*L'imperfetto cuore di diamante*

di Dalhia_Gwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** -Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** -Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** -Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** -Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** -Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** -Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** -Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** -Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** -Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** -Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** -Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** -Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** -Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** -Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** -Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** -Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** -Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** -Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** -Capitolo 2O ***
Capitolo 21: *** -Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** -Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** -Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** -Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** -Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** -Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** -Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** -Capitolo 28 ***



Capitolo 1
*** -Capitolo 1 ***


                                                     L'imperfetto cuore di diamante 


 
 Era una brutta giornata di novembre.
La pioggia cadeva violentemente sull’asfalto, creando pozzanghere in qualsiasi crepatura di quella via di periferia, una delle tante
 che formavano Pembroke, una cittadina nei pressi di Ontario.
Nei giorni in cui pioveva, la città entrava nel panico più totale: auto in circolazione che pigiavano continuamente il clacson, 
persone per strada che si affrettavano a raggiungere le loro mete,ombrelli ovunque che urtavano contro altri, a volte 
non accorgendosi neppure a causa della fretta.
Perturbazioni di questo genere, ed anche peggio, erano molto frequenti in quella zona, e gli abitanti erano talmente abituati 
ai giorni cupi, che anche il loro stato d’animo era tale: raramente si incontravano persone sorridenti, e se ve ne erano, 
queste si sentivano a disagio.
Ma la vita diventava ancora più triste quando invece si scavava nel profondo del cuore, nel vissuto di una persona, e così 
la pioggia diventava niente di meno che un’ottima compagnia, sostenendo la sofferenza provata. Ed è proprio questa sofferenza
che lacerava il cuore di una diciassettenne, con carattere chiuso e solitaria che, a causa di tutte le ingiustizie e 
le delusioni provate sulla propria pelle, ha deciso di stare lontana dalle persone, per non soffrire più.
Gli altri la facevano sentire strana, diversa da loro.
Pazza,lunatica ed asociale, così la definivano i suoi compagni di classe. 
Il motivo? Abbigliamento che non corrispondeva ai parametri delle nuove tendenze, l’uso dello smalto nero, rossetto color 
verde acqua, ciocche di capelli tinti col medesimo colore…e molte altre fantasie adolescenziali. 
Per non parlare delle critiche sull’andamento scolastico: eccellenti voti in tutte le materie, educazione, e troppa bontà. 
Tutto assolutamente non consono alle condizioni del resto della classe, ovviamente, quindi considerata diversa dagli altri. 
Ed è giusto? E’ normale condannare una ragazza così speciale all’isolamento e all’esclusione solo per questi futili motivi ?
Questo era il prezzo da pagare, secondo loro. Ma la ragazza, con gli anni, ha imparato a costruirsi una corazza, accettando 
queste condizioni ad un prezzo molto alto: la rinuncia della sua felicità adolescenziale. 
L’influenza dei suoi compagni e le loro continue critiche hanno fatto in modo che si chiudesse in se stessa diventando così 
una persona asociale, rifiutando completamente ogni futura forma di relazione, qualora ci fosse stata.
Ormai l’intera scuola le aveva dato quell’etichetta, ed anche gli sconosciuti non provavano nemmeno ad avvicinarsi a lei, 
in quanto le “voci di corridoio” raccomandavano di stare alla larga da lei. 
Questa che sto per raccontare è la storia di Gwendolyne Smith, studentessa del liceo artistico della città stessa, che riuscì 
però a lasciarsi scalfire il cuore, ormai diventato di diamante.


-Angolo dell'autrice-
Salve a tutti! ^^ Come ho già detto prima, mi sono iscritta da poco, per cui non conosco ancora bene le varie regole di scrittura
di un capitolo. Ho sentito parlare di HTML ma sinceramente non so come si usa! xD 
Per quanto riguarda la storia, spero vi piaccia! Se c'è quanche errore non esitate a dirmelo! Accetto tutto( tranne i lanci
dei pomodori!!)
A presto

Dalhia_Gwen 

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Capitolo 2
*** -Capitolo 2 ***


Seduta e da sola su una postazione dell’autobus, Gwen se ne stava a guardare il paesaggio bagnato dalla pioggia fuori dalla finestra,
accompagnando il tutto con un sottofondo musicale proveniente dal suo mp4.
Il suo sguardo era vuoto, come sempre.
Era figlia di una madre, Margaret, e di un padre di cui non seppe mai i lineamenti del suo volto, in quanto la sua coscienza, codarda qual’era,
gli suggerì di sparire dalla circolazione non appena seppe che la sua tanto amata fidanzata rimase incinta dei due gemellini: Gwen e Mark.
Così la povera Margaret, lasciata sola dall’essere che tra pochi mesi sarebbe stato suo marito, dovette farsi in cinque per offrire ai suoi bimbi
il massimo che avrebbe potuto dare. E riuscì, grazie a tantissimi sacrifici, a non far mancare nulla ai suoi bambini, facendoli crescere forti, sani e belli.
Mark  frequentava un altro tipo di scuola, il liceo scientifico, per cui non potevano fare la stessa strada in compagnia.
In quel momento era immersa nel più totale smarrimento, che soccombeva nel preciso istante in cui era circondata da adolescenti della sua età,
e soprattutto dai suoi compagni di classe: si incupiva più di quanto già non lo fosse, e non salutava nessuno, rimanendo con lo sguardo inchiodato
alla finestra del mezzo e con la medesima espressione, fino a quando non sarebbe arrivata a scuola.
l’autobus finalmente si fermò, e tutti gli studenti scesero dal mezzo per raggiungere l’ingresso della scuola..
Quel primo giorno della settimana dovette affrontare materie come Ed.Fisica, Matematica, una delle sue materie preferite e nella quale si offrì come
volontaria all’interrogazione, salvando così il resto della classe, che continuava però ad esserle ingrata, ed infine Storia dell’Arte, per la quale impazziva.
La più grande passione di Gwen era il disegno, e non faceva altro che disegnare nel tempo libero: i suoi soggetti preferiti erano gli animali, in particolar modo i cavalli,
che amava più di se stessa.
Era un vero e proprio talento il suo, e glielo ripetevano tutti, soprattutto l’insegnante di Storia dell’Arte, che la adorava come se fosse sua figlia. Nei momenti di sconforto
Gwen disegnava, perché era il miglior modo per farla sfogare.
Quella mattina però a Gwen capitò qualcosa di strano, facendole capire di aver trovato un'altra passione, e che sarà proprio lei a farla rinascere..Era la prima ora ed aveva ed.fisica, così fece ingresso direttamente in palestra per poi raggiungere lo spogliatoio femminile.
Subito dopo arrivarono le sue compagne, che non facevano altro che spettegolare. Un gruppetto di loro, nonché il più popolare delle scuola, cominciò
ad avvicinarsi ed ad aprire quel becco di oche che si ritrovavano: “Uuuh ma è impressionante!!” gridò all’improvviso la più mora del gruppo, di nome Courtney Barlow,
anche lei molto brava a scuola, seconda dopo Gwen ma invidiosa della nostra protagonista per i suoi voti troppo perfetti che talvolta superavano i suoi, “Gwendolyne ha
cambiato tuta!! Miracolo!!” annunciò poi rivolgendosi all’intero spogliatoio, il quale rispose con una fragorosa risata che si sentì fino fuori. Gwen, che si stava allacciando
le scarpe, la fulminò con lo sguardo dicendole : “Cosa c’è? L’oca ha ricominciato ad emettere quel suo suono così sgraziato? Vai a rompere qualcun altro Barlow, ne ho
abbastanza delle tue critiche” per poi allontanarsi spingendo il resto del gruppo, ma l’asiatica di questo, Heather, la fermò afferrandole il braccio e stringendoglielo forte
“Hei darkettona, modera i termini, o ti facciamo passare guai peggiori. Ma non ti vedi allo specchio? Non ti sei ancora resa conto che sei anormale?Strana? Pazza?
Gente come te serve solo ad essere sfottuta, nient’altro. Fattene una ragione, aliena.”
Disse quelle parole con tutto il veleno che aveva, e come voleva, dalla platea si innalzò un coro che ripeteva “Aliena”. Gwen cercò di  trattenere la sua rabbia stringendo
i pugni facendo diventare le nocche incredibilmente rosse, per poi uscire dallo spogliatoio con lo sguardo basso.
Era oramai abituata a certi insulti, ma malgrado aveva imparato col tempo a non soffrire più per questo, ogni volta era sempre dura da smaltire. Non che lei ci rimanesse
male, era la rabbia che non riusciva a controllare. In quel momento avrebbe voluto prendere a pugni chiunque sarebbe stato nelle vicinanze, ma per loro fortuna non lo fece.
Ci mancavano solo le denunce.
Arrivò in palestra, ma trovò solo il nuovo insegnante di Ed.Fisica che li stava aspettando da fin troppo tempo. Quando la vide, le sorrise: “Oh finalmente vedo qualcuno uscire
dallo spogliatoio! Tu..saresti?” gli chiese l’insegnante, non conoscendo ancora i nomi dei suoi nuovi alunni. “Gwendolyne Smith, prof” rispose lei cupa. “Ok Smith,
incomincia a posizionarti davanti a me, creeremo una fila per fare l’appello e per poi partire con la lezione.” Disse il prof abbozzando un sorriso.
Gwen annuì per poi fare quello che il professore le aveva chiesto.






-Angolo dell'autrice-

Ciaoooo a tutti!!!!!! ^-^ Rieccomi qui col nuovo capitolo :3 Da qui incomincia la vera storia..spero vi piaccia ;)

Purtroppo non posso aggiornare presto per via dei tanti impegni scolastici, per cui credo che faro' un aggiornamento ogni settimana, ma se riesco a farlo prima non esitero' ;)

Recensite, in tanti..grazie <3
Alla prossima

Dalhia_Gwen

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Capitolo 3
*** -Capitolo 3 ***


Dopo un paio di minuti l’intera classe si riunì in palestra e si schierò davanti
all’insegnante, per permettergli di fare l’appello.
Fatto ciò, annunciò alla classe il suo programma di quella mattina:
“Allora ragazzi, dato che sono il vostro nuovo insegnante, non so a quale livello siete per permettervi di fare determinate cose, per cui oggi testerò il vostro livello di resistenza e velocità nella corsa, dopodiché potrete fare ciò che volete.”
Così dicendo li fece partire uno alla volta a fila indiana per percorrere, prima a passo lento poi a passo veloce, l’intera palestra, per un tempo di circa 20 minuti.
“Mi raccomando, non fermatevi mai, se non ce la fate più avvertitemi.” Raccomandò il prof per poi osservarli uno ad uno.
Gwen nel frattempo aveva acquistato velocità, e correndo si rese conto di sentirsi improvvisamente meglio, come se il dolore che stava cominciando ad avvertire nelle sue gambe le facesse scaricare tutta la rabbia provata quella mattina, e più accelerava  più sentiva tutte le sofferenze scivolare e quindi abbandonare il proprio corpo.
Cominciò ad accelerare improvvisamente, assumendo una velocità impressionante, sorpassando tutti quelli che si trovavano davanti a lei. Le gambe cominciavano a pulsare sempre di più, la stanchezza cresceva, ma la felicità era immensa.
Il professore notò l’accelerazione improvvisa della ragazza, e notando la sua resistenza nel mantenere il ritmo, si impressionò, e la seguì con lo sguardo costantemente.
Passarono così i 20 minuti di prova, e Gwen mantenne per tutto il tempo della corsa quell’andamento. Quando si fermò però, si accasciò per terra respirando affannosamente.
Il professore le venne incontro notandola per terra: “Smith, si sente bene? Risponda!” Aveva la testa abbassata e non aveva neanche la forza di parlare, ma lo rassicurò muovendo le mani in segno di “ok”. A quel segnale l’insegnante sorrise, aiutandola ad alzarsi per poi congratularsi con lei:
“Mia cara, sei un fenomeno! Ti ho visto mentre correvi, avevi assunto una velocità sorprendente e non hai diminuito per niente! Sei davvero forte! Brava!”.
Nel frattempo gli altri erano davvero rimasti a bocca aperta: perfino i più portati per la ginnastica si fecero battere da una “ragazza” .
Il professore continuò : “Da quanto tempo fai palestra?!” disse il prof raggiante mentre la faceva sedere per farla riposare. Gwen tentennò prima di rispondere: “Oh beh…mi spiace deluderla ma io non ho mai fatto alcun tipo di sport…” disse imbarazzata.
Nell’udire questa risposta il professore scoppiò a ridere “Su Smith, non mi faccia ridere! E’ umanamente imp…” ma Gwen lo interruppe guardandolo seria “Professore non sto scherzando. E’ la verità, non ho mai fatto ginnastica..e-evidentemente è qualcosa genetico..” concluse.
“Oh signorina, questo è poco ma sicuro. Lei è una rarità, sa? E non dovrebbe trascurare questa grossa abilità..voglio dire, potrebbe diventare qualcuno in futuro.”
Stavolta fu Gwen a scoppiare a ridere: lei potrebbe diventare qualcuno? Proprio lei, la ragazza strana ed aliena? Eppure non ebbe mai avuto l'occasione di fare sport a scuola, dato che i vari insegnanti che gli capitarono gli anni precedenti non facevano altro che assentarsi, anche in maniera frequente, o fargli fare quello che volevano i ragazzi durante le loro ore. Per questi motivi, ciò che stava vivendo in quegli istanti le pareva davvero assurdo.
“Dico sul serio mia cara, non trascurare questa abilità, perché può recarti molti vantaggi.” Affermò il prof guardandola negli occhi.
Durante il resto della lezione i ragazzi fecero esercizi sul posto: esercizi per l’allungamento, per la postura e per la tonificazione.
Quando arrivarono le 13:30 Gwen si sentì sollevata: finalmente quella giornata scolastica poteva essere considerata conclusa e si avviò verso casa, ripensando alle parole del professore le quali, da quando vennero pronunciate, non facevano altro che assillare la povera gotica.
Quali vantaggi poteva mai dare la capacità di riuscire a correre così veloce? Le olimpiadi? Oh no, lei non si sentiva per niente in grado di arrivare a quei livelli. Troppi sacrifici e duro allenamento, era sicurissima che quella non era la sua risposta.
Ma allora cosa?
Ad un tratto cominciò a pensare al beneficio che quella corsa le aveva dato: le aveva fatto davvero scaricare tutta la rabbia accumulata e adesso si sentiva..felice, felice di essere più leggere nell’animo. Era una sensazione bellissima, e voleva riprovarla sempre, ogni volta che qualcuno la faceva arrabbiare o soffrire.
Pensò al fatto che Ed.Fisica è prevista solo un giorno alla settimana, e non poteva certo aspettare che fossero passati sette giorni per provare quell’ebrezza, che come per magia la rendeva libera.
Nel frattempo però che pensava, arrivò sotto casa sua. “Sì..credo proprio che un po’ di ginnastica non mi farebbe male..” pensò Gwen sorridendo prima di varcare il portone.




-Angolo dell'autrice-
Ehilà!!! :D
Salve a tutti!! Rieccomi qui, ad aggiornare la storia! ;)
Sono riuscita a scriverlo un pochino prima del tempo..yuppì! xD
Spero che abbia fatto piacere anche a voi! :'3 xD
Beh, allora attendo impaziente i vostri giudizi..qualunque essi siano! ;)
Credo proprio che i tempi di aggiornamento della storia rimangono tali, mi spiace farvi aspettare così tanto... :( (scuolaaa....T.T)
Al prossimo aggiornamento ;)
Un abbraccio

Dalhia_Gwen

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Capitolo 4
*** -Capitolo 4 ***


Salì a due a due le scale del palazzo di cinque piani, arrivando finalmente al suo, al quarto. Dato che possedeva con sé le chiavi, aprì con molta naturalezza la porta di casa, per ritrovarsi davanti la figura della madre intenta ad apparecchiare la tavola. La donna, che aveva appena 44 anni, indossava un grembiulino a scacchi rosso, e si era legata i capelli in una bella coda alta. Quando vide la figlia essere tornata a casa, le sorrise, mentre lei fece lo stesso. “Ciao Gwen, tutto bene a scuola?” le chiese Margaret con un po’ di timore, quello che provava sempre ogni volta che la figlia si recava a scuola per incontrare poi i suoi “amici” di scuola.
Non aveva mai digerito il loro comportamento, mai.
Non lo capiva nemmeno lei.
Una ragazza così affettuosa e molto brava a scuola dovrebbe essere ammirata e voluta bene da tutti, anche se poi il fine era tutt’altro, magari copiare un compito fatto a casa, o farsi suggerire nelle verifiche. Ed invece no, non era così.
Si ricordava i suoi tempi, quando era la prima della classe, come la figlia. La cercavano tutti, amici e sconosciuti, tutti la consideravano una tipa in gamba, dalle ottime qualità, e alla stessa maniera era Gwen. Ma purtroppo i tempi erano cambiati: adesso regna la cattiveria, l’invidia, l’odio verso l’altro. I veri valori come l’amicizia, l’amore non vi erano più.
Ognuno pensava a se stesso e a raggiungere il suo traguardo, e non guardando in faccia a nessuno.
Ma fu distolta dai suoi pensieri udendo il rumore della serratura.
Ad un certo punto la porta si aprì di nuovo: questa volta era Mark, fratello di Gwen, il quale raggiunse la sorella abbracciandola per poi passare alla mamma e regalandone un bel bacio. “Ehi mamma!” disse Mark sorridendo raggiante a quest’ultima “Indovina quanto ho preso al compito di Matematica? Ho preso 8! E sono stato anche uno dei più bravi!!” Affermò il ragazzo abbracciando anche la madre, la quale non potè far a meno di ridere di gioia. “Beh, era logico che saresti andato bene a questo compito..tutto merito di tua sorella.” Detto ciò guardò la figlia, che sembrava però non ascoltare la conversazione, ed intenta a svuotare la cartella abbastanza cupa per la domanda che le fece la madre poco prima dell’arrivo del fratello. Margaret se ne accorse e sospirando attirò l’attenzione della famiglia per invitarli a pranzare.
 
“Allora Gwen, che mi dici? Se non mi sbaglio oggi avevi anche tu Matematica, no? Scommetto che sei andata volontaria all’interrogazione, o sbaglio?” Le chiese il fratello nel bel mezzo dell’ascolto del telegiornale. Gwen, che si stava gustando il suo pasto preferito, la carbonara, si sentì chiamare in causa, per poi dire: “Oh sìsì..mi sono fatta interrogare ed è andato tutto bene.”, sorrise Gwen al ricordo di quella mattina. “Eheheh..Che voto? 10 come sempre?” giocò il fratello dandole una gomitata. “Ahahahah no, un po’ di meno..9” rise di gusto la sorella e guardando la madre che osservava la scena divertita. Sapeva che la figlia andasse fin troppo bene, e che questa capacità l’aveva ereditata certamente da lei, dato che il padre non era affatto il “secchione” in quella famiglia. Si limitò a farle l’occhiolino, in quanto era più che certa che la figlia non le avrebbe dato mai una notizia che riguardava un brutto voto a scuola. Ciò che la preoccupava era il suo rapporto con i compagni di classe, praticamente inesistente. E questo la faceva stare male, troppo male. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma Gwen glielo aveva sempre impedito. “Ti prego mamma, non intrometterti in cose che non ti riguardano. Non si può fare nulla…” erano queste le parole che la figlia le disse quando cercava di trovare la soluzione a quel problema.
Sapeva che non era di certo sua figlia ad allontanare gli altri, ma il contrario, dato che era una persona molto socievole.
Sapeva che quelle “sottospecie di persone” provavano solo e semplicemente invidia, ma non poteva più accettare il fatto che la figlia sarebbe rimasta sola, magari anche per il resto della vita.
Sì, perché quando il fratello la spronava ad uscire con lui e con i suoi amici, lei si rifiutava sempre, troppo frustata per quella situazione.
Scendeva solo per andare a messa la domenica, e sfruttava l’occasione per farsi qualche giro per le strade adiacenti. Molto probabilmente anche il suo modo di vestire non era consono per cercare di istaurare un’amicizia. Chiunque si sarebbe allontanato vedendo una ragazza conciata in quel modo e sempre cupa. Inizialmente quella moda la infastidì moltissimo, e cercò in tutti i modi di farle cambiare idea, dicendole che avrebbe solamente peggiorato la situazione, ma invano. Così, capendo che quello era un modo per nascondersi e per crearsi una corazza che le avrebbe impedito di avere rapporti con la sua classe, decise amaramente di accettarlo, augurandosi che, un giorno, avrebbe capito cosa realmente sia giusto e di cambiare finalmente “stile di vita”.
Dopo un breve momento di silenzio che si creò nella cucina, Gwen cominciò a parlare. “Mamma, qual è la palestra più raggiungibile da casa?” domandò ad un tratto la ragazza facendo risvegliare la madre da uno stato di trans. La madre, nell’udire quelle parole, si sorprese non poco, ma rispose lo stesso: “Oh, ci dovrebbe essere quella nelle vicinanze dell’asilo nido ‘Sweet Dream’* , che si trova a 1km da qui, la palestra invece si trova nella via parallela a quella dell’asilo..tesoro perché me lo chiedi?” concluse poi la madre stupita più che mai. La figlia, che nel frattempo sorrideva per la strana espressione in volto della madre, le rispose: “Nulla di che..semplicemente voglio iscrivermi. Voglio muovermi un po’, oggi a scuola ho capito che devo sgranchire le mie ossa che sono state a riposo per troppo tempo. L’attività fisica ci vuole.”  Gwen guardava Margaret, che era sempre più sconvolta, e non riusciva a non sorriderle di gusto. In effetti questa richiesta era molto strana, non solo perché è stata tanto tempo rinchiusa in casa senza fare nulla, certamente per una scelta forzata, ma ciò che fece gioire la madre era proprio il fatto che è stata esplicitamente la figlioletta ad esprimere quel desiderio. Ormai non ci sperava più: così facendo, non faceva solo del bene alla sua salute, ma poteva creare delle relazioni con gli altri. Magari condividendo una passione, quale lo sport, la figlia avrebbe potuto conoscere altra gente e farsi finalmente qualche amico o amica con cui uscire la sera, invitarla a casa per passare del tempo insieme, ridere e scherzare dei loro problemi adolescenziali e molto altro. Sembrava che qualcuno avesse finalmente esaudito le sue preghiere, e adesso stava piangendo per la felicità. “ M-mamma..perchè piangi?” chiese Gwen ingenuamente, rendendosi conto che non aveva espresso nessuno desiderio fuori dal comune, a parer suo. Margaret, che non voleva mostrare alla figlia la sua fragilità, cercò di giustificarsi: “O-oh tesoro non è nulla..quando vuoi iniziare? Posso andare lo stesso oggi se vuoi! Basta che me lo dici!” disse le ultime affermazioni con una velocità impressionante, sintomo che le sue emozioni stavano prendendo il sopravvento su di lei. Gwen sospirò, percependo la contentezza della mamma di fronte a tale richiesta, così si alzò per poi avvicinarsi a lei e, dopo essersi abbassata, l’abbracciò forte. “Mamma non preoccuparti. Non necessariamente devi iscrivermi oggi! Non volevo portarti fretta..puoi andare tranquillamente domani, se puoi.” A quelle parole Margaret intensificò ancor di più quell’abbraccio, per poi regalare alla figlia un bel bacio sulla fronte. “Va bene, allora ci andrò domani. Ottima decisione tesoro.” Disse, dopodiché guardò Mark, che nel frattempo prese il telecomando per girare e vedere i suoi amati cartoni animati. “Ehi pigrone! Che ne dici di far compagnia a tua sorella? Anche a te non farebbe male un po’ di movimento!” lo incitò la mamma, mentre lui la fissò sorpreso. “Io? Ma mamma..ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Io la faccio ginnastica, sai? Le scale fino al nostro quarto piano bastano e avanzano..” e detto questo, si buttò a peso morto sul divano per poi immergersi nella visione della tv, accompagnando il tutto con uno bello sbadiglio. “Caspita..vedo che è già molto stanco..” osservò Gwen incontrando lo sguardo della madre, e dopo essersi intese, scoppiarono entrambe in una fragorosa risata.
 
Il mattino seguente Gwen si svegliò più allegra del solito: quella notte fu la prima volta che dormì sogni tranquilli. Era felice, felice che finalmente poteva scaricare tutta la sua rabbia assorbita in passato per troppo tempo, e provare quella sensazione di svuotamento totale. Così, non vedendo l’ora che la madre le avrebbe annunciata la bella notizia di averla iscritta alla palestra, Gwen scese velocemente dal letto, infilandosi nel bagno e facendo rimanere di stucco il fratello che stava avanzando assonnato verso quella stanza. Ci mise 10 minuti a farsi la doccia, e altri 10 per vestirsi ed aggiustarsi per benino, dopodiché scese le scale per raggiungere la madre sorridente, e mentre si sedeva a tavola, non potè far a meno di gioire come una bimba di appena tre anni. “Oh mamma! Hai preparato le crèpes al cioccolato!! Grazie!”  prese posto a tavola anche la madre che, dopo aver accarezzato la figlia, le disse molto dolcemente: “Visto? Le ho appena tolte dalla padella, sono calde calde. E aspettavano solo te..” sorrisero entrambe, mentre arrivò Mark di corsa, afferrando la crepè dalle mani della sorella, che la stava appena addentando. “Ehi! Ci sono anch’io!”  affermò, per poi lasciarsi trasportare da quel gusto inconfondibile delle crepes della mamma. “Era mia! Sei sempre il solito, Mark!!” lo rimproverò la sorella, mentre afferrò un’altra crepe, questa volta non aspettando alcun minuto per gustarsela tutta lei. “Ce ne sono per tutti! Non prendetevi per capelli!!” affermò la madre tutta felice. Sì, quella mattina era iniziata proprio per il verso giusto..
 
La giornata scolastica passò con una velocità incredibile. E Gwen era sorpresa tanto quanto felice. Passò le ore scolastiche a seguire le lezioni con estrema attenzione, non lasciandosi sfuggire nessuna virgola delle spiegazioni fatte dai prof. Arrivata l’ultima ora però, avendo anche come materia una disciplina che a lei non andava proprio giù, ovvero la letteratura, a brevi tratti si perse nei suoi pensieri, e per la prima volta si beccò un leggero rimprovero dall’insegnante, che non ascoltò nemmeno, troppo contenta per preoccuparsi in quel momento della scuola.
Una volta tornata a casa, incontrò il fratello, ed insieme entrarono nell’edificio.
Aprirono la porta freneticamente, facendo sobbalzare la mamma, che si trovava vicino i fornelli. “Ehilà mamma! Siamo tornati!” gridarono all’unisono i due fratelli, e senza pensarci due volte, la ragazza si avvicinò alla madre, e tutta eccitata le chiese: “Allora? Sei andata? Che ti hanno detto? Posso frequentarla?” chiese Gwen tutto d’un fiato e con gli occhi che le brillavano. La madre versò la pasta nei piatti, dai quali usciva un vapore tanto fitto da nascondere il viso della bella donna, la quale alzò gli occhi al cielo, ma contenta della frizzantezza della figlia. “Potevano mai dirmi di no, Gwen? Ma che domande fai? Certo che sei iscritta! Inizierai domani alle 19:00.” Disse facendo l’occhiolino alla figlia. A quelle parole, sul volto della gotica si fece spazio un larghissimo sorriso, e subito dopo cominciò a saltellare felice più che mai.
Avrebbe finalmente frequentato una palestra.
Si sarebbe sentita finalmente meglio, non si sarebbe più appesantita di tutti quegli insulti, di tutta quella rabbia e tristezza che aveva accumulato fin’ora. Sarebbe stata più leggera, libera da ogni macigno presente sul suo cuore.
Ne era certa, questa sarebbe stata la strada giusta, quella verso la felicità, quella che le avrebbe regalato di nuovo quelle giornate spensierate e ricche di allegria,ma soprattutto quella che le avrebbe permesso di gustarsi finalmente un po’ la gioia di vivere, che oramai non ne conosceva più il gusto.
Si addormentò così quella notte, dopo aver passato la sera ad osservare il cielo, particolarmente stellato quel giorno, e dopo aver passato quel pomeriggio a studiare per tutto il tempo,rimembrando e aggrappandosi a quella piccola ma importantissima speranza di vivere meglio: non attendeva altro.

*nome puramente inventato dall'autrice

-Angolino dell'autrice-
Buonsalve a tutti!!! :D
Rieccomi qui, finalmente col nuovo capitolo! :'3
E così la nostra protagonista è iscritta alla sua adorata palestra, esaudendo così un suo desiderio. E da adesso comincia il bello! ;)
Cosa accadrà in seguito? Cambierà davvero la vita di Gwen da questo momento? Farà amicizia con qualcuno?
Non preoccupatevi, le risposte a queste domande non ve le darò di certo ora! xD Lo capirete da soli, presto, molto presto ;)
Prima di salutarvi, vorrei fare un ringraziamento speciale alle persone che stanno seguendo la mia storia:
Inizio con Amor31, la prima a recensire il primo capitolo, che ringrazio molto per i suoi consigli :3
Kairi_Wolf, molto gentile e simpatica! :D
Key galceonDxG, la mia sorellina (non di sangue xD), nonchè colei che mi ha spinto a pubblicare la mia storia su EFP, troppo timida per farlo da sola. :3 Grazie di cuore per seguirla, mi dai un grande supporto <3
clif, un ragazzo simpaticissimo e socievole..grazie per le recensioni :)
Nadynana, una ragazza davvero simpatica e divertente che stimo moltissimo, e che ringrazio profondamente per seguire ogni capitolo che ho postato! Grazie di cuore! <3
Sara97rocker, mia amica, che ringrazio tanto per recensire i miei capitoli, spero che continuerai a farlo ;3
Ed infine Teal Eyes, che ho conosciuto da poco, ma indubbiamente una simpatica ragazza, grazie per leggere e recensire la mia storia :)

Bene, credo di aver citato proprio tutti! xD
Non mi resta altro che attendere i vostri commenti, augurandomi che siano positivi! >.<
Ci risentiamo al prossimo capitolo
Baci
Dalhia_Gwen

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Capitolo 5
*** -Capitolo 5 ***


E la notte passò.
Il sole stava sorgendo.
Stava iniziando una nuova giornata.
Quella mattina Gwen doveva affrontare un’interrogazione che riguardava il programma svolto nelle ultime settimane di Letteratura: aveva studiato infatti il Barocco, anche se con molto sforzo, in quanto quella materia proprio non la digeriva. Era più forte di lei, ma nonostante tutto, si armò di buona volontà il giorno precedente, e ripassò per bene quello che studiò volta per volta da quando l’insegnante cominciò ad assegnare le pagine.
Dopo aver fatto un’abbondante colazione, si diresse ansiosa verso la fermata dell’autobus, che la trasportava là dove l’attendeva impaziente la professoressa di italiano. Quando arrivò, sentì le gambe tremolanti, tanto da non riuscire nemmeno a scendere con naturalezza dall’autobus. Ogni volta che doveva affrontare un compito o un’interrogazione, malgrado avesse studiato bene e sapesse ogni singolo argomento a memoria, la paura la divorava immediatamente, facendola entrare in stato confusionario, tanto da non permetterle di stare serena e di rispondere nella maniera più lucida possibile. Puntualmente avvertiva il suo corpo tremare, faceva fatica a respirare, e arrivava al punto di non riuscire a comandare più le sue emozioni, talmente raggiungevano l’apice in tali situazioni. Ma quello che non riusciva proprio a sopportare era essere al centro dell’attenzione di una classe che la odiava quando si trovava ad affrontare un’interrogazione. La classe cominciava a guardarla male, o ad adocchiarle qualcosa sui suoi indumenti che per i loro gusti non andava bene, o ancora a sghignazzare sotto i baffi qualche insulto o qualche suono poco gradevole. Ecco perché molte volte evitava di farsi sentire quando magari un’insegnante rivolgeva una domanda collettiva alla classe, e quando quest’ultimo vedeva che la classe non rispondeva, l’attenzione ricadeva su di lei, che a quel punto non poteva fare altro che rispondere correttamente, avvertendo lo sguardo disgustato dei suoi compagni sulla propria pelle, incredibilmente candida. Ormai si dovette fare una ragione anche su ciò, promettendosi che sarebbe stata più indifferente possibile alle loro frecciatine, ma puntualmente cadeva sempre nello stesso errore.
Anche quel giorno purtroppo, alla prima ora oltretutto, avrebbe dovuto affrontare tutti quei problemi, per l’ennesima volta.
O per lo meno era quello che credeva lei.
Era arrivata davanti al portone dell’edificio, circondato all’esterno da migliaia di ragazzi che non aveva alcuna voglia di entrare, come sempre. Avanzò lenta, lasciandosi quella marea di gente fuori. Erano le 8:20 quando lei entrò, mentre l’ingresso vero e proprio era alle 8:30. Quel giorno voleva arrivare prima in classe, in quanto desiderosa di farsi una lettura veloce per rinfrescarsi la memoria, troppo occupata a pensare alle domande che l’insegnante le avrebbe potuto fare.
L’edificio era alto due piani, era davvero immenso se visto dall’esterno, ma ben organizzato all’interno. Erano presenti lunghi corridoi, popolati in entrambi i lati da classi di circa 15-20 alunni presenti in ciascuna. Le finestre, presentandosi immense sulle pareti libere, facevano entrare tutta la luce necessaria per rendere l’edificio più odiato dai ragazzi un luogo ben accogliente, almeno su quel punto di vista. Essendo un istituto artistico, non potevano certo mancare i vari graffiti e disegni dei migliori alunni che la frequentarono o che la frequentano tutt’ora. Ogni volta che si varcava l’ingresso, non si rimaneva incantati di fronte a quelle opere d’arte così spettacolari: molte di loro raffiguravano un quadro di un particolare pittore, altri rappresentavano sensazioni ed emozioni scaricate attraverso colori e pennelli, per poi dare il loro risultato, altri ancora trasmettevano il calore o la freddezza dei luoghi e dei paesaggi che la persona si trovava davanti. Era davvero un’ottima scuola e ben organizzata, invidiata addirittura da molti istituti, soprattutto da quelli tecnici. Tutte queste qualità lodevoli però, non erano presenti nel personale scolastico, che come tutti, non era molto propenso a svolgere il proprio lavoro, nonostante l’edificio possa invogliare.
Gli addetti alle pulizie lavavano una volta ogni settimana banchi e pavimento, e magari se possono evitarselo,  non esitano a farlo. Mentre invece, per quanto riguarda la stabilità e la sicurezza della struttura, non si correva alcun pericolo, in quanto i controlli venivano effettuati ogni anno. A Gwen piaceva davvero tanto la sua scuola, ed ogni volta che entrava in quell’edificio, si rendeva conto sempre di più che quella era la strada giusta per il suo futuro, per ciò che voleva diventare da grande, ovvero l’artista.
La sua classe si trovava al secondo piano sulla sinistra, per cui dovette salire tutte le scale, per poi arrivare al corridoio giusto. Malediva ogni giorno la sua preside, per aver assegnato quella classe di 17 persone al piano più alto dell’edificio. Non era comodo farsi tutte quelle scale a prima mattina, soprattutto nei giorni in cui magari la voglia di andare a scuola non era decisamente al di sotto della media. Ma doveva adeguarsi a questa decisione perché, in fondo, doveva sopportarla per tutto l’anno scolastico.
Gwen avanzava a passo moderato verso la sua classe, che si trovava poco dopo il bagno maschile, che era letteralmente ridotto a stati drastici. Arrivò davanti al bagno, ma nel momento in cui avanzò di un solo passo per superarlo, si sentì afferrare da dietro per la cartella, ed essere gettata con forza per terra, andando a battere di fronte il muro con tutto il peso dei libri contenuti nello zaino. Prima che la ragazza potesse riprendere i sensi per accorgersi di dove si trovasse e per quale motivo, avvertì un liquido invaderle tutto il corpo, dalla testa ai piedi, il tutto accompagnato da schiamazzi e risate rumorose dal tono femminile, e fin troppo familiare. Gwen cercò di dimenarsi per scacciare quelle persone,urlando e cercando di aprire gli occhi anch’essi ricoperti dalla sostanza. Dopo aver riso ancora un po’ , le tre ragazze si dileguarono nella propria classe velocissime, lasciando incuranti cadere un secchiello, che emanò un rumore incredibilmente fastidioso, il secchio che molto probabilmente conteneva il liquido versato su Gwen.
La ragazza, dopo essersi ripresa un po’ dalla caduta, cominciò ad alzarsi piano, cercando di mantenersi al muro, non riuscendo ancora e vedere. Dopo essersi alzata del tutto, cercò di avanzare verso il lavandino, fino a quando  non lo trovò. A quel punto aprì il rubinetto, e si sciacquò velocemente il viso. Non appena lo alzò, si guardò allo specchio: spalancò quel suoi bei occhi neri…non poteva crederci. No, non era possibile, non potevano odiarla a tal punto. Rimase immobile a fissarsi nel pezzo di specchio rimasto appeso in quel bagno, con gli occhi fissi, che cominciarono ad inumidirsi, nel realizzare in quale stato l’avevano ridotta: l’aveva ricoperta di vernice verde da cima a fondo, e si godettero la scena in pieno, senza nemmeno prestarle aiuto. Gwen strinse i pugni, abbassando il capo con il volto oramai coperto di lacrime. Un altro scherzo, l’ennesimo atto di bullismo subito da una povera ragazza che non ha mai recato danni a nessuno.
Come hanno potuto?  Come si sono permessi di prendersi gioco di lei così? Ma soprattutto per quale motivo? Che male avrebbe mai potuto aver fatto per meritarsi tale punizione? Niente, assolutamente niente. Non ha mai maltrattato nessuno, né preso in giro, neppure si permise di scambiare una parola con i ragazzi che popolavano quella scuola. Allora perché? Perché ce l’avevano tanto con lei? Lei che non faceva altro che studiare e subire tali frustrazioni. Cosa vedevano di così bello in quel gesto? E’ così divertente vedere una persona che, all’improvviso e praticamente immune, viene cosparsa di vernice? Lei non ha mai concepito il modo con cui si divertivano gli altri. Non sopportava le ingiustizie, soprattutto se le vittime erano delle persone deboli. Ma lei era forte, aveva subito tutto questo dal primo anno, però adesso era troppo.
Non poteva accettare anche questo. No.
 Alzò il viso di nuovo. Si guardò. Tutti i vestiti ricoperti di verde, compresi i capelli e gli stivali. Non poteva di certo tornare in quelle condizioni in classe, l’avrebbero derisa ancora di più, ma così facendo si sarebbe saltata la fatidica ora dell’interrogazione, alla quale lei si preparò fino a sera tardi, e non vedeva l’ora che quel suo sforzo compensasse poi il risultato che avrebbe avuto. Ma dovette ricredersi, ed era questo che la faceva arrabbiare ancora di più. Ecco il motivo per cui quelle persone le fecero questo dispetto. Non volevano che affrontasse l’interrogazione, in quanto l’insegnante aveva minacciato che avrebbe messo 2 a coloro che non si sarebbero presentati a scuola. Per cui, dedusse che quelle voci, alquanto gracchianti e incredibilmente fastidiose, appartenevano alle sue più “amate” compagne di classe. Attribuì così ogni suono a Courtney, Heather e Sierra, facili da riconoscere per il loro accento acuto. Erano loro le sue acerrime nemiche, che si portarono, non si sa come, tutta la scuola dalla loro parte. Conobbe Sierra qualche anno più tardi, in particolare in secondo superiore, e all’inizio non le sembrò una persona meschina, quali erano le sue inseparabili amiche Courtney e Heather, sue compagne di classe che dovette sopportare dalle scuole elementari. All’inizio era abbastanza diffidente nei confronti della classe, sempre in disparte, fino a quando non arrivò in classe un altro nuovo alunno. Il suo nome era Cody Turner*, un ragazzino abbastanza bassino e pervertito, ma che fece letteralmente impazzire la nuova arrivata. Così cominciò a corteggiarlo, e vedendo che lui non era per niente interessato, cominciò a stargli sempre incollato, e non lasciandolo mai solo, salvo quando aveva la necessità di andare in bagno. Cody era incredibilmente infastidito dall’atteggiamento troppo morboso che quella ragazza dalle origini tedesche avesse nei suoi confronti, e cercava in tutti i modi di allontanarla, ma invano. In realtà però, il ragazzo era preso da un’altra ragazza, che si innamorò perdutamente dal primo momento che entrò in classe, ovvero Gwen che, ingenua qual’era, non si rese conto che quelle continue sfrecciatine ed occhiolini erano solamente un modo per poter attirare la sua attenzione. Gwen non capiva quegli atteggiamenti, ma sapeva solo che la presenza di quel ragazzino la faceva andare letteralmente in bestia. Sì, non l’aveva mai sopportato, e non vedeva l’ora che l’avrebbero bocciato, dato il suo scarso rendimento scolastico. Un giorno Sierra scoprì la cotta di Cody nei confronti di Gwen e andò su tutte le furie, cominciando ad odiarla dal più profondo del suo animo, nonostante la ragazza non avesse dato alcun segnale di speranza a Cody, e non l’avrebbe fatto per nessunissima ragione al mondo. Da quel momento Sierra si aggiunse al resto della classe che era contro la povera Gwen, la quale cercò in tutti i modi di tranquillizzare la tedesca, senza risultati. Non sopportava che quella ragazza mora, dalla pelle così candida e bianca come la neve, potesse essere così bella, oltre al fatto di essere impeccabile a scuola. Era..perfetta. Ecco ciò che non sopportavano le altre. La perfezione di Gwen, la quale non ne era neanche consapevole, in quanto, a causa di tutte le ingiustizie subite, aveva perso completamente fiducia in se stessa, aiutando le altre nel loro intento di distruggerla. La madre l’aveva intuito sin dall’inizio il vero motivo di allontanamento da parte della classe, ne era sicura. Ne parlò con la figlia, ma quest’ultima non voleva sentire ragioni, ormai troppo sfiduciata delle sue qualità fisiche e mentali.
Ora però doveva prendere una decisione, anche in fretta.
Se fosse rimasta lì, sicuramente qualcuno l’avrebbe notata. Decise così di uscire dal bagno e dirigersi verso il corridoio, ormai deserto dato che gli studenti avevano tutti raggiunto le loro rispettive classi. Mentre posava uno dei suoi piedi fuori alla porta, si ricordò le parole della mamma, che dicevano: “Reagisci tesoro mio, reagisci. Non puoi solamente assorbire.”  Era vero, doveva farlo, ma non ci riusciva. Avvertiva che avrebbe nuovamente fatto una brutta figura di fronte alla classe.
Oramai non serviva più a nulla.
Non era debole. No, affatto, altrimenti non sarebbe riuscita a sopportare tutto quello che le fu fatto. Era semplicemente stanca, esausta di combattere una guerra che non avrebbe mai vinto, in quanto nessuno la appoggiava, e non l’avrebbero mai appoggiata.
“Sarò sola, lo sarò per sempre..” sussurrò Gwen a se stessa, prima di correre verso l’uscita dell’edificio, cercando di non farsi vedere da nessuno in quelle condizioni.


*cognome puramente inventato dall'autrice.


-Angolino dell'autrice-
Ehiiiii popolo di EFP!!! ;3
Ecco qui sfornato un nuovo capitolo!! :D
*arrivano i fans con i bazuka e mitra avanzando verso l'autrice* Ehi ehi ehiii!!!
Fermi!!!Lo so cosa state pensando!! >.< Quando arriva la fatidica persona che cambierà la vita di Gwen?
E' imminente oramai, non preoccupatevi!! Risparmiatemi!!! xD Fatemi continuare a scrivere e non ve ne pentirete! ;)
Fidatevi please! >.<
Piuttosto..spero che vi piaccia il nuovo capitolo, anche se è molto ma molto triste.. :(
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! :3 Mi farebbe molto piacere saperlo! ^^
Al prossimo capitolo allora ;)
Baci

Dalhia_Gwen

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Capitolo 6
*** -Capitolo 6 ***


L’unico luogo in cui poteva rifugiarsi era certamente casa sua, per cui corse velocissima verso la sua abitazione, sotto gli occhi increduli dei passanti che non resistevano a non girarsi ed osservare quella strana ragazza, pensando a quale guaio avesse mai potuto passare.
Arrivò davanti alla porta, pregando con tutta se stessa che la mamma non fosse rimasta a casa, quel giorno.
Non se la sentiva di darle altro dolore, no. Soffriva già troppo per l’interminabile incubo che stava vivendo la figlia. Era da tempo che non la vedeva sorridere, e tutte quelle risate fatte il giorno precedente la riempirono il cuore di gioia. La madre era assolutamente bellissima quando rideva: Gwen diceva sempre che quella fu, e lo è ancora, la sua arma vincente, riuscendo a stregare tutti, nessun escluso. Lei però era molto rigorosa, manteneva le giuste distanze, e malgrado molti giovanotti, anche carini e ricchi,le chiedevano la mano, senza neanche conoscerla, Margaret rifiutava sempre. Ma purtroppo, un giorno, conobbe Albert, il padre di Gwen e Mark, è lì fece il suo più grosso sbaglio, innamorandosene perdutamente.
 
Aprì la porta lentamente, come se avesse paura di quello che avrebbe potuto incontrare, ma fortunatamente le sue preghiere vennero ascoltate.
“Meno male, è andata a fare la spesa.” Disse Gwen dopo essersi resa conto che la casa era vuota. Notò l’ordine con cui la mamma lasciò l’abitazione, assolutamente impeccabile, il tutto avvolto da un gradevole profumo di limone. Chiuse gli occhi per un momento ed avanzò lentamente verso la sua camera, lasciandosi cullare dal quell’odore così rilassante.
Raggiunse la sua stanza, raccolse i primi vestiti che le capitarono davanti, e si fiondò in bagno, per lasciarsi andare nella vasca.
Nel frattempo prese una decisione: non avrebbe detto nulla alla madre di quello che le era accaduto. Avrebbe raccontato che un’insegnante non si presentò alle lezioni, così la scuola autorizzò la classe ad uscire prima. Sì, era la cosa giusta per tutti.
Perché stavolta non sarebbe riuscita a tenersi tutto dentro, no. Era arrivata all’orlo della sua pazienza.
Ci avrebbe pensato lei personalmente alla vendetta che avrebbe architettato per farla pagare a quei corvacci.
Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma non appena se ne sarebbe presentata l’occasione, le avrebbe conciate per le feste, ne era fin troppo certa.
 

 
Quel pomeriggio Gwen si preparò il più velocemente possibile per poi scappare in palestra. Non ne poteva più, doveva allontanarsi subito, altrimenti sarebbe esplosa. E la palestra era il suo rifugio segreto, l’unico che potesse farla sentire meglio. Arrivò al luogo, e dopo aver salutato la reception con un sorriso appena accennato, avvertendo che era una nuova iscritta, si chiuse nello spogliatoio per cambiarsi. In meno di cinque minuti la ragazza era pronta per scendere in palestra: scese a due a due le scale, per poi arrivare in una sala enorme, piena di attrezzi di tutti i tipi. Vi erano tapis roulant, cyclettes, tappeti con pesi, spalliere, insomma di tutto e di più. La ragazza rimase sorpresa dall’abbondanza di attrezzi che la palestra possedeva, e rimase affascinata all’idea che molto presto sarebbe salita su tutte quelle macchine. In quel momento la palestra era già popolata da altre persone, che però non si resero conto dell’arrivo della nuova ragazza, in quanto intenti a fare i loro esercizi. Gli unici a notarlo furono i due istruttori di quella stanza, Luigi e David, e fu proprio il primo che, molto amichevolmente, si presentò alla ragazza con i suoi due metri e dieci centimetri,dandole il benvenuto “Ciao cara! Benvenuta alla Body Fitness*! Hai un viso nuovo, mai stata in questa palestra, eh?” chiese sorridente Luigi. “Oh..beh..no.” rispose Gwen timidamente e accennando ad un lieve sorriso. In tutta risposta Luigi allungò la mano in segno di saluto. “Oh bene! Io sono Luigi, e sarò il tuo nuovo istruttore!” affermò con entusiasmo. “Piacere, Gwen.” Disse la ragazza facendosi scappare una leggera risata. “Ma non crederti che sarò clemente solo perché sei una ragazza. Sappi che coloro che sono sotto la mia tutela lavorano tantissimo! Per cui preparati!” disse Luigi facendole l’occhiolino. Gwen alzò un sopracciglio, per poi rispondergli fermamente: “E’ proprio quello l’obbiettivo che voglio raggiungere..voglio sfogarmi.” E ridusse gli occhi ad una fessura, sotto lo sguardo confuso dell’istruttore.“Tra poco mi sentirò meglio” continuò lei; Luigi la guardò un po’ strano, ma non chiedette spiegazioni “Oh..ok! Bene,per iniziare, voglio che tu prova per prima un po’ i pesetti, ovviamente ti farò usare i più leggeri, sei pur sempre mingherlina” sorrise l’istruttore. “Mingherlina ma forte” aggiunse Gwen con una stilettata ridendo, contagiando anche lui, ma prima che Luigi potesse dire altro continuò a parlare “Senti Luigi, posso fare prima un po’ di riscaldamento sul tapis roulant? Mi sento fredda e ho bisogno di far svegliare questi muscoli che hanno dormito per troppo tempo.” gli chiese supplicandolo con lo sguardo. Lui sospirò. “Eh va bene cara, vai prima a fare un po’ di corsa, 10 min ti bastano? Chiese. “ Posso farne 15? Please?” nel chiederglielo incrociò le dita portandosi le mani davanti alla faccia. “Ok furbacchiona, ma dopo i pesi!” le disse in tono severo. “Sì signore!” affermò Gwen per poi raggiungere una macchina libera, salirci sopra, impostare la velocità, ed incominciare finalmente a correre veloce.
Sorrise felice, per la prima volta. Sì, trovava simpatico il suo istruttore, tutti lì erano simpatici, a partire dal proprietario che si trovava al bancone.
Si respirava un’aria diversa, che non aveva mai avvertito prima, ma che aveva un effetto benefico su di lei: la rendeva sorridente.
Sì,sentiva che si sarebbe trovata molto bene lì. Avrebbe scaricato tutte le tensioni che aveva accumulato quel giorno, sarebbe stata in compagnia di un istruttore estremamente solare e sicuramente avrebbe fatto nuove amicizie.
Ne era sicura, lì avrebbe conosciuto persone diverse, in tutti i sensi.
 
“Ok Jake, grazie vecchio mio!” “Di nulla figlioli, buon allenamento!” Due ragazzi, che la precedente sera saltarono il turno in palestra, chiesero al proprietario Jake, se li poteva far recuperare la giornata persa quella sera. Dato che erano clienti da tanto tempo ed ormai il caro e vecchio proprietario si era molto affezionato a due, per il loro modo di essere, per la loro vivacità e per la loro allegria, concese loro di poter frequentare quella sera la palestra, recuperando così l’appuntamento perso il giorno precedente. Uno di loro si chiamava Duncan Evans, era alto, muscoloso e con dei bellissimi occhi acqua-marina. Amava in punk-style, per cui portava sui suoi capelli nero-corvini una cresta verde fosforescente, della quale era molto geloso: guai chi la toccava, faceva una brutta fine. Inoltre era pieno di piercing: uno al sopraciglio, uno sul naso e due orecchini su un unico orecchio. Era un ragazzo molto duro, esteriormente, era scontroso verso tutti, e se qualcuno non gli portava rispetto non gliela faceva passare liscia. E’ molto popolare proprio per i suoi atti “criminali” e tutti per questo lo temevano. Nessuno si avvicinava, e se proprio accadeva era perché aveva intenzione di far nascere una rissa, che sarebbe stata sempre vinta dal punk. E’ molto chiuso per via di un passato molto crudele e dittatoriale dettato dai suoi genitori, che lo volevano vedere perfetto e praticare il loro stesso lavoro: il poliziotto. Duncan non era portato per questo, ma quando provò a parlarne con i suoi, quest’ultimi non volettero sentire ragioni e cominciarono a punirlo. Lui si ribellò e da quel momento cominciò a seguire le orme di “piccolo bulletto”, anche se in cuor suo non lo era. L’unico ragazzo con cui aveva un rapporto era proprio quello che in quel momento gli stava accanto, Geoff Mctodd: era il miglior amico di Duncan ed erano praticamente inseparabili. Qualsiasi cosa faceva uno, l’altro lo doveva seguire. Si volevano davvero bene come se fossero fratelli di sangue. Geoff era alto, anche lui abbastanza muscoloso, occhi azzurri e un gran giocherellone. Il suo hobby preferito in assoluto era organizzare feste, tanto che gli altri gli avevano dato il soprannome di “festaiolo” .Aveva una fidanzata, Bridgette, una ragazza dal cuore grande e dolce, e sembra proprio che la loro storia sia una cosa seria. I due raggiunsero lo spogliatoio e, una volta pronti, scesero giù. Mentre scendevano, chiacchierarono tranquillamente. “Maddai Duncan! Non vinco nemmeno una di schedina, tu invece quasi tutte! Ma come fai!?” chiese Geoff davvero interessato. Duncan fece spallucce e con un sorriso beffardo gli rispose “Sai amico mio, devi sapere che..” ma non concluse la frase. Rimase con gli occhi sgranati e con la bocca aperta: non poteva crederci. Si fermò improvvisamente, facendo preoccupare l’amico. “Ehi Duncan, ma che..Oh, wow!!!!!!” Geoff si girò verso la direzione in cui l’amico si era appena incantato, rimanendo senza parole anche lui. Davanti a loro apparve come d’incanto una visione magnifica: su uno dei tanti tapis roulant, vi era Gwen che stava correndo, molto decisa e concentrata a raggiungere il suo scopo. Si muoveva molto sensualmente, e a causa del movimento il suo corpo cominciava a ballare una dolce danza che incantava qualsiasi ragazzo l’avesse notata. La tuta poi, era molto aderente, per permetterle di stare comoda, ma questo rendeva lo spettacolo ancora più bello agli occhi dell’altro sesso. Duncan ormai non respirava più, era come se il suo cuore avesse smesso di battere, e non si era ancora ripreso da quello stato di trans. L’amico invece, che tornò in sé e notando che Duncan non riusciva proprio a staccare gli occhi di dosso a quella ragazza, cominciò a scuoterlo. “Ehi Duncan! Dai torna in te! La stai letteralmente mangiando con lo sguardo!!”. Gli diede così una scappellata, vedendo che l’amico non dava segni di vita. “Ahia!! Geoff, mi hai fatto male!” finalmente Duncan tornò in sé, e lanciò uno sguardo minaccioso all’amico. Geoff non fece in tempo a risponderlo che venne incontro a loro Luigi: “Ehi ragazzi! Che ci fate qui?” chiese l’istruttore sorridendogli e dando il cinque ai due. “Ciao Gigi! Siamo qui oggi per recuperare l’appuntamento perso ieri..sai, abbiamo chiesto questo piccolo favore al buon vecchio e ce l’ha concesso.” Disse Geoff tutto soddisfatto. Duncan nel frattempo era ancora intontito per lo stato di trans in cui era appena caduto, e si escluse mentalmente dal trio. Non aveva mai visto una ragazza così..bella, ma non per le sue curve,indubbiamente da far girare la testa. Geoff prontamente lo fece tornare con i piedi per terra, di nuovo. “Oh ciao Luigi!” disse Duncan accennando ad un sorriso forzato. Intanto Gwen, ormai esausta per i suoi 15 minuti di corsa senza sosta, fermò la macchina e lentamente scese, per poi asciugarsi la fronte ed incamminarsi verso il lettino sul quale erano pronti per lei i pesetti. Duncan la vide avvicinarsi sempre di più, così cominciò a contemplarla nei minimi particolari, aggiustandosi frettolosamente e sperando che la ragazza si accorgesse di lui. Ma sfortunatamente Gwen avanzò con l’asciugamano sul viso, non facendo caso alle persone che la circondavano. Duncan continuava però a fissarla e a sorridere come un ebete. “Duncan andiamo ad allenarci?” lo incitò l’amico dopo che anche Luigi notò lo strano comportamento del ragazzo. “Oh sì..eccomi” rispose per poi avviarsi al centro della palestra. I tre ragazzi continuarono a fare ognuno il proprio allenamento, ma il punk cercava anche con lo sguardo la sua nuova preda, per tenerla sempre sott’occhio. Doveva proprio ammetterlo: aveva una voglia matta di conoscere quella ragazza, non si spiegava nemmeno lui il perché, ma lo attraeva troppo, non conoscendola neanche. Era..diverso dalle altre volte. “Ehi amico, vuoi concentrarti per almeno 10 min?” chiese ad un tratto Geoff notando l’amico che aveva lo sguardo perso nel vuoto. “Eh? Sì, lo sto facendo.” Rispose Duncan riprendendosi. “A me non pare, hai la testa da un’altra parte, o meglio, da quell’altra parte della sala, e come punto fisso sempre lei..” indicò l’amico. “Geoff non è colpa mia se mi piace, anche molto! Mi ha stregato!” affermò Duncan senza rimorsi. “Oh andiamo Dunc!  Ormai è sempre la stessa cantilena: dici sempre la medesima frase, dopodiché ti metterai con lei e ci starai massimo due settimane, la lascerai e affermerai che era solo una storiella che non aveva un futuro. So già come andrà a finire…non è mai una cosa seria come vuoi far capire..” lo rimproverò l’amico riducendo gli occhi ad un’unica fessura. “Invece ti sbagli Geoff, non è la stessa cosa stavolta. Sento che..è diverso. Sì lo so, non conosco per niente questa ragazza  ma ti dico che è scattato in me qualcosa di differente dalle semplici e comuni cottarelle che mi sono preso fino ad ora. E..” non fece nemmeno in tempo a finire che nel momento in cui si girò a guardare la ragazza, la vide che si stava avvicinando a loro accompagnata da Luigi. Ad un tratto il cuore del punk cominciò ad accelerare improvvisamente, ma non per la stanchezza del riscaldamento che stava facendo, bensì per il pensiero che avrebbe visto più da vicino quella ragazza talmente incantevole. “Ehi amico, la tua bella sta venendo da questa parte..cerca di non svenire..” gli raccomandò il biondo vedendo lo sguardo sbarrato di Duncan che fissava la ragazza accompagnata da Luigi. “Ragazzi, vi presento Gwen, è nuova di questa palestra ma è davvero brava nella corsa, per cui avevo pensato di farla allenare insieme a voi oggi dato che il vostro programma è uguale al suo.”  Annunciò l’allenatore con tutta naturalezza. “ U-uguale al nostro?!” ripeterono all’unisono i due ragazzi, guardandosi increduli negli occhi. “ Allenamento?!” chiese invece Gwen, con gli occhi sgranati. “Beh..sì ragazzi. Dovete sapere che Gwen, ha delle potenzialità davvero sorprendenti, e rare da trovare comunemente nelle palestre. Vedete, anche se la signorina non ha mai praticato alcun tipo di sport fino ad ora, ha una resistenza davvero sorprendente, ed io avevo pensato di aggiungerla alla gara..Gwen..” disse per poi rivolgersi serio alla ragazza “So che è ancora la prima volta che ti vedo correre, ma nel tuo riscaldamento ti ho osservata bene: non hai ansimato per niente, e questo è davvero impressionante da parte di una persona che non ha mai fatto palestra, e tenendo conto anche del tempo che hai scelto. Dunque, credo che abbia delle ottime potenzialità, dato che non ho mai visto nulla del genere.Tra non meno di due mesi ci sarà una gara di resistenza che organizzano tutte le palestre della regione, ovviamente non esiste solo quel tipo di gara, ma a voi interessa questa. I due vincitori poi gareggeranno a livello regionale, nazionale e, perché no, anche mondiale. Per adesso i due potenziali ragazzi che scelsi tra i frequentanti della palestra sono loro, Duncan e Geoff, che a parer mio sono i più capaci, ma ci mancava il terzo concorrente, dato che il regolamento prevedeva che per ogni palestra dovevano esserci al massimo tre iscritti. Fino a questo momento ci eravamo rassegnati a trovare il terzo, ma dal momento che sei arrivata tu, mi sono ricreduto, e ti ho inserita. Ecco vedi, loro due si stanno allenando da circa tre mesi, ma tu, secondo me, sei al loro stesso livello, per cui puoi tranquillamente seguire ciò che stanno facendo loro ora.” Spiegò Luigi a Gwen, la quale ascoltava attentamente, e fu estremamente sorpresa dalle ultime parole dell’allenatore. Ad un certo punto intervenne Geoff, alquanto stranito dalla scelta dell’istruttore: “Luigi, non pensi di correre un po’ troppo? Voglio dire..per carità, non ho nulla contro Gwen, ma secondo me non ce la può fare; nel senso che ha bisogno di tempo, il nostro livello è troppo alto per poter essere seguito da una ragazza che tra l’altro non ha mai fatto ginnastica..la stremeresti solamente..” disse con tono preoccupato. “Ti sbagli Geoff, può sembrarti inconcepibile ma so quello che faccio: lei è molto in gamba e sento che può farcela.” Insistette Luigi. “Beh..provare per credere.” Affermò Duncan ad un tratto facendo spallucce e facendo l’occhiolino a Gwen, mentre quest’ultima lo fulminò con lo sguardo ma lo accompagnò con un leggero sorriso, che sottolineava la sua conferma della sfida appena lanciata dal punk.




*nome puramente inventato dall'autrice






--Angolino dell'autrice :3 --
Buonaseraaa a tutti!!! :D
Finalmente la scuola mi ha concesso un po' di tempo libero per postare il nuovo capitolo! :'D
Bene bene..se siete arrivati fin qui significa che avete letto il capitolo, per cui vi siete accorti che Gwen ha conosciuto i nostri cari Duncan e Geoff!!  Yeeeeeeh!! xD
Contenti? ;)
Io li adoro..sono troppo simpatici insieme! :D
Che succederà in seguito? Chi vincerà la sfida? Eheheheheh ci sarà da divertirsi adesso! ;D
Mi auguro che questo nuovo capitolo sia stato di vostro gradimento, come i precedenti. ^^
Rigrazio tutti coloro che recensiranno e i lettori silenziosi :3
A presto,

Dalhia_Gwen
<3

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Capitolo 7
*** -Capitolo 7 ***


I tre ragazzi così si posizionarono uno accanto all’altro pronti per la corsa di resistenza.
“Bene ragazzi, quello che vi chiedo è di correre per 30 minuti pieni, ed ovviamente al termine del tempo, dovrete fare uno sprint finale.”  Spiegò Luigi dietro di loro, che manovrava il cronometro per inserire tutti i dati.
Dopo aver finito, richiamò la loro attenzione: “Allora, siete pronti? Tre, due, uno, VIA!”  i tre ragazzi partirono contemporaneamente sfrecciando come saette: la ragazza si trovava in prima posizione, mentre gli altri due sfidanti dietro di lei.
Ovviamente tutto ciò era premeditato per fare in modo che i due, ma soprattutto Duncan, godessero del meraviglioso panorama che si vedeva innanzi a loro. Geoff, conoscendo l’amico, aveva già capito tutto e, notandolo molto interessato, temeva alla sua incolumità. “Cielo..speriamo che non cada quel pervertito…” si ripeteva mentre correva a ritmo costante in ultima posizione.
Ma come se avesse previsto tutto, davanti a lui si mostrò l’immagine dell’amico che inciampò su sé stesso,barcollando ma non cadendo, e per disperazione alzò gli occhi al cielo. Gwen, che sentì un piccolo gemito dietro di lei, si girò per controllare se andasse tutto bene.
Girandosi incontrò lo sguardo di Duncan, intento ad ammirare il suo fondoschiena e notandolo arrossì violentemente. Dall’altra parte, Duncan notò gli occhi della ragazza puntati su di lui e cambiò bersaglio della sua vista. “Ehm..tutto bene? Avevo sentito..” si pronunciò ancora rossa in viso.
Il ragazzo, anche lui abbastanza imbarazzato, rispose sicuro: “Oh sisi, tranquilla..solo un innoquo incrocio di gambe..” rispose Duncan sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. Quel sorriso contagiò anche Gwen, la quale ricambiò per poi rigirarsi e continuare la sua corsa. Non sapeva cosa le stava accadendo ma era come se..le piacesse essere in compagnia di quelle persone.
Sì, per la prima volta sorrideva davvero.
Quel ragazzo, Duncan, le era simpatico, sino dal momento in cui lo vide per la prima volta intento a fissarla continuamente mentre faceva gli addominali, insieme all’amico. All’inizio la cosa le diede un po’ fastidio, ma poi non ci fece più caso, e si concentrò al massimo sul suo compito. Ma ora, quando si rese conto che le stava guardando il fondoschiena fu assalita da un profondo ed inspiegabile imbarazzo.
Forse il motivo era che nessuno, fino a quel momento, le aveva offerto un po’ di attenzioni, anche le più semplici.
Fatto sta però che quello sconosciuto riusciva a farla sorridere, anche per una semplice sciocchezza, e nessuno mai ci riuscì prima d’ora. In quel momento però era assalita da un altro piacere: la stanchezza, che cominciava a farsi sentire nelle sue gambe. Lo stesso discorso valeva per i ragazzi, i quali, pur restando indietro, avvertivano i propri muscoli stancarsi.
Ad un certo punto però Duncan, che non pensava ad altro che ad un modo per colpire la ragazza, si accostò accanto a lei per poi dirle con il respiro affannato: “Ehi, niente male per una principiante..” la stuzzicò lui “Oh, ecco che si ricrede colui che si sente invincibile.” lo prese in giro Gwen sorridendo. “Guarda che non ero io quello che non ci credeva, ma il mio amico..” cercò di proteggersi Duncan “Si ma tu mi hai lanciato la sfida, e ti assicuro che so fare di meglio, lasciandoti anche a bocca aperta.” Lo provocò lei guardandolo negli occhi “Oh bambolina, io ho i miei dubbi al riguardo..non sei..” all’improvviso partì il fischio di Luigi, segno dello sprint finale.
Gwen così prese potenza e nell’arco di qualche secondo si lasciò dietro per molti metri i due sfidanti i quali, con tutta la forza che avevano, cercavano di raggiungerla invano.
Una volta aver finito la corsa i due ragazzi, stanchi più che mai e alquanto impietriti di fronte alla potenza di quella ragazza così minuta, si accasciarono per terra, in segno di sconfitta, e cercando di recuperare un po’ di fiato. Anche Gwen era stremata, ma mantenne il sorriso vittorioso, orgogliosa di se stessa per aver dato una bella lezioncina ai due senza speranza. Si sentì pervadere da una sensazione piacevolissima: era la prima volta che era orgogliosa, fiera di lei. Alzò gli occhi al cielo sorridendo, per poi rivolgerli all’istruttore, che convinto già del risultato che avrebbe dato quella corsa, la incitò ad avvicinarsi, ed insieme avanzarono verso i due perdenti, che ancora ansimavano. Luigi diede ad entrambi una pacca sulla spalla per poi affermare felice: “Eheheh avete visto? Vi siete fatti battere da una ragazza..” sogghignava trionfante Luigi. Duncan, che più che altro era ammaliato dalla bellezza della ragazza che aveva di fronte, sussurrò: “M-ma non è una ragazza semplice come tutte le altre..è-è speciale..in tutti i sensi..” si lasciò sfuggire l’ultima frase con un sorriso seducente. Gwen in tutta risposta non potè nascondere il rossore provocatole da quella affermazione, ma cercò in tutti modi di mascherarlo. Geoff invece non riusciva neanche ad emettere un suono, talmente era distrutto..non poteva nemmeno lui crederci: quella ragazza aveva davvero l’adrenalina nel sangue, e solo in quel momento si rese conto di quanto le parole dell’istruttore fossero vere, e constatò che Gwen avrebbe portato sia lei che la palestra a livello inimmaginabile . Nel frattempo Luigi non riusciva proprio a trattenere le risate, e tra un sorriso e un altro ordinò a tutti e tre di andare nello spogliatoio, in quanto per quella sera andava bene così. Mentre i tre ragazzi avanzavano per dirigersi verso i rispettivi spogliatoi, a Duncan scappò un desiderio ad alta voce: “Quanto vorrei entrare nello spogliatoio femminile…” sussurrò seguendo con lo sguardo Gwen che avanzava svelta per cambiarsi. Geoff alzò gli occhi al cielo in segno di disperazione: l’amico era davvero perso. Ma comunque riuscì a rispondere: “Duncan, anziché fare il cascamorto con Gwen pensa piuttosto a quali vantaggi potrebbe arrecare quella ragazza a noi competitori, è davvero una fortuna averla nella squadra..”disse Geoff una volta entrati nello spogliatoio.”Puoi giurarci fratello, ma stai sicuro che questa occasione non me la faccio sfuggire..” e detto questo si catapultò letteralmente fuori con l’intento di aspettare Gwen all’uscita, non prima di essersi cambiato. L’amico lo seguì a ruota, dubbioso su quello che il punk voleva fare. Una volta uscita, Gwen si diresse verso la porta, notando che i suoi due avversari erano davanti ad essa che la stavano fissando.
Arrivata davanti all’uscio, fece cenno di salutare i due ragazzi, ma Duncan le si piazzò davanti, con aria maliziosa. “Ehi bella, vai a casa a piedi?” gli chiese squadrandola da cima a fondo. Mentre Geoff si diede una manata in faccia, Gwen gli lanciò una stilettata, ma preferì rispondergli, usando la sua stessa tattica: “No. In realtà prendo l’autobus…” rispose lei sussurrando. Duncan sorrise malignamente per poi risponderle: “Lo sai che ragazze così carine come te non dovrebbero andare in giro da sole a quest’ora?” continuò lui con la medesima espressione. “Oh..cosa si aggirerebbe? Il lupo mannaro?” domandò lei fingendosi intimorita. A quelle parole a Geoff scappò una leggera risata. “No mia cara, molto peggio..ma per evitare che ti accada qualcosa preferisco che ti accompagno io a casa, così sono sicuro che torni sana e salva.” ammicò lui convinto. “Chi mi dice che tu non sia proprio uno di quei mostri di cui parli?” continuò lei sorridendo trionfante. Duncan a quelle parole si grattò la nuca, e improvvisamente disse “Ti pare che..” ed attaccò a farle il solletico “io sia il tipo di persona che può far del male ad una ragazza? Questo non lo dovevi dire!” esclamò continuando a farle il solletico. Gwen si contorceva tutta, ridendo come una pazza, ed emettendo frasi spezzate dalle risate. “Oh Duncan..ti prego..b-basta non ce… non ce la faccio più!!” cercò di dire lei tra una risata e l’altra. “Solo se accetterai il mio galante passaggio.” rispose Duncan ormai vincitore “o-ok..hai vinto tu…verrò con te!” gridò lei esausta. “Evvai!!” esclamò Duncan facendo l’occhiolino all’amico che assistette alla scena divertendosi più che mai.
 
“Però non vale..” disse Gwen mentre i tre si dirigevano verso la decappottabile del punk. A quelle parole Duncan fece per avvicinarsi alla gotica, avendo l’intenzione di farle nuovamente il solletico, ma la ragazza prontamente indietreggiò facendogli la linguaccia, che Duncan ricambiò divertito.
Una volta saliti in macchina, Duncan accese l’auto per poi partire. “Allora sua maestà, vuole dirmi gentilmente dove abita? Così la posso portare nel luogo giusto?” chiese Duncan girando lo sguardo verso la gotica, che nel frattempo era intenta ad osservare la strada che si apriva davanti a lei. “Oh, abito in Mctowen Street numero 23*” rispose Gwen al suo interlocutore con un sorriso. A Duncan venne in mente improvvisamente qualcosa. “Benissimo, so dov’è! Non si preoccupi signorina, arriverà sana e vegeta a casa!” esclamò il punk divertito. “Non avevo dubbi..” rispose Gwen con voce molto lieve, quasi impercettibile, e sorridendo al punk, che non poté far altro che ammirare quel bellissimo sorriso. Appena arrivati a destinazione, Duncan accostò l’auto chiedendo se effettivamente quello fosse il portone della sua casa. Ottenendo risposta affermativa, spense la macchina. “Beh bambolina, allora ci vediamo la prossima volta..”cominciò Duncan con una puntina di malizia nello sguardo. “Sì certamente e..non mi chiamo bambolina” rispose lei tra l’imbarazzo e la freddezza. Il punk rise di gusto, vedendo apparire sulle gote di Gwen un leggero rossore. “Ahahahahah okay, allora..buonanotte, Gwen.” La salutò lui con l’occhiolino, ma la gotica lo ignorò. “Buonanotte..anche a te Geoff!” si rivolse poi all’amico dietro di lei, che era davvero stufo di tutte quelle smancerie che Duncan faceva alla gotica. Dopo aver ottenuto risposta dal biondo, Gwen uscì dalla macchina, ringraziando di cuore Duncan per il passaggio, per poi dirigersi dentro il portone e lasciando i due a meditare.
Il punk seguì con lo sguardo la gotica mentre tornava a casa, sorridendo compiaciuto. “Aaah…sì, sono stracotto di quella pupa..è perfetta per me.” Disse Duncan tornando con la mente per terra. “Oh andiamo Duncan..basta! Sei monotono! Ormai si sa come va a finire: vi metterete insieme, starete massimo due settimane, e dopo tornerai a dirmi che era solo una storiella da nulla che non era destinata a durare..” cacciò quelle parole l’amico troppo esausto nel sentire il punk dire sempre le stesse cose su qualsiasi ragazza trovasse carina per i suoi gusti. Non era mai una cosa seria, e a Geoff dava parecchio fastidio che l’amico scherzasse anche su una cosa seria quale l’amore: provava a mettersi nei panni di queste povere ragazze ammaliate dal fascino di Duncan, le quali magari avevano davvero trovato il ragazzo adatto a loro, peccato però che lo scopo del suddetto ragazzo era solo quello di divertirsi, e molto spesso fece soffrire molti cuori femminili, che presero troppo sul serio il gioco di Duncan per poi cascare nel suo tranello. Geoff provò molte volte a farlo ragionare, ma la cosa sembrava non toccarlo minimamente; continuò così per molto tempo, fino a quando non incontrò Gwen. “Oh Geoff, stavolta ti sbagli: non sto giocando, sento che..che è quella giusta. Sì, perché ho provato qualcosa di diverso di una semplice attrazione fisica. Stavolta era una forte sensazione. “I-io..ho sentito un fastidio al livello dello stomaco. Non so spiegartelo ma…di una cosa sono sicuro: non me la farò sfuggire, non lo farò mai”.

*indirizzo puramente inventato dall'autrice







-Angolino dell'autrice pazza della DxG :3 -

Salve miei cari lettori!! :'D
Finalmente sono riuscita ad aggiornare! ;)
Perdonate il mio ritardo, ma purtroppo non ce l'ho fatta proprio ad aggiornare prima di oggi T.T
La scuola si fa sentire...sempre di più D:
However, che ne dite? Vi ha divertiti un po' il nuovo capitolo? <3
Mi auguro di sì *-*
Non mi resta altro che attendere i vostri commenti, positivi o negativi che siano...accetto tutto ;)
Baci e..
Al prossimo aggiornamento ;D

Dalhia_Gwen



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Capitolo 8
*** -Capitolo 8 ***


Una volta tornata a casa sua, Gwen si diresse verso la sua stanza, per poi rinchiudersi nel bagno e lasciarsi andare a quel suono così rilassante della doccia. Stava per chiudere la porta del bagno, quando all’improvviso venne bloccata dalla mamma che si trovava fuori al balcone a stendere i panni nel momento in cui la figlia varcò la soglia per il ritorno a casa. “Oh tesoro! Sei  a casa! Non ti avevo vista! Allora, com’è andata la prima sera in palestra? Hai conosciuto qualcuno?” chiese la mamma sorridente e piena di curiosità. A quell’ultima domanda Gwen arrossì leggermente, abbassando lo sguardo per un attimo. Perché sentiva calore sulle sue guance? Perché avvertiva un senso di felicità nel momento in cui ripercorreva l’incontro con quei due ragazzi? Non se lo spiegava. Forse era elettrizzata all’idea di aver scambiato finalmente due parole con altre persone, che erano al di fuori delle mura domestiche. In quel momento si reputava una persona “normale”, capace di dialogare ed esprimersi in maniera semplice, senza pregiudizi. Con quei due ragazzi avvertì quel senso di libertà, di quotidianità che non aveva mai potuto esternare nell’ambito scolastico.
Lei non era antipatica.
Assolutamente no, anzi. Col fratello andava più che d’accordo, malgrado i loro caratteri completamente opposti. E quando si trovavano insieme non facevano altro che ridere, facendo scappare ogni volta alla madre un leggero sorriso nel momento in cui udiva le loro risate provenienti dalla loro camera fino in cucina.
Quando era più piccola, era circondata di amichetti che la volevano bene, la invitavano sempre alle feste, e lei puntualmente non se ne faceva scappare una. Era una ragazzina tranquilla, e tanto, tanto simpatica, ma purtroppo, col passare del tempo, ci accerchiò di amicizie negative alimentate puramente dalla cattiveria,che la portarono a chiudersi sempre di più, e a perdere quella spensieratezza e quell’allegria che nutrivano le sue giornate.
La ragazza tornò con i piedi per terra, rendendosi conto di essersi persa nei suoi pensieri, così alzò il capo e rispose abbastanza imbarazzata: “B-beh..tutti lì sono molto simpatici! La palestra mi ha fatto davvero rilassare! Scusa mamma ma adesso devo farmi la doccia!” e così dicendo, senza neanche dare il tempo a Margaret di risponderle, chiuse velocemente la porta del bagno, facendo rimanere la mamma sorpresa, ma allo stesso tempo pensierosa. “Simpatici? Mah…Spero sia la volta buona..” si ritrovò a pensare Margaret facendosi sfuggire un leggero sorriso, per poi ritornare alle sue faccende domestiche.
 
Il giorno seguente Gwen tornò a scuola con aria più serena, sollevata: la palestra le faceva proprio bene. Quando entrò in classe, quest’ultima era già piena con tutti i suoi alunni. Mancava solo lei. Con grande disinvoltura, salutò l’insegnante per poi sorridere anche ai suoi compagni, i quali rimasero sbigottiti di fronte ad un comportamento così normale come quello che aveva Gwen. Si ricordarono benissimo dello scherzo fatto il giorno precedente alla gotica asociale, ma sembrava che lei se ne fosse completamente dimenticata, arrivando addirittura a salutare la classe, cosa che ormai non faceva più. Era davvero strana, troppo per i loro gusti, tanto da metter quasi paura. Ovviamente la sua era solo una tattica: era scontato per gli altri che Gwen sarebbe arrivata in classe l’indomani e, piagnucolando,avrebbe raccontato tutto all’insegnante presente in quell’ora in classe, ma mai ad immaginarsi che, invece, avrebbero riscontrato l’effetto contrario. Il suo comportamento infatti, mirava ad infastidire le sue acerrime nemiche, le quali non riuscivano a tollerare quegli sguardi minacciosi che Gwen lanciava, nonostante quest’ultima non si fosse azzardata ancora a raccontare l’accaduto.
No, non l’avrebbe fatto. Troppo semplice. Stavolta voleva prendersi lei gioco di loro, prendendole in giro.
La vendetta sarebbe arrivata nel momento giusto, che non coincideva con quella mattina.
Cosi’ quella mattina scolastica passò, silenziosa e molto monotona. Gwen nel frattempo andò a cercare, nelle altre aule, l’insegnante con la quale avrebbe dovuto fare l’interrogazione alla prima ora del giorno prima, spiegandole che purtroppo quella mattina era andata a fare una visita che non avrebbe potuto più spostare, in quanto l’aveva già fatto in precedenza, e per questo motivo si scusò per non essere stata presente alla verifica orale. D’altra parte l’insegnante, riconoscendo la persona con la quale stava avendo a che fare in quel momento, capì la situazione che l’alunna aveva vissuto e la perdonò senza indugi, facendola congedare e riferendole che la prossima volta che l’insegnante avrebbe avuto lezione con la loro classe, l’avrebbe interrogata. Gwen, felice più che mai della reazione della signora Gordon, la ringraziò nuovamente, facendo scattare un sorriso alla donna, per poi salutarla cordialmente e avviandosi verso l’uscita dell’edificio.
Così i giorni si susseguirono normalmente e in maniera serena: andava a scuola, faceva i compiti e frequentava la palestra. Oramai era come un toccasana per lei, quegli attrezzi le erano diventati fin troppo familiari, ed ogni volta che ne usava uno avvertiva una felicità incomparabile. Sorrideva nel momento in cui azionava l’aggeggio, per poi godersi quell’oretta in pieno relax. Pensò all’assurdità della sua felicità, tanto strana ad occhi esterni, ma per lei era tutto. L’esercizio fisico era quello che le serviva per trovare l’equilibrio che perse in quegli anni, aggiungendo poi il calore che le veniva donato dai suoi amici, a partire dall’istruttore. Luigi era diventato il suo migliore amico ormai. Gli raccontava tutto quello che le accadeva la mattina a scuola, e Luigi era sempre disponibile ad ascoltarla, fornedole consigli e talvolta anche confortandola con i suoi racconti scherzosi inventati al momento, per risollevarle il morale. E ci riusciva, perché ogni volta Gwen sfoggiava un bellissimo sorriso e, come se si fosse caricata della forza giusta per iniziare qualcosa, cominciava a divertirsi con gli attrezzi della palestra.
Ma c’era ancora qualcosa che le mancava: quella sensazione di spensieratezza che visse non pochi giorni fa, esattamente quella sera in cui conobbe quei due ragazzi, Duncan e Geoff. Non se lo riusciva a spiegare, ma la compagnia di quei due ragazzi la faceva sentire meglio, poteva essere se stessa con loro, non doveva nascondere nulla, perché loro non la giudicavano. Gli unici sulla faccia della Terra che non la facevano sentire “un’aliena” come molti invece facevano. Ma soprattutto avvertiva una certa simpatia per il punk, con quei bellissimi ed incantevoli occhi color acqua-marina e con quello sguardo da strafottente. L’aveva colpita d’apprincipio, sia per l’aspetto e sia per la sua galanteria. Doveva ammetterlo, non era affatto male, ma aveva escluso a priori che sarebbe nato qualcosa tra loro due. Era umanamente impossibile, malgrado le loro somiglianze nell’abbigliamento. Il problema era che non si sentiva alla sua altezza: era troppo diversa da tutti,le diceva il suo cervello, e stentava a crederci che sarebbe esistito un ragazzo che l’avrebbe accettata per quello che realmente era. Eppure Duncan non la giudicava, non la disprezzava, anzi, in un certo senso l’apprezzava. Ed era questo ciò che lei non riusciva a realizzare, o meglio non voleva ammetterlo. Le sembrava fin troppo irreale. Ma era certa solo di una cosa: cominciò a preoccuparsi nel momento in cui non vide più i due ragazzi venire al corso. All’inizio non ci fece peso, ma poi col passare dei giorni cominciò ad avvertire la loro mancanza, l’assenza delle loro risate, della loro presenza in quella palestra immensa. In fondo erano gli unici che la facevano sentire una loro amica. Evidentemente era questo che cercava: l’essere accettata dagli altri, ed era infatti una sensazione nuova per la gotica solitaria. Arrivò anche al punto di chiedere informazioni su di loro a Luigi,dato che lui era anche il loro istruttore, ma avvertiva profondo imbarazzo all’idea, arrivando a sentire la gote arrossate, in quanto avrebbe sicuramente frainteso. Perché mai, poi? In fondo non chiedeva nulla di strano, eppure nella sua mente balenò il pensiero che Luigi avrebbe capito una cosa per un’altra e magari sarebbe andato a raccontarlo anche ai due destinatari, e questo doveva assolutamente evitarlo.



-Angolino dell'autrice-
Ehilà!!!!!
Ebbene sì, ho finalmente aggiornato! >.<
No non ero sparita, purtroppo non avuto proprio tempo di scrivere nulla durante la scorsa settimana...
Spero che però mi perdonate col nuovo capitolo, augurandomi che vi piaccia! :3
Ringrazio in anticipo tutti coloro che recensiranno e i lettori silenziosi! :)
Un grande saluto, e cerchero' di aggiornare il più presto possibile ^-^

Dalhia_Gwen

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Capitolo 9
*** -Capitolo 9 ***


Tuttavia, in quel lunedì pomeriggio piovoso decise di andare anche in palestra, intenta a non perdere nessun incontro, sia per i vari benefici che ne ricavava il suo corpo, e sia per la speranza di poter incontrare i suoi amici, soprattutto Duncan. Le piacevano le persone che la sfidavano, l’elettrizzava troppo. Ma anche quel senso di essere considerata, osservata ed apprezzata non le dispiaceva affatto. Scosse la testa leggermente, come se volesse cancellare quel pensiero assurdo ma fin troppo vero dalla sua testa, per poi abbassare l’ombrello e il cappuccio fradici che la coprivano dalla pioggia e fare ingresso nella hole della palestra. Pulì più volte i suoi stivali sul piccolo tappetino che giaceva sul pavimento proprio davanti a lei, appena entrata e in segno di rispetto e, come sempre, con un cenno salutò la reception per poi dirigersi dentro lo spogliatoio. Scese velocemente gli scalini che portavano al grande salone attrezzato, come se avesse una voglia matta di iniziare a sudare un po’. Ma la verità era un’altra: non se lo spiegava nemmeno lei, ma si accorse con grande stupore che in quel momento ciò che più sperava era proprio di ritrovarsi di fronte i due nuovi amici, Duncan e Geoff, quei due ragazzi che la facevano sorridere e ridere. E come se il destino volesse ascoltarla, almeno per una volta, ecco che tra quella folla di palestrati intravide un’appariscente cresta verde, troppo inconfondibile per non riconoscere a chi appartenesse. All’improvviso dentro di lei si accese una felicità inspiegabile,tanto da contagiare labbra ed occhi, che gioivano insieme all’organo da cui partì tutto, il suo cuore. E senza pensarci due volte, come se spinta da una forza immaginaria, cominciò a correre verso il punk, il quale si accorse della presenza della ragazza solo dopo averla avuta più vicino a sé, udendo la sua dolcissima voce invocare il suo nome. Il ragazzo intanto era concentrato sul sollevare un peso che incrementò quel giorno stesso, sotto il consiglio di Luigi, che era accanto a lui per controllare la sua forza, aumentata dopo mesi di allenamento, soddisfando di molto anche l’istruttore. Dopo aver realizzato che qualcuno lo stesse chiamando, si alzò faticosamente appoggiando il peso di 100 chili sulle proprie gambe, in maniera cauta, e respirando con un po’ di fatica per lo sforzo appena applicato, alzò il capo per ritrovarsi poi l’angelica figura della minuta ragazza che gli rapì il cuore con un solo ed unico sguardo.
Gwen però, che si era appena sciolta dall’abbraccio affettuoso che rivolse al suo istruttore, ormai diventato grande amico, non si accorse, fino a quel momento, che il suo caro amico punk era a dorso nudo, e mostrava così la perfezione dei suoi addominali, a cui la ragazza non fece mai caso: il suo torace era troppo bello per essere un sogno, come se fosse stato scolpito da un famoso scultore, talmente le tolse il fiato dallo stupore. Non aveva mai visto così tanta perfezione, e ne rimase pietrificata, o meglio abbagliata. Rimase immobile con lo sguardo rivolto alla tartaruga del suo compagno per un paio di secondi, utili a far capire a Duncan che i suoi muscoli fossero un’arma fin troppo vincente per sedurre le ragazze, e che in questo caso avessero incantato anche la sua dolce ed indifesa preda. Così, tutto soddisfatto, ammiccò ad un seducente sorriso, rispondendola.
“Ehi Gwen..” disse il punk, poggiando i gomiti sulla trave che reggeva i pesi appena alzati, avvertendo una strana felicità pervadergli il cuore. D’altro canto Gwen, resasi conto del suo piccolo stato di trans che però le parse infinito, si risvegliò da esso scuotendo la testa velocemente, e nel momento in cui incrociò gli occhi ghiaccianti di Duncan, che la stavano fissando da un bel po’, arrossì violentemente all’idea delle sue fantasie che le vennero in mente nel vedere un fisico così, ma totalmente innocenti. Incastrata da un’emozione più grande di lei, girò la testa a sinistra, per cercare in tutti i modi di non far notare ai due ragazzi il rossore che improvvisamente colorò le sue pallide guance, anche se invano, mentre sussurrava un lieve “Ehi..”.
Luigi, che aveva capito fin troppo bene l’intesa che si creò tra i due dal primo giorno, rise sotto i baffi, e imbarazzato anche lui, preferì lasciarli soli, congedandosi con un semplice “Ehm..Okay Duncan, molto bene, vado a registrare i dati del tuo nuovo record sulla scheda..” per poi dirigersi dall’altra parte della sala, dove vi erano degli scaffali pieni di documenti e coppe.
“E’ un piacere rivederti..” incominciò Duncan, per sciogliere il ghiaccio che si creò tra loro.
“N-non mi aspettavo di rivederti..” rispose Gwen molto timidamente, con rivolto ancora il capo da un lato.
“Non sei felice di rivedermi?” le domandò lui in maniera strafottente.
“Ooh..beh..i-io..” ma vedendo che la ragazza continuava a tener voltato il suo volto, oramai acceso più che mai, la costrinse a girarlo verso di lui, e fu così che anche lui si perse in quel meraviglioso sguardo penetrante e profondo, che più che mai era ciò che la descrivesse meglio.
Continuando a tenere la mano sul viso candido di lei, i due non si spiegarono come adesso i loro volti erano estremamente vicini, tanto che i loro nasi potevano sfiorarsi. Gwen, che ormai era entrata di nuovo in trans, cominciò ad esporre frasi senza senso, mentre lui, divertito, si inebriava della sua essenza che sapeva di mirtilli.
Le piaceva stuzzicarla, lo appagava troppo. In quel momento il suo desiderio più grande era quello di congiungere le sue labbra con quelle di lei, assaporando la delicatezza e la raffinatezza della sua bocca. Ma si rese conto di correre troppo, che stava commettendo un grosso sbaglio, tanto da perderla per sempre e così, per evitare ciò, decise con grande rammarico di non provarci, e di aspettare che la loro amicizia maturasse di più e magari diventasse qualcosa di speciale. Dovette però fare un grande sforzo,dato che gli bastava una leggera spintarella per ritrovarsi poggiato sulle sue labbra.
“Sai, ho cambiato turno.” Disse lui per frenare quel discorso insensato della gotica, per poi allontanarsi da lei con l’intento di farla riprendere e rispondere in maniera coerente. E come se avesse previsto tutto, la ragazza cominciò a sentire le sue guance raffreddarsi piano piano, e il suo cuore riprendere a battere in maniera regolare. Ma che diamine le prendeva? Non era certo da lei comportarsi in quella maniera così sdolcinata. Era sempre stata una persona forte, non condizionabile troppo dalle emozioni, eppure il contatto estremamente vicino con un ragazzo di cui ammetteva con tutta onestà di esserne attratta, l’ha resa completamente indifesa e vulnerabile. Perché? Infondo aveva visto sulle riviste delle edicole che le sue amiche si scambiavano, molte immagini di bei ragazzi a dorso nudo, ma le erano completamente indifferenti, tanto da considerarli persone vanitose che arrivavano a quei livelli solo per puro esibizionismo.  Ma allora perché questa non curanza non la riusciva a provare anche con Duncan? Perché avvampò così tanto nel vedere tale fisico? Sarà stata l’emozione nel vedere una perfezione così nella realtà, con i suoi stessi occhi? Era profondamente turbata da queste domande, mentre era intenta a riprendersi e rispondere finalmente al punk in maniera sensata.
“Come mai? Non ti trovi bene più con quell’orario?” chiese Gwen appoggiando l’asciugamani dietro la nuca.
“Oh no no, affatto. Volevo semplicemente vederti, essere insieme a te negli allenamenti…sai, tre concorrenti prossimi a delle gare devono allenarsi assieme, per il bene della squadra..” rispose il punk afferrando la bottiglietta d’acqua che prima era appoggiata per terra, per poi stapparla e bere un bel po’.
Quella risposta turbò non poco la gotica, che alzò un sopracciglio e lo fulminò con lo sguardo, tra l’imbarazzo e il dubbio. Era davvero combattuta. Perché quel ragazzo completamente estraneo le faceva così tanti complimenti, anche se indirettamente? Non capiva a cosa Duncan volesse alludere, infondo non sapeva nemmeno cosa significasse avere un amico, figuriamoci un…beh sì, un fidanzato. Non era passato nemmeno un mese da quando si erano conosciuti, stentava a crederci che il ragazzo provasse qualcosa di più intenso di una semplice amicizia. Magari, iniziando a capire come fosse fatto, voleva solo prendersi gioco di lei, capendo che, in realtà, lei era molto fragile nell’istaurare relazioni.  E lei? Cosa provava? Cos’era Duncan per lei? Di solito aveva una risposta per tutto, per ogni cosa che le chiedevano i professori e i suoi compagni di classe, ma stavolta era solo confusa e circondata da mille emozioni, che purtroppo non riusciva a distinguere. Le piaceva Duncan, la sua personalità, il suo modo di relazionarsi con gli altri, la sua allegria..lo reputava un ottimo amico, il primo che ebbe mai avuto. Ma niente di più. Eppure cos’è che non la convinceva completamente di questo sentimento? Si sentiva se stessa quando era in sua compagnia, non doveva fingere o sforzarsi di essere qualcun altro con lui, ma questo non significava che lei provasse qualcosa di più profondo di un’amicizia. No, non credeva nel colpo di fulmine, lo considerava come pura e semplice illusione, di questo era certa. Ad un tratto si rese conto di essersi persa di nuovo nei suoi complicati pensieri, ma decise di darsi una regolata, pensando di rispondere al punk con il suo stesso tono provocatorio, perché infondo era una delle cose che le piacevano di più di quel ragazzo. “Oh..beh..allora credo che dovremmo andare ad allenarci, visto che due futuri partecipanti ad una gara devono lavorare insieme…” e così dicendo diede un’ultima occhiatina all’espressione di Duncan, che nel frattempo si fece scappare un ghigno di soddisfazione, per poi fargli l’occhiolino e dirigersi verso l’attrezzo per la tonificazione delle gambe, mentre Duncan la seguì a ruota, non facendosi scappare quell’invito.
Così i due chiacchierarono del più e del meno, accorgendosi di avere tantissimo in comune, sia caratterialmente sia per quanto riguarda i passatempo. In quelle ore Gwen non fece altro che ridere, felice di essere in compagnia di un ragazzo così simpatico,mentre Duncan amava ogni sorriso che lei gli regalava e, come se non fosse mai sazio, faceva in modo di farne nascere sul volto di lei sempre di più. Ovviamente il tutto accadeva mentre facevano intensa attività fisica: lei intenta a tonificare le sue esili gambe, lui invece con l’obiettivo di scolpire ancor di più il suo torace.
“Ascolta, tu non mi hai ancora detto come mai non vedo Geoff. Hai cambiato turno senza di lui?” gli chiese ad un tratto Gwen, dopo essersi concessa un pò di pausa.
“Oh no, anche lui ha deciso di cambiare il turno spostandolo a questo, ma oggi è l’anniversario del suo fidanzamento con Bridg, precisamente festeggiano due anni insieme, per cui non poteva assolutamente spostare l’appuntamento, altrimenti la ragazza l’avrebbe sbranato…voi donne così siete fatte…” spiegò Duncan, pronunciando le ultime parole con un leggero sarcasmo. Gwen, che si sentì chiamata in causa, cercò di difendersi, perché assolutamente non poteva darla vinta a quel maschilista. “Che vorresti dire? Che noi saremmo capaci di lasciarvi per una simile sciocchezza? Oh ti sbagli, forse hai avuto esperienze decisamente negative per fare “l’erba tutto un fascio”..ma non tutte le ragazze sono così precisine da pretendere di festeggiare per forza l’anniversario nel giorno stabilito. Potresti offendere.” Rispose Gwen seria riprendendo a svolgere l’esercizio che sospese per un attimo. Stavolta fu Duncan a fermarsi. “Vorresti dirmi che la ragazza qui presente si è offesa?” chiese lui sfidandola. “Il mondo è bello perché è vario, e sicuramente non puoi dire che siamo tutte uguali..” rispose lei con tono serio. “Hai ragione, infatti ringrazio il Cielo che si siano ragazze che non martoriano i loro fidanzati, come te, da quanto ho capito..” disse lui ridendo.
“Dipende dal senso che vuoi attribuire alla parola martoriare, potrei essere cattiva quando mi fanno delle scortesie..” prontamente disse lei soddisfatta. Ad un tratto lui scoppiò a ridere, ammettendo che quella ragazza, oltre ad avergli fatto perdere completamente la testa, gli dava filo da torcere. “Allora devo stare attento..magari hai già fatto qualche vittima, forse a scuola..” sorrise lui malizioso.
Gwen, che fino a quel momento stava ridendo insieme al punk, si incupì non appena udì ciò che lui le aveva appena detto, ed abbassò il capo, rivivendo quei maledetti momenti che i suoi compagni di scuola le hanno fatto passare. Così riempì i suoi polmoni di tutta l’aria di cui aveva bisogno e decise di raccontare ciò che era realmente lei agli occhi degli altri. “Oh beh..io non sono mai stata fidanzata, e poi tutti gli alunni che frequentano la mia scuola mi odiano…” sorrise forzatamente per trattenere la rabbia, ma ottenne solo una smorfia.
D’altro canto Duncan, nell’udire quelle parole, rimase impietrito: non fu tanto la meraviglia che ne derivò nel sapere che la ragazza di cui si era innamorato non fu mai stata fidanzata nella sua vita,e non poté far a meno di gioire in un primo momento nel suo cuore, ma fu lo stupore nel sentire che una ragazza così bella e speciale come Gwen potesse essere trattata così male da tutti. Per lui era inconcepibile..non poteva essere vero. Come se i loro corpi fossero trasparenti, Duncan avvertì inaspettatamente una fitta al petto, non appena vide la ragazza con gli occhi lucidi che incontrarono i suoi, azzurri come non mai, e si sentì profondamente in colpa nell’averle fatto una domanda così invadente e dolorosa per entrambi. “Ehi..su dai non fare così..Perdonami, non volevo farti stare male..” cominciò a dirle lui colpevolizzandosi del dolore che stesse provando Gwen in quel momento, così le strinse la mano forte, in segno di conforto. Nel sentire il caldo contatto fisico del ragazzo, Gwen sobbalzò leggermente e frettolosamente cercò di dirgli qualcosa per rasserenarlo: “Oh..n-no non preoccuparti..non è assolutamente colpa tua, ormai sono abituata..” stavolta sorrise sincera, capendo quanto Duncan sia stato premuroso nei suoi confronti. Anche Duncan si risollevò, non appena vide che la ragazza sfoggiò un bel sorriso. Decise di risponderle, e mentre lo faceva le teneva ancora stretta la mano: “Mi spiace molto..posso sapere che razza di edificio lugubre frequenti?! Almeno li concio io per le feste!” affermò lui in tono scherzoso, al fine di alleggerire quell’atmosfera pesante che si creò pochi minuti fa. Gwen scoppiò a ridere: “Ahah Duncan! Come puoi farcela contro un intero esercito di alunni?! Apprezzo il tuo tentativo ma ho i miei seri dubbi sul fatto che ne potresti uscire vivo e vittorioso..” concluse spostandosi una ciocca di capelli che cadde delicatamente sul suo viso, mentre era intenerita per la protezione che il ragazzo le stava offrendo.
“Ah! Tu non sai chi hai di fronte, tesoro! Non sottovalutare mai una persona con questo fisicaccio! E poi io sono molto popolare nel mio istituto, sicuramente riuscirò a crearmi degli alleati per la battaglia, fidati!” esclamò soddisfatto.
Gwen scosse la testa, ora a destra ora a sinistra, divertita delle espressioni così giocose del suo amico. “Eh va bene mio salvatore: frequento l’istituto artistico Kinglsler’s High School*” Ammise. Non appena udì quelle parole, Duncan spalancò gli occhi incredulo: stava sognando o cosa? Niente di meno la ragazza che ha sempre desiderato frequentava la sua stessa scuola e lui non l’ha mai notata. Era assurdo, si ripeteva. Come non notarla poi? Si rispose ammettendo che in fondo lei fosse una ragazza fin troppo diligente e rispettosa delle regole, per cui ne dedusse che non fosse molto propensa ad affacciarsi fuori dalla sua classe durante il cambio dell’ora, o uscire dalla classe solo col pretesto di farsi notare dagli altri. Adesso capì ancora meglio con quale rarità di donna avesse a che fare in quel momento, e di sicuro doveva stare attento a non fare mosse false. “Dici sul serio?! Ma..anch’io frequento quella scuola! In che classe sei? “ gli chiese lui eccitato più che mai. Anche a Gwen le si illuminarono gli occhi, rendendosi conto che finalmente in quella orribile scuola c’era qualcuno con cui scambiare qualche parola, ridere, o anche solo salutare. Non si sentì più sola in quell’enorme edificio. “La 4°A, tu?” gli chiese lei di rimando. “ 5° A !” rispose lui ridendo. “Quindi siamo sullo stesso piano…” osservò lei sorridendo. “Ma siamo esattamente ai poli opposti del piano! Ecco perché non ti ho mai vista!” esclamò lui convinto. “E’ vero..nemmeno io ti ho mai visto” . “Strano però che, voglio dire, ti trattino male. E’ vero che non ci sia molta gente per bene, ma è anche vero che ci sono brave persone che io conosco.” Osservò lui serio. Gwen sospirò per poi fare spallucce. “Che vuoi che ti dica: evidentemente sono molto influenzabili dal giudizio degli altri..” concluse lei triste.  Ad un tratto al punk gli venne un lampo di genio, come se si fosse di ricordato di una cosa estremamente importante e cominciò a fissare un punto nel vuoto, intento a escogitare un piano. “Ascolta, domani mattina fatti trovare davanti a scuola cinque minuti prima il suono della campanella.” Disse lui sorridendo. Nel sentire quelle parole Gwen lo guardò dubbiosa. Cosa aveva in mente quel punk? Di sicuro non voleva che fossero nate delle risse, non voleva soffrire nuovamente. Stava per chiedergli cosa avesse in mente quando ad un tratto lui le posò l’indice sulla bocca, facendola arrossire inesorabilmente. “Sssh..non fare domande, presentati solo all’appuntamento. Non te ne pentirai.” E così dicendo le fece l’occhiolino, per poi dare uno sguardo all’orologio e, rendendosi conto che era ora di tornare a casa, si alzò per dirigersi verso le scale che conducevano allo spogliatoio maschile. Gwen, che non seppe muovere un muscolo dopo quel gesto, lo seguì solo con gli occhi, che erano ancora sbarrati, e rimase lì seduta per qualche minuto, prima di congedarsi anche lei, rimembrando le parole di Duncan, e cercando invano di dar loro un senso logico, sempre se di qualcosa di sensato si sarebbe mai trattato.

*nome puramente inventato dall'autrice




-Angolino dell'autrice, inguaribile romanticona-
Buonsalve popolo di EFP! :D
Rieccomi qui ad aggiornare, stavolta con un capitolo molto lungo e ricco di emozioni! <3
Spero che questo capitolo soddisfi il tempo che avete aspettato per leggere il continuo del capitolo precedente, che ammetto di aver concluso in maniera brusca ^-^
Ma non vi preoccupate, era tutto calcolato ;D
Spero di vi piaccia!! <3
Mi raccomando lasciate una vostra opinione, mi fa tanto piacere sapere cosa ne pensate, e correggetemi se ci sono eventuali errori ;)
Ringrazio sia coloro che recensiranno e sia i lettori silenziosi <3
Un abbraccio e al prossimo aggiornamento! ;D

Dalhia_Gwen

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Capitolo 10
*** -Capitolo 10 ***


Era ormai sera, e la nostra Gwen era intenta a sistemare la sua camera, particolarmente in disordine per aver lasciato i libri con cui avrebbe studiato le materie che avrebbe avuto l’indomani sul letto, al fine di non fare tardi in palestra. In materia di ordine la gotica non avrebbe mai avuto un buon voto: praticamente era negata nel tener pulita e con cura la sua stanza. Di sicuro questo era un bel problema per un domani, quando si sarebbe sposata, e la madre non faceva altro che rimproverarla e dettarle punizioni che le avrebbero permesso di capire come si tenesse ordinato un quadrato di 9m2, anche se molto spesso non erano sufficienti. Una volta la costrinse a togliere la polvere dappertutto, e come risultato ottenne la stanza messa letteralmente a soqquadro. Un caso perso, insomma. La madre Margaret continuava tuttavia ad essere fiduciosa, per quello che le prove glielo permettevano..
Dopo aver messo a posto tutto e aver indossato il suo bel pigiama, Gwen si lascia far cadere, come un grosso sacco pesante, sul soffice letto, e cominciò a fissare il vuoto, particolarmente stanca quella sera dopo il ritorno dalla palestra. Sospirò pesantemente, come per cacciare tutta la stanchezza che si ritrovava ad avvertire in quel momento, ma pur sempre soddisfatta del suo lavoro. Chiuse gli occhi e cominciò a ripercorrere la sua pesante giornata che si stava per concludere, dal suo inizio che coincideva con la giornata scolastica fino alla palestra, sorvolando i momenti sgradevoli che la facevano solo stare male, e si fermò nel momento in cui arrivò a pensare all’incontro inaspettato ma piacevole con Duncan. Stavolta non mentì a se stessa. No, non poteva: era decisamente contenta di aver passato quelle ore con lui, che non faceva altro che farla ridere e scacciare i brutti pensieri. Sorrise, nel momento in cui le vennero in mente le battutacce di lui e tutte quelle stilettate che lei gli lanciava, per via della sua ingenuità di fronte ad un tipo controverso e furbo come il punk. Si morse il labbro inferiore, ricordandosi di quei momenti che le fecero battere il cuore più velocemente, ai quali non riuscì a dare ancora una spiegazione razionale, ma si soffermò a quella specie di invito che lui le fece prima di salutarla. Cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli color verde-acqua tra le dite della sua mano sinistra, tormentandosi all’idea di cosa sarebbe accaduto l’indomani, prima di fare ingresso nell’edificio scolastico. Sì, era particolarmente nervosa, tanto che non si rese conto che, dilungandosi troppo con i suoi pensieri, si erano fatte le 00:05, orario fin troppo inoltrato per le sue abitudini. Facendo un lungo e lento sbadiglio, decise che la cosa giusta in quel momento era quella di far riposare il suo cervello, che non faceva altro che lavorare e sforzarsi per qualsiasi cosa. Era abituata così, a non cedere. Non poteva, questo significava sfigurare la forza del suo intelletto, si ripeteva sempre, così ad ogni problema o esercizio di matematica o fisica non lo avrebbe mai lasciato irrisolto, perché ce l’avrebbe fatta, anche se richiedeva perdita di ore.
Disfò il letto velocemente, come se non volesse perdere un altro semplice minuto, e si infilò sotto le coperte, girandosi su un lato, dato che quella era la sua più amata posizione, e chiuse gli occhi, eccitata all’idea della sorpresa che quel misteriosi ragazzo le volesse fare, sorridendo.
Dopo aver fatto un po’ di ritardo nello svegliarsi e dopo aver fatto una colazione veloce, Gwen si catapultò fuori dall’appartamento, e a passo svelto cominciò a dirigersi verso l’istituto che avrebbe dovuto frequentare ancora per un anno scolastico abbondante. “Accidenti..proprio oggi dovevo arrivare in ritardo a scuola?!” si domandava la ragazza mentre avanzava veloce per le strade affollate di auto della sua cara cittadina, come tutte le mattine.
Finalmente arrivò davanti all’ingresso della scuola, ormai affollato di studenti, col fiatone. Si guardò intorno, a destra e a sinistra: nessuna traccia del punk. “Forse deve ancora arrivare..l’incontro sarebbe stato fuori.” Si ritrovò a pensare Gwen mentre si avvicinava ad una gradinata vuota, per poi sedersi e cominciando a ripassare la materia che avrebbe avuto alla prima ora, ovvero fisica, nel frattempo che sarebbe arrivato Duncan. Nel momento in cui cominciò a concentrarsi sul ripasso, sentì delle grosse e calde mani coprirle gli occhi, impedendole di continuare la sua lettura. Una voce candida le arrivò all’orecchio sinistro, troppo vicina per i suoi gusti, provocandole inaspettatamente un leggero solletico. “Indovina chi sono?” le chiese quella voce mentre Gwen avvertì la felicità invaderle il corpo nel momento in cui riconobbe a chi appartenesse quella bella voce.
“Duncan!! Finalmente sei qui!” gridò Gwen in preda alla gioia, prendendogli le mani per spostarle dal suo volto. Si voltò e si ritrovò ad incrociare quegli occhi ghiaccianti che le facevano sempre uno strano effetto, mentre un sorriso a trentadue denti si mostrava davanti a lei, confondendola leggermente.
“Buongiorno Dolcezza, perdona il mio leggero ritardo..problemi nel traffico.” Si scusò Duncan che nel frattempo si sedette accanto alla ragazza. Si soffermò sul libro aperto, e quando riconobbe di cosa trattasse sgranò gli occhi. “Ma cosa fai?! Studi anche a quest’ora?! Io non sono ancora sveglio, figuriamoci se potrei mettermi sui libri a prima mattina!” esclamò lui mentre le prendeva dalle mani il libro per poi richiuderlo velocemente. “Eh dai Duncan! Era solo un modo per aspettare che tu arrivassi! E poi non stavo studiando, stavo ripassando..” puntualizzò lei lanciandogli una stilettata e riprendendosi violentemente il libro per riporlo nello zaino.
“Bel modo di attendermi..comunque, tu ora vieni con me!” così dicendo si alzò di scatto trascinando con sé anche la ragazza, la quale non ebbe neanche tempo di obiettare. La condusse dietro l’enorme ed imponente edificio, per poi imboccare una stradina che sembrava essere una scorciatoia. “Ma dove mi stai portando?” chiese ad un tratto Gwen dubbiosa più che mai. “Non preoccuparti, adesso lo scoprirai.” Le rispose lui sicuro di sé e con molta tranquillità. Arrivarono all’uscita del percorso che stavano seguendo, per poi vedere di fronte ai loro occhi l’immagine di un campo da calcio nel bel mezzo delle erbacce. “Eccoci qui..” affermò lui soddisfatto per poi rivolgere lo sguardo verso di lei, la quale non seppe pronunciare alcuna parola. Era più che altro sorpresa dalla possibilità che potesse esistere un campo da calcio proprio a qualche metro più lontano dalla scuola, tra l’altro in mezzo al nulla. L’è sempre piaciuto il calcio, fin da piccina, tanto che era ben disposta a far compagnia al fratello quando lui, all’epoca 12 anni, guardava le partite della sua squadra preferita. Aveva un debole da sempre per questo sport, ma non se ne vergognava. No affatto. Non le sembrava giusto che una ragazza non potesse essere appassionata di calcio. E dove stava scritto? Poteva fare ciò che voleva, e sicuramente l’interesse per il calcio era qualcosa che non le dispiaceva affatto. Infatti, quando era più piccola, espresse alla madre il desiderio di poter iscriversi alla squadra femminile di calcio, convinta più che mai della scelta. Margaret, nell’udire quelle parole, si sorprese non poco, tanto da rimanere spiazzata in un primo momento. Per essere sicura che non stesse sognando, posò una sua mano sulla fronte della sua bambina, e con grande sorpresa constatò che non aveva la febbre. Così, rassegnandosi all’idea, le rispose che sarebbe andata a vedere se davvero esisteva una squadra femminile anche nel loro paesino. Purtroppo però scoprì che non vi erano ancora richieste sufficienti per poter formare una vera e propria squadra femminile, pertanto lo riferì alla figlia, e come poteva immaginarsi, la ragazza rimase male. Ma se ne sarebbe fatta una ragione, era solo questione di tempo, ed infatti poi decise che forse fosse stato meglio così, in quanto non avrebbe avuto tempo per poter seguire gli allenamenti nel momento in cui avrebbe iniziato la scuola superiore.
Gwen tornò alla realtà, lasciando quei vecchi e dolci ricordi al passato, per concentrarsi poi sull’espressione di Duncan, il quale, preoccupato, stava aspettando che la ragazza desse un cenno per poter capire che fosse ancora viva. “G-Gwen? Tutto bene?” esordì lui scostandola lievemente. “Oh sìsì, scusami. E’ che… è bellissimo.” Disse lei sorridendo, alludendo ancora al suo interesse verso quello sport così maschile. “Davvero ti piace?” chiese lui con un espressione mischiata tra il sorpreso e il gioioso. “Certo, adoro il calcio e mi sarebbe sempre piaciuto poter vedere così da vicino un campo da calcio.” Spiegò lei sempre sorridendo. “Non sei mai venuta qui? La scuola organizza spesso partite, perché dice che questo campo sia più grande ed accogliente rispetto alla piccola palestra che ci ritroviamo dentro.” Affermò lui convinto. “Beh non lo sapevo, o meglio..non mi interessavo. Preferivo seguire una partita su uno schermo di una tv, anziché andare a vedere una partita di calcio tra ragazzi che nemmeno conosco, o che magari loro mi conoscono di vista ed io no. Non volevo creare altri disagi, sia per me che per loro.” Disse lei con voce molto flebile. Ad un tratto lui, come se volesse troncare quel discorso che si stava facendo più pesante, le si avvicinò di più, sfiorandole con le sue dita le mani di lei, che erano molto fredde. “Ascolta, io ti ho portato qui per una ragione precisa..” cominciò lui facendosi improvvisamente serio. “Devo..devo dirti una cosa. Ecco vedi, come ti ho detto prima, la nostra scuola organizza spesso delle sfide di calcio, coinvolgendo qualsiasi ragazzo la frequentasse, ed io, insieme ad altri miei amici, abbiamo sempre partecipato. Da mesi è iniziato una specie di campionato autunnale, dove le varie sfide si disputano tra classi. Io e la mia classe siamo arrivati alle finali, e tra una settimana dobbiamo affrontare la sfida finale. Ecco..mi chiedevo se…beh sì, volessi venire a vedermi.” Concluse lui guardandola dritta negli occhi, intento a percepire ogni singolo movimento che avrebbe fatto come reazione alle sue parole appena pronunciate. Lei rimase spiazzata di fronte ad una richiesta simile. Non aveva mai partecipato come spettatrice di una partita, anche se lo avrebbe sempre desiderato, ma oramai si era fatta una ragione sull’impossibilità che tale evento sarebbe potuto accadere. Non sarà uno dei meravigliosi e grandi stadi che lei si sarebbe sempre sognata, ma era pur sempre una bella cosa quella di assistere e tifare la squadra in giocava un suo amico.  Era strano. La sua richiesta non era niente di speciale, eppure sentiva che dietro quella richiesta c’era qualcos'altro, perché in fondo anche lei ci sperava. Deglutì faticosamente, nel vedere che il punk non smetteva di squadrarla da cima a fondo, resosi conto solo in quel momento del bel vestitino che la ragazza indossò quella mattina: era a mezze maniche, scollatura non troppo accentuata, ma che lasciava spazio a qualsiasi forma di pensiero per via delle sinuose curve, e con una gonna che le arrivava un po’ sopra le ginocchia.
“Ehm…n-non saprei..i-io non conosco nes…” balbettò lei ma lui non le fece finire la frase, perché le prese le mani, e stringendole nelle sue, continuava a guardarla con i suoi due occhi elettrizzanti.
“Non devi temere per questo, anzi, non te ne dovrebbe neanche importare. Te lo chiedo per favore. I-io..io ho bisogno della tua presenza.” Confessò lui arrossendo leggermente, ma continuando sempre a tenerle lo sguardo che si stava facendo sempre più speranzoso. Stavolta Gwen rimase ancora più meravigliata, e la sua espressione chiedeva chiaramente il motivo di tale richiesta. Lui percepì subito questo, e senza pensarci due volte si preparò a rispondere.
“Perché..perchè senza di te non ce la farei. Sapere che tu possa essere seduta lì, tra la folla dei tifosi, e sperare che tu stia facendo il tifo per me, sarebbe davvero il massimo. Tu sei la mia forza, se non verrai ci sarebbe un’alta probabilità che sconfitta per noi..” disse lui, sottolineando l’ultima frase ed arricchendola di ironia, tentando di spaesare la ragazza, rendendosi conto ci esser stato fin troppo sincero con lei. A quelle parole Gwen si sentì mancare per un attimo. Aveva capito bene? Quel meraviglioso ragazzo le stava chiedendo di supportarlo durante la sfida? Non poteva crederci, le pareva assurdo, fin troppo. Rise alla sua battuta, rendendosi conto che probabilmente in realtà era solo un semplice modo per chiederle di partecipare all’evento, nulla di più. Non poteva essere che lei fosse la sua forza, eppure all’inizio del suo discorso sembrava talmente preso dalle emozioni, che quasi quasi stava per credergli. Ma poi l’ultima frase la spiazzò, facendola ritornare con i piedi per terra,con rimpianto, e dimostrandole ancora una volta che stava fantasticando su un qualcosa di troppo surreale. Il dubbio tuttavia rimaneva. Ma cosa tramava quel ragazzo?  Ancora una volta non riusciva a capire a cosa Duncan volesse alludere.
“Beh..che ti posso dire..a quanto pare dipende tutto da me..” disse lei timidamente, avvertendo le sue gote accendersi sempre di più: quelle emozioni la facevano perdere il controllo di se stessa. Nel frattempo lui sorrideva soddisfatto, annuendo alle parole della gotica. “ Puoi dirlo forte dolcezza..senza di te non saprei come fare…vorresti che il tuo caro amico perdesse l’ultima partita per aggiudicarsi la vittoria?” chiese lui con un ghigno, mentre stringeva ancora le mani di lei. “ Ah ecco, quindi mi stai sfruttando..ho solamente un’importanza dal punto di vista della vittoria..” affermò lei facendo finta di essersi offesa. “Ahahahahah ma come siamo volubili. Io non affatto detto questo, tesoro mio..” così dicendo le accarezzò la guancia molto delicatamente, come se non volesse lasciare segni su quella pelle incredibilmente bianca. Lei rispose con un dolce sorriso, rimanendo immobile, non potendo riuscire a muovere un muscolo.
Ad un tratto lui ritornò serio, e le domandò “Allora, avrò l’onore di vederti anche tra la platea?”
Gwen, che fine a poco tempo prima aveva abbassato lo sguardo per l’imbarazzo, lo alzò nel momento in cui udì le parole penetranti di lui, che le scalfirono l’anima. “Certo che verrò, non potrei mai dirti di no..” le rispose lei con tutta sincerità, fin troppa. Lui invece, non appena udì la risposta affermativa della ragazza, provò una sensazione mai sentita prima d’ora. Un misto tra felicità ed euforia, che lo portava a fargli fare respiri profondi per trattenere la voglia di stringerla forte a sé. “Fantastico! Non te ne pentirai, te lo prometto. Anzi, farò in modo che tu possa assistere alla partita tra i posti in prima fila.” Disse eccitato il punk, per poi estrarre velocemente un biglietto.”Ecco qui. Questo è il biglietto che dovrai dare ad un ragazzo all’entrata del campo. Basta che gli dici il tuo nome e lui capirà.” Concluse poi. “Oh..ok..grazie” rispose lei sorridendo all’idea di poter fare il tifo per il suo amico. “Grazie a te, dolcezza.” Disse lui sottovoce dopo essersi avvicinato particolarmente al viso di lei, facendola deglutire rumorosamente: adorava i momenti in cui la spaesava. Poi la prese per mano, e ritornarono insieme a scuola dove, a parte la piacevole sorpresa di poco prima, li aspettava una lunga giornata.



-Angolino dell'autrice sempre più romanticona-
Ehilààà popolo di EFP!!! :'D
Rieccomi qui ad aggiornare!
Eheheeh alla fine la fatidica sorpresa che Duncan promise a Gwen è un invito ad una partita di calcio! *-*
Una cosa inusuale, forse considerata poco romantica...ma vedrete che ne accadranno di tutti i colori! ;D
Bene, non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni, sperando che vi facciate sentire in tanti! ^-^
Ringrazio come sempre tutti voi, sia i commentatori che i lettori silenziosi! ;)
Alla prossima,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 11
*** -Capitolo 11 ***


I corridoi della scuola erano oramai deserti, vi erano solo i bidelli dell’ingresso intenti a vedere se vi era ancora qualche alunno all’esterno che non avesse voglia di fare ingresso nell’istituto, per poi incitarlo ad entrare per gli ultimi minuti rimasti, prima che chiudessero definitivamente il cancello principale degli studenti.
Intanto i due ragazzi arrivarono col fiatone sul piano dove erano presenti le loro rispettive aule, anche se come distanza erano una l’opposto dell’altra. Si guardarono negli occhi, entrambi esausti del riscaldamento mattutino appena svolto, involontariamente. Scoppiarono entrambi a ridere, rendendosi conto della buffa situazione in cui si trovavano.
“Tu..tu mi farai diventare una cattiva alunna…” cercò di dire qualcosa lei, tra una pausa e l’altra per riprendere fiato. Duncan le sorrise di gusto, alzando un sopracciglio e scuotendo la testa.
“M-ma sentitela…p-per una volta tanto che arrivi con qualche minutino di ritardo…N-non dirmi che non ti è mai capitato?” chiese lui appoggiandosi col gomito destro sul muro, per guardarla meglio.
“B-beh…no, mai..sorpreso? Non sono la tipa  che fa certe cose..” rispose lei con aria superiore “E tu mi porterai sulla cattiva strada..” continuò lei sorridendo.
“Ahahahah no…questo non lo dovevi dire…comunque adesso è tardi ed è meglio che io entri. Sai..ho la prof di diritto…” disse lui in tono sarcastico, alzando lo sguardo in segno di disperazione.
“Oh no…solo noi del corso A possiamo sapere quella vipera come sia..corri, prima che ti riempia di insulti e ti possa fare il terzo grado!” disse lei velocemente, rendendosi conto del ritardo che stavano facendo entrambi.
“Non preoccuparti Dolcezza, sarà assillante e aggressiva quanto vuoi, ma io so come farle placare la rabbia che bolle nel suo triste animo..!” affermò lui vantandosi. “E come faresti, sentiamo?” chiese lei curiosa del piano dell’amico. “Eh no, dovrai attendere. Adesso non te lo posso dire. Piuttosto corri in classe, se non mi sbaglio saresti dovuta essere interrogata in fisica. Buona fortuna.” E così dicendo le si avvicinò velocemente al viso candido colorato leggermente di un rossore alle guance, per via della corsa che fecero pochi minuti fa, che si fece ancora più intenso nel momento in cui avvertì le labbra calde di Duncan su una di loro. Con la stessa velocità il punk congedò la gotica, la quale non si era ancora resa conto di ciò che le era appena accaduto troppo frettolosamente. Rimase ancora immobile per qualche secondo, con gli occhi fissanti un punto impreciso, e rossa più che mai. Si toccò la guancia appena sfiorata da quelle labbra così morbide e perfette, accarezzandola dolcemente, avvertendo il calore invaderle il corpo. Sorrise felice, capendo che non stava sognando. Peccato però che il tempo stava scorrendo incurante delle sue emozioni, e come se si fosse accorta di un qualcosa di estremamente importante, raggiunse velocemente l’altra parte del corridoio, entrando finalmente in classe.
 
“Buongiorno! P-perdonate il mio ritardo..” la ragazza arrivò all’improvviso in aula senza neanche bussare e chiedere il permesso di entrare, talmente era scombussolata. La professoressa, che stava facendo l’appello, sobbalzò dalla sedia nel momento in cui avvertì la porta spalancarsi in quel modo, perdendo anche i suoi occhiali che caddero sul registro, per fortuna intatti. L’insegnante la guardò sorpresa, sia per il modo con cui è entrata la ragazza e sia per lo strano ritardo che ha fatto. Indossò nuovamente gli occhiali, e con tono abbastanza infastidito, la quarantaquattreenne si pronunciò: “Signorina Smith, non le hanno insegnato le buone maniere?” le chiese la professoressa, guardando la ragazza sott’occhi, con gli occhiali da vista appoggiati appena sulla punta del naso. “Chiedo scusa prof, mi ero resa conto di essere in ritardo, e volevo arrivare il più puntuale possibile. L’autobus non è passato in orario, ecco perché ho fatto tardi.” Cercò di inventare una scusa la gotica, che era sempre più convinta della credibilità del suo racconto, rafforzata anche dal rossore che era presente sul suo viso. Nel frattempo Courtney, che era intenta a specchiarsi nel suo cofanetto dei trucchi, non le andò molto giù la versione della ragazza, che cercava in tutti i modi di non incrociare nessuno sguardo, cosciente del fatto di poter essere smascherata all’istante, dato che non era affatto brava a mentire, soprattutto a persone che la conoscevano troppo bene, come i suoi compagni di classe. La sua onestà infatti era un brutto punto debole che Gwen doveva difendere ad ogni costo, ed era ciò che la differenziava dagli altri, oltre che alla sua educazione. Ma prontamente, non perdendo mai alcuna situazione per ferirla, l’ispanica si ricompose, e lanciandole uno sguardo diabolico cercò di dare del filo da torcere alla gotica:
“Da quando in qua tu prendi l’autobus? Non abitavi qui vicino? Ti ho visto sempre a piedi.” Affermò Courtney soddisfatta più che mai. Gwen, che si era appena accomodata al suo posto, le lanciò uno sguardo talmente amaro che poteva avvertire anche lei l’odio che potesse contenere. Ma non si scoraggiò di fronte all’arroganza della compagna, così fece un grande respiro per prepararsi alla risposta.
“ Ma cosa ne vuoi sapere tu, che ti fai accompagnare sempre in auto dal tuo paparino, che ha paura che possano far del male alla sua cara bambolina? Cosa c’è? Non sei capace di difenderti? E’ ora di crescere,sai?
Ah, a proposito, hai messo troppo blush, sembri un clown.” Tutti i compagni di classe, che fino a qualche secondo fa ridevano sotto i baffi, adesso si ammutolirono di fronte alla risposta così diretta e maleducata della gotica, che stavolta diede retta solo al suo istinto, incurante della presenza, seppur scomoda, dell’insegnante, che sentì tutto. Non appena udì quelle parole, Courtney sobbalzò dal posto, e con gli occhi sbarrati cercò frettolosamente il suo inseparabile specchietto, ed effettivamente si rese conto di aver cosparso troppo blush su una guancia. Senza perdere un altro secondo, l’ispanica ringhiò alla gotica come un cane sofferente di rabbia, colpita nel profondo del suo orgoglio, e con una mira eccellente.
“Tu..tu devi fare una b..” adirata più che mai Courtney non cedette alle provocazioni di Gwen, ma non fece in tempo a finire la frase che l’insegnante, ormai stufata della loro infantile discussione, si alzò in un impeto di esasperazione, per poi rivolgersi alle due ragazze, che per poco non avrebbero iniziato una lotta fisica.
“Adesso basta ragazze!! Mi sembrate due bambine, che diamine! Cercate di crescere, entrambe! Smith, cerca di non fare più ritardo o sarò costretta ad annotarlo sul registro, e tu Nelson evita di importunare gli altri, non sono affaracci tuoi se Smith sia arrivata a scuola a piedi o meno. Cerca di frenare quella rabbia che non riesci a scaricare mai!” e così dicendo ammutolì anche il resto della classe, che nel frattempo rivolse lo sguardo sull’insegnante che tornò infine a continuare l’appello.
 
Mentre tutto questo stava animando la classe 4° A, nella quinta vi era una simile situazione, ma molto più divertente.
“Con permesso? Buongiorno!” Duncan entrò nell’aula come se nulla fosse, non prima di aver bussato cordialmente la porta per poi entrare. A differenza di Gwen, Duncan era maledettamente abile nel raggirare le situazioni, infatti aveva un piano infallibile per non beccarsi l’ennesima annotazione sul registro per i ritardi frequenti. L’anziana donna che era seduta alla cattedra, avvertendo che qualcuno avesse interrotto la sua spiegazione, appena iniziata, si girò verso la porta con sguardo minaccioso, pronta ad umiliare il povero malcapitato, facendo una ramanzina che sicuramente sarebbe durata anche mezz’ora della sua lezione, col risultato che non se sarebbe accorta neanche lei. Stava per aprire bocca, quando il punk, arrivato al suo posto, la precedette:
“Mi scuso prof, ma ho dovuto tornare indietro per soccorrere un gattino indifeso che stava precipitando da un tetto. Era ferito, tra l’altro, e se qualcuno non l’avrebbe preso in tempo sarebbe..beh sì, morto. Così, preoccupato, ho chiamato i vigili del fuoco che sono arrivati immediatamente, mostrandomi il cucciolo con una zampetta rotta. Ma non potevo lasciarlo in quello stato, che persona sarei stato? Allora l’ho accompagnato dal veterinario, ma guarda caso ho trovato anche la sua padrona lì, che lo stava cercando disperatamente, ma poi profondamente sollevata per averlo ritrovato. Così finalmente ho potuto salutare il gattino e correre a scuola, perché non potevo di certo perdermi la sua lezione, così interessante…” pronunciò l’ultimo inciso facendo una leggera smorfia, che però l’insegnante non si rese conto, troppo scioccata per il racconto così “toccante” del suo alunno. L’anziana signora, infatti, perse il suo dolce gatto in circostanze simili, con la sola differenza che purtroppo lei non lo ritrovò più. Il dolore per la perdita dell’unico essere che si sacrificò per farle compagnia in quella vita così solitaria per via del suo carattere troppo strano, tendente alla pazzia ma premuroso allo stesso tempo, la trasformò in una persona fredda ed arrogante, con la conseguenza che non si sarebbe mai più presa cura di nessuno, per non soffrire ancora e si cimentò ancor più intensamente nello studio. Ma la signora Clodette,oramai prossima alla pensione, rimase ancora fragile di fronte a situazioni del genere, dimostrando che in fondo non era poi così cambiata, ed ogni volta che qualcuno le raccontasse storie con protagonisti gattini indifesi, lei si scioglieva, e dimenticava improvvisamente tutta la sua eventuale rabbia che era prossima ad essere manifestata.
Con le mani incrociate, la professoressa Clodette* entrò in uno stato di trans, come se stesse rivivendo i suoi vecchi ricordi. “Fusino…” ripeteva ogni tre secondi il nome del suo gattino, guardando il vuoto e con gli occhi lucidi. Posò i suoi tondi occhiali sul libro aperto, rimanendo per un paio di secondi immobile. Il resto della classe, che si rese complice al racconto così bizzarro del loro compagno di classe, rimase sbalordito dell’effetto che Duncan ha potuto fare con uno stupidissimo racconto. Il punk, nel frattempo, ghignava seduto al suo posto, soddisfatto più che mai del suo piano che riuscì senza intoppi. Era sicurissimo che la donna avrebbe riprovato di nuovo quei ricordi, mai cancellati dalla sua mente, ed era lì che doveva mirare per salvarsi, almeno quella volta. La conosceva troppo bene, fu bersaglio di molti scherzi nei primi anni, per cui sapeva i suoi punti deboli, anche se ha dovuto subire tutte le torture di questo mondo, prima di diventare così esperto.
La donna sembrò essersi ripresa dallo stato di trans, e dopo aver scosso leggermente la testa, indossò di nuovo gli occhiali, non prima di essersi rivolta al punk:
“Okay Evans, non devi assolutamente preoccuparti. Facciamo che non sei mai arrivato in ritardo. Sei stato eccezionale, un eroe. Magari io…io avessi potuto incontrare un ragazzo così buono come lo sei stato tu, che mi avrebbe riportato il mio…il mio..” si fermò, accorgendosi che doveva assolutamente trattenere le lacrime per evitare schiamazzi in aula, così prese un gran respiro e continuò la lezione come se niente fosse successo.
“Dove eravamo rimasti? Ah, sì! I referendum...” e così ricominciò con la sua interminabile spiegazione sulla materia che tanto affascinava lei, ma non i suoi alunni.
Geoff, che era seduto accanto a Duncan, rimase talmente sorpreso dalla destrezza con cui il suo migliore amico ha giostrato nel migliore dei modi la situazione che stentava a crederci. Conosceva fin troppo bene la furbizia e la dimestichezza del punk, e c’avrebbe giurato che sarebbe uscito da questa situazione nella maniera più pulita, ma mai a pensare che potesse arrivare a tali soluzioni. Doveva proprio ammettere che accanto a lui sedeva un vero e proprio delinquente, ma con un grande e percoloso debole, che possedeva un nome: Gwen. Riprese in mano il cellulare con il quale stava chattando fino a poco tempo fa con la sua cara Bridgette, malgrado fosse nella stessa classe ma seduta sul lato opposto dell’aula, e si rivolse al punk, con aria sconcertata: “Ma come cavolo…?” chiese il biondo incuriosito come non mai. Duncan cominciò a ridere e dando una bella pacca sulla spalla all’amico lo rispose: “Eh amico mio, devi ancora imparare i trucchi di un professionista. E poi sono o non sono Duncan Evans?” domandò a sua volta Duncan con un pizzico di vanità nelle parole. Geoff annuì, rendendosi conto che effettivamente quel ragazzo dalla cresta verde ne sapeva una più del diavolo, ma continuò, sempre a bassa voce per non disturbare la lezione. “Dimmi un po’, eri col tuo angioletto, non è  vero?” chiese con un pizzico di malizia, per poi fare l’occhiolino alla sua ragazza che stava aspettando un suo messaggio sul telefonino. Duncan cominciò a grattarsi la nuca, ammettendo che, a differenza sua, il biondo era fin troppo esperto ad intuire i suoi spostamenti, e a capire dove fosse stato solo guardando la sua espressione. “Io sarò bravo a tirarmi fuori dai guai, ma tu non ne sbagli una..” confessò Duncan incrociando le braccia. L’amico sorrise, sia per la sua corretta intuizione sia per la battuta del punk, per poi dire: “Beh allora? Sei riuscito poi?” chiese curiosissimo. Duncan ad un tratto si fece serio, e cominciando a dondolarsi sulla sedia rispose: “ Non ci crederai ma…missione compiuta!” e detto ciò appoggiò le mani dietro la nuca, per stare più comodo, sorridendo. “Non avevo dubbi fratello, batti il cinque!” disse il biondo prima di tornare poi a chattare con la sua fidanzata, pronto ad annunciarle grandi novità.



*nome puramente inventato dall'autrice


_Angolino dell'autrice apparentemente sparita-
Toc toc? Posso? :D
Zaaalveee (?) gente! *-*
Oh rieccomi qui! Finalmente! ^-^
Perdonate il mio enorme ritardo, ma purtroppo mi hanno 'bombardato' di compiti per le vacanze di Pasqua,così non ho potuto aggiornare prima, e solo adesso ho potuto aggiustare il capitolo nuovo T.T
Spero tanto che la lunga assenza possa essere colmata con questo capitolo, che personalmente mi piace molto :3 ( e non perchè l'ho scritto io >.<")
Pensavate di esservi liberati di me e dei miei lunghi capitoli, eh? Ebbene no! Dovete ancora sopportarmi, se volete! :'D
Bene, non mi resta altro che attendere ansiosa le vostre recensioni, ringraziando anche coloro che seguono la mia storia in maniera silenziosa. :D
Grazie a tutti :3
Al prossimo capitolo,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 12
*** -Capitolo 12 ***


La giornata dei due ragazzi, che non preannunciò un buon inizio, confermò l’andamento cupo anche per quanto riguarda il tempo atmosferico. Dal cielo sfumato da un sole visibilmente pallido, si passò ad uno totalmente chiuso da nuvole scure, che minacciavano un’imminente pioggia fastidiosa. Mentre il tempo si stava preparando per accogliere i ragazzi che sarebbero usciti prima o poi dall’istituto, Duncan e Gwen passarono la giornata scolastica tranquillamente: lui era intento a dondolarsi sulla sedia, pensando alle squadre che avrebbe puntato per giocarsi la schedina e ai loro possibili risultati, cercando di coinvolgere anche l’amico, dato fu sempre interessato all’abilità del punk di non perdere mai una partita tra quelle giocate, ma in quel momento era troppo occupato a scambiare occhiatine dolci alla fidanzata, che ricambiava volentieri.  Il punk odiava quel comportamento troppo sdolcinato. Lo considerava patetico. Sì, perché ci sono modi e modi per poter vivere una relazione nella maniera più normale possibile, e di sicuro quella di Geoff e Bridgette non lo era. Non facevano altro che scambiarsi effusioni, talvolta troppo spinte, anche davanti al pubblico, come se nel mondo esistessero solo loro, incuranti del giudizio degli altri. Vi era coloro che potevano apprezzarlo, e altri che lo disgustavano, come Duncan. Non era contrario al romanticismo anzi, credeva nell’amore, ma se poi doveva diventare un modo per esibirsi allora non gli andava giù. I suoi amici non erano i tipi, ma i loro atteggiamenti potevano alludere il contrario.  Ma era anche vero che Duncan non era il tipo da “smancerie in pubblico”, e molto probabilmente dipendeva dal suo carattere molto chiuso e riservato. Capiva l’amore forte che c’era tra il suo migliore amico e la bionda, ed arrivò ad apprezzarli pure, ma reputava ridicolo tale esibizionismo, e provò vari modi per farglielo capire, con nessun risultato. Nonostante questo però, non si spiegava la strana voglia, che gli veniva subito dopo che guardava i due fidanzatini, di voler baciare la bella gotica della quarta classe, a costo di farlo anche in pubblico. Era strano, si ripeteva, e la cosa lo faceva preoccupare, facendo cadere anche tutte le certezze e le basi che costruivano il forte muro del suo carattere, che non riconosceva più dopo l’incontro con Gwen. A volte perdeva ore intere per cercare di darsi una spiegazione, ma finiva sempre col perdere tempo inutilmente. Ma una cosa era sicuro: sapeva che l’amore vero potesse essere in grado di cambiare, nel bene o nel male, molti degli atteggiamenti della persona colpita, per cui ogni giorno aveva paura che questo sarebbe potuto accadere anche a lui, consapevole di esserne caduto vittima come tutti, prima o poi…
 
La gotica, invece, continuò ad avere il viso contratto per ancora un paio di ore, infastidita dall’atteggiamento troppo arrogante della compagna di classe. Quella volta, sicuramente, sarebbe stata la decisiva per infliggere alla sua peggior nemica gli schiaffi e i pugni che dovette trattenere per tutti questi anni, se non fosse stato per l’intervento dell’insegnante che evitò tutto ciò. Finalmente si sarebbe potuta sfogare su un corpo vero, in particolar modo quello perfetto di Courtney, che per tre giorni alla settimana trascorreva metà di quelle giornate rinchiusa in un centro estetico, insieme alla madre, da cui apprese la mania della cura eccessiva. Sapendo che gli argomenti che gli insegnanti assegnavano non fossero di una facilità così alta da poter essere memorizzati velocemente, non riusciva proprio a spiegarsi come l’ispanica potesse trovare tempo per poter studiare, ma soprattutto per poter arrivare ai stessi voti della gotica. Questo la faceva imbestialire non poco, e cercò di darsi una spiegazione razionale. Avendo avuto il grande piacere di aver incontrato i genitori di Courtney, il padre notaio e la madre avvocato, ne dedusse con molta facilità che l’ispanica avesse fin troppe raccomandazioni dai suoi cari, evidenti nel momento in cui gli insegnanti alzarono i voti inspiegabilmente alla Barlow non appena quest’ultima seppe anticipatamente i voti finali del secondo quadrimestre del terzo anno, arrivando ad eguagliare quelli della gotica. Quest’ultima, che all’inizio non fece peso ai cambiamenti radicali dei voti di Courtney, alla fine si sentì offesa da tale gesto, ma malgrado si ripromise di andarne a parlare con la preside, preferì sempre rimandare la discussione, anche raccomandata dai consigli della madre, che non voleva far entrare figlia in altri casini più di quanti ella non fu capitata.
Ma il suo umore mutò radicalmente nel momento in cui arrivò l’ora della sua insegnante preferita, quella di arte.
Era una donna giovane, dall’animo gentile e buono, perfino con chi ebbe il coraggio di bucarle le ruote della sua auto.
La Jensy**, appena trentenne e donna di grande classe, non riusciva ad avere bambini, ma ogni volta che vedeva Gwen, la considerava come tale, perché vedeva in quella ragazza così candida sé stessa e la sua difficile adolescenza. Era sempre colei che la difendeva da maldicenze infondate, da insulti inesistenti,  e di fronte a ciò osservava Gwen che si mostrava apparentemente impassiva, ma sapeva perfettamente nel suo cuore che la ragazza, anziché godersi quei bei anni in cui sbocciava la bellezza di ogni essere umano, soffriva tremendamente ed era fragile, almeno all’inizio, e questo non lo accettava. Provò a parlarne con gli altri professori, ma tutti le rispondevano che avrebbero indagato meglio e magari avrebbero anche messo una buona parola di lei agli altri. Ma come prevedette, ciò non avvenne. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma da sola non sarebbe arrivata da nessuna parte, per cui pensò di difendere la ragazza a modo suo per quel che poteva, come fece sempre.
In quell’ora Gwen sembrò essere rinata: rideva e scherzava con la professoressa, che premurosa cercava di strapparle un sorriso, oltre ad apprezzare la grande abilità della gotica nel disegno. Quel giorno l’insegnante non assegnò un compito preciso: spettava agli alunni stupire la prof con le tecniche e i protagonisti del loro disegno. Così Gwen non se lo fece ripetere due volte, e cominciò a buttar giù qualche linea, fino a quando, senza neanche accorgersene,le venne fuori un quadretto raffigurante due ragazzi che si baciavano poggiati su un muretto. Nel momento in cui si rese conto di cosa avesse disegnato, si stupì domandandosi da dove avesse preso ispirazione, ma osservando meglio i lineamenti del ragazzo si mise le mani in faccia, tremendamente arrossata in viso, ammettendo a sé stessa che effettivamente quel bel ragazzo avesse fin troppe somiglianze con Duncan,l’essere umano che fino a poco tempo a questa parte la stava assillando giorno e notte. Era scioccata, e non riusciva proprio a capire come mai non si rese conto delle manovre della sua mano, che danzava sulle parole della bellissima poesia “I ragazzi che si amano si baciano in piedi”* , recitate silenziosamente dalla sua bocca.
Com’era possibile che arrivò al punto di non riuscire più a comandare la sua mano? Che evidentemente disegnava su quel foglio A4 comandata dall’indomabile cuore? Sarà stata la poesia a distrarla, oppure la figura del punk impressa nella sua mente? Cominciò ad avere paura, terrore verso la sua incolumità, troppo fragile per poter ragionare razionalmente su ogni cosa in cui centrasse quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio. O forse, stavolta era l’amore che stava bussando proprio alla porta del suo cuoricino, rimasto limpido ed impenetrabile come un diamante per troppo tempo? Deglutì rumorosamente, nel momento in cui avvertì il muscolo involontario del suo corpo accelerare improvvisamente i battiti. Come mai tutto ad un tratto diventò così vulnerabile ai sentimenti, lei che era una roccia? Abbassò le mani dal suo viso, notando che tremavano visibilmente.
Neanche la sua cara amica “ragione” poteva darle una risposta razionale a questi avvenimenti, e nessuno poteva farlo, se non proprio il suo cuore, che finalmente aveva permesso ad un sentimento come l’amore di poter portare un po’ di luce in quell’animo così cupo e triste.
Non arrivò mai a pensare, fino a quel momento che, proprio lei, potesse essere travolta da un sentimento così forte, che non risparmiava nessuno…neanche i più duri.
Adesso tutto cominciava a farsi sempre più chiaro..
Erano oramai le 13:29 e tutti gli studenti aspettavano con ansia che quel maledetto minuto passasse, per poi sentire il piacevole suono della campanella, la stessa che paradossalmente tutti odiavano all’entrata dell’edificio.
Una volta passati quei sessanta secondi, i ragazzi si catapultarono impazienti verso l’uscita della scuola, incuranti degli spintoni che regalavano ai loro coetanei, purché uscissero da quell’inferno.
Anche la nostra protagonista, che normalmente non mostrava segni significativi di voler uscire all’istante dall’istituto, stavolta più che mai era desiderosa di catapultarsi all’esterno di quelle mura che la agglomeravano in gruppi che non facevano altro che detestarla, così accelerò il passo, mischiandosi con la “mandria” di alunni.
Si ritrovò finalmente fuori: non ne poteva più di stare lì dentro, la facevano stressare troppo e per ogni minima cosa. Scese velocemente i cinque gradini che collegavano l’ingresso del sicuro liceo con il pericoloso mondo esterno, tenendo stretta a sé la borsa.
Solo dopo alcuni passi si rese conto che dal cielo cadevano gocce che la picchiettavano violentemente il capo e il resto del corpo. Sbuffò: di solito adorava la pioggia, usciva a posta nei giorni piovosi, ma stavolta non riusciva proprio a sopportare quelle gocce d’acqua che cadevano pesantemente sui suoi indumenti: sembrava che anche loro avessero intenzione di infastidirla.
“Ah..stupida pioggia…” disse tra sé a sé Gwen mentre con dei piccoli saltelli tornava indietro, e arrivando sotto al tettuccio della scuola estrasse l’ombrello color viola che la madre le regalò qualche settimana fa.
Dopo aver fatto vari tentativi per aprirlo, capì il meccanismo così tanto laborioso ai suoi occhi, per poi uscire e poter finalmente tornare a casa. Era arrivata al marciapiede, e stava per attraversare, quando ad un tratto sentì delle grandi mani prenderle le braccia, facendola fermare.
“Ciao dolcezza mia! Mamma mia quanto sei svelta nella camminata..vai di fretta?” come al solito a parlare fu il suo caro punk, che nel frattempo si mise sotto l’ombrello stringendosi a lei, essendo abbastanza piccolo l’oggetto per coprire due persone. “ D-Duncan! Mi fai sempre prendere un colpo! Comunque sì, non sono in vena di parlare..scusami.” disse Gwen visibilmente cupa, tanto da far preoccupare Duncan che, al contrario di ciò che constatava, voleva infastidirla un po’. Così la raccolse avvolgendo un braccio intorno alle spalle esili della ragazza, che si sorprese molto, ma non oppose resistenza. “Cos’è successo?” le domandò sussurrando lui, diventando serio. Gwen nel frattempo appoggiò il suo capo sul petto di Duncan, e si sentì improvvisamente meglio avvertendo il calore di lui sul suo corpo, così alzò il viso per guardarlo meglio e come si aspettava incrociò quegli occhi che tanto adorava e che tanta sicurezza le donavano. “Niente..le solite cose. Voglio tornare a casa.”  Disse lei, come se lo stesse supplicando. Duncan le sorrise in segno di risposta, passando la mano, che prima aveva sul fianco di lei, dietro il suo capo, accarezzandolo dolcemente. “Va bene, ma scordati che ci vai a piedi.” Affermò lui facendole l’occhiolino. Nel sentire quelle parole la gotica rimase perplessa, e guardò il ragazzo con fare interrogativo. “Ma non passano circolari a quest’ora..” disse lei ingenuamente, ma lui rise sonoramente, rendendosi conto ogni giorno di quanto la ragazza fosse semplice e pura come l’acqua. “Lo so, ma io mi riferivo al mio veicolo.” Le rispose con aria superiore. Gwen improvvisamente si rese conto della risposta senza senso che gli aveva dato poco prima, e non poté far a meno che ridere della sua figuraccia, arrossendo.
“Oh no..Duncan ti ringrazio ma…” lui improvvisamente le tappò la bocca con l’indice, incitandola a non dire altra parola. “Niente ma. Tu vieni con me.” E sorridendole la condusse verso il parcheggio.
Una volta arrivati, a Gwen le cominciò a battere fortemente il cuore, rendendosi conto che il veicolo che si aspettava non fosse quello che si mostrava ai suoi occhi. “Ti presento la mia Furia, è fantastica!” le disse Duncan indicandole la moto tutto soddisfatto. A quelle parole Gwen storse la bocca, notando con quanto amore aveva pronunciato la parola ‘mia’.”  “Cos’è? La tua fidanzata?” le chiese lei per prenderlo in giro. Sentendosi punzecchiato Duncan, che stava prendendo due caschi, uno per lei e l’altro per lui, la guardò male per poi prenderle il mento facendola avvicinare al suo viso. “Non dirmi che sei gelosa della mia bella moto?” le chiese lui con un pizzico di malizia. “I-io? Per niente proprio. Solo che mi sembra davvero da pazzi considerare una moto come la propria ragazza.” Cercò di dire lei tra l’imbarazzo che si mostrò sul suo viso, oltre che sul suo sguardo. “Chi ti dice che io non possa avere due ragazze? Una ‘meccanica’ e l’altra ‘reale’? Ovviamente le amerei in maniera diversa.” Rispose lui in tono sempre più arrogante.
“A questo punto ne tradisci una. Ti consiglio di fare un po’ di ordine nel tuo cuore. Una delle due si potrebbe offendere.”  Continuò lei a tenergli testa, oramai vicinissimi l’uno al viso dell’altra. Duncan sorrise, spostando la mano ora sulla guancia destra di lei, guardandola negli occhi. “ Tranquilla, ho già chiaro il mio bersaglio da tempo. E’ solo questione di secondi.”  Disse lui, oramai accecato dalla voglia di baciarla. Lei, che si sentì le gote sempre più infuocate, si lasciò andare all’invito indiretto di lui, incrociando la sua mano sinistra con quella di Duncan che avevo sul suo viso. Erano in procinto per unire le loro labbra, quando all’improvviso un fulmine, vicino alla loro zona, si scagliò nel cielo nero, facendo un baccano così violento da far tremare i due ragazzi. Gwen saltò letteralmente tra le braccia di lui, che nel frattempo la strinse forte per la paura. “T-ti prego portami a casa...” Chiese lei intimorita più che mai. “Sì andiamo…” disse lui per poi farla salire sulla moto e partire veloce.




* Poesia di Jacques Prévet
** Nome puramente inventato dall'autrice







--Angolino dell'autrice riapparsa....--
Ciao a tutti voi!! :D
Inizio subito col chiedervi scusa, per l'immenso ritardo con cui ho aggiornato... :'(
Oramai manca un mese alla fine della scuola, spero di poter essere più puntuale durante le vacanze estive! *-*
Bene, rieccomi qui con un capitolo altrettanto lunghissimo ^-^" Eh non ce la faccio: incomincio a scrivere e non mi fermo xD
Adesso le fans DxG mi uccideranno....D:
Lo so lo so, nemmeno stavolta li ho fatti baciare! >:D
Cattiva? Naaaah...vi voglio tenere sulle spine! u.u
No scherzo...voglio solo far arrivare il momento giusto, che è quasi alle porte ;)
Okay, meglio che mi dileguo così vi lascio in pace. :3
Grazie a tutti voi che avete letto il capitolo! :'3
Alla prossima

Dalhia_Gwen

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Capitolo 13
*** -Capitolo 13 ***




Sfortuna.
Solo stupida e maledetta sfortuna.
Ecco cosa pensava Duncan in quel momento, afflitto più che mai, mentre guidava la moto conducendo la piccola Gwen a casa. Ripensava alla grande e improponibile occasione sfuggita pochi minuti fa,in cui lui le avrebbe fatto finalmente capire le sue reali intenzioni verso di lei. Se lo sentiva: avrebbe avuto il coraggio necessario per confessarle il suo amore, ma non aveva messo in conto anche gli imprevedibili ed irritanti scherzi della natura.
“La fortuna non vuole proprio fare amicizia con me…” si ritrovò a pensare il punk, mentre cercava di scansare pozzanghere e buche sulle strade, sfrecciando ad una velocità tale da arrivare il più possibile sotto l’appartamento di Gwen.
Dopo dieci minuti erano arrivati, purtroppo fradici,sotto casa della gotica, che subito fece accostare il punk in un luogo più appartato, per evitare che sostasse sotto la pioggia. Si tolsero il casco, ed entrambi scesero dalla moto, arrivando proprio davanti il portone dell’alto palazzo. Duncan si guardò intorno, cercando di portare indietro il ciuffo verde, che nel frattempo si mostrava prepotente davanti i suoi occhi.
Dopo essersi fermata davanti l’ingresso del palazzo, Gwen si girò indietro, trovandosi Duncan molto vicino a sé e che la fissava spaesato. Si guardarono per un paio di secondi, avvertendo entrambi un brivido percorrergli l’intera schiena. Freddo? Si ritrovarono a pensare, ma sapevano benissimo che il motivo non era quello. L’aria divenne troppo pesante da sostenere, così il punk fece la prima mossa:
“Eccoci qui sani e salvi…ma fradici!” affermò per rompere il ghiaccio. Gwen, che fino a quell’istante si era persa in quello sguardo tanto limpido e dolce del ragazzo, scoppiò a ridere per poi tornare in sé.
“Hai ragione…Ma perché non sali sopra con me? Così ti asciughi! Non riesco a vederti così..” disse la gotica dispiaciuta per il disturbo recato a Duncan e per il pensiero che sarebbe dovuto tornare a casa in quelle condizioni.
A quelle parole il punk sorrise, scuotendo leggermente la testa in segno negativo.
“Non preoccuparti splendore, non è sicuramente la pioggia che mi mette a KO! Arriverò in un attimo a casa, stai tranquilla.” Le disse poco dopo di avvicinarsi sempre più per poi regalarle un bacio sulla fronte, lungo e dolce.
“E adesso corri, prima che sia tu quella che si acchiappa un bel raffreddore!” continuò lui scombinandole i capelli.
“Ahahah okay va bene!” rispose lei sistemando le ciocche scompigliate al loro posto.
“Mi raccomando, non correre.” Concluse poi in tono premuroso, arrossendo violentemente.
“Lo farò, a domani dolcezza.” La salutò infine lui, mentre cominciò ad avanzare verso la moto. Indossò il casco velocemente, e facendo un ultimo gesto di saluto verso la ragazza che timidamente ricambiò, partì veloce per la strada.
E Gwen rimase lì, impalata, fissando fino all’ultimo la figura del suo caro amico diventare sempre più piccola e con la pioggia che continuava imperterrita ad importunarlo, per poi scomparire completamente.
Si morse il labbro inferiore, avvertendo una sensazione di leggerezza mai provata.
Sorrise, per poi fare un lungo e profondo sospiro: era felice, entusiasta per aver trovato un ragazzo così eccezionale da farla sentire stranamente bene in qualsiasi momento. Le fece immediatamente dimenticare i motivi per cui era cupa quel mattino, con una naturalezza mai vista prima. Come faceva? Non le importava.
Ciò che più era importante era solo ed esclusivamente la presenza di lui accanto a lei,diventata oramai indispensabile.
Cominciò a dondolarsi lentamente, mentre il sorriso sul suo volto si faceva sempre più intenso.
Lo aveva capito, sì. Non poteva più negarlo a se stessa: si era innamorata di Duncan.
 
Passarono giorni da quell’episodio, giorni in cui Duncan aveva preso oramai l’abitudine di farsi trovare sotto il portone della gotica, sia per accompagnarla a scuola o in palestra e sia per farla tornare a casa. Era praticamente diventato il tuo personale tassista, puntualissimo ed impeccabile nel non perdere neanche un giorno di servizio.
All’inizio Gwen era totalmente contraria, non poteva accettare una gentilezza del genere. Pensava che era…beh sì, un comportamento da fidanzati, cosa che loro non erano. Ma si sa, con la testardaggine del punk non si può vincere, e nonostante avesse provato qualche volta a dargli buca avviandosi prima da casa o non facendosi trovare all’uscita, dovette rassegnarsi ed accettare le galanterie del punk.
Non che lei non le apprezzasse, affatto, ma il suo vero problema era la madre. Sì, perché temeva che prima o poi sarebbe venuta a conoscenza di questo strano rapporto che aveva con il ragazzo. Insomma: come si può dire ad una madre che il ragazzo che ti fa da tassista gratuitamente non è il tuo fidanzato? Impossibile, pensava la gotica, soprattutto quando provava a ricordarsi il caratterino troppo invadente della madre: l’impicciona per l’eccellenza, era questo il nomignolo che Gwen le attribuì.
Provò a convincere anche il fratello Mark a restarsene muto di fronte a questa situazione, dopo averla canzonata e burlata un pochino, ma non bastò neanche questo, perché prima o poi la verità sarebbe venuta a galla.
Era un pomeriggio soleggiato, quando Gwen congedò la madre frettolosamente per dirigersi in palestra, come era di suo solito. Margaret, invece, era da settimane che non riusciva a darsi una spiegazione allo strano comportamento che la figlia avesse nei confronti di lei: quando doveva scendere andava sempre di fretta, per non parlare degli inspiegabili messaggi in codice che Mark lanciava alla sorella per stuzzicarla, che si arrabbiava ed arrossiva ogni volta.
Provò più volte ad estrapolare qualcosa dal figlio, ma questo non era affatto disposto a parlarne con la madre.
“Non sono fatti miei, se proprio la vedi strana parlaci.”  Era questa la frase che ogni volta pronunciava fedele per poi congedare la donna, la quale rimaneva sempre perplessa dalla risposta del figlio.
Dopo che Gwen chiuse la porta alle sue spalle, la donna tornò tranquillamente a svolgere ciò che stava facendo poco prima: stendere i panni. Prese i panni che aveva momentaneamente appoggiato sulla sedia per salutare la figlia, quando poi uscì fuori coperta da quell’ammasso di indumenti.
Li appoggiò sul tavolino che si trovava fuori, come abbellimento del grande balcone, per poi prendere la tuta sporca che quello stesso giorno Gwen cambiò, e si prostrò verso i fili su cui stendere gli indumenti.
Non appena ebbe gli occhi puntati verso il basso, vide inaspettatamente la figlia che stava chiacchierando animatamente con un ragazzo, molto più alto di lei a con un’appariscente cresta verde. Alzò un sopracciglio, di fronte a quella vista. Ma rimase ancora più attonita nel momento in cui vide la sua Gwen essere rincorsa dal ragazzo in questione, che poi la prese per farle il solletico. Spalancò gli occhi incredula, reggendosi con una mano alla ringhiera del balcone e con l’altra i panni che stava perdendo. Continuò a fissare quei due ragazzi così vivaci, fino a quando il ragazzo le passò il casco, ed insieme partirono verso la strada che apparentemente doveva portare alla palestra. Rientrò dentro casa, con ancora i panni che aveva in mano e che doveva appendere, sedendosi un attimo, fissando il vuoto.
Era sconcertata, era chiaro, ma una strana felicità cominciò a nascere dentro di lei, facendole mutare completamente l’espressione. Sorrise, certo che sorrise. Finalmente vide sua figlia stare, parlare e ridere con qualcuno che non fossero lei  e il fratello. Aveva finalmente fatto amicizia, era finalmente riuscita a mostrarsi agli altri, per quella che era. E soprattutto l’ha fatto con un ragazzo, molto probabilmente più grande di lei, ma sicuramente molto giocherellone.Sorrise. Da quando lo conosceva? Che rapporto aveva con lui? Ma soprattutto, chi era? Ma qui Margaret diventò seria: esternamente poteva sembrare un ragazzo da cui stare alla larga, ed indubbiamente fu questo il primo pensiero che balenò nella mente della donna, nel momento in cui ripercorse la sua figura. Ma infondo era come la figlia: stravagante nel modo di vestirsi, o almeno fu questo che riuscì ad intravedere dalla scomoda vista dall’alto, e questo non significava di certo che fosse una cattiva persona, affatto. Pensò a Gwen, di quanto fosse speciale, nonostante l’apparenza a cui, di solito,molti si aggrappavano quando dovevano giudicare le persone: chissà se questo ragazzo non fosse altrettanto speciale. A quel punto si tranquillizzò un po’, mentre la gioia e la voglia di conoscerlo si faceva sempre più intensa. Cominciò a ridere improvvisamente, pensando a quanto la figlia fosse stata astuta a riuscire a tenere per così tanto tempo questo segreto, ed ammettendo che su questo aspetto la somigliasse parecchio. Ridusse gli occhi ad una fessura, pensando ad alta voce “Bene bene Gwen. Hai un ragazzo? Fantastico, mamma non vede l’ora di conoscerlo.”
 
Erano le 18:30 quando Duncan, Gwen e Geoff arrivarono in palestra. I tre ragazzi si erano allenati intensamente durante queste settimane. Seguivano ogni indicazione di Luigi, a partire dagli esercizi fino ad arrivare alla loro alimentazione. Era importantissimo infatti che degli atleti mantenessero i successi ottenuti con l’esercizio fisico facendo contribuire anche una giusta alimentazione. Si stavano impegnando davvero tanto, e il loro unico obiettivo era vincere.
Dopo essere usciti dai rispettivi spogliatoi, i tre ragazzi si diressero insieme verso Luigi, che non appena li vide aprì le braccia come se volesse abbracciarli tutti e tre insieme.
“I miei atleti!”  esclamò felice l’istruttore mentre si avvicinava a loro.
“Luigi!” dissero all’unisono i tre. Gwen gli corse incontro abbracciandolo, mentre i due scambiarono un’affettuosa stretta di mano.
“Allora ragazzi, sedetevi perché devo darvi una bella notizia!” disse tutto d’un fiato l’istruttore, eccitatissimo per quello che seppe la mattina stessa. I tre giovani obbedirono, mentre si scambiavano delle occhiate interrogative.
“Bene, preparatevi perché è una cosa importantissima: stamattina mi hanno chiamato dal Comitato delle Olimpiadi Regionale*, e mi hanno riferito la data esatta in cui dovrete gareggiare!” raccontò sorridente più che mai Luigi, mentre per tutto il tempo camminò avanti ed indietro di fronte ai ragazzi. Non appena udirono quelle parole, i giovani esultarono gli gioia.
“Woow Luigi! E’-E’ fantastico!” esclamò Gwen visibilmente nervosa per ciò che le attenderà.
“Oh su Luigi! Non facci stare sulle spine! Qual è la data?!” domandò Duncan anche lui molto preso dalla notizia, seguito da Geoff che muoveva il capo in segno positivo ad ogni cosa che dicevano i due coetanei.
“Ahahahah avete ragione! Allora, la data è il 22 Maggio, e secondo i miei calcoli, mancano esattamente 32 giorni!
Questa è la data d’inizio delle gare per scegliere chi dovrà poi gareggiare nelle regionali. Sono in tutto 8 gare da svolgere in ogni città, quindi a livello di palestre locali, dalle quali poi ne usciranno 4 che gareggeranno con i vincitori della altre città. Al termine saranno determinate le due squadre che si scontreranno per decidere chi sarà il finalista regionale che sfiderà infine le altre squadre, una per ogni regione. E lì ci sarà il vincitore nazionale!”
I tre ragazzi ascoltavano le parole del loro allenatore con molta attenzione, affascinati dall’arduo compito che avrebbero dovuto affrontare, e determinati più che mai a portarlo al termine. Gwen, che nel frattempo stringeva a sé il suo asciugamano per la tensione, sentì improvvisamente un braccio circondarle la vita, e subito dopo una forza che la spostò proprio verso il punk. Infatti era lui.
“Ehi, nervosa?” le chiese dolcemente lui, notando con quanto impegno stava maltrattando il suo asciugamano.
La gotica si girò di scatto verso di lui e, dopo aver atteso qualche frazione di secondi, gli rispose:
“ N-no..non credo…Oh sì, mannaggia!” rispose confusa, ammettendo che l’idea di gareggiare la scombussolava non poco. Duncan, vedendo lo spaesamento della ragazza, rise alle sue parole, scuotendo la testa.
“Ahahah ma guarda che pure io non ho mai partecipato a gare di questo tipo, è la prima volta anche per me, ma non c’è bisogno di stare così in ansia fin da subito.” La tranquillizzò lui accarezzandole i capelli, il tutto mentre gli altri due spettatori, Geoff e Luigi, assistevano alla scena divertiti.
“Gwen, Duncan ha ragione. Non preoccuparti, tu sei un’ottima rivale difficile da battere, credimi. Per cui non devi abbatterti, anzi, sai cosa facciamo? Preparo i vostri nuovi allenamenti che dovrete fare da oggi in poi, mentre voi adesso fate una prova di resistenza. Forza, galoppare!”  incitò Luigi dando una pacca sulla spalla al ragazzo più vicino, ovvero Geoff. I tre futuri gareggiatori scattarono immediatamente, iniziando così il loro pomeriggio di allenamento.
 
Una volta aver terminato per quella giornata, Gwen, Duncan e Geoff uscirono dalla palestra per dirigersi verso i loro rispettivi mezzi di trasporto, assumendo un andamento simile a quello degli zombie: erano stremati, e di sicuro in quel momento avevano capito che il caro Luigi non scherzava affatto quando parlava di voler cambiare totalmente tipo di esercizi per gli allenamenti, sia per quanto riguarda l’intensità sia per la dinamica dell’esercizio stesso.
Arrivati davanti alle moto, si salutarono amichevolmente, per poi partire ognuno per la sua strada. Ovviamente Gwen salì sulla moto di Duncan, ed insieme sfrecciarono verso casa di lei.
Arrivarono in dieci minuti, e Duncan parcheggiò al suo solito posto. Entrambi si avvicinarono al portone, sicuri che nessuno li avrebbe osservati, ma in realtà, dietro alle tende del suo balcone, osserva da un bel po’ la madre di Gwen, che stava facendo il conto alla rovescia intenta ad aspettare che la figlia arrivasse accompagnata dal suo nuovo “amico”.
“Beh, s’è fatto tardi, è meglio che io vada. Grazie ancora per il passaggio.” Disse lei visibilmente assonnata.
“Ma la smetti di ringraziarmi ogni volta? Lo faccio con piacere! No aspetta, devo dirti una cosa.” Le rispose il punk sorridente.
“Ho saputo la data della finale che dovrò giocare io e la mia squadra contro l’altra classe finalista: è questo sabato.”
Continuò lui contentissimo.
“S-sabato?” chiese di nuovo lei titubante. A quella domanda Duncan si incupì.
“Non mi dire che sei impegnata..” disse lui guardandola negli occhi, sperando con tutto se stesso di non vedere quella testolina affermare la sua frase.
“Oh n-no no..è solo che..beh..è presto.” Rispose lei frettolosamente, rendendosi conto di aver dato uno spavento al punk. In tutta risposta lui rise, per poi chiederle in modo malizioso e strafottente:
“Perché? Devi farti carina?” chiese accarezzandole il viso con l’indice di una mano. A quel contatto Gwen arrossì, per poi cercare di giustificarsi.
“Ehm no no! E’ solo che non me l’aspettavo..ma insomma tu pensi sempre male!” lo prese in giro lei mentre avvicinava una mano alla maniglia del portone.
“Ahahaha beh non ho chiesto nulla di male. E poi mi farebbe solo piacere vedere una bella ragazza. Ci rivediamo, a domani.” Concluse lui per poi farle l’occhiolino, salire sulla moto e tornare a casa.
La ragazza rimase immobile con la mano ancora sulla maniglia, pensando alle parole del punk. Come aveva fatto a capire che lei volesse apparire diversa, o meglio, più carina?  Non si spiegava neanche il motivo di tale esigenza, sentiva che doveva ricambiare il ragazzo in qualche modo. Di sicuro non poteva indossare i suoi soliti top con un copri spalle, solita gonna e anfibi, e neanche le sue amabili felpe, con un paio di jeans e delle converse. Come sapeva pure che per Duncan quello sarebbe stato un giorno importante, che avrebbe portato lui e la sua squadra in alto, per questo decise di voler indossare qualcosa degno per quell’occasione.
Ma le era chiaro da giorni che quello era solo un pretesto per rendersi bella agli occhi del punk: al cuore non si comanda.


*nome inventato dall'autrice


-Angolo della solita autrice..-
Ciao a tutti i miei cari lettori!! ;D
Eccomi qui, insieme al nuovo capitolo, che si fa ogni volta sempre più lungo! >.<
Eh sì, perchè ho cercato di farmi perdonare per l'attesa con questo luuuuungo capitolo xD
Siete arrivati fin qui? Meraviglioso! Non arrendetevi, ne accadranno delle belle da ora in poi! ;)
Un grazie immenso a tutti coloro che leggono solo e a coloro che leggono e recensiscono <3
Non mi rendo conto che sono arrivata a quel numero di recensioni...Grazie ancora!!! ;'3
Alla prossima,
la vostra
Dalhia_Gwen

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Capitolo 14
*** -Capitolo 14 ***


Dopo essersi ripresa, la gotica entrò nel portone, per poi salire nel suo appartamento, ignara del fatto che le sarebbe aspettato un interrogatorio peggio di quelli che avrebbero potuto mai fare degli esperti nel campo.
Una volta entrata in casa, quasi si spaventò: trovò la madre proprio dietro la porta con le braccia conserte, il piede destro che batteva sul pavimento e un sorriso per niente rassicurante. A quella vista Gwen sobbalzò, deglutendo rumorosamente, non capendo come mai Margaret avesse quell’atteggiamento che assumeva ogni qualvolta che la figlia si fosse comportata male.
“Ehm..M-mamma? Cosa c’è?” le chiese la figlia con tono interrogatorio, cercando di trovare una strada libera per poter entrare in casa.
La donna continuava a fissare Gwen con il medesimo sguardo per qualche secondo, per poi risponderle.
“Cosa c’è? Me lo dovresti dire tu mia cara, o meglio, mia dolce innamorata.” Disse la madre alzando un sopraciglio e facendo apparire un ghigno sul suo volto.
A quelle parole Gwen si sentì svenire. Ma come cavolo faceva a sapere di..di Duncan? Oh certo, Mark, è stato lui a spifferare tutto! Sapeva che non doveva raccontare nulla al fratello, non faceva altro che crearle casini.
“Innamorata, io? Ma dai..lo sai che Mark esagera quando ti racconta qualcosa..” cercò di uscirne così Gwen, che era convinta che la causa potesse essere attribuita solo al fratellino.
“Ahahahah Mark? Oh no, tuo fratello è stato molto fedele a mantenere il segreto, peccato che voi due, tu e il tuo ragazzo, siete stati così sbadati da farvi vedere insieme proprio sotto il balcone..mossa non intelligente, tesoro.” continuò Margaret sentendo oramai che la figlia doveva per forza raccontarle tutto, dato che nessuna scusa poteva più coprirla, e nel frattempo raggiunse Gwen nella sua stanza,che fece cadere qualcosa per terra, non appena udì quelle parole, arrivate nelle sue orecchie come un suono assordante, difficile da sopportare. La ragazza sgranò gli occhi, ammettendo che era spacciata. Quelle parole le arrivarono come una doccia fredda in una giornata invernale, tanto che non riusciva a tenersi in piedi, per questo si appoggiò tremolante sul letto. Tutta queste scenetta avveniva sotto gli occhi divertiti di Margaret che, capendo che la figlia si sarebbe arresa davanti all’evidenza, decise di avvicinarsi a lei per poi sedersi, avvolgendola in un caloroso abbraccio, che la figlia non rifiutò.
“Allora, dimmi un po’..come si chiama?” domandò la donna dolcemente, come se non volesse toccare ulteriormente la privacy della figlia. A quella domanda Gwen avvampò, sentendo che persino pronunciare o addirittura pensare al suo nome l’avrebbero fatta sussultare non poco.
“D-Duncan..” le rispose la figlia molto delicatamente, facendo avvertire alla madre l’imbarazzo che lei provocò con quella domanda. Margaret sorrise, per poi accarezzare i capelli neri e verde acqua della figlia.
“E dimmi…E’ carino? Te lo chiedo perché non ho potuto osservarlo bene. Sai, la vista dall’alto non è delle migliori..” continuò la donna aggiungendo un pizzico di ironia per rendere meno toccante la domanda. Ma nonostante tutto Gwen sentì evaporare le guance, mentre il cuore cominciava ad accelerare i suoi battiti sempre più, e ciò la madre lo avvertì, per questo rise dolcemente.
“Ahahah tesoro mio rischi di rompere la gabbia toracica se non fai calmare il tuo cuoricino impazzito!”
Le disse Margaret per poi darle un grosso bacio sul capo, stringendo ancora di più sua figlia.
 “Non è solo carino…eh?” le sussurrò.
“E’ bellissimo…” rispose Gwen senza accorgersene, oramai persa nei suoi pensieri.
“E’ più grande di te? Dove l’hai conosciuto?”  insistette la madre, cominciando a far emergere il suo caratterino troppo invadente. A quelle parole Gwen tornò in sé e si staccò bruscamente dall’abbraccio della madre.
“Mamma ma è un interrogatorio?! Adesso basta! Sì è più grande di me, e allora?! Pzk..Vado a farmi una doccia!” esclamò Gwen, e senza neanche dare il tempo alla madre di poter replicare si rinchiuse nel bagno, chiudendo così il discorso.
Nel sentire la porta sbattere, Mark uscì dalla sua stanza spaventato, udendo il forte rumore anche con le cuffie.
“Mamma, ma che succede?!?” chiese allarmato. Ma Margaret continuava a ridere come non mai, soddisfatta di ciò che riuscì a sapere, poi si rivolse al figlio.
“Non preoccuparti tesoro, il vulcano dei sentimenti ha appena eruttato..” e così dicendo tornò alle sue faccende domestiche, promettendo a se stessa che quello era solo la fine del primo round.
Quella notte Gwen la passò a dormire beatamente, non prima però di rivolgere il suo ultimo pensiero a Duncan e ai bei momenti passati insieme, grazie a quali si era sentita subito meglio.
 I giorni passavano, e con loro la data della finale di calcio si avvicinava sempre più, facendo salire l’ansia dei due ragazzi sempre più in alto, ognuno per i loro rispettivi motivi.
Continuavano a frequentarsi e a stare in compagnia l’uno con l’altro incuranti dei commenti accattivanti dei loro compagni di scuola, che non facevano altro che indicarli e a rimanere sbigottiti di fronte alla chiara situazione che si mostrava ai loro occhi: inutile dire che Duncan fosse il ragazzo più popolare e temibile di tutto l’istituto, e che avesse sempre avuto delle compagnie altrettanto famose e pericolose, ma chiunque sarebbe rimasto attonito nell’osservare il più figo e duro punk della scuola corteggiare una ragazza quasi invisibile, per loro insignificante, ma soprattutto una diciassettenne con la testa a posto e dedita allo studio, fin troppo.
Che fosse uscito matto?
Era questa la domanda che tutti i ragazzi del liceo artistico si ponevano. Qualcuno ebbe pure il coraggio di mettere in evidenza il disagio, seppur non riguardasse nessuno se non proprio i diretti interessati, che si era creato in tutta la scuola direttamente al punk che, in tutta risposta, mandava in ospedale tutti coloro che si azzardavano a parlar male della sua Gwendolyne e del suo comportamento così “strano”, come lo chiamavano loro,ma che in realtà agli occhi di Duncan non era affatto anormale.
Ovviamente questo disagio venne avvertito più pesantemente dalla ragazza più popolare della scuola, colei che non falliva mai, e che si considerava la migliore sotto ogni punto di vista: Courtney. L’ispanica, infatti, aveva da sempre provato una forte, se non morbosa attrazione per quel ragazzo dall’aria così strafottente ma allo stesso tempo terribilmente seducente. Ma non era amore il suo, affatto, perché il suo obiettivo era un altro: rendersi ancor più popolare di quello che già era, per cui come raggiungerci se non attraverso il ragazzo più famoso dell’istituto? Sarebbero così stati perfetti, e lei avrebbe fatto tutto ciò che voleva. Tra l’altro si considerava uguale al punk: stessa prepotenza, stessa determinazione..insomma un compagno perfetto per la mente diabolica della mora. Le uniche ambiguità che proprio non riusciva a mandar giù erano la miriade di piercing e quella insopportabile cresta verde fosforescente, tutto quello che invece il punk adorava. Ma erano solo dettagli, pensava l’aspirante avvocatessa, che nel frattempo aveva già programmato tutto nella sua spietata mente.
Consapevole del fatto di essere effettivamente molto carina, usò tutte le tattiche possibili per guadagnarsi le attenzioni dell’ingenuo Duncan, che ci cascò senza troppe esitazioni.
A differenza sua, Duncan nel frattempo era rimasto davvero scottato della bellezza dell’ispanica, e si reputava fortunato ad avere una ragazza così. Ma i mesi passarono, e anche Courtney cominciò ad affezionarsi a quel “troglodita” che con tutte quelle attenzioni che le regalava, si mostrò essere l’esatto opposto di quello che mostrava all’esterno. Così dall’idea di lasciarlo subito dopo che si sarebbe fatta una reputazione intoccabile, decise di cambiare piano, mettendo in secondo luogo la sua popolarità e decidendo tenersi stretta il ragazzo, consapevole del fatto che molto probabilmente sarebbe stato l’unico che avrebbe sopportato il suo difficile carattere anche in futuro, ed era convinta di averlo oramai in pugno, visto la forte sbandata in cui lui era caduto.
I giorni passarono, diventarono settimane finché non si arrivò a mesi in cui la perfetta coppia si ridusse a vedersi 24 ore su 24, mostrando sempre più chiari pregi e difetti di entrambi i ragazzi. E fu soprattutto Courtney a far emergere il suo lato caratteriale davvero insopportabile: ella infatti, gelosa qual’era di fronte alle avance delle altre ragazze verso il suo fidanzato, diventò talmente pressante e morbosa che il povero Duncan cominciò ad infastidirsi della sua continua presenza, cosa mai accaduta: non poteva uscire da solo con i suoi amici, non poteva accingersi fuori dall’aula senza di lei, non poteva chiacchierare con altre ragazze e molto altro. Tutto ciò infatti fece scatenare litigi persino pesanti, dando così inizio ai vari tiri e molla della coppia diventata oramai lo zimbello dell’istituto. Nonostante tornassero insieme dopo un paio di volte, nel cuore di Duncan non pulsava più quel sentimento che prima credeva fosse amore verso quella ragazza che, ammettendo essere molto seducente, in realtà non era per nulla il suo tipo, aprendo finalmente gli occhi, notando l’incolmabile incompatibilità dei loro caratteri, seppur simili su certi aspetti perlopiù difettivi.
Ma il culmine della sopportazione del punk arrivò al limite nel momento in cui l’ispanica, che aveva programmato di voler far conoscere il suo fidanzato ai genitori, decise di renderlo perfetto agli occhi di tutta la sua famiglia. Come? Modificando “alcuni” dei suoi tratti che lo caratterizzavano maggiormente, accompagnando tutto con una serie di regole da seguire quando sarebbero stati davanti ai rigidi genitori della ragazza. Secondo i suoi piani, infatti, Duncan doveva eliminare la cresta verde, tutti i piercing, cambiare la sua pettinatura e l’abbigliamento: renderlo praticamente una persona nuova, o meglio la persona giusta per lei. La reazione del punk fu ovviamente devastante: un giorno, con la scusa di volerla vedere ancora una volta, le fece fare davanti a tutta la scuola una figuraccia che la ragazza non si sarebbe mai aspettata da colui che, secondo lei, doveva essere oramai sotto il suo controllo, per poi lasciarla per sempre senza rimorsi. Courtney ci rimase davvero male, non solo per non essere riuscita a raggiungere nessuno dei suoi obiettivi, ma soprattutto per essere scesa ancor più in basso di reputazione: tutti infatti la reputavano come una psicopatica, maniaca della perfezione e figlia di papà, per cui decise di vendicarsi a modo suo. Fece bocciare per un anno il povero Duncan, che proprio in quel periodo si stava impegnando un po’ di più per arrivare al quinto anno, spingendolo di nuovo sulla strada di coloro che sarebbero rimasti in quell’istituto fino a quando gli insegnanti non si sarebbero stancati di ritrovarseli sempre davanti. Ma come se non bastasse, essendo ancora invaghita del ragazzo dagli occhi cristallini, ostacolò tutte le nuove relazioni che il punk cercava di far nascere con le ragazze “oche” che ci avrebbero provato con lui, in quanto gelosa che queste ragazze avrebbero raggiunto gli scopi che lei non fu in grado di portare a termine. Metà anno passò dal giorno della loro definitiva rottura, e qui il punk non riuscì inspiegabilmente ad avere nessun’altra ragazza oltre all’ispanica,ma fu proprio in questo periodo che il ragazzo realizzò di essere maturato molto dopo l’ultima esperienza, così decise di porre fine a quelle relazioni finte ed occasionali che gli provocavano solo dolore, per prendersi altro tempo utile per riflettere sulla vita che avrebbe voluto fare. D’altro canto Courtney, convinta che il punk avesse ceduto perché aveva capito che nessun’altra ragazza lo avrebbe voluto più, decise anche lei di porre fine a questo gioco, mentre sperava che il moro sarebbe tornato con la coda fra le gambe ad implorare il suo perdono, nonostante sapesse benissimo che colei che doveva chiarire sarebbe dovuta essere proprio lei, ma accecata dall’orgoglio non l’avrebbe mai fatto. Perfetta manipolatrice com’era però, non fu in grado di mettere in conto che anche le presunte ragazzine invisibili e spente sarebbero potute essere bersaglio di un Duncan che in quel momento stava crescendo mentalmente piano piano. E fu proprio qui che Duncan conobbe la ragazza che poi gli avrebbe fatto provare sensazioni mai sentite prima, neanche con la sua ultima fiamma. Il loro incontro avvenne in maniera molto discreta e segreta, tanto che nessuno sospettò nulla, fino al giorno in cui il punk decise di far sapere al mondo che quella ragazza così minuta e dolce in ogni suo movimento sarebbe stata solo ed esclusivamente sua. Ecco perché quando venne a sapere Courtney di questa nuova conoscenza del suo punk, rimase scioccata più di tutti, incredula che un tipo come lui sarebbe mai andato dietro ad una ragazza così “diversa” dal modello di donna a cui ambiva fino a poco tempo fa. Così decise di indagare per conto suo…
Una mattina, all’uscita da scuola, invece di raggiungere l’inconfondibile e bellissima auto di suo padre, si accostò dietro un pilastro della struttura scolastica, attenta che nessuno l’avesse vista, per poi aspettare il presunto incontro tra i due che avveniva ogni giorno alla fine delle lezioni. Dopo circa dieci minuti, ecco che il suo desiderio, o meglio incubo, si avverò: dal portone della scuola vide uscire il suo adorato punk con il suo solito fare strafottente che, dopo aver salutato vivacemente uno dei suoi tanti amici, si accostò vicino al muretto opposto al pilastro dietro cui era nascosta Courtney, e sembrava proprio che stesse aspettando qualcuno in quanto, durante l’attesa, si stava sistemando frettolosamente la cresta e la camicia che quella mattina indossava per poi sorridere soddisfatto. Dopo averlo guardato con uno sguardo minaccioso, rivolse il viso di nuovo verso il portone, e fu in quel momento che rimase completamente impietrita: ad uscire dall’istituto fu proprio Gwen che, non appena vide il punk che l’aspettava come ogni giorno guardandola ammaliato, gli regalò un largo sorriso come solo lei sapeva fare, per poi saltargli addosso abbracciandolo. Se intorno a loro si respirava aria di felicità, dall’altra parte una furia omicida si stava sempre più alimentando, facendo preoccupare i pochi ragazzi che si trovavano accanto a lei. In quel momento l’ispanica bolliva di gelosia come non mai, e avrebbe potuto commettere un delitto, se qualcuno l’avrebbe anche solo toccata. Quello che temeva si mostrò limpido ai suoi occhi, tutte quelle voci erano vere: Duncan aveva una nuova preda da conquistare, ma non era una qualsiasi, era la sua acerrima nemica: Gwen. Non poteva crederci..si sentiva come sprofondare. Ma lei non era il tipo che accettava le sconfitte, affatto, e neanche stavolta si sarebbe arresa.
 
Arrivò finalmente sabato, e con esso anche le ansie che i due giovani stavano provando sempre più intensamente.
Già dalle prime ore del mattino l’intera scuola era al lavoro per sistemare gli ultimi preparativi per la grande partita che si sarebbe svolta quel pomeriggio: campetto, pali della luce e tribuna erano curati nei minimi dettagli, così come le panchine e gli altoparlanti. Nel frattempo, nella classe della gotica stava trascorrendo la sua ora preferita, quella di Storia dell’Arte. Quella mattina però, la professoressa doveva interrogare, per cui l’intera classe era in ansia nel sapere i nomi dei poveri malcapitati che avrebbero salvato i superstiti, tutti tranne Gwen che, dopo essersi già tolta il peso di dover essere interrogata in quella materia, non faceva altro che pensare a quale sarebbe stata la cosa più giusta da fare: se andare o meno alla partita. Mentre l’insegnante era intenta ad esaminare i nomi dei suoi alunni da interrogare sul registro, qualcuno bussò alla porta. Tutti vennero attirati dalla porta che si aprì lentamente, fino a far mostrare una figura alta con una cresta verde.
“Buongiorno, scusate il disturbo..Potrebbe uscire un attimo la signorina Smith?” chiese Duncan molto cordialmente, indicando la ragazza in questione, che avvampò nel sentire tutti quegli sguardi incuriositi su di lei.
La donna, dopo aver sentito quella richiesta, guardò i due ragazzi che si sorridevano a vicenda, prima uno e poi l’altra, e capendo l’intesa, rispose:
“Non dovevi essere in classe, Duncan?” chiese la prof divertita. Ella infatti aveva un buon rapporto col punk, in quanto aveva da subito capito di quale pasta fosse fatto il ragazzo. A quelle parole Duncan rise:
“Prof, sa benissimo che quando c’è il professore di Fisica, stare in classe è come stare fuori da essa. E’ indifferente. Comunque mi fa uscire gentilmente Gwen?” insistette lui.
“Eh va bene ma…mi raccomando, falle fare un lungo giro per l’istituto. Ha bisogno di uscire da questa aula una volta tanto..” rispose la prof facendo l’occhiolino al punk, che non se lo fece ripetere due volte.
“E sarà fatto! Grazie prof!” concluse, per poi far uscire Gwen e chiudere la porta alle sue spalle.
La ragazza aveva ancora il sorriso sulle labbra, pensando a quanto adorasse quell’insegnante unica al mondo, ma poi venne distratta dal punk che le circondò improvvisamente la vita, per poi guidarla verso un posto lontano dalla classe.
Una volta arrivati si fermarono, e Gwen lo guardò negli occhi:
“Voglio un motivo valido per giustificare questa tua visita improvvisa, caro Evans.” Affermò lei sorridendo e incrociando le braccia al petto. A quelle parole il ragazzo di fronte a lei rise di gusto, per poi prendere il suo nasino tra l’indice e il medio della sua mano destra cominciando a scuotere la sua testa a destra e a sinistra.
“Ma insomma io faccio in modo che tu possa stare più tempo fuori, e tu come mi ringrazi? Facendo l’offesa? Ma che secchiona monella!” la canzonò facendola scoppiare a ridere.
Dette queste parole, prelevò da una tasca dei suoi jeans un biglietto, e lo porse tra le mani di Gwen, che lo guardò interrogativa.
“Questo è il biglietto per poter assistere alla partita di oggi. Sarebbero passati per le classi a distribuirli, ma io ho preferito dartelo di persona, così ero sicuro che l’avresti avuto. Questo però è un biglietto speciale per persone altrettanto speciali, che serve per potersi accomodare ai primi posti. All’entrata ci sarà un ragazzo che controllerà tutti coloro che hanno il biglietto per poter accedere alle tribune: tu non devi far altro che dargli il biglietto e dirgli il tuo nome, lui capirà.”  Spiegò il punk con aria superiore, per poi terminare il discorso regalando un bacio sulla guancia alla gotica, che nel frattempo era vittima di emozioni che si sovrastavano una sull’altra. Sorrise, nell’avvertire la guancia destra della ragazza diventare sempre più calda al tocco soffice delle sue labbra.
“Non voglio farti perdere l’ora della tua materia preferita, torna in classe. Ci vediamo oggi pomeriggio allora. Ci conto Dolcezza.” E dopo aver detto queste parole le fece l’occhiolino per poi allontanarsi, facendo rimanere la gotica stordita nella medesima posizione in cui l’aveva lasciata e con in mano il biglietto, che teneva stretta a sé.
Sorrise: in fondo non voleva assolutamente sentirsi colpevole della sconfitta di Duncan e della sua squadra.
 
 
 
 
°-- Angolino dell'autrice --°
Ehm...*si affaccia lentamente per vedere se ci sia qualcuno che ha pronti i pomodori*
Salve a tutti! ^-^
Nuovo capitolo appena sfornato! E' uno dei pochi capitoli di cui sono soddisfatta! xD
Eheeheh finalmente ecco arrivato il fatidico giorno: sabato, e con esso la partita! *-*
Che accadrà? La squadra di Duncan vincerà o nonostante la presenza "portafortuna" di Gwen subirà una sconfitta?
Non dovrete far altro che attendere il prossimo capitolo!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :3
A risentirci,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 15
*** -Capitolo 15 ***


Quel giorno Gwen non venne accompagnata a casa da Duncan, in quanto quest’ultimo doveva prepararsi bene, insieme alla sua squadra, per poter essere impaccabile alla partita che si sarebbe tenuta quel pomeriggio. Ma il ragazzo, temendo l’incolumità della sua dolce gotica, tentò più volte di convincerla a farsi accompagnare, disposto per lei a perdere quei venti minuti di riscaldamento. Ovviamente la ragazza, per il suo bene, non accettò, così si diresse velocemente verso casa, prendendo in tempo l’ultimo autobus che sarebbe passato in quella fascia d’orario critica.
Una volta tornata a casa, la ragazza salutò il resto della famiglia molto velocemente, per poi lasciare lo zaino sul letto e dirigersi verso il tavolo apparecchiato, col suo piatto di amatriciana caldo che la stava aspettando.
Erano così tutti e tre a tavola e la mamma, rendendosi fin da subito conto dello strano atteggiamento ansioso della figlia, notò con quanta velocità Gwen stava finendo il suo pranzo. Tentò più volte di incrociare il suo sguardo, ma ogni volta che sembrava riuscirci, la ragazza sviava, tornando a puntare i suoi occhi verso il televisore, fingendo di essere interessata a quello che stavano trasmettendo in quel momento. Ma ancor più confuso era il fratellino Mark, che osservava la comica scena abbastanza divertito, non proferendo alcuna parola, né per aiutare l’una e né l’altra.
Ad un tratto Margaret, stufatasi del comportamento della figlia, si pronunciò con tono irritato:
“Gwen, cos’è tutta questa fretta?” chiese la madre alzando un sopracciglio.
Sentendosi chiamata, Gwen girò lo sguardo verso la sua interlocutrice, e per poco non si strozzò ascoltando il resto della domanda.
“N-no mamma, perché?” domandò di rimando, non prima di aver bevuto un po’ d’acqua.
“Sei nervosa..qualcosa non va?” la madre la guardò fissa negli occhi.
“Oh..ehm..no, cioè..devo fare i compiti in fretta perché..perché dopo devo uscire.” Gwen, imbarazzata più che mai cercò di articolare una frase sensata, riuscendoci parzialmente, mentre la madre la guardava sempre più attenta. Ad un tratto sorrise malignamente, alzandosi e raccogliendo i piatti vuoti.
“Quindi uscirai con Duncan oggi, giusto?” le chiese maliziosamente, mentre prendeva l’ultimo piatto rimasto sulla tavola, quello della figlia. A quelle parole la gotica spalancò gli occhi, pensando a quanto la madre fosse diventata così meschina e invadente da quando seppe di Duncan.
“No! Voglio dire..in un certo senso..Okay devo andare a vedere una sua partita di calcio, va bene?!”  svuotò il sacco Gwen, non sopportando più l’interrogatorio, per poi alzarsi bruscamente e dirigersi verso camera sua, chiudendo la porta violentemente. Margaret e Mark rimasero sbalorditi da tanto nervosismo, e si guardarono reciprocamente.
“Una partita di calcio? Tutto qui? Sinceramente avevo capito altro..” disse il fratellino, facendo spallucce.
La madre sorrise, accarezzando il figlioletto tanto ingenuo di fronte ad un grande sentimento come l’amore.
“Tesoro mio, per una persona innamorata anche le cose più normali diventano impossibili. Ma piuttosto..secondo te sono stata troppo invadente?”  domandò la donna con un’espressione dispiaciuta.
In tutta risposta il figlio alzò un sopracciglio, per poi accompagnare il gesto con un “Nooo” canzonato, rinchiudendosi anche lui nella sua camera.
“Ma che ho detto..bah” pensò la madre, e tornò così di fronte al lavello, a lavare i piatti.
 
Nel frattempo Gwen cercava di risolvere quei logaritmi che lei adorava tanto, assegnategli quella mattina dalla professoressa di matematica e che erano per il giorno seguente. Ma purtroppo, dall’inizio di quella settimana, la gotica aveva ben altro per la testa, e questo rendeva difficile anche ciò che sapeva fare fin troppo bene.
Giovedì prossimo avrebbe dovuto fare un compito su quell’argomento, per cui svolgere quegli esercizi era di vitale importanza, ma rendendosi conto che era bloccata ormai da un’ora sempre su quel algoritmo, si innervosì ancor di più.
“Maledizione, ma perché non esce..”  disse fra sé Gwen mordendo sempre più insistentemente il tappo della penna che aveva in mano.
“Eppure deve essere così..” continuò lei, ricontrollando per l’ennesima volta i calcoli. Non trovando nulla di anomalo sbuffò, per poi rivolgere involontariamente lo sguardo verso il suo cellulare, sotto il quale vi era il biglietto d’ingresso per la partita. Sul suo volto si delineò un’espressione alquanto preoccupata, e si diede una manata in fronte disperata più che mai.
“Che mi metto?!” Urlò al cielo, come se la sua richiesta d’aiuto fosse indirizzata a qualcuno, ma ovviamente non ottenne alcuna risposta.
“Stupidi logaritmi..pure voi vi ci mettete?!” domandò al libro che aveva sempre amato, per poi raccogliere tra le mani il capo, mentre poggiava retti i gomiti e sbuffava, facendo spostare il ciuffo colorato dall’altra parte della fronte.
 
Dopo aver finito di riordinare la cucina, Margaret si cimentò a spolverare un po’ il salotto, dato che aveva la smania di dover togliere ogni giorno quei microscopici granuli di polvere che si depositavano dappertutto, malgrado non ve ne erano. Stava pulendo la lampada posizionata accanto al divano, quando improvvisamente udì il grido disperato d’aiuto della figlia, e dopo un po’ sentì il guardaroba aprirsi e fare un gran baccano.
Conoscendo la figlia e la sua abilità di sollevare problemi inesistenti, dedusse che avesse qualche problema con l’abbigliamento, così decise di infiltrarsi in camera sua.
Bussò lievemente, per poi entrare non prima di aver ricevuto un brusca approvazione da parte della figlia.
La scena che le si mostrò fu addir poco pietrificante: la camera completamente messa sotto sopra,vestiti dappertutto e una Gwen seduta ad una scrivania che tentava di far uscire almeno uno di quei maledetti esercizi.
Margaret rimase a bocca aperta, tanto da voler urlare qualcosa contro la figlia, ma leggendo la disperazione in lei, decise di rimproverarla un’altra volta.
“Gwen, inutile che tenti di perdere la testa su quel quaderno, se il tuo cervello pensa continuamente a cosa devi metterti per far rimanere senza fiato il tuo Duncan.” Affermò la madre senza timore e sorridendo, nonostante pensò di sentirsi gli occhi fulminanti della figlia pronti a colpirla. Ma quest’ultima non fece nulla di tutto ciò, limitandosi quindi solamente a guardare la donna sorridendole di rimando, chiedendole con lo sguardo implorante di aiutarla.
Da buona madre qual’era, Margaret lesse il messaggio tra le righe, così chiuse la porta della camera alle sue spalle e disse sorridente:
“Non temere tesoro, ci penso io.”
 
Dopo aver rischiato di prendersi quasi per capelli per far capire all’altra che il vestito scelto non sarebbe stato opportuno per l’occasione, schioccarono le 17:13 solo per scegliere il giusto abbinamento tra i vari indumenti ed accessori.
“Oh tesoro..sei bellissima! Cerca di non farti vedere così all’inizio della partita da Duncan, altrimenti sverrebbe subito senza neanche aver partecipato alla finale!” disse emozionata la donna, guardando l’immagine della figlia di fronte a lei.
D’altro canto Gwen era diventata rossa come un peperone, immaginandosi la buffa e improbabile scena.
“Mamma dai! Smettila! Piuttosto, secondo te, vado bene?”  chiese la figlia, insicura più che mai.
“Di nuovo Gwen? Certo! Sei uno schianto!” affermò la madre dandole un bacio sulla guancia. “ Te l’ho detto, cadrà come un provolone ai tuoi piedi.” Continuò.
E in effetti Gwen si convinse, guardandosi più volte allo specchio sotto ogni angolazione: indossava un top viola scuro abbastanza aderente e scollato, avente le maniche nere lunghe a rete, tipico dello stile dark; una gonna libera corta anch’essa nera che le arrivava poco più in alto delle ginocchia, e stavolta senza calze, lasciando così quelle gambe candide e snelle scoperte, per la felicità di molti ragazzi, soprattutto del diretto interessato; ed infine delle scarpe aperte nere con un po’ di tacchetto, giusto per slanciarla ancor di più. Mai come in quel momento si sentì carina, e questo lo doveva solo alla madre. Guardò l’orologio, e quasi non le venne un infarto: erano le 17:35, e la partita sarebbe iniziata alle 18:30.
“Cavolo! Devo prendere la circolare alle 18 per essere lì entro le 18:30! Ma devo ancora farmi la piastra e truccarmi! Come farò?!” affermò Gwen in preda al panico, dirigendosi velocemente verso il bagno, ma la madre la fermò.
“Gwen, stai calma, altrimenti rovinerai tutto! Ti accompagno io alla partita, figurati se devo avere la paura che la mia bella figlia non arrivi alla partita perché presa in ostaggio da qualche altro ragazzo abbagliato! Semmai ti importunerà qualcuno ci sarà il tuo principe a difenderti.” Disse la donna con la sua solita ironia mischiata al suo cinismo eccessivo.
La gotica incrociò le braccia e rivolse i suoi occhi verso il cielo.
“Bene! Grazie mamma! Adesso sì che sono tranquilla!” e così dicendo si rinchiuse in bagno, accompagnata dalle risate di Margaret.
 
Erano le 18:15 quando la ragazza venne accompagnata dalla madre in macchina: guardava fuori dal finestrino, cercando qualcosa che la potesse distrarre, ma invano, mentre con i tacchi ticchettava su uno dei due tappetini dell’auto.
“Forza Gwen..è solo una stupida partita…” si ripeteva in continuazione, talmente tante di quelle volte che non si rese neanche conto che l’auto si era fermata.
“Ehi Gwen, guarda che siamo arrivate. Su corri, altrimenti perderai il posto!” la incitò la madre, che la scaraventò fuori senza neanche darle il tempo di proferir parola, per poi dileguarsi velocemente.
Dopo aver rischiato di spezzarsi una gamba, la gotica cominciò ad avanzare tremolante verso quell’immensa folla che circondava la struttura calcistica, e incerta si guardò intorno: non aveva idea di dove potesse essere l’ingresso, ma ad un tratto vide un ragazzo dai capelli rossi, con delle leggere lentiggini che gli donavano incredibilmente, che era immobile e reggeva in mano dei biglietti. Ad un tratto Gwen si ricordò delle raccomandazioni che Duncan le aveva fatto, deducendone che quel ragazzo fosse il tipo a cui far controllare i biglietti, così decise di avanzare velocemente verso di lui.
Il rosso, che non sapeva più da quale parte controllare i biglietti atti per accedere alla struttura, notò la ragazza postatasi accanto a lui, che non appena lo vide libero, gli porse il suo biglietto. Notando la bella presenza, il rosso le sorrise, mentre con gli occhi le faceva una scannerizzazione. Gwen però, infastidita dal suo comportamento, cercò di svegliarlo:
“Ehi scusa, posso passare?” gli chiese guardandolo adirata.
“Oh..s-si, ma prima devi dirmi il tuo nome, hai un biglietto per i primi posti.” Sottolineò lui dopo essersi ripreso.
“Gwen..Gwen Smith.” Disse lei titubante.
Dopo aver sentito il nome, il ragazzo spalancò gli occhi, e sorridente le rispose:
“Oh, allora sei proprio tu! Duncan mi ha parlato molto bene di te. Prego cara, il tuo posto è il numero 12. E piacere, il mio nome è Scott!” Le disse per poi incitarla ad entrare.
“P-piacere..”si limitò a dire lei, imbarazzata da tutte quelle lusinghe che le venivano rivolte.
Una volta entrata, cominciò a cercare la sua postazione, fino a quando la trovò.
“Wow, da qui si vede tutto..” si ritrovò ad osservare la gotica, e garbatamente si sedette.
Non ci volle molto però per rendersi conto che una ragazza bionda, molto carina e seduta alla sua destra, stava discutendo animatamente col suo ragazzo al telefono.
La bionda infatti, era troppo presa dalla discussione che non si accorse di aver attirato l’attenzione di tutti quelli che la circondavano, compresa la gotica.
“Non ti preoccupare..si va bene. Certo vincerete voi! Ciao amoruccio mioo!” . Furono queste le parole con le quali la bionda congedò il suo interlocutore, per poi guardarsi intorno e ritrovarsi gli occhi straniti dei ragazzi puntati addosso. Essendo molto imbarazzata, cercò di scusarsi con loro, ma nel momento in cui si rivolse verso Gwen, ella si fermò.
“Ehi, tu devi essere Gwen, la ragazza di Duncan, vero?” chiese la bionda allegramente.
La gotica, che fino a quel momento rideva per la figuraccia della compagna, divenne improvvisamente rigida, mentre l’intero viso si colorò di un rosso accesso.
“C-Cosa?! S-sì, io sono Gwen! Ma non sono la ragazza di Duncan!” affermò balbettando la povera gotica, che non riusciva a capire questa popolarità improvvisa.
A quelle parola la simpatica bionda rise di gusto, per poi abbracciare Gwen.
“Oh non preoccuparti, tutti così dicono! Comunque io sono Bridgette, la ragazza di Geoff, piacere!”  disse la ragazza sorridente.
“Piacere Bridgette. Sei la fidanzata di Geoff? Magnifico, il tuo ragazzo è molto simpatico!” rispose la gotica, cercando di dire qualcosa di carino per sviare all’argomento piccante di poco fa.
“Oh sì hai ragione! E’ un tesoro! Sia lui che Duncan mi hanno tanto raccontato di te. Sono molto felice di averti conosciuta. Che dici, cominciamo a fare il tifo?” la incitò Bridg prendendole le mani.
Gwen rimase spiazzata da quell’invito, dato che non aveva mai fatto nulla del genere, ma il caratterino simpatico e coinvolgente di quella ragazza tanto solare la coinvolse totalmente, ed inspiegabilmente si ritrovarono abbracciate ad urlare il nome della loro squadra preferita.
 
Sembrava tutto fin troppo perfetto, se non fosse che a spiare tutto e tutti ci fosse Courtney, seduta dalla parte opposta del campo, che portava sempre il suo binocolo alle partite in cui Duncan giocava, per osservarlo in ogni cosa che faceva, ed ogni volta che lui segnava in porta si vantava di essere la sua ragazza. Ma purtroppo quell’anno non poté riempirsi la bocca di elogi, e si doveva accontentare solo di osservarlo mentre giocava. Stavolta il suo bersaglio non era solo il suo ex: ella infatti cercava di individuare la sua presunta nuova ragazza, per verificare se fosse presente. E come un falco la trovò, facendo una grande smorfia non appena la vide. Ovviamente Courtney non stette con le mani in mano dal giorno in cui li vide insieme con i propri occhi: cercò di indagare e, dopo aver intervistato circa 100 ragazzi, si accertò che le voci riguardanti una nuova storia amorosa di Duncan fossero false. Tutti risposero di non aver mai visto i due piccioncini baciarsi, neanche in privato, così l’ispanica si tranquillizzò, deducendo che la loro fosse solamente un’amicizia che avrebbe potuto rovinare quando le pareva.
Ma ad un tratto venne attirata dall’inno nazionale americano che apriva, come ogni anno, l’ingresso delle due squadre quando erano in finale. Anche l’attenzione di Bridg e Gwen si focalizzò su quelle note, e fu così che finalmente i ragazzi uscirono dai loro spogliatoi.
Fu il turno di Duncan, che venne abbagliato dalla luce del Sole, non appena mise piede sulla nuova erbetta artificiale piantata non appena iniziarono le gare in quell’anno.
Era così ogni anno: provò nuovamente quelle emozioni che sentì durante la finale dell’anno precedente, ed era sempre una gioia indescrivibile. Essere lì, in quel campo, di fronte ad uno stadio pieno di tifosi, provenienti persino al di fuori dell’istituto in questione, era pazzesco e allo stesso tempo duro da sopportare anche per un tipo tosto come lui.
Il capitano della squadra prese un lungo respiro, avanzando piano verso il centro del campo, dove tutti i suoi compagni erano allineati insieme ai nemici, per poi dare una pacca sulla spalla al suo migliore amico, che era accanto a lui.
“Ehi Geoff, come va?” gli chiese avvertendo l’ansia del biondo.
“Mi chiedi come va? Va abbastanza male fratello..” rispose Geoff rivolgendo lo sguardo verso il punk.
“Come ogni anno…” continuò Duncan scherzosamente.
“Piuttosto, hai visto Bridgette? Non la vedo, c’è una folla indescrivibile..” chiese l’amico guardandosi intorno.
Duncan cominciò ad osservare i primi posti, sicuro di aver dato alla bionda uno di quelli in prima fila, per poi pietrificarsi quando vide la bella fanciulla accanto a Bridgette. Improvvisamente avvertì il suo cuore fermarsi per un istante e la voce svanire..
Quella meravigliosa ragazza era lei, era Gwen.
Era lì, per lui.
E sorrideva, per lui.
Gli pareva quasi surreale, ma tutto quello lo stava vivendo per davvero. Ad un tratto sentì una forza invadergli tutto il corpo, che lo spronò e lo caricò al massimo, grazie alla sola presenza di lei.
Sorrise. Era pronto, determinato più che mai a dare tutto se stesso per far divertire ed emozionare la ragazza che amava veramente.
“Eccola, è proprio accanto a Gwen..” disse mentre indicava a Geoff la sua compagna.
Dopo che tutti i giocatori si sono scambiati strette di mano, i capitani delle rispettive squadre si salutarono sportivamente, raggiungendo i loro posti. Duncan diede un ultimo sguardo a Gwen, che stringeva stretta al suo petto i pugni, emozionata quanto lui, per poi tornare a guardare il pallone, concentrato più che mai.
Finalmente echeggiò nell’aria il fischio d’inizio.
La partita era iniziata.




°°°Angolo dell'autrice°°°
Ehiii ragazzi e ragazze! ;)
Finalmente la scuola è finita, eh? *-*
Ed io sono tornata con un nuovo capitolone appena sfornato! <3
E così la partita è iniziata..ne vedremo delle belle! :3
Spero tanto che vi piaccia..non avete idea di quanto io sia felice!! *-*
Volevo ringraziare tutti, ma proprio tutti, per seguirmi e per recensire i miei capitoli!! Gioisco ogni volta che vedo una nuova recensione!
Mi date un sostegno morale, e questo mi aiuta a scrivere meglio i prossimi capitoli, per cui GRAZIE A TUTTI VOI!! :3 <3
Attendo una vostra opinione riguardo al nuovo capitolo e....alla prossima!!! ;D

Baci,
Dalhia_Gwen

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Capitolo 16
*** -Capitolo 16 ***


La prima mezz’ora della partita fu piena di emozioni. I ragazzi stavano dando il massimo, entrambe le squadre erano determinate più che mai ad aggiudicarsi il titolo di miglior classe in campo calcistico della scuola, il tutto mentre la preside avrebbe poggiato quella piccola coppa. La squadra in cui giocavano Duncan e Geoff era colma di energia, sfoderando così la loro forza. Il loro allenatore, il professore di Ed.Fisica di Duncan e Gwen, era orgoglioso di loro, ammettendo che quei ragazzi avrebbero fatto molta strada, inquadrandoli dal primo giorno in cui li aveva conosciuti.
L’uomo infatti era molto bravo a “ricercare” nuovi talenti, e quei ragazzi non erano da meno. Ma la squadra avversaria era tosta, e sicuramente non avrebbe ceduto. Il “nemico” che Duncan temeva di più era Mike, un ragazzo molto minuto ma dotato di una forza inarrestabile, e che d’altra parte avevo ben intuito l’agilità senza freni del punk.
Nei primi minuti ci furono spintoni e falli uno dopo l’altro, che impedivano, sia l’una che l’altra squadra, di arrivare alla distanza necessaria per fare un tiro in porta.
Ma neanche questi mancarono.
Arrivati al decimo minuto, il ragazzo dal ciuffo verde diede i suoi primi segnali di centrocampista, scatenando così la paura dei suoi avversari. Ad affiancarlo vi era Geoff, che giocava lateralmente, sempre pronto a passargli la palla al momento giusto. In quel momento infatti DJ, abile difensore, sottrasse la palla ad Ezekiel, uno dei difensori dell’altra squadra, per poi correre verso il biondo. Questi captò il segnale e, seguito da Duncan, prese il pallone, ed attese che il suo migliore amico lo superasse. Circondato oramai dagli avversari, Geoff fece una scivolata per poi far continuare l’azione a Duncan, che non attendeva altro. Con l’agilità di un felino, il punk scattò verso la porta, con addosso i difensori avversari. Ma ad ostacolarlo si aggiunse anche Mike, che velocissimo stava avanzando dalla parte opposta verso Duncan, con l’intento di scontrarlo. Questi lo sapeva perfettamente, e per questo non si fece intimorire. Quando oramai sembravano in procinto di scontrarsi, Duncan calciò il pallone, e con un tiro degno di un fuoriclasse in nazionale, segnò in porta, non lasciando neanche il tempo al portiere di lanciarsi, talmente fu veloce. La reazione dei tifosi fu immediata: dalla grande platea cominciarono a sentirsi grida ed esultazioni, ripetendo a gran voce il nome del punk. Gli striscioni vennero innalzati sempre più in alto, e molti contenevano dediche al ragazzo più popolare dell’istituto: “Duncan ce la puoi fare, sei tutti noi!” oppure “Duncan sei un mito. Desidero vederti in serie A.” per poi arrivare a “Così come spacchi le facce altrui, fatti sentire anche in questa partita…Forza Evans!!”.
Anche Bridg gioì a quel fantastico goal, mentre Gwen rimase senza parole: ci vollero una manciata di secondi per rendersi conto che quel goal mozzafiato venne eseguito proprio dal suo punk preferito.
“Woooooou! Vai così Duncan!!!” esultò Gwen improvvisamente, cominciando a saltellare, mentre il suo cuore esplose in un entusiasmo mai visto prima.
Nel frattempo Duncan venne travolto dai suoi compagni di squadra, gioendo insieme a loro. Tentò di raggiungere la sua gotica che si trovava a pochi metri da lui e che batteva forte le mani, ma gli bastò incrociare il suo sguardo dolce e pieno d’amore per capire che sarebbe stato capace anche di fare peggio, per lei.
Ma non poteva mancare di certo la risposta della squadra opposta. Senza farsi prendere troppo  dal panico, la 5° C riuscì, dopo i venti minuti successivi, ad ottenere il pareggio grazie al loro Mike. Ciò infatti si è potuto concretizzare grazie ad un piccolo ma fatale errore di incomprensione: Brick, uno dei difensori laterali, avrebbe dovuto passare il pallone a Tyler, secondo migliore attaccante dopo Duncan, ma solo quando egli sarebbe arrivato abbastanza vicino alla porta. Tyler e il punk si trovavano esattamente uno a destra e l’altro a sinistra, con l’unica differenza che Duncan era circondato dai giocatori avversari, i quali erano più che sicuri che il difensore avrebbe passato il pallone al punk. Ma la 5°A aveva già previsto tutto, e fu per questo che avevano pensato di coglierli alla sprovvista. Malgrado il loro piano, Brick intese male e sbagliò il passaggio, facendo arrivare il pallone verso Duncan che, bloccato, non riuscì a prenderlo, in quanto preceduto da Mike. Questi, ormai vicino alla portiere, colse l’occasione al volo, mirando così verso la porta, centrando in pieno. La palla entrò, mentre la folla dei tifosi emerse improvvisamente.
“Ahahahahah che ti credevi Duncan, eh? Non ci facciamo intimorire da un goal fin troppo fortunato..con me non si scherza, chiaro?” disse, per poi terminare il discorso gettando della saliva sull’erbetta e a pochi centimetri dal punk, che in tutta risposta lo fulminò con lo sguardo, inorridito da quel gesto così poco elegante.
“E’ ancora tutto da vedere Tomson*..!” urlò dietro di lui Geoff, che assistette a tutta la scena.
“Non perdere fiato con lui, amico..è solo un montato che non ha capito di cosa siamo capaci..” e così dicendo i due tornarono in gioco.
La partita continuò con alternanza di alti e bassi, in entrambe le parti. Anche tra i tifosi la tensione era altissima, e non mancarono di certo le risse.
 
Finì così il primo tempo, e i ragazzi potettero riposarsi un po’, approfittandone per studiare le contromosse che avrebbero deciso il futuro di quella partita. Nel frattempo lo stadio si svuotò della maggior parte dei tifosi che andarono a prendere qualcosa da bere. Gwen e Bridgette rimasero sedute.
“Che partita, eh? Sembrava di assistere ad un incontro di Wrestling!” esclamò la bionda mentre prendeva dalla sua borsa una lattina di Coca-Cola.
“Hai ragione, ma che accanimento…”rispose Gwen alquanto turbata, massaggiandosi le tempie.
“Cosa c’è Gwen? Non ti senti bene?” domandò l’amica premurosa.
“No, ho solo un po’ di mal di testa. Sai, non sono abituata a tutto questo baccano..” disse Gwen abbozzando ad un sorriso.
“Oh Gwen questo non è niente! Saresti dovuta essere presente negli anni in cui questo istituto era frequentato da mio fratello Josh*. Mi ha raccontato che al quinto anno i tifosi portarono i megafoni alla partita, adesso vietati. Per non parlare di quando tentarono di appiccare un fuoco con l’intento di far terminare forzatamente la partita, dato che la loro squadra ne sarebbe uscita sconfitta..Oh, quell’anno la scuola era popolata da veri e proprio delinquenti, ovviamente bocciati più volte..” raccontò la bionda molto allegramente. D’altra parte Gwen l’ascoltò sconcertata, per poi estrarre da una delle tasche della sua gonna il cellulare, guardando l’orario.
“Speriamo che vinca…” si fece sfuggire la gotica con lo sguardo triste rivolto di fronte a lei.
“E’ vero, ammetto che la squadra di Mike è forte, ma sono sicura che i nostri ragazzi ce la faranno. E così quelli della 5°C dovranno tornare a casa con la coda tra le gambe!” esclamò Bridgette dandole una pacca sulla spalla.
Gwen le rispose sorridendole lievemente, mentre lo stadio di stava riempiendo di nuovo.
Iniziò così il secondo tempo,e i ragazzi ricominciarono a giocare.
“Adesso vedrete, perdenti.” Pensò Mike mentre si preparava per calciare il pallone.
Le due squadre mostrarono la stessa grinta del primo tempo, e il punteggio rimase costante. Se una squadra tentava di portarsi in vantaggio, ecco che l’altra arrivava giusto in tempo per rompere quel desiderio.
Il tempo scorreva, e i ragazzi erano sempre più stanchi.
Anche i tifosi soffrivano come loro ad ogni tiro o avanzata verso la porta, mentre la tensione era oramai arrivata alle stelle.
“Maledizione, se continuano così arriveranno ai rigori!” esclamò Bridgette alquanto preoccupata.
“Non sarebbe meglio?” chiese Gwen dubbiosa.
“Meglio? Ma i ragazzi sono stremati! Oh no, succederà come l’anno scorso: devi sapere che Tyler, quando arriva ai rigori, si innervosisce perché sente il peso delle sue responsabilità nei confronti sia della squadra e sia dei tifosi, per cui le emozioni non le riesce a controllare, cadendo nella trappola dell’errore. Ed infatti l’anno scorso, se non fosse stato per Duncan che riuscì a non sbagliare neanche un rigore, avrebbero rischiato di perdere ingiustamente, dato che la squadra avversaria era decisamente debole..” raccontò Bridg restando sempre con lo sguardo verso il campo.
“Ma stavolta gli avversari sono forti..” continuò la gotica deglutendo.
“Già..” annuì la bionda.
 
Tutta la platea era oramai convinta che quella partita si sarebbe conclusa con un pareggio, e che ai rigori si sarebbe giocato il tutto per tutto, quando all’improvviso avvenne il colpo di scena.
Erano gli ultimi minuti di gioco, ma Duncan era determinato più che mai a vincere, non solo per la seconda coppa consecutiva, in particolar modo per Gwen. Così colse l’ultimo momento quell’azione che gli avrebbe probabilmente dato la possibilità di chiudere quella lunga e faticosa partita. Dopo aver preso il possesso palla, il punk cominciò ad avanzare veloce verso la porta avversaria. Si trovava nella metà campo avversaria, quando si sentì pressare dai nemici in ambo i lati. Ma vedendo che il capitano non cedeva, Ezekiel tentò di prendere la palla in maniera piuttosto irregolare, riuscendoci e senza che gli arbitri se ne accorgessero. Duncan perse l’equilibrio per poi cadere per terra. Maledisse sé stesso, rendendosi conto della preziosa occasione che aveva sprecato. Guardò il tabellone: mancava ancora un minuto. A quel punto agì d’istinto e, con tutta la forza che gli rimaneva, raggiunse in pochi secondi l’avversario, che lo notò. Questi cominciò ad innervosirsi, sentendo la pressione del punk che non cedeva, nonostante il fiatone. Ezekiel tentò di resistere, ma venne preso alla sprovvista: Duncan spinse leggermente l’avversario, facendolo barcollare ma non cadere, per poi farlo entrare nel panico. Ezekiel fu troppo impegnato a non perdere l’equilibrio che non si rese conto che non aveva più il pallone tra i piedi. Nemmeno Mike si rese conto della mossa astuta del punk, troppo occupato a parlare con i tifosi che lo acclamavano da tutte le parti. Fu così che Duncan accellerò come mai fece, e nonostante avvertì la presenza dei suoi avversari accanto, visualizzò la porta e calciò senza pensarci, anche se era abbastanza lontano. Ad un tratto tutto tacque, l’intera tifoseria trattenne il respiro, ognuno per un motivo.
I tifosi smisero di esultare, troppo presi da quell’istante.
Gli avversari rimasero a bocca aperta, increduli.
Bridgette strinse i denti, nervosa più che mai.
Gwen stringeva all’altezza del petto il pugno sinistro, mentre con l’altra mano stringeva quella dell’amica, sgranando gli occhi.
La 5°C si fermò, improvvisamente.
Il portiere si lanciò verso la palla, determinato a prenderla in tutti i modi.
Ma quel pallone entrò.
Mai come in quel momento la platea di tifosi esplose in urla di felicità: il minuto scadde, e la partita finì 2-1 per la 5°A.
Duncan, dopo aver calciato, si accasciò per terra a peso morto, anche lui incredulo dell’impresa impossibile portata a termine. Sorrise, per poi chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle esaltazioni dei suoi fans. Ma venne risvegliato dai vari pesi che si stavano accumulando su di lui, creando così un mucchietto. Erano i suoi compagni di squadra, che non seppero trattenersi dall’emozione che il loro capitano ha permesso loro di provare.
“Ehi non è giusto! Era un fallo! L’ho visto!”Non potete dare il punto a loro!!” Mike cercava di attirare l’attenzione di qualcuno, saltellando e muovendo le braccia in alto, alterato più che mai. Ma tutti, persino gli arbitri, erano occupati a congratularsi con i vincitori. Ogni giocatore strinse la mano ad uno di loro, permettendo così al povero punk di rialzarsi e tornare a respirare. Non fu neanche in piedi che, malgrado fosse praticamente privo di forze, cominciò a correre verso la sua fonte di energia, colei che lo aveva sempre sostenuto: Gwen. La ragazza, quando il moro fece entrare il pallone in porta, si scatenò urlando a squarciagola, e con le lacrime agli occhi. Insieme alla bionda esultò e saltellò come una matta, ma la sua attenzione venne attirata da una figura che avanzava proprio verso la sua direzione, mentre la guardava sorridente. Riconoscendo che la figura era Duncan, si affacciò di più dal suo posto, con l’intento di avvicinarsi il più possibile a lui. Non appena Duncan arrivò, si fermò per poi allungarsi anche lui verso di lei, fino a prenderla in braccio e portarla con sé nel campo. Si strinsero forte, entrambi al settimo cielo per la vittoria, tanto che Duncan cominciò a girare su se stesso trasportato dalla voce della sua amata. Ma dato che aveva completamente esaurito le forze, non riuscì neanche a terminare il primo giro che si ritrovò per terra, mentre lei era su di lui. Continuarono a ridere, incuranti del baccano che si era creato.
“Ce l’avete fatta! Avete vinto!” esclamò Gwen non appena prese un po’ di fiato.
“Sì, ma solo grazie a te, amore mio.” Rispose il punk guardandola negli occhi dolcemente.
Duncan oramai aveva le gote dipinte di rosso, non tanto per la stanchezza, ma piuttosto per essersi accorto che quello era il momento perfetto che confessarle il suo amore. Così prese il viso di lei, caldo per l’emozione, per poi avvicinarlo al suo piano, per paura di un rifiuto. Ma lei non oppose alcuna resistenza, e finalmente si scambiarono il loro primo bacio.
Un bacio lungo.
Un bacio intenso.
Un bacio non a stampo.
Un bacio vero.
Lei gli accarezzò la cresta verde spettinandola, mentre lui con una mano le strofinava una guancia col pollice e con l’altra le circondava la vita. Rimasero molto tempo stesi per terra, sotto gli occhi di tutti: nessuno dei due aveva intenzione di staccarsi dall’altro, affamati fin dall’inizio dei baci e delle carezze di entrambi. Con quel bacio, sia lui che lei, si resero conto di cosa realmente provavano verso l’altro. Persino Gwen ora non aveva più alcun dubbio: lo amava, sì, si era perdutamente innamorata di Duncan.
Lui, il ragazzo più popolare nonché il più temerario dell’istituto.
Lei, una delle ragazze più brave e diligenti di tutta la scuola.
Ma a loro non importava. Ciò che più contava, adesso, era la loro storia d’amore, appena incominciata.


* nome puramente inventato dall'autrice



°°Angolo dell'autrice sempre più smielosa°°
Salve popolo di EFP!! :D
Rieccomi qui, con il capitolo più smieloso di tutti! *-*
Sì, lo ammetto. Prima di scriverlo ho fatto una scorpacciata di dolcetti al cioccolato...e l'effetto è evidente! xD
Eheheh avete visto? SI SONO BACIATI!!! <3
Fans: Era ora!!! >.<
Eh lo so, avete ragione, ma ne è valsa la pena aspettare, o no?  ;)
Eheh ho pure aggiunto altri personaggi del cartone! :D
Mi farebbe tanto piacere che voi lasciaste un commentino, vorrei tanto sapere cosa ne pensate :3
Grazie a tutti per seguirmi, e grazie a tutti coloro che commenteranno! :'3
Ci rivediamo al prossimo capitolo! ;)
Baci,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 17
*** -Capitolo 17 ***


I due innamorati sorridevano, felici come non mai.
La platea che popolava quello stadio si radunò fuori, a festeggiare con la squadra vincitrice, lasciando così  i piccioncini soli, che continuavano ancora a scambiarsi effusioni amorose. Persino Geoff, non prima però di aver preso con sé Bridgette, raggiunse gli altri fuori, troppo euforico per capire dove potesse essere il suo migliore amico. Ma qualcuno, o meglio un gruppo di ragazze, si distingueva dalla massa per il semplice fatto che era intento a mantenere una loro compagna al limite della pazzia. Quella ragazza era proprio Courtney che, non appena vide il punk congiungere le sue labbra con quelle della sua peggior nemica, non ci vide più, cominciando così a dare i numeri.
“ Ma io l’ammazzo!! Quella gotica sbiadita è morta!! E lasciatemi!!” urlava a squarciagola l’ispanica dimenandosi come una matta mentre la sua comitiva la teneva ferma con tutta la forza che aveva, sapendo che la loro amica sarebbe stata capace di mantenere la parola.
“Courtney calmati! Non è così che si ragiona! Avanti torna in te!” disse Heather tentando di evitare le pedate dell’amica.
“Calmarmi?! Sei matta!! Ma hai visto cosa ha fatto?! Ha baciato il MIO e SOLO MIO Duncan!! Ed io dovrei calmarmi?!” continuava a sbraitare l’ispanica con i capelli oramai spettinati.
"Sì idiota! Ti pare che Courtney Barlow si riduce in questo stato? Dov’è finita quella ragazza forte e determinata ad ogni costo che c’era in te?! Ti stai ridicolizzando Court!!” Urlò invece Sierra che la sorreggeva alla sua sinistra.
“Non mi importa! Tanto nessuno si è accorto di me, sono tutti a festeggiare, persino quei….Argh li odio!! Io sono l’unica che sta male…!!” continuò Courtney mentre diede un calcio ad un sasso.
“No, tu non devi stare male, perché troverai un modo per dividerli. Sei o non sei colei che ha sempre comandato in questa scuola, eh Courtney?” le domandò Heather con un sorrisetto malvagio.
“Non sarà mica uno stupido ed insignificante bacio a sconfiggerti?” continuò Sierra guardando con la stessa espressione Heather, intendendosi. Ad un tratto l’ispanica si calmò e con ella anche la sua forza, permettendo così alle due compagne di lasciarla. La mora sorrise, ma non era un semplice sorriso: era la smorfia più malvagia che ebbe potuto mai fare, e si allargava sempre di più mentre il suo cervello calcolatore stava elaborando un piano infallibile per far terminare quella relazione che era appena cominciata.
“Ride bene chi ride ultimo, Gwen.” Pronunciò, per poi scomparire velocissima insieme alle altre.
 
Nel frattempo Duncan e Gwen raggiunsero il resto della squadra unendosi alla festa che i tifosi stavano improvvisando in quel momento.
“Oh eccolo lì! Ecco il campione! Ehi Duncan vieni qui!!” urlarono i suoi compagni di squadra non appena lo videro uscire dallo stadio. Egli avanzò sorridendo come non mai, mentre teneva stretto a sé una timida Gwen con le gote rosse. Tutti i presenti cominciarono a esclamare il suo nome e batterono le mani.
“Grazie ragazzi, grazie a tutti voi per essere stati presenti e per averci sostenuto. Per noi è molto importante.” Disse Duncan soddisfatto, facendo innalzare ancora di più il tifo per lui e la squadra. Geoff, che fino a quel momento era occupato a coccolare la sua Bridg, notò l’amico affiancato dalla sua gotica, la quale gli teneva stretta la mano. Ad un tratto fece un largo sorriso, capendo che quel punk aveva per l’ennesima volta ottenuto quel che desiderava. C’era voluto tempo, ma alla fine arrivò a raggiungere il suo più ambito obbiettivo. Scosse la testa divertito.
“E’ davvero inarrestabile. Quando si mette in testa una cosa deve per forza portarla al termine, è più forte di lui.” Si ritrovò a pensare il biondo, ma il suo amico era così ed era per questo che gli voleva molto bene. Se non fosse stato per la sua sfacciataggine a quest’ora non sarebbe stato fidanzato con la ragazza della sua vita, Bridgette.
“Ehi amico, la tua è una doppia vincita.” Urlò poco lontano dai due Geoff, lanciando al punk uno sguardo malizioso. All’inizio tutti i presenti guardarono interrogativi il biondo ma poi, notando le occhiatine dolci che Duncan lanciava alla ragazza accanto a lui, capirono immediatamente. La maggior parte di loro rimase turbata dalla notizia ufficiale, altri invece rimasero contenti, rendendosi conto che, nonostante tutto, fossero davvero carini insieme. Ad un tratto Bridgette battè le mani accompagnando l’azione con un “Bacio! Bacio!” . Non fece in tempo a finire che tutti i ragazzi, compreso Geoff, si unirono a lei, facendo rimanere impacciati i due nuovi fidanzati. I due si guardarono imbarazzatissimi: lei scuoteva leggermente il capo, in segno negativo, mentre divenne rossa in viso ancora di più; lui invece rideva di gusto, non riuscendo però a nascondere il leggero colorito roseo che animò le sue guance. Ma nonostante le suppliche della ragazza, Duncan le prese il suo volto con una mano accarezzando il viso dolcemente e piano piano si avvicinò per poi baciarla timidamente. Improvvisamente si innalzò un grande entusiasmo tra la platea,e  tutti applaudirono forte, dando così il benvenuto alla fresca coppia.
 
Verso sera Duncan accompagnò in auto la sua ragazza a casa, per poi salutarla presto, in quanto l’indomani avrebbero ripreso la loro noiosa routine scolastica.
Gwen bussò alla porta di casa, e ad aprirla corse Margaret che, da quando lasciò la figlia in mezzo a quella marea di ragazzi, non fece altro che pensare all’incolumità della figlia e all’esito della partita. Non appena Gwen vide la madre le saltò addosso abbracciandola forte.
“Mamma hanno vinto! Duncan ha vinto!!” urlò la figlia in preda all’entusiasmo.
“Oh ma è fantastico! Non avevo dubbi!!” rispose la madre felice più della figlia.
“Su, raccontami tutto!” l’incitò la madre, la figlia annuì ed insieme si sedettero sul divano.
Gwen cominciò a descrivere la partita per filo e per segno, avvolta da una gioia tale da farle brillare gli occhi. La madre seguiva ogni singola parola sorridendo anche lei, contagiata dalla figlia, ma allo stesso tempo dubbiosa, come se avesse il presentimento che l’esito positivo della partita non fosse il solo fattore di felicità che invadeva l’animo di Gwen. E ad alimentare questo sospetto fu l’orario con cui la figlia tornò a casa. Secondo i calcoli della donna, infatti, Gwen sarebbe dovuta rientrare a casa un’ora prima, quindi quando la partita si sarebbe conclusa.
“Oh mamma Duncan è stato fantastico! Era così abile, forte, determinato..” disse ad un tratto la figlia allegra.
“…insomma perfetto.” Concluse la madre facendo uno sguardo malizioso.
“Ovvio! No! Cioè..sì, per la partita..” disse la figlia correggendosi, visibilmente spaesata.
“E poi?” chiese la madre sorridendo.
“Gwen la guardò dubbiosa, alzando un sopracciglio.
“E poi cosa?” chiese di rimando la gotica.
“Cosa avete fatto dopo? La partita è finita un’ora fa, no?” domandò Margaret sempre più sospettosa.
“Oh, siamo andati a festeggiare, dopodiché Duncan mi ha dato un passaggio a casa..perché me lo chiedi? Disse la figlia seria.
“Giusto così, tesoro. E’ normale che tu e Duncan abbiate festeggiato. Ma è finito lì?” chiese ancora sull’orlo della curiosità.
“Mamma finito cosa?! Abbiamo solamente fatto un giro  e basta!” spiegò la gotica innervosendosi.
“Da soli? Di solito si festeggia insieme alla squadra. Gwen devi dirmi qualcosa che non so?” insistette Margaret facendole l’occhiolino.
“Oh mamma ma è mai possibile che tu debba sempre rovinarmi la festa?! Non abbiamo fatto nulla di scandaloso!!” esclamò Gwen arrabbiandosi di più.
Ad un tratto a Margaret cominciarono ad illuminarsi gli occhi. “Allora qualcosa è successo!” disse la madre allettata.
A quelle parole la gotica non resistette neanche più un minuto, e in tutta risposta si alzò furiosa dal divano per poi dirigersi verso la sua stanza, sbattendo violentemente la porta.
“Lo sapevo! Ne ero certa! Dovrei cominciare a fare la veggente!” esclamò la madre a bassa voce e trattenendo a stento la felicità, per poi prendere il telecomando ed accendere la TV, canticchiando tra sé e sé.
 
Nel frattempo in camera sua Gwen ne stava dicendo di tutti i colori alla madre, ammettendo che non le poteva davvero nascondere nulla. Non che Gwen avesse realmente intenzione di farlo, ma semplicemente avrebbe voluto aspettare un altro po’ prima di dare la bella notizia alla madre e a suo fratello. Lei stessa era la prima che doveva ancora realizzare l’idea, malgrado sapesse che ciò era realmente accaduto. Sorrise, cadendo a peso morto sul letto e con addosso il suo amato pigiama nero, per poi chiudere gli occhi. Chi avrebbe mai detto che lei, la ragazza dal cuore impenetrabile come un diamante, potesse gioire veramente? Ma soprattutto potesse amare? Lei che non credeva alla sensazione delle farfalle nello stomaco, lei che non si innamorava mai, lei che veniva sempre disprezzata. La stessa ragazza provava l'esatto contrario: adesso è amata e desiderata da qualcuno, ecco come si sentiva il quel momento. Ed era una sensazione meravigliosa. Avvertì il suo cuore accelerare i battiti nel momento in cui ripercorse le emozioni che provò quando Duncan la baciò e le sussurrò quelle dolci parole che la facevano sentire unica al mondo. Si coprì velocemente il viso con il cuscino, vergognandosi di quanto romantica stesse diventando. Ma venne distolta dalla vibrazione del suo cellulare, che l’avvertiva dell’arrivo di un messaggio. Allora Gwen prese il cellulare per poi aprire il testo:
Sono passate solo due ore e già mi manchi, amore mio. Spero di non averti svegliata, sogni d’oro Bellezza mia.
                                    Duncan

Eccolo lì. Puntuale come sempre, sia nei suoi pensieri che nelle azioni. Si sciolse nel leggere quel messaggio, così semplice ma allo stesso tempo così pieno di sentimenti. Pigiò il tasto “Rispondi”, ed immediatamente scrisse il testo.
Non mi hai svegliata, non preoccuparti. Stavo pensando proprio a te, buonanotte mio campione. Ti amo.
Spense il cellulare, e anche lei si addormentò, ansiosa più che mai di rivedere il ragazzo che le aveva da sempre rubato il cuore.



°°°---------Angolino dell'autrice---------°°°
Aloha popolo di EFP!! :D
Eeeh ta daaa! Nuovo capitolo!
Visto? Ho aggiornato prima..in realtà fremevo pure io a scrivere questo capitolo *-*
Come sempre abbondiamo di dolcezza, visto che questa coppietta è l'esempio perfetto :3
Spero vi piaccia! *-*
Mi raccomando fatemi sapere, sono curiosissima! >.<
Ringrazio come sempre tutti coloro che leggono la storia in maniera sileziosa e coloro che lasciano i loro giudizi, siete tutti fantastici!! Grazieeeeeeeee ancora! :'3
Baci baci,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 18
*** -Capitolo 18 ***


L’indomani era iniziato con una bella giornata di sole, che trasmetteva felicità e voglia di fare da tutti i pori, talmente frizzante da rendere fin troppo allegra Margaret.
“Oh, ma che giornata meravigliosa!” esclamò la donna strofinandosi gli occhi, non appena mise piede nella piccola ma accogliente cucina. Alzò la serranda e venne travolta da un bagliore di luce accecante, tanto da farla chiudere gli occhi immediatamente. Dopo aver azionato la caffettiera elettrica che preparava auto nomante il caffè, si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo, sorseggiando di gusto il suo bicchiere d’acqua fresca.
Fissava il vuoto di fronte a lei, totalmente concentrata sul suo piano.
Portò nuovamente il bicchiere di plastica all’altezza della bocca, ma invece di bere morse il margine sporgente, mostrando un sorriso per nulla rassicurante.
“Sì, potrebbe funzionare..” diceva fra sé e sé la donna, ma venne distolta dal suono dell’allarme che le avvertiva del caffè pronto.
Ovviamente Margaret, non credette nemmeno per un po’ alla versione della figlia riguardo il proseguimento della serata dopo la partita, e pensava (anzi, ne era certa) che Gwen stesse nascondendo qualcosa.
Ed essendo certa che la sua cara Gwen non avrebbe mai e poi mai parlato sinceramente, raccontando le cose come realmente stavano, decise di interrogare l’altro complice, ovvero il protagonista dei suoi battibecchi con la figlia, Duncan. Come?  Doveva attuare solo il suo piano.
Entrando nella stanza della figlia, in punta di piedi, spostò la sveglia  di un quarto d’ora dopo, cosìcchè Gwen si fosse  svegliata più tardi. Infatti Gwen, all’oscuro di tutto, si svegliò normalmente e con un entusiasmo mai provato prima.
“Buongiorno famiglia!” esclamò Gwen non appena varcò la porta della cucina, sedendosi comodamente su una delle sedie, non prima di aver salutato la madre e il fratellino, complici tra loro, che le sorridevano.
“Tesoro ho fatto le crepe con la nutella!” canticchiò Margaret mentre posava al centro del tavolo il piatto pieno di quelle dolci frittate.
“Oh mamma sei fantastica! Grazie!” urlarono all’unisono i ragazzi, che si divorarono tutto il piatto in dieci minuti.
Nel frattempo la donna guardava insistentemente l’orologio, sapendo che, come tutte le mattine, il punk sarebbe arrivato sotto casa per accompagnare Gwen a scuola tra un paio di minuti.
“Forza Gwen, corri in bagno altrimenti farai tardi!” la incitò la madre con uno sforzato sorriso sulle labbra, mentre la gotica non se lo fece ripetere due volte e si fiondò immediatamente in bagno. La donna infatti sapeva che la figlia rendeva in tutti i modi impossibile la risposta al citofono, quando era Duncan, alla madre, trovandosi puntualmente pronta ogni volta che il punk l’avvertiva della sua presenza giù, e questo pesava parecchio a Margaret. Così, facendo rinchiudere la figlia qualche minuto più tardi in bagno, le garantiva che quest’ultima non sarebbe riuscita ad udire il suono del citofono.
Non appena la figlia si chiuse la porta alla spalle, si accostò frettolosamente dietro i vetri del balcone, spiando il mondo fuori, alla ricerca del punk. Guardò ancora l’orologio appeso al muro, ticchettando un piede per terra.
“Su avanti..sbrigati..” diceva a bassa voce, mentre osservava a destra e a sinistra la strada a due corsie.
Ad un tratto vide una bella moto nera sfrecciare ad alta velocità ed accostarsi proprio sotto il portone del palazzo. Si sporse leggermente per poi rendersi conto, con grande entusiasmo, che quel pazzo era Duncan. Il ragazzo, infatti, allacciò il casco al motorino, e dopo si diresse verso il citofono. Scorse velocissimo l’elenco dei nomi sul citofono, e pigiò quello interessato. Si schiarì la voce e si guardò rapidamente gli indumenti, nel frattempo attendeva che la sua amata venisse a rispondere.
“Sì? Chi è?”  chiese una squillante voce femminile.
Duncan stava prontamente rispondendo con tono seducente, quando si rese conto in tempo che la voce dietro al citofono era diversa da quella a cui era abituato.
“Ehm..Buongiorno, parlo con la madre di Gwen?” chiese Duncan con un filo di imbarazzo, dopo essersi fatto un rapido calcolo sul possibile numero di donne presenti in quell’appartamento.
“Oh sì! Sono io! Sei Duncan, vero?” domandò di rimando la donna al settimo cielo non appena udì la sua voce.
“S-sì, in persona..Le sarei grato se avvertisse Gwen che io sono davanti al portone e che l’aspetto qui, grazie.” Disse il punk grattandosi la nuca.
“Cosa tesoro? Oh va bene! Duncan, mia figlia  mi ha appena detto che tarderà un po’ e le dispiace che tu l’attenda fuori. Perché non sali? Ti offro un caffè! Ah, sappi che mi offendo se rifiuti..” esclamò la madre che stentava a trattenere le risate dovute alla piccola bugia appena detta.
“Beh, allora non posso proprio dire no..terzo piano?” chiese Duncan sempre più imbarazzato.
“Sì, a destra!” disse la madre prima di terminare la conversazione.
Duncan cominciò a salire le scale a passo svelto, e quando arrivò trovò una bella donna molto giovane che somigliava tantissimo alla sua Gwen, se non fosse per il colore dei capelli, stranamente rosso. Non appena lo vide, Margaret gli andò incontro sorridendo e con le braccia aperte.
“Ciao caro! E’ un piacere conoscerti!” esclamò la donna eccitandosi all’idea di aver finalmente di fronte il ragazzo che aveva fatto perdere la testa alla sua figliola. Duncan sorrise divertito di fronte alla spontaneità di Margaret per poi salutarla cordialmente. Lei lo fece accomodare in cucina, correndo immediatamente verso la caffettiera per offrirgli una tazzina di caffè. Intanto il punk si guardava attorno, apprezzando quella piccola ma accogliente casa della sua ragazza. Ad osservarli dalla sua camera vi era Mark che era curioso più che mai di conoscere quel ragazzo tanto figo e popolare di cui parlava la sorella. Quando lo vide entrare in casa, lo guardò attentamente, soprattutto gli indumenti e l’acconciatura, strambi come quelli di Gwen ma allo stesso tempo incredibilmente alla moda.
Dopo aver preso coraggio, uscì dalla sua stanza per dirigersi accanto al punk, tentando di assumere un atteggiamento da duro.
“Ehilà! Tu devi essere Duncan, vero? Qua la mano, sono Mark, il fratello di Gwen.” Disse ad un tratto prendendo alla sprovvista il suo interlocutore.
“Oh piacere amico! Bel cappellino, peccato che messo in quel modo sembri un deficiente!” rispose Duncan sorridendo, per poi spostargli il berretto lateralmente.
“Adesso sei molto più figo, Mark! Vedrai, ora le ragazze cadranno tutte ai tuoi piedi, parola mia.” Continuò soddisfatto, facendogli l’occhiolino.
“Esagerato! E’ solo apparenza la mia…” rise Mark, concludendo la frase con un po’ di tristezza.
“Amico, ma secondo te a cosa servono i maestri?” domandò Duncan indicandosi.
“Davvero mi daresti dei consigli? Grande Duncan! Non potevo trovare insegnante migliore,grazie!”
“Non ringraziarmi, devi sapere che sono un tipo che non ammette errori..per cui regolati.” Detto questo entrambi scoppiarono a ridere, contagiando anche la madre che era lì a seguire ogni parola pronunciata.
“Forza Mark, torna in camera a prepararti, o farai tardi.” Lo incitò lei, mentre il ragazzo obbedì al comando, non prima di salutare affettuosamente l’ospite. Margaret porse il caffè al ragazzo, mentre lui la ringraziò con un gran sorriso. Fu in quell’attimo che udì una voce molto intonata che cercava di riprodurre il ritmo di una melodia a lui sconosciuta. Duncan, che stava portando alla bocca la tazzina di caffè, si bloccò per sorridere, quando capì a chi appartenesse quella bella voce.
“Questa nuova cantante è Gwen? Ahahah vedo che è di buon umore oggi.” Osservò lui rivolgendosi a Margaret che nel frattempo si sedette di fronte al punk. Ad un tratto la donna ghignò, guardando attentamente negli occhi il ragazzo.
“Oh sì, lo è da ieri sera. In particolar modo subito dopo la partita.” Disse alzando un sopracciglio, divertita. A quelle parole Duncan rimase spiazzato, deglutendo mentre le gote si tingevano leggermente di rosse. Una domanda gli balenò in mente: Gwen avrà già raccontato di loro alla madre? Per carità, a lui non dispiaceva affatto, si riteneva importante per lei, ma gli sembrava strano che la sua gotica non l’avesse avvisato, se avesse tanto voluto accennarlo. Per cui, non sicuro di ciò, cercò di capire meglio.
“Beh sì, anche noi della squadra eravamo e siamo tutt’ora felici di aver vinto. E’ stata una grande soddisfazione e..”
“Duncan, dimmi la verità..” lo interruppe la donna “tra te e Gwen c’è qualcosa? Inutile che tu tenti di negarlo, mi rendo conto di cosa tu stia facendo per lei e di tutte quelle attenzioni che le rivolgi, ti confesso che ne sono felice, ma ancora non riesco a capire cosa avete fatto, voi due soli, dopo la partita. Non voglio essere invadente ma mia figlia non vuole dirmelo, così sono costretta a chiederlo a te, perché mi sono immaginata di tutto e sinceramente, notando Gwen arrossire in quel modo, ho cominciato a preoccuparmi..” spiegò la madre stavolta seria, mantenendo per tutto il tempo lo sguardo su Duncan, per studiarne tutte le reazioni. Nell’udire quelle parole, Duncan sgranò gli occhi, spaventandosi della fantasia troppo spinta della donna, e balbettando cercò di rassicurarla.
“Oh n-no no no! Non è come lei pensa! Cioè, di sicuro lei ha frainteso, in quanto credo abbia pensato qualcosa che va un po’ oltre una relazione appena nata come la nostra…” cercò di spiegare il punk, profondamente imbarazzato per parlare di argomenti così delicati, come quello, alla madre della sua fidanzata, ma venne interrotto da Margaret.
“Siete fidanzati?! Oh! Ma..è meraviglioso! Finalmente! Ecco perché era al settimo cielo..” esclamò la madre battendo le mani. “Mio caro, ci voleva tanto a dirmelo?” chiese lei ridendo.
“Ma..” si stoppò improvvisamente nell’avvertire il rumore di una porta che si apriva e successivamente dei piccoli passi che avanzavano verso di loro.
Avvolta nella sua asciugamani, Gwen canticchiava tra sé e sé, immersa nei suoi più felici pensieri. Avanzò velocemente verso la cucina, ancora all’oscuro della ‘sorpresa’  che avrebbe trovato. Era oramai distante qualche centimetro dall’ingresso e nel frattempo si rivolse alla madre.
“Mamma, guarda che lo shampoo è…” ma non terminò la frase, in quanto si creò improvvisamente un nodo al livello della gola, impedendole di pronunciare alcun suono. Rimase immobile per qualche istante davanti alla porta, mentre sul viso del punk nacque il sorriso a trentadue denti più spontaneo che avesse mai potuto fare, tra l’altro accompagnato anche da quei due occhi azzurri che, come dei laser, erano inchiodati sul corpo esile e curvilineo della ragazza, e si spostavano più volte partendo dall’alto per poi giungere verso il basso.
“Duncan!!! Ma che diavolo ci fai qui?!” strillò la gotica cercando, invano, di coprirsi di più con quella sola asciugamani. Entrambi i ragazzi erano rossi in viso come due peperoni, ma Duncan sembrava che non avesse alcuna intenzione di staccarle gli occhi di dosso.
“Ma se mi hai invitato tu a salire, e devo dire che ho fatto più che bene..” rispose il punk con un espressione da ebete.
“Io?! Guarda che non ho proprio detto nulla! E sei pure arrivato prima..” rispose Gwen sempre più confusa.
Margaret, che stava piangendo per le troppe risate, si rese conto che la situazione le stava sfuggendo, per cui decise di intervenire, finchè poteva.
“Tesoro non preoccuparti, oggi vado a comprarti lo shampoo. Tu intanto va a vestirti, eh?” si avvicinò la madre a lei intimandola ad eseguire l’ordine, ma la figlia la guardò malissimo, dopo essersi allontanata dal fidanzato.
“Sei stata tu, vero?!?!” le chiese in tono da cane rabbioso.
“Non so di cosa tu stia parlando, tes..” cercò di dire la madre con aria innocente.
“Oh lo sai invece! Perché cavolo l’hai fatto salire?! Potevi dirmelo, almeno non mi facevo trovare nuda di fronte a lui!” esclamò la giovane arrossendo. In tutta risposta la madre scoppiò a ridere.
“Ahaha Gwen, quanto sei pesante! Non sei mica nuda, hai pur sempre un’ asciugamani intorno al corpo! E poi mi dispiaceva che ti aspettasse giù per tanto tempo. Non è bello far attendere troppo il proprio fidanzato!” sottolineò la parola ‘proprio’ con più enfasi, per poi andarsene lasciando senza parole la figlia.
Tornò in cucina  e trovò il punk in piedi davanti alla porta, che ancora sorrideva, ma nel momento in cui vide la madre, cercò di tornare serio. Deglutì nervosamente quando vide che la donna stava avanzando verso di lui priva di espressione: decise allora di pronunciare delle parole in suo favore, ma l’abbraccio di Margaret lo interruppe.
“Oh Duncan complimenti! Sono così felice per voi!” esclamò lei allegra come una Pasqua. “Ma ti prego, promettimi una cosa: non farla soffrire, o sarei benissimo capace di raggiungerti in capo al mondo per fartela pagare cara se non obbedirai. Gwen ha sofferto molto, e tu sei la prima persona che la fa sorridere così. Da tempo non vedevo mia figlia ridere ed emozionarsi quando parla o pensa a qualcuno.. Ha ripreso a vivere. Ti prego, non darle un altro colpo di grazia, è così fragile.” Disse Margaret con un filo di voce, avvertendo che i suoi occhi cominciavano ad inumidirsi.
Il ragazzo, sentendo quelle parole, avvertì qualcosa colpirgli il cuore, così le sorrise dolcemente e le prese le mani.
“Signora, ho conosciuto tante ragazze con cui ho instaurato una relazione, con cui ho sorriso e con cui ho fantastico, ma nessuna è mai stata all’altezza dei miei desideri, fino a quando non conobbi sua figlia. Lei è l’unica che, con anche la sola presenza, mi fa sentire meglio. Non sarò mai capace di capire con esattezza quanto Gwen abbia sofferto,ma le posso assicurare che ci tengo molto a lei, e non sono così scemo da farmela scappare.” Spiegò il punk sorridendo.
Margaret ascoltò commossa le parole di Duncan, avvertendo che erano sincere e che il ragazzo era davvero intenzionato ad instaurare una relazione seria con la figlia.
“Oh Duncan..i-io..grazie.” riuscì a dire lei, interrotta dai passi della figlia che correndo stava raggiungendo l’ingresso. Non appena arrivò davanti ai due, guardò il punk e arrossì di nuovo, notando con quanta malizia sui osservava la scollatura della sua maglietta, non troppo ampia.
“Forza, vogliamo andare?” chiese lei lanciandogli un’occhiataccia.
“S-sì! E’ tardi.” Rispose guardandola stavolta negli occhi. Dopo aver salutato Margaret, i due scesero le scale velocemente, ma quando la donna chiuse la porta Duncan fermò la ragazza e prontamente l’avvicinò a sé per darle un bacio passionale, che doveva essere quello del buongiorno.
“Quanto sono carini…” disse sorridendo Margaret, che spiando dallo spioncino della porta non si era persa neanche quel momento.








°--Angolo dell'autrice riapparsa--°
Ehilà!
*Si guarda intorno, notando casse piene di pomodori pronti per l'uso*
Ehm calma! Okay, ammetto di aver aggiornato molto tardi la storia, ma ho avuto tanti imprevisti che mi hanno davvero rallentata, e quindi ho avuto pochissimo tempo per scrivere il capitolo nuovo...
Spero possiate perdonarmi con questo che è decisamente più divertente di tutti! :D
Eheheh finalmente Margaret sa di Duncan e Gwen..vedremo il seguito! ;)
Mi scuso in anticipo se ci sono errori di battitura o altro.. l'orario non mi aiuta xD Un grazie immenso e pieno d'affetto a tutti coloro che seguono la storia, chi la legge solamente e a chi la legge e la recensisce! Mi farebbe tantissimo piacere sapere se è stata di vostro gradimento o no!  *-*
Davvero, un grazie che viene dal profondo del mio cuore! :'3
Ci risentiamo al prossimo aggiornamento!
Baci

Dalhia_Gwen

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Capitolo 19
*** -Capitolo 19 ***


“Ehi ehi  frena! Uno alla volta!”
Erano lì, davanti all’ingresso della scuola, quando un gruppo di ragazzi e ragazze gli sbarrarono la strada, disposti anche loro di fare ritardo in classe pur di incontrare il capitano della squadra vincitrice.
Duncan sorrideva divertito, mentre firmava gli autografi che quei ragazzi volevano avere. Gwen, che si trovava dietro il fidanzato, venne a poco a poco allontanata per dare posto a quella mandria scatenata. Ticchettava nervosamente un piede per terra, guardando insistentemente l’orologio che segnava qualche minuto di ritardo dal suono della campanella.
Quando ebbero finito, Duncan prese per mano Gwen e stavano per andarsene, quando all’improvviso quei ragazzi li fermarono nuovamente.
“Oh Duncan aspetta, una foto!” esclamarono all’unisono i fans, per poi prenderlo dall’altra parte e trascinarlo nella mischia. A quel punto la ragazza non ne poté più, dirigendosi adirata verso di loro.
“Eh no! Adesso basta! Il ‘vip’ ha cose più importanti da fare!” esclamò la gotica mentre guidava il ragazzo nell’istituto, accompagnata dagli sguardi assassini che le lanciò il gruppo.
 
“Gwen era solo una foto!” sbraitò Duncan una volta dentro.
“Certo! E magari l’avresti fatta poi con ognuno di loro!” commentò la ragazza mentre avanzava a passo svelto verso la sua classe, seguita dal punk che le sghignazzava dietro.
“Dimmi la verità…sei gelosa, eh?” le domandò lui divertito.
“C-cosa?! Guarda che io, a differenza tua, potrei essere in guai grossi, perché mi sono permessa di fare ritardo proprio quando alla prima ora avrei lezione col professore di Diritto!”  rispose la gotica alzando gli occhi al cielo, continuando a comminare.
“E che sarà mai? La tua prima nota, tutti prima o poi ci devono passare..anche le belle secchione!” . Oramai Gwen era sull’orlo dell’esasperazione. Come facevo ad essere così cinico anche in momenti come questo?
“Non è affatto detto, mio caro. E poi non è bello che una persona che va bene a scuola debba avere una stupida nota, io ci tengo!” disse Gwen cominciando a salire le scale.
“Allora perché sei rimasta con me? Potevi benissimo entrare e non perdere quei due minuti scarsi che tu consideri ritardo..” osservò sfacciatamente Duncan cercando di raggiungere la ragazza, che nel frattempo aveva accelerato ancora di più.
“Ma è ovvio!  Non potevo mica lasciarti solo con quelle pazze oche! Ti avrebbero…oh!”  Gwen rallentò improvvisamente, portandosi una mano davanti alla bocca e maledicendosi per essere stata così ingenua. Nel frattempo il ragazzo la raggiunse, ridendo di gusto per averla fatta confessare.
“Lo vedi che sei gelosa?” le sussurrò malizioso da dietro circondandole la vita.
“E tu sei un delinquente! Il mio delinquente..” finse di essersela presa la ragazza, arrossendo leggermente. A quelle parole il punk rise compiaciuto, per poi far ruotare la fidanzata verso di sé, per guardarla negli occhi.
“Hai detto bene. Sono solo il tuo delinquente. E adesso entra in classe! Se il professore si permette veramente di metterti una nota, fammelo sapere, così ho tempo di conciargli l’auto come si deve, in modo da avere una bella sorpresa all’uscita. Credimi, è efficace. Metodo già testato.” Disse il punk per poi farle l’occhiolino.
“Ahahah dai corri anche tu in classe, scemo!” lo preso in giro Gwen, dopodiché allungò un po’ il collo verso di lui per far congiungere le loro labbra in un bacio fugace.
“Ma io sono serio!” esclamò sorridente il ragazzo, prima di vedere la fidanzata aprire la maniglia dell’aula ed entrare.
 
“Si può?” la voce flebile di Gwen echeggiò in quel silenzio tombale che avvolgeva l’aria di quella classe.
Un uomo alto, dall’aspetto abbastanza trasandato e dai capelli bianchi, girò lentamente il capo in direzione della ragazza, che timidamente stava avanzando verso il suo posto, guardandola con occhi terrificanti.
“Lo sa che ore sono, signorina? Lo sa adesso quali provvedimenti dovrò prendere?” le domandò l’uomo ticchettando la sua biro nera sul registro, grazie a cui aveva appena finito di fare l’appello. Gwen si fermò davanti alla cattedra, con il capo basso e guardandolo con aria mortificata.
“Me ne rendo conto, professore. Sono molto rammaricata ma…è successo solo una volta, la prego..non accadrà più.” Spiegò con il cuore in gola Gwen.
L’uomo aggrottò la fronte simulando una smorfia, per poi sospirare.
“Le voglio credere Smith, ma un’annotazione sul registro la devo riportare, è solo una segnalazione. Non posso tralasciare del tutto la faccenda, la legge è uguale per tutti.” E così dicendo impugnò la penna cominciando a scrivere qualcosa sul registro, mentre con l’altra mano fece segno a Gwen di sedersi al suo posto.
“Grazie..” disse a stento la ragazza, per poi dare le spalle all’insegnante e avvicinarsi al banco.
“Cavoli, a questo scorre proprio il diritto nel sangue! Altro che Cicerone..” si ritrovò a pensare la ragazza, mentre osservava l’insegnante con sguardo assassino.
 
Nonostante l’immensa noia che quelle prime due ore scolastiche avevano portato, finalmente la campanella della pausa suonò, rallegrando gli animi di tutti gli studenti. Gli alunni si affrettarono a mettere nello zaino i libri dell’ora appena conclusa, per poi catapultarsi fuori verso il bar, luogo di ritrovo introdotto proprio in quell’anno. Gwen, che preferiva far svuotare l’aula prima di accingersi anche lei fuori dalla classe, se la prese con comodo, sistemando tranquillamente lo zaino con i libri, non sapendo però che ad accoglierla e poggiata ad uno stipite vi era Courtney, che fumava di rabbia per lo sgarro subito il giorno prima. Aveva una voglia matta di picchiarla,e la guardava con occhi laceranti.
Dopo aver indossato lo zaino sulle spalle, la gotica continuò ad avere lo sguardo basso, intenta ad aggiustarsi la camicetta e la gonna,il tutto mentre avanzava verso la porta. Ma con sua grande sorpresa non la sorpassò, perché andò a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.
“Ma che diavolo… Courtney levati, devo passare.” imprecò Gwen massaggiandosi la fronte, per poi alzarla e guardare male l’ispanica. In tutta risposta Courtney si piazzò al centro della porta, in modo che la ragazza non potesse avere spazio per passare.
“No. Noi due dobbiamo parlare.” Annunciò decisa la mora trattenendo la voglia di strangolarla. Gwen la guardò stranita, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia. L’ispanica sorrise malignamente, portandosi faccia a faccia con la sua interlocutrice.
“Come bacia Duncan?” le chiese ad un tratto sfacciata Courtney.
“Eh?” Gwen rimase ancora più attonita.
“Dimmi un po’, ve li date a stampo o inserisci anche la tua schifosa lingua?” continuò Courtney, mantenendo il ghigno sul volto.
“Ma che cavolo vuoi?!” le domandò irritata l’altra.
“Lascialo in pace ‘aliena’, o per te saranno guai seri. Lui è mio.” Spiegò spudoratamente l’ispanica, alzando la voce.
“Non sta scritto da nessuna parte! Piuttosto datti una calmata, non è colpa mia se lui ha scelto me e non te!” esclamò Gwen guardandola negli occhi. In tutta risposta Courtney le rise in faccia, sfoggiando il suo sorriso isterico.
“Ahahah che ti credi, che lui ti ami davvero? Oh quanto mi spiace deluderti. Sai, lui fa sempre così, dopo che litighiamo: si cerca qualcuna da poter abbindolare in modo da farmi ingelosire, resta con lei un paio di giorni e poi si rende conto che senza di me non può stare, ritornando poi tra le mie braccia. Lo so, è un bambino, ma io ormai non mi offendo più, c’ho fatto l’abitudine!” l’ispanica scoppiò di nuovo a ridere, sotto lo sguardo di una Gwen schifata e senza parole.
“Ma come ti permetti di parlare così di Duncan?!  Lui è…” ma Courtney la interruppe.
“Lui è un manipolatore. Si diverte a prendere in giro le persone, talvolta spezzando anche molti cuori. Guarda che ti ho fatto solo un piacere se ti ho avvisata, cosa ci avrei guadagnato se avessi fatto il contrario?” le chiese sorridendo la mora. Gwen rimase impietrita da quelle parole: risuonavano in mente come un rumore chiassoso, che le dava solo un tremendo fastidio. Cominciò a fissare il vuoto, sentendo di non avere forza neanche di rispondere.
Nel frattempo Courtney assisteva alla scena soddisfatta, per poi darle una pacca su una spalla.
“Oh stavi andando da Duncan? Vai pure, ti ho fatto perdere troppo tempo. A dopo!” e così dicendo se ne andò fiera di sé stessa.
La gotica avanzò lenta uscendo dalla stanza, per poi camminare con lo stesso andamento verso il bar. Ad un tratto si sentì debole, quelle parole la misero a K.O. in un instante. Dovette appoggiarsi con una mano sul muro, talmente le gambe le tremavano. Duncan stava con…Courtney? La sua peggior nemica? No, non poteva essere. ‘Perché non le ha detto nulla?’ o peggio ‘Perché farle questo?’ si chiedeva la ragazza, mentre da una guancia scese una lacrima. Si era rivelato essere un ragazzo dolce ed eccezionale, nonostante l’apparenza, tanto da innamorarsene, che male gli avrebbe mai potuto fare, dopo che c’era stata una bella amicizia tra loro? Gwen era sconvolta, non riusciva a trovare alcuna risposta. Le pareva vivere un incubo, da cui però non trovava il modo di svegliarsi. Oramai il viso era rigato dalle lacrime e il cuore era colmo di rabbia.
“Devo chiarire con lui. Ora, non può più mentire.” Disse fra sé e sé Gwen, e con una forza improvvisa avanzò più velocemente verso il luogo dove il ragazzo l’avrebbe aspettata.
 
Dopo essersi asciugata le lacrime, la gotica arrivò lentamente davanti ad una sala stracolma di ragazzi. Era presente praticamente tutta la scuola: dai ragazzi fino agli insegnanti. I tavolini erano oramai pieni e c’era un baccano incredibile. Gwen odiava i posti così affollati, ma in quel momento la sua unica preoccupazione era quella di trovare il punk. Cominciò a scrutare attentamente tutta la sala, voltandosi a destra e a sinistra.
Ad un tratto notò due braccia muoversi nell’aria, in direzione di un tavolo già occupato da due persone. Non le fu difficile riconoscerle: erano Bridgette e Geoff sorridenti che la salutavano da lontano. Le fece molto piacere rivederli, e così ricambiò il loro saluto. Notò che avevano ordinato due tazzine di caffè con altrettante due brioche, mentre di fronte a loro vi erano ancora fumanti altre due stesse ordinazioni. Ne dedusse che vi era lo zampino di Duncan, che però ancora non vedeva, e sorrise lievemente. Ma a distoglierla da quel pensiero furono due grosse mani che le cominciarono ad accarezzare i fianchi, provocandole un brivido di piacere. La forza di quelle mani la fece voltare, e si ritrovò di fronte il punk che, senza avvisarla, la baciò dolcemente.
“Ehi! Ma dove eri finita? Ti ho cercata dappertutto! Scommetto che non volevi lasciare la classe perché ti sarebbe mancata!” la prese in giro lui tenendola stretta a sé. Ma Gwen non sorrise, e questo fece preoccupare non poco Duncan.
“Perché non me lo hai detto?” chiese ad un tratto la ragazza, con voce tremante. Il punk la guardò interrogativo.
“Cosa t’avrei dovuto dire?” domandò di rimando lui. Allora Gwen tolse con forza le sue mani che continuavano ad accarezzarle il volto.
“Perché non mi hai detto che stavi con Courtney?!” stavolta la ragazza gridò, cercando di trattenere le lacrime.
Duncan rimase impietrito dalla reazione della ragazza, non capendone ancora il motivo.
“Ma perché è acqua passata! E’ una mia ex, perché mai avrei dovuto raccontarti di lei? Non mi importa più nulla ormai!” esclamò il ragazzo innervosendosi.
“Non è vero! Tu stai facendo di tutto per farla ingelosire! Ti stai prendendo gioco di me per poi tornare da lei!” rispose Gwen singhiozzando. Duncan rimase senza parole. Ma che le prendeva?
“Gwen ma cosa dici? Sono stato io a lasciare Courtney..è stato un anno fa! Lei però non ha mai voluto accettarlo, perché non sopportava che io sarei riuscito a rifarmi una relazione, a differenza sua! E’ vero, sono stato con lei, ma quella ragazza mi ha reso la vita un inferno! L’ho lasciata perché non voleva me, ma solo un cotto burattino da manovrare a suo piacimento per renderlo perfetto agli occhi dei suoi genitori! Da quel momento in poi ha ostacolato molte ragazze che tentavano di mettersi con me, ma lei non sa che, comportandosi in questo modo, mi ha solo aiutato: ho potuto capire cosa volevo veramente. Io adesso voglio una relazione seria con una ragazza seria, e a convincermene di ciò è stato il tuo arrivo. Gwen io non voglio far ingelosire nessuno, tantomeno quella vipera. Io voglio solo te…” spiegò il ragazzo prendendole le mani, mentre un profondo senso di colpa invase l’animo della gotica, che stava per svenire dalla vergogna. Lo guardò negli occhi, quei suoi occhi incredibilmente azzurri e limpidi, che le fecero capire che non stava mentendo. Cominciò a singhiozzare di nuovo cercando di dire qualcosa di sensato.
“D-Duncan..i-io…” ma il ragazzo la zittì poggiandole un indice sulle labbra.
“E’ stata Courtney a dirti quella cavolata, vero?” chiese lui arrabbiato, più che altro con l’ispanica. La ragazza deglutì, annuendo semplicemente.
“I-Io..io le ho creduto..scusa..sono stata una stupida..” cercò di dire Gwen, ma le lacrime si stavano di nuovo riversando sulle sue guance rosse. Allora il ragazzo gliele asciugò, sospirando e accennando ad un lieve sorriso.
“Non ti sei fidata di me, amore.” Le sussurrò lui a pochi centimetri.
“No, non è che non mi sono fidata...è che è stata talmente convincente che…mi sono fatta abbindolare. Non sapevo neanche che tu avessi avuto una storia con lei. Magari se me lo avessi detto sarei stata più scettica e attenta. Mi ha minacciata di stare lontano da te, perché tu sei suo. Ho notato che lei ne soffre, e forse non dovremmo farci vedere in effusioni quando c’è lei…posso immaginare quanto sia sofferente..” raccontò lei accarezzandogli le mani che le coprivano il volto.
“Tu ti fai troppi problemi! Quella ragazza ha sempre finto, la dovresti conoscere dato che si trova nella tua stessa classe. Vuole solo metterci i bastoni fra le ruote, ma non ce la farà. Perché? E’ impossibile, il nostro amore è più forte!  Adesso me lo fai un sorriso?” chiese alla fine lui sorridendo, strofinando il suo naso con quello della ragazza.
Gwen ubbidì senza indugio, per poi premere le sue labbra contro quelle del punk, circondandogli poi il collo con le braccia. Dopo aver ripetuto il gesto più volte, i due scoppiarono a ridere.
“Io avevo ordinato due caffè e due cornetti per noi, ma si saranno fatti freddi!” esclamò ad un tratto Duncan.
“Cosa aspettiamo? Andiamo a vedere!” rispose Gwen euforica, per poi essere presa per mano dal ragazzo e guidata verso il tavolino intorno a cui erano seduti i loro amici.










°°°°-----------Angolino dell'autrice-----------°°°°

Buonsalve a tutti! :D
Allora, che ve ne pare? Ho aggiornato presto, ve l'avevo promesso! ;D
Eheh Courtney c'ha provato, ma non è bastato..cosa accadrà in seguito?
E poi..si saranno raffreddati i caffè e i cornetti? x'D
Okay, mi sento un po' Chris McLaine! xD
Ad ogni modo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. *-*
Mi raccomando, recensite! Ho voglia di capire se è stato di vostro gradimento! :3
Un grazie speciale come sempre a tutti coloro che leggono la mia storia, siete fantastici!!!! :'3
Spero di non avervi deluso :)
Allora a presto e al prossimo capitolo! <3
Baci

Dalhia_Gwen

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Capitolo 20
*** -Capitolo 2O ***


"Cosa? Dici sul serio, amico? E’ pazzesco!”
“Non ti meravigliare, Geoff..stiamo pur sempre parlando di Courtney”
La fresca coppia, non appena si sedette al tavolino, raccontò l’accaduto ai loro due amici che, pur conoscendo l’ispanica, rimasero sbalorditi.
“Ma perché non ti lascia in pace? Ormai hai chiuso con lei, diamine!” esclamò Geoff allargando le braccia mentre manteneva con una mano la sua mezza brioche.
“Chiunque entra in socializzazione con lei non chiuderà mai i conti..” osservò Bridgette incupita dal racconto, rivolgendosi ai due piccioncini di fronte a lei che sorseggiavano il loro caffè.
“Non vuole proprio riuscire a capire che tra me e lei è finita! E poi, se si azzarda ad importunare di nuovo Gwen, giuro che la spedisco in ospedale non permettendole più di fare la cheerleader!” disse Duncan adirato guardando l’amica.
 “Sì ma tanto non ci proverà più amico! L’hai detto tu stesso: se tra di voi ci sarà sempre sincerità, allora lei può dire tutte le bugie che vuole, non servirà a nulla!” esclamò sorridente il biondo soddisfatto, per poi mandare giù l’ultimo boccone della sua colazione.
Bridgette lo guardò storto.
“Ne sei sicuro? Quella ragazza è un’arpia! Se non è riuscita a separarli raccontando frottole, sicuramente escogiterà un altro piano per dividerli..” disse mentre dalla sua bocca nacque un lieve sorriso non appena vide Duncan e Gwen che si scambiarono un tenero bacio innocente.
“Oh, si parla del diavolo…” osservò Geoff indicando Courtney che stava facendo ingresso nel bar col suo solito fare da arrogante. La mora infatti era indignata nel vedere Duncan e la gotica ancora abbracciati, e involontariamente scontrò il suo sguardo con quello del punk, che fumava di rabbia. Duncan le ringhiò contro, stringendo i pugni che prima erano intorno la vita della ragazza.
“Ehi! Sai cosa la farebbe imbestialire? Vedere che vi scambiate qualche bacio!” notò allegramente Geoff, mentre ottenne come risposte una gomitata dalla fidanzata e uno sguardo insicuro di Gwen.
“No non serve fratello…adesso ci penso io!!”  e senza neanche sentire i pareri dei suoi amici, Duncan di diresse furioso verso l’ispanica che nel frattempo ordinò a dei ragazzi di lasciare il tavolino libero per farle posto.
“No Duncan fermati!” cercò di farlo calmare Gwen tirandolo per un braccio verso di sé, ma il ragazzo si liberò dalla presa della fidanzata senza problemi.
Con lo sguardo puntato sulla mora, quasi come volesse ucciderla, il punk arrivò di fronte a lei sbattendo un pugno sul tavolino.
“Che intenzioni hai, strega? Non basta avermi fatto bocciare l’anno scorso solo per vendicarti del fatto che io ti avessi lasciata?!” chiese urlando Duncan, facendola sobbalzare.
“Duncan caro, ancora non ti rendi conto? Lei non è fatta per te, ti sto solo proteggendo. Dovresti ringraziarmi.” Rispose calma Courtney mentre sorseggiava il suo drink preparato solo ed esclusivamente per lei.
“Ringraziarti? Ma ti senti?! Tu sei pazza!” esclamò il ragazzo intento a trattenere, anche se a malapena, la voglia di strozzarla.
Finalmente Courtney lo guardò, e come risposta gli rise in faccia.
“Oh io non sono pazza, Dunchino! Sei stato tu il folle a volermi lasciare!” sottolineò l’ultima frase con un accento acido.
“Ed è stata la scelta più saggia che io avessi mai fatto!” rispose lui elevando le braccia al cielo.
“Non sai cosa stai perdendo..ma sei ancora in tempo..” disse lei con un pizzico di malizia sfiorandogli il braccio, con cui si reggeva sul tavolo, con l’indice, cercando di persuaderlo. Ma prontamente il ragazzo la scansò, arrabbiandosi ancora di più.
“Sai che ti dico Court? Vai al diavolo!! Tu con me hai chiuso! Lo capisci l’italiano, tu che ti credi tanto saputella?! Te lo dico una volta sola, quindi vedi di capire:se provi di nuovo ad avvicinarti a Gwen, giuro che non sarò così clemente da romperti solo quel visino di porcellana che ti ritrovi..sarei troppo dolce, e lo sai..” l’avvertì lui fulminandola con quegli occhi capaci di lacerare i suoi. Così si alzò in piedi di scatto, avvicinandosi al punk senza paura, fino ad arrivargli all’altezza del naso.
“Senti belloccio, vedi di abbassare quella orribile cresta che ti ritrovi, non mi fai paura.” Disse acida l’ispanica guardando il suo interlocutore con disprezzo, non riuscendo a nascondere tuttavia quel velo di paura che l’assalì udendo le sue parole. Questo Duncan lo notò, e spontaneamente nacque sul suo volto un sorriso alquanto soddisfatto.
“E invece dovresti, io mantengo sempre la parola. Cerca di imparare a crescere, e soprattutto…impara ad accettare la realtà.”  E così dicendo diede le spalle ad una Courtney rimasta senza parole, per poi tornare di nuovo al suo posto, sotto gli occhi sorpresi di tutti i presenti.
“Gliene hai cantate, amico!” esclamò Geoff allungando la mano per battere il cinque a Duncan, che prontamente ricambiò.
“Lo so, sono nato per fare il terrorista.” Rispose Duncan con una certa aria di superiorità, dopodiché tornò a guardare Gwen, che nel frattempo aveva le braccia conserte e teneva il broncio. Il punk le sorrise circondandole le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano le accarezzò una guancia.
“Ehi bellezza, visto che non mi è accaduto nulla?” chiese lui baciandole la guancia.
“Sì..ma è stato per poco..già ero pronta per staccarti da Courtney..” rispose Gwen con tono serio, senza però riuscire a nascondere un lieve sorriso al pensiero.
“Ragazzi e ragazze, vi invitiamo a ritornare nelle vostre rispettive aule. Le lezioni riprendono tra pochi istanti.”
Una voce proveniente da un altoparlante fece eco nella sala, innalzando tra gli alunni dei commenti non tanto piacevoli.
“Oh no! Io ho un compito alla prossima ora!” esclamò all’improvviso Gwen.
“Ed io devo correre in palestra a cambiarmi!” disse il fidanzato.
Così i due ragazzi si alzarono simultaneamente dai loro posti, non prima di salutare i loro amici, per poi dirigersi verso le rispettive destinazioni.
 
Il resto delle ore proseguì normalmente, facendo terminare quella particolare mattina che mise alla prova la pazienza dei due protagonisti. Ma particolare sarebbe stato anche il pomeriggio, che li vedeva fronteggiare la prima tappa di quella gara di resistenza tanto decantata da Luigi, il loro allenatore.
Erano terrorizzati all’idea, ma allo stesso tempo emozionatissimi.
“In bocca al lupo ragazzi, io vi raggiungerò più tardi!” esclamò allegra Margaret, prima di salutare la figlia e il fidanzato che si dileguarono in auto. Dopo aver accolto nel veicolo anche Geoff, i tre si diressero verso il luogo prestabilito, ovvero la pista d’atletica leggera della città. Il primo turno, infatti, comprendeva la sfida tra tutte le palestre di Pembroke, allorché poi si sarebbe decisa la palestra vincitrice che avrebbe gareggiato con le altre città, fino ad arrivare a competere a livello nazionale. Una volta arrivati, si guardarono intorno, rimanendo stupefatti: la pista era immersa in un enorme mare verde perfettamente curato, ma quello che sorprese di più i ragazzi fu la lunghezza del campo,ovvero 2OO m. Anche se era considerata una delle lunghezze minime di una pista atletica, agli occhi dei ragazzi pareva enorme. Dopo un po’ vennero accolti da un energico Luigi che veniva sballottato da una parte all’altra del campo. Tutto euforico, cominciò a rassicurarli, dicendogli che l’unica cosa che avrebbero dovuto fare era semplicemente mantenere la calma.
 
“Su via, che sarà mai…” disse tra sé e sé il punk in tono ironico mentre si posizionava per partire.
“Solo una semplice corsa in un campo aperto come quello della scuola ma con una lunghezza cento volte maggiore..”  continuò la sua ragazza affiancandolo, deglutendo rumorosamente.
“E con una responsabilità molto più pesante di uno stupido voto..” concluse ancor più sconvolto Geoff, poggiando le mani per terra.
Questo era il loro modo per dare uno schiaffo alla tensione e alla paura, ma nel momento in cui ci fu il fischio d’inizio la loro ansia prese di nuovo il sopravvento.
Mantenendo il ritmo, i ragazzi riuscirono a non stancarsi nei primi due giri di campo, in confronto ai cinque che dovevano percorrere. I sei avversari non erano da meno,ma man mano che aumentavano i giri, la stanchezza si faceva sentire.
I tre mantennero lo sguardo fisso davanti a loro, concentrati più che mai a proseguire quell’ascesa verso la vittoria nazionale. Erano uno accanto all’altra, capaci di avvertire il respiro sempre più affannoso del compagno. Nel frattempo erano arrivati al quarto, dove si cominciarono a notare alcuni ragazzi già cedere, accasciandosi esausti. Ma tra questi concorrenti non era presente nessuno degli allievi di Luigi, e questo lo fece sperare ancora di più nella loro vincita. Tra i tre, quello che maggiormente avvertiva la stanchezza era Geoff, rimasto leggermente più indietro rispetto alla coppia. Gwen diede un veloce sguardo preoccupato dietro di sé, incontrando gli occhi del biondo che prontamente la rassicurarono. Duncan rimase fermo verso la sua direzione, mentre stringeva forte i pugni al petto con l’intento di allontanare il dolore dei muscoli dalle gambe. L’ennesima goccia di sudore gli sfiorò una guancia, facendolo rendere conto che aveva appena sorpassato la linea che segnava l’inizio e la fine di ogni giro. Una sensazione di euforia lo pervase, e sembrò proprio che ciò venne avvertito anche dalla sua compagna che girò lo sguardo verso il fidanzato, scambiandosi una lieve sorriso di complicità. Ad un tratto accelerarono arrivando all’altezza del concorrente che si trovava in prima posizione. Questi li guardò male, mentre le forze si stavano del tutto esaurendo. Tutti e tre notarono da lontano il traguardo, e senza neanche dare loro tempo di capire che di lì a poco sarebbe tutto finito, un fischio echeggiò nell’aria, dando così il via allo sprint finale.  A quel suono Geoff non ce la fece più e rallentò il passo, lasciando così perdere la gara. Velocissimi erano invece partiti i tre finalisti. Quei pochi metri che dividevano loro dal traguardo sembravano interminabili, ma a Gwen non importava. No, non poteva farsi scoraggiare. Così chiudendo gli occhi per la fatica, la ragazza corse con tutte le poche forze che le rimanevano verso il traguardo, e nel momento in cui avvertì la striscia sotto i suoi piedi si lasciò cadere per terra ansimante.
Tutti gli spettatori che si trovavano ad assistere alla gara esultarono di gioia per il concorrente vincitore.
Gwen riusciva ad avvertire solo le urla, in quanto aveva ancora gli occhi chiusi per la fatica.
Non sapeva ancora chi era il vincitore.
Non voleva vedere chi veniva premiato.
Non si rese ancora conto che era proprio lei la ragazza che lasciò tutti senza parole.
“Gwen! Ehi amore! Su alzati! Hai vinto!!” l’abbracciò forte Duncan dopo che si accasciò su di lei.
Altre due persone, dalle voci a lei familiari, la elogiarono accarezzandole il capo.
In tutta risposta la ragazza sgranò gli occhi incredula, mentre una sensazione di euforia le diede un po’ di forza di rispondere al ragazzo.
“C-cosa?!” chiese lei rivolgendosi a pancia in su per incontrare gli occhi di Duncan.
“Si hai vinto tu! Possiamo passare alla prossima tappa! Brava!” esultò di nuovo lui, alzandole dolcemente il busto per poi baciarle la fronte. Gwen non ce la faceva ad urlare di gioia, troppo stanca per emettere anche una sola parola, per cui si limitò a stringersi nelle possenti braccia del suo ragazzo, chiudendo gli occhi ed appoggiando la testa sul petto di lui, sorridendo.
Ed anche questo ostacolo è riuscita a superarlo, insieme al suo insostituibile Duncan.





------------°°°° Angolino dell'autrice euforica°°°°------------


Salveeee popolo di EFP! :D
Vi state chiedendo perchè ho scritto" Angolino dell'autrice auforica"?
Beh, perchè ho superato le 100 recensioni!!! Waaaa sono così felice! :'3
Ed è tutto merito vostro, voi che avete sopportato ( e lo fate ancora :3 ) me e questa storia smielosa! <3 GRAZIE DI CUORE, davvero! :,3
*abbraccia lo schermo,illudendosi di abbracciare ogni singola persona che ha letto e continua a leggere la storia*
Sì, sono molto emotiva <3
E per di più abbiamo il 2Oesimo capitolo!!! *-*
Aww non ci posso credere <3
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, mi raccomando fatemelo sapere. :3
Ancora un GRAZIE immenso e...
Alla prossima!

Dalhia_Gwen

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Capitolo 21
*** -Capitolo 21 ***


“Oh ragazzi siete stati bravissimi!! Tu Gwen sei stata eccezionale!! Sono così fiero di voi!”
Erano queste le parole pronunciate da un Luigi commosso che stavano rimbombando nella mente dei vincitori che decisero di tornare a casa e festeggiare un’altra volta, dato che sentivano la stanchezza invadergli tutto il corpo.
Erano tutti e tre nell’auto di Duncan con addosso la medaglia ottenuta durante la premiazione, mentre canticchiavano un brano che stavano udendo alla radio: le note di “It’s a beautiful day” cantata da Michael Bublè erano perfette in quel momento di gioia, mentre spensierati si dondolavano a destra e a sinistra con tutti i finestrini aperti. Geoff sventolava il suo inseparabile cappello alla cowboy che portava ovunque andasse, convinto che quell’oggetto a lui tanto caro gli portasse anche fortuna; davanti a lui vi era una Gwen con tutti i capelli spettinati intenta a cantare con passione mentre portava le braccia in alto muovendole a ritmo; a ridere come un pazzo era Duncan al volante che, anziché guardare principalmente la strada,lanciava occhiatine insistenti alla sua ragazza, incantato dalla sensualità creata dai movimenti del suo bacino e dai capelli che le coprivano il volto. A rendere tutto più invitante era la gonna che Gwen decise di indossare quel giorno, spinta dal fatto che sarebbe dovuta essere comoda e pratica quando si sarebbe dovuta rivestire a gara conclusa. Non era tanto il fatto che le arrivasse sopra le ginocchia, ma soprattutto la posizione delle sue gambe: ella infatti le aveva accidentalmente accavallate, facendo in modo che la gonna si accorciasse non di poco e creando fantasie per nulla rassicuranti nella mente diabolica del punk. Erano diretti verso la casa del biondo e mancavano pochi metri, quando la l’auto si fermò bruscamente davanti ad un semaforo che segnalava un bel rosso acceso.
“Ehi amico, un po’ di grazia quando porti l’auto!” lo punzecchiò Geoff che cadde come un peso morto sulla parte libera della macchina, sdraiandosi. Ma il punk non gli diede retta, e tornò a scrutare la ragazza che nel frattempo si affacciò nello spazio libero tra il suo sedile e quello del conducente, ridendo di gusto.
“Dolcezza qualche volta dovresti regalarmi un ballo come questo.. magari con qualche vestito in meno addosso..”  ammise il punk con tono malizioso, alzando il capo della ragazza con l’indice sotto il mento, mentre col pollice le accarezzava le labbra. A quel contatto Gwen arrossì violentemente, mentre le parole del punk la spaesarono parecchio. Non fece neanche in tempo a rispondere che con uno scatto veloce venne presa per un braccio ritrovandosi faccia a faccia col ragazzo, mentre questi ne approfittò per darle un bacio passionale, il tutto accompagnato dai clacson sempre più insistenti delle auto che si trovavano dietro di loro. Gwen si staccò bruscamente, rendendosi conto del momento poco adatto per scambiarsi coccole e, dopo essersi ricomposta sul suo sedile, gli diede uno spintone.
“Ma sei impazzito?! Pensa a guidare piuttosto, il semaforo è verde!” lo rimproverò lei con notevole imbarazzo, incrociando le braccia e girando veloce il capo verso il suo finestrino, per poi mordersi il labbro inferiore ripensando all’accaduto. In tutta risposta il punk scoppiò a ridere, portandosi lo spettinato ciuffo verde all’indietro, che stava man mano perdendo la sua forma.
“Non è colpa mia se mi fai questo effetto..” rispose lui con tutta la naturalezza di questo mondo.
“Ma sarà sicuramente colpa tua se ci succederà qualcosa! Guida deficiente!” disse Geoff che si rialzò con fatica rimettendosi a sedere.


Una volta arrivati, Duncan accostò l’auto davanti alla casa dell’amico per farlo scendere, quando all’improvviso il suo cellulare si mise a squillare. Il ragazzo lo estrasse da una tasca del suo giubbino di pelle e lesse sul display il nome della persona che lo stava cercando.
“E’ Scott..” disse ad un tratto il moro incitando Geoff a non andarsene.
Dopo una breve chiacchierata con il rosso, Duncan chiuse entusiasta la chiamata, per poi dare la lieta notizia all’amico.
“Ehi Geoff! Hanno accettato la nostra domanda! Possiamo dare il via libera alla festa!” esultò il ragazzo rimettendo apposto il cellulare.
“Ma è fantastico! Dammi il cinque amico!” disse l’altro rientrando in macchina. Nel frattempo la gotica rimase in silenzio alquanto dubbiosa, non capendo il discorso dei due ragazzi.
“Allora ci vediamo domani a scuola con tutta l’attrezzatura?” chiese Geoff poco prima di chiudere lo sportello.
“Sìsì, mi raccomando avvisa tutti!” esclamò il moro, e così dicendo salutò con la mano il biondo che si diresse verso il portone. Successivamente tornò a guardare in avanti, non prima però di notare lo sguardo confuso della sua ragazza.
“Cos’è questa storia della festa?” chiese lei alzando un sopracciglio.
Il ragazzo si grattò la nuca nervosamente, per poi parlare.
“Beh, doveva essere una sorpresa ma te lo dico lo stesso: abbiamo chiesto alla preside di poter organizzare una festa per l’ennesima volta all’interno della scuola, precisamente in palestra, giusto per festeggiare la vittoria della partita. L’anno scorso abbiamo fatto la stessa cosa, ma a causa del tempo e per il fatto che la palestra avesse bisogno di alcuni lavori di manutenzione, la preside non ha valutato per niente la nostra richiesta, così pensammo di organizzare qualcosa per conto nostro. Ma come ben sai nessun locale sarebbe stato grande abbastanza per contenere l’intera folla che popola il nostro istituto, così fummo costretti a festeggiare tra noi amici più stretti. Oggi pomeriggio però Scott, che si era preso l’incarico di pressare la preside con questa richiesta, è stato proprio chiamato da lei e informato che avremmo avuto la possibilità di fare questa festa sabato!” il punk ormai non stava più nella pelle, mentre gli occhi di Gwen si illuminarono accompagnati da un sorriso radioso.
“Una festa? Dici sul serio? Wow ci sarà da divertirsi!!” esclamò la gotica intrecciando le mani tra loro.
Il ragazzo incrociò le braccia divertito.
“Ovvio, soprattutto se ad animarla è Geoff!! Lui è il mago delle feste..se ne inventa una più del diavolo! Mi ricordo l’ultima festa che ha organizzato, era per festeggiare i diciotto anni di Bridgette: fu la festa più bella che ebbe mai organizzato in vita sua. C’era di tutto: musica ad alto volume, luci ad intermittenza, drink e balli da fare dentro la piscina..è stata una festa da urlo, e vedrai…. questa non sarà da meno!” .
Ad un tratto gli occhi di Gwen smisero di brillare, mentre un velo di malinconia scese sul suo candido volto.
“Duncan non credo che verrò alla festa..” ammise la ragazza abbassando il capo.
“C-come…p-perché?!” chiese sbigottito lui.
“Beh io non sopporto le feste e loro non sopportano me..Non ne sono mai andata ad una..” continuò, facendo spallucce.
“Ehi…” sussurrò lui prima di prenderle il volto tra le mani “cos’è quel faccino triste? Perché dici questo? Le feste sono belle perché ci si diverte..” cercò di consolarla lui sorridendo, ma lei mosse lentamente il capo in segno negativo.
“Non se ci sono io..non mi va di essere criticata anche nelle feste. Tutte quelle occhiate, i bisbigli..grazie ma mi bastano quelli quotidiani..” disse Gwen avvertendo gli occhi inumidirsi.
Il ragazzo sorrise dolcemente, chiedendosi il motivo di tanta insicurezza e disagio. Lei poteva solo essere orgogliosa di sé stessa: era bellissima, intelligente e in gamba, eppure il giudizio, per lui insignificante, degli altri la rendeva così insicura e fragile impedendole di godersi la vita come meglio poteva. Sospirò, portando una mano sulla fronte bianca di lei accarezzandola premurosamente.
“Ma a te cosa importa di cosa pensano gli altri di te? La gente parla sempre e comunque, secondo te non parlerebbero male di te se sanno che tu non ti presenti alla festa? Ogni pretesto è buono per criticare, ma tu non devi dare peso a ciò. Ma per quanto ti riguarda non hanno nulla da dire, se no che sono gelose per quanto sei speciale..” e all’ultima frase lei alzò lo sguardo incrociando quello di lui.
“E poi io ho bisogno della mia reginetta per poter fare un figurone sul palco!” esclamò lui facendole l’occhiolino.
“Quale palco?” chiese lei dubbiosa.
“Il palco su cui mi esibirò! Mia cara hai di fronte a te un chitarrista coi fiocchi!” si pavoneggiò lui portando il ciuffo all’indietro.
In tutta risposta Gwen gli saltò al collo ridendo.
“Non ci posso credere! E tu non mi hai detto nulla?! Da quando suoni?” chiese lei curiosa.
“Beh è da cinque anni che ho formato una band con alcuni ragazzi della scuola, e suoniamo solo pura musica rock e punk rock! Ne siamo in 4: io sono solista e chitarrista principale, Geoff è il secondario, talvolta mi accompagna anche come voce addizionale, poi c’è Al che suona il basso mentre Scott è il batterista. Sono però quasi cinque mesi che non suoniamo insieme, per via dei vari impegni di ognuno di noi, e questa festa sarebbe stata un’opportunità per ritornare in pista. Ecco perché ci tenevamo tanto..”  spiegò il punk tenendo stretto a sé la ragazza.
“Quindi..” cominciò a dire lei mentre con l’indice percorreva sensualmente il viso del punk in maniera perpendicolare, iniziando dalla fronte per poi arrivare al pizzetto “ ti esibirai su un palco come una vera star? E come star sarai circondato da milioni di fan che ti accerchieranno e ti sottrarranno da me, e rimarrò sola come una povera disperata…” disse con voce innocente lei che man mano si avvicinò al viso di lui provocandogli una strana ma piacevole sensazione.
“Non temere bellezza, non permetterò che mi rubino del tempo da poter passare con te. Di solito le star si chiudono nelle loro stanze private ed ingaggiano qualcuno che è davanti alla porta per sorvegliare. Non ci disturberanno…” sussurrò lui portando la bocca davanti al lobo dell’orecchio sinistro della ragazza, facendole avvertire un brivido di piacere. Passò poi le mani sui fianchi della gotica accarezzandoli lentamente, mentre con la bocca ricercò quella della compagna, trovandola. Cominciarono a scambiarsi baci prima lievi e delicati, poi con più sentimento e sempre più passionali. Erano caduti improvvisamente in un vortice di passione mai provato prima, ed entrambi non avevano intenzione di uscirne. Gwen cominciò a passare una mano tra i suoi capelli, spettinandoli, mentre con l’altra percorreva il petto dei ragazzo scolpito dagli addominali. Duncan invece insinuò con molta delicatezza le mani sotto il top della ragazza, desiderandola più che mai. La gotica non oppose resistenza, così il punk decise di allungare il sedile dell’auto per permettere maggior movimento, ritrovandosi uno sull’altra. Ad un tratto i due si guardarono, anche per prendere un po’ di fiato, e si sorrisero dolcemente dopodiché lui le accarezzò il volto invitandola a continuare, così la baciò di nuovo. Passò a baciarle il collo che profumava di lavanda e che da tanto tempo avrebbe voluto assaporare, quando all’improvviso sentirono una vibrazione proveniente da una tasca della gonna di Gwen.
 “Sarà un messaggio, lascia stare…” le disse lui non smettendo di baciarle il collo. Ma la vibrazione continuava, facendo innervosire la gotica.
“Scusami, devo rispondere…” disse amaramente, così si staccò controvoglia dal ragazzo e prese il cellulare. Lesse chi la stava chiamando e quasi non urlò.
“M-Mamma?!” rispose la ragazza al telefono spalancando gli occhi e con voce affannata.
“Certo che sono io tesoro! Dove sei?” chiese Margaret accompagnando la domanda con una risata.
“S-sono..sono in macchina con Duncan.” Disse Gwen con un certo imbarazzo. Diede un’occhiata veloce al ragazzo che divertito le fece l’occhiolino.
“Scusa che state facendo? Hai un fiatone..”  osservò la mamma alquanto insospettita.
A quella domanda Gwen sgranò gli occhi, trovandosi improvvisamente priva di voce. Attese qualche secondo prima di riprendere la forza per parlare.
“Cosa stiamo facendo?” ripetè la domanda guardando di nuovo il ragazzo come se stesse cercando aiuto, ma come risposta ottenne una risata soffocata del punk e un “inventa qualcosa” pronunciato con il solo labiale.
“Abbiamo percorso di nuovo tutta la circonferenza esterna del campo perché ci siamo dimenticati il posto in cui avevamo lasciato la macchina..ed essendoci troppe auto è stata un’impresa…ecco perché abbiamo il fiatone..sì, è così..” si autoconvinse lei mentre doveva sopportare le risate che non trovavano sosta di Duncan, che dovette alzarsi per riprendere fiato.
“Oh..davvero? Che cavolo..eppure eravate in tre..” disse la madre poco convinta, ma si affrettò subito a continuare.
“Comunque torna subito a casa, io devo andare a fare quel servizio. Dai un bacio a Duncan, se ancora non gliel’avessi dato..Ciao!!” e così riattaccò. Gwen rimase per altri piccoli istanti con il cellulare vicino l’orecchio scioccata, ma a farla tornare con i piedi per terra furono le braccia del punk che l’avvolsero completamente.
“Bella storia amore..hai proprio tanta fantasia! Ma torniamo a noi..” ed avvicinò le labbra a quelle della ragazza, ma prontamente quest’ultima si allontanò sfilandosi velocemente dalla presa di Duncan.
“Ma fammi il piacere! Se non avessi raccontato quella balla a quest’ora mia madre avrebbe pensato chissà a cosa.” Disse la ragazza arrabbiata, aggiustandosi il top e i capelli.
“Avrebbe azzeccato, ti pare?” chiese lui facendo spallucce. Lei lo guardò male, non riuscendo però a nascondere il rossore sulle guance.
“Devi accompagnarmi a casa, mia madre vuole che torno perché deve andare a fare un servizio.” Si affrettò a dire, guardando la faccia delusa del moro, che roteò gli occhi.
“Proprio sul più bello! Che diamine! Aspetta..e se continuassimo in camera tua?” domandò lui speranzoso.
“MI ACCOMPAGNI? GRAZIE!”  e così dicendo il ragazzo si decise finalmente a partire.
 
 
Arrivarono sotto casa di Gwen cinque minuti dopo. I due si salutarono teneramente, dopodiché il punk lasciò finalmente salire la fidanzata, ripartendo non appena ci accertò che la ragazza fosse all’interno del palazzo.
“Oh Gwen! Finalmente sei a casa! Ascolta, ti ho lasciato la carne nel microonde, se la vuoi è lì che ti aspetta, io devo scappare per andare da Miriam..” disse la madre frettolosamente.
La figlia sorrise, notando che Margaret non fosse tornata sull’argomento imbarazzante.
“Mamma i tuoi consigli sono diventati indispensabili, eh?” chiese Gwen entrando in casa.
La donna alzò gli occhi al cielo sospirando.
“Ah! Non vedo l’ora che si sposi! Mannaggia a lei e i suoi dubbi sul vestito!” e così dicendo le diede un bacio per poi uscire.
Gwen tirò un sospiro di sollievo, per poi avvicinarsi verso il microonde. Guardò meglio la carne, e una smorfia si dipinse sul suo volto.
“mmmh..non mi va, meglio una bella vasca di gelato..” si ritrovò a pensare, ma venne interrotta dalla voce del fratello che le si parò davanti.
“Ehi Gwen! Hai vinto, brava! E’ quella la medaglia?” disse tutto in un fiato Mark, eccitatissimo.
La sorella guardò il medaglione, e lentamente se lo sfilò dal collo.
“Sì! Bello eh? Ma è solo il primo..chissà se riuscirò nella prossima gara..” disse lei sorridendo.
“Certo che di riuscirai! Devi riuscirci!” esclamò il fratello prendendosi l’oggetto in oro.
Gwen fece spallucce sorridendo, per poi guardare di nuovo il microonde e il suo contenuto.
“Mark..ti andrebbe altra carne? Non ne ho voglia..” chiese lei con una smorfia.
“Sicura che non la vuoi? Mamma ha preparato dell’ottima salsa da mettere sopra..” la invogliò lui.
“Sì, sono sicura, goditela.” E così dicendo andò verso il frigorifero, prese il vassoio contenente gelato al limone e alla fragola, e se lo portò con sé in camera.
Una volta dentro, accese la TV, si mise il pigiama e cominciò a vedere un po’ di  televisione gustandosi il suo vassoio.
Stava mandando giù un altro cucchiaio quando all’improvviso sentì il cellulare emettere una vibrazione.
Curiosa posò il cucchiaio nel vassoio, e velocemente aprì il messaggio:
Ciao Dolcezza, se ti senti sola basta che me lo dici, sarò lì in un attimo!”
                                               Duncan

A quelle parole Gwen rise di gusto, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Non preoccuparti, il gelato ti sostituisce perfettamente..
Si affrettò a scrivere la risposta, immaginando la faccia che avrebbe potuto fare il punk.
Infatti la risposta arrivò immediatamente.
C-cosa?!  E’ così che mi ripaghi? Tradendomi con un gelato?! No…non me lo aspettavo..Almeno dimmi se è buono!
Gwen non ce la faceva più a ridere, si lasciò cadere sul letto, guardando il soffitto disperata.
Sì, è al limone e alla fragola. Se vuoi te ne lascio un po’ ..mi sono scocciata..
Dopo aver premuto Invio chiuse il gelato e la TV, rimboccandosi le coperte.
La risposta arrivò in due minuti.
Visto? Sapevo che saresti tornata con me..comunque sì, lo assaggerò, voglio proprio vedere! Adesso dormi però, ci vediamo domani, buonanotte Bellezza mia
Sorrise al messaggio e dopo aver contraccambiato chiuse anche la luce, addormentandosi felice.






°°°°--------Angolino dell'autrice smielata--------°°°°

Salveeeeeeeeeee!!! :D
Eccomi qui, sono tornata e con me vi è un capitolo decisamente più romantico del solito...sto peggiorando, eh? *-* :3
Bene, detto questo sono molto felice che abbiate letto l'aggiornamento!
Visto che colpo di scena? Duncan che canta e suona! Aww non vedevo l'ora di dirlo! *-*
Chi è Miriam? Beh è solo un'amica di Margaret che tra poco si sposa e ha serie crisi sulla scelta dell'abito ed accessori! Eh le solite paure pre-matrimoniali xD
La canzone credo che rispecchi molto il loro stato d'animo, e se la volete ascoltare, eccola qui ----> http://www.youtube.com/watch?v=5QYxuGQMCuU *-* Spero tanto che vi piaccia il capitolo!
Ringrazio immensamente tutti coloro che lo leggeranno solamente e quelli che recensiranno pure! I loro pareri sono preziosi per me! <3
Un bacione!

Dalhia_Gwen

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Capitolo 22
*** -Capitolo 22 ***


“…Saturday, I’m gonna take her out
Cause her favorite band is gonna play downtown
Gonna sing the song we’ve all heard of
About those two young friends that should’ve fell in love
Later on, we’ll cut through the park
And she can hold my hand, cause she hates the dark
And we can laugh as we both pretend
That we’re not in love and that we’re just good friends
Well, I’m tired of pretending
But I’m terrified of it ending
I know if not for you there’s nothing I could do to ever let it end
And I know you feel the same way
Cause you told me drunk on your birthday
And as you pulled to me
You whispered in my ear, “Don’t ever let it end”
Don’t let it end
Don’t let it end (Please promise me that this won’t end)
Don’t ever let it end..”







Era seduta su una sedia in cucina ed insieme alla sua famiglia, intenta a gustarsi quella semplice ma buonissima fetta biscottata coperta interamente di Nutella, mentre dentro di sé avvertiva una gioia e una spensieratezza indescrivibili. Oramai aveva fatto l’abitudine, ogni giorno avvertiva le stesse sensazioni provate esattamente quattro mesi fa: ovvero dal giorno in cui Duncan entrò a far parte della sua monotona vita. Lui fu il suo raggio di sole, quello spiraglio che le fece capire che stava perdendo ogni interesse verso qualsiasi cosa. Era diventata incapace di provare divertimento, di vivere ogni momento della sua esistenza con leggerezza: aveva dimenticato che stava rovinando i suoi anni più belli. Era arrivata al punto di rinchiudersi dentro casa solo per sentire musica rock o per disegnare, il tutto mentre fantasticava pensando al suo mondo perfetto, quello in cui tutto ciò che desiderava era presente, a andando incontro al rischio di potersi illudere per sempre. Stava morendo internamente, ma proprio quando era arrivata al culmine dell’esagerazione, ecco che una mano forte e calorosa l’afferra da quel precipizio interiore e la salva: così la persona divenne un angelo custode attento che l’anima limpida della ragazza non avrebbe corso di nuovo quel pericolo. Quell’angelo custode pieno di piercing e dalla cresta verde, ovvero Duncan, era entrato nella sua vita in punta di piedi: è riuscito a “infiltrarsi” in quel cuore ormai privo di allegria della gotica dapprima come un semplice “amico simpatico”, poi ha cominciato a far emergere il suo interesse verso la ragazza mostrando, sempre cautamente, le sue intenzioni senza mai pressarla a prendere una decisione definitiva. Le ha sempre dato libero spazio, fino a quando decise il momento giusto per dirglielo apertamente, e come risposta ottenne un bacio decisamente ricambiato da una Gwen totalmente rinata, oramai invaghita di lui. Era questo il piccolo riassunto che Gwen formulava e riviveva ogni mattina, non appena apriva gli occhi. Il suo primo e ultimo pensiero era rivolto a lui, a quel ragazzo che, il pomeriggio prima, l’aveva “indirettamente” invitata a diventare sua per sempre, nella propria macchina. Ogni volta che ci pensava avvertiva un brivido percorrerle tutta la schiena, mentre arrossiva tremendamente non appena provava ad immaginare se sarebbero andati oltre a quelle passionali effusioni. Tuttavia sarebbe stata una mossa azzardata o perlomeno troppo precoce che, se fatta con superficialità, avrebbe portato a conseguenze più gravi e grandi di loro: per questo, stranamente, ringraziava la madre per quella telefonata incredibilmente puntuale con cui fece in modo che i due freschi fidanzati non avrebbero combinato un bel guaio. Gwen non avrebbe mai pensato di poter essere così debole di fronte a quelle provocazioni. Fino a quando era single l’idea non la turbava molto e mai l’avrebbe fatto perché, quando sarebbe arrivato il momento giusto, lei era oramai diventata una donna capace di assumersi le proprie responsabilità. Ma nulla andò come prevedette e il destino volle accelerare i tempi mostrandole, a quanto pare, il suo ragazzo ideale a soli 17 anni. La verità è che Gwen aveva paura, si sentiva troppo piccola per farlo: era sempre stata educata con il principio del rispetto dei tempi, secondo cui lei adesso avrebbe dovuto pensare solo alla scuola, senza che terze persone l’avrebbero fatta cambiare direzione. Ma adesso, che era diciassettenne e con un ragazzo come Duncan, era ancor più terrorizzata. Eppure quel punk era stato talmente cauto nell’approccio e delicato nei gesti, che a lei non turbò minimamente: si può dire che non se ne accorse neanche, talmente era presa dalle sue carezze. Com’era possibile?
Rimase con un pezzettino di fetta biscottata in mano mentre i suoi occhi cominciarono a fissare il vuoto di fronte a lei, facendo cadere la mente in una voragine di domande.
Margaret, che era seduta proprio di fronte a lei ed era intenta a sorseggiare il suo amato caffè espresso, se ne rese conto e pensò di aspettare che la figlia riemergesse dai suoi pensieri, ma cedette alla sua curiosità:
“Ehi Gwen, tutto bene?” chiese la madre scuotendola leggermente. Non appena venne toccata, la ragazza si rianimò sobbalzando, per poi cercare di dire qualcosa di sensato.
“S-sì sì mamma, non preoccuparti.” Rispose lei in fretta prima di mandare giù finalmente l’ultimo pezzo della sua fetta biscottata.
Come risposta la madre le lanciò uno sguardo di sfida, ma vedendo che la figlia non si scompose, pensò di lasciarla in pace. Ma un pensiero le balenò in mente velocissimo, e la fece sbattere le mani sul tavolo mentre sul volto si dipinse un sorriso malizioso.
“Ah tesoro! Poi come l’ha presa Duncan quando ha saputo che dovevi tornare a casa prima?” chiese la donna facendole l’occhiolino. A quelle parole Gwen deglutì rumorosamente, capendo che Margaret non aveva affatto digerito la piccola bugia inventata in quel momento.
“Ehm..com’è andata ieri sera con Miriam?” domandò di rimando la figlia, dopo che si rese conto che non sarebbe mai riuscita a trovare una buona scusa tale da far tacere la donna.
La madre capì la falsa mossa della ragazza e stava per ribattere, quando ad un tratto echeggiò nella casa il suono del campanello che indicava l’arrivo di Duncan davanti il portone, come tutte le mattine.
“Oh meno male, grazie Duncan!” si ritrovò a pensare Gwen con un sorriso a trentadue denti, mentre velocemente scattò in piedi dirigendosi vicino l’ingresso con lo zaino in mano.
“Oh mamma non preoccuparti, me lo dirai dopo..Ciao ciao!” esclamò la gotica troppo felice per averla fatta franca.
“N-no Gwen..aspetta!!” gridò Margaret presa alla sprovvista, ma il gesto fu invano in quanto la figlia aveva già chiuso la porta dietro le sue spalle.
 
Non appena uscì fuori dal portone, cominciò a correre davanti a sé e a saltare addosso al ragazzo tutto soddisfatto che era al volante di una Mercedes classe A.
Con entrambe le braccia Duncan l’avvolse in un abbraccio amorevole accompagnando il gesto con quella sonora risata che fece innamorare follemente Gwen la prima volta che la udì, e che ancora alimentava il suo forte sentimento.
“Oh amore grazie grazie grazie!!” esclamò Gwen non smettendo di baciare il ragazzo. Duncan continuò a ridere, stavolta però aggiunse un pizzico di ironia.
“Cosa ho fatto per meritare questo bel trattamento?” chiese lui non appena lei gli diede modo di parlare.
“Mi hai salvato da un interrogatorio di quarto grado da parte di mia madre! Sai, è tornata di nuovo sull’argomento piccante di ieri pomeriggio..” spiegò lei con notevole imbarazzo, dopo essersi messa a sedere e essersi aggiustata la camicetta. Il ragazzo, che aveva appena messo in moto l’auto, la guardò negli occhi per poi sorriderle con malizia.
“Interessante..ma non gli avresti raccontato un granché, perché ci ha fermati proprio sul più bello! Racconterai i particolari non appena avremmo avuto modo di consumare quello che stavamo facendo..”   disse lui sfacciatamente, e come risposta ottenne un pugno al braccio.
“Ma sei matto?!”  chiese lei urlando senza accorgersene, mostrando il suo visino completamente rosso.
Il punk scoppiò a ridere ancora di più, per poi avvicinarsi a lei.
“Ma lo sai che quando ti arrabbi sei ancora più bella?” le sussurrò accarezzandole il mento con una mano.
La ragazza, che prima puntava il suo sguardo assassino in quegli occhi azzurri tanto limpidi quanto imprevedibili, si calmò improvvisamente al solo tocco di lui sulla sua pelle, ma non cedette e girò il capo in direzione opposta ritrovando davanti a sé il finestrino. Ci furono altre risate, dopodichè partirono verso la scuola.
 
La mattinata scolastica fu abbastanza movimentata: tra compiti ed interrogazioni, Gwen era davvero esausta. Ringraziò il suo inconscio scrupoloso per averle permesso di togliersi la maggior parte delle verifiche orali e scritte che caratterizzavano quel periodo: si stavano avvicinando infatti le vacanze di Natale, per cui i professori pensarono “bene” di valutare i ragazzi all’ultimo momento e in maniera simultanea. “Mi chiedo se non lo fanno davvero a posta a mettersi d’accorso su quando fare i compiti..” si ritrovò a pensare la gotica ogni volta che, sfogliando il suo diario, trovava annotati più compiti o interrogazioni da fare nello stesso giorno.
Quel mattino però sarebbe stato quello che le avrebbe permesso di chiudere in bellezza quel girone, e di godersi finalmente un po’ di riposo mentale.
Sospirò al suono della quarta campanella che segnava la fine dell’ennesimo compito in classe. Dopo aver ricontrollato il foglio per una decina di volte, finalmente lo consegnò, tornando al suo posto per poi attendere l’arrivo della prossima insegnante. Una volta arrivata, decise di chiederle il permesso di uscire dall’aula, giusto per sgranchirsi le gambe. “Oh un po’ d’aria! Non ce la facevo più a stare lì dentro!” esclamò tra sé e sé la ragazza, per poi mettersi le mani in tasca dirigendosi verso il bagno.
Dopo essersi data una sistemata davanti lo specchio, uscì dal luogo a passo lento e diretta verso l’aula, quando ad un tratto udì una lieve melodia provenire dal piano superiore. Era quasi impercettibile da farle venire i dubbi, così si avvicinò cautamente verso le scale che portavano al secondo piano, quello abbandonato. Il suono si fece più percettibile, e quello che udì venne confermato: una musica colorava l’aria di quell’istituto. Così, incuriosita più che mai, decise di andare a vedere velocemente per scoprire la fonte di quella melodia. Man mano che saliva le scale, il suono si faceva sempre più forte, fino a quando si fermò davanti ad un’aula chiusa che tempo fa doveva essere un laboratorio audio-visivo. Appoggiò un orecchio sulla porta per sentire meglio, ed effettivamente si rese conto che il suono proveniva proprio da lì. La curiosità si fece sempre più insistente, così velocemente mise una mano sulla maniglia, ma nel momento in cui la stava abbassando, sentì una voce maschile melodica fin troppo familiare che accompagnava gli strumenti. Si bloccò.
“This world will never be
What I expected
And if I don't belong
Who would have guessed it..”

Una voce rauca, calda ma dannatamente seducente, che le fece battere il cuore. Sgranò gli occhi.
“…I will not leave alone
Everything that I own
To make you feel like it's not too late
It's never too late…”

Sentì il cuore mancare un battito: non poteva essere lui. Deglutì rumorosamente per poi farsi coraggio e aprire lentamente la porta.
“…Even if I say
It'll be alright
Still I hear you say
You want to end your life
Now and again we try
To just stay alive
Maybe we'll turn it all around
'Cause it's not too late
It's never too late…”

Rimase dietro la porta affacciandosi leggermente, in modo da non disturbare la band.
Quello che vide fu qualcosa di spettacolare: tanti strumenti diversi disposti in modo da formare un arco, mentre racchiudevano il cantante: Duncan.
Non appena lo vide, Gwen rimase imbambolata senza emettere alcun suono, mentre il suo cuore cominciò ad accelerare improvvisamente i battiti. Non poteva credere ai suoi occhi: quella meravigliosa voce che l’ha guidata fin lì era proprio quella del suo fidanzato. Stava sognando o cosa?
Si diede un pizzicotto su un braccio ed avvertì dolore, smentendo felicemente l’ipotesi di un ipotetico sogno.
“…The world we knew
Won't come back
The time we've lost
Can't get back
The life we had
Won't be ours again…”

Arrossì mentre si deliziava nel vederlo concentratissimo a punzecchiare le corde della sua Fender nera e bianca. Ogni tanto si fermava e con una mano prendeva il microfono muovendolo a suo piacimento, destreggiandosi come un vero cantante. Era davvero concentrato, perché era totalmente immerso nella parte, e Gwen ne rimase affascinata.
Solo in quel momento si rese conto di conoscere le parole della canzone che stavano provando così, dopo essersi appoggiata allo stipite della porta, cominciò a cantare anche lei, accompagnando Duncan con il solo labiale. Entrambi adoravano quel brano, entrambi impazzivano per quella rock band.
Quando l’esibizione finì, un energico applauso attirò l’attenzione dei ragazzi.
“Bravissimi ragazzi!! Siete fantastici!!” esclamò Gwen facendosi timidamente intravedere accanto alla porta.
“Gwen!!” Non appena la vide, Duncan le regalò un sorriso solare che mostrava tutta la sua sorpresa. Lasciò su una sedia posta dietro di lui la chitarra, per poi avvicinarsi alla sua ragazza con le braccia aperte, mentre lei fece lo stesso. Si scambiarono un amorevole abbraccio che durò un paio di minuti, dopodiché lui si pronunciò.
“Ma cosa ci fai qui? Non saresti dovuta venire…” disse lui prendendole il viso tra le mani.
“Perché? Ho sentito della musica al primo piano, così ho cercato di capire da dove provenisse..ho sbagliato?” chiese lei visibilmente preoccupata. Lui le sorrise dolcemente.
“No non hai sbagliato, è solo che la preside ci ha detto che potevamo fare le prove solo se nessuno avrebbe sentito la  musica, in modo da non disturbare. Però, se tu l’hai sentita, significa che il volume era troppo alto oppure queste stupide pareti non sono isolanti abbastanza! Ah, che razza di scuola! Dicono che ha aule con pannelli isolanti acustici..ed intanto non funzionano!”  disse lui esasperato.
A quella affermazione lei rise, mentre una punta di malizia si intravedeva nei suoi occhi color pece.
“Comunque hai una voce meravigliosa..te l’hanno mai detto?” chiese lei avvicinandosi ancora di più ed aggrappandosi al suo collo. Lui la guardò con aria superiore, per poi fare spallucce.
“Beh, mi hanno detto di essere bello, intelligente, sportivo, galante..”
“…e un grande presuntuoso!!”  continuò lei per poi zittirlo con un bacio.
“Ehi Duncan, invece di limonare perché non ci presenti la tua fidanzata?” la voce strafottente di un ragazzo dai capelli rossi richiamò la loro attenzione, facendoli visibilmente arrossire.
 
“Ragazzi, lei è Gwen, la mia ragazza.” Disse il punk dopo essersi avvicinato al gruppetto. Teneva stretta a sé la gotica, mentre un velo di imbarazzo scese sulle gote della giovane.
“Ciao bella, io sono Scott!” disse il rosso prima di stringere la mano che tese Gwen.
“Io ti ho già visto..Ah sì! Hai provato a fare il cascamorto con me davanti allo stadio, quando hai controllato il biglietto!” esclamò lei con uno sguardo di sfida, per rispondere alla provocazione di prima. Il rosso rimase spiazzato nell’udire quelle parole, mentre sul volto di Duncan comparve un ghigno divertito.
“Non ti preoccupare Scott, non è successo niente. Dopo busserò alla porta della classe di Dawn e farò una chiacchieratina, è solo questione di tempo..” disse successivamente il punk con un sorriso per nulla confortante.
Dopo aver detto questo tutti scoppiarono a ridere, tranne il rosso, mentre Duncan diede una pacca sulla spalla all’offeso. Un ragazzo alto dalla pelle abbronzata e con due occhi verdi si fece avanti, prendendo una mano della ragazza per poi baciarla.
“Hola chica, io sono Alejandro..”  uno spagnolo molto galante si presentò, ed ottenne un sorriso di consenso da parte di Gwen.
“E io sono Geoff! Lo so, non mi hai mai visto!” scherzò il biondo, per poi essere avvolto dall’abbraccio della ragazza.
Decisero così di fare una pausa, e come luogo scelsero il giardino che contornava l’istituto chiarendo così alcune domande che Gwen porse alla band.
“E così avete avuto il permesso dalla preside? Bel modo di saltare le lezioni!” osservò divertita lei che era seduta davanti al punk, mentre quest’ultimo le circondava la vita con le braccia.
“Ma cosa credi, che noi stiamo provando da stamattina? Ci siamo accordati con la preside decidendo che avremmo provato per due ore al giorno, dato che la data è imminente.” Spiegò il suo ragazzo.
“Va bene, ma non stancarti troppo..domani dobbiamo fare le regionali!” continuò la gotica.
“Ma tu guardali..diventano famosi senza neanche dirci nulla!”  Scott portò le braccia dietro la nuca, guardando i due piccioncini di fronte a lui con un’aria divertita. Gli altri risero.
“Aspettati di trovare le nostre facce su tutti i giornali nazionali, mio caro..” rispose Duncan facendogli l’occhiolino.
“Certo leggeremo che, arrivati all’ultimo, avete perso la sfida con i vincitori..” continuò a punzecchiarli Al.
E continuarono così, a prendersi in giro l’uno con l’altro, in maniera serena e senza astio. Era il loro modo di fare, che caratterizzava quell’amicizia che durava da quando erano piccoli. Le loro risate avrebbero contagiato chiunque, ma non colei che si trovava dietro ad una finestra dell’istituto, a guardarli con disprezzo. Courtney aveva seguito la gotica fin da subito, e senza farsi vedere sentì i loro discorsi, mentre la rabbia ribolliva sempre più.
“Tutte quelle carezze, quelle smancerie, quelle attenzioni fin troppo sdolcinate devono cessare immediatamente.
Quei due devono assolutamente dividersi, ad ogni costo.”
Erano queste le frasi che si ripeteva l’ispanica ogni volta che li guardava felici ed innamorati. Infatti era da giorni che complottava il suo piano nei minimi dettagli, osservando le loro abitudini e meditandole.
Sorrise malignamente, mentre nella sua mente proiettava il film che ne sarebbe derivato dal suo piano.
Oramai era pronta, doveva solo aspettare il momento giusto.







°°°°-------------------------Angolino dell'autrice-------------------------°°°°

Ciao a tutti!!! :D
Sono tornata, e con me c'è il nuovo capitolo! :3
Questo, in particolar modo, mi piace tanto..non so voi! *-*
Allora, come avete ben notato ho iniziato il capitolo con un pezzo di una canzone per cui impazzisco e che credo descriva perfettamente i nostri piccioncini: "Don't let it end" dei Nickelback, uno dei miei gruppi preferiti *-* Se siete curiosi di sentirla, ecco il link ---------------> http://www.youtube.com/watch?v=vkilGDLL_uQ <3
E poi, proprio perchè questo era il primo capitolo dedicato alla musica, non potevo non mettere una canzone del mio gruppo preferito in assoluto: "Never too late" dei Three Days Grace, una rock band che ahimè ha perso un componente per motivi sconosciuti, ed era proprio il cantante....Adam perchè l'hai fatto?!? T.T
Ecco il link, se vi ho incuriositi ------------> http://www.youtube.com/watch?v=lL2ZwXj1tXM *-*
Fatemi sapere poi se vi piaccione le canzoni ;)
Comunque descrivere Duncan mentre suonava e cantava è stato...bellissimo! <3
Eheh eccola lì Courtney..di nuovo fa la sua presenza tra le mie righe!
E le sue intenzioni non sono buone..lo so, mi starete minacciando con dei forconi o con delle asce ma...vedrete! ;)
Ringrazio come sempre tutti voi, che mi state seguendo e che mi riempite di complimenti..grazie ancora! :'3
Un grazie speciale a
TeenSpiritWho_ che ha postato i miei disegni ispirati alla sua storia in alcuni dei suoi capitoli..grazie ancora cara collega!! :''3
Bene, spero tanto di avervi incuriositi e...alla prossima! ;)
Un abbraccione,

Dalhia_Gwen

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Capitolo 23
*** -Capitolo 23 ***


E così anche nella bella cittadina Pembroke, l’inverno bussò alle porte senza accettare rifiuti, incupendo anche le giornate più divertenti. Le ore di luce, sempre se ce ne fossero state, diventarono sempre meno, mentre le dominatrici del cielo, le nuvole, avevano sempre la meglio su un ormai sole stanco di splendere, impedendogli ogni via d’uscita, anche quella più piccola.
Quel pomeriggio tuttavia, nonostante il tempo non promettesse nulla di buono, i due fidanzati-corridori si recarono in palestra per allenarsi un’ultima volta, affinché avessero ottenuto il meglio da sfoggiare poi alla seconda competizione che si sarebbe tenuta il giorno seguente.
Innamorati più che mai, mano nella mano fecero il loro ingresso in palestra, per poi dividersi per poco tempo nei loro rispettivi spogliatoi, e rincontrarsi sul campo verde che si estendeva per tutta la palestra.
Ognuno cercava di concentrarsi sulla gara del giorno dopo, cercando di seguire le indicazioni precise e costanti del loro fiero allenatore, che non li perse di vista per un attimo. Eppure, ogni tanto, prima ad uno e poi all’altra, sfuggiva quell’occhiatina dolce rivolta alla persona amata, talvolta accompagnata da sorrisi a trentadue denti, che li fece rischiare molte volte di perdere la concentrazione, soprattutto a Duncan, ma subito tornavano al loro obbiettivo principale che era al primo posto in quel momento.
Tra flessioni, sprint e prove di resistenza il pomeriggio passò, e la gara arrivò senza indugi.
Stavolta i ragazzi dovettero recarsi a San Salvador, una città dell’America centrale, dove era presente una pista d’atletica leggera talmente grande da essere scelta per poter far gareggiare i finalisti degli stati americani partecipanti alla competizione. Solo una squadra avrà l’onore di rappresentare il proprio stato nella gara finale che si sarebbe tenuta tra due settimane e dove vedeva gareggiare tutto il mondo.
Una volta arrivati, i ragazzi avrebbero avuto un mancamento se non ci fosse stato Luigi a sorreggerli: la pista era tre volte più grande di quella che era presente nella loro città, e intorno a loro vi erano ragazzi e ragazze provenienti da ogni angolo dell’America. Gwen tentò più volte di incitare le proprie gambe ad effettuare qualche passo, ma la mente si rifiutava, troppo presa dalla paura di dover percorrere quei interminabili chilometri.
“Avanti ragazzi, non potete bloccarvi a questo punto! Siete riusciti a superare il primo ostacolo con grande temperamento, non potete mollare ora!” Luigi si abbassò fino ad arrivare ai loro volti, per poi poggiare le mani sulle loro spalle.
“Ragazzi, mi fido vi voi” concluse poi Luigi con gli occhi lucidi, che colpirono non poco la coppia.
Stavano per dire qualcosa quando il suono dell’altoparlante invitava i partecipanti di prepararsi glielo impedì, e veloci salutarono l’allenatore per poi andarsi a preparare.
Erano tutti pronti sulla pista, accovacciati con una gamba allungata dietro per dare la spinta.
Gwen faceva dei lunghi respiri per scaricare la tensione, ma le mani con cui si manteneva per terra tremavano e il suo sguardo era fisso nel vuoto. Aveva paura di deludere, di non riuscire a fare il meglio che avrebbe potuto, di non arrivare in finale. Ormai mancava solo questa gara, dopodiché poteva addirittura gareggiare con i migliori dei migliori, tutti più o meno coetanei. Era terrorizzata all’idea di non riuscire a raggiungere il suo obbiettivo: vincere quella gara.
Come se avesse avvertito le paure e i tormenti della sua ragazza, Duncan di girò verso di lei, e con una mano incrociò le dita con quelle della sua amata. A quel contatto Gwen si girò di scatto tremolante, ritrovandosi di fronte quegli occhi che tanto la ipnotizzarono ma che in quel momento la stavano fissando premurosi.
“E…e se non ce la facessi?” disse quasi sussurrando, con una voce che mano mano le stava morendo in gola.
“Ti amerei lo stesso.” Rispose lui sorridendo e col suo solito fare ironico, con l’intento di farla tranquillizzare un po’, riuscendoci. Infatti a quelle parole la ragazza gli sorrise dolcemente appena in tempo, in quanto un fischio d’avvertimento echeggiò nell’aria riprendendo le attenzioni di tutti, per poi essere seguito da un ennesimo più lungo che segnava la partenza.
Scattarono tutti veloci come il vento, ognuno con la propria forza e con la propria determinazione. Gli spalti erano pieni di gente: vi erano genitori, amici e persino sconosciuti appassionati alla disciplina. Tra loro purtroppo Margaret e Mark non erano presenti, in quanto la madre non poteva assolutamente prendere giorni liberi in un momento così delicato per l’azienda in cui era operaia: lo stabilimento infatti aveva minacciato i dipendenti di licenziarli se avrebbero chiesto delle ferie extra in quelle settimane cruciali, dove avrebbero dovuto dare il massimo per fare in modo che la produzione sarebbe andata a buon fine. Di conseguenza anche il fratello non ebbe il privilegio di vedere la sorella gareggiare,ma doveva attendere con impazienza la fine per chiamarla e scoprirne l’esito.
Per quanto riguarda la famiglia del punk, quest’ultima non aveva alcuna intenzione di sostenere il loro figlio in quelle sottospecie di competizioni.
“Ma che razza di gare sono? Non ti rendi conto che è tutta una messa inscena? Figurati poi se proprio tu arrivi in finale…” erano queste le ultime parole che Duncan udì da suo padre Drew, prima di uscire di casa infuriato sbattendo la porta dietro di sé. Era da sempre considerato la “pecora nera” della famiglia, dal preciso momento in cui cominciò a ribellarsi alle imposizioni del padre che gli rovinò gli anni dell’adolescenza, e che continuava tutt’ora che era diventato maggiorenne.



                                                  ***

“Ma che futuro vuoi avere se vai in giro con quella cresta da deficiente e con quel viso bucato?! Vergognati! Non sei degno di essere mio figlio!” esclamò una volta Drew in preda alla rabbia.
“Allora puoi smettere di considerarmi tuo figlio, ho chiuso con te!!!” rispose con lo stesso tono Duncan, all’epoca diciassettenne, con la pazienza oramai ridotta ai minimi termini.



                                                  ***

Da quel momento in poi chiuse ogni rapporto col padre, arrivando addirittura a non rivolgergli neanche la parola. Gli unici con cui andava d’accordo erano il fratello Matthew e la madre Jasmine, dalla quale ereditò tutti i pregi che il ragazzo aveva. La donna infatti l’aveva sempre difeso davanti al marito ed era colei che, con la santa pazienza, andava ogni volta in camera del figlio per consolarlo dopo che il padre lo riempiva di botte ed insulti. All’inizio il figlio la respingeva, ma la povera Jasmine non si perse d’animo, e pian piano conquistò la fiducia di Duncan facendogli capire che lei l’avrebbe amato lo stesso, anche se aveva un ciuffo di capelli verdi fluorescenti e un viso contornato di piercing. E fu proprio lei che ebbe l’onore da Duncan di sapere che lui e una “sua amica” avevano vinto la prima gara e che sarebbero dovuti gareggiare a San Salvador per la seconda, per poi aggiudicarsi un posto nella finale. La donna era al settimo cielo e subito ne parlò col marito, non prima però di pregare il figlio di essere partecipe, ma con una malvagità e un cuore privo di sentimenti l’uomo ebbe il coraggio di rifiutare la proposta di sostenere il punk nella gara.


Lo sforzo con cui i ragazzi mantenevano il ritmo era davvero forte, ma nessuno cedeva. Passarono venti minuti, e i partecipanti fecero i primi 4 giri di corsa su 8 che avrebbero compiuto, con un’adrenalina che alimentava la loro sete di vittoria. Al primo posto vi era un canadese, seguito costantemente dai due fidanzatini: ogni tanto si girava indietro per controllare se davano segni di cedimento, ma incontrava sempre quattro occhi puntati su di lui che lo scrutavano da cima a fondo. Nell’osservarli il giovane provava paura, ma cercava di stare calmo lanciando loro delle stilettate pesanti. Arrivarono al sesto giro e qualcuno cominciava a rallentare per lo sforzo che stava compiendo, ma quando raggiunsero l’ottavo ne rimase davvero pochi in gara. Duncan e Gwen mantenevano sempre il passo dietro al canadese, non riuscendo però a sorpassarlo. Gwen aveva gocce di sudore che le scendevano sulle gote rosse che si ritrovava, mentre la fronte era corrugata per la fatica che stava compiendo. Guardò per un attimo il suo fidanzato alla sua destra, che le è stato costantemente accanto senza mai perderla di vista: aveva anche lui il viso rigato dal sudore, ma la sua espressione era concentratissima e determinata a fare sforzi disumani se fosse stato necessario. Aveva sviluppato molti più muscoli in quel periodo, rendendolo ancora più attraente. Cercò di non soffermarsi su questi ultimi per non perdere la concentrazione, ma oramai le forze la stavano abbandonando e il respiro era sempre più corto. Stava tornando a guardare in avanti, quando ad un tratto vide il canadese davanti a loro che salutava il padre con una mano, una volta che raggiunse il tratto di pista vicino agli spalti.
“Vai figliolo, sono fiero di te per essere arrivato a questo punto!” gridò un uomo decisamente alto dalla tifoseria, mentre il figlio gli sorrideva felice.
A Gwen fece tenerezza quel momento e si girò verso Duncan per trovare conforto, ma quello che vide fu più doloroso della pulsazione delle sue gambe: nell’udire le parole di quel padre felice per il proprio figlio, Duncan ebbe un momento di debolezza, tanto da fargli sfuggire una lacrima. Cominciò a stringere i pugni più forte, mentre strizzò gli occhi per la rabbia.
Mai un complimento ricevuto dal proprio padre.
Mai una carezza.
Mai una risata.
Mai uno scambio di opinioni.
Niente di niente.
Ma nulla di tutto ciò gli pesò come in quel momento: avrebbe tanto voluto udire quelle parole da Drew.
In quel preciso istante la rabbia ribollì in lui come un vulcano in eruzione, cominciando così a correre più veloce nonostante avvertiva nelle gambe pulsazioni dal dolore indescrivibile, come degli aghi infilati nella pelle.
Raggiunse il ragazzo davanti a lui in cinque secondi ma continuò a correre per la rabbia che gli stava avvolgendo l’anima.
Arrivò in un punto impreciso del campo, e si fermò avvertendo l’erba sotto i suoi piedi, segno che non stava calpestando più la pista. Solo in quel momento avvertì le gambe cedere e farsi improvvisamente più pesanti, e a peso morto cadde in avanti, svenendo.

“D-Dove..dove sono?” la voce stanca di Duncan risvegliò la ragazza seduta sul suo letto, che lo vegliò per tutta la notte. Gwen sobbalzò dalla posizione rannicchiata per poi allungarsi sul suo fidanzato.
“Amore ti sei svegliato finalmente!!” la voce allegra di Gwen era spezzata da una nota di paura, mentre con le mani prese il viso di lui baciandolo dappertutto.
“Ti trovi in ospedale, ti sei stancato troppo durante la gara..” proseguì poi lei allontanandosi di qualche millimetro dalla sua bocca.
“Cosa..cosa mi è successo?” chiese nuovamente il punk vedendo gli occhi lucidi della gotica.
“Hai cominciato a prendere improvvisamente velocità, qualche secondo prima dello sprint, dopodiché hai sorpassato il ragazzo davanti a noi e…..HAI TAGLIATO IL TRAGUARDO PER PRIMO!!” esclamò lei in preda alla gioia e stringendolo forte a sé.
Il moro rimase impietrito per qualche istante, per poi realizzare quello che la sua ragazza gli aveva appena detto: AVEVA VINTO! VINTO! Lui, il ragazzo che non sarebbe riuscito a farcela secondo il padre. Ripensò di nuovo alle sue parole, che gli lacerarono il cuore per l’ennesima volta, ma era troppo contento per rovinare quel momento, e come risposta fece avvicinare la fidanzata verso di sé circondandola con le braccia.
“Evvai!! Ahahah non ci posso credere..proprio io?” domandò lui pieno di gioia.
“Sì! E..non so cosa ti abbia turbato prima di quel momento, so solo una cosa: sono fiera di te!!” disse lei accompagnando la frase con un lungo bacio a stampo.
Quando si staccarono, il punk la guardò nei suoi profondi occhi di ossidiana essendole grato per poi stringerla forte a sé e ragalandole un sorriso sincero ed amorevole. Prima che però proferisse parola, la gotica si alzò di scatto euforica.
“Vado a dire al dottore che ti sei svegliato, così possiamo tornare a casa!” e così dicendo sparì dietro l’angolo di quel corridoio.

Dopo aver festeggiato a casa della ragazza e poi con alcuni cari amici, Duncan tornò a dedicarsi maggiormente all’evento più divertente della settimana: la festa. Si stava impegnando al massimo affinché tutto sarebbe andato per il meglio: la mattina si esercitava insieme alla sua band in quelle ore concesse dalla preside, mentre il pomeriggio si riunivano di nuovo a casa del festaiolo per poter provare ancora. Tra l’altro la data era ormai imminente, mancavano tre giorni e i ragazzi sentivano l’ansia prendere possesso delle loro emozioni.
Quel mattino Duncan e Gwen tornarono a frequentare la scuola, anche se controvoglia e, dopo essere stati più volte fermati da alcuni compagni di scuola per congratularsi con loro, si divisero per entrare nelle loro rispettive classi.
Nella 4° A la giornata sembrava trascorrere normalmente: nell’ora di una delle sue materie preferite, Gwen si offrì volontaria per risolvere un difficile problema di geometria che l’insegnante aveva assegnato proprio quella mattina. Non appena ebbe il consenso da parte dell’insegnante, Gwen si alzò felice dal suo banco per dirigersi poi verso la lavagna, mentre tutta la classe puntava i loro occhi pieni di odio su di lei.
Ci mise cinque minuti per risolvere il tutto, e quando ebbe finito si girò verso la professoressa che moriva dalla voglia do congratularsi con la sua alunna.
“Benissimo, non avevo dubbi. E’ risolto in maniera perfetta. Mia cara puoi tornare al tuo posto!” esclamò l’insegnante alzandosi dal suo posto per poi prendere il gesso di nuovo tra le mani.
“Sarà fortunata nella matematica, ma non in amore…” disse a bassa voce Courtney fingendo di parlare con la ragazza seduta accanto a lei, non appena si rese conto che la gotica stava passando vicino al suo banco. Quando lo fece, Gwen non potè far a meno di girarsi e guardare di sottecchi l’ispanica che nel frattempo fece nascere sul suo viso un ghigno malefico che non prometteva nulla di buono, ma la gotica lo ignorò.

Dopo la bella ora di matematica si susseguì quella di storia, che la maggior parte degli alunni non sopportava, compresa Gwen. Quindi per ricaricarsi, decise di prendersi una boccata d’aria lungo i corridoi, e così fece.
Stava attraversando lentamente il lungo piano in cui si trovava la sua classe, intenta a curiosare fuori dalle grandi vetrate della scuola che rendevano quell’ambiente sempre luminoso, quando notò un ragazzo a lei familiare che le veniva incontro.
“Ehi, tu devi essere la ragazza di Duncan, giusto?” chiese il moro dopo che la squadrò da cima a fondo. Ella annuì confusa.
“Bene, questo è per te!” disse e le porse tra le mani un bigliettino, per poi dileguarsi.
Diede un ultimo sguardo dubbioso al ragazzo abbronzato che le diede il foglio, ricordandosi di averlo visto gareggiare contro Duncan alla partita, ma la sua curiosità si spostò al contenuto del biglietto:
“Vieni nell’aula delle prove. Non posso starti lontano.
Duncan”
Rise di gusto, anche se un piccolo dubbio balenò nella sua mente: proprio la mattina stessa lui le raccomandò di non “spiarli” mentre suonavano in quanto i brani sarebbero stati per tutti una sorpresa, e lei non era da meno.
“Bah, a quanto pare ha cambiato idea in fretta..” disse fra sé la gotica arrossendo, dopodiché decise di raggiungere il suo fidanzato.


“Okay ragazzi, a stasera allora!” disse il punk per poi vedere il resto della band spargersi e tornare nelle proprie aule. Come al solito, per l’ennesima volta sarebbe toccato a Duncan mettere in ordine quell’aula colma di spartiti e di strumenti sparsi per tutta stanza. Se fosse stato per lui, avrebbe lasciato tutto così come stava, dato che di batterie ne avevano più di una, ma il problema era un altro: la preside raccomandò loro di spostare ogni volta tutto l’occorrente in un angolo in quanto, secondo la sua convinzione, le bidelle avrebbero dovuto pulire l’aula ogni giorno così come facevano per le altre. Peccato che però, ogni qualvolta che la band metteva piede nella stanza, i cumuli di polvere erano presenti sempre negli stessi punti.
Dopo essersi armato della pazienza necessaria, il moro cominciò a spostare la batteria in fondo alla stanza, per poi spostare tutti i leggii avanti ad esso, il tutto mentre canticchiava il ritornello dell’ultima canzone provata.
Guardò meglio la disposizione creata e, non essendo convinto, tornò ad aggiustare meglio la batteria.
“Adesso va meglio!” si disse soddisfatto il delinquente, mentre osservava lo strumento a braccia incrociate. Stava uscendo da quell’ammasso di oggetti, quando si accorse di una presenza dietro alle sue spalle che gli fece sussultare leggermente.
“Cosa vuoi?” chiese seccato e senza emozioni Duncan guardando la persona di fronte a lui.
“Ma che maniere sono di rivolgersi ad una persona? Dove sono quelle dolci parole che usavi quando mi vedevi arrivare?” rispose l’interlocutrice con la sua solita vocina irritante. Il punk alzò gli occhi stufato.
“Arriva al dunque Courtney,non voglio passare neanche un secondo di più con te.” Rispose lui col medesimo sguardo schifato. A quelle parole, Courtney storse la bocca per l’irritazione, ma avrebbe dovuto mantenere la calma affinché il suo piano sarebbe andato per il verso giusto. Fece un lungo respiro per poi prendere la parola.
“Allora è vero? Organizzerete una festa questo sabato e addirittura vi esibirete! Come ai vecchi tempi…” osservò lei con una punta di malizia nella voce.
“Non è come ai vecchi tempi: la festa si farà a scuola, in palestra. E’ diverso..” rispose lui capendo il contenuto tra le righe delle parole di lei, per poi tornare a guardare un’ultima volta la disposizione degli oggetti.
“E ti sei domandato chi ha permesso tutto questo?” l’ispanica approfittò delle spalle che il compagno le diede per avvicinarsi di più a lui.
“La preside?” chiese di rimando il punk con ilarità. A quelle parole la castana rise.
“Sciocchino, e secondo te chi ha fatto in modo che la preside avrebbe accettato? Io! Scott non sarebbe mai e poi mai riuscito da solo a convincerla a dargli quel permesso. Lo sai meglio di me: Scott non ha una bella reputazione all’interno di questa scuola, e neanche tu. Così ho pensato di essere buona con voi e di parlarle io, persuadendola, e ci sono riuscita.” Si vantò lei osservando i cambiamenti che il moro stava effettuando, ma questi scoppiò a ridere all’improvviso.
“E quindi? Fammi capire. Adesso dovrei ringraziarti?!” chiese lui rimanendo lo sguardo su quello che stava facendo.
“Beh, credo sia il minimo..Duncan ascolta, io l’ho fatto davvero per voi, ma soprattutto per te. Sapevo quanto tenevi a questa festa, sarebbe stato un pretesto per ritornare in pista con la tua band, non puoi negarlo. Ed io desideravo tanto vederti felice, una volta tanto..” spiegò l’ispanica poggiando teatralmente una mano sulla sua schiena, accarezzandola. Quel tocco al moro diede fastidio, così come quelle parole visibilmente false, conoscendo la ragazza.
“Courtney, inutile che usi parole dolci con me, tanto io n..” Duncan aveva appena finito di sistemare per l’ultima volta i leggii e stava tornando a guardare l’ispanica, quando un bacio decisamente spinto da parte di lei gli impedì di finire la frase, prendendolo alla sprovvista. Il moro, sconvolto, voleva indietreggiare ma era impedito in quanto incastrato tra gli strumenti, così pensò che l’unico modo per staccarsi da lei era far allontanare lei, per cui posò le mani sui fianchi di lei, e con delle moderate spinte cercava di respingerla. Courtney però fece finta di non capire, così si avvinghiò ancora di più a lui circondandogli il collo con le sue braccia e pressando ancora di più le labbra del punk. A quel punto Duncan, che non osò mai e né aveva intenzione di usare le maniere forti con una donna, si ritrovò ad andare contro la sua volontà, decidendo quindi di spingere violentemente la ragazza divenuta peggio di una sanguisuga. Una voce spezzata dalle lacrime, però, gli impedì di compiere l’azione, mentre una fitta al cuore lo pietrificò.
“N-no…non p-può essere…”
Ma eccola lì, quella piccola figurina minuta, fonte della sua felicità, quella stessa fonte che adesso però gli stava procurando un dolore insopportabile. Posizionata al centro della porta vi era quindi Gwen, con un aspetto addirpoco spaventoso: le lacrime le avevano sbavato tutto il trucco, creando delle linee nere che le solcavano verticalmente tutto il viso, le sue iridi nere erano contornate rosse dalla rabbia, mentre il suo povero corpicino si manteneva in piedi grazie ad una spalla appoggiata allo stipite.
“O-Oh, proprio non ce la facevi a stare senza di me, v-vero Duncan? Tanto da LIMONARE CON LEI! T-Ti è mancata, giusto?!” disse quasi urlando la gotica, mascherando il dolore con una risatina isterica.
A quelle parole Duncan spinse violentemente Courtney per terra,che ebbe da ridire, e col cuore in gola cercò di avvicinarsi alla ragazza.
“A-Amore io..non è come sembra..” tentò di dire lui spaesato, ma Gwen sobbalzò dal suo posto urlando ancora di più.
A-AMORE?! Ahahah Scordati di chiamarmi di nuovo così, brutto idiota! ‘Gwen ti posso assicurare, è acqua passata con lei.. fidati di me…blah blah blah’. Erano queste le parole che mi avevi detto, giusto? Visto che non sono rimbambita? Oh ma tu ci speravi, non è così? Così mi sarei dimenticata delle tue dolci frasi fatte e rifatte..oh sì. Chissà a quante LE HAI GIA’ DEDICATE! Quanto hai preso in giro, COME ME! Quante hai illuso per poi tornare CON QUELLA! Mi hai tradito! Io mi fidavo di te! I-io…Io ti avevo donato il mio cuore! E tu che fai?! L-Lo c-calpesti..così? Potevi restituirmelo…almeno…” la mora non aveva neanche la forza di parlare, consumata da quella visione che la distrusse completamente. Gli occhi del ragazzo cominciarono ad inumidirsi, mentre il suo cuore accellerò i battiti improvvisamente, tanta era la paura di perderla.
“G-Gwen hai frainteso…io..” lui le arrivò vicino, e tremolante tentò di accarezzarle il viso.
“Lasciami stronzo! Non toccarmi mai più! TI ODIO! T-Tra noi è finita!!” la gotica scattò con le lacrime oramai che scendevano senza fermarsi, per poi scappare via, lontano il più possibile dal ragazzo che ha amato più di sé stessa.
Quelle parole furono talmente assordanti da lacerare i timpani del punk assorbendo anche il minimo delle forze che gli furono rimaste, mentre il cuore si frantumava in mille pezzi. Si lasciò cadere per terra vicino alla porta, sbattendo violentemente le ginocchia sul pavimento, ma non se ne accorse neanche, talmente il dolore interiore avesse preso il sopravvento su tutto. L’ispanica gli passò davanti cauta, mentre lo scrutava con uno sguardo soddisfatto, congratulandosi con se stessa della sua bravura. Pensò di non importunarlo per adesso, avrebbe sicuramente messo a rischio la sua incolumità, data la situazione. Ma si ripromise di rincontrarlo in seguito, perché il suo vero intento era quello di riconquistarlo, a tutti i costi. In punta di piedi uscì fuori dalla stanza, e fischiettando tornò nella sua classe. Così il punk rimase solo a fare i conti col suo dolore e col suo senso di colpa: un grido di disperazione uscì liberatorio dal suo corpo, per poi essere accompagnato dalle prime lacrime versate in tutta la sua vita.
Lacrime rivolte a lei, alla ragazza a cui avrebbe giurato di dare protezione.
Alla ragazza che più che mai lo faceva sentire vivo.
Alla ragazza che avrebbe donato la sua stessa vita, se avesse potuto.
Alla ragazza che ha amato più di ogni altra cosa al mondo, e che ancora amava..








-------------°°°Angolino dell'autrice scoppiata in lacrime°°°------------
*Si soffia il naso tristemente*
Poveri cuccioli... T.T
*si rende conto di parlare col pubblico*
Oh ciaooo fans!!! :'D
Sono tornata! E stavolta con il capitolo più lungo che ho mai potuto scrivere! :'3
Mi scuso a priori per tutti coloro che molto probabilemente si sono addormentati o si sono stufati di leggerlo, ma la mia scelta ha una giusta ragione! U.U
Ora vi spiego: la settimana prossima non ci sarò, partirò per le vacanze, per cui non potevo assolutamente aggiornare in quella settimana.
Così, dato che io sono buona e brava ( :3 ), ho pensato di regalarvi, in un solo capitolo, due avvenimenti che avrei dovuto raccontare separatamente.
Quindi..taaaaaa daaaaaaaaaaaa! ;D
Non so se è stata di vostro gradimento..so solo che i fan della DXG mi uccideranno!!!! T.T
*sgrana gli occhi*
Keep calm ragazzi! Dovevo pur mettere qualche intralcio..o no?
*incrocia le dita mentre si guarda intorno*
Okay credo proprio che adesso mi devo dileguare, finchè sono in tempo!
Ci risentiamo a settembre e....buon proseguimento di vacanze!!! ;*
Spero vi sia piaciuto, dopotutto! :'3
*corre alla velocità della luce*



Dalhia_Gwen

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Capitolo 24
*** -Capitolo 24 ***


Non ci poteva credere.
Era successo di nuovo.
Ferita, umiliata, ingannata per l’ennesima volta.
Da chi poi? Proprio dal ragazzo che le rivoluzionò la vita in meglio, fino a quel momento.
 

 ***
Non si rese conto neanche lei quante lacrime fu in grado di versare quella mattina, ma su una cosa era sicura: non poteva tornare in classe in quello stato. Non avrebbe udito neanche una singola parola della spiegazione che si stava svolgendo, così decise di uscire prima da scuola attraverso un permesso d’uscita anticipata di un’ora. Si diresse dunque dalla preside e, inventandosi una scusa plausibile in grado di ottenere il permesso, ebbe il foglietto. Lo fece vedere al docente, che lo firmò, dopodiché si fiondò fuori dall’istituto cercando di non farsi vedere dal punk, data l’alta percentuale della sua presenza tra i corridoi rispetto a quella in classe.
Ora il suo obiettivo era quello di incrociarlo sempre meno: quasi mai, se fosse stato possibile. Non lo voleva né vedere né parlare per nessuna ragione al mondo, dato che sapeva perfettamente che non sarebbe stata in grado di resistere a quello sguardo di cui il suo cuore era, nonostante tutto, ancora innamorato.
Camminò a passo svelto, rifiutando di prendere un mezzo pubblico che le passò proprio accanto: aveva bisogno di sfogarsi, di prendersela con dei poveri sassi innocenti che le capitavano davanti il cammino. Ma quella scelta le costò cara: tenendo lo sguardo basso, urtò contro una coppietta appoggiata ad un muretto intenta a scambiarsi effusioni. Non appena avvertì l’impatto, la gotica alzò il capo ritrovandosi davanti due ragazzi che continuarono le loro azioni come se nulla fosse successo. Quella scena frantumò ancora di più quello che ne rimaneva del suo cuore: rimase immobile a guardarli e a invidiarli, mentre gli occhi cominciarono ad inumidirsi: al posto di quella ragazza sarebbe dovuta esserci lei, mentre al posto di quel ragazzo sarebbe dovuto esserci Duncan, questo fino al giorno precedente. La rabbia cominciò a ribollirle nell’animo, mentre con i denti serrò la bocca in una smorfia, il tutto accompagnato dalle lacrime che scesero di nuovo su quelle guance rosse. Ad un tratto apparve davanti ai suoi occhi l’immagine di Duncan, come un miraggio, che sussurrava quelle dolci promesse che le fece poco tempo fa.
“Ti odio!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Gwen in preda all’esasperazione come se si volesse rivolgere a quella figura che scomparve immediatamente, ma ottenne solo un grido di spavento della coppietta, per poi correre verso casa, poco distante da quel punto.
Una volta salita, aprì l’appartamento con le proprie chiavi e notò la presenza della madre in cucina, intenta a preparare il pranzo. La donna stava canticchiando una canzone incomprensibile ma si dovette fermare non appena udì il rumore delle chiavi nella serratura. Non appena vide la figura della figlia, le andò incontro felice ma allo stesso tempo sorpresa di quel ritorno così precoce.
“Tesoro sei qui! Come mai? E’ successo qualcosa?” chiese la mamma premurosa, mentre si puliva le mani strofinandole sul grembiule. Gwen avanzò verso la sua stanza con il capo sempre abbassato, nascondendo il più possibile il volto sconvolto dalle lacrime.
“N-no mamma, non è successo niente. Mancava un professore, tutto qua.” Sussurrò quasi impercettibile la figlia, per poi poggiare una mano sulla maniglia della sua camera. Stava per entrare, quando la madre la fermò delicatamente.
“Strano..mi avrebbero mandato un messaggio per avvertirmi della tua uscita, come sempre…” disse la donna confusa, ma notò una lacrima bagnarle la mano poggiata sul braccio della figlia, e si allarmò.
“Ma Gwen! S-stai piangendo! C-cosa..?” la madre cercò spiegazioni, ma come risposta ottenne un brusco rifiuto da parte della gotica.
“MAMMA TI HO DETTO CHE NON E’ SUCCESSO NIENTE! QUANTE VOLTE TI DEVO DIRE CHE NON TI DEVI INTROMETTERE NELLA MIA VITA? TU E LA TUA STUPIDA CURIOSITA’! MI HAI STANCATO! MA LASCIAMI IN PACE UNA BUONA VOLTA!!” il grido di Gwen arrivò alle orecchie della donna come un suono fin troppo acuto, quasi assordante e terribilmente fastidioso. Mollò la presa irrigidendosi, mentre la gotica ne approfittò per chiudersi a chiave nella sua camera, lasciando la madre completamente sconvolta.  Non aveva mai visto la figlia comportarsi in quel modo, né tantomeno urlare quelle parole. Era la prima volta che la vedeva così a terra. “Ma cosa diavolo sarà successo?” la domanda si ripeteva ad intermittenza nella mente della povera donna, che cominciò a preoccuparsi ancora di più non appena udì i singhiozzi interni alla camera di Gwen. Aveva voglia di aprire quella porta e di andarla a consolare, ma scacciò subito quel pensiero notando lo stato d’animo della figlia, così pensò di sedersi sul divano a pensare. “Sarà successo sicuramente qualcosa di grave..” si ritrovò a pensare, quando all’improvviso le balenò in mente un pensiero che la fece rabbrividire. “E s-se… se centrasse Duncan?”  scosse violentemente il capo: era quasi impossibile. Quel ragazzo le aveva giurato che non avrebbe mai fatto soffrire la figlia, sì…altrimenti c’avrebbe pensato lei! E poi quei suoi occhi chiari, così limpidi e cristallini, lasciavano trapelare la sua sincerità e bontà, caratteristiche che non avrebbe mai attribuito ad un ragazzo da quell’aspetto. Ma era così, era l’opposto di quello che lasciava vedere il suo aspetto duro e schivo.
Appoggiò il capo tra le mani, in segno di disperazione: un brutto presentimento si fece spazio tra le mille domande.

***
 
Ormai era ora di pranzo, e Mark sarebbe tornato di lì a poco, per cui Margaret mise il tegame nel forno e impostò il tempo di cottura.
“Ecco fatto..” si disse abbozzando un sorriso, per poi avvicinarsi alla finestra da cui aveva sott’occhio l’arrivo dei figli ogni mattina. Focalizzò lo sguardo, ma la sua attenzione venne attratta da una vibrazione poco distante da lei.
Guardò in direzione di essa, e si rese conto che la figlia mise a caricare il cellulare proprio vicino alla presa della televisione. Sbirciò il display, e notò che alla gotica arrivò l’ennesimo messaggio da parte di Duncan: precisamente il settimo. In un primo momento pensò di staccare la spina e consegnare il cellulare alla proprietaria avvertendole dei messaggi, ma poi ci ripensò: perché lasciare il telefono lontano dalla sua vista, soprattutto sapendo di avere un fidanzato così rompi-scatole? Stette per un paio di secondi a decidere, dopodiché l’impulso di sbirciare la convinse a leggere i messaggi:
“Oggi ore 13:45
Ciao Gwen, ho visto che la tua classe è uscita dall’istituto ma tu non ci sei…ti sto aspettando da più di mezz’ora, dove sei?
                                            Duncan”
 
“Oggi ore 13:50
Gwen ho appena chiesto ad un ragazzo che conosco e che frequenta la tua classe: mi ha detto che sei uscita prima decisamente più pallida del solito..ti è successo qualcosa? Ti prego rispondi..mi sto preoccupando..
                                                                 Duncan”
“3 chiamate perse da: Duncan”
 
“Oggi ore 13:58
Gwen perché mi eviti? Ascolta non è come pensi… te lo giuro! Se mi dai modo posso spiegarti tutto..ti supplico rispondi..la tua indifferenza mi sta uccidendo..
                                                                                                   Duncan”
 
 
 
“Oggi ore 14:06
Okay lo so che sei arrabbiata con me, ma hai frainteso tutto! Io tengo troppo a te, come posso pensare minimamente di tradirti? Mi farei solo del male! Tu sei la mia vita! Se solo mi dessi l’opportunità di dirti le cose come sono andate! Incontriamoci oggi dove e quando vuoi, ma te lo chiedo in ginocchio: dammi un’altra possibilità, fammi spiegare amore mio..
                                                  Duncan”
Lesse ogni messaggio un paio di volte, prima di passare a quello successivo. Le gambe cominciarono a tremarle e per poco non le venne un mancamento: non poteva crederci, i suoi presentimenti erano più che giusti.
Strinse tra le mani il cellulare della figlia, mentre un sentimento di rabbia pervase improvvisamente il suo animo.
“C-come ha potuto farmi una cosa del genere..” sussurrò tra sé la donna coprendosi con le mani il viso bagnato dalle lacrime.
“Eppure sembrava essere un ragazzo così a modo, dolce, sincero..” continuò, per poi scuotere il capo a destra e a sinistra. Rilesse nuovamente l’ultimo messaggio, quello che la colpì maggiormente, per poi guardare lo sfondo: una foto, molto probabilmente scattata da qualche amico, di loro due mentre si scambiavano un tenero bacio.

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La posizione era insolita, ma speciale come il loro rapporto. La donna abbozzò un dolce sorriso, pensando a quanto fossero belli in quella foto che però la figlia non le mostrò mai, sicuramente per timidezza.
Duncan aveva ragione: Gwen aveva frainteso tutto. Sì, nonostante possa parer strano da parte di una madre, Margaret aveva ancora fiducia in quel ragazzo e avrebbe fatto di tutto per rivederli insieme. Non sapeva spiegarsi tutta questa apprensione nei confronti del punk, ma di una cosa era certa: da quando quel ragazzo entrò a far parte della sua vita, Gwen era tornata ad essere la ragazza allegra e spensierata di qualche anno prima. Tutto grazie a lui, il cui viso si illuminava ogni volta che incrociava i suoi occhi con quelli della dark, facendo intuire il forte sentimento che provava nei confronti di lei. Questo Margaret l’aveva capito subito, e ne ebbe la conferma la prima volta che ebbe il piacere di averlo in casa. Quel sentimento era ancora vivo in entrambi, e si chiamava amore. Avrebbe tanto voluto aiutarli a superare questo ostacolo, ma sapeva benissimo che, malgrado le sue intenzioni fossero buone, Gwen non le avrebbe permesso di far nulla. Decise quindi di far calmare le acque, per poi cercare di farla sfogare: conosceva bene la figlia, e sapeva benissimo che prima o poi avrebbe ceduto. Il suono di un campanello la fece tornare alla realtà.
“Questo deve essere Mark!” si disse guardando le lancette dell’orologio, per poi andare ad aprire la porta e abbracciare calorosamente il figlio.

***
 
Nonostante tutte le suppliche della madre, Gwen non diede alcun appuntamento a Duncan, ferita più che mai da ciò che vide quella mattina: non appena sembrava ricredersi nel dare un’opportunità a quel poveretto, ecco che la scena di Courtney avvinghiata al corpo del SUO fidanzato, con l’aggiunta del disgustoso bacio che si stavano scambiando,le faceva crollare di nuovo il mondo addosso e una voglia disumana di prenderlo a parolacce l’assaliva ogni volta.
“Io con quello non parlo più!” disse decisa la dark, rifiutando l’ennesimo invito della madre a mandargli un messaggio.
“Oh avanti Gwen! A tutti si dà una seconda possibilità!” continuava ad insistere Margaret seduta accanto alla figlia sul letto.
“E invece no! Non farò lo stesso errore! Lui mi ha distrutto la vita, mi ha presa in giro per tutto il tempo! Io credevo davvero di aver trovato il ragazzo giusto, ed invece si è rivelato essere l’ennesimo deficiente di turno!” concluse Gwen incrociando le braccia e rimettendosi di nuovo a piangere. La madre sospirò: quella ragazza era cocciuta quanto lei.
“Gwen, tesoro ascoltami: hai ragione, quello che ha fatto è stato scorretto, ma non sai cosa lui voglia dirti! Che ti costa esaudire il suo desiderio? Datevi un appuntamento, ascolta quello che ha da dire e, se veramente vuoi chiudere con lui, alza i tacchi e torna a casa!! Non lo vedi quanto soffre?!” disse alzando il tono di voce la donna, esasperata più che mai. A quelle parole la figlia di alzò di scatto in piedi, guardando malissimo la madre.
“Cosa?! Fammi capire, ma da che parte stai? Lo difendi pure?! Senti, io sono grande abbastanza da capire cosa voglio fare per poi agire di conseguenza! Cosa, della frase ‘con quello non parlo più’ , non capisci?!?”  stavolta la ragazza accompagnò il suo discorso sbattendo un pugno sulla sua scrivania, per poi voltarsi e dare le spalle alla madre.
“Benissimo! E’ così che la pensi?! Visto che sei ‘grande’ fai quello che cavolo vuoi! La vita è la tua, fanne quello che vuoi! Ma un domani non venire a piagnucolare da me e a dirmi che hai sbagliato tutto!!” e detto questo, Margaret uscì furiosa dalla stanza, lanciandole il cellulare sul letto.
Gwen fissò truce la porta appena chiusa: ma perché la madre era così testarda?! Perché non capiva che non voleva cadere nuovamente nello stesso errore? Molte volte, in passato, diede la fatidica ‘seconda possibilità’ alla gente che la fece soffrire, anzi, più di una volta. Il risultato? Ennesime delusioni, ennesime nottate a piangere in silenzio. Sì, a versare lacrime insonore, e questo Margaret non lo sapeva. Ecco perché Gwen insisteva a chiudere ogni rapporto con Duncan, malgrado la cosa era più difficile di quanto lei pensasse. L’amava, nonostante tutto, ed era consapevole dei suoi sentimenti, ma quello che le aveva fatto era imperdonabile.
“I-Io sono forte..riuscirò a superare anche questo ostacolo..” cominciò a ripetersi come se fosse una cantilena asciugandosi il viso, per poi infilarsi sotto le coperte e cercare di prendere sonno, anche se le lacrime non avevano intenzione di cessare.

***
 
La notte non passò tanto in fretta, come lei avrebbe creduto, in quanto non ha chiuso occhio neanche per un minuto. Solo verso le 4:00 la gotica poté finalmente dire di aver fatto quelle poche ore di sonno per poi tornare con la mente di nuovo sugli stessi pensieri.
Ma neanche il punk se la passò bene: per tutto il pomeriggio stette ad osservare costantemente il display del suo cellulare, avvolto dalla speranza di poter ricevere un  messaggio dalla sua amata. Ma fu tutto inutile, perché il telefono non emise alcun suono: si addormentò verso le 21 con l’apparecchio elettronico in mano, mentre era intento a guardare la galleria del suo telefono e a provare nostalgia dei sorrisi che la sua Gwen gli regalava ben volentieri.

***
 
Il mattino seguente Duncan preferì non andare a prendere Gwen sotto casa, intuendo la risposta negativa del giorno precedente, sperando con tutto se stesso di poterle parlare con più calma fuori dall’istituto. Peccato che però la gotica pensò di assentarsi quel giorno, troppo stanca per poter affrontare ben sei ore scolastiche. Pregò insistentemente la madre di permetterle di fare quel giorno d’assenza, evento decisamente raro da parte sua, e dopo una mezz’oretta di litigio, Margaret cedette.
“Mmh..stanchezza, certo..ringrazia il fatto che non hai materie la cui spiegazione è di fondamentale importanza per poter studiare..” disse la madre regalandole una stilettata per poi dirigersi di nuovo in cucina. Gwen sospirò: oggi avrebbe dormito di più e non avrebbe visto nessuno. Già, perché la verità era un'altra e alla madre non sfuggì: la gotica non voleva incontrare per nessuna ragione Duncan perché sapeva perfettamente che il ragazzo sarebbe stato in grado di saltarsi le sei ore di lezione e rimanere immobile davanti all’aula di Gwen aspettando il fatidico suono della campanella grazie al quale la ragazza sarebbe finalmente uscita fuori e le avrebbe parlato.
 
Così Gwen passò le prime ore della giornata a casa ad ascoltare musica rock, l’unico genere in grado di farla sfogare tanto da sentirsi meglio subito dopo. L’aveva sempre aiutata quando cercava conforto in essa, e sperava con tutta se stessa che anche quella volta, nonostante il problema fosse più importante dei precedenti, avrebbe avuto la giusta dose di forza per superarlo. Peccato che però si fosse solo illusa: ascoltò le band più “chiassose” esistenti sulla faccia della Terra con il risultato di rendersi conto che i medesimi brani erano ascoltati da Duncan, e che la stessa musica fosse il loro comune rifugio quando volevano distrarsi. Un brivido le percorse l’intera schiena quando distrattamente il suo dito cadde su “Never too late”, la canzone cantata dal punk con la sua bellissima voce quella volta che venne a sapere della sua bravura in quel campo..
“Dannazione!!” imprecò lei togliendosi bruscamente le cuffiette quando riconobbe le prime note.
“Pure tu ti ci metti!” si rivolse poi al suo MP4, prima di farlo cadere sui cuscini poggiati ai suoi piedi, tornando a piangere.
“L’unico modo per sfogarmi veramente è..è la palestra. Ma anche Duncan la frequenta..” si disse,arrossendo quando pronunciò il suo nome. Sbuffò, per poi riprendere fiato.
“Ho deciso: oggi andrò lo stesso in palestra, a-anche se ci sarà lui..Sarà un vantaggio per me, perché mi basterà guardarlo per…per avere più carica e prendere a pugni il manichino! E poi..non posso tralasciare l’allenamento della gara per colpa sua! Ne vale del mio orgoglio..” disse stringendo i pugni al petto, per poi asciugarsi le lacrime. Ma proprio quando sembrava avesse preso un po’ di carica, il cellulare cominciò a squillarle. Un velo di terrore calò sul suo volto, temendo fosse proprio il ragazzo in questione. Guardò tremante il display, per poi fare un sospiro di sollievo e rispondere.
“Ehi Bridg, ciao.” Salutò alla bionda sforzandosi di assumere un tono più pacato possibile.
“Ciao Gwen, perché non sei venuta a scuola oggi?” le domandò la sua interlocutrice premurosa.
“Come fai a saperlo?” chiese cupa la mora, mordendosi il labbro inferiore.
“Io…Ti sono venuta a cercare in classe, ma non ti ho trovata..” rispose la surfista mentendole.
“Cosa volevi dirmi?” riprese la gotica a parlare dopo qualche secondo di silenzio.
“Te lo dirò non appena mi aprirai la porta di casa. Sto arrivando.” Disse Bridgette sorridendo.
“C-cosa? Stai arrivando?..M-ma c-come..?” Gwen rimase spiazzata dall’ultima risposta dell’amica, ma non fece in tempo a sapere altro in quanto l’amica chiuse immediatamente la chiamata. Solo dopo un paio di minuti si rese conto che il campanello di casa emise un suono, e dopo un “Vado iooo!” si fiondò immediatamente sulla soglia per aprire.
“Gweeeeeeen!” la salutò raggiante più che mai Bridgette.
“Ehi, che sorpresa!” sorrise la mora ricambiando l’abbraccio stritolante, per poi rendersi conto che la sua amica non fosse sola. Infatti dietro di lei, apparvero due figure altrettanto allegre.
“Ciao mozzarellina, io sono Leshawna! Ma per le amiche Black Mama!” una ragazza di colore e abbastanza in carne avanzò goffamente dando una pacca energetica su una spalla della gotica, facendole perdere per un attimo l’equilibrio.
“Tesoro la tua aurea è di un colore indescrivibile! Povera, è a pezzi..” una vocina minuta si sentì dietro Leshawna, per poi mostrare la sua sorgente. La gotica guardò confusa la ragazza mingherlina e pallida quanto lei che timidamente si fece avanti.
“Ehm Gwen, lei è Dawn, la ragazza di Scott..”  si affrettò a dire Bridgette indicando l’altra biondina che la fulminò non appena si sentì chiamare ‘ragazza di Scott’. Alzò un indice rossa in viso per ribattere, ma Bridgette la precedette.
“E non negare, anche Gwen l’ha capito..” disse per poi farle l’occhiolino e scoppiare a ridere insieme a Black Mama.
Gwen ascoltò il dialogo sempre più scioccata, convincendosi che, molto probabilmente, prima di farle visita avessero fatto una pausa in un pub per bere molte bottiglie di birra. Le tre inseparabili amiche, tuttavia, si ricomposero notando lo sguardo stupefatto della gotica.
“Gwen perché non fai entrare le tue amiche?” Così offri qualcosa!” la madre sorridente sbucò improvvisamente dalla sua stanza dove si mise ad origliare per tutto il tempo.
“Oh grazie signora, anche perché dobbiamo parlare con sua figlia.” La gotica guardò Bridgette interrogativa, dopodiché si limitò a seguire il consiglio della madre.
 

***
“Ragazze, quante volte ve lo devo ripetere? IO NON VOGLIO ANDARE ALLA FESTA! Come ve lo devo dire!?”  Gwen non ce la faceva più a ripetere sempre le stesse cose a tre ragazze che erano dure di comprendonio peggio della madre.
“E invece devi venire! Non puoi darla vinta a quella vipera! Non ti rendi conto che stai facendo il suo gioco?”  chiese la più paziente delle tre, ovvero Dawn, che era seduta accanto alle altre creando una barriera intorno al tavolo e di fronte a Gwen.
“Ma che mi importa? Dovrei andare a quella festa ad umiliarmi ancora di più? Io non devo festeggiare proprio nulla…” disse la mora abbassando lo sguardo. Le tre sospirarono.
“Gwen ascolta, sappiamo quanto tu stia soffrendo per lui, ma non credi che restare a casa sia peggio? Secondo te non mi sono resa conto che, quando mi hai risposto al telefono oggi pomeriggio, stavi piangendo? Tu lo ami ancora, si vede, ma dando buca alla festa non risolverai di certo il problema!  Anzi, apparirai agli occhi di tutti come una debole, facendo capire di essere legata ancora a lui..” spiegò la surfista prendendole le mani e sorridendole. La gotica venne colpita dalle parole dell’amica che centrò in pieno la questione. Si sorprendeva sempre più delle sue capacità persuasive.
“Vieni con noi a fare shopping per la festa, ti prego..”  continuò l’amica quasi supplicandola. Gwen strinse le mani che aveva sotto quelle di Bridg in pugni, deglutendo.
“Bridg n-non posso..I-io devo partecipare alla gara finale..n-non posso perdere l’allenamento..”  cercò di dire sicura la gotica, non potendo nascondere il tremolio della sua voce. A quel punto Black Mama si alzò dal tavolo furiosa.
“Oh insomma Gwen! Basta con questa scusa! Sappiamo benissimo che non è certo per quello che non vuoi venire! Duncan ti ha sempre descritta come una ragazza determinata e sempre in forma e..ha ragione! Cavoli hai un fisico invidiabile anche dalle dive! Aggiungi anche me comunque…Ma di certo un giorno d’allenamento saltato non è la fine del mondo! Di sicuro non ingrasserai perché non toccherai nulla del buffet e poi, se non erro, la gara è la settimana prossima, no? Hai ancora qualche altro giorno per allenarti! E adesso alza quelle chiappe più sode delle nostre e vieni con noi!”
La ragazza diede spazio a tutta la rabbia che aveva, non rendendosi conto che avesse alzato la voce in modo da attirare anche l’attenzione di Mark che si era rinchiuso nella sua stanza ad ascoltare la musica, e che adesso aveva aperto la porta mandando uno sguardo sconvolto alle ragazze, scioccate quanto lui.
“L’aura di Lesh è viola..significa che farai meglio ad ascoltarla Gwen..altrimenti..”
“Oh Dawn ti pare il momento di leggere le auree adesso?!” chiese irritata Bridgette.
“Ma io la stavo solo avvertendo!”
“EH VA BENE! BASTA! VERRO’ A QUESTA STUPIDA FESTA!”  la gotica finalmente cedette, esasperata più che mai nel sentire le sue “care” amiche litigare di nuovo. Almeno l’avrebbero finita.
“Cosa hai detto?” chiesero all’unisono le ragazze sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Gwen incrociò le braccia, non nascondendo però il sorriso.
“Tutto d’un tratto siete diventate sorde? Avete capito bene..verrò.”  disse la mora roteando gli occhi.
In tutta risposta le amiche si dettero un cinque per poi alzarsi contemporaneamente per andare ad abbracciare la gotica.
“Mia cara mozzarella ti porteremo nel regno dei sogni di ogni ragazza! Sceglieremo un vestito adatto a te e alla tua personalità gotica, rendendoti più bella di quanto tu non lo sia già!” esclamò entusiasta la nera.
“Sarai uno schianto Gwen!” disse la surfista.
“E tutti moriranno d’invidia!” E se lo dico io non mi sbaglio!” continuò Dawn felice.
“Okay okay..basta che il trucco lo fate decidere a me!” esclamò la gotica tra una risata e l’altra. Le amiche annuirono e, dopo aver aspettato che Gwen avesse preso tutto, insieme uscirono e si diressero verso il centro commerciale più ambito della città, pronte più che mai a perdere l’intero pomeriggio per apparire perfette la sera seguente, ma soprattutto per fare in modo che la festa sarebbe divenuta speciale per i due ragazzi dal cuore infranto.
 
“Oggi, ore 16:47
Duncan ce l’abbiamo fatta! Abbiamo finalmente convinto Gwen a venire alla festa! Siamo al centro commerciale, domani sera resterai a bocca aperta! Stai tranquillo, ce la farai, un abbraccio.
                                                        Bridgette”
 




--Angolino dell'autrice felicissima di aver visto la prima puntata di Total Drama: All Stars--
Buonsalve miei cari!! :D
Rieccomi qui con l'atteso capitolo tanto richiesto da voi! :'3
E come sempre mooolto lungo! *-*
Ebbene sì, adesso sono comparse anche le nostre Leshawna e Dawn! :D
Aww quanto le adoro! Insieme potrebbero formare un quadretto inseparabile, o sbaglio? :3
Ad ogni modo, spero che il capitolo vi sia piaciuto *incrocia le dita*
Mi raccomando fatemelo sapere, sono curiosissima!! :'D
Waaa! Sono molto gasata! <3 Chi di voi ha già visto il primo episodio in inglese della quinta stagione? Io non ho resistito...avevo voglia di vedere i nostri tesori <3
Comunqueeeeee *arrossisce* visto il disegno? :3 L'ho fatto io ed è una parte dell'originale che trovate qui --> http://dalhia-gwen.deviantart.com/art/DxG-Everything-else-doesn-t-matter-380934109
Se vi è piaciuto e ne volete vedere altri, allora visitate la mia pagina Facebook ---> https://www.facebook.com/pages/Dalhia-Creazioni/243291869107251 e, se volete, cliccate Mi Piace...please :'3
Eh sì, sono troppo fissata con questa coppia, ma dovete sapere che il mio hobby più grande è disegnare! <3 E mi fa stare meglio :3
Un'ultima cosa: volevo dirvi che non so se riuscirò ad aggiornare frequentemente perchè da domani inizia la scuola, per me... T.T
Cercherò però di fare il possibile per scrivere almeno un capitolo alla settimana, prima non posso..mi spiace :(
Bene, credo di aver detto tutto :D
Un abbraccione e, per chi come me inizia domani la scuola, in bocca al lupo! ;)

Dalhia_Gwen

 
 
 

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Capitolo 25
*** -Capitolo 25 ***


Era finalmente sabato, il giorno in cui si sarebbe svolta la tanto decantata festa. Quella mattina molti ragazzi preferirono non presentarsi a scuola, troppo occupati a pensare cosa indossare o cosa cospargere sul proprio viso per essere impeccabili all’evento serale. Tutti tenevano a fare bella figura, soprattutto se l’ambito sarebbe stato una festa completamente gestita e organizzata dal gruppo più popolare dell’istituto, in cui tra l’altro era presente Geoff, il “re delle feste”, come lo chiamavano tutti. Persino Gwen, nonostante continuasse a negarlo, voleva apparire decisamente diversa dal solito, trasgredire ogni tanto le regole e, sì, perché no, anche mostrarsi più ammiccante agli occhi degli altri, o meglio agli occhi di lui, Duncan.
Non appena tornò a casa, pranzò velocemente, per poi fiondarsi in camera e rimanerci fino a quando non sarebbe scesa pronta per partecipare alla festa.
Sì lavò accuratamente i capelli, arricchendo lo shampoo con i prodotti naturali che le sue amiche la costrinsero a comprare. Dopo essersi studiata per bene l’ordine di aggiunta di quei oli, sciacquò per bene i capelli, per poi avvolgerli con l’asciugamano fino a formare un turbante. Tornò in camera con la sua amata trusse dark, eccitata più che mai nel creare un trucco da urlo, ma notò la madre intenta ad ammirare per l’ennesima volta l’abito poggiato sul letto, quello che la figlia avrebbe indossato quella sera. Era un abito particolare ed elegante allo stesso tempo: era molto corto in avanti e lungo dietro, rigorosamente nero, colore che la figlia indossava maggiormente, con una scollatura a cuore su cui spiccavano luccicanti decorazioni fino al busto,  che le donavano la lucentezza giusta per apparire perfetta.
“Ma quanto è bello!” continuava a ripetere la mamma tra sé, non accorgendosi della presenza della figlia. A quelle parole Gwen sorrise.
“Cosa c’è mamma? Vuoi indossarlo tu?” le domandò la ragazza per poi posizionarsi accanto alla donna che non potè far altro di ridacchiare.
“Oh mia cara non sai quanto! Se solo avessi l’occasione..Ma credo che stia molto meglio a te, già lo immagino addosso alla mia bambina!” le urlò Margaret piena di commozione, tanto che le scivolò sulla guancia una lacrima fugace che prontamente asciugò.
“Oh andiamo mamma..è solo una festa!” rispose Gwen alzando gli occhi al cielo ma non potendo nascondere il profondo imbarazzo per quelle parole.
“Sì ma sarai bellissima..” continuò la donna con voce flebile, per poi avvicinarsi di più alla figlia accarezzandole una guancia.
“Mamma dai..fammi sbrigare così mi puoi vedere tutta pronta!” affermò velocemente Gwen posizionandosi davanti allo specchio, avvertendo il disagio di quella situazione, non prima però di abbracciare la mamma e sussurrarle un “grazie” . Una volta sola nella propria stanza, cominciò a frugare nella trusse per poi iniziare a decorare il viso candido, cercando di fare il più presto possibile, dato che di lì a poco sarebbero venute ad aiutarla le sue “inseparabili” amiche.
Per quella sera decise di usare meno eyeliner e di essere molto naturale, non rinunciando però al suo amato stile dark. Ne stese una linea veloce fino a formare una coda alla fine dell’occhio, per poi sfumarlo verso la palpebra delicatamente e rendere lo sguardo più “felino”. Contornò anche la parte sottostante degli occhi, per poi passare al mascara, rendendo le sopracciglia ancora più lunghe di quanto già non lo fossero. Colorò le guance con un quasi invisibile blush al fine di dare un leggero colorito al viso, per poi concludere con un lucido tendente al nudo, dato che la madre e le sue amiche le proibirono severamente di “macchiarsi” le labbra col suo solito rossetto nero o verde acqua, almeno per quella sera.
“Perfetto!!” esclamò la ragazza soddisfatta davanti lo specchio, muovendo il capo lentamente a destra e a sinistra, ma il suono del citofono attirò la sua attenzione.
“Devono essere loro.. che tempismo!” si disse per poi posare la trusse in bagno e raggiungere le ragazze.
Sulla soglia infatti erano presenti Bridgette e Leshawna raggianti più che mai con i loro bellissimi vestiti: la surfista indossava un tubino azzurro molto corto ma elegantissimo, coperto in parte dai suoi bei capelli lunghi e biondi, mentre Black Mama scelse un vestito lungo rosso acceso, scollato avanti e indietro, ornamentando il tutto con l’oro dei suoi gioielli e con i capelli stranamente sciolti che mostravano la loro natura mossa e sbarazzina. Non appena le vide, Gwen le abbracciò sorridente.
“Ragazze, ma siete bellissime!!” esclamò tutta contenta. Le amiche ricambiarono calorosamente l’abbraccio, per poi ridere di gusto.
“Eh sì, il tocco della professionista c’è e si vede..” disse goffamente Leshawna vantandosi, “Ma qui la bellissima devi essere tu, mozzarellina! Ehi ma ancora non ti sei vestita?! Muoviti o faremo tardi!” continuò poi trascinandola in camera.
Dopo circa due ore di incomprensioni e scambi di idee che non riuscivano a conciliare, Gwen fu finalmente lasciata in pace, e in quel momento era davanti allo specchio mostrando un sorriso a trentadue denti.
“I-io..ragazze non ho parole…” disse la ragazza visibilmente emozionata per quella trasformazione così radicale che però le piaceva. Dietro di lei, le amiche la sorridevano soddisfatte, mentre gli occhi della madre si illuminarono non appena la vide.
“Dovresti essere più sicura di te stessa Gwen, noi non abbiamo fatto altro che esaltare la tua bellezza!” esordì Bridgette dando una pacca sulla spalla alla mora, che la guardò con gratitudine.
Ed infatti era così: le ragazze non fecero nulla di speciale, se non aiutarla a scegliere il vestito giusto occupandosi infine della pettinatura. Le piastrarono i capelli, modellato il ciuffo con la spazzola per poi prendere qualche ciocca e darle volume col ferro, facendo spuntare ogni tanto un boccolo ribelle. Il risultato piacque persino al fratello che, non appena la vide, ebbe difficoltà ad accettare che quella fosse davvero sua sorella.
“Sorellona credo proprio che per stare tranquillo io sia costretto a venire con te alla festa per salvarti da tutti quelli che stasera ti assaliranno!”  affermò Mark grattandosi la nuca, scatenando delle risate nella stanza.
“Oohw tesoro sei talmente bella che Duncan potrebbe svenire dall’emozione!” disse ingenuamente la madre senza pensarci, sorvolando in quel momento un particolare piccolo ma importantissimo per la figlia.
Non appena udì quelle parole, Gwen sgranò gli occhi incrociandoli con quelli della donna riflessi sullo specchio, per poi abbassare il capo visibilmente imbarazzato, mentre nella camera calò un fastidioso silenzio. Margaret si morse il labbro inferiore sotto gli occhi delle altre ragazze che si guardarono per un attimo impacciate, non prima che Mark si diede una manata in fronte.
“R-Ragazze è tardi..s-se non ci muoviamo faremo tardi..” disse senza emozioni la mora, incamminandosi verso l’uscita in maniera incerta dovuta all’altezza che quei tacchi le donavano. Le amiche la seguirono a ruota senza fiatare e, una volta arrivata sull’uscio, prese la posciette uscendo di casa senza neanche salutare la madre che non poté far altro che guardarla sofferente sperando che le cose si sarebbero sistemate con quella festa.
 
 
“Duncan è la terza sigaretta che fumi nell’arco di dieci minuti! Vuoi calmarti?”  Dawn oramai era esausta di respirare nicotina proveniente da un punk decisamente nervoso che non faceva altro che andare avanti ed indietro per la sala stracolma di gente, impaziente di vedere a quella festa la ragazza dei suoi sogni. Era di una ventina di minuti in ritardo, che per Duncan parevano giorni interi.
“Tu le vedi? Io no!!” sputò acido il ragazzo voltandosi di scatto indietro verso Dawn che era tra le braccia di Scott, che le lasciava dei piccoli baci sul collo con l’intento di farla calmare. Stufatasi anche del comportamento del rosso,la biondina lo scansò dolcemente per poi avvicinarsi a Duncan, fermandolo davanti a sé.
“ Arriveranno, mi hanno mandato un messaggio dicendo che stavano in macchina. E’ solo questione di minuti…e dammi quella stupida sigaretta!” disse per poi sfilargli bruscamente quel veleno dalla bocca ed immergerlo nel suo stesso drink. Il punk la guardò adirato per il gesto, ma poi si addolcì pensando al fatto che Gwen sarebbe arrivata da un momento all’altro, così cominciò ad aggiustarsi la camicia nera indossata sbottonata fino a metà petto, guardando poi per l’ennesima volta l’orario sul cellulare.
 
“Eccoci!” dissero all’unisono Leshawna e Bidgette non appena videro la scuola, da cui si intravedevano le luci ritmate che illuminavano la palestra.
“Woow!” stavolta fu Gwen a parlare, sorpresa nel vedere così tanto movimento all’interno di quell’ edificio tanto odiato da ogni ragazzo o ragazza. Harold accostò l’auto proprio davanti all’entrata, permettendo alle fanciulle di entrare direttamente, evitando loro di fare la strada partendo dal punto in cui lui avrebbe lasciato la macchina, per poi andare a parcheggiarla. Una volta entrate, seguirono la musica e le luci che indicavano il luogo di provenienza, elettrizzate più che mai. Gwen, che si trovava in mezzo alle due, fece un lungo e profondo respiro per ricaricarsi.
“Ehi Gwen, nervosa?” le chiese dolcemente la bionda sorridendole, non riuscendo a nascondere la contentezza per quel momento. Intanto Leshawna circondò la vita della gotica con un braccio per poi scuoterla.
“Forza mia cara! Caccia gli artigli, fatti valere! Devi spaccare stasera, quindi cerca di stare serena, okay? Infondo è la tua prima festa!” disse allegramente aggiustandosi una ciocca di capelli ribelli.
“Appunto! Bel modo di farmelo ricordare Lesh! Non ho la minima idea di come mi devo comportare ad una festa!” esclamò esasperata Gwen portando il suo ciuffo all’indietro.
“Sii te stessa, e tutti apprezzeranno..”  la rincuorò Bridgette, sottolineando però il “tutti”.
Erano oramai arrivate in palestra, quando intravidero nel corridoio due figure scure a pochi metri da loro che erano intente ad aggiustarsi, Courtney e Sierra. All’inizio non le riconobbero, ma non appena raggiunsero la distanza giusta si resero conto che entrambe le stavano squadrando con espressione decisamente scioccata, ed infine tutte incrociarono gli sguardi tra loro. Un velo di disprezzo mischiato alla sopresa cadde sul volto dell’ispanica quando incatenò i suoi occhi pieni di odio con quelli profondi e freddi di Gwen, che per un attimo provò una sensazione di mancamento. Solo in quel momento la gotica si rese conto di cosa Courtney indossò quella sera, e non si sorprese più di tanto: un vestitino cortissimo color perla, scollato lungo tutta la schiena fino al fondoschiena e ornamentato completamente di brillantini. Al collo portava una collana d’argento con altrettanti bracciali, mentre sul viso stese un trucco decisamente troppo lontano dal suo stile, forse con l’intento di essere idonea ad una festa; infine portava delle calze trasparenti e tacchi ancor più vertiginosi dei suoi. Sierra invece decise di indossare un vestito lungo fucsia senza spalline, con una rosa posta al centro del corpo, tra il busto e il bacino. Notando lo spiazzamento di Courtney nel vedere l’eleganza ma soprattutto la presenza della sua acerrima nemica, decise di dire qualcosa a favore dell’amica, non prima di lanciare uno sguardo assassino alle altre due.
“Oh Courtney, devo dire che il tuo ritorno con Duncan ha riempito il mio blog di messaggi, allargandolo ancora di più! Siete davvero la coppia perfetta!” esclamò veloce la tedesca, cercando di far capire tutta la frase alla gotica, che era posizionata proprio tra la porta e il corridoio. Come prevedette infatti, Gwen si fermò di colpo, avvertendo un’improvvisa fitta al cuore, non appena udì quelle parole.
“Sierra amica mia, lo so benissimo: noi due ci amiamo, è questo il punto.” Rispose tutta soddisfatta l’ispanica, lanciando un’occhiata complice all’amica, tornando poi a guardare Gwen, che si ritrovò ad avere le nocche delle mani bianche per il nervosismo. Bridgette e Leshawna, che si trovavano proprio accanto all’amica, la incitarono ad avanzare, notando che si fosse completamente paralizzata. Bridgette dovette prenderla sotto braccio e trascinarla, mentre Leshawna, adirata più  che mai, sputò elegantemente in prossimità delle due nemiche, facendole allontanare per la paura di essere prese.
“Le piacerebbe a quella strega..” disse infine tra i denti.
 
Finalmente le tre ragazze fecero ingresso in palestra e, nonostante la musica ad alto volume e i tanti intrattenimenti che Geoff accuratamente introdusse, divennero improvvisamente il nucleo dell’attenzione di tutti. Cercando di non pensare ai mille occhi che in quel momento stavano fissando solo loro, avanzarono incerte verso il centro della struttura, per poi fermarsi e ricercare con gli occhi i propri fidanzati, che prontamente non si fecero chiamare due volte. Non appena Geoff vide la sua ragazza, corse immediatamente verso di lei per poi stamparle un grosso bacio sulle labbra, il primo di una lunga serie, successivamente si rivolse alla gotica.
“Gweeen!! Ma sei elegantissima! Complimenti! Il vestito ti sta d’incanto..ottimo lavoro ragazze!” l’abbracciò calorosamente il festaiolo, facendo sorridere alle amiche.
“Questo giorno è da ricordare: oggi Gwen Smith ci ha deliziato con la sua eccezionale presenza alla festa organizzata dal mitico Geoff!” continuò lui prendendola in giro facendola ridere di gusto, per poi prendere in disparte la fidanzata non prima di salutare le altre. Anche Leshawna notò il suo Harold, che fece ingresso dalla porta di emergenza, per poi raggiungerla ed invitarla a bere qualcosa. L’unica che rimase ancora senza “principe azzurro” era Gwen che, non appena si sentì sola, cominciò a guardarsi imbarazzata intorno ed avanzare lentamente verso il bancone delle bevande, inconsapevole del fatto che lì era presente proprio il punk che non le staccò gli occhi di dosso neanche per un istante, con la bocca semiaperta per lo stupore, mentre il cuore gli batteva impazzito nel proprio petto. Notando lo spaesamento dell’amica, Dawn, che era rimasta sempre accanto al ragazzo, lo fece svegliare con un colpetto al braccio, per poi dirigersi verso la gotica che, non appena la vide, le sorrise radiosa.
“Gwen sei arrivata finalmente! Vieni, cosa fai qui sola soletta?” disse abbracciandola Dawn, mentre la prese per una mano dirigendola dove era presente Scott affiancato da Duncan. Finalmente Gwen lo vide, e i suoi occhi vennero completamente catturati da quelli chiari del ragazzo, allo stesso tempo tremanti. Man mano che faceva un passo in più verso di lui, il cuore accelerava i suoi battiti, mentre le iridi di entrambi vennero travolte da una luce propria, quella tipica di due ragazzi innamorati. Si era detta che l’avrebbe dimenticato, che non avrebbe permesso al suo cuore di farle altri scherzi simili, ma puntualmente il cuore non dava ascolto alla mente e, come si in quel momento stava avvenendo una guerra tra i due organi dove il vinto sarebbe stato sempre il cervello, la ragazza venne condotta a pochi metri di distanza da lui.
“Ehilà che bella gotica abbiamo qui! Fatti abbracciare!” la voce di Scott fece ritornare Gwen con i piedi per terra, la quale ricambiò l’abbraccio in maniera incerta.
Duncan continuava a guardarla intensamente, avvertendo una voglia irrefrenabile di saltarle addosso. La fissava incantato, esterrefatto da contata bellezza. Sapeva che doveva dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma nessuna parola, nessun suono riusciva a far uscire da quella bocca semiaperta. Nel frattempo Gwen si sciolse dall’abbraccio di Scott, e con la coda dell’occhio diede uno sguardo al punk, rendendosi conto solo in quel momento che il ragazzo era incredibilmente elegante: jeans grigi aderenti, camicia nera sbottonata con maniche arrotolate fino al gomito, converse nere e il suo solito collare borchiato. Dopo che pure lei fece un paio di fotografie con gli occhi, incrociò di nuovo gli occhi di lui, stavolta socchiusi e accompagnati da un leggero ghigno, quel suo modo di fare che le mancò tantissimo. A quell’espressione la ragazza avvertì le guance arrossarsi, mentre un senso di smarrimento la travolse, rendendola goffa ma maledettamente dolce agli occhi del punk. Girò il capo verso la pista da ballo, posta alla destra del ragazzo, intenta ad evitare ogni altro contatto, seppur solo visivo, con lui. D’altra parte Duncan, non prima di aver fatto un  lungo respiro, decise di avvicinarsi a lei, seppur a passi incerti, che fecero entrare ancora di più nel panico la ragazza, che nel frattempo stava importunando una innocente ciocca di capelli.
“Ciao..” disse semplicemente lui, a pochi centimetri da lei, cercando insistentemente il suo sguardo.
“C-Ciao..” rispose secca Gwen, continuando a fissare lo stesso punto di prima.
“Sei bellissima..oggi più che mai.” Continuò lui sfiorandola leggermente il braccio.
A quel tocco Gwen sobbalzò, per poi allontanarsi di qualche passo indietro, ma rivolgendogli finalmente lo sguardo. I suoi occhi color pece erano umidi, e si tuffavano in quelli azzurri del ragazzo, che brillavano di luce propria.
La ragazza stava per dire qualcosa, quando ad un tratto un sorridente Geoff arrivò correndo per poi prendere Duncan per il braccio e trascinarlo verso il palco, il tutto mentre a Gwen scese una lacrima fugace sulla guancia, che prontamente asciugò.
“Ma che diavolo fai Geoff?!” chiese adirato il punk dietro le quinte.
“Festa? Palco? Esibizione? Duncan dovremmo incominciare!” esclamò esasperato il festaiolo, che aspettava ansioso il momento.
“Ma stavo finalmente parlando con Gwen!” rispose acido Duncan, indicando le sue spalle.
“Sì ma ti ricordo che il tuo piano era proprio riconquistarla col canto! Forza idiota cerchiamo di far iniziare questa festa!” disse ad un tratto il rosso, impugnando le sue inseparabili bacchette, sedendosi poi sullo sgabello dietro la batteria.
“Mettetevi in posizione amigos! Ho fatto cenno al DJ di fermare la musica!” li riprese Alejandro, trascinando il punk in mezzo al palco ed incitandolo a prendere la parola. A quel punto il ragazzo si schiarì la voce, impugnando il microfono, cominciò  parlare.
“Ragazzi e ragazze, prima di tutto grazie per essere qui a festeggiare la nostra vittoria! Sono lieto di annunciarvi che la qui presente band si esibirà solo per voi in una serie di brani! E ora diamo inizio al rock!”  esclamò Duncan alzando un pugno al cielo, mentre in cuor suo sperava con tutto se stesso di far capire a Gwen di tenere a lei più della sua stessa vita.





-------°°°Angolo dell'autrice risorta°°°--------
Saaaalveee!!!! *Si gratta la nuca nervosa*
*Osserva la folla davanti a sè carica di pomodori e asce*
Nuooo vi prego!!! Proprio adesso che ho aggiornato! >.<
No, non me ne ero dimenticata! Non potevo lasciare i miei fans così..di punto in bianco! u.u
Non so come scusarmi, davvero, ma non ho proprio avuto tempo..la scuola non mi lascia neanche respirare...
Spero possiate perdonarmi per l'ENORME ritardo, apprezzando il mio aggiornamento. :3
Almeno qui sembra che le cose stiano migliorando...
*ripensa all'ultima puntata trasmessa di All-Stars*
Solo un'unica parola per descrivere ciò che è successo: assurdità.
Ma non ne voglio parlare, ho già ampliamente detto la mia opinione al riguardo, al fatto che sia solo un cartone e che ne possono fare ciò che vogliono, anche  scombussolare i caratteri dei personaggi.
Ma soprattutto non ne voglio parlare qui, perchè so che ci sono lettori che non guardano la stagione in inglese aspettando i doppiaggi italiani, quindi per loro rispetto non anticipo nulla.
Morale a zero, per dirla tutta...ma continuerò a fare quello che ho sempre fatto: disegnare e scrivere sulla DxG! <3
Parola di Dalhia! ;D
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo!
Ringrazio tutti coloro che recensiranno e i lettori silenziosi: grazie davvero, siete fantastici!!! :'3
Mi scuso a priori degli eventuali errori..se fossero presenti.. T.T
Un abbraccione e...alla prossima! (Sperando di aggiornare più in fretta..io ci provo! ^-^)
Per chi volesse seguirmi anche per quanto riguarda i miei disegni, ecco la mia pagina Facebook -----> https://www.facebook.com/pages/Dalhia-Creazioni/243291869107251 Iscrivetevi mi raccomando!

E seguite anche la storia del mio caro amico Clif!
"A tutto reality: efp
Siete pronti per un nuovo reality? Ancora di più se questa volta si svolgerà su una nave? Alcuni dei nostri concorrenti + altri 4 nuovi concorrenti si affronteranno in un reality mai visto prima d'ora! Da una nazione all'altra, pronti sempre a fare le peggiori sfide! Divisi in "Squali" e "Delfini" i nostri amici saranno pronti a passare sconvolgenti settimane nell'Oceano, costretti a stare con i loro peggior nemici! Poi, per chi si è perso qualcosa, non preoccupatevi: Ci sarà il dopo show di Dalhia_Gwen, condotto da Bleinley e Josh a tenervi informati su tutto e sempre pronti alla risata! In questo fantastico reality voi e ripeto voi potrete scegliere infine il vincitore!
Cosa manca per renderlo perfetto? Ah, è vero! Mancate voi! Cosa aspettate?
"Clif's story" vi augura: Buona lettura"



La vostra pazza
Dalhia_Gwen

 

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Capitolo 26
*** -Capitolo 26 ***





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Improvvisamente tutte le luci si spensero.
Calò il silenzio.
Alcun bisbiglio, nessuno osò fiatare.
Tutti erano ansiosi di vedere nuovamente una loro esibizione, il gruppo più rock e gettonato dell’istituto che rimase nell’oscurità per troppo tempo.
Stavolta erano tornati, carichi più che mai di adrenalina che volevano sfoderare soprattutto quella sera, per inaugurare il loro ritorno.
Quando reputò l’atmosfera elettrizzante e arricchita di suspense al punto giusto, Scott cominciò a battere fra loro le bacchette per tre volte, lanciando uno sguardo d’intesa a Duncan che, capendo il richiamo per iniziare, annuì veloce, per poi cominciare a pizzicare abilmente le corde della sua amata chitarra elettrica.
 “You think you know me..”
Disse al microfono, diretto e freddo verso la destinataria di quella canzone, Gwen, che accidentalmente incrociò il suo sguardo tagliente.
 “You got me figured out
You’re casting shadows
I’m casting doubt…”

Continuò a cantare, mentre con le dita sembrava danzasse sulla tastiera della sua chitarra, non distogliendo gli occhi, che in quel momento parevano di ghiaccio più che mai ,da lei, avvertendo un calore nel suo animo intensificarsi sempre più.
“...I'm a fist, I'm afraid, I'm a link in the chain
Worst of the best, but I'm in this race
You don't know me
I'm a knife, I'm a rope, I'm a bitter pill
A tooth on the cog that you built to spill
You don't know me..”

Disse l’ultima frase con più convinsione, e in quel momento potè giurare di vedere la ragazza perdere un po’ di lucidità. Le parole del punk arrivarono assordanti alle orecchie della gotica, logorando anche il suo cuore, che stava tentando di opprimere invano la sensazione di disagio che improvvisamente l’avvolse.
“...I'm a crow, I'm the most with the least to gain
A fading Mona Lisa in a plywood frame
You don't know me
I'm a ring on a tree in a life that fell
What I did I done good and what I done I did well
You don't know me..”

Ma Duncan non cedeva, e sempre con più sentimento urlava quelle parole contro lei, fino a quel momento oppresse per l’impossibilità di poter scambiare anche una misera frase con la ragazza. D’altro canto lei continuava a sostenere lo sguardo, stringendo i pugni lungo il busto, e deglutendo ogni volta che avvertiva il cuore perdere qualche battito per l’emozione.
Le amiche, che in quel momento erano accanto a lei a seguire l’esibizione, non si persero alcuna frecciatina tra i due, ma temevano che la gotica sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro, troppo debole per reggere quel vortice di sentimenti che in quel momento si accavallavano sia nella sua mente che nel suo cuore.
 “Hate is a river floating with money and greed
Drawing borders, lines on a map we don't need
I'm a wall, I'm a fence, I'm a dotted line
The land you kill for in the name of your kind
You don't know me
I'm a storm, I'm a sign, I'm a bleeding heart..”

Altra battuta, altro dolore, altra verità.
Il punk avvertì gli occhi inumidirsi, mentre la concentrazione cominciava a scarseggiare, troppo preso dalla canzone. Tutto ciò non sfuggì a Gwen che venne contagiata dalla medesima angoscia che emanava il ragazzo, serrando gli occhi per un attimo, al fine di rimandare indietro le lacrime.
“The time that got away it's already gone
You don't know me
You don't know me
me you me you me you you don't know
me you me you ohhh you don't know!”

Così la canzone finì, e tutti gli spettatori esplosero in sonori applausi e acclamazioni, soddisfatti più che mai dell’introduzione che preannunciava una serata eccezionale  e all’insegna dell’ottima musica rock. Duncan posizionò il microfono al suo posto, e la stessa mano la passò tra la scintillante cresta verde, con l’intento di riprendere fiato e concentrazione, per poi fare numerosi inchini come ringraziamento, accompagnando il tutto con un leggero sorriso. Nel frattempo Gwen non si mosse di un millimetro, spiazzata da quelle parole che conosceva benissimo, ascoltate, come suo solito, tranquillamente ogni pomeriggio, ma che quella sera la ferirono senza pietà.
“G-Gwen? Tutto bene?” la voce flebile di Bridgette la risvegliò dallo stato di trans in cui era inconsapevolmente caduta, facendola sobbalzare.
“C-cosa? Oh sì, tutto bene.. s-sono bravi.”  Provò a dire qualcosa lei, ottenendo solo degli sguardi pieni di compassione da parte delle sue amiche. Fece un lungo respiro, per poi mascherare quel velo di tristezza che quella canzone è riuscita a far calare sul suo candido viso.
“Cosa? Ragazzi, non vi sento!”  era la voce di Geoff, che prese il controllo della situazione e destreggiandosi nella sua festa da sballo, fin troppo abile nell’intrattenere il suo pubblico.
Dopo aver ricevuto urla ed acclamazioni più forti, il biondo prese di nuovo la parola.
“Bene ragazzi, preparatevi alla prossima canzone, scatenatevi!”  allungò una mano verso la platea, per poi ritrarla ed aggiustandosi il cappello da cowboy, tornando poi al suo posto.
“The good life is 
What I need 
Too many people 
Stepping over me 
The only thing that's 
Been on my mind 
Is the one thing before I die 

All I want is a little of 
The good life 
All I need is to have 
A good time
The good life!”

 La voce rauca e penetrante era sempre quella di Duncan, ma stavolta accompagnata da quella del suo migliore amico, Geoff, che faceva da sottofondo. Entrambi erano al bordo del palco, e sorridenti si muovevano in sincronia, seguendo le note che loro stessi producevano. Ogni tanto si scambiavano uno sguardo d’intesa, e uno di fronte all’altro strimpellavano le loro chitarre, come se fossero due professionisti. In quel momento provarono la gioia e la complicità che credettero di aver perso, e più suonavano e più quell’amicizia nata proprio per volontà della musica aumentava, facendo emozionare tutti. Anche Bridgette, Leshawna e Dawn si emozionarono, rimembrando i vecchi tempi, e desiderando che quella festa non sarebbe mai finita. Tutta quell’allegria rallegrò un po’ anche l’animo di Gwen, che in quel momento provò una inspiegabile serenità nel vedere Duncan sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi, uno dei tanti che le scioglievano ogni volta il cuore. Tra l’altro amava quella canzone, ma soprattutto amava il modo con cui quella sera venisse cantata.
“...All I need is to have 
A good time ..
The good life!”

All’unisono conclusero il brano, e la folla ne era pienamente soddisfatta. I due cantanti si scambiarono il cinque, per poi abbracciarsi calorosamente e rivolgere un ringraziamento alla platea. In quel momento il biondo salutò da lontano energicamente la fidanzata, che dovette fare altrettanti salti per poter far capire a Geoff di ricambiare il saluto.
“Ti amo zuccherino!” esclamò al microfono il festaiolo, scatenando i fischi del pubblico e dipingendo di un rosso acceso le gote della surfista, che tentò invano di urlare un “Anche io” tra il fracasso. In quel momento tutti risero, persino Gwen, che accidentalmente incontrò gli occhi sorridenti di Duncan, rimanendone incastrata. Si persero per un attimo l’uno nello sguardo umido dell’altro, per poi arrossire ed avvertire il cuore riprendere a battere d’amore.
“Pss..ehi, tocca al pezzo forte!” il biondo, vedendo l’amico essere caduto di nuovo preda della bellezza della gotica, gli diede una leggera gomitata, per poi dire qualcosa all’orecchio del punk, che annuì semplicemente. A quel punto Duncan diede uno sguardo fugace alla platea, e dopo aver preso un lungo respiro, avvicinò il microfono alla bocca, per poi parlare imbarazzatissimo.
“ Il brano che adesso stiamo per eseguire è..è dedicato ad una persona particolare, una persona a cui tengo più della mia stessa vita, una persona per cui vale la pena combattere, una ragazza per cui morirei se fosse necessario. Spero..spero tanto che l’apprezzerai, Dolcezza mia..”  e dopo quelle parole il silenzio fece da padrone, dando così la possibilità ai ragazzi di iniziare.
Il cantante chiuse gli occhi, portò lentamente il microfono all’altezza della bocca e cominciò a cantare.
This time, This place
Misused, Mistakes
Too long, Too late
Who was I to make you wait
Just one chance
Just one breath
Just in case there's just one left
'Cause you know,
you know, you know..”

 

No, non poteva essere.
La canzone, QUELLA canzone, le era fin troppo familiare.
La stessa che amava canticchiare sotto la doccia, prima di dormire o anche non appena sveglia, ogni volta che pensava a lui, a loro, da quando la loro storia finì di renderle la vita perfetta.
Non era possibile che anche lui la cantasse.
Non era reale che lui riuscisse a interpretarla così bene.
Il cuore iniziò impazzito ad accelerare i battiti, mentre il corpo prese a tremare, troppo spaventata nel rendersi conto che quel brano l’avrebbe resa totalmente vulnerabile.
“...That I love you
I have loved you all along
And I miss you
Been far away for far too long
I keep dreaming you'll be with me
and you'll never go
Stop breathing if
I don't see you anymore...”

In quel momento il respiro venne a mancare, e senza accorgersene fece cadere la poschette per terra, completamente colpita da quel ritornello. Il sentimento che credeva di aver messo da parte verso di lui riaffiorò tranquillamente, senza ostacoli, e tutto lo sforzo che lei applicò per cancellare il ragazzo dal suo cuore fu inutile. Lo amava, sì, da sempre e per sempre. E non lo poteva nascondere, neanche a sé stessa. Portò le mani tremanti sul viso, accorgendosi di aver commesso un terribile e enorme sbaglio.
Lasciarlo era stato l’errore più grande della sua vita.
Mentire a se stessa del suo immenso amore per lui fu la cosa più infantile che ebbe mai potuto fare.
E se ne rese conto solo ora, solo lì, davanti a centinaia di persone, ma soprattutto di fronte ad un ragazzo che ne ha provate di tutti i colori per farle capire quanto amore provava per lei.
Lei che non seppe capirlo.
Lei che lo ha rifiutato per un disguido.
Lei che non lo ha creduto davanti alla pura e sincera verità.
Lei che non merita e non meriterà mai di avere una perla di ragazzo come lui al suo fianco.
“C-Cosa…ho fatto..” si ripeteva continuamente mentre il respiro si faceva più affannoso.
“…So far away
Been far away for far too long
But you know, you know, you know…

I wanted
I wanted you to here to stay
'Cause I needed
I need to hear you say
That I love you
I have loved you all along
And I forgive you
For being away for far too long
So keep breathing
'Cause I'm not leaving you anymore
Believe it
Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
'Cause I'm not leaving you anymore
Believe it...”

La voce del ragazzo tornò a tremare, mentre cercava mettere a freno i suoi sentimenti, che inevitabilmente tornarono a renderlo vulnerabile come mai si sentì prima d’ora, per poi alzare gli occhi al cielo, tentando invano di frenare quelle lacrime colme d’amore.
Le stesse lacrime che però Gwen non riuscì a trattenere. Era forte sì, ma non davanti a tanta sincerità, non di fronte alle suppliche di un ragazzo innamorato perso di lei. Sì, lo sapeva, lo aveva sempre saputo, e mai come quella sera provò la morte del suo animo, mentre il suo cuore si frantumava ad ogni nota di quella canzone. No, non riuscì più a resistere, quel cuore considerato immune da ogni tipo di sentimento si rivelò essere talmente debole da renderla ridicola di fronte a tutti i presenti, che man mano che la canzone svolgesse al termine, avvertirono i singhiozzi della gotica situata tra le ultime file degli spettatori.
Tolse le mani dal viso, e lo mostrò senza indugi, rigato da lacrime nere che non avevano intenzione di cessare. Restate all’interno del suo animo per molto, troppo tempo, e che adesso era arrivato il momento di cacciarle.
“Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
Hold on to me and, never let me go..”

La canzone cessò, ma il ragazzo non posò il microfono al suo posto.
“Stretta a me, amore mio…e senza lasciarmi più andare…Gwen perdonami, ti prego..”  Sussurrò quelle parole con il poco fiato rimastogli e davanti a centinaia di persone, molti dei quali condivisero le lacrime dei due ragazzi. Tutti adesso si girarono verso lei, verso colei che ha reso irriconoscibile quel punk tanto duro e impassibile di fronte ad ogni tipo di sentimento, quel ragazzo tanto cambiato da quando lei entrò nella sua vita.
Anche il resto della band si commosse, e per solidarietà decisero di avvicinarsi cauti all’amico innamorato, che tremava come una foglia.
Sentendosi chiamata in causa, la gotica ebbe un attimo di smarrimento, e solo in quel momento realizzò di avere tutti gli occhi puntati addosso. C’è chi diceva “Su perdonalo, non lo vedi quanto è perso?” , altri sussurravano “ Strana com’è non capirebbe mai lo sforzo che Evans ha applicato..”, altri ancora “Quanto è fortunata ad averlo..”. Lo sguardo che però non riusciva proprio a sostenere è il suo, quello di Duncan, tremante e sorridente allo stesso tempo, che la faceva sentire ancora più male di quanto già non lo fosse.
Aveva sbagliato, aveva errato tutto.
Come ha potuto? Lei che riusciva sempre a risolvere ogni cosa, ogni problema, ogni quesito matematico.
Non aveva mai sbagliato alcun conto, e ora? Come aveva fatto a sbagliare? Cos’era successo a lei, la più brava della classe?
Semplice, la matematica non era l’amore.
I conti non erano i sentimenti.
I numeri non quantificavano un bel niente.
Nell’amore non ci sono tante soluzioni, ma una sola.
Ma soprattutto, non si poteva tornare indietro a riguardare ciò che non portava al risultato.
Con l’amore non si scherza, e lei inconsapevolmente aveva distrutto un ragazzo che non l’ha mai tradita.
La conclusione? Era una persona orribile, e lui sarebbe stato meglio solo se lei sarebbe stata il più lontano possibile.
“ T-Ti prego..smettila…basta..BASTA!” urlò con tutta la forza che aveva in corpo la gotica, per poi fuggire fuori dall’istituto, sotto gli occhi sbalorditi di tutti i presenti.
“Noo! GWEN!!” esclamò Duncan che immediatamente scese dal palco per rincorrerla, assalito dalla paura che avrebbe fatto qualche sciocchezza.
“Ci penso io!” urlò molto più avanti di lui Bridgette, che la seguì non appena vide la sua brusca reazione.
 
“Mostro..sei un mostro..Non lo meriti..” Gwen non riusciva più a ragionare lucidamente, e una vocina nella sua mente continuava a tormentarla facendola sentire ancora più male.
Voleva allontanarsi da lui il più possibile. Non sapeva dove stesse andando, ma non le importava: lo amava troppo, alla follia, e affinchè potesse vederlo felice lei doveva sparire dalla sua vita. Come? Non lo sapeva neanche lei.
Goffamente correva per quanto i tacchi glielo permettevano, ma non fece molta strada, poiché le gambe decisero di abbandonarla nel momento più critico. Così, una volta fuori e nel bel mezzo del parcheggio, cadde per terra, rischiando anche di rompersi qualche ossa. Ma nessuna frattura né livido era tanto doloroso quanto il suo senso di colpa nei confronti di Duncan. Si rannicchiò esausta, per poi aumentare ancora di più il pianto e affondare il viso tra le mani che servirono a proteggerlo dall’impatto col suolo. Qualche istante dopo l’amica la raggiunse e, senza pensarci due volte, si accasciò su di lei, abbracciandola forte ed invitandola ad alzarsi. La gotica seguì il consiglio della bionda, che dopo la cullò stringendola a sé,  e proprio in quel momento Duncan arrivò col terrore dipinto sul suo volto. Non appena lo vide, Bridgette allentò la presa sulla gotica per fare in modo che il punk prendesse il proprio posto, ma Gwen avvertì la presenza di Duncan e fu per questo che si strinse ancora di più all’amica.
 “Vai via! Ti prego vai via!” esclamò tra un singhiozzo e l’altro la gotica, tremando come non mai.
A quella parole Duncan si avvicinò accovacciandosi accanto a lei, tentando di toccarla.
“Gwen..ma perché fai così…” le sfiorò delicatamente una guancia, ma a quel tocco la ragazza provò quel brivido che solo lui era capace di farle provare e lo doveva evitare, per cui istintivamente provò a girarsi dall’altro lato.
“Lasciami in pace! Bridgette allontanalo!”  stavolta la gotica urlò, per poi tornare a piangere violentemente. Duncan era scioccato, e volse lo sguardo smarrito all’amica, che era profondamente in imbarazzo.
“E’ meglio che adesso torni a casa Gwen, sei molto stanca. Su alzati, ti accompagno in macchina…”  le sussurrò dolcemente la surfista, alzando l’amica da terra ma continuando ancora a stringerla.
“Su vieni…” le ripeteva. Stava dando le spalle al punk, quando improvvisamente si rivolse a lui.
“Fai venire Geoff, così la portiamo a casa..m-mi spiace..”  disse col cuore in gola Bridg, non prima di guardarlo premurosa.
“Hai fatto di tutto…sei stato eccezionale..” continuò, per poi accarezzarlo e dirigendosi verso l’auto del fidanzato.
Era vero, aveva fatto il possibile per riconquistarla, ma non è bastato.
Si era persino umiliato per lei, sconvolgendo probabilmente tutti gli alunni di quella scuola, ma lei non ha apprezzato.
Era sicuro che in quel modo l’avrebbe fatta tornare da lui: avrebbe giurato che anche lei non l’aveva dimenticato del tutto.
Credeva nel suo amore, era convinto che lei provasse lo stesso.
Ma ha distrutto tutto. Ha dimenticato tutto quello che c’era stato tra loro.
Non è rimasto nulla nel suo cuore, ecco perché aveva reagito in quel modo.
E’ arrivato troppo tardi, o forse sarebbe stato meglio non fare nulla di tutto ciò.
‘E’ finita!’ gli disse lei quel giorno, ed effettivamente era così.
E’ stato uno stupido a credere che avrebbe potuto salvare la loro storia.
Aveva creduto troppo in loro, molto probabilmente aveva costruito solo castelli in aria.
“Finita…è finita per sempre..” disse tra sé Duncan, incapace di far fuoriuscire altre lacrime. Era stanco oramai di combattere.
“Basta, fattene una ragione. Non hai nessun’altra speranza.” Continuava a dire, autoconvincendosi dell’affermazione. Diede un calcio ad un sassolino di fronte al suo cammino, frustato più che mai, per poi girarsi indietro e tornare dentro ad avvisare l’amico.
“I lieti fine non esistono..” disse infine.
Ma era realmente così?
 







--°°°Angolino dell'autrice al top della sentimentalità°°°--

 Buonsalve!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! :'D
*butta nel cestino l'ennesimo fazzoletto*
*sigh*
Perdonate il mio ritardo...
Lo so, ormai c'avete fatto l'abitudine. Vi capisco se volete uccidermi.
Oh sì, soprattutto dopo aver sfornato questo capitolo tristissimo.
Gwen con i sensi di colpa..scusate ma volevo dipingerla proprio così!
Dopo aver visto le ultime puntate trasmesse della nuova stagione io sono rimasta scioccata.
Per cui, ho deciso di allungare ancora di più la storia, perchè fremevo dalla voglia di sfogarmi.
Sì, volevo dipingere una Gwen più reale, quella che mi è mancata in questa nuova stagione.
*sospira*
Oh sì, avete capito bene. La storia sta svolgendo al termine! :'(
*prende un nuovo fazzoletto*
Ed io sono tristeeeeeeeeee!
E so pure che in questo momento starete festeggiando per aver saputo che questo "romanzo" sta arrivando al termine... T.T
Nulla, volevo dirvi che le tre canzoni sono OVVIAMENTE prese dagli album delle band che amo maggiormente.
Ecco i titoli:
1. "You Don't Know Me" degli "Art Of Dying" --------> http://www.youtube.com/watch?v=MtfymP-R62M
2. "The Good Life" dei "Three Days Grace"   -------->  http://www.youtube.com/watch?v=tzRk5EIHAoI
3. "Far away" dei "Nickelback" --------> http://www.youtube.com/watch?v=j4y-RzVGrHg
Vi consiglio, sempre se volete, di rileggere il capitolo ascoltando queste canzoni al momento giusto.  <3
Ho già testato, ed ho pianto come non mai :'D
Ah, un'ultima cosa, ovviamente per modo di dire! ;)
Il disegno che vedete postato all'inizio del capitolo è realizzato da una ragazza straordinaria:
Gwen_cav! <3
E' la copertina della mia storia! Ed è stata gentilissima a realizzarla! Grazie tesoro, grazie di tutto!
Ma non è solo questo ciò che ha realizzato: potete trovare la sua pagina su questo link ---> http://gwen-cav.deviantart.com/
TI ADORO AMICA MIA!!! :'3
Se volete seguire anche me nel disegno, ecco qui la mia pagina Facebook ---> https://www.facebook.com/pages/Dalhia-Creazioni/243291869107251?ref=hl
Pigiate Mi Piace, mi raccomando! :'D
Oppure su DA, se siete iscritti :3 ---> http://dalhia-gwen.deviantart.com/
GRAZIE DI TUTTO!!!
Spero tanto che il capitolo sia stato di vostro gradimento e....
Ci risentiamo al prossimo aggiornamento! :'3
Ringrazio tutti coloro che leggeranno la storia e che la recensiranno anche! <3
Siete meravigliosi! <3
Un abbraccione one :3

E auguri a tutti!!!!!!!!!

Dalhia_Gwen

 
 
 
 



 
 
 



 
 
 

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Capitolo 27
*** -Capitolo 27 ***


Nonostante l’orario inoltrato, le auto circolavano tranquillamente lungo le strade di Pembroke, noncuranti dei semafori lampeggianti di arancione, suggerendo così di prestare comunque attenzione.
Per questo motivo Geoff, buon guidatore qual’era, aveva la vista concentrata sulla strada, cercando però invano di non farsi distogliere dal pianto ininterrotto della gotica che, da quando entrò in macchina accompagnata da Bridgette, cominciò a piangere come non mai, distrutta e completamente spaesata da ciò che le preservò quella stupida festa.
Ogni tanto il biondo dava un’occhiata allo specchietto retrovisore, colpito dai singhiozzi dell’amica, per poi tornare velocemente a guardare di fronte a sé, preoccupato più di prima.
A contornare tutto vi era inoltre il cielo, completamente privo di stelle in quanto coperto dalle grosse nuvole grigie che lo sovrastavano. In quel momento cominciò a piovere, prima piano, poi la pioggia si fece sempre più insistente, fino a diventare costante.
Gwen, avvolta dalle braccia di Bridgette, avvertì le gocce d’acqua picchiettare violentemente i finestrini dell’auto, e solo in quel momento si rese conto che la pioggia era davvero forte.
Mai come in quel preciso istante sentì la pioggia essere più solidale con i suoi sentimenti.
 
Ovviamente Gwen arrivò a casa in uno stato indescrivibile, e ciò fece allarmare non poco la madre che, non appena vide la figlia tornare in quelle condizioni, venne investita da milioni e milioni di preoccupazioni.
“OH CIELO G-GWEN?! C-COSA’HAI! COSA T’HANNO FATTO?!” urlò la donna istintivamente abbracciando la figlia. Bridgette si sentì in dovere di intervenire.
“N-no no signora,stia tranquilla. G-Gwen sta bene…cioè..più o meno..” la ragazza, malgrado volesse mettere una buona parola, era visibilmente in difficoltà, ma lo sguardo confusionario di Margaret l’incitò a tagliare corto.
“Non si preoccupi. Le spiegherò tutto non appena metteremo Gwen a dormire.” Margaret non se lo fece ripetere due volte così, aiutata dalla bionda, mise sotto le coperte la gotica.
 
Restò ancora in casa di Gwen il tempo necessario per descrivere ciò che era successo quella sera alla donna che, non appena finì di udire il racconto, ebbe una pugnalata al cuore quando capì che le sue speranze nel vedere la figlia tornare con Duncan vennero stroncate per l’ennesima volta.
“N-Non ci credo..è impossibile..” disse sottovoce e visibilmente scossa la donna, per guardare poi con occhi lucidi la biondina.
“Abbiamo fatto il possibile..anzi, HA fatto il possibile per tornare con Gwen..” disse amaramente Bridg, che si fece scappare uno sbadiglio.
Notando la stanchezza, Margaret si intenerì e decise di lasciar andare l’amica: l’accompagnò alla porta e le augurò la buonanotte ringraziandola più volte per essere stata così gentile con Gwen, ma sapeva che quella notte nessuno sarebbe riuscito a chiudere occhio, soprattutto lei.
 
Per fortuna il mattino seguente era domenica, e tutti gli studenti avevano modo di poter riposare sufficientemente per riprendere poi il solito e monotono ritmo scolastico.
Anche Gwen ringraziò profondamente il cielo per averle concesso quel giorno di festa, in quanto non aveva la forza neanche di reggersi in piedi. Ma soprattutto non aveva alcuna intenzione di incontrare qualsiasi studente di quella dannata scuola, troppo disagiata da ciò che accadde durante la festa della sera precedente.
Si concesse il lusso di dormire sino all’ora di pranzo, per poi essere svegliata dalla madre che la invitò a pranzare.
“Ehi Gwen, su alzati..è ora di pranzo.” La voce squillante che si aspettava Gwen era stata improvvisamente sostituita da una moderata e decisamente priva di sentimento. In un primo momento rimase perplessa, ma poi pensò di sorvolare, così si diresse verso la cucina per andare a mangiare.
La famigliola era riunita intorno al tavolo, ma nessuno osava fiatare, permettendo così al telegiornale dell’ora di poter essere ascoltato senza interferenze.
La gotica mangiava con gli occhi bassi, chiusa nei suoi pensieri e riflessioni, ma non riusciva a reggere quel silenzio assolutamente anomalo della madre, che si limitava semplicemente a dare dei piccoli sguardi alla TV, facendo finta di ascoltare. In realtà era arrabbiata, delusa, addolorata con la figlia.
Come si poteva essere tanto cieche di fronte ad un amore così incondizionato?
Sapeva che Gwen era testarda ed orgogliosa, ma non fino a quei livelli. Non poteva essere così infantile.
Il racconto della bionda riaffiorò improvvisamente fugace nella mente della donna, e in quel momento istintivamente fece più pressione nel boccone di pennette al sugo che aveva preparato, facendo spaventare i due ragazzi.
A quel punto Gwen non ce la fece più.
“M-mamma? Cos’hai?” chiese la figlia visibilmente preoccupata.
In tutta risposta la donna alzò gli occhi dal piatto per poi forarle lo sguardo con il suo cupo e colmo di rabbia.
“Io non ho proprio niente. Piuttosto tu! TU COS’HAI IN QUELLA TESTA! Non so, devo portarti da qualcuno per farti controllare Gwen?” chiese Margaret come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
“M-mamma ma..ma cosa stai..” provò a dire la figlia scioccata dalla reazione della madre, ma venne preceduta.
“Gwen non fare la finta tonta! Pensi che io non lo sappia?! Pensi che io non sappia quello che hai fatto ieri sera a quel poveretto? Ma cosa deve fare un ragazzo per farti capire che ci tiene a te!?”  stavolta la donna urlò, incapace di reprimere quella rabbia che aveva accumulato quella notte. Gwen sbatté la forchetta sul tavolo.
“Mamma se permetti questi sono affari miei! E tu non devi..”
“IO INVECE POSSO DIRE QUELLO CHE VOGLIO! POSSO INTROMETTERMI NELLA TUA VITA SE STAI FACENDO LO SBAGLIO PIU’ INFANTILE DELLA TUA VITA!” QUESTO E’ UN ESEMPIO! Margaret si alzò da tavolo guardando truce la figlia che si spaventò leggermente per la reazione della madre.
Quelle parole ferirono non poco la gotica, facendola rimanere per qualche secondo senza risposte.
Lo sapeva, l’aveva capito, e se sarebbe stata un giudice si sarebbe punita severamente.
Ci volle un bel po’ per capirlo, tuttavia ci era arrivata.
Ma era ancora in grado di riparare?
Sarebbe stata ancora all’altezza di lui?
Deglutì rumorosamente, avvertendo le guance arrossire leggermente.
La madre aveva ragione, da sempre, ma armarsi del coraggio necessario per darle ragione proprio non ce l’aveva.
“Ma cos’è? Un complotto contro di me? Andate al diavolo! So io come comportarmi!” decise di chiudere lì la conversazione, andandosi a rinchiudere in camera come suo solito.
Margaret si fece scappare una risatina.
“Rinchiuditi dove vuoi tesoro, ma sappi solo una cosa: dall’amore non si può scappare.” Concluse poi incrociando le braccia vittoriosa.
L’unica cosa che udì fu la porta della camera della ragazza che venne chiusa violentemente, forse troppo.
 
Il pomeriggio provò a passarlo sui libri, cercando di distrarsi e di concentrarsi sulle materie che avrebbe portato l’indomani, ma con scarsi risultati, mentre la notte si girava e rigirava più volte con l’intento di prendere sonno, ciò che avvenne solo alle prime ore del mattino.
 
I primi giorni della settimana passarono velocemente, e la data della finale di atletica leggera era ormai alle porte.
Decise di andare più frequentemente in palestra, anche sotto consiglio di Luigi, con l’intento di poter essere in forma per la gara, ma qualcosa la turbava, o meglio la preoccupazione stava avendo il sopravvento su di lei.
Non per la gara.
Non per il dubbio di non farcela.
No per un compito in classe o per un’interrogazione.
Bensì per una persona, per Duncan.
Sì, perché da quando era iniziata la settimana erano passati tre giorni consecutivi in cui non lo vide o non lo incontrò neanche una volta. Tra l’altro non vedeva neppure la sua moto parcheggiata fuori dall’istituto, e ciò fece scatenare in lei un sovraccarico di paure e preoccupazioni che non riusciva a reprimere.
Lo cercava, è vero. Voleva chiedergli scusa per la reazione che ebbe quella sera, doveva chiarire.
Glielo doveva, se lo meritava.
O perlomeno era quello che si era prefissata di fare.
Neanche in palestra lo vedeva, tanto che anche Luigi si allarmò per le sue strane e prolungate assenze.
                                        ***
“Duncan non farebbe mai così tante assenze..neanche se gli avrebbero fissato tre compiti consecutivamente..” si ritrovò a pensare la gotica mentre poggiava i libri contenuti nella cartella per disfarla.
Guardò il display del suo cellulare, spento, ed istintivamente lo prese in mano, mentre un’idea le balenò in mente.
E se gli fosse successo qualcosa di grave? A chi poteva chiedere?
La prima persona che le venne in mente fu Bridgette, ma conoscendola avrebbe sicuramente nascosto l’eventuale gravità, rassicurandola per non affliggerla  ulteriormente. E questo era una delle cose che Gwen non riusciva proprio a digerire. Ad un tratto le venne in mente Geoff.
‘Ma certo! Lui è il suo migliore amico! Chi meglio di lui può fornirmi indicazioni?’si ritrovò a pensare la gotica e, senza pensarci due volte, cercò il suo nome tra i contatti, per poi pigiare il tasto che avrebbe fatto partire la chiamata. Il cellulare squillava, ma l’amico si faceva attendere, e per il nervosismo la ragazza cominciò a ticchettare le dita sulla scrivania su cui con una mano era poggiata. Finalmente il biondo rispose, scatenando così l’imbarazzo della ragazza.
“Pronto?” disse una voce squillante al suo orecchio destro.
“Geoff? Sono io, Gwen. Disturbo?” chiese timidamente la gotica.
“Ehi Gwen! No assolutamente! Dimmi tutto!” la incitò Geoff con la sua solita e contagiosa allegria che la fece sorridere.
“Ehm..a-ascolta, è dall’inizio della settimana che non vedo a scuola Duncan. Cosa gli è successo? No!Cioè…sta bene?” chiese frettolosamente lei imbarazzata più che mai, tanto da torturare una ciocca di capelli verde petrolio.
Nell’udire la domanda passarono alcuni secondi in cui il giovane non rispose per ragioni a lei sconosciute.
“Beh, come vuoi che stia un ragazzo che ha passato la sua festa a be…AHI!” Geoff imprecò qualcosa non potendo così finire la frase.
“C-Come?” chiese Gwen, immaginando il continuo di una verità che non avrebbe mai voluto accettare.
“Volevo dire che dopo la festa si è preso un brutto raffreddore! Sìsì, ehehe! Mannaggia!” si corresse il biondo massaggiandosi la nuca nel punto dolente.
“Ha la febbre?” chiese la gotica alquanto dubbiosa.
“Sì! Dopo che te ne sei andata ha avuto un problema alla macchina, e per ripararla è stato tutto il tempo sotto la pioggia! Sai com’è fatto, no? Ahahahah!” affermò spaesato l’amico.
“Già…conosco quanto sia testardo…” osservò lei sussurrando tra sé.
“O-Okay..allora..digli che Luigi lo ha cercato e che spera di vederlo gareggiare alla finale tra qualche giorno…salutamelo. Ci risentiamo Geoff.” Disse avvertendo le guance riscaldarsi, per poi chiudere la chiamata e sedersi sul letto.
Fissò il soffitto su di sé, totalmente persa nel pensare alle parole di Geoff. Sentendo che le lacrime avevano necessità di scorrere sulle sue guance, tirò su col naso cercando di rimandarle indietro.
Era chiaro: lo stava difendendo.
Non ci poteva credere, non poteva credere che l’avesse fatto.
Duncan si era ubriacato dopo che lei lasciò il luogo.
Quanto aveva bevuto? Tanto, troppo, considerando i parecchi giorni di festa. Il pensiero del ragazzo ridotto a condizioni deprimenti dovute alla sbornia la fece rabbrividire, ma rendersi conto che la colpa di tutto ciò fosse da attribuire solo a sé stessa la uccideva. Chiuse gli occhi, rimembrando le dolci parole cantate nell’ultima canzone da parte del punk, avvertendo il dolore invaderle l’animo. Portò le mani tra i capelli colorati sprofondandole per poi scuotere il capo lentamente.
Cosa avrebbe potuto fare, ora?
Il cuore lo sapeva, e cercava in tutti i modi di far adeguare una mente ancora scettica.
                                       ***
“Ma sei impazzito o cosa?!?!?! Mi hai fatto male!” la voce di Geoff dolorante echeggiò nell’aria della stanza in cui era presente, rivolgendosi rabbioso al suo interlocutore alquanto violento.
“Non è colpa mia se ho un amico ancora più impazzito di me!!  Hai la vaga idea di quello che stavi dicendo?!” chiese il ragazzo con la cresta verde dal suo letto. Il biondo fece spallucce.
“Mi spieghi perché glielo vuoi nascondere?” chiese lui esasperato.
“E me lo chiedi pure? A cosa serve?! Anche se sarebbe venuta a sapere la verità  non le sarebbe importato nulla perché le sono totalmente indifferente oramai!!” disse Duncan infastidito sia per la situazione che per l’ingenuità del suo migliore amico. A quelle parole il biondo rise spudoratamente, irritando ancora di più il punk, per poi avvicinarsi lentamente al letto su cui era steso.
“E allora perché ha chiesto di te se ‘le sei totalmente indifferente’?!” chiese Geoff imitando la sua voce scherzosamente, guardandolo con aria di sfida. L’espressione di Duncan mutò improvvisamente facendo posto ad una sorpresa. Rimase a pensare per un po’, trovandosi senza parole di fronte ad una realtà che non avrebbe mai considerato prima d’ora. Incrociò gli occhi azzurrissimi del biondo, che era impaziente di ottenere una risposta la quale però non arrivò mai. In compenso, sviò lo sguardo altrove, affermando le tesi di Geoff.
“Il tuo silenzio parla chiaro amico mio. Le donne sono complicate da capire, lo so, ma lei ti ama, e questo è sicuro.. Ma considera questo suo gesto come l’occasione veramente giusta per ricominciare.”gli spiegò dandogli una pacca su una spalla.
“Te lo dice un fratello che di donne ne capisce più di te, se permetti..Pensaci.
Beh adesso vado! Ci si becca amico!” e così dicendo lo salutò per poi lasciarlo nella sua stanza con una delle peggiori compagnie: l’insicurezza.





-------------------------°°°Angolo dell'autrice°°°-------------------------

Ma salve!!!! :D
Ci si rivede! ^-^
Beh ecco a voi il nuovo capitolo! :'D
Contenti? Spero di sì *-*
Abbiamo: una Gwen consumata dai sensi di colpa, un Duncan insicuro e un Geoff saggio....vi starete chiedendo "E adesso cosa succederà?"
Eheheh ovvio che non vi anticipo nulla! Ma vi invito a continuare a leggere! <3
Spero di non aver fatto significativi errori: in caso affermativo, mi scuso a priori, il capitolo è stato scritto in un momento veloce! T.T
Provvederò ad aggiornare presto, per quanto mi è possibile!
Ci risentiamo, a presto! <3

Se volete seguirmi anche col disegno, ecco a voi due siti su cui mi potete trovare ^-^
1. Facebook --------> https://www.facebook.com/pages/Dalhia-Creazioni/243291869107251  
2. DeviantART ---------> http://dalhia-gwen.deviantart.com/
GRAZIE A TUTTI! <3

P.S Da non perdere la storia del mio amico Clif (caro scusami per non aver ancora recensito..ma ti GIURO che sto leggendo tutte le storie, mi farò perdonare!)
 
"A tutto reality: efp
Siete pronti per un nuovo reality? Ancora di più se questa volta si svolgerà su una nave? Alcuni dei nostri concorrenti + altri 4 nuovi concorrenti si affronteranno in un reality mai visto prima d'ora! Da una nazione all'altra, pronti sempre a fare le peggiori sfide! Divisi in "Squali" e "Delfini" i nostri amici saranno pronti a passare sconvolgenti settimane nell'Oceano, costretti a stare con i loro peggior nemici! Poi, per chi si è perso qualcosa, non preoccupatevi: Ci sarà il dopo show di Dalhia_Gwen, condotto da Bleinley e Josh a tenervi informati su tutto e sempre pronti alla risata! In questo fantastico reality voi e ripeto voi potrete scegliere infine il vincitore!
Cosa manca per renderlo perfetto? Ah, è vero! Mancate voi! Cosa aspettate?
"Clif's story" vi augura: Buona lettura"


Devo ancora rispondere ad alcune vostre meravigliose recensioni del capitolo precedente, lo farò l'indomani non appena posso! :3
GRAZIE A TUTTI, DAVVERO! NON AVREI MAI CREDUTO CHE SAREI ARRIVATA A QUESTO PUNTO!
GRAZIE PER SEGUIRMI DA SEMPRE! <3



Dalhia_Gwen

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Capitolo 28
*** -Capitolo 28 ***


“Gwen? Allora? Sei pronta? Sbrigati o farai partire l’aereo!!” la voce squillante della madre echeggiava per tutta la casa alquanto preoccupata, incamminandosi verso le stanze che solitamente la figlia visitava quando doveva scendere.
“S-Sono….sono pronta!” disse decisa catapultandosi a razzo fuori dal bagno, ancora abbassata per aver appena terminato di allacciarsi una scarpa da ginnastica, per poi dirigersi nella sua stanza e prendere il borsone, agitatissima per quel giorno.
Ebbene sì, l’attesissimo giorno della gara finale arrivò, e con esso non sarebbero potute mancare tutte le preoccupazioni e agitazioni che avrebbero animato quell’importante e allo stesso tempo impegnativo evento.
Tutte le tensioni accumulate nei giorni precedenti emersero simultaneamente creando un vortice di emozioni che non si sarebbe placato fino a quando non avrebbe vinto, o almeno era quello che sperava di ambire.
La gara si sarebbe svolta a Mosca, capitale russa, nel tardo pomeriggio, per cui tutti i partecipanti sarebbero dovuti arrivare lì entro l’ora di pranzo, affinchè tutto si sarebbe potuto eseguire nel migliore nei modi. A Pembroke, in quel momento, erano appena le 06:10 del mattino, orario che sicuramente non avrebbe sostenuto la gotica se sarebbe dovuta dirigersi a scuola, ma la realtà era ben diversa, e di certo quelle poche ore di sonno che riuscì a raggiungere quella notte le erano più che sufficienti.
Dire che era emozionata era poco. Mai si sarebbe aspettata che, proprio lei, sarebbe stata una dei finalisti di una competizione di così alto livello.
Lei che proveniva da una piccola ed insignificante frazione della Florida, nonché una semplice ed umile ragazza da ambizioni non troppo elevate, ma giuste, appartenente ad una famiglia altrettanto semplice e comune e dalle disponibilità economiche molto discrete.
Iniziò tutto per un semplice sfogo, che le doveva bastare a placare la rabbia che le ribolliva dentro ogni volta che riceveva uno sgarbo, stanca di essere sempre sottomessa e derisa anche per le sciocchezze. Continuò ad allenarsi, a testare la sua forza, ad incrementarla, sempre per divertimento.
E adesso? A quale punto era arrivata? Di sicuro non avrebbe mai pensato di poter essere ad un solo passo dalla vittoria. Perché no? Magari con quei soldi avrebbe potuto risolvere in meglio molte cose, ma soprattutto avrebbe potuto finalmente vantarsi alla luce del sole della sua bravura e di quanto potesse valere.
Era un sogno sì, ma valeva la pena lottare.
Quello stesso gioco però, la portò anche a conoscere persone straordinarie: primo tra tutti fu Duncan, lo stesso ragazzo con cui intraprese la sua prima e bellissima relazione, sfociata poi nelle incomprensioni ed infine nella rottura, e con cui adesso avrebbe dovuto gareggiare gomito a gomito per portare a casa la vittoria.
Più ci pensava e più avvertiva pesante una morsa al livello dello stomaco che la spaesava ogni volta.
Da quando si informò sul suo stato di salute, riprese a vederlo a giorni alternati, mostrandosi decisamente più rasserenata della sua vista, seppur a distanza. Sì, in quanto, malgrado si fosse ripromessa di voler chiarire con lui, il coraggio che tanto si preparò ad usare come scudo si frantumava alla sola visione del ragazzo. Ovunque lo incrociasse, che sia fuori o semplicemente in corridoio, si bloccava, ed ogni muscolo del suo corpo smetteva improvvisamente di ubbidire ai comandi del cervello. Lo fissava intensamente, ma soprattutto con occhi colmi d’amore, quello stesso sentimento che finalmente fece riemergere dopo una lunga lotta col suo testardo orgoglio. Tornò a squadrarlo come prima, mordendosi ogni volta il labbro inferiore al pensiero di quanto fosse perfetto e a quanto fosse stata stupida lei a lasciarlo andare via così. D’altra parte lui non poteva non notare la ragazza che bramò da sempre, tutte le volte che le sue incrociavano quelle iridi color della pece. Ogni volta era assalito dalla voglia di abbracciarla, ma questa sfumava dalla sua mente al ricordo amaro di tutto il dolore che lei gli procurò, seppur inconsciamente, così, era costretto a rimanere impassivo e freddo di fronte all’espressione spaesata della fanciulla, per poi svoltare l’angolo sforzandosi di ignorarla. Fu così per tutta la settimana, ma quel giorno, alla gara, non potevano assolutamente non guardarsi.
Venne accompagnata di corsa dal resto della sua famiglia all’aereoporto più vicino alla cittadina, North Perry Airport*, dove tutti si sarebbero dovuto presentare per poi partire insieme.
Una volta arrivati, cercarono le figure dei suoi amici tra la grande folla mattutina dell’aeroporto, e quando li vide cominciò a rincorrerli.
“Ehi! Ragazzi! Sono qui!!” urlò con tutta la forza che aveva Gwen, correndo e offrendo spintoni a chiunque le ostacolasse il cammino. Per poco non inciampò, ma in compenso venne avvistata da un Luigi impaziente di partire.
La ragazza arrivò accanto al resto del gruppo col fiatone, lasciando cadere il borsone sui suoi piedi, esausta.
L’allenatore l’abbracciò felice come non mai, mentre Geoff rideva di gusto, escluso Duncan che, malgrado avesse provato profondo sollievo nell’avvistarla sana e pronta per la gara, rimase a braccia conserte rivolgendole uno sguardo freddo e distaccato.
“Oh Gwen finalmente! Stavamo per partire senza di te!” esclamò sorridente Luigi, dandole una leggere pacca su una spalla.
“Ritardi anche quando è in gioco il premio di titolo mondiale?! Agh voi donne!” disse subito dopo il biondo bettendole poi un’amichevole cinque. Dopo aver sorriso anche lei alle provocazioni dei due ragazzi, si girò avvertendo una presenza dietro le sue spalle, ritrovandosi così di fronte il punk, e solo in quel momento si rese conto di essergli fin troppo vicina. Sobbalzò sentendo sulla sua guancia destra il respiro regolare del ragazzo, per poi incrociare i suoi occhi puntati dall’inizio sulla sua figura piccola ed esile. La pressione cominciò a salirle precipitosamente,  causandole inevitabilmente uno spaesamento e l’accelerazione dei battiti cardiaci, il tutto mentre le sue gote si fecero sempre più rosse. A quel punto furono uno di fronte all’altra, entrambi persi nei rispettivi sguardi, sempre più attirati dalla nostalgia di quel contatto così apparentemente insignificante. Passarono attimi, che però Gwen reputò secoli, in cui si rese conto di non essere forte abbastanza per sorreggere ancora quei due zaffiri tremanti che le stavano perforando l’animo, così decise di distogliere lo sguardo e imbarazzata più che mai prese il coraggio necessario per rompere quel ghiaccio che si creò in quei giorni tra loro.
“C-Ciao…D-Duncan..c-come stai?” chiese regalandogli un lieve sorriso, cercando di restare più calma possibile.
“Potrei stare meglio.” Disse senza scomporsi il ragazzo, stringendo i pugni che aveva sotto i gomiti.
A quelle parole la gotica deglutì rumorosamente, intravedendo senza dubbio l’improvvisa velatura calarsi sui suoi chiari occhi, mentre il rimorso riaffiorava latente nel proprio cuore. Abbassò lo sguardo, sentendo gli occhi pizzicare leggermente.
“S-Sei…sei pronto per la gara? I-io ho una paura..” continuò lei, stavolta con voce più tremante, che il punk non potè non notare.
“S-Sì..ovvio, io sono pronto per tutto.” Queste furono le loro ultime battute, prima di avvertire la voce fastidiosa di una signorina dietro le spalle del punk che lo incitava a consegnarle il passaporto con i relativi documenti. Successivamente fu il turno di Gwen che, dopo il controllo, si indirizzò verso i ragazzi, ma venne fermata dalla voce inconfondibile del fratello.
“Vai Gwen! Porta casa la vittoria, ti voglio bene! Siete i migliori!!” esclamò senza indugi Mark, guadagnando un sorriso sincero da parte di tutto il gruppo.
“Tesoro mio mi raccomando stai tranquilla! Noi vi raggiungeremo oggi pomeriggio non appena finisco il turno! Non sei sola! Puoi farcela! In bocca a lupo, anche a te Duncan!” urlò a squarciagola Margaret, mentre, commossa salutava la figlia che piano piano si allontanava da lei per avvicinarsi sempre più al suo prossimo obiettivo.
                                                                                                   ***
Gwen non prese mai un aereo prima d’ora, per cui si agitò nervosamente quando avvertì sotto i suoi piedi il suolo allontanarsi, innalzandosi sempre più alta nel cielo.
“Ehi…tranquilla! E’ tutto sotto controllo!” la rassicurò Geoff che si sedette accanto a lei.
“La fai facile tu! Non è la prima volta che sali su un aereo..” gli rispose bruscamente per poi rigirarsi verso il finestrino, con l’intento di non pensare.
“Dai cosa sarà mai! A tutti è capitato di vomitare salendo per la prima volta su un aereo..vedrai, è fastidioso solo all’inizio!” conitinuò lui col suo solito ed innoquo atteggiamento superficiale, ma che in quel momento Gwen avrebbe voluto far tacere con un bel pugno nello stomaco. Si rigirò guardandolo negli occhi alquanto scioccata.
“Ma dico io..che sei venuto a fare?! Ad aumentare il nervosisimo delle persone?! Meno male che dovevi essere di supporto morale!!” si lamentò giustamente la ragazza portando una mano sulla sua guancia sinistra, per poi appoggiarvi il mento e tornando a guardare le nuvole bianche in cui si immergeva l’aereo. Geoff scoppiò in una fragorosa risata, rendendosi conto che effettivamente la ragazza non avesse poi tanto torto, così, per calmarla, le accarezzò una spalla.
“Su via! Stavo scherzando sorella! Volevo farti sorridere un po’. Mi sembri molto giù..e so che non è per via dell’altezza..”  osservò poi il biondo, da buon amico qual’era, diventando improvvisamente serio.
Quelle parole arrivarono dritte al cuore della gotica che istintivamente si girò verso il biondo con l’intento di obiettare, ma tutto cio’ che le venne furono solo dei versi incomprensibili accompagnati da una maledetta voglia di piangere. Geoff se ne accorse, così fece avvicinare l’amica al suo petto invitandola a sfogarsi, e Gwen non se lo fece ripetere due volte. Avvertì la sua felpa bagnarsi di lacrime amare, repuntando lo stato d’animo della gotica letteralmente a terra.
“Hai combinato un casino. Lo sai, vero?” le chiese tra i capelli Geoff, cercando di non far sentire nulla all’interessato seduto davanti a loro ed accanto all’allenatore.
“S-Sì…m-ma io…i-io non volevo..A-Avevo paura..lo amavo…” cercò di dire Gwen tra un singhiozzo e l’altro.
“E continui ad amarlo, lo so. Ma lui è stato tanto male per te, ha pianto per te, è cambiato per te..” le sussurrò accarezzandole i capelli per farla calmare. La ragazza avvertì il dolore farsi più insistente nel petto, e per reprimerlo si strinse ancor di più al biondo.
“M-Ma io non volevo! M-Mi spiace…I-io…Io lo rivoglio..con me, per sempre.”  Si ritrovò a pronunciare quelle parole senza neanche accorgersene, e si sorprese non poco della sua riflessione così reale.
“E lui rivuole te, credimi. Conosco Duncan, ti ha amato, ti ama e ti amerà alla follia, ma in questo momento è troppo accecato dalla rabbia e dal senso di sconfitta per farti capire quanto tenga a te, nonostante tutto. Dagli tempo, prima o poi esploderà dalla voglia di salirti addosso.” Pronunciò le ultime parole con un’allegria mischiata ad un pizzico di malizia, che tutto sommato a Gwen fece più che piacere, facendo nascere così sul volto di lei un sorriso radioso.
Forse non era tutto finito.
No, nulla era finito.
                                                                                                    ***
Ore 13:20.
Aereoporto di Vnukovo, Mosca.
Finalmente i ragazzi arrivarono a destinazione, emozionati più che mai per l’attesissimo evento.
Erano tesi, sì, ma completamente affascinati dal caos di quella città. Si guardavano intorno spaesati cercando di non perdersi nessun particolare di quella cità così immensa. Presero il taxi e raggiunsero il luogo prestabilito, e lì rimasero letteralmente a bocca aperta: una struttura enorme era affollata da persone provenienti da tutto il mondo: i finalisti della competizione. Scesero tremanti dall’auto, ma erano giunti fino lì, e non potevano tirarsi indietro, non in quel momento.
                                                                                                   ***
“Respira ed ispira…respira ed ispira.. calma Gwen…cosa vuoi che sia…” si ripeteva in continuazione la gotica, mentre faceva esercizi di allungamento dei muscoli per riscaldarsi.
“Sei solo in mezzo ad un milione, come minimo, di spettatori, nonché alla gara mondiale di altletica leggera della tua fascia..nulla di che..” farfugliava tra sé invece Duncan, intento a fare le sue solite 300 flessioni che lo avrebbero riscaldato abbastanza per sfoderare le sue capacità.
“Avanti ragazzi! Come la fate tragica!”  li rimproverò ironicamente il biondo, che era in mezzo ai due.
“Taci tu!!” dissero all’unisono i due innamorati, per poi regalarsi un’occhiata sorpresa, dovuta alla situazione imbarazzante appena creatasi.
“Su ragazzi rimanete calmi! Dovete dare il meglio di voi!” a quel punto fu Luigi ad intromettersi, attirando così l’attenzione dei ragazzi che si avvicinarono a lui accerchiandolo. L’allenatore prese un profondo sospiro di sollievo, per poi riprendere a parlare.
“Ascoltatemi bene: so che siete emozionati, impauriti, e spaesati..e vi confesso che lo sono anche io. Ma comunque vada, io sono orgoglioso di voi, dei vostri traguardi ma soprattutto del vostro impegno nell’essere arrivati fin qui. Siete i miei alunni migliori!” disse Luigi non riuscendo però a trattenere le lacrime che cominciarono a scendere imperterrite. I ragazzi allora si commossero quanto lui, per poi regalargli un forte e caloroso abbraccio di gruppo.
Fu così che, dopo i soliti rituali di ogni competizione, i finalisti si schierarono uno accanto all’altro e sulla propria corsia appartenente ad una pista le cui dimensioni  potevano essere paragonata a quelle di uno stadio.
Gwen si posizionò accanto a Duncan, e tremante come una foglia attendeva il fischio di quell’inizio gara. Non sapeva se essere terrorizzata per la gara o se essere emozionata di esibirsi di fronte ad un pubblico mondiale.
Cominciò a ticchettare il piede destro sul tappeto color del deserto, rendendosi conto di non riuscire a sopportare tutta quell’ansia che la stava letteralmente mangiando, ma fu proprio in quel momento che avvertì la carica giusta per poter affrontare la competizione nel migliore dei modi. Una mano calda e tremante quanto la sua intrecciò le dita con quelle della mano della gotica, esattamente qualche minuto prima del fischio. Scattò a quel tocco così intimo e che desiderò da fin troppo tempo, per poi girarsi velocemente verso la sua sinistra. Ad attenderla vi erano gli occhi decisamente più luminosi del solito del punk, che nel frattempo era arrossito quanto lei per quel gesto nato spontaneamente.
Sorrise, anzi, ghignò alla ragazza visibilmente scioccata, facendole rivivere quelle emozioni che quasi dimenticò per il troppo tempo trascorso, desiderando intensamente di poter fermare il tempo in quel preciso istante, affinchè potesse ammirare e contemplare la bellezza di quell’espressione per cui nutriva da sempre un debole, ma che soprattutto venne rivolta solo a lei. Non poté fare a meno di ricambiare il sorriso, imbarazzatissima e non potendo controllare quel cuore che accelerò i battiti ancor prima di stancarsi per la corsa. Ma il fatidico fischio si diffuse nell’aria, e fu così che i ragazzi partirono, ognuno con la speranza di salire sul gradino del primo posto di quell’ambito podio.
                                                                                                    ***
I due piccioncini seguirono alla lettera i consigli di Luigi, affinchè avrebbero potuto avere la forza necessaria per affrontare i ben 15 giri da compiere: uno accanto all’altra, con il loro andamento sempre costante e preciso, risultato reso possibile dal duro allenamento a cui furono sottoposti nei mesi scorsi, riuscirono a percorrere alla  grande ben 8 giri, il tutto mentre effettuavano un ciclo di respirazione ed ispirazione regolari. Ma si sa, la stanchezza prima o poi si sarebbe fatta sentire, e al 13esimo giro i ragazzi avvertirono le prime fitte alle gambe, segno che la loro resistenza stava diminuendo. Quasi come se fossero sincronizzati, accelerarono il passo, anche perché avrebbero dovuto accorciare la distanza che c’era tra loro e i due cinesi davanti, che in quel momento risultavano primi. Continuarono a correre alla stessa velocità e con lo sguardo concentratissimo di fronte a loro, arrivando pian piano accanto gli avversari, che non sembravano per nulla stanchi dello sforzo che stavano compiendo. Duncan e Gwen strinsero i denti quando capirono di essere arrivati all’ultimo giro, ma più che mai la stanchezza, in quel momento, divenne fin troppa  fastidiosa. La gotica dovette rallentare di qualche secondo, stringendo i pugni all’altezza del petto affinchè potesse soffocare i dolori. Il punk se ne accorse, e con la coda dell’occhio la guardò preoccupato e improvvisamente debole per aver intuito che la ragazza aveva ceduto proprio al termine della competizione.
Oramai la distanza tra i ragazzi e il traguardo riguardava solo qualche metro, e nell’aria le esultazioni soffocavano ogni tentativo di sopraffare la voce del vicino. Margaret, seduta tra gli spettatori ed insieme a Mark, cominciò a saltare dal proprio posto con tutta la forza che aveva, urlando esasperata il nome di sua figlia, il tutto mentre un’altra donna,seduta poco distante, bionda, dall’aspetto molto curato e dagli occhi incredibilmente azzurri, faceva il tifo al proprio figlio, scuotendo violentemente il marito che rimase seduto oramai rassegnato.
“Avanti Adam**! Vuoi incitare o no nostro figlio?! E’ ormai vicinissimo! Cavoli è ad una gara mondiale!!!” la donna si fermò, alterata più che mai dal comportamento terribilmente cinico dell’uomo.
“Jasmine***, cosa vuoi che faccia? Incoraggia un figlio che c’ha creato solo problemi? Che ha rovinato la reputazione della famiglia? Non so neanche perché sono venuto con te… e poi guardalo, ha decisamente perso.” Concluse privo di emozioni l’uomo, che ricevette prontamente uno schiaffo dalla moglie.
“Vergognati! Duncan avrà anche fatto i suoi sbagli, ma ti ricordo che è arrivato a gareggiare in competizioni internazionali! Parli di reputazione? Bene, voglio proprio vedere se non ti pavoneggerai quando tutti si congratuleranno con nostro figlio, diventato campione!” urlò fermamente la Jasmine. Il marito stava per ribattere,quando all’improvviso tutti smisero di emettere un qualsiasi suono.
Rimasero lì, col fiato sospeso per una manciata di secondi interminabili, con il risultato di vedere ben 4 ragazzi tagliare il traguardo, apparentemente nello stesso istante. Duncan, Gwen e i due cinesi terminarono i loro giri uno accanto all’altro: difficile per l’occhio umano riconoscere chi sia stato più veloce, dato che era una questione di secondi. Erano talmente presi da voler ottenere la vittoria che non si resero conto di aver superato la linea colorata sull’asfalto, ma fu nel momento in cui avvertirono il fischio di conclusione che realizzarono di aver finito i loro giri. Immediatamente i due cinesi si accasciarono per terra esausti, mentre Gwen rallentò sino a fermarsi per poi trovare appoggio su una spalla di Duncan, il quale a sua volta si aggrappò alla ragazza cercando di recuperare un po’ d’aria.
La folla era ormai impaziente di sapere chi fosse riuscito ad essere il più veloce tra i quattro, e i giudici cominciarono a mandare rapidamente un replay dell’ultimo attimo solo per conferma: in quel momento sapevano per certo la coppia vincitrice. Uno di loro si alzò,  e lì calò di nuovo il silenzio.
“Siamo lieti di annunciarvi che, per un totale di 2 secondi e 34 millisecondi in meno rispetto all’altra,  la coppia che si aggiudica il titolo di vincitrice dell’attuale edizione di corsa d’atletica leggera appartenente alla fascia giovanile è: quella statunitense, Gwen Smith e Duncan Evans! Complimenti ragazzi!” disse, mentre il discorso venne tradotto immediatamente in tutte le lingue esistenti.
In quel momento la folla scoppiò, tra applausi e acclamazioni varie. I due ragazzi, che si stavano ancora riprendendo dal grande sforzo appena effettuato, si sentirono chiamati in causa, e solo dopo aver ricevuto le congratulazioni dai loro avversari si realizzarono di aver vinto l’intera competizione. Sgranarono gli occhi ancora increduli, mentre contemporaneamente si girarono uno di fronte all’altra per guardarsi negli occhi.
Azzurri lui, neri lei.
Taglienti quelli del punk, penetranti quelli della gotica.
Ma entrambi luccicanti di gioia, allegria e tremanti quanto basta per testimoniare la loro emozione.
Soprattutto entusiasti, orgogliosi di avercela fatta nonostante i loro timori, i loro rancori.
Perché ciò che più è riuscito a prevalere tra tutti quei sentimenti fu proprio il più potente, che non li abbandonò mai: l’amore.
Non se lo spiegarono neanche loro, ma la contentezza fu talmente tanta che istintivamente si abbracciarono forte, rischiando di perdere anche l’equilibrio. Il ragazzo la sollevò da terra, facendole fare più giri su loro stessi, mentre entrambi urlavano per la felicità.
“Ce l’abbiamo fatta…CE L’ABBIAMO FATTA!” urlava la gotica in preda ad una crisi, stringendo quanto più poteva il punk.
“Siamo i vincitori…SIAMO I VINCITORI!” continuò lui, per poi adagiarla delicatamente al suolo, non staccandosi però da lei. Si guardarono intensamente per qualche minuto, ancora rossi in viso e pieni di euforia, ma con la consapevolezza che in quel momento non sarebbero riusciti a sfuggire alle pulsioni dei loro sentimenti reciproci. E come se avessero previsto tutto, cominciarono a perdersi uno negli occhi dell’altra, creando così una membrana trasparente capace di isolarli dal resto del mondo.
 Adesso la gara passò in secondo piano.
In quel momento c’erano solo loro: Duncan e Gwen.
Duncan si avvicinò ancora di più, facendo in modo che i loro corpi si sfiorassero, per poi avvolgerle un braccio intorno al fondoschiena, mentre con l’altra mano le accarezzò dolcemente i lineamenti del volto. D’altro canto Gwen sobbalzò per quel tocco, provando quei brividi di piacere che le mancarono per così tanto tempo. Trattenne il respiro, quando si rese conto che nel frattempo il punk si avvicinò talmente tanto da toccare con la punta del suo naso quella della ragazza. A quel punto non ragionò più, e premette forte su quelle labbra di cui era dannatamente affamata. Assaporarono quel bacio come la prima volta, noncuranti delle milioni di persone che avevano attorno. Gwen allacciò le proprie esili braccia intorno al collo di Duncan, facendo affondare le mani tra i capelli neri del ragazzo, mentre lui la racchiuse in un amorevole abbraccio, come se avesse paura di perderla di nuovo. Approfondirono senza troppi indugi il bacio, trasportati da un vortice di passioni che vennero celate per un tempo indeterminato, e che esplosero ad un loro misero contatto corporeo. Quando finalmente consumarono anche quel poco di respiro che avevano appena recuperato, si staccarono di qualche centimetro, per poi specchiarsi ognuno negli occhi dell’altra, inevitabilmente lucidi.
“P-Perdonami…s-sono stata troppo superficiale..ho dubitato di te..m-mi sento c-cos..” provò a dire la gotica tra un singhiozzo e l’altro, ma venne zittita da un altro bacio del punk.
“Ssh.. non dire altro. Non parliamone ti prego, fa parte di un passato che ora voglio dimenticare. Ricominciamo d’accapo,  per me non è accaduto assolutamente nulla. Non devo proprio perdonarti di nulla Dolcezza mia, non voglio vederti ancora piangere, intesi?” la rassicurò lui, sorridendole per poi prenderle a baciarle le guance. La ragazza rise per il solletico che quei baci le regalavano, per poi fermarlo e restituirgli il bacio.
“Sei riuscito a cambiare la natura di questo mio cuore così apparentemente imperfetto ed insensibile alle emozioni, non permetterò a nessuno di allontanarti di nuovo da me. Sei speciale, ma soprattutto sei mio, solo mio.”  Disse sfiorando con le dita le labbra del ragazzo in maniera sensuale, guardandolo dritto negli occhi.
“Non accadrà. Te lo prometto.”  Concluse infine lui, con l’intento poi di sigillare la promessa con l’ennesimo bacio, ma qualcuno li interruppe.
“”Ehi freschi piccioncini, volete venire a prendervi il vostro meritato premio? Vi ricordo che eravate qui per vincere quella medaglia che aspetta solo voi!” disse il loro insostituibile amico festaiolo, facendoli svegliare da quella favola maledettamente reale. Ma in realtà loro avevano vinto un qualcosa di ancora più prezioso di quella competizione, di ancor più durevole e indissolubile: il loro amore.
Bastò uno sguardo fugace per far capire ad entrambi di essere arrivati alla stessa conclusione.
“Ti amo.” Dissero all’unisono bisbigliando, per poi sorridere e prendersi per mano, andando incontro alla prima delle tante soddisfazioni che avrebbero vissuto nella loro vita condivisa.
Non più soli, ma ovviamente insieme.

                                                                       

                                                                                                                                                                          The End  



*Aereoporto esistente.
**Nome puramente inventato dall'autrice.
***Nome puramente inventato dall'autrice.



--------°°°Angolino dell'autrice malinconica°°°---------

Ecco..vedete?
E' l'ultimo fazzoletto di ben tre pacchetti appena consumati! T.T
Dico sul serio...sono così triste...
Insomma...è...è finita... :'(
E' vero, da un lato sono contenta di essere riuscita a finirla nonostante i tanti impegni, ma se penso che questo "romanzo" sia appena finito mi viene da piangere ancor di più!
Beh sì..infondo mi sono affezionata a tutti voi, era una gioia poter leggere cio' che pensavate riguardo ad ogni capitolo che postavo, non nascondendovi la paura che mi assalliva ogni volta che aggiornavo.
"E se a qualcuno non piace? E se non è soddisfatto?" erano queste le domande che mi facevo, ve lo assicuro! :'D
Ma poi cominciavo a leggere le recensioni, una più positiva dell'altra, e il mio animo gioiva ad ogni parola che mi dicevate, invogliandomi così a continuare! *-*
Ebbene sì, la colpa è solo vostra, dunque, se ho concluso la storia! :''D
E poi, per farmi perdonare del solito ritardo, vi ho regalato il capitolo più lungo che ho mai scritto! *-*
Ad ogni modo, volevo sottolineare una cosa importante:
DUNCAN E GWEN SONO TORNATI INSIEME! CONTENTI, UOMINI E DONNE DI POCA FEDE? u.u
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno dubitato del mio GRANDE e PROFONDO amore per loro, ingrati!
OVVIAMENTE scherzo! E' leggittimo da parte vostra avere dei dubbi, ne avete il diritto ;)
Ma mi sono troppo divertita a tenervi sulle spine..muahahah! :'D
Mmh..questo non è un angolino, ma un ANGOLONE! Mannaggia  a me e alla mia parlantina! <3
Dunque, arrivo subito col ringraziare TUTTI, e ripeto TUTTI! Ogni singola persona che abbia sia letto che recensito, ma anche solo letto, la mia storia!
Non riuscirei mai ad esprimere la mia gratitudine per essere stati così fedeli nel seguirmi! <3
Mai mi sarei aspettata così tante visualizzazioni e recensioni, dico sul serio! :3
Vorrei, oltretutto, fare un ringraziamento SPECIALE a:
♥Clif ( il mio amico veterano :'D)
♥ Ella di "TotalDrama News", una dolcissima ragazza che segue ogni singolo capitolo e non se ne perde uno :'D ♥
♥_Rainy_ (la mia maestrina :'3)
♥Gwuncan99
♥Gwen_cav ( la mia tesora ♥)
♥Nadynana(la mia Nutellina ♥)
♥Gwuancan_love (la mia bad_girl/Nonna_Trolla :''D)
♥kairi_Wolf
♥SaraRocker (altra carissima amica :'3)
♥TeenSpiritWho_( La mia insostituibile collega ♥)
♥Lillykawaii (mia carissima amica ♥)
♥GweneDuncan4ever
♥KeyOfIceDxG ( carissima amica/fan sfegatata della DxG :'D )
♥TheCodyFan( la fan che mi segue dappertutto x'D)
♥Rocker_wolf_love
♥Piccola_Autrice
♥Piccola killer
♥marti15_98
♥MagicSummer
♥maty345
Mi sembra di avervi citato tutti, altrimenti mi SCUSO a priori, ma siete talmente tanti che veramente potrei fare una lista infinita! :'D
VI RINGRAZIO VERAMENTE PER AVERMI SEMPRE SEGUITO E PER AVER SEMPRE RECENSITO!
Vi adoro uno per uno :'3
Scommetto che adesso qualcuno si starà chiedendo se continuerò a scrivere..bene, non so se vi farà piacere ma SI', continuerò! ;)
Non so ancora di preciso se mi  cimenterà ancora con una Long, ma sicuramente troverete delle One-Shot, dato che ho desiderio di scriverne una :3
Non ho ancora deciso quando, ma non abbandonerò il sito! ;)
Credo di aver detto tutto!
Concludo col augurarmi di avervi fatto emozionare e sognare con la mia storia, ma soprattutto di avervi tenuto ancora vivo l'amore per questa bellissima coppia, che per me non si è affatto sciolta! u.u
Fatemi sapere se vi è piaciuto il nuovo capitolo(perdonate gli errori, se ci sono :3 ), e in particolar modo l'intera storia! ;)
Un bacione fortissimo ad ognuno di voi! ;*
A presto!

P.S: storia da non perdere, del mio amico Clif:
 
"A tutto reality EFP
 
Siete pronti per un nuovo reality? Ancora di più se questa volta si svolgerà su una nave? Alcuni dei nostri concorrenti + altri 4 nuovi concorrenti si affronteranno in un reality mai visto prima d'ora! Da una nazione all'altra, pronti sempre a fare le peggiori sfide! Divisi in "Squali" e "Delfini" i nostri amici saranno pronti a passare sconvolgenti settimane nell'Oceano, costretti a stare con i loro peggior nemici! Poi, per chi si è perso qualcosa, non preoccupatevi: Ci sarà il dopo show di Dalhia_Gwen, condotto da Bleinley e Josh a tenervi informati su tutto e sempre pronti alla risata! In questo fantastico reality voi e ripeto voi potrete scegliere infine il vincitore!
Cosa manca per renderlo perfetto? Ah, è vero! Mancate voi! Cosa aspettate?
"Clif's story" vi augura: Buona lettura
"

 

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Dalhia_Gwen

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