Carolyn

di Unrest
(/viewuser.php?uid=145322)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You're not Alone. ***
Capitolo 2: *** Your Burdens Lifted ***
Capitolo 3: *** Pain of Circumstance ***
Capitolo 4: *** I can't save our hearts tonight ***
Capitolo 5: *** Carolyn ***



Capitolo 1
*** You're not Alone. ***


La tempesta si scatenò non appena arrivai alla fermata, quasi avesse aspettato l'unica ragazza senza ombrello. 
Rimaledii silenziosamente le parole che fino ad un momento prima avevo ripetuto a mia madre; forse non aveva tutti i torti.
Ma odiavo portarmi quell'enorme ed ingombrante ombrello dietro ogni volta, odiavo doverlo appoggiarlo da qualche parte e odiavo, soprattutto, l'orrendo tessuto a fiori che mi ricordava tanto una tenda obsoleta persino per gli anni settanta.  E inoltre appena avevo messo piede fuori dall’uscio, nell’alzare lo sguardo al cielo, non avevo notato nulla di diverso rispetto al cielo del giorno precedente, che aveva promesso una bella giornata soleggiata.
Mi ero ricreduta a metà strada, quando sentii la prima goccia fredda e spessa bagnarmi la punta del naso.
Ricordarsi bene: mai giudicare il tempo alle sette di mattina, e mai uscire di febbraio inoltrato senza ombrello. Anche a costo di prendere quell’ombrello.
Gli altri ragazzi mi guardarono appena, uno sguardo sufficiente per riconoscere la tipa goffa e stramba della loro fermata, ma nessuno di loro mi accolse sotto l’ombrello. D’altronde, perché  avrebbero dovuto farlo, se non li conoscevo nemmeno? Ma mi sentii morire lo stesso, quasi mi stessero pugnalando nell’ignorare ogni mio sguardo supplichevole.
Avevo spesso cercato una parola per descriverli, e non avevo trovato niente meglio di “freddi”. No, loro non erano freddi, anzi, spesso li sentivo ridere e scherzare tra loro. Ma ogni volta  che il mio sguardo riusciva a incrociare il loro ogni sorta di sorriso sembrava sparire dalle loro labbra, per lasciare posto ad una smorfia di incuranza. Forse il mio era una specie di potere speciale. Riuscivo a rendermi patetica e noiosa anche agli occhi di chi non mi aveva mai rivolto parola.
Sospirai e mi scostai lentamente una ciocca dietro l’orecchio. Mi concentrai sulla fittezza della pioggia, e mi vennero in mente tutte quei pomeriggi invernali che passavo con la musica a palla alla finestra, a contare le gocce che si schiantavano sul vetro esterno e seguire con lo sguardo lo sfigato di turno che correva in strada, cercando di ripararsi con un giornale. Non mi pare di essermi mai chiesta, prima di allora, come si dovessero sentire quelle persone. Ora, invece, lo sapevo. E la cosa che desideravo di più al mondo era un giornale.
All’improvviso una voce mi chiamò, non troppo lontano da non poterla distinguere dallo scrociare della pioggia, facendomi risvegliare da quell’incubo.
 Mi si avvicinò col suo solito passo veloce, e la prima cosa che notai nel vederlo avvicinare fu che aveva un ombrello con sé. Ringraziai il cielo per avermi mandato in soccorso una persona così attenta al meteo.
“Non dirmi che non hai l’ombrello… sei la solita” riuscii ad articolare ansimando. Ogni mattina raggiungeva la fermata a grandi falcate, quasi avesse il timore di perdere il bus.
“Respira, su.” Lo presi in gir. Lui finse di offendersi e volersene andare.
“Non dirmi nient’altro, o puoi continuare ad inzupparti”. Mi squadrò da capo a piedi con i suoi occhi azzurri; poi si decise a puntarli nei miei, che per tutto quel tempo non avevano smesso di cercare i suoi. “Sei fradicia”, commentò. Il suo respiro si era stabilizzato.
“Non devi ricordarmelo” dissi abbassando lo sguardo, per darmi una controllata. Aveva ragione, notai le mie scarpe di tela zuppe. Cominciai a tastarmi i capelli nello stesso istante in cui li fissava, quasi divertito. Realizzai la gravità dello stato in cui si trovavano troppo tardi, stava già ridendo.
“Smettila, Andy” lo richiamai nervosamente. Intanto lui si girò di lato per evitare di guardare direttamente la mia chioma. Non  riuscii a capire cosa trovava divertente nel guardare capelli appiccicati e unti come i miei. Pregai che anche i suoi, un giorno, si fossero sporcati a tal punto. Quasi avesse letto il mio pensiero, allungò la mano e mi aiutò a tastarmeli, la smorfia ancora stampata in viso.
“Sì, sono bagnati anche loro” commentò.
“Dai? Non lo sapevo, pensavo che i capelli fossero impermeabili all’acqua” ironizzai, e alla risata successiva di Andy sperai che fosse dovuta alla battuta e non ai capelli, ancora.
Riconobbi il lontano rombo dell’autobus, in ritardo. Ma non era l’unico ad affrettarsi.
“Ehi, Scout!” Salutò Andy alzando la mano libera. Mi bastò intravederla con la coda dell’occhio per risparmiarmi ogni sorta di dialogo col mio migliore amico. Sospirai paino e senza accorgemene mi allontanai di qualche passo.
L’autobus frenò giusto prima di una grande pozzanghera, allontanando il rischio di schizzarcela addosso. Quando le porte si aprirono Andy si voltò in fretta e furia.
“Devo andare.. ci vediamo!” e con un gesto veloce lanciò nella mia direzione qualcosa. Fui abbastanza svelta da prenderlo al volo, lo guardai. Era il suo ombrello chiuso. Dapprima non capì, ma poi, quando le porte si richiusero alle loro spalle, vidi che Scout stava impugnando un ombrello nero, e calcolai che fosse abbastanza grande da poter coprire almeno due persone.
Sospirai ancora e alzai lo sguardo al cielo, ormai era inutile aprire l’ombrello, e inoltre la pioggia si faceva sempre meno fitta.

Lontano nella mia mente un lontano eco ripetette il mio nome, e non ci volle molto a capire a chi appartenesse quella voce profonda che amavo tanto ascoltare.




-----------------------------------
 
 
 
 
Fine primo capitolo D:
Piccola storia introduttiva (se mai a qualcuno interessasse-no) di Carolyn.
Nata nel lontano (che poi tanto lontano non è) 2010,mentre ascoltavo per la 3456742 volta “Carolyn” di We Stitch These Wounds,  ho deciso finalmente (?) di pubblicare questa sottospecie di FF c:
Scout, che in questa parte viene descritta come una sorta di antagonista a Carolyn, non mi è antipatica (anzi, preciso che mi piace :3 seriamente), e ci tengo a ribadire che si tratta di una storia puramente fittizia, avente nessun connesso con la realtà c: dico questo perché non voglio che i suoi fan si offendano :D

Anyways, grazie come sempre per aver letto!
God Bless You, guys! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Your Burdens Lifted ***


Tornare a casa richiedeva decisamente meno tempo del tragitto mattutino. Per primo motivo l’autobus era spesso poco affollato- a eccezione di qualche vecchietto occasionale che scendeva owiamente davanti all’ospedale cittadino. Per seconda cosa, con Andy il tempo volava.
Abitavamo entrambi nello stesso quartiere poco frequentato, a dividere le nostre case era una piccola piazzetta dove il sabato veniva solitamente messo su un mercato, e quindi al ritorno da scuola predavamo lo stesso mezzo.
Quel pomeriggio Andy era riuscito a riservarci quattro posti in fondo-la cosa più comoda che una persona possa desiderare- e sedavamo uno difronte all’altro, accanto ai finestrini, affiancati dai  i nostri zaini e, ebbene sì, ombrelli.  Stavamo chiacchierando animatamente su qualsiasi cosa ci passasse la testa, senza badare troppo al resto dei pochi passeggeri che, durante una delle mie tante risate isteriche, lanciava occhiate infastidite nella nostra direzione. Ma, anche se ci avessi provato, non sarei mai riuscita a resistere alle smorfie e alle vocine alterate del mio amico.
Credo che Andy fosse l’unica persona in grado di  farmi ritornare il  sorriso semplicemente con una parola, dopo una giornata storta. Riuscivo persino a dimenticarmi di tutti i miei problemi-la scuola, il fatto che  l’indomani avrei avuto  una verifica di biologia, o più semplicemente il fatto che  sarei tornata a casa e avrei sentito la solita ramanzina di mia madre su qualunque cosa(aveva SEMPRE qualcosa da ridire su di me).
 Con Andy, puff, scompariva qualsiasi cosa dalla mia mente, e la cosa era tanto strana e, volendo, imbarazzante che venni alla conclusione che dovessi possedere una sorta di doppia personalità. Una seria e una opposta, estroversa, che mi possedeva ogni volta che il ragazzo era nei paraggi.
“E’ così che parla, quella.. tipa, ma non è solo la voce a renderla stramba”
Ripresi fiato e mi asciugai in tempo la lacrima che mi stava cadendo dalla guancia, prima che finisse sui jeans. Dovevo ammetterlo, Jamie, la nuova arrivata californiana, era la sua imitazione migliore. Gli riusciva tutto: la voce stridula e penetrante, e persino i suoi movimenti robotici ma equilibrati. Avevo avuto la sfortuna di avercela nella mia classe, Andy la fortuna di averla vista tre volte in tutta la sua vita. Credo che gli fossero bastate.
“E’ odiosa” riuscì a commentare con la voce rotta dal singhiozzo.
“Esatto, odio la sua voce, il suo atteggiamento snob, la sua  mancanza di spontaneità…”
“Mancanza di spontaneità, dici? No, non è questo a darmi così fastidio di lei..”
“Allora cosa?” in realtà c’erano un milione di cose da odiare di Jamie, e mi chiesi come avesse fatto a dimenticarle.
“Il modo in cui .. mi guarda, ecco cosa.” constatai di aver cambiato tono. Stavo usando quello profondo e serio che avevo ereditato da mio padre. E che odiavo tanto.  
“Come?”
“Andiamo, Andy. Il fatto è che non lo fa. Cioè, mi guarda, ma.. non mi ha mai parlato, in questi due mesi dal suo arrivo.”
“è un problema.” Notai una nota di ironia nella sua voce, che mi infastidii tantissimo.
“Forse non per te, per me sì. Non ha senso, perché le sto antipatica ancora prima che lei mi ..”
“.. conosca sul serio- Terminò lui per me. Mi resi conto che dovevo aver ripetuto quella frase talmente tante volte che Andy ormai la doveva sapere a memoria. – magari è solo timida e sta aspettando occasione per attaccare bottone”
Ricominciai a ridere, ma questa volta più amaramente. La sua teoria non reggeva, per nulla. Lui sospirò, impassabile, e all’improvviso smisi di ridere, ritornai seria. Era impressionante il modo in cui sapevo mutare le emozioni da un momento all’altro, a volte vi erano giorni in cui sapevo ridere e piangere nello stesso momento.  E, per qualche strano motivo, sentii bruciare gli occhi, ma mai e poi mai avrei pianto sotto gli occhi del mio migliore amico.
Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Andy protese la mano verso di me e strinse nel palmo il mio avanbraccio. Lo guardai, incapace di capire che cosa stesse facendo. Lui accennò un sorriso, che non ricambiai.
“ Jamie, chi ha bisogno di lei? Davvero ti importa qualcosa?”
“..veramente..”
“No, Carolyn. Non te ne importa. Perché ci sarò io al tuo fianco, e di chi altro avrai bisogno?”




---
-Spazio dello sfogo.-
Innanzi tutto,mi scuso per la lunga assenza. Ho avuto un periodo MOLTO denso, con la quasi completa assenza di tempo libero. Per seconda cosa, perdonatemi per il capitolo di emme xD 
In realtà non succede molto, lo ammetto >//< ehm. 
Come sempre, grazie per aver letto!
God Bless You, guys :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pain of Circumstance ***


Il mattino dopo arrivai alla fermata del bus in anticipo. In realtà, ciò che mi aveva costretto ad alzarmi prima erano stati i biscotti con le gocce di cioccolato. O mi alzavo presto o rischiavo di saltare la colazione: mia sorella Emi ne andava matta quasi più di me,  riusciva persino a divorarsi mezza confezione da sola in una mattinata. Ora che ci penso, qualcosa in comune io e mia sorella, che siamo per definizione l’una l’opposto  dell'altra- sia caratterialmente che fisicamente- ce l’abbiamo: i biscotti con le gocce di cioccolato. Niente riesce a farmi alzare dal letto così gioiosamente come l’odore del cibo; quella mattina invece mi era bastato il pensiero. Stavo gradualmente migliorando.
“Carolyn!”
Na, impossibile. Qualcuno mi aveva chiamato, e la voce la conoscevo bene.
“è la tua immaginazione, ragazza. C sarà un motivo perché la gente ti considera pazza” mi disse qualcosa dentro di me.
“Carolyn!!” no, non era la mia immaginazione, perché quando mi girai lo vidi corrermi invontro con un sorriso stampato sulle labbra. Tuttavia, non riuscivo a crederci lo stesso.
che diamine ci faceva Andy alla fermata, così presto? E perché, soprattutto, stava correndo? E ancora più, perché sorrideva? C’era qualcosa di divertente nell’esserci trovati a ora record?
“Andy…?” non ero del tutto convinta che fosse lui, comunque. Quindi chiesi, per sicurezza.
“oggi è un gran giorno !” annunciò tra un respiro e l’altro. Io lo guardai senza dire nulla. In realtà, stavo ancora pensano se esistessero dei sosia di Andy che conoscevo.
“E sai perché?”
“No, perché?”
Con una veloce mossa aprì la zip superiore dello zaino scolastico. Ne estrasse un sottile quadrato grande poco più della sua mano. Per un momento lo fissò soddisfatto, poi me lo porse. Glielo strappai di mano e lo guardai.
“Ma questo..” capì e sorrisi anch’io. Ci brillavano gli occhi.
“E’ il nostro CD!” concluse, e la sua voce si soffocò in una risata. Spostai lo sguardo ancora sul CD.
“Non c’è un titolo? Dev’essere una specie di demo per i Biersack
Black Veil Brides.” Disse Andy. Lo guardai, non capivo.
“Black Veil..?”
“Noi ci chiamiamo così, ora.”
“Black Veil Brides.” Ripetetti. Mi piaceva, suonava bene.
“Promettimi di ascoltarlo”
“Ma certo !”
“Non hai mai ascoltato nulla di nostro.”
“No.” Mi vergognavo un po’, in effetti. Non avevo idea di che genere di musica facessero i Bie.. Black Veil Brides. Ma il CD mi piaceva già.
“Non importa. Tu sarai la nostra prima fan-  Rise. Poi si guardò in giro –torno subito”.
Lo seguii con lo sguardo, e a stento trattenei una risata. Non ci potevo credere, stava davvero distribuendo delle copie ad alcuni ragazzi della fermata. Poi si riavvicinò.
“Ne hai tanti, eh?”
“Abbastanza” confermò con una leggera pacca sulla tasca della tracolla. Guardò oltre alle mie spalle.
“Ehi, Scout.” Lo stesso saluto, da cinque, interminabili, anni.
“Ehi, Andy.” Si mise alla mia sinistra, tra me e lui, e la salutai con un cenno, quasi la conoscessi da tempo.
“Come ti è sembrato?”
“Fantastico, Andy! Adoro i Black Veil Brides!- rise- Credo che sarò la vostra prima fan !”
“Fantastico. E tu farai lo stesso.”
Annuì, mostrando un sorriso. Non seppi perché, ma quello che sentivo in quel momento fu solo una sorta di gelosia. Che stupida.
Arrivò il bus, e Scout e Andy salirono, mano nella mano.
 







 
*Biersack era il primo nome dalla band di Andy. 




----

Ohi, eccoci al terzo capitolo. In realtà non ho molto da dire. Come sempre, grazie grazzissime millissime *coff* per chi ha letto fin qui, e fatemi sapere cosa ne pensate ^-^ 
God bless you, guys :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I can't save our hearts tonight ***


Ascoltai il CD lo stesso pomeriggio del giorno in cui Andy me lo diede. Mi stesi sul letto e dopo aver premuto il pulsante play chiusi gli occhi. La prima canzone si chiamava “A Devil For Me”, e sinceramente non mi colpì molto. Quella che preferii in assoluto si chiamava “Hello My Hates”, e la adoravo perché sembrava tutto un insulto verso qualcuno. Non so a chi Andy l’avesse dedicata, ma io la rivolsi a Scout.
Dovetti constatare che i Blak Veil Brides non erano malaccio. Certo, la qualità della canzone non era delle migliori (ma avevo sentito di peggio).
il mattino dopo alla fermate l bus non ebbi nemmeno tempo di comunicargli le mie impressioni, poiché ero in ritardissimo.
“Veloce, Carol, corri! Sta arrivando il mio bus” mi urlò dalla fermata mentre stavo attraversando la strada giusto in tempo prima di essere investita da un’auto.
“Oggi pomeriggio, alle quattro vieni qui.” Disse passandomi un biglietto tra le mani.
“Okay.” Dissi ansimando, senza ben capire.
“Suoniamo qualcosa, ci vediamo lì!”
E, infatti, alle quattro precise ero all’indirizzo. Era una piccola villetta di due piani che dava sulla strada. Due delle quattro finestre della parete frontale erano illuminate, mentre dalle altre due in alto non intravidi segni di vita. Presi coraggio e suonai al campanello. Dopo qualche secondo arrivò un tale ad aprire. Non l’avevo mai visto prima, aveva i capelli corti e castani, indossava una maglia a righe nere e bianche.
“Tu sei…?” la sua voce aveva uno strano accento.
“Carolyn.” Dissi prontamente.  “Sono.. ehm.. un’amica di Andy”
“Ah, certo. Io sono Nate, entra pure.” Mi invitò dentro con un gesto della mano e mi disse di seguirlo. Camminammo giù per una rampa di scale e arrivammo in un corridoio umido e stretto. Poi il ragazzo si fermò davanti ad una porta di metallo e l’aprì.
“Prima le signore”
Entrai e, come mi aspettavo, le uniche persona tra le sette persone che riconobbi furono Andy, in piedi in mezzo alla stanza, e Scout, seduta su un vecchio divano al lato della stanza la cui metà era sommersa da cappotti e zaini. La stanza era davvero grande e spoglia, ad eccezione del divano, qualche chitarra in un angolo della stanza e degli amplificatori più avanti. Siccome non trovai spazio disponibile sul divano, mi sedetti per terra, davanti allo stesso. Per qualche strano motivo, Scout si alzò e si sedette a terra vicino a me. Ma che gesto carino.
Andy non aveva detto una parola. Stava lì in piedi a tormentarsi i polsini neri e a giocare con una ciocca dei suoi capelli neri. Non sembrava a proprio agio, a dirla tutta. Non capii perché. Non l’avevo mai visto così strano.
“Allora, ci siamo. Pronti?” aveva detto lo stesso tipo che mi aveva accompagnato fino alla stanza. Andy aveva annuito  e aspettato che la musica partisse.
“Forza, Black Veil Brides!- urlò Scout a mio fianco, talmente forte e così all’improvviso da avermi assordato un orecchio –vai Andy, questo è il tuo ultimo spettacolo.”
“Ultimo spettacolo!?” ripetei sbarrano gli occhi. Mi sentì solo Scout.
“Non te l’ha detto?” chiese fissandomi con quei suoi grandi occhi verdi.
“Detto cosa?” sbottai preoccupata, ma la musica partì così forte da impedirmi di udire la risposta dalla ragazza.  Feci finta di aver capito e mi concentrai sulla canzone. Se non mi sbagliavo, quella che stavano suonando era Sex And Hollywood.


 

Well lets pack our bags and head west
Where the cities only breed evil, yes, 
The entertainment news becomes approach
But sex, drugs, and ballads wake a dog

 


Erano bravi dal vivo. Certo, tutti dal vivo, e soprattutto a tre metri di distanza, sembrano bravi, ma loro erano davvero in forma.
l’ultimo spettacolo di Andy. Chissà cosa intendeva vivere. Oddio, e se Andy avesse programmato la sua morte? E se quel divano e quelle chitarre erano imbottite di esplosivo?
Strinsi i palmi e scossi la testa. Che assurdità.
Quando la canzone finì, tutti io e Scout ci alzammo in piedi ad applaudire, e, per la prima volta quella giornata, vidi Andy sorridere, anche se imbarazzato. Scout saltellava sul posto.
The Mortician’s Daughter, The Mortician’s Daughter!” ripeteva scandendo ogni sillaba, ad effetto stadio.
Andy le sorrise e un ragazzo con i capelli biondi e il volto tempestato di lentiggini andò a prendere dall’angolo della stanza quella che sembrava una chitarra acustica.
Andy si sedette difronte a noi due. Il ragazzo lo imitò e cominciò a suonare una melodia lenta e dolce.
 


I open my lungs dear, 
I sing this song at funerals... No rush. 
These lyrics heard a thousand times, just plush. 

 



Non avevo mai sentito quella canzone in vita mia. Era bellissima.


 

I’m home again


 
Andy per tutta la canzone non aveva fatto altro che guardare Scout negli occhi e, sebbene mi sentii quasi lì per puro sbaglio, non potei non dire che la cosa fosse stata carina.
Scout gli saltò al collo e dopo un buon minuto di abbraccio, lui si alzò  dirigendosi verso la porta. Prima di aprirla si girò verso di me, facendomi segno di seguirlo. Mi alzai e lo raggiunsi.
mi lasciai la stanza alle spalle, che nel frattempo si era riempita di chiacchere e risate, e richiusi la porta. Quando alzai lo sguardo dalla maniglia notai che Andy mi stava fissando.
Quel pomeriggio Andy aveva mantenuto lo stessa smorfia per tutto il tempo, e la cosa che mi turbava di più fu che non riuscii a leggergliela nemmeno a pochi centimetri di distanza. Era una sorta di sorriso fintissimo e tiratissimo, tipico di chi non vuole mostrare che c’è qualcosa ad infastidirlo.
“Che hai stasera, Andy? Sei stranissimo”
“Io?- sforzò una risata, che suonò più isterica che altro- assolutamente nulla. Come ci hai trovato?”
“Fantastici, siete bravissimi e mi piacete molto. Ora vuoi dirmi che c’è che non va? Ti conosco troppo bene, e vedo benissimo che non stai bene.”
Lui non sapeva più dove guardare. Alla fine tirò un sospiro e abbassò lo sguardo.
“Parto.”
In un primo momento non capii perfettamente ciò che mi stava dicendo. Ero come troppo presa per studiare il suo sguardo perso nel vuoto.
“Parti?- ripetei cercando il suo sguardo – Ma cosa…”
“Domenica parto, me ne vado dall’Ohio.”
“Dopodomani? E dove vai? Perché…”
“Mi dispiace di non avertelo detto prima. L’ho programmato da un bel po’,ma ...” scosse la testa.
“Dove te ne vai, perché lo stai facendo?” la mia voce si fece più acuta ma cercai di scacciare la voglia di urlare stringendo forte i pugni.  Sentii un’inarrestabile voglia di gridare e prenderlo a schiaffi.  
In quel momento uscì dalla stanza Scout.
“Andy, Carolyn, che ci fate qui?”
“Io devo andare”. Sbottai all’improvviso. Non erano nemmeno le cinque, ma volevo lasciare quel posto il prima possibile. Entrai nella stanza a riprendermi il giubbino e corsi via, lasciandomi Andy, Scout e tutti quanti alle spalle.
“No, Carolyn, aspetta” mi urlò Andy alle mie spalle mentre risalivo le scale, ma fu troppo tardi.
Era troppo tardi, ormai.
Uscì dalla casa. Corsi più veloce che potetti. Non ero mai stata brava a correre, ma non mi fermai nemmeno un secondo a prendere fiato. Corsi dritta fino a casa, sbattendo i piedi ad ogni passo.
Non volevo più sentire nessuno. Desideravo solo rinchiudermi nella mia stanza, prendere quella demo che era ancora nello stereo e scaraventarla a terra, ridurla in mille pezzi. 











---- 
(angolo miniminimini dell'autrice)
eh già. non aggiornavo da poco, mi dicono. La verità è che sono così pigra da metterci tre anni per copiare il testo cartaceo. 
come sempre, grazie a tutti quelli che hanno letto, grazie grazie grazie infinite.  
 
God bless you guys :D

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Carolyn ***



Tre anni dopo non seppi dire se, esattamente, Andy mi mancasse o meno; mi ero ritrovata spesso a pensare a lui, ogni mattina alla fermata mi pareva di scorgerlo, in lontananza, col suo passo svelto e il suo braccio alzato in segno di saluto.  E quando questo accadeva mi chiedevo se anche lui, come me, ogni tanto mi pensasse, o se magari pensasse a Scout o ai componenti della sua vecchia band.
 Ma non vidi Andy mai più, dopo quel pomeriggio.
Il giorno prima della partenza mi presentai a casa sua, gli occhi gonfi e arrossati. Volevo chiedergli scusa per il pomeriggio precedente. Sapevo bene di aver sbagliato, di sicuro lui si sarebbe trasferito per dei motivi importanti, e non avevo il diritto di farlo sentire in colpa.  Suonai più volte il campanello, ma non venne nessuno ad aprire. Credo che l’abitazione fosse deserta: non scorsi dalle finestre né suo papà Chris né sua mamma Amy. Non seppi mai se lui fosse già partito o meno la stessa mattina.
Qualche mese dopo venni a conoscenza che Andy non era partito insieme alla famiglia. Aveva fatto le sue valigie e si era trasferito a Los Angeles da solo. La cosa all’inizio mi aveva lasciato perplessa, ma poi l’idea di vederlo là, in mezzo ad una metropoli enorme, con quei grandi occhi che si guardavano intorno spaesati e un sorriso da ebete stampato sul volto mi fece sorridere.
Chissà dove viveva, chissà con chi e chissà perché avesse preso quella decisione.
Ero sicura che avesse fatto tutto ciò in maniera incosciente, certo, ma anche con grande determinazione. Andy era speciale, e questo suo essere speciale lo avrebbe di sicuro portato lontano; credo che lui lo avesse sempre saputo, e forse, capii qualche mese dopo, si era sempre meritato di avere qualcosa di più degli altri.

Ricordo alla perfezione il  19 luglio 2010.
Era un pomeriggio afosissimo e decisi di rinchiudermi in casa. Accesi il computer e  aprii YouTube. Era un gesto usuale, quello, ma quel pomeriggio decisi di fare qualcosa di nuovo.
Scrissi nella barra “Black Veil Brides”.
Non sapevo cosa avrei trovato, in un certo senso avevo paura e ansia. Forse non sarebbe uscito nulla, o forse qualche possessore della vecchia demo (la cui mia era andata persa tempo addietro) aveva deciso di caricare online le tracce. Ma non trovai nulla di ciò.
Tra i primi risultati mi diede un video: Perfect Weapon.  Aveva circa quattrocentomila visualizzazioni. Sentii un brivido corrermi giù per la schiena.  Guardai il video, trattenendo il respiro. Quello era Andy, ne ero certa. Era diverso da come me lo ricordavo. Si era fatto crescere molto i capelli, ma avrei riconosciuto quegli occhi tra un milione, non importava quanto trucco indossasse.
C’erano altri tre ragazzi con lui. Un ragazzo al basso, con un trucco che mi ricordò le occhiaie nere di un panda, che si chiamava Ashley Purdy. Un altro, più magro e con la pelle chiarissima e gli occhi scuri, che si chiamava Jake Pitts e suonava la chitarra. L’ultimo aveva il trucco più pesante di tutti, aveva gli occhi azzurri e una chioma molto simile a quella di Andy; era Jinxx. Alla batteria c’era l’unica ragazza del gruppo, con dei grandi occhiali scuri a coprirle metà viso, Sandra Alverenga.
 Quindi erano loro in nuovi Black Veil Brides.
Una volta finito il video, con le mani fredde e sudate, feci scorrere la pagina più in basso, per leggere i commenti.
“Fantastici”; “Siete bravissimi”; “Amo questa canzone”.
Mi misi a ridere come un’idiota davanti allo schermo. Ero orgogliosa di Andy, di tutto quello che stava facendo e che aveva fatto.
Aprii una nuova scheda e digitai “Black Veil Brides” nella barra Google.
Scoprii che c’era un loro sito ufficiale. Lo aprii.
A caratteri cubitali, in primissima pagina, c’era una scritta.
“We Stitch These Wounds, data di uscita:20 luglio 2010”
Il 20 luglio era l’indomani.
Non ricordo cosa successe dopo, probabilmente mi misi a piangere, per cosa non lo so bene.
Ce l’aveva fatta. Andy aveva realizzato il suo primo CD. Decisi di chiudere tutto e di staccare la connessione. Mi promisi che l’indomani sarei andata al negozio di dischi più vicino e ne avrei comprato una copia.
La notte non avevo chiuso occhio. Mi ero ritrovata a pensare ad Andy, dal primo giorno che lo conobbi all’ultima volta che lo vidi, dietro un velo di lacrime.
La mattina del 20 luglio non fu difficile alzarmi. Avevo il cuore che batteva a mille, mi sentii emozionata tanto quanto una bambina la mattina di Natale, finalmente pronta a scartare i regali sotto l’albero.
Mi feci una doccia veloce e mi vestii in fretta, e con altrettanta urgenza salii in macchina e arrivai al negozio di dischi più fornito di Cincinnati. Ci volle un’oretta, ma seppi da subito che ne valeva la pena.
Quando le porte automatiche si aprirono, lo vidi subito. Il CD era in mezzo ai nuovi arrivi, lucido e ben incartato.
Lo presi, le mani tremanti, e restai a guardarlo per qualche secondo. Era un dipinto di Andy quello in copertina. Per qualche strano motivo mi venne in mente quella mattina  di tre anni prima, quando Andy mi aveva passato la sua prima demo tra le mani. Fu inevitabile sorridere.
Dopo averlo pagato lo scartai e lo infilai subito nel lettore CD in auto. Partii sulle note di We Stitch These Wounds.
Sentivo il cuore battere talmente forte nel petto da pentirmi di essermi messa subito in carreggiata. In quelle condizioni avrei potuto benissimo tirare sotto qualcuno e non accorgermene, ma non trovai la forza di premere stop e tirare fuori il CD. Quella musica aggressiva, quegli accordi di chitarra e la voce grintosa di Andy… che non sentivo da tanto , mi era mancata più di ogni altra cosa.
Le tracce passavano una dopo l’altra, veloci, e con esse i minuti. Ero quasi arrivata a casa quando partii l’ultima canzone del CD.

Era diversa delle altre, lo percepii da subito. Al posto di quella musica irruente, le casse riprodussero un suono dolce e triste, quasi nostalgico. Quando partii la voce di Andy ebbi la pelle d’oca.



Those times in life we learn to try, with one intention
Of learning how and when we'll die, but we can’t listen
I wish to God I'd known that I, I didn’t stand a chance
Of looking back and knowing why, or pain of circumstance
.



 
Era come se conoscessi quella canzone, quasi come se l’avessi sentita molto tempo prima e fosse stata per tutto quel tempo seppellita dentro di me. Diedi una veloce occhiata al display luminoso del CD player. La canzone continuò.


 
You're not alone
We'll brave this storm.


 
Carolyn”.
No, non me lo ero immaginata. La canzone si intitolava così.
Accostai la macchina e tolsi le mani dal volante. Non mi accorsi nemmeno delle auto che mi suonavano, superandomi.
E, incapace di fare altro, strinsi tra le mani fredde e pallide il mio volto, piangendo e ridendo allo stesso tempo.








----
angolo dell'autrice
finalmetne, dopo quasi un anno, Carolyn è giunta all'ultimo capitolo. Spero che vi sia piaciuta c: 
Ringrazio chi ha recensito o semplicemente letto questa ff, chi ha sopportato tutti i miei scleri e le mie paranoie. 
God Bless you guys :D

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=932133