Go Invocation

di _The Darkness_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 Una vita impossibile ***
Capitolo 2: *** Cap 2 Paine Miller ***



Capitolo 1
*** Cap 1 Una vita impossibile ***


cap 1

Capitolo 1

Una vita impossibile

“Mark come hai potuto farlo?!!”

“Non è stata colpa mia! Le cose non funzionavano, e… Insomma era logico che sarebbe successo!”

“Non sei altro che un bugiardo, traditore!”

“Credevi davvero che ti avrei sposata? Che avremmo avuto tanti figli e che saremmo invecchiati insieme? Bhé, sai una cosa? Hai preso un granchio!”

Nella stanza echeggiò il tonfo della porta chiusa di scatto. Kate Jhonson fissava la parete bianca come la neve con aria incredula e al tempo stesso sbalordita.

Non può essere, non è così, non a me, non a me!!  Lei e Mark erano fidanzati da cinque lunghi anni ormai. Perché lui aveva buttato tutto all’aria per una stupida istruttrice di danza?! Ogni anno faceva spettacoli di ballo per divertire gli abitanti, Mark doveva averla conosciuta lì.

No! No! No!  Era solo uno scherzo, avrebbe chiuso gli occhi e appena gli avrebbe riaperti tutto sarebbe tornato alla normalità…… Ma purtroppo era sempre sola, davanti alla porta chiusa, nella sua squallida casetta. All’improvviso un’ondata di rabbia la travolse e le venne voglia di prendere a calci Mark e anche quella maledetta che era andata a letto con lui. Tutta la sua rabbia uscì fuori sotto forma di lacrime, calde lacrime che le rigavano il viso. Pianse così per mezz’ora, sempre piegata in due dalle lacrime e scossa dai singhiozzi. Dopodiché subentrò la calma che la costrinse a smettere e a riflettere su quanto era accaduto. Perché Mark aveva preferito una danzatrice da quattro soldi a una medica? È vero, erano passati due anni di fidanzamento, ma lui non sembrava essersi stancato. Forse non era abbastanza attraente? Si avvicinò allo specchio e cominciò a scrutarsi attentamente. Sulla liscia parete dello specchio la sua immagine appariva chiara e distinta. A parte il taglio dei capelli (fatti crescere lunghi fino alla schiena) e il colore della pelle (bianchissima perché era da un pezzo che non andava al mare), il resto era come lo ricordava due anni fa: i capelli erano sempre rossi, un rosso fuoco, acceso, che spiccava molto sui suoi occhi verdi. Gli occhi di Kate erano la cosa che si notava subito di lei; non erano di un verde comune che il più delle volte passa inosservato; ma erano luminosi, brillanti, con un verde bellissimo che ricordava il colore della natura. Kate diceva sempre che era la sua arma migliore per conquistare gli uomini. Il suo naso era normale, non tanto grosso, non tanto piccolo, medio insomma. Accettabile, diceva Kate. E per finire le sue labbra carnose erano rosse quasi come i suoi capelli ma più tendenti al rosa. Si diede una ravviata ai capelli, ricci e molto mossi, ma loro si ostinavano a non ubbidirle; impossibile convincerli a diventare più lisci. Bah! Sospirò Kate, e si buttò di slanciò sul suo vecchio divano ereditato da sua madre. Ora che ci pensava doveva assolutamente cambiarlo, non sopportava la vista di un qualcosa che le ricordava sua madre. I suoi genitori erano morti tutti e due, ed erano passati ben dieci anni prima che lei superasse il momento di crisi. Ancora adesso, appena ripensava a loro, le venivano le lacrime agli occhi.

No non doveva pensarci! Ormai aveva diciannove anni, doveva riuscire a controllare le lacrime! Tutto inutile. Stava proprio per ricominciare a piangere quando le venne in mente un pensiero che la consolò un po’:

Sono riuscita a non pensare a Mark per cinque minuti buoni. Mmm… un record. Chissà, forse avrebbero incollato una sua foto nel Guinness dei primati: Kate Jhonson, diciannove anni. Riesce a non pensare alla sua schifosa e vomitevole vita per cinque minuti. Ma a che diavolo sto pensando!  Si disse Kate imbestialita con se stessa, e per distrarsi un altro po’ si mise a guardare la casa. Il salone era tutto in disordine, come al solito, e un paio di scarpe sparse qua e là contribuivano a creare casino. Il pavimento di legno era tutto impolverato dato che Kate, troppo pigra  per pulire la stanza da sola, l’aveva completamente trascurato. Vicino al suo divano c’era un mobiletto dotato di un cassetto e sopra un telefono. Lei era l’unica in tutto il quartiere che ne possedeva uno. Strano, vero? Tutta colpa del loro re! Erano nel 21° secolo e nessuno si era degnato di formare una repubblica! In verità c’era stata una resistenza che combatteva la tirannia del re; però tutta l’organizzazione e chiunque tramava ai danni del sovrano era stato eliminato. Sicuramente dal suo esercito, un esercito formato da sei uomini che andavano in giro per l’Impero con lunghe palandrane nere e il volto coperto da una cappuccio. Questo pensiero la riempì di nuovo di rabbia: i suoi genitori erano nella resistenza ed erano morti proprio il giorno in cui quei loschi figuri erano riusciti ad eliminare le difese e a penetrare nel quartier generale. Da quel giorno Kate aveva deciso di vendicarsi. Ma non ne aveva mai avuto l’occasione; anche perché quei tizi le sembravano molto potenti, come se emanassero una strana energia: erano molto pericolosi. Da quando Derkun, il re, aveva preso il comando mezza Europa stava soffrendo molto sotto la sua egida. Il progresso si era degradato velocemente, la maggior parte della gente moriva di fame e tutti vivevano nel terrore e nella paura. Se facevi una cosa, soltanto una cosa che andava contro le leggi del re, ti ritrovavi subito davanti alla porta di casa uno di quegli uomini che ti zittiva per sempre. Per sopravvivere la gente aveva adottato diversi metodi: alcuni si erano dati all’accattonaggio; altri cercavano di rubare i pochi soldi che circolavano; altri ancora, come Kate, facevano un lavoro più onesto, sfruttando gli anni di scuola che li avevano preparati. Tornando alla casa, lei odiava trovarsi in uno spazio così ristretto: la cucina attaccata al salone, i mobili praticamente quasi del tutto inesistenti, e in cima alle scale, una camera (la sua) e un bagno che sembrava il buco che i topi usano come tana. Comunque, come ho già detto, Kate era fortunata a possedere quelle stanze e soprattutto un telefono, visto che quasi tutta la gente del quartiere non aveva nemmeno una camera da letto. Mentre era assorta nei suoi pensieri, lo squillo del telefono la riportò alla realtà.


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Capitolo 2
*** Cap 2 Paine Miller ***


cap2

Capitolo 2

Paine Miller

Oh, no! Proprio ora doveva suonare quel maledetto telefono! All’inizio Kate fu tentata di non rispondere ma quello continuava a squillare incessantemente, e alla fine si arrese e alzò la cornetta.

“Pronto.” dalla sua bocca uscì una voce che non assomigliava lontanamente alla sua, una voce di stanchezza, frustrazione e stress.

“Ciao Kate, sono Paine. Ma si può sapere cos’hai? Hai una voce che mette i brividi, ti senti bene?”

Paine Miller. La più grande amica di Kate fin dai tempi della scuola. Sebbene fossero così diverse nei gusti avevano tutte e due una cosa in comune: una vita difficile. Si ricordava ancora quando lei, durante l’intervallo, si metteva a piangere e le raccontava della sua difficile situazione familiare. I genitori di Paine si erano separati da poco tempo, e Kate ricordava ancora come lei la guardava con occhi pieni di terrore quando le raccontava del loro litigio. Inoltre diceva che erano completamente cambiati dall’ultima volta che l’aveva visti insieme: sua madre era diventata paranoica e si era chiusa in sé stessa, mentre il marito diventava sempre più intrattabile e aggressivo. Un giorno la madre di Paine decise che lei non avrebbe più dovuto rivedere il padre, e tagliò definitivamente ogni contatto con lui cambiando perfino casa. A quel tempo Paine era troppo piccola per comprendere il gesto di sua madre e finì per odiarla con tutta sé stessa; ancora adesso faceva fatica ad accettarla. Comunque Kate sapeva perché la madre aveva isolato la figlia: per proteggerla dal padre. Infatti lui aveva qualcosa che gli si leggeva negli occhi, una specie di lampo maligno, una luce nera che ti faceva capire che quell’uomo non avrebbe esitato a uccidere se avesse potuto. Kate aveva tentato più e più volte di farglielo capire all’amica, ma lei si ostinava a non crederle; diceva che era suo padre e lei non poteva permettersi di fare commenti su di lui. Da quel momento Kate aveva lasciato perdere, anche se era convinta che Paine, nel profondo di sé stessa, le dava ragione, ma non voleva farglielo capire. Però, purtroppo per Paine, un episodio venne incontro alla teoria della ragazza. Nonostante tutti i tentativi della madre di allontanare Paine dal padre, questi le trovò comunque, e minacciò la madre che se non le avesse dato la figlia lui l’avrebbe perseguitata per tutta la vita. Lei scese per tentare di ragionarci, ma lui le diede uno schiaffo in pieno viso che le fece sanguinare la guancia. Paine, vedendo sua madre in quelle condizioni, chiamò la polizia (a quel tempo Derkun non aveva ancora preso il potere), e solo quando sentì la sirena della polizia, lasciò in pace la madre di Paine e scappò via. Da quel giorno non si era più rivisto. Così Paine era cresciuta con la diffidenza e l’insicurezza verso la gente. È stato solo grazie a Kate se è riuscita a ritornare la solita simpatica e gioviale Paine di una volta. Per questo motivo loro due erano grandissime amiche, si trattavano come sorelle; e secondo Kate, Paine avrebbe dato anche la vita per salvare la sua amica. Perciò lei non voleva farla stare in ansia comunicandole la notizia, d’altra parte però non aveva altra scelta. Cercò in tutti i modi di trovare una frase che l’avrebbe rassicurata, che le avrebbe fatto capire che lei stava bene, che era tutto a posto. Non la trovò. Anche perché sarebbe stato tutto inutile: la sua voce tradiva le parole. Dopo averci riflettuto per un momento disse: “ Ho rotto con Mark.”

Dall’altro capo del filo ci fu un silenzio che parve interminabile. Kate si chiese se aveva fatto male a darle la notizia di botto.

“Cosa?!”

“Senti Paine, non cercare di portarla alle lunghe va bene?! Qui la situazione è seria. Ti ho detto “ho rotto con Mark!”

Pensava che parlandole con un tono arrabbiato avrebbe capito che non voleva essere disturbata. Invece lei:” Cos’è successo?” chiese con tono preoccupato.

“Niente di che…”

“Kate!”

“Ok, Ok, è successo qualcosa. È solo che al momento sono stanca e…… non mi va di parlarne.” Alla fine gliela aveva detto in faccia.

“Kate, lo sai che quando ti accade qualcosa di brutto mi preoccupo per te, e se non mi dici niente mi farai stare ancora più in ansia! E il giuramento? L’hai dimenticato per caso?”

Il giuramento. Come poteva dimenticarselo? L’avevano fatto quando Paine si era trasferita ed aveva abbandonato il quartiere. Consisteva nel raccontare all’altra tutti i fatti spiacevoli che le erano accaduti.

“No, non me lo sono dimenticato, però…”

Che avrebbe fatto? Se la sentiva di raccontare a Paine delle sue emozioni? O non ce l’avrebbe fatta? Alla fine prese la sua decisione:

“E va bene. Hai vinto tu, ti racconterò ogni cosa.”

“Finalmente!”

E così le raccontò di quello che le aveva fatto Mark, del loro litigio e di quello che aveva provato quando si erano lasciati. Alla fine del racconto Paine esclamò: “Non ci posso credere! Davvero ti ha tradito con quella lì?! Appena la vedo la faccio a pezzettini, le spappolo il cervello e le farò implorare pietà finché…!”

Dall’altro capo del telefono si sentì un rumore come se qualcuno stesse strangolando qualcun altro (A proposito: il telefono di Paine gliela aveva comprato l’amica. Le era costato un sacco di soldi, ma si sa: tra sorelle ci si aiuta). Kate conosceva le reazioni isteriche di Paine, e così cercò di zittirla:” Va bene, va bene… però adesso calmati.”

Nonostante tutto a Kate piacevano: davano sfogo ai suoi pensieri. Era quello che avrebbe voluto fare lei a Margaret (così si chiamava la danzatrice), ma non si sarebbe mai sognata di dirlo! Su questo, bisogna ammetterlo, Paine era molto più impulsiva.

“Bah! Comunque se lo merita!”

Già, avrebbe voluto dire Kate, ma non lo disse.

“Senti, comunque qual è il vero motivo per cui mi hai chiamata?” Si era completamente dimenticata di chiederglielo.

“Oh, niente di che…” disse Paine imitando la voce dell’amica: si divertiva un sacco a farlo. Poi aggiunse:

“Volevo solo sapere come stavi, una visita di controllo, sai…”

“Ah…Ok. Senti Paine, mi ha fatto molto piacere questa tua telefonata, ma ora voglio stare un po’ da sola.”

“Mi prometti che non darai di matto appena riattacco il telefono?”

“Sì, te lo prometto.”

“E che non andrai in qualche bar a ubriacarti?”

“Sì.”

“E che non andrai a commettere qualche omicidio o non so cosa?”

“Sì, ti prometto anche questo.”

“Ok… allora ciao!”

“Ciao.”

Riattaccò. Aveva tenuto le dita incrociate per tutto il tempo dei “prometto”. Con un sorrisetto, prese la sua vecchia borsa di stoffa, se la mise a tracolla e si avviò verso la porta. Lo sapeva bene che avrebbe fatto un dispiacere a Paine, ma del resto stava per disubbidire a solo una delle tre promesse. Sì, era una buona idea. Andiamo a farci un goccietto. Si disse Kate, e si richiuse la porta alle spalle.


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