanza. Lione ringraziò i coniugi con un generoso sorriso posando sul piano una gavetta stracolma di stufato e del pane. Poi, si avviò verso la stanza matrimoniale e, spostato il comodino, aprì una vecchia botola . Senza esitazione s’infilò nel buco scuro, seguita dalle altre due. Un lungo corridoio illuminato da torce portava a un salone ben illuminato e arredato con brandine e tavoli. Una ventina di uomini e donne si girarono al loro arrivo e salutarono con un enorme sorriso Lione.
– Sono cambiate parecchie cose dall’ultima volta. -, intervenne Altezza, stupida per quell’organizzazione.
Lione annuì raggiante. – Qualche mese dopo la tua visita, la taverna ha cominciato ad essere frequentata da soldati. Tenere le nostre riunioni al Leone non era sicuro. Poi, alcuni dei nostri bambini, giocando nella casa diroccata da cui siamo passati, hanno trovato la botola che conduce qui, al vecchio acquedotto. Abbiamo sistemato due dei nostri ad abitarla, in modo che le frequenti visite non insospettissero e ci siamo sistemati qui. Ci sono numerose vie di fuga e dopotutto, è sicuro. –
Poi, prese uno dei numerosi corridoi che si allontanavano dalla sala, fino ad arrivare ad un’altra stanzetta.
Qui, un uomo sulla cinquantina stava scrivendo una fitta lettera alla luce di una lanterna. Appena notò le tre donne, si alzò dallo scanno e abbracciò di slancio Lione. – Anche oggi sei tornata. –
Lione sorrise, - Anche oggi sana e salva, si, e in ottima compagnia. –
L’attenzione dell’uomo cadde sulle due giovani. Altezza si tolse il cappuccio. – Omendo, è un piacere rivederti! – e gli strinse la mano calorosamente.
- Anche per me, ragazza! Era da un po’ che attendevamo tue notizie. –
Il volto della bionda si oscurò leggermente. – Ho avuto altro da fare. Comunque, non sono qui per farvi visita. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. –
Prese per mano Fine, facendola avvicinare e le tolse il mantello.
– Lione, Omendo, vi presento la Principessa Fine. –






Buonasera!
Sisi, farete i salti di gioia... miracolosamente ho aggiornato in una settimana! Non contateci troppo in futuro... giuro che ci proverò ma non contateci!! ahahahah bhe, devo dire che sono parecchio soddisfatta di questo capitolo. E' stato buttato di getto ma ha comunque un suo perchè. Il paragrafo du Shade...bho, lascio parlare voi... lui sembra molto positivo per l'incontro con Fine, ma io non  ne sarei così sicura. muahahahha Per quanto riguarda Fine... mi sono ispirata a tutta una serie di libri che magari qualche assiduo lettore di fantasy riconoscerà... vediamo chi ne indovina di più! Comunque ora siamo davvero nel vivo della storia, da qui le cose si fanno serie, più fatti e meno parole! LIone è un'altro dei miei personaggi preferiti e anche lei dovevo renderla bella tosta.... ora, come fa notare Altezza, sembra un innocente ragazza ma vedrete... oooh se vedrete! e Omendo per adesso è una comparsa ma anche lui avrà il suo momento di gloria!
Vi ringrazio in anticipo per le recensioni, le letture o anche solo i fugaci sguardi.
Ora me ne vado a vedere il mio amato Hunger Games! che a proposito, dovrebbe ricordarvi qualcosa....
un bacione grosso
Ele

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Capitolo 13
*** 12. Ripensamenti ***


12. Ripensamenti
 
Omendo e Lione leggevano la lettera di Camelot alternando alle parole sguardi curiosi e stupiti rivolti ad Altezza e a Fine.
Dopo la sorpresa iniziale dovuta alla rivelazione della bionda, nella stanza era caduto un silenzio carico di tensione. Omendo aveva guardato Altezza con fare interrogativo, chiedendosi come un ragazzo potesse essere una principessa. A quel punto la popolana aveva consegnato ai due la lettera.
Gli occhi di Lione scorrevano veloci sul foglio e poi sorridente guardò la rossa. – Perché proprio Eclipse? Lo conosci, per caso? -,chiese a bruciapelo.
Fine arrossì violentemente, - E’ complicato … -
- E comunque non ti riguarda Lione, il vostro compito è aiutarci ad arrivare da lui - , intervenne sorridendo la bionda: Lione aveva già intuito tutto.
- Abbiamo avuto una riunione con lui giusto qualche giorno fa. Abbiamo il compito di mandare dei volontari alla base in modo che possano essere addestrati per creare un esercito. Domani ne parte un piccolo drappello guidato da uno dei nostri. Potreste unirvi a loro. –
- Domani sarà troppo tardi. -, intervenne una voce profonda e calda alle loro spalle. I quattro si girarono verso l’ingresso dell’antro e la figura vestita di nero fece un passo avanti.
- Che vorresti dire, Black? -, intervenne Lione, per niente stupita da quell’entrata in scena ad effetto.
Il ragazzo si tolse il cappuccio del mantello e la debole luce delle candele illuminò il suo volto. Era bello, un uomo dai lineamenti virili e i capelli corvini. Grandi occhi verdi brillavano al chiaro del lume e un sorriso malizioso gli increspava le labbra. Cominciò a girare attorno al tavolo per soffermarsi poi sul volto della rossa. Le prese il mento con due dita scontrandosi con i suoi occhi rubini. – E tu saresti la famosa principessa Fine? -, chiese scettico e divertito allo stesso tempo.
Lione, visibilmente scocciata, si alzò di scatto sbattendo le mani sul tavolo. – Ora smettila di fare il dongiovanni e dicci cosa diavolo sta succedendo. –
Black ridacchiò malizioso, - Sei gelosa, gattina? - .
Lione arrossì visibilmente.
– Comunque, -, continuò il ragazzo, - Il principe è arrivato in città e sta cercando la sua promessa sposa. –
Omendo si mise le mani tra i capelli grigi – Merda! -, inveì.
- E non è finito qui, vecchietto. -, proseguì Black divertito dalla situazione. – Sanno dove siete. -
 
 
Black era attaccato alla parete dell’acquedotto. Lione gli stringeva il collo con un braccio mentre con l’altra mano impugnava un coltello puntato al suo stomaco. Fine era rimasta basita nel constatare la velocità con cui l’arancio si era mossa.
Il morettino ghignò malizioso. – Adoro quando ruggisci, gattino. –
Lione strinse la presa. – Non fare l’idiota, ora! Ci hai traditi, bastardo? –
- Direi che ora non è importante soffermarsi su questa sottigliezza. Vi conviene scappare e portare al sicuro la principessina. –
Lione si voltò e lasciò andare malamente il ragazzo che capitolò a terra senza fiato. Cominciò a massaggiarsi il collo mentre guardava divertito il panico che nasceva negli occhi dei presenti.
- Lione, tu va con loro e cerca di portarle fuori dalla città senza che siano viste. Io cercherò di distrarli. –
La ragazza annuì convinta mentre, dopo una stretta di mano ricca di affetto, guardava il suo vecchio amico allontanarsi e organizzare un contrattacco. Dalla caverna principale arrivavano voci concitate e preoccupate. Poi, si sparse l’odore di fumo.  Lione cominciò a raccogliere più provviste possibili, nascose la lettera di Camelot nel corpetto e si mise arco e frecce a tracolla. L’oscura spia si alzò in piedi e si avvicinò all’arancio prendendola  per la vita. Lione strabuzzò gli occhi ma non fece in tempo a reagire: Black aveva appoggiato le sue sottili labbra su quelle calde e gonfie di Lione. Fu un bacio dolce e possessivo. Altezza e Fine li guardavano sconcertati. Un attimo prima si stavano per uccidere e un attimo dopo si baciavano.
Black si staccò lievemente dalla ragazza e la guardò negli occhi mentre le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – Ci vediamo, bambolina. – disse per poi correre lungo il corridoio e sparire nel buio.
Lione, ancora basita, rimaneva fissa a guardare il punto in cui la figura del ragazzo era scomparsa.
- Mah! Non lo capirò mai … - borbottò tra se.
- C’è del tenero tra te e Black?! -, urlò incredula Altezza guardando l’amica con un sorriso divertito.
Lione la guardò male. –Non c’è tempo per le spiegazioni. -  Si voltò verso un angolo della stanza sotterranea e senza esitazione salì sulla brandina dove Omendo dormiva. Sollevò una pietra e la fece scorrere di lato per poi saltare e issarsi su per il buco. Fine fece lo stesso, seguita poi da Altezza e si ritrovarono all’interno dell’osteria che le aveva ospitate qualche ora prima. Il buio le accolse in un abbraccio confortante e lasciandosi guidare cecamente da Lione che conosceva il posto, superarono il bancone e uscirono dalla porta sul reto. Un vento gelido e carico di pioggia frustò il viso arrossato delle tre ragazze, in particolare quello di Lione. Si voltò verso le due amiche: -So che non è sicuro avvicinarsi al luogo della battaglia, ma devo vedere come stanno andando le cose. Passeremo sui tetti. –
Con l’aiuto di alcuni barili salirono sulle abitazioni e saltando da un edificio all’altro, al sicuro dalle ronde delle guardie e da occhi indiscreti, si avvicinarono al grande incendio.
I muri della casa diroccata cedevano logorati dalle fiamme bloccando l’uscita del passaggio segreto. Molti dei ribelli scappavano da case secondarie mentre alcuni combattevano coraggiosamente contro i nemici. Grazie alla fuoco Fine poteva scorgere i visi degli uomini contratti dallo sforzo e dal dolore e il sangue che bagnava indisturbato il selciato. Il principe, coperto da un armatura brillante, osservava indifferente l’abitazione e la battaglia.
- Lurido bastardo. –sussurrò Lione mentre tendeva l’arco puntando la freccia al collo di Bright, leggermente scoperto rispetto al resto del corpo. Fine strabuzzò gli occhi. - Che stai facendo? –, chiese allarmata.
Lione alzò settica un sopracciglio senza però distogliere l’attenzione dalla sua preda. – Metto fine a questa pagliacciata. Aaron mi ringrazierà per avergli tolto di mezzo il suo inutile rampollo. -, rispose ironica.
Fine allungò il braccio e afferrò la freccia prima che Lione la facesse scoccare.
 La ribelle la guardò malamente. – Che diavolo fai? –
Fine non ebbe tempo di risponderle che l’attenzione di entrambe venne catturata da quello che stava succedendo per strada. Omendo, ferito e stanco si lasciava trascinare da quattro guardie che lo scaricarono ai piedi del principe. L’uomo si alzò velocemente per poi sputare a terra verso il futuro re in segno di disprezzo. Bright scese da cavallo ghignando maligno. – Non sei nella posizione di fare un affronto del genere al tuo Re. Ho ucciso per molto meno, sai? -, cominciò Bright, portando la punta della spada sotto il mento dell’uomo. La sua voce arrivava lontana alle orecchie delle tre ragazze che comunque seguivano la scena inorridite e spaventate. Fine conosceva Bright per la sua dolcezza e gentilezza. Certo, era pur sempre il figlio di un tiranno ma negli anni di convivenza era sempre riuscito a strapparle un sorriso. Vederlo così crudele e indifferente le faceva capire ancor di più come sua Zio era riuscito a creare attorno a lei un mondo finto e falso.
Omendo ghignò alla provocazione del principe. – Non puoi uccidermi e, poi, senza il tuo paparino sei solo un inutile imbecille. –
Bright strinse la mano che teneva l’elsa e l’avvicinò ancor di più alla gola di Omendo. – Come osi? -, inveì alzando la spada per infliggere il colpo finale.
Lione, velocemente, ritese l’arco e fece partire la freccia che si conficcò sul polso del principe. Bright bestemmiò vivacemente e si voltò verso il punto da cui il dardo era arrivato. Fine vide i suoi occhi allargarsi a dismisura per lo stupore. Fortunatamente non stava guardando lei, che prontamente era stata nascosta da Altezza, ma Lione. Le guardie cominciarono a correre e ad arrampicarsi sulle abitazioni nel tentativo di raggiungerle. Omendo approfittò della situazione per urlare la ritirata e scappare lungo la strada principale. Zoppicava visibilmente ma la paura e lo spirito di sopravvivenza lo aiutarono a raggiungere una strada laterale e dileguarsi. Lione con un sospiro di sollievo fece cenno alle sue compagne di cominciare a correre. Le tegole erano bagnate e muoversi velocemente risultava difficile ma in poco tempo riuscirono ad allontanarsi dal luogo della battaglia anche se ancora inseguite da alcuni soldati. Lione tirava frecce a destra e a sinistra senza sbagliare un colpo. Non colpiva i nemici mortalmente ma comunque in modo che potessero rallentare. Fine pensò all’apparente freddezza con cui Lione agiva e alla critica che aveva ricevuto da Altezza il giorno prima: Lione era lucida, non distaccata; provava pietà ma era lo spirito di sopravvivenza che le permetteva di agire senza crollare. Fine era rimasta profondamente colpita dal sangue che era zampillato dal polso di Bright. Si rendeva conto che il dolore poteva essere qualcosa di concreto e la morte inevitabile. Aveva vissuto per sette anni in una cupola di vetro pensando di poter capire ciò che gli altri provavano e che i suoi genitori in prima persona avevano vissuto. Il dolore che provava nel petto per la morte dei suoi genitori era data dai sentimenti e dalla disperazione ma non l’avrebbe uccisa, mentre una freccia nel cuore si. Uccidere qualcuno era qualcosa di tremendo e contro natura. Poteva essere necessario, certo, come nel loro caso, ma Fine capì che avrebbe cercato di evitarlo il più possibile. Prima di tutto non poteva pensare di privare qualcuno di un caro o di un parente, come era successo a lei e non voleva infliggere un intenso dolore fisico a qualcuno, nemmeno a suo Zio. In quel momento capì che la sua vendetta non era attuabile. Doveva lottare per il suo regno ma la pace che intendeva portare non poteva cominciare con un atto di violenza come uccidere il tiranno: sarebbe stata una contraddizione. Avrebbe chiesto ad Eclipse di aiutarla a riprendere il potere ma cercando di evitare una guerra e non sarebbe stato facile. Mentre scendevano dal tetto di una delle case al limitare della città una piccola e calda lacrima le rigò il viso ripensando al piccolo coniglietto che aveva ucciso la mattina prima.
Altezza guardò Fine incuriosita e le strinse una mano per darle forza. Fine guardò l’amica dagli occhi verdi e le sorrise tristemente. – Ho capito la lezione, Altezza. – La bionda la guardò confusa senza capire di che cosa stesse parlando ma le sorrise di rimando. Nel vicolo buio dove si erano rifugiate, aspettarono che Lione desse loro il segnale. Ad un suo cenno uscirono dalla città e cominciarono a correre furtive tra l’erba alta della prateria mentre il sole all’orizzonte regalava loro i primi raggi di luce.
 


Un urlo strozzato tagliò l’aria nel corridoio buio e umido della caserma. La stanza degli interrogatori era occupata da due uomini: il primo, legato per le braccia a due catene che pendevano dal soffitto ansimava per il dolore, il secondo lo guardava con un ghigno cattivo brandendo una frusta.  La porta di legno si spalancò rivelando il principe, vestito di seta e con la mano destra fasciata a dovere. Si avvicinò al prigioniero e lo guardò sprezzante mentre si rivolgeva al suo sottoposto. – Ha parlato? -, chiese a bruciapelo. Nella cella rimbombò la risata sprezzante del presunto criminale. – Fai fare il lavoro sporco agli altri, eh principino? Sei solo un vigliacco! – e per la seconda volta in quella lunga giornata Omendo gli sputò ai piedi. Il futuro se si avvicinò a lui e gli prese con una mano il viso martoriato. – Voglio vedere se il tuo stupido ghigno durerà anche dopo l’arrivo di mio padre. –
Il ribelle sorrise divertito: - E’ la dimostrazione che senza tuo padre non vali  assolutamente nulla e con il Re o senza il Re, non vi dirò niente. –
Bright spazientito fece cenno al soldato di passargli la frusta mentre con l’altra mano teneva ancora alto il viso di Omendo. – Te lo chiedo per l’ultima volta gentilmente e ti conviene rispondere se non vuoi essere torturato di nuovo: chi c’era con Lione sul tetto questa notte? –
Il vecchio ghignò nuovamente. –Ti ha fatto un bel buco la ragazzina o sbaglio? – Le parole gli si smorzarono in  gola all’arrivo della frusta sulla pelle. Sentì la cute lacerarsi e il sangue colare sulla schiena già martoriata. Il dolore lo investì violento ma a parte un gemito non diede a Bright la soddisfazione di vederlo soffrire.
- Rispondi Omendo, è la tua ultima possibilità. -, continuò spazientito il principe.
 Dopo qualche secondo l’uomo aprì gli occhi e guardò in faccia il suo signore. – Sai, principe Bright qual è la differenza tra me e te? -, il giovane lo guardò confuso ma lo lasciò parlare, - Io lotto per una causa, cioè distruggere te e tuo padre e ho dei nobili valori che mi guidano sul mio cammino, e tu, invece, ti lasci guidare dagli assurdi ordini di un violento despota. Non ti rendi conto che per causa sua ti stai circondando di odio, morte e dolore mentre il vostro dovreste essere un esempio di pace e giustizia. – assentì convinto il vecchio.
– Non cercare di mettermi contro mio padre! -, urlò il ragazzo mentre lo schiaffo arrivò sul viso di Omendo lasciando un pulsante segno rosso sulla guancia. Un rigolo di sangue colò da una narice.
- Non son io che ti sto mettendo contro tuo padre, è il Re stesso che si sta mettendo contro un intero regno e qualunque persona con un minimo di cervello si renderebbe conto di quello che sta accadendo. Ragazzo mio, tu puoi ancora cambiare le cose, sei giovane e tuo padre morirà, per mano dei ribelli o di vecchiaia non ha importanza, sarai tu a succedergli e sei tu il futuro del regno. Pondera bene le tue scelte e da che parte stare perché non potrai tornare indietro. –
Bright fissò per qualche secondo il ribelle, sconvolto e confuso da quelle parole così vere ma così difficili da realizzare. Fece qualche passo indietro e ridiede la frusta alla guardia. – Dagli ancora cinque frustrate ma se non parla lascia stare per oggi. –
Si avviò verso la porta e mentre richiudeva l’uscio notò sul viso di Omendo un leggero sorriso e uno sguardo ricco di gratitudine e soddisfazione dovuta alla consapevolezza di aver centrato il segno.
 
 

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Capitolo 14
*** 13. Mercato di sangue ***


13. Mercato di sangue
 
La stanza della caserma di Mari era stata addobbata per l'occasione. Arazzi e tende pregiate ricoprivano le pareti e le finestre, mobili di alto artigianato riposavano negli angoli della stanza mentre al centro di essa spiccava l'enorme trono in legno, finemente intagliato. Aaron, adagiato comodamente sul suo scanno, rifletteva nervoso. Lasciare Lilian era stata una necessità: i ribelli avevano contingenti in ogni parte del Regno, la capitale era sotto i continui attacchi di Camelot e dei suoi e aveva bisogno di dimostrare al popolo che non avrebbe mollato la presa. La sua attenzione venne attirata da un rumore e subito alzò la testa. Vide la porta della sala chiudersi con un tonfo sordo. Uno spiffero di vento proveniva dalla finestra, leggermente aperta che Aaron si alzò per andare a chiudere. Con ancora la mano sulle imposte, sorrise tra se.
- Non perdi il vizio di fare plateali entrate in scena, vedo. -
Il Re si voltò tranquillo verso il suo ospite che dall’oscurità della sala fece un passo verso il sovrano.
- Io di plateale vedo solo la sua corona, Re Aaron. -, e con il cappuccio nero calato sul viso s’inchinò strafottente.
 - Sei il solito maleducato. -, cominciò l'uomo guardando divertito la spia.
- E tu il solito sanguinario. -, rispose tranquillo l’altro.
Aaron sorrise. Gli piaceva quel ragazzo e spesso pensava che avrebbe voluto un figlio come lui, bastardo e infame come pochi, caratteristiche che Bright, nonostante gli insegnamenti, non aveva ereditato.
- Da quando giudichi quello che faccio? -
- Non sto giudicando, mio signore. -, disse Black con disprezzo, - Descrivo con semplici parole quel che vedo, come ho sempre fatto. –
Il re prese qualche minuto risedendosi sullo scanno. - E cosa avresti visto, ieri notte, mentre quell'idiota di mio figlio si faceva traforare la mano? -
Black si tolse il cappuccio e senza esitazione guardò il suo miglior cliente negli occhi. - La principessa Fine è scappata dalla città insieme a Lione e alla ragazza bionda che non è stata ancora identificata. -
- Ma sconnetto che tu sai chi è!-, cominciò il sovrano provocandolo.
- Si chiama Altezza, è una staffetta della ribellione ed è di Lilian. Non so altro.-
- Sai in che direzione sono andate?-
- Mi dispiace, Aaron, ma ho dovuto rintracciare Omendo per colpa di tuo figlio e non sono riuscito a seguirle. -
Il sovrano si alzò dallo scanno e si avvicinò al moro che invece di abbassare gli occhi in segno di sottomissione lo guardava dritto negli occhi, senza paura. Appoggiò una mano sulla sua spalla e la strinse in modo paterno. - Grazie per le informazioni, Black-
Black si concesse un sorrisino malizioso. - Sai anche tu che non mi bastano solo dei ringraziamenti.-
Aaron rise di gusto e prese dalla tasca un tintinnante sacchetto di cuoio. - Te li sei meritati.-
 

Omendo, con gli occhi chiusi e il respiro veloce, si preparava alle frustate che avrebbe ricevuto nel giro di qualche ora. La schiena era lacerata e sanguinolenta, il viso tumefatto e le braccia molli. Un guaritore aveva cercato di dargli sollievo grazie a qualche erba medicinale ma, lo sapeva, le sue ferite non sarebbero mai guarite. Era il capo dei ribelli di Mari insieme a Lione e una preziosa fonte di informazioni. Black aveva fatto il suo lavoro a dovere. L'uomo sputò per terra. Anche la famosa spia aveva dovuto schierarsi in questa folle guerra. Un rumore metallico lo riscosse dai suoi pensieri. Lo spioncino della porta si aprì rivelandogli due grandi occhi rubini che lo fissavano curiosi e turbati. Omendo rise di gusto. – Entra, ragazzo, vieni a farmi compagnia.-
Il buco venne richiuso ma il rumore dei chiavistelli che si aprivano non arrivò. Il ribelle sospirò. – Avanti, come posso farti del male se sono bloccato da queste catene. -, disse, sapendo di essere ascoltato.
Il vecchio aspettò qualche minuto poi finalmente l'uscio si aprì rivelando la figura del principe.
Il biondo sorrise mesto. – Sai anche tu che spesso sono le parole a fare più male. Una cicatrice non è niente in confronto al vuoto dell'anima. –
Il giovane guardò il Omendo che annuì a quella affermazione. Per qualche secondo, Bright se ne stupì. Suo padre non gli aveva mai dato ascolto, con lui non aveva mai potuto avere un confronto o un normale dialogo. La sua vita, fin da quando era bambino era ruotata intorno a quel trono e a quella corona a cui Aaron aveva sempre ambito. Per qualche strana ragione, quel lieve accenno da parte del ribelle, gli aveva scaldato il cuore. Bright sospirò, consapevole che le cose sarebbero cambiate dopo quella chiacchierata: - Avevi ragione, io sono troppo condizionato da mio padre. Ma come faccio a voltare le spalle all'uomo che mi ha cresciuto? -
Omendo rifletté sulle parole del biondo che intanto aveva chiuso la porta della cella alle sue spalle e si era accasciato al suolo, stanco dei giochi di ruolo e delle bugie: aveva bisogno di mettere in ordine la sua mente e la sua anima.
- Beh, prima di cominciare a pensare a come disobbedire a tuo padre, devi rispondere a una domanda fondamentale: chi sei? -, chiese infine Omendo. Il principe, confuso, rispose: - Sono il principe Bright, futuro erede al trono e comandante della guardia reale.-
Omendo scosse la testa sorridendo, generando un vivace tintinnio di catene. - Tutti bei titoli, davvero, ma chi sei veramente, al di fuori del mondo che Aaron ha creato appositamente per te?-
Il principe appoggiò la schiena alla parete fredda della stanza e portò indietro la testa fissando il soffitto. Sospirò. Chi era veramente? Non ne aveva idea. Lui era solo un burattino nelle mani di un tiranno. L’aveva sempre saputo ma solo dopo la chiacchierata con Omendo l’aveva davvero realizzato. Era stato una sorta di schiaffo in pieno viso, simile a quello che Bright aveva dato al ribelle per la rabbia di quella consapevolezza. Era quello a cui pensava ormai da giorni, che non lo faceva dormire di notte. Omendo era uno degli uomini più coraggiosi che avesse mai conosciuto: la sua vita veniva lacerata giorno dopo giorno in quella sudicia cella dove era stato imprigionato e nonostante ciò continuava a mantenere un’integrità morale e un rispetto profondo nei confronti delle persone che avevano lottato con lui fino a quel momento. Non aveva aperto bocca, non aveva denunciato nessuno nonostante in cambio del suo tradimento gli fosse stata proposta la libertà. Aveva avuto la forza di imporsi, seppur in catene, sui suoi aguzzini. Il biondo chiuse gli occhi mentre il gelo gli penetrava nelle vene dandogli una lucidità che probabilmente non aveva mai provato. - Sono Bright.-
Omendo annuì. - Bene, Bright, sei mai stato innamorato?-
Vide il ragazzo riportare l'attenzione su di lui mentre le labbra morbide e gli occhi rubini si riempirono di sorpresa. – Cosa centra tutto questo?-. Il vecchio mise i suoi occhi scuri in quelli del ragazzo: -Fidati e rispondi. –
Il principe sospirò titubante. – Si, lo sono. –
- Come si chiama?
- Rein.-, pronunciò dolcemente facendo nascere sul viso del ribelle un ghigno divertito.
- Parlami di lei. -
Quell’uomo che conosceva da pochi giorni, al contrario di suo padre, gli aveva rivolto una domanda intima e personale a cui con palese imbarazzo rispose:- E’ bella come poche, gentile, disponibile e, sempre, con un dolce sorriso sulle labbra. Con lei passerei il resto della mia vita ma, ovviamente, mio padre ha scelto un’altra strada per me. Sa sempre farmi vedere il lato positivo della situazione e mi accetta così come sono, con le mie debolezze, i miei sbagli e le mie paure. Mi fa sentire bene, sicuro, protetto e amato.-
Omendo gli sorrise gentilmente, interrompendo la sua lodevole digressione.
- E tuo padre, nonostante ti abbia messo a disposizione un esercito, se non un intero regno, ti ha mai fatto sentire così?-
Bright fissò il vecchio stupito, senza riuscire a dire una parola.
Omendo continuò: - Pensa a Rein e al futuro che vuoi con lei: un buon motivo per lottate ce l'hai anche tu, non trovi? -
 

- Signorina! Guardi che tessuto fantastico! È vera seta! E, visto che è molto graziosa, le faccio un prezzo speciale! -
- Quella non è seta! -, sussurrò la rossa all’amica che scoppiò in una risatina nervosa. – Lo so, Fine.-, disse l’altra per poi alzare la voce e rispondere all’uomo. – La ringrazio, signore, ma non posso accettare. Ho soldi solo per prendere qualcosa da mangiare a me e ai miei fratelli. –
L’uomo alzò le spalle per poi cominciare a molestare un’altra presunta cliente. Le tre ragazze ripresero a camminare, badando a farsi notare il meno possibile. Fine guardò invidiosa le due amiche che potevano mostrare apertamente il loro viso mentre lei era costretta a nascondersi sotto il cappuccio del mantello.  Soprattutto Altezza, nonostante non si riposassero da giorni, aveva un viso lucido e fresco, al contrario della rossa che ciondolava dietro di lei. – Quale è il tuo segreto di bellezza? -, chiese sbadigliando alla bionda. Lione, intanto, seguiva divertita quel simpatico battibecco. Le sue ospiti, per quanto nutrissero l’una nell’altra un profondo affetto coltivato superando diverse difficoltà, non avevano smesso un secondo di lanciarsi frecciatine. Avevano due caratteri molto diversi: Altezza era esuberante e sicura di se, abile e a volte fin troppo meticolosa, mentre Fine, distaccata e non curante, era lenta e pigra. Fine, inizialmente, era stata parecchio restia nei confronti di Lione che comunque con la sua dolcezza e il suo carattere forte era riuscita ad entrare a far parte di quel duo accoppiato male.
Altezza, rispose alla principessa, alzando fiera il collo: - Io non ho segreti, sono totalmente al naturale! -. Fine guardò scettica la bionda per poi scoppiare a ridere con lei.
Avevano deciso di fare una sosta al mercato di Riardo, la città portuale che avevano raggiunto dopo una settimana di cammino. La fuga da Mari era stata estenuante e faticosa soprattutto per Fine non abituata a quei canoni di vita e ancora segnata dalle marcie forzate dell'inizio del loro viaggio. In ogni città o villaggio in cui avevano cercato ospitalità si erano ritrovate davanti soldati della guardia reale che presidiavano e controllavano ogni abitazione. Per questo avevano dovuto allungare il percorso e non avevano potuto riposarsi. Avevano marciato con il favore del buio e durante il giorno, nelle poche pause che si erano concesse, avevano mangiato o riposato a turni. Dovevano essere prudenti: Aaron stava cercando Fine ovunque e Altezza era considerata una delle criminali più temute del regno e la sua cattura era ripagata con 200 denari. Fortunatamente, le due sentinelle che l'avevano denunciata a Lilian non avevano avuto una buona memoria visiva e per quanto Altezza si fosse dimostrata scocciata per quell'orribile ritratto che capeggiava su tutte le porte delle città, era ancora libera di passeggiare a viso scoperto. Si fermarono poco distanti da una bancarella di formaggi, mentre Lione con il suo dolce sorriso ringraziava la signora che la stava servendo.
- Credi che riusciremo mai a passare una notte in un posto asciutto e dormire senza essere disturbate?-, chiese la futura regnante ad Altezza, che stava spulciando su una bancarella di monili. La bionda alzò le spalle. – Siamo qui per questo, credo. Anche Lione è allo stremo e visto che è la nostra guida si sarà resa conto che abbiamo bisogno di una pausa. Soprattutto tu, sei uno straccio. –
- Grazie del complimento, nasona. -, rispose Fine riferendosi a uno si quei orribili ritratti. Altezza incassò il colpo ma non rispose. – Comunque, - continuò Fine, - anche qui è pieno di soldati. -, disse indicando alcuni drappelli. Altezza guardò l’amica con fare saccente: - Non ce miglior nascondiglio che sotto il naso del nemico. –
Fine sorrise all'amica che in un modo o nell'altro era sempre pronta a tirarle su il morale. Altezza e Lione erano donne davvero forti e vitali. Nonostante il dolore che c'era nella loro vita erano sempre pronte ad aiutare il prossimo e a sacrificarsi per la loro causa. Fine si chiese distrattamente se lei ne sarebbe mai stata in grado ma la sua attenzione venne attirata da altro.
Il mercante di finta seta che aveva attirato l’attenzione di Altezza stava parlando con alcune guardie indicando nella loro direzione. La rossa diede una gomitata alla popolana che subito notò anche lei il fatto.
La bionda prese Lione per un braccio lanciandole un occhiata molto eloquente. La ribelle annuì e senza dare sospetti ringraziò la formaggiaia e pagò la merce. Poi, tranquillamente, cominciò ad incamminarsi verso uno stretto vicolo che sbucava sul porto.
Le guardie intanto, confuse tra la folla che cominciava ad allarmarsi, le stavano circondando. Le tre ragazze scalciavano e spingevano per trovare la loro effimera salvezza quando Fine, troppo concentrata ad arrivare alla meta, si scontrò con qualcosa di duro e freddo. Alzò lievemente lo sguardo trovandosi davanti l'armatura rigida di un soldato. L'uomo la guardò sorridendo. - Mi sono sempre piaciuti i ragazzini. - disse malizioso mentre il fiato alcolico investiva il viso della rossa. Fine storse il naso, schifata, mentre un'altra guardia si accostò loro strattonando il primo e spintonando a terra Fine. - Non distrarti Arthur, il nostro obbiettivo è un' altro.-
I due uomini si allontanarono e Fine venne ringhiottita dalla folla. La mano di Lione si presentò davanti al suo volto e la principessa l'afferrò grata. - Siamo state fortunate: non siamo noi le prede. E’ comunque meglio se ci allontaniamo -
Appena raggiunse il vicolo Fine si voltò per dare un occhiata a cosa stava succedendo. Un drappello di uomini in ferraglia aveva circondato una ragazza che, senza che la principessa sentisse davvero, stava supplicando di avere salva la vita.
Era riccia e bionda, con occhi smeraldini e un viso giocondo. Era una semplice popolana scambiata per una terribile ribelle. La giovane venne presa di peso e trascinata chissà dove. Fine sospirò rassegnata.
Altro sangue innocente sarebbe stato versato, ne era certa, e non sapeva come impedirlo.







Buonasera a tutti!
Sisi lo so... come sempre sono in ritardo ma la mia vita ha preso una piega davvero indaffarata. Sto facendo quello che posso e nonostante viaggi molto, il tempo in cui mi riposo lo dedico a scrivere. Ovviamente oi pubblicare è tutta un'altra questione.
Perdonatemi e spero di essermi fatta perdonare. Non sono molto modesta ma questo capitolo l'ho pensato e ripensato, modificato centinaua di volte e ora eccolo qui!
Vorrei precisare subito che il titolo "Mercato di sangue" Si riferisce sia alla scena finale della ragazza scambiata per Altezza che viene portata via dalle guardie sia per il rapporto tra Black e Aaron e Bright e Omendo. Mi sono immaginata una sorta di scambio/baratto di figli tra questi due uomini e mi è sucito un capitolo che dopotutto non è male. Come mi è stato chiesto da alcune di voi ho voluto approfondire anche il rapporto tra Rein e Bright che non troverà sfogo solo nella dolce dichiarazione del principe ma a cui sarà dedicato buona parte del prossimo capitolo. Poi bhè, le recensioni stanno tutte a voi. So che non me lo merito ma sarebbe carino che mi dedichiaste 5 minuti del vostro tempo magari nel farmi sapere in qualunque modo come vi sembra la storia, se è interessanto o se sta risultando noiosa,le vostre speranze o i vostri dolori.
Comunque vi ringrazio in anticipo.
Un bacione one one one one one
Ele

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Capitolo 15
*** 14. Eredità ***


14. Eredità
 
Lione strinse la mano a Fine che stava ancora guardando verso il mercato. - Per favore, non dire ad Altezza quello che hai visto. Non lo reggerebbe. – , chiese l’arancio alla principessa conscia che intervenire per salvare la ragazza sarebbe stato troppo pericoloso. Fine annuì e si voltò verso il vicolo per raggiungere Altezza ma la ragazza era scomparsa.
– Altezza, che diavolo stai facendo?-, inveì Lione accanto a lei. La rossa seguì il suo sguardo e vide la popolana, appesa con un braccio al tetto della casa, che guardava verso la folla. La bionda fece segno alle amiche di zittirsi. Intanto, dalla strada principale proveniva un rumore sempre più concitato. Le due ragazze, appena sfuggite dalle guardie, si riaffacciarono sul mercato, seguendo lo sguardo di Altezza che dall’alto della sua posizione poteva vedere tutto. Un giovane, probabilmente amico dell’innocente accusata, aveva bloccato le guardie. – Non ha fatto nulla! E’ solo una sarta non una ribelle! Lasciatela andare! –
Alla sua voce si erano unite quelle di altri uomini e donne che sostenevano l’ingenuità della sconosciuta bionda. La folla si fece stretta attorno al drappello armato di uomini.
– Altezza, scendi da li! Se ti vedono siamo nei guai! -, riprovò Lione a chiamare l’amica. La popolana si voltò verso la ribelle. – L’hanno catturata per colpa mia. Il minimo che possa fare è aiutarla a scappare. –, e accompagno quelle parole ad un gesto della mano. Una manciata di sassi colpì l’elmo del soldato che tratteneva la ragazza e cercando di proteggersi la lasciò. Immediatamente, il giovane amico l’afferrò per un braccio e la trascinò con se facendosi inghiottire dalla folla che intanto intratteneva malamente le guardie. Altezza scese velocemente dal tetto ridendo come una bambina. – Qui la gente è in gamba, non come a Lilian che hanno tutti paura. –
Lione sospirò sollevata e sorrise: - Tu sei pazza! Lo sai, vero?! Comunque siamo in una zona del regno in cui Aaron non ha molto potere. La metà degli abitanti della città sostengono la ribellione o ne fanno parte. –
- Come fai a esserne sicura? E’ stato un mercante a denunciarla! -, intervenne Fine, ancora agitata dallo scampato pericolo, mentre le seguiva lungo il vicolo. Lione sorrise alla principessa: - Conosco tutti in questa citta e quel commerciante non è di queste parti. –
La rossa guardò stranita la ribelle che scosse la testa rassegnata. – Sono nata qui, Fine. –
La principessa strabuzzò gli occhi sia per la confessione di Lione sia per lo spettacolo meraviglioso che le si parò davanti. Probabilmente non era la prima volta che vedeva l'oceano, considerando la vita da esuli dei suoi genitori ma per lei era comunque qualcosa di assolutamente nuovo. Sulla spiaggia chiara si infrangevano onde blu schiumate lasciando nell'aria l'odore di salsedine e un rumore ovattato e continuo. Sul piccolo molo di Riardo alcuni pescatori stavano caricando una barca con alcune reti e si preparavano alla giornata di pesca. Lione le mise una mano sulla spalla. – Non mi stancherei mai di guardarlo- , disse, per poi voltarsi verso Fine che le annuì con un sorriso distratto. I suoi occhi rubini erano ancora incantati da quella vista. - Comunque, - continuò Lione, - vi porto in un posto sicuro per riposarci per qualche giorno. Seguitemi. - e, percorrendo il lungo mare, uscirono dalla città per arrivare ad una piccola casa sperduta. L’abitazione era di legno e mattoni, con una bella forma regolare che si apriva su due piani e decorata con tante piccole conchiglie. Dal camino acceso uscivano nuvoloni di fumo. L’arancio, sorridendo, si avvicinò allo stipite e busso alla porta con colpi secchi e decisi. Dall’interno della casa iniziarono a provenire rumori di ferraglia e un borbottio continuò che con l’avvicinarsi del presunto uomo alla porta diventò una palese lamentela sulla maleducazione delle persone che bussavano a quel modo. Appena il legno si aprì comparve davanti a loro un uomo di mezza età, massiccio e sporco di fuliggine, con capelli argentati e occhi castani, troppo simili a quelli di Lione. - Ciao papà! -, cominciò infatti la ribelle sorridendo divertita dall’espressione stupita dell’uomo. Questo, ripresosi dallo stupore, fece un verso profondo di gioia e prese per le spalle la figlia scuotendola con vigore. – Lione! – urlò stringendola a se e guardandola con orgoglio, - Che bello rivederti! Che ci fai qui? Sei venuta a trovare il tuo povero paparino? –
Lione scoppiò a ridere e non senza qualche difficoltà riuscì a liberarsi dalle tenaglie del padre. – Papà calmati, non sono qui per una visita di cortesia, purtroppo. Ci serve un posto dove riposare prima di riprendere il viaggio, siamo distrutte. –
Finalmente il vecchio pose l’attenzione sulle due ragazze che a qualche passo di distanza avevano assistito al ricongiungimento di padre e figlia. - Lo dovevo immaginare. Forza entrate, mi racconterete quello che è successo magari davanti a una tazza di tè. Comunque, io sono Wohl. -, e stese la mano alle due donne. Al turno di Fine, la ragazza accompagnò al saluto un dolce sorriso scatenando sul viso di Wohl un’espressione stupita. - Come ho fatto a non riconoscerti?! -, borbottò tra se l'uomo mentre goffamente si inginocchiava ai piedi della rossa. - Principessa Fine cosa posso fare per te? -
 
 
La casa era piccola e disordinata: in un angolo serpeggiava un enorme focolare attrezzato con fucina, maglio, incudine e martello, mentre a terra e sulle pareti erano accatastate armi di tutti i generi, tavoli e mensole erano ricoperte di fuliggine. Wohl, aiutato da Lione, spostò i suoi attrezzi da armaiolo dal piano principale e servì il tè e una zuppa calda alle ragazze. - Sei uguale a tua madre. -, cominciò l'uomo che  imbarazzato si grattò la nuca.
Fine arrossì lievemente. - Come l'hai conosciuta? -
– Era una giornata tempestosa di diciotto fa. Il mare era gonfio e i fulmini illuminavano il cielo nuvoloso generando un rumore terribile. Io stavo lavorando ad una spada particolarmente complicata, Lione piangeva tra le braccia di mia moglie. Ero irritato, soprattutto quando bussarono alla porta di casa. Quando vidi chi avevo davanti tutta la frustrazione accumulata sfumò in un attimo. Una giovane donna incinta, con il marito, mi guardava con i suoi occhi rubini supplicanti aiuto. Non scorderò mai nella vita quegli occhi, gli stessi che hai tu Fine. Io e mia moglie li accogliemmo, preparammo loro una zuppa calda e li lasciammo dormire nel nostro letto. Se ne andarono la mattina dopo senza che ce ne accorgessimo e lasciandoci sul tavolo un sacchetto di monete d'oro. La seconda volta che ci incontrammo fu dieci anni dopo. Lei e Toulouse arrivarono al galoppo con cavalli regali e una piccola scorta di soldati. In quel momento capii che all'epoca avevo aiutato la principessa e suo marito che stavano fuggendo come esuli dal regno. Li accolsi come si doveva ma tua madre, con molta umiltà, mi disse che ero io che dovevo essere trattato da re perché avevo avuto il coraggio di aiutarli in un terribile momento.-
Wohl sorrise distrattamente. - Tua madre era una donna fantastica, davvero. –
Con gli occhi umidi, la rossa sorrise.
 - Era venuta a chiedermi un favore. In quegli anni la voce delle disgrazie che erano susseguite nel castello reale era arrivato fini a qui. Quando mi chiese di forgiarle una spada non rimasi molto spiazzato. Dovrei averla ancora da qualche parte. -, disse l'uomo alzandosi dal suo scanno e affondando la testa in un baule vicino al caminetto. Estrasse due fagotti che appoggiò sul tavolo facendoli scivolare davanti a Fine. - Aprili. -
La principessa srotolò il primo involucro rivelando una spada riccamente decorata. L'elsa era affusolata e ricamata da ghirigori e piccoli fiori che si congiungevano in una piccola luna al cui interno era incastonato un rubino. Fine si stupì nel notare la somiglianza con il suo ciondolo. Nonostante la lunghezza della lama era maneggevole e leggera. - E questo? -, chiese la ragazza mentre si apprestava a svelare il secondo dono. Wohl sorrise tristemente. La ragazza rigirò l'arco tra le mani, colpita dalla bellezza di quell'oggetto. La struttura era decorata con piccole incisioni che circondavano il nome Fine intagliato nel legno.
- Mi disse che dovevo costudirle. Che sarebbero tornati a prenderle nel giro di qualche mese e che era un regalo. Mi parlò a lungo di te, Fine, delle speranze che aveva per il futuro e del loro piano per riprendersi il trono. Credo che volesse darli a te ma che stesse aspettando il momento giusto. Poco dopo mi arrivò la notizia della sua morte. Ora, dopo tanti anni sono tornati alla legittima proprietaria. -
 
 
Quella sera era uscita di nascosto dall'abitazione. Avevano dormito per due giorni e mangiato a volontà. Altezza e Lione erano sempre con lei, per quello aveva sentito il bisogno di quella piccola fuga. Aveva visto il tramonto sul mare, con quelle scaglie di luce arancione che decoravano il blu delle onde.
Ora, Fine fissava sdraiata sulla sabbia le stelle di un cielo limpido. Con la mano giocava distrattamente con l’elsa della spada e l'arco che Wohl gli aveva affidato. Un rumore attutito di passi la riscosse dai suoi pensieri. Altezza, avvolta nel pesante mantello che la riparava dalla brezza marittima, gli sorrise distrattamente mentre si sedeva accanto a lei. La rossa spostò le armi e si mise anche lei a sedere.
 - Come va? - chiese la popolana conoscendo già la risposta.
Fine sospirò rumorosamente. - Non so, sono un po' confusa. -
Altezza sorrise distrattamente. Quella mezza confessione era molto più di quello che si era aspettata.
- Per i tuoi genitori? -
Fine scosse vigorosamente la testa, poi ci ripensò e ammise: -Anche. Queste armi, - e accarezzò l'elsa elaborata della spada -, sono il simbolo della loro rivolta, non della mia. Io non voglio combattere. -
- Come? Ci siamo fatte tutta questa strada per niente? Abbiamo impiegato un mese ad arrivare fino a qui e ora che manca poco tu ti arrendi? -
Fine prese la mano dell'amica che stava sbraitando tutta la sua frustrazione. - Lasciami finire. –
 Altezza, comunque non convinta, si zittì.
- Grazie a te, in questo mese, ho imparato ad essere più sensibile e meno fredda nei confronti di ciò che mi circonda. La mia vita è stata molto dura e vedevo solo il dolore e la sofferenza che provavo io e non quella degli altri. Poi, ti ho conosciuta. Sei una persona fantastica Altezza, pronta a sacrificarti per un mondo migliore. Inizialmente ho fatto fatica a capirti, io mi muovevo solo per il mio bene e la mia vendetta ma dopo la discussione con Camelot tutte le mie certezze sono scomparse. Mi era pure stato attribuito l'impegno di essere il simbolo di una rivolta di cui assolutamente non volevo fare parte o che almeno, fino al giorni prima disprezzavo fortemente. Questo viaggio mi è servito a capire molte cose: sono l'erede al trono e la legittima regina di un regno che non mi appartiene e che nonostante sia assediato da un tiranno ha avuto la forza di alzarsi e di ribellarsi a queste ingiustizie. Io il massimo che ho fatto è calarmi dalla finestra del mio castello per capirci di più ma la mia intenzione non era certo scappare. Voglio essere all'altezza del mio ruolo e dare un po' di sollievo ai miei sudditi. Non scapperò ma non combatterò neanche come tutti si aspettano. -
- Che intendi?- chiese Altezza a bruciapelo coinvolta nella confessione dell'amica.
- Non voglio combattere fisicamente, non voglio uccidere mio zio e non voglio permettere che voi ribelli vi sacrifichiate per me. Parlerò con Aaron, lo metterò in prigione se necessario ma non voglio che nessuno muoia o venga ferito. C'è stata troppa sofferenza in questi ultimi dieci anni ed è ora di ricominciare da zero. Non sarà un atto di violenza come uccidere il tiranno a dare il via al mio nuovo regno. -
Altezza sorrise e senza dire una parola abbracciò Fine che rimase stupita da quel gesto. Non erano persone molto fisiche e affettuose ma in un modo o nell'altro sentì di avere il pieno sostegno e appoggio dall'amica per l'assurdo e forse irrealizzabile progetto che aveva in mente.
Altezza si scostò improvvisamente, curiosa. - E cosa ti affligge davvero? -
Fine arrossì e sorrise timidamente. - Shade... -
La bionda scoppiò a ridere. - Ah sono problemi di cuore, allora! -
La principessa scosse la testa. - Non esageriamo! Non sono più quell'ingenua bambina di dieci anni facilmente influenzabile. È stato il mio primo amore ma ora siamo persone diverse. Ho solo paura di non riconoscere chi mi troverò davanti. In sette anni cambiano tante cose e io ho avuto fin troppo risentimento.-
- E cosa può essere successo di così grave da fartelo odiare? -, non resistette la bionda dal chiedere, approfittando dell'improvvisa apertura di Fine.
- Quella notte era venuto a trovarmi nelle mie stanza, come faceva spesso nell'ultimo periodo. Mi portava regali e stavamo a parlare per ore e ore fino all'arrivo dell'alba. Ero follemente innamorata di lui e mi aveva insegnato e rivelato cose che nella sicurezza del castello non avevo avuto modo di scoprire. Mi regalò la collana che porto al collo come un pegno d'amore per il futuro. Mi disse che sarebbe andato dai miei genitori quella notte stessa per chiedergli la mia mano. Non è mai più tornato. Mi sono sentita abbandonata, e mi sento così tutt'ora se ci penso. E nonostante ora sappia cosa è successo davvero c'è una parte di me che continua a ripetersi che se ha trovato un modo per portare avanti la ribellione di suo padre da una cella poteva anche trovare il modo di farmi sapere che stava bene e che teneva ancora a me. -
Altezza sospirò a quelle parole. - Hai ragione, la situazione non è semplice. Scopriremo come è quando lo incontreremo.-, la bionda ridacchiò tra se attirando l'attenzione di Fine. - Voglio rivelarti una cosa: ho sempre creduto che Eclipse fosse una donna sotto mentite spoglie. -
La rossa rise leggermente, divertita da quella confessione. - E cosa te lo faceva pensare? -
- Beh -, cominciò risoluta Altezza, - una persona così in gamba non poteva che essere di sesso femminile. Anche se ora so che è un uomo sono convinta che ci siano delle donne al suo fianco che lo guidano e lo consigliano. -
Fine sorrise e prese la mano all'amica. - Grazie, Altezza. -
 
 


Omendo stava riposando in un angolo della cella dopo l'ennesima giornata di frustate. La sua unica consolazione erano le visite del principe che gli chiedeva consiglio o informazioni sulla sua salute. Aveva dato il compito ad un guaritore di sedare i suoi dolori e ordinato alle guardie di non esagerare nelle torture. In un modo o nell'altro era già una piccola forma di rivolta e Omendo era orgoglioso dei passi avanti che aveva fatto con il biondo. Gli era capitato spesso in quegli incontri di pensare a come un ragazzo tanto sensibile e coraggioso come Bright potesse essere cresciuto accanto ad una persona crudele come Aaron. Perso nei suoi pensieri non si accorse dei chiavistelli che si aprivano e della porta cigolante che veniva spalancata. La figura di un uomo, illuminato dalla tenue luce del tramonto, si stagliò nella cella. Il rumore degli stivali rimbombò nel piccolo antro e finalmente il viso del suo aguzzino si mostrò nella sua interezza: barba corta e ben curata, capelli castani che trasudavano alcune ciocche di vecchiaia e occhi scuri e crudeli che lo scrutavano con un ghigno vincente.
-Aaron-, assentì atono l'uomo a terra che guardava infastidito il Re.
- Dovresti mostrarmi un po' di rispetto. Dall'ultima volta che ci siamo visti sono diventato ufficialmente sovrano. -
Omendo alzò gli occhi al cielo.
- Uccidendo centinaia di persone e facendo vivere il tuo popolo nella miseria. -
Aaron sorrise ironico. - Me lo dissi proprio tu: il fine giustifica i mezzi e io mi sono semplicemente limitato ad ascoltarti. -
- Mi hai ingannato, Aaron. Per colpa tua ho tradito i miei amici, la mia famiglia, il mio regno. Ho creduto in te e tu mi hai pugnalato alle spalle. Non attribuirmi meriti che non ho e non voglio avere-, disse il ribelle sospirando e rannicchiandosi ancor di più su se stesso.
- Eppure, caro Omendo, mi è stato riferito che stai professando a mio figlio la causa di un mondo migliore, proprio come facesti con me quando ancora eri un banale cuoco nella cucina reale. -
Il carcerato rise di gusto a quell'affermazione.- Stai tranquillo Aaron, non ricommetterò più lo stesso errore. Ti sei salvato quella notte solo perché ho avuto pietà di te ma nell'uccidere la dolce Elsa ti sei condannato da solo a una vita di solitudine e miseria: era davvero l'unica persona che teneva a te.-
Aaron ghignò strafottente, per niente scalfito da quelle parole. - Ti sbagli, Omendo. Ti stai dimenticando di mio figlio. Le tue parole per quanto belle ed allettanti non sono niente in confronto alla vita di gloria e potere che gli ho promesso.-
Per la seconda volta, il vecchio cuoco rise di gusto e la sua risata rimbombò tra le pareti di quella piccola cella e nelle orecchie del Re. – Ne sei davvero così sicuro? Hai mai provato a parlare con tuo figlio? –, chiese il ribelle mentre finalmente Aaron capiva di aver sottovalutato il suo nemico. Uscì dalla cella infuriato.
 





Buondì!
Stranamente sono abbastanza buntuale ma devo dire che è solo perchè la storia si sta scrivendo da sola.
Da dove comincio?
Il titolo "Eredità" è stato scelto in maniera abbastanza improvvisa. Volevo chiamarlo in un'altro modo ma non avrebbe reso il senso. Per quanto sia un capitolo di stallo che superficialmente racconta i dubbi di Fine e successivamente di Aaron, in realtà svela molte cose. L'eredità si riferisce all'arduo compito che Elsa voleva lasciare alla figlia come continuatrice della rivolta e non solo alle armi chegli sono state restituite. Per quanto riguarda il tiranno, scopriamo che Omendo era sorta di padre anche per lui che lo ha salvato quella terribile notte e consigliato nella vita. Quindi non siparla solo di un eredità da Omendo a Aaron ma anche da Aaron a Bright che scopre di aver fallito con il figlio. Vedrete, vedrete cosa combinerà, e so che mi odierete ma è fondamentale. E poi c'è Fine con i suoi mille e uno dubbi, progetti e Shade. So che siete mooolto impazienti di leggere del loro primo incontro e in un modo o nell'altro, sarà molto presto (massimo due capitoli). Anche il prossimo aggiornamento sarà abbastanza puntuale considerando che l'ho già scritto ma devo ancora sistemarlo. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate e grazie per il sostegno.
Un bacione
Ele
 

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Capitolo 16
*** 15. Nero ***


15. Nero
 
Il viaggio era ricominciato. I due giorni di totale riposo e di riflessione avevano giovato all’animo delle tre ragazze che in mezza giornata di cammino arrivarono alla foresta di Inox. Si soffermarono qualche secondo a contemplare gli alberi secolari e altissimi che popolavano la selva. La foresta non era per niente un luogo sicuro nonostante si trovasse ormai in territorio dei ribelli. Lione aveva spiegato loro che l’omonimo carcere, stracolma di prigionieri, serpeggiava ancora nel cuore di quel luogo e Aaron aveva quadruplicato il numero di soldati e sentinelle. Così a Fine erano stati accorciati ancor più i capelli, in modo che la sua identità fosse salvaguardata e Altezza nascondeva il viso sotto il mantello, senza la solita strafottenza che la caratterizzava. Le enormi piante davano loro sicurezza, effimera considerando i rischi che incorrevano: oltre alle guardie, gruppo di banditi e ribelli non troppo conformi alla causa di Eclipse girovagavano per quel luogo buio e impervio. I rumori della foresta, agghiaccianti e continui, potevano nascondere non solo dei piccoli animali, ma anche belve feroci o, appunto, nemici.
I rami graffiavano le membra esposte delle ragazze e i rovi mettevano a dura prova il loro autocontrollo. Stavano seguendo un ruscello alla cui foce si era formato un piccolo lago sul limitare del deserto dove si trovava l'accampamento dei ribelli. Alla fine di quel giorno giunsero in una piccola radura. Erano distrutte, affamate e sporche di fango dalla testa ai piedi. Fine si stese a terra sfinita. - Quanto manca ad arrivare all'accampamento? –
Lione rifletté brevemente prima di rispondere: - Non abbiamo camminato molto quindi almeno due giorni. -
La rossa strabuzzò gli occhi per poi sospirare. Altezza guardò la principessa. – Brami dalla voglia di vedere Eclipse, eh? –
Fine fulminò l’amica ma non rispose alla provocazione. Non le andava di parlare dei suoi sentimenti davanti a Lione. L’arancio le guardò con un sorriso divertito, - Voi andate a darvi una pulita al fiume mentre io preparo qualcosa da mangiare. -
Le sue ospiti la ringraziarono e si avviarono verso la loro meta. Prese la carne secca dallo zaino e contornò il tutto con mirtilli provenienti da un cespuglio vicino. Un fruscio la riscosse dai suoi pensieri. Si guardò attorno dubbiosa e afferrò arco e frecce. Con il dardo tirato scrutava la radura, sperando che i suoi sospetti fossero infondati e che Fine e Altezza non fossero in pericolo. Mentre fissava un punto impreciso nel buio, due forti braccia la catturarono da dietro. Lione strabuzzò gli occhi e per lo spavento fece partire la freccia che si conficcò a terra. Nella radura rimbombò la ghignata del suo aggressore, mentre Lione si dimenava per liberarsi. - So di avere un certo effetto sulle donne ma non pensavo di far sbagliare bersaglio alla più brava arciera del regno. -, le sussurrò la voce melliflua alle sue spalle. L'arco cadde a terra e le braccia che la trattenevano la fecero girare su se stessa, trovandosi faccia a faccia con il nemico.
- Black -, sussurrò la ragazza con gli occhi umidi e un sorriso dolce sulle labbra. - Che fine avevi fatto? -
Il moro assunse una smorfia triste. - Ti devo raccontare molte cose ma, - e si avvicinò sorridendo alle labbra della ribelle. - Prima il piacere e poi il dovere. -
Lione rise di gusto. - Il proverbio non era proprio così, ma sono d'accordo. -
In pochi istanti, colmarono la distanza. Le labbra si cercavano, gli occhi ammiravano e le mani s'intrecciavano in un bacio che lasciò entrambi ansimanti ma soddisfatti. - Non sai cosa ti farei, piccola. -, sussurrò maliziosa la spia. Lione si aggrappò alle spalle del ragazzo buttando indietro la testa per ridere. Poi, i loro occhi s’incontrarono di nuovo. Le mani di Black accarezzavano piano i fianchi della ragazza che a ogni carezza arrossiva e sospirava. - Mi sei mancata, Lione. -
L'arancio prese il viso di Black tra le mani lasciandogli una breve carezza e lo avvicinò per un dolce bacio. Erano innamorati l'uno dell'altro nonostante fosse pericoloso, folle e insensato. Black era una spia e Lione sapeva che spesso serviva anche il loro nemico. Non avrebbe dovuto fidarsi ma non poteva fare altro che sciogliersi quando le sue braccia la stringevano e i suoi occhi verdi la guardavano con desiderio e ammirazione. Con lui si era lasciata andare anche più di una volta e non dubitava che se avesse continuato a baciarla sarebbero finiti stesi sull'erba di quella radura a scambiarsi effusioni. Il loro rapporto era così: fugace ma intenso e passionale.
- Dove sei stato in queste settimane? -, chiese a bruciapelo prima di ricevere l'ennesimo bacio che le avrebbe fatto dimenticare con chi aveva a che fare. Black si staccò brevemente e abbassò il capo afflitto. - A Mari. Dopo che siete fuggite Omendo è stato di nuovo catturato. È rinchiuso e torturato in una lurida cella della caserma della città e riceve spesso visite da parte del Principe. Credo che stia cercando di convertirlo alla vostra causa. -
Lione si aggrappò al moro, preoccupata. - Sta bene? Non l'hanno ancora giustiziato? -
Black scosse la testa. - Bright lo sta tenendo in vita. -
Lione sbuffò. Non si fidava del principe ma Omendo sapeva cosa faceva.
- I pochi ribelli rimasti in città, - continuò la spia, - stanno cercando di riorganizzarsi ma tu e Omendo eravate gli unici ad avere contatti diretti con Eclipse. Sono allo sbando e Aaron ha dato il via alla caccia al ribelle: più sovversivi uccisi, più soldi per i mercenari. -
- Ma è brutale! -, inveì Lione sconvolta.
- Lione, devi tornare a Meri. -
L'arancio guardò stranita il compagno. - Ho una missione importante da portare avanti e lo sai anche tu. -
- Se torni in città potremo vederci più spesso e stare insieme come piace a me e a te. -, ammiccò malizioso.
Lione rise e strinse l'uomo a sé.
- Per quanto desideri stare con te, non posso farlo. Non posso abbandonare le ragazze per fini egoistici. Abbiamo una rivolta da portare avanti. A proposito, andrò a chiamarle. -, disse allontanandosi da Black che però la trattenne.
- Peccato. -, rispose il moro accarezzando dolcemente il viso di Lione. - Se non hai accettato con le buone, vorrà dire che lo farai con le cattive. -
Lione lo guardò stranita. – Che cosa stai dicendo? -, chiese staccandosi da lui, capendo che c’era qualcosa di strano.
- Guardie. Catturatela. -, ordinò atono mentre dall'oscurità uomini in ferraglia li circondavano.
 - Fine, Altezza... -, sussurrò tra sé terrorizzata la ragazza cercando una via di fuga e un modo per avvisare le amiche. Black si avvicinò di nuovo a lei prendendola per la vita. - Non ti preoccupare, gattina, ti raggiungeranno presto. -
La ribelle si dimenò da quella presa mentre le prime lacrime si facevano largo tra le sue ciglia.
- Sei un lurido bastardo, Black, un traditore! -
La spia la prese per le spalle e la guardò dritto negli occhi: - Lo sto facendo per te, Lio, per noi. Voglio tu sia al sicuro. -, le sussurrò per poi lasciare che i soldati la legassero e portassero via.
 

L’acqua scorreva limpida tra i sassi del ruscello, dove una cascatella aveva creato una pozza ideale per farsi il bagno. Altezza, senza esitazione si spogliò di tutti i suoi vestiti e s’immerse dolcemente in quello specchio d’acqua.
 –Altezza, non hai pudore! -, borbottò Fine arrossendo alla vista dell’amica nuda. La bionda, non curante, gli spruzzò un po’ di acqua in faccia e ridacchiò all’espressione buffa e scocciata di Fine.
– Dai, chi vuoi che ci veda? E anche se dovesse esserci qualcuno avrà qualcosa di bello da guardare, no? -, disse aprendo le braccia per mostrarsi nella sua interezza: il seno scolpito, i fianchi morbidi e le gambe toniche. Fine alzò gli occhi al cielo. - La solita esibizionista. -, borbottò.
– Ah! Dimenticavo! -, cominciò la popolana agitando l’acqua attorno a sé. – Passami la spada! -
Fine prese l’arma che era stata posata su una roccia e si allungò sul fiume senza però metterne piede: si sarebbe data una rinfrescata al viso, non era così esuberante come l’amica. – E a cosa ti serve la spada? –
- Beh! Nel caso che il qualcuno che ci sta guardando decida d venire a darci una mano a lavarci. –
Fine, suo malgrado, rise sperando, comunque, che l'amica non avesse ragione e si accucciò sul margine del ruscello. Altezza intanto s’immerse completamente tenendo sempre l'arma in pugno. Il rumore della cascata che s’infrangeva creava un piacevole sottofondo e le isolò per qualche minuto dal resto del mondo. In quel silenzio, il rumore di una foglia pestata rimbombò.
Un colpo alla testa e gli occhi di Fine si riempirono di lacrime per il dolore. La vista si fece offuscata e l'ultima cosa che vide fu Altezza, splendida nella sua nudità e terribile con la spada, che inveiva contro qualcuno. La principessa cadde a terra con la faccia nel fango. Poi, il nero piombò su di lei.
 
 
Bright camminava sovrappensiero per i corridoi della caserma. Suo padre quella mattina gli aveva ordinato di scovare alcuni ribelli che si aggiravano testardi tra le rovine della città. Era stato straziante per lui vedere quegli uomini trasandati e senza una guida passati a fil di spada dalle sue guardie. Dopo i lunghi discorsi con Omendo sul senso della vita e sulla causa della ribellione e dopo aver visto quell’inutile scempio, si chiese qual era l’utilità di tutto quello che stava facendo suo Padre. Il suo fine era la gloria? Forse, ma chi avrebbe pianto il terribile tiranno dopo la sua morte? Il potere? E con chi condividerlo se dopo tutto il male che aveva fatto era rimasto soli? Per dare a lui un futuro? Bright sperava proprio di no perché non voleva portarsi sulle spalle il peso delle azioni di suo padre. Si massaggiò frustrato le tempie pensando poi a Rein che lo stava aspettando nelle loro camere. Sorrise tra sé e spalancò la porta senza bussare: dopotutto era la sua stanza. Quello che vide lo raggelò.
Suo padre, con i pantaloni calati fino alle caviglie, stringeva malamente Rein che si dimenava piangente, nuda e rassegnata al suo destino tra le braccia del Re. Entrambi si voltarono di scatto verso l’entrata, consapevoli di chi stava assistendo a quella scena. Il re, distratto dalla comparsa del figlio, si fece scappare la sua preda che senza esitazione si fiondò tra le braccia del principe. Bright strinse a se l’azzurra che era scossa da violenti singulti e chiedeva sommessamente perdono per una cosa di cui non aveva colpa. Il biondo gli sorrise fugacemente cercando di rasserenarla, dimenticandosi per qualche secondo del padre. Si slacciò il mantello e lo mise sulle spalle minute e tremanti della sua ragazza, asciugandole poi dolcemente le guance con il palmo della mano. – TI ha fatto del male? –
A quelle parole sentì Aaron ridere di gusto ma non lo degnò di uno sguardo. Rein aggrappata al braccio di Bright sentì i suoi muscoli contrarsi dello sforzo di rimanere calmo.
L'azzurra scosse vigorosamente la testa: – Sei arrivato in tempo. –
Bright le sorrise, stavolta tranquillizzato, per poi alzare lo sguardo sull’uomo che l’aveva cresciuto ma che padre non lo era mai stato. I suoi occhi rubini si fissarono in quelli castani di Aaron che con un ghigno divertito aveva assistito a quella scenetta romantica. – Bright, non guardarmi così. Padre e figlio condividono tutto, anche le puttanelle. –
Il principe strinse i pugni ma non si lasciò intimidire. – Hai mancato di rispetto a me e soprattutto a Rein. Hai cercato di distruggere l’unica cosa bella che mi è rimasta in questa vita. Come posso ancora chiamarti padre?! Mi disgusti nel profondo e ti odio. –
Il discorso del principe fu interrotto dal battito di mani di Aaron accompagnato da una risata amara.
– Finalmente hai mostrato un po’ di carattere, figlio mio. Era quello che volevo da te. Non puoi negare il legame di sangue che ci lega, Bright. Ti ho creato io, sei quello che sei grazie a me e diventerai un grande Re, perché finalmente anche tu hai capito cosa vuol dire odiare. –
Bright guardò il padre con una smorfia indefinita sul viso e, spostandosi di lato, con un cenno della testa fece segno al re di uscire dalla stanza. Aaron chiuse dietro di sé la porta con un sorriso di vittoria: a suo modo aveva dato un’importante lezione di vita a suo figlio.
 
 





Buonasera! Anche se dovrei dirvi buonanotte considerando l'orario...
Non so che dirvi, questo capitlo mi piace. E' una svolta importante e probabilmente inaspettata della storia. Non vedevo l'ora di sciverlo questo capitolo ma sopratutto il prossimo del quale ho già in mente scene molto divertenti. Vedrete cosa combinerò. Muaahahhha
A grande richiesta e tornate Black che inaspettatamente è un personaggio che avete amato. Il dolce momeno tra lui e Lione, il tradimento....sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate.
Infine aaron e Bright... inizialmente non ero molto sicura di aggiungere questa parte... sopratttto del tentato stupro di Aaron. ma il rating arancio c'è per un motivo. Non voglio cadere nel volgare o nel cruento ma è per dare più autenticità allas storia che è ambientata in un regno stile medioevale e durante una ribellione. La morte, il sesso e molte altre cose sono visti in maniera diversa rispetto alla nostra (anche se su certi aspetti modernità e antichità si sovrappongono.. vedi violenza sulle donne). Per adesso Altezza Lione e Fine si sono fatte valere, sono donne forti con alti ideali ma vedrete che non sarà sempre così. Ok, sono stra filosofica stasera, devo smetterla.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando, voglio anche e soprattutto critiche. Il fine è quello di migliorarsi, sempre.
Un bacione
a presto
Ele

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Capitolo 17
*** 16. Identità ***


16. Identità
 
- No, Fine... -, sussurrò Altezza con le lacrime agli occhi mentre l'uomo in ferraglia colpiva l'amica. Altre guardie con il simbolo reale cucito sul petto l'avevano circondata e guardavano il suo corpo nudo in modo malizioso e volgare. - Ehi bambolina, non vedo l'ora di averti tra le mie braccia-, disse ridendo uno dei soldati. Era terrorizzata, sola e totalmente indifesa se non per la sua spada. Doveva mettere al sicuro Fine e possibilmente chiamare Lione, sempre che non l'avessero già catturata. Passò veloce lo sguardo sui nemici. Erano in undici, tutti ben armati e la guardavano attenti, come se sapessero chi era. Era inutile fingersi una ragazzina indifesa, doveva combattere e intrattenerli: magari Fine si sarebbe svegliata e sarebbe riuscita a fuggire. Quando aveva accettato la missione, sapeva che forse non sarebbe arrivata viva alla fine di quel viaggio ma non stava lottando per se stessa: combatteva per un intero regno e il suo sacrificio non era niente in confronto alla svolta che avrebbe dato la presenza di Fine stando tra le file dei ribelli. Fece un lungo respiro e brandì saldamente l'arma; sapeva che per uscire da quella situazione ci sarebbe voluto un miracolo.
- Dove è la principessa? -, cominciò quello che doveva essere il capo. La bionda tirò un sospiro di sollievo: con la faccia ricoperta di fango e i capelli corti neanche la scorta del Re aveva riconosciuto la futura regina. Altezza si finse noncurante. - Non è più con me, ormai, brutti imbecilli. –
Il fendente arrivò improvviso e le ferì lievemente una spalla. - Sei in una brutta posizione, ragazza. Fossi in te, non farei l'insolente. –
 Altezza non si fece intimidire e dopo uno sguardo fugace all'amica sperando di cogliere un segno di vita, attaccò. La lama si conficcò morbida nel fianco del primo uomo che cadde a terra in un lamento. L'acqua della poccia si tinse dolcemente di rosso. Quella mossa scatenò una reazione a catena: due soldati attaccarono in simultanea dall'alto e la bionda con un salto laterale riuscì a schivare i colpi; mentre si spostava, un terzo uomo la agguantò per le spalle e la catturò. La popolana iniziò a dimenare gambe e braccia e buttò violentemente il capo all'indietro dando una testata sul naso del suo aggressore che la lasciò. La sua fuga durò poco perché nel frattempo Fine era stata caricata sulle spalle di uno dei soldati che la stava portando via. - Lascia stare mio fratello!-, urlò cercando ulteriormente di nascondere l'identità della principessa e di distrarre il rapitore. Si fiondò senza esitazione contro l'uomo placcandogli le gambe e facendolo cadere. Fine volò a terra colpendo nuovamente la testa contro un tronco. La bionda afferrò uno dei pugnali che la rossa, senza sensi accanto a lei, teneva nello stivale e lo conficcò nella schiena nella guardia. Si rigirò agile verso i nemici trovandosi nuovamente circondata.
Il capo si avvicinò strafottente. - Sei in trappola, ora. Il Re sarà contento di avere una bella ragazza come te al suo fianco nelle fredde notti d’inverno. -, disse l'uomo mentre faceva scivolare la spada verso il basso e puntellava la lama sulla coscia di Altezza. Fece sempre più pressione fino a quando la pelle della donna si lacerò sotto il peso dell'arma che penetrò lentamente nella carne. Lacrime di puro dolore le scivolavano sulle gote arrossate e il suo urlo strozzato sovrastò lo scroscio del ruscello.
- Così non potrai più scappare, ragazzina. -, disse il nemico mentre indugiava con l'arma sull'arto ferito della bionda. L'uomo estrasse la spada dalla coscia della popolana e il sangue cominciò a zampillare. Poi, fece segno ai suoi uomini di legarle. Una guardia s’inchinò su di lei e mentre cominciava il primo nodo qualcosa passò veloce accanto alla testa della bionda lasciando dietro di se un fischio ovattato. Il soldato cadde a terra e con urla di dolore cercava di togliersi una freccia dall’occhio destro. In pochi secondi, dai cespugli e dagli alberi spuntarono una ventina di uomini ben armati che circondarono le guardie.
- Portate i prigionieri ai cavalli! -, urlò il generale a due dei suoi attendenti che caricarono le ragazze sulle spalle. Altezza cercava di dimenarsi ma il dolore per la ferità le mozzava il fiato e Fine era inerme tra le braccia del nemico. Mentre i due uomini s’inoltravano nella foresta, la battaglia sul ruscello si faceva sempre più serrata e sanguinosa. Se solo Altezza avesse avuto la forza di ribellarsi sarebbero riuscite a scappare. Arrivarono nella radura, dove avevano deciso di campeggiare un'ora prima, e Altezza la trovò deserta, se non per gli oggetti che avevano lasciato incustoditi. Altezza pensò a Lione, consapevole che probabilmente l'avevano catturata o, nella peggiore delle ipotesi, uccisa. Lione avrebbe lottato fino all’ultimo per loro ma fortunatamente non vide tracce di sangue.
- Ehi, ti serve una mano per scappare? -, chiese una voce chiara e gentile alle loro spalle. I due uomini in ferraglia si voltarono e posarono a terra le prigioniere per poi brandire le armi. - E tu cosa vuoi? -, chiese uno. - Mi spiace deluderla buon uomo ma stavo parlando con la signorina dietro di lei. -, e il ragazzo fece cenno con la testa ad Altezza. I due soldati si voltarono trovando la ragazza, zoppicante, che trascinava via l'amica verso il folto della foresta.
- Grazie eh!-, inveì la popolana contro lo sconosciuto. I due soldati non ebbero tempo di agire perché il ragazzo, approfittando del momento di distrazione, aveva preso la mira e scoccato le frecce. Accertatosi che gli uomini fossero morti lo sconosciuto si avvicinò alla bionda che con smorfie di dolore dipinte sul volto cercava di alzarsi. - Posso aiutarti? -, chiese gentilmente porgendo la mano alla donna. Altezza alzò lo sguardo su di lui, pronta a innalzare la sua maschera orgogliosa e strafottente ma le parole le morirono in gola.  Doveva avere circa la sua età: era alto, fisico asciutto, pelle olivastra e spalle larghe. Aveva due grandi occhi azzurri e capelli turchini. Indossava dei semplici pantaloni di pelle e una casacca leggera, e portava sulle spalle la faretra con le frecce e l'arco. Era bello, dovette ammettere la bionda, cercando però di non lasciarsi troppo coinvolgere da quello sguardo penetrante. Non rispose alla domanda e cercò invano, orgogliosa e testarda, di arrangiarsi. Nonostante la sua diffidenza, due forti braccia la presero per i fianchi nudi e la issarono da terra. – Mi sembravi un po’ in difficoltà. – cominciò l’uomo per giustificarsi. La ragazza abbassò gli occhi, risentita, mentre le sue gote s’imporporarono. Sentiva di potersi fidare di quello sconosciuto ma probabilmente era condizionata dal fatto che le aveva appena salvato la vita e dal tono galante che aveva usato con lei. – Grazie. -, borbottò imbarazzata sempre a occhi bassi. Camminando malamente si avvicinò alle loro tracolle ed estrasse dalla borsa delle bende, una casacca e dei pantaloni di ricambio. Velocemente, pudica sotto gli occhi di quell’uomo, s’infilò i vestiti senza però trattenere un urlo di dolore nell’infilarsi le braghe. - Posso dare un'occhiata?-, provò il ragazzo che l’aveva seguita in quella manovra senza però intervenire. Si chinò di fronte a lei per esaminare la ferita. Altezza tirava la casacca verso il basso cercando di nascondere il suo corpo il più possibile. Il turchino la fece sedere su un tronco e con mosse sicure le pulì la ferita con l’acqua e la fasciò. – Posso sapere come ti chiami?-, chiese lo sconosciuto mentre indugiava sulla fasciatura. Non ricevette risposta e appena finì di curarla lasciò che la ragazza finisse di vestirsi voltandosi di spalle. Altezza era confusa da quella gentilezza e galanteria. Non aveva mai incontrato nella sua vita un uomo del genere e l’aveva totalmente spiazzata. Non sapeva come comportarsi, cosa poteva dire o domandare ed era ancor più sorpresa dal suo stesso atteggiamento timido e pudico quando lui era vicino. Prese un profondo respiro e cercò di concentrarsi. Prima di tutto, si avvicinò a Fine. La scosse cercando di svegliarla ma non ricevendo risposta controllò il battito cardiaco dal polso. - Non è morto, ma gli servirà qualche ora per riprendersi. -, disse il turchino accucciandosi sulla rossa per accertarsi anche lui del suo stato. – Ha preso due botte in testa: una sulla nuca e una sulla tempia. -, cominciò Altezza con voce roca e bassa, indicando le due ferite e spostando dolcemente la testa della principessa. Stava riacquistando la sua solita strafottenza e determinazione. Prese l’acqua che l’uomo aveva usato con lei e rinfrescò la fronte della fanciulla stando attenta a non sciacquarle troppo il viso per rivelare la sua identità. D’altronde, doveva ancora capire chi era il suo ospite. Intanto, gli uomini tornarono dal ruscello, con le spade e le asce sporche di sangue ma vittoriosi.
– Bravi, ragazzi. -, cominciò il turchino. – Ora siete pronti per entrare nel nostro esercito. -, comunicò sorridente. Il piccolo drappello armato esplose in un’ovazione che fece ridere di gusto l’uomo. Poi, questo, si accucciò di nuovo vicino ad Altezza. - Il nostro accampamento è una giornata di cammino da qui, se volete un pasto caldo e delle buone cure sarei più che felice di ospitarvi. -, propose il ragazzo. Altezza lo guardò di sbieco mentre fasciava la testa dell'amica per poi voltarsi verso di lui scettica. - Ti ringrazio di averci salvato la vita, ma abbiamo una missione da portare a termine. -, cominciò risoluta.
- Il tuo compagno di viaggio è senza sensi e tu sei zoppa. Non sopravvivresti neanche pochi minuti sola in questa foresta. -
- Questo lo dici tu. -, disse alzandosi e cominciando a fare fagotto ma il ragazzo alle sue spalle le agguantò le braccia e con un pezzo di corda le legò i polsi. - Cosa diavolo stai facendo? -, sbraitò Altezza cominciando a dimenarsi. Il turchino la fece voltare verso di sé. - Io non so chi tu sia o chi sia tuo fratello ma se il Re ha mobilitato la sua scorta speciale per cercarvi vuol dire che avete una missione molto importante. In più avete oggetti palesemente rubati appartenenti alla famiglia reale. -, e con un gesto fece cenno all'arco e alla spada di Fine che riposavano su un tronco. - Il minimo che possa fare è portarvi alla base per interrogarvi, sapere chi siete, trovare un modo per aiutarvi e magari offrirti una birra. Quindi verrete con noi, che tu lo voglia o meno. –
La bionda non rispose alla provocazione, ne cercò di scappare. Era stanca di quel viaggio e di quella situazione. Non voleva essere di nuovo sola e la presenza di quello strano ragazzo aveva svuotato il suo cuore dall’ansia e dal dolore che gli ultimi avvenimenti avevano scatenato in lei. Le parole dell’uomo non erano minacciose ma, per quanto determinate, dolci.
Altezza sospirò e puntò lo sguardo sul turchino. - Io non posso dirti chi sono ma voi chi siete? -, chiese a bruciapelo sperando in una risposta sincera. Senza batter ciglio il ragazzo rispose: - Io sono Auler e questi sono i miei uomini. -, disse allargando le braccia e indicando i soldati dietro di lui. - Siamo ribelli sotto la guida di Eclipse. –
Una piccola lacrima di gioia le scivolò dalle ciglia mentre un sorriso le nasceva sulle labbra. Si avvicinò a Fine che era stata issata su una barella improvvisata, in modo da spostarla più agilmente, e si avvicinò al suo orecchio. – Siamo riuscite a trovarlo, amica mia. -, le sussurrò. Poi si accoccolò sulle spalle del Auler, che era diventato il suo salvatore e che si era proposto di portarla a spalle per non farle affaticare la gamba. Mentre camminavano cauti tra le fronde degli alberi calde lacrime cominciarono a scivolare sulle gote di Altezza fino a che, sfinita, non si addormentò poggiando la testa alla schiena del ribelle, cullata dal rumore dei suoi passi.
 
 

- So che siamo ancora giovani anche solo per pensare al matrimonio, Fine, ma io non posso immaginare la mia vita senza di te. –
I suoi profondi occhi cobalto, illuminati dalla tenue luce della luna che filtrava dalla finestra la guardavano dubbiosi ma felici. Le prese dolcemente una mano e la strinse nelle sue. –Andrò dai tuoi genitori, stasera, e gli proporrò un accordo. Saremo promessi sposi, fidanzati, indipendentemente dal tuo rango sociale e dal sangue. Non potranno dire di no al nostro amore. -, e piano avvicinò il viso a quello della bambina fino a far combaciare le loro labbra.
 
 


La porta della cella si spalancò ma fu subito chiusa dal biondo che frustrato e arrabbiato la stava prendendo a calci. Lanciò un mezzo grido che si smorzò dal dolore quando il pugno colpì la parete.
 – Cazzo! -, imprecò.
- Calmati, ragazzo. -, disse una flebile voce alle sue spalle. Bright, stupito dal tono usato, si voltò e strabuzzo gli occhi alla vista del suo precettore ricoperto di sangue e ansante a terra. Il principe si avvicinò a lui non sapendo però cosa fare e come muoversi. - Cosa ti ha fatto... -, chiese piano con la voce rotta dal pianto. Era sull’orlo di una crisi. Aaron lo stava spezzando.
 Omendo gli afferrò saldamente il braccio.  - Non preoccuparti per me. Sapevo che non sarei uscito vivo da questa topaia, ma tu devi combattere, Bright. -
Il ragazzo si riscosse. - No, ti porterò all'accampamento dei ribelli. Lì ti cureranno e potrai tornare a combattere. -, disse mentre una lacrima scendeva calda lungo la sua gota.
- Non posso farcela senza di te. -, ammise il principe.
Omendo sorrise tristemente ma non parlò. Se lo avesse fatto sarebbe ceduto al dolore della separazione con quel ragazzo a cui in breve tempo si era affezionato tanto da poterlo chiamare 'figlio'. Bright lo sguardò determinato. - Resisti, Omendo, vado a prendere i cavalli e Rein. Fuggiremo insieme stanotte. -
Stinse la mano al suo patrigno e uscì dalla cella. Aveva preso la tua decisione.
 
 
 

Il buio più totale accolse la coscienza della bambina. Gli occhi rubini fissavano confusi e agitati l’oscurità. Avrebbe dovuto aspettare Shade ma il sonno era calato sulle sue palpebre facendola addormentare. Aveva una sensazione strana, come se qualcosa non andasse. Doveva essere passata da poco la mezzanotte e Shade non era ancora tornato. Decisa, appoggiò i piedi nudi sul pavimento freddo e si avviò verso la porta. Il corridoio del castello era vuoto ma da lontano giungevano rumori attutiti di grida e ferraglia.  Poi, l’odore di fumo le investì le narici, gli occhi divennero rossi e una dolorosa consapevolezza le gelò il cuore. Aumentò il passo, fino ad arrivare a correre, mentre le lacrime le rigavano il viso. S’inciampò nella lunga camicia da notte bianca che indossava e che era appartenuta a sua madre e cadde a terra di faccia. Velocemente si rialzò e finalmente arrivò nell’ala del castello dove vivevano i suoi genitori. Le guardie combattevano con alcuni uomini e il pavimento di marmo era ricoperto di cadaveri e sangue. Improvvisamente, suo zio si parò davanti a lei e la abbracciò di slancio, prendendola in braccio, e si allontanò.
 Fine cominciò a dimenarsi. – Zio! Che cosa sta succedendo? -, chiedeva battendo i pugni sul petto dell’uomo. Il Re continuò a camminare: - I ribelli capitanati da Eclipse hanno fatto irruzione nel castello e hanno ucciso i tuoi genitori per poi bruciare i corpi. -, disse atono.
La bambina sussurrò un ’no’ strozzato senza avere più la forza di parlare, di muoversi e di agire. I rumori della battaglia divennero ovattati e i suoi occhi si focalizzarono su quella porta lontana, mangiata dalle fiamme, che era stata il suo porto sicuro per anni ma che ora era diventata la tomba dei suoi genitori. Era paralizzata dal dolore e un fiume di lacrime inondò sul viso. Semplicemente, si lasciò andare e, poi, calò il nero.
 
 

Le palpebre della ragazza si aprirono e chiudevano pigre rivelando in alcuni momenti due profondi e confusi occhi rubini. Nonostante la lunga incoscienza si sentiva stanca e la testa le doleva terribilmente. Si stropicciò gli occhi impastati di sonno e di lacrime. Era la prima volta che le capitava di sognare ciò che era successo quella terribile notte ed era stravolta. Stiracchiò le membra intorpidite e la morbidezza del cotone le solleticò le dita. Cotone... A quella consapevolezza Fine aprì gli occhi di scatto. Portò una mano alla fronte, mentre la stanza in cui era cominciò a girare, e vi trovò uno straccio bagnato. Con fatica si puntellò sui gomiti per vedere meglio dove si trovava. La sorpresa e l’angoscia di trovarsi in un luogo ignoto non era niente in confronto a ciò che le si era parato davanti agli occhi. Istintivamente arretrò fino a portare la schiena alla parete, si accucciò su se stessa e si coprì meglio con la coperta chiara che la scaldava, quasi a innalzare un muro tra lei e il suo ospite. Il cobalto la stava fissando con uno sguardo divertito ma premuroso. - Ben svegliata Principessa. -, cominciò con tono mellifluo. La sua voce profonda, così diversa di quella di sette anni prima, riempì la stanza e il cuore di Fine.
- Shade... -
 
 
 
 
 




 Buonasera a tutte!
Ultimamente sono sempre più puntuale. Ammetto che questo capitolo mi ha mandato un po' in crisi. Doveva essere moooolto diverso, ma dopotutto bisogna seguire l'istinto. Sono un po' agitata nel pubblicarlo, di sapere le vostre opinioni perchèin questi giorni mi ci sono affezionata. Non ero sicura di inserire il primo incontro tra Fine e Shade, anche perchè, seppur a grande richiesta, la trama pretendeva di essere rispettata, ma ho voluto sgarrare e allungare la solita lunghezza del capitolo. Nel prossimo aggiornamento capirete meglio cosa è successo e ci sarà una bella chiacchierata tra i due protagonisti. So che la metà di voi avrà la mente oscurata da questo magico incontro ma io sono davvero soddisfatta di quello che ho scritto e soprattutto dell'incontro tra Altezza e Auler. Scrivere della battaglia è stato angoscioso, soprattutto consideando che era sola e nuda davanti a degli uomini. Poi è arrivato lui... è stato amore a prima vista! Almeno per me.... per Altezza non ne sarei così sicura. Altro cosa da puntalizzare spero si capisca che i paragrafi in corsivo sono i sogni di Fine durante il sonno. Avevo i brividi mentre lo scrivevo. Va bhe, ma queste sono tutte paranoie mie.
A questo punto ringrazio le 25 persone che hanno messo la mia storia tra le preferite e ovviamente sono gradite le recensioni di chiunque voglia farmi sapere cosa pensa. Ve ne sarei più che grata!
Vi ringrazio e vi saluto fino al prossimo aggiornamento (se tutto va bene tra due settimane)
Un bacione
Ele

 

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Capitolo 18
*** 17. Paura ***


17. Paura
 

- Shade... sei davvero tu? -, chiese sorpresa la principessa con voce flebile e roca. Titubante, abbassò gli occhi, percependo lo sguardo curioso e indagatore del cobalto su di sé. Si sentì improvvisamente piccola e sperduta alla presenza di quell’uomo bello e virile che una volta era il suo migliore amico ma che ora era uno sconosciuto. I sette anni che li avevano separati l’avevano segnato profondamente, primi tra tutti quei pozzi cobalto che Fine aveva riconosciuto immediatamente ma che celavano dolore e sofferenza. Aveva sempre creduto che il tempo l’avesse resa indipendente da lui, dal suo carisma. Invece, era inesorabilmente attratta da Shade, dai suoi occhi, dai suoi capelli spettinati, dalle spalle muscolose e dalle labbra sottili aperte in un ghigno sghembo. Un braccio fasciato pendeva dal suo collo ma, nonostante fosse ferito, il suo portamento trasmetteva determinazione e fierezza, caratteristiche tipiche di un leader. Aveva un ideale ed era riuscito a portare avanti il volere di suo padre. Shade era cresciuto e, nonostante la principessa fosse incuriosita dall’uomo che era diventato, aveva il timore di affrontarlo. Fine in quegli anni aveva permesso che la vita le scivolasse addosso e che gli altri decidessero per lei. Il suo corpo era cresciuto, si era fatto donna, ma la sua mente era sempre rimasta a quel giorno terribile e alla vendetta che aveva covato in fondo al cuore. Quando tutte le sue certezze erano andate in frantumi, non aveva fatto altro che seguire Altezza, più convinta di lei a portare a termine la missione. Dall’inizio del viaggio aveva vissuto situazioni orribili e angosciose, strattonata da una parte all’altra del regno, sempre in fuga. Aveva conosciuto persone coraggiose e determinate, felici di lottare con lei e per lei. Si era illusa di poter essere in grado di prendere in mano le redini del suo regno ma ora si rendeva contro che l’unica cosa che aveva desiderato era di rivedere Shade, cercare la sua approvazione e consolazione al tanto dolore che aveva provato negli anni. Invece, confrontandosi con i suoi occhi aveva scoperto di avere paura di non essere alla sua altezza, di non essere in grado di salvare il regno e di diventare la nuova regina. Fine sapeva che non sarebbe mai riuscita a soddisfarlo. Era una codarda e come tale non meritava nemmeno di averlo accanto a sé. Doveva allontanarlo. Shade fece un leggero passo avanti ma la ragazza si ritrasse di nuovo, sempre più all’angolo come una preda impaurita.
- Non avvicinarti, per favore. -, sussurrò con le lacrime agli occhi per l’improvvisa consapevolezza.
Il sorriso del cobalto si trasformò in una smorfia dispiaciuta. - Non voglio farti del male, Fine. – La principessa perse un battito sentendo il suo nome pronunciato da quelle labbra. - Voglio solo... -, continuò il ragazzo avanzando ancora noncurante l’avvertimento. Si sedette ai piedi del letto mentre Fine tremante si rannicchiava sul cuscino. – Voglio solo sapere come stai. Devi rimetterti in forze per affrontare Aaron. -, continuò cercando di infonderle coraggio. Protese una mano che fu malamente allontanata dalla rossa.
– Ti ripeto: vai via. -, dichiarò la rossa piano ma determinata.
La mano di Shade rimase a mezz’aria, accompagnata dalla sua espressione stupita. – E’ da sette anni che non ci vediamo e mi cacci via? -, chiese con risentimento. Shade aveva sempre pensato che il loro incontro sarebbe stato diverso, sicuramente più felice di quello che si stava svolgendo. Probabilmente tra gli orrori di Inox, quella fantasia gli era sembrata più che plausibile ma, come si era reso conto, la realtà era ben diversa da come se l’era immaginata.
 – Non mi sembra tu ti sia disturbato a venirmi a cercare. -, rispose la rossa con acidità.  Il ribelle studiò la donna che aveva davanti agli occhi: era magra, scavata dal lungo viaggio e aveva dimenticato cosa voleva dire vivere. Vide negli occhi rubini la paura e il risentimento che Fine provava nei suoi confronti. Sospirò tra se massaggiandosi gli occhi. Doveva trovare un modo per rimediare, per farla tornare a fidarsi di lui e ricostruire il loro rapporto. Per salvare il regno avevano bisogno di complicità e, comunque, ora che l’aveva di nuovo accanto a sé sentiva di non potere fare più a meno di lei. Istintivamente il ribelle si avvicinò e prese tra le sue mani quelle fragili e fredde di Fine. La rossa rimase stupita e contrariata da quel contatto inaspettato che dolcemente stava facendo vacillare tutte le sue difese. I loro occhi s’incontrarono fondendosi in un oblio di rimorso, disperazione e speranza. La voce roca di Shade ruppe il silenzio che si era creato. – Io …. Non so come posso rimediare ai miei errori. Ti ho abbandonata anche se non per mio volontà e ti ho lasciata sola con quel tiranno ad affrontare il dolore della morte dei tuoi genitori e tutte le conseguenze che ne sono nate. Dammi solo una possibilità per dimostrarti che puoi fidarti dell’uomo che sono diventato e che non devi temermi in nessun modo. –
La rossa cominciò a scuotere la testa, più per trattenere le lacrime che per rifiutare la sua proposta. Enormi goccioloni di acqua salata precipitavano sulle sue gote arrossate mentre malamente cercava di fuggire alla presa salda del ragazzo. – Lasciami, per favore… -, e accompagnò quelle parole a un violento singhiozzo. Shade la guardava smarrito e spaesato non sapendo come comportarsi e cosa poteva fare. Il rumore della porta che si apriva fece sussultare violentemente entrambi. Altezza, appoggiata al bastone che l’aiutava a camminate e con la brocca di acqua in una mano, guardava Shade e Fine stralunata, studiandoli. Uno sguardo di comprensione passo nei suoi occhi smeraldi vedendo l’amica con le lacrime agli occhi e valutò schifata la stretta di mano del ribelle.
- Tu … -, cominciò adirata. – Ti avevo detto di starle lontano! Vattene subito da qua! –, disse appoggiando la stoviglia sul tavolo e avvicinandosi minacciosa. Shade lasciò immediatamente Fine e si alzò in piedi. Perdendo quel calore la rossa si sentì cadere, come se il suo baricentro si fosse spostato. Quel contatto, per quanto lo avesse odiato, l’aveva confusa. Come aveva immaginato, era ancora totalmente legata a lui e non sarebbe mai riuscita a cancellarlo dalla sua vita.
 – Altezza, volevo solo vedere come stava. Avevo bisogno di vederla… -
- Non m’interessa. -, lo interruppe scandalizzata. – Sei stato ingiusto nei suoi confronti. -, e si voltò appena per lanciare uno sguardo preoccupato a Fine. – Ora, puoi andartene. -, aggiunse laconica. Gli occhi smeraldi e quelli cobalto s’incontrarono freddi e arrabbiati. – Solo se lo vuole Fine. -, provò ancora il ribelle. Entrambi si voltarono verso la rossa attendendo una risposta. Le lacrime premevano ancora sotto le palpebre della principessa e, lanciando uno sguardo di scusa a Shade, si voltò dall’altra parte. Non sapeva cosa fare. L’aveva colta alla sprovvista presentandosi davanti a lei al suo risveglio. Non era in forze per affrontare una discussione e men che meno una litigata. Ringraziò mentalmente Altezza per essere intervenuta in tempo. Mai come in quel momento era contenta di riaverla accanto, sia per averla salvata da una situazione spiacevole, sia perché la vedeva viva e vegeta nonostante l’avesse lasciata in balia dei nemici. Shade abbassò il capo e strinse i pugni. Con grandi falcate uscì dalla stanza sbattendo la porta.
 
 Un piatto di minestra e la brocca ormai vuota erano stati abbandonati sul comodino. Davanti al camino, acceso per scongiurare il freddo di quella sera, vi era una grande bacinella riempita d’acqua calda. Fine era immersa fino al mento e si godeva la sensazione dei polpastrelli raggrinziti sulla pelle e le carezze di Altezza e Milky che si stavano prendendo cura di lei. Era ormai un mese che non faceva un bagno ed era una delle cose che le era mancata di più della sua vita da principessa. In quella trasparenza non aveva niente da nascondere, né il suo corpo nudo né i suoi sentimenti che affioravano inesorabili dopo l’incontro con Shade. Dopo che il ragazzo se ne era andato, Altezza le aveva offerto da mangiare. Si erano concesse un abbraccio e Fine, asciugate le lacrime, le aveva raccontato della loro frustrante conversazione.
- Mi dispiace tu ti sia trovata in questa situazione. -, le aveva risposto la bionda. –Non eri pronta per affrontarlo e lui ha approfittato di questa situazione per coglierti di sorpresa e chiederti un perdono che sarebbe arrivato troppo facilmente. Dopo quello che mi avevi raccontato, sospettavo che al vostro primo incontro non saresti stata lucida. –
Altezza aveva pienamente ragione, probabilmente nel giro di qualche minuto e sotto la sua continua supplica Fine sarebbe capitolata. Aveva bisogno di parlare con lui e chiarire i mille dubbi che la assalivano prima di potergli concedere quella fiducia che lui tanto chiedeva.
Milky le sfiorò la ferita alla fronte, riportandola alla realtà. La rosa le sorrise. – E’ grazie a quel ciondolo che ti abbiamo riconosciuta, sai? -, le rivelò a bruciapelo. Fine le rivolse uno sguardo interrogativo, poi si accorse di stare giocando con il gioiello. Altezza sorrise tra sé. – Stavo per sgozzare tuo fratello. Peccato non lo abbia fatto davvero. –
La ragazzina sorrise scuotendo la testa rassegnata ripensando a quella serata.
 
Il concitare di voci provenienti dall’esterno attirò l’attenzione di buona parte della locanda. Shade stava sorseggiando una birra con Tio in un angolo della stanza indifferente a tutta quella curiosità. Pian piano che l’accampamento dei ribelli si ampliava erano sempre più frequenti risse tra ubriachi o duelli d’onore per conquistare una donna. Anche quella sera non sembrava diversa. Sorrise alla sorella che dietro al bancone scuoteva rassegnata la testa sulla stessa linea di pensiero del fratello. Poi, la porta si spalancò. Un uomo barbuto e sporco di fango e sangue si precipitò verso di lui. – Presto, Eclipse. Ci serve un guaritore. –
Riconobbe subito il ribelle che aveva davanti. Era uno dei tanti che si era avventurato nella foresta con Auler qualche giorno prima e dalla sua faccia allarmata capì che era successo qualcosa. Appoggiò pesantemente il calice di birra sul tavolo e si avviò a passo svelto verso l’uscita seguito da sua madre e sua sorella, pronte a intervenire per aiutare i feriti.  Vide Auler, in lontananza, circondato da alcuni ribelli che volevano prestare soccorso, che arrancava faticosamente. Nell’avvicinarsi notò che portava sulla schiena una ragazza e senza indugi lo fece entrare nella taverna. – Forza, signori miei. Sgomberate e tornate alle vostre tende. Per stasera, offre la casa. -, gridò sovrastando le voci eccitate e preoccupate che con passi lenti e ubriachi si apprestavano a lasciare i loro posti. Auler si sedette adagio su una panchina, accompagnando gentilmente il corpo ferito della giovane. La bionda trattenne un ghigno di dolore rivolgendosi ai presenti con occhi vacui e appannati. – Credo abbia la febbre. La ferita ha fatto infezione. -, cominciò subito Auler verso Maria e Milky. – L’hanno colpita alla coscia. – Poi, si voltò verso la ragazza e gli prese gentilmente la mano. – Arrivo subito, vado a prendere il tuo amico. –
Auler scomparve di nuovo oltre la porta con Maria, mentre Milky strappò velocemente i pantaloni della ragazza dove il sangue aveva impegnato il tessuto. La ferita che si mostrò era sporca e profonda, circondata da croste e pus giallo. Si fiondò velocemente verso la cucina per recuperare erbe e bende pulite.
 - Posso esserti utile? -, chiese Shade alla sorella il quale non aveva idea di come essere d’aiuto. La rosa lo guardò appena. –Si, tienile stretta la mano e cerca di distrarla. Sarà doloroso. –
Il cobalto afferrò saldamente la mano della sconosciuta che lo guardò infastidita. – Guarda che io sono una tosta. Non piangerò per un… Ah! Merda! -, inveì la bionda in direzione di Milky che con ago e filo gli stava ricucendo la gamba. Altezza si voltò verso Shade con sguardo determinato. – Mi serve della birra! Ora! –
Il cobalto strabuzzò gli occhi ma obbedì all’ordine e porse un calice mezzo pieno, trovato lì vicino, alla ragazza. Non gli era mai capitato di avere a che fare con una ragazza così.
 – Ascolta! -, lei lo guardò di nuovo con la voce strozzata dal dolore e dall’alcool. –Tu mi sembri un servo o, comunque, un ribelle di seconda categoria. -, disse sbattendo più volte il bicchiere sul tavolo per sfogare la frustrazione del dolore. – Vai a chiamarmi Eclipse! –
Shade stava per rispondere a tono quando la porta fu nuovamente spalancata e comparve Auler con sua madre che trasportavano una barella. La poggiarono su un tavolo mentre Auler spiegava brevemente a Maria gli avvenimenti. – Stavamo dando la caccia a una lepre per la cena e abbiamo sentito dei rumori strani. Ci siamo avvicinati al fiume e sulla riva del ruscello abbiamo visto quella ragazza. -, e indicò con la testa Altezza. – Era completamente nuda e urlava mentre il capo della guardia reale del re gli lacerava la gamba. Stava proteggendo come poteva questo ragazzo. Ha sbattuto la testa contro un tronco o una roccia e ha perso i sensi. E’ un giorno intero che è così. –
Maria cominciò a scrutare dolcemente ma sicura la testa rossa di Fine cercando ferite o ematomi.
Sentendo la voce di Auler, Altezza si era fatta più attenta e si dimenava per cercare di avvicinarsi all’amica. Milky la punse per sbaglio.  – Ahi! Stai più attenta! E tu … -, cominciò estraendo velocemente il pugnale dallo stivale e poggiandolo alla giugulare di Shade. – Vai a chiamare Eclipse! E’ un’emergenza! Altrimenti ti taglio la gola –
Shade strabuzzò gli occhi indeciso se contrattaccare o se lasciare correre sulla sua sfrontatezza.
– No! Aspetta! -, richiamò Altezza la voce di Auler mentre si avvicinava. – Lui è Eclipse! –
La bionda si voltò sconcertata verso di lui senza mollare la presa sul collo del ragazzo. – Questo stupido? -, chiese stupita a bruciapelo. Auler trattene un sorrisino che morì sulle sue labbra nell’istante in cui alzò lo sguardo sull’amico. Era a dir poco furibondo.
– Shade … -, li interruppe la voce di Maria, tremante. – Vieni qua. –
Il ragazzo allontanò gentilmente il coltello dal suo collo e lanciando uno sguardo scocciato ad Auler, si avvicinò alla madre. Altezza li guardava attenta da lontano, cercando un modo per proteggere l’amica anche a quella distanza. Non si fidava di quel tipo. Cominciò a rigirarsi piano il pugnale nella mano, pronta a scagliarlo nel petto di quello che doveva essere Eclipse se fosse stato necessario. Abbassò uno sguardo sulla ragazzina che la stava curando. Incontrò i suoi occhi blu che la guardavano divertiti. Sentì di avere un’alleata in quella stanza. Intanto Shade si era avvicinato al corpo immobile del ragazzo. Il viso era ricoperto di fango e il caschetto di capelli corti rossi incrostato di foglie, sangue e terriccio. Aveva una strana sensazione, come quando il cielo si copre di nuvole nere e tu aspetti solo l’arrivo del terribile e improvviso tuono. Poi, il suo sguardo cadde sul petto del ragazzo, che leggermente scoperto mostrava delle curve non propriamente maschili, e lì, tra il solco dei seni, splendeva il suo ciondolo. – Fine? -, sussurrò il cobalto tra sé.
– E non è l’unico oggetto reale che hanno con loro. -, disse Auler avvicinandosi ai loro fagotti. Prese la spada e l’arco porgendoli a Maria che se li rigirò tra le mani. – Elsa … -, disse commossa. Si avvicinò di slancio alla ragazza sdraiata sul tavolo e con uno straccio bagnato, le pulì delicatamente il viso. La studiò con gli occhi umidi riconoscendo nei suoi tratti quelli della sua cara amica. – Credo sia davvero Fine. -, annunciò al figlio. Shade, tremante, si avvicinò piano al corpo incosciente della rossa e le accarezzò dolcemente il viso non sapendo cosa pensare e cose fare. Fine era lì con lui, finalmente. Sorrise commosso mentre sua madre continuava a curarle indaffarata la ferita.
- Ehi tu! -, lo richiamò una voce sbiascicata ma scontrosa. Si voltò piano verso la bionda. L’arma corta era dritta, puntato su di lui e Shade non dubitò della sua determinazione nel lanciarlo. – Allontanati da lei. Altrimenti lancio il pugnale e ti assicuro che non ti piacerà come sensazione. -, annunciò decisa.
Con grandi falcate si avvicinò alla bionda e, fronte contro fronte, si scrutarono arrabbiati. Velocemente il cobalto le rubò il pugnale e lo puntò al collo della ragazza.
Altezza ghignò strafottente. – Che credi di fare? –
- Dimmi chi sei. -, sibilò iroso il cobalto. – E che ci fai con Fine? –
- Io non ti devo alcuna spiegazione. Soprattutto se mi punti un coltello alla gola. -, disse tranquilla. Lo vide esitare lievemente e ne approfitto per infilargli le due dita negli occhi. Auler e Milky si godevano la scena con un sorrisetto sulle labbra. Altezza era una ragazza davvero in gamba, l’azzurro l’aveva capito subito dal suo modo di fare, ma anche tremendamente testarda e non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa facilmente. Shade, intanto, ululava il suo dolore sfregandosi gli occhi doloranti. – Strega! -, gridò contro la bionda che lo guardava soddisfatta. – Ti sbagli caro mio! Sono una signora e come tale voglio essere trattata. –
Il cobalto fece un gesto di stizza, deciso a scagliarsi addosso alla donna, quando Auler si sedette accanto ad Altezza sulla panca, porgendogli un bicchiere di birra e sorridendogli. – Ti posso garantire che lui è il vero Eclipse e per quanto a volte sia uno sbruffone borioso ci serve per vincere questa guerra quindi ti pregherei di risparmiarlo. –
Altezza abbasso lievemente gli occhi avvampando. Shade, di fronte a loro, scosse la testa, infastidito sentendosi insultare ma non commentò. In qualche modo, Auler sapeva come prendere la ragazza che aveva appena classificato come ‘pazza da legare’ . – Ora, -, continuò l’amico attirando di nuovo l’attenzione dei presenti. – Potrei cortesemente sapere come ti chiami e qual è la tua missione? –
La bionda lo guardò pensierosa, indecisa se rispondere o no. SI fidava di Auler, era il suo eroe, e se davvero quello era Eclipse, non aveva più nulla da nascondere. In più avevano palesemente riconosciuto Fine. Doveva essere nel posto giusto. Sospirò soppesando le parole giuste da usare ma sapeva che l’alcool aveva fatto diventare la sua lingua troppo sciolta. – Mi chiamo Altezza, figlia di Ron morto durante la prima ribellione e vengo da Lilian. Ho fatto la staffetta tra Lilian e Mari e sono diventata amica di Lione e Omendo. Circa un mese fa, dopo l’esecuzione di mio fratello… -, le tremò leggermente la voce ricordando quel giorno. - …mi trovavo nei pressi della piazza per recuperare il corpo e ho visto Fine… - e fece un cenno all’amica sul tavolo, – …che piangeva disperatamente davanti ai cadaveri. Mi sono avvicinata credendo avesse bisogno di aiuto. Ovviamente non sapevo chi fosse ma mi chiese di accompagnarla da Camelot. Ho pensato fosse una di noi e così l’ho portata dalla vecchia. Camelot mi ha affidato il compito di accompagnare la principessa da te, anche se ora me ne pento amaramente. Dai, tu non sei in grado di gestire una rivolta! -, sbraitò puntando il dito verso Shade. – E come dico sempre! Dietro la fama di un uomo c’è sempre la grandezza di una donna e tu ne hai addirittura due! –
Milky e Maria si guardarono sorridendo divertite. Shade non sopportava più quella ragazza e protestò offeso sbuffando tutta la sua frustrazione. Gli stava dando informazioni importanti, per il momento poteva passare sopra agli insulti. – Vai avanti. -, disse laconico. Altezza lo guardò male ma continuò.
- A Mari ho chiesto l’aiuto di Omendo e Lione ma siamo stati attaccati. Black ci ha avvisato in tempo ed io, Fine e Lione siamo riusciti a scappare colpendo il principe a una mano per liberare Omendo. Lui è rimasto a Meri per cercare di rimettere insieme il gruppo di ribelli ma non so altro. Siamo arrivati a Riardo e da li siamo partiti alla volta della foresta per raggiungere l’accampamento. Stavamo facendo il bagno io e Fine quando siamo state attaccate. Ci hanno circondato e Fine è stata colpita alla testa. Fortunatamente non l’hanno riconosciuta ma comunque volevano catturarci. Poi è arrivato Auler a salvarci. Lione è scomparsa e sono davvero preoccupata. Non ho visto tracce di sangue nella radura ma l’hanno di sicuro catturata. –
Shade cominciò a camminare avanti e indietro per la taverna, meditando. Poi si avvicinò alla porta e buttò fuori la testa chiamando a gran voce Tio. Il ragazzino arrivò trotterellando. – Ascolta, vai a chiamarmi Mirlo. Le devo parlare urgentemente. –
Poi, si voltò verso la bionda. – Mi sembra inutile dirti che hai portato a termine la missione e ti ringrazio per aver vegliato su Fine. Se vuoi, ti mettiamo a disposizione una stanza per riposarti e stessa cosa vale per lei. Deve riprendersi. -, sospirò. – Auler, tu vieni con me? –
L’azzurro passò lo sguardo da Altezza a Shade, indeciso. Milky gli posò una mano sulla spalla sorridendogli. – Non preoccuparti, ci penso io ad Altezza. –
Il ragazzo annuì e dopo un breve cenno alla bionda seguì Shade oltre la porta della locanda.
 
 

Gli occhi rubini incontrarono quelli blu nel buio di una notte senza luna. Sopra di loro una scia di stelle sembrava cercare di illuminare il loro cammino. In rantolo giunse alle loro spalle. I pozzi scuri della ragazza s’incurvarono in un’espressione triste mentre appoggiava una mano sulla spalla del biondo cercando di dargli coraggio. Bright fece cadere la testa sulle ginocchia dando un sospiro rumoroso e rauco. Aveva paura.

 






Buongiorno a tutti!
*schiva i mattoni e la verdura lanciati dalle lettrici*
Ok, prima di tutto vi chiedo davvero scusa per l'enorme in ritardo. In questi giorni mi sono arrivati messaggi di supplica e minacce di morte che mi hanno spinto a concludere questo travagliato capitolo. E' stato un parto per me, ero indecisa su cosa far succedere, e su cosa far dire a questi die disgraziati che si incontrano per la prima volta dopo anni. Molte di voi probabilmente si aspettavano lacrime, abbracci e baci appassionati, ma come avrete immaginato non sarà così semplice. Ho cercato di mantenere una sorta di coerenza nel comportamento di Fine e Shade che probabilmente vi risulterà odioso in questo capitolo si riscatterà. Ma bisogna dare tempo. Come dice Altezza lui non è stato per niente onesto nei confronti di Fine nel presentarsi davanti a lei nel suo risveglio. Può essere sembrata una cosa romantica, e inizialmente, ammetto, che doveva essere così, ma pensando a come mi sarei sentita io in quella situazione ho cambiato totalmente idea. Probabilmente l'interuzione di Altezza vi è sembrata inapporpriata, ma ogni cosa ha il suo perchè e non mi piaceva l'idea di risolvere tutti i loro problemi nel primo momento RedMoon.
Mi sono divertita un sacco a raccontare di come Fine è stata riconosciuta soprattutto con la presenza di Altezza. Amo quella donna.
Nelle ultime righe ho volutamente cercato di riportare le fan RedMoon sulle nuvole alla realtà. So che nel leggere la prima parte vi eravate dimenticate di tutto il resto, come ho fatto io. Rein e Bright sono in viaggio e anche loro avranno l'attenzione che si meritano. 
Dopo questo monologo probabilmente insenstato vi chiedo ancora scusa per il ritardo ma come ho già detto, a parte la poca ispirazione sono stata impegnatissima. Cercherò di essere più puntuale nel prossimo aggiornamento. Come al solito datemi tempo due settimane e probabilmente tornerò ad aggiornare tra il giovedì e il venerdì.
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate che lo sapete che sono curiosa e necessito di sapere che mi avete perdonato, se no non dormirò più la notte.
Un bacione e scusatemi ancora.
Ele

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Capitolo 19
*** 18. Parole ***


18. Parole
 
Fine si alzò dalla traballante sedia di legno e si avvicinò incerta al letto. – Ti serve una mano? -, chiese Altezza dietro di lei guardandola apprensiva. Fine si voltò appena, sorridendole. – Non preoccuparti, sto bene. Ho avuto il solito giramento di testa. –
- Probabilmente la botta sta facendo ancora effetto. -, constatò la bionda mentre finalmente la principessa si stendeva sul letto. Appoggiando la testa sul cuscino, la rossa guardò l’amica. – La mia botta non è niente in confronto alla tua ferita. Vedrai che i capogiri passeranno. –
Altezza scosse la testa sorridendo ironica. – Sai che stiamo parlando come delle anziane che si lamentano tutto il giorno per gli acciacchi? –
- Ormai siamo vecchie, amica mia. -, rispose la principessa di rimando. La popolana si alzò dal suo sgabello puntellandosi sul bastone.  – Ora ti lascio. Buonanotte Fine. -, gli disse spegnendo la lampada a olio e uscendo dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. – Buonanotte Altezza. -, rispose sussurrando Fine sapendo che il suo saluto non sarebbe arrivato alle orecchie dell’amica. Erano ormai un paio di giorni che era chiusa in quella stanza e la sua unica consolazione erano le visite di Altezza. Maria e Milky l’avevano costretta a letto con la scusa delle ferite. Non che non avesse bisogno di riposo ma sospettava che la sua reclusione riguardasse il suo titolo di principessa. Probabilmente la voce del suo arrivo si era sparsa per l’accampamento. Spesso durante i suoi riposi sentiva i brindisi in suo onore provenienti dalla taverna o sotto la sua finestra, tra le tende del campo. A lei, d’altro canto, quella situazione faceva comodo tergiversando sul momento in cui avrebbe dovuto assumere il ruolo che la ribellione richiedeva. Cercò di chiudere gli occhi, scacciando dalla mente le preoccupazioni e cercando disperatamente la pace nell’oblio del sonno. Come ogni sera, il suo ultimo pensiero era dedicato a un certo ragazzo dai capelli cobalto. Shade non si era più fatto vedere dal loro primo incontro. Spesso, nella solitudine, Fine si scopriva con le guance bagnate ricordando la loro discussione. L’aveva colta di sprovvista con una richiesta di fiducia che lei in quel momento non poteva dargli. Aveva sofferto troppo nella sua vita e tornare a riporre fede nelle persone non era così semplice. Anche Altezza, nonostante fosse stata la sua compagna di viaggio per ben un mese, aveva faticato a guadagnarsi la sua amicizia. Con Shade, certo, non doveva ricominciare da capo, ma avevano troppe cose in sospeso, parole non dette che bruciavano sulla punta della lingua. Nonostante sapesse cosa era successo quella notte, l’aveva odiato per troppo tempo ed era decisamente più facile covare vendetta che perdonare una persona e dargli una seconda possibilità. Poi, non riusciva a decifrare il sentimento che aveva provato quando lui le aveva preso le mani. Era stato un gesto semplice, istintivo, ma che aveva avuto troppi significati. Era come se dopo essere caduta per anni nel vuoto finalmente avesse trovato il fondo di quell’oblio e che quella mano, che aveva avvolto la sua, fosse diventata il suo pungolo per rialzarsi. Aveva bisogno di lui e quell’amara consapevolezza, contrastante con il desiderio di allontanarsene il più possibile, la portarono a versare l’ennesima lacrima. Si voltò su un fianco cercando un po’ di conforto alla sua solitudine tra le lenzuola morbide e calde. Toc. Un rumore ovattato la riscosse dal dormiveglia ma senza farci troppo caso si rigirò sotto la coperta. Toc. Stavolta l’aveva sentito chiaramente e sorpresa si puntellò sui gomiti per vedere meglio. Proprio in quel momento, un piccolo sassolino stava volando all’interno della stanza dalla finestra e finì con un colpo sordo sul pavimento.  Fine stranita si alzò faticosamente dal letto e si affacciò. Le tende bianche dell’accampamento occupavano l’orizzonte del deserto mentre il cielo era come ogni sera illuminato da piccole e lampeggianti stelle; ma la sua attenzione era rivolta verso il basso, dove una figura scura si stava muovendo. Mentre cercava di identificare il molestatore, l’ennesimo proiettile di roccia prese il volo finendo proprio sul naso della principessa. – Ehi! Mi hai fatto male! -, sbraitò infastidita. Sotto di se la accolse una risata sommessa. Dopo qualche minuto, non avendo ottenuto alcuna risposta e non ricevendo più pietre nella stanza si allontanò dalla finestra. Probabilmente, aveva pensato Fine, era stato qualche bambino che si divertita a disturbare gli ospiti dell’osteria. Massaggiandosi il naso si sedette sul letto cercando di ritrovare sonno.  Stavolta, però, il rumore che sentì non era d’ingenui cocci. Fine alzò allarmata gli occhi verso la finestra, pronta a urlare e a chiamare aiuto. Davanti a lei, una figura scura si avvicinava cauta. Man mano che l’uomo le andava incontro la principessa riusciva a distinguerne i tratti e rimase ancor più sorpresa nel riconoscere Shade. – Mi dispiace per il suo naso. -, esordì l’ospite divertito. La rossa, ancora con la bocca spalancata dallo stupore, farfugliò un ‘e tu che ci fai qui?’ poco educato. Il ragazzo portò una mano a grattarsi la nuca, imbarazzato. – Ti va di venire come me? –
Fine si alzò, sconvolta. – Che ti salta in mente?! E’ notte fonda ed entri dalla finestra chiedendomi di andare chissà dove? Shade non siamo più dei ragazzini! E poi, mica avevi il braccio fasciato? –
Il ragazzo alzò l’arto mostrando orgoglioso una fasciatura più leggera. – Oggi mia madre mi ha detto che posso ricominciare a usarlo. –
La principessa si passò una mano sul viso esasperata. – Giusto, e tu lo inauguri arrampicandoti su un edificio. -, constatò sospirando e cercando di calmarsi. Le sembrava di avere a che fare di nuovo con quel ragazzino di dodici anni che ogni sera cercava di convincerla per partire all’avventura. Quel pensiero la intenerì facendo addolcire il suo viso e il tono della voce. – Cosa vuoi, Shade? –
– Voglio solo parlare. -, esordì il cobalto cercando di chiarirsi e con uno sguardo speranzoso. - Vista l’invadenza della sua amica ho pensato fosse meglio portarti in un posto tranquillo. –, continuò, però, inacidito pensando ad Altezza.
- Altezza non è invadente. -, sbottò la rossa. – Sta solo cercando di proteggermi. –
La bionda le aveva raccontato dei continui battibecchi con il cobalto e che spesso entrambi finivano per brandire le spade cercando duello. Il ragazzo sospirò tutta la sua frustrazione. – Ascolta Fine, voglio cercare di farmi perdonare. Devi darmi almeno una possibilità. –
Shade fece un passo avanti incontrando nella penombra gli occhi della principessa. Le afferrò lieve una mano che era stata abbandonata lungo il fianco. La strinse cercando di infonderle fiducia. Vide le labbra rosse di Fine tremare leggermente alla sua presa, mentre i suoi occhi si abbassavano dubbiosi. – In onore dei vecchi tempi, una passeggiata notturna me la devi. -, insistette giocando con la sua incertezza.
- Va bene, Shade, -, disse infine Fine mentre il cuore del ragazzo faceva una capriola e le sue labbra s’increspavano in un sorriso. –  ma mi rifiuto di calarmi dalla finestra. –
Prese il mantello e coprendosi la vestaglia bianca da notte aprì la porta. – Fammi strada. –
Il ribelle senza lasciarle la mano e intrecciando le loro dita, la guidò verso l’uscita.
 

Le stelle sopra di loro si riflettevano sulla superfice liscia del lago. Seduti sulla riva Shade e Fine muovevano piano i piedi immersi nell’acqua. – Questo posto è bellissimo. -, ammise Fine mentre ammirata scrutava il panorama. Da quella visuale poteva scorgere le alte ombre delle dune del deserto che si ergevano lontane. Una leggera brezza le accarezzo il viso e cullata da quella piacevole sensazione si distese sull’erba.
Shade la guardava sorridendo, ammirando la bellezza semplice del suo viso e la dolce linea delle sue labbra. Si sdraiò pure lui e noncurante riafferrò la mano della ragazza. Sentì accanto a se Fine irrigidirsi ma non mollò la presa. Per ben due volte, una per sfortuna e l’altra per poca determinazione, l’aveva persa e quella sera non avrebbe permesso a nessuno di separarli. – E’ il mio rifugio, quando voglio scappare. -, cominciò sentendo su di se lo sguardo curioso e attento della principessa. – Scappare da cosa? –, domandò quella.
Il ragazzo alzò le spalle con noncuranza. – Dagli altri e da me stesso, soprattutto. Qui trovo il modo di rilassarmi e di riflettere. –
Le sue ultime parole sfumarono nella brezza notturna, mentre entrambi immersi nei propri pensieri guardavano il cielo scuro. Quando Fine aveva accettato di seguirlo si era aspettata una discussione vivace, piena di rabbia e tensione, ma quel luogo non faceva altro che quietare il suo animo tormentato e la vicinanza di Shade, invece di turbarla, la rasserenava. Le parole del ragazzo l’avevano fatta sentire meno sola: anche lui aveva dei dubbi, delle incertezze e spesso preferiva fuggire dalla realtà. La richiesta di seguirlo, le mani che si accarezzavano intrecciate l’una all’altra, la presenza del ribelle accanto a se e quel luogo esclusivo, solo loro, la fecero sentire speciale. Sorrise non accorgendosi dello sguardo del ragazzo su di se.
– Sai, -, continuò Shade, - le persone che mi circondano vedono in me un salvatore, l’artefice di un futuro migliore e spesso mi lascio abbindolare dai loro sogni di gloria e dall’immagine leggendaria che hanno di me. Osservando il cielo, invece, immenso e pieno di stelle luminose non faccio altro che pensare a quanto sia piccola e insignificante la mia esistenza. Non ci sono  solo questo regno e un tiranno da sconfiggere: in qualche modo riesco a ridimensionare l’importanza della mia vita e a sentirmi un uomo con incertezze, debolezze e sentimenti che le persone le quali ripongono in me la loro totale fiducia spesso non riescono a vedere. –
- Che filosofo! -, commentò sarcastica Fine approfittando della pausa ma decisamente colpita dalle parole del ragazzo. Shade cercò il suo sguardo nel buio e appena i suoi occhi blu incontrarono quelli cremisi di Fine si concesse un sorriso triste. – Mi sto solo togliendo la maschera. –
La rossa non resse lo sguardo intenso del ribelle e abbassò gli occhi.
- Sto cercando di riguadagnare la tua fiducia e se ciò vuol dire smontare e mostrarti ogni brandello della mia anima, lo farò. –
Fine era in difficoltà. Shade l’aveva riconquistata già all’inizio di quella serata mentre le lanciava sassi nella finestra. Un gesto stupido, forse infantile, ma che dimostrava quanto lui ci tenesse ancora a lei: lo vedeva nel modo in cui la guardava e la sfiorava, come se fosse fragile e preziosissima. Aveva un alta aspettativa nei suoi confronti che Fine sapeva di non poter soddisfare. Il problema non era se lei si sarebbe ancora fidata di lui ma che lui si fidava di lei. Quella consapevolezza la terrorizzò, facendole desiderare di scappare, ancora una volta, da quello sguardo speranzoso che le giurava affetto. Doveva fermarlo. Separò gentilmente le dita dalla mano calda e accogliente di lui sentendo immediatamente il freddo della solitudine invaderla. Si rimise a sedere, rannicchiata sulle ginocchia per cercare conforto. – Il problema sono io, Shade.-, cominciò soppesando ogni parola, tentando di essere il più chiara e indolore possibile, ma sapeva che l’avrebbe devastato, di nuovo. Il solo pensiero di farlo soffrire la fece desistere dal suo intento ma era troppo codarda persino per l’altruismo. – Tu, in poche battute, sei riuscito a farmi sentire meno sola. Sei cambiato, si, ma solo il fatto che stai dedicando la tua vita alla causa della ribellione ti rende un uomo migliore. Io non sono come tu credi che sia. Non sono più la ragazzina spaurita che ti aspettava trepidante alla finestra e nemmeno la donna coraggiosa per cui tenti di farmi passare. Sono stata indifferente alla vita per anni mentre dentro di me covavo odio nei tuoi confronti e verso chiunque mi circondasse. Vuoi sapere perché sono scappata dal castello? -, chiese non aspettandosi risposta. Il ragazzo non si era aspettato il fiume in piena che lo stava travolgendo e ora la guardava stupito e confuso. – Mi sono calata da quella finestra per venire a cercarti ed ucciderti. Nessun alto ideale, nessuna ricerca per la verità: solo una ragazza e la sua egoistica vendetta. L’odio mi ha reso terribile e spregevole. Sono qui perché lo voleva Altezza, perché per vincere questa battaglia a cui ha dedicato la sua vita e quella di suo padre prima di lei, ha bisogno di me. I miei genitori sono morti, mio zio mi ha usato solo per i suoi lerci scopi e nonostante questo non riesco ad odiarlo totalmente perché è comunque l’uomo che mi ha cresciuta mentre tutti gli altri si sono dimenticati di me. Tu, dopo Altezza, sei la prima persona che dimostra per me un sincero interesse: come puoi credere che io non mi fidi di te? Quello che mi fa esitare, desiderare di fuggire è che tu riponi una totale fiducia nei miei confronti. Non la merito. Io non sono qui per diventare regina e combattere. –
Si alzò, appoggiando i piedi bagnati sull’erba e nonostante il giramento di testa si voltò per andarsene. Non fece nemmeno un passo che due forti braccia le circondarono la vita obbligandola a girarsi. Stupita incontrò lo sguardo dolce di Shade. La strinse forte a se, facendola quasi soffocare. La guancia della giovane era malamente appoggiata al petto del ribelle che si alzava e abbassava in un respiro accelerato. La principessa poteva sentire sotto la stoffa il suo cuore che batteva veloce e rimase meravigliata, quasi ipnotizzata, dalla vitalità di quel ritmo. Le mani del cobalto le toccavano dolcemente la schiena e i capelli e ogni carezza la rendeva meno rigida e più malleabile. Quando sentì il fiato caldo del ragazzo all’altezza dell’orecchio piccoli brividi di piacere la invasero. Per la prima volta dopo tanto tempo Fine si sentiva bene, al posto giusto tra le braccia di Shade. Il suo abbraccio non aveva niente di consolatorio come era stato quello di Camelot o Altezza ma di apprensione e possessione. – Tu non sei solo uno strumento per vincere questa battaglia, almeno non per me. -, cominciò il ragazzo solleticandole il collo e parlando piano. – Sei prima di tutto la mia Fine, la bambina che ho lasciato quella notte per andare a parlare di matrimonio con i suoi genitori. Non mi sono dimenticato un solo giorno di te. Sei l’unico ricordo felice che mi ha permesso di non impazzire a Inox. I tuoi intenti non saranno stati nobili ma a me importa solo che sei di nuovo con me. –
Si discostò piano dal corpo piccolo e morbido della ragazza per guardarla negli occhi. – Tu hai solo paura di essere amata, Fine. –
Il rumore dei loro respiri era l’unico in quella notte silenziosa mentre gli occhi di Shade continuavano imperturbabili a cercare quelli tormentati di Fine. A quelle parole, la principessa aveva sentito scomparire la rabbia, il disagio e l’umiliazione di aver aperto finalmente il suo cuore a qualcuno. Il ribelle non l’aveva solo consolata, l’aveva capita e rispettata. Senza pensarci troppo si appoggio di nuovo al suo petto solido, in un sospiro, mentre le prime lacrime spingevano agli angoli delle ciglia.
 
 

Le mani fresche e sicure della ragazza  che gli accarezzavano il viso lo fecero ridestare dal suo dormiveglia. Omendo si guardò attorno vacuo mentre il calore dell’infezione e della febbre gli briciavano le membra. Quelle delicate dita erano un toccasana per la sua dolorosa condizione. La guardò dal basso mentre trafficava con acqua e bende. Ormai non sentiva nemmeno il dolore delle ferite e gli arti gli erano intorpiditi. – Sei bella, sai? -, sussurrò certo di essere sentito nel silenzio del luogo in cui si trovavano: era una piccola radura circondata da enormi massi. Sentiva i cavalli scalpitare a poca distanza, stanchi per il viaggio. Vide le labbra della giovane incurvarsi in un leggero sorriso ma era ancora concentrata sulla fasciatura. – Bright mi ha parlato molto di te. -, continuò. Finalmente gli occhi della servetta si spostarono su di lui. – Anche io so molte cose di te, Omendo,ma è meglio che risparmi il fiato. –
- Dove è il principe? -, chiese non curante dell’avvertenza.
Vide Rein sospirare leggermente. – Aveva bisogno di schiarirsi le idee. –
- Capisco. -, disse alzando gli occhi verso il meraviglioso cielo notturno che si stagliava sopra di lui. – Posso chiederti un favore? -, le domandò a bruciapelo.
L’azzurra, che si stava occupando delle ferite, ripose le mani in grembo e decise di dedicargli tutta la sua attenzione. Era in debito con lui per aver spinto finalmente Bright a prendere la sua strada. – Farò tutto il possibile per aiutarti. –
Il vecchio le sorrise dolcemente. – Prima di tutto voglio che tu sia sincera con me: non ho ancora molto tempo, vero? –
Rein abbassò il capo ed annuì appena. Quel gesto bastò per farsi capire dal ribelle. Era inutile mentirgli sulla sua condizione. Se era il primo a rendersene conto non poteva far altro che essere sincera. Era Bright quello che non riusciva ad accettare e gestire la situazione.
- Hai per caso inchiostro e pergamena?-, chiese Omendo conscio di aver stupito la giovane. Così si apprestò a spiegare. – Se dovete presentarvi al campo dei ribelli senza di me non basterà solo la vostra buona volontà. –
- Magari riusciremo ad arrivare in tempo. -, tentò la giovane per rincuorarlo.
- Non essere sciocca. Sai meglio di me quali sono le mie condizioni. -, disse con un gesto di stizza che gli procurò un fitto dolore alla spalla. Poi, continuò. - Quando non ci sarò più Bright avrà bisogno di qualcuno che continui a ricordargli del perché ha deciso di andarsene: non farlo mai smettere di lottare. –
La ragazza gli sorrise, prese quello che le era stato chiesto ed aprì l’inchiostro per cominciare a scrivere.
 
 
 




 Buonasera!
Eravate già pronte ad insultarmi per l'ennesimo ritardo, lo so! E invece no, puntualissima! Muahahha
Anche questo capitolo è stato tormentoso, perchè statico e pieno di parole, come fa intuire il titolo. Il prossimo capitolo sarà molto più movimentato e preparate gli ormoni. Non dico cosa succederà ma ci sarà da divertirsi. Muahahaha ok, la smetto con le risate malefiche.
Vi ringrazio infinitamente perchè il numero dei preferiti e dei seguiti sta man mano aumentando e ciò mi da una grande soddisfazione. Fatemi, come sempre, sapere cosa ne pensate.
Un bacione
Ele

 

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Capitolo 20
*** 19. Miopia ***


19. Miopia
 
Il tepore di un dolce raggio di sole le accarezzò il viso. Gli occhi, ancora incrostati di sonno, si aprirono piano rivelando iridi cremisi, lucide e serene. Era da tempo che non dormiva così beatamente, di un oblio senza sogni che le aveva ritemprato le membra e, soprattutto, la mente. Sapeva bene di chi era il merito. Nonostante gli anni lontani, Shade era riuscito in poco tempo a leggerle il cuore e dalle parole sussurrate e dalla dolcezza dei suoi gesti aveva capito che solo lui avrebbe potuto curare le sue ferite. Quella notte, poi,  dopo che le aveva asciugato le lacrime, l’aveva riaccompagnata nella sua stanzetta e messa a letto. Le era stato accanto fino a quando le palpebre di Fine si erano chiuse pensati sui suoi occhi cremisi e il respiro si era fatto regolare. La presa della sua mano, stretta in quella di Shade, si era fatta gradualmente meno salda e solo allora si era allontanato da lei. Qualcuno bussò alla porta. - Avanti. -, disse flebile stiracchiandosi tra le lenzuola. Una testa scura, troppo simile a quella del ribelle, fece capolino sull’uscio. I lunghi capelli erano raccolti in una crocchia bassa, che le evidenziava il collo snello, e portava un largo grembiule sporco di cibo indizio della sua presenza, già di prima mattina, nella grande cucina dell’osteria. – Buongiorno, Fine. –
- Buongiorno, Maria. -, rispose sommessamente la rossa. La madre di Shade era una donna molto semplice e modesta sul cui volto aleggiavano sempre uno sguardo premuroso e un sorriso gentile. Era naturalmente predisposta ad aiutare gli altri, qualità che spesso si tramutava in devozione al prossimo. Spesso, questo atteggiamento metteva Fine in soggezione facendole assumere un tono formale e a volte freddo. Nonostante fosse una principessa, educata alle virtù più nobili, si sentiva tremendamente inferiore a quella bellissima donna che aveva anche un cuore assolutamente puro e giusto. La rossa si mise goffamente a sedere sul letto aspettando che Maria le curasse le ferite. Quella entrò elegante nella stanza lasciando però un fagotto sul tavolo vicino. Poi, si avvicinò alla testa spettinata e fasciata della principessa. Le mani delicate e fredde della donna matura si muovevano sicure sulla fronte di Fine, rinfrescando le sue piaghe e donandole un po’ di sollievo: oltre alla botta, che ormai violacea, si era sgonfiata, il sangue rappreso era diventato un’irritante crosticina. - Come va il mal di testa? -, chiese Maria alla sua ospite.
- Va meglio. Per ora la stanza non sta girando e credo di riuscire a rimanere in piedi senza problemi. –
Maria annuì appena esaminando attenta il viso della giovane per scorgervi incertezza. – Lo credo anch’io. Ti farebbe bene qualche passeggiata, per riprendere le forze e anche un po’ di sole. A tal proposito, ti ho portato una cosa. –
La locandiera si allontanò da lei per andare a prendere l’involucro che si era portata appresso quella mattina. Fine, curiosa, la seguì avvicinandosi al tavolo. – Che cosa è? -, chiese lanciando uno sguardo dalle spalle di Maria. La donna la guardò appena mentre sollevava le stoffe dalla cucitura sulle spalle. I tessuti si aprirono rivelando un abito chiaro, color panna, dal corpetto in cuoio scuro finemente lavorato. La chiusura sulla schiena era decorata con robusti lacci neri mentre la scollatura a cuore era evidenziata da un sottile pizzo. Le maniche seguivano strette la forma della spalla e del gomito da dove il pizzo si apriva a campana.
– E' bellissimo! -, esclamò entusiasta la rossa. Le labbra di Maria s’incurvarono in un dolce sorriso mentre i suoi occhi si tingevano di nostalgia. – Sono contenta che ti piaccia. Non è un abito regale, lo so, ma ho pensato dovessi averlo tu. Era di tua madre. –
Il cuore di Fine accelerò il ritmo mentre gli occhi s’inumidivano. – Come … ? -, chiese appena perché le parole le morivano in gola. Maria le sorrise, incoraggiante. – Come sai io e tua madre eravamo molto amiche e durante il periodo dell’esilio lei e Toulouse hanno vissuto qui per un po’. Ovviamente non poteva andare in giro con abiti costosi e raffinati sbandierando al regno di essere la principessa, quindi ha confezionato questo vestito. Ho pensato dovesse andarti bene considerando che allora aveva circa la tua stessa età. –
Fine afferrò titubante l’abito assaporandone la morbidezza al tatto e avvicinandolo al viso per sfregarvi il volto. Le sembrò di sentire ancora l’odore dolce di lavanda e malva di sua madre che spesso l’aveva cullata durante i suoi capricci o nelle notti in bianco dovute a incubi infantili. Emozionata, afferrò la mano morbida di Maria e la strinse forte cercando di trasmetterle tutta la sua gratitudine. – Grazie. –
La donna le rispose con un dolce sorriso. – Dai, ti aiuto a indossarlo. –
 
 
Altezza e Fine camminavano l’una accanto all’altra tra le file di tende dell’accampamento. Il loro andamento era irregolare: la prima ogni due passi inciampava con il bastone trascinando con se l’amica che si portava a braccetto. Le imprecazioni della bionda e gli sbuffi infastiditi di Fine che già faticava a stare in piedi da sola, avevano attirato una piccola folla di curiosi i quali si affacciavano all’entrata delle tende e le guardavano divertiti. In più, Fine era pressoché sconosciuta se non per i pochi che l’avevano vista svenuta al suo arrivo. Le voci sulla principessa erano girate velocemente tra i ribelli: la sua bellezza e il suo portamento non facevano altro che confermare la veridicità di quelle supposizioni. Le due interessate, intanto, erano talmente concentrate a rimanere in equilibrio che non si erano nemmeno rese conto di tutta quell’attenzione. - Quindi è entrato nella tua stanza, di notte, e ti ha guardato dormire. -, ripeté Altezza le parole dell’amica decisamente seccata mentre metteva il suo appoggio in fallo e si sbilanciava verso destra. La rossa alzò gli occhi al cielo, sia per la mossa brusca sia per il tono della bionda. – Puoi andare oltre queste cose per un secondo e soffermarti su quello che effettivamente importa? –
- Cioè? –, chiese Altezza guardandola di sbieco.
- Ho bisogno di lui e voglio dargli una seconda possibilità. -, ammise sorridendo distrattamente la principessa. Al passo successivo fu tirata indietro da Altezza che si era fermata guardandola sconvolta.
 – Sono bastate solo una fuga romantica e qualche parola zuccherosa? Ti facevo più intelligente, Fine. -, cantilenò sconvolta riprendendo il passo.
- Che intendi dire? –
- Non credo che gli importi molto di te. Ti sta manipolando, facendoti credere che tiene ancora a te quando in realtà gli interessa solo il tuo titolo. Non hai pensato all’eventualità che voglia solo fregarti il trono, una volta che avrai fatto fuori tuo zio? Colpire alle spalle è molto più facile di uno scontro faccia a faccia. Cerca di rabbonirti per poi tradirti e infilarti un pugnale nel cuore. –
Fine sbuffò. – Sei troppo drammatica. E no, non ho ancora pensato a ciò che accadrà dopo aver spodestato mio zio. Anche perché non ho idea di cosa fare tuttora. La ribellione non fa per me e per ora voglio risolvere questa cosa con Shade, poi si vedrà. –
Altezza si fermò nuovamente e guardò l’amica negli occhi. – Sembra quasi che tutto questo -, e allargò le braccia per mostrarle l’accampamento che le circondava, - non t’interessi. –
Non era una domanda, ma una constatazione e Fine ne fu molto colpita. In poche parole aveva riassunto il suo atteggiamento nei confronti della ribellione. Tranne che per Altezza e per il bene che le voleva, motivi che l’avevano portata a non volerla deludere, spodestare suo zio non era tra le sue ambizioni. Anche Shade se ne era reso conto ma accontentandosi della sua sola presenza, non aveva cercato di convincerla a lottare per la sua causa. Sapeva che il suo regno stava andando in frantumi, che probabilmente senza di lei i ribelli sarebbero stati sconfitti in un battito di ciglia da Aaron, ma sperava anche che con la vecchiaia il tiranno sarebbe diventato più buono, meno intransigente e che avrebbe lasciato il trono a suo figlio, Bright. Il principe era una marionetta nelle mani nel padre ma non avrebbe mai potuto essere crudele come lui. Il suo compito sarebbe stato quello di assistere silenziosamente le sue scelte, da moglie e regina o da cugina e confidente. La battaglia dei ribelli non la coinvolgeva più di tanto se non per la presenza di Shade tra le sue linee. Si era illusa di essere una persona diversa e aveva imbrogliato anche Altezza che si era fidata ciecamente di lei. La prima era stata Camelot ad aver dato per scontato che le importasse e tutti ci avevano creduto. Il silenzio che calò tra di loro rese il tutto fin troppo esplicito. Gli occhi di Fine si abbassarono veloci e intimiditi sul selciato, scoperti troppo velocemente dallo sguardo pungente dell’amica. – Guardami. -, le intimò la bionda furibonda. Alzò titubante le iridi cremisi per scovare sul viso di Altezza una smorfia di delusione e rabbia. – Non dirmi che siamo venute fino a qui solo per risolvere i tuoi stupidi problemi d’amore! Abbiamo una guerra in arrivo, dannazione! Apri gli occhi e guarda, per una volta, ciò che ti circonda invece di concentrarti solo sul tuo spropositato ego! -, sbraitò. Poi, fece un sospiro di frustrazione. – Ho creduto di avere a che fare con una persona diversa, Fine, di vedere del coraggio in te. Ora, sono solo profondamente disgustata dalla persona che ho davanti. E’ meglio che troni nel tuo castello pieno di agi perché con te non voglio più avere niente a che fare. –, finì la bionda e zoppicante sulla gamba ferita si allontanò.
 

Le lacrime le pungevano dolorose gli occhi che continuava a sfregare con la gonna del vestito per asciugarle. Sapeva che alla fine quella discussione sarebbe arrivata, ma non poteva immaginare sarebbe stata tanto dolorosa. Altezza era l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto ferire: ingenuamente la bionda le aveva affidato il suo cuore impavido ed esuberante che tante volte l’aveva fatta sorridere e l’aveva consolata nei momenti più bui. Aveva fatto tanto per Fine, accompagnandola in quel viaggio assurdo e pieno di pericoli con la sola promessa di essere aiutata dalla principessa nel combattere la battaglia contro il tiranno. Aveva deluso Altezza nell’unico pegno di amicizia che si erano silenziosamente scambiate e sapeva che riscattarsi non sarebbe stato facile. L’unica cosa che poteva fare era sparire. Shade avrebbe capito la sua decisione. Il fagotto che aveva preparato era piccolo e inconsistente, comporto da un cambio e qualche benda per la ferita alla testa. Con la spada stretta in pugno, uscì dalla stanza per fare razzie nella dispensa della locanda. Era notte fonda e tutti gli ospiti erano a dormire. Aprì piano l’uscio e nel buio totale avanzava con le braccia distese davanti a se per scansare gli ostacoli. I piedi strisciavano incerti sul pavimento. Non sapeva dove sarebbe andata: forse si sarebbe goduta la libertà guadagnata con la fuga dal castello girando il mondo e lasciandosi alle spalle il suo complicato regno; o sarebbe tornata a Lilian chiedendo perdono a suo zio per essere riammessa nelle sue grazie. Gli scaffali erano bassi e aleggiava nell’aria un odore di chiuso e formaggio stagionato. Esplorando con le dita incontrò qualcosa di morbido e molliccio non ben identificato, probabilmente selvaggina, ma si allontanò disgustata. Il suo piede entrò in collisione con alcune pentole che caddero sul pavimento rovinosamente. Si paralizzò per qualche secondo aspettandosi spade sguainate e urla di attacco. Fuori dallo stanzino, però, tutto sembrava tranquillo e decise di proseguire nel suo intento. Afferrò quella che doveva essere una mela e la mise nella saccoccia.
 – Chi è la?! -, chiese una voce femminile ma tonante al di là della porta. – Sono armata e non ho paura di attaccare. -, precisò la donna. Fine si accuccio in un angolo, nascondendosi dietro alle pentole che poco prima aveva fatto cadere. La porta si spalancò e fecero capolino una lampada ad olio e la faccia rotonda ed infantile di Milky. La principessa tirò un sospiro di sollievo e, in gabbia, decise di contare sulla buona fede della giovane ragazza. Si alzò in piedi, comparendo improvvisamente nel suo campo di luce. La rosa fece un balzo indietro per lo spavento. – Oh! Sei tu, pensavo fossero sei topi. -, cominciò sollevata, per poi riprendere in mano la situazione. – Che ci fai qui? -, chiese curiosa.
- Spuntino di mezzanotte. -, tentò Fine imbarazzata e poco credibile: era vestita da viaggio e portava un fagotto pieno di cibo ideale per un lungi tragitti. Infatti, puntualmente, Milky alzò scettica un sopracciglio.
 – Stai per caso andando da qualche parte? Non è carino non salutare prima di partire. -, la incalzò divertita.
La rossa sospirò afflitta, battuta dalla perspicacia di quella ragazzina di quindici anni: era sempre stata molto più matura per la sua età, anche quando ne aveva solo otto. – Non puoi fare finta di non avermi mai visto? -, provò di nuovo la principessa.
Milky sorrise. – Potrei, certo, ma prima voglio sapere cosa è successo per filo e per segno. Dovrò raccontare una scusa credibile. –
Fine annuì appena e la seguì nella grande stanza della taverna stracolma di tavoli e sedie. Meritava una spiegazione.
 
 


Le mani le tremavano furiosamente per la frustrazione, la rabbia e la disperazione. Come aveva potuto farsi ingannare così. Avrebbe dovuto leggere i segnali fin dall’inizio e non lasciarsi abbindolare da quegli occhi verdi che l’avevano guardata con desiderio e passione. Un brivido le corse la schiena ripensando ai suoi baci e alle sue carezze e maledisse per l’ennesima volta il cuore per essere stato così ingenuo e stupido. L’amore l’aveva resa cieca e l’aveva sviata dall’importanza del suo compito e della sua missione. Non aveva più avuto notizie di Altezza e Fine, ma sapeva che non per forza era un buon segno. Le guardie e Black, soprattutto, sapevano come manipolare le persone e conoscendo la sua preoccupazione volutamente la tenevano all’oscuro sulla situazione delle amiche. Non era servito a niente urlare, strepitare, insultare e scalciare: l’avevano tenuta sotto controllo giorno e notte in una corsa sfrenata verso il quartier generale dei nemici. Era uno dei capi della rivolta e nonostante sapessero che non avrebbe aperto parola, il solo fatto di averla catturata era importante: da una parte, la speranza di ottenere qualche informazione utile non era morta e la sua presenza nelle prigioni reali non faceva altro che indebolire le linee dei ribelli e soprattutto il loro umore. Avevano chiuso la sua cella solo da poche ore e accucciata in un angolo della parete aspettava trepidante lo scontro con Black. Sapeva che sarebbe andato a cercarla. Non l’aveva visto per l’intero viaggio, legata su un carretto con un sacco in testa, ma sapeva che non avrebbe resistito alla tentazione di infastidirla. Loro due erano così: erano attratti l’uno dall’altra in un modo sconvolgente e devastante che non permetteva loro di respirare se non l’aria dell’altro e di vivere se non senza l’altro, prima nell’amore e ora nell’odio. Lione ne era terribilmente consapevole e sapeva che ne sarebbe rimasta scottata, se non totalmente distrutta. Puntualmente le sbarre della cella si aprirono. Sul suo viso giocondo si aprì una smorfia ironica e schifata. – Sapevo saresti arrivato. –
Gli stivali neri si avvicinarono piano alla sua figura rannicchiata. L’uomo, vestito rigorosamente di scuro e con il cappuccio calato sul volto si abbassò alla sua altezza. – Ti ero mancato, bambolina? -, chiese con un sorriso sghembo che in una diversa situazione avrebbe fatto palpitare il cuore della ragazza.
- Vaffanculo! -, inveì sputandogli, poi, addosso. Black si passò una mano sulla guancia togliendosi la saliva e fece cadere il cappuccio sulle spalle rivelando un volto affaticato e teso. – Che modi! Non sta bene a una signorina come te. -, la incalzò serafico. Le prese il viso tra le mani, costringendola bruscamente a guardarlo. – Non odiarmi per quello che ho fatto. -, le intimò con tono soave. Lione sbuffò. – No, scherzi! Come potrei? Mi hai solamente tradito e consegnata in mano ai nemici. -, lo accusò adirata.
- Non ti torceranno un capello, Aaron me l’ha promesso. -, rispose calmo il ragazzo.
- Certo, e tu credi a un tiranno despota che ha ucciso la sua intera famiglia per salire al trono. Una persona davvero credibile il Re, non trovi? -, rispose acida l’arancio.
- Tu non capisci, Lione. Lui mi vede come un figlio, non mi contraddirebbe mai e se mai dovesse succederti qualcosa, stai sicura che lo ucciderò con le mie mani. -, la rassicurò Black vedendo gli occhi castani della ragazza sciogliersi leggermente. La vide aprire piano le labbra sottili e morbide per parlare e ne rimase incantato. L’effetto che aveva quella ragazza su di lui lo spiazzava. Non era mai stato tanto soggetto a qualcuno, lui che non aveva mai avuto bisogno di nessuno.
- Quando mi hai catturato, hai detto che lo stavi facendo per noi, giusto? -, chiese Lione con un tono quasi dolce, nonostante la situazione. Il ragazzo, davanti a lei, annuì appena mentre i suoi occhi erano ancora concentrati su quella piccola parte del suo viso chiamata comunemente bocca ma che per Black era la porta del paradiso. Senza pensarci troppo si avvicinò a lei e prendendole gentilmente il viso tra le mani approfondì il loro contatto con un bacio disperato e passionale. Docile, Lione permise alla lingua affamata e curiosa di Black di conoscere la sua. Le mani del ragazzo si abbassarono sulle spalle di Lione e poi giù, verso i fianchi, dove la aiutarono a rimettersi in piedi. L’eccitazione del morettino fremeva fra loro e Black abbassò ancora i palmi sulle natiche di Lione, stringendola contro di se. Il gemito della ragazza lo portò a osare di più: una mano si avvicinò al seno della giovane che stretta contro di lui gli mordicchiava un labbro e gli afferrava i capelli. Le dita percepirono il capezzolo turgido sotto il tessuto della casacca e cominciarono a giocarci elettrizzate. Il contatto portò un barlume di coscienza a Lione. Senza pensarci troppo alzò velocemente il ginocchio che colpì l’eccitazione dura e pulsante di Black. L’uomo si piegò su se stesso.
 – Puttana! -, le urlò.
La risata disgustata di Lione riempì il piccolo antro. – Allora è così che mi vedi! Ti ringrazio per il complimento ma per ora l’unico tra i due che si è venduto sei tu. Non posso credere di essere stata così cieca con te. –, si sfogò la donna.
- Lione, ma cosa stai dicendo? Tu non capisci…. Non capisci. -, tentò il ragazzo ancora dolorante.
- Non capisco cosa, Black? Che mi tieni qui rinchiusa solo per proteggere la mia incolumità? Il tuo non è amore! E’ egoismo e me l’hai dimostrato privandomi della mia libertà e di lottare nella causa in cui credo. Potrai anche rinchiudermi in questa cella per i prossimi vent’anni, stuprarmi tutti i giorni e fare di me la tua puttana, come ti è piaciuto chiamarmi, ma non potrai mai avere il mio cuore, non così. E, ora, vattene. –
Le parole della giovane lo colpirono come una stilettata al cuore. Uscì a grandi passi dalla stanza senza degnare Lione di uno sguardo e chiuse dietro di se le sbarre con un colpo.





Buongiorno e buon venerdì a tutte!
Mi scuso per il leggero ritardo. Dovevo pubblicare ieri sera tardi ma alla fine mi sono addormentata mentre correggevo gli errori quindi per forza di cose aggiorno ora.
Che dire... questo capitolo doveva essere molto diverso. Come sempre mi sono ridotta a ieri pomeriggio a scrivere tutto il capitolo e avevo una vena ispiratrice diversa. Non so se avete notato ma compaiono tutte le done protagoniste: Maria, Altezza, Milky, Fine e Lione. A proposito di quest'ultima è finalmente ricomparsa. Che dite? Black è un personaggio tormentato ma vedrete che ha un suo perchè. Lui e Lione sono i miei Romeo e Giulietta e non oso dire altro.
Ed ecco che assistiamo alla prima litigata amiche e Altezza non ci va giù leggera. In realtà volevo trattare la questione in maniera totalmente diversa, con litigi tra Fine e Shade e lacrime ma direi che così va meglio. Altezza è la prima persona che ha deciso di fidarsi di Fine e di volerle bene nonostante fosse una principessa, nipote del tiranno e ha creduto in lei fin dall'inizio. Come spiega Fine, è la persona più importante che le sta accanto, oltre a Shade che comunque deve ancora conoscere nonostante abbia deciso di dargli un'altra possibilità. Shade le è stato lontano per anni quindi non ha il diritto di giudicare le scelte della principessa ma Altezza si. Che poi, solo io mi sono immaginata il gatto e la volpe mentre descrivevo Fine e Altezza che camminavano? Una con il bastone e l'altra con la benda. Ahhahaha ok la setto di divagare
Spero di leggere molti vostri commenti e vi ringrazio comunque per il sostegno che continuate a darmi. Mi seguite in tantissimi!
Un bacione ernome
Ele

 

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Capitolo 21
*** 20. Canto notturno ***


20. Canto notturno
 
La rosa giocherellava distratta con il bordo del bicchiere di birra che si era concessa quella sera. Non era sua abitudine bere ma la storia di Fine era complicata, lunga e la coinvolgeva direttamente essendone protagonisti suo padre, suo fratello e persone che aveva conosciuto e amato. Portò il calice alle labbra trangugiando il liquido ambrato e amaro che le alleggeriva la mente. Quelli di Fine erano ricordi che andavano a completare i suoi in un quadro picassiano dai colori vivaci e dai contorni taglienti. Si ricordava l’agonia che aveva provato quella notte tra le braccia di sua madre aspettando di ricevere notizie sul risultato dell’imboscata. Suo fratello, poi, si era calato dalla finestra solo qualche ora prima dell’agguato dandole un leggero bacio sulla fronte, ignaro di quello che sarebbe accaduto. Quel dolce momento era stato la consolazione di Milky dalla lontananza di Shade, chiuso in un’orrenda cella con il rischio di non rivederlo mai più. Dopo che suo padre era stato giustiziato, il mondo le era crollato addosso e solo l’esempio di sua madre l’aveva aiutata a rialzarsi. Maria le era sempre stata vicina e le aveva trasmesso una grata speranza per il futuro, decidendo di portare avanti gli alti ideali del marito: aveva riaperto la locanda dopo anni d’inattività dovuti al trasferimento a Lilian e dove accoglieva semplici stranieri o persone bisognose d’aiuto. Gli amici di suo padre, i pochi sopravvissuti alla terribile vendetta del Re impegnato a stanare ogni sostenitore, addolorati per la morte della loro guida si erano stretti attorno agli ultimi membri della coraggiosa famiglia di Eclipse mantenendola al sicuro. La vita al limitare del deserto era stata solitaria e triste, rimuginando sui ricordi del passato; poi, un giorno era arrivato Auler, vecchio amico di Shade, che aveva portato un suo messaggio: presto, sarebbe tornato e lasciava alla madre e alla sorella il compito di rimettere in piedi la rivolta del padre. Allora, dalla locanda era partita una debole corrente clandestina che coinvolgeva spie e filantropi della rivoluzione per riportare un po’ di torpore negli animi dei popolani del Regno. Probabilmente Milky aveva avuto la fortuna di essere costantemente circondata da persone per bene, di cui fidarsi e che condividevano i suoi stessi principi che le erano stati trasmetti da suo padre e che con la sua immolazione si erano radicati ancor più in profondità nel suo cuore. La vita di Fine, invece, era stata segnata da una profonda solitudine e per sopravvivere era diventata introversa e sospettosa, sviluppando un amor proprio non indifferente. La rosa, comunque, non aveva intenzione di accusarla di egoismo. Si ricordava bene quella ridente bambina che un tempo giocava con lei nei giardini del castello reale e che era sempre aperta a un dolce sorriso. Erano altri tempi, certo, forse addirittura un'altra vita che non aveva niente a che fare con le donne che erano diventate e con il futuro che dovevano affrontare, ma sul viso della principessa aleggiava sempre una nota nostalgica, una piccola incrinatura delle labbra che non poteva lasciar pensare a semplice menefreghismo. Era un’inquietudine che traspariva dalla voce e che non faceva altro che portare Milky ad avere pietà di lei. Se da una parte Shade aveva colto il fulcro del turbamento della principessa, cioè la paura di essere amata dovuta a un’insicurezza perenne, Altezza aveva tentato di dare una scossa alla sua vita portandola a prendere finalmente una decisione. Per quanto la rossa sembrasse risoluta ad andarsene, la ragazzina aveva piuttosto intuito il desiderio di essere capita e consigliata e voleva provare ad aiutarla.
- E’ una cosa troppo grande per me… -, stava dicendo Fine alludendo alla rivolta e caparbia nelle sue convinzioni.
- Secondo me ti sottovaluti. -, la interruppe per la prima volta la rosa dopo un lungo monologo. La principessa aveva persino dubitato di essere ascoltata ma aveva bisogno di sfogarsi, e riflettere ad alta voce le aveva sempre giovato per mettere in ordine i pensieri.
- Sono solo realista, Milky. -, rispose esasperata la rossa mentre il dubbio sulla sordità dell’amica diventava certezza. Le aveva raccontato ciò che era successo nell’ultimo mese, se non tutto della sua vita, in un resoconto appassionato che, a giudicare dai troppi bicchieri di birra vuoti sul tavolo e dalla candela colante di cera che rischiarava i loro visi assonnati, era durato più di qualche ora. Era stata chiara nello spiegare le sue idee e convinzioni e sincera nel descrivere emozioni e parole che aveva vissuto.
- Se tu fossi davvero realista, analizzeresti in maniera più obiettiva ciò che ti è successo in questo mese. -, la incalzò invece Milky con un tono petulante. – Rifletti: tutto è cominciato quando hai deciso di andare contro il volere di tuo zio e sei fuggita dalla finestra delle tue stanze per andare a vendicarti dell’uomo che ha ucciso i tuoi genitori, giusto? –
Fine annuì appena e la rosa continuò. – Io vedo molto coraggio nella decisione che hai preso. Non ti nego una nota di egoismo ma, per vendicare tua madre e tuo padre, hai rinunciato alla protezione del castello e di tuo zio per combattere contro il tuo nemico e farti giustizia. E sono abbastanza sicura che, se non avessi trovato Altezza e Camelot quella notte staresti, ancora vagando per il regno cercando il modo di uccidere mio fratello. Perciò, non puoi nemmeno negarti una bella dose di determinazione. –
La rossa ci pensò per qualche minuto mentre la servetta s’inumidiva le labbra carnose con un lungo sorso ambrato. – Posso anche concederti questa interpretazione dei fatti ma le mie motivazioni non erano delle più nobili e lo facevo solamente per me stessa. –
- Hai comunque continuato il viaggio, no? -, continuò la rosa. – Tu dici che l’hai fatto solo per Altezza e non perché davvero t’importa del Regno. Eppure hai messo a repentaglio la tua incolumità per dare una speranza a una donna, a un’amica, abbattuta dal dolore per la morte del fratellino e quella ancor più struggente del padre: questo è spirito di sacrificio. –
La principessa abbassò il capo, risentita. – In realtà è stata lei a darmi la forza di andare avanti. Io avevo solo bisogno di sentirmi apprezzata da qualcuno. –
La giovane scosse la testa, esasperata dall’ottusità della Principessa. – Queste sono idiozie e lo sai anche tu. Ti stai autoconvincendo di essere qualcuno che non sei: cioè una persona codarda e insignificante. –
- Insignificante… -, ripeté la rossa assaporando il suono di quella parola che sembrava descriverla in maniera così esatta. La popolana abbassò il capo, infuriata. Poi, battendo un pugno sul tavolo, si alzò dalla panchina e si sporse minacciosa verso Fine. – Che fine ha fatto la ragazza che ha cominciato questo viaggio con entusiasmo e determinazione? Che ha consolato una madre che aveva perso il proprio bambino e che era intenzionata a ridare un volto nuovo e felice al proprio regno? Le persone che ti hanno circondata e aiutata nel tuo viaggio non dovrebbero farti pensare che sei inutile ma dovrebbero esserti da esempio. Guarda mio fratello, Altezza, mia madre e molti altri che non hanno esitato a stenderti una mano nel momento del bisogno. L’unica cosa che ti chiedono, e che ti chiedo anche io in questo momento, è capire che ora noi abbiamo bisogno di te. Sei importante e fondamentale non solo per vincere questa battaglia ma per ridare una vita serena a tutto il tuo popolo. –
Lo sguardò cobalto di Milky pesava su quello cremisi della Principessa che, intimorita da tanta determinazione, abbassò, poi, il capo. La rosa si risedette mollemente al suo posto, conscia di aver esagerato. Urlare addosso a Fine non era una soluzione: ci aveva già provato Altezza e non aveva funzionato e, anzi, l’aveva spinta a scappare. Non doveva darle tempo di metabolizzare le sue accuse ma cercare di alleviarle con altre parole, magari più dolci e comprensive. Timidamente, la sua mano attraversò il tavolo fino ad arrivare a quelle intrecciate di Fine. A quel dolce contatto l’erede al trono rivolse la sua attenzione alla ragazza.
- Sei arrabbiata perché ti sei sentita abbandonata, prima, dai tuoi genitori, nonostante tu sappia che non è colpa loro, poi, da Camelot e Shade. La persona che ti ha cresciuto in questi anni è in realtà un bugiardo e un assassino ma non poi fare altro che volergli bene perché nonostante tutto è rimasto al tuo fianco, nel bene e nel male. Scoprire la verità ti ha reso debole e vulnerabile; ha fatto cadere tutte le tue convinzioni e ti ha messo di fronte ad una realtà difficile da capire e accettare. Inizialmente, seppur trascinata dagli eventi, credo tu fossi davvero determinata nel far parte della nostra causa ma ora che sei ad un passo dalla vittoria, sei terrorizzata. Che cosa è cambiato nel frattempo? –
La Principessa si prese qualche secondo per pensare. Era vero, inizialmente era partita piena di entusiasmo, desiderosa di cambiare le sorti del suo regno. Aveva visto il dolore e la morte, la crudeltà di suo cugino che gli aveva solo confermato la malvagità degli ultimi membri della sua famiglia. – Non avevo nulla da perdere, prima. –, disse più tra se che alla sua interlocutrice. Milky annuì comprensiva. – Ora, hai Altezza. Lei fa emergere la parte più bella di te: l’ho visto nel modo in cui vi parlate, punzecchiandovi continuamente e ridendo delle vostre imperfezioni, ma anche esaltando la vostra bellezza e il vostro coraggio. –
- E’ la prima persona cui sono realmente affezionata dopo tanto tempo e credo di volerla proteggere; è il modo a essere sbagliato. -, confermò la rossa e finalmente il nodo si sciolse. Piccole gocce salate corsero lungo le gote della rossa in balia dei sentimenti che provava. Altezza non era solo la sua unica amica ma una vera amica che le aveva fatto da mamma, confidente e nemica, una competizione sana s’intende, dove l’obiettivo era migliorarsi. Il litigio aveva creato una voragine nel cuore di Fine che si era lacerato proprio dove la bionda ne aveva ricuciti i brandelli. Se la sera prima Shade le aveva aperto gli occhi sulla sua paura di deludere le persone e di essere amata, cullandola, però, nelle sue incertezze, Altezza era stata intransigente e aveva fatto traboccare la sua disperazione. Ora, il ragionamento era lampante: la paura di deludere e di perdere Altezza l’aveva portata ad assumere un atteggiamento di menefreghismo nei confronti della ribellione poiché, prendere in mano le redini del gioco, l’avrebbe esposta più del dovuto; non aveva a che fare con un’amica ma con un intero regno, centinaia di persone che riponevano in lei la loro totale fiducia. Così, aveva lasciato che la bionda interpretasse la sua paura come egoismo e che venisse meno l’unico legame che la incatenava al destino dei ribelli. Sostanzialmente, era stata disposta a rinunciare all’unica persona che le aveva donato quel poco di amore che aveva sempre desiderato di ricevere, per non distruggerlo del tutto con la delusione di un fallimento di più ampia scala come la sconfitta dell’esercito in rivolta; sconfitta che, poi, avrebbe potuto portare a una possibile morte dell’amica. Fine si ritrovò a sorridere tra le lacrime finalmente consapevole di quel che provava. Altezza aveva riaperto il suo cuore all’amore e non doveva fuggirne ma coltivarlo fino in fondo. Magari sarebbe riuscita a combinare qualcosa di buono circondata da persone che le volevano bene. Strinse forte la mano Milky che le stava di fronte. Ecco un’altra persona che le voleva dare fiducia e che non poteva deludere, insieme a Shade, Maria e a un intero regno. Non sarebbe più scappata. Ora, erano loro ad aver bisogno di lei. Guardò la rosa teneramente negli occhi e alzandosi dal suo scanno le si avvicinò per abbracciarla. – Grazie, Milky. Sei stata illuminante. -, le confidò nell’orecchio mentre la ragazzina ricambiava la sua stretta seppur non totalmente consapevole di ciò che avesse fatto. – A proposito! -, squittì la principessa con la voce un po’ acuta dopo il pianto e staccandosi dall’amica. – Approfitterò ancora del tuo aiuto. Conosci qualcuno che può aiutarmi in strategie di guerra? -, chiese entusiasta. Milky la guardò stralunata. – Sei dei nostri, ora? –
La rossa le sorrise serenamente. – Sì, ma ho in mente qualcosa di diverso che una sanguinosa battaglia per sconfiggere Aaron e non sono sicura che Shade sarà d’accordo. Per questo, prima di proporre mi conviene mettere giù un buon piano. –
- Potremmo chiedere a mia madre. Sono sicura che ci darà un buon consiglio. -, così dicendo si trascinò la rossa tra i corridoi della locanda.
 
 
La ragazza, accucciata a terra con il viso tra le mani, piangeva tutta la sua frustrazione. Eppure, non c’era solo la rabbia contro una persona codarda ma anche un tremendo senso di colpa nei confronti di quest’ultima. Aveva dato troppo per scontato il loro rapporto e soprattutto le sue intenzioni, ma ancor peggio, l’aveva abbandonata nel momento in cui aveva più bisogno di lei, quando la sua decisione l’avrebbe portata a essere sola contro il mondo. Fine non meritava altra sofferenza e nonostante la delusione, Altezza sapeva che non avrebbe mai potuto lasciarla. All’inizio del loro viaggio le era stata affidata una missione importante ma, ora, l’incolumità della principessa non riguardava più solo il destino di un regno ma anche la sua stessa felicità. La rossa era importante per lei e più si rendeva conto di esserle affezionata più la ferita bruciava e più le lacrime scendevano copiose. Non si accorse nemmeno del fazzoletto candido che le era mostrato davanti alla testa. Gli occhi appannati distinsero solo una figura maschile. – E’ da un po’ che ti cerco. Mi hai fatto preoccupare. -, le disse l’uomo con una voce dolce e accomodante. Altezza scattò in piedi. – Oh scusami! Mi sono totalmente scordata del nostro appuntamento. -, cercò di scusarsi ma non finì nemmeno la frase che due forti braccia la strinsero contro petto del ragazzo. – Ricambierai quella birra la prossima volta. -, le sussurrò dolce all’orecchio e quel leggero calore fece vibrare di piacere la bionda. Come aveva scoperto dopo la loro avventura nel bosco, quando si erano conosciuti, Altezza non poteva più fare a meno di Auler o meglio del conforto che le dava il suo solo tocco. Appena era stata in grado di rialzarsi dal letto aveva concesso al ragazzo quella famosa birra e dopo qualche pinta e un sorriso di troppo era scoccato il primo bacio. Non era solo questione di attrazione fisica, avrebbe potuto passarci la vita con un uomo così: gentile, brillante, premuroso e galante, caratteristiche non facili da trovare in una sola persona.
- Mi racconti cosa è successo? Ho sentito che tu e Fine avete discusso. -, la incitò l’azzurro ridestandola dai suoi pensieri. La ragazza annuì con vigore ma il naso gocciolante e gli occhi gonfi e rossi non le permettevano di aprire bocca. – Che dici se ti accompagno nella tua stanza e ti aiuto a calmarti? -, propose infine Auler allentando leggermente la presa per poterla vedere in volto. La bionda si gettò di nuovo tra le sue braccia. – Non lasciarmi almeno tu. -, lo supplicò flebilmente. Il ribelle rise sommessamente, poi, s’issò la ragazza su una spalla e la portò verso la locanda.




Buongiorno a tutte care lettrici!
* schiva un pomodoro lanciato nella sua direzione*
Lo so, lo so, ormai non ho più scuse da inventarmi. Ero poco ispirata e in vena di buttar giù qualcosa. Alla fine è SOLO un mese che aspettate, no?

*schiva una pietra*
Comunque, giuro che questo è l'ultimo capitolo così noioso. Cioè, credo sia comunque interessante ma Fine ha finalmente finito di farsi quattordicimilioni di problemi mentali inutili. Vuole bene ad Altezza e non vuole deluderla. Era così difficile da capire? Ammetto che sono andata un po' in panico, non rivolevo tirare fuori parole scontate e sono andata a rileggermi i primi capitoli, cosa che mi ha occupato fin troppo tempo e che alla fine, non trovando l'ispirazione per concludere questo dannato capitolo, ho corretto e modificato cercando di dare una forma conforme a tutti i capitoli della storia. Questa fase in realtà ha fatto scattare la molla e sono riuscita a portarmi avanti. Quindi, vi garantisco che domani ci sarà comunque un aggiornamento e per il prossimo capitolo ho in mente una sorpresa. Diciamo che ci sarà una svolta un po' diversa e rossa(?) o.o capirete capirete
che dirvi? Milky è diventata una consulente fenomenale e come vi avevo annunciato in altre occasioni avrà comunque un ruolo fondamentale, non ne dubitate. Ora vi lascio che devo finire di scrivere quello di domani!
Un bacione e ancora scusatemi. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ele

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Capitolo 22
*** 21. Requiem ***


21. Requiem
 
I cavalli correvano veloci nella prateria. La giornata stava volgendo al termine e le sagome dei primi edifici di Riardo facevano capolino all’orizzonte. Erano quasi arrivati. Mancavano solo due giorni di marcia all’accampamento dei ribelli. Un rantolo più acuto dei precedenti riportò l’attenzione di Rein e Bright sul moribondo. La ragazza sapeva che ormai la vita di Omendo stava giungendo al termine ma non aveva avuto il coraggio di comunicarlo al principe. - Bright, fermiamoci. Ha bisogno di riposare. –
Viaggiare sul dorso del cavallo non era molto comodo e ogni scossone rendeva le ferite di Omendo più dolorose. L’infezione dovuta ai colpi di frusta e alle botte aveva invaso buona parte del torace dell’uomo che da giorni aveva febbre e allucinazioni. A niente erano serviti gli impacchi di erbe che la donna si era prontamente portata appresso. L’unica cosa che poteva fare era cercare di alleviare il dolore per accompagnarlo dolcemente alla morte. Il vecchio ribelle era stato chiaro con lei la sera che aveva scritto il suo testamento.  Avvicinò il puledro nero a quello bianco del ragazzo per attirare la sua attenzione. Sapeva che l’aveva sentita ma il principe si ostinava a far finta di nulla, cercando di rimandare un qualcosa che alla fine sarebbe comunque arrivato. – Bright ferma il cavallo, per favore. –
Il biondo tirò violentemente le briglie scure del cavallo che impennò nitrendo spaventato. – Siamo quasi arrivati, Rein! -, sbraitò guardandola irato. – A Riardo potremo chiedere aiuto a qualcuno! –
Rein fermò il puledro e lo fece tornare indietro, avvicinandosi piano al compagno. Lo guardò comprensiva, non lasciandosi toccare dalla sua frustrazione. – Stiamo fuggendo da tuo padre. Chiedere una mano in qualche caserma vorrebbe dire consegnarsi direttamente delle mani di Aaron e cercando supporto nei contadini rischieremmo di essere o denunciati o linciati. Gli stemmi reali sono molto conosciuti da queste parti. In più, non credo ci sia ancora molto da fare per Omendo. -, ammise finalmente l’azzurra poggiando una mano fresca sulla fronte sudata e calda del vecchio uomo per accertarsi delle sue condizioni. Quello, distese leggermente i muscoli del viso lasciandosi andare a un verso di sollievo. – Sta per morire? -, chiese il giovane con voce stridula e con occhi sgranati. Nel suo cuore sospettava che sarebbe finita così, che avrebbe perso l’unico vero padre che avesse mai avuto. Rein annuì appena mentre portava la mano ad accarezzare docile il volto del ragazzo. Bright chiuse gli occhi, ormai umidi, a quel contatto e si sentì fortunato nell’avere accanto a se la donna, in un momento tanto difficile. Aveva il suo appoggio e la sua comprensione qualunque cosa avesse deciso di fare: riprendere la corsa con i cavalli e cercare aiuto o lasciare morire Omendo senza fare nulla? Continuare il viaggio era impensabile. Omendo soffriva molto per le ferite e gli scossoni dati dai movimenti del cavallo, e sarebbe peggiorato velocemente. In più, non sarebbe stato facile trovare qualcuno disposto ad aiutarli e non era nemmeno detto che tale persona avrebbe potuto davvero fare qualcosa. Rein se l’era sempre cavata bene con impasti guaritivi ed erbe e se per prima ammetteva la sua impotenza significava che la situazione era grave. Scese dal cavallo, seguito da Rein, e insieme trasportarono il moribondo a terra. Cercarono di placare i brividi della febbre con coperte e lo sistemarono prono su un comodo giaciglio. – Che cosa possiamo fare per aiutarlo?-, chiese il biondo guardando Rein tristemente. La ragazza gli sorrise appena, cercando di rincuorarlo e dargli conforto. – Potremmo cercare di alleviare il dolore con acqua fredda e impacchi lenitivi. L’infezione ormai è troppo estesa per pensare di poterla guarire ma di sicuro proverà sollievo. Per le fratture, invece, non c’è nulla da fare. –
Il giovane si avvicinò al ribelle e, scostate le coperte, gli alzò la casacca per stendere l’impacco già preparato da Rein. Omendo grugnì di dolore. La schiena era interamente ricoperta da tagli da cui il sangue e il pus colavano formando croste giallastre. La pelle morta penzolava dalle ferite e violacei ematomi s’intravedevano sotto quella lacerata superfice.  Un conato di vomito invase la gola di Bright che distolse lo sguardo a quella vista. L’azzurra gli si avvicinò. – Lascia. Faccio io. Tu tienigli la mano. Gli farà male. –
Il principe si sedette a gambe incrociate accanto al corpo dell’amico e prese la ruvida mano tra le sue. Volse lo sguardo al cielo mentre la ragazza stendeva su tutta la superficie ferita del corpo di Omendo l’unguento puzzolente, generando nell’uomo urla soffocate, lamenti e imprecazioni. Il sollievo arrivò presto e il viso del ribelle, tenuto costantemente d’occhio da Bright, si stese in un’espressione soddisfatta che portò per qualche ora l’uomo a un sonno ristoratore. Con il passare della notte la febbre si era abbassata ma la mano di Bright teneva insistentemente stretta quella di Omendo. Aveva la sensazione che se si fosse anche solo allontanato di qualche metro, abbandonando quel contatto, l’uomo se ne sarebbe andato per sempre. Finché sentiva quella mano fredda ma viva contro la sua pelle poteva stare tranquillo. Era ormai notte inoltrata quando Omendo si risvegliò. Rein si era accoccolata vicino a Bright per riposarsi e respirava ormai profondamente. Il malato si guardò prima attorno confuso poi le sue iridi scure, vacue e appannate, si posarono sul biondino. – Bright… -, sussurrò sorridendo leggermente e stringendo le dita della mano per ricambiare la stretta. – Ehi vecchio. -, lo salutò Bright fingendo noncuranza per alleggerire la situazione, - Sei messo maluccio, vedo. –
Il ribelle rise rocamente scatenando anche una tosse secca. L’azzurra gli aveva lasciato una saccoccia d’acqua da dare al moribondo nel caso si fosse svegliato. Avvicinò la bocchetta alle labbra di Omendo che bevve avidamente. – Alla fine sarebbe arrivato questo momento e lo sapevi anche tu. -, rispose l’uomo al ragazzo dopo aver placato il sintomo. – Sì ma non volevo accettarlo. Seppur per poco tempo sei stato come un padre per me. -, ammise il giovane con occhi bassi sentendo le lacrime pungergli le gote. Si sfregò velocemente il viso con l’orlo del mantello scuro. Non voleva far vedere la sua paura e la sua incertezza. Il ribelle attirò la sua attenzione scuotendogli il braccio. – Non devi vergognarti di piangere. Non è da codardi. Anzi! Dimostri un’umanità che tuo padre non ha mai avuto. –
Le loro iridi s’incontrarono nella luce della lampada che rischiarava la notte buia e senza stelle. Il crepuscolo stava facendo capolino. – Grazie, Omendo. Mi hai davvero cambiato la vita. –
- Grazie a te, Bright, che mi hai fatto scoprire cosa vuol dire avere un figlio. –
Anche sul viso del ribelle gocce salate fecero capolino: lacrime amare di chi sapeva di lasciare troppo presto una vita che aveva ancora tanto da dare e dolci per il sollievo della pace. Gli dispiaceva lasciare Bright solo, senza una guida nel suo cammino di redenzione ma era sicuro che Rein l’avrebbe aiutato. – Sposatela quella ragazza. E’ una gemma preziosa in un mare di oscurità. -, sussurrò al biondino facendo cenno alla donna distesa lì accanto. Bright sorrise tra le lacrime e annuì. Omendo alzò gli occhi al cielo per quello che gli era possibile dalla sua posizione e, scorgendo i primi raggi del sole all’orizzonte, chiuse gli occhi.
 
 
La mano dell’uomo allentò la presa lasciando che fosse solo la stretta di Bright a suggellare il legame.
 
 

Caro Bright,
se leggerai questa lettera, vorrà dire che le nostre strade si sono separate troppo presto. Ho chiesto a Rein di aiutarmi: le mie condizioni si sono aggravate e avevo bisogno di qualcuno che scrivesse senza giudicare. In queste poche settimane in cui abbiamo avuto modo di conoscerci mi hai preso come esempio, come guida e con le mie parole ti ho spinto a prendere una decisione importante. Ammetto che inizialmente il mio scopo fosse trovare il tuo punto debole in modo da distruggere te e tuo padre. Eppure, in ogni parola e in ogni incontro mi hai dimostrato di avere un carattere forte e una bontà d’animo non comune a tutti gli uomini. Aaron avrà pure cercato di farti diventare un mostro ma, consapevolmente o meno, hai tenuto testa ai suoi crudeli insegnamenti. Mi sono affezionato a te fino ad arrivare a considerarti come un figlio, quel figlio che non ho mai avuto. Grazie perché il tuo entusiasmo e la tua giovinezza mi hanno fatto riscoprire il piacere di vivere, seppur rinchiuso in una lurida cella. Credo che sia proprio questo il punto debole di Aaron: non aver mai saputo gestire l’affetto che provava per te e, nel suo modo distorto di volerti bene, credo che abbia capito di non essere mai stato un buon padre. Ora che l’hai abbandonato è più debole che mai. Se devo essere totalmente sincero con te, ti confesso che non sono un eroe, il grande uomo dedito alla ribellione che credi che sia. Nella mia vita ho fatto tanti sbagli, alcuni imperdonabili ma che mi hanno portato a compiere importanti scelte come entrare a far parte dell’esercito di Eclipse. Comunque, è meglio cominciare dall’inizio. Avevo circa la tua età quando mi assunsero nelle cucine del castello reale. Ho cominciato facendo gavetta: pulivo i pavimenti, spelavo patate e carote e mi recavo al mercato per fare la spesa. Negli anni, il cuoco reale cominciò a insegnarmi i trucchi del mestiere e pian piano affinavo la mia tecnica. In poco tempo superai il maestro e la regina Grace mi convocò per affidarmi il titolo ufficiale di cuoco. Ero contentissimo e la mia cucina era apprezzata in tutto il castello. In particolare, Aaron, il figlio più giovane della regina, era solito frequentare le stanze della servitù e in particolare il mio focolare dove esprimeva il suo parere sui miei piatti. Aveva solo otto anni ma diventammo grandissimi amici. Era un bambino molto introverso e aveva spesso malumori che però riuscivo a sedare con le mie pietanze. Con il passare degli anni tuo padre diventava adulto e la sua timidezza, crudeltà. Accecato dall’affetto che provavo per lui, lo supportavo in ogni sua decisione e lo consigliavo nelle sue disavventure. In particolare, non sopportava sua sorella che considerata la sua nemesi. Non riusciva a concepire come la madre potesse preferire Elsa a lui. Io attribuivo i suoi sentimenti all’età ma le cose si aggravarono quando anche la governante, Camelot, entrò nel castello. La donna, notando la sua indole mi chiese di tenerlo d’occhio e informò la regina della situazione del figlio. Aaron minacciato da severi provvedimenti cominciò a comportarsi in maniera più ligia ma nascondendo dentro di se un forte rancore. Poi, accadde il finimondo: Elsa incinta, la sua fuga dal castello, l’attacco dei nobili e la malattia della regina. Aaron si rifugiò da me in cerca di aiuto. Reputava la sorella artefice di quel disastro, di aver messo a repentaglio l’onore della famiglia reale, il trono e la salute della loro madre. Voleva trovare un modo per risolvere la situazione e arrivò persino a pianificare l’uccisione di Elsa per eliminare dalla loro stirpe quella macchia nera e per riportare ordine. Fortunatamente, all’epoca era ancora soggetto alla mia influenza e riuscii a convincerlo di sfruttare pettegolezzi piccanti per corrompere la nobiltà che si era ribellata. Facendo parte della servitù, spesso, a banchetti e cerimonie, le ancelle e i consiglieri mi rivelavano i segreti dei loro padroni. Le dicerie si rivelarono fondate: la famiglia reale non era l’unica a portare un’oscura macchia e grazie alle mie informazioni Aaron riuscì a tenere in mano il Consiglio dei Nobili. In più, lo spinsi a prendere in mano l’esercito con la forza per salvaguardare il trono. Grace si dimostrò grata al figlio per essere riuscito a prendere in mano la situazione ma, nonostante i suoi sforzi, Aaron non riuscì mai a sostituire Elsa nel cuore della madre. Elsa era bella, gentile e dall’animo nobile. Il suo romanticismo l’aveva portata a compiere degli sbagli ma ne era comunque nato qualcosa di buono: Fine. La regina si dimostrò curiosa nel conoscere la sua futura nipotina e insistente nel mantenere i contatti con la figlia. Di nuovo, Aaron si trovò messo in secondo piano, se non addirittura sullo sfondo sbiadito. Qualunque cosa facesse non riusciva a ottenere meriti o ad attirare l’attenzione. Cominciò a sfogare la sua frustrazione con la violenza. In città era considerato il Male in persona: stuprava donne di tutte le età, malmenava gli oppositori, riscuoteva pagamenti illegali. Il popolo già al limite per via della rivolta dei nobili cominciò a prendersela con la famiglia reale e in particolare con Aaron, fonte dei loro problemi. Si formarono, così, i primi nuclei di ribellione. L’obiettivo non era certo ucciderlo, era comunque un reale, ma riportare al trono la legittima erede e far smettere i soprusi. Le notizie delle sue rappresaglie giunsero anche a Elsa e Toulouse, in esilio al limitare del deserto e ospitati da alcuni amici: Maria e suo marito Eclipse. La legittima regina e il marito tornarono, decisi a riprendere in mano le redini del regno e riportare la pace. Negli anni dell’esilio avevano ricamato una fitta rete di contatti e amici disposti in ogni momento ad aiutarli nel caso la riappacificazione con i nobili fosse finita male. In realtà, l’aristocrazia si dimostrò entusiasta del ritorno di Elsa e accantonando i rancori per il matrimonio con Toulouse, diedero la benedizione alla nuova Regina. Aaron era diventato, infatti, sempre più crudele e avaro, impossibile da dominare, un vero tiranno. Elsa, capiti gli sbagli della madre e della gioventù, cercò di recuperare il rapporto con il fratello e gli concesse di rimanere a capo dell’esercito. Da lì, Aaron cominciò a vedere Elsa non come nemica ma come una potenziale alleata. L’affetto era tutta un’altra cosa ma per un breve periodo nel castello si respirava davvero un’aria nuova. Elsa e Toulouse tenevano continuamente monitorati gli spostamenti di Aaron e le sue giornate in sella al suo amato cavallo per le vie di Lilian. Avergli riconosciuto un titolo, del potere e della riconoscenza per le sue azioni lo resero più sereno ma quell’attenzione lo rendeva anche più egocentrico. Poi, arrivasti tu, Bright, un dolce e timido bambino di sette anni che si attaccava alla gonna della madre a ogni minimo rumore. L’intera famiglia reale vi accolse con entusiasmo. Tu e Camilla eravate umili e disperati ed Elsa prese a cuore la vostra salute e la vostra felicità. Tuo padre, inizialmente interdetto, capì di avere in mano un’occasione d’oro. Ora, come Elsa, anche lui aveva un erede e un possibile pretendente al trono. Bisognava solo convincere la vecchia regina Grace a concederti la corona. La madre gli diede un ultimatum: se sarebbe stato in grado di allevarti e educarti come si doveva a un Re e avesse costruito un rapporto d’amore con Camilla, in modo da creare una vera famiglia, avrebbe potuto prendere in considerazione la proposta. La famiglia reale non doveva solo trasmettere il proprio sangue blu di generazione in generazione: ora era esempio, per tutto il regno, di unità e tolleranza alla diversità, valori per Grace molto importanti. Elsa e Toulouse avevano contratto un matrimonio riparatore eppure si amavano davvero e avevano un’adorabile bambina ma Camilla era solo una delle tante amanti che Aaron aveva avuto; non poteva amarla perché non aveva mai amato nessuno nella sua vita. Eppure ci provò, mi chiedeva consigli su che regali farle, su come parlare dolcemente e cercare di renderla più docile e malleabile al suo volere. Aaron era un amante violento, un generale, e odiava sentirsi dire di no. Probabilmente, Bright, la storia che tuo padre ti ha raccontato è molto diversa da quello che leggerai. Camilla era una madre dolce e apprensiva e aveva trovato in Elsa un conforto e un’amica. Aaron durante una delle solite notti di passione, se così si può definire, confessò a tua madre della promessa che era riuscita a cavare dalla bocca di Grace. Camilla, indignata, gli si oppose. Non poteva sopportare l’idea che Aaron l’avesse usata solo per illudere la vecchia regina di avere una famiglia idilliaca e non poteva lasciare che l’uomo assumesse il potere conoscendo la sua malvagità. Minacciò tuo padre di denunciarlo a Elsa e fece fagotto per scappare dal castello e portarti via. Stava mettendo a repentaglio la sua vita per il bene del Regno e di suo figlio. Credo che lei sia stata la prima vera persona che si è ribellata a Aaron che ha messo in discussione la sua autorità e i suoi intenti. Ciò lo mandò in bestia. Strozzò tua madre nel letto, dove avevano appena fatto l’amore. Piombò nella mia stanzetta della servitù in preda al panico, non sapeva cosa fare. L’ho aiutato a occultare l’omicidio di tua madre facendolo sembrare suicidio. Sei stato tu, Bright, a trovarla, credo non avrai bisogno di spiegazioni. Ora crederai che sia un mostro e hai assolutamente ragione ma non è ancora finita. Convinsi Aaron che l’unico modo per deviare i sospetti sarebbe stato fingersi talmente addolorato da decidere di partire e portarti via con sé. Qua al castello avresti avuto conforto e protezione da parte dei tuoi zii e di tua cugina e magari saresti stato una persona diversa, avresti avuto un futuro diverso. Quando tornaste dal vostro viaggio, molte cose erano cambiate. Io avevo perso i contatti con Aaron ma comunque ancora molto affezionato a lui. Ero condizionato dalle sue parole, dalle sue confessioni e assolutamente convinto che all’origine della sua cattiveria ci fosse sua madre la quale l’aveva sempre trascurato. Cercavo di giustificare ogni cosa facesse, accecato dalla nostra amicizia. Quando conobbe Maria ed Eclipse capì che i suoi piani di potere erano ostacolati. L’unica maniera per assicurarsi il trono era un colpo di stato e così fece. Non so bene cosa accadde durante il colloquio tra Grace e tuo padre quel giorno, quando la vecchia regina morì, ma da allora il suo odio e la sua malvagità sono cresciuti esponenzialmente. In qualche modo si era affezionato a Elsa e Toulouse e decise di risparmiarli ma tra le sue mire si era aggiunta la piccola Fine. Di quel che mi raccontò, Grace lo denigrò con parole orribili, di odio, rabbia e delusione. La madre fu chiara: Aaron non avrebbe mai ereditato il regno e nemmeno tu, Bright, perché figlio di un traditore bastardo. Fine diventò l’unica maniera di accedere alla corona e uccidere Elsa e Toulouse era necessario per arrivarvi. Probabilmente, per scrupoli o per quel minimo di affetto che lo legava ancora a sua sorella e a suo cognato per qualche mese sembrò accantonare il suo piano. Si dimostrava più accomodante alle richieste del popolo e lasciava sperare in un barlume di consapevolezza sulle orribili azioni che compiva ogni giorno. Sono assolutamente convinto che mirasse al totale potere sul regno per risentimento: doveva dimostrate a tutti e soprattutto a sua madre che non era un inutile ragazzino ma che potesse essere in grado di fare grandi cose. Comunque, il popolo era scontento e indisponente nei confronti del nuovo Re. I legittimi regnanti erano imprigionati nel loro stesso castello e la principessina, amata da tutti per la sua bellezza e simpatia, rinchiusa in qualche stanza per chissà quale piano malvagio. Maria ed Eclipse volevano aiutare i loro amici e organizzarono una congrega di oppositori. Crearono un piccolo esercito di popolani disposti a morire per il regno. Eclipse era un uomo davvero in gamba, carismatico e fedele ai suoi uomini che trattava con rispetto e devozione. Intanto, il mio rapporto con Aaron cominciava a incrinarsi. Il peso delle sue azioni e il senso di colpa che provavo nei confronti della famiglia reale per aver aizzato il suo animo crudele contro di loro, mi logoravano. Camelot mi aveva avvisato dell’attentato che ci sarebbe stato e, nonostante mi dispiacesse per Aaron, ero convinto che per il bene del Regno sarebbe stato meglio eliminarlo. Poi, quella sera, venne da me. Mi raccontò di quanto si sentisse solo, di com’era difficile per lui crescere un figlio, che ti voleva bene, Bright, e che sapeva di aver perso tempo nel conquistare il trono rinunciando così a costruire con te un rapporto duraturo. Quelle parole mi commossero profondamente e decisi di confessare l’incursione dei ribelli. Gli feci promettere che non avrebbe ucciso nessuno, che avrebbe assolto tutti e che da quel momento avrebbe dovuto migliorare nella guida del regno facendosi consigliare da sua sorella che teneva rinchiusa come una criminale. Diedi per scontate l’influenza che avevo sempre avuto su di lui. Sai fin troppo bene, figliolo, come andarono a finire le cose e puoi immaginare il dolore e il senso di colpa che provo ogni giorno della mia vita ripensando al viso di Camilla, Grace, Eclipse e di tutti quegli uomini che trovarono morte per mano di Aaron ma soprattutto per causa mia. Molte famiglie sono andate distrutte, molte mogli sono rimaste vedove e figli orfani, prima fra tutti Fine. La morte di Elsa e Toulouse mi trafisse il cuore: era totalmente ingiusta e insensata. Impiegai anni a riprendermi da tutto quello che era successo. Mi diedi al vagabondaggio e viaggiai di là dalle montagne e del deserto. Nonostante la distanza e il tempo passato, il dolore che mi opprimeva il petto non diminuiva. Capii che dovevo sdebitarmi con le persone che avevo fatto soffrire, compiere una scelta radicale che avrebbe cambiato la mia vita e mi avrebbe fatto redimere dai miei errori. Il mio era un bel macigno da portarsi sulle spalle ma sapevo che lasciarmi schiacciare da quel peso non avrebbe portato a nulla. La ribellione era l’unica soluzione e sono diventato uno dei nemici più tenaci del Re. Mi sono dato una seconda possibilità conscio che la mia esperienza avrebbe potuto salvare molte vite e ridare speranza ad un regno logorato. Ed è ciò che devi fare tu Bright. Probabilmente ora mi odierai con tutto te stesso, sarai disgustato dalla sola idea di essermi stato accanto. Lo sarei anch’io. Sono solo uno stupido vecchio conscio che non mi dividerò dai miei errori nemmeno con il riposo della morte e credo che sia una punizione più che adeguata. Posso solo dirti che ora sei tu che devi fare qualcosa, lottare. Hai scelto una strada diversa da quella di tuo padre e vanne fiero. Non perdere mai la speranza e non farti abbattere mai dalle accuse che ti sono rivolte. Tutti sbagliano, nemmeno gli eroi hanno il cuore totalmente puro, e chiunque voglia metterti in difficoltà non potrà fare altro che ammirare il tuo coraggio e la tua tenacia nella scelta che hai fatto di cambiare fazione. Non sarà facile, incontrerai tanti ostacoli e persone ostili ma ci sarà anche della bellezza e della gioia. L’importante è rialzarsi, sempre.
Per chi leggera questa lettera oltre a chi vanto di chiamare figlioccio e mio erede, chiedo scusa per tutto il male che ho causato. Non ho mai avuto il coraggio di confessare le mie colpe e questo è stato un altro grande sbaglio. Ingenuamente, confido ancora nella bontà delle persone e spero che forse un giorno, quando tutto questo sarà finito, mi ricorderete, non con rancore, ma per l’uomo che sono voluto diventare dopo quella terribile notte che ha cambiato la vita di molti. Date una possibilità a Bright e Rein, questa è la mia unica richiesta. Fate felice un padre che ha abbandonato troppo presto il proprio figlio.
Bright, ti auguro una vita prospera e felice, non lasciarti mai abbattere da nessuno e ricordati chi sei, sempre. 
servo fedele della ribellione, di Eclipse e suo figlio Shade,
e della dinastia reale di Grace, Elsa e sua figlia Fine,
Omendo.
 




Pubblico con un leggero ritardo questo capitolo che mi ha preso anima e corpo.
E' stata dura decidere di far morire un personaggio che poteva dare tanto nella storia. Questa scelta è stata però necessaria e determinante per la psicologia di Bright e, purtroppo per voi, io non sono un amante del lieto fine. Cioè, questa storia non vi distruggera, ve lo prometto, ma viene comunque trattata una battaglia in una società non troppo tranquilla e civile come si è intuito dai mancati stupri e le impiccagioni. Per renderlo più reale possibile e anche fedele alle mie intenzioni le morti non mancheranno, ve lo garantisco. Ora, tornando alla storia. Come vi ho già detto siamo in una fase di passaggio: lo scorso capitolo riguardava Fine e questo, Bright. Se vi immaginavate lacrime, dolore, urla, inizialmente doveva essere così ma ho pensato che alla fine Bright conosceva da poco Omendo e per quanto il vecchio sia stato determinante per la decisione presa non li si può certo paragonare a una Altezza e una Fine. Bho, io ho sempre visto Omendo come una sorta di grillo parlante che insinuava il dubbio al principe sulla moralità delle sue azioni e di quelle di suo padre. Invece scopriamo che è un doppiogiochista, un traditore della ribellione e uno degli unici amici/confidenti di Aaron. Ecco spiegato il risentimento di qualche capitolo fa dove c'è il loro incontro nelle celle di Mari. Il mio leggero ritardo è dovuto a una correzione dell'ultimo minuto. La storia di Omendo doveva essere meno lugubre ma ho pensato che sarebbe stato interessante vedere tutto quello che è successo da una prospettiva diversa: la storia raccontata dai cattivi insomma. Aaron non è il solito Tiranno, despota, stronzo e bastardo. Ok, forse un pochino lo è ma ha delle motivazioni. In più volevo reinserire la storia di Camilla che non ho affrontato nella maniera giusta. Se ho avuto mancanza di tatto, anche qui mi giustifico: Omendo non avrebbe avuto nessun interesse nell'indorare la pillola a Bright. Ha fatto delle cose orribili, ha aiutato Aaron ha compiere il suo primo omicidio e se ne vergona. Ammettere le proprie colpe è il primo passo per la redenzione e sa che a Bright non servono storielle ma la vera e pura verità che Aaron gli ha sempre fatto mancare. In più lascia trasparire la fragilità di Camilla e il suo coraggio,  che per il bene di suo figlio è disposta a sacrificarsi.
Come sempre aspetto le vostre recensioni e i vostri pareri. Vi prego fatemi sapere che ne pensate che sono abbastanza preoccupata per questo capitolo. Voglio le vostre sincere reazioni e per favore, ditemi se vi ha fatto cagare! Giuro che non mi offendo.
Grazie di tutto, so che siete in tanti a seguirmi e che pazientate ogni settimana ad aspettare i miei "puntuali" aggiornamenti. La prossima pubblicazione dovrebbe essere puntuale giovedì 16 o venerdì 17 aprile, sempre che per l'entusiasmo di aver già quasi finito il capitolo non lo pubblichi prima. In più, per farmi perdonare dai miei continui ritardi ci sarà una sorpresa per le maggiorenni! :) Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Ancora grazie e un meeega bacione
Ele

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Capitolo 23
*** 22. Orgoglio ***


22. Orgoglio
 
Fine, con un sorriso tirato, richiuse dietro di se la porta della stanza.  Aveva compiuto un grande passo, prendendo una decisione importante. Non sarebbe più fuggita dalle sue paure e dalle sue incertezze ma le avrebbe affrontate a testa alta. Sospirò passandosi le mani sul viso stanco. L’indomani avrebbe avuto un nuovo colloquio con Maria che si era dimostrata entusiasta per la sua idea. Tra le cose da fare, però, non c’era solo l’organizzare una guerra ma anche fare pace con un'amica. Altezza era ormai un tassello importante nella sua vita e avrebbe dato tutta se stessa per ristabilire il loro legame. Lasciò il fagotto sul tavolo, riempito velocemente solo qualche ora prima, e prese dal baule la camicia da notte per cambiarsi. Pregustava già la morbidezza delle lenzuola candide e il profumo fresco di bucato che la cullava ogni notte fino all'incoscienza. Slacciò il mantello, ripiegandolo e depositandolo in un angolo, e iniziò a sfilare la casacca. Improvvisamente, una mano le tappò la bocca mentre l’altra la ingabbiò stretta al torace del suo aggressore. Le dita calde dell'uomo accarezzavano soffici il ventre di Fine che spalancò gli occhi terrorizzata. – Prima di spogliarti dovresti sempre controllare che non ci sia nessuno nella stanza. -, le sussurrò una voce roca all’orecchio. Un piccolo brivido, dovuto forse alla tensione o all'intimo contatto, percorse la schiena della ragazza che si rilassò tra le braccia di Shade. Il ragazzo allentò la presa per poi voltare la principessa verso di se. - Dove sei stata? -, iniziò l'uomo. - Shade, io... -, balbettò la ragazza abbassando il capo per guardare il pavimento. Lasciò che solo gli occhi indagassero il cipiglio seccato del ribelle. - Ebbene? -, chiese ancora il cobalto cercando di invitare la rossa a parlare. - Dove stavi andando? -, sbottò e fece un cenno all’abbigliamento comodo della principessa che insieme alla sacca da viaggio, bellamente appoggiato da qualche parte a pochi centimetri da lei, manifestavano la sua intenzione di fuggire. Il tono del cobalto non era accusatorio ma portava quella nota di frustrazione e prepotenza che seccò la ragazza. Arretrò di qualche passo, infastidita dalla vicinanza del ribelle. - Volevo andarmene dall'accampamento. -, ammise, infine, con noncuranza. Il viso di Shade si aprì in una smorfia. - Che cosa cambia ora che lo sai?  -, lo punzecchiò ancora Fine. Le iridi del cobalto, ironiche, si posarono su di lei. - Beh, avrei preferito esserne informato prima invece che arrivare qua e trovare la stanza vuota! -, le parole ora trasmettevano rabbia e la nota canzonatoria del suo sguardo era mutata in delusione. - Che diavolo avevi in testa?! Tornare da Aaron, scappare nel deserto? Non saresti sopravvissuta nemmeno un'ora sola là fuori! -, scoppiò il ribelle.
- Non sono una sprovveduta! -
- Credi che avere una spada e un arco ti faccia essere una guerriera? Non hai la minima idea di che cosa voglia dire combattere; non lo hai mai fatto. -
Parole cattive, che andarono a insinuarsi nel cuore offeso di Fine. Shade non si stava solo riferendo alla sua limitata capacità di usare un'arma, che nonostante gli allenamenti di Altezza non si era affinata particolarmente, ma alla sua intera vita, partendo dalla morte dei suoi genitori e dagli anni di apatia al più recente rifiuto alla ribellione. Certo, il ragazzo non poteva sapere che proprio quella sera aveva cambiato idea e dato una svolta diversa alla sua esistenza ma, comunque, l'accusa bruciava. Asciugò, in un gesto di stizza, le lacrime silenziose che avevano inondato le sue gote. I suoi rubini incrociarono risentiti le iridi scure di Shade. - Mi accusi di essere una codarda e hai ragione. Lo sono e per quanto desideri cambiare, per quanto ci sia quella parte di me che ha deciso di tornare in questa stanza stasera, ho paura, come ne ho sempre avuta nella mia vita. Ho paura di deludere le persone che mi vedono come una Regina, di non essere in grado di uccidere un uomo e di amare. Eppure, sai, credo che a contrario della tua strafottenza, la mia paura sia più che lecita. Non pretendo si essere un’eroina e, probabilmente, mai lo sarò, ma non illudo le persone prodigando la speranza di un mondo migliore quando c'è ancora una guerra da combattere. Ci saranno morti, feriti e dolore ma sia io sia te, Shade, sappiamo che non saremo noi quelli in prima linea che si sporcheranno le mani. Io sto lottando contro me stessa per essere una donna diversa, un giorno, e magari una Regina. Tu, invece, fai combattere ad altri la tua guerra.  Non sei migliore di me e non hai il potere di dirmi quello che devo o non devo fare. -
- Tu non sai di cosa stai parlando. -, le rispose Shade passandosi le mani nei capelli in un gesto esasperato. Sapeva fin troppo bene di non avere alcuna influenza su Fine; l'aveva capito il giorno del suo risveglio, dopo la lunga incoscienza. Per questo si era dimostrato comprensivo con lei, cercando di essere accondiscendente con le sue scelte e i suoi dubbi. Non gli era mai importato troppo di averla a suo fianco nella battaglia, per quanto la sua sola presenza avrebbe dato una svolta diversa agli esiti della rivolta; l'unica cosa che aveva desiderato era averla accanto nella vita, come amica prima di tutto e poi, forse, in futuro, se mai ci sarebbe stato per loro, come compagna. Aveva dato per scontato l'affetto che provavano l'uno per l'altra, quella fiducia che pian piano stavano ricostruendo e ora lei, fraintendendo le sue azioni e le sue parole, lo accusava di essere un ingenuo.  - Non hai idea di cosa vuol dire sopravvivere in una lurida cella per sette anni seviziato tutti i giorni dalle guardie e trattato come un animale. Io so a cosa andranno incontro quegli uomini e non ho mai chiesto a nessuno di aiutarmi. Le persone che mi circondano sono qui perché come me hanno un ideale e vogliono uccidere di tuo zio. -, disse acido. - Mi scuso per averti accusato ingiustamente ma come io conosco poco te, tu conosci poco di me. Ero solo dannatamente preoccupato. -, ammise infine stringendosi nelle spalle. Fece qualche passo verso la finestra spalancata nella notte estiva. - Mi dispiace di averti disturbato Principessa. -, portò un piede di là dal davanzale pronto a calarsi. - Dove stai andando, ora? -, chiese di getto Fine ancora con gli occhi bassi riflettendo sulle parole del ragazzo. - Nella mia tenda a dormire, visto che sono stato sveglio tutta la notte ad aspettare il tuo ritorno. -
Fine fece un passo verso il ragazzo e si portò una corta ciocca rossa dietro l'orecchio, imbarazzata. - Che avresti fatto se non fossi tornata? -
Il suono della risata triste dell'uomo riempì la stanza. Fine sentì i suoi passi sul pavimento di legno che si avvicinavano a lei. Due dita la accarezzarono sotto il mento per invitarla ad alzare il viso. Il cobalto ingabbiò lo sguardo della rossa nel suo. - Avrei mandato tutto a puttane per venirti a cercare. E verrò a cercarti sempre, ovunque tu sia. Per quanto tu non ci creda, sei importante per me.-
Fine rimase affascinata da quelle parole, dalla promessa di un legame, eppure, nel profondo, c’era una nota amara che, alla fine, la portò a parlare. - Perché non lo hai mai fatto in tutti questi anni? -
Non era un'accusa ma una neutra domanda data dalla curiosità. Se volevano riprendere in mano il loro rapporto, non potevano far finta che gli anni di lontananza non fossero mai esistiti. L'angolo della bocca del cobalto si alzò verso l'alto in un triste sorriso. – Non ne avevo il coraggio. -, le spiegò atono. Fine guardò il suo interlocutore alla debole luce del cielo di quella notte. Aveva il viso tirato e profonde occhiaie di chi non aveva riposato molto. I capelli erano spettinati e la postura delle spalle, sempre prepotente e controllata, era leggermente incurvata. Non aveva senso continuare quella discussione; erano entrambi stravolti e la stanchezza avrebbe solo portato a dire altre cattiverie. Quella breve risposta non era sufficiente a sanare gli interrogativi di un’intera vita ma comincia a darle un quadro generale. Sovrappensiero, portò una mano ad accarezzare il viso ruvido di barba del cobalto. Questo chiuse gli occhi, rilassandosi al suo leggero tocco. – Grazie, Shade. -, cominciò Fine, allontanandosi, poi, dal cobalto che, perso il contatto, si avviò verso la finestra. Il ribelle si voltò appena. – Se nelle prossime ore dovessi decidere di andartene, potresti avvisarmi, per favore? -, chiese fingendosi noncurante. Fine gli regalò un dolce sorriso. – Stai tranquillo, per ora non vado da nessuna parte. -, confermò la rossa stringendosi nelle spalle. Vide aleggiare sul viso di Shade una nota ironica. – Domani ci alleniamo insieme? Devi metterti in forma se vuoi affrontare il deserto. -, la canzonò il ragazzo. Quella discussione, seppur brutale, era l'inizio di qualcosa di diverso nel loro rapporto. Fine sorrise. - Dovrò pur imparare a usare quella spada. -Shade si calò dalla finestra e la rossa guardò la sua figura incespicare tra le prese dell'edificio fino a quando l'oscurità dell'esterno non lo inghiottì completamente.
 
 
Uno scroscio d'ali e un pigolio spensierato ridestarono la ragazza dal sonno profondo di quella notte. Le membra erano leggermente intorpidite ma un piacevole senso di soddisfazione le riempiva il cuore. Aprì piano gli occhi verdi per guardare verso la finestra. Un piccolo passerotto, appollaiato sul davanzale, si puliva il piumaggio bruno. Poi, questo si voltò verso di lei e, per qualche momento, alla bionda sembrò di essere osservata. Un mugugno e il movimento delle coperte dietro le sue spalle fecero spaventare l'animaletto che volò via timoroso dall'improvviso rumore. Comunque, Altezza non vi stava più badando. Fissava, sconcertata, la figura dell'uomo accanto a se: i lunghi capelli azzurri erano sparsi sul cuscino e le labbra erano arricciate in un innocente sorriso che intenerirono la popolana e che per un attimo le fecero dimenticare di avere un uomo nel proprio letto. La situazione non era delle più consone considerano il petto villoso scoperto e la presunta nudità sotto il lenzuolo che s’intravedeva a una certa altezza del suo corpo dove un'ostinata protuberanza faceva mostra di se. A quella vista le gote della ragazza divennero vistosamente rosse mentre i ricordi della notte precedente le tornavano a galla: le dita di lui che vagavano avide e delicate sulla sua pelle nuda e che si insinuavano in meandri nascosti; le due labbra e la sua lingua che le stuzzicava il collo e poi più giù, sui seni turgidi; i suoi occhi chiari che la guardavano con desiderio e ammirazione mentre si posavano sulla suo corpo in balia di lui; e non dimentichiamoci di quella presenza, del soldato che anche quella mattina era ben sull'attenti e pronto all'azione e che l'aveva riempita e fatta sussultare dal piacere. L'azzurro era stato un amante passionale e dolce, attento alle sue esigenze e alla sua inesperienza. Il giorno precedente era stato duro per lei: era rimasta scossa dalla litigata con Fine e Auler l'aveva trovata piangente, nascosta in un angolo dell'accampamento. L'aveva riaccompagnata nella sua stanza per poi confortarla e asciugarle lacrime amare. Avevano iniziato a scherzare e poi c’erano state le carezze e quelle parole, che tra gli ansiti, le erano sfuggite dalle labbra. Era stata così ingenua… un forte senso di vergogna la invase, insieme al desiderio di allontanarsi il più possibile da Auler. - Tu!-, il dito accusatore della bionda era steso e minaccioso come non mai. La voce della popolana destò l'uomo che balzò a sedere sul letto guardandosi attorno stranito. - Ehi! -, salutò solo con uno sguardo confuso. - Buongiorno. -
- Esci subito da questa stanza! Hai approfittato di me! -, s’inventò non trovando una scusa sensata. - Che stai dicendo?! -, chiese Auler finalmente cosciente delle accuse che gli erano arrecate. - Non ho fatto niente che tu non volessi! O sbaglio? -
- Ho abbassato la guardia per un secondo, per una volta nella mia vita pensavo di potermi fidare di un uomo ed eccoti nel mio letto, neanche dopo due settimane che ti conosco. Voi maschi siete tutti uguali! Pensate solo con i testicoli! Ecco cosa! -, stava sbraitando la bionda. Vide le labbra del ragazzo incurvarsi in una smorfia triste. Quanto le costava dire quelle parole ma non poteva mostrarsi debole. Raccolse i vestiti maschili da terra scaraventandoli sul ribelle. - Vattene da qui! -
Auler la guardava confuso e incapace di alcun ché. Non aveva circuito Altezza, né obbligata. Era successo, era stata una cosa naturale, attrazione fisica mista a quel brontolio dello stomaco che si scatenava ogni volta che la vedeva. Altezza era sorprendente, alternava momenti s’isteria a una dolcezza e una sensibilità che lasciava ogni volta il ragazzo senza fiato. Era attirato da lei inevitabilmente e più cercava di togliersela dalla testa più lei tornava, inesorabile, a occupare i suoi pensieri. Pensava di essere riuscito a fare un passo avanti con lei e invece, era appena stato cacciato dal suo letto. - Mi hai sentito!? Vattene! - gli ricordò Altezza. Scuotendo il capo stranito si vestì velocemente sotto lo sguardo della bionda nuda, trionfante nella stanza. La superò in pochi passi e appoggiò la mano sulla maniglia. Quella fiammella di delusione, dovuta alla sensazione di essere rifiutato lo portarono a parlare. Si voltò appena. Lei era ancora lì, bella e terribile con le mani ai fianchi e lo sguardo iroso. – E’ stata una delle notti di più belle che io abbia mai passato e so che vale anche per te, lo vedevo nei tuoi occhi, nel tuo sguardo sereno e felice. Che cosa ho sbagliato? Non capisco perché tu voglia allontanarmi. -
La bionda, imbarazzata e tormentata, strabuzzò gli occhi dallo sconcerto. Senza dire una parola, puntò il dito verso la porta e l’uomo, aprì l’uscio, uscendone scompigliato e arrabbiato.
 
 
Fine, vestita di tutto punto, portava tra le mani un vassoio. Una mela, del pane e marmellata e del latte ciondolavano ad ogni passo. - Buongiorno, Principessa. - la salutò una voce. Troppo concentrata a tenere d'occhio le pietanze si spaventò nel vedere l'uomo davanti a se. Il vassoio tremò più del dovuto ma Auler fu più veloce. Acchiappò la mela che stava scivolando a terra e Fine stessa che nel seguire il movimento del frutto si stava inciampando in un'asse. - Oh grazie!-, disse alzando gli occhi sul ribelle. Non aveva ancora avuto modo di incontrarlo ma sapeva chi fosse. Aveva ricevuto precise descrizioni di Auler, il loro eroe, da parte di Altezza. Sospettava ci fosse qualcosa tra i due, o almeno, la bionda era molto interessata anche se cercava di non darlo a vedere. - Tu sai chi sono ma per quanto io sospetti di sapere il tuo nome, non ho ancora avuto l'onore di conoscerti. -, disse Fine guardando curiosa l'uomo. I lunghi capelli celesti scompigliati e il cipiglio stordito, andavano ad alterare la sua bellezza solo lievemente.  - Auler al vostro servizio, Signora. -, rispose l'azzurro chinandosi leggermente. Fine scoppiò a ridere generando uno sguardo interrogativo e anche un po' offeso da parte del ragazzo. - Oh scusa! Non volevo essere maleducata ma è da tanto tempo che qualcuno non mi chiama in quel modo. Poi, non posso permettermi tutta questa formalità con l'uomo che mi ha salvato la vita e, anzi, per qualunque cosa non esitare a chiedere. -
Il ribelle sorrise gentile e ringraziò nuovamente la principessa. - Ora devo andare, Principessa. -
- Chiamami solo Fine. -, lo interruppe la rossa sorridendo divertita. Il giovane appoggiò la mela sul vassoio e la superò nello stretto corridoio. - Un'ultima cosa: -, chiese ancora la rossa e Auler si voltò appena. - qual è la stanza di Altezza? -
- La terza dal fondo. -, rispose pronto l'uomo. Fine gli regalò un sorriso di gratitudine e le loro strade si separarono. Come pensava, quei due si frequentavano e non vedeva l'ora di tartassare un po' la sua amica. La rossa bussò due colpi secchi all'uscio indicatole. - Vattene! Non ti voglio più vedere! -, urlò la bionda dall'interno. Fine arricciò le labbra, stralunata. Decise di insistere. Non si sarebbe lasciata abbattere dal primo ostacolo. - Sono Fine. -, specificò e in pochi secondi il legno fu aperto. La ragazza comparve vestita solo della camicia da notte e la guardò stupita. - Che ci fai tu qui? -
Fine alzò timida il vassoio con le cibarie. - Ti ho portato la colazione. -
Per qualche secondo ci fu un silenzio imbarazzato e carico di aspettativa. La popolana avrebbe benissimo potuto chiudere la porta in faccia alla rossa facendo diventare il suo tentativo di pace un fallimento. Le iridi smeraldo cercarono quelle cremisi. - C'è la marmellata? -
- Sì, di frutti di bosco. -, specificò la principessa conoscendo i gusti dell'amica. Altezza lanciò un’occhiata furtiva sul corridoio, oltre la figura dell’amica. Poi, si spostò leggermente per farla entrare.
 
 
- Che ci faceva qui Auler? -, chiese Fine a bruciapelo cogliendo la bionda di sorpresa. Altezza si era dimostrata particolarmente bendisposta nell'accettare le sue scuse e la questione si era risolta brevemente. Fine aveva raccontato all'amica tutto quello che le era successo, soprattutto riguardo a Shade. Stranamente, non era inveita contro il capo dei ribelli e Fine, insospettita, aveva deciso di fargli la fatidica domanda. La vide arrossire vistosamente, distogliere gli occhi frettolosa, posandoli sul giaciglio dalle lenzuola disordinate, e stringersi i sensi incrociando le braccia al petto. - Auler, chi? -, provò con voce stridula. Fine scoppiò a ridere sguaiatamente mettendo ancor più in imbarazzo l'amica. - Sei andata a letto con lui! -, urlò avendo seguito gli occhi dell'amica e collegando velocemente gli indizi. Altezza si alzò dalla sua sedia insofferente per essere stata scoperta. Il movimento brusco fece cadere il mobile a terra. - Che dici?! Non è vero!  -, tentò cercando di proteggersi. Fine arricciò le labbra, divertita. - È stato bravo? -, chiese infine dando il colpo di grazia ad Altezza. Quella alzò la sedia e vi si risedette malamente, piagnucolando. – E’ stato magnifico. -, ammise infine la ragazza sospirando amareggiata. – E allora perché quella faccia triste? -, chiese la rossa cogliendo il malumore dell’amica. Il problema era si era innamorata subito, in modo totalmente irrazionale che le lacerava lo stomaco ogni volte che lo vedeva. Auler era bello, gentile, di buone maniere, caratteristiche che avevano spiazzato Altezza abituata a uomini rudi e stupidi. Aveva sempre dubitato che un uomo del genere sarebbe mai riuscita a prenderla, lei che aveva un carattere forte e difficile ma sotto la scorza di educazione e galanteria il ragazzo celava determinazione e forza, la sua vicinanza le dava un senso di protezione e conforto che non aveva mai provato e che l'attirava a lui. - Allora? -, riprovò Fine ridestandola dai suoi pensieri. La bionda schioccò le labbra, scocciata. – Gli ho detto che lo amo. –
Fine guardò stralunata l’amica. –E…? -, cercò di invitarla a parlare non capendo comunque tutta quella disperazione. La bionda scosse vigorosamente la testa, sbattendo le mani sul tavolo – Mi sono esposta, mi sono mostrata debole ai suoi occhi. Magari per lui è stata solo una notte e via, ma io mi sto innamorando davvero. -, ammise infine, accasciandosi di nuovo sul tavolo. – L’unico modo per scoprirlo è parlarne con lui, non credi? -, tentò Fine di rincuorarla. Gli occhi smeraldo della popolana spuntarono appena sotto la massa di riccioli chiari. - E tu che ne sai di queste cose? -, stuzzicò la principessa seccata di essersi confidata troppo. Fine arrossì. - Non molto, in realtà. Con Shade è tutto così strano. Magari con il tempo le cose si sistemeranno. Comunque, mi è capitato di sentire le serve che parlavano dell’argomento e Rein, a volte, si confidava. -, le spiegò la rossa. Altezza vide Fine abbassare le iridi cremisi tristi. Rein era stato il suo unico rimpianto nel lasciare il castello. Certo, non poteva definirla amica come lo era Altezza che le aveva donato tanto e che era quasi una sorella per lei, ma la damigella l'aveva spesso aiutata e confortata nelle giornate solitarie, dove la nostalgia e il rancore venivano a galla. Era stata il suo unico conforto e lasciarla nelle mani di suo zio e suo cugino non la tranquillizzava. Sperava non le avessero fatto del male, dopotutto Bright era affezionato all’azzurra. Altezza si avvicinò e la guardò comprensiva. - Sono sicura stia bene-
 


Buongiorno a tutti!
Pubblico con un leggero ritardo rispetto a quello che avevo programmato. Il capitolo è più lungo del solito e mi ha preso davvero moltissimo tempo, SI tratta di troppe cose, difficili da trattare. Finalmente ricompare un momento RedMoon, molto significativo che, come già anticipato nel capitolo darà una svolta importante al loro rapporto. Shade ha smesso di fare il figo con Fine, il ribelle tormentato e leggendario che vuole farsi passare. Ha capito che Fine vuole molto di più e che devono  ricostruire da capo il loro rapporto senza dare per scontato nulla. Si lasciano con una promessa e il prossimo capitolo vedremo come andrà. Altezza e Auler, aaah quanto mi sono divertita a scrivere di loro. In questo capitolo non si dice granchè e ho cercato di essere il più discrta possibile per non alzare ulteriormente il rating. Per le maggiorenni, come anticipavo, nei prossimi giorni pubblicherò un missing moment in cui racconto del loro primo bacio e di quello che è successo in questa fantomatica nottata. Tenete d'occhio Efp, quindi. Ci saranno parecchi riferimenti alla storia e capirete meglio il loro rapporto ma comunque riprenderò anche all'interno della stessa ff e nei prossimi capitolo la loro storia. Il momento finale tra Altezza e Fine è molto significativo. Non ho voluto annoiarvi riprendendo cose già dette e finalmente vediamo Fine punzecchiare Altezza. Anche la parte finale, su Rein, non è stata inserita a caso. Capirete il perchè. Per chi dovesse domandarsi come mai ho scelto di intitolare il capitolo "Orgoglio", mi sono riferita all'orgoglio di Altezza nel non voler essere la prima a esporsi e quello di Fine e Shade che, per orgoglio, faticano a venirsi incontro. Che altro devo dire? Ringrazio coloro che mi seguono e chi, ogni tanto, mi concede un commentino. Grazie mille per tutto.
Ele

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Capitolo 24
*** 23. Nascondino ***


 
23. Nascondino
 

- Voglio parlarne con Shade. -, cominciò Fine guardando con un cipiglio serio la donna davanti a se. Quella scosse il capo con un sorriso divertito. Appoggiò i piatti colmi di brodaglia sul bancone e suonò un piccolo campanello. – Tavolo dodici! -, sbraitò mentre da un angolo dell’ampia taverna alcuni uomini si alzavano per prendere il cibo. Mentre la principessa e Maria discutevano del nuovo piano, era arrivata l’ora di pranzo. I commensali erano arrivati numerosi e affamati alle porte della locanda. Solitamente, la donna e Milky si occupavano di dare da mangiare alle guardie che vegliavano sull’accampamento. L’estensione di quest’ultimo era notevole quindi si trattava di riempire la pancia a un centinaio di persone. La rossa era stata liquidata in malo modo e, poco soddisfatta, si apprestava a seguire la padrona di casa in ogni suo movimento.
 – Non possiamo parlarne più tardi? -, provò la cobalto decisamente indaffarata.
La giovane scosse il capo guardando la sua interlocutrice negli occhi. – Perché devo tenerglielo nascosto? -
- Non voglio mentire a mio figlio ma non sarà semplice convincerlo. –
- Perché mai?! Risparmieremo la vita di moltissime persone. -, cantilenò esasperata la futura regina.
- Non è detto che troverai davvero quello che ci serve; il che rende il tutto precario e assurdo. –
- Non è solo per questo, vero? -, provò la rossa scorgendo sul viso di Maria una nota amara.
La donna si asciugò nervosa le mani nel grembiule prima di passare a un uomo alcuni piatti. Fine appoggiò sconfortata la testa sul legno del ripiano, delusa dal silenzio della cobalto. Uno stridio di stoviglia la portò a posare le sue iridi cremisi su una minestra profumata e dei premurosi occhi scuri.
– Mangia che ne hai bisogno. –, esordì Maria.
- Non mangerò finché non avremo chiarito questa faccenda. -, disse risoluta la ragazza.
Lo sguardo della cobalto, però, non ammetteva repliche e, alzando gli occhi al cielo, Fine afferrò di malavoglia il cucchiaio immergendolo nella zuppa e portandolo, poi, alle labbra. Riconobbe subito il sapore dolce della carota e della zucca e, scoprendosi affamata, iniziò a trangugiare tutto il liquido. La locandiera la guardava di sottecchi, con un sorriso soddisfatto, mentre serviva i suoi ospiti. Passò del pane a un soldato per, poi, voltarsi nuovamente verso la principessa. Prese una lunga ciocca scura e cominciò a rigirarsela tra le dita, nervosa.
- Sono convinta che il tuo piano andrà a buon fine, Fine. Ne sono sicura nonostante sia un progetto quasi folle. La cosa che mi preoccupa è che ti serve tempo e non ne abbiamo. Shade ha rimandato per molto l’inizio della battaglia per aspettarti ma, ora che sei qui, che motivo avrebbe di attendere oltre? –
Fine spalancò gli occhi cremisi, sorpresa. – Sapeva che lo stavo cercando? –
La cobalto scosse il capo infastidita. – E’ una mia supposizione; non ne sono certa. Comunque, non è questo il punto. –
- Che intendi? –, chiese alla fine la rossa coinvolta dalle parole della donna.
- Per quanto tutti noi desideriamo liberare il regno per tornare a vivere in pace, questo non è l’unico obiettivo di mio figlio. -, ammise, infine, Maria con un sospiro rassegnato.
La principessa rimase interdetta per qualche secondo ma capì. Aveva conosciuto anche lei il desiderio di vendetta e sapeva che non era facile da estirpare. Il suo folle sentimento era stato soffocato dalla verità delle parole di Camelot e la rabbia si era trasferita sull’originale fonte delle sue sfortune, cioè suo zio Aaron. Eppure, accanto alla delusione aveva dovuto ammettere a se stessa di non essere in grado di uccidere un uomo, soprattutto se questo l’aveva cresciuta e allevata come un padre. Per eludere la sua stessa codardia aveva meditato un modo per evitare un massacro inutile e sconfiggere il Re senza per forza togliergli la vita. Per Shade, invece, non sarebbe stato così semplice andare oltre alla propria brama di sangue e lasciar correre sulla crudele morte del padre. La ragazza incontrò disperata le iridi scure della cobalto.
- Maria, non puoi permettere che degli innocenti muoiano solo perché tuo figlio non vuole ragionare. -, la criticò sperando di convincerla a parlare con Shade.
- E’ proprio per questo che ti chiedo di non dirgli nulla. Credi che non abbia mai provato a fargli mettere da parte questa stupida faida? Sono la prima a volere giustizia, non solo per mio marito ma anche per i tuoi genitori e le persone che sono morte con loro, ma una vendetta cruda e folle non è la soluzione. Devi agire senza che lui lo sappia, o comunque, senza che possa fare nulla per impedirtelo; anche perché non stiamo parlando solo di trucidare tuo zio… -.
La rossa alzò interessata le sopracciglia sottili scrutando attenta la donna. – Che cosa vuol dire? –
Maria si guardò attorno dubbiosa per poi abbassarsi sul bancone all’altezza del viso di Fine. – Credi che Shade ti lascerà andare ora che ti ha ritrovata? -
 

La porta della locanda si aprì con un tonfo rivelando un accigliato ribelle, reduce da una frustrante discussione con Auler. Appena scorse la figura di Fine accanto a sua madre, però, il viso si distese in un sorriso.
 – Buongiorno, Principessa. -, cominciò a mezza voce avvicinandosi alla ragazza. Gli uomini ai tavoli vicini lo squadrarono incuriositi, ma lui non ci fece caso. La sua attenzione era rivolta alle linee gentili ed eleganti della rossa e al suo corpo sottile, fasciato da un candido abito. Le labbra carnose di questa si aprirono in un sorriso di circostanza.
– Buongiorno anche a te. -, rispose solo la donna scambiando uno sguardo d’intesa con Maria. La cobalto le prese il piatto vuoto da sotto il mento e, alzando le spalle con noncuranza, si dileguò in cucina.
- Sei pronta per l’allenamento? -, chiese il ribelle riportando l’attenzione della ragazza su di se.
Fine annuì. – Devo solo andare a prendere arco e spada. –
- Per ora non ti serviranno. -, chiarì Shade con un sorriso sornione stampato in volto. – Per quanto mi dispiaccia dirti di togliere quel vestito, sarebbe anche meglio un abbigliamento più comodo. –
La rossa abbassò, confusa, lo sguardo sulla gonna. – Mi hai appena fatto un complimento? -, domandò alzando scettica ma divertita un sopracciglio e avviandosi verso la sua stanza.
- Ti sembra così assurdo che possa essere gentile? -, continuò il cobalto seguendola.
La giovane si voltò appena regalandogli un’occhiata ironica. – Sei stato più sbruffone che gentile. –
- Questo insulto non mi è nuovo. Non è che passi troppo tempo con Altezza? -, la provocò il ribelle.
- Sto cominciando a pensare che Altezza non abbia poi tutti i torti. -
Intanto, erano arrivati davanti nella camera della principessa. Questa aprì la porta per poi richiuderla velocemente alle sue spalle. Un tonfo le indicò che Shade aveva preso una testata ma non se ne preoccupò, avvicinandosi al baule per cambiarsi.
- Era un modo carino di dirmi che non posso entrare? -, domandò una voce ovattata dall’altra parte del legno.
- Esatto, - rispose solo la rossa cominciando a slacciarsi il corpetto del vestito davanti allo specchio. – Se non sbaglio, sei stato tu a dirmi di assicurarmi che non ci siano pervertiti mentre mi cambio. –
Il ragazzo sbuffò sonoramente e si appoggiò con la schiena all’uscio. Il sostegno, però, fu aperto dall’interno e Shade barcollò indietro nella stanza. Ritrovato l’equilibrio, si voltò per incontrare le iridi imbarazzate della principessa.
La rossa si girò appena per far vedere i lacci sul busto. – Mi daresti una mano? –
Il ribelle richiuse la porta dietro di se e si avvicinò alla ragazza. Questa, di nuovo davanti allo specchio, osservava i movimenti sicuri di Shade che allentava, asola dopo asola, il cuoio. I capelli scuri nascondevano leggermente alla sua vista il viso concentrato del ragazzo. Sentiva, attraverso la camiciola leggera, le mani calde che le accarezzavano con piccoli tocchi la schiena. La ragazza si ritrovò ad arrossire a quel contatto.
- Ecco fatto. -, spezzò il silenzio il cobalto, alzando lo sguardo sulla principessa tramite il riflesso.
Questa, con le braccia strette al petto per tenere il tessuto slacciato, gli sorrise timidamente. - Grazie. –, sussurrò per poi abbassare lo sguardo a terra. – Ora girati che finisco di cambiarmi. -, aggiunse tornando a scrutare l’immagine del cobalto nello specchio. Le loro iridi s’incontrarono e il ragazzo si strinse nella casacca voltandosi verso la parete.
La principessa piegò velocemente il corpetto lanciandolo nel mobile vicino al letto.
- Sei esperto nello slacciare vestiti femminili. -, continuò la donna cercando di alleviare il proprio disagio e rompere la tensione che si era creata. Fece cadere a terra la pesante gonna per, poi, infilarsi velocemente le braghe.
Il viso di Shade si aprì in un sorriso malizioso che la rossa poté solo immaginare tramite le sue parole. – Non sei la prima che mi chiede questo favore. –
Per quanto conscia di essere stata lei stessa a provocarlo, Fine rimase un po’ ferita da quell’insinuazione.
 – Non mi stupisce. -, si lasciò sfuggire la rossa con un tono deluso che, però, il ragazzo non mancò di notare.
Consapevole dell’errore che aveva appena fatto, si voltò per cercare di rimediare ma si bloccò. La rossa, a petto nudo, si stava chinando per prendere la maglia da indossare. I pantaloni di pelle fasciavano affettuosi il sodo sedere della rossa. Poi, le iridi cobalto incontrarono, senza essere notate, il ventre magro, i piccoli ma pieni seni rosei e, infine, il pendente gioiello. Notevolmente arrossito, riportò la sua attenzione all’interessante parete della stanza cercando di darsi una calmata, soprattutto all’altezza dell’inguine.
L’abitacolo era riempito solo dai rumori delle vesti che frusciavano sulla pelle candida di Fine. Poi, Shade, sentì i passi della principessa avvicinarsi mentre una mano si appoggiava leggera sul suo braccio, invitandolo a guardarla. Ora, la copriva una larga casacca e il ribelle si trovò a fissarla, probabilmente con uno sguardo inebetito che fece sorridere, divertite, le labbra della principessa. Ora che Shade sapeva cosa nascondeva sotto gli abiti, non avrebbe mai più potuto guardarla ingenuamente.
- Immagino che queste fortunate ragazze siano tutte rimaste ammaliate dalla tua abilità. -, commentò ancora la ragazza precedendolo verso l’uscita.
Il cobalto guardò la sua figura minuta allontanarsi e le iridi scure ricaddero sulle gambe affusolate. La ragazza si voltò per invitarlo a seguirla e scorgendo il suo sguardo alzò scettica un sopracciglio.
 – Allora? -, chiese spazientita.
L’uomo si riscosse dai suoi pensieri poco casti e sfoderò il suo ghignò più sbruffone. – Infatti, mi chiamano l’Incantatore di corpetti. –
Fine lo guardò rassegnata e divertita. – Sei proprio stupido. -, commento solo, prendendo poi la strada per l’esterno dell’edificio.
 
 
Le gambe si alternavano veloci tra i cespugli e i rovi del bosco. Il fiato corto e il dolore allo sterno le indicavano la sua stanchezza ma non poteva fermarsi. Le labbra si aprirono in un sorriso divertito ma tornò immediatamente concentrata: la posta in gioco era alta e non gli avrebbe mai dato una tale soddisfazione.
6… 7… 8… 9…
Teneva mentalmente il tempo per capire quanti secondi le mancavano: solo una ventina, non abbastanza da trovare un buon nascondiglio ma poteva distanziare il suo nemico.
15… 16… 17…
Che cosa farebbe lui?
Domanda stupida da porsi. Erano entrambi troppo cambiati, troppo diversi.
Eppure eccoli lì, a giocare a nascondino nella foresta, come se il tempo, per scherzo o per destino, si fosse divertito a riportarli nel passato. Aveva rivisto il suo Shade nello sguardo astuto e malizioso dell’uomo che ora portava quel nome. Aveva sentito il calore delle sue mani sulla sua pelle mentre parava i colpi di un estraneo. Aveva assaporato il suo odore quando si era ritrovata sormontata da un corpo maturo che l’aveva atterrata dopo una mossa.
Quel pomeriggio, Fine si era stupita a sentire provenire una risata aperta e felice dalla sua stessa gola; e aveva riso tanto, poi, riscoprendo Shade per quello che era; e non era poi così diverso da quello che si era aspettata.
Perciò sì, doveva pensare come lui per batterlo e d’istinto trovò la soluzione.
 28… 29… 30…
La voce del cobalto risuonò tra gli alberi e la avvisava che la sua ricerca era cominciata. La rossa afferrò con un salto un ramo basso e, pian piano, s’issò verso la cima dell’abete, dove gli appoggi erano più stabili ed era comodo sedersi. La resina le rendeva le mani appiccicose e gli aghi le pungevano la pelle ma non si fermò. Era stato lui a insegnarle di non avere paura delle altezze, a portare al limite il proprio corpo per passare oltre e scoprire qualcosa di nuovo: che fosse un nido di uccelli o determinazione poco importava. Shade la spingeva a provare e conoscere Fine: quella con il corpo da donna e il cuore da Regina che si faceva strada tra le macerie della sua anima sofferente. Sorrise sentendo il ragazzo sbraitare che l’avrebbe trovata a tutti i costi e la principessa, sotto sotto, si ritrovò a sperarlo. Dopo qualche minuto di silenzio, Fine vide Shade passare sotto il suo albero. La rossa trattenne il respiro per paura di essere scoperta. Lo vide inchinarsi a terra e tastare il terreno e, soprattutto, le impronte che la principessa aveva lasciato. Si diede della stupida, rendendosi conto di essere nei guai. Infatti, vide il ribelle alzare lo sguardo e appena scorse la figura tra le fronde, sorrise trionfante.
- Ti ho detto che ti avrei trovata. -, commentò con un ghigno soddisfatto in volto.
La giovane alzò gli occhi al cielo ma sorrise.
- Ora devi pagare pegno, Principessa. Scendi. -, continuò il cobalto facendole segno con l’indice di raggiungerlo.
Fine scosse la testa. - Non ne ho la minima intenzione. –
Lo vide portarsi le mani ai fianchi. – Non renderti ancora più ridicola, perdente. Se non vuoi darmi tu ciò che mi spetta, me lo vengo a prendere io. –
Senza che la rossa rispondesse, il ribelle agguantò il primo legno e scalò agilmente l’albero. Si acciambellò su un ramo adiacente a quello di Fine e la guardò con un sorriso malizioso. – Sei in debito, mia cara. –
La principessa incrociò le braccia al petto e incatenò i suoi rubini alle iridi scure di Shade con uno sguardo di sfida. – Perché mai dovrei concedere la mia virtù per una stupida scommessa? –
Shade strabuzzò gli occhi. – La tua virtù? Non credevo ci tenessi tanto… -, cantilenò lasciando in sospeso la frase, sapendo di pungere sul vivo la giovane.
- Eravamo bambini, Shade. Non è la stessa cosa. -, puntualizzò Fine, cogliendo veloce a cosa il ribelle si riferisse, ma si concesse un leggero sorriso al ricordo.
Il cobalto arricciò le labbra, cocciuto nel voler riscuotere la sua vincita. - E cosa ci sarebbe di diverso? -
- Noi siamo diversi. -, confessò la principessa mentre le sue gote s’imporporavano.
Il cobalto sfoderò uno dei suoi ghigni strafottenti che infastidivano Fine ma che allo stesso tempo lo rendevano terribilmente bello. Questo si avvicinò, sporgendosi nel vuoto verso il viso della ragazza. - Intendi che siamo un uomo e una donna? -, la punzecchiò con una voce calda e soave.
La principessa si trovò ad alzare le spalle, confusa. – Non si tratta solo di questo. –
Il cobalto si sistemò meglio sul tronco appoggiando la schiena alla ruvida corteccia. Alcune temerarie formichine zampettavano vicino al suo collo e curiose di esplorare meglio l’appetitosa carne dell’intruso si arrampicarono su di lui. Con noncuranza, il ragazzo le scacciò con una mano. Poi, si soffermò a guardare il cielo limpido tra le fini foglie della pianta. – Se vuoi delle risposte, sono pronto a dartele. -, disse, infine, sotto lo sguardo vigile della donna.
Questa abbassò le iridi, pensierosa. Non che Fine non avesse domande da porre, anzi, tra i motivi per cui aveva permesso a Shade di avvicinarla c’era anche la voglia di sentire la sua storia, quella vera; eppure si sentiva meschina, scoprendo ciò che le premeva sfruttando il suo punto debole: il desiderio di farsi accettare da lei.
- Non voglio obbligarti a raccontarmi nulla, se non te la senti. -, decise di precisare la ragazza, vincendo sulla sua curiosità.
Il ragazzo si voltò lentamente, incontrando gli occhi cremisi di Fine, pieni di speranza. Era da troppo tempo che non scorgeva sul suo viso quell’emozione e capì quanto gli fosse mancata. Nei chiari specchi dell’anima di Fine, il ribelle lesse tutta la voglia di sapere la verità, non per giudicare ma per, finalmente, iniziare a camminare insieme; e se voleva che Fine fosse la compagna della sua vita non poteva più nascondersi.
 



Dopo settimane di agonia - e credetemi se vi dico che lo sono state anche per me - è arrivato l'aggiornamento!
* dà il via alla rivolta delle lettrici*
Calmatevi Signore! Il ritardo è stato imbarazzante ma spero davvero che ne sia valsa la pena. In un particolare momento di ispirazione sono riuscita a concludere il capitolo lasciato in sospeso per giorni ed eccolo qui, come sempre molto diverso da quello che immaginavo, ma credo e spero, comunque interessante.
Non mi dilungo troppo perchè essendo il capitolo leggermente più lungo sarete anche stanche di leggere i miei soliloqui e le mie parole senza senso. In questa fase della storia mi concentrerò molto di più sulla relazione tra Fine e Shade, perchè poi ci saranno parecchi colpi di scena e non vorremmo mai  * sfodera uno dei suoi sorrisini sadici più folli * che tra questi due ci siano dei malintesi.
Ma partiamo dall'inizio.
In molte mi avete chiesto di approfondire la relazione tra Maria e Fine. Per motivi di trama non ho volutamente specificato di cosa si tratta il piano di Fine ma Maria è assolutamente coinvolta e aiuterà al meglio la sua figlioccia. Come potete notare, le donne di casa Moon hanno una particolare passione per la psicologia sentimentale e aiutano la nostra sfigatissima - in amore - protagonista
a trovare una soluzione ai suoi guai. L'argomento non è proprio lampante ma comunque se una madre va a confessare alla futura nuora (forse) certi particolari della vita del figlio, un po' vai comunque a infierire sulle dinamiche di coppia. Ok, come sempre sto vaneggiando. Passiamo ad altro ma, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.
Fine e Shade, bhè che dire a parte che mi sto divertendo un mondo a scrivere di loro due. Sono assurdamente cocciuti nel loro desiderio di sopravvirere al dolore e non riescono a trovare un accordo. Cioè, ora le dinamiche tra loro stanno cambiando e spero si sia notato. Non è un tentativo di affrettare le cose ma mi immagino davvero che tra loro si sia creata una sorta di mistica armonia che è anche terribilmente facile da spezzare. Fine sta cercando di lasciarsi andare con lui, nonostante debba omettere particolari importanti della sua vita (tipo la decisione, in combutta con la madre del tuo pretendente, di ostacolare i suoi piani di vendetta). Mostra i primi segni di gelosia e, come per ogni normale donna che ha davanti agli occhi un uomo bello e sexy, gli ormoni chiamano al rapporto. Si stanno ri-scoprendo, ri-conoscendo e stanno portando avanti la promessa che si sono fatti nello scorso capitolo. Fine fa ancora un po' la rigida ma alla fine si diverte di brutto con lui lì. Per quanto riguarda Shade dico solo che ha capito tutto. E' la mia salvezza per portare avanti il loo folle rapporto amoroso. La Princess è ancora fin troppo tra le nuvole. Non ho altro da aggiungere se non che nel prossimo capitolo riprenderemo proprio da questa scena e ci sarà un mega confessionale del bel tenebroso: non proprio una cosa da Grane Fratello ma piuttosto un RVM di Amici.
Per chi ancora non avesse avuto modo di leggere, vi lascio il link  - 
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3129618&i=1 - del Missing Moment tra Auler e Altezza.
Mi scuso ancora per il ritardo ma sono davvero presa con millemila cose e con i preparativi di un mega viaggio che mi prenderà ben tre settimane delle mie vacanze.
Vi ringrazio che mi seguite numerosi, sia i lettori silenziosi sia le amorevoli signorine che si prendono la briga di lasciarmi un commentino. Con i vostri commenti mi cambiate la giornata, rendendola migliore e dandomi la forza di portare avanti questo assurdo e infinito progetto ( come se non ci fossero scrittrici su efp che abbiano mai finito una ff ahahah ). Comunque grazie davvero e aspetto ancora le vostre recensioni. Come sempre, ribadisco, che le critiche sono ben accette e anzi, Ayako Yume spero di aver alleggerito un po' la forma del testo. Ho provato a spezzare di più ma i vizi sono duri a morire, per cui fammi sapere come va.
Ora me ne vado davvero! E' più l'angolo autrice che il resto! Ahhaha mi ritiro!
Un bacione enormissimo a tutti!
Ele

 

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Capitolo 25
*** 24. Da mi basia mille ***


24. Da mi basia mille*
 
- Per quanto possiamo fidarci l’una dell’altro, e sono convinto che sia così Fine, -, cominciò Shade riportando le iridi cremisi della principessa su di sé, - abbiamo bisogno di onestà tra noi e completa sincerità. Finché cerchiamo di nasconderci dietro le nostre paure e il nostro orgoglio non riusciremo ad andare oltre. –
Fine arricciò le labbra in un’espressione dubbiosa.
– Quindi risponderai a tutte le mie domande? –
Il cobalto annuì appena, concedendosi un piccolo ghigno.
- Non sarà semplice per me. -
- Non lo deve essere e non lo sarà mai. -, la ragazza si scostò una ciocca di capelli dal viso. - Le nostre vite sono sempre state così... -, aggrottò le sopracciglia fini soppesando le parole. - ... gonfie di dolore che non riusciamo a concepire qualcosa di diverso, facile e luminoso. -
Fine alzò lo sguardo per scorgere negli zaffiri di Shade sorpresa. Il ragazzo sospettava che con quelle parole la principessa non si riferisse solo a quel momento di confidenza ma piuttosto a un qualcosa che stava nascendo, un sentimento bello e fatale che si stava facendo spazio nei loro cuori. La donna arrossì.
– Cominciamo? –
- Vai. -, la invitò il ribelle sistemandosi meglio sullo spigoloso tronco e sorridendo divertito all'imbarazzo che aveva scorto sulle gote di Fine.
- Camelot mi ha detto che eri nello studio di mia madre con i miei genitori quando furono uccisi. -, cominciò la principessa rigirandosi le dita. - Che cosa è successo? –, concluse alzando lo sguardo su Shade.
Questo non si aspettava che la donna andasse subito al punto.
- Fine… -, sussurrò, infatti, il ragazzo, titubante.
- No, Shade. –, lo rimproverò spazientita la rossa. – Mi hai appena promesso che avresti risposto a tutto senza esitazione. –
Il cobalto sospirò.
 – Quella notte, dopo che me ne andai dalle tue stanze, raggiunsi Elsa e Toulouse nel loro studio. Erano stupiti di vedermi ma anche entusiasti all’idea che un giorno saresti stata mia moglie. Tua madre mi confermò che tra le nostre famiglie era già nato un tacito accordo riguardo al nostro matrimonio ma che era necessario riportare allo splendore la nostra casata. –
Fine strabuzzò gli occhi a quelle parole.
– Casata? –
Shade arricciò le labbra, annuendo.
– Anch’io lo scoprii quella sera. A quanto pare ho origini nobili ma la mia famiglia è stata bandita da questo Regno parecchi anni fa, circa durante il periodo della peste. I Moon erano tra gli ultimi rimasti di un’epoca antica, diversa, e furono accusati di aver dato inizio alla pestilenza. Fortunatamente, mia madre ed Elsa erano molto amiche e Grace fu clemente con loro. –
- Che intendi per diversa? –
- La leggenda dice che le donne Moon hanno il dono della preveggenza. E’ un potere che fa paura, anche se ha poco a che fare con la magia. –
- Tu credi che sia davvero così? –, chiese Fine scioccata da quella notizia.
- La magia non esiste, Fine. Se così fosse, vedrei mia madre e mia sorella avere convulsioni ogni ora per una visione. Probabilmente, Grace aveva bisogno di un capro espiatorio per placare l’isteria del popolo, soggiogato dalla superstizione, e anche di sbarazzarsi di una nobiltà scomoda. Il suo gesto deve aver creato parecchi rancori a corte che poi si sono tramutati nel famoso tentativo di usurpare il trono. Comunque, Toulouse mi rivelò che quella notte mio padre si sarebbe riscattato agli occhi del popolo e che, se tutto fosse andato secondo i piani, tu ed io avremmo potuto sposarci. Mi disse che avrei dovuto prendermi cura di te e che per il momento sarei dovuto tornare a casa perché era pericoloso stare nel castello. Poi, bussarono alla porta…
 
 Marito e moglie si scambiarono un’occhiata preoccupata. I rintocchi della mezzanotte non erano ancora scoccati; era ancora troppo presto per l'arrivo di Eclipse. Elsa si passò nervosa una mano sul volto e si alzò dal suo scanno per avvicinarsi alla porta. Intanto, l’azzurro prese Shade per le spalle e gli intimò, silenziosamente, di nascondersi all'interno di un baule.
- Qualunque cosa succeda, non muoverti e non fiatare. -, gli sussurrò prima di richiudere il legno.
La rossa lanciò uno sguardo d’intesa a Toulouse che annuì. Allora, aprì piano l'ingresso sbirciando all'eterno della stanza. La figura di Aaron si presentò ai suoi occhi cremisi, fiera e offensiva.
- Fratello? -, lo salutò incerta la donna mentre il parente, con un calcio all’uscio, si faceva largo nell'ufficio.
 - Hai bisogno di qualcosa? -
A quelle parole, l'uomo si voltò verso Elsa che era stata raggiunta dal coniuge. Prontamente, il marito mise le sue grandi e forti mani sulle spalle dell'amata, per confortarla e proteggerla, anche se sapeva bene che Elsa era una donna forte. Aaron si lasciò andare in un sorriso ironico.
- Bella domanda, Elsa. Bella domanda... -, ripeté le parole con una vena cattiva nella voce.
- Troverai strana questa mia visita a tarda notte ma proprio non potevo rimandare. Sai, mi è giunta voce che qualcuno, all'interno nel castello, mi ha tradito. -
La donna strinse i pugni mentre la presa di Toulouse sulla sua clavicola si faceva sempre più pressante.
- Come possiamo aiutarti Aaron? -, tentò con voce dolce e accondiscendente.
Il bruno piegò le labbra sottili in un ghigno e piegò appena il capo.
- Sul serio, Elsa, non lo immagini? –
Nella stanza cadde un pesante silenzio mentre i due legittimi regnanti attendevano le parole del Re che avrebbero deciso la loro sorte. L’uomo iniziò a vagare avanti e indietro nella stanza, una mano appoggiata alla cintola dove teneva la spada e l’altra che accarezzava lievemente la scrivania in ebano della rossa.
- Per quanto ti abbia sempre odiato, Elsa, abbia cospirato contro di te e nostra madre prendendomi il trono non mi sono mai spinto fino a questo punto. Ho sempre nutrito del rispetto nei tuoi confronti che mi hanno portato a risparmiare te e la tua famiglia anche quando la vostra presenza avrebbe intralciato i miei piani. E, proprio ora che pensavo di poter avere fiducia nel mio parentado, tu mi hai voltato le spalle, cercando di colpirmi proprio nel cuore della mia casa. –
Il tono del bruno non sembrava arrabbiato ma solo leggermente isterico.
- Tu non hai mai avuto rispetto per nessuno, Aaron. Hai ucciso nostra madre come se niente fosse, come se non fosse stata lei a donarti la vita e a crescerti. -, sussurrò Elsa con voce roca.
La risata del Re riempì l’aria.
- Non scomodare i morti perché è proprio colpa della donna che ancora tu onori se siamo arrivati fin qui. Il mio unico desiderio è sempre stato quello di essere amato e apprezzato ma lei era troppo concentrata a idolatrare la sua prediletta. Anche quando mi sono fatto una famiglia, è riuscita, con poche parole, a distruggere quel poco di umanità che mi rimaneva. –
- La tua non è mai stata una famiglia! Come fai solo a pensare che con la tua commedia avresti convinto Grace? Con le tue azioni spregevoli hai distrutto la vita di Camilla e di tuo figlio. -
- Stai zitta! Tu non sai niente, niente! Camilla mi amava e anche Bright! -, sbottò urlando e facendo trasalire l’uomo e la donna che stavano assistendo inermi alla sua follia.
- Come puoi solo pensare che Bright voglia amare un assassino? –
Il corpo del bruno si fece improvvisamente rigido mentre i suoi occhi scuri incontravano quelli cremisi di Elsa.
- Tu cosa ne sai? –
- Camilla era una delle mie amiche più care. La sua voglia di vivere ha sempre vinto contro il tuo tentativo di distruggerla. Non ho mai creduto al suicidio e Camelot, che aveva analizzato il corpo, aveva subito notato alcune anomalie. –
L’uomo cominciò a scuotere la testa, disperato.
- No! No… è stato un incidente. Io la amavo… -, sussurrò appena.
I pozzi scuri si fecero vitrei mentre la postura fiera di Aaron s’incurvava in tutta la sua disperazione.
La rossa fece qualche passo avanti e appoggiò delicatamente una mano sulla spalla del fratello.
- Tu non sei il mostro che vuoi sembrare, Aaron. Hai fatto degli sbagli ma io per prima sono in torto nei tuoi confronti. Per questo ti ho perdonato e sono andata avanti, supportando te e tuo figlio. Ora tocca a te perdonarti e possiamo aiutarti a farlo. Restituiscimi la corona e tutta questa follia finirà. –
Improvvisamente, le dita sottili della legittima regina furono afferrate con prepotenza.
- Sei un’illusa, Elsa, se credi che possa ancora tornare indietro. Ho ucciso la donna che amavo, voi mi avete tradito e l’unica cosa che ora mi resta è mio figlio e uno stupido trono. Come padre, ho intenzione di dargli ciò che si merita: un futuro da sovrano e non guarderò in faccia a nessuno perché ciò accada. -
- Aaron... -, sbiascicò la donna prima di essere scaraventata con una spinta contro la parete.
Toulouse si chinò accanto alla moglie per accertarsi stesse bene. La rossa sospirò rumorosamente per il dolore alla schiena ma annuì agli occhi terrorizzati, confusi, arrabbiati e preoccupati del marito. La campana dell’allarme fece trasalire entrambi ma nei loro cuori nacque un sentimento di speranza. Poi, Elsa si voltò verso il bruno mentre il compagno la aiutava a rialzarsi, sostenendola dalle braccia.
- Aaron, i ribelli arriveranno a momenti. Arrenditi! Voglio aiutarti e perdonarti per tutte le crudeltà che hai compiuto in questi anni, ma devi abbassare la spada e lasciarti guidare da me. –
La donna tentò un passo avanti ma la mano di Toulouse stretta alla sua le suggerì di lasciare stare. Sul viso del nemico, di quel fratello che tanto aveva amato ma che non aveva mai capito, era sorto un sorriso di trionfo.
- Non chiederò perdono a nessuno, mai. Anzi! Gioirò nel sentire le voci strozzate dei vostri amici ammazzati dalle mie guardie, pronte ad accoglierli come si deve e nel vedere i vostri volti, Elsa e Toulouse, contratti dalla supplica di risparmiarvi e di risparmiare vostra figlia. A proposito, la principessina starà dormendo nel suo morbido lettino… -, cantilenò quasi sovrappensiero mentre con la spada tentava il primo affondo nei confronti dei legittimi sovrani.
 Un rumore, però, lo colse di sorpresa. Dalla cassapanca spuntò fuori un ragazzino, armato di pugnale, che si scaraventò su Aaron nel tentativo di fermarlo.
- Shade! -, ebbe modo di farfugliare mentre la piccola e sottile lama penetrava la carne della spalla destra.
Indietreggiò di qualche passo, con le iridi castane rimpicciolite dalla sorpresa.
- Non permetterò che tu faccia del male a Fine! -, urlò il cobalto con coraggio.
Per quanto il Re stesse perdendo molto sangue impugnò più saldamente la propria arma.
- Questa me la pagherai! -, sbraitò con una stilettata.
Il colpo andò a segno ma la carne ferita a morte non era quella del giovane. Toulouse si voltò verso Elsa; gli occhi celesti, vuoti di ogni paura e strabordanti d’amore guardarono per l’ultima volta la moglie per poi chiudersi con un ultimo respiro. Aaron alzò gli occhi al cielo, ritirando a se la spada e lasciando che la forza di gravità agisse sul corpo inanimato.
- Il solito esibizionista. -, commentò quell’atto di sacrificio.
La Regina osservò per qualche secondo l’amore della sua vita: Toulouse era stato la fonte di molti guai per lei e per la famiglia reale ma il loro era sempre stato un amore puro, vero, che avrebbe portato il loro Regno allo splendore e da cui era nata la loro amata bambina. Avevano sempre sperato in un futuro roseo insieme e ora, l’unica speranza che aveva era arrivare viva il giorno dopo. Ma che vita sarebbe stata senza il consorte?
- Ti lascio il trono Aaron e se vuoi uccidermi, fai pure: la mia vita non ha senso senza Toulouse. -, a quelle parole, calde lacrime rigarono il viso della rossa fino a cadere sull’arido pavimento. – Ti chiedo solo di risparmiare i bambini, Shade e Fine. Che cosa potrebbero mai farti? –
Il bruno afferrò malamente Shade per un braccio.
- Questo bastardino mi ha appena colpito, non è così innocente come vuoi farmi credere. –
- E’ stata fortuna. -, commentò solo la donna lanciando al cobalto un’occhiata carica di significato. – Shade dì a tua mamma che mi dispiace di aver messo in pericolo te e tuo padre e di a Fine che le voglio bene. Proteggila e salvala, soprattutto da se stessa. –
Il ragazzino, con occhi lucidi, annuì alla Regina. Questa si girò di nuovo verso il fratello.
- Aaron ti prego, Shade e Fine non sono una minaccia. Che cosa racconterai a tuo figlio quando troverà i suoi due unici amici uccisi a fil di spada dal padre. Per una volta nella vita abbi pietà e ricordati che l’ingenuità di mia figlia l’ ha portata, in un modo o nell’altro, ad amarti. Non merita di morire delle colpe dei suoi genitori. ~
Fece qualche passo avanti, allargando le braccia in segno di resa.
- Ti aspetto di là, Aaron, e spero che in quell’altra vita potremo essere i fratelli che non siamo riusciti a essere in questa. Ti voglio bene. -
L’uomo guardò stralunato Elsa, indeciso sul da farsi. Poi, con disperazione, allungò il braccio e la lama penetrò, sicura, nella carne. Al colpo, il viso della donna si contrasse in una smorfia per poi distendersi in un sorriso. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere sul pavimento.
 
Solo il canto degli uccellini guastava quel momento di silenzio. Shade aveva paura a respirare, convinto che una qualsiasi mossa sbagliata avrebbe fatto crollare Fine da un momento all’altro. La ragazza, infatti, si era limitata ad ascoltare ogni sua parola, senza commenti, cenni o quant’altro che facessero capire al cobalto cosa le stesse passando per la testa. E quella quiete finale, poi, era quasi inquietante. Fine osservava con gli occhi vitrei il cielo.
- Stai bene? -, decise il giovane di tentare sporgendosi verso di lei e attirando la sua attenzione.
La principessa si riscosse dai suoi pensieri scuotendo leggermente la testa.
- E degli anni in prigione? –, chiese, invece, eludendo la domanda di Shade.
Il ribelle scosse le spalle.
- Sono stati anni terribili e non mi piace parlarne. Sono stato rinchiuso a dodici anni e non sapevo nemmeno cosa volesse dire vivere. Ho dovuto adeguarmi a condizioni di vita pessime, sempre nel rischio di ammalarmi, prendere calci o pugni e che un giorno il Re si sarebbe svegliato con la voglia di fare fuori qualcuno. Ho, però, anche conosciuto persone davvero in gamba che aspettano il mio ritorno. –
La rossa dondolò avanti e in dietro nel vuoto e corrugò le sopracciglia, curiosa.
- Che intendi? –
- Stanotte io e alcuni uomini tenteremo un’incursione a Inox per liberare coloro che mi hanno giurato fedeltà. –
- Vi farete uccidere! -, esclamò la legittima erede al trono.
- Conosco quel posto meglio di chiunque altro e sono riuscito persino ad evadere. Fidati di me. –
Shade si allungò, afferrando una mano alla ragazza e intrecciando le loro dita e i loro occhi. Le iridi cremisi si abbassarono intimorite da quelle cobalto, cercando una qualunque via di fuga, ma non resistette al fascino della profonda voce di Shade che la richiamava all’attenzione.
- Voglio che tu faccia una cosa per me. -, cominciò il giovane con fare serio.
La rossa annuì.
- Aspettami e, se tornerò illeso, mi concederai quel famoso bacio. –
Fine ritirò la mano di scatto mentre il viso era divorato dalle fiamme.
- Scordatelo! -, sbraitò.
Poi, all’improvviso, sentì uno stridulo gracchiato che la chiamava. Si voltò verso Shade, gonfia d’imbarazzo, e ringraziò mentalmente l’amica di quell’intervento involontario.
 – Altezza mi sta cercando! -, sentenziò, cominciando a calarsi tra le fronde dell’abete.
Shade schioccò le labbra, risentito, e imprecò contro la strega, per poi seguire la principessa. Si avviarono l’uno accanto all’altra verso il sentiero che portava all’accampamento. Videro in lontananza la bionda che si avvicinava a passo svelto. Sembrava frustrata e agitata e Fine si preoccupò all’istante. Stava per urlare il suo nome ed erano ormai al limitare degli alberi quando una mano la afferrò per il braccio e la spinse dietro ad un enorme tronco. Il cobalto intimò alla giovane di stare zitta mentre la schiacciava con il suo corpo per nascondersi.
- Altezza ha bisogno di me! -, si lamentò Fine, osservando confusa il ribelle.
Il ragazzo non la degnò di uno sguardo, troppo concentrato a tenere d’occhio la situazione. La rossa sentì la voce della popolana salire di dieci ottave e vide il cobalto sorridere soddisfatto.
 – Che sta succedendo? -, ritentò, muovendosi sotto il suo peso.
- Ferma… -, affermò Shade sorridendo tra sé. – Auler l’ha raggiunta e ora la sta baciando. –
La giovane riuscì a liberarsi dalla stretta e sbirciò oltre il legno. L’azzurro stava stringendo possessivamente l’amica che, avvolta tra le forti braccia, si era lasciata andare a un dolce bacio. Il sorriso non potè che nascere anche sulle sue labbra.
- Finalmente! -, commentò estasiata e pregustando già la reazione di Altezza alle sue frecciatine.
Sul collo, Fine, sentiva il fiato caldo del cobalto che come lei sbirciava quel momento d’intimità e che gli regalava piacevoli brividi.
Auler e Altezza si allontanarono per riprendere fiato ma la bionda ne approfittò per cominciare una carrellata d’insulti. Di nuovo, l’uomo la strinse a sè approfondendo il contatto cui già prima aveva dato luogo.
La risatina di Shade giunse ovattata alle orecchie della rossa.
- Certo che sa come far star zitta quell’arpia. –, commentò il ribelle.
Fine si voltò verso il cobalto.
- Si da' il caso che l’arpia è la mia migliore amica. Stai attento a come parli. –
Entrambi si ritirarono dietro l’albero ma il ghigno del ribelle lasciava intendere che la discussione non era chiusa.
- Hai ragione, è troppo accondiscendente ai baci per essere un’arpia, non come qualcuno di mia conoscenza. –, esordì con un sorriso sornione che fece imbufalire la principessa.
- Che vorresti insinuare? Io… -, cominciò però imbarazzata.
Shade era ancora schiacciato contro di lei, con le mani appoggiate alla ruvida corteccia, andando a formare una calda prigione.
- Tu? -, la incoraggiò il ragazzo con tono di sfida.
- Anch’io bacio! -, sbottò infine Fine, nascondendo il viso tra le mani.
Tra le insenature delle dita vide il sopracciglio di Shade alzarsi, strafottente, mentre le labbra sottili s’inclinavano verso l’alto.
- Non ci credo sai? Dovresti dimostrarmelo e non nasconderti come una bambina. –
La voce della rossa, attutita dalle mani, permeava di tutta l’insofferenza della padrona.
- Ho capito cosa vuoi! Non l’otterrai! -, dichiarò determinata.
- E cosa voglio scusa? –
- Un bacio! -, la rossa si lasciò andare a un gesto di stizza ma quella distrazione fu fatale
Il ribelle afferrò ruvidamente e dolcemente il viso della ragazza tra le mani e posò le labbra su quelle della compagna, in un casto bacio. Dopo qualche secondo si allontanò per permettere alla principessa di riprendersi dallo shock. Fine lo fissava con occhi sbarrati. Nelle sue iridi cremisi si leggevano i sentimenti che lottavano per prendere la ribalta: rabbia, felicità, aggressività, passione, frustrazione.
- E’ stato così terribile?-, commentò Shade con il solito sorriso sghembo stampato sul viso e si allontanò lasciando la ragazza inerme e assalita dalle emozioni.
 
 
* Da mi basia mille: Dammi mille baci, tratto dalla celebre poesia di Catullo
 
 

Angolo dell'autrice che merita tante botte!
Potrete picchiarmi, gente, ma solo dopo avermi lasciato finire di scrivere questo angolino!
L'ultimo aggiornamento risulta a Giugno, per cui sono due mesi che non leggete la continuazione di ste storia. A mia discolpa posso dire che sono stata davvero indaffarata per tre settimane, andando a far volontariato in Africa. Dovevo prestare attenzione a quegli amorevoli bambini che mi assaltavano appena mi vedevano e non avevo tempo per scrivere, anche perchè non mi sono certo portata dietro il pc. Oltre alle citazioni latine, devo dire che questo capitolo è più lungo dei soliti, anche perchè sospettavo non vi sareste accontentate del racconto, seppur determinante nella storia, di Shade. Finalmente, sapete tuuuuuuutto, ma proprio tutto quello che è successo quella benedetta notte. Ho risparmiato la reazione di Fine, che comunque deve ancora elaborare la rivelazione. Elsa e Toulouse sono dei genitori con i controattributi, dei fighi insomma, e lei deve dimostrare di esserne all'altezza. In un modo o nell'altro le parole di Elsa hanno convinto Aaron a risparmiare sia Shade che Fine. Scopriamo poi che Shade partirà per una missione speciale: vedremo cosa accadrà. Mi metto subito al lavoro così non dovrete aspettare di nuovo una vita per un mio aggiornamento. FAtemi sapere che ne pensate di ste bacio! Fine sarà parecchio sconvolta, sappiatelo!
Ora vi lascio, vado a ricoprirmi di cuscini sperando che attutiscano i colpi dei vostri bastoni e forconi!
Un bacione enorme
Ele


 

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Capitolo 26
*** 25. Attesa ***


25. Attesa
 
Sospirando, Fine si accasciò sul tavolo di legno, nascondendo il viso tra le braccia. Accanto a lei, Altezza sbuffò, appoggiando il mento alle mani e alzando gli occhi al soffitto dell’illuminata taverna. Di nuovo un sospiro e la rossa arricciò le labbra, pensierosa. Poi, il rumore di bicchieri sul legno, le riscosse. Due enormi calici di ambra giacevano davanti a loro mentre le iridi cobalto di Milky le osservavano, curiosi.
- Tutto bene? -, domandò, sedendosi dall’altra parte del tavolo.
Le due giovani alzarono le spalle, distratte, per poi lasciarsi andare nell’ennesimo sospiro.
- Allora? Che cosa è successo? -, riprovò la rosa.
La bionda guardò di sbieco la principessa, aspettandosi che cominciasse a parlare, ma le iridi cremisi erano perse nel vuoto, vedevano avvenimenti passati e recenti che non le permettevano di mettere in ordine i pensieri.
Altezza inspirò profondamente.
- Auler mi ha baciata. –
Fine si voltò lentamente verso di lei, con un ghigno malizioso stampato sul viso.
- Te l’avevo detto che anche lui ricambiava! -, commentò gongolando. – E, poi? –
- Siamo una coppia, ora. -, ammise infine la bionda sorridendo leggermente.
- Non sembri molto entusiasta. -, disse invece Milky, osservando attentamente la popolana.
Questa assentì muovendo i voluminosi riccioli biondi.
- No, infatti. Non fraintendetemi: sono felice ma mi sembra un po’ troppo avventato. Insomma, ci siamo chiariti solo oggi pomeriggio e sì, sono perdutamente innamorata di lui ma siamo come estranei e… mi piace essere una donna indipendente e forte. –
La rosa, sorprese Altezza, esplodendo in una risata.
- Che cosa c’è da ridere? –
- Il fatto che hai trovato un compagno, che vuole stare con te e che ti ama, non vuol dire che tu non possa mantenere la tua identità e la tua audace femminilità. Piaci ad Auler per quel che sei e per quanto vi conosciate da poco, avete anche affrontato insieme difficili prove che vi hanno reso più vicini di quanto tu possa pensare. –
La donna batté le palpebre, nascondendo per pochi istanti le stupite iridi smeraldo.
- Da dove nasce tutta questa saggezza? –
Fine intanto annuiva soddisfatta, assolutamente in accordo con la rosa e felice che anche Altezza si fosse resa conto delle doti di Milky.
- Sono giovane ma non per questo inesperta. -, disse solo, allungando il bicchiere sotto il naso della popolana. Questa lo guardò per qualche istante, poi, afferrò il manico e lo portò alla bocca, trangugiando l’amata birra.
- E tu? –
Milky si era voltata verso Fine. La principessa abbassò lo sguardo imbarazzata. Era stanca di parlare, di pensare, di ricordare e sentire, di vomitare tutto il suo dolore su coloro che le stavano accanto. Eppure, il peso degli avvenimenti, dell’ultima straziante scoperta, le attanagliava il cuore e lo sguardo preoccupato delle sue più care amiche le fece sciogliere la lingua.
- Shade mi ha raccontato come sono morti i miei genitori e, poi, mi ha baciata. –, disse tutto d’un fiato scrutando il viso delle compagne per una reazione.
Entrambe strabuzzarono gli occhi, sorprese.
- Mio fratello ci tiene davvero molto a te. -, constatò, infine, la rosa, con un mezzo sorriso.
La Principessa scosse la testa, contrariata.
- Mi ha baciato solo per il gusto di mettermi alla prova. –
- Oh, ma non mi riferivo a quello. -, continuò Milky seguendo con il dito le venature del tavolo. – Non ha mai raccontato a nessuno di quello che gli è successo in questi anni. Ha sempre liquidato  tutte le domande che gli venivano rivolte e a te, di sua spontanea volontà, ha raccontato uno degli episodi più terribili della sua vita. Si è messo totalmente a nudo, e ora tocca a te. –
Altezza si esibì in una rumorosa sorsata che attirò l’attenzione delle altre due giovani. Poi, si asciugò la schiuma con la manica del vestito.
- Sei innamorata di lui? –
Milky appoggiò i gomiti sul tavolo per prestare totale attenzione alla risposta che la rossa avrebbe dato. Fine aprì la bocca per parlare ma venne interrotta.
- Pensaci bene, Fine -, la richiamò la popolana, - non mi accontenterò di un ‘non lo so’, stavolta. –
Di nuovo, la ragazza, dischiuse le labbra per rispondere ma venne interrotta. Qualcuno le stava stringendo i fianchi. Abbasso lo sguardo sulla stretta presa che le premeva sul ventre e scorse due braccine sottili. Alzò i suoi arti superiori per scorgerne il proprietario e nell’insenatura tra il fianco e l’ascella scorse un paffuto visino. Due enormi occhi castani la guardavano affascinati e incuriositi, mentre un sorriso a venti denti emergeva sulle piccole labbra.
- Tu sei una principessa, vero? -, cantilenò la vocina acuta della bambina.
La rossa boccheggiò, non sapendo cosa fare.
- Chi te l’ha detto, tesoro? -, intervenne Milky sporgendosi sul tavolo per incrociare lo sguardo della piccola. Questa finalmente si allontanò dalla Principessa e unì le mani dietro la schiena, iniziando a dondolare.  
- L’ha detto il mio papà. -, e fece un breve cenno con la testa a un uomo seduto qualche tavolo più in là.
Il ribelle, intreccio lo sguardo delle tre ragazze e alzò il calice divertito.
- Allora? Mia figlia ha un milione di domande da farti, Principessa! -, sbraitò, attirando l’attenzione di tutta la locanda, che cadde in una silenziosa attesa.
La rossa si prese una ciocca di capelli tra le dita e cercò con le iridi cremisi l’approvazione delle due amiche. Altezza alzò le spalle facendo un lungo sorso dal bicchiere e Milky le annuì divertita.
Fine tornò alla bambina.
- Come ti chiami? –
La piccola s’incurvò nelle spalle, intimidita.
- Sono Ariel. –
- Beh, Ariel… sono una principessa, sì.-
La bimba s’illumino, voltandosi estasiata verso il padre. L’uomo annuì alla figlia, concedendosi un sorriso soddisfatto.
- Ma sei la principessa quella della leggenda? Sei la Principessa Fine?-
I presenti nella sala trattennero il respiro. Nel campo si era sparsa la voce che una delle due nuove arrivate avesse sangue regale ma nessuno aveva mai osato chiedere. E, ora, quella coraggiosa bambina, stava scoprendo la verità.
La rossa, intanto, si era lasciata andare ad una risata isterica.
- Quale leggenda? –
Ariel si raddrizzò tutta, sconvolta dal fatto che quella bella ragazza non conoscesse la storia.
- C’era una volta una bella bambina che viveva in un enorme castello insieme ai suoi genitori, Re del regno. Ma suo zio era un uomo molto cattivo e voleva impadronirsi del trono. Uccise i suoi genitori e poi rinchiuse la principessa nella torre più alta del castello con un drago sputa fiamme a farle da guardia. Poi, un giorno, un giovane cavaliere decise di andare a salvarla. Uccide il drago e il Re e la principessa divenne sua sposa. –
Altezza quasi si strozzò con il liquido che stava bevendo.
- Bambina! Ehi… si tu! Vieni qui! –
Ariel si avvicinò alla popolana.
- Chi ti ha raccontato questa storia? -, chiese acida la bionda.
La piccola indicò, timidamente, il padre.
- I soliti maschilisti … -, borbottò ancora. – Guarda che la Principessa Fine non è stata salvata da un uomo. E’ scappata dal castello da sola, senza l’aiuto di nessuno. Ricordati, piccola, di non contare mai sull’aiuto degli uomini; devi cavartela da sola, altrimenti fai la fine di questa qua, -, e indicò Fine che la guardava sconcertata, - che ha aspettato sette anni prima di muovere il suo regale sedere da quel castello. –
La rossa rivolse all’amica un sorriso ironico.
- Che gentile che sei, Altezza. –
Gli occhi della bimba tornarono su Fine.
- Quindi sei tu la principessa? –
- Si, sono io. -, rispose infine la giovane con un sorriso rassegnato.
Ariel batté le manine, estasiata, e tronò dal padre. L’uomo alzò il calice in direzione di Fine.
- Alla Principessa Fine! -, urlò.
- Alla Principessa! -, rispose in coro l’intera locanda e tutti portarono la birra alla bocca.
 
 
Sul viso del ragazzo si disegnò un sottile sorriso, che, però, nell'oscurità, nessuno ebbe modo di scorgere. La Foresta Nera aveva permesso ai ribelli di avvicinarsi indisturbati alle prigioni. Al segnale di Auler, che con altri uomini era andato in ricognizione, avrebbero assaltato la fortezza per liberare i prigionieri. Erano in una cinquantina tra i migliori dell'accampamento e avrebbero fatto incursione passando attraverso i sotterranei di Inox. Il verso di un cuculo un po' troppo umano diede il via all'imboscata. Shade e i ribelli si diressero velocemente verso l'alta muraglia che circondava la cittadella. Si appiattirono alla parete, in modo da non farsi vedere dalle sentinelle, e, silenziosamente, arrivarono a un'insenatura nella roccia, fornita di grata, da cui proveniva un puzzolente torrente di melma. Vide il suo migliore amico che lo aspettava all'ombra di una torcia, oltre la griglia di metallo.
- Tutto apposto? -, chiese il cobalto, sforzando gli occhi nell'oscurità.
 L'azzurro si avvicinò e avvinghiò le mani sul ferro; tirò, poi, a sè, smuovendo le sbarre e mettendole in un angolo.
- Non si renderanno nemmeno conto del nostro arrivo. -, commentò questo con un ghigno soddisfatto.
Il cobalto si avvicinò e stringe il braccio ad Auler, riconoscente. Poi, un rumore di passi che affondava nella fogna li fece allarmare. Gli uomini si appiattirono ai muri e la torcia venne velocemente spenta. All'imboccatura della galleria, qualcuno si fermò.
- Ragazzi... -, a quella voce un sospiro generale aleggiò nell'aria.
Tio mostrava fiero il suo bottino.
- Ho le chiavi delle celle. -, e un enorme mazzo di metallo tintinnò nell'oscurità.
 
 
- Quindi... -, cominciò il generale guardando scettico i suoi due ospiti, - siete qui per verificare come Eclipse è riuscito a scappare? -
Bright, impeccabile nella postura, annuì convinto. Insomma, dubitava che la notizia della sua abiura fosse arrivata fino a lì, per cui poteva ancora pretendere del rispetto e di avere del potere su quegli uomini. La scusa che aveva usato per giustificare la sua presenza, effettivamente, non era molto credibile. Era solo, senza scorta, in territorio nemico e un mese prima aveva mandato un  emissario per informarsi sulle dinamiche della fuga.
- E’ una missione segreta, Generale. -, continuò il ragazzo con tono cospiratore, - Mi auguro di avere la massima discrezione, altrimenti sarò costretto a fare rapporto a mio padre. –
L’uomo quasi si strozzò con del vino a quelle parole.
- Non si preoccupi, Principe. –
Il biondo trasse un silenzioso sospiro di sollievo e abbassò lo sguardo sulla ragazza seduta accanto a lui. I loro occhi s’intrecciarono per qualche secondo e sotto il tavolo, il giovane, cercò le dita di Rein. Era sollevato nel vederla mangiare. Si erano persi nella foresta, senza cibo né acqua, e l'unica soluzione che avevano trovato era chiedere aiuto alla prigione. Portò alla bocca una patata e l'assaporò gelosamente, sempre, però, mantenendo  un rigore regale.
- E la serva? -, chiese, appunto, il generale notando quello scambio di sguardi. I volgari occhi porcini del soldato si erano posati sulla minuta figura della ragazza.
- Mi piace avere compagnia quando sono in viaggio. -, se ne uscì Bright mentre la giovane abbassava gli occhi sul piatto, delusa.
Il principe cercò di rimediare a quelle parole stringendo ulteriormente la presa sulla mano dell’azzurra. Rein scosse la testa, cercando di cacciare i pensieri negativi. Bright era stato coraggioso a prendere la decisone di andarsene da Lilian e rinunciare alla sua corona. Ora, aveva degli ideali e voleva, soprattutto, stare con lei; non gli importava del potere; ma la serva non poteva fare a meno di pensare a cosa ne sarebbe stato di lei se Omendo non fosse intervenuto nella loro vita. Sarebbe stata a guardare l’uomo che amava più della sua stessa vita, prendere il trono, sposare una donna di sangue nobile, magari avendo pure dei figli da questa, mentre lei sarebbe dovuta rimanere in silenzio, continuando ad abbassare il capo obbediente e concedendosi qualche momento di passione con Bright, che l’avrebbe voluta solo come fonte di piacere e non come compagna per la vita.
L'uomo seduto di fronte a loro, fece un verso strozzato, mentre il volto paonazzo dall'alcool si apriva in un sorriso malizioso. Si sporse sul tavolo per dare una pacca al Principe.
- Eh bravo, Bright! Me la presti per fare un giro? –
I rubini del giovane si spalancarono sconcertati.
- Non condivido ciò che mi appartiene. –, rispose piccato.
Il generale alzò le mani in segno di resa e riaffondò il viso nel calice di alcool.
Poi, sentirono il suono della campana. Tutti e tre si alzarono, allarmati, dal loro scanno, mentre la porta si apriva. Un soldato semplice guardò terrorizzato il suo capitano.
- I prigionieri sono usciti dalle celle, signore. –
- Che diavolo vuol dire che “sono usciti”? Come hanno fatto?  -, sbraitò l’uomo brandendo la spada, abbandonata poco prima in un angolo della parete.
- Non lo so, signore, ma si stanno rivoltando. Che dobbiamo fare? –
Il soldato venne preso per il bavero e si ritrovò a pochi millimetri dalla faccia adirata e rossa dall’alcool del generale.
- Che domanda idiota! Bisogna rimettere in riga quella feccia! Brandisci l’arma e seguimi, codardo. –
E a grandi passi si allontanò dai suoi appartamenti.
Bright e Rein rimasero soli.
- Che facciamo? -, chiese la ragazza, terrorizzata.
Il biondo mise a tracolla la sua saccoccia iniziando a mettervi dentro tutte le pietanze che erano state abbandonate sul tavolo apparecchiato.
- Che ne andiamo immediatamente. Dobbiamo approfittarne della situazione. Prendi tutto ciò che puoi. –
Iniziarono a frugare negli armadi e nei cassetti rubando ciò che gli era possibile.
- Principe Bright… -, li interruppe la voce sbiascicata del generale.
L’uomo, fermo sulla porta, con la casacca macchiata di sangue e la spada stretta in pungo, guardava allibito i due ospiti che frugavano tra le sue cose.
- Cosa sta succedendo qui? -, domandò dirompente.
Rein si voltò allarmata verso il compagno che boccheggiava, senza parole.
L’uomo fece qualche passo avanti nella stanza.
- Avevo capito che s’era qualcosa di strano ma non pensavo che un principe si sarebbe mai abbassato a tanto. Il Re sa che sei qui? –
Bright non rispose, stringendo le mani in un pugno.
Il generale si pungolò sulla spada, con fare divertito.
- Abbiamo a che fare con un figlio disubbidiente allora. Aaron non ne sarà contento. –
- Lei non sa di cosa sta parlando. -, protestò la ragazza avvicinandosi al Principe e stringendogli un braccio. Quel gesto sembrò farlo rinvenire.
- Oh! Io credo di si. E non credo che dispiacerà al mio Re se mi occupo personalmente di mettere in riga suo figlio. –
Il generale tentò un affondo di spada che però non andò mai a segno. Anzi, il corpo di questo cadde a terra senza vita. E nella visuale di Rein e Bright comparve la figura di un ragazzo. Aveva capelli e occhi celesti e il viso imperlato di sudore e sangue. Estrasse l’arma dal generale e la puntò su i due giovani. Li studiò per qualche istante.
- Vieni qui! -, sbraitò accennando alla porta aperta dietro di lui.
Dal corridoio sentirono giungere dei passi e sia la serva sia il Principe sentirono il loro cuore che si stringeva e il respiro farsi più affannato.
Il cobalto fece il proprio ingresso nella stanza. Guardò i suoi due ospiti e ghignò strafottente.
- Ora si che ci sarà da divertirsi, Auler. -
 
 
 - Lione… -, il sussurro stozzato del ragazzo venne inglobato dall’oscurità del luogo.
Le mani strinsero convulsamente le sbarre di metallo. Poi, frenetico, frugò nella casacca per estrarne le chiavi. Le infilò nella toppa e fece un giro. Entrò a grandi passi nella piccola cella che in quelle due settimane aveva ospitato la ragazza dai capelli arancio. Era vuota.
Black lanciò un urlo che rimbombò tra le pareti di pietra dei sotterranei. Si accucciò a terra, stringendosi i capelli corvini tra le dita. Un lacrima di frustrazione gli scivolò dalle iridi chiare.
Dei passi lo ridestarono dai suoi oscuri pensieri.
Il ragazzo sapeva benissimo di chi si trattava. Il solo pensiero che quell’uomo avesse fatto del male alla sua donna gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Mise mano al pugnale che portava alla cintola.
- Te la sei cercata, amico mio. –
Il nero si alzò di scatto dalla sua posizione e guardò con sprezzante odio il suo Re.
- Ho fatto solo un errore, uno stupido errore. Hai esagerato Aaron. –
Il bruno si appoggiò, strafottente, con le spalle al muro.
- Lione sta bene, anche se ancora per poco. Tutto dipenderà dalle tue azioni. -, si guardò noncurante le unghie pulite e curate, - E’, semplicemente, stata trasferita in un posto più sicuro. –
Black si avvicinò furente all’uomo, puntandogli la lama al collo.
Quel gesto, invece di intimidire il Re, lo fece ridere.
- Cosa credi di fare, ragazzino. Pensavi di battermi al mio stesso gioco, forse? Ora sono io in vantaggio; ho io il potere. –
Le loro iridi si scontrarono a distanza ravvicinata: quelle del più giovane erano furenti e disperate mentre quelle di Aaron trasmettevano tutta la sua arroganza. Poi, Black si allontanò, rinfoderando l’arma.
- Va bene. Cosa devo fare? –
Sul viso del Re comparve un ghigno selvaggio.
- Uccidi Camelot. -
 
 

Angolo dell'autrice.
Con un leggerissimo ritardo che è più che giustificato considerando la lunghezza del capitolo, aggiorno.
Sono super felice di vedere che siete in tantissimi a seguirmi, che questa storia piace, nonostante riceva davvero poche recensioni.
Finalmente si entra nel vivo dell'azione, la situazione si è sbloccata. Tra Fine e Shade sembra sia nato qualcosa e vedremo nel prossimo capitolo come risponderà Fine alla domanda di Altezza. Per stavolta è stata salvata da un'invadente bambina che ha permesso all'intero campo di ribelli di scoprire della presenza della Principessa. Shade e Auler sono in azione all'interno di Inox e riescono a liberare i prigionieri, facendo anche un incontro inaspettato. Anche qui vedremo come continua nel prossimo cap. E infine abbiamo il mio Black, disperato per la scomparsa di Leone, vedremo che succederà.
L'aggiornamento avverrà, se tutto procede secondo i piani, tra due settimane, giorno in più, giorno in meno.
Un bacione enorme e, vi prego, fartemi sapere cosa ne pensate!
Ele

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Capitolo 27
*** 26. Possibilità ***


26. Possibilità
 
La prima e debole luce del mattino filtrava dalle finestre della stanzetta. La principessa si rigirò nervosa tra le lenzuola. Era stata una notte movimentata quella appena trascorsa. La sera prima, nel salone della taverna, uomini e donne avevano festeggiato. Avevano continuato per ore a offrire da bere a lei e ad Altezza, pretendendo che fosse raccontato loro come avessero fatto ad arrivare sul limitare del deserto. La bionda, poi, era stata generosa di particolari e aneddoti, creandosi una platea di spettatori che aveva intrattenuto per buona parte della notte. Fortunatamente, Milky aveva dato alla principessa un banale pretesto per andarsene e si era rifugiata nella sua camera. Non che avesse dormito.
Il pensiero di Shade, fuori da qualche parte, nella foresta, la tormentava. Aveva paura che non sarebbe più tornato, che quel bacio dato a fior di labbra fosse stato il loro ultimo incontro, un addio. E, ancora, era terrorizzata all’idea di rivederlo. Che cosa avrebbe fatto? L’avrebbe accolto con un bacio, come il cobalto le aveva fatto promettere con l’inganno? Sapeva che tener fede a quella promessa avrebbe significato accettare che tra loro era nato qualcosa. Ma non era sicura di ciò che voleva, di ciò che provava. Aveva cominciato a vivere davvero solo un mese prima e, ora, era bombardata da sensazioni, odori, colori, sapori, parole e persone che l’avevano travolta, stordendola. Altezza era stata chiara qualche ora prima: non si sarebbe accontentata di una risposta a metà ed era abbastanza sicura che nemmeno Shade l’avrebbe fatto. Per quello, non era riuscita ad addormentarsi, a quietare i pensieri nell’oblio dell’incoscienza.
Un leggero bussare alla porta le diede la scusa di potersi alzare dal letto, finalmente. Aprì piano l’uscio, sbirciando sul corridoio. Una certa bionda, con i capelli spettinati e gli occhi gonfi dall’insonnia, la guardava con il sorriso sulle labbra.
- Sono tornati. –
Le due ragazze, ancora in vestaglia da notte, scesero velocemente le scale per raggiungere la cucina della taverna. Fine aprì la porta e scorse Shade, seduto a un traballante tavolino, sorseggiare del latte caldo, mentre tra le mani si rigirava un pezzo di pergamena.
- Shade! -, sussurrò la principessa, sollevata.
Si avviò, veloce, verso il ragazzo e gli buttò le braccia al collo, sedendosi malamente sulle sue ginocchia.
- Sei tornato. -, disse e azzerò la distanza con un bacio.
Nello stesso momento in cui le loro labbra s’incontravano, il cobalto lasciò ciò che stava facendo e strinse a sé la giovane.
Aveva tanto pensato, Fine, a cosa avrebbe fatto, cosa gli avrebbe detto, ma non aveva preso in considerazione la forza del suo cuore. Aveva semplicemente deciso di seguire l’istinto. Quando l’aveva visto, illeso e stanco, nella sicurezza della cucina, si era dimenticata di ogni problema, di ogni timore, capendo che la cosa più giusta da fare era quella: amarlo e lasciarsi amare. Così si sciolse tra le sue braccia, intrecciò le dita tra i fini capelli blu e dischiuse i boccioli rosa della sua bocca per permettere alle loro lingue di incontrarsi, di conoscersi e assaporarsi. Si allontanarono solo perché avevano finito l’ossigeno. Le loro fronti combaciavano e i loro nasi si sfioravano, mentre gli occhi erano inesorabilmente intrecciati gli uni con gli altri.
- Devo andare in missione più spesso se mi aspetta quest’accoglienza al ritorno. -, commentò lieve l’uomo, con la mano destra che accarezzava dolcemente il fianco della ragazza.
Fine si lasciò andare in una leggera risata e si fiondò tra le braccia del cobalto, in un abbraccio disperato, per cercare di nascondere il rossore sulle gote.
- Bene, -, li interruppe una voce stridula, - i piccioncini hanno finito. –
La rossa si allontanò malvolentieri dal petto di Shade per fare una linguaccia all’amica.
In quel momento, si rese conto, che effettivamente non erano soli nella stanza. Altezza era rigorosamente avvinghiata al suo Auler, mentre Maria e Milky stavano preparando la colazione. La principessa diventò porpora mentre il cobalto, notando l’imbarazzo della ragazza, ridacchiava soddisfatto.
La madre, con un sorriso sereno, si voltò verso il figlio.
- Che hai scoperto dalla lettera? –
Il ribelle si guardò attorno in cerca della pergamena ma la presenza di Fine sulle sue gambe gli ostacolava i movimenti. La giovane si alzò, accasciandosi sulla sedia accanto, mentre Milky le serviva una ciotola di latte.
- Credimi, ti servirà. -, commentò la rosa, poggiandole premurosa una mano sulla spalla.
Intanto, il cobalto aveva recuperato il suo bottino.
- A quanto pare, Omendo ha lasciato una sorta di testamento. -, cominciò il ragazzo. – E’ stato lui a tradire papà la notte dell’assalto ad Aaron. -, sospirò rassegnato, - L’ha fatto in buona fede, a quanto dice, e il fatto di aver dedicato la vita alla nostra causa è stato un tentativo per riscattarsi. –
- Elsa sospettava ci fosse un legame tra quei due ma non immaginava così forte dallo spingere Omendo a tradirci. -, commentò la maggiore dei presenti, arricciando le labbra, contrariata.
Era stata quell’uomo, buono, dedito alla ribellione e che aveva conquistato i cuori di tutti loro, a far morire suo marito. Per quanto si sforzasse di odiarlo, non poteva fare altro che avere pietà di lui.
Il figlio le passò la lettera.
- Ci sono parecchie cose, qui sopra, che potrebbero esserci utili, ma è meglio che ne parli con i nostri ospiti.–
La principessa e Altezza corrugarono la fronte, confuse.
- Omendo è morto? -, iniziò la bionda con la voce rotta dal dispiacere.
- Che ospiti? -, chiese, invece, Fine, incuriosita.
Shade guardò la ragazza seduta accanto a lui e afferrò teneramente una sua mano, accarezzandola lievemente. Poi, alzò lo sguardo sulla popolana.
- Dopo che siete scappate da Mari con Leone, Omendo è stato catturato. A quanto pare, durante la sua prigionia, ha fatto amicizia con Bright e l’ha convinto a convertirsi alla nostra causa. Quando il Principe ha deciso di andarsene e di scappare da suo padre, Omendo era ormai stremato e durante il viaggio verso il nostro accampamento è morto. Bright e Rein, invece, li abbiamo trovati stanotte a Inox, durante l’imboscata. –
La rossa sgranò gli occhi, sorpresa.
- Rein? Bright… sono qui? –
Shade annuì.
- Stanno dormendo nelle nostre stanze. Erano stremati, poverini. -, intervenne Milky indicando con un cenno la porta dei suoi appartamenti e della madre.
Fine fece per alzarsi ma fu trattenuta.
- Tu sapevi che stanno insieme? –
La principessa si voltò lentamente verso Shade, stizzita.
- Che cosa?! -
- Omendo, qui, consiglia a Bright di sposare Rein. -, precisò Maria, senza nemmeno alzare lo sguardo dalla fitta scrittura.
In pochi secondi, parole, immagini e sorrisi passarono per la mente della ragazza. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Le confidenze di Rein su un amore che se fosse anche solo stato corrisposto non avrebbe mai potuto raggiungere il lieto fine; gli sguardi che aveva spesso notato ma a cui aveva dato poca importanza, sapendo l'affetto amicale che c'era tra i due; e, infine, tutte le volte che suo zio o Bright l'avevano colta in fragrante mentre cercava una maniera di ribellarsi alla sua reclusione. Rein l'aveva tradita; l'unica persona di cui per anni si era ciecamente fidata, si era venduta ai suoi nemici.
Strinse i pugni, lasciando vuota la mano di Shade protesa verso di lei, e uscì dalla cucina.
 
 
Fine camminava tra le vie dell'accampamento, illuminato da una fioca alba. Il fumo di fuochi abbandonati e il russare degli uomini facevano da sfondo alla sua solitudine.
Si sentiva distrutta, delusa da quella scoperta che, finalmente, le aveva permesso di mettere al giusto posto ogni tassello. Se la notte della sua fuga avesse detto a Rein dei suoi piani, sarebbe stata casualmente scoperta da qualche guardia e non avrebbe mai potuto lasciare la sua prigione per iniziare a vivere, vivere davvero. Quella premura che, sul momento, l'aveva fatta sentire in colpa nei confronti di Rein, si era, invece, rivelata fondamentale per la riuscita del suo piano.
Strinse le braccia al petto, più per rabbia che per il freddo, anche se, effettivamente, indossava solo una leggera vestaglia. Dei passi la riscossero dai suoi pensieri e si voltò appena.
Sul selciato, Altezza stava correndo nella sua direzione.
La principessa si fermò e la bionda la raggiunse poco dopo. Questa le porse una giacca leggera.
- Shade mi ha detto di dartela. -
La rossa si lasciò sfuggire un dolce sorriso che scatenò uno sbuffo da parte dell'amica.
- Sei cotta. -, commentò solo, mentre Fine s'infilava il cappotto.
Ripresero a camminare, la popolana zoppicava ancora sulla gamba ferita ma cocciuta com’era, aveva abbandonato presto la stampella.
- Per quanto non possa sopportare quello spocchioso, sono contenta che tu finalmente abbia capito cosa provi. -, cominciò la popolana rigirandosi un boccolo color del grano tra le dita.
- Voglio provarci davvero con Shade, vedere come va e godermi questi momenti insieme, non sappiamo nemmeno se sopravvivremo a questa guerra. Il minimo che possa fare è dargli il beneficio del dubbio e concedergli quella possibilità che mi chiede da quando ci siamo rivisti. -
Altezza sorrise soddisfatta e portò un braccio intorno alla spalla dell'amica per stingerla in un tenero abbraccio.
- Sono fiera di te. -, commentò. – Ora, però, devi concedere questa possibilità anche a qualcun altro. -, e Fine capì anche fin troppo bene a chi l'amica si stava riferendo.
 
 
Rein misurava a grandi falcate la stanza, giocando nervosa con i lembi del semplice vestito che Milky le aveva gentilmente prestato. Sia lei che il principe erano rimasti stupiti nel scorgere sul volto della rosa e quello di Maria, diversi ma familiari, un dolce sorriso. Non potevano che essere grati di quell’accoglienza.
- Puoi calmarti, per favore? -, la riscosse Bright dai suoi pensieri, sdraiato comodamente sul letto della padrona di casa.
- Sono preoccupata, Bright. Leggendo la lettera avrà capito ogni cosa. Voglio avere l’opportunità di spiegarmi ma so che difficilmente sarò capita. Fine è così… -
- Intransigente? -, completò per lei il Principe, cambiando la sua posizione e mettendosi seduto sul bordo del materasso.
Allungò un braccio e afferrò la ragazza, che stava riprendendo la sua marcia, per una mano. La trascinò a sé e la strinse in un abbraccio. La testa di Bright era appoggiata ai seni mentre le sue braccia la stringevano convulsamente. L’azzurra si sciolse e iniziò ad accarezzare lievemente i fili d’oro del giovane.
- Fine è affezionata a te e, poi, ci sono io con te. –
In quel momento la porta si aprì.
I due ospiti scattarono, separandosi e mettendosi sull’attenti, in attesa del giudizio di chi avrebbe deciso per la loro vita.
Shade, ancora attaccato alla maniglia, arricciò le labbra, infastidito. Si spostò, poi, per permettere a Fine di entrare nella stanza.
- Ecco. -, disse, con pochi convenevoli, mentre la rossa attraversava velocemente lo spazio che la separava da suo cugino e dalla sua serva. Negli occhi cremisi c’erano rabbia e frustrazione. Si fermò a pochi centimetri da Rein.
Intanto, il cobalto si era richiuso la porta alle spalle e attendeva, vigile, appoggiato con la schiena al legno. La rossa gli aveva chiesto di partecipare a quello strano ritrovo di famiglia e non si era tirato indietro. Voleva supportare Fine ma allo stesso tempo evitare che facesse qualcosa di avventato. Sapeva fin troppo cosa voleva dire perdere ogni certezza e per la ragazza era la seconda volta in poco tempo che scopriva di essere stata presa in giro per anni.  
- Io mi fidavo di te. -, cominciò, infatti, la Principessa, in un sussurro; i pugni erano stretti lungo i fianchi e il mento alto, orgoglioso.
L’azzurra abbassò lo sguardo, risentita.
- Tuo zio mi teneva in pugno, non potevo fare altro, Fine.  –
- Si che potevi! -, sbottò. - C’è sempre un’alternativa. Avresti potuto dirmi la verità, che eri innamorata di Bright, invece di tradirmi. Avremmo trovato una soluzione insieme.–
Piccoli rivoli salati cominciarono a rigare le gote paonazze dall’ira di Fine. L’azzurra strabuzzò gli occhi a quella vista. Era raro per lei vedere la Sua Signora, piangere.
- Ti credevo mia amica, Rein, la mia unica amica. Per anni sei stata la mia serva, la mia confidente, la mia famiglia e, ora, scopro che non hai fatto altro che mentirmi. –
- Rein ti vuole bene, Fine. -, intervenne Bright, vedendo la sua compagna in difficoltà, in balia delle accuse.
La rossa si voltò appena verso di lui.
- Certo, ora mi metto anche ad ascoltare le parole del mio aguzzino. –
Il Principe si passò nervoso una mano tra i capelli.
- Sai meglio di me che mio padre è un manipolatore. –
Fine si strinse nelle spalle, infastidita. Poi, lanciò uno sguardo alle sue spalle. Negli occhi cobalto del ribelle lesse preoccupazione e comprensione; avrebbe accettato la sua decisione, qualunque essa sarebbe stata. Con un sospiro, si rilassò.
- Ciò non ti giustifica, Bright, ma, il solo fatto che tu sia qui, mi da speranza. –
Poi, si voltò verso Rein.
- Invece, non riesco proprio a spiegarmi cosa io possa aver fatto per averti spinto a tradirmi. –
Prese le mani dell’azzurra e le portò al petto, in una muta richiesta.
La serva alzò timidamente le sue iridi celesti sulla Principessa. Si era aspettata di tutto, ma non quell’umiltà e quella compassione.
- Non è per te, Fine. Io amo Bright e volevo dimostrargli di essere alla sua altezza, che potevo essergli utile e non solo un amante. Mi di - spiace... -, pronunciò tra i singhiozzi e, tra le lacrime che ora solcavano anche il suo volto, si chinò ai piedi della rossa, implorando perdono.
La giovane erede al trono fece leva con le braccia per rialzare l’amica. La portò a sé per stringerla in un tenero abbraccio, mentre la serva piangeva sulla sua spalla.
 
 
Quando le avevano cambiato cella aveva capito che qualcosa non andava. Era sempre stato Black a farle visita, portarle da mangiare e ad assicurarsi che stesse bene. Non che avesse perdonato il ragazzo di quel tradimento ma vederlo tutti i giorni l’aveva fatta sentire meno sola. Il rapporto con il morettino era sempre stato controverso, contrastante, ma quelle piccole premure che le aveva dedicato durante quei giorni di prigionia avevano giovato al suo animo ferito: avevano riacceso una flebile fiammella che Lione si era occupata di soffocare. Da lui aveva sempre preteso solo rispetto, non tenerezze e romanticismi, ma Black glielo aveva negato rilegandola in quel buco. Doveva e voleva odiarlo, ma non era sicura che il suo cuore la pensasse così.
Si passò le mani sul volto, per far sparire le lacrime che solcavano le sue gote, scavate dalla frustrazione. Si sentiva persa, persa come non mai. Non aveva tenuto fede alla sua missione di portare la Principessa in salvo e la paura che fosse stata catturata la tormentava; pensare, poi, al corpo di Altezza, penzolante nella piazza di Lilian le dilaniava il cuore. Si era lasciata soggiogare da un uomo che non sapeva come esprimere i suoi sentimenti e la teneva rinchiusa come un animale; e non avrebbe potuto combattere al fianco dei ribelli per ciò che credeva. E ero la mancanza di Black rendeva il suo futuro precario e sempre più sfumato. Era isolata da ventiquattro ore senza cibo ne acqua. Sarebbe morta presto, se lo sentiva, e non voleva farsene una ragione.
Poi, lo scatto della serratura e lo scricchiolio della porta di metallo che si apriva, le fecero alzare gli occhi. Ecco, l’avrebbero fatta fuori a momenti. Si strinse nelle spalle cecando nell’oscurità di scorgere il viso del suo carnefice; o di Black, ma quella speranza era troppo azzardata e di nuovo, Lione cercò di soffocare la fiammella.
- Oh! -, sentì, invece.
La voce strozzata rimbombò tra i muri della piccola prigione. L’arancio strabuzzò gli occhi e si alzò, velocemente. Ebbe un mancamento, dovuto alle poche energie, che la obbligò a riappoggiarsi alla parete ma sul suo viso era comunque nato un sorriso.
- Finalmente, ti ho trovata Lione! -, sussurrò Mirlo, estasiata, tirando un profondo sospiro di sollievo.
Questa si spostò la frangetta, sudata dalla tensione, dal viso, rivelando due sinceri occhi indaco. Aiutò Lione a ristabilizzarsi sulle gambe. La prigioniera era indebolita ma riusciva a muoversi.
- Come hai fatto a trovarmi?-, domandò curiosa la ribelle all’amica, con riconoscenza.
- Ti racconto dopo. Ora, dobbiamo sbrigarci o perderemo l’unica opportunità che abbiamo di andarcene. –, la incitò la castana sorreggendola per le spalle.
Lione guardò l’amica, seria.
- Che sta succedendo? –
- Camelot e gli altri ribelli stanno distraendo il Re. Hanno fatto incursione nell’armeria, dandomi la possibilità di venire a cercarti. –
Poi, le iridi indaco si fermarono sul volto sciupato ma, finalmente, sereno, di Lione.
- Ti riporto da Eclipse. Gli farà piacere rivederti. –




Angolo autrice:
Ecco a voi un puntuale aggiornamento! In questi giorni sono stata parecchio creativa e ispirata per cui ho scritto già parecchi capitoli e l'andazzo generale della storia. Abbiamo a che fare con ancora una decina di episodi, questo escluso. Per cui godeteveli! Non vedo l'ora di finirla questa ff. Meritate di leggere una fine e io di poter dedicarmi ad altro.
Cooomunque, tornando alla ff, sappiate che pian piano sto aumentando la lunghezza. Ho una sacco di cose da dirvi e da far succedere e pian piano il cerchio si sta restringendo. Le varie storyline si stanno concludendo e arrivando al gran finale. Partiamo da Fine e Shade. Troverete forse il comportamento di Fine un po' avvenatto ma dopotutto è giunta l'ora di renderla un po' più IC, più spontanea e allegra. Credetemi che i porblemi tra loro non sono assolutamente finiti. Questi due troveranno la pace solo nella tomba... muahahha sto scherzando! Invito le lettrici che ci sono rimaste di sasso a riprendere a respirare... insipare ed espirare. Come ho detto a qualcuno nelle recensioni, non per tutti ci sarà un lieto fine, o almeno non quello che vi aspettate, ma datemi il beneficio del dubbio, per ora. Come forse qualcuno avrà notato, Fine non ha ancora detto di essere innamorata di Shade, gli sta dando una possibilità e vedremo se lui saprà coglierla. Poi, ci sono Rein e Bright. Al contrario dei due protagonisti la loro relazione è già parecchio avanti. Era da un po' che erano scomparsi, insieme a Lione, e vedrete che riprenderò in mano alcune tematiche tenute in ballo, tipo la morte di Omendo. Fine perdona Rein, perchè capisce che anche lei è solo una vittima di suo zio, ma con Bright è tutta un'altra storia. Anche qui, in uno dei prossimi capitoli, ci sarà uno scontro tra i due. Infine, Lione è stata liberata... vedremo cosa succederà con Black. Pin piano stanno comparendo tutti i personaggi della serie e oggi è il turno di Mirlo. Ha un ruolo assolutamente marginale, non avrà molto spazio all'interno della storia ma la immagino come una sorta di antagonista per Blake, la spia dei buoni, insomma.
Dopo questo sproloquio, vi saluto.
Ringrazio le ragazze che si sono prese la briga per recensire. Nonostante questa storia sia molto seguita, e mi fa estremamente piacere, vorrei poter leggere di più i vostri pareri. E' importante per una scrittrice sapere cosa pensano le lettrici. Detto questo, non è che smetterò di scrivere se non avrò recensioni. Scrivere è per me uno sfogo e continuerò a farlo. Però se avete un po' di tempo... vi aspetto! :) (sono una rompiscatole lo so! Ahahha)
Un bacione enorme e ci vediamo tra 14 giorni, se non prima!
Ele

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Capitolo 28
*** 27. Mani ***


27. Mani
 
- Dobbiamo guadagnare più tempo possibile. -, ripeté la donna, per la terza volta in quella conversazione.
– Tu sei l’unica a poterlo persuadere, cara. –
Strinse le curate mani dell’altra tra le sue. Vide la ragazza annuire e i corti capelli rossi caderle davanti al volto.
 
 
Fine camminava leziosa per il corridoio della locanda. I passi pesanti alle sue spalle e un sospiro infastidito le fecero nascere sulle labbra un sorriso divertito.
- Perché non vuoi ammetterlo? -, domandò per l’ennesima volta il ragazzo; la stava seguendo imperterrito da quando la principessa aveva lasciato la sua stanza.
Aprendo la porta, per recarsi alla riunione, Fine aveva trovato Shade appoggiato al muro di fronte, che lo attendeva con un ghigno sghembo stampato sulle labbra. Inizialmente, ne era rimasta piacevolmente sorpresa ma, per non dare soddisfazione al ribelle, aveva proseguito per la sua strada senza degnarlo di uno sguardo. Per questo, il giovane aveva cominciato a essere molesto.
- Guarda che l’ho capito. -
La ragazza, si decise, finalmente, a prestargli attenzione. Si fermò e si girò verso il cobalto.
- Che cosa hai capito? -, chiese ingenuamente.
Il ribelle incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio, strafottente.
- Che sei innamorata di me. –
Alla rossa sfuggì uno sbuffò ironico che infastidì ulteriormente l’uomo.
- Da cosa lo deduci? –
- Indossi ancora la mia giacca. -, cominciò puntiglioso il cobalto, facendo un lieve cenno con la testa all’indumento che copriva le spalle di Fine.
La principessa abbassò gli occhi rendendosi conto che, effettivamente, aveva ancora addosso la giubba in pelle prestato dal ragazzo. Il ribelle sorrise, divertito.
- Per non parlare del bacio di stamattina. -, continuò, posando i pozzi blu sul viso di Fine per studiarla attentamente.
Lo sguardo intenso dell’uomo di fronte a sé e il ricordo delle sue labbra, di ciò che aveva provato, scatenarono un forte rossore sulle guance della giovane. Questa si voltò, imbarazzata, e riprese la sua marcia verso la sala centrale della taverna.
Poi, sentì i passi alle spalle farsi veloci. Fu raggiunta e una mano le agguantò il braccio, obbligandola a voltarsi.
- Perché non mi rispondi? -, sussurrò Shade a pochi centimetri dal volto della donna.
Voleva e doveva sapere cosa passava per la testa di Fine: se i suoi sentimenti erano ricambiati. Non si trattava più di quell’amore puro e ingenuo degli anni dell’infanzia: Shade era tormentato giorno e notte dall’immagine della Principessa, dalle sue labbra, dal suo sapore - frutti di bosco e menta - e dal suo calore.
Le aveva dato il tempo necessario per riflettere e capire e, ora, era giunto il momento per la ragazza di informarlo della sua decisione.
Vide la rossa abbassare lo sguardo, con le iridi cremisi umide e le gote imporporate.
- Proviamoci. -, borbottò questa con voce isterica.
Il corpo di Shade si rilassò: i muscoli si sciolsero e la presa ferrea sul braccio di Fine si fece leggera. La mano scivolò sull’avambraccio fino ad afferrare le dita sottili della principessa. Questa, alzò lo sguardo, incuriosita. Nelle iridi scure non c’era più l’orgoglio che le caratterizzava, ma una dolcezza infinita e le labbra sottili, contornate da una soffice peluria, erano dispiegate in un sorriso aperto.
- Starai accanto a me durante la riunione? -, domandò Shade con voce gentile.
Fine annuì convinta e il cobalto annullò la distanza con un tenero bacio.
 
 
- Bene, -, cominciò il ribelle attirando l'attenzione di tutti i presenti.
Il vociare concitato si affievolì fino a scomparire. Il consiglio straordinario indetto per quella sera era riunito nella mensa della locanda, chiusa al pubblico. Bisognava discutere degli ultimi eventi e decidere il da farsi.
Shade lanciò un’occhiata a Fine, seduta accanto a lui e indaffarata nel cercare di intrecciare i corti capelli rossi. Sorrise dolcemente. La ragazza non si era ancora sbilanciata nel dichiarare i suoi sentimenti ma almeno gli stava dando quella possibilità che tanto aveva agognato. Sperava solo di non deluderla, come troppo spesso aveva fatto. Con un sospiro tornò alla sua platea composta dai più fidati.
- La nostra incursione a Inox, -, parlò, allora, con voce calda e sicura. - ci ha permesso di prendere possesso dell'intera Foresta Nera. Non penso Aaron voglia cercare di riconquistarla: richiederebbe uno spreco di energie e di risorse che non può permettersi, se vuole tenere strette le città che ha già soggiogato. La prossima mossa sarà riprenderci i porti costieri in modo da dimezzare i rifornimenti alla capitale per, poi, avviarci verso Mari. –
Tutti annuirono convinti. Poi, un tonfo richiamò la loro attenzione.
La porta della cucina si spalancò, rivelando la figura di un uomo malamente appoggiato al legno e attaccato alla maniglia. Bright cadde miseramente a terra.
Il cobalto strabuzzò gli occhi mentre Auler si dirigeva a grandi passi verso il principe. Lo prese per il bavero, attaccandolo al muro.
- Ci stavi spiando, verme?-, sbiascicò l’azzurro pieno di collera.
Il biondino balbettò qualche sillaba. Poi, strinse i pugni e prese coraggio.
- Voglio solo aiutarvi. Chi meglio di me conosce i punti deboli dell’esercito? –
Auler studiò per qualche secondo il viso del Principe e, infine, si voltò verso Shade, senza però mollare la presa. Il cobalto si passò una mano tra i capelli, dubbioso.
- Perché dovremmo fidarci se hai tradito il tuo stesso padre?-, sentenziò, allora, con un cenno della testa.
Al segnale, l’amico scaraventò con uno spintone il biondo nella cucina e si apprestò a richiudere la porta.
- Aspetta!-
La voce della rossa rimbombò nella stanza. Fine si diresse a grandi falcate verso Bright e gli porse una mano, aiutandolo ad alzarsi.
Nella stanza era calato un pesante silenzio.
- Tutto bene? -, sussurrò la ragazza al cugino che annuì appena.
In pochi secondi, Shade l’aveva raggiunta.
- Cosa credi di fare?-, sbraitò adirato il cobalto afferrando malamente per un braccio la Principessa.
Quel contatto era così diverso da quello leggero e dolce di qualche minuto prima. Mentre la ragazza combatteva contro l’istinto di dimenarsi da quella presa, si voltò lentamente incrociando le sue iridi cremisi con quelle blu del ribelle.
- Potrebbe esserci davvero utile, Shade. Ricordati la lettera di Omendo. –
- Dell’uomo che ha condannato mio padre a morte certa?-, rispose piccato l’uomo, corrugando le sopracciglia scure.
- Hai detto tu stesso che le sue azioni gli hanno permesso di redimersi, perché non potrebbe essere lo stesso per Bright? –, e la Principessa indicò distrattamente il cugino ancora accanto a lei.
Shade strinse la presa sulla pelle della giovane, adirato.
- Fine… -
Questa si liberò con uno strattone e mostrò al capo dei ribelli uno sguardo determinato.
- Vieni, Bright. Unisciti a noi. -, disse, facendo segno al Principe di entrare nella stanza.
Fu aggiunta una sedia al lungo tavolo, tra Auler e Tio. Bright si sedette sotto gli sguardi critici e scettici dei presenti. Shade si risistemò a capotavola e la rossa, che l’aveva seguito, allungò il braccio sotto il legno cercando le mani calde del ragazzo. Quando finalmente Fine riuscì ad afferrarle vide la mascella dell’uomo accanto a sé contrarsi mentre le dita le sfuggivano dalla stretta. Ancora una volta, l’orgoglio aveva vinto sulla ragione.
– Per attraversare la Foresta Nera abbiamo bisogno di poco più di ventiquattro ore. -, riprese la riunione, il ribelle, evitando le iridi cremisi che cercavano avidamente le sue cobalto, in cerca di risposte. - L’idea era di allestire un campo fisso a Inox, dove rifugiarci in caso di ritirata, e, da lì, per arrivare a Riardo, non ci vuole che mezza giornata. All’interno della cittadella abbiamo parecchi alleati e sarà semplice cacciare i soldati. Il problema è Mari. –
- Dobbiamo, prima di tutto, considerare di essere in campo aperto. –, puntualizzò Auler, ipnotizzato dagli arabeschi che creavano la forma del Regno sulla mappa stesa in mezzo al tavolo.
- I miei uomini… -, cominciò il Principe; lo sguardo sbigottito dei presenti lo fece accorgere dell’errore e si corresse, - L’esercito del Re è avvantaggiato nella prateria. Hanno formazioni precise e sono addestrati a resistere per molte ore sotto attacco. Non sarà semplice batterli. Il vostro vantaggio è l’agilità e la leggerezza: non avete pesanti armature da portare. Dovreste contare su questi aspetti. –
- Potremmo sfruttare i pochi ribelli che sono rimasti in città. Dovremmo cercare di riformare un piccolo drappello di uomini armati che nel momento della battaglia possano coglierli di sorpresa, attaccare le retrovie. -, continuò Tio, sporgendosi sul tavolo per indicare Mari.
- Non possiamo contare solo su una ventina di ribelli spauriti. -, commentò Fine, con voce sottile.
Shade si voltò di scatto verso di lei, stupito.
- E tu cosa consiglieresti? –
Il tono del ribelle era duro, infastidito dalla critica.
- Rispetto all’esercito che è stanziato da mesi nella città, noi saremo stremati dalla marcia e vedendoci arrivare, essendoci solo prati sterminati, aumenteranno i controlli, aspettandosi una rivolta. Entrare a Mari è impossibile. In più, in caso di battaglia, mio zio manderebbe dei rinforzi, per cui anche i pochi uomini che attaccherebbero le retrovie si ritroverebbero circondati. Dobbiamo giocare d’astuzia. E’ la nostra unica opportunità. –
- Dobbiamo cercare di indebolirli, prima del nostro attacco. -, intervenne Altezza, fino a quel momento accasciata disinteressata sulla sedia e occupata a sorseggiare la sua birra. – Quali sono i punti deboli del tuo esercito, Principe? –
Il biondino arricciò le labbra, pensieroso. La ragazza lo stava squadrando da capo a piedi, sprezzante. Sapeva che aveva aiutato Fine nel suo viaggio e che si chiamava Altezza; aveva inviato personalmente quell’orribile schizzo sulla sua identità nelle varie caserme. Eppure, non riusciva a capacitarsi come, una giovane dal viso così bello e dall’aspetto dolce, fosse riuscita a fare fuori due dei suoi uomini senza nemmeno essere armata. Era molto pericolosa, quindi, e, ora, lo stava mettendo alla prova.
- Come ho già detto, sono molto appesantiti dalle armature. Sanno combattere solo in campo aperto, sono lenti e svogliati. Non dimentichiamoci che sono mercenari, pensano solo ai soldi e a saccheggiare. –
- E a stuprare donne. -, aggiunse Altezza, piccata, esprimendo il suo più totale disgusto con una smorfia.
- E a ubriacarsi -, sbottò anche la principessa, ricordandosi della taverna dove erano state accolte da Lione.
La popolana appoggiò i gomiti sul tavolo e posò il viso alle mani, mentre sottili boccoli biondi le ricadevano sul volto.
- È così che addestrate i vostri uomini?  –, chiese, sfoggiando un sorriso tirato sulle labbra carnose.
- Mio padre ha una politica molto severa e li paga una miseria, per cui si svagano come possono. Non sono cattivi, sono solo ignoranti. –
- A me sembra che troppo spesso la colpa cada su Aaron ma se non sbaglio a capo dell’esercito ci sei tu. -, commentò, ancora, la ragazza.
Altezza era estremamente pericolosa, realizzò Bright in quel momento. Tutti i presenti lo stavano guardando, attendendo la sua risposta. Shade aveva sfoderato uno dei suoi ghigni divertiti mentre Fine studiava il cugino, preoccupata ma soddisfatta delle domande dell’amica. Il Principe tirò un lungo sospiro. Si ricordò delle parole di Omendo, nella sua lettera, e iniziò a parlare.
- Non sono qui per fare il perbenista. Sono responsabile di ogni mia azione. Dico solo che a volte le circostanze non ti permettono di fare la cosa giusta e mio padre è stato un ostacolo in questo senso. Non ho mai avuto i coglioni di guidare davvero l’esercito e troppo spesso mi è fuggito di mano. Se vuoi che chieda scusa delle mie azioni, lo farò, ma non è questo il punto. Io sono qui perché voglio riscattarmi, cambiare le cose, perché ho capito che mio padre è un bastardo e voglio dimostrare al popolo che non sono solo una marionetta ma un uomo con dei pensieri e degli obiettivi. Se volete darmi la possibilità di collaborare, sono disposto a mettere in gioco la mia vita per voi, altrimenti, farò a modo mio. -
Gli occhi rubini di Bright caddero su Altezza, nella muta richiesta di capire se avesse passato l’esame. La bionda stava sorridendo apertamente e strizzò l’occhio al Principe, soddisfatta.
Un peso sulla spalla portò Bright a voltarsi verso il suo vicino di posto.
- Non siamo nessuno per giudicare, Bright, sei il benvenuto. –, disse Tio con un sorriso, picchiando pesantemente la mano sulla sua schiena.
- Ma vedi di non fare cazzate. -, specificò Auler, schioccando le labbra, in disappunto.
Allora, il biondo capì. Comprese che la provocazione di Altezza era un tentativo di farlo esporre, di metterlo sullo stesso piano degli uomini e delle donne radunati a quel tavolo, per renderlo partecipe e parte del gruppo. La ragazza lo aveva aiutato a riscattarsi, almeno con le parole e, ora, stava a lui farlo attraverso le azioni.
– Ecco cosa ci vorrebbe! Una festa! -, Fine picchiò una mano sul tavolo, attirando l’attenzione di tutti i presenti; si era alzata in piedi, entusiasta della sua stessa idea. – Mentre le ragazze di Mari e gli osti distrarranno le guardie, potremo fare incursione in città. Inebetiti dal sonno e dall’alcool non avranno la potenza di attacco che avrebbero in campo aperto; e potremmo mettere un piccolo esercito sulla strada che porta a Lilian. E’ rischioso ma farebbe davvero la differenza. Circonderemmo l’esercito reale e i rinforzi sarebbero rallentati. -
- Che cosa fareste se non ci fossimo noi donne? -, commentò Altezza scorgendo sul volto dei presenti la sorpresa, dovuta alle parole della rossa.
Il capo dei ribelli le lanciò un'occhiata torva cui la bionda rispose con un gentile medio e una linguaccia.
- Mi sembra una buona idea. -, riprese, infine, la parola, Shade, mentre le due giovani si scambiavano uno sguardo soddisfatto.
- Se siamo tutti d'accordo, farei partire immediatamente una cinquantina di uomini che andranno a disporsi nei boschi di Lilian e che si occuperanno di prendere contatto con Camelot. Dovranno tenere impegnati il Re, creando un diversivo. Penserà di essere attaccato mentre in realtà la battaglia si starà svolgendo da tutt'altra parte; mentre Tio, -, e il giovane uomo annuì dall'altra parte del tavolo. - cercherà di entrare a Mari per rimettere insieme la resistenza. Potremmo approfittare anche dell’esperienza di mia madre come guaritrice per delle erbe che allietino il sonno. Alla mezzanotte del settimo giorno, attaccheremo. -
- Tra solo una settimana? Non riusciremo mai a preparare tutto ciò che serve. -, commentò sovrappensiero Fine.
Il cobalto si voltò verso di lei, guardandola per qualche istante, serio.
- Stai sottovalutando i miei uomini. -, rispose secco, per poi riportare la sua attenzione verso gli altri.
Intanto, sul volto di Fine si scatenarono rabbia e confusione e la giovane, istintivamente, strinse tra le mani la leggera stoffa del vestito, per darsi forza. Perché Shade si stava comportando così? Eppure, prima di quella riunione, avevano trovato un’armonia, seppur precaria.
- Comunicate all'intero campo di cominciare a preparare gli armamenti e le scorte. Specificate di fare bagagli leggeri, dovremo essere veloci. –
Il ribelle guardò gli uomini e le donne davanti a sé annuire, tesi e pronti a eseguire i loro compiti.
- La seduta è sciolta. -, aggiunse solo, infine.
Tutti si alzarono dai loro scanni.
Un uomo dai lunghi capelli corvini si avvicinò a Fine.
- Sei davvero in gamba, Principessa, un’ottima stratega. -, si complimentò mentre si chinava a baciarle il dorso della mano. La giovane arrossì vistosamente e congedò l’anonimo ribelle con un sorriso.
Altezza, che era al fianco della giovane erede, rise sguaiatamente.
- Hai un ammiratore. -, la prese in giro stringendole le spalle.
Fine sorrise alla bionda ma quella serenità non arrivava alle iridi cremisi. Infatti, con gli occhi cercò nella stanza, ormai vuota, la figura di Shade. Questo stava discutendo con Tio di alcuni particolari. I pozzi zaffiri di lui e i suoi rubini s’incontrarono per pochi secondi ma a Fine bastò per dimenticare l’amica e i complimenti dello sconosciuto. L’occhiata del ribelle era delusa, amareggiata, e la Principessa tirò un lungo e triste sospiro rassegnato. Altezza, che aveva seguito l’intreccio di sguardi, si chinò sul Fine per parlarle all’orecchio.
- Andrà tutto bene. -
La rossa si voltò appena verso di lei e annuì.
- Lo spero. -
- Io vado a parlare con Maria. Dopo ci aggiorniamo. Buona fortuna. -, e la popolana si allontanò con un sorriso d'incoraggiamento.
Fine si accasciò sulla sedia in attesa che il cobalto finisse di parlare. Qualche minuto dopo, Tio fu congedato e i sue rimasero soli nella stanza. Shade, in piedi accanto al tavolo e con i pugni chiusi, guardò la compagna. Le iridi scuri erano ancora adirate e la mascella contratta. Il ragazzo trasse un lungo sospiro ma non parlò. Impaziente, la Principessa lo anticipò.
- Si può sapere cosa ti è preso? Perché sei arrabbiato con me? –
Il capo dei ribelli esplose.
- Davvero non lo capisci Fine?-, domandò ironico.
La rossa scosse la testa stupita e spaventata da quell’ira.
- Mi hai sminuito davanti ai miei uomini. –
- Che cosa?! –, domandò la ragazza, spalancando indignata le labbra.
- E poi, non pensavo avessi perdonato Bright? -, continuò il cobalto, senza prestare attenzione alle lacrime che stavano inumidendo gli occhi della ragazza. – Ti ha rovinato la vita, ti ha tenuto chiusa in una torre per anni in combutta con Aaron. Ha fatto uccidere centinaia di persone, stuprato donne, molestato bambini. Non merita nulla da te, da noi. È solo un vigliacco che si sta nascondendo dietro il buon nome di Omendo. Non avrebbe dovuto partecipare a questa riunione ma a quanto pare sua Maestà non la pensa così. –
Fine si alzò dal suo scanno, trascinando malamente la sedia sul pavimento. Ormai le gote erano grondanti di pianto.
- Ho fatto solo quello che ritenevo giusto. Ho dato a Bright una possibilità ma non vuol dire che mi fidi di lui. So bene che è la causa del dolore che ho provato in questi anni, della mia solitudine; eppure anche lui è una vittima di mio zio e non posso fare altro che avere pietà. Le sue informazioni sono state utili, fondamentali, e sembra davvero che sia cambiato. Ora, deve solo dimostrate che ciò che ha detto non sono solo vane parole ma che può davvero fare la differenza. Stasera, abbiamo guadagnato un amico, togliendo un nemico dalle file di Aaron. Voglio vincere questa guerra, Shade, e se ciò vuol dire mettere da parte il mio passato e il mio orgoglio ferito lo farò: per il bene del popolo, per il mio Regno. Voglio un futuro migliore e sto cercando di prendere in mano le redini del gioco, come tu stesso mi hai consigliato, ma sembra che a te questo non interessi. -
Shade s'incassò nelle spalle con un’espressione esasperata, poi, inspirò rumorosamente, frustrato.
- Lo voglio quanto te, credimi, e voglio soprattutto giustizia. Se fosse per me Bright sarebbe stato impiccato oggi stesso ma so che sei ancora legata a lui. -, il cobalto si passò malamente una mano tra i capelli, scompigliandoli in un gesto nervoso. – Ciò non giustifica, comunque, quello che hai fatto: metterti in mezzo, surclassare i miei poteri e i miei ordini; sono io che comando qui e finché tu non sei su quel trono, non hai il diritto di mettere becco nelle mie decisioni. -
La rossa sorrise tristemente.
- Se è questa la tua paura, che io possa prendere il tuo posto, oscurarti, ti prego di non coinvolgermi più in queste riunioni. So qual è il ruolo che mi spetta, almeno per i tuoi occhi, ma sappi che prima o poi mi stancherò di fare la ragazzina innamorata che aspetta il suo eroe. Se non riesci ad accettare la mia opinione e confrontarti con me, probabilmente, non è neanch’ora giunto il momento per noi di stare insieme. -, commentò atona la Principessa. – E, ultima cosa, cerca di non confondere la giustizia con la vendetta. -
Le parole che Shade le aveva vomitato addosso l’avevano trafitta; avevano sradicato quella parte di lei che stava pian piano rifiorendo. Era profondamente delusa e gli spessi muri, che per anni aveva costruito introno a sé e che il ribelle era riuscito a oltrepassare, vennero nuovamente eretti. Sul volto, a parte le gocce salate che poco prima avevano solcato la sua pelle liscia, c’era un’espressione indecifrabile. I suoi rubini che avevano riscoperto il piacere di brillare erano, ora, ghiacciati.
Shade non capiva, anzi, non voleva ascoltare le sue ragioni e Fine si sentì meno in colpa per quello che avrebbe dovuto fare, che avrebbe fatto. Se non poteva avere il sostegno del ribelle, nella sua battaglia per dare speranza e armonia al suo regno, se la sarebbe cavata da sola, sarebbe andata per la sua strada.
Il cobalto, intanto, aveva stretto la mascella e indurito lo sguardo. I pozzi cobalto erano offesi e confusi.
Fine si sporse leggermente sul tavolo che la separava da lui.
- Quando ti troverai davanti a mio zio, cosa farai Shade? -
- Lo ucciderò Fine. -
La ragazza si voltò e lasciò la stanza, senza una parola.
Il rumore del legno di una sedia che s’infrangeva violentemente a terra la fece stringere nelle spalle mentre con le maniche della giacca si asciugava le gote. Il profumo di lavanda e muschio del ragazzo le arrivò forte alle narici. Le sfuggì un singhiozzò.
 


Angolo dell'autrice:
buongiorno a tutte! So di essere estremamente in ritardo ma capite anche voi, considerata la lunghezza del capitolo e le dinamiche della storia, che era piuttosto complicato scriverlo. Ho cambiato venticinquemila volte ciò che succedeva, le parole, le frasi, i personaggi. E' stato un vero e proprio parto e nonostante non sia comunque soddisfatta ho pensato che non fosse giusto tenervi ancora in attesa. E' stato davvero difficile ma spero che con le vostre recensioni possiate consolarmi un minimo.
Partiamo dall'inizio. Fine e Shade sono la mia angoscia, la mia rovina. Passano da momenti di estrema dolcezza al prendersi a pugni nello stomaco con parole cattive. Che ne pensate? Fine ha fatto bene a dare a Bright una possibilità o ha ragione Shade? E si è comportata bene, nonostante abbia surclassato la leadership del ribelle? Shade fa bene a sentirsi così?
E poi, il tema della vendetta sarà una cosa che tornerà spesso....anzì, praticamente sempre. Questa storia è nata così, con la vendetta come sovrana, e vedremo come andrà a finire. (ahahah io lo so)
Altezza, invece, sta dando una possibilità a quel povero cristo del Principe: mi diverto un mondo a scrivere di lei. E' un personaggio contorto, rude, ma estremamente leale e buono. E Bright che spia? Ahhaha è un po' patetico ma lo adoro.
Io adoro tutti, la devo smettere.
Ultima cosa: avete capito chi sono i personaggi delle prime righe? Secondo voi, cosa avranno in mente?
Oggi, l'angolo dell'autrice è diventato un quiz a premi, insomma! Fatemi sapere numerose cosa ne pensate e grazie, come sempre, di sostenermi.
Un bacione
Ele

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Capitolo 29
*** 28. Anime nere ***


28. Anime nere
 
L'ambiente angusto dove il ragazzo si trovava era dominato dall'oscurità e dal tanfo di escrementi. L'umidità s’insinuava sotto la pelle rendendolo ancor più indolenzito e svogliato. Appoggiò la testa alla parete ruvida dietro si sé e tirò un lungo sospiro. Si lasciò andare allo sconforto mentre ripercorreva gli avvenimenti dell'ultimo mese: per salvare la donna che amava, l'aveva imprigionata nella tana del nemico il quale aveva approfittato della situazione per renderlo assoggettato al suo volere e, ora, doveva uccidere una delle poche persone a cui era davvero affezionato. Tirò un pugno all’indietro e la parete gli graffiò le mani callose. Come diavolo aveva fatto a finire in quella situazione?
Estrasse il sottile pugnale che teneva nello stivale e lo rigirò nervoso tra le dita. I polpastrelli seguirono le linee di elaborati ghirigori fino a trovare una piccola incisione sull'elsa; la totale mancanza di luce non gli permetteva di scorgerla ma sapeva bene di cosa si trattava: era una "c" malamente disegnata.
Una smorfia gli contrasse le labbra sottili. La sua vita era sempre stata un susseguirsi di eventi traumatici, incontri devianti e scelte sbagliate, ma Black sapeva fin troppo bene quale - chi - era la fonte delle sue disgrazie, e come tutto era cominciato: il giorno in cui aveva incontrato lei.
 
Mani sporche di fango e tremolanti si stendevano verso il cielo. Raggrinzite, cercavano di afferrare il mantello o la casacca di qualche passante che, al richiamo flebile e supplichevole del piccolo mendicante, si scansavano disgustati. Piccole gocce di pioggia solcavano le gote del viso pallido e scarnito. Il bambino tossì violentemente stringendosi nella maglia bucherellata che indossava. Un fulmine lo fece sussultare e, scorgendo i cirri neri oltre i tetti delle case, decise di mettersi al riparo. Individuò alcune casse in un angolo della via, posate sotto una sottile tettoia e si raggomitolò tra il legno. Un’altra giornata era finita e il bottino che aveva racimolato consisteva in un tozzo di pane e una moneta di rame. Addentò avido il cibo mentre un grosso ratto sfilava davanti a lui. L’animale si fermò, osservando l’estraneo, e, attirato dal profumo di cereali, si avvicinò.
- Via! Sciò! -, tentò il ragazzino agitando le braccia.
Le sue deboli dita, però, si lasciarono sfuggire il pane che cadde nel fango. Il topo si fiondò sulla preda e sgattaiolò via. Il bambino sospirò affranto, togliendosi dal viso i corvini capelli bagnati. Gli sfuggì una lacrima di sconforto e un forte singhiozzo. Si asciugò velocemente le guance. Doveva essere forte, sopravvivere, anche se non ne aveva un vero motivo. Non aveva un nome, un’identità, non si ricordava il suo passato e, probabilmente, sarebbe morto proprio tra quei legni, quella notte. Eppure, le menti dei bambini viaggiano veloci, fantasticando su mondi e vite possibili, e nel suo cuore sperava che le cose sarebbero cambiate, che avrebbe avuto una famiglia, una madre, come aveva visto spiando nelle finestre delle abitazioni. Era bravo a non farsi vedere, silenzioso come un ratto, anche se odiava quei sudici animali. Alzò lo sguardo sulla via principale, per analizzare la situazione e vedere se riusciva a trovare un riparo migliore, magari un po' più caldo e asciutto. La sua attenzione fu attratta da una figura in un angolo. Era avvolta in un mantello nero come la pece e il cappuccio era calato sul viso. Non era la prima volta che la vedeva e aveva la strana e inquietante sensazione che lo osservasse. L'ombra iniziò ad avvicinarsi. Il piccolo tentò di nascondersi tra le casse. Gli era più volte capitato di essere aggredito da alcune guardie reali, reduci di una sbornia; nonostante lo sconosciuto non indossasse ferraglia era sicuro di non voler ripetere l'esperienza. La figura era sempre più vicina. Brandì il pugnale dagli stivali bucati che portava ai piedi. Quello era l’unico oggetto che gli era rimasto della sua vita passata e lo tenne convulsamente davanti a sè, in un tentativo di difesa probabilmente inutile. Chiuse gli occhi, sperando di non essere visto, che quello fosse solo un orribile incubo dato dall’insonnia, mentre il cuore batteva all’impazzata.
Le braccia che lo afferrarono per le spalle, però, erano fin troppo reali. Cominciò a dimenarsi e a far roteare la lama tra sè e il suo avventore.
- Ehi! Fermo… -, lo invitò una voce calda e gentile.
Quel suono spinse il piccolo a puntare le sue iridi verdi sull’estraneo. Una giovane donna lo guardava apprensiva, accucciata alla sua altezza. Gli occhi blu erano dolci, magnetici, e le labbra incurvate in un tenero sorriso. Una cascata di lisci capelli castani contornava un viso bello ed elegante. Questa accarezzò lievemente le guance del bambino.
- Che ci fai qui, piccolino? Quanti anni hai? Sette?-
Il bambino corrugò la fronte, diffidente a quelle attenzioni. Quella donna era gentile con lui, si sentiva bene al suo tocco leggero, ma poteva davvero fidarsi? Era così che ci si sentiva ad avere una madre? Qualcuno che si prenda cura di te? Perché a nessuno era mai fregato niente di lui. Era stato abbandonato ed era completamente solo e perso.
- Come ti chiami? -, ritentò la donna sperando di riuscire a convincerlo delle sue buone intenzioni.
- Io sono Snow e voglio solo aiutarti, se me lo permetterai. Conosco un posto sicuro e asciutto che potrà diventare la tua casa. Se non ti piacerà, non sarai obbligato a restare. –
- Non voglio andare in un orfanotrofio. -, borbottò infine il piccolo persuaso da quelle dolci attenzioni.
La giovane rise calorosamente.
- Oh puoi star tranquillo! La Compagnia è di tutto tranne che un orfanotrofio. Ti daremo cibo, vestiti puliti, t’insegneremo a combattere e a vivere degnamente. L’unica cosa che ti chiediamo in cambio è di svolgere qualche compito particolare. –
- Perché io?-
Il morettino sapeva che non era solo un atto di carità. Il sospetto era confermato: quella donna lo stava tenendo d'occhio da qualche tempo. Voleva qualcosa da lui e prima di cedere ai propri bisogni - cibo, acqua, affetto - doveva sapere cosa avrebbe dato in cambio.
La castana sorrise, divertita.
- Sei sveglio, come immaginavo. L’amore e i legami affettivi ti rendono solo debole, vulnerabile, e tu non ne hai. Abbiamo bisogno di una persona come te. Potresti diventare il migliore. –
Snow stese le gambe, ergendosi nella sua altezza. La ragazza doveva avere circa quindici anni. Porse la mano al bambino con un caldo sorriso per invitarlo ad accettare la sua proposta. Il moro esitò.
- Io non ho un nome. -, volle puntualizzare.
Era la prima volta che qualcuno gli dava importanza, che lo faceva sentire necessario; una necessità pericolosa, però, e gli faceva paura perdere il suo anonimato.
La donna alzò le spalle, disinteressata.
- Sai, sono pochi quelli che hanno il privilegio di scegliere il proprio nome, il proprio destino. Io ti sto dando quest’opportunità. -
Poi, avvolse in una dolce occhiata il bambino.
- Quindi, come ti chiami "straniero"? -
Questo si ritrovò a sorridere per la prima volta dopo tanto tempo. Doveva scegliere il suo nome accuratamente.
- Black. -, sentenziò, infine, per poi afferrare le calde dita della ragazza ancora stese verso di lui.
 
La Compagnia lo aveva curato, aveva soddisfatto i suoi bisogni, ma con il senno di poi, forse, sarebbe stato meglio morire quel giorno, in mezzo a delle casse, con i topi che gli rosicchiavano le dita; perché il prezzo che aveva pagato, che stava pagando, era troppo altro.
All’epoca, la nobiltà, stanca degli scandali e desiderosa di assumere il potere sul regno, si stava organizzando per conquistare la capitale e spodestare Grace. Spie e assassini erano particolarmente richiesti e la Compagnia offriva i migliori. Aveva adepti in ogni angolo del regno e, con l’aumentare della richiesta, in molti, come Snow, cercavano piccoli aiutanti, ragazzini senza volto e senza famiglia che avrebbero fatto il lavoro sporco al posto dei loro padroni. Così, Black era diventato il suo schiavo, il suo fedele servo, e un assassino. Il moro ne era stato inizialmente entusiasta; le sue abilità e il suo valore erano finalmente riconosciuti. Sotto lo sguardo attento della sua insegnante, non aveva esitato a compiere il suo primo furto o colpire a morte un mercante ubriaco nel suo letto. All’epoca non sapeva che quello sarebbe stato il primo di tanti, tantissimi omicidi; non conosceva nulla del suo destino, come non sapeva niente del passato; aveva solo il presente e una donna bellissima e terribile al suo fianco. Snow era intelligente e affettuosa. In quegli anni era stata una mamma, una confidente e, poi, anche un’amante. Se Black si era dimenticato presto di aver a che fare con un membro della Compagnia, la donna, al contrario, non aveva scordato che il ragazzo era un suo sottoposto. L’aveva circuito, lo aveva fatto innamorare – se di amore si poteva parlare - e lo aveva reso totalmente dipendente da lei. Così, il moro si era sporcato le mani di sangue al posto della sua padrona, tanto  che queste erano diventate grondanti e la sua anima nera.
Poi, Snow era morta lasciando un profondo vuoto nella sua vita.
Quei ricordi sembravano così lontani nell’oscurità che lo avvolgeva. Black si passò una mano sul volto, sospirando silenziosamente. 
Per anni aveva vagato in lungo e in largo nel regno, cercando di ricostruirsi una vita. E proprio nel momento in cui non aveva più speranza, aveva incontrato Lione.
Un sorriso si fece largo sulle labbra del giovane. Un sorriso che si trasformò presto in una smorfia disgustata; era disgustato da se stesso. Le immagini dell’ultimo incontro che aveva avuto con l’arancio e le sue parole velenose gli vorticavano ancora davanti agli occhi.
Si strinse la testa tra le braccia. Aveva sbagliato tutto con lei. Anche se fosse riuscito a salvarla dalle grinfie di quel bastardo di Aaron, riconquistarla non sarebbe stato facile. Aveva cancellato, in un solo istante, tutto ciò che avevano costruito. Avrebbe dovuto riguadagnare la sua fiducia ma non ne aveva la forza. Black si morse un labbro e trattenne il singhiozzo che, crudele, voleva risalire la sua gola. Non aveva la forza e la sfacciataggine sufficiente per tornare a scorgere quegli occhi nocciola, che in un battito di ciglia lo avevano fatto innamorare; non dopo avervi letto la totale delusione e il risentimento della ragazza. Pensava di averlo fatto per il bene di lei ma, sì, il suo era stato puro egoismo. Quelle iridi calde non l’avrebbero mai più guardato con dolcezza e affetto, o con la passione che solo lei, con uno sguardo, riusciva a suscitare. Lione aveva sostituito l’opprimente presenza di Snow nel suo cuore come un vento leggero, primaverile, che porta il profumo dei fiori; si era insidiata nella sua anima che era tornata a respirare, dopo aver soffocato per anni nell’oscurità; ma, ora, tutto era perduto.
Black si chiese se ne valesse davvero la pena di lottare ancora. Se non fosse più saggio andarsene, lasciare tutto com’era e sperare che con il tempo Lione lo perdonasse. Era piuttosto sicuro che i ribelli avrebbero vinto ma se l’arancio fosse morta durante la battaglia? Davvero era pronto a lasciarsi indietro la vita con lei, l’unico futuro che Black era riuscito a scorgere all’orizzonte? E salvarla, se mai Aaron avesse mantenuto la sua parola, ripagava la perdita della morte di Camelot?
L’attenzione del moro venne, finalmente, allontanata dai propri pensieri e focalizzata su una fiaccola che percorreva il corridoio adiacente. Si alzò dal suo rifugio, analizzando la situazione.
La fioca luce illuminava un viso segnato dagli anni ma sorridente e fiero. Black sorrise tristemente tra sé. Per la seconda volta in pochi giorni sarebbe stato a faccia a faccia con Camelot ma, ora, non poteva più sbagliare. Avrebbe potuto lanciare, velocemente, la piccola lama che teneva fra le dita. Avrebbe colpito la donna all’altezza della scapola sinistra, passando tra le costole e trafiggendo il cuore. La vecchia non si sarebbe nemmeno accorta di quello che stava succedendo e lui, avrebbe portato la sua testa ad Aaron.
Eppure, i piedi camminarono per conto proprio, silenziosi come sempre, seguendo la sua preda. In pochi minuti arrivò nell’alloggio di Camelot, dove la donna si era seduta a un traballante tavolino, al lume di una candela.
- Ti stavo aspettando. -, la sentì dire con voce roca, scrutando nell’oscurità.
L’uomo fece qualche passo avanti, permettendo che la debole luce della stanza lo illuminasse. Si calò il cappuccio e si sedette di fronte all’anziana.
- Cosa ti è successo ieri? -, continuò la donna alludendo allo scontro che c’era stato tra guardie reali e ribelli nella caserma di Lilian.
Lei e alcuni uomini avevano fatto irruzione dello stabile per sequestrare le armi e si erano scontrati con i soldati, guidati da Black.
- Ho sentito che il Re ti considera come un figlioccio. Sei riuscito a conquistarlo, quindi. Ciò ci tornerà utile. –
- Mi ha dato il compito di ucciderti, Camelot. E se non lo faccio, perderò la donna della mia vita. –
A quelle parole la donna strabuzzò gli occhi per poi assottigliarli, sospettosa.
- Sbaglio o sei stato tu a imprigionare Lione? –
- Pensavo di potermi fidare di Aaron ma, nonostante l’affetto che dice di provare per me, non si è lasciato ingannare. Mi ha portato via Lione e, in cambio della sua liberazione, vuole che gli porti la tua testa. –
- Ha solo usato a suo favore la tua debolezza. Tipico di lui. -, commentò sovrappensiero la vecchia governante.
Dopotutto, Aaron era cresciuto con lei e in quegli anni di scontri e ripicche, poteva dire di conoscerlo profondamente.
- Ormai, non ne vale più la pena di lottare. Lione non mi perdonerà mai per ciò che ho fatto. Per quello che farò. –, sussurrò il ragazzo, quasi stesse parlando tra sé.
Nella piccola stanza calò il silenzio. L’unico rumore erano i passi dei ribelli che camminavano tra il lerciume delle fogne per sorvegliare la base sotterranea. Gli occhi verdi di Black si posarono vigili sul viso di Camelot. La donna osservava, assorta, le incanalature del legno. Poi, con un sospiro, si sciolse lo chignon che legava i suoi lunghi capelli brizzolati. La luce della candela rivelava un viso scavato dagli anni, in contrasto con il vigore dei suoi muscoli e la determinazione degli occhi scuri.
- Perché non chiudiamo subito questa storia, Black? Uccidimi, forza, non mi opporrò, se è questo ciò che vuoi. -, assentì la vecchia con un ghigno indifferente stampato sulle labbra.
- Non posso Camelot. –
Ecco che un sorriso triste cominciò a spuntare sul volto della donna.
- Allora, comincio a capire perché Aaron ti ha dato questo compito. –
Black si sporse sul tavolo, con le sopracciglia aggrottate, confuso.
- Cioè? –
- Lione non è il tuo unico punto debole, o sbaglio? –
Anche il moro sorrise, un sorriso timido che spinse l’anziana  a continuare.
- Sinceramente, per quanto anch’io mi sia affezionata a te in questi anni, non ho mai compreso fino in fondo la tua fedeltà. Quando sei entrato da quel corridoio, per la prima volta, in compagnia di Lione, ho subito pensato che tu fossi un’anima in pena. Un’anima che cominciava a guarire, certo, - ho subito notato gli sguardi che ti scambiavi con quella ragazza-, ma eri alla ricerca di qualcosa. Un qualcosa che probabilmente hai trovato tra queste sudicie mura. Toglimi questa curiosità. –
La richiesta di Camelot non era diretta e lasciava comunque a Black l’opportunità di non dire nulla, ma, il ragazzo, estrasse il suo amato pugnale dallo stivale.
Lo appoggiò accuratamente sul tavolo che si trovava tra loro e con una leggera spinta delle dita, lo avvicinò alla ribelle.
Gli occhi di Camelot si concentrarono per qualche secondo sull’oggetto. L’espressione divertita che la donna aveva, si trasformò velocemente in duro ghiaccio.
- Dove l’hai preso? -, domandò acida e con una mossa, riportò la lama più vicina al suo proprietario.
Black rizzò le spalle, stupito.
- Non vuoi vederlo meglio? –
All’arricciare delle labbra della donna, il moro decise di rispondere alla sua domanda.
- Immagino tu sappia di cosa si tratti. Bene. -, cominciò il ragazzo muovendosi agitato sulla sedia.
- Quest’oggetto è l’unica cosa che mi rimane della mia infanzia. Un’infanzia di cui io non ho ricordi. Black non è il mio vero nome, non so da dove vengo e che fine hanno fatto i miei genitori. Da che posso rimembrare, quel pugnale è sempre stato con me e non me ne sono mai separato. –
- Quanti anni hai? -, la voce di Camelot era flebile e gli occhi umidi.
- Circa ventisette. Quando venni trovato avevo sette anni e vivevo in strada. –
- Non è possibile… -
Lo sguardo della ribelle era perso nel vuoto, nel ricordare una vita lontana e immagini dolorose. Poi, si alzò di scatto, sbattendo il palmo della mano sul tavolo.
- Perché me lo stai dicendo solo ora? Dopo tutto questo tempo… -
Gli occhi dell’anziana erano ormai grondanti di lacrime.
- Cosa ti dovevo dire? “Ciao nonna! Credo di essere tuo nipote?”. -, rispose con un acuto il giovane. - Non è da me Camelot, non dopo aver sofferto per anni il desiderio e il terrore di essere amato. In più, con ciò che faccio, ti avrei messo in pericolo. –
Anche Black si era ormai alzato in piedi e l’anziana donna lo raggiunse in pochi passi. Dal basso della sua vecchiaia, prese il viso del giovane tra le mani. Per quanto la rabbia cercasse di prevalere negli occhi di Camelot, il moro poteva scorgere una luce di calore che gli fece contorcere lo stomaco.
- Hai gli stessi occhi di mio figlio. -, sussurrò la donna, come se fosse in trance.
Black si era chiesto tante volte come sarebbe stato rivelare a sua nonna – com’era strano solo pensare quell’aggettivo – la verità ma, nonostante le supposizioni, nulla avrebbe potuto prepararlo a quel momento, alla conferma di avere un parente, sangue del proprio sangue, che lo amasse incondizionatamente anche se non lo meritava, anche se era strano e, anche, se era un assassino senza morale, un codardo. La vista del ragazzo divenne appannata ma, prima di lasciarsi andare a quel piacere, alla felicità di tenere tra le braccia sua nonna, doveva sapere.
- Perché sono stato abbandonato? -, sussurrò flebilmente.
La donna che reggeva tra le braccia si lasciò andare a un singulto e appoggiò le sue mani ruvide sul petto di Black.
- Durante l’epidemia, tu avevi due anni, mio figlio morì. -, un altro singhiozzo scosse le spalle di Camelot.
- Tua madre era troppo sconfortata all’idea di vivere senza di lui e se ne andò, sparì, con la paura che anche a te potesse capitare la stessa sorte. Io, all’epoca, non avevo i mezzi per cercarvi e fu solo quando entrai al castello che riuscii a rintracciarvi. Vi trovai sul ciglio della strada, infreddoliti e sporchi, ma tu sembravi sano. Cercai di convincere Elly a tornare a vivere insieme, spiegandogli che l’epidemia era passata e che avevo trovato la cura. Mi accusò di aver ucciso mio figlio, di non essermi impegnata abbastanza per salvarlo. Era come impazzita e non potei far niente se non lasciargli il pugnale che ora tu porti con te e che mi era stato donato da Grace come pegno della nostra amicizia, forgiato dal miglior fabbro del regno. Lasciarvi in quello stato, andarmene senza provare ancora a convincere tua madre a seguirmi, è stato l’errore più grande della mia vita. Dopo qualche anno, mi giunse notizia che Elly era morta e di te, nessuno sapeva nulla. Ho perso ogni speranza. Fino ad oggi. Sia benedetto questo giorno, ragazzo mio, piccolo Phoenix, sei tornato da me. –
- Phoenix?-, ripeté, stranito, il moro.
Vide l’anziana sorridere tra le lacrime.
- E’ il tuo vero nome, figliolo. E ora che ci siamo ritrovati, combatteremo insieme per la ribellione, contro Aaron. -, continuò Camelot entusiasta dalla scoperta di avere con sé suo nipote.
Lo abbracciò convulsamente mentre le lacrime bagnavano grondanti il mantello pece dell’uomo.
In un istante, la serenità del suo viso fu contorta in una smorfia di dolore. Camelot si lasciò sfuggire un respiro smorzato, si allontanò dal nipote e, con occhi grondanti di lacrime, abbassò lo sguardo al suo stomaco. Il pugnale, che la sua amata regina gli aveva regalato anni prima, era, ora, dolorosamente conficcato nelle sue carni mentre il sangue macchiava avido la tunica lercia che indossava. Tornò ad alzare lo sguardo, per posare gli occhi scuri sul viso di Black.
L’uomo la teneva stretta per le spalle, per impedirle di cadere, e le iridi chiare erano impastate dalle lacrime salate che grondavano sulle gote del moro.
- Mi dispiace… -, sussurrò appena Black, facendo calare la vecchia ribelle sulla sedia.
S’inginocchiò ai suoi piedi e tenne strette le mani della donna tra le sue.
- Mi dispiace, Camelot. Ho dovuto farlo, devo salvare Lione e questo è l’unico modo. Mi dispiace… mi dispiace… -, e i singhiozzi si fecero più acuti.
L’anziana allontanò una mano da quella del nipote e con le dita tremanti gli accarezzò lieve una gota. Gli regalò un dolce sorriso.
- Phoenix. -, sibilò per poi accasciarsi sulla sedia nell’ultimo spiro.
 
 
La maniglia della porta fu abbassata dall’esterno e nella stanza, ormai disabitata, riecheggiò il rumore della serratura. L’ambiente era buio e con pochi passi l’uomo si avviò verso la finestra per aprire le tende: al debole chiarore della luna, i pulviscoli vorticavano nell’aria stagnante. Finalmente, potè scorgere i profili dei pregiati mobili, del letto a baldacchino, e, sovrappensiero, si avvicinò al grande specchio che si trovava in un angolo. Su una mensola erano posati la spazzola e i lacci per i capelli, come se tutto fosse in sospeso, come se quegli oggetti aspettassero pazienti di essere riutilizzati dalla loro proprietaria. L’uomo si spostò ancora e accarezzò lievemente la cornice della grande superficie riflettente. Sui polpastrelli rimasero dei residui di polvere ma la sua attenzione, ormai, era catturata dalla propria immagine riflessa. Indossava abiti regali, pelli di volpe e stivali di cuoio duro, finemente elaborato. Il viso era segnato da diverse rughe che contornavano le labbra e, soprattutto, gli occhi. Le iridi scure vagarono su ogni particolare fino ad arrivare alla corona che l’uomo portava fieramente sulla testa.
Sospirò rumorosamente e una mano afferrò quel prezioso oggetto, togliendolo. Si rigirò la corona tra le dita, esaminando ogni particolare e ogni pietra incastonata. Poi, riportò lo sguardo su se stesso. Il metallo aveva scavato tra i suoi capelli, creando un’aureola glabra tra i crini castani. Senza quello stupido oggetto era un uomo qualunque, un uomo vulnerabile e solo, abbandonato dal suo stesso figlio. Bright era stato la sua delusione più grande: dopo aver infangato il nome della famiglia, aver ucciso centinaia di perone e aver ottenuto tutto il potere solo per il bene e il futuro di suo figlio, questo se ne era andato. Aaron si lasciò andare a una risata acuta. Con Bright aveva fallito ma una soddisfazione se l’era presa.
La nostalgia che provava per sua nipote l’aveva condotto in quella stanza ma capì che non si trattava solo d quello. Fine era stato il suo cruccio, l’inconveniente di un piano che prevedeva la morte di tutti i legittimi eredi. Eppure, davanti alla sua innocenza di bambina e alla soddisfazione di vedere ogni giorno sul suo tenero viso il dolore dovuto alla morte dei genitori, l’aveva risparmiata. Dopotutto che male avrebbe potuto fare: Aaron aveva costruito un intero mondo di bugie intorno a lei. Negli anni si era affezionato, l’aveva amata come non aveva mai amato nemmeno suo figlio, nonostante man mano che la principessa cresceva scorgeva nei suoi lineamenti il volto di Elsa e in quelle iridi di fuoco lo sguardo della sorella che lo giudicava e lo accusava. Eppure, era stato proprio in quello sguardo duro e glaciale che aveva scorto la donna, la regina, che si celava dietro le fattezze di una ragazzina. Fine l’aveva reso fiero, orgoglioso, l’aveva reso il padre che non era mai stato. Anche il giorno della sua fuga, oltre che alla rabbia, si era fatto spazio del suo cuore anche il timore e la soddisfazione di aver finalmente trovato una rivale degna di lui.
Aaron posò malamente la corona su un mobile e afferrò la spazzola che apparteneva alla principessa. Con un sorriso distratto si sedette sul letto e cominciò ad accarezzare il legno dell’impugnatura dell’oggetto.
Non vedeva l’ora di poter scorgere di nuovo quegli occhi rubini.


Buongiorno!
Se siete sopravvissute a questo capitolo e siete arrivate a leggere l'angolo dell'autrice vi faccio infinitamente i miei complimenti. Questo capitolo è lunghissimo, complesso, pieno di infomrazioni e di fatti da assimilare. Probabilmente ciò non va a giustificare la mia assenza ma, in compenso, per farmi personare, ho creato una cosina che sono sicura che vi piacerà. Se non avete avuto ancora modo di leggerlo vi inserisco il link:
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3368501&i=1
Antipodi è la sotira di Lione e Black che per una questione di logistica e lunghezza non sono riuscita ad inserire in questo capitolo. Così mi è venuta la malsana idea di creare una nuova ff con questi due personaggi come protagonisti. Vi invito caldamente a leggerla e magari a farmi qualche commentino.
Tornando al capitolo, ero molto combattuta sulla morte di Camelot ma alla fine ho deciso che era l'ideale, soprattutto per le dinamiche della storia. Ora, le lettrici attente sapranno che in realtà Lione è stata liberata ma ciò farà nascere tutta una serie di meccanismi decismaente interessanti. In più scopriamo che Camelot è la nonnina di Black. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo colpo di scena, forse un po' forzato... ma, insomma, ditemi voi.
In oltre, per chiarire meglio, la Compagnia è una sorta di setta degli assassini, un gruppo di mercenari che uccide gente per soldi. Nel capitolo ho spiegato brevemente la dinamica, come della morte di Snow ma saranno tutti temi che invece nello spin-off saranno trattati in maniera ampia.
Poi, nella seconda parte ritroviamo Aaron. Mi era mancato scrivere di lui e vorrei proprio sapere che idea vi siete fatte dopo aver letto questo piccolo estratto.
La fine, seppur in maniera lenta, si sta avvicinando.
Ora, spero davvero di essermi fatta perdonare. Il mio ritardo di 3 mesi è imbarazzante e so per certo che vorreste picchiarmi con forconi e mazze. Come ho spiegato ad alcune di voi, sono stata davvero presa da molte cose, prima fra tutte l'università che non mi da pace. Il prossimo capitolo (dove torneranno Shade e Fine) é in fase di stesura. Non vi prometto la puntualità, non vi prometto che tra due settimane ci sarà un aggiornamento; però, vi prometto che mi impegnerò per far si che un aggiornamento ci sia il prima possibile, anche in base ai miei tempi.
Grazie per il sostegno che mi avete dato, grazie per aver messo la mia storia tra i preferiti e i seguiti e le ricordate. Grazie di aver recensito e di avermi, con le vostre parole, dato una spinta in più per portare a compimento questo progetto.
Grazie, grazie e ancora grazie.
Inoltre, se volete lasciarmi una recensione anche questo giro ve ne sarò eternamente grata
un bacio e buona domenica
Ele

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Capitolo 30
*** 29. Umiltà ***


29. Umiltà
 
Il rumore stridente delle lame riempiva l'aria della piccola arena. Più che di un luogo di allenamento, si trattava di una piazza circondata da un traballante steccato ma i ribelli si erano adeguati alla svelta. I fabbri avevano messo a disposizione dei soldati le armi che erano riposte su delle balaustre. Sotto il sole cuocente di quel mattino, la buona parte degli armamenti era stata brandita per mettere alla prova le abilità degli uomini e delle donne che presto sarebbero scesi sul campo di battaglia. In un angolo del piazzale, due ragazzi scagliavano colpi a destra e a manca, mentre un numeroso drappello di spettatori li fissava affascinati.
Con un ultimo fendente, Shade guadagnò distanza su Auler che l'aveva pressato, infoiato, per parecchi minuti. Si passò una mano tra i capelli cobalto, impastati di sabbia e di sudore. Dalla fronte, una debole goccia salata si fece largo sulla sua pelle; ben presto percorse le gote del ragazzo, il collo, fino a incontrare un torace nudo e ben piazzato. Il ribelle strinse l'elsa della spada e si avventò con un grido sull'amico.
- Sbaglio o stamattina sei parecchio nervoso? -, domandò curioso l'azzurro, parando il colpo particolarmente virile.
Vide il cobalto sorridere.
- Anche tu non scherzi, Auler. -, protestò l'uomo di fronte a lui con un ansito.
- Devo sfogare la frustrazione di una notte in bianco. -, e sul viso del giovane sottoposto comparve un’espressione abbattuta.
Shade scosse la testa, ridendo.
-Finalmente! Non fai altro che vantarti della passione della tua ragazza… vedi che, in astinenza, sei più concentrato sulla guerra? –
Auler parò l’ennesimo fendente e con una mossa si dispose dietro l’amico. Afferrò Shade per le spalle e con uno sgambetto lo fece cadere. Un nuvolone di polvere si levò nell’aria all’impatto del capo dei ribelli con la terra. L’azzurro puntò la spada alla gola del suo avversario che dolorante cercava di rialzarsi.
- Ah! È per quello che nessuna delle ragazze che ti corrono dietro… -, e indicò con un cenno la piccola folla che li osservava entusiasta. –... è mai entrata nella tua stanza? Io mi godo ciò che ho ora perché domani potrebbe essere troppo tardi; e Altezza è fantastica. -, sentenziò il ribelle incrociando i suoi occhi chiari con quelli cobalto di Shade.
Poi, allontanò la lama dall’amico e gli porse il braccio per aiutarlo ad alzarsi. Dopo un attimo di esitazione, Shade afferrò la mano di Auler per issarsi, con un’espressione corrucciata sul volto.
- Stai cercando di dirmi qualcosa, amico? –
L’azzurrò incrociò le braccia al petto.
- Sto cercando di dirti che sei un vero idiota. –
Shade strabuzzò gli occhi.
- Sapevo che la vicinanza di Altezza ti avrebbe corrotto. -, commentò mettendo le mani sui fianchi. – Ma, sentiamo, su che basi fai questa affermazione? –
- Dove credi che sia andata Fine dopo aver discusso con te?
Ho ascoltato per un’intera notte le lamentele della principessa e i suoi pianti inconsolabili. Te lo ripeto: sei un idiota. Come hai potuto dirle una cosa del genere!? E’ pur sempre la futura regina e i suoi consigli sono stati davvero utili. Il piano potrebbe funzionare e tu… tu… sei un idiota! -, la voce di Auler si era fatta più alta di qualche ottava e le mani gesticolavano nervose.
Quando, finalmente, l’azzurro finì di sbraitare, la sua attenzione tornò sull’amico.
Shade, con le spalle ricurve, si appoggiava sconfortato al pungolo della spada. Le labbra erano arricciate in una smorfia dolorosa.
Auler gli appoggiò malamente una mano sulla spalla.
- Ti nascondi dietro la tua maschera da Eclipse ma, in realtà, sei solo spaventato dal fatto che quella ragazza ti ha rapito il cuore. Essere vulnerabile non è una cosa negativa, anzi, è un punto di forza. E, indipendentemente dal tuo amore, è fondamentale per la ribellione: solo stando insieme, collaborando, riuscirete a sconfiggere Aaron. Il popolo vede in te il ribelle, il presente, la guida, e vede in Fine, la regina, il futuro, la speranza. Non puoi permetterti che la tua gente la perda e non puoi permetterti di perderla. Dovresti scusarti, senza nasconderti dietro all’orgoglio o a una stupida gelosia.–
- Stupida gelosia? -, balbettò il cobalto, frustrato dalle parole dell’amico che erano riuscite a fare breccia, nonostante Shade non lo avrebbe mai ammesso.
- Bright… -, accennò Auler, nel tentativo di aiutarlo a giungere da solo a quella conclusione.
Il capo dei ribelli sbottò.
- Io non sono geloso di Bright! –
Il viso dell’azzurro, a quell’affermazione, rimase impassibile.
Shade aspettava la reazione del sottoposto che non arrivò. Dopo qualche istante di silenzio, in un gesto nervoso, si passò le mani tra i capelli e iniziò a camminare avanti e indietro nell’arena.
- Il problema è che ho sempre visto Fine come la donna della mia vita, non come una regina. Quando la spronavo a prendere in mano le redini del suo regno, davo per scontato che avrebbe avuto sempre bisogno di me accanto. Vederla così intraprendente, sicura di sè, mi ha spaventato. Io non gli servo più. –, cantilenò.
- Certo che gli servi! Altrimenti non sarebbe stata a parlare di te per ore, piangendo con il naso colante e struggendosi di dolore. –
Shade, a quelle parole, corrugò la fronte, stranito.
- Se ha fiducia in se stessa è anche grazie a te. Ha bisogno di te come tu hai bisogno di lei, sia per la vita che per la guerra. –
Il cobalto arricciò le labbra, pensieroso. Poi, sbottò.
- Comunque, perché dovrei essere geloso di Bright? Insomma, è il figlio dell’uomo che ha distrutto la mia vita, è un codardo e un idiota. Lui è un idiota! -, puntualizzò il capo dei ribelli indicando all’aria la presenza astratta dell’interessato.
– La cosa che non capisco è perché Fine l’abbia perdonato così facilmente. Ha rovinato la sua vita e, invece, gli da una seconda possibilità, come se nulla fosse. Bright dice di essere cambiato, di essersi convertito alla nostra causa, ma non è vero, dai! –
- Fine non l’ha perdonato. –
L’intervento di Auler interruppe lo sproloquio di Shade che s’immobilizzò all’istante. Poi, con due grandi falcate si avvicinò all’amico. Assottigliò lo sguardo, studiando l’espressione dell’azzurro.
- Auler, tu cosa sai? –
- Tutto, per mia sfortuna. Ti ho già detto che ho passato un’intera notte a sentire quelle due che discutevano. –
- Dimmi che cosa si sono confidate! -, lo incitò il cobalto entusiasta di quella scoperta.
Anche lui aveva passato una notte insonne per via dei pensieri. Aveva esagerato con Fine, ne era cosciente ma ora non sapeva come rimediare. Sorprendentemente, la relazione di Auler con la strega si stava rivelando utile.
L’azzurro si accarezzò il mento pensieroso, corrugando la fronte.
- Da quello che ho capito nel mio tentativo, inutile, di dormire è che, dopo che Fine ha discusso con te, ha avuto un confronto con il principe. Bright l’ha ringraziata per averlo perdonato e Fine l’ha schiaffeggiato, ordinandogli di starle il più lontano possibile. –
- Non capisco. -, commentò stranito Shade.
- Nemmeno io, all’inizio, ma il commento della mia amorevole fanciulla mi ha aperto un mondo di prospettive. –
Shade alzò gli occhi al cielo: accumunare Altezza all’aggettivo “amorevole fanciulla” era qualcosa di anomalo e innaturale.
- Fine, -, continuò Auler. – ha dato a Bright una seconda possibilità perché si rivede in lui. -, scorgendo lo sguardo smarrito del cobalto, puntualizzò. – Sono cresciuti insieme, sotto lo stesso tetto. Se il principe ha tradito il suo stesso padre, passando dalla nostra parte, vuol dire che anche lei ha fatto la scelta giusta. Attraverso questa strada, Bright ha trovato l’amore ed è diventato un uomo, per cui anche Fine può avere la possibilità di realizzarsi e diventare la donna che ha sempre voluto essere. Dando una seconda possibilità a Bright dà anche una seconda possibilità a se stessa. Quindi, credere nel fatto che il principe sia cambiato le fa sperare in un futuro migliore e credere in se stessa. Credo… sì, questo dovrebbe essere il succo della questione. –
- Le donne sono così complicate. -, sentenziò Shade con un sospiro sconfortato.
- Che cosa hai intenzione di fare ora?-, domandò Auler all’amico mentre si stiracchiava.
- Devo farmi perdonare. Abbiamo bisogno l’uno dell’altra; devo smetterla di rovinare tutto.–
L’azzurro sorrise apertamente al capo dei ribelli.
- Ora, ricomincia l’allenamento. –
Shade brandì salda la lama.
 
 
Altezza e Fine camminavano ciondolando tra le tende dell’accampamento: avevano passato entrambe una notte insonne a discutere della situazione che la rossa stava vivendo con il capo dei ribelli. Con pesanti occhiaie si sostenevano l’una all’altra mentre sulle loro spalle pesavano spade e archi per l’imminente allenamento. Quella mattina la bionda aveva deciso che per sfogarsi non c’era nulla di meglio che una sessione di scherma e Fine aveva accettato di buon grado. Nonostante gli insegnamenti di Altezza durante il viaggio e il riscaldamento muscolare che aveva fatto con Shade, la principessa era ancora troppo debole per sostenere una vera battaglia.
La rossa ripensò con un sorriso divertito alla reazione della popolana per le parole crudeli che Shade aveva rivolto alla principessa. Infatti, la ribelle era diventata intrattabile: a fatica Fine e Auler erano riusciti a placare la rabbia cieca della bionda e l’istinto animalesco che l’aveva quasi portata a recarsi nella stanza del cobalto per “menarlo come si deve”.
Come se non bastasse, mentre si dirigeva disperata dall’amica, Fine aveva, poi, incontrato Bright che le aveva rivolto parole inopportune e gli sguardi adoranti.
Come aveva anche solo potuto pensare di essere perdonato? La gentilezza della principessa era stata data dalla rilevanza che il contributo di Bright avrebbe portato alla ribellione per la vittoria e per l’affetto che li legava: infatti, il principe aveva subito la sua stessa sorte in compagnia di Aaron e, inoltre, per rendere fiero un padre che non lo aveva e non lo avrebbe mai amato, si era destreggiato nelle azioni più violente e orrende. Il principe era una vittima, proprio come lei, ma di colpe ne aveva fin troppe e per quanto lei gli avesse dato una seconda possibilità, riscattarsi agli occhi del popolo era un’altra questione. La rossa, da parte sua, era convinta che non volesse più avere nulla a che fare con suo cugino.
- Principessa Fine! -, una voce la riscosse dai suoi pensieri.
La giovane si voltò in direzione della voce, alle sue spalle, dove, all’entrata di una tenda, scorse il volto sorridente di una donna. Questa, le mimò con le dita il segno di avvicinarsi e, dopo un’occhiata d’intesa con Altezza, la rossa non esitò a entrare nella tenda.
L’ambiente era poco illuminato e una piccola lampada a olio permetteva di scorgere i profili opachi di alcune brandine. Era un’infermeria e tutti i posti erano occupati da malati: un bambino che tossiva malamente, una ragazza gravida che riposava, un uomo esageratamente bendato.
Infine, in un angolo dell'alloggio, un anziano, seduto su una sedia, scrutava assente attorno a sè. I lunghi e fini capelli bianchi ricadevano sulla schiena incurvata, mentre le mani erano intrecciate al pomello di un bastone.
La guaritrice toccò lievemente il braccio dell’uomo, che si riscosse voltandosi verso la sua interlocutrice.
- Olmo, c'è la principessa Fine. -, presentò con un tono di voce decisamente alto.
Questo si riscosse leggermente e alzò un braccio.
- Dove sei piccina?-, sussurrò con un respiro affaticato.
La donna invitò la rossa ad avvicinarsi con un sorriso incoraggiante.
Altezza osservava la scena a qualche passo di distanza, sull'entrata, con le braccia incrociate al petto e con un'espressione curiosa sul viso. Intanto, fuori dalla tenda, si era formata una folla di curiosi. Una ragazzina aprì lievemente il tessuto dell'ingresso. La bionda la scrutò, lanciandogli un’occhiata divertita.
- Quindi? -, sentì dire da una voce all'esterno. - Che succede? -
La piccola spia cominciò: - La principessa si sta avvicinando al vecchio Olmo... -.
Fine, infatti, era ormai di fronte all'uomo. Osservò attentamente il viso scavato dagli anni di Olmo e i due occhi chiarissimi che scrutavano il nulla. Era cieco.
La rossa rimase basita per qualche secondo, poi, allungò la mano per afferrare le dita raggrinzite del vecchio.
- Mi dica signore. Come posso esserle d'aiuto? -, cominciò, scandendo chiaramente ogni parola come aveva sentito fare dalla guaritrice.
Il viso dell'uomo si aprì in un’espressione di pura estasi.
- Allora sei viva! Sei davvero la principessa Fine? -
La ragazza s'inginocchiò nella terra, in modo da trovarsi alla stessa altezza del vecchio.
- Sì, sono io. -
Le mani tremolanti di Olmo lasciarono quelle della rossa e, lentamente, si allungarono per sfiorarne il viso. Le accarezzò i corti capelli, fino alla morbidezza delle gote e la linea degli occhi.
- Sei bella. -, sussurrò il brizzolato mentre calde lacrime, che non incrinavano quel sorriso beato, rigavano il viso raggrinzito.
Le dita si fermarono sulla fronte.
- Sei forte. -, e si abbassarono all'altezza del cuore.
- Sei coraggiosa. -, commentò picchiando dolcemente sul petto della principessa.
Poi, riafferrò saldamente le mani di Fine.
- Abbi fiducia in te stessa. Sei una grande regina. -
La rossa abbassò lo sguardo, imbarazzata.
- Non lo sono ancora. -
La risata gracchiante di Olmo riempì la tenda.
- Oh, si che lo sei. Non ti serve una corona per amare. -
I rubini della ragazza si soffermarono sugli occhi del vecchio.
Olmo non poteva vederla ma aveva, comunque, scorto nel profondo della sua anima. Sì, lei amava: amava la vita, amava le persone che la circondavano, il suo popolo, Altezza, Shade. Aveva imparato ad amare e, ora, non le rimaneva altro che lasciarsi amare.
Aumentò la stretta sulle mani del vecchio e con occhi umidi e un sorriso sereno pronunciò un 'grazie'.
Lasciò il vecchio che tornò a fissare il vuoto e si congedò dalla donna che l’aveva ospitata.
- Grazie. -, la salutò la guaritrice con un volto commosso. - Desiderava molto conoscerti per sapere a chi lasciava in mano il suo regno. Morirà sereno. -
Alla rossa sfuggì un sorriso triste.
- Spero di non deludere le sue aspettative. -
- Sono sicura sarà così. -, la salutò la donna.
La principessa, allora, agguantò a braccetto l'amica che l'aveva attesa paziente.
- Incontro interessante. -, sentenziò la bionda puntando le iridi verdi su Fine.
Questa non rispose perché, mentre spostava la tenda e il suo viso era illuminato dalla luce del mattino, le iridi rubino si spalancarono sbalordite: davanti a lei, decine di persone si stavano inchinando a terra.
-Oh! Non ce ne bisogno. Vi prego, alzatevi. -
La ragazzina che aveva sbirciato la conversazione con Olmo alzò leggermente lo sguardo.
- Come? -
Fine si avvicinò.
- Alzatevi! Non c'è bisogno di queste cerimonie. Sono tale e quale a voi. -, commentò sbrigativa la principessa mentre prendeva per le spalle la bambina e la rimetteva in piedi. Anche gli altri ribelli si alzarono con aria stranita.
- Vi ringrazio ma non abbiamo tempo per questo. C'è una guerra da vincere ed io mi devo allenare. Se volete scusarmi. -, si congedò la principessa, imbarazzata e rossa da capo a piedi, mentre trascinava via un'Altezza divertita.
Si fecero largo tra la folla e, con passo spedito, superarono diversi sguardi curiosi e ammirati.
La bionda si voltò appena e notò che dietro di loro si era formata una stuoia di ribelli.
- Ci stanno seguendo. -, cantilenò ridacchiando mentre Fine si faceva ancora più curva nel tentativo di nascondersi.
Si limitò a rispondere alla bionda con un grugnito dolorante.
- Che male c'è se vogliono conoscerti? -
Fine sbuffò.
- Non è quello il problema. È l'atteggiamento reverenziale. M’imbarazza. Chi sono io più di loro per ricevere inchini. -
- Sei la regina. -, sbottò sicura l’amica controllando il seguito che si teneva a qualche metro di distanza.
- Non sono così speciale. -, borbottò affranta la rossa.
Altezza corrugò tutti i muscoli facciali, pensierosa. Poi, si bloccò e si voltò verso il loro pubblico.
Fine, intanto, era impallidita e la guardava con occhi sgranati.
- Ascoltate gente, alla principessa Fine non piace essere seguita. Se volere conoscerla venite qua a presentarvi, altrimenti smammate. -, e accenno con le mani l'invito.
Fine era rimasta sbigottita ma a quanto pare il discorso di Altezza aveva fatto centro: i ribelli si stavano dileguando.
La bionda si voltò con sguardo fiero verso la futura regnante che, ancora a bocca aperta, la fissava silenziosa.
- Che c’è? M’infastidiva essere seguita. -, buttò lì Altezza.
La principessa la abbracciò di slancio. La sua amica bionda era scorbutica e un po’ arrogante ma non si poteva dire che non avesse un gran cuore.
- Dovresti assumermi come valletta. -, commento ancora la popolana ricambiando la stretta.
Fine scoppiò in una fragorosa risata e, scrollando la testa, si staccò e continuò per il selciato.
- Ci penserò. -, sussurrò, mentre la bionda la raggiungeva.
 
 
Altezza e Fine arrivarono all'arena. Entrambe iniziarono a tossire per il polverone che era librato nell’aria per le mosse dei ribelli. Con passo spedito, superarono i primi atleti per cercare un posto tranquillo. L'attenzione di entrambe le ragazze fu attratta da un angolo isolato: tra il pulviscolo del deserto e gli ansimi per fatica, Auler e Shade combattevano strenuamente.
Fine seguì ammirata il profilo del corpo del cobalto, i muscoli che si contorcevano, la spada che si alzava brillando alla luce del mattino e che si abbassava potente per poi essere fermata da Auler.
La principessa si strinse all'amica accanto a lei ma trovò un braccio rigido.
Si voltò verso la bionda per scorgere uno sguardo accigliato e infuocato. Seguì le iridi smeraldo sull'arena per scoprire che erano concentrati su un drappello di ragazze che osservava ammirato i due combattenti.
Fine fece per aprire bocca ma fu troppo tardi: Altezza si avviò con passo spedito verso la staccionata che separava il luogo di allenamento dalle tende, trascinandosi dietro la principessa.
Passarono accanto ai due ribelli che si paralizzarono nel momento in cui scorsero la furia bionda nel loro campo visivo.
Altezza si appoggiò malamente al legno che la separava dalle ragazzine.
- Che avete da guadare voi? Quello è il mio uomo. Vedete di sparire!-, sbottò, acida.
Poi, afferrò la maglia di Auler, abbandonata a terra, e la lanciò verso l'azzurro che la afferrò malamente.
- Che ti prende? -, chiese, stupito.
La bionda intanto fece un salto e si accomodò sullo steccato. Le spettatrici si allontanavano borbottando e Fine si lasciò andare a una leggera risata.
- Hai dato già abbastanza mostra di te. Ora, copriti. -, ribadì la bionda accennando con la mano alla maglietta.
Auler rimase basito per qualche istante, poi, sospirando, s’infilò la casacca.
Lo sbuffo di Shade riempì la radura.
- Ti fai mettere i piedi in testa così? - domandò ironico all'amico che come risposta fece una smorfia.
- Io non metto i piedi in testa a nessuno. Proteggo ciò che è mio e non me lo lascio scappare. E lui mi ascolta perché ci tiene a me. Non siamo tutti idioti come qualcuno... -, rispose iraconda la bionda, lasciando la frase in sospeso.
- Altezza!-
La voce della rossa fece sobbalzare l'amica.
Questa si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
- E’ la verità. -
La principessa lanciò uno sguardo fugace al cobalto che la stava fissando insistente.
Le iridi blu, profonde e tormentate, lasciavano trasparire i sensi di colpa di Shade. Quando s'incontrarono con i rubini di Fine, questa fu scossa da un brivido lungo la schiena... Quanto potere aveva su di lei e lui non se ne tendeva nemmeno contro, troppo preso dalla sua stupida vendetta!
Poi, si ricordò della discussione della sera prima. La principessa rizzò le spalle, alzò il mento, fiera, e indurì lo sguardo.
Sul volto di Shade c'era, ora, il totale sconforto.
La rossa si voltò verso l'amica che era stata raggiunta da Auler. L'azzurro la stava abbracciando teneramente cercando di farle passare il broncio.
- Sei più bella quando sorridi. -, le stava sussurrando dolcemente.
Fine alzò gli occhi al cielo e, infastidita, si allontanò di qualche metro dai tre, ben consapevole di essere osservata da delle iridi cobalto. Prese dalla balaustra un bersaglio spostandolo con fatica in uno spazio isolato, si tolse l'arco a tracolla, impugnandolo saldamente, e estrasse una freccia dalla faretra. La incastrò goffamente sulla corda che stese, cercando di prendere la mira del bersaglio.
Le mani gli tremavano per la fatica e la punta del dardo continuava a muoversi.
Bene! Non sapeva da che parte cominciare.
Si voltò nuovamente verso Altezza, con l’intento di incitare l’amica per essere aiutata, ma la trovò coinvolta in un appassionato bacio.
Eppure, c'era qualcosa di strano in quella scena: mancava la presenza di Shade.
Infatti, sentì i suoi passi dietro di lei.
- Ti serve una mano? -, domandò sottile il ribelle.
- Assolutamente no, soprattutto, non da te. -, sbottò la rossa e lanciò la freccia.
Questa si conficcò a meno di un passo da lei. Irrigidita, afferrò la stecca dal terreno e la riportò all'arco. Sobbalzò quando sentì le braccia del ragazzo che le cingevano la vita.
- Sistema meglio la postura. -
I loro corpi aderivano perfettamente e Shade accompagnò con il piede il movimento di assestamento della ragazza.
Poi, il cobalto fece scivolare la mano lungo il braccio steso di Fine e l'altra si appoggiò alle dita sottili che tenevano in tensione l'arco e la freccia.
Posò leggermente il mento alla spalla della ragazza, per mirare.
La principessa sentiva il suo respiro sottile sul collo e, immediatamente si ritrovò il viso bollente.
- Ora, lascia la freccia. -, sussurrò Shade all'altezza dell'orecchio della rossa.
Fine obbedì e la freccia andò a segno. Certo, non aveva colpito il centro del bersaglio ma almeno era riuscita a far incastrare la punta nel legno. Abbassò l'arco sorridendo e si voltò entusiasta verso Shade.
-Hai visto? Ci sono riuscita! -
I loro corpi erano ancora troppo vicini e il viso a pochi centimetri da quello del cobalto. La rossa si scostò come se fosse rimasta scottata.
- Volevo dire, grazie. Ora posso farlo da sola. -, commentò atona mentre si portava nervosa una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
Poi, alzò lo sguardo per scorgere l'espressione di Shade: il ribelle teneva le iridi cobalto sulla ragazza, stupite e ammirate: solo nuovamente di fronte a quegli occhi, a quelle labbra, si stava rendendo conto di stare rischiando di non averla più accanto a sè.
Doveva assolutamente rimediare.
- Mi dispiace. -, borbottò allora e vedendo che Fine non ribatteva, continuò. – Non penso davvero ciò che ho detto. Ho solo paura di perderti Fine. -
Fece un passo avanti e afferrò la mano libera della ragazza.
- Ti prego: dimmi che non ho rovinato tutto; dimmi che mi ami ancora. –
La principessa rimase in silenzio per qualche istante. Quella presa calda che stringeva le sue dita sottili le era mancata terribilmente, come gli occhi che la scrutavano speranzosi. Eppure, sebbene il cuore le dicesse di lasciarsi andare, la ragione era dura a desistere. Stavolta, Shade aveva sbagliato: l’aveva offesa e umiliata. Aveva approfittato del legame che era nato tra loro per colpirla nel suo punto più debole. Con un sospiro lasciò che la mano scivolò dalla presa del ribelle e si strinse nelle spalle.
- L’amore non ha nulla a che fare con tutto questo. -, cominciò laconica ma Fine sapeva bene che, dietro a quella maschera di freddezza, le lacrime stavano spingendo per arrivare agli occhi. – Non dubito dei sentimenti che provi per me ma se oltre all’amore non c’è il rispetto, non ha senso nemmeno provarci. Se davvero sei pentito, se davvero non pensavi quello che mi hai detto, devi dimostrarmelo. -
Poi, la rossa si caricò l’arco a tracolla e si avviò verso l’uscita dell’arena.
Shade osservò la sua figura sottile che si allontanava e si lasciò andare a un lungo sospiro: si meritava tutta quella diffidenza ma, nonostante ostentasse indifferenza, Fine gli aveva lasciato un barlume di speranza. Si sfregò nervoso le mani tra i capelli e, poi, sul volto, deformandolo lievemente. Infine, sorrise tra sé: gli era venuta un’idea.
 


Buonpomeriggio a tutte!
Sarete stupite nel vedere un aggiornamento puntuale e vi leggere un capitolo che finalmente ha toni leggeri ed è rilassato. Fine e Shade are here! (?)
Nella prima parte abbiamo una discussione tra omaccioni sexy. Mi sono immaginata un dialogo un po' idiota: ragazzi che cercano di capire le ragazze? Il fallimento è assicurato.
Auler è un ottimo consulente e l'influenza di Altezza, che è la Maria De Filippi della situazione, l'ha reso una Tina Cipollari con i fiocchi! Si scopre che Shade ha semplicemente paura di perdere la ragazza, di non essergli indispensabile.
Comunque, la coppia ha avuto tutta la notte a che fare con una Fine disperata. Da chi doveva andare a farsi consolare se non dalla strega bionda? Prima di arrivare da lei, però, ha incontrato Bright che l'ha ringraziata per la sua gentilezza. Fine si rivede in lui ed è l'unica che ha capito il potenziale di averlo come alleato ma non vuol dire che l'ha perdonato. Nel prossimo capitolo si capirà meglio questo aspetto.
Nella seconda parte Altezza e Fine stanno come sempre passeggiando per l'accampamento e incontrano il vecchio Olmo. Non ero molto convinta di questa scena ma ho immaginato che ora Fine abbia bisogno di dimostrare qualcosa al suo popolo. Ho colto l'opportunità per farla tornare ad avere più fiducia in se stessa, dopo la mazzata nelle gambe che ha ricevuto da Shade.
Infine, c'è il primo incontro tra i due. Il feeling c'è, c'è intesa e c'è amore, ma la questione è un altra: quando Shade la rispetta, quanto tiene a lei e quanto è disposto a sacrificare la sua vendetta per lei?
Shade ha in mente qualcosa e lo vedremo alle prese con la sua riconquista di Fine nel possimo aggiornamento.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che recensiate in tanti.
Pian piano risponderò a tutti i vostri messaggi e domani o martedì dovrei riuscire ad aggiornare Antipodi, la ff su Lione e Black che vi invito ad anadare a leggere.
Ora me ne vado che vedo studiare, anche se credo che HSM che stanno facendo vedere su Italia 1 me lo impedirà! Ahahha *ricordi d'infanzia*
Un bacione e a presto,
Ele

 

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Capitolo 31
*** 30. Speranza ***


30. Speranza
 
Fine stese l’indumento sul tavolo e lo piegò attentamente, evitando di spiegazzarlo troppo. Con un veloce movimento, lo pose sulla piccola pila che si era formata accanto a lei: una maglia, dei pantaloni di pelle e dell’intimo erano gli unici elementi che componevano il suo bagaglio.
Quando aveva lasciato il castello di Aaron, non aveva immaginato di dover compiere un lungo viaggio e si era portata solo lo stretto necessario. In un certo senso, era affezionata a quei miseri averi perché le ricordavano le sue origini. Infatti, era lontana da casa da un mese e mezzo e molte cose erano cambiate.
Prima di tutto, era dimagrita. Le rotondità degli agi avevano lasciato il posto a muscoli scattanti e doloranti dovuti alle lunghe marce e agli allenamenti. I suoi capelli, una volta lunghi e ben curati, erano, ora, esibiti in un pratico caschetto che le sfiorava le spalle. Si passò una mano sulla nuca, dove il vallo di una piccola cicatrice segnava la pelle. Il colpo alla testa era stato più grave del previsto; Maria le aveva rivelato che se non avessero ricevuto il soccorso di Auler, probabilmente sarebbe morta.
Inoltre, scoprire la verità su suo zio e sulla morte dei suoi genitori l’aveva sconvolta, certo, ma allo stesso tempo aveva dato una svolta alla sua esistenza: ora, che il suo passato era stato chiarito, vedeva davanti a sè un futuro; un futuro di speranza da condividere con coloro che l’avevano accompagnata in questa avventura: Altezza, Camelot, Lione, Maria, Auler, Milky e molti altri avevano sacrificato la loro vita per la causa della ribellione.
Fine aveva imparato a conoscersi, a essere sicura di sè e determinata a portare a termine la sua missione, per se stessa e per il suo popolo che amava e apprezzava.
Avrebbe sacrificato la sua vita per la felicità del suo regno.
Sospirò rumorosamente per quell’ultimo pensiero e la mente tornò fugace al volto di un certo ribelle dagli occhi cobalto. La mano cercò istintivamente il ciondolo che portava gelosamente al collo e lo rigirò tra le dita. Il metallo era caldo, sempre a stretto contatto con il suo petto, e il rubino splendeva alla tenue luce che filtrava dalla finestra: Shade aveva assistito alla morte di Elsa e Toulouse e del suo stesso padre, era stato imprigionato per sette anni per poi scappare da Inox e cominciare a organizzare la ribellione; Shade aveva creduto in lei e l’aveva spinta a lottare per diventare regina; Shade voleva vendetta; Shade l’amava; Shade la temeva; Shade la stringeva e la baciava; Shade l’aveva delusa.  
Il loro rapporto, da quando si erano ritrovati, era stato altalenante, esasperante per certi versi – di sicuro Altezza non voleva più sentirne parlare di quell’idiota – ma il cuore di Fine non poteva fare altro che palpitare quando scorgeva quegli occhi blu. Nonostante tutto, non riusciva a soffocare la piccola speranza che ogni volta nasceva quando lui le era accanto.
Una piccola lacrima le rigò il viso ma la asciugò immediatamente con la manica del vestito.
Avrebbe sacrificato la sua vita per la felicità del suo regno.
Mise i suoi unici abiti dentro una sacca e, con movimenti nervosi, la appoggiò all'interno della cassapanca. Le sue armi erano state pulite e appoggiate al muro. Ora, che aveva finito le ultime faccende, poteva riposare.
Si sdraiò sul letto ma un leggero bussare alla porta la obbligò ad alzarsi.
Aprì un piccolo spiraglio, timorosa di trovarsi a faccia a faccia con Shade, eppure, anche se le iridi si somigliavano, queste erano più chiare e accoglienti.
- Rein... -, la salutò la rossa sorpresa.
- Ciao, Fine. Ho pensato ti servisse una mano. -
La principessa corrugò la fronte.
- Per cosa? -
Il volto dell'azzurra si aprì in un luminoso sorriso.
- Stanno organizzando una festa all'accampamento e tu sei l'ospite d'onore. -
- Io? Perché? -, ancora stranita la rossa aveva fatto entrare la serva della sua stanza.
Rein, intanto, si guardava attorno divertita.
- Vogliono festeggiare la vittoria di Inox. -, rispose sbrigativa. - Tutto quest’ordine? -
Fine incrociò le braccia al petto, sapendo che alludeva al caos che regnava nella sua camera a Lilian.
- Sono in grado di tenere pulita una stanza, se voglio. -, commentò piccata.
L'azzurra si soffermò a guardare l'amica.
- Credo che sia un altro dei tuoi innumerevoli cambiamenti. -, cantilenò gentilmente la serva e si appoggiò con la schiena all'angolo del tavolo. - Non ti ho mai visto così serena Fine. Sembra che tu ti sia lasciata alle spalle tutto il dolore che portavi dentro, dalla morte dei tuoi genitori alla vendetta nei confronti di Eclipse. -
Era vero: la disperazione per la morte dei suoi genitori aveva lasciato il posto a un’avvolgente nostalgia e il vuoto e la solitudine nella vita di Fine erano stati colmati dall’amore delle persone che la circondavano.
- È stato Aaron a uccidere i miei genitori, non Eclipse. -
- Cosa?! –
Il verso strozzato di Rein arrivò fastidioso alle orecchie della principessa. Gli occhi sbarrati, lo sconcerto delle iridi chiare: l’azzurra non era a conoscenza dei veri avvenimenti di sette anni prima e, probabilmente, nemmeno Bright.
Aaron aveva tessuto bene le sue reti; anche per questo avrebbe pagato.
La serva si lasciò cadere sul letto.
- È una notizia sconcertante. Ne sei certa? -
- Come posso non fidarmi di queste persone. - e Fine allargò le braccia. - Che mi hanno accolto come una figlia e mi hanno salvato la vita. -
Rein tornò in piedi e si avvicinò all'amica, prendendole le mani.
- Mi dispiace davvero tantissimo. Tuo zio è un uomo crudele. Anche Bright non credeva ai suoi occhi quando... -.
Rein lasciò in sospeso la frase e abbassò, vergognosa, le iridi chiare.
Quell'atteggiamento fece incuriosire la legittima regnante.
- Che cosa è successo Rein? -
La ragazza tornò a sedersi e trascinò con sè la principessa.
- Il re ha cercato di violentarmi; l'avrebbe fatto anche davanti a Bright se non avesse reagito. Poi, abbiamo scoperto che aveva torturato Omendo. È per questi motivi che ce ne siamo andati. -
- Ha sacrificato tutto per salvarti. -
- È stata una sorpresa anche per me. Bright non si era mai esposto tanto, non pensavo avesse il coraggio di disobbedire a suo padre. Sono stati la vicinanza di Omendo e gli orrori compiuti da Aaron a cambiarlo profondamente . -.
Poi, la serva tornò a guardare la rossa.
- A tal proposito, non ti disturberà più. Gli ho fatto capire che ti servono i tuoi spazi. Ieri sera voleva solo ringraziarti. È rimasto stupito dalla tua generosità come lo sono rimasta io per il tuo perdono. -
- Io... -, cominciò la principessa dubbiosa; ma la stretta dell'azzurra la interruppe.
- Sono consapevole di non meritare nulla da te, né tanto meno può pretenderlo Bright. Ma non possiamo rimanere semplicemente in silenzio, metterci da parte. Siamo venuti qua perché non vogliamo più essere dei codardi: lui il burattino di Aaron ed io la serva che ha tradito la sua migliore amica. Vogliamo essere al tuo fianco e a quello di Eclipse in questa guerra. Per questo sono qui: per dimostrarti la mia fedeltà permettimi di acconciarti e sistemarti. -
Fine sospirò rumorosamente.
Osservò per qualche istante la sua amica d'infanzia, la serva e la traditrice. Nella piccolezza di ogni suo gesto c'era sempre stata gentilezza e devozione, eppure, non aveva esitato a mettere il loro rapporto da parte per Bright.
Fine pensò amaramente che le persone a cui aveva voluto più bene erano state quelle che l’avevano delusa di più: era stato così per Aaron, per Rein e, infine, - ed era stata la consapevolezza più devastante - per Shade.
Eppure, Fine si ritrovò a sorridere a quella semplice richiesta, così banale ma altrettanto significativa. Rein l’aveva stupita.
- Va bene. - disse solo e sul viso dell'azzurra comparve un sorriso luminoso.
Si tirò su le maniche del semplice vestito che indossava.
- Preparo l'acqua calda. -
 
 
Altezza piombò nella stanza, come sempre, senza bussare.
Spalancò, graziosamente, la bocca nel vedere la principessa, seduta su uno sgabello, che si faceva acconciare i capelli da Rein.
Per via del taglio, la serva non aveva potuto fare intricate acconciature ma stava intrecciando i capelli in due piccoli chignon decorati con fiori freschi.
- Che cosa succede? -, domandò la bionda, stranita.
- Vuoi farti qualche pettinatura? -, le chiese la principessa, noncurante. - Rein è bravissima. -
- Da quando siete tornate amiche? -, continuò la ragazza ignorando la richiesta dell'amica.
Fine fece spallucce.
- Mi sta dando una mano a prepararmi, nient'altro. Tu, piuttosto, dove eri? Hai saputo della festa? -
Altezza arricciò tutti i muscoli facciali e distolse lo sguardo.
- Ero con Auler. - borbottò noncurante. - Che festa? -
Fine alzò gli occhi al cielo e ridacchiò divertita.
- Giù all'accampamento. -, rispose allora Rein che si era persa lo scambio esplicito di sguardi.
- Ah! Ecco a cosa era dovuto tutto quel via vai! -, esclamò meditabonda la ribelle.
Poi, portò l’attenzione sulla rossa.
- Tutto bene stamattina? -, e lo sguardo della ragazza fece subito capire a Fine che si stava riferendo a Shade.
- Abbiamo discusso. -, borbottò malvolentieri la principessa.
In quell'ora con Rein aveva accantonato i suoi problemi e si era, semplicemente, rilassata. Tornare, ora, alla realtà era dura.
Altezza intanto aveva preso una sedia e si era seduta di fronte alla rossa cavalcioni: i gomiti ben pizzati sullo schienale della sedia e uno sguardo indagatore.
- Eppure, quell’idiota mi sembrava particolarmente... entusiasta. Di cosa avete parlato? -
- Ho messo in chiaro che non sarà facile farsi perdonare stavolta ma che, comunque, ciò non ha nulla a che vedere con la nostra relazione. -
-Ecco! Hai fatto un errore colossale! -, sbottò Altezza battendo le mani sullo schienale. - Gli hai dato speranza. Ti sei resa vulnerabile ai suoi occhi. -
- Non è essere vulnerabili, è amare. -, commentò invece l'azzurra con noncuranza.
Le iridi smeraldo si spalancarono e si concentrarono sul viso dell'azzurra presa dalla pettinatura.
 - Amare? È perché tu non sai tutta la storia. Quello scemo le ha detto che non ha nessun diritto di immischiarsi nella guerra, perché Fine non è ancora regina. -
Rein arricciò le labbra, pensierosa.
- E se avesse solo paura di non esserti più indispensabile? Anche quando era piccolo, che giocavamo insieme per i giardini del castello, ero brusco. Ha solo scelto le parole sbagliate per dirle cosa prova. -
- Rimane comunque un cretino. -, borbottò la bionda e Fine rise di gusto.
- Ti stai sbizzarrendo con gli epiteti. -
- Non lo sto giustificando. -, continuò, intanto, l’azzurra. - Sto solo dicendo che se Eclipse è la persona che Fine vuole accanto a sè, è da ottusi impedirgli di rimediare ai suoi errori. Fine merita di essere felice. -
- Disse quella che la tradì. -, commentò acida, Altezza.
- Altezza!-, la voce di Fine interruppe la discussione.
La popolana era stata la prima a schierarsi in favore del perdono di Rein e quel comportamento lasciava la principessa attonita.
Lo sguardo di ammonimento che la rossa stava riservando all’amica fece increspare un sopracciglio ad Altezza.
- È la seconda volta che mi sgridi, oggi. -
- Hai la lingua tagliente, amica mia. Che cosa ti succede? Avresti proprio bisogno di stare ancora un po’ da sola con Auler. -, rispose la rossa con un sorriso malizioso sulle labbra.
Le iridi smeraldo si adombrarono e Fine, immediatamente, capì.
Essere acida e scorbutica – più del solito, almeno -  era l'unico modo che l'amica aveva per sfogare la tensione. La principessa allungò una mano e strinse quella della popolana.
- Comunque, Altezza ha ragione. -, riprese Rein che, sistemati gli ultimi ciuffi, si strofinava le mani doloranti sul vestito. - Non potrò mai scusarmi abbastanza. -
Accennò alla principessa di voltarsi verso lo specchio.
L’acconciatura consisteva in un intricato incastro di treccine e fiori colorati ben saldato alla nuca della giovane regina. Questa si alzò dal suo scanno per guardarsi meglio. In più, il vestito, che Maria le aveva regalato, lavato quella stessa mattina, risaltava la sua figura e la leggera abbronzatura che gli colorava le gote.
Fine si sentiva davvero bella e si voltò verso la serva.
- Questo è un primo passo, Rein. -, commentò con un sorriso e abbracciò la vecchia amica.
Con una piccola reverenza, abitudine di una vita precedente, l’azzurra si congedò lasciando sole le altre due ragazze.
Altezza si voltò verso la principessa.
- L’hai perdonata definitivamente? -
Fine agganciò un braccio alle spalle della popolana.
- Avremo un sacco di tempo per parlarne. Ora, vai da Auler. -, suggerì con un dolce sorriso.
L'amica ricambiò e si avviò verso l'uscio. Prima di aprire la porta, però, si voltò.
- Tutto pronto? -, chiese solo.
All’accenno della principessa, spalancò il legno e sparì oltre il corridoio.
 
 
Shade fece il suo ingresso nella taverna e, dopo una rapida occhiata tra i tavoli, la sua attenzione fu catturata dal bancone.
Fine stava chiacchierando animatamente con sua madre: le guance erano colorate e una dolce espressione le aleggiava sulle labbra.
Il cobalto non avrebbe voluto intromettersi: sapeva che appena le avesse rivolto la parola, le iridi cremisi si sarebbero indurite e l'atteggiamento si sarebbe fatto distaccato; ma non aveva altra scelta. Con poche falcate superò la soglia e si accostò alla principessa.
Maria salutò il figlio con un sorriso affettuoso e appoggiò una birra sul bancone; un giovane ribelle afferrò il boccale e sparì oltre gli altri clienti.
- Fine, sei bellissima. -, cominciò il capo dei ribelli che come aveva immaginato, ricevette come risposta un'espressione diffidente.
- C'è una festa, stasera. -, si giustificò la ragazza distogliendo lo sguardo.
- Come fai a saperlo? -, domandò stupito Shade.
La rossa lo fissò indignata, poi, rizzò le spalle.
- Per caso, non gradisci la mia presenza? Dimmelo prima che io esca da quella porta, almeno. -
La risata nervosa che Shade le riservò la pietrificò.
- Che cosa stai dicendo!? Volevo che fosse una sorpresa, tutto qui. -
A quelle parole, Fine addolcì lo sguardo.
Il cobalto lo prese come un buon segno. Si avvicinò alla ragazza per sussurrarle nell'orecchio.
- Mi hai detto di dimostrarti che tengo a te, che ti rispetto. Ora, vieni con me? -, e le porse una mano.
Era una richiesta semplice, quasi una supplica. La principessa esitò per qualche istante: forse sarebbe stato meglio rimandare il tutto a dopo la guerra, quando non ci sarebbero più stati malintesi, ma Fine afferrò quella mano, lasciandosi guidare.
Con un cenno salutarono Maria, che promise loro di raggiungerli presto. Oltrepassarono la soglia della locanda e, presto, giunsero nei pressi dell'Arena.
Al crepuscolo di una notte illuminata dalle stelle, l'anonimo pezzo di terra era occupato da centinaia di persone. Le balaustre con le armi avevano fatto spazio a tavoli ingombri di prelibatezze e sui numerosi focolai, accessi e sparsi su tutto lo spazio, giravano spiedi di selvaggina che riempivano l'aria di un profumo delizioso. Al centro dell'arena si era poi formata una spontanea pista da ballo: alcuni ribelli volteggiavano al ritmo si chitarre, cembali e percussioni. Fine e Shade iniziarono a passeggiare per la piazza.
- E’ tutta opera tua? -, chiese Fine, deliziata da quell’atmosfera.
Non aveva mai partecipato a una festa: la birra scorreva a fiumi e le persone che incrociavano ridevano e cantavano; il suo popolo sapeva come divertirsi.
Vide Shade annuire fiero mentre il suo sguardo vagava sull’arena.
- Queste persone hanno visto orribili atrocità, sono sopravvissute a stento in battaglia o hanno visto morire tutti i membri della loro famiglia, eppure, non hanno esitato nemmeno un istante ad aiutarmi ad allestire tutto. Hanno messo a disposizione il loro tempo, la loro energia e tutto quello che è rimasto loro per un boccale di birra e vedere la loro futura regina che si diverte come si deve. -
E si voltò verso la rossa con un sorriso sghembo.
- Non vorrai deluderli, spero. –
- Non mi permetterei mai. -, rispose di rimando la ragazza, stando al gioco.
- Allora, -, cominciò il ribelle esibendosi in un appariscente inchino. – mi concede questo ballo principessa Fine? –
Attorno a loro si era formata una piccola folla di curiosi che con un’ovazione incitarono la ragazza ad accettare.
La rossa afferrò la mano del cobalto e fu trascinata in pista.
La musica era calzante e movimentata e i due furono aggiunti alla coreografia. In due cerchi separati, uomini e donne, intrecciati l’uno all’altra, alternavano passi veloci e movimenti con le braccia. Fine impiegò qualche minuto per integrarsi ma, seppur, con continui inciampi, riuscì ad unirsi ai festeggiamenti. Le altre ballerine le spiegavano a ogni cambio di tonalità le nuove mosse e ridevano di gusto con lei per i suoi tentativi falliti. Passò per le mani di diversi cavalieri che si contendevano un ballo con la principessa ma, spesso, si ritrovava tra le braccia di Shade che le sorrideva divertito. Dopo più di un’ora, decisero di prendere una pausa.
La principessa, rossa per lo sforzo e l’alcool che continuavano ad offrirle, si appoggiò malamente al cobalto, ridacchiando.
- Oh! Riesci a stare in piedi, almeno? -, domandò premuroso il ragazzo e divertito dal comportamento di Fine.
- Il ballo non fa per me. Sono un disastro. -, commentò la giovane mentre la sua attenzione era attratta da un vassoio di pasticcini.
La rossa s’illuminò alla vista della glassa al cioccolato che li ricopriva. Shade ne afferrò uno e lo porse alla ragazza.
- Io amo la cioccolata. -, borbottò questa mentre trangugiava il cibo e se lo godeva inebriata.
Lanciò un'occhiata al compagno, che la stava tenendo d'occhio curioso, e catturò con la mano altri dolcetti.
- Per riprendere le forze. -, si giustificò e Shade si lasciò andare a una fragorosa risata.
- In molti stanno scommettendo su di voi stasera. –
La voce alle loro spalle li fece trasalire ma, quando scorsero il volto di Milky, entrambi le sorrisero.
- Che genere di scommessa? -, s’interessò il fratello, circondando le spalle della rosa con un braccio e stringendola a sè.
Fine non li aveva mai visti insieme, se non nei momenti ufficiali come i consigli di guerra. Durante la permanenza al limitare del deserto si era affezionata molto a quella ragazzina che nonostante la giovane età era molto più acuta di molti adulti; tra loro era sbocciata una tenera amicizia. Ora, vedendola scherzare con Shade, capì quando si volessero bene e di quanto fossero legati l’uno all’altro.
- La maggior parte dei ribelli sostiene che non riuscirai a conquistare la principessa. I restanti ammettono che sareste una bella coppia ma, soprattutto gli uomini, dicono che Fine è troppo per te e sostengono di essere loro i partner ideali. –
- Devo rimettere in riga questa gentaglia. -, sbottò il cobalto e la sorella rise di gusto.
Altezza, seguita da Auler, si accostarono a loro.
- Io ho puntato tutti i miei risparmi sulla prima opzione. Son sicura di riuscire a vincere. –, affermò la bionda, rivolgendo, poi, un gestaccio al capo dei ribelli.
Mentre Shade e Altezza si scambiavano insulti, Milky fu invitata a ballare da un ragazzo piuttosto carino e fu trascinata in pista di malavoglia.
Auler e Fine, intanto, si ritrovarono complici nel cercare di sedare la rappresaglia tra i due compagni.
Un gruppo di uomini, poi, accostò la principessa, cominciando a fare domande sulla guerra, sulle tattiche migliori e facendo apprezzamenti nei confronti di Fine.
- Ora, signori. -, intervenne Shade, liquidando i curiosi. - Avrei una cosa da fare. -
Trascinò velocemente Fine al centro dell'arena e chiese ai musicisti di fermare la musica. Raggiunse un tavolo abbandonato e si rizzò in piedi su di esso.
Appena la figura di Shade innalzata era scorta, partiva un giro di gomitate, occhiate e spintoni e alla fine il silenzio calò tra i popolani.
Fine, intanto osservava dal basso il cobalto, che prima di parlare le lanciò un occhiolino.
- Vi ringrazio tutti di essere qui! La mia idea è stata sconsiderata. -, al che si alzò una voce dal pubblico.
- Ho fatto fuori tutta la scorta di cinghiali per questo banchetto. -
Shade rise insieme al resto dei ribelli.
- Appena ci trasferiamo a Inox, Ido, ti aiuto a cacciarne alcuni. Comunque, avete subito accolto la mia proposta per organizzare questa piccola festicciola. Abbiamo molto per cui gioire: la conquista della prigione, il numero sempre maggiore di alleati che si uniscono a noi, l'indebolimento dell'esercito di Aaron e il tradimento del principe. -, a ogni virgola, il popolo esultava entusiasta.
- Ma c'è una cosa che mi riempie d'orgoglio e di felicità più delle altre, che ha portato una ventata di speranza e di energia nel nostro accampamento.
Sette anni fa, oltre ad aver perso amici e parenti, la libertà e due regnanti buoni e generosi, abbiamo perso l'unica erede al trono. In pochi credevano potesse essere ancora viva, altri raccontavano assurde leggende, eppure, due settimane fa si è presentata alle porte del nostro accampamento la principessa Fine. -, stavolta, un boato accolse quelle parole e alla ragazza in questione arrivarono pacche e sorrisi d'incoraggiamento.
Shade porse dall’alto una mano, invitandola a unirsi a lui. Alcuni uomini la issarono di peso e la aiutarono a salire sul tavolo.
- In molti l'avranno vista gironzolare per le tende o prendersi una birra alla locanda. Ma non è qua solo per farsi ammirare. -
- In molti l'abbiamo vista gironzolare con te, Eclipse. -, lo interruppe una voce femminile.
In molti risero, mentre il cobalto si voltava per incrociare le iridi scarlatte. Le gote della principessa si erano fatte porpora. Poi, con un sorriso divertito Shade continuò.
- Mi sa che molti di voi perderanno una scommessa. -, commentò piccato il ribelle generando versi di delusione.
- Principessa Fine, ti voglio sposare! -, si alzò una voce dal pubblico.
Un bambino sulle spalle del padre la salutava con la manina, felice.
La rossa ricambiò il saluto e si strinse nelle spalle, imbarazzata.
Poi, sentì la mano calda di Shade, accanto a sè, cercare la sua. Le loro dita s’intrecciarono mentre il cobalto, con un cenno, la invitava a parlare.
- Che cosa devo dire?-, sussurrò la giovane, mentre lo sguardo vagava sulla platea che attendeva, paziente.
- Hanno bisogno di te, Fine, della speranza. –
Le loro iridi, cobalto e cremisi, rimasero ancora per qualche secondo a scrutarsi intensamente. Poi, la rossa, strinse la presa sulla mano di Shade e si voltò verso il suo popolo.
Vagò lo sguardo sulle teste dei ribelli fino a incrociare le iridi smeraldo che per prime avevano creduto in lei. Altezza le accennò un sorriso e la rossa si decise a parlare.
- Non sono una grande oratrice, ma, posso dirvi, che come voi sono qui per riportare la pace su questo splendido regno. Sono rimasta per sette anni a vivere in un mondo fatto di bugie, creato da mio zio, e a soffrire per la morte dei miei genitori. Ma ora è tempo di reagire, di far sentire la mia voce e di lottare per voi e con voi. Farò del mio meglio. –
Erano state poche parole, pronunciate con voce incerta, ma sul volto dei ribelli era comparso un sorriso di totale fiducia nei confronti della principessa. 
- Fine combatterà con noi e si riprenderà il suo trono. -, intervenne ancora Shade. - Abbiamo ancora molte cose da fare, amici, e domani inizieremo una lunga marcia. Ma saranno gli ultimi e faticosi passi verso la giustizia e la libertà. Per stasera, festeggiamo! -, sbottò infine e un'esclamazione di assenso lo accompagnò.
La musica riprese e con un balzo, Shade scese dal suo scanno, per, poi, dare una mano alla rossa.
- Grazie -, sussurrò questa, non appena rimise i piedi a terra.
- Hai voglia di andare a fare una passeggiata? -, domandò, invece, il ribelle, sfoderando un dolce sorriso, e prendendo per mano la ragazza, si allontanarono dall’arena.



 
Buonasera!
Anche questa settimana sono stranamente puntuale. Questo capitolo è lunghissimo e faccio i complimenti a coloro che sono arrivate fin qui.
Vi ho lasciato proprio sul più bello ma vi garantisco che il prossimo capitolo sarà interamente dedicato alla coppia Fine e Shade. Ora, torniamo alla storia. Che dite? Vi è piaciuto il capitolo?
Si comincia con un momento di riflessione in cui Fine fa il punto della situazione. E' inquieta, ci sono alcune cose che la turbano e forse i più attenti avranno capito cosa.
POi, c'è l'incontro con Rein che vuole aiutarla per prepararsi alla festa. Le due si aggiornano sugli ultimi avvenimenti e pian piano stanno riconquistando una certa intimità. Comunque vedremo come si evolverà la cosa.
Altezza, come sempre, interviene a gamba tesa sulla situazione. Dice la sua su quell'idiota di Shade e si trova in contrasto con Rein. E' stato interessante per me mettere queste tre Signore nella stessa stanza. Che ne pensate di una possibile amicizia tra Altezza e Rein?
Comunque, anche Altezza ha qualcosa che non va e presto capirete cosa è successo.
Infine, comincia la festa. In questa occasone Fine e decisamente più vicina al suo CC, è una frana nella danza ma cerca di divertirsi, ama i dolci ed esprime tutta la sua dolcezza e insicurezza nel discorso al suo popolo.
Che dite, Shade è riuscito a farsi perdonare, ha dimostrato che la rispetta?
Fatemi sapere cosa ne pensate! Spero di ricevere le vostre recensioni!
Un bacione e buona settimana!
Ele

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Capitolo 32
*** 31. Fiducia ***


31.  Fiducia
 
Con le mani ancora intrecciate l’una all’altra, Fine e Shade camminavano tranquillamente sulle rive dello stagno ai margini del bosco.
Le stelle, riflesse sull’acqua tremolante, illuminavano quella sera di festa. Le voci e la musica arrivavano lontane alle orecchie dei due ragazzi.
La principessa scrutò di sottecchi il suo compagno che guardava distrattamente il cielo: il viso, bello e pulito, era contratto in una smorfia rilassata e i capelli cobalto erano scompigliati alla brezza leggera di quella sera.
La ragazza si portò una ciocca rossa dietro l’orecchio, imbarazzata nello scoprirsi ad ammirarlo.
- Hai organizzato una bella festa. -, ruppe il silenzio, stringendo leggermente le dita del ribelle.
Shade sembrò riscuotersi dai suoi pensieri e si fermò, obbligando la giovane a fare lo stesso.
Incrociò le iridi blu con quelle chiare della rossa e sorrise dolcemente.
- L’ho fatto solo per te. Spero di essere riuscito a dimostrarti quanto ti rispetto e quanto sei importante per me. –
Fine annuì appena.
- Mi hai resa la tua compagnia in questa avventura. Eppure, mi domando ancora il perché di quelle parole cattive. –
Il capo dei ribelli afferrò saldamente le mani della ragazza, portandosele al petto e stringendole.
- E’ stato un errore. Io ho solo paura di perderti, Fine, e vederti così sicura di te, indipendente, mi ha fatto dubitare di me stesso. Sarai un’ottima regina. –
Il tono di Shade era cantilenante, quasi disperato, e una mano della principessa si accostò alla guancia dell’uomo, lasciando una tenera carezza per rassicurarlo.
- Non posso pensare a una vita senza di te, di essere regina senza averti al mio fianco, Shade.-
Il ribelle fece un passo avanti, accorciando la distanza con la ragazza.
- Quindi mi hai perdonato? –
La giovane si lasciò andare a una leggera risata.
- Già da stamattina, all’arena. –
Shade sbuffò, divertito, e le prese il volto tra le mani, appoggiando la fronte a quella di lei.
- Ma abbiamo ancora alcune cose da chiarire. -, suggerì, ancora, Fine, prima che il cobalto approfondisse il contatto.
Infatti, il ribelle esitò.
- Non possiamo rimandare e goderci il momento? –
L’espressione sul viso della rossa era corrucciata. Shade sospirò.
- Va bene. Che cosa ti tormenta? –
- Hai davvero intenzione di uccidere mio zio? –
L’uomo strabuzzò gli occhi a quella domanda diretta. Poi, si passò una mano tra i capelli mentre, imbarazzato, distoglieva lo sguardo.
- Vuoi ricominciare una conversazione infelice? –
La rossa si strinse nelle spalle.
- Devo sapere se andremo nella stessa direzione d’ora in poi. –
Spazientito, il ragazzo si dondolò su se stesso.
- Non farmi questo. -, mugugnò.
- Farti cosa? -, chiese la giovane, confusa da quell’atteggiamento.
- Mettermi nella situazione di dover scegliere tra te e la mia vendetta. –
Il silenzio che Shade ricevette di risposta era fin troppo eloquente: Fine voleva proprio quello da lui e non era sicuro che la ragazza avrebbe ricevuto la risposta che desiderava.
- Non posso promettertelo Fine. –
Il calore della mano della principessa sulla sua lo costrinse a riportare l’attenzione su di lei.
Era bellissima con quegli occhi luminosi e le gote tinte di una gentile sfumatura rosa e Shade realizzò nuovamente, per l’ennesima volta in quei giorni, che la propria esistenza senza di lei non avrebbe avuto alcun senso: non, ora, che aveva scoperto che potevano essere felici, che poteva esserci un futuro.
Si chiese quante volte ancora avrebbe permesso che Aaron influenzasse la sua vita.
La presa di Fine si fece più salda.
- Shade io non posso obbligarti a non farlo, né come amica, né come regina, ma non posso fare a meno di tentare di convincerti a desistere. Che cosa otterresti dalla morte di quell’uomo? Sarebbe solo un’altra ombra sulla tua anima. Non risolverai i tuoi problemi e non riporterai indietro tuo padre. –
- Qualcuno deve pur vendicare tutti i morti e le ferite che ha causato a questo regno. -, borbottò il cobalto, ancora titubante.
- Questo direi che spetta alla regina; non dimenticarti che ha ucciso i miei genitori. Eppure, la vendetta non sarà mai la soluzione: mio zio merita di vivere con il peso degli orrori che ha compiuto sulle spalle e nella solitudine che ha creato intorno a sè. Lo stesso vale per Bright: non rimarrà impunito. Sarà la giustizia a decidere, un equo processo, e il popolo; nessun altro. –
Sul volto del ribelle comparve un ghigno ironico.
- Vedo che hai le idee ben chiare sui cambiamenti da apportare al tuo regno. –
Le iridi chiare della principessa si nascosero, timide, verso il basso. Aveva meditato per molto tempo cosa fare appena avesse ottenuto il trono e aveva confidato quei pensieri solo ad Altezza. La popolana si era mostrata entusiasta alle sue idee ma si trattava di cambiamenti drastici: avrebbero potuto far paura a molti. Shade era, comunque, fondamentale nel suo piano di ricostruzione del regno e sapeva che la sua opinione era importante: se anche lui fosse stato dalla sua parte – evitando una vendetta casareccia – anche il popolo si sarebbe attenuto alle regole.
- Comunque, pensavo che Bright fosse stato assolto. -, la stuzzicò, ancora, l’uomo mentre riprendevano a camminare verso la taverna.
La luna era ormai alta nel cielo e l’indomani sarebbe stato un giorno di marcia: Fine doveva riposare.
- Tutto dipende da come si comporterà nei prossimi giorni, se riguadagnerà la fiducia del popolo. E anche tu devi dargli un’opportunità, Shade. Penso che si sia davvero convertito, soprattutto dopo quel che è successo con Rein. –
- E’ sempre stato un codardo, non gli darò il beneficio del dubbio. –
Lanciò uno sguardo di sbieco alla sua compagna, per scorgere una reazione, ma tutto ciò che le sue parole scatenarono fu una scrollata di spalle, data dal disinteresse o, forse, da quella brezza leggera che li accompagnava; nel dubbio, il cobalto si tolse la giacca e la mise sulle spalle della rossa.
Fine ringraziò con un sorriso gentile.
- Se non sarai tu, sarà lui a fare un passo verso di te, -, riprese il discorso la principessa. – ma non privare i tuoi uomini di una preziosa risorsa solo per un po’ di gelosia. –
Shade tenne aperta la porta della locanda mentre la ragazza superava i tre gradini, poi, chiuse il battente alle sue spalle. Il salone principale era deserto, considerando la festa che si stava ancora tenendo nell’arena; i ribelli sarebbero rimasti alzati fino alle prime luci dell’alba, Shade ne era certo.
- Io non sono geloso. -, bofonchiò alla rossa che ridacchiò divertita. – Te l’ha messa in testa Altezza questa cosa. –
- Altezza ha confermato i miei sospetti. Non c’è nulla di male nel caso: sarebbe solo un’altra dimostrazione di quanto ci tieni a me. –
Il cobalto si fermò in mezzo al corridoio e Fine fece lo stesso. Abbassò lo sguardo, dubbioso, e accarezzò lievemente il braccio della giovane fino a trovare la sua mano e stringerla.
- Forse, -, cominciò con il broncio sulle labbra. -, e, ripeto, forse sono un po’ geloso della fiducia che riponi in lui. –
Invece di ridere sguaiatamente, come si sarebbe aspettato il ribelle, la principessa raddrizzò la schiena, stupita.
- Che cosa stai dicendo? –
- Non te ne rendi nemmeno conto, Fine, ma, nonostante il male che ti ha fatto, quando parli di lui, ogni tua parola trasuda affetto. Non sei così con me. –
Stavolta, la ragazza rise: Shade era davvero geloso e, nonostante le congetture che aveva fatto con Altezza, non poteva ancora credere che fosse vero.
- Questo perché a te non posso dare la soddisfazione di vedermi affettuosa, soprattutto, quando non te lo meriti. –
Il cobalto sbuffò, riprendendo il passo.
- Anche questa cosa te l’ha messa in testa Altezza, scommetto. Io merito il tuo affetto. –
- Ora, sì. Fino a qualche ora fa non ne ero così convinta. -, rispose di rimando Fine alla provocazione. – Comunque, non mi hai ancora detto cosa farai. -, decise di cambiare discorso.
Il ribelle, infatti, si era fatto fin troppo vicino. Erano ormai arrivati davanti alla stanza di Fine e avrebbero dovuto salutarsi.
- A proposito di cosa? –
- Di mio zio. –
Shade arricciò tutti i muscoli facciali. Poi, sbottò.
- Ci penserò, va bene? –
Le labbra della giovane donna si aprirono in un luminoso sorriso. Con le dita, accarezzò lieve la mascella del cobalto. Una leggera barba le solleticò i polpastrelli.
- È molto più di quello che potevo sperare. -, e si alzò in punta di piedi per lasciare sulla gota del ragazzo un casto bacio.
- Buonanotte. -, salutò aprendo la porta alle sue spalle, ma un braccio, infilato velocemente dietro la schiena, la bloccò.
- Abbiamo ancora una cosa da chiarire, principessa. –
Il volto di Shade era serio ma la concentrazione della rossa non andava oltre la vicinanza dei loro corpi, ai bacini che si sfioravano e ai respiri che s’incastravano l’uno all’altro.
- D-dimmi. -, lo invitò a continuare.
Il sorriso sghembo del ribelle le fece sussultare il cuore.
- Da quando saresti solo un’amica? –
Le gote di Fine diventarono porpora e spalancò docilmente le labbra in un’espressione confusa.
- Come? –
- Prima, quando stavamo parlando di Aaron, hai detto che non puoi obbligarmi a fare qualcosa che non voglio, “né come amica, né come regina”. Quindi, ripeto la domanda: da quando saresti solo un’amica? –
La rossa non aveva idea di come rispondere. Mise insieme qualche parola, giusto per non far notare troppo al ragazzo che quella vicinanza la destabilizzava.
- Non abbiamo mai chiarito che tipo di rapporto c’è tra noi. –
- E la definizione più appropriata ti è sembrata “amica”. -, il ribelle cominciò ad annuire, convinto, ma Fine notò una vena di ironia. – Effettivamente, bacio molte delle mie amiche. -, la provocò il cobalto e studiando il viso di Fine capì che aveva fatto centro: era indignata.
- Spero proprio di no, Shade. –
Le labbra del ragazzo si aprirono in un ghigno divertito, per poi tornare serio.
- Tu non sei e non sarai mai solo un’amica, Fine. Sei la mia donna, capito? –
La principessa si ritrovò ad annuire mentre il volto del cobalto si faceva sempre più vicino. Le loro iridi, blu nelle cremisi, s’incrociarono fino a quando le loro labbra non si sfiorarono.
Il sapore di muschio e lavanda investì la bocca della principessa, ora dischiusa per permettere un contatto più approfondito. Una mano del giovane era ancora avvinghiata ai suoi fianchi mentre l’altra era risalita lungo la schiena accarezzando l’attaccatura del caschetto rosso. Shade la strinse di più a sé e ricevette di risposta un leggero gemito. Era un bacio dolce, profondo e appassionato, carico di quei sentimenti che per tanto si erano taciuti e che, in quel mese, avevano faticato ad esprimere. Ora, il loro legame diventava condiviso, vero, tutto era alla luce del sole e non c’era nulla di più bello.
Si separarono per mancanza di ossigeno, ansimanti e, entrambi, rossi in volto. Si sorrisero teneramente, poi, Fine si divincolò dalla presa.
- Buonanotte Shade. -, sussurrò e spalancò la porta dietro di sè.
Il cobalto rimase ancora qualche secondo interdetto. Infine, sorrise dolcemente alla ragazza.
- Buonanotte, Fine. -, la salutò e fece un passo indietro per permetterle di richiudere il legno.
Con un tonfo attutito, la principessa si ritrovò sola nella stanza e si appoggiò alle travi che la separavano dal corridoio. Lui era ancora lì: non aveva sentito i passi che indicavano un suo allontanamento. Era stata crudele a lasciarlo così? L’aveva deluso?
Si passò un dito sulle labbra ancora calde dal suo bacio.
Stava rendendo tutto più difficile: legarsi così a lui, permettergli di entrare nella stanza, avrebbe complicato ulteriormente il loro rapporto, proprio ora che finalmente avevano messo ogni cosa in chiaro. Eppure, il cuore le suggeriva di non perdere quell’occasione per solidificare quel filo appena nato tra loro. Non avrebbero più avuto tempo l’uno per l’altro allo scoccare dell’alba: la marcia, la guerra, il Re da sconfiggere e i ribelli li aspettavano.
Oh al diavolo!   penso la ragazza riaprendo l’uscio.
Il rumore della serratura che si apriva riscosse malamente il ribelle dai suoi pensieri. La rossa costatò che non si era spostato molto dal loro ultimo saluto. Shade era appoggiato al muro alle sue spalle, con la testa rivolta al soffitto. Ora, la squadrava stralunato.
- C’è qualche problema Fine? –, domandò apprensivo.
La rossa teneva lo sguardo basso e i pugni stretti lungo i fianchi per l’imbarazzo.
Poi, con occhi umidi alzò il viso.
- Vorresti stare con me stanotte? -
Il cobalto non esitò nemmeno un istante: con due veloci falcate attraversò lo spazio che li separava e afferrò i fianchi di Fine per issarla; la gonna del vestito si arricciò sulle cosce e le gambe della giovane si saldarono intorno alla vita del ribelle mentre questo portava la mano dietro la sua nuca per obbligarla verso le proprie labbra. Entrarono nella stanza e Shade chiuse la porta con un calcio.
Nel corridoio rimase solo il silenzio.
 
 
- Non riesco ancora a credere che l’hai tenuto per tutto questo tempo. –
Shade, sdraiato su un fianco, afferrò il ciondolo, promessa del loro amore, abbandonato tra i seni nudi e se lo rigirò tra le dita. Vide la ragazza accanto a lui sorridere.
- Ti ho odiato tanto, sai? Mi sono sentita abbandonata, ma la dolcezza dei ricordi legati a te non mi ha mai permesso di dimenticarti davvero. –
- La stessa cosa vale per me. Il tuo ricordo, il desiderio di rivederti e di stringerti tra le mie braccia mi ha aiutato a rimanere lucido in quella stupida prigione. -
Il ragazzo si chinò leggermente su di lei per lasciarle un bacio sulla clavicola. Poi, scese verso il collo in una scia umida che fece gemere la rossa.
- E a proposito di desiderio… -, continuò l’uomo stuzzicandole l’orecchio con la punta del naso.
Questa, con una leggera risata e una spinta, lo allontanò da sé.
- Non tirare troppo la corda. -, lo sgridò divertita.
Le mani del ribelle tornarono sotto la coperta, per afferrare i fianchi della principessa e spingerla a sé. Fine arrossì nel sentire la sua passione ma lasciò che le labbra del cobalto trovassero le sue.
I baci si fecero più corti, affannati. Non c’era più spazio per le parole.
 
 
Fine lanciò uno sguardo oltre la finestra della sua stanza. L’alba era ancora lontana ma il crepuscolo stava facendo capolino. Si lasciò andare a un sospiro silenzioso.
Le iridi chiare tornarono sull’uomo che giaceva al suo fianco: aveva il respiro profondo, le labbra leggermente dispiegate e i capelli spettinati che ricadevano sul cuscino. Segui con il dito il profilo degli occhi, del naso, fino ad accarezzare il collo, soffermandosi sul pomo d’Adamo, e il torace nudo.
Era stata la notte più bella della sua vita. Avevano fatto l’amore, lentamente, godendo di ogni secondo insieme. Shade era stato dolce, passionale. Fine si era lasciata totalmente andare al tocco delle sue mani sul suo corpo, alle parole tenere che lui le aveva sussurrato. L’imbarazzo aveva velocemente lasciato il posto all’intimità di quel momento, all’armonia che i loro corpi avevano trovato. Quando, poi, lui le aveva confessato che non c’era mai stata nessun’altra, ogni esitazione era sparita. La principessa aveva deciso di fidarsi, ciecamente, come non aveva mai fatto prima. Sospirò ancora.
Alla felicità si aggiunse quella punta di nostalgia che tanto aveva temuto. Sarebbe stato più difficile di quando pensasse. Era stata avventata a permettergli di entrare così nella sua anima, permettergli d’innamorarsi perdutamente di lei e sapere di essere ricambiato: avrebbero sofferto in due, ora, e Fine non era sicura di volersi prendere il carico del dolore che avrebbe provocato.
Con che coraggio avrebbe lasciato quelle coltri, il corpo caldo di Shade beatamente addormentato accanto a lei? Con che forza si sarebbe caricata sulle spalle la sua sacca e sarebbe partita per un viaggio verso il nulla?
Rimase a fissare ancora per qualche minuto il volto addormentato del ragazzo che amava, cercando di imprimersi nella mente ogni tratto del suo bel profilo.
Poi, sgusciò silenziosamente giù dal letto. Si vestì lentamente, indossando gli abiti che aveva preparato la mattina e cercando di godere di ogni attimo che passava ancora in quella stanza, con lui. Si allacciò il mantello sulle spalle e afferrò la sacca e le armi. Appoggiò la lettera che aveva scritto sul tavolo in bella vista.
Un leggero bussare alla porta le suggerì che Altezza era pronta per partire. Si prese ancora qualche minuto.
Si sedette sul letto, accanto a Shade, e si chinò su di lui per posare un dolce bacio sulle sue labbra. Con le dita le accarezzò i capelli morbidi e le gote leggermente graffianti per la barba.
- Ti amo. -, sussurrò, infine, mentre con un singhiozzo strozzato si alzava dal capezzale del cobalto.
Una mano le afferrò il polso.
- Ripetilo. -, ordinò il giovane con la bocca impastata di sonno.
Poi, aprì meglio gli occhi e vide che la principessa era vestita.
- Dove stai andando? –
Le iridi cremisi si riempirono immediatamente di lacrime, dando sfogo ai pensieri che l’avevano tormentata fino a quel momento.
- Scusami. -, borbottò tra i singhiozzi mentre si divincolava dalla presa e si avviava verso la porta.
Shade fu più veloce: le barricò la strada, impedendole di passare.
- Fine, mi avevi promesso che saresti stata sincera d’ora in poi. -, la accusò lui.
Come poteva lasciarlo senza una spiegazione? Come poteva mentire a quell’uomo che nella sua nudità cercava di impedirgli di separarsi da lui?
La rossa afferrò malamente la lettera che aveva scritto e la diede in mano al ragazzo.
- Che cosa è questa? –
- Non me ne sarei mai andata senza darti una spiegazione. Maria ti avrebbe raccontato tutto una volta che noi fossimo state lontane. –
- Mia madre lo sa? Avete complottato alle mie spalle? –
La rabbia cresceva a ogni parola.
Fine scosse la testa e tirò su con il naso.
- Abbiamo un piano per impedire che persone innocenti muoiano e per far finire al più presto questa guerra. –
- Perché non ti sei confidata con me? Perché non ti fidi di me?-, domandò ancora il cobalto, sempre più confuso e deluso.
La principessa si strinse nelle spalle e fece qualche passo avanti, accorciando la distanza che si era creata tra loro.
- Shade io mi fido ciecamente di te. Ora, più che mai. Ed è proprio per questo che so di poter compiere questo viaggio. Ti ho taciuto tutto quanto perché sapevo che non mi avresti mai permesso di andarmene e dovevo prima capire le tue intenzioni. So che tieni ai tuoi uomini e nemmeno tu vuoi che muoiano inutilmente. Adesso è il tuo turno di fidarti di me. Ho bisogno che tu ti fidi di me. –
Il cobalto scosse la testa e aggrottò le sopracciglia.
- Che cosa stai cercando di dirmi? –
Fine appoggiò le mani sul petto del ribelle e dal basso puntò le iridi chiare in quelle scuse del ragazzo.
- Io e Altezza vogliamo andare a cercare degli alleati. Mia madre e mio padre avevano molti amici anche al di fuori del regno e pensiamo che, vedendo l’entità del nostro esercito, i mercenari possano desistere. Ho bisogno che tu mi aspetti, Shade. Ho bisogno di te ora più che mai, anche se saremo lontani, se so di poter contare su di te, tutto andrà bene. Devi solo avere fiducia in me. -
- Io ho fiducia in te. –
- Allora lasciami andare. -, lo invitò Fine.
Il ragazzo si mosse nervoso sulle gambe.
- Shade, ti prego, non rendere tutto questo più difficile di quanto già non sia. -, supplicò ancora la principessa.
- E quando tornereste? –
- Pensiamo sia abbastanza una settimana, otto giorni al massimo. –
Il cobalto prese la giovane tra le braccia e la strinse a sé. Quel contatto era così possessivo e bello che Fine sperò di non doversene più allontanare; ma la realtà non dava scampo nemmeno a un amore appena sbocciato e la aspettava proprio fuori da quella porta di legno.
- Mi mancherai. -, sussurrò l’uomo alla sua fronte.
Le iridi di Fine si fecero di nuovo umide e godette del calore del suo corpo, del profumo travolgente della sua pelle che l’inebriava.
- Ti amo Shade. –
Il ribelle la allontanò da sé, obbligandola a guardarlo.
- Avrei preferito dirtelo in un’altra occasione ma anch’io ti amo, Fine. -, il tono era dolce e gli occhi, come una notte serena sgombra di nuvole, sinceri.
La principessa sentì il suo cuore farsi leggero mentre un calore inedito la faceva rabbrividire; nonostante l’imminente separazione, i guai e le litigate era valsa la pena di vivere quelle ultime settimane al suo fianco perché, ora, era assolutamente certa di aver trovato la persona che voleva accanto per il resto della vita.
- Partite adesso? -, chiese il ribelle mentre si staccava da lei per infilarsi dei pantaloni e la maglia.
Fine annuì.
- Ti accompagno. –
- Non riuscirò a partire se ci sarai anche tu. -, affermò titubante la ragazza.
Shade le prese il mento con due dita e si abbassò all’altezza della rossa.
- Non è un addio, Fine. Ci rivediamo tra pochi giorni. -, e accompagnò quelle parole sfiorandole con le labbra la fronte.
La principessa chiuse gli occhi a quel contatto e lanciò un sospiro. Shade le sorride tristemente, cercando di infonderle coraggio, mentre s’infilava le scarpe. Poi, aprì la porta della stanza e prese la principessa per mano. Insieme, in silenzio, percorsero il corridoio.
Nel salone della taverna, Altezza e Milky stavano finendo di sorseggiare una tazza di latte caldo. Si voltarono all’ingresso dei due, stupite di vedere il capo dei ribelli.
- Pure la colazione? -, domandò ironico questo mentre accompagnava Fine al tavolo.
Maria uscì dalla cucina con dei sacchetti contenenti le scorte di cibo. Rimase paralizzata alla vista del figlio che le lanciò uno sguardo eloquente: avevano molto di cui discutere ma quello non era il momento.
La principessa trangugiò il liquido bianco dalla sua tazza, mentre Milky caricava i vettovagliamenti nei bagagli. Riempì anche un terzo zaino sotto lo sguardo incuriosito dei presenti.
- Milky, cosa stai facendo? -, chiese Altezza guardando la rosa di sbieco.
- Credevi davvero che vi avrei lasciato andare da sole? –
La bionda scosse la testa alzando noncurante le spalle.
- Due mani in più fan sempre bene. -, acconsentì.
Poi, si caricarono le sacche e le armi sulle spalle e uscirono tutti e cinque alla tenue luce del crepuscolo. L’accampamento era ancora addormentato, soprattutto per via dei festeggiamenti che erano andati avanti fino a tarda notte.
Rimasero per qualche minuto a osservare la facciata della locanda. Poi, Maria ruppe il silenzio.
- State attente ragazze mie. -, si raccomandò, cominciando a stringere in un abbraccio materno prima Altezza, poi, Fine e, infine, la figlia.
Shade salutò teneramente la sorella e si scambio una stretta di mano con la bionda. Poi, portò le iridi scure sulla principessa. Allungo una mano per afferrarle il braccio e costringerla ad avvicinarsi.
Gli occhi di Fine erano già colmi di lacrime.
- Torna presto. -, le sussurrò con voce supplichevole, avvolgendola in un abbraccio.
Fine prese il volto dell’uomo tra le mani e si alzò sulle punte per lasciare che le loro labbra si sfiorassero.
- A presto. -, sussurrò la ragazza come risposta.
Poi, la presa ferrea di Shade si allentò e la principessa si allontanò di qualche passo.
Si scambiarono uno sguardo e Fine si strinse nelle spalle, cercando di trovare la forza di partire.
Altezza le appoggiò una mano sulla spalla.
- Forza, andiamo. -
Le tre ragazze s’incamminarono verso le dune del deserto ma dopo qualche metro la rossa desistette.
Si voltò per guardare un’ultima volta il volto di Shade.
Il cobalto, con lo sguardo fiero e le mani nascoste nelle tasche dei pantaloni, le fece un cenno con il capo mentre sulle sue labbra si apriva un dolce sorriso d’incoraggiamento. Fine sospirò e ricambiò quell’ultimo saluto. Poi, si sistemò meglio la sacca sulle spalle e raggiunse le sue compagne di viaggio.
Shade le aveva fatto il regalo più bello: aveva deciso di fidarsi di lei e, ora, stava solo alla principessa trovare la forza per andare avanti.



Angolo autrice!
Eh boh, io non so cosa dire. O meglio, avrei troppe cose da dire ma in questo momento sono in uno stato di trascendenza: nonostante questa separazione sia fortemente voluta da me e dalla storia che ho creato, mi veniva quasi da piangere scrivendola. Sono terribile, cattiva e infame. Vi ho fatto disperare fino all'ultimo con un tira e molla assurdo e ora che, finalmente, si sono messi insieme li ho separati nuovamente.
Per cui, vi prego di posare forconi e torce o qualunque cosa avete in mano da lanciarmi addosso, perchè sto soffrendo quanto voi. Vi immagino mentre leggete la prima parte del capitolo, sorridendo beatamente; andando avanti nella lettura, invece, il vostro volto si trasforma nell'ennesima smorfia esasperata che poi ritorna a uno sguardo dolcino ed euforico e infine le lacrime di disperazione. Questa è stata esattamente la mia reazione nel rileggerlo prima di pubblicarlo.
Comunque, sono fiera di aver pubblicato anche questa settimana in tempo, lasciando perdere, per ovvi motivi di tempo e di immersione dell'autrice in The rebel, il Missing moment di Lione e Black - per chi lo legge, presto arriverà l'aggiornamento -. Sono, nonostante gli avvenimenti, fiera di questo capitolo che mi ha preso anima e corpo e che ha condizionato la mia esistenza negli ultimi tre giorni. Sono fiera di Fine e Shade che finalmente hanno trovato quel punto d'incontro che gli ha permesso di essere civili l'uno nei confronti dell'altra. Sono fiera della scenza post sex. A proposito di quest'ultima, so che molti di voi sognavano pagine di sesso sfrenato ma mentre le stavo scrivendo ho pensato non fossero adeguate. A parte il fatto che devo rispettare un rating ma alla fine, quel che volevo era trasmettervi la dolcezza e l'amore che provano l'uno per l'altra e il sesso sarebbe stato un di più, certo, ma che avrebbe distolto l'attenzione dal punto focale. Forse ci sarà una one shot dedicata, ma non lo garantisco.

[modificato 15/01/2021] Ecco la one shot dedicata al momento descritto del capitolo:
https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3889684&i=1

Shade, comunque, ha avuto una crescita notevole: nonostante la difficoltà della separazione ha voluto rispettare Fine e fidarsi di lei: se questa non è una vera dimostrazione di amore!
Nella scena finale, infine, vediamo le tre fanciulle che io amo di più partire per l'ennesima avventura.
Vi dico già che mancano si e no 4/5/6 capitoli, escluso l'epilogo, quindi presto questa sotoria troverà la sua fine - finalmente! -
So che molte di voi aspettavano trepidanti l'aggiornamento e spero di sentire cosa ne pensate, perchè ho bisogno di essere consolata quanto voi XD
Vi mando un grandissimo bacio e confermo il prossimo aggiornamento tra due settimane,
Ele

 
 
 

 

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Capitolo 33
*** 32. Confidenze ***


32. Confidenze
 
Il sole era allo zenit e il calore dei raggi del sole che si riflettevano sulla sabbia arida fece sbuffare per l’ennesima volta Altezza. Faceva caldo nel deserto e, nonostante fossero partite solo da poche ore, sulle gote di tutte e tre le ragazze aleggiava un colorito abbronzato. Dopo un primo tratto di strada piano, in cui alle loro spalle avevano avuto modo di scorgere i profili dell’accampamento lontano che si animava alla luce dell’alba, si erano ritrovate a scalare dune e a scivolare sui pendii della sabbia, infinite volte.
- Io odio il caldo e il sole; e questa stupida sabbia che s’infila dappertutto. -, grugnì la popolana affondando le mani tra i granelli gialli per trovare un sostegno ai suoi passi.
- C’è qualcosa che non odi? -, la stuzzicò la rosa, in fondo alla fila che avevano creato, ridacchiando.
Altezza si fermò un istante, pensierosa.
- Effettivamente, no. Non ho un’alta soglia di sopportazione. –
- E si vede. -, borbottò di rimando Fine mentre con gli occhi al cielo scuoteva la testa.
Con la mano diede una pacca al sedere dell’amica, incitandola ad andare avanti.
Finalmente, raggiunsero la sommità della collina. Davanti a loro si estendeva solo deserto: ovunque puntassero lo sguardo, il colore abbagliante della sabbia le attendeva.
- Rispiegatemi di nuovo perché dobbiamo attraversare il deserto? –
La voce della bionda era velata di esasperazione.
- Trovare degli alleati…-, le suggerì Fine mentre si tergeva il sudore dalla fronte.
La principessa alzò il bordo della maglia e con un nodo accorciò la stoffa. Poi, si staccò il mantello dalle spalle e lo avvolse intorno al capo, sotto lo sguardo curioso dell’amica.
- Che stai facendo? –
- Voglio lanciare una nuova moda. -, rispose con ironia mentre Altezza le rivolgeva una linguaccia.
- Mi copro la testa. Ho avuto un giramento per il calore. -, spiegò, allora.
Le due compagne di viaggio concordarono che era una buona idea e imitarono Fine.
Milky, infine, guardò la cartina e sfoderò dalla sacca un’arrugginita bussola, per orientarsi.
- Dovremmo proseguire fino al tramonto in questa direzione. -, spiegava mentre con la mano mostrava alle amiche la via.
- Ne avremo ancora per una decina di ore, quindi. -, puntualizzò Altezza scrutando con un occhio chiuso, dovuto ai raggi del sole, il cielo.
Scivolarono lungo il pendio e ripresero la marcia. Nel silenzio surreale di quel luogo, riecheggiava solo il rumore dei loro respiri affannati.
- Quindi alla fine hai ceduto, eh?-, cominciò Altezza, riservando alla rossa che stava camminando al suo fianco, un’occhiataccia.
La principessa alzò un sopracciglio, confusa.
- A cosa ti stai riferendo? -
- Bella mossa rivelargli il nostro piano. –, continuò piccata la bionda, aumentando il passo.
- Che problema hai?-, chiese ancora Fine, stupita da quella risposta.
Poteva immaginare che non fosse stato semplice per Altezza dire addio ad Auler. In quell’ultima settimana erano diventati molto affiatati e l’imminente separazione aveva reso la bionda particolarmente acida: avrebbe dovuto separarsi dall’amore della sua vita senza nemmeno dare una spiegazione. Avevano concordato che la loro missione era segreta e che nessuno doveva sapere né la destinazione, né, tanto meno, il giorno della partenza, per cui, probabilmente, aveva lasciato l’uomo nel letto, che avevano condiviso per tre settimane, solo e con un bacio a fior di labbra, per non svegliarlo, come saluto. L’amica era infastidita della presenza di Shade alla partenza, e, purtroppo, aveva tutte le ragioni per esserlo.
- Non gli ho detto i dettagli del nostro viaggio ma non mi avrebbe mai lasciata andare senza sapere. –, tentò di giustificarsi la principessa.
- Potevi evitare di andare a letto con lui. –
Fine strabuzzò gli occhi, ora, stupita e offesa. Raggiunse l’amica e le prese malamente un braccio.
- Cosa t’infastidisce, davvero? Il fatto di non aver salutato Auler o che io, finalmente, possa essere felice? Che non sei più la migliore tra le due?–
La bionda, indignata, stava già aprendo bocca per rispondere.
- Ora, basta. -, la voce della rosa era bassa ma autoritaria.
Entrambe le due donne si zittirono e si voltarono verso Milky.
- E’ il caldo che parla; non siete in voi. Ora, chiaritevi. -, ordinò la ragazzina, incrociando le braccia al petto.
Altezza sospirò per poi voltarsi verso la rossa.
- Tu hai avuto l’opportunità di salutarlo mentre io sono sgusciata giù dal letto con la speranza vana che si accorgesse della mia mancanza. Pensare che si sarà svegliato senza trovarmi, mi spezza il cuore. -, confessò con voce rotta e afferrò dolcemente una mano dell’amica. – Sono felice per te, Fine, e non ho mai pensato di essere migliore. Sei una delle mie amiche più care e sono fiera della donna che sei diventata. –
La principessa arricciò le labbra e batté le palpebre, per trattenere le lacrime. Si sporse in avanti, con le braccia allargate, per avvolgere la bionda in un abbraccio.
- Ti voglio bene. -, le sussurrò, commossa.
La popolana cominciò a divincolarsi.
- Staccati che fa caldo! -, si lamentò ma sul viso le aleggiava una smorfia soddisfatta.
– Comunque, -, continuò, - devi raccontarci com’è andata. –
Altezza si allontanò e diede una leggera spintarella alla rossa che ridacchiò divertita.
- Non sono sicura di volere sapere come se la cava mio fratello a letto. -, balbettò Milky, raggiungendo le due ragazze che avevano ripreso la marcia.
- A tal proposito, ragazzina. -, la richiamò Altezza affondando i piedi nella sabbia. – Il ragazzo con cui hai ballato ieri sera era davvero carino. –
Milky fece una smorfia a quelle parole.
- Non è il mio tipo. -, commentò solo.
Fine e Altezza si scambiarono un’occhiata eloquente e lanciarono uno sguardo alla più piccola del gruppo: oltre alle gote arrossate per il caldo, il sole e lo sforzo, la giovane sembrava imbarazzata e incerta. Era molto brava a capire le persone ma quando si trattava di parlare di se stessa, la rosa era riluttante.
- E qual è il tuo tipo, allora? -, domandò la principessa cercando di incitarla.
Si fermarono, attendendo una risposta, e sul viso di Milky passarono diverse emozioni: insicurezza, rabbia e rassegnazione.
Poi, le iridi cobalto si puntarono in quelle di Altezza.
- Auler. –
La bionda rimase interdetta.
- Cosa? –
- Sono… -, cominciò titubante, - sono sempre stata innamorata di Auler. –
- Oh! -, fu l’unico commento della popolana.
- Mi ha sempre vista solo come la sorellina di Eclipse, nient’altro. E’ un amore non corrisposto, soprattutto, dopo che sei arrivata tu. –
Altezza spalancò le labbra, poi, le richiuse e le riaprì ancora.
- Devo… scusarmi? -, chiese, stranita.
Milky sorrise tristemente e alzò le spalle con noncuranza.
- Perché? Probabilmente, non era la persona giusta per me. Anzi, vi trovo una bellissima coppia. -, la rassicurò la rosa.
La popolana sbuffò.
- Mi sono confidata e mi hai dato dei buoni consigli. Io… mi viene da vomitare. –
La risata di Fine rimbombò tra i cumuli di sabbia. Si avvicinò a Milky e le avvolse le spalle con un braccio.
- Credo che sia la prima volta nella sua vita che Altezza viene zittita. Complimenti, Milky. -, scherzò, e la rosa si lasciò andare a un sorriso.
 
 
Le dita del giovane, con un irritante tremolio, percorsero lievi lo steccato della passerella. Fece un verso di stizza e strinse i pugni per sbatterli sul legno scheggiato ma il dolore dei graffi lo costrinse a ritrarre le mani. Shade chiuse gli occhi per un istante e, dopo un sospiro, li riaprì per puntarli verso l’alto: il crepuscolo stava già lasciando il posto a una notte stellata. Sorrise amaramente.
Era stato uno stupido a credere di essersi lasciato alle spalle quegli anni di prigionia e di essere pronto ad affrontare, dopo due mesi di lontananza, Inox.
Appena aveva varcato i cancelli, nonostante le grida di giubilo dei suoi sottoposti che l’avevano circondato, il senso di vittoria era scomparso. Immagini, odori, sapori, ricordi di sette anni della sua vita avevano iniziato a vorticare nella sua mente, confondendolo. Con fatica, aveva dato indicazioni ai soldati, sorriso alle parole di ribelli entusiasti e gestito l’organizzazione del nuovo accampamento. Un’esigenza impellente lo tormentava e l’istinto lo aveva costretto a percorrere la strada che conosceva fin troppo bene e che portava alla sua cella.
Il cobalto si diede per l’ennesima volta dello stupido e sospirò rumoroso. Doveva affrontarlo, capire perché quel luogo avesse ancora un tale impatto su di lui; eppure, le sue gambe si ostinavano a non muoversi. Era bloccato, ora, paralizzato a pochi metri da quella era stata per troppo tempo la sua casa. Qui, aveva sofferto la morte del padre, aveva assunto l’identità di Eclipse per portare avanti l’eredità che gli era stata lasciata: la ribellione; qui, aveva capito che non avrebbe avuto pace sulla terra se non dopo essersi vendicato.
Un triste ghigno gli incurvò le labbra. Il cuore batteva all’impazzata e il senso d’impotenza lo tormentava. La vendetta aveva dato valore alla sua vita per molto tempo e, ora, Fine gli chiedeva di rinunciarvi. Ne sarebbe stato davvero in grado? Mettere da parte quegli anni di solitudine e cominciare, con un atto di pura fiducia, una nuova vita con lei? Sapeva che la principessa avrebbe accettato qualsiasi sua decisione: non lo avrebbe mai obbligato a risparmiare Aaron; eppure, davvero non ci sarebbe stata delusione nei suoi occhi?
Prendere la decisione giusta era più difficile di quanto pensasse: poteva anche convincersi che Fine avesse ragione ma non era detto che davanti al tiranno sarebbe riuscito a mantenere la lucidità necessaria. E quel luogo non faceva che alimentare la rabbia che aveva covato nel cuore, il sussurro della morte che lo perseguitava insistente: Fine lo aveva abbandonato ma allo stesso tempo era l’unica luce che era riuscita a squarciare il buio della sua anima. Nostalgia e affetto si alternavano alla delusione. Non poteva affrontare tutto da solo, non ora che aveva imparato cosa voleva dire avere qualcuno al proprio fianco: aveva passato la notte più bella della sua vita facendo l’amore con la donna che amava. La rossa gli mancava terribilmente e mai, come in quel momento, sentiva di aver bisogno di lei, della sua voce gentile e di un suo sorriso rassicurante. Chiuse gli occhi per un istante, assaporando l’odore di sporcizia e fuliggine che si librava nell’aria.
Shade non si era mai sentito tanto vulnerabile.
Il tremolio delle travi sotto i suoi piedi gli indicò che non era più solo.
- Ti stavo cercando. -, la voce della donna era soffice, prudente, e sul volto del cobalto nacque una smorfia infastidita.
- Che cosa vuoi? -
- Volevo accertarmi stessi bene. -, ritentò questa facendo un passo avanti e accostandosi al giovane.
Appoggiò una mano su quella del figlio; era fresca al contatto con le dita di Shade.
- A parte il cuore spezzato e il senso di tradimento? Tutto bene, dai. -, rispose piccato l'uomo sottraendosi a quel gesto.
Sul volto di Maria comparve un sorriso triste che, però, si trasformò ben presto in una risata leggera. Aveva evitato sua madre dalla partenza di Fine, quella stessa mattina, ma sapeva che alla fine quel momento sarebbe arrivato. Finalmente, il cobalto decise di prestare attenzione alla donna che lo aveva messo al mondo e puntò le iridi scure in quelle di lei, così uguali alle proprie.
- Sei sempre stato melodrammatico. -, si giustificò scherzosamente questa, scorgendo l’espressione offesa del ribelle.
- Credo di avere dei buoni motivi per esserlo. -, protestò ancora.
Tra due calò il silenzio e Shade afferrò saldamente la staccionata per sporsi in avanti, nel vuoto. Sotto di lui, tre piani più in basso, la marmaglia di ribelli continuava a fluire all'interno della cittadella. Avevano camminato per l'intero giorno e i primi del serpentone che aveva attraversato la foresta erano giunti al tramonto. Il cortile centrale, su cui si affacciavano le piccole prigioni, era gremito e in ogni angolo erano state create abitazioni rudimentali o piccoli laboratori per la forgiatura di armi e utensili di ogni tipo; gli ultimi della lunga fila sarebbero arrivati a notte inoltrata.
L’aria era tesa ed elettrica tra i suoi uomini, consapevoli che tra quelle mura si sarebbe fatta la storia: sotto la guida di Eclipse avrebbero riconquistato il regno e spodestato Aaron. Probabilmente, molti di loro sarebbero morti, anonimi volti di un destino più grande ma nessun sacrificio sarebbe stato vano.
Il cobalto scorse, poi, dall’alto Auler che parlava con alcuni soldati: sul volto aveva un’espressione corrucciata, ancora sconvolto dalla sparizione di Altezza. Shade non invidiava l’amico; anche lui si sarebbe sentito abbandonato se Fine se ne fosse andata senza una parola.
Un sospiro amaro lo riscosse dai suoi pensieri e vide Maria, che arricciava le labbra, pensierosa e sconfortata. Era forse stato troppo duro con sua madre?
- Hai ragione. Non smetterò mai di scusarmi per averti tenuto nascosto i nostri piani e non incolpare a Fine per questo: le ho chiesto io di non dire nulla. Eppure, concorderai con me, che dopotutto, abbiam fatto bene. –
Shade appoggiò i gomiti sulla staccionata e si prese il viso tra le mani.
- Davvero? -, domandò annoiato.
- Non eri ancora pronto a lasciarla andare; né a lasciar correre la tua vedetta. –
Il cobalto osservò di sbieco la madre.
- Perché secondo te, ora, sono pronto?-
- Non si è mai pronti ad affrontare una battaglia, alla possibilità della morte, come non lo si è mai nel lasciare che una persona cara prenda la propria strada. Eppure, sei stato coraggioso Shade. –
- Ho potuto solo adeguarmi a una decisione che era già stata presa. –
La mano si appoggiò lieve sul braccio del ragazzo e Maria sorrise teneramente.
- No. Hai rispettato la decisione di Fine. Se non avesse scorto nei tuoi occhi la fiducia che riponi in lei, non avrebbe mai avuto la forza di partire. E’ grazie a te se ha cominciato a camminare sulla propria strada, non dimenticarlo. Ed io ti ringrazio per questo. Hai permesso che il nostro regno possa avere una speranza in più. –
Il ribelle sentì le guance farsi calde e gli occhi inumidirsi. Sua madre aveva sempre avuto il potere di capirlo con uno sguardo e rassicurarlo con poche parole. Lasciò che Maria, con le braccia larghe e un sorriso incoraggiante, lo avvolgesse in un goffo abbraccio.  Aveva vent’anni, Shade ne era consapevole, ed era anche a capo del più grande esercito di rivoltosi che il regno avesse mai visto, sì; eppure, mai come in quel momento si sentiva piccolo, vulnerabile e insicuro. Il ribelle non poteva mostrare a nessuno il suo stato d’animo, se non a sua madre, e Maria, con quel semplice contatto, stava cercando di dissipare le nuvole che avevano oscurato i cieli cobalto degli occhi del figlio. I dubbi sarebbero rimasti, certo, ma Shade non era solo, e non lo sarebbe mai stato.
- Fine sta bene ed è in buona compagnia. -, lo confortò ancora, accarezzando i capelli del ragazzo.
Shade si allontanò dalla madre e la mano di Maria scivolò sulla guancia del figlio, lasciando una leggera carezza.
- Sono così orgogliosa di te, Shade. -, sussurrò, ancora.
- Lo sarai, anche, se deciderò di uccidere Aaron? -, la stuzzicò il ribelle afferrando le dita della donna e stringendole nelle sue.
- Io sarò sempre fiera dell’uomo che sei diventato. Come lo sarebbe tuo padre se fosse qui. –
- Papà non avrebbe mai permesso che i sentimenti interferissero con i suoi obiettivi. –
- Ti sbagli, Shade: è stato proprio l’affetto che provava per Elsa e Toulouse a renderlo avventato quella notte. Se in quello che facciamo, anche nella quotidianità, non ci fossero le emozioni e i sentimenti, saremmo tutti come Aaron. E’ difficile scindere la mente dal cuore; l’unica cosa che possiamo fare è conviverci e rendere ciò che proviamo la nostra forza. –
Il cobalto si lasciò andare a un pesante sospiro.
- Io la amo, mamma. -, si confidò e il volto di Maria s’illuminò a quelle parole. – Eppure, mi tormenta l’idea che la decisione di risparmiare quel bastardo sia solo data dal desiderio di non deludere Fine. –
Per risposta, ricevette un sorriso divertito.
- Fine ti ha donato la sua fiducia, come te gli hai donato la tua. Ti ha lasciato possibilità di scelta ed è la cosa più bella che potesse fare per te; ed anche la più infame per certi versi. –
- L’amore fa schifo. -, borbottò il giovane incrociando le braccia al petto.
- Non lo pensi davvero. -, protestò Maria. – A tal proposito, voglio darti una cosa. –
La donna allargò la scollatura del vestito per tirarne fuori una catenina da cui pendevano due anelli d’oro. La tolse per poi porgerla al figlio.
Shade scosse convulsamente la testa.
- Non posso accettarli. –
Le labbra sottili della donna s’incurvarono teneramente.
- Infatti, devi accettarli. Dopo la morte di tuo padre e la tua cattura, Aaron ci ha tolto tutto. Era rimasto solo lo stretto necessario a me e Milky per tornare al limitare del deserto e ricominciare da capo. Non ho una dote da darti, oggetti di valore e nemmeno un titolo nobiliare degno di una principessa ma solo il simbolo dell’amore tra me ed Eclipse. Voglio che li abbiate te e Fine e voglio che possiate essere felici insieme. –
Il cobalto afferrò tremante la collana che la madre gli porgeva.
- Sono le vostre fedi nuziali. -, protestò, ancora.
Maria sbuffò.
- Sono solo una vecchia vedova. A nessuno interessa cosa ne faccio di quegli anelli. –
Shade sorrise a quelle parole. Sua madre era sempre stata una donna modesta, umile e gentile: non si rendeva nemmeno conto della propria bellezza, non solo fisica, e della fila di pretendenti che aveva. Il pensiero di vederla con un altro uomo, nonostante il ricordo vivido del padre, non turbava il ragazzo che, però, sapeva che Maria sarebbe sempre stata fedele a Eclipse.
- Grazie, mamma. -, accettò, infine, stringendo al petto le fedi e mettendole, poi, al collo. 
- C’è ancora una cosa che devo fare. -, continuò il ragazzo e vide che la donna annuì.
Aveva dato le spalle a quel tugurio per tutto il tempo ma era ora di affrontare l’ultimo ostacolo. Diede le spalle al parapetto e permise che le iridi cobalto si soffermassero su ogni singolo particolare.
La mura che l’avevano ospitato per sette anni, che l’avevano visto diventare da ragazzino a uomo, e che gli avevano impedito di essere libero, lo attendevano minacciose e accoglienti dietro le luride sbarre. Estrasse la chiave, che portava sempre con sé come ammonimento, dalla tasca dei pantaloni e fece qualche passo avanti per inserirla nella toppa. La serratura scattò e con una spinta secca, Shade spalancò l’ingresso. L’unico mobile era la traballante brandina che si trovava nell’angolo a destra. L’uomo si avvicinò alla piccola finestrella che dava sull’esterno della prigione. Da lì aveva osservato il cielo che cambiava, le nuvole che passavano sopra la foresta con le forme più disparate; aveva annusato l’aria che proveniva da est che portava con sé l’odore di salsedine e immaginato, infine volte, di correre sulla spiaggia con i piedi immersi nel mare; aveva, infine, ammirato la sua amata luna con cui aveva chiacchierato nelle notti di tranquillità e che gli aveva ricordato suo padre, la sua famiglia e Fine.
Abbassò lo sguardo sulla pietra e con i polpastrelli accarezzò i segni chiari che aveva inciso, piccole stecche che indicavano il trascorrere dei giorni, dei mesi, degli anni: duemilacinquecento-cinquantacinque giorni, ottantaquattro mesi, sette anni.
Quelli erano gli unici elementi che gli avevano permesso di non cedere alla follia, al senso di claustrofobia e al desiderio di morire. Perché, poi, c’erano stati solo le botte, il dolore, la paura e il risentimento che erano cresciuti giorno dopo giorno divorandogli il cuore.
Una mano, appoggiata cautamente al suo braccio, lo riportò alla realtà. Le iridi cobalto di Maria erano umide ma il volto cercava di trasmettere forza e sicurezza.
- E’ tutto finito ora. -, lo rassicurò, stringendo la presa.
Shade annuì lievemente.
- Lo so. –
- Hai avuto molto coraggio a resistere. –
- La vendetta è l’unica cosa che mi ha permesso di rimanere in vita. Se non può più far parte di me, che senso hanno avuto questi anni di reclusione? –
- La tua vita non può ridursi all’assassinio di un uomo, per quanto crudele esso sia stato. Sei molto di più che un esecutore, Shade, e lo dimostra quello che hai fatto, l’esempio che sei per tutti gli uomini che hanno occupato Inox e per coloro che ancora fanno resistenza nelle città e aspettano il tuo arrivo. Queste persone sono disposte a tutto per te ma se il tuo obiettivo è la morte, finita questa battaglia, non rimarrai altro che un ricordo. Devi guidarli anche nella vita, quella dopo il disastro, dove bisogna ricominciare da zero, ricostruire, e devi farlo accanto a Fine. –
- La mia vita ha senso solo accanto a lei. -, concordò il ragazzo alle parole di Maria.
Con uno slancio, circondò le spalle della madre in un abbraccio. Aveva sfidato Inox, il luogo che aveva annientato la sua libertà, e aveva vinto. Doveva far si che anche tutto il resto del regno potesse assaporare una vita senza costrizioni e sofferenze. Avrebbe portato i ribelli in battaglia e avrebbe sconfitto Aron. Ora, ne aveva la forza e lo avrebbe fatto per sè, per Fine e per il loro futuro insieme.
 



Angolo autrice
Buongiorno! Farò finta che non sono passati mesi dall'ultima volta che ho aggiornato. Sarete arrabbiate, scocciate o rassegnate per i miei continui ritardi e io non ho scusanti: non avevo voglia di scrivere, non ero per nulla ispirata e il lavoro mi ha preso anima e corpo, insieme a tutta una serie di telefilm che hanno attirato la mia attenzione (il trash di Pretty Little Liars e la scoperta di quel figo di Jon Snow sono stati la mia rovina). Mi inchino implorando la vostra grazia, è l'unica cosa che posso fare! Se non mi avete ancora mandato a cagare lasciandomi perdere già dal "Buongiorno!" e siete arrivate fino a qui direi di passare alla storia. Questo capitolo non è ricco di azione ne di avvenimenti epocali ma fa da passaggio ai prossimi. Vediamo le tre scemotte (Scemotte a chi?! N.D. di quelle là con in mano bazzuka e bombe a mano pronte alla vendetta) andare in giro per il deserto: come sapete Altezza è quell'elemento comico che rende un po' più leggera la storia e spero di avervi fatte ridere; oltre che essere abili combattenti sono pur sempre giovani donne e le confidenze amorose sono all'ordine del giorno. La seconda parte è dedicata a Shade, in un dialogo lungo e sentito con la madre: dopo la partenza di Fine che era diventata ormai la sua ancora di salvezza all'oscurità che lo avvolge, il ragazzo si trova di nuovo solo a combattere con i fantasmi del suo passato. La cella è il simbolo di questo dolore che Shade cerca di affrontare e di sconfiggere: per ora non ci è dato sapere se ci riuscirà ma presto lo scoprirete. E poi c'è Auler che vaga senza una meta e uno scopo tra l'accampamento piangendo la sua amata.
Siete in tantissimi a seguirmi e ad avermi messo tra i preferiti e io vi ringrazio infinitamente. Spero di poter leggere le vostre recensione, sapere se con questo capitolo ho riguadagnato qualche punto sui miei ritardi negli aggiornamenti; nulla mi renderebbe più felice. Infine, ringrazio una certa persona, che ho già ringraziato in maniera privata, per avermi sollecitato a continuare: i suoi messaggi di posta mi han messo la giusta pressione per spingermi a mettermi a scrivere. Presto dovrei aggiornare anche Antipodi, per chi lo segue.
Di solito, chiudo il mio angolo promettendo di rivederci presto ma, per quanto il prossimo capitolo è in fase di stesura, non garantisco una puntualità. Non dovrei metterci tre mesi ma voi comunque, credete in me per favore! Ahahah
Mando un grosso bacio a tutte,
Ele

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Capitolo 34
*** 33. Incontri ***


33. Incontri
 
Seduto su una traballante sedia in un angolo del salone, Shade guardava apprensivo i feriti. Le guaritrici si muovevano agili tra i tavoli della locanda, adibita ad infermeria, per prodigarsi in fasciature e in impacchi di erbe. Una di queste, una giovane dal viso dolce e rotondo, si avvicinò a lui.
- Tenga uno staccio pulito e un bicchiere d’acqua. Vedrà che poi si sentirà meglio. -, disse con voce acuta.
- Io sto bene. -, brontolò il cobalto ma accettando di buon grado quelle piccole attenzioni.
La donna ridacchiò e si allontanò. Intanto, Auler faceva il suo ingresso dalla porta principale con passo pesante. Shade gli lanciò uno sguardo scocciato.
- Sul serio, perché sono qui? -, si lamentò, bevendo avidamente dal bicchiere.
Il liquido, fresco e dissetante, gli fece tirare un sospiro di soddisfazione. Poi, si strofinò il volto sporco di fuliggine e sangue con lo straccio. L’azzurro, intanto, alzava gli occhi al cielo.
- Sei ferito, Shade. –
- È solo un graffietto, Auler. -, e mostrò all’azzurro la fasciatura sull’avambraccio come dimostrazione alle sue parole.
Il ribelle sospirò rumorosamente.
- Il loro capo è stato colpito, non biasimarli se sono preoccupati per te. Ti devo ricordare che sei stato colui che ha riunito un esercito di migliaia di ribelli provenienti da tutto il regno?  –
Il cobalto si strinse nelle spalle e si zittì, infastidito. Quella mattina, alle prime luci dell’alba, si erano intrufolati nella città di Riardo, cogliendo di sorpresa la Guardia reale. La battaglia era stata dura ma i soldati nemici erano pochi e svogliati. Inoltre, i ribelli locali si erano subito uniti a loro. Le vie della città si erano tinte di rosso e avevano liberato ogni casa dal giogo di Re Aaron. Mentre Shade abbatteva uno dietro l’altro i mercenari, aveva notato tra la marmaglia che uno dei suoi stava per essere colpito da un affondo di spada proveniente da un soldato alle spalle. Era accorso per proteggerlo e aveva parato l’attacco ma nel contraccolpo, la lama della propria spada gli era caduta sul braccio. Finito lo scontro, mentre tutti esultavano per la vittoria, Auler e una dozzina di uomini si erano accorti del taglio e avevano insistito per portarlo in un posto sicuro.
- Nonostante la veloce vittoria ci sono molti feriti e alcuni morti. -, commentò a mezza voce e qualche metro più in la una delle guaritrici copriva con il lenzuolo il volto di un soldato senza vita.
Auler agguantò una sedia e si mise accanto a lui.
- La guerra è così. –
- Lo so. Eppure spero che riescano a trovare una soluzione; sono stufo di vedere vite spezzate. –
L’azzurro capì immediatamente a chi si riferiva l’amico. Sospirò tristemente; la nostalgia lo colpì ricordando il volto sorridente di Altezza e sapeva che Shade provava lo stesso.
- È un viaggio assurdo il loro ma per il bene di tutti deve andare a buon fine. -, concordò e un sorriso gli balenò sul volto.
Shade guardò l’amico, incuriosito.
- A cosa pensi? –
- Altezza starà insultando ogni singolo granello di sabbia del deserto. –
Il cobalto scoppiò a ridere.
- È da lei, sì. -
Allora, cercò di immaginare le tre ragazze camminare sotto il sole cocente alla ricerca della chiave per vincere la guerra. Vide la strega a capo della fila che si guardava attorno furtiva in cerca di qualcosa da minacciare; la figura di sua sorella, poi, si stagliava fiera in mezzo alle dune con un’espressione di fatica ma determinazione; infine, nella sua fantasia, comparve Fine: un colore abbronzato e roseo le colorava le gote e i suoi occhi cremisi splendevano di una viva bellezza. Una morsa gli strinse il cuore
- Comunque. - continuò Auler e Shade, riscuotendosi dai suoi pensieri, tornò a fissarlo.
L’amico aveva assunto un ghigno storto e si grattava la testa imbarazzato.
- Dovrei parlarti di Bright. –
I due vennero, però, brutalmente interrotti - e al cobalto non sfuggì il sospiro di sollievo da parte dell’azzurro - dall’avvicinarsi di un uomo. Capelli lunghi corvini e baffi cespugliosi contornavano un viso scavato dal colore olivastro. I muscoli delle braccia, tipici dei pescatori, erano nascosti da una casacca leggera.
- Mi scuso per l’intrusione, signori. -, cominciò con voce roca e profonda, prodigandosi in un impacciato inchino.
Shade si alzò velocemente dal suo scanno per andare incontro al ribelle e stringergli la mano.
- Sei il benvenuto, Roman. -, lo accolse il cobalto con cortesia.
- Credevo fossi più alto… e anche che incenerissi i nemici con lo sguardo ma credo che i pettegolezzi siano stati troppo gonfiati. –
Il cobalto rise di gusto a quelle parole.
- Spero di non averti deluso sulle mie abilità in combattimento, almeno. –
Roman si strinse nelle spalle.
- Grazie per avermi salvato. Mi sarebbe dispiaciuto non poter più lottare al tuo fianco. –
I due uomini si studiarono per qualche secondo mentre Auler chiedeva a una delle donne un luogo intimo per parlare. Shade si riscosse sentendo tornare l’amico.
- Non potevo perdere uno dei miei migliori uomini. Colgo l’occasione per scusarmi per il macello che abbiamo creato in città. -
L’azzurro, intanto, li guidò all’interno di una stanza semplice e pulita. Si sedettero al tavolo, circondato da quattro sedie, e Shade stese la mappa del regno che portava sempre con sè.
- Domani mattina torneremo a Inox per recuperare il resto dell’esercito e cominciare a marciare verso Mari. Spero che anche i ribelli di Riardo ci seguiranno. -, spiegò il cobalto mostrando con l’indice gli spostamenti e lanciando diverse occhiate a Roman.
L’uomo annuì ma il suo volto era contratto in un’espressione dubbiosa e tormentata: il nuovo arrivato aveva qualcosa da dire e, con un sospiro di coraggio, prese parola.
- Come sai, rappresento i miei fratelli e la mia città. Abbiamo saputo che la principessa è viva. –
Il cobalto annuì leggermente, invitandolo a continuare. La notizia dell’arrivo di Fine al limitare del deserto doveva aver destato un certo stupore e creato diverse incombenze.
- Dove si trova, ora? –
Il capo dei ribelli rivolse uno sguardo d’intesa ad Auler.
- È rimasta nelle retrovie per occuparsi dei feriti. Ci raggiungerà presto. –
Avevano concordato quella versione dei fatti per placare l’infinità di domande dei ribelli.
- E anche il principe Bright si è convertito alla causa? -, domandò ancora il moro, curioso.
Shade tergiversò per qualche secondo, pensando alle parole più adatte da dire.
- Omendo è riuscito a fare qualcosa d’impensabile. Sembra che il principe sia sinceramente pentito delle sue azioni ed io non sono nessuno per impedirgli di provare a riscattarsi. –
Roman sospirò rumorosamente, sgonfiando i polmoni.
- Quando sconfiggerai il Re, farai sedere sul trono la principessa Fine? –
- Mi stai chiedendo se sosterrò la famiglia reale? -, lo incalzò il cobalto alzando elegante un sopracciglio.
Sapeva che non tutti i suoi sottoposti erano filomonarchici ma aveva sempre pensato che i problemi politici si sarebbero presentati una volta finita la guerra, non prima, quando tutto era ancora incerto.
L’interlocutore annuì, giocando con le incanalature del legno del tavolo.
- Perché mi stai facendo questa domanda? –, chiese ancora Shade.
Roman si accarezzò i baffi spettinati.
- Riardo è sempre stata una città florida e ricca grazie al commercio con navi provenienti da terre straniere. Nonostante questo, la nostra stabilità è sempre dipesa dai capricci dei Re e delle Regine. Anche prima di Aaron eravamo tartassati dalle tasse sempre più alte e ingiustificate. E oltre che per i soldi, la famiglia reale è sempre stata lontana e disinteressata. Vogliamo diventare indipendenti. Se lotteremo, lo faremo per te, Eclipse, e non per una spocchiosa dalla puzza sotto il naso o per un principe senza palle. –
Se inizialmente il tono era stato cauto e incerto, Roman aveva terminato il discorso con rabbia e odio. Il cobalto lo osservò leggermente accigliato: la guerra non aveva nulla a che fare con la relazione tra lui e Fine ma si sentiva comunque offeso da quelle parole.
- Vogliamo che sia tu a diventare Re e che terrai conto della nostra richiesta una volta salito al trono. –
- Le tue parole mi lusingano, Roman. Eppure sono sicuro che se conoscessi la principessa Fine non useresti certi epiteti: la sua famiglia non è stata certo esemplare ma giudicare i morti è inutile; è saggia, generosa e la trovo molto più adatta di me a governare un regno. –
Il moro sfoderò un ghigno ironico.
- Quindi stai portando avanti una guerra per conquistare il cuore della ragazzina? –
A quelle parole, il cobalto strabuzzò gli occhi, furioso, e con un pugno sul tavolo si alzò per avvicinare il viso a quello del ribelle di Riardo.
- Quello che c’è tra me e la principessa non ti riguarda. Le mie parole prescindono dall’affetto o meno che provo nei suoi confronti. Quello che sto portando avanti è il desiderio di mio padre, morto per mano di Aaron nel tentativo di riportare i legittimi eredi sul trono. Questo è ciò che farò. Se non condividete il mio stesso obiettivo, siete liberi di andarvene ma sappiate che se mi ostacolerete ne pagherete le conseguenze. –
Roman alzò le mani in segno di resa e il cobalto si risedette lentamente sulla sedia, tenendo d’occhio il suo ospite.
- Comunque, sono sicuro che la principessa ascolterà volentieri la vostra richiesta. –
Il moro si alzò e si avviò verso l’uscita. Prima di abbassare la maniglia della porta si voltò ancora verso Shade e Auler.
- Come posso chinare la testa a una regina che se ne sta nelle retrovie a tremare dalla paura? Io rispetto solo chi dimostra di meritare la mia stima e questo sei tu, Eclipse. Non dimenticarti della richiesta della città di Riardo. –
E uscì con un cenno di saluto.
 
 
Il ragazzo si muoveva sinuoso sotto lo sguardo sbigottito dei presenti. Con un ghigno di soddisfazione, la spada danzava da destra a sinistra con disinvoltura ed eleganza. Bright alzò nuovamente le iridi chiare sul suo pubblico stupito e incrociò gli occhi color del cielo della sua donna: Rein gli sorrise dolcemente per poi stringersi nel mantello. Rimase ammaliato, per l’ennesima volta, dalla sua bellezza e si sentì pervadere il cuore da un calore improvviso ma avvolgente. Era così fortunato. L’amore era un lusso che pochi uomini potevano permettersi e lui non ne era mai stato degno; eppure, nonostante gli errori che aveva commesso e quel carattere insipido e codardo che lo distingueva, lei gli era sempre stata accanto. Con un ultimo sforzo, abbassò la lama e la puntò a terra.
- Ti muovi come una ragazzina.–
Il biondo si prodigò in un’occhiata di scherno al suo interlocutore. Era un uomo basso e tozzo, anonimo.
- Tu sapresti fare di meglio? -, domandò ironico ma con un tono gentile.
In quell’ultima settimana aveva avuto modo di abituarsi agli insulti dei ribelli che lo incrociavano e che conoscevano la sua identità; non era mancato chi gli aveva messo le mani addosso ma Bright si era ripromesso di non arrendersi: il proprio riscatto comportava pazienza, fatica e sacrificio.
Il ribelle si rizzò bene sulle spalle, annuendo, e il restante dei presenti si prodigò in pacche d’incitamento.
Bright gli lanciò l’arma per invitarlo a dargli una dimostrazione. L’uomo si spostò appena in tempo per non essere trafitto dalla lama.
- Avresti dovuto prenderla al volo. -, puntualizzò il principe con sorriso sornione.
L’altro gli lanciò un’occhiata storta ma Bright sbuffò divertito. Vide con la coda dell’occhio Rein che ridacchiava.
L’uomo brandì la spada con due mani e, con estrema fatica, cominciò a muoverla in aria ruotandola a caso. Bright prese alle proprie spalle un’arma di legno, per dare al suo avversario un visibile vantaggio, e cominciò a parare i colpi del nemico. In pochi secondi, il ribelle era a terra disarmato e il principe gli puntava la lama rudimentale al collo.
- Morto. -, commentò, enfatizzando la parola.
Cominciò, quindi, a camminare avanti e indietro percorrendo il semicerchio lasciato dai suoi spettatori.
- Siete contadini, calzolai, taglialegna, fornai, e probabilmente non avete mai preso in mano un’arma. Mi è stato chiesto di insegnarvi a difendervi, nel caso sia il nemico a vincere e riesca a raggiungere quest’avamposto. Se non siete interessati, potete andarvene; eppure, vi dico che non farete un torto a me – e vi garantisco che so combattere - ma a voi stessi. Si tratta della vostra sopravvivenza. –
Una cinquantina, tra uomini e donne, di persone lo guardarono accigliate e dubbiose.
- Sei un risaputo codardo. -, cominciò la voce di una donna in mezzo alla folla.
Bright vide che si stava muovendo per raggiungere le prime file. La riconobbe all’istante: Maria gli sorrise incoraggiante.
- Eppure, hai avuto il coraggio di andartene da Lilian e tentare una nuova strada. Non sarai un ribelle di Eclipse ma, a modo tuo, ribelle lo sei. Insegnami a usare un’arma. Non ho la minima intenzione di morire. –
Nel cortile di Inox piombò, per qualche secondo, il silenzio. Poi, l’uomo che era ancora a terra, si alzò e afferrò la spada del principe.
- Spiegami un po’ quella mossa con il braccio. -, borbottò porgendo l’arma al suo proprietario.
Bright sorrise riconoscente alla donna dai capelli cobalto di fronte a lui.
 
 
- Ragazze, io ho una strana… sensazione! –
L’ultima parola fu quasi urlata mentre Milky veniva sbalzata in aria. Cadde rovinosamente a terra, a qualche metro di distanza dalla creatura che era spuntata dalla sabbia. Altezza e Fine, intanto, avevano mollato, stupite, il dolce che stavano mangiando e sfoderato la spada.
- Cosa diavolo è quel mostro? -, domandò con un acuto Fine rivolgendosi alla bionda.
Altezza scosse le spalle.
- Mi sembrava troppo strano che in tre giorni non avessimo ancora rischiato la vita. –
- Che cosa stai cercando di dirmi? -, domandò l’altra notando una strana espressione sul volto dell’amica.
- Tu porti sfortuna, Fine. -
La rossa lanciò ad Altezza un’occhiata seccata evitando di rispondere alla provocazione.
- Milky stai bene? -, urlò, poi, la principessa per farsi sentire oltre il nemico.
Vide la rosa cercare con fatica di rialzarsi; eppure, sembrava stare bene. Riportò l’attenzione al mostro. Era una specie di lucertola dello stesso colore della sabbia del deserto, lunga cinque metri e con quattro zampe dotate di artigli. Il muso, lungo e squamoso, portava una bocca dai denti aguzzi e occhi color fuoco. Probabilmente, Milky aveva disturbato il suo sonno accomodandosi sul suo muso per gustare la colazione.
La prima ad attaccare fu Altezza: parò una zampata tagliente e tentò un affondo sul dorso della creatura. Per quanto la lama fosse a contatto con la pelle del nemico, non riuscì a penetrarla. La bionda si voltò esterrefatta verso l’amica.
- Non possiamo colpirlo! –
Con un movimento veloce della coda, la lucertola fece lo sgambetto alla ragazza che finì sulla sabbia. Si fece, poi, sopra di lei e ruggì mostrando la dentatura affilata.
- Cazzo! -, sbottò la popolana sotto lo guardo rosso dell’animale.
Questo, però, fu distratto e si voltò verso destra.
- Dai brutto mostro! Vieni a prendermi! -, lo incitava Fine lanciando, con un potente tiro, un sasso.
Il proiettile finì sulla fronte della creatura che con uno sbuffo si elevò sulle due zampe. Dalla schiena spuntarono due ampie ali che, muovendosi lentamente avanti e indietro, permettevano al mostro di stare in equilibrio. Con l’ennesimo ruggito, stavolta rivolto verso il cielo immacolato e celeste di quella giornata, sputò un lungo respiro di fuoco.
- È un drago! -, costatò Fine mentre un brivido freddo le percorse la schiena.
Era bello, maestoso, anche se un po’ sgraziato nei movimenti. La principessa gioì per quell’incontro: era ciò che stavano cercando ma probabilmente si sarebbero fatte ammazzare tutte e tre.
Altezza, intanto, rotolò sulla sabbia per allontanarsi dall’animale. Si rimise in piedi, accanto all’amica, e afferrò più saldamente l’elsa della spada.
- E l’hai fatto incazzare ancor di più. Che facciamo? -
Poi, entrambe si trovarono a trattenere il fiato. Il freddo delle lame sui loro colli le fece tacere. Mani forti tenevano strette le loro braccia.
- Chi siete?-, domandò lo sconosciuto che aveva catturato Fine.
La voce era bassa, profonda, quasi un sussurro, e l’accento che aveva usato era inusuale. Il drago davanti a loro si acquattò di nuovo sulle quattro zampe ripiegando le ali sulla schiena, vigile ma non più aggressivo.
- Hai fatto un ottimo lavoro, Zahira. -, continuò l’uomo con un tono dolce e l’animale sbuffò un po’ di fumo dal naso.
Sembrava soddisfatto da quella lusinga, costatò Fine.
- Allora? Rispondete! –
- Lasciateci andare bastardi! -, intervenne Altezza.
Il nemico rise sommessamente.
- Non sei nella posizione di dirci cosa dobbiamo fare, donna. –
- Io ti consiglio di dare ascolto alla mia amica. –
Milky, in cima a una duna, puntava una freccia in direzione dell’aggressore di Fine. Il viso era serio, concentrato e deciso, mentre studiava ogni mossa del nemico: vestiti larghi e leggeri coprivano il corpo e buona parte del viso; brillanti occhi ambra erano contornati da una pelle color caramello.
- Altrimenti ti buco la fronte. -, minacciò, ancora, facendo un passo avanti.
L’uomo osservò la rosa con attenzione ma non allentò la presa sulla principessa.
Una risata leggera si unì alle voci dei presenti. Da dietro una duna spuntò il viso sorridente di una donna. Si fece avanti in mezzo ai presenti, come se si trattasse di una festa più che di uno scontro. Portava un lungo abito lilla, decorato da pietre preziose e ricami in oro, e vistosi gioielli. I capelli turchini erano raccolti in un’elaborata acconciatura e nascosti da un velo leggero mentre gli occhi chiari si soffermavano gentili su Fine, Milky e Altezza.
- Suvvia, Narlo! Questo non è il modo di trattare delle ospiti. -, sgridò civettuola l’uomo mentre univa in grembo due mani piccole e curate.
- Hanno cercato di uccidere Zahira. -, spiegò il ragazzo alle spalle della rossa.
A quelle parole, il drago sbuffò ancora: era un respiro orgoglioso e lamentoso, pensò Fine.
- Eppure, questo dolce drago è ancora vivo. -, protestò la nuova arrivata e diede una pacca affettuosa sul muso dell’animale. – Inoltre, è pericoloso maneggiare delle armi se c'è una donna incinta. –
Immediatamente, la pressione sulle gole di Fine e Altezza, scomparve. Entrambe si trovarono a massaggiarsi la pelle sotto il mento mentre si ricongiungevano con Milky che aveva abbassato l’arco.
- Stai bene? -, domandò la principessa all’amica.
La rosa annuì distratta perché le iridi cobalto non si erano ancora distolte dal ragazzo che, poco distante, aveva raggiunto la sconosciuta nel coccolare il drago. Zahira si strusciava avidamente sul torace dell’uomo che rideva di gusto a quella dimostrazione d’affetto. Prese, poi, dalla sacca che portava a tracolla un pezzo di carne per darlo all’animale.
- Chi sono queste persone? -, domandò in un sussurro Altezza.
- Credo siano coloro che stiamo cercando. –, rispose distratta Fine.
La turchina, infatti, si stava avvicinando a loro. Il suo volto si aprì in un sorriso gentile e prese le mani di Fine tra le sue in una salda stretta.
- Benvenute, amiche. Io sono Sophie e sono la regina della tribù dei Tanin. Vi stavo aspettando da molto tempo, ormai. –
- Ci stavi aspettando? -, domandò, sorpresa, la principessa.
- Ho un dono che mi permette di sognare, ogni notte, avvenimenti futuri. Non sempre si realizzano ma, quando ho visto la donna incinta, ho capito che la premonizione si era avverata. –
Tutte e tre strabuzzarono gli occhi ma quella più stupita era la popolana perché le iridi celesti erano puntate su di lei.
- Che storia è mai questa? –
Sophie si allontanò da Fine per avvolgere in un abbraccio la giovane che aveva appena parlato. A quel contatto, Altezza s’irrigidì all’istante e sfoderò una delle sue espressioni più disgustate e sorprese. Fine trattenne a stento una risata.
- Non preoccuparti Altezza. Avrai una bellissima bambina, sana e forte. –
Se possibile, gli occhi della bionda uscirono ancor di più dalle orbite.
- Come cacchio sai il mio nome? Un altro dei tuoi sogni? –
La turchina si allontanò per rivolgerle un sorriso gaio.
- No, sciocchina! Auler mi ha parlato di te! Finalmente conosco la mia futura cognata! –
Altezza boccheggiò, balbetto, sospirò e impreco, prima di cadere a terra priva di sensi.
 
 
Angolo dell'autrice!
Yee! Nuovo aggiornamento! Son troppo brava (*si da pacche sulla schiena da sola*)!
Come va, care lettrici? Spero proprio bene e che gioirete con me per questo puntualissimo aggiornamento. Prima di prodigarmi con l'analisi del capitolo vi dico già che, come tutti coloro che riprendono ad andare a scuola e a cui faccio le condoglianze, anche io tornerò ad avere i miei soliti impegni universitari/lavorativi per cui gli aggiornamenti torneranno ad essere più lunghi. Mi concedo tre settimane invece che le solite due ma se dovessi avere i capitoli pronti prima non esiterò a pubblicarli. Ora, torniamo a quel gran pezzo di gnocco di Shade che protegge la sua amata dalle infamie dei ribelli di Riardo. So che volete leggere di sangue e squarti e dolore ma le scene di guerra verranno più avanti. Per ora si tratta di tattica e strategia. Per la prima volta, scoprite che non tutti gli abitanti del regno amano la regina e Shade non ne è troppo entusiasta. Roman sarà un personaggio importante nei prossimi capitoli, avrà un ruolo di riguardo anche se causerà diversi problemi alla nostra amata coppia. Poi, Bright che fa da insegnante agli sfigati contadini scappati da Aaron. Ultimamente non ho parlato molto di lui ma anche lui tornerà protagonista. Lui e Rein son troppo carini insieme: Rein è di una dolcezza infinita che lo supporta in tutto ciò che fa. Si amano! (*occhi a cuoricino*)
Infine, le mie tre disgraziate preferite che molestano un drago nel deserto. Devo dire che non ero molto convinta di inserire un elemento "fantastico" nella storia. Fin'ora ho fatto qualche accenno alla magia ma sempre in modo molto ironico. Ora, non era mia intenzione cadere nel banale e se ritenete che sia così fatemelo assolutamente sapere. Il ragionamento che ho fatto è stato che al di fuori del regno che ho creato ne esistono altri in cui clima e circostanze sono molto diversi tra loro. L'espediente del drago è stato utilizzato ma con delle condizioni che successivamente verranno spiegate. Inoltre, per quanto riguarda il nuovo personaggio, che poi tanto nuovo non è, cioè Sophie, i suoi presunti poteri sono dati da una sua sensibilità tutta particolare. Come dice anche lei, non sempre ciò che vede si avvera. Ho tentato di mescolare il mistero con la sincerità e l'acutezza che ho sempre visto nel suo personaggio (per chi ha letto i primi capitoli di Cattive ragazze il concetto dovrebbe essere più chiaro). Sophie è fuori dagli schemi convenzionali, vede il mondo in maniera diversa rispetto a chi la circonda, esprime ciò che sente e pensa senza filtri e ciò la rende speciale. Poi, vedrete che coppia che sarà insieme ad Altezza! Vi ho dato solo un piccolo assaggio e la mia amata bionda è gia svenuta dal nervoso. Infine, compare anche Narlo, che ovviamente lo immagino come un figo allucinante per la gioia di Milky e di voi lettrici.
Dopo aver detto una miriade di cavolate - oggi son particolarmente folle e iperattiva - vi saluto e vi ringrazio per seguirmi in così tante! Spero di ricevere dei vostri commenti e le vostre impressioni!
Grazie ancora e un bacione,
Ele

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Capitolo 35
*** 34. Alleanze ***


34. Alleanze
 
L’abitazione della regina dei Tanin era una larga tenda arredata con tappeti, arazzi e mobili elegantemente rifiniti. La luce del pomeriggio filtrava debolmente dai tessuti e diverse candele donavano luminosità all’ambiente. Altezza era comodamente adagiata sul basso letto cosparso di cuscini e lenzuola di seta. Con il volto pallido e gli occhi sgranati ascoltava le parole di Sophie mentre Fine e Milky, sedute a gambe incrociate accanto al giaciglio, mangiavano soddisfatte della frutta fresca.
- Sarà bionda con bellissimi occhi azzurri, ereditati dalla mia famiglia. La corporatura robusta e bassa, però, la prenderà da te. –
La turchina, dopo aver lanciato uno sguardo attento alla bionda, annuì convinta delle proprie parole.
- Si! Decisamente da te. -
Altezza boccheggiò per diversi istanti, diventando ancora più pallida, mentre Fine e Milky scoppiarono in una fragorosa risata.
- Mi stai dicendo che sono grassa?! -
La giovane si alzò sui gomiti per cercare di afferrare la regina dei Tanin per i capelli.
- Brutta strega! Non m’interessa se sei sorella di Auler, io ti meno come si deve. -
Fortunatamente, lo sfogo fu intercettato dalla ragazza dai capelli rossi che, di peso, si lanciò sull’amica per fermarla e tapparle la bocca.
- C’è qualcosa che non va? -, chiese Sophie, portandosi un dito dubbioso alle labbra.
Fine scosse la testa con un sorriso di circostanza.
- Altezza è entusiasta della notizia. -
- Non è vero e non sono incinta. -, borbottò quest’ultima, liberata dalla presa di Fine, e Milky le infilò tra le labbra una fetta di ananas per non farla parlare ulteriormente.
- Ti sono giunte lettere da Auler recentemente?-, chiese la rosa, sorridendo esasperata al dito medio della popolana.
- L’ultima è arrivata tre settimane fa, in cui mi raccontava di Altezza e Fine. E’ stato allora che ho capito che vi avrei incontrato. –
- Come funziona questo tuo potere? -, s’intromise Fine nel discorso, incuriosita da quelle parole.
L’azzurra ridacchiò divertita.
- Non lo so. -
- Che cosa vuol dire che non lo sai? -, sbottò acida Altezza.
Poi, un lampo di gioia le attraversò le iridi color smeraldo.
- Sbaglio o hai detto che non sempre le tue premonizioni si avverano?-
Sophie alzò le spalle, noncurante, generando da parte della bionda uno sbuffo infastidito: quella ragazza era così spensierata, quasi ebete; era irritante.
- Il mio dono mi permette di connettermi con la natura e, in particolare, con i draghi che sono le creature più sacre dei Tanin e la nostra fonte di sussistenza. Questo è il motivo per cui sono stata eletta regina: percepisco la loro saggezza e mi permettono di accedere alla loro infinita conoscenza ma in maniera casuale. I sogni che faccio, dicono gli anziani, è il modo con cui i draghi comunicano con me. Le immagini che vedo di notte sono ambigue, per nulla chiare: è un insieme di volti, sensazioni e barlumi di consapevolezza. Mi baso sui segni che ricevo nella realtà per interpretarli e, per ora, sono sempre stati veritieri ma, non per questo, totalmente attendibili: posso sbagliare piccole variabili come il sesso del bambino, ad esempio, non il concepimento in sé. Nel momento in cui tu hai conosciuto Fine, si sono presentate tutta una serie di condizioni che ti hanno portato a raggiungere l’accampamento dei ribelli e conoscere Auler. Era già da un mese che sognavo di te ma non sono stata certa della mia premonizione fino a che mio fratello non mi ha scritto di te. –
La bionda si buttò all’indietro sui morbidi cuscini con un sospiro.
- Wow! -, sussurrò nel silenzio che era calato nella tenda dopo quella lunga spiegazione.
L’esclamazione venne, poi, accompagnata da una serie d’imprecazioni poco eleganti.
- Merda! Quindi aspetto un bambino. -
- Una bambina. -, la corresse Fine allungando un braccio sul letto e afferrandole la mano.
- Non vedo l’ora. - si unì ai festeggiamenti Sophie.
Altezza guardò il volto di sua cognata, con quel sorriso leggero e strabico, e capì che c’era qualcosa che non andava: abbassò gli occhi per costatare che le aveva afferrato salda le dita, in una presa affettuosa. Si ritrasse disgustata.
- Non mi toccare. -
La regina dei Tanin sfoderò un piccolo broncio e si arrampicò sul letto per avvicinarsi alla bionda.
- Ormai siamo parenti, cara. Devo abbracciati. -
E allungò le braccia avvolgendo la sua vittima in una stretta. Altezza ululava tutta la disperazione.
- Lasciami, ti prego. -
Poi, in un barlume di senno tornò a guardare Sophie.
- Come mai Auler si è ritrovato a combattere a fianco di Eclipse? –
Sophie si allontanò dalla nuova amica si sistemò meglio sui cuscini, stendendosi a pancia in giù: i piedi, rivolti verso il cielo, si muovevano entusiasti avanti e indietro.
- Mio fratello è sempre stato irrequieto. Questo villaggio gli stava stretto e non riusciva a trovare il suo posto, soprattutto dopo aver scoperto di non poter diventare cavaliere di drago. Sono molti anni, ormai, da quando mi ha svegliato nel pieno della notte per salutarmi prima di andarsene. Sapeva che a nord del villaggio c’era il vostro regno, avendo avuto la visita di due stranieri in esilio. Non passò molto che trovò Maria e Milky al limitare del deserto. –
- Tu ne sai qualcosa? -, chiese Altezza all’amica citata.
Le tre ragazze si voltarono verso la rosa: il posto accanto a Fine, però, era rimasto vuoto.
- Dove è andata? –
 

La ragazza dai capelli rosa ascoltava infastidita lo scambio di battute tra Altezza e Sophie. Certo, aveva dato la sua benedizione alla bionda ma Auler rimaneva il suo primo amore e sarebbe stata dura dimenticarlo. Inoltre, con l’imminente gravidanza, la relazione tra i due diventava reale, palpabile, estirpando ogni dolce ricordo che aveva costruito con l’uomo. Le tornò in mente il giorno in cui, alla luce del sole di mezzogiorno, l’azzurro si era presentato alla loro porta chiedendo dell’acqua fresca e ospitalità. Milky era rimasta incuriosita da quel ragazzo bello e gentile che chiacchierava amabile con sua madre. Maria le aveva poi spiegato che, poco prima di trasferirsi al castello, quando lei aveva ancora quattro anni, Auler aveva vissuto con loro ed era diventato uno dei più cari amici di Shade. Dopo la loro partenza, aveva girovagato per il regno e, quando aveva saputo della morte di Eclipse, le aveva cercate per aiutarle. Da quel momento, l’azzurro aveva vissuto con loro. Era sempre stato dolce con Milky, attento ai suoi sentimenti; l’aveva vista crescere e maturare.
Tirò un lungo sospiro, con lo sguardo fisso al pavimento in tappeto, mentre accanto a lei Sophie molestava Altezza.
Un movimento, però, la riscosse dai suoi pensieri: fuori dall’ingresso della tenda stava passando, con un’andatura affrettata, Narlo. Istintivamente, si alzò per seguirlo e, silenziosa, uscì. La luce del sole la accecò per un istante e perse di vista il ragazzo. L’esigenza di scappare l’aveva, addirittura, portata a seguire colui che aveva quasi ucciso Fine e Altezza. Anche se ora non era più da considerare come un nemico, non riusciva a dimenticarsi il brivido che aveva sentito lungo la schiena quando lo aveva guardato negli occhi: quelle erano iridi pronte a uccidere, senza esitazione. Lo individuò velocemente tra i pochi ospiti della piccola piazza creata dalle abitazioni e lo affiancò, cercando di tenere il passo.
- Ciao. Narlo, giusto? -, lo salutò docile, confusa dal proprio tono impacciato.
- Non ho tempo di farti da balia. -, la congedò bruscamente lui.
La rosa strinse i pugni per farsi forza: che maleducato!
- Volevo solo prendere una boccata d’aria. Nella tenda di Sophie cominciavo a sentirmi soffocare. -
- Non m’interessa. –
Il ragazzo aumentò nuovamente la velocità della camminata e Milky, paralizzata per qualche secondo da quella risposta, dovette correre per riprenderlo.
- Sei per qualche motivo arrabbiato con me? –
- Non mi piace la gente che mi minaccia. –
- Dovrebbe essere lo stesso per me perché lo hai fatto con le mie amiche. –
- Infatti, non capisco perché mi stai rivolgendo la parola. -
Con un gesto di stizza, la ragazza si piazzò davanti a lui e lo afferrò per il bavero della maglia. I loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro.
- Avrei dovuto scoccarla quella freccia. -, sussurrò, rossa in volto dalla rabbia.
Narlo la spinse via con una mossa veloce ma la rosa, ancora attaccata ai suoi abiti, nel cadere, lo portò a terra con sé. Milky lanciò un verso strozzato per il peso del corpo dell’uomo che, dopo averla insultata con un epiteto poco carino, stese le braccia per cercare di alzarsi. Il turbante che solitamente gli copriva la faccia era caduto a terra rivelando i lineamenti del giovane. Il viso abbronzato aveva contorni morbidi, ancora infantili, che contrastavano con i primi segni di barba nera sulle gote. I capelli castani, di media lunghezza, erano raccolti in una coda bassa. Infine, quei freddi occhi color caramello, che tanto avevano inquietato Milky, erano diventati liquidi dalla sorpresa e l’imbarazzo per la posizione compromettente. Le iridi cobalto della giovane si intrecciarono per un istante a quelle di Narlo.
Poi, una ventata d’aria e un ruggito terrificante ruppero l’aria. L’ombra di un enorme drago passò sul villaggio e, in particolare, sopra le teste dei due ragazzi a terra.
- Merda! Zahira! -, e l’uomo corrucciò la fronte squadrando con una vena cattiva la ragazza sotto di lui.
- Che cosa succede?! -, chiese Milky, appoggiandosi sui gomiti.
Narlo, intanto, era tornato in posizione eretta e guardava l’orizzonte nella direzione in cui si era recata la creatura alata. Lanciò un’ultima occhiata di disprezzo a Milky e si mise a correre verso la fine della via. La ragazza sbuffò indignata: non l’aveva nemmeno aiutata ad alzarsi. Si alzò scrollandosi la terra dal sedere e seguì la figura ormai lontana del ragazzo. La sua attenzione venne, infine, catturata da un elemento a terra. Narlo aveva dimenticato il suo turbante. Lo afferrò con delicatezza, pulendolo dalla polvere.
- Hai dimenticato questo! -, sbraitò, sventolando l’indumento al vento.
- Stammi lontana. -
La risposta arrivò attutita alle orecchie di Milky che, nuovamente intestardita nello scoprire il perché di quel rifiuto, decise di seguirlo. Si mise a correre sul selciato alzando la polvere ad ogni passo. Superò alcune donne Tanin occupate a portare dell’acqua in enormi pentole, urtandole malamente. Il ragazzo continuava a rimanere a parecchi metri di distanza e man mano si avvicinavano alla fine delle tende si alzava uno strano turbine di vento e sabbia. Sbucata in pieno deserto, non ebbe nemmeno il tempo per capire cosa stava succedendo. Una folata di fiamme le sfiorò il volto, bruciandole le punte dei capelli, mentre qualcosa la faceva cadere a terra. Il ruggito di Zahira era ancora più brutale e arrabbiato e la rosa realizzò di avere nuovamente su di sé Narlo.
- Ti avevo detto di non seguirmi! -, la apostrofò subito lui, alzandosi e avvicinandosi al drago.
Teneva le mani alte, per non far sentire la creatura minacciata, e cercava di calmarla con parole dolci.
- Zahira stai tranquilla. -
Il drago in questione emise un sibilo arrabbiato ma, pian piano, stava smettendo di agitarsi.
- Stavi per farmi arrosto, lo sai? E non dire che me lo meritavo. -
Il ruggito, ora, era divertito anche se ancora offeso.
- E’ solo una ragazzina. Ci sei solo tu nel mio cuore. -
Narlo riuscì a prendere l’enorme muso di Zahira tra le mani e coccolarlo.
- State parlando di me? -, non resistette di chiedere Milky, stupita da quell’ultima affermazione.
Il drago si mosse all’istante: si lanciò in aria con un movimento veloce delle ali e sputando fuoco in ogni direzione. Narlo le andò addosso con tutta la sua rabbia.
- Che cosa ti salta in mente?! Vattene prima che ti faccia del male! -
Leggere gocce di saliva si posarono sul viso di Milky mentre il giovane di fronte a lei parlava e le iridi cobalto si allargarono per la sorpresa del pensiero che le era passato per la testa: se Zahira era gelosa, voleva forse dire che Narlo era interessato a lei?
La sua attenzione tornò alle iridi ambra e furenti di Narlo e, senza dire una parola, decise di andarsene. Gli spiattellò sul petto il turbante che teneva ancora tra le mani e si diresse con passo affrettato e le braccia incrociate al petto verso la tenda di Sophie.
 

Fine guardò per diversi secondi il cibo che aveva nella ciotola. Il fumo caldo della pietanza era invitante: doveva essere spezzatino di carne e verdure. Tentò un primo approccio portando il bordo del contenitore alla bocca, come per bere, ma, quando un’enorme goccia di sugo si posò sulla sua maglia capi che non era il metodo giusto. Decise, quindi, di studiare i suoi vicini di posto e si accorse dello sguardo divertito di Sophie su di sé.
- Devi usare questo. -, le spiegò brevemente porgendole un pezzo di focaccia.
La principessa afferrò dubbiosa il panificato e vide che i commensali di fronte a lei lo usavano come cucchiaio. Quel secondo tentativo andò a buon fine, permettendole di mangiare degnamente. Altezza, invece, seduta accanto, non aveva nemmeno aspettato il pane e si strafogava con le mani, sotto lo sguardo disgustato di Milky.
- Come mangiate voi? -, domandò curiosa la regina dei Tanin, sorpresa dalla titubanza che avevano avuto le sue ospiti nei confronti del cibo.
Milky ingoiò velocemente il boccone.
- Abbiamo le posate: sono degli utensili, o di legno o di metallo, che ti permettono di afferrare da mangiare senza sporcarsi. Anche se non tutti le prediligono. -, commentò, infine, lanciando l’ennesima smorfia in direzione della bionda.
- E, se possiamo, ci sediamo al tavolo con tanto di piatti e bicchieri. -, spiegò ancora Altezza.
- Comunque, -, intervenne Fine con un enorme sorriso, - preferisco di gran lunga le vostre usanze. L’atmosfera è così intima. -
Al calore del grande falò che occupava il centro della piazza, tutto il popolo dei Tanin cenava, disposto in un enorme cerchio e seduto a terra su tappeti e cuscini. Alcune donne riempivano le ciotole con lo stufato che i bambini servivano entusiasti a tutti i presenti. Spesso partiva da qualche angolo un canto o un suono di tamburi e i giovani si mettevano a ballare muovendo i fianchi e librando nell’aria suoni cristallini dati dai gioielli che indossavano. Il clima di condivisione e di allegria che regnava era travolgente.
Sophie si strinse nelle spalle, soddisfatta.
- E’ semplicemente il nostro modo di vivere. Comunque, è giunta l’ora. -, mormorò, poi, mettendosi in piedi.
Non appena la regina fu vista dai presenti si alzarono versi entusiasti: la lingua si muoveva su e giù sulle labbra creando un suono acuto e divertente. Gli uomini si battevano i pugni sul petto. Con un leggero gesto della mano, l’azzurra mise tutti a tacere. Mi muoveva leggera attorno al grande fuoco in modo che tutti potessero vederla.
- Mio amato popolo, questa sera vi porto il messaggio delle nostre ospiti, giunte a noi da molto lontano con la benedizione dei draghi. -
Il silenzio calato era carico di attesa.
- Una terribile guerra si sta svolgendo nel regno a Nord del nostro villaggio, oltre il deserto. I nostri fratelli stanno combattendo per sconfiggere un uomo cattivo e crudele, malvagio. Ebbene, la regina di quel regno è venuta fino a qui per chiedere il nostro aiuto, chiedere di donare a lei e al suo popolo il potere del fuoco per sconfiggere il male che li affligge. -
In quell’istante, cinque enormi draghi coprirono la luce notturna dalle stelle. Le loro ombre giravano sulla piazza e ruggivano getti di fuoco: Altezza, Milky e Fine distinsero Zahira, con il suo colore chiaro, caramellato; poi, un drago rosso, piccolo e agile e uno verde, segnato da diverse cicatrici; quello grigio produceva una fiamma azzurrastra e, infine, l’animale nero pece volava silenzioso con gli occhi gialli che brillavano nel buio.
La regina dei Tanin accennò un sorriso e allargo le braccia al cielo.
- I sacri draghi hanno parlato ma voi, mio amato popolo, cosa ne pensate? -
Molti dei presenti si misero in piedi per ballare attorno al grande falò, seguendo il movimento delle enormi creature sopra le loro teste. Fine fu la prima a essere coinvolta in quella strana cerimonia: Sophie l’aveva afferrata per le mani con un sorriso di rassicurazione.
- Se solo uno di loro rimarrà seduto, mi dispiace ma non potremo aiutarvi. -, spiegò a mezza voce tra la calca di persone.
La principessa strinse le mani dell’amica, per farle intendere di aver capito, e cercò con lo sguardo Altezza. Era stata, anche lei, obbligata a unirsi al flusso che, man mano gli abitanti del villaggio si convincevano della spedizione, aumentava. Sbraitava il suo malessere al contatto fisico ogni qual volta veniva urtata. Milky, invece, era ancora seduta sui tappeti: stava fissando dall’altra parte del fuoco con sguardo crucciato, furibonda. La rossa seguì la direzione delle iridi cobalto e notò che l’unico ancora seduto dei Tanin era il ragazzo che le aveva aggredite nel deserto, Narlo. Notò che, senza il turbante, era un giovane di bell’aspetto e si chiese se tra quest’ultimo e la sua amica ci fossero stati dei trascorsi: perché lui stava ricambiando l’occhiata d’ira della rosa. Fece per avvicinarsi alla sorella di Shade ma fu bruscamente trattenuta.
Si voltò verso la regina dei Tanin: sul viso aveva il solito sguardo distratto e un sorriso dolce.
- Non preoccuparti di loro, Fine. Ora, so che volevi chiedermi alcune cose. –
La principessa guardò stupita la nuova amica, ma capì all’istante che il dono di Sophie andava oltre le semplici premonizioni: la sua sensibilità le permetteva di comprendere ogni cosa le accadeva attorno.
L’azzurra incurvò ancora le labbra verso l’alto, per poi rivolgere gli occhi al cielo e ululare di gioia: il suo popolo la imitò di rimando e Fine capì che, ora, tutti avevano acconsentito ad aiutarle. Mentre anche i draghi ruggivano il loro consenso, Sophie trascinò Fine via dalla folla.
 
 
- Quando Auler mi ha parlato di questa cosa, non ci potevo credere. –
La ragazza sobbalzò alla voce dell’uomo dietro di lei. La riconobbe all’istante e strabuzzò gli occhi dalla sorpresa nel vedere Shade appoggiarsi alla staccionata accanto a lei. Aveva il volto tirato e due pesanti occhiaie gli rigavano gli occhi. Da quando Fine se ne era andata e la guerra aveva fatto capolino nelle loro vite, il portamento orgoglioso che aveva di solito aveva lasciato il posto a spalle ricurve e a un pallore verdognolo della pelle; non che avesse perso la sua bellezza, comunque, l’aveva resa solo più disordinata e disperata.
Superato l’imbarazzo di quel pensiero, la giovane si risistemò contro il legno: le spalle si sfioravano impercettibilmente con quelle del capo dei ribelli.
- Che cosa c’è d’incredibile? -, riprese il discorso e il cobalto le lanciò uno sguardo di sbieco.
- Stiamo parlando di Bright, dell’idiota e codardo figlio del tiranno che ha fatto uccidere e molestare centinaia di persone. Sono sicuro che anche tu pensi sia un miracolo, Rein. –
L’azzurra arricciò leggermente le labbra, seccata che Shade avesse indovinato la sensazione che provava da quando il principe le aveva chiesto di andarsene dal castello insieme con lui.
- Non lo nego: ha ritrovato la sua voglia di vivere e la voglia di lottare per qualcosa in cui crede. Sono fiera di lui, anche se devo ancora adattarmi all’uomo nuovo che mi è accanto. –
Posò le iridi chiare sull’uomo che nel cortile combatteva con alcuni ribelli: coperto di fango da capo a piedi, muoveva agile la spada, colpendo e assestando affondi con la spada di legno che usava per gli allenamenti. Un dolce sorriso le nacque sulle labbra.
Il cobalto si voltò verso Rein, cogliendo quel momento, e appoggiò la guancia al dorso della mano. La fissò intensamente per un istante.
- Sono sicuro che la forza che ha la debba a te. -
La ragazza si strinse nelle spalle.
- Ti manca. –
- Terribilmente. -, confermò il ribelle, sapendo a chi si riferiva l’azzurra, e tornò a guardare il principe che rideva della caduta di un suo allievo.
Poi, batté le mani.
- Bene. -, cominciò, scavalcando con un salto il legno, - Andiamo a chiarire questa faccenda. –
Mentre faceva il primo passo, sentì la casacca allontanarsi dalla sua schiena. Si voltò accorgendosi della presa di Rein sui suoi vestiti.
- Dagli una possibilità, per favore. –
Le ultime due parole erano supplichevoli, quasi un lamento, e Shade sentì l’acido gastrico risalirgli l’esofago, travolto da un senso di nausea. Si rispecchiava in quella distruzione, data dall’ossessione di vedere felice la persona amata, e si chiese se era giusto sentirsi così: stravolti e persi. Lui e Fine avevano vissuto l’ultimo mese insieme, in modo intenso e passionale, e la sua mancanza non gli dava pace: era dipendente dalla rossa e sapeva che ciò avrebbe potuto ucciderlo, proprio ora che gli serviva una totale lucidità. Sapeva anche che Fine non gli avrebbe mai permesso di abbandonarsi così, di appoggiarsi totalmente e inesorabilmente solo a lei. Sospirò appena e, senza rispondere a Rein, si avviò verso Bright.
Il principe era concentrato nel combattimento ma i ribelli attorno a lui, che man mano si accorgevano della presenza di Eclipse, si fermavano timorosi. Quando anche l’avversario vide il cobalto, si bloccò di colpo, ricevendo una legnata nel polpaccio.
- Quello doveva far male. -, intervenne Shade mentre l’attendente mugugnava per la botta.
Bright guardò stralunato il capo dei ribelli.
- Mi ha chiesto Auler di allenarli. -, si giustificò immediatamente.
Non aveva ancora avuto un confronto con Shade dopo l’episodio della riunione e, sapere che ora Fine era lontana - non che fosse una garanzia - lo faceva sentire più esposto.
Il figlio di Eclipse alzò le sopracciglia, sorpreso, affondando gli stivali nel fango. Intrecciò le iridi scure con quelle rosse del ragazzo.
- Non è meglio che andiate a cena voi altri?-, ordinò in maniera velata ai ribelli che li circondavano, senza smettere di fissare il principe.
Quando anche gli ultimi si allontanarono, il cobalto afferrò da terra una delle spade abbandonate e fece un cenno a Bright.
- Se riesci a battermi potrai combattere nel mio esercito: niente titoli e cavallo, ovviamente, un alfiere come gli altri. –
Il biondo sorrise storto.
- Non chiedevo altro. –
Senza aspettare che il capo dei ribelli si mettesse in posizione, Bright attaccò, cercando un affondo e uno sgambetto che disarmasse e costringesse a terra Shade. L’avversario parò tempestivo l’attacco e si spostò per schivare la finta. Come il capo dei ribelli si aspettava, Bright era un bravo spadaccino ma troppo vincolato dall’etichetta e dall’abitudine di combattere in armatura, che aveva sempre limitato le sue mosse non permettendogli di affinare la tecnica. Batterlo fu fin troppo semplice e quando con un suono bagnato il principe finì con la schiena a terra, ghignò di gusto.
Il biondo si appoggiò con una smorfia umiliata sui gomiti.
- Quindi continuerò a fare l’insegnante? -, domandò cantilenante.
Shade sbuffò.
- In realtà, sei perfetto per la prima linea. –
Allungò una mano per aiutare il principe a rialzarsi. Quest’ultimo la afferrò di buon grado, sorridendo soddisfatto.
- Siamo amici? –
Il cobalto strabuzzò gli occhi e lasciò la presa costringendo il compagno a rimettere il sedere nel fango, generando da parte di Bright imprecazioni poco eleganti.
- Non esagerare. Siamo alleati e fattelo bastare. –, spiegò quel gesto Shade, per poi allontanarsi verso la cambusa.
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Salve gente! Lo so che per voi sono in iper ritardo, è da tre settimane che dovevo aggiornare ma io sono stra fiera di me. Nonostante gli impegni sono riuscita a scrivere abbastanza spesso e quindi a pubblicare. Voglio e devo finire questa fic ma vi giuro che sono incasinata e sto facendo del mio meglio. Perdonatemi, davvero, ma cercate di capirmi.
Tornando alla storia, abbiamo un buon 3/4 del racconti ambientato nel deserto. Sophie e Altezza sono una comica dietro l'altra: la bionda riconosce che forse la regina dei Tanin ha ragione ed è incinta, anche se vedremo che non ne sarà molto entusiasta. Milky ha un incontro ravvicinato con Narlo e Zahira: mi piacerebbe molto sapere che ne pensate di questa coppia e di Narlo soprattutto. Ve lo siete immaginato per il figaccione che è?! MIlky dimenticherà presto Auler ma sembra che i due ragazzi non vadano poi così daccordo. E Milky che lo lascia di sasso... ahahahah lei per me è così: la sua mente lavora troppo velocemente.
Infine, i Tanin sono concordi nell'andare in battaglia e conosciamo i cinque draghi sacri del popolo. Nel prossimo capitolo capirete meglio il loro ruolo. Sophie e Fine, infine, si allontanano da tutti... e come mai Narlo si sarà convinto ad aiutarle?
Nell'ultima parte abbiamo Shade in compagnia della coppia più contestata dell'estate (sembra un titolo di Novella duemila... Maria de Filippi mi fai un baffo! Ahahha scherzo, chiedo scusa alla divina regina della televisione italiana #MariaTiAmo #GemmaIsTheWay #TinaCipollari). Pensandoci bene, mi piacerebbe sapere che pensare di Bright e Rein: alcuni di voi si sono già espressi ma ora li conosciamo in un contesto di quotidianità decisamente diverso. Bright si sta riscattando? Era così che pensavate una sua rinascita? E Rein sembra schizzata solo a me o anche a voi? E il mio Shade che soffre per amore? Vieni qui piccino miooo!!!!
Ora vado a cibarmi (Si! Mangio alla stessa ora delle galline)! VI ringrazio di cuore anche solo per aver dato una lettura. Se vorrete recensire io sarò solo più contenta! VI amo tuttee!
Bacioni,
Ele

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 36
*** 35. Futuro ***


35. Futuro
 
Milky appoggiò con un sospiro furibondo le mani al tappeto e si alzò in piedi.
Non ne poteva più di vedere il viso beffardo di Narlo mentre mandava in frantumi il loro viaggio e la speranza per il loro regno. Ammetteva di essere responsabile dell’ira di Zahira ma, se anche quest’ultima volava in cielo insieme agli altri guardiani del villaggio, cosa impediva al moro di unirsi ai balli attorno al fuoco?
Si allontanò, stringendo le braccia al petto, verso le tende periferiche alla piazza. Aveva bisogno di stare sola e riflettere.
- Ehi! -, la voce arrivò prima della presa maleducata sulla spalla destra che la obbligò a voltarsi.
Mentre le iridi cobalto mettevano a fuoco il volto di Narlo, esplose un’ovazione al centro del villaggio e i draghi ruggirono.
- Merda! -, imprecò vivace il giovane dagli occhi color ambra.
- Che cosa sta succedendo? -, chiese, allora, Milky incuriosita dal suono trano e allegro proveniente dalle bocche dei Tanin.
- Mi sono dimenticato della votazione. –
I due si fissarono per diversi istanti e la ragazza cercò di interpretare le parole appena pronunciate dal moro. Che il ragazzo, alzandosi per seguirla, avesse dato il suo consenso alla guerra? Ciò voleva dire che, comunque, lui non era d’accordo?
Al pensiero, un brivido d’ira le percorse la schiena e si accorse del contatto che il giovane stava mantenendo con il suo arto. Con un gesto di stizza, si divincolò. Lui strabuzzò gli occhi, sorpreso, e corrucciò la fronte.
- Si può sapere che ti prende? –
La rosa alzò un sopracciglio, scettica.
- Lo chiedi a me? Sei tu che da quando ci siamo incontrati non fai altro che trattarmi male. –
- Se non fosse stato così, oggi pomeriggio Zahira ti avrebbe reso un cumulo di ceneri. –
- Ciò non giustifica il tuo comportamento. -
Narlo incrociò le braccia al petto.
- Nemmeno tu hai ancora risposto alla mia domanda. -
Con un lungo sospiro, Milky portò le mani ai fianchi.
- Bene, non abbiamo nulla da dirci. Buonanotte, Narlo. –, lo salutò con tono canzonatorio.
Poi, con un cenno del capo, si voltò per andarsene.
- Sei intrattabile. -, borbottò l’altro scuotendo la testa, rassegnato.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
La ragazza tornò sui suoi passi, con falcate aggressive, e puntò il dito al petto del giovane uomo.
- Io sarei intrattabile? Ero solo curiosa di conoscerti, sapere la tua storia e quella del villaggio. Volevo un amico per condividere ciò che mi sta succedendo e tu, fin dal primo istante, mi hai maltrattata, ignorata e guardata dall’alto in basso come se fossi meno di niente. -, intanto, teneva il conto con le dita degli atteggiamenti sprezzanti di Narlo, - Tra noi quello intrattabile sei tu: persino il tuo drago ha più chiari di te i sentimenti che prova. E, poi, indipendentemente da me, perché non vorresti aiutare il mio popolo? Uomini e donne che hanno perso tutto per un futuro migliore. Vi stiamo supplicando per avere il vostro supporto e tu non fai altro che essere strafottente. Sei un insensibile bastardo, ecco cosa sei. –
Man mano che le parole uscivano come un fiume in piena, le iridi del ragazzo si abbassavano, improvvisamente interessate al terreno, e un opprimente senso di colpa cominciava a pesargli sul cuore. Sapeva di avere un caratteraccio ma non pensava di essere arrivato a quel punto. Certo, doveva ammettere che la presenza di Milky lo confondeva parecchio.
- Spero che ora tu sia contento: ti ho detto chiaramente perché sono arrabbiata, anzi, che dico? Furibonda! Non credo di averti dato motivo per essere altrettanto nei miei confronti ma, se fosse così, ti prego, illuminami, perché non ne posso davvero più di te e del tuo atteggiamento. Ho sbagliato a rivolgerti la parola e, ripeto, a non scoccare quella freccia. –
Il respiro mozzato le faceva alzare e abbassare il petto velocemente e le sue guance, le sentiva, erano bollenti. Milky si stupì di se stessa, non abituata a manifestare in quel modo i suoi pensieri. Era sempre stata quella calma e gentile, disposta ad ascoltare e a capire gli altri per dare consigli razionali. Sospirò ancora, cercando di darsi una calmata e recuperare un po’ di buon senso. Narlo, infatti, era paralizzato, i pugni stretti lungo i fianchi a indicare la sua frustrazione.
- Scusa, io… ho esagerato. -, tentò incerta.
- Perché oggi pomeriggio te ne sei andata in quel modo? –
Era un sussurro prudente ma supplichevole.
- Come? –
La ragazza pensava che non le avrebbe mai più rivolto parola e invece…
Il moro tornò a fissare la sua compagna, serio in volto.
- Quando Zahira ha dato di matto, te ne sei andata delusa. Perché? –
La rosa trattenne il respiro per qualche secondo e, poi, sgonfiò i polmoni.
- Non capivo e non capisco ancora perché, se sei anche tu interessato a conoscermi, mi tratti così. E’ da stupidi cercare di nascondere cosa si prova. Credimi, conosco adulti che hanno sofferto molto solo perché si vergognavano a dire “ti amo”. –
- Io non ti amo. -, puntualizzò borbottando il giovane diventato paonazzo.
Milky alzò gli occhi al cielo.
- Era un esempio. Se ti do fastidio, sii chiaro ma basta con tutti questi fraintendimenti. –
Narlo si passò una mano nervosa tra i capelli, allentando la coda che ricadeva sulle spalle.
- Non mi dai fastidio, più che altro mi rendi nervoso, con questo tuo modo di fare così aperto e schietto. Sei quasi irritante. E sapevo che, se ti avessi rivolto parola, Zahira si sarebbe agitata: è da quando ti sei seduta sul suo muso che ti guarda male. Per quanto riguarda stasera, non sapevo foste qui per chiedere aiuto e ne sono rimasto sorpreso, triste di non averti dato modo di parlare e spiegarti. –
La rosa si trovò a sorridere divertita, soddisfatta della spiegazione e di se stessa: era stata brava a intuire la gelosia dell’animale e, finalmente, ora tutto aveva un senso.
- Forse dovrei chiedere scusa al tuo drago. Non sono stata molto gentile con lei. –
Il ragazzo si grattò, imbarazzato, il coppino.
- Questo lascialo dire prima a me. Sono stato davvero antipatico, scusami Milky. –
La giovane scrollò le spalle per poi battere, energica, le mani.
- Allora, dove posso parlare con Zahira? –
 
 
- Dove siamo? –
La struttura era costituita da creste irregolari di sabbia e vetro che brillava debolmente alla luce delle stelle. Fine realizzò in un istante di cosa si trattava.
- E’ un’enorme rosa del deserto. –
Sophie, accanto a lei, ridacchiò appena.
- Esatto. –
- Ne ho una nella mia stanza, vicino allo specchio. Da quello che ricordo, c’è sempre stata.–
- Chi te l’ha regalata non può che averla presa qui. Sei sempre stata legata a questo luogo ed era molto che ti stavamo aspettando. Ora entriamo, così capirai. –
Oltrepassarono la soglia di un enorme cratere per entrare in un ambiente spazioso e arieggiato. Al centro, si trovava una piccola pozza d’acqua costeggiata da rose del deserto di varia grandezza e dell’erba di un vivace colore verde. Ai confini della caverna, si potevano scorgere delle cuccette che davano, direttamente, sul cielo.
- E’ bellissimo. -, sussurrò leggera la principessa, schiacciata dalla sacralità che aleggiava in quel luogo.
Aveva la sensazione che quei muri trasparenti e così eleganti esistessero da molte epoche.
- E’ dove riposano i guardiani. Secondo le nostre leggende questo luogo è sempre esistito come nido dei draghi. Si dice siano stati loro a creare gli uomini, facendoli nascere dal lago, per farsi proteggere e servire. Di generazione in generazione, noi Tanin abbiamo vissuto alle pendici del nido, vivendo di ciò che i guardiani ci donavano in ricompensa: terra fertile da coltivare, piccoli ovini di cui loro vanno ghiotti e acqua potabile. Ed è qui che sono scelti la regina e i cavalieri. –
- I cavalieri?-
Fine capì che per quanto avesse sentito parlare di quei personaggi non aveva mai chiesto direttamente di cosa si trattava.
Sophie unì, elegante, le mani in grembo.
- Ogni drago che nasce ha un potere: saggezza, amore, passione, tempo e morte, e decide di condividerlo con un essere umano che ritiene degno e affine a se stesso, come portavoce dei suoi pensieri e dei suoi ricordi. I cavalieri diventano, quindi, gli anziani del villaggio che consigliano e proteggono la regina. –
- Quindi Narlo fa parte di questo gruppo? –
L’azzurra sorrise, rassicurante.
- Nonostante la sua giovane età e l’impulsività che Zahira manifesta attraverso di lui è un ottimo consigliere, il più fidato, direi. –
- Zahira è il drago della passione? -, chiese a bruciapelo la rossa.
La regina dei Tanin annuì raggiante.
- Più tardi conoscerai anche gli altri cavalieri; dopotutto dobbiamo organizzare una guerra. Siamo qui perché questo è l’unico luogo dove posso rispondere alle tue domande. –
- Voglio solo sapere quale sarà l’esito della battaglia. -, spiegò subito la principessa stringendosi nelle spalle.
Sophie piegò la testa di lato, scrutandola attentamente.
- Sicura che si tratti di questo? –
Con un sospiro, Fine si allontano di qualche passo per scorgere meglio le stelle da una delle fessure nella sabbia.
- Non sapere come sta, cosa sta facendo, mi tormenta. Ho paura che decida di non aspettarmi o che sia ferito in un’imboscata. Sai, ha la tendenza a mettersi nei guai. -, confidò con un sorriso triste la principessa e Sophie ridacchiò; era sicura che la regina dei Tanin non avesse bisogno di spiegazioni su chi fosse Shade e qual era il suo ruolo nella storia.
- Da come ne parli, deve essere un uomo speciale. –
- Lo è. -, rispose la rossa che tornò a guardare la sua interlocutrice.
- Non ci hai mai visto nei tuoi sogni? –
L’azzurra scosse la testa, generando un tintinnare di monili.
- Non in una vera e propria premonizione. Siete sempre personaggi di sfondo, accompagnate le scelte di Altezza, Auler, Milky e molti altri, ma non siete mai protagonisti. Per questo ti ho portata nel nido: i draghi sono gli unici che possono darti delle risposte. –
In quel momento, una corrente d’aria attraversò la caverna. Un enorme drago nero si posò dall’altra parte del lago, silenzioso ed elegante.
Sophie sorrise, chinandosi alla maestosa creatura. Fine fece lo stesso, impacciata, sapendo su di sè gli occhi gialli dell’animale.
- Lei è Saba, il drago della morte. Credo voglia mostrarti qualcosa. –
- Morte? –
- Non essere spaventata. Non è per forza qualcosa di negativo: la morte contiene in sé la vita, è la sua celebrazione più alta. –
La rossa arricciò le labbra, stranita da quelle parole.
- Puoi tirarti indietro. Conoscere il futuro non sempre è positivo. Potresti essere travolta da ciò che vedi. –, puntualizzò Sophie, interpretando quell’incertezza come paura.
Fine scosse la testa, convinta.
- Devo sapere. -
L’azzurra, allora, si avvicinò, afferrandola per mano e accompagnandola alla riva dello specchio d’acqua. Si chinò, poi, per raccogliere alcune foglie dai bassi cespugli che costituivano la flora del luogo.
- Mangia queste. Ti aiuteranno a rilassarti. –
Fine lanciò uno sguardo stranito all’amica e prese, dal palmo di Sophie, la pianta. Prima di metterla tra le labbra la annusò, incuriosita. Vide la ragazza accanto a lei infilarla senza esitazione in bocca e masticare.
- Tienila sotto la lingua. -, consigliò l’azzurra con un sorriso rassicurante.
Dopo qualche secondo di esitazione, la principessa la imitò. La sostanza aveva un sapore dolciastro, leggermente amaro.
Tornando a guardare il drago nero, si accorse che non era più solo. Accanto a lui, un grazioso e sottile drago grigio sbatteva le ali per ripiegarle sul dorso.
- Raldun, il tempo. -, lo presentò brevemente Sophie.
Poi, con un leggero tocco al braccio, invitò Fine a scrutare la superficie increspata dell’acqua. Entrambi i draghi emisero un suono profondo della gola e immersero il muso nel lago.
La rossa sgranò gli occhi alla ricerca di un segno da interpretare e, nel silenzio surreale che si era creato, si domandò se davvero avrebbe visto qualcosa e come si chiamavano rispettivamente tutti i draghi che, ormai, avevano fatto ritorno al nido. Poi, lo vide.
 
L’uomo infilò la penna d’oca nel contenitore dell’inchiostro e con un sospiro si accascio all’indietro sullo schienale della sedia, esaminando ciò che aveva scritto. Annuì diverse volte elogiandosi per le sue capacità diplomatiche, per poi mettere il gomito sul legno della scrivania e fissare fuori dalla finestrella della cella, con il viso appoggiato al palmo della mano. Quella sera si vedevano solo le stelle in cielo. Lo stesso cielo che Fine aveva scorto per l’intera cena nel deserto. Ora ne aveva la certezza, Shade stava bene ed era bello da mozzare il fiato, con i capelli argentei alla fioca luce che penetrava. Una morsa strinse lo stomaco della principessa: le mancava terribilmente. Fece qualche passo avanti, desiderosa di toccarlo ma una leggera umidità le fece realizzare di essere ancora nel nido dei draghi e con le punte dei piedi immerse nel laghetto. Come se avesse sentito un rumore, le iridi cobalto tornarono a concentrarsi sulla stanza. La stava fissando. Esaminò il mobilio senza scovare la fonte del suo disagio. Aveva la sensazione che qualcuno lo stesse guardando e, il groppo in gola che sentiva, gli suggeriva che si trattava di Fine. Si mise a ridere tra sé: desiderava tanto vederla da immaginarsela. Con una scrollata di spalle, tornò a osservare i fogli sulla scrivania. Piegò la lettera e la sigillò con la cera. Doveva spedirla al più presto. Con un rumore stridulo della sedia, si alzò in piedi e uscì dalla stanza. Il corpo di Shade passò a pochi centimetri da lei; Fine allungò un braccio ma non riuscì nemmeno a sfiorarlo, rimanendo, così, sola.
 
Sentiva i muscoli intorpiditi e la testa pulsarle; mise a fuoco per qualche secondo la grotta nel deserto. Sulla riva, anche un piccolo e agile drago rosso aveva infilato il muso nella poccia. Una voce silenziosa le suggerì che si trattava di Ashiq, il guardiano con il potere dell’amore.
 
Le lacrime le rigavano inesorabili il volto paonazzo dalla rabbia e dal dolore. La principessa riconobbe all’istante la sala del trono nel castello di Lilian. Colui di cui vedeva la schiena, doveva essere suo zio, con l’insulsa corona ben piantata tra i capelli, che rideva isterico. Ma la sua attenzione era totalmente incentrata sul suo stesso volto, della Fine del futuro, che piangeva disperatamente.
- Che cosa ho fatto? –
Era un sussurro incredulo e gli occhi cremisi, già spalancati dalla sorpresa, divennero ancor più gonfi quando nella sua visuale entrarono le proprie mani sporche di sangue. Si asciugò malamente le gote grondanti con le maniche della casacca e portò lo sguardo a terra.
Si lasciò andare a un verso strozzato.
- No… -
 
- No… -
I respiri diventarono veloci, soffocanti. L’aria non riusciva ad arrivare ai polmoni e il cuore pompava il sangue troppo velocemente, generando un martellante tamburo nel petto.
- No…, no vi prego. Non… -, la sua preghiera era un singulto sibilante nel silenzio del deserto.  
Era tornata lucida, ora, e la disperazione si faceva largo man mano che la sua mente metteva a fuoco la scena cui aveva assistito. Cominciò ad annaspare e arrancare, camminando frenetica in ogni direzione alla ricerca di un appiglio, di un conforto dall’oblio che i draghi le avevano rivelato. Tutto le ruotava attorno: i guardiani sbattevano le ali, agitati, Sophie cercava di fermarla e di calmarla con parole dolci. Una parte di lei insisteva per cercare un barlume di razionalità ma era il caos che regnava nella sua testa. Dove avrebbe trovato la forza di tornare a casa per compiere il suo destino?
Una voce emerse nel frastuono che la circondava.
- Fine! Che cosa sta succedendo? –
La cercò disperatamente, con lo sguardo, e quando la vide, seppe di avere bisogno di lei. Milky era l’unica con cui poteva condividere quel dolore. La ragazza dei capelli rosa correva trafelata verso di lei, seguita da Narlo.
- Io… -, cominciò a spiegare: allungò una mano verso di lei, per chiamarla a sé, mentre gli occhi diventavano appannati per le lacrime.
Sentì le gambe cedere e la fitta alle ginocchia le indicò di essersi accasciata a terra. Milky, però, era già accanto e la guardava con apprensione.
- Io… -, cercò ancora di spiegare Fine ma le parole le morirono in gola in un singhiozzo.
Fu Sophie a intervenire, a salvarla dall’infelice compito di quella notizia.
- Ha visto Altezza morire. –
 
 
 

Angolo dell'autrice:
Devo dire che vi ho lasciate con una bella stoccata. Chissà cosa mi direte, le minacce e gli insulti che riceverò, e-mail che manco i migliori stolker possono imitare.
So che vi aspettavate tutte che il nome finale sarebbe stato un altro ma, insomma, che gusto ci sarebbe stato a darvi una tale soddisfazione?
Sono davvero curiosa di leggere i vostri commenti (*me che si inchina umilmente* Lasciatemi una recensione!!) e discutere con voi delle prossime possibili puntate. Nonostante sia molto riluttante a inserimenti di magia mi sono lasciata tentare un po' troppo da questa faccenda delle visioni. I più cauti avranno fatto caso all'uso di questa pianta che aiuta a "rilassarsi": le visioni hanno avuto un aiutino per arrivare. (N:B: non vi sto incitando all'uso di nessun tipo di droga, se volete vedere draghi e vedere sotire fantastiche usate la fantasia e leggete tanti libri, null'altro. )
Per quanto riguarda la prima parte del capitolo, ho avuto una visione di Milky che discute con Salvini per avere accoglienza nel villaggio. Comunque, a parte gli scherzi, con Narlo per ora non ci sono stati risvolti romantici. Spero non siate delusi.
Ora vi saluto gente e spero ancora di sentirvi,
un bacione e un ciaooone,
Ele

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Capitolo 37
*** 36. Vigilia ***


36. Vigilia
 
Un silenzio surreale aleggiava nell’aria leggermente pungente di quella notte di fine estate. Gli occhi cobalto vagavano attenti nello spazio scuro di fronte a lui, rotto solo dai fuochi e dalle luci  della città di Mari in lontananza, in attesa del segnale che avrebbe dato il via alla battaglia. Alle sue spalle, centinaia di ribelli tenevano strette tra le mani le loro armi, con i nervi a fior di pelle. Shade scosse leggermente le spalle per cercare di far scivolare la sensazione di puro terrore che provava. Sapeva, lo aveva vissuto molte volte, che quando la battaglia sarebbe iniziata le membra paralizzate si sarebbero sciolte, lasciando il posto all’adrenalina e alla voglia di mettere alla prova i muscoli allenati. Eppure, sospettava che per quanto potesse cercare di rassicurarsi con quei pensieri, ora tutto era diverso. Perché l’istante che stava vivendo era la frazione di secondo che lo separava dalla fine, dalla conclusione della storia. Nei sette anni di prigionia aveva immaginato infinte volte quel momento, prodigandosi nelle più svariate fantasie, possibilità dagli sviluppi sia positivi sia negativi. Cercare di indovinare quale di quegli scenari si sarebbe realizzato, però, non avrebbe certo giovato alla sua concentrazione che, soprattutto ora, sarebbe stata decisiva alla sua stessa vita e a quella dei suoi sottoposti. I pensieri, però, non si fermavano, soprattutto alla luce degli ultimi eventi e dell’enorme incognita che lo tormentava: lei.
 
 
La campana che tintinnava allegra nel bel mezzo della notte lo fece trasalire nel sonno. Si mise immediatamente seduto sul letto, il petto che si alzava e si abbassava velocemente ai ricordi della sua fuga.
- Dovrò farla abbattere. -, borbottò Shade, infilandosi riluttante la maglietta e i pantaloni.
Eppure, sapeva che quell’aggeggio era necessario per mantenere la sicurezza di Inox e dei ribelli. Se le sentinelle l’avevano suonata, voleva dire che i nemici li stavano attaccando e, prima di uscire dalla cella, che era diventata la sua camera, prese la spada. Uscì, di corsa, sulla passerella traballante che percorreva tutto il perimetro della prigione mentre Auler gli andava incontro.
- Non crederai mai ai tuoi occhi. -, lo provocò l’azzurro con un sorriso e, immediatamente, il capo dei ribelli si rilassò.
- Che cosa sta succedendo? –
Non potè fare a meno di pensare che Fine fosse tornata ma, razionalmente, sapeva che erano passati solo tre giorni e che era troppo presto.
Scesero le scale per arrivare nel cortile, durante la notte disabitato se non per qualche ribelle fedele alla birra. Due figure incappucciate attendevano poco oltre il cancello principale e, in quel momento, anche Maria stava uscendo dal suo alloggio. Appena Shade fu più vicino, uno dei due ospiti si calò il cappuccio mentre con due falcate accorciava la distanza per circondare il capo dei ribelli in un abbraccio. Quest’ultimo, stupito ma felice, si mise a ridere.
- Sei davvero tu? -, domandò incredulo allontanando il corpo minuto della ragazza per guardarla meglio. – Sono contento che tu sia viva. –
Lione sorrise dolcemente.
- Per questo devo ringraziare Mirlo. –
Anche il secondo ospite si avvicinò ai padroni di casa e Shade allungò il braccio per stringerle una mano. Intanto, l’arancio prodigava strette affettuose a tutti i presenti.
- Sei stata fantastica. -, si congratulò.
La castana arrossì e abbassò gli occhi, intimidita, senza dire nulla. Poi, una leggera carezza sulla spalla la obbligò a prestare nuovamente attenzione al gruppo. Lione, accanto a lei, la guardava con ammirazione.
- Per essere la migliore spia del regno sei davvero troppo modesta. -, la elogiò. – Comunque, abbiamo una certa fame. –
Maria si fece subito avanti.
- Venite, ragazze. Ho qualcosa da darvi in dispensa e magari, con lo stomaco pieno, ci racconterete anche com’è stato il vostro viaggio. –
 
 
- La notizia della morte di Camelot è stata inaspettata anche per noi. -, spiegò Lione cercando con lo sguardo la conferma da parte di Mirlo.
Al tavolo della camera di Maria era calato un silenzio turbato e Shade non mancò di notare che gli occhi di sua madre si erano fatti gonfi di lacrime; ma non era il tempo di lasciarsi andare dallo sconforto.
- Non eravamo ancora uscite dalla città che ormai la voce si era sparsa in tutta la popolazione. I ribelli di Lilian si sono sciolti, non avendo più una guida. Alcuni sono partiti insieme con noi e si sono uniti a Tio, che abbiamo incontrato a metà strada tra la capitale e Mari, altri hanno deciso di rimanere ma hanno perso la loro motivazione.  –
Shade sospirò, massaggiandosi lentamente le tempie.
- Non avendo più il supporto di Camelot il nostro piano non funzionerà. Non abbiamo abbastanza uomini e la città di Riardo ha scelto di non unirsi a noi. –
Le tre donne si voltarono, stupite, verso di lui, in cerca di una spiegazione.
- Poco dopo aver liberato la città, io e Auler abbiamo parlato con Roman, il loro capo, che, manifestando il malessere della sua gente ha insistito che, una volta finita la guerra, io mi proponessi come re. Ovviamente, ho rifiutato: il trono spetta di diritto a Fine ma, non volendosi fidare di lei, non hanno più intenzione di aiutarci. –
La risata di Lione alleggerì l’atmosfera.
- Siamo famosi per la nostra cocciutaggine. -, giustificò la sua gente, la ragazza, imbarazzata.
- Riardo era un avamposto che ci avrebbe fatto comodo. -, intervenne anche Maria con un’alzata di spalle. – Ma dobbiamo perseguire i nostri ideali e, in ogni caso, il fatto che non siano diventati nostri alleati non vuol dire che siano nemici, almeno non finché la guerra non finirà.-
Auler si mosse agitato sulla sedia.
- Eppure, il malcontento non è rimasto isolato. In molti qui alla base si chiedono che fine abbia fatto la regina e stanno perdendo la fiducia nella monarchia. Non sottovaluterei la cosa. Se Riardo cambiasse idea, forse tornerebbe il buon umore tra le truppe. E, poi, abbiamo davvero bisogno di uomini: in pochi sanno combattere degnamente. –
La donna più anziana strinse i pugni, frustrata dalle parole dell’azzurro.
- Vi ricordo che abbiamo ancora un asso nella manica. Voi due dovreste essere i primi a non abbandonare la speranza. –
Shade e Auler si lanciarono un’occhiata, poi, il cobalto prese parola.
- Non è ciò che stiamo dicendo mamma. La speranza è l’unica cosa cui in questo momento possiamo attaccarci, ma non cambia che abbiamo una guerra da combattere e contare su una missione impossibile potrebbe determinare la morte di centinaia di persone. Dobbiamo pensare a un’alternativa nel caso, e mi terrorizza solo il pensiero, Fine, Altezza e Milky non tornino in tempo o non lo facciano punto. -
L’arancio assottigliò gli occhi e scosse la testa, non sicura di aver capito.
- Come? –
 
Il leggero picchiettare sulle assi di legno, affisse tra le sbarre per proteggerlo dalle temperature esterne, lo fece trasalire. Seduto al traballante tavolo della stanza, all’ombra di una candela che illuminava lettere provenienti dalle basi dei ribelli sparse per tutto il regno, Shade si massaggiò il viso, energico, per ritrovare un po’ di vigore contro la nostalgia e i pensieri che lo assillavano. L’ordine della battaglia finale era arrivato a tutti i suoi sottoposti, che si stavano muovendo in massa per raggiungere le pianure di fronte a Mari allo scadere di cinque giorni.
- Avanti. -, sibilò.
La figura che entrò nella stanza lo fece sorridere.
- Non smetterò mai di dirti quanto sono contento che tu sia viva. –
Lione ridacchiò appena, prima di adagiarsi sul letto sfatto del capo dei ribelli.
- Pensare che fino a due mesi fa non ci conoscevamo nemmeno. –
- Sei una persona semplice. Non si può non affezionarsi a te. –
- Non posso più considerare quell’aggettivo come un complimento. Ho rischiato di far catturare Fine e Altezza, a due passi dalla loro meta, per giunta, per colpa della mia semplicità, o meglio dire, ingenuità. –
- Black si è approfittato di te ma non vuol dire che tu sia una sciocca. Sei una delle persone più buone che conosco. Mi stupisce solo il fatto che avessi una relazione con lui. –
L’arancio arrossì fino all’attaccatura dei capelli e gli occhi castani, che erano rimasti sereni fino a quel momento, si rifugiarono a guardare il pavimento.
- Se ripenso a ciò che mi ha fatto…-, lasciò la frase in sospeso, presa dalla rabbia di quei pensieri. – Non riesco a capacitarmi di essermi innamorata di un uomo del genere. –
Poi, alzò il viso su cui le lacrime stavano facendo capolino.
- Lo sapevo, Shade, che non potevo fidarmi di lui, che era un doppiogiochista, un sadico, ma l’amore che mi dava cancellava ogni torto. Stavolta, però, mi ha fatto male davvero e mi ha tradito. -
Il cobalto si alzò dal suo scanno per avvicinarsi all’amica e porgerle una pezza.
- Per quanto non abbia mai sopportato quel tizio… -
- Tu non sopporti nessuno. -, lo interruppe l’arancio accennando un sorriso.
Il capo dei ribelli ghignò.
- Lasciami finire. Non riesco a biasimarlo totalmente. Se avessi avuto la possibilità, anch’io avrei agito così. –
- Sbagliando. -, puntualizzò la ragazza, convinta della mancanza di rispetto nel gesto del suo amante.
- Ma pensando di star facendo la cosa giusta. -
Stavolta, Lione incurvò le labbra in una felicità sincera.
- E’ sconvolgente vedere quanto sei cambiato grazie a Fine. –
- E tu come lo sai? -
La faccia stupita di Shade la fece scoppiare a ridere.
- Conoscendo l’amore, lo riconosco anche negli occhi degli altri. E, poi, durante il nostro viaggio non faceva che parlare di te. -
- Davvero?-
Di nuovo, la risata cristallina riempì l’aria.
- No, quella in realtà era Altezza ma sono anche abbastanza sicura che sia rimasta delusa scoprendoti un uomo. –
Il cobalto annuì.
- Quella strega ha tentato di uccidermi diverse volte. –
- Quindi vi amate? -, riprese il discorso, la giovane, sorvolando sul modo in cui Shade aveva chiamato la sua amica.
Era ancora incredula all’idea che la prima impressione che aveva avuto su Fine e sulla presunta relazione con Eclipse fosse giusta.
- C’è voluto un po’ per capirlo, per essere chiari con noi stessi e tra di noi, ma non sono mai stato tanto sicuro di una cosa come lo sono di questa. –
Il sospiro di Leone obbligò Shade a guardarla. Sul viso della ragazza, infatti, erano tornate le lacrime.
- Tutto bene? –
- Mi sto solo domandando quanto ne sia valsa la pena, per cinque anni, di inseguire un amore malato e non corrisposto. Con chiunque altro avrei trovato immediatamente la felicità e avrei sentito tutti i giorni parole dolci come le tue ora. –
- Non credere che tra me e Fine non ci siano stato discussioni o malintesi. E’ così difficile esprimere quello che si prova davvero, soprattutto con la persona che scatena ciò che si sente. –
L’arancio sbuffò.
- Smettila di cercare di giustificarlo. Devo sbollire la rabbia prima di sentire discorsi razionali. Ti preferisco quando sei irascibile alle ingiustizie e mi dai ragione. -
Il cobalto sorrise divertito.
- Lo sai da te che è un bastardo. E’ inutile che io continui a mettere un dito nella piaga. E che sei ingenua l’hai già ribadito. –
- Grazie di avermi ricordato la mia stupidità. –
- Sono convinto che sarà proprio la semplicità che stai disprezzando tanto a salvarti da questa situazione. –
Per qualche minuto tra i due calò un silenzio rilassato. Era da tanto che non si confrontavano e c’erano così tante cose non dette. Shade si ritrovava sempre spiazzato dal proprio comportamento con la ribelle: era una delle sue migliori combattenti e si fidava ciecamente di lei e del suo giudizio. Anche se, probabilmente, molti dei loro piani erano andati in fumo per colpa della sua relazione con Black, non riusciva a essere arrabbiato. La loro amicizia era nata in un soffio, data da qualche costatazione pungente e confronti su tattiche di battaglia. Lione era come una sorella per Shade ma senza quella costante sensazione di doverla proteggere perché la sapeva assolutamente in grado di gestire ogni imprevisto. E alla fine, lo sapeva, l’arancio avrebbe perdonato se stessa e, per assurdo, anche Black, non prima, però, di averlo malmenato a dovere. Sorrise tra sé rivedendo in quel pensiero ciò che era successo tra lui e Fine; e, come sempre, il nome di lei lo riportava a emozioni e sensazioni che lo travolgevano per la loro potenza. Sospirò quando comprese che la speranza di un futuro insieme, seppur così prossima, era ancora totalmente intangibile e lontana; soprattutto se, dopo le notizie di Lione, le possibilità di vincita si erano ridotte. Poi, la sua ospite tornò a parlare.
- E’ assurdo come Roman abbia approfittato della situazione. Dopo che li avete aiutati a cacciare i soldati del re, vi hanno voltato le spalle. Mi vergogno in nome del mio popolo, davvero. –
Shade scosse la testa.
- Tu non centri proprio nulla Lione e, dopotutto, li capisco. Ciò che succederà dopo, sia che vinciamo sia che perdiamo, non ci è dato saperlo con certezza. Stanno mettendo le mani avanti per essere sicuri di non rimetterci. La famiglia reale ha fatto molti sbagli e negli anni ha perso sostenitori: Fine può essere una risorsa, la carta vincente per il bene del regno, come può essere l’ennesimo fallimento. –
Lione guardò il cobalto, stupita.
- Dubiti di Fine? –
Il capo dei ribelli incrociò le braccia al petto con un sospiro.
- Semplicemente, non ho idea di cosa voglia fare, dopo la guerra intendo. Credo che l’unica con cui si sia confrontata in merito sia Altezza – che conoscendola avrà proposto un governo tutto al femminile - . Per questo non ho potuto sbilanciarmi con i ribelli di Riardo. –
L’espressione confusa dell’arancio lo costrinse a continuare a spiegare.
- E’ mia intenzione sposare Fine, non ne faccio un mistero, e credo che per lei valga lo stesso. Quindi, teoricamente, potrei anche acconsentire alle richieste di Roman che mi vuole re, perché è ciò che sarei una volta sposato con la regina. –
- Non capisco, dove vuoi arrivare e dove sia, a questo punto, il problema nell’accettare le loro condizioni. –
Il cobalto si sbilanciò indietro sul letto, appoggiandosi ai gomiti.
- Credo vogliano solo me come regnante, non accanto a Fine. E, inoltre, non è detto che, tornata la pace, la monarchia continui a esistere: magari Fine vuole partire, esplorare territori sconosciuti, ed io la seguirei senza batter ciglio. –
Lione sorrise teneramente.
- Allora hai due cose da fare questa notte. –
Shade corrugò le sopracciglia.
- Cioè? –
- Per quanto non mi piaccia cosa sto per dire, dovresti scrivere una lettera a Roman in cui ti candidi come Re. Da quello che ho capito, non hanno specificato la precisa condizione in cui dovresti essere regnante e, per vincere questa guerra, abbiamo bisogno di loro. –
- In questo modo li imbroglieremo. –
- Come loro hanno fregato te. Stiamo giocando con le regole che loro hanno proposto per cui direi che possiamo permettercelo. In ogni caso, alla fine, sarà Fine a decidere il da farsi e, se ho avuto modo ci conoscerla almeno un po’, credo che terrà in considerazione le richieste del mio popolo. Andrò io stessa a consegnarla e chiederò l’aiuto a mio padre per convincerli. –
Il cobalto annuì.
- Non ti facevo così scorretta. –
- Ho imparato dal migliore. -, rispose a bruciapelo l’arancio e dalla vena sulla fronte Shade capì che si riferiva a Black.
- E la seconda cosa? –
- Ah! -, batté le mani sulle cosce Lione, - Quasi me ne dimenticavo. -
Poi, lo guardò con un’espressione gongolante.
- Devi decidere cosa vuoi fare quando la guerra finirà. –
- Te l’ho già detto, no? –
L’arancio scosse la testa.
- Dai retta a una che è appena stata tradita dall’uomo che ama. Non puoi permettere che Fine sia il centro del tuo mondo. Devi darti degli obiettivi, indipendentemente da lei. Perché rischi, altrimenti, di diventare semplicemente la sua ombra e annullarti. –
Il cobalto arricciò il viso, poco convinto.
- Dimmi Shade. Se davvero Fine volesse andarsene, seguendola non ti lasceresti dietro qualche rimpianto?-.
L’amico si passo una mano tra i capelli, pensieroso, e Lione capì di aver fatto centro. Si alzò a fatica dal letto, i muscoli gli dolevano per il lungo viaggio.
- Aspetto la lettera e poi, parto. Ci vediamo dopo. –
La ragazza sparì oltre la soglia lasciando Shade solo.
 
 
Shade si torse il sudore dalla fronte dopo aver infilato l’ennesimo palo nel buco nel terreno. Il cielo stava albeggiando e si era tinto di un confortevole color rosato. Lo sguardo vagava sull’immensa pianura di fronte a Mari e sulle centinaia di uomini che allestivano il campo in un vociare concitato. Il torace nudo godeva del calore dei primi raggi di sole e le labbra s’incurvarono in un sorriso sereno. Poi, tornò a guardare la costruzione davanti a sè, soddisfatto.
- Bel lavoro, ragazzi. -, si complimentò con i suoi attendenti prima di cominciare a saldare i tiranti ai picchetti di legno.
Erano tutti entusiasti dell’imminente battaglia e rinvigoriti dall’unione all’esercito della città di Riardo. Sorrise al pensiero dell’amica che – come lei stessa aveva confessato – “tirava le orecchie” a Roman. Il suo buon umore, però, era dato anche dall’imminente ricongiungimento con Fine. Gli otto giorni erano allo scadere e quella stessa notte avrebbero operato l’imboscata alla cittadella. Un brivido gli percorse la schiena al pensiero della battaglia ma con una scrollata di spalle lo cacciò via.
Poi, si accorse che qualcuno lo stava chiamando. Voltandosi, vide Rein correre nella sua direzione. Finalmente, la ragazza si fermò davanti a lui, respirando affannata.
- Lo stanno picchiando. –, sbiascicò inspirando.
- Bright? -, capì subito il cobalto.
L’azzurra annuì repentina e alzò le iridi chiare su di lui, in segno di supplica.
- Devi aiutarlo. –
Shade alzò le spalle.
- A mio parere se le merita tutte. –
- No, tu non capisci… -, cominciò a spiegare la ragazza ma qualcuno arrivò in suo soccorso.
- Si tratta di Lione. -, intervenne Auler, anche lui trafelato dalla corsa.
Shade non se lo fece ripetere due volte e i tre si avviarono verso il luogo della rissa. Il cobalto si fece largo tra la considerevole folla, divertita e aizzante, che circondava i due protagonisti.
- Lione! Che cosa sta succedendo?-, cominciò il capo dei ribelli ma si bloccò al limitare del cerchio, sconcertato dalla scena.
Roman stava tenendo Bright per le braccia: il volto era sanguinante e martoriato dai pugni, e le lacrime date dal dolore gli rigavano le gote sporche. I vestiti, leggermente lacerati, lasciavano intravedere altre ferite e lividi violacei. Eppure, quello non era ciò che sconvolgeva Shade: perché era Lione che stava colpendo, ripetutamente, senza sosta, il principe. L’espressione rabbiosa e inconsolabile che c’era sul suo viso lo obbligava al silenzio. Capiva quello che la sua amica provava, cosa stava passando, e per qualche motivo si sentiva anche responsabile del suo dolore, ma non avrebbe mai potuto pensare che l’arancio, sempre dolce e gentile con tutti, potesse arrivare a tanto.
Auler lo aiutò a ritornare concentrato: lo vide avvicinarsi alla ragazza per cercare di fermarla.
- Lione, basta. Ha perso conoscenza. –
- Continua ragazzina! Questo bastardo ha rovinato la vita a tutti noi. -, la istigava invece Roman.
Shade strinse i pugni a quelle parole: come poteva dargli torto?
Rein si appoggiò alla sua schiena, piangente.
- Ti prego, fa qualcosa. –
Il ragazzo si scostò, leggermente schifato.
- Non me ne frega nulla di Bright. -, spiegò all’azzurra ma in pochi passi fu accanto a Lione.
S’infilò tra l’arancio e la sua vittima, ricevendo diversi pugni nello stomaco, finché non riuscì ad afferrarle le mani. Il dolore per il contatto con le escoriazioni, obbligò la ribelle a una smorfia che le riportò un po’ di lucidità.
- Shade?-, domandò stupita.
- Che cosa stai facendo?-
La ragazza si guardò attorno e vide, dietro al cobalto, il principe, ancora nelle mani del ribelle di Riardo. Gli occhi nocciola si riempirono di lacrime.
- Io non…volevo. -, cercò di giustificarsi.
- Ha ucciso Omendo, Lione. Merita di morire questo bastardo. -, le ricordò Roman.
Shade si voltò leggermente verso di lui, rivolgendogli un’occhiata adirata.
- Sei stato tu? –
- Le ho solo raccontato la verità sulla morte di Omendo! –
A quelle parole scese il silenzio - in pochi erano a conoscenza dell’accaduto e ancor meno quelli che ne sapevano i dettagli - rotto solo dai singhiozzi di Lione contro il torace di Auler che l’aveva presa in custodia.
- La verità? Bright ha capito i suoi sbagli e ha cercato di aiutare uno dei nostri migliori ribelli a fuggire dalle grinfie del tiranno. Omendo è morto nel tragitto verso base per colpa della tortura inflitta da Aaron stesso. Non sto negando che sia un bastardo e che abbia rovinato la vita di molti degli uomini qui presenti; non ti sto neppure dicendo di non colpirlo ma, se devi farlo, sporcati le mani in prima persona e poi assumiti la responsabilità delle conseguenze del tuo gesto. –
Roman lasciò che il principe cadesse a terra, adirato dalla predica di Shade, e subito Rein fu su Bright per vedere le sue condizioni.
- Appartiene alla famiglia reale! Deve morire! –
- Gli è stata data una seconda possibilità dal sottoscritto per cui rispetta la mia decisione o che senso avrebbe volermi come tuo Re. –
- Dovresti essere dalla nostra parte e non proteggere i rampolli di Aaron. Immagino, però, che la principessa abbia le sue doti –, e Roman mimò in maniera volgare un seno di donna, - per intortarti a puntino. –
Shade gli fu subito addosso, prendendolo per il bavero della casacca.
- Non permetterti mai più di insultare Fine di fronte a me. Nessuno ti obbliga a prestar fede alle mie parole se il sospetto di una mia relazione con la principessa ti turba, ma chiunque l’abbia conosciuta può raccontarti della sua bontà d’animo e del suo coraggio. –
- E’ vero! -, intervenne qualche ribelle proveniente dal limitare del deserto.
- A parte questo, ti ho fatto una promessa, Roman, l’ho fatta a tutta la tua città, e ho intenzione di rispettare l’accordo. Se il tuo problema è che un uomo, - e il cobalto indicò con un cenno Bright, - voglia mettere a disposizione la sua vita per la nostra causa, sei un pazzo. Ricordati che domani potrebbe essere lui a morire al posto tuo e non voglio assolutamente negargli questa possibilità. –
Roman inspirò, gonfiando il petto e trattenendo l’aria per qualche secondo, per poi rilasciarla, rumoroso.
- Sei la persona che ho scelto per guidarci. Ti chiedo scusa per aver insultato la principessa. –
Poi, si separò da Shade con uno strattone e prese Bright, caricandoselo sulle spalle.
- Lo porto in infermeria. -, spiegò avviandosi verso i confini dell’accampamento.
Dietro di lui, Rein lo supplicava di fare piano.
Il capo dei ribelli sospirò, sollevato.
- Una seconda possibilità, quindi? -, chiese in un sussurro Lione, titubate nonostante ora sapesse com’erano andate davvero le cose.
Shade annuì appena.
- Mi dispiace non averti detto prima di Omendo. –
L’arancio scosse le spalle.
- Mi fido ciecamente del tuo giudizio, Eclipse. –
 
 
- Guarda! -, il sussurro di Auler, alla sua destra, lo riportò alla realtà dopo il turbine di ricordi che lo aveva travolto.
Il fuoco sul tetto del palazzo più alto della città indicava che Tio e gli altri erano riusciti a entrare in città. Era il segnale che aspettavano.
Sentì una presa al braccio sinistro e si voltò verso Lione che gli sorrideva maliziosa.
- Non vedo l’ora di malmenare qualche soldato. Ho della rabbia repressa da sfogare. –
Shade si lasciò andare a una risata leggera ma la voce di Bright, qualche metro più in là, arrivò chiara e tonda.
- Pensavo ti fossi rilassata abbastanza con me. –
Lione sporse il viso, lasciando vagare lo sguardo sulla prima fila di alfieri.
- Quante volte ancora ti devo chiedere scusa? –
- E’ ora di cominciare. -, continuò l’azzurro per invitare Shade a dare inizio alla battaglia.
Il capo dei ribelli annuì, non prima, però, di dare un ultimo sguardo alle sue spalle, nelle retrovie.
- Potrebbero arrivare a momenti. –
- Come potrebbero non arrivare mai. –
- Perché devi essere così cinico, Auler? –
- E’ da una settimana che ripetiamo questo scambio di battute, Shade; credevo che lo avessi capito. –
Il sospiro del cobalto fu più che eloquente.
- Cominciamo. –
Levò la spada al cielo e la battaglia ebbe inizio.



Angolo dell'autrice:
purtroppo oggi sono un po' di fretta a pubblicare e non posso molstarvi con i miei discorsono inutili. Comunque, mi scuso con il ritardo ma il lavoro mi sta prendendo anima e corpo. Ho fatto il più velocemente possibile. Vi dico già che per il prossimo aggironamento ci saranno dei ritardi visto che è in pieno periodo esami: cercate di venirmi incontro e perdonarmi perchè io vi voglio bene!
Ho dato il meglio di me con questo capitolo e devo dire che mi piace un sacco. E' quella fase di stallo prima della fine e sono esaltatissima della cosa. Il cap precedente era dedicato a Fine e questo è tutto per Shade, per amore e gioia delle lettrici buongustaie. Spero che il ritorno di Lione di via gradito. Come vedete la ragazza è rimasta parecchio scottata dalla faccenda Black, reagendo in maniera violenta e inaspettata alla morte di Omendo e aggredendo Bright che, per carità, come afferma Shade, se le merita tutte, ma, insomma, poveretto. Abbiamo la conferma della morte di Camelot e cambiamenti nel piano iniziale. Scopriamo che Shade e Lione sono molto uniti: può sembrarvi strano, immagino, ma lo Shade lìho sempre visto come una persona, semplicemente, molto riservata, e Lione, come Fine ha il carattere giusto per coinvolgerlo. Ovviamente, i loro reciproci cuori sono già occupati per cui sono semplicemente amici. Roman, invece, rompe le balle, ma vedremo come va a finire. Spero che si capisca che la visione avuta da Fine nel capitolo 35 sia posta dopo la chiacchierata tra Lione e Shade.
Fatemi sapere come vi sembra e cosa ne pensate. Mi fa sempre piacere ricevere recensioni e giuro che al più presto risponderò a quelle dello scorso capitolo.
Grazie ancora er il sostegno che tutti mi date e buonagiornata.
Un bacio, Ele

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Capitolo 38
*** 37. Battaglia ***


37. Battaglia
 
La sensazione della lama affilata che penetrava morbidamente nella carne era qualcosa a cui Shade non si sarebbe mai abituato. Era così semplice ferire, lacerare, uccidere, e, nonostante la tristezza per i fratelli morti e il nauseante odore di sangue concentrassero tutti i suoi pensieri, sapeva anche di essere inebriato da quell’onnipotenza. Si sentiva invincibile, forte e dannatamente bravo nel combattere. Aveva salvato tanti ribelli abbattendo senza remore ogni nemico gli era capitato sul cammino. Osservò con un sorriso soddisfatto gli occhi del suo avversario, inginocchiato ai suoi piedi, farsi vitrei mentre spirava. Con un calcio allontanò il corpo per liberare la spada e si voltò per colpire l’ennesimo soldato del re. Shade parò il colpo inarcando la schiena e con un verso strozzato diede la spinta all’arma per allontanarlo. Fece un affondo, consapevolmente indirizzato all’attaccatura dell’ascella, una delle poche zone scoperte dall’armatura del nemico. Quest’ultimo urlò di dolore ma, stringendo i denti, tornò all’attacco. Il cobalto si scoprì concentrato sul viso dell’uomo che continuava a riversargli addosso potenti fendenti. Aveva le guance scavate e nascoste sotto un’incolta e sudicia barba brizzolata. Gli occhi, leggermente sporgenti, erano iniettati di capillari, alcuni rotti dallo sforzo e dalle botte. Il naso storto, poi, irritava Shade profondamente; forse in quello era determinante anche il neo grassoccio e villoso posto sulla narice destra. Il capo dei ribelli sentiva l’impellente bisogno di cancellarlo dalla sua vista e, cogliendo di sorpresa il soldato, si fece più vicino per dargli un forte pugno. Questo crollò a terra, mentre il sangue usciva dai pertugi facciali.
- Bastardo! -, si sentì rivolgere dal nemico che cercava di brandire la propria spada, caduta qualche metro più in là.
In quella posizione, però, l’armatura lasciava scoperto il ventre e Shade non esitò nel colpire. La cotta di maglia si frantumò facilmente, erosa dal sudore e dagli sfregamenti, e del liquido porpora cominciò a zampillare.
Il cobalto tornò all’attacco, individuò uno dei suoi alle strette, circondato, e lo raggiunse. Afferrò per una spalla una delle guardie reali e la spinse via. Il secondo, voltatosi per capire cosa stesse succedendo, fu trafitto al fianco e rantolò a terra. Shade, allora, tornò a concentrarsi sul primo, rialzatosi dalla caduta. Gli stava venendo incontro in una corsa arrancata e impugnando in cima alla testa una mazza ferrata; una freccia lo trafisse da una parte all’altra del collo.
Intuendo la provenienza del dardo, il capo dei ribelli alzò le iridi scure sul tetto di una casa affacciata sulla via principale di Mari. Lione brandiva le frecce una dietro l’altra, tendeva l’arco, prendeva la mira e lanciava senza esitazione; insieme con lei, altri ribelli costituivano i sagittari del loro esercito. Shade notò la fatica e la stanchezza che segnava il volto della sua amica che, come tanti, stava dando segni di cedimento sia fisico sia mentale. Perché, il cobalto lo sapeva, per Lione, uccidere andava contro la sua natura. Ora, però, non c’era tempo per perbenismi e salvare i propri compagni voleva dire eliminare il più possibile ogni minaccia; soprattutto quando ogni speranza che le cose si potessero risolvere diversamente era scemata. Fine e Altezza potevano ancora arrivare, certo, ma era da ore che combattevano. La posizione del sole indicava il primo pomeriggio e d’innocenti, che la principessa voleva tanto salvare, ne erano stati sacrificati a centinaia ormai. Forse era proprio quella consapevolezza che aveva reso il cobalto così imperturbabilmente disperato, desideroso solo di procurare dolore. Sospirò, aiutando l’attendente a rialzarsi.
- Non demordere. -, incoraggiò il ragazzo di fronte a lui regalandogli vigorose pacche sulla schiena come incitamento.
Il ribelle annuì.
- Vinceremo. -, concordò quello per poi rimettersi a correre sulla via in cerca di un avversario.
Shade lo stava guardando allontanarsi quando un soldato del re sbucò da una casa e trafisse il giovane con la spada: cadde a terra e non si mosse più. Il capo dei ribelli non ebbe nemmeno il tempo di realizzare l’accaduto che si ritrovò a parare un fendente alle spalle. Si era accorto del cambiamento d’aria giusto in tempo per non essere ferito a morte.
I muscoli gli dolevano terribilmente, il sudore aveva inzuppato tutti i suoi indumenti, insieme al suo stesso sangue e a quello di nemici o amici. Eppure, il corpo continuava a muoversi, a operare quegli sforzi che ormai erano diventati abitudinari: para, spingi, attacca, infilza, allontanati, difendi, schiva.
Il nemico fu atterrato in pochi istanti e il ragazzo tornò a correre per le vie, deciso nel costatare la situazione sulla piazza di Mari. Aveva lasciato Auler ad assediare la caserma e liberare gli alleati tenuti e torturati nelle segrete. Quando erano entrati in città all’alba, infatti, avevano scoperto di essere caduti in una trappola: Tio e i suoi erano stati individuati mentre avvelenavano le scorte di cibo dell’intera città e imprigionati. Le truppe del Tiranno avevano avuto tutto il tempo per rinforzare le loro righe e torturare i malcapitati attendenti che avevano spifferato le condizioni dell’agguato. Shade sapeva che se i ribelli avevano resistito fino ad ora mettendo in difficoltà i nemici era per la tenacia dei suoi uomini e l’aggiunta a essi di Roman e i combattenti di Riardo.
Superò diversi sbarramenti, composti di tutto ciò che era stato trovato nelle case, dietro cui i ribelli, o i nemici, si nascondevano per riprendere fiato o proteggersi dagli attacchi aerei. Dopo diversi minuti, finalmente, vide in lontananza l’ingresso ad arco della caserma, sbarrato da un enorme portone di legno. Era aperto a intervalli per fare uscire i soldati e dalle finestre del primo piano frecce e oggetti di ogni tipo calavano sulla folla di ribelli mietendo parecchie vittime. Il cobalto distinse l’amico dai capelli azzurri arrampicato insieme con altri sui tetti delle case vicine per calarsi dall’altro nella corte interna. Roman, invece, accompagnato da Bright, guidava un drappello per buttare giù l’entrata con asce e un piccolo ariete costituito da un enorme armadio in mogano, rubato chissà dove. La coppia era tra le più strane e impensate ma Shade era contento che il capo di Riardo si fosse rassegnato alla presenza del principe tra le loro file; lo aveva visto diverse volte in quelle ore mentre lo proteggeva e lo toglieva dai guai. Quindi, il cobalto aveva intuito l’esigenza dell’uomo di aggraziarsi, dopo i torti fatti, il suo futuro re.
Dalla parte opposta della piazza, alcune balestre cercavano di tenere a bada gli avventori dalle finestre.
Il capo dei ribelli capì la mossa da fare e chiamò alcuni dei suoi per essere aiutato. Recuperarono delle scale tra gli averi dei cittadini di Mari e si fecero largo tra gli attendenti per avvicinarsi alle finestre e tentare di conquistare il primo piano.
Armato di un rudimentale scudo ricavato da una botte, Shade riuscì a disporre la scala evitando di essere trafitto dall’alto. Avrebbe aperto la strada ai suoi, nonostante sapesse che il ruolo che si era appena assegnato fosse il più pericoloso; eppure, la sua presenza avrebbe rafforzato gli animi e anche se fosse morto, non sarebbe stato invano. Certo era da sciocchi per il capo dell’esercito fare una mossa tanto avventata ma non avevano nulla da perdere. Fece il primo passo sul traballante piolo di legno.
- Che cosa è quello? -
L’urlo tonante e spaventato di un ribelle rimbombò dall’alto del tetto nella piazza, mentre la sua spada indicava qualcosa nel cielo. In molti seguirono il suo gesto, compresi i nemici, e con loro le iridi cobalto. Shade si trovò completamente paralizzato, con le gambe tremolanti e il sudore ghiacciato sulla pelle. La bestia che occupava l'orizzonte era bellissima e si stagliava prepotente nel celeste di quel pomeriggio. Il rosso degli occhi era un inquietante avvertimento di morte, insieme al nero delle squame lucide alla luce del sole. Razionalmente sapeva di cosa si trattava: aveva letto libri e sentito leggende ma, nel realizzare che davanti a sé aveva un vero e proprio animale mitologico, il suo cuore si fermò del tutto. Cosa diavolo ci faceva un drago nei cieli di Mari? Per altro sulla sua groppa si poteva distinguere chiaramente una figura vestita di bianco: il fatto che fossero creature domate non dava la garanzia della loro innocenza, anzi, bisognava capire quali fossero le intenzioni del suo cavaliere. Poi, ne vide un altro, e uno ancora, fino a contare cinque enormi draghi di colori e dimensioni diverse che si avvicinavano a loro. Quello nero, intanto, stava planando sulla via principale in direzione della piazza. In molti si gettarono a terra e altri si rifugiarono negli edifici circostanti.  A pochi metri da loro, emise un getto di fuoco che centrò la facciata della caserma. Il portone di legno prese fuoco e Roman ne approfittò per rilanciare all’attacco l’ariete. Intanto, uomini in preda all’isteria e avvolti dalle fiamme si gettavano dalle finestre, cadendo vicino al capo dei ribelli: lui, per fortuna, si era coperto prontamente con lo scudo che, ora, era distrutto, ma aveva svolto il suo lavoro evitando che il proprietario diventasse arrosto. Lasciò cadere a terra il legno ormai bruciato mentre alcuni suoi sottoposti lo avvicinavano per trascinarlo al sicuro, in un vicolo adiacente. Infatti, nella piazza era scoppiato il caos: fiamme ovunque, corpi infuocati urlanti, ordini di ritirata dei nemici mentre Roman guidava imperterrito la conquista della caserma. Forse quello era un compito di Shade ma le sue iridi blu non riuscivano a staccarsi dalla figura che si librava in cielo: il drago era elegante, sì, ma Fine era di una bellezza ancor più accecante; e poi, era viva.
 
 
- Cerca di non colpire i ribelli! –
La ragazza a cui era aggrappata scosse violentemente il capo. Anche se il viso era coperto da un velo bianco, Fine poteva immaginare il sorriso che aveva sulle labbra e che contagiava anche la piegatura degli occhi – brillanti iridi verdi -, già lucidi per l’aria.
- Saba è fantastica ma non decide lei dove vanno le fiamme. –
L’animale scosse la schiena come risposta.
- Attacchiamo dall’interno Perla. -, suggerì ancora la principessa al suo cavaliere.
Saba spalancò le ali e virò verso destra, planando poi, sui tetti delle case.
- Fine! –
Una voce conosciuta obbligò la sua attenzione e riconobbe la figura di Auler che, sotto di loro, scuoteva le braccia per salutarla. Fece cenno a Perla di abbassarsi e con un salto calò sul tetto dal dorso del drago ancora in volo. Ruzzolò per diversi metri, sbucciandosi ginocchia e gomiti, ma raggiunse l’amico che la accolse con un abbraccio e un sorriso.
- Com’è la situazione? –
L’azzurro assottigliò lo sguardo, concentrato. Entrambi avevano molte domande che avrebbero voluto rivolgere, su Altezza, Shade, il viaggio, ma sapevano anche che la priorità era ben altra.
- Il nostro piano non ha funzionato ma siamo riusciti a recuperare terreno. Se conquistiamo la caserma, la città sarà nostra. –
Fine annuì di rimando.
- Andiamo. -, incitò l’azzurro ed entrambi si misero a correre per raggiungere il tetto della base nemica.
Intanto, Saba era riuscita ad atterrare nel cortile interno, emettendo fiammate in tutte le direzioni e colpendo, con la coda e le ali, i nemici. Diversi ribelli l’avevano affiancata per proteggerla avendo capito che si trattava di un alleato, mentre altri raggiungevano il primo portone per aprirlo dall’interno.
Auler e Fine si calarono dal tetto con delle corde raggiungendo il corridoio più alto. Scesero diverse rampe di scale abbattendo chiunque gli si parasse davanti. La principessa non aveva mai avuto modo di ammirare Auler combattere e si rese conto che aveva uno stile molto elegante e leggero, come se stesse danzando. In quei tre giorni aveva conosciuto meglio la cultura dei Tanin e pensò che, dopotutto, il ragazzo non avesse dimenticato le sue origini. Lei, comunque, sarebbe stata spacciata senza il supporto del ribelle: grazie agli esercizi con Altezza aveva rispolverato i vecchi insegnamenti dei suoi genitori e di Shade e imparato qualche nuova mossa, ma era ancora lontana dall’essere un’esperta guerriera. Si arrangiava con fendenti decisi accompagnati da calci e pugni; era più che sufficiente per sopravvivere.
- Dove siamo? -, chiese ad Auler notando che l’ambiente si era fatto più oscuro e umido, illuminato solo dalle torce poste a intervalli regolari.
Erano di parecchi metri sottoterra e i lamenti che provenivano dai corridoi non facevano presagire nulla di buono. L’azzurro la guardò appena mentre scrutava tutt’intorno.
- Liberiamo i prigionieri. Dobbiamo trovare le chiavi. –
Poi, fece segno alla principessa di non parlare. Uno sciabordare di ferraglia e di passi rimbombò tra le pareti e i due si acquattarono in un angolo.
- Draghi! Sul serio? Devo morire incenerito e sottopagato? –, sentirono lamentarsi i soldati ma il verso rabbioso di quello che doveva essere un loro superiore li rese di nuovo silenziosi mentre salivano le scale all’attacco.
Li lasciarono procedere oltre e i due imboccarono nuovamente la rampa, dirigendosi però in giù. Gradino dopo gradino un fetore di muffa e marcio li travolse obbligandoli a coprirsi il naso con la manica della tunica. Sbucarono in un piccolo atrio da cui partiva un labirinto di corridoi. Qui, cinque guardie armate, sedute su delle traballanti panche, si alzarono sorprese per la presenza d’invasori.
- Tu pensa ai prigionieri. -, ordinò Auler alla principessa che annuì di rimando.
L’azzurrò brandì la spada e parò i primi colpi degli avversari, disarmandone uno e spingendone a terra un altro. Fine approfittò della situazione per sgattaiolare oltre il combattimento e afferrare le chiavi delle celle che erano appese in un angolo della parete. Imboccò la prima via chiamando a gran voce Tio.
Le mani sporgevano avide dalle barre in cerca di aiuto ma la principessa sapeva che non tutti i prigionieri erano ribelli, i quali solo Tio avrebbe potuto riconoscere. Forse era ingiusto lasciare gli altri marcire in quelle celle: potevano essere semplici disertori del Tiranno o innocenti cittadini che si erano rifiutati di pagare le tasse ma non poteva permettere che, per una leggerezza, persone pericolose vagassero per il suo regno. Si ripromise, comunque, che sarebbe tornata a sentire le loro storie e, poi, si consolò pensando che almeno ora sarebbero stati in custodia ai suoi uomini.
- Principessa! –
Era stato un flebile suono rispetto alla marmaglia di grida che si erano levate al suo ingresso nelle segrete, ma riconobbe subito la voce di Tio e si affrettò davanti al suo tugurio. Il ragazzo era malandato, ricoperto di ematomi e croste, e a Fine sembrò anche di non scorgere qualche dito ai piedi. Eppure, le sorrideva raggiante e pieno di energia.
- Allora avete conquistato la città! Nonostante siamo stati scoperti! Ragazzi avete ancora la forza di combattere?! -, cominciò la trafila il bianco, parlando contemporaneamente con la principessa e i suoi compagni.
Fine, intanto, aveva aperto la serratura. Tio si catapultò nel corridoio e prese in custodia le chiavi dalla ragazza per liberare gli altri ribelli. Intanto, la rossa lo aggiornava sugli avvenimenti, o almeno di quel poco che sapeva grazie alle spiegazioni di Auler.
- Ah! Ragazzino! -, la voce dell’azzurro entrò prepotente nel corridoio mentre si avvicinava a grandi falcate a Tio.
Non sembrava essere tornato da una sanguinosa battaglia con cinque guardie che, Fine non dubitava, erano state velocemente sconfitte. Con un enorme sorriso sulle labbra, lo vide avvolgere in un abbraccio il giovane levandolo da terra.
- Mi fai male. -, brontolò questo ma gli si leggeva negli occhi la felicità per quell’incontro.
Fu riposato a terra e Auler cominciò a scompigliargli i capelli con mano pesante.
- Ti credevo spacciato. –
La principessa si ritrovò a sorridere dolcemente a quella visione ma la sua attenzione fu catturata dalla decina di ringraziamenti ricevuti dagli altri sottoposti, estasiati all’idea che proprio la loro futura regnante li avesse salvati.
- Chi è ferito rimanga pure qui, manderemo qualcuno a recuperarvi. Gli altri ci seguano, andiamo a saccheggiare l’armeria. –
Mentre correvano per i meandri della caserma, Fine si accostò ad Auler e Tio che aprivano la via.
- Come fai a conoscere la strada? –
- Ho fatto lo sguattero qui parecchi anni fa. –, rispose semplicemente l’azzurro e Fine si domandò quanto altro l’amico nascondesse a tutti loro.
Tornati nel cortile, scoprirono che di nemici ne erano rimasti ben pochi e piccoli gruppi di ribelli stavano perquisendo ogni piano e ogni stanza per stanarli. Nel cortile erano radunati i feriti e coloro che si erano arresi i quali erano legati in attesa del verdetto. I primi guaritori facevano capolino per sondare la situazione e Fine li aggiornò su chi si trovava nelle segrete. Raggiunsero allora la piazza: qualcuno ancora lottava, molti soldati del Re scappavano nelle vie laterali, inseguiti dai ribelli; anche qui, i guaritori, cercavano di fare del proprio meglio per salvare i moribondi; qualcuno cercava tra i cadaveri volti amici a cui dare una degna sepoltura e gli altri corpi venivano accatastati. Erano nati poi diversi focolai, dove i respiri dei draghi avevano fatto capolino, e i cittadini, aiutati dai ribelli, cercavano di spegnere i roghi per evitare che l’intero quartiere crollasse. Il drago Hakim, il saggio, con il suo cavaliere li aiutavano trasportando l’acqua con la bocca dell’animale. Saba, invece, riposava accucciata in un angolo. Diverse persone la ammiravano a qualche metro di distanza e lei, con i suoi occhi rossi, li scrutava infastidita. Perla poco distante discuteva con altre quattro persone. Quando la rossa riconobbe una delle figure, il suo cuore iniziò a battere impazzito.
- Shade. -, lo chiamò a mezza voce.
Il ribelle seguì immediatamente con lo sguardo quel suono e incrociò le iridi cobalto con quelle cremisi della sua principessa. Era passata solo una settimana, certo, ma per lui era stato un tempo infinito. Avrebbe voluto abbracciarla ma le sue gambe non accennavano a muoversi e la sua bocca si era fatta improvvisamente asciutta. Era paralizzato dalla paura che di nuovo tra loro le cose fossero cambiate ed era deluso per un ricongiungimento tanto triste, vissuto con morti innocenti sulla coscienza.
Lei, invece, non esitò un istante. Corse per raggiungerlo e lo travolse in un abbraccio. Shade si trovò stritolato tra i suoi seni mentre le gambe si avvolgevano strette ai fianchi: l'odore di lei, che tanto lo inebriava, l'avvolse in un dolce tepore fatto di tenerezze e carezze. Allora, la strinse a sé, protettivo e rasserenato nell'avere di nuovo tra le braccia il suo tesoro più grande.
- Shade… -, cantilenò di nuovo la rossa.
Era un sussurro, una supplica, una richiesta di conforto per le lacrime che, il ragazzo sapeva, stavano inondando il viso della sua amata. Perché aveva visto i morti dall'alto, la desolazione e il sangue che ricopriva le vie della città. Era arrivata tardi, non aveva mantenuto fede alla promessa e ora in tanti avrebbero sofferto per una sua egoistica preoccupazione: accertarsi dell’incolumità di Altezza. Fine si asciugò in un gesto di stizza le lacrime e affondò le mani nei capelli di Shade, sentendone l'odore di ferro e sangue, e gustando la bellezza dei suoi lineamenti. Si domandò quando meritasse quella felicità, il sollievo che aveva percepito nel vederlo, quando doveva solo disperarsi per il fallimento della missione.  Si decise a guardarlo, ad affrontare la realtà e la delusione nei suoi occhi cobalto. Appoggiò la fronte sulla sua, sentendo il calore della pelle, e aprì piano le ciglia.
- Mi dispiace. -, cominciò a dire, giustificarsi.
Le iridi scure erano però sgombre di qualsiasi giudizio.
- Avete fatto del vostro meglio. -
Di nuovo piccole gocce di acqua salata le offuscarono la vista che le permetteva di intravedere solo il sorriso del capo dei ribelli.
- Ti amo. -, pigolò tra i singhiozzi prima di baciarlo.
Le loro labbra combaciarono alla perfezione mentre le loro lingue si cercavano avide.
Poi, una ventata d'aria li obbligò a staccarsi.
- Ecco un altro drago. -, commento Lione facendo ricadere l'attenzione dei due amanti su di sè.
Fine strabuzzò gli occhi prima di realizzare chi aveva davanti. Si precipitò incredula dall'arancio cogliendola di un abbraccio.
- Credevo fossi spacciata, ormai. Stai bene!-
La ribelle rise di gusto.
Il terzo drago, intanto, atterrò sulla città: Shade aiutò Milky a scendere da Zahira mentre dietro di lei, un giovane Tanin raggiungeva terra in un salto.
- Lui è Narlo. -, presentò brevemente la ragazza con un sorriso dolce che non sfuggì al fratello.
- Altezza? -
La voce di Auler ruppe il clima di sollievo che si era creato nel gruppo. Fine gli si avvicinò con un’espressione seria. Gli appoggio una mano sulla spalla e indicò la via principale, dove una marmaglia di soldati, vestiti di bianco, si apprestava a dare soccorso ai ribelli. Sopra le loro teste, Raldun volava pigramente mentre Sophie dava ordini ai suoi sottoposti.
- Forza, ragazzi, stanate tutti i cattivoni. –
L’azzurrò scosse la testa rassegnato nel sentire la voce della sorella.
- Oh! Da quanto tempo, fratello caro! –
Quelle parole, però, destarono anche una serie d’imprecazioni.
- Dove è Auler? Fatemi passare! -
Allora, Auler si mosse veloce e raggiunse la via principale.
A Fine sfuggì un sospiro per poi voltarsi verso Shade che si era fatto vicino.
- Come mai viene da terra? -
Milky rise appena.
- Nausea da volo. -
Poi, il ragazzo continuò.
- Deve vedersela con un Auler veramente incazzato. Non l'ho lai visto così prima. -
Fine e Milky si scambiarono uno sguardo d’intesa.
- Credimi Altezza è ancor più pericolosa del solito. -
 
 
Auler camminava spedito, l'andatura calzante di chi ha un obiettivo preciso, una meta, uno scopo: doveva arrivare a faccia a faccia da lei, quello si era prefissato, per farle una scenata con i fiocchi. Andando contro corrente incontrò molti visi famigliari, amici d’infanzia della vita nel deserto che aveva abbandonato. E pensare che se solo quella pazza gli avesse raccontato cosa avevano in mente le cose si sarebbero risolte velocemente: avrebbe mandato una lettera a su sorella per chiedere aiuto che si sarebbe fiondata da loro senza esitazione.
Poi, eccola lì, a imprecare contro qualsiasi cosa per farsi strada tra la gente: era così diversa rispetto ai Tanin con i suoi capelli biondi e la pelle di porcellana, rossastra per il sole; bellissima. Quando i loro occhi s’incrociarono, non ebbe più dubbi. Si mise a correre e la avvolse protettivo in un abbraccio: finalmente era tornata da lui e, nonostante la rabbia gli rugasse ancora lo stomaco, il sollievo aveva avuto la meglio; ma durò poco. Un calcio negli stinchi lo obbligò ad allontanare le mani dal corpo minuto della bionda che aveva sguainato la spada.
- Brutto stronzo! -
Auler strabuzzò gli occhi.
- Che cosa? -
Pensò fosse uno scherzo, ma lo sguardo iracondo della sua amata lo obbligò a considerarla come una minaccia alla sua vita.
- Tu. Mi hai rovinato la vita! -
La ragazza provò un violento affondo parato prontamente da un Auler sbigottito.
- Di che cosa stai parlando? E, poi, dovrei essere io quello furibondo! Te ne sei andata senza dire niente. Hai idea di come mi sia sentito? -
La bionda esitò, abbassando lo sguardo sul terreno sudicio, per i sensi di colpa. Poi, un pensiero fugace le inondò la mente e tornò all'attacco. I colpi potenti e cattivi della giovane obbligarono l'azzurro a serrare i ranghi in difesa, suggerendo nello stesso tempo ai soldati del deserto di non intervenire e fare loro spazio.
Riuscì a parare un’altra stilettata e afferrare il braccio della ragazza per bloccarla. Voleva capire cosa stava succedendo. Dall’altra parte, Altezza ringhiava: ma le iridi smeraldo si erano fatte lucide a quella vicinanza.
- E’ colpa tua! Hai rovinato tutto! –, lo accusò quella in un lamento.
- Che cosa ho sbagliato Altezza? –
Il tono era dolce e prudente, nell’attesa di incassare l’ennesima accusa insensata.
- Come farò a mantenere la parola data a mio padre, ora? -, cantilenò affranta la ragazza.
Accompagnò quelle parole liberandosi e attaccò, mirando al basso ventre del ragazzo e insultando il suo apparato riproduttivo. Auler si scansò appena in tempo.
- Che cavolo fai? –, e, furibondo, cominciò a pressare la giovane che però manteneva fiera la sua posizione.
- Altezza parlami maledizione! –
- Sono incinta, cretino! Te e il tuo stupido pene dovete morire! –, sbottò, infine, buttando la spada a terra in un gesto di stizza e incrociando le braccia al petto in attesa di una reazione.
Auler calò l’arma al suo fianco mentre gli occhi si spalancavano per la sorpresa. Questa non se l’aspettava proprio. Poi, assottigliò lo sguardo corrucciando la fronte. L’espressione che aveva assunto non prometteva nulla di nuovo e per la prima volta in vita sua Altezza ebbe paura di un uomo. Lui si avvicinò a grandi falcate, la prese per i fianchi caricandosela sulle spalle e si avviò in direzione dell’accampamento fuori dalla città.
A nulla valsero gli insulti, i calci e le botte della bionda, placcata da quelle braccia forti e solide che, dopotutto, l’avevano fatta innamorare.
 
 


Angolo dell'autrice:
babba bia! Chi è arrivato fin qui è proprio bravo... questo capitolo è lunghissimo (7 pag di word). Complimentoni!
Vabbè, io è mesi che non aggiorno ma sono sicura che mi perdonerete... non ci posso fare niente se lo studio richiede la mia attenzione e trovare un'attimo per scrivere è stato più difficile di quanto pensassi. Devo dire di essere abbastanza soddisfatta ma basta bambanare e vi lascio alcune considerazioni generali.
Fine e le ragazze sono arrivate in ritardo e ora avranno a che fare con i sensi di colpa per avere sulla coscienza centinaia di vite. La principessa comunque si è data da fare ed ha affiancato Auler nel salvare i prigionieri, lasciando da parte i sentimentalismi (insomma, chi non sarebbe corsa a farsi limonare da quel bonaccio di Shade?) e facendo il proprio dovere di regina. La reunion con il suo bello è stata tenera ma come avrete capito non sono i protagonisti assoluti del capitolo. (voto: 8)
Shade è un assassino fatto e finito, e sia mai che con tutto questo sangue non gli sia venuta voglia di fare fuori un certo Tiranno... è comunque sempre in prima linea, un vero soldato, e non ha paura di rischiare la sua vita. Guida degnamente i suoi uomini anche se non è un condottiero da cavallo bianco e ordini urlati a destra e a manca. Anche lui capisce che il dovere viene prima di tutto anche se, a vantaggio rispetto a FIne, ha la possibilità di vederla prima e tirare un sospiro di sollievo. (voto 9, perchè comunque è un figo, non posso dargli di meno)
Lione è una badass di tutto rispetto. Non è comparsa molto ma credetemi che senza di lei dell'esercito dei ribelli sarebbero rimasti in dieci, a essere positivi. Con il suo arco fa stragi e copre il culo al suo capo: se Auler è il braccio destro, Lione è decisamente quello sinistro di Shade. (voto 7)
Perla è il nuovo personaggio introdotto quest'oggi. Prossimamente presenterò anche gli altri cavalieri, che comunque non saranno così rilevanti al fine della trama. La conoscerete meglio ma è un peperino di donna come piace a me. Come avrete capito, cavaca Saba che ha fatto un'ottimo lavoro. ( voto 6 + l'8 di Saba che sostanzialmente ha fatto finire la battaglia)
Sophie è la solita schizzata. Credo che in sole due battute abbiate capito in che stato psicologico si trovi. Non garantisco che non sia strafatta di erba per le premonizioni. Ma insomma, ci piace così. (voto 7)
Tio è la tenerezza fatta a persona, che non perde mai il sorriso nonostante le difficoltà. In questo ha preso decisamente da sua sorella. Ha un rapporto molto dolce con Auler che non approfondirò in futuro ma che volevo lasciar trasparire. (voto 7)
Altezza compare solo nelle ultime righe, lasciata indietro dalle compagne per via della nausea da volo che la obbliga a spostarsi per via terrena. Immaginate questa povera donna che deve dare la notizia al proprio uomo dopo averlo abbandonato nel letto caldo d'ammore. Tra l'altro, ok accettare di essere incinta ma la sua vita era finalizzate allo sconfiggere Aaron. Ogni sua certezza è crollata, combattuta tra l'esigenza di lottare e proteggere la vita che sta crescendo dentro di lei. Ci sta che sia più isterica del solito e che voglia fare una vasectomia ad Auler. Comuqnue, la adoro per i suoi toni bruschi. (voto 9)
Auler è il vero protagonista del capitolo. E' sincero, forte, gentile e premuroso con tutti; è un fantastico combattente e non per nulla persino Shade fa fatica a batterlo in allenamento. Sa sempre cosa sia la cosa migliore da fare e si guadagna immediatamente la fiducia di tutti. Ha però un passato misterioso di cui le nostre tre viaggiatrici sono venute a conoscenza solo grazie all'incontro con Sophie. Sappiamo che se ne è andato dal suo villaggio molto giovane,che ha conosciuto maria, Shade e Milky e che dopo il loro trasferimento a Lilianha vagato per il regno alla ricerca di uno scopo (passando anche per la caserma di Mari). Ora però, deve pensare ad Altezza e al loro futuro bambino; capire come gestire la situazione e proteggere la sua donna. Inutile dire che qualsiasi donna isterica vorrebbe essere trattata così: un uomo risoluto deciso e forte ci fa sempre sentire amate. (voto 10)
Grazie della lettura e vi supplico, vi prego e vi scongiuro, lasciate una recensione. Siete in tante a seguirmi, trovate la voglia perchè altrimenti non potrò mai migliorarmi.
A presto,
Ele

 

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Capitolo 39
*** 38. Intenti ***


38. Intenti
 
La stanza principale della locanda Leone era affollata da una decina tra uomini e donne che, seduti attorno a un tavolo, discutevano sul destino della guerra. Erano le principali autorità nell’organizzazione della resistenza e venivano da ogni parte del regno, riuniti ora sotto la stessa bandiera. Le finestre erano sbarrate, la porta sigillata e fuori dall’ingresso e a ogni anfratto ribelli tra i più fidati di Eclipse si assicuravano che nessuno si avvicinasse, vedesse e sentisse nulla. L’incontro era segreto, urgente e fondamentale e, da ore ormai, non si riusciva a trovare un accordo tra le parti. In particolare, erano due le voci che si distinguevano nel coro e non avevano toni molto amichevoli.
- Arrivati a questo punto, la nostra vittoria è assicurata. Devo dare delle garanzie al mio popolo e tu, Eclipse, non hai mantenuto la parola. Ti è stato facile promettere di diventare re e sostenere la causa della mia città, ma come possiamo fidarci ora che sappiamo che sei soggiogato da questa donna. –
Roman indicò stizzito la Principessa Fine che sedeva accanto a Shade. Il cobalto si alzò dalla sedia battendo la mano destra sul legno, pronto a ribattere per l’ennesima volta quell’invettiva. Se prima il capo dei ribelli di Riardo lo aveva accusato senza alcuna prova, ora era certo che tra i due ci fosse una relazione – molti dei suoi avevano visto il bacio che si erano scambiati qualche giorno prima sul campo di battaglia – si sentiva tradito e preso in giro da un uomo a cui aveva giurato fedeltà e rispetto. Certo, non poteva lamentarsi del suo comportamento in battaglia, considerando che Eclipse era stato in prima linea a lottare insieme a tutti gli altri, ma era succube della futura regina e Roman non sosteneva la monarchia. L’impressione che aveva avuto della principessa al loro primo incontro non era ancora stata smentita: gli avevano parlato di una guerriera e si ritrovava una ragazzina spaurita.
In attesa di sentire l’ennesima scusa da parte di Eclipse, storse il naso stupito quando notò che Fine gli aveva appoggiato una mano sull’avambraccio per fermarlo. Poi, prese lei la parola.
- Sai bene che la nostra priorità è la sconfitta di mio zio. Anche se ora siamo in vantaggio, non vuol dire che avremo vita facile per entrare a Lilian. Comunque, Roman capisco il timore che provi nei confronti delle promesse fatte da Eclipse. Garantirti e spergiurarti che, finita la guerra, penseremo a una situazione più che adatta per il tuo popolo non servirà a nulla se non ti fidi di noi e, d’altra parte, capisci che nemmeno io posso avere fiducia in un uomo che per ora non ha fatto altro che attaccarmi. Se dobbiamo patteggiare, sbrigati a mostrare le tue carte e a dirmi cosa vuoi e forse riusciremo ad arrivare a un compromesso. Ma se il tuo esercito dovesse ritirarsi e non partecipare più a questa guerra, sappi che quando arriverà davvero il momento di parlare di politica, avrete perso il vostro prestigio. Io non ho intenzione di supplicare nessuno. La libertà interessa a te come a me e a come singolo abitante di questo regno. Mio zio ha esagerato e ne pagherà le conseguenze. Non prometto miracoli ma quando salirò io al potere le cose saranno diverse. –
- E mi dica, Mia Signora, come ha intenzione di agire? -, domandò sprezzante il baffuto. – I suoi parenti si sono predicati buoni e giusti ma quasi nessuno ha saputo amministrare a dovere queste terre. Sono sicuro che una ragazzina rinchiusa in una torre e che si nasconde dietro i meriti di altri -, e fece cenno a Eclipse, che muoveva la gamba spazientito per quelle parole. – non sia in grado di governare. –
- Infatti, non sarò da sola. -, rivelò la rossa rizzando le spalle, fiera.
- Eclipse ha perso credibilità tra i suoi uomini con quella dimostrazione d’affetto pubblica, ragazzina. Non ti basterà essere affiancata dall’eroe per essere una regina. -, puntualizzò ancora Roman, sicuro di farle saltare i nervi.
- Eclipse avrà un ruolo fondamentale ma ho bisogno di circondarmi di persone che non abbiano paura di dire quello che pensano e che combattano per il bene della propria gente. Ho bisogno di persone come te, Roman. Spero di averti al mio fianco come rappresentante della tua città, quando finalmente sarò sul trono. E’ tutto quello che posso prometterti: il rispetto per te, il tuo popolo e le tue idee. –
L’intera tavolata era fissa a guardare sbigottita la futura regina che, finalmente, si sbilanciava nel rivelare i suoi progetti futuri: propositi in cui i contestatori non sarebbero stati rinchiusi in una lurida cella ma ammessi a corte come consiglieri. L’espressione di Roman, poi, rasentava il comico: incredulo, aveva metà faccia contratta in un sorriso stranito e l’altra in un ghigno disgustato. Shade, invece, cercò di intercettare lo sguardo della rossa in una tacita domanda di spiegazioni ma le iridi cremisi erano fisse sull’abitante di Riardo, fiere e in un chiaro monito di sfida. Era sicura che l’uomo non si aspettasse una posizione simile da parte sua. Approfitto di quel silenzio per proseguire.
- I ribelli incaricati di liberare le altre città della prateria e di reclutare altri uomini stanno ormai tornando. Dopodomani organizzeremo i reparti e marceremo su Lilian per sconfiggere il Tiranno. Mi aspetto di avere te e i tuoi uomini in prima linea, come avete sempre fatto, dimostrandovi coraggiosi, forti, caparbi e ben allenati. Non combatteremo in nome della monarchia ma della libertà. –
Roman rimase paralizzato per qualche minuto. Nessuno osava spezzare il silenzio carico di parole e pensieri che si era creato, men che meno la sfida di sguardi che era in atto tra i due protagonisti. Fu il baffuto a cedere sotto le iridi cremisi, limpide e determinate e, con un imprecazione e un gesto di stizza, uscì dalla stanza.
Fine tirò un sospiro di sollievo mentre i rimanenti ospiti si rilassavano, finalmente, sulle sedie. La futura regina, comunque, riprese in mano la situazione.
- Dobbiamo pensare a un piano d’azione che preveda sia la presenza dei ribelli di Riardo sia no. Mi atterrei all’idea iniziale ma dividerei le forze su più fronti… -, disse allungando il braccio sugli schemi che erano stati disegnati in quella lunga serata.
Shade, intanto, guardava di sottecchi la sua amata. Era veramente fiero di lei: sapeva bene anche lui come Fine potesse sembrare fragile e vulnerabile, ma quella sera aveva dimostrato tutto il suo potere e le sue abilità. Era una donna determinata e giusta, gentile ed empatica. Era la regina che il regno meritava.
 
 
Auler alzò per l’ennesima volta quella sera gli occhi al cielo. La donna che si portava a braccetto per le vie di Mari alternava momenti di riso a sguardi persi nel vuoto. Certo, sua sorella non era cambiata poi molto dall’ultima volta che l’aveva vista, se non per quell’aria da assoluta svampita che si era accentuata con il trascorrere degli anni. In passato, l’aveva invidiata per le sue capacità mistiche, che le avevano permesso di entrare in contatto con i veri sovrani dei Tanin, i draghi, ma, ora, era convinto che fosse stato meglio andarsene. Aveva lasciato che il proprio buon senso – e l'inadeguatezza che lo perseguitava – lo consigliasse nel lasciare il villaggio e nel cercare il proprio posto del mondo. Ed era stato fortunato: quella scelta avventata l’aveva condotto, non senza qualche intoppo, al fianco di un uomo coraggioso e tra le braccia di una donna stupenda. Non avrebbe potuto chiedere di meglio ai Guardiani.
Comunque, Sophie continuava a blaterare delle sue visioni ma sapevano entrambi che il futuro era incerto e la storia si stava scrivendo proprio in quelle ore tra le mani di Shade e Fine. Quando aveva scorto sui loro volti, alla fine della riunione su cui aveva diligentemente sorvegliato, un sorriso, aveva capito che tutto stava andando nella giusta direzione. La principessa e sua sorella si erano fermate qualche minuto a discorrere tra loro, poi, Sophie lo aveva preso a braccetto pregandola di accompagnarla alla sua tenda.
- Che cosa è successo con Altezza, alla fine? –
L’azzurro guardò di sbieco Sophie.
- Cosa te lo dico a fare se lo sai già? –
- Lo sai che i draghi non si perdono troppo nei dettagli. -, protestò l'altra con il sorriso ebete sulle labbra e una supplica tra le iridi chiare.
Il ragazzo sospirò.
- Lei ha pianto, io ho pianto, mi ha insultato e ho incassato, mi sono incazzato e alla fine abbiamo fatto l’amore. Comunque, lei non metterà più piede su un campo di battaglia. –
- Altezza non mi risultava molto convinta di questa decisione. –
- Se ne dovrà fare una ragione. Nostro figlio è più importante di una rivoluzione. Deve rimanere al sicuro e non fare la stupida. Posso lottare per entrambi. –
- Ma non sei lei. -
Auler sbuffò contrariato. Più delle visioni di sua sorella non sopportava sua sorella quando aveva ragione.
Il confronto con la sua amata non era stato semplice ma si era subito reso conto che era la stessa Altezza a essere confusa dalla situazione - cosa che si manifestava, come sempre, in un'ira ingiustificata nei suoi confronti -. Anche lei voleva il bene della vita che portava in grembo ed era grata di quel dono. Si rendeva conto che essere coinvolta in un combattimento sarebbe stato rischioso ma aveva dedicato tutta la sua vita alla rivoluzione e a riscattare la fama di suo padre. Avrebbe dovuto tirarsi indietro proprio al momento della battaglia finale e, stizzita e frustrata, era scoppiata in lacrime. A quel punto, Auler, si era limitato a stringerla tra le sue braccia facendo pendere la scelta di lei verso la speranza di un futuro e di una famiglia insieme.
- Sarà il primo bambino nato libero. -, le aveva sussurrato in un orecchio scostandole dolcemente le ciocche bionde e ricce. Lei aveva ridachiato sul suo torace per poi baciarlo e sigillare con quel gesto la loro ritrovata armonia, anche se Auler sapeva che il tumulto interiore della giovane non era ancora cessato.
L'azzurro sospirò sotto lo sguardo liquido di affetto e di rimprovero della sorella. Le rivolse un sorriso timido.
- Non sono tipo da chiedere queste cose, ma se dovessi scorgere da qualche parte nei tuoi sogni Altezza in pericolo, me lo dirai? -
Sophie annui librando nell'aria il tintinnare leggero di gioielli da cui non si separava mai.
- Domani andremo a parlare con la Principessa Fine, allora. -
Il fratello la squadrò stralunato.
- Che cosa centra Fine? -
Un vociare distinto proveniente da una casa aperta - messe a disposizione momentaneamente per i soldati - lo obbligò, però, a desistere dall'indagare.
Si avvicinó cauto alla porta da dove proveniva un fetore di alcool e sudore. Roman, in piedi su un traballante tavolo di legno e con una pinta traboccante in mano, sbraitava e sbiascicava.
- Avete visto tutti come il nostro futuro re amoreggia con l'erede della vecchia monarchia! -
I ribelli di Riardo assorbivano ogni sua parola come la birra che sorseggiavano avidi.
- Che cosa dobbiamo aspettarci dalla Principessa? Ha assoldato un nuovo gruppo di mercenari provenienti da chissà dove, con draghi e strane armi per "sconfiggere suo zio", dice. Ma chi ci garantisce che non si comporterà allo stesso modo, una volta che il Tiranno sarà ammazzato? -
Nella stanza un fremito percorse la folla, una nuova paura invadeva gli spiriti.
- Perché continuare a lottare con loro, allora? Eclipse ci ha tradito. -, cominciò qualcuno.
- Aaron è il nostro nemico comune. -, continuò Roman, zittendo i presenti. - Abbiamo bisogno di loro come loro di noi, in questo momento. Ma ció non vuol dire che non possiamo fare qualcosa, fare le cose a modo nostro. -
Il vociare di assenso si fece più alto fino a sfociare in canti di gioia e scoppi d’ilarità.
Auler, accostato all'ingresso, guardò Sophie con un cipiglio preoccupato.
- Dobbiamo subito avvisare Fine e Shade. -
La ragazza si strinse nelle spalle, indifferente a quello che lei stessa aveva sentito. Suo fratello avrebbe voluto prenderla per le spalle e squoterla con violenza per farla rinsavire.
- Stanotte un altro pezzo dell'arazzo della storia sarà completato. I nostri due attori non devono essere disturbati. Tutto deve essere rimandato a domani. -
- Smettila di fare l'oracolo e sii chiara. -, sbottò esasperato Auler.
L'azzurra gli accarezzò docile un avambraccio.
- Per ora vai da Altezza e goditi una notte di riposo. Domani penseremo a cosa fare. -
Il braccio destro di Eclipse sospirò e ingoiò l'amaro della bile che gli era salita in gola per il nervoso. Inquieto, scosse la testa e si diresse verso il suo temporaneo alloggio.
Per quanto era scettico sulla natura delle previsioni di sua sorella, era pur sempre un Tanin e la superstizione faceva parte del suo credo. La regina aveva un legame particolare con i draghi e vedeva più in profondità i fatti. Per ora sarebbe rimasto al suo posto ma si ripromise che l'indomani avrebbe fatto ciò che era suo dovere: servire la persona a cui aveva deciso di dedicare la sua vita, Shade.
 
 
La chiave, arrugginita dal tempo, entrò nella toppa solo dopo alcuni sforzi.
Quella parte della città era stata razziata dalle guardie del re ed era diventato un ricettacolo d’immondizia, di tutti i tipi, tra cui lei non aveva fatto fatica a destreggiarsi. Si aggiravano ancora alcuni ribelli e qualche abitante di Mari scontento: essere invasi dai buoni o dai cattivi non faceva poi tanta differenza, si era comunque invasi.
Lione era stranita, però, dal fatto che nessuno avesse provato a forzare quella porta. Giró il ferro per far scattare la serratura che rimbombo tra le pareti sudice del corridoio. L'interno era buio e polveroso, intriso di un intenso profumo di marcio. Storse il naso, infastidita, e, improvvisamente, inquieta. Si richiuse la porta alle spalle, assicurandosi di sigillarla e si destreggiò nel buio, conoscendo a menadito l'appartamento. Incontrò il tavolo, si allungò verso il focolare, dove sulla mensola sapeva esserci una lampada. L'accese con mani tremolanti per l'ansia e soffiò sullo stoppino che timidamente prendeva fuoco.
Finalmente, la luce illuminò il profilo dei mobili. Il respiro della ragazza divenne meno regolare; si velocizzò, fino a farle mancare l'aria. Gli occhi scuri guizzavano avidi sui piccoli dettagli che la lasciavano man mano sbigottita: il letto sfatto, la sedia spostata di sbieco come di chi appoggia i piedi sul tavolo, le stoviglie lasciate nel lavandino invece che nella credenza, le ceneri del fuoco che, si ricordava, alla sua partenza erano state pulite e un mazzo di fiori, ormai appassiti e causa di quel fetore, lasciati nel vaso al centro della stanza. Lui era stato lì, aveva vissuto lì, senza il suo permesso. Certo, tante volte si era intrufolato dalla finestra per fare l'amore con lei e, a volte, Lione gli aveva pure offerto da mangiare ma ora si sentiva violata, offesa, dopo essere già stata sbeffeggiata finendo in gabbia per amore. Una folata di vento fresco le investì il volto e si accorse che una delle imposte era spalancata sul cielo notturno dipinto di stelle. Con passo veloce si avvicinò e la serrò con gesti secchi, per sancire una chiusura definitiva tra di loro, nel tacito messaggio di non avvicinarsi. Sapeva che lui, probabilmente era lontano miglia e miglia, magari in compagnia proprio del suo nemico, ma aveva bisogno di quel gesto concreto per sancire quello che lei sentiva: la più totale avversione; non voleva più vederlo.
Poi, il fiato cominciò a mancarle: l’odore dei fiori le riempiva le narici, nauseante, e dovette riaprire le imposte per affacciarsi e tornare a respirare aria pulita. Cercò di regolarizzare il fiato che, ora, era anche ostacolato da singhiozzi strozzati. Le lacrime le annebbiarono velocemente la vista mentre le cedevano le gambe e, lentamente, si accucciava a terra.
La consapevolezza fugace che le era balenata in mente le fece invidiare la tacita indifferenza dei cittadini di Mari che, seppur conquistati da genti diverse, mantenevano la loro identità. Per Lione la situazione era più devastante: poteva cercare di escluderlo dalla sua vita ma lui non se ne sarebbe mai andato, faceva parte di ogni sua singola cellula, aveva invaso la sua anima, ingombrante e sfacciato.
Alzò il volto rigato da acqua salata, prima nascosto tra le braccia, per lasciare che lo sguardo vagasse per la stanza. Quello era stato il suo rifugio per molti anni - il loro rifugio dagli sguardi indiscreti di chi non voleva capire la loro relazione -; e, poi, c’era il letto in cui si era accoccolata, stanca dalle dure ore di lavoro e investigazione - il loro letto in cui avevano consumato notte dopo notte la loro disarmante e straziante passione, disperati ed estasiati dell'amore che provavano.
Si rese conto che una Lione come entità indipendente non era mai esistita, se non prima di conoscerlo, perché dal giorno in cui si erano incontrati erano diventati, inesorabilmente e inconsciamente, un noi indissolubile: odiarlo voleva dire odiarsi, accusarlo significava accusarsi, e la ragazza lo sapeva fin troppo bene, non poteva fare a meno di lui.
 
 
Due voci distinte che parlavano concitate suggerirono alla ragazza che si trovava all’interno della camera che i suoi due ospiti erano arrivati. La porta fu spalancata, e nonostante il preavviso, Rein sussultò. Shade e Fine si bloccarono sull’ingresso, la seconda tenendo ancora in mano la maniglia, e la guardarono straniti.
- Che cosa ci fai qui? -, chiese la rossa, riscuotendosi.
L’azzurra si prodigò in un elegante inchino.
- Le ho preparato il bagno Mia Signora. Pensavo potesse esserle gradito dopo una lunga giornata. -, spiegò titubante, mostrando con un gesto la tinozza fumante dietro di lei.
Non era stato semplice convincere Auler e Altezza a lasciarle le chiavi della stanza della futura regina e a raccomandarla alla scorta di soldati che doveva proteggerla. Fine non si era dimostrata entusiasta a quella premura ma aveva ingoiato l’amaro sapendo di non essere gradita a tutti i presenti in città.
La principessa si voltò confusa verso il suo compagno che con un’alzata di spalle entrò nella stanza e si avvicinò al tavolo su cui era stata riposta dell’uva. Fine intuì che anche quella era stata una premura della serva.
- Grazie, Rein. Ora, puoi andare. -, la congedò sbrigativa e infastidita.
Non poteva negare che fosse stata gentile e, dopotutto, era stata proprio Fine ad acconsentire ai suoi servigi, ma in quel momento aveva cose più urgenti a cui pensare che non a una traditrice in cerca di riscatto.
L’azzurra assunse un’espressione delusa.
- Non le serve un aiuto per lavarsi? -, insistette.
Fine scosse la testa in una negazione, ora, spazientita ma cercò di essere gentile. Si avvicinò all’amica d’infanzia e le prese teneramente le mani.
- Hai avuto un’ottima idea, Rein, ma io e Shade dobbiamo discutere di molte cose, per cui, per favore, lasciaci soli. Porgi i miei saluti a Bright. –
La serva tergiversò qualche secondo per, infine, sorridere dolcemente.
- Certo, Mia Signora. Buonanotte. –
Lasciò le chiavi della camera in mano alla loro proprietaria e si allontanò con passo svelto, chiudendo poi in un inchino la porta dietro di sé.
Nemmeno il tempo di accertarsi che Rein avesse richiuso, che Fine si ritrovò le labbra di Shade sulle sue e la lingua che cercava di invadere la sua bocca. Le mani erano agganciate al suo viso per tenerla vicina. La ragazza riuscì ad allontanarsi a fatica.
- Dobbiamo parlare, prima. –, protestò.
- C’è tutto il tempo che vuoi, dopo. -, puntualizzò lui e, di nuovo, cercò di farsi vicino.
Fine si scansò appena in tempo e, appoggiandosi al legno del letto, cominciò a slacciarsi le scarpe. Aveva vagato tutto il giorno per la città parlando con soldati e abitanti, discutendo con nobili e ribelli provenienti da altre città. Inoltre, il battibecco con Roman era stato più acceso del solito poichè, finalmente, aveva rivelato tutto il suo astio. E il motivo era più che lecito.
- Tu e Lione avete avuto proprio un’idea geniale. -, cominciò sarcastica mentre i calzari venivano sfilati con le dita dei piedi e buttati in un angolo della stanza.
Poi, la giovane si accasciò sul letto con un sospiro rumoroso.
- Disse quella che è partita senza rivelare dove andava. -, la rimbeccò Shade sedendole accanto, mentre anche lui compiva quell’operazione.
La ragazza si rifece in piedi per piazzarsi di fronte a lui.
- Ammetto che avrei dovuto essere più chiara nelle mie intenzioni, ma il passato è passato. –, e accompagnò quelle parole con un gesto d’impazienza.
Il cobalto, ancora impegnato con i lacci, la guardava di sottecchi.
- Avete pensato alla promessa più plausibile da fare. Effettivamente, le possibilità che tu mi sieda accanto su quel dannato trono sono alte ma, Shade…-, le dita piccole di Fine alzarono il viso virile del ragazzo per obbligarlo a incontrare i suoi occhi.
Con un passo, s’insinuò in mezzo alle sue gambe per rendere i loro corpi più vicini. Lui la guardava dal basso verso l’alto, con la testa all’altezza dei seni, e, istintivamente, le mani si agganciarono ai fianchi della principessa.
- Ti sei compromesso troppo con quel bacio. La tua immagine come rappresentante della giustizia sulla monarchia è svilita. Dobbiamo smetterla di andare in giro insieme, altrimenti le persone non si fideranno più di te, perderai credibilità. -, finì in un sussurro tormentato.
Se razionalmente Fine riusciva a pronunciare quelle parole, ogni anfratto del suo corpo e soprattutto del suo cuore si ribellava a quella possibile soluzione.
- Non hai detto poco fa che non è ancora giunto il momento di parlare di politica? -, pronunziò lieve il suo compagno che, ora, avvolgeva le braccia attorno alla vita di Fine per farla aderire ancora di più al suo petto.
Le mani della principessa, invece, si posarono sulle sue spalle e cominciarono a giocare con i capelli della nuca.
- Siamo prima di tutto la regina e l’eroe. Ci sarà tempo per noi dopo. -, e quanto le costava pronunciare quelle parole.
- No, siamo Fine e Shade, prima di qualsiasi cosa. Non m’interessa quel che pensa la gente. Ti amo, Fine e non ho intenzione di rinunciare a te per un altro singolo istante della mia vita; siamo rimasti separati fin troppo. –
Fine trattenne il fiato, emozionata da quella dichiarazione che sapeva essere sincera e veritiera: Shade avrebbe sempre seguito il suo cuore che, prima, lo aveva convertito alla ricerca della libertà, e, adesso, lo legava a lei. Si chinò su di lui per lasciargli un dolce bacio sulle labbra umide. Quando tornò a incrociare il suo sguardo, vi scorse un barlume di malizia che l’allarmò.
- E’ giunto il momento di fare il bagno, Mia Signora. -, cominciò, infatti, il cobalto obbligandola a dargli le spalle mentre con mani veloci slacciava il corpetto.
La giovane sbuffò.
- Sei il solito maniaco. Non pensi ad altro. -, protestò con poca convinzione quando le mani di Shade afferrarono il bordo della gonna per sfilarle il vestito dalla testa.
Fine rimase nuda davanti a lui; sul viso un’espressione fintamente scocciata. Non poteva negare di provare ancora un certo imbarazzo in quelle situazioni ma Shade, da quando era tornata, non le aveva dato tregua: ogni notte avevano suggellato la loro unione facendo l’amore più e più volte. E, poi, i suoi occhi, che assumevano un intenso color cobalto, la osservavano famelici e innamorati. Si sentiva bellissima e non si sarebbe mai stancata di essere guardata così. Lasciò per qualche secondo che ammirasse e indagasse ogni angolo del suo corpo. Poi, gli rivolse una linguaccia e si avvicinò alla vasca. Saggiò con le dita il profilo dell’acqua, constatando che aveva la temperatura ideale. Rimase incantata nel seguire il riflesso delle fiamme del camino sulla superficie e, intanto, allentò le forcine sulla nuca per lasciare ricadere sulle spalle i capelli. S’immerse lentamente e appoggiò la testa al bordo di legno, chiudendo gli occhi per assaporare quel calore e il profumo degli oli essenziali che Rein aveva aggiunto.
Non ci volle molto prima che sentisse il rumore di altri vestiti che cadevano sul pavimento. Fine aprì piano le palpebre per ammirare Shade che, nella sua nudità, si sedeva di fronte a lei nell’acqua, alzandone il livello. Le sfiorò una mano e la tirò appena, per invitarla a cambiare posizione: accolse la schiena della ragazza contro il suo petto e la strinse a sè. Il respiro caldo di Shade stuzzicava il collo umido di Fine in un piacevole tepore, mentre le mani accarezzavano piano i gomiti, gli avambracci e il profilo dei suoi seni. L’erezione dell’uomo, poi, strusciava insistente contro il suo sedere.
- Rilassati, Fine. -, soffiò contro i capelli rossi e, sentendola irrigidita, fermò le carezze.
La ragazza, allora, appoggio la testa all’indietro nell’incavo tra la spalla e il mento di Shade che, ora, la circondava teneramente con le braccia.
Rimasero in silenzio per diversi minuti: il crepitare del fuoco accompagnava i loro respiri regolari donando a entrambi una piacevole sensazione.
- Quando hai detto che Roman sarà al tuo fianco nel governare il regno, cosa intendevi? –, domandò infine il cobalto, non trattenendo più la curiosità che lo stava divorando dalla riunione.
- In questi sette anni, la mia unica consolazione alla solitudine, a parte la compagnia di Rein, era la lettura. Certo, mio zio si è preoccupato di cancellare ogni prova della sua colpevolezza ma mi sono capitati sotto mano i diari amministrativi di mia nonna e mia mamma. Nonna Grace era una donna buona e con un forte senso della giustizia. Per questo, era molto amata dal popolo; ma non teneva in considerazione la nobiltà e, anzi, non perdeva occasione per screditarla e diminuire i suoi poteri. Instaurare il Consiglio dei nobili era l’unico modo che aveva per cercare di chetare i loro malumori e sappiamo entrambi come è andata a finire. Mia mamma aveva individuato il problema della nobiltà ma l’esercito le era sfuggito di mano per colpa di Aaron e il popolo non si sentiva rappresentato. Ovviamente, ho avuto modo di riflettere su questo solo negli ultimi tempi, quando mi sono resa conto che cambiare le cose era un mio compito. Riconosco di non avere la benché minima preparazione su come si governa: essere buona e giusta sono requisiti necessari ma non sufficienti per essere una regina. Insomma, l’insegnamento che mi hanno lasciato in eredita le precedenti regnanti è che cercare di guidare un regno da sola è difficile. –
- E delegare è ancora più complesso. -, concluse il ragazzo dietro di lei. – Quindi, come fare? -
Fine si allontanò per riuscire a vederlo in volto.
- In realtà, credo che le cose non cambieranno poi molto da come sono ora. –
Alla faccia stranita di Shade, la giovane scoppiò a ridere.
- Non intendo fare come mio zio. -, spiegò. – Dico che un’organizzazione del regno esiste già, anche se non ufficiale. Il Tiranno ha cercato di concentrare tutto il potere su di sé ma gli ordini e le disposizioni arrivavano tardi nelle città; certo, i soldati mantenevano l’ordine e riscuotevano le tasse ma per il resto vigeva l’anarchia. Quindi, si sono creati dei gruppi: persone degne di fiducia e di rispetto hanno deciso di assumersi il comando, come Roman. Il malcontento, poi, è degenerato nella ribellione, ma, di fatto, le città hanno trovato il modo per amministrarsi da sole, trovandosi abbandonate a loro stesse. –
- Non riesco a capire quale sia il punto. -, ammise Shade sotto lo sguardo concentrato di Fine.
- Il popolo mi riconosce come rappresentante del regno ma è ben lungi da accettarmi come governante. Devo sfruttare quelli che loro considerano davvero delle guide, coloro che sono stati incaricati nel perseguire il bene della città. Voglio creare un consiglio tra nobili e popolani, che mi aiutino a mantenere l’ordine e l’armonia, a individuare i veri bisogni della gente e che collaborino nel fare giustizia. –
Il ribelle guardò incerto la sua amata.
- E’ un progetto ambizioso. Approfitteranno delle tue debolezze per spodestarti Fine. –, rivelò sincero i suoi dubbi.
La rossa scosse le spalle.
- Credo non ci sia nulla di più soddisfacente per un regnante vedere che il proprio popolo impara a governarsi da solo. Nei primi tempi non mi tirerò certo indietro e darò il meglio di me nel mediare tra le parti e ottenere giustizia per tutti. Se qualcosa andasse storto, sono sicura che tu mi difenderai. –
Shade annuì, ammirato dalla fiducia che Fine riponeva nel suo popolo e dai suoi ideali. Poi, le prese una mano e se la portò alle labbra. Con un morso leggero, azzannò la pelle profumata della principessa che inveì infastidita e ritirò la mano.
- Ma che fai? -, lo rimbeccò, rivolgendo un broncio offeso al ribelle.
Lo trovò con un sorriso sghembo da togliere il fiato e le pupille dilatate. Fine tremò sotto quello sguardo e un prurito nel basso ventre le suggerì che Shade era di nuovo a caccia e che il suo corpo non aspettava altro che averlo di nuovo dentro di sé.
- Io ti difenderò da chiunque, ma chi ti proteggerà da me? -, sussurrò languido l’uomo mentre l’afferrava per costringerla di nuovo contro il suo petto e cominciare a baciarla e vezzeggiarla.
 
 
L’uomo alto e dai baffi ispidi attendeva paziente la sua preda nascosto nell’ombra del corridoio. Sapeva che non avrebbe dovuto attendere troppo e, infatti, la ragazza svoltò l’angolo con passo veloce, impaziente di raggiungere la sua camera. I lungi capelli azzurri ricadevano intrecciati sulle spalle e un leggero sorriso le abbelliva le labbra, impaziente di raggiungere il suo amato. Gli passò accanto senza accorgersi della sua presenza e, di scatto, l’uomo l’afferrò per un avambraccio. La giovane lanciò un urlo ma l’ombra le fece cenno di calmarsi: con un passo avanti entrò in un angolo di luce e si fece riconoscere.
- Buonasera, carissima. Devo parlare con te e Bright. Abbiamo molto di cui discutere. -, le spiegò sornione mentre, sempre tenendola sotto braccia, proseguivano insieme per il corridoio.




Angolo dell'autrice.
Inaspettatamente, aggiorno con estremo anticipo rispetto ai miei piani. Come ho già detto a qualcuna, questo è un periodo di tranquillità, in attesa di raggiungere finalmente un importante traguardo come la laurea. Mi era mancato scrivere capitoli corali, in qui ogni personaggio ha qualche paragrafo di gloria.
Faccio un'analisi veloce che sono di fretta: Roman ha rotto il ca*** ma è un personaggio che mette in dubbio tutto quello che stanno cercando di costruire i nostri due protagonisti. Come avrete intuito leggendo l'ultimo pezzo, ha in mente qualcosa che comporta l'aiuto di Rein e Bright. Rein è un po' insistente con la nostra principessa ma credo che la voglia di riscattarsi sia davvero tanta. Non può fare gesti eclatanti ma nel suo piccolo vuole dare una mano. Altezza è la grande assente del capitolo che, comunque, viene sempre citata. Dopo la batosta della scoperta di essere incinta meritava una piccola pausa dalla scena per capire da che parte rigirarsi. Auler, intanto, è un vero gentiluomo e so che lo amate per questo. Ho anche deciso di lasciarvi con una piccola scena hot dei nostri due amati protagonisti che hanno raggiungo un ottimo livello di intimità. Sono belli, punto, e innamorati. Poi, ci sono tutta una serie di problemi che li affliggono ma per ora vogliono godersi il momento. Fine ha molte idee su come rivoluzionare, davvero, il suo regno e non sarà semplice realizzarlo.
Fatemi sapere cosa ne pensate e portate pazienza. La storia sarà finita a tutti i costi ma le mie tempistiche sono, come sempre, lunghe. Spero comunque di lasciarvi soddisfatte, visto la lunghezza dei capitoli e la quantità di avvenimenti.
Un bacio e un abbraccio,
Ele

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Capitolo 40
*** 39. Complotto ***


39. Complotto
 
La sensazione di prurito sul torace destò Shade dal sonno che lo avvolgeva e si stiracchiò con un verso strozzato. In quel momento, i suoi sensi intorbiditi metabolizzarono cosa stava succedendo: riconobbe il tocco di un dito leggero sulla sua pelle che, imperterrito, continuava a scendere verso zone proibite. Scattò, afferrando la mano che lo stava vezzeggiando e aprì le iridi scure sul volto arrossato dall’imbarazzo di Fine. Era stupenda con quell’espressione colpevole, i capelli spettinati dalla notte movimentata e coperta solo da un leggero lenzuolo che si posava morbido sulle sue curve. La luce del mattino che entrava ovattata da una finestra a lato del letto e il calore del corpo della principessa contro la sua pelle rendevano quell’attimo così intimo e piacevole che sperò durasse per sempre. Non si trattenne, però, nello sfoderare un sorriso malizioso.
- Sono così irresistibile? –
La ragazza diventò ancora più paonazza e, mugugnando, gli diede un pizzicotto sul fianco.
- Mi hai fatto male! -, protestò lui.
Fine rise e calò sulla parte lesa, dove pose un piccolo bacio.
- Pensavo di essere io quella irresistibile. –, pronunciò con fare noncurante.
Poi, sfiorò casualmente con la gamba il basso ventre di Shade, dove si era già accesa la passione. Dolcemente, risalì il suo petto con una scia di baci fino ad arrivare al pomo d’Adamo dove una leggera peluria le solleticò le guance. I loro bacini erano ora a contatto e l’uomo si lasciò sfuggire un gemito strozzato, chiudendo gli occhi dal piacere. Tornò a guardare Fine che lo osservava languida.
- Hai ragione. Vieni qua. –, le disse sbrigativo.
Il ribelle l’accomodò meglio su di sé, facendo aderire i loro corpi e scivolò lentamente in lei. Stavolta fu la principessa a gemere.
 
 
- Certo che puoi anche evitare eh! –
Neanche il tempo di richiudere la porta alle spalle che la voce di Altezza l’aveva accolta con il suo solito tono stridulo e ironico.
- Buongiorno anche a te, Altezza. Che ho fatto di male? -, le chiese Fine seccata.
L’amica si strinse nelle spalle.
- La tua faccia soddisfatta è troppo appariscente. Siete diventati dei conigli per caso? –
Quelle insinuazioni maliziose erano la routine per loro ma il vero problema era che nella stanza erano presenti anche Maria, Milky, Lione, Narlo e Sophie; per non parlare delle guardie della sua scorta che presidiavano la porta e che cercavano di mantenere un’espressione seria.
Fine sgranò gli occhi in direzione della bionda per cominciare una furibonda invettiva ma quella sfoderò il suo sguardo da "che cosa ho fatto?", e si accarezzò distrattamente la pancia per ricordarle che era una donna incinta. La principessa dovette massaggiarsi le tempie per riprendersi da quel colpo basso e la risata di Shade alle sue spalle non aiutava di certo. Lanciò a lui un’occhiata omicida, giusto per prendersela con qualcuno, ma il capo dei ribelli l’aveva superata. Si era già seduto al tavolo per fare la colazione e stava parlottando con Lione. Fine era rimasta stupita nel notare quella confidenza e la ragazza le aveva raccontato con un sorriso che non sapevano spiegarsi nemmeno loro quel legame ma che erano molto affezionati l’uno all’altro. Inizialmente si era scoperta un po’ gelosa ma aveva capito velocemente di non aver nulla da temere. Lione faceva il tifo per lei e Shade e il suo cuore, dopotutto, era ancora massacrato dalle vicende con Black.
Comunque, Maria sembrava non aver sentito lo scambio di battute con Altezza, troppo presa a servire il latte e il sorriso rassegnato di Milky la fece sentire perlomeno compatita.
Sophie le faceva ogni tipo di cenno per invitarla a sedersi accanto a lei e così fece. Fine si era scoperta tollerante nei confronti della stramba regina dei Tanin e anzi, la trovava molto interessante e divertente, soprattutto quando si metteva a infastidire Altezza.
- Non dovresti esagerare con quei biscotti, cara. -, cominciò infatti.
La riccia rimase con la bocca spalancata sul cibo e la faccia sporca di briciole.
- Devo mangiare per due o sbaglio? -, rispose inacidita.
Sophie piegò la testa di lato e le rivolse una risata leggera.
- Sì ma non sarà il bambino a ingrassare ma tu. –
- Brutta… -
In un suono stridulo, Altezza aveva abbandonato la sedia e si era già lanciata sul tavolo per raggiungere la sovrana e tirarle i capelli. Prontamente, però, Auler e Shade l’avevano afferrata per i fianchi, trattenendola e rimettendola a sedere. A quel punto, Altezza si dovette accontentare di rivolgere alla futura cognata epiteti poco carini di cui Sophie rideva sguaiatamente, facendo innervosire ulteriormente la bionda.
Auler tirò un lungo sospiro e si voltò vero Fine con cipiglio serio.
- Mia sorella mi ha detto che hai avuto delle visioni sul futuro di Altezza. Di che si tratta? –
L’erede al trono si strozzò con il latte che stava bevendo. Tossì brevemente, mentre Sophie le dava pacche sulla schiena per aiutarla. Al tavolo, comunque, era calato il silenzio. Fine vagò lo sguardo sulle sue compagne di viaggio e si fermò su Altezza che si era improvvisamente rattristita. Rivelarle cosa aveva visto non era stato semplice ed era l’unico motivo – oltre alla nausea - per cui si era lasciata convincere a rimanere in seconda linea durante l’assalto a Mari. Era stato un duro colpo da digerire per la bionda, soprattutto dopo la scoperta della gravidanza. Ne avevano discusso molto, comunque, cercando di capire come non far realizzare quella premonizione disastrosa e su come informare Auler. Sia Fine sia Altezza non erano entusiaste all’idea di dare quella comunicazione al ragazzo ma Sophie aveva sostenuto che in quel modo avrebbero potuto aumentare le possibilità di successo.
Fu la voce della bionda, flebile e timorosa, ad anticipare una qualsiasi risposta della principessa.
- I draghi le hanno rivelato che morirò durante la battaglia di Lilian. Non abbiamo capito se sarà per mano di Aaron o di Fine. –
L’azzurrò spalancò gli occhi e cominciò a boccheggiare, passando lo sguardo confuso tra le donne sedute al tavolo.
- Com’è possibile che ciò accada se tu non combatterai? –
Si soffermò smarrito su Altezza che abbassò gli occhi, imbarazzata.
- Privarla della battaglia non è la soluzione Auler. -, intervenne Fine riportando l’attenzione del giovane su di sé.
- Che intendi? –
- Abbiamo vagliato tutte le opzioni ma le possibilità che Altezza non rischi nulla sono poche. Per questo, aspettavamo il momento giusto per parlarne con te. La sua incolumità dipende anche dalle tue decisioni. –
Auler pareva più confuso di prima. La principessa continuò la sua spiegazione.
- Pensaci: Altezza è indecisa su cosa fare. Certo, proteggere vostro figlio è la priorità ma probabilmente, dopo il primo assalto si getterebbe comunque nella mischia. E se anche ne fosse convinta, scommetto che assisterebbe dalle retrovie e vedendo qualcuno in difficoltà non esiterebbe a intervenire. –
- Non sono così prevedibile. -, borbottò la diretta interessata, offesa da quelle congetture che la facevano sembrare troppo impulsiva.
- Se invece fosse obbligata a non partecipare, -, continuò Milky, - troverebbe comunque un modo per scappare e seguire Fine, rischiando di mettere ulteriormente in pericolo se stessa.  –
- Inoltre, considerando che le previsioni dirette dei draghi si avverano sempre, nell’eventualità che effettivamente sia tenuta lontano dalla battaglia, non manca la possibilità che il posto di Altezza sia preso da qualcun altro tra voi. -, chiuse Sophie inzuppando un biscotto nel latte, distratta.
Altro che biscotti! La bionda di fronte a lei avrebbe voluto inzuppare la sua faccia nella tazza. Stavano spaventando Auler: la mano del ragazzo era corsa a cercare la sua e la stringeva convulsamente. Certo, non sarebbe mai stata in grado di convincerlo da sola; il giovane sapeva essere testardo e impetuoso quanto lei a volte, soprattutto se si trattava della sua sicurezza. Avrebbe faticato parecchio a farlo ragionare.
Shade, nuovo pure lui di quei discorsi, si piegò meditabondo sul tavolo. Anche Maria e Lione si erano fatte subito silenziose.
- Quindi non c’è una soluzione? –, chiese il cobalto.
Si voltò verso la biondina e le fece un sorriso divertito.
- Certo, riusciremmo finalmente a godere di un po’ di silenzio senza di te ma, dopotutto, mi dispiacerebbe per Auler. –
Una gomitata ben piazzata nelle costole gli fece mancare il fiato.
- Cretino fornicatore. –
Eppure la bionda non lo disse con il solito tono sprezzante: aveva colto il tentativo per alleggerire la tensione. Fine, intanto, rispondeva al capo dei ribelli.
- Beh, in realtà sì. Non sappiamo se effettivamente funzionerà, ma non ci resta che provare. È stata Milky ad avere l’idea. -
La ragazza si strinse nelle spalle e intervenne.
- Sophie ci ha spiegato che ci sono delle incongruenze tra le sue visioni e la realtà. –
- Riguardano solo Fine e Shade in realtà. –, puntualizzò la regina dei Tanin con un sorriso divertito.
- Io e Fine? –
Milky annuì.
- Siete gli unici di cui non ha sogni premonitori. Ho pensato che le vostre azioni non siano prevedibili perché da ciò che fate dipendano molte persone e genera degli eventi a catena nelle vite di chi vi circonda. Ad esempio, Sophie ha avuto una visione sulla gravidanza di Altezza: se Fine non avesse deciso di lasciare il palazzo e cercare Camelot non si sarebbero mai conosciute; ciò ha portato alla decisione di cercarti e all’incontro con Auler.
I nostri futuri, quindi, una volta che voi avete fatto una scelta, si delineano in maniera più netta e si manifestano allora nei sogni di Sophie. Insomma, Fine e Shade sono delle vere e proprie incognite per i draghi e potremmo sfruttare questa cosa a nostro vantaggio. –
A quelle parole, la principessa incrociò le iridi cremisi con quelle di Shade.  
- Se fossimo solo noi due ad andare da Aaron il futuro non sarebbe prevedibile. -, spiegò brevemente al compagno.
Il capo dei ribelli si aprì in un sorriso determinato.
- Non vedo l’ora di incontrarlo. –
Auler, intanto, aveva iniziato ad agitarsi sulla sedia.
- No, non lo accetto. Sono il tuo braccio destro Shade. Io verrò con te. Qualcuno ti deve pur parare il culo.
L’amico si alzò e appoggiò entrambe le mani sulle spalle dell’azzurro.
- Hai un compito più importante: dovrai combattere insieme ad Altezza e proteggerla. Vedrai che io e Fine ce la caveremo. –
Con una pacca, lo invitò a seguirlo.
- Vieni, andiamo. Abbiamo molti preparativi da fare per stasera. –
Di malavoglia, l’uomo lo seguì continuando a borbottare il suo malcontento. Non appena uscirono dalla stanza, Fine e Altezza tirarono un sospiro di sollievo.
- L’hanno presa bene. -, sentenziò la rossa con un sorriso sulle labbra.
Allungò una mano e strinse il braccio all’amica, per rincuorarla. Era sollevata nel saperla al sicuro con Auler e non vedeva l’ora di avere un confronto con suo zio. Eppure c’era un piccolo tarlo che l’assillava.
- Vi ricordo che c’è sempre la possibilità che sia Shade a essere colpito a morte. –
Appunto. Sophie riusciva a pronunciare frasi apocalittiche con una semplicità e leggerezza disarmanti. Lo sapevano tutte, fin troppo bene, e il cobalto per primo aveva capito subito che c’era quell’eventualità. Non rimaneva altro da fare che rischiare e decidere passo a passo del loro futuro.
 
 
- Shade potresti morire. –
Il cobalto alzò gli occhi al cielo.
- L’avevo capito. –
Auler si era fermato in mezzo alla strada e cercava da una decina di minuti di convincere il capo dei ribelli a lasciar perdere.
- Non possiamo perderti. –
- La mia morte è il minore dei mali. E farò di tutto perché non sia Fine a perdere la vita, su questo puoi starne certo. –
- Permettimi di venire con te. –
- Sul serio lasceresti quella pazza di Altezza da sola? –
L’amico mise letteralmente il broncio, seccato per l’insulto alla sua amata e per l’ovvietà della risposta a quella domanda.
Shade si aprì in un sorriso vittorioso.
- Siamo apposto, allora. –
Ripresero il passo, procedendo verso l’ex caserma di Mari dove avrebbero dovuto organizzare le truppe di assalto a Lilian.
- Devi stare attento. –, continuò Auler poco convinto.
Il capo dei ribelli sbuffò.
- Sì, mamma. -, lo prese in giro.
- Non sottovalutarlo Shade. Aaron è un nemico temibile. –
- Saremo in due contro uno. –
- Non stai tenendo conto dei tuoi sentimenti. Non si tratta di un soldato qualunque ma dell’uomo che ha ucciso tuo padre e che ti ha condannato alla prigionia. –
L’altro rizzò impercettibilmente le spalle e non rispose.
- Hai deciso cosa farai? –
Shade sapeva bene a cosa Auler si riferiva. Guardò di sbieco l’amico.
- Voglio dare fiducia a Fine. –
- Ma se fosse la rabbia a vincere? Siete entrambi troppo soggetti a quell’uomo. Potrebbe riuscire a manipolarvi. Non posso lasciarvi soli. –
Erano già nel cortile interno, dove diversi soldati li salutarono nel vederli. Stavano provando le armature dei nemici e le nuove armi. Prima di avvicinarsi, però, prese Auler per la spalla e lo guardò serio.
- Non posso chiedere a qualcun altro di rischiare così la vita. –
L’azzurro sospirò e con una mossa fece cadere il braccio di Shade. Scosse leggermente la testa e si allontanò. Era deluso: da Shade che aveva deciso di andare avanti, a testa bassa, a costo di sacrificarsi, e di se stesso che, nonostante sapesse i rischi che stava per correre l’amico, non poteva fare altro che guardare impotente, consapevole che ormai la sua priorità era Altezza. Veniva meno alla promessa che si era fatto di stare sempre accanto a Shade: quell’uomo gli aveva dato uno scopo nella vita, una famiglia; non si sarebbe mai sdebitato abbastanza.
Il capo dei ribelli rimase a guardarlo mentre cominciava a dare indicazioni sull’allestimento. Auler aveva ragione: doveva vagliare bene ogni possibilità e tenere conto che, sì, probabilmente Aaron avrebbe trovato un modo per mandarlo fuori di testa. Anche Fine non ne era esente ma sperava che insieme avrebbero potuto aiutarsi a vicenda. Fece per raggiungerlo quando notò Roman, in un angolo, che parlava con un drappello di uomini di Riardo e Bright. Era sempre più stranito da quel duo: come faceva un aperto contestatore della monarchia a giustificare la sua amicizia con il principe?
Aveva uno strano presentimento che fu confermato diversi minuti più tardi.
Si stava dirigendo verso le prigioni sotterranee per andare a parlare con alcuni detenuti che si erano detti disposti a combattere per la causa, quando venne intercettato da Rein che lo spinse in fondo al corridoio in un angolo buio e appartato. Aveva visto poco prima la ragazza aggirarsi nell’ex caserma dando una mano nella preparazione dei vettovagliamenti; era sempre avvezza a ciondolare dietro a Bright per cui vederla dare una mano aveva fatto sorridere Shade. Dopotutto, gli stava simpatica.
Comunque, Rein rivolse uno dei suoi sguardi più preoccupati a Shade.
- Abbiamo un problema. –
- Cioè? -, domandò il giovane con tono leggero.
- Avete più nemici di quanto pensiate. –
Il cobalto alzò elegante un sopracciglio.
- È una novità? –
- No, tu non capisci. -, si mosse agitata. - Si tratta di Roman. –
- Parla Rein. -, la esortò il capo dei ribelli, curioso e spazientito dal tono cospiratorio che lei stava usando.
- Ieri sera è venuto nella nostra stanza. Ha chiesto a me e Bright qual è il modo più veloce per raggiungere la sala del trono e le stanze del re. -
Shade rimase paralizzato.
- Ha chiesto a Bright di fargli da guida per entrare al castello. –
- I soldati di Roman non dovrebbero nemmeno avvicinarsi al castello. -
- Lo sappiamo. Bright ha cercato di capire qualche fosse il suo piano. Era già molto ubriaco e gli abbiamo offerto qualche bicchiere di liquore per renderlo più loquace. –
- Che cosa avete scoperto? –
- Ha lasciato intendere di voler uccidere personalmente… qualcuno. Siamo sicuri che non stesse parlando di Aaron. –
Il ragazzo afferrò per il braccio Rein, sconcertato.
- Sei sicura di quello che stai dicendo? –
La serva si limitò ad annuire: sul viso una smorfia di sofferenza per la stretta di Shade. Lui se ne accorse e la lasciò malamente.
- Quindi pensate che i suoi bersagli siamo io e Fine? –
- Sì. –
- Ma perché rivolgersi a voi?-
La serva diede un’alzata di spalle.
- Bright è stato allerta fin dall’inizio. Era insospettito del fatto che lo stesse proteggendo durante lo scontro di Mari. L’ha però lasciato fare e Roman è ora convinto di essere riuscito a circuirlo e che otterrà ciò che vuole. Pensa che Bright voglia opporsi a Fine e sostituire suo padre sul trono; che per questo motivo si è schierato con la ribellione. –
- Ed è così? –
Il viso di Rein si piegò in un’espressione dura.
- Dubiti ancora di noi? Fine ha salvato la vita a entrambi. –
- Perché Bright non è qui allora? –
La ragazza produsse un verso esasperato. Shade era convinto, invece, che la prudenza non fosse mai troppa e le sue domande più che motivate.
- Sta tenendo impegnato Roman. La mia mancanza è facilmente giustificabile ma se vedesse te e Bright parlare insieme capirebbe subito che c’è qualcosa che non va. –
- Quindi non sospetta di voi? –
Rein negò.
- Non penso. –
Shade prese la giovane per le spalle e la guardò dritto negli occhi.
- Allora ho un compito importante da affidarvi. –
- Bright sapeva che la mossa giusta era parlarne con te. –, affermò sollevata la serva.
- Avete fatto bene, sì. Digli di tenere Roman il più lontano possibile da me, Fine e Aaron. Non deve però capire cosa sta succedendo, deve pensare che Bright sia dalla sua parte. Se dovesse scoprirlo, Roman non esiterebbe un attimo a uccidere Bright. Hai capito? –
L’azzurra si limitò ad annuire, improvvisamente consapevole dei rischi che avrebbe corso il suo amato e terrorizzata da quell’eventualità.
Shade la scosse leggermente per riportarla alla realtà e incrociò le sue iridi verdi.
- Mi fido di voi. -, la rincuorò prima di lasciarla sola nel corridoio.
 
 
Con il viso appoggiato mollemente al dorso della mano, l’uomo fissava i battenti della pesante porta convinto che prima o poi si sarebbe aperta.
Era trepidante all’idea di rivederli e aveva fatto preparare ogni cosa con cura e precisione: le stanze erano state rinfrescate e le tavole apparecchiate, tutti i candelabri erano stati lucidati e accesi, i letti erano rifatti e aveva voluto fiori in ogni vaso presente nel castello. Si sistemò la corona e il pellicciotto sulle spalle, convinto che a momenti il servitore li avrebbe annunciati. Aveva persino indossato il suo abito migliore, quello del funerale di sua madre Grace, cucito a mano dal migliore sarto del regno. Aaron rizzò le spalle e si mosse nervoso sul trono. Forse era meglio far aggiungere un cuscino perché cominciavano a indolenzirsi le chiappe.
Tornò a guardare l’ingresso ma nulla da fare, nessun cambiamento.
Sospirò e puntò lo sguardo sull’unico altro essere vivente che si trovava nella stanza. Viso sciupato, aspetto trasandato, occhi vitrei: Black non gli era mai sembrato tanto disperato e gli sfuggì un sorriso sulle labbra.
- Presto arriveranno. Non sei contento? –, gli chiese con tono cantilenante.
Il ragazzo non si degnò nemmeno di guardarlo. Anzi, con qualche passo attraversò la sala e si appoggiò al davanzale della finestra da cui si vedeva il sole calare all’orizzonte.
L’ingresso si aprì all’improvviso ed entrambi trasalirono. Aaron e Black si voltarono verso l’attendente che si era piazzato al centro della sala. Un breve inchino e parlò.
- Mio Signore, le truppe dei ribelli si stanno muovendo. All’alba raggiungeranno le porte di Lilian. –
Il re si lasciò andare a un verso acuto e batté felice le mani.
- Non vedo l’ora. -
 
 


Angolo dell'autrice: 
ok, penso che siano passati tipo 4 anni dall'ultimo aggiornamento che ho fatto! Che dire? L'intenzione è sempre stata di finirla ma non ho mai trovato davvero il tempo e l'ispirazione... in questi giorni però, insomma, ho un sacco di tempo libero e ho pensato di andare a rivedere quel che avevo scritto. Una cosa tira l'altra e sono riuscita a mettere giù un capitolo. Spero comunque che troviate la voglia di leggerlo e accompagnarmi nella chiusura di questa storia che è sempre stata parte di me... una parte ingombrante e a volte scomoda ma che mi ha anche dato grandi soddisfazioni. Voi per primi siete in tantissimi ad averla messa tra le preferite e seguite e ho sempre ricevuto richieste di continuarla, di finirla. La vostra fedeltà meritava di essere ricompensata. Anche perchè davvero manca pochissimo alla chiusura. 

Spero che sia tutto chiaro sulla questione del futuro e dei draghi. Non è stato semplice spiegare la mia idea: 
praticamente Fine e Shade sono i protagonisti indiscussi e ogni loro azione genera una serie di conseguenze che vanno ad influenzare la vita di tutti. Quindi, tecnicamente, il futuro per loro è imprevedibile (quindi i sogni di Sophie non si manifestano per loro) ma sappiamo che le premonizioni dei draghi si avverano sempre per cui, scuramente, qualcuno verrà colpito a morte nella sala del trono. Il riassuno è questo. 
Rein e Bright pian piano si stanno riscattando agli occhi di Shade e si sono rivelati, effettivamente, un importante alleato nella scoperta del complotto di Roman... Chissà che avrà in mente questo altro pazzo! 
E nell'ultima parte rivediamo i nostri amati antagonisti: Black scavato e frustrato dagli avvenimenti ma ancora accanto ad Aaron e il Re trepidante all'idea di rivedere i suoi figli, figliocci, figli di rivali... la nuova generazione insomma!

Nel prossimo capitolo si entra nella battaglia finale gente! So che non vedete l'ora e vi posso solo promettere che ci sarà un aggiornamento. Non so quando eh... si trattano di 7/8 pagine di word solitamente e non si scrivono in mezza giornata ecco!
Nel compenso, però, vi lascio il link della one shot della prima notte di passione tra Fine e Shade se non avete ancora avuto modo di leggerla: 

https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3889684&i=1

Vi mando un super abbraccio e spero di ricevere le vostre opinioni e recensioni, 
Dreamer In Love


 

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Capitolo 41
*** 40. Per la libertà ***


40. Per la libertà
 
Fine osservava accigliata l’ingresso di Lilian barricato. Sulle torrette di guardia, centinaia di arcieri scrutavano il bosco in attesa dei nemici che si erano nascosti tra le fronde già alle prime luci dell’alba.
Un brivido le percorse la schiena e impugnò più saldamente la spada tra le mani sudate. Erano passati due mesi e mezzo dalla sua fuga ed erano cambiate molte cose da allora; soprattutto, lei era cambiata.
Quando Camelot le aveva rivelato la verità sulla natura turbata di suo zio, si era sentita persa, impotente, stupida. Aaron l’aveva presa in giro per sette anni, le aveva mentito spudoratamente, facendo ricadere la colpa delle sue azioni, tra cui la morte dei suoi genitori, su Eclipse.
Già, Camelot: anche lei era rimasta vittima di quella guerra civile. La donna aveva lottato per anni, assetata di giustizia in nome della dinastia reale. Era stata leale e fedele fino al suo ultimo respiro. Fine sentiva ancora sulla pelle l’abbraccio della vecchia governante: le braccia sottili ma forti, l’odore di pulito, famigliare e rinfrancante, l’affetto incondizionato che aveva saputo darle nonostante le difficoltà, il dolore e la delusione. Dopo anni di solitudine, quel solo gesto era riuscito a far vacillare il muro d’indifferenza che aveva sapientemente costruito intorno a sé. L’aveva riportata ai ricordi di un’infanzia che credeva perduta, alla felicità dei giorni passati con i suoi genitori e Shade al castello; era riuscita a infonderle il coraggio per andare avanti e affrontare le conseguenze della verità. Ed era stata una verità dura da accettare. Si rese conto che non sempre era stata all’altezza di quel compito ma ora era davvero pronta ad arrivare fino in fondo. Quando Shade le aveva detto che era morta aveva sentito una parte di sè spezzarsi, letteralmente. Sospirò, cercando di rimandare indietro le lacrime.
Doveva farlo per Camelot, per sua madre e suo padre, per Eclipse, per Omendo e Camilla, la madre di Bright; per tutte le persone che erano morte nel tentativo di ribellarsi; per tutte le persone che non avevano avuto la forza di ribellarsi.
Suo zio aveva fatto tabula rasa attorno a sè, demolito e distrutto ogni cosa buona e luminosa. Aveva generato solo sofferenza, aveva fatto sanguinare il suo regno, le sue terre, il suo popolo. Non lo avrebbe mai perdonato e non vedeva l’ora di saldare i conti con lui. Eppure, allo stesso tempo, era intimorita: il ricordo dell’uomo intransigente e violento che le concedeva una carezza riusciva ancora a destabilizzarla. Una parte di lei era stata assoggettata, come suo cugino Bright d’altronde, da Aaron in una dipendenza distorta e fuorviante. Se non avesse avuto quel colpo di testa, la famosa sera della sua fuga, probabilmente in quel momento sarebbe stata al fianco del tiranno ad aspettare trepidante l’arrivo di Shade per ucciderlo e vendicarsi dei suoi genitori.
Una mano delicata che si appoggiava sulla sua spalla la riportò alla realtà. Guardò leggermente stranita il volto del cobalto, prima di metterlo a fuoco e lasciarsi andare a un sorriso tirato.
- Stai bene? -, le domandò Shade premuroso.
La situazione sarebbe potuta essere diversa, sì, eppure accanto a lei, bello, sicuro e possente, c’era proprio l’uomo che in passato si era convinta di odiare e che ora era una parte essenziale della sua vita.
- Sì, sono solo un po’ stanca. –, gli rispose ammirandolo segretamente.
- Non dirmi nulla. Non mi hai fatto dormire stanotte. –
Sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi sghembi e Fine si ritrovò ad arrossire. Gli diede uno spintone sul fianco.
- E smettila. -, lo riprese ma apprezzò il tentativo di allentare la tensione.
Comunque l’allusione di Shade non corrispondeva alla verità e la futura regina pensò che senza ombra di dubbio avrebbe preferito una notte di passione con il suo amante piuttosto che fare le ore piccole per rielaborare il piano d’attacco. Quando avevano deciso di mettersi a letto, li avevano accolti una brandina traballante su cui a malapena stavano entrambi e sogni agitati. Era seccata dal fatto che Shade non fosse tornato nella sua tenda. Con la minaccia di Roman che pendeva sulle loro teste e il malcontento per la loro relazione, era meglio evitare di farsi vedere insieme in quella fase della ribellione ma, come sempre, il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni. Come sull’armatura in cuoio che la irrigidiva nei movimenti e che lui le aveva fatto indossare a forza. Sbuffò.
- Sei sicuro che andrà tutto bene? -, gli chiese riferendosi alla faccenda di Bright e Roman.
Lui capì e annuì.
- Mi è sembrato molto determinato. -, commentò, mentre lo sguardo veniva catturato dalla figura di Auler che si avvicinava di corsa a loro.
- È pronto. –, avvisò il capo dei ribelli e la futura erede al trono.
Shade gli sorrise.
- Dobbiamo cominciare allora. Dai l’ordine ai draghi. –
Il ragazzo dai capelli azzurri tergiversò un attimo. I due amici si guardarono degli occhi e, in un tacito accordo, allungarono un braccio per stringerselo reciprocamente.
- Conto su di te. –
Auler annuì brevemente. Poi, lanciò un sorriso d’incoraggiamento a Fine e scomparì tra la marmaglia di soldati.
La principessa si strinse nelle spalle.
- Non pensavo sarebbe stata così dura. Altezza era in lacrime quando ci siamo salutate. -, ammise e lo stomaco si contorse al ricordo della sua amica bionda risalente a qualche ora prima.
L’aveva stretta in un abbraccio opprimente, singhiozzando senza ritegno e sfregandosi il naso bagnato sulla sua spalla. «Non fare di testa tua…», le aveva poi intimato severa, «e stai vicino a Shade. Ti voglio bene.», aveva concluso quando ormai entrambe piangevano. Poi la bionda si era voltata minacciosa verso Shade e gli aveva ordinato di proteggerla a costo della vita. Il ragazzo si era limitato a un cenno d’assenso e si erano scambiati una stretta di mano. Nonostante gli screzi iniziali, alla fine avevano imparato a conoscersi e si erano affezionati l’uno all’altro.
- Come fate tu e Auler a essere così calmi?–
- Abbiamo combattuto molte battaglie insieme in questi mesi. –
- Non mi stai aiutando. Lione? -
Si voltò verso la giovane che era con loro e che li stava studiando attenta: Fine e Shade erano davvero molto affiatati e l’arancio fu colta da una punta di invidia. Avrebbe mai trovato qualcuno con cui condividere la propria vita? Era abbastanza sicura che la delusione per Black sarebbe stata una cicatrice profonda da arginare. Sperava che la battaglia le permettesse di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: non aveva dormito granché alla possibilità di vederlo e saldare i conti con lui.  
- Devi solo credere fermamente che li rivedrai presto, che tutti faranno del proprio meglio, e devi agire in modo che lo scenario migliore accada. –
Fine le sorrise brevemente, ringraziandola con gli occhi. Fare del proprio meglio era qualcosa che era alla sua portata; sperava comunque che fosse abbastanza.
- Lio, gli arcieri sono pronti? –
La ribelle annuì.
- Torno da loro. -, annunciò ora seria, avviandosi con passo veloce verso un drappello di soldati che l’aspettava a diversi metri di distanza.
Shade allungò lo sguardo, poi, nella direzione opposta, dove Roman parlava con i suoi uomini. Anche Bright era in prima linea con lui.
Il volto del capo dei ribelli s’irrigidì per un attimo. Poi, si rivolse alla ragazza accanto a lui e le iridi cobalto tornarono dolci e fiere.
- Ci siamo. –, l’avvisò premuroso.
Fine gli sorrise.
- Ci siamo. –
La sua voce venne però coperta dal suono asciutto e ritmico delle ali dei draghi. Cinque magnifiche creature si muovevano agili nel cielo di Lilian. Saba, cavalcato da Perla, e Hakim, cavalcato da Nagino, coprivano la porta principale mentre gli altri erano divisi sulle entrate est e ovest. Infatti, Zahira, Raldun e Ashiq proseguirono verso quelle direzioni, scomparendo poi alla vista per colpa della foresta.
Le grida dei nemici le fecero spostare lo sguardo dal cielo alle mura davanti a lei. Con potenti fiammate, i due animali cercavano di indebolire le difese nemiche schivando abilmente i dardi di un inutile contrattacco. Il loro scopo era anche scoprire gli stratagemmi messi in atto da Aaron all’interno della città e comunicarli alla retroguardia.
Nel frattempo, un centinaio di Tanin si schierò sulla strada principale trascinando, con l’aiuto di alcuni cavalli, un grosso ariete. Auler, in prima linea in quell’operazione, dirigeva gli spostamenti e indicava il percorso da seguire. I piedi scivolavano tra il fango della via sterrata ma, in poco tempo e nonostante la mole da trasportare, riuscirono a raggiungere il portone. Azionarono gli ingranaggi, che permettevano la manovra di sfondamento senza la manodopera umana, mentre i soldati si posizionavano dietro la grande costruzione per difendersi dagli attacchi nemici.
Entrarono in scena anche Lione e il gruppo degli arcieri con il compito di proteggere la prima linea. La ragazza dai capelli arancio scoccava precisa i colpi, dritta e fiera tra i suoi attendenti, e Fine si ritrovò a invidiare il suo coraggio e la fiducia che gli uomini di Eclipse riponevano in lei. Al contrario, la futura regina non riusciva a liberarsi dell’etichetta di sfruttatrice: come i suoi parenti prima di lei, avrebbe approfittato della lealtà di Shade per mettere le mani sul trono e poi voltargli le spalle; per non parlare del malcontento dovuto alla convinzione che non si sarebbe mai sporcata le mani in battaglia. La sua presenza, quella mattina, era stata vista con sospetto: alcuni l’avevano interpretato come un tentativo di riscatto ma i più dubitavano che sarebbe andata fino in fondo. Solo coloro che erano partiti dal limitare del deserto perseveravano nel sostenerla ma erano ormai un’esigua parte dell’esercito di Eclipse. Sospirò e strinse l’elsa della spada che sua madre aveva fatto forgiare per lei.
Non le rimaneva che dimostrare che si sbagliavano. Aveva un destino da compiere e l’eredità dei suoi genitori da portare avanti.
Un crepitio e un boato annunciarono che l’ingresso era stato sfondato e Fine sperò con tutta se stessa che anche alle porte est e ovest della città tutto fosse andato per il meglio. A quel punto, però, toccava a loro entrare in gioco.
Con un ultimo sguardo d’intesa rivolto alla principessa, Shade alzò la spada al cielo.
- Per la libertà! -, gridò con tutto il fiato che aveva.
Un’ovazione di adrenalina gli rispose prontamente e, insieme a centinaia di uomini e donne, si misero a correre verso l’entrata spalancata.
I Tanin avevano aperto un varco ma i mercenari tenevano duro sulla strada principale. Purtroppo non c’erano molte altre direzioni da prendere per il castello. Lilian era famosa per le case ammassate l’una sull’altra e i vicoli stretti. L’esercito reale si era preparato alla battaglia e aveva ostruito i passaggi per far convergere i nemici in un’unica direzione e concentrare le forze.
Fine cercava di tenere il passo di Shade che avanzava agile, sicuro, inarrestabile tra i soldati, colpendo e ferendo qualsiasi cosa che gli andasse incontro. I movimenti erano fluidi, il viso concentrato e serio e la principessa ne era ammirata. Era davvero bello e la ragazza sapeva che quel pensiero non era dato solo dal suo aspetto fisico; perché sotto la scorza arrogante e fiera, c’era l’anima pura e nobile di un uomo che, nonostante le sofferenze, le perdite e i torti subiti, perseguiva con spirito incorruttibile il suo scopo. Era quella la vera ribellione di Shade: non essersi lasciato condizionare dal passato e avere sempre avuto speranza nel futuro, nel suo popolo e in lei. Era diventato un esempio, un pilastro solido e affidabile per migliaia di persone. Era una piccola scintilla in un mare di buio ma la sua sola esistenza aveva accecato ogni singolo individuo, facendogli vedere la realtà e rendendoli consapevoli che un’altra strada era possibile. La scintilla era diventata presto un fuoco, poi un incendio. Sorrise. Era orgogliosa di lui.  
Il fischio dello spostamento d’aria la fece trasalire ma riuscì a schivare una lama che stava per colpirla. Parò il colpo e con un urlo obbligò l’arma nemica lontano da sé. Mise a fuoco un uomo dalla barba folta che la scrutava con occhi annebbiati e un ghigno di rabbia. Le spade si scontrarono a metà strada generando un forte rumore metallico. Nonostante la mole del nemico, Fine riusciva a tenergli testa. I muscoli in tensione delle braccia le dolevano terribilmente ma sapeva di non poter contare solo sulla forza bruta. Con una mezza piroetta, imparata dallo stile elegante dei Tanin e di Auler, sfuggì di lato e assestò un colpo mirato alla caviglia del mercenario, che, mancato il contrappeso di Fine, si era sbilanciato in avanti. L’uomo cadde a terra con un tonfo pesante. Imprecò nel rialzarsi, pulendosi una mano dalla polvere della strada, e tornò con un grido all’attacco. Di nuovo una schivata laterale ma stavolta la principessa colpì all’altezza dell’ascella, dove sapeva che i soldati del re mancavano di adeguata protezione. Fu un taglio netto, regolare, e il sangue cominciò a fluire copioso sull’armatura, imbrattando il terreno. Il volto del nemico si fece presto bianco, anche se provò ancora a combattere. Un affondo più lento e meno potente fu velocemente intercettato da Fine che lo fermò prontamente e approfittò della vicinanza per colpirlo con un calcio all’addome. Il nemico cadde con un verso di dolore. Sorrise tra sé, vittoriosa e sicura che sarebbe stato fuori uso per un po’. Si voltò per proseguire.
Il corpo si bloccò all’istante mentre le iridi cremisi si spalancavano confuse nel fronteggiare l’uomo che la stava fissando a pochi metri di distanza. L’espressione seria e severa, le spalle dritte e la bocca piegata in un ghigno annoiato lasciavano però trasparire un lieve stupore. Dopo diversi secondi di totale silenzio, così in contrasto con le urla e i rumori della battaglia attorno a loro, Roman diede uno schioccare di lingua e tornò a correre sulla via per raggiungere i suoi uomini che erano andati avanti.   
La ragazza dai capelli rossi seguì con lo sguardo la figura che si allontanava domandandosi quali fossero i pensieri di quell’uomo ambiguo e intransigente. Si aspettava forse che la principessa non sapesse difendersi? O sperava di assistere alla sua sconfitta? Probabilmente, se fosse stata in difficoltà, non sarebbe nemmeno intervenuto. Non che a Fine andasse bene il pensiero di affidargli la propria vita o avere un debito con lui. In questo erano state propizie le lezioni prese da Narlo, Auler, e il pedante allenamento di Shade che, nonostante il viaggio nel deserto e i giorni di preparazione alla battaglia finale, era continuato. Lei non era solo l’erede al trono, era anche una guerriera e non aveva paura di mettere in gioco la propria vita per la libertà.
Quello non era comunque il momento di lasciarsi distrarre. Doveva trovare Shade e, senza altra esitazione, proseguì da sola. Lo trovò dopo diversi minuti e lo scontro con altri tre nemici: stava combattendo contro due soldati in armatura e, senza troppa difficoltà, mise al tappeto entrambi. Si guardò, poi, attorno con fare preoccupato. Nello scorge Fine, le iridi del ragazzo si addolcirono e le spalle si rilassarono. Si avvicinò.
- Dove eri finita? –
- Mi hanno trattenuta. –
- Stai bene? –
Fine annuì breve mentre spostava malamente il cobalto, fermo davanti a lei, e colpiva con una stilettata una guardia che aveva caricato un colpo e lo stava per ferire. Il capo dei ribelli gli fu subito accanto per proteggerla sulla destra. Proseguirono così, difendendosi a vicenda e supportandosi nello sconfiggere i nemici che, man mano si avvicinavano alla piazza principale, aumentavano.
Fine colpì con l’elsa della spada la scapola di un mercenario che si accasciò a terra dolorante. Dietro di lei, anche Shade era coinvolto in uno scontro.
Un calcio in faccia e l’elmo volò via, atterrando poi sul selciato con un tintinnio metallico. Il volto tondo era fradicio di sudore, sangue e polvere ma gli occhi scuri guardavano il suo aggressore in una muta richiesta di aiuto. La rossa si ritrovò a fissare sorpresa ma prudente l’uomo che le era inginocchiato davanti e che aveva abbandonato la spada per terra.
- Ti prego. Non uccidermi. -, sbiascicò questo con la voce rotta dal pianto e dalla paura.
La ragazza si bloccò.
- Tabi? –
Sentendo pronunciare il proprio nome, l’uomo parve riscuotersi e mettere a fuoco il volto della futura erede al trono.
- Mia Signora? -, la riconobbe immediatamente.
Era il giardiniere che si occupava del roseto sotto le finestre della camera della principessa. Si erano parlati raramente, soprattutto negli ultimi sette anni, ma il servo la salutava sempre con un cenno del capo e a Fine piaceva osservarlo mentre lavorava.
- Che cosa ci fai qui? -, gli chiese la ragazza mentre lo aiutava ad alzarsi da terra.
Che il re avesse reclutato soldati anche nella popolazione? Era sempre stata convinta che i cittadini odiassero suo zio.
Tabi le si attaccò al braccio: le mani nodose la stringevano convulsamente.
- Sono così contento di saperla viva Mia Signora. Non volevamo combattere ma il re ci ha costretto. Ha preso in ostaggio le nostre famiglie e ci ha minacciato. Non potevamo fare altro che obbedirgli. Sapevamo che sareste arrivati però, che ci avreste salvato. –
- Di cosa stai parlando? –
Fine era sempre più confusa.
- Eravamo contenti della sua fuga: speravamo tutti che avrebbe preso in mano la situazione e ci avrebbe liberato da questa tirannia. I sostenitori della ribellione hanno preso coraggio ma re Aaron ha aumentato i controlli e i rastrellamenti per punire chi aiutava Camelot. Abbiamo resistito come potevamo. Quando anche lei è morta, la città è rimasta alla sola mercé di quell’aguzzino. Ci ha tolto i vettovagliamenti, ha aumentato le tasse e ha rapito le nostre famiglie in vista della battaglia. Sapeva che il popolo si sarebbe schierato con voi non appena sareste arrivati in città ed era l’unico modo che aveva per costringerci a combattere contro i ribelli. –
- Mi stai dicendo che non stiamo combattendo contro i mercenari? –
- La maggior parte è nei sotterranei del castello che tengono in ostaggio le nostre famiglie. –
La principessa si guardò attorno alla ricerca di Shade, sconvolta da quelle nuove rivelazioni. Il cobalto era già accanto a lei: pensava che Fine fosse in difficoltà ma lo stralcio di conversazione che aveva sentito rendeva la situazione davvero critica.
Le iridi cremisi lo guardavano smarrite. Il capo dei ribelli, però, sapeva bene cosa fare.
- Il popolo smetterà di combattere se li libereremo. –
Tabi annuì convulsamente.
- Vado. -, annunciò pratico Shade scambiando un cenno d’intesa con la principessa. – Ci vediamo nel giardino del castello. –
Fine fissò la sua figura che si allontanava. Il ragazzo chiamò alcuni degli attendenti creando un drappello di una ventina di unità e si dileguò tra i vicoli stretti della città. Sarebbero arrivati nei sotterranei attraverso le fogne, sfruttando i tunnel creati dai ribelli in quegli anni.
La futura erede al trono, però, capì che c’era un’altra mossa da fare: mettere al sicuro Tabi ed evitare un massacro inutile di innocenti.
Alzò gli occhi chiari verso il cielo alla ricerca di uno dei due draghi. Individuò Hakim sorvolare la piazza principale e, trascinando con sé il giardiniere malridotto, si avviò in quella direzione. Sbucò nell’ampio spazio tra le case, dove la battaglia si era fatta più violenta. Dovettero schivare fendenti e proteggersi dall’attacco di alcuni mercenari che avevano capito che il piano era stato scoperto. Anche Lione, Roman e Bright erano lì. La ragazza dai capelli arancio aveva abbandonato l’arco, messo di traverso sulla schiena, per impugnare la spada e combattere corpo a corpo. Fine constatò quanto fosse agile anche in quella modalità ma l’espressione del volto tradiva un profondo turbamento e non dubitò che i suoi pensieri riguardassero Black. Aveva avuto modo di confrontarsi con lei per quanto successo nella foresta di Inox e sia lei sia Altezza l’avevano perdonata senza esitazione. Il problema era che Lione non riusciva a perdonare se stessa: aveva molte morti sulla coscienza e una rabbia cieca nei confronti della spia. Anche lei era cambiata molto in quei mesi e la principessa era sicura che non avrebbe mai più rivisto l’espressione ingenua e dolce della ragazza che aveva conosciuto in una taverna a Mari.
Si sbracciò per farsi scorgere da Nagino. Hakim si abbassò sulla piazza e con qualche sbuffo di fuoco obbligò i nemici ad allontanarsi. Tabi fissò il drago. Poi, si mise a scuotere agitato le spalle della principessa.
- Mia Signora, i draghi… -
La futura regina guardò smarrita e confusa il giardiniere.
- Ci sono barili di olio e polvere esplosiva in ogni angolo della città. –
Senza altra esitazione, la principessa si aggrappò alle scaglie verdi del drago della saggezza e salì sulla sua schiena. Tabi la imitò con movimenti più impacciati.
- Siete tutti in pericolo. -, spiegò sbrigativa a Nagino. – Dobbiamo trovare gli altri cavalieri. –
Si librarono nel cielo e cominciarono a volare raso dei tetti di Lilian. Un nuvolone nero si levava dal lato est della città. Distinsero la sagoma rossa di Ashiq che planava ad anello sulla zona. Poco sotto, Zahira si abbassava per accertarsi della situazione. Poi, ci fu un forte boato e un’esplosione. Alte vampate di fuoco inghiottirono il drago della passione che sparì alla vista di Fine, Nagino e Tabi.
La ragazza si portò le mani al petto, trattenendo il respiro preoccupata.
Il tanin si acquattò su Hakim.
- Più veloce. -, gli suggerì con tono gentile.
E l’animale cominciò a muovere le ali a tutta velocità. 
 
 
Lione aveva fissato stranita la principessa mentre si alzava in volo con uno dei draghi e una guardia reale. Confusa, sperò almeno che non si trattasse di nulla di grave. Non era l’unica, però, ad aver notato quegli strani movimenti.
- Avete visto tutti? La principessa è scappata ed Eclipse scomparso. –
Roman abbatteva i nemici uno dopo l’altro, seguito dai suoi fidati uomini e Bright, i quali, a quelle parole, gli risposero con grida di assenso.
Avevano quasi conquistato la piazza e stavano per imboccare la porta in muratura che conduceva alla parte bassa del castello. Lione era in prima linea insieme a loro. Aveva deciso di tenere d’occhio i suoi concittadini, convinta che prima o poi il loro capo avrebbe sfoderato le sue carte e giocato un brutto tiro alla ribellione.
- Deve esserci stato un imprevisto. -, volle intromettersi nella discussione, infilzando con una stilettata secca un mercenario.
Roman si lasciò andare a una risata amara.
- Sono entrambi esempi di coraggio e determinazione. Non sarebbero arrivati fin qui altrimenti. -, continuò la ragazza facendosi più vicino.
Nonostante la battaglia imperversasse attorno a loro, arrivò a muso duro con l’uomo dai folti baffi e la pelle olivastra.
- Sicuramente non lo dobbiamo a te. Ho saputo della tua tresca con Black. –
L’arancio si paralizzò sconcertata. Le ci volle qualche secondo per riprendersi ma non si lasciò intimorire.
- Nemmeno a te visto che hai voltato più volte le spalle alla ribellione. Hai messo in una brutta posizione la nostra città sul tavolo delle trattative. –
L’uomo sfoggiò uno dei suoi ghigni sdegnosi e prese per il bavero Lione.
- Infatti, sto puntando molto più in alto. –
- Non vedo l’ora di coglierti in fallo e staccarti la testa con le mie mani. -, sibilò lei a pochi centimetri dal volto increspato di rughe di Roman, furioso per quel confronto.
Il capo di Riardo alla fine la lasciò malamente, non mollando però la sfida di sguardi.
- Non sei più la stessa Lione. -, commentò con qualche passo indietro.
- Per la prima volta, ti devo dare ragione. –
Poi, le iridi scure misero a fuoco una figura dietro alle spalle dell’arancio. Sfoggiò un sorriso malizioso.
- Ma è davvero così? Hai solo un modo per ripagarci delle tue colpe. -, con un cenno della testa le indicò di voltarsi. – Tocca a te ucciderlo. –
La donna seguì le indicazioni e vagò le iridi castane tra i soldati che combattevano, si scontravano, urlavano, si uccidevano e massacravano. Poi, lo vide.
La risata divertita di Roman accompagnò il lungo brivido che le percorse la schiena nel riconoscerlo: Black era lì, di fronte a lei, che si muoveva sinuoso e sicuro nella battaglia.
Il capo di Riardo la lasciò sola e proseguì lungo la salita del castello insieme ai suoi uomini; solo Bright dedicò alla ragazza dai capelli arancio un’occhiata preoccupata.
Lione, comunque, era ora concentrata a studiare l’uomo che ormai era diventato la sua ossessione. La figura, coperta rigorosamente di abiti neri, era magra e solida; il viso era scavato da profonde occhiaie e aggrottato dalla concentrazione per lo scontro. Uccise un ribelle con una velocità e una precisione sconcertante. Si scontrò con un altro, che cadde con un verso strozzato a terra; e un altro ancora, che si ritrovò con una mano mozzata e una gamba gravemente ferita. Gli occhi verdi, brillanti sulla pelle pallida e in contrasto con i capelli scuri, erano freddi, inespressivi. Erano lo specchio della morte, come Lione aveva sentito dire prima di conoscere di persona il loro possessore; ma lei, in quegli occhi, ci aveva scorto ben altro. Sentì lo stomaco contorcersi al pensiero fugace della dolcezza che il suo sguardo poteva assumere e, mossa dalla disperazione e dall’istinto, iniziò la sua galoppata in direzione di Black, nella necessità straziante di tranciare ogni legame con lui. Che ciò volesse dire ucciderlo non aveva più alcuna importanza.
A pochi metri, il braccio si mosse in un fendente deciso e netto in direzione del collo scoperto dell’uomo. A differenza dei suoi attendenti, Black non indossava mai armature ma solo un corpetto di cuoio; Lione lo sapeva bene, glielo aveva tolto tante volte prima di fare l’amore con lui. La spia mise al tappeto l’altro nemico che stava affrontando, per poi parare veloce il colpo dell’arancio; spostò la lama, obbligando la punta a terra. Con la mano libera, estrasse il pugnale che teneva alla cintola e diede un affondo. Lione si spostò di lato ma fu comunque colpita all’altezza dell’addome. Le sfuggì un gemito.
Bastò quel suono, una voce che Black conosceva bene, e il ragazzo si paralizzò.  Accecato dall’adrenalina e dalla foga della battaglia, non si era nemmeno reso conto di chi aveva di fronte. Il volto di Lione, una volta tondo, era ora sciupato e pallido, contorto in una smorfia di dolore per la ferita al fianco che la giovane si teneva con una mano. Il sangue stava iniziando a inzuppare i vestiti facendoli aderire a un corpo scavato dalla fatica e che in passato Black aveva esplorato con passione e avidità. La bocca rosa, sempre saporita e sorridente, era tirata; i denti sigillati per trattenere il dolore e la rabbia. Gli occhi castani, invece, erano diventati dei pozzi di odio. Un odio che Black sapeva bene di meritare. Con le sue azioni aveva reso una dolce ragazzina, figlia di un fabbro e sempre disposta ad aiutare tutti, anche chi aveva la fama di assassino, in un animale assetato di vendetta.
- Lione… -, gli sfuggì in una cantilena, mentre cercava di trattenere il groppo di lacrime che gli era salito in gola. 
Era bellissima ed era viva. Era tutto ciò che gli serviva sapere. Perché sì, nonostante tutto, gli errori che aveva commesso, le bugie che le aveva detto, i sensi di colpa che lo attanagliavano e che non gli davano pace, lui l’amava. E le iridi verdi si sciolsero in un moto di dolcezza e affetto che Lione non riuscì a tollerare.
Riprese a colpirlo con ancor più veemenza, implacabile, accompagnando ogni mossa con un grido sfinito.
Black parava i colpi con precisione, limitandosi alla difesa.
Un urlo e la lama puntò al fianco. Lui si scansò agile e fece scontrare le loro spade, nel tentativo di avvicinarsi.
- Lione. –, la chiamò di nuovo, con tono sottile e prudente, non sapendo nemmeno lui bene il perché.
Voleva solo incontrare il suo sguardo e cercarci una scintilla di speranza che, da vero codardo ed egoista qual era, bramava ancora di trovare. Non si era mai davvero reso conto della fortuna che aveva avuto nell’incontrare Lione; non prima di essere stato messo alle strette, di aver creduto di averla persa per sempre, di aver corrotto in maniera definitiva la sua anima uccidendo Camelot. Perché se nemmeno lei credeva più in lui, che senso aveva continuare a vivere?
La ribelle si allontanò all’improvviso, per poi tornare alla carica. Il rumore metallico del loro scontro si univa a quello della battaglia che imperversava attorno a loro. I colpi si erano fatti sempre più deboli, sfinita dalle emozioni che provava, dalla guerra e da Black. Di nuovo, si ritrovarono a distanza ravvicinata.
- Lione, guardami. –
Era proprio ciò che Lione aveva paura di fare. Era consapevole di essere ancora assoggettata a quello sguardo, a lui: avevano condiviso i loro sentimenti, i loro corpi, le loro anime. Obbedì perché era stanca, delusa, e perché una parte di sé aveva davvero bisogno di confrontarsi con lui, di capire che cosa si annidava nel suo cuore.
Le iridi castane trovarono quelle verdi incurvate in una tacita supplica. Non ne rimase sorpresa; era sempre stato così: dopo aver sbagliato, lui tornava sempre a chiedere scusa. Ma stavolta Lione non era disposta a perdonarlo; non si poteva più tornare indietro. Capirlo era stato scomodo ma necessario, soprattutto quando per sopravvivere al dolore aveva pensato fosse meglio ripudiarlo; ma aveva anche avuto la forza di trasformare l’amore che ancora provava per lui in un sentimento di nostalgia che le aveva fatto scorgere la loro relazione sotto una nuova luce: era innamorata dell’idea del primo amore, della sensazione di calore e protezione che lui le aveva fatto provare, della speranza di cambiarlo. La speranza aveva lasciato il posto ora a una profonda amarezza. Tanto lo aveva amato, tanto lo aveva odiato, tanto ora aveva pietà di lui.
E si ritrovò con la vista annebbiata e il viso rigato di lacrime che le incrostavano le guance mischiandosi con la polvere e il sudore della battaglia. Le braccia le crollarono lungo i fianchi. La punta della spada ciondolava verso il terreno segnando dei piccoli ghirigori.
Black si ritrovò a sorreggerla di peso.
- Perdonami. -, le sussurrò con la voce spezzata.
- No. –
Era stato come un lamento ma Lione si era sforzata di scandire bene ogni lettera.
L’uomo cominciò a scuotere la testa, nel tentativo di scacciare l’evidenza e la straziante sensazione di averla persa per sempre. Le prese il viso tra le mani, asciugandolo goffo, e obbligandola a guardarlo.
- Ma io ti amo. –
- Lo so. Eppure non è abbastanza. –
- Ti prego. -, ritentò in una cantilena strascicata.
- No. -, gli rispose altrettanto disperata lei.
Una rabbia cieca lo travolse. Mollò malamente Lione e si mise a qualche passo di distanza, in posizione di attacco.
- Uccidimi allora. Vivere non ha più senso per me. –
Picchiò la lama sulla spada della ribelle.
- Forza Lione. Uccidimi. Non vedevi l’ora di farlo fino a poco fa. –
La ragazza sospirò pesantemente. Sentiva il corpo rigido. Non aveva nemmeno la forza di alzare l’elsa.
Un altro colpo, stavolta in direzione del suo braccio, la sfiorò. Si scansò appena in tempo.
- Combattiamo. -, la provocò ancora l’uomo e con un grido l’arancio lo accontentò.
Un colpo, una schivata, un grido, un graffio; ogni attacco ora andava a segno. Lione sapeva che lui si stava facendo ferire apposta: non era mai stata all’altezza delle sue abilità da spia e assassino. Lo trovava patetico, codardo. Costringerla a ucciderlo era l’ennesimo comportamento egoista che lui le propinava. Di nuovo, si sentì arrabbiata e delusa. Aumentò la velocità dei fendenti, obbligando Black a indietreggiare.
All’uomo andò un piede in fallo e cadde all’indietro a terra con un tonfo sordo.
Lione gli puntò l’arma alla gola.
- Fallo. -, le disse sicuro.
Quale morte migliore, per espirare ogni sua colpa, che per mano della donna che amava e che aveva tradito?
Aveva sofferto per tutta la vita, nell’ansia e nella disperata ricerca di una famiglia e della propria identità. Non ne poteva più di andare avanti così, soprattutto sapendo di aver perso ogni cosa che aveva con fatica costruito. Ogni sua scelta era stata sbagliata, ogni azione deviante.
La ribelle caricò il colpo ma esitò a pochi millimetri dalla pelle. Osservò attenta il viso virile e pallido, i capelli corvini sudati sulla fronte, le sopracciglia spesse e scure, il naso dritto, la bocca sottile e gli occhi verdi e, seppur angosciati, pieni di vita.
Per quanto quell’uomo le avesse fatto del male, fosse colpevole e misero, meritava di morire?
Gli stuzzicò il collo con la punta. Black deglutì e Lione sentì il pomo d’Adamo muoversi contro la lama. Poi, l’allontanò e buttò la spada al suolo.
- Non posso. -, pronunciò flebile.
Poi, fu colta da una lunga e dolorosa fitta all’addome. Portò le mani sulla ferita e le trovò piene di sangue. Guardò stupita Black che aveva ora sgranato gli occhi e si rendeva conto della gravità del colpo che le aveva inflitto. Venne colto da un conato di vomito.
- Lione. –
Il suo nome, pronunciato con preoccupazione, dolcezza e disperazione, fu l’ultimo suono che la ragazza sentì. Un senso di mancamento e Lione crollò a terra.



Angolo dell'autrice! 
Sono stata fin troppo brava ad aggiornare davvero a fine Luglio. Non pensavo di impiegarci quattro mese ma tra il lavoro, gli esami e il resto ho avuto poco tempo per scrivere. Che poi, sono 9 pagine di Word ragazzi... è comunque parecchio materiale e godetevolo tutto. Alla fine mi sa che ci saranno altri due capitoli. Non so, Fine e Shade non dovevano andare ad impegolarsi in queste faccende ma la storia si è scritta da sola e mi sono dovuta adeguare. La questione dei draghi non era prevista ma c'era ancora molto da raccontare, personaggi che avevano bisogno del giusto spazio. 
Quindi i nostri protagonisti sono nel bel mezzo dello scontro e la battaglia è ancora lunga. Fatemi sapere che ne pensate. 
Devo dire che Altezza è la grande mancante di questo capitolo. Per me non è semplice non inserirla ovunque e fargli fare cose... non ho resistito infatti a inserire il saluto tra lei e Fine e, come sempre, la nostra biondina preferita da spettacolo. Lei comunque ha un ruolo marginale, come era stato deciso nel capitolo precedente, ma non vuol dire che non comparirà prossimamente. 
Lione e Black... ragas, è stato difficilissimo trovare un degno finale per loro. Spero di aver reso bene lo strazio e la disperazione di entrambi, nel mettere fine a un amore che è stato deviato fin dall'inizio. Eppure si sono amati tanto. Black ci sperava ma ha sbagliato ancora e stavolta non si può più tornare indietro. La mia piccola Lione...
Aspetto le vostre recensioni e abbiate fiducia per il continuo che ci sarà, pian pianino ma ci sarà. 
Grazie, 
Dreamer In Love

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Capitolo 42
*** 41. La principessa ***


41. La principessa
 
Stavano volando in circolo sulla parte est della città.
Fine guardava con gli occhi sgranati e il fiato mozzato, l’edificio in fiamme in cui era precipitata Zahira. Le macerie crollavano inesorabili nel buio e profondo buco creato dal corpo pesante dell’animale e il fuoco crepitava vivido e bollente.
Qualche minuto prima, Zahira si librava agile nel cielo con in groppa il suo cavaliere, lanciando vampate di fuoco ai nemici per indebolirli alle spalle e permettere ai ribelli di sfondare le loro difese. Poi, c'era stata una forte esplosione e il drago ne era stato investito in pieno. Si era contorto su se stesso, travolto dal calore e dall'onda d'urto, librando nel cielo un verso stridulo che aveva costretto tutti i presenti a tapparsi le orecchie; poi, era caduto sgraziatamente sulla città.
Narlo si era aggrappato alla sua groppa ma la principessa sapeva bene che l'impatto al suolo poteva essere stato fatale per entrambi.
Dovevano soccorrerli al più presto.
Nagino cercò di far abbassare Hakim sulla via ma lo spazio tra gli edifici era troppo stretto e non faceva altro che peggiorare la situazione: il turbine d'aria delle sue ali dava energia alle fiamme, che crepitavano selvagge consumando ogni cosa; le scintille del rogo che aveva ormai divorato i tetti di una ventina di abitazioni venivano portate a diversi metri di distanza con il rischio di espandere l’incendio e far scattare altre trappole.
Infatti, si sentì di nuovo un forte boato, accompagnato da numerose urla. Il fumo si alzò da alcune case che si trovavano a qualche via di distanza.
La Principessa Fine osservava allibita il caos che regnava.
In pochi stavano ancora combattendo: molti uomini, sia della ribellione sia dell'esercito reale erano rimasti coinvolti nell'esplosione. Brandelli di corpi, sangue, parti carbonizzate, rantoli di dolore… qualcuno stava cominciando a prestare soccorso, a cercare di spegnere il fuoco ma ogni tentativo sembrava inutile, ogni gesto infruttuoso.
Quella visione disastrosa e disperata la faceva sentire paralizzata: dalla paura di non essere in grado di gestire la situazione e dalla consapevolezza di esserne la causa. Nonostante le precauzioni prese e gli sforzi fatti per cercare degli alleati, era ormai chiaro come quella battaglia si stesse rivelando una vera e propria carneficina: non solo le vittime erano colpite in maniera indiscriminata, ma si rischiava che la città venisse rasa al suolo.
Suo zio era un pazzo, disposto a sacrificare vite innocenti pur di salvaguardare la corona. Era anche una sua responsabilità se quell’uomo era stato per così tanti anni l’incubo e l’aguzzino del suo popolo. Doveva assolutamente fermarlo, fare qualcosa per mettere fine a quello scempio. Perché dopo tutti i sacrifici che erano stati fatti, non solo da lei ma anche da tutte le persone che avevano deciso di seguirla, di credere in lei, pensare di arrendersi, perdere, era qualcosa d’inconcepibile.
- Porta al sicuro Tabi. -, disse a Nagino con un’espressione seria sul volto. – E avvisa gli altri draghi di non usare il fuoco. –
L’uomo le annuì breve.
Poi, si voltò verso Ashiq.
- Vengo con voi. -, avvisò il suo cavaliere prima di lanciarsi nel vuoto.
Atterrò malamente sulla groppa del piccolo drago e fu grazie all’intervento di Solo se non cadde. L’afferrò per un braccio e la fece sistemare dietro di lui.
Solo era poco più grande di lei, con corti capelli castani e un viso dai lineamenti dolci. Aveva un carattere estroso e una parola gentile per tutti. Il suo drago, Ashiq, era altrettanto affabile e molto coraggioso. Inoltre, le sue proporzioni gli permettevano di muoversi agilmente e di atterrare sul selciato della via per consentire alla principessa di scendere e avvicinarsi all’edificio in cui era precipitata Zahira con Narlo.
Mentre si abbassavano, Fine si rese conto di essere stata riconosciuta sia dai ribelli sia dai tanin che presidiavano quella parte della città. Non appena mise piede a terra, infatti, fu circondata da alcuni dei suoi sottoposti.
- Che cosa facciamo? -
- Dove è Eclipse? –
- Abbiamo perso. –
Si creò una certa confusione e la ragazza si rese presto conto che era ancora ben lontana da essere vista come un punto di riferimento da loro. Il suo nome era inesorabilmente legato a quello di Eclipse; un gradino sotto quello di Eclipse. Leggermente indispettita, cercò di rimettere ordine e dare alcuni comandi. Riuscì a mandare degli uomini ad avvisare la retroguardia degli ultimi avvenimenti ma i ribelli rimasti stavano discutendo animatamente senza tenere conto di lei.
Poi, si accorse che i soldati della guardia reale si erano avvicinati.
- Principessa Fine? -, chiese una voce di donna sotto uno degli elmi.
I ribelli si misero subito in guardia e le intimarono di rimanere indietro; ma Fine sapeva benissimo difendersi da sola. Si fece avanti con le spalle dritte e senza alcun timore. I suoi capelli rossi, ereditati da sua madre e da sua nonna, erano inconfondibili per chi abitava nella cittadella.
- Sì, sono io. –
Subito, un uomo le corse incontro con un urlo rabbioso, cercando di colpirla con la punta della lama. Lo scansò facilmente e, con uno sgambetto, lo obbligò a terra, puntandogli la spada alla gola. Scorse un viso familiare e riconobbe il soldato come uno della scorta di suo zio.
- Hai deciso a chi essere fedele. -, disse guardandolo dritto negli occhi. – Ma c’è un’altra possibilità. –
Continuando a tenerlo sotto tiro, alzò lo sguardo sulla platea di uomini e donne che la circondavano.
– Sono a conoscenza della condizione in cui Re Aaron vi ha messo. In questo momento Eclipse sta andando a salvare le vostre famiglie. V’invito a unirvi a noi per spodestare definitivamente il tiranno. Per chi è ferito, nella retroguardia troverete delle guaritrici che vi cureranno. –
Dopo un lungo momento di silenzio, una guardia reale a pochi metri da lei parlò.
- Sapevo che era viva. -, disse inchinandosi a terra.
Fu imitato da qualche decina di soldati, probabilmente tutti popolani obbligati a combattere.
I ribelli presenti assistevano stralunati alla scena.
Dopotutto, i cittadini di Lilian avevano sempre avuto una simpatia particolare per la dinastia reale rispetto agli altri abitanti del regno. Il castello dava da lavorare alla maggior parte delle famiglie della città da generazioni.
- Vi prego amici, alzatevi. -, cominciò la principessa
- Come possiamo aiutare? –, domandò un altro ancora.
Fine si guardò attorno, meditabonda e con una punta di soddisfazione a pungolarle l’animo: finalmente qualcuno che le dava retta.
- Diffondete la voce, stanate i mercenari che stanno ancora combattendo e bloccateli. Poi, dirigetevi verso il castello. –
Qualcuno si fece avanti per prendere in custodia il soldato della guardia reale che aveva atterrato poco prima. Altri si dileguarono tra le vie della città per avvisare gli abitanti di Lilian dell’arrivo della principessa.
Ora la priorità era spegnere l’incendio, e l’edificio su cui era caduta Zahira era quello in cui il fuoco crepitava più vivamente. Il drago e il suo cavaliere dovevano essere salvati.
Si tirò su le maniche della casacca.
- Con me. -, disse sicura e iniziò a dare indicazioni precise agli uomini presenti, facendo con tutti loro avanti e indietro dalla fontana per riempire i secchi di acqua e per tentare di soffocare le fiamme.
Ci volle più di mezzora per riuscire a liberare l’ingresso e spostare le macerie incandescenti che ostruivano il passaggio.
La futura erede al trono si preoccupò di bagnarsi nella vasca e mettere sul capo e sul naso uno straccio intriso d’acqua. Insieme con lei, una decina di soldati la imitarono. Poi, entrò nell’edificio e la visione che le si presentò davanti le fece raggelare il cuore.
L’enorme buco nel tetto illuminava la figura scomposta del grosso drago beige che respirava a fatica e mugolava silenzioso il suo dolore. Un’ala era parzialmente dispiegata, incastrata e trafitta da alcune travi di legno. Il sangue scuro colava sul pavimento fumante e bollente.
- Che facciamo? -, le chiese uno degli attendenti.
- Aspettate qui. -
Fine si avvicinò cauta e accarezzò piano la pelle dell’animale che, nonostante il calore infernale che si respirava, era fredda, quasi senza vita.
Zahira si divincolò dalle sue dita, agitata, e la ragazza cercò di chetarla con parole dolci.
- Non preoccuparti cara. Ora ti portiamo al sicuro. –
L’animale parve riconoscere la sua voce e le rispose con un suono basso e gutturale.
- Dov’è Narlo? –, si azzardò a chiedere.
Il drago tentò di alzarsi sulle quattro zampe ma l’ala incastrata le faceva produrre versi lamentosi e strazianti.
- Zahira, fermati. Prima dobbiamo trovare il modo di liberarti. –
Il muso dell’animale si fece vicino e si strusciò contro di lei. Gli occhi rossi si rivolsero alla principessa sofferenti e disperati. Guaì un verso lungo, mentre alzava la coda e spostava faticosamente il corpo accasciato di Narlo.
La giovane fece cenno ai suoi uomini di avvicinarsi al tanin. Si assicurarono che il battito fosse presente mettendogli due dita sul collo.
- È ancora vivo. -, disse un ribelle.
- Portatelo fuori. –
Narlo fu caricato con cautela e fatto uscire.
Fine diede un buffetto sul muso a Zahira e le sorrise incoraggiante.
- Lo hai salvato eh. -, si complimentò con lei.
Poi, tornò a studiare l’ala incastrata.
- Vediamo di farti uscire da qui. -, le annunciò. – Probabilmente farà male. –
Studiò un intricato sistema di leve e corde per assicurare l’ala ed evitare movimenti avventati. Poi, salì sulle spalle di due soldati per poter essere all’altezza giusta ed esaminò la ferita. Alcuni detriti che perforavano la leggera membrana erano facili da togliere ma una trave aveva rotto e lacerato la struttura scheletrica dell’arto. Con l’aiuto dei presenti, sfilò cautamente ogni pezzo e cercò di tamponare l’emorragia con tessuti trovati nelle case vicine.
Zahira rantolò tutto il suo dolore. Ashiq, che assisteva al recupero dall’alto, le rispondeva e la incoraggiava con versi potenti a resistere.
Alla fine l’ala crollò a terra pesante, non più utilizzabile.
Con delle lunghe corde legarono poi il drago per rendere più facile e comodo il suo spostamento.
La principessa uscì dall’edificio e salì in groppa con Solo.
- Voi continuate a spegnere il fuoco e cercate di coinvolgere più soldati possibili. L’incendio ha la priorità. -, ordinò sbrigativa.
Poi, prese Narlo tra le braccia, ancora incosciente ma apparentemente incolume, e spiccarono il volo.
Ashiq si abbassò solo per recuperare l’imbragatura di Zahira e issarla da terra.
Con fatica ma tenacia riuscirono a trasportare entrambi verso la porta principale di Lilian.
 
 
Maria vagava agile, sicura e determinata tra le numerose brandine improvvisate che erano state allestite sotto la tenda dell’infermeria.
Il suo cuore piangeva sinceramente ogni sofferenza che scorgeva sul volto degli uomini e delle donne che doveva curare: tagli profondi, arti mozzati, costole rotte e altre decine di tipologie di ferite che la guerra poteva infliggere.
Non poteva definirsi una guaritrice esperta ma poteva vantare una buona dose di esperienza, data per lo più dal carattere vivace dei suoi figli e dallo spirito indomito del suo caro marito.
Quello con Eclipse era stato un matrimonio d’amore: lei era l’unica figlia di una nobile famiglia in declino, lui un giovane locandiere.
Non aveva ancora compiuto diciotto anni quanto lei e la sua famiglia si stanziarono al limitare del deserto dopo l’esilio della regina. Suo padre cercava di riportare in auge il patrimonio dei Moon attraverso il commercio con regni vicini e la locanda di Eclipse era un buon punto di transito per prendere contatti con investitori e mercanti.
Stanca delle giornate passate in camera con la madre mentre il padre contrattava e si faceva nuovi amici, Maria aveva iniziato a bazzicare la taverna della locanda, conversando con gli ospiti e facendo amicizia con il locandiere.
Eclipse aveva quasi trent’anni, aveva modi spicci e un carattere gioviale. Il suo sorriso sghembo, la sua bellezza scanzonata furono fatali per Maria che, ne fu convinta dal primo istante, non aveva mai conosciuto un uomo tanto affascinante.
Iniziò a dare una mano a servire, poi in cucina, giusto per tenersi impegnata e gironzolare attorno al locandiere. Entrarono presto in confidenza.
Lei era stregata dai suoi discorsi politici, dagli ideali di giustizia e uguaglianza che Eclipse propinava, dalla sua ferrea volontà di voler cambiare le cose.
Lui fu colpito dalla bellezza pulita e dalla gentilezza d’animo della giovane nobile.
Era inevitabile che s’innamorassero.
I suoi genitori disapprovavano la loro storia d’amore ma, senza avere prospettive migliori per il loro casato e, di conseguenza, per il futuro della figlia, acconsentirono al matrimonio.
Erano stati felici per molti anni.
Sorrise tra sè al ricordo del suo grande amore: lo aveva amato tanto Eclipse, nonostante spesso le sue scelte li avessero portati in situazioni pericolose; nonostante Maria avesse capito presto che i suoi ideali avrebbero sempre avuto la priorità sulla loro relazione. Eppure non riusciva a fargliene una colpa. Aveva dato la vita per perseguire ciò in cui credeva e la donna aveva sempre ammirato quel lato di lui, del coraggio incosciente che portava aria di rivoluzione.
E l’aveva letteralmente messa in atto una rivoluzione. Come una valanga, quel sassolino caparbio di suo marito, aveva dato il via a quella che ora era diventata un’insurrezione. La sua eredità era stata tramandata alle nuove generazioni; la sua come quella di Elsa, e ora i loro figli stavano combattendo per portarla a termine.
Per quanto la preoccupazione avesse la meglio, era davvero fiera di Shade, Fine e di tutti i giovani uomini e le giovani donne che la circondavano: sua figlia Milky vegliava con gentilezza su un uomo ferito alla testa; Rein e Sophie stavano fasciando la gamba di una donna priva di sensi; Altezza e Auler pattugliavano l’ingresso e gestivano la retroguardia.
Guardò con espressione incoraggiante l’uomo che stava ricucendo e che sibilava il suo dolore con denti contratti e sigillati. Si accorse di aver finito l’acqua per disinfettare e si avviò verso l’abside per rifornirsi.
Superò la soglia e si paralizzò sul posto.
Un uomo dal viso pallido e scavato, gli abiti sgualciti e sanguinanti e i capelli neri e spettinati, la guardava disperato e terrorizzato con i suoi intensi occhi verdi. Ma quello che davvero l’aveva ghiacciata era la terribile condizione in cui versava la ragazza che teneva teneramente contro il petto; come fosse stata un oggetto prezioso e fragile; come fosse stata un appiglio di salvezza del naufrago alla deriva che era Black.
Maria non lo aveva mai visto ma era sicura si trattasse di lui: Lione era stata generosa di dettagli e, dopotutto, era proprio lei che era accasciata incosciente e ricoperta di sangue tra le sue braccia.
- Aiutala. -, sussurrò lui fissando le iridi chiare e straziate in quelle di Maria.
- Salvala. -, ripeté ancora, come se da quello ne dipendesse anche la sua vita.
La adagiò con una delicatezza disarmante e commovente a terra. Indugiò a osservare ancora per qualche secondo il viso di Lione e si concesse una leggera carezza sulla sua guancia.
- Amore mio. -, pronunciò flebile.
Poi, si dileguò velocemente oltre il tessuto della tenda.
Maria però le aveva viste chiaramente le lacrime che rigavano il suo volto. Con una nuova angoscia nel cuore, la cobalto si precipitò chiamando aiuto al capezzale di Lione per accertarsi fosse ancora viva.
 
 
Altezza non riusciva a trovare pace: fremeva e scalpitava dall’inizio della battaglia, da quando erano cominciati ad arrivare i primi feriti e notizie frammentate dal fronte; ma dopo Nagino e il racconto del giardiniere Tabi, era diventata proprio incontenibile.
Aveva cominciato a supplicare Auler di scendere in campo per correre da Fine e andare a salvare Narlo. Con lei, Milky pregava stesse bene e Sophie, per rallegrare gli animi, oracolava presagi di morte e distruzione, tormentata dalla possibile perdita di uno dei suoi prediletti.
Le cose erano solo peggiorate quando Maria aveva chiamato tutti loro a gran voce per aiutarla ad occuparsi di Lione. Erano rimasti sconcertati alla vista della ragazza ricoperta di sangue. Il battito debole e l’estesa emorragia non facevano altro che peggiorare la situazione. Ogni risorsa era stata focalizzata per salvare Lione ma la cobalto era stata chiara con tutti loro: probabilmente non sarebbe sopravvissuta.
Auler guardava rapito e confuso Rein, Milky e Maria trafficare sul corpo ferito di Lione.
Fu un errore fatale.
Si accorse troppo tardi che Altezza non era più al suo fianco.
Uscì dalla tenda, sperando di scorgerla tra la marmaglia di soldati che cercava riparo dalla battaglia.
E lei camminava, inesorabile e implacabile, verso la città: il passo era veloce e nervoso e una mano si trascinava dietro una grossa spada, sproporzionata rispetto alla statura della sua proprietaria. Eppure un brivido percorse la schiena di Auler perché era convinto che, in vita sua, non avesse mai visto nulla di più pericoloso. Il suo istinto di sopravvivenza gli intimava di non immischiarsi, di evitare di andarla a fermare. Altezza era in vena di fare una carneficina ed era abbastanza sicuro che, come lui, i nemici avrebbero tremato al solo vederla.
Ma era anche altrettanto spaventosa l’idea di perderla, che rischiasse la sua vita e quella della figlia che portava in grembo, in battaglia.
Si affrettò a seguirla e con le sue braccia potenti la bloccò per la vita. Arrivarono immediati i calci, i pugni, gli insulti.
- Lasciami! –
- Non posso. -, le disse docile, quasi timoroso di deluderla ancora.
Sapeva quando fosse difficile per lei adeguarsi a stare nelle retrovie: Altezza era uno spirito indomito e coraggioso; trattenersi non faceva parte della sua natura ed era uno dei motivi per cui l’amava tanto. Era così preziosa…
La ragazza si voltò per guardarlo: gli enormi occhi color smeraldo erano umidi e supplicanti.
- Devo assicurarmi stia bene. Non posso perdere anche lei. –
- Vedrai che Lione si rimetterà. -, tentò di calmarla.
Altezza gli riservò un’occhiata tagliente e furente.
- Non cercare di rifilarmi certe cazzate. Non hai visto in che condizioni è? Se fossi stata insieme a lei, forse sarei riuscita a proteggerla. –
- Non puoi salvare tutti Altezza. –
- Tu non capisci. –
Auler le rivolse uno sguardo fermo e deciso.
- Pensi che io non sia preoccupato? Non c’è stata battaglia che non abbia combattuto insieme a Shade, a fianco a fianco. È come un fratello per me. Eppure ho scelto di essere qui, con te. Non rendere vano questo sacrificio, perché non è solo il tuo. –
La testa riccia della ragazza si abbassò a scrutare il selciato, affranta dalle parole veritiere del suo compagno.
Due calde mani, però, le circondarono il viso e la invitarono gentilmente a tornare a guardarlo.
- Per nostra figlia. –, sussurrò dolce.
Altezza sbuffò.
- Che scocciatura. –
L’azzurro le dedicò un’occhiata di monito.
- Non lo pensi davvero. -
- Dobbiamo ancora trovare il nome. -, gli concesse lei, seccata.
- Ci servono rinforzi! -, sbraitò un uomo interrompendoli.
Proveniva da est e, insieme a lui, altri tre soldati cominciarono a cercare a gran voce qualcuno che desse loro una mano.
- Spiegati meglio. -, chiese Auler fermando uno di loro per un braccio.
Altezza, di nuovo trepidante, attendeva accanto a lui maggiori informazioni.
- Ci manda la principessa. C’è un incendio. Ah, eccola! –
In quel momento, una folata d’aria e il rumore cadenzato delle ali di un drago, fece alzare il viso al cielo a entrambi.
Il piccolo drago rosso trascinava malamente e incespicando a pochi metri da terra Zahira. La posò delicatamente al suolo. Poi, atterrò lì vicino.
Auler e Altezza accorsero.
L’azzurro prese tra le braccia Narlo, pesantemente abbandonato in uno stato di incoscienza, e lo trasportò velocemente in infermeria.
Altezza, invece, diede una mano a Fine a scendere con un balzo da Ashiq: il volto era sporco di polvere e sangue, i vestiti inzuppati di acqua e sudore ed era visibilmente stanca ma la bionda costatò, con un sospiro sollevato, che era incolume.
La principessa non le diede nemmeno il tempo di parlare.
- Devo subito tornare in città. Shade mi starà aspettando nel giardino del castello. –
Auler, intanto, era tornato da loro.
- Narlo? -, gli chiese subito Fine.
- Sembra non sia nulla di grave. Ha diverse ustioni e qualche contusione ma Milky si sta occupando di lui. -
- Ci hanno raccontato dei cittadini travestiti da guardie reali. –, intervenne Altezza, riportando l’attenzione di tutti sulla battaglia.
Fine annuì sbrigativa.
- Shade è andato con alcuni uomini nelle segrete del castello per liberarli e sconfiggere la vera guardia reale. –
- Poco fa sono arrivati dei ribelli provenienti proprio dalla battaglia nelle fogne: ci hanno detto che si stava risolvendo tutto per il meglio. –, le disse Auler.
La principessa rilassò le spalle, leggermente sollevata. Poi, tornò seria.
- C’è da mandare uomini a est della città per cercare di spegnere l’incendio che si sta propagando. Per colpa delle trappole esplosive di mio zio, la situazione è davvero critica. Ci sono molti feriti. –
L’azzurro chiamò con un cenno alcuni attendenti.
- Chi riesce a stare in piedi e ha lievi ferite, può andare a spegnere il fuoco. Raggruppate tutti quelli che potete e conduceteli alla porta est. –
Intervenne anche Fine.
- Utilizzate i draghi per trasportare più acqua possibile sui roghi. Ho già parlato con i cavalieri. Presto arriveranno anche gli altri draghi. –
Poi, chiese che delle guaritrici fossero mandate direttamente sul fronte insieme con alcuni soldati per cominciare a recuperare i feriti.
Altezza notò lo sguardo fermo e sicuro della principessa, che s’imponeva rassicurante e decisa ai suoi sudditi.
Si ricordava ancora della ragazza che aveva conosciuto solo qualche mese prima, spaurita, insicura e che si nascondeva dietro una maschera d’indifferenza. Non poteva esserci immagine più contrastante di quella: Fine aveva fatto un salto enorme, un faticoso lavoro su se stessa che l’aveva portata a essere una donna degna di fiducia, meritevole del titolo di Regina. Era davvero fiera di lei, di chi era diventata.
- Devo sbrigarmi. -, disse poi Fine rivolgendosi ai due amici. – Sono preoccupata per Bright e Roman. Sono già alle porte del castello. –
- Al castello? –, chiese Auler.
- Ormai la maggior parte dei nemici sono solo all’interno del palazzo. Non escludo, comunque, di incontrarne lungo la strada. –
- Senza i draghi sarà difficile raggiungerlo. Veniamo con te. -, rivelò laconico.
La principessa sorrise.
- Grazie. Sarà più facile arrivare al luogo dell’incontro con il vostro aiuto. -
Altezza, invece, lo guardava a bocca aperta.
- Anch’io? Hai cambiato idea? –
Auler le rivolse un’occhiata divertita.
- Ti voglio tenere d’occhio. E, poi, se rimanessi qui, saresti un impiccio per i ribelli: oltre a badare ai feriti, dovrebbero controllare che non combini disastri.
Invece che a insultare, meglio che tu spenda le tue infinite energie sul campo. –
Il tono era leggermente accusatorio ma tradiva una nota dolce delle parole.
La bionda si fiondò tra le braccia di Auler per un abbraccio entusiasta e caloroso. Gli piazzò un bacio umido sulla guancia e lo guardò estasiata.
- Ti amo un sacco. –
- Ruffiana. -, l’asciugò lui con un’espressione rassegnata sul viso.
Altezza si mise a saltare sulle punte dei piedi, in fermento.
- Sono pronta a combattere. –
- Andiamo allora. -, le rispose la principessa, lasciandosi contagiare dal suo entusiasmo.
Certo, non avrebbe mai permesso ad Altezza di mettere piede nella sala del trono, men che meno nel castello, ma la sua presenza la rassicurava e, grazie alla bravura di Auler avrebbe affrontato facilmente ogni ostacolo.
Iniziarono a correre verso l’ingresso di Lilian, quando l’azzurro fermò per un attimo Altezza prendendole un braccio.
Fine li fissò curiosa.
- Esmeralda. –, pronunciò eccitato, anche se un po’ timoroso.
La riccia lo fissò stralunata.
- Di che cosa stai parlando? –
- Il nome di nostra figlia. –
Subito le labbra della ragazza si aprirono in un luminoso sorriso e l’espressione si fece raggiante. Poi, tornò seria.
- Mi stai nascondendo qualcosa Auler? –
- Perché? –
- Sei troppo zuccheroso. Mi hai tradito per caso? –
L’azzurro rise isterico.
- Quando avrei avuto tempo con una guerra in corso e una donna incinta e irascibile a cui badare? –
Lei lo studiò ancora un attimo.
- Sarà! Comunque il nome è bellissimo. -, concluse riservandogli uno sguardo dolce e avvolgente.
- Avete finito di flirtare? –, intervenne Fine.
- Sei solo gelosa. -, cominciò Altezza, riprendendo a muoversi.
- Lo farei volentieri anch’io se non ci fosse una battaglia in corso. –
- Sempre che Shade sia ancora tutto intero. –
La rossa rise.
- Magari è senza un braccio. –
- O un piede. –
- Come fate a scherzare su queste cose? –, sbottò l’azzurro.
- Io mi terrei il piede se fossi in te. -, continuò imperterrita l’amica.
La principessa la guardò complice.
- Molto più ragionevole. –
- Sì, forse ci andrei d’accordo persino io. –
- Forse. -
Avrebbero continuato così per tutta la strada fino ai giardini del palazzo reale, Fine ne era certa. E la principessa si sentì immensamente grata di avere accanto a se delle persone tanto speciali. Qualsiasi cosa sarebbe successa, qualsiasi scelta, o errore, lei e Shade avessero compiuto, Auler e Altezza li avrebbero sempre supportati.
 
 
Shade si fermò per qualche secondo sul pianerottolo a riprendere fiato.
Aveva appena fatto nove dannate rampe di scale di corsa e, alzò lo sguardo, immaginò che ce ne fossero altrettante ad attenderlo.
L’uomo che lo guidava, un macellaio che forniva selvaggina al castello, respirava affannosamente accanto a lui, appoggiato con una mano al muro in pietra.
- Siamo quasi arrivati. -, rivelò al capo dei ribelli tra un ansito e l’altro.
Il cobalto gli rivolse un’espressione divertita.
- Sono sopravvissuto a numerose battaglie, ma questa scalinata mi sta dando filo da torcere. –
Il macellaio sorrise.
Dietro di loro alcuni uomini non esitarono nel ridere sguaiatamente.
Erano una cinquantina e la maggior parte di loro provenivano dal limitare del deserto: ribelli che da mesi combattevano al suo fianco e che, anche questa volta, lo avrebbero sostenuto. Avrebbero preso di sorpresa la guardia reale che presidiava il portone e demolito quell’ultima resistenza.
Shade fu contento di aver alleggerito un po’ l’umore.
Erano tutti stremati dopo ore di combattimenti e l’eccitazione data dalla battaglia stava scemando lasciando il posto alla stanchezza. Eppure mancava così poco a compiere la loro missione, a raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati. Una volta entrati nel castello, trovare Aaron sarebbe stato facile e, finalmente, avrebbero potuto mettere la parola fine alla tirannia che aveva distrutto e spezzato il loro regno.
Ripresero a correre e finalmente sbucarono in uno dei corridoi della servitù.
Erano passati sette anni dall’ultima volta che Shade aveva messo piede a palazzo e fu travolto da una sensazione familiare. Quei luoghi erano legati alla sua infanzia, anche se erano stati teatro di uno degli episodi più strazianti della sua vita.
Assistere alla morte di Elsa e Toulouse, prendere coscienza delle conseguenze di quell’avvenimento e realizzare, impotente, che Fine sarebbe stata ostaggio di suo zio aveva tormentato per anni i suoi sonni, e ancora oggi, a volte, se ne sentiva sopraffatto. Aggrappandosi disperatamente all’idea di vendicarsi, era riuscito a resistere e a portare avanti la sua battaglia anche quando aveva creduto di aver perso ogni speranza. Oggi, però, sapeva di combattere per qualcosa di diverso: per Fine, per il futuro, e voleva credere con tutto il cuore che ciò sarebbe bastato a dargli la forza di compiere l’atto finale.
Invece di inoltrarsi negli appartamenti reali, proseguirono verso l’esterno, sbucando in una delle ampie terrazze che costeggiavano il castello e che si affacciavano sulla città bassa. I prati erano ben curati, le siepi potate e gli alberi disposti in un ordine regolare ed esteticamente appagante. Le aiuole di fiori, deliziosi ciclamini alternati a margherite e sbuffi di lavanda, circondavano fontane zampillanti e panchine di marmo intarsiate. Quell’atmosfera colorata e rinfrancante, quella natura pittoresca, era così in contrasto con le grida della battaglia che imperversava a una decina di metri sotto le mura che per un momento Shade si dimenticò di essere ricoperto di sangue e polvere e di tenere ancora tra le dita una spada insanguinata.
Era identico a come lo aveva lasciato e sentì lo stomaco contorcersi: su quel pino lui e Fine erano soliti arrampicarsi in prove di coraggio; il gazebo in ferro battuto, lì in fondo, vicino alla balaustra, era stata sede di merende in compagnia dei loro genitori; ecco là l’ingresso del giardino delle rose che costeggiava l’ala est del castello e che si trovava proprio sotto gli appartamenti della principessa. Quante volte era sgattaiolato tra i cespugli, graffiandosi le gambe e le braccia con le spine, per andare a trovarla in piena notte?
Mentre i ricordi si riversavano nei suoi occhi, si rese conto di quanto fosse stranito dall’immagine che gli si presentava davanti.
Si era aspettato desolazione e incuria, una tristezza e una malinconia aleggiante e stordente. Poteva ben capire ora come, nonostante gli accadimenti avvenuti, per Fine fosse stato facile rifugiarsi in quei luoghi familiari e ricchi di ricordi. Re Aaron aveva creato una gabbia dorata per la nipote: la ragazza non avrebbe mai avuto motivo di dubitare della veridicità delle sue parole e del suo affetto, al di là degli screzi della vita quotidiana.
Il lieve sentimento di pregiudizio che aveva sempre custodito nel suo cuore nei confronti della principessa, svanì. Anzi, fu pervaso dall’ammirazione e dall’orgoglio per la ragazza che amava. Non solo in quei mesi aveva dimostrato grande determinazione nel combattere al suo fianco nonostante le incertezze che inizialmente covava, ma aveva avuto anche l’incosciente coraggio di abbandonare la sicurezza del castello per affrontare la verità; una verità triste, scomoda, patetica per certi versi.
In modi diversi, erano entrambi ribelli. E sarebbero arrivati fino alla fine di quella storia, insieme.
Con quei pensieri, rizzò la schiena e guardò con una nuova determinazione i suoi uomini.
Era di nuovo pronto a combattere.
 


 
Angolo dell'autrice!
Eccoci, dopo un anno di attesa, con un nuovo aggiornamento. Che dire? Ormai siete abituati ai miei infiniti ritardi ma vi avevo promesso la parola fine a questa storia e, come Shade, non vedo l'ora di metterla. 
Ho i miei tempi, i miei rituali, ma alla fine sono riuscita a pubblicare il capitolo. Ce ne sarò ancora solo uno. Poi l'epilogo e ci dovremo salutare. Se l'epilogo è già in fase di stesura, l'ultimo capitolo no. E' tutto super chiaro nella mia testa ma dopo un po' scrivere solo sulla battaglia mi risulta un po' noioso e devo essere ispirata. 
La prospettiva è comunque per questa estate di chiudere. Vediamo se ci riuscirò davvero. Le mie promesse sono come dei palloncini sgonfiati tanto ahahhaha
Torniamo alla storia. 
Ecco l'evoluzione definitiva della principessa, a cui il capitolo è dedicato. E' tornata nella sua città, tra la sua gente, e finalmente si sente ascoltata e capita. Riesce a prendere in mano la situazione e i testimoni delle sue imprese saranno tanti e tutti entusiasti di averla sul trono, soprattutto dopo una tale dimostrazione di coraggio e sicurezza. La priorità è tenere al sicura la città e i suoi abitanti. Lascia la prima linea a Roman e a Shade per aiutare. E, diciamocelo, il capo dei ribelli non si sarebbe mai fermato ad ascoltare un povero giardiniere obbligato a combattere: Fine mostrà così di essere sagace, intelligente, empatica e buona. La sua ascesa è solo all'inizio; ci darà soddisfazioni anche da regina. 
Il capitolo si chiuse con alcune considerazioni di Shade su quanto, nonostante le incertezze avute, alla fine anche Fine possa essere considerata al suo stesso livello come una vera ribelle. Ogni dubbio che il ragazzo covava ancora nel suo cuore è svanita. Potrà esservi sembrata un po' ridondante questa parte ma per me è fondamentale, in vista di ciò che accadrà in seguito. Gli amoreggiamenti tra loro sono stati pochi, lo so, ma significativi e entrambi hanno dovuto continuamente lottare contro il proprio orgoglio per evitare le incomprensioni. Pur di stare insieme, di credere nel loro amore, entrambi hanno dovuto rinunciare a qualcosa. Il fatto che si amino non vuol dire che non ci siano ancora questioni irrisolte e le incomprensioni sono dietro l'angolo. Ora, la forza del loro legame va ben oltre ormai a certe piccolezze, ma per Shade rendersi conto che per Fine è stato difficile lasciare il palazzo non è da poco. Finalmente riesce a riconoscerle i suoi meriti e li accetta, fiero. 
Mi piaceva poi inserire qualche particolare su Eclipse e Maria... non è ho mai parlato in maniera ampia nei 41 capitoli fino ad ora pubblicati e questo paragrafo non si può considerare tale ma mi sembrava doveroso rendere omaggio a colui che aveva dato inizio a tutto. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate della storia d'amore con Maria. 
Per quanto riguarda Black non ho parole. Sono straziata ogni volta che scrivo di lui e Lione. E' un baratro da cui non so se riuscirò ad uscire. 
Ed ecco anche l'ultimo momento, degno di questo nome, dedicato ad Auler e Altezza. E una parte di me ha inesorabilmente pianto nello scriverla: lei, Altezza, la mia voce e la voce di tutti voi lettori, che ribalta Fine, tenta di ammazzare Shade, castra uomini e beve birra, verrà accantonata per l'ultimo capitolo. 
Le luci della ribalta saranno sui nostri protagonisti e, lo sapete, era inevitabile. Spero comunque che questo paragrafo abbia reso loro giustizia a due personaggi che sono stati fondamentali per questa storia, a una storia d'amore che è stata facile da scrivere dal primo momento e che ci ha fatto un po' sognare. Quale miglior epilogo per loro poter combattere accanto alle due persone a cui vogliono più bene, che sono diventate la loro famiglia, e sognare del loro futuro insieme, sul nome della figlia che presto potranno stringere tra le braccia, e battibeccare come sempre. 
Mi mancheranno tantissimo, davvero. 
Ora vi saluto, l'angolo autrice è più lungo della storia stessa quasi ahaha
Spero di leggere qualche recensione e spero di tornare presto ad aggiornare, 
Dreamer In Love
 

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