Amortentia.

di mikilily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


 

Questa è una piccola long di 5 capitoli, mi è venuta in mente ieri sera, la pubblico solo ora che l'ho finita.
Aggiornerò a intervalli regolari, in base alle vostre preferenze.
Visto che ci sono, vi invito sulla mia pagina fb : 
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se vi va venite a trovarmi.


Buona lettura.

****

I


Girò lentamente la pozione, socchiuse gli occhi ispirando appena, inalando quel dolce profumo che solleticò il naso lungo e pallido.
Torta di melassa, la prima pioggia di Settembre e il profumo alle rose di Hermione Granger.
Sospirò nell’istante in cui, con una calma innaturale, riversò il contenuto che ribolliva nel calderone in una piccola ampolla di vetro.
Finalmente l’aveva finita, si disse.
Da quell’istante, tutto sarebbe cambiato.
Afferrò la mantella e si recò a lavoro, non avrebbe dovuto fare tardi non quel giorno.

**

Sì abbottonò distrattamente la camicia in seta bianca sorridendo come un ebete osservando, grazie allo specchio, Ron Weasley dormire beatamente nel suo letto.
Com’è bello, pensò.
Un gufo beccò al vetro della finestra distraendola.
- E tu che vuoi?- disse rivolgendo ora i suoi occhi sul pennuto che con occhi vigili, la scrutava attento.
Hermione sfilò la pergamena che il gufo aveva legata alla zampa e sbuffò.
- Che rompi pluffe – disse borbottando. – Il Ministro non poteva assegnarmi un collega meno intrusivo di Draco Malfoy -.
Ron si girò nel letto coprendosi il viso con i cuscini, Hermione si bloccò a guardarlo ancora.
Socchiuse gli occhi sperando che si decidesse a chiederla in moglie.
 
Lo amava e non voleva che si sentisse costretto a farlo solo per far piacere a lei e sua madre Molly.
Poi ora che anche Ginny e Harry si erano sposati, la loro situazione di eterni fidanzati, le andava stretta.
Digrignò i denti.
Quel rapporto tanto sospirato fatto di cene a lume di candela e dolci tête-à-tête, le andava stretto. Ora, voleva una famiglia, voleva svegliarsi tra le sue braccia, avere dei figli.
 Sbuffò, mentre afferrava la mantella smaterializzandosi davanti al suo ufficio.
Anche quel giorno iniziava una lunga e faticosa giornata al fianco di quell’orrido Serpeverde.

 
Era arrivato nell’ufficio con mezz’ora d’anticipo. Appese la mantella di cascimir nero sull’attaccapanni di ferro battuto, accese la macchina infernale che purtroppo produceva anche il miglior caffè presente al Ministero della magia e si sedette dietro la sua scrivania.
Aprì le carte che la sera prima aveva riposto nel cassetto a destra e iniziò a leggere, cercando di concentrarsi.
Purtroppo la sua mente, dannatamente ostinata, non lo lasciava in pace.
Sollevò il capo osservando la scrivania vuota davanti a se.
Sospirò ricordandosi che la sera prima la sua collega, dannata strega, era euforica per l’arrivo in città del famoso fidanzato.
Uno straccione arricchito, ecco cosa era.
Con un moto d’ira afferrò la pergamena e iniziò a scrivere.
Parole dure e fredde ricoprirono la bianca pergamena che un attimo dopo era stata legata alla zampa del fedele Alexander, il gufo dal nero piumaggio, che i suoi genitori gli avevano regalato anni addietro.
Richiuse la finestra e si rimise a sedere composto, cercando di togliersi dalla mente l’immagine del demente che baciava la Granger prima che questa si recasse a lavoro.
Strinse i pugni e respirò aprendo la bocca.
Stava impazzendo, non vi era altra spiegazione.
Poi il suo cuore, iniziò a battere furioso, quando un clap di materializzazione e il profumo inebriante di rose gli arrivò al naso.
- Non c’era bisogno di mandarmi un gufo – disse Hermione sedendosi alla sua scrivania.
Draco sollevò il capo storcendo il naso producendo il proverbiale ghigno.
- Eri in ritardo – rispose con tono freddo.
- Un minuto o forse meno – ribatté la Granger decisa a non abbassare la guardia davanti a quello che un tempo era il suo acerrimo nemico e ora per una sorte avversa era diventato il suo collega come legismago al Ministero.
- Un minuto o pochi secondi – la canzonò – è sempre un ritardo Granger – finì Malfoy riprendendo a lavorare.
- Uff - disse Hermione trattenendosi dal mandarlo al diavolo.

***

La mattinata corse via veloce, Hermione si occupò di tutte le pratiche di minor importanza, mentre Malfoy lavorò esclusivamente sul rapporto che gli auror gli avevano consegnato la sera prima.

*

Questi sono tutti gli indizi che abbiamo per mandare ad Azkaban quel farabutto di Collider - disse Harry Potter guardandolo dall’alto in basso – sappiamo che in passato questi è stato molto vicino alla tua famiglia - aggiunse l’auror assottigliando lo sguardo.
Draco stette zitto e mise su la solita maschera.
Agli occhi di Potter nulla sembrò scalfirlo nemmeno quelle non tanto velate insinuazioni.
Il legismago si limitò a sostenere lo sguardo del “Salvatore del Mondo Magico” e annuire svogliato alle mille cretinate che questi diceva.

*

Sbuffò.
- Ehi - disse Hermione sollevando la testa osservando stranita il collega.
- Qualcosa non ti torna?- chiese curiosa sorridendo beffarda.
Vediamo quanto sei imbecille e non meriti quella scrivania, pensò tra se.
- No, va tutto bene - replicò subito Malfoy ributtandosi a capofitto nel lavoro.
Hermione si fermò un attimo.
Che cretina che sono. È un anno che lavoriamo insieme e non abbiamo mai collaborato a un caso. Perché mai dovrebbe farlo ora che gli hanno affidato un caso particolarmente spinoso.
- Dovremmo collaborare - disse Hermione per metterlo alla prova.
Draco si bloccò.
 Che stronza, è convinta che solo lei meriti di stare qui, Che solo lei ha faticato per ottenere questo posto. Se solo sapesse, se solo...
- Hai altro da fare - rispose spazientito senza sollevare lo sguardo, riprendendo a scrivere veloce.
- Sono cose di poco conto – disse Hermione, divertendosi forse per la prima volta a dialogare con quell’egocentrico di Malfoy.
- Prima finiscile e poi t’illustro cosa non mi convince, non vorrei che sprecassi il tuo tempo con le mie pratiche trascurando le tue- rispose Draco.
Aveva preso quella decisione, forse coinvolgendola nel suo lavoro l’avrebbe avvantaggiato nel suo piano.
Hermione sembro stranirsi, gli occhi le s’illuminarono appena e le mani le formicolarono dall’eccitazione.
Oddio ho veramente sentito Malfoy dire quella frase?
Lo guardò ancora.
- Non mi stai prendendo in giro?- domandò pentendosi per essersi esposta alle sue rese in giro.
-Perché dovrei- replicò il legismago. – sei la mia unica collega e l’unica che in questo ministero può aiutarmi in questa delicata causa -.
Hermione sorrise, forse per la prima volta, a Draco Malfoy.
Le aveva fatto un complimento, non poteva crederci. Allora anche Malfoy era umano.
Inaudito! Doveva raccontarlo a Ron, a Harry, a Ginny. Sarebbe stato divertente annunciarlo all’intero mondo magico: Draco Malfoy è capace di elargire complimenti al prossimo. A una mezzosangue, per giunta.
Avrebbe riso di gusto se non fossero uno di fronte all’altro.
Draco la guardò sorriderli e il suo cuore fece una capriola.
Impallidì deglutendo sonoramente.
Calmati Draco. Calmati, s’intimò tra sé e sé.

***

Abbassò ancora una volta lo sguardo e riprese a lavorare. Sentiva il pennino della Granger scrivere frenetico per ore.
Sorrise, o più precisamente, ghignò. Immaginando che svolgesse il suo compito solo per lavorare con lui nella causa.
Per il caso Draco, solo per il caso. Le ricordò la sua coscienza. Nessuno, e tanto meno un’eroina come la Granger, vuole mischiarsi con te.
Già, lei nemmeno ti saluta quando v’incrociate per strada, ricordò mentre una morsa stringeva le viscere.
Si stringe al suo fidanzato, quell’idiota di Ron Weasley, e fa finta di non conoscerti.
Perché dovrebbe salutarti, poi.  Solo perché lavorate insieme?
Non, vi è alcuna ragione perché lei ti saluti cordiale. Ti meriti tutto il suo odio, visto tutto ciò che le hai fatto in passato: I dispetti, le prese in giro, le calunnie.
Come può solo riuscire a stare in questa stanza con me. Come fa a non insultarmi ogni volta che mi vede.
Lei è buona, quello io, che non sarò mai.
Socchiuse gli occhi e prese un grosso respiro.
La sua impresa era senza speranza, impossibile, inattuabile.
Avrebbe fallito.
Quella consapevolezza arrivò come una stilettata dritta al cuore.
- Ho finito Malfoy - disse la Granger sollevando lo sguardo. Aggrottò la fronte osservando il viso pallido del mago, la sua bocca serrata e la fronte umida.
- Stai bene Malfoy?- domandò.
- Sì - replicò lui.
- Ho bisogno di prendere un po’ d’aria, sono da questa mattina che non esco da quest’ufficio -.
Hermione storse la bocca.
Ecco qua! Come posso essermi fidata di questa serpe.
Che cretina che sono, anni che lo conosco e mi stupisco di ciò di cui è capace.
- Avevi promesso che... -
- Lo so Granger - disse Draco prendendo la mantella - ma te lo giuro, mi scoppia la testa e devo uscire da qui prima di impazzire - ammise.
Bene ora ti scusi come una stupida femmina. Che vergogna per fortuna che Lucius non lo scoprirà.
- Possiamo lavorare da un’altra parte?- Hermione aprì la bocca sconcertata dalla proposta che era uscita dalla sua bocca.
Malfoy si girò lentamente osservando con occhi sbarrati la donna che era diventata la sua ossessione.
La sua dolce ossessione. Malata ossessione a parere dei suoi amici più stretti.
- Se vuoi possiamo vederci a casa mia alle dieci - disse cercando di mantenere un tono calmo e distaccato.
Hermione lo guardò impassibile ma i suoi occhi si erano agitati al solo ricordo del Manor di proprietà dei Malfoy. Draco parve intuirlo.
- Abito a Londra, al N. 15 di Chelsea, la mia casa è l’unica con il portone verde- disse soddisfatto.
Fa che dica sì. Fa che dica...
- Va bene Malfoy per le dieci sono da te -.
L’uomo annuì composto ma dentro di se il suo cuore ballava allegro il rock e roll. Si smaterializzò così con un’espressione impassibile che man mano si allontanasse dal Ministero si trasformava in un sorriso.
Forse la fortuna stava girando anche per lui.
Intanto Hermione, stranita dalla sua stessa proposta si portava la mano alla bocca mentre cercava di trovare le parole giuste per dire al suo ragazzo dove avrebbe passato la sera del loro anniversario.
- Questa volta mi lascia - disse sconsolata conscia del fatto che nessuno potesse sentirla.
- Lavorerò al caso Collider - si ricordò sorridendo e tutte le paranoie su Ron passarono in secondo piano.

**

Tutto era pronto: la sala da pranzo era stata rinfrescata, il cammino in marmo bianco era stato acceso, il tavolo abbellito con una tovaglia finemente ricamata con fili di capelli di fata era stato ricoperto con le migliori pietanze che un elfo domestico come Tibly sapesse fare.
Draco soddisfatto osservò tutto dalla sua poltrona.
Aveva deciso di offrirle la cena, l’aveva avvisata in tempo e si compiacque nel ricevere, sempre grazie al fedele gufo Alexander, risposta affermativa.
Avrebbero mangiato insieme a casa sua e sempre insieme avrebbero lavorato fino a notte fonda.
Quello sì, che era un valido e cospicuo aiuto che la sorte gli faceva, per l’adempiere del suo piano.
Con naturalezza accarezzò la boccetta in vetro che si era messo nulla tasca dei pantaloni.
Socchiuse gli occhi facendosi una promessa.
La userò solamente quando non ci sarà altra speranza di riuscita.
Sospirò nell’istante in cui suonarono alla porta.
Da quell’istante mille emozioni affollarono la mente di Draco Malfoy.
Emozioni che l’ex Serpeverde mai aveva provato.
Sorrise, rise e cercò con tutte le sue forze di ammaliare la donna che incredula cenava silenziosa davanti a lui.
Forse le candele erano state un passo troppo azzardato.
Si sentì ridicolo nell’osservare la stanza ricoperta di rose rosse, sapeva, però, che lei le amava.
Quel damerino gliele regalava ogni tanto quando doveva farsi perdonare .
Cretino. Aveva un tesoro e non se ne curava.
Come si spinse a pensare Draco, non ci saranno litigi e lotte, le rose saranno solo un pegno, un regalo per farla felice.
- Grazie per la cena - disse Hermione ordendosi imbarazzata il labbro inferiore.
- Prego - replicò Draco.
- Forse è ora di metterci a lavoro - aggiunse imbarazzata – non vorrei occupare tutta la tua serata- finì.
Draco la guardò rapito.
- Tranquilla non ho altri impegni Hermione -.
La Granger sbiancò.
Mi ha chiamato per nome, Draco ghignò soddisfatto alzandosi dal tavolo, dirigendosi verso la donna che avvampò quando lui le porse la mano.
- Prego - disse aiutandola ad alzarsi, Hermione abbassò lo sguardo sapendo che le sue guance ora tinte di rosso la stavano tradendo.
- Lasciamo che Tibly sparecchi e poi possiamo iniziare a lavorare -.
- Qui? - chiese stupita.
- Si il mio studio non è accogliente e immagino non ti piaccia: è tutto verde e argento con quadri e vecchi arazzi di famiglia - disse.
Hermione annuì – va bene qui, tranquillo - concordò.

***

Avevano lavorato per ore senza mai fermarsi compiaciuti dell’affinità che si era creata.
Avevano riso e scherzato, come mai avevano fatto in passato.
Hermione per la prima volta si sentì allegra.
Non posso credere che questo che ho davanti è veramente Draco Malfoy.
Osservò con la coda dell’occhio il biondo che portava la camicia arrotolata  sui gomiti. Si stranì osservando la fitta peluria bionda che si intravedeva grazie al fatto che il primo bottone della camicia era stato slacciato.
Si inumidì le labbra sentendosi avvampare quando si perse a fantasticare su ciò che avrebbe fatto, se avesse avuto quei capelli fini e sicuramente morbidi e setosi tra le dita.
Deglutì sonoramente e distolse lo sguardo non appena quelle irridi argentei si posarono su di lei.
- Vuoi da bere? - chiese Draco osservandola rapito.
-Si grazie - disse Hermione avvicinandosi la pratica per nascondere il viso in fiamme –un po’ di acqua viole- concluse cercando di mantenere un tono calmo mentre il cuore nel suo petto era agitato.
Draco si alzò lento, le voltò le spalle e finalmente sorrise.
Tutto stava andando bene.
Arrivò al piano bar, prese un bicchiere e vi versò con un gesto veloce il contenuto della boccetta e infine l’acqua viole.
Si girò di scatto per paura che lei avesse visto, ma per sua fortuna la donna era ancora intenta a leggere i documenti.
Deglutì facendo sparire la boccetta e si avviò a passo lento e carenziale verso la donna porgendole il bicchiere.
- Ecco - disse . Hermione lo afferrò ma lasciando basito il mago non bevette.
- Ho trovato una strana cosa scritta qui - disse indicando il foglio. Draco storse la bocca ma non disse nulla.
La vide avvicinarsi a lui felice per l’intuizione appena avuta, si sforzò di non lasciare intuire la sua agitazione quando notò che il bicchiere era stato lasciato a terra.
Si sforzò di sorridere constatando che la Granger aveva trovato un cavillo per incastrare quello che un tempo era il socio di suo padre.
- Avevano ragione - disse – sei veramente la strega più brava della nostra generazione -
 Hermione rise, una risata cristallina , genuina , inebriante.
Draco sentiva il suo profumo offuscargli la mente, il suo cuore sussultare ogni volta che le braccia della strega lo sfioravano.
Stava impazzendo.
Fu un attimo lei gli diede un buffetto sul braccio e i loro occhi si incatenarono, fondendosi.
Il tempo quasi si fermò, così come il cuore del Legismago. Hermione, invece, sembrava come ipnotizzata da quegli occhi grigi.
Si avvicinò piano senza mai staccare il contatto visivo fino a quando la sua bocca non sfiorò quella di Malfoy.
 Il respiro sembrò spezzarla ma lui la strinse a se. Forte e prepotente, la baciò.
Hermione prima stranita rimase immobile, sciogliendosi pian piano alle insistenze del collega.
La ragione l’aveva abbandonata.
Sfiorò il petto con la mano mentre lui le accarezzò i capelli, baciandole e annusandole il collo bianco.
Profumo di rose.
- Devo andare - disse riprendendosi.
- No ti prego – rispose Draco.
- No devo andare – riprese la Granger alzandosi.
- Terminiamo almeno - replicò Malfoy alzandosi per fronteggiarla.
Hermione gli voltò le spalle afferrò il bicchiere e lo tenne in mano.
-Malfoy è meglio che vada-, rispose – non so cosa mi è preso, scusami- disse prima di bere tutto d’un sorso il contenuto del bicchiere.
Draco impallidì.
Ora che l’aveva baciato senza nessun artificioso aiuto, quello le sembrò un triste scherzo del destino.
Hermione lo guardò un attimo prima di sospirare.
- Oh Draco - disse – Quanto ti amo -.
Il biondo annuì.
- Anch’io- ripose ma quella confessione davanti alla donna che da anni faceva battere il suo cuore, non lo rallegrò.
Era solo un artifizio della pozione più pericolosa al mondo: l’Amortentia.
Solo quella, era riuscita a inibire Hermione Granger.
Le stranezze che quella pozione avevano portato sulla donna gli fecero dimenticare tutto: perfino il dolce bacio che si erano scambiati.
Quella notte, però, anche se a malincuore, la fece sua. Forse, anzi ne era certo, sarebbe stato l’unico modo per averla nel suo letto, almeno una volta.

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Capitolo 2
*** II ***


Non aveva chiuso occhio quella notte, pentendosi per quello che aveva fatto.
Si malediva, avrebbe dovuto fermarla, ma come? Quando le si era buttata tra le braccia, il suo cervello aveva smesso di ragionare.
Il cuore aveva preso completamente le redini del suo corpo.
Solo lui comandava.
 Poteva sentire ancora il suo profumo nelle lenzuola, il suo dolce sapore sulle labbra, le sue mani calde sul suo corpo.
Sapeva che quello sarebbe stato un ricordo.
Solo un amaro ricordo della notte più bella della sua vita. La notte che Hermione Granger l’aveva amato.
Respirò affannosamente aprendo la bocca, il fiato gli si mozzò.
L’aveva aggirata con la magia, solo così, la donna era caduta nelle spire del serpente. Solo così, una donna come la Granger l’aveva amato.
- Sei un verme - questo gli aveva urlato poche ore prima quando si era risvegliata tra le sue braccia.
E proprio come un verme si era sentito quando lei l’aveva chiamato Ron.
Ron, quel nome gli rimbombava nella testa.
- Che cosa abbiamo fatto!-  urlava  –  cosa mi hai fatto? - disse rivestendosi come un automa senza guardarlo - Io amo Ron -.
 Quella fu la conferma che nessun filtro d’amore l’avrebbe mai legata a lui.
- Signorino Draco, la colazione è pronta - Tibly l’elfo domestico si era smaterializzato in camera osservando preoccupato il suo padrone.
- Signorino – disse titubante l’elfo - sta bene?-
- Si Tibly- ripose – manda una missiva in ufficio e di che mi sento male -
- Oh signorino cosa ha? Come posso aiutarla?-
- Non mi serve nulla Tibly. Ho solo bisogno di un po’ di pace - ammise.
- Vado a trovare mia madre al Manor -
Tibly annuì, sapeva che quando il suo padrone si recava da lady Narcissa la situazione era critica, eppure la donna aveva passato qui la notte.
L’elfo lo guardò ancora, poi, abbassò il capo facendo due passi indietro e alla fine si smaterializzò nelle cucine. Lì, scrisse prima una lettera indirizzata all’ufficio del suo padrone e una alla sua padrona.

**

 
Era arrivata a casa con le gambe tremanti, senza fiato, con la testa svuotata. Era crollata a terra, distrutta.
Aveva portato le mani al viso iniziando a piangere. Amare e calde erano le lacrime che rigavano il viso pallido, smunto, di Hermione quella mattina.
I capelli arruffati, i vestiti sgualciti, le calze smagliate.
Quelle erano le terribili conseguenze della pazzia di quell’uomo.
La sua pazzia.
Amortentia ripeteva la sua mente. È solo a causa di quel filtro d’amore se hai ceduto. Tu ami Ron. Solo Ron si ripeteva.
Singhiozzò disperata.
Aveva inventato una cena di lavoro, per partecipare a quella serata con Malfoy.
Aveva anteposto la sua carriera al suo fidanzato che ogni volta per stare con lei percorreva chilometri su un manico di scopa.
L’aveva tradito.
No è l’Amortentia, si disse ancora ma ormai nemmeno lei ci credeva più.
L’aveva baciato. Sì l’aveva baciato prima di bere la pozione.
Aveva tradito la fiducia di Ron, della sua famiglia. Aveva perso ogni rispetto per se stessa. Aveva ceduto la sua anima al nemico e si vergognava per questo.
Malfoy l’aveva umiliata.
Finalmente c’era riuscito. Magari covava questo sogno dalla fine della guerra.
Non l’aveva nemmeno fatto parlare: no, non l’avrebbe sentito vantarsi di averla umiliata.
-Ti odio - urlò con rabbia, scaraventando il posacenere di cristallo che Ginny e Harry le avevano regalato il Natale passato.
Ti odiosi ripeteva nella testa mentre reggendosi al muro, si sollevò da terra, salì le scale e arrivò fino alla sua stanza da letto.
Si sentì mancare il suolo sotto i piedi quando notò ancora il letto sfatto e l’odore di Ron non ancora scomparso nell’aria.
Un conato di vomito le salì all’improvviso e corse velocemente al bagno ributtando tutto quello che aveva mangiato la notte prima. Anche il suo stomaco si rifiutava di ricordarsi la cena con Malfoy. Tutto il suo corpo cercava di dimenticarsi quello squallido mago, ma purtroppo per la strega ogni tentativo divenne vano.

*

Percorse il viale che dal maestoso cancello di ferro portava all’imponente villa che da  un centinaio d’anni era proprietà incontrastata dei Malfoy.
La porta d’ingresso si aprì rivelando Gangi, il fedele elfo di sua madre.
- Mia madre?- domandò Draco.
- Nella sala da te - rispose l’elfo prostrandosi non appena il mago li fu vicino.
Il mago fece un leggero cenno dispensando l’elfo e si diresse nella sala che questi li aveva indicato. Socchiuse gli occhi prendendo un grosso respiro poi spinse la porta ed entrò.
Sua madre Narcissa era seduta sulla poltrona color panna davanti al tavolino. Due tazze erano state adagiate su di esso e deliziosi frollini facevano venire l’acquolina sin bocca al solo guardarli. Draco, però, non si curò di loro avanzò lento e si sedette davanti a sua madre.
-Buongiorno Madre, aspettavate ospiti?- domandò osservando la tazza di fine porcellana.
La donna dai lunghi capelli biondi, il viso pallido e vivaci occhi azzurri lo guardò soffermandosi appena sul suo discutibile abbigliamento mostrando attenzione per le occhiaie profonde e lo sguardo spento di suo figlio.
- Aspettavo te – disse senza mai smettere di guardarlo. Draco aprì la bocca poi la richiuse. Tibly, quell’elfo più che un complice era una dannata spia.
Draco la guardò abbassare lo sguardo e prende con infinita calma la teiera, versò il te prima nella tazza di Draco e poi nella sua e infine, la porse al figlio.
- Senza zucchero, giusto?-
- Si madre - rispose.
Draco prese la tazza portandosela alle labbra, sentì il calore della bevanda scendere lungo l’esofago e riscaldarli lo stomaco. Socchiuse gli occhi e cercò di scordarsi il dolore di quella mattina.
Il vuoto che inesorabile attanagliava il suo corpo. L’angoscia che non lo abbandonava mai, rendendolo privo di forze. Inerme, davanti a ogni novità che la vita poteva offrirli.
Aveva distrutto tutto, aveva  cancellato ogni tentativo, seppur vano, di conquistarla.
- Allora Draco, a cosa devo la tua visita a quest’ora della mattina?- Domandò posando la tazza.
Draco respirò prima di guardarla negli occhi.
- Non dovresti essere a lavoro in questo momento, che impressione farai con la tua collega?- aggiunse Narcissa.
Draco deglutì.
- è proprio di lei che volevo parlarti- disse a voce bassa.
- La signorina Granger?-
- Sì, la signorina Granger- ripeté – l’ho ingannata -
Narcissa strinse gli occhi cercando di mantenere la calma.
Era brava a farlo.
- Ingannata. È come l’avresti ingannata?- Domandò.
- Amortentia - disse e sua madre, per la prima volta perse il suo aplomb.
- Sei forse impazzito!-
- è illegale, hai circuito una donna per fare cosa Draco? portatela a letto-
- Non è come credere -
- A no e com’è spiegami? Lei, voleva andare con te?-
- No -, disse – però io la... -
- Lo so Draco. So che ne sei innamorato, cosa credi, che non riesco a capire cosa prova mio figlio. Io e tuo padre l’abbiamo sempre saputo.
Sempre! Non è ingannandola con una pozione che la farai innamorare -.
- Infatti, mi odia - rispose.
- Chiedile scusa, confessale cosa provi -
- Ama un altro -
Narcissa mosse il capo sconcertata.
- Non capisci nulla. Sentenziò scocciata - usi sempre qualcosa per fuggire dai tuoi sentimenti. Cresci Draco e lotta per ciò che ami. Speravo che avessi capito dagli sbagli del passato, invece -.
- Invece?- chiese il figlio.
- Mi hai delusa - rispose alzandosi lasciandolo solo nella sala.
Perfetto, ora anche mia madre mi odia.

*

Un malessere continuò l’accompagnò per giorni, ma nonostante questo si sforzò di riprendere in mano la sua vita. Ottenne, grazie all’amicizia con il ministro , un piccolo studio, più simile ad uno sgabuzzino , ma non si lamentò. Tutto le sarebbe andato bene più che vedere quel verme.
Ricordò il bacio e il profumo di menta del suo alito.
Lo odiodisse tra se e se. Sì, lo odio.
Ne era certa, allora, perché si sentiva così strana? È solo perché ti senti in colpa, lui non c’entra.Si rispose.
Già lui non c’entra, si disse prima di correre al bagno per vomitare ancora una volta.
Sospirò esausta: era stanca, non ricorda nemmeno più da quando non faceva un pasto completo. Invece, ricordava fin troppo bene da quando si sentiva così: stanca, assonata, con una perenne nausea. Le venne un cerchio alla testa, anche quella mattina sarebbe stata male.
Doveva andare da un Medimago, forse aveva bisogno di vitamine o ferro.
Era sempre stata un po’ anemica, forse era questo il motivo del malessere.
Così approfittando della pausa pranzo, andò al San Mungo. Si smaterializzò nell’atrio e quando la suola delle scarpe toccò il pavimento, vacillò sentendo la nausea salire.
Riuscì a trattesi a stento, mentre l’odore del disinfettante le faceva storcere il naso.
- Posso esserle utile?- domandò un infermiera guardandola dall’alto in basso.
Hermione annuì – Vorrei fare una visita. Ultimamente mi sento un po’ debole, forse ho una carenza di ferro -.
L’infermiera sembrò volerle penetrare il cervello da quanto la fissava.
- Ha solo questi sintomi? - Chiese un medico avvicinandosi alle due donne.
- No, mi sento anche molto stanca e forse ho mangiato qualche cibo avariato, sa lavorando al ministero tutto il giorno non ho il tempo di prepararmi un pranzo come si deve - ammise abbozzando un sorriso.
- Venga andiamo - disse il medico precedendola. Hermione fece un passo poi la testa iniziò a girarle frenetica.
Cadde, ma due forti braccia la sorressero, lei non le vide, perché ormai aveva perso i sensi.
Quando si risvegliò era distesa su un lettino, la maglia era sollevata lasciandole scoperto il ventre.
- Cosa succede?- domandò sgarando gli occhi.
- è svenuta -  rispose il medico - fuori c’è il suo fidanzato - aggiunse mentre un leggero sorriso si formava sul viso del medimago.
- Ron?- disse Hermione.
- Si credo si chiami così, se vuole lo faccio entrare - . La strega annuì, così l’infermiera, che prima l’aveva accolta, fece accomodare anche Ron .
- Cosa è successo? Perché è svenuta?- domandò il giocatore di quidditch che era arrivato con la squadra per le visite di rito prima dell’inizio del campionato.
Hermione si coprì la pancia e si sedette sul lettino, Ron, in piedi, guardava prima lei poi il medico.
- Niente di grave, la sua fidanzata è incinta signor Malfoy- disse il medimago con un sorriso sul viso.
Hermione sentì crollargli il mondo addosso.
Ron impallidì prima che l’ira e la consapevolezza di quella notizia si insinuasse in lui.
- Malfoy? Cosa centra Malfoy?- urlò di rabbia.
- Il bambini sono di Malfoy. Io ... - il medimago non sapeva cosa dire, guardava quella donna abbassare il capo e l’uomo urlare ogni tipo di insulto verso di lei e il padre dei bambini.
Cosa ho fatto.
- Hermione cosa vuol dire? Hermione - la scosse con violenza – che cazzo hai fatto?-.
- Io... mi dispiace - riuscì a dire .
Quando incontrò gli occhi feriti di Ron, tutto sembrò fermarsi, il tempo, perfino il battere del suo cuore. La felicità scivolò via, come la sua vita.
Bevendo quella pozione aveva segnato la sua esistenza e con quel gesto, aveva ferito anche Ron.
Malfoy aveva vinto, li aveva umiliati nel peggiore dei modi.
Quando si riprese, Ron era andato via da ore. Si sforzò di ascoltare le parole del Medimago, ma queste le giungevano ovattate . Lontane.
- Dobbiamo avvertire il padre – disse il medico,- sa è la prassi- aggiunse. Lei, annuì senza nemmeno riuscire a dire un semplice si.
Poi, si sforzò a ritornare a casa sua, si mise a letto completamente vestita e iniziò a piangere.
Solo quello le restava piangere, ora tutti sapevano.
Sicuramente tutti i Weasley, Ginny e Harry, e i Malfoy.
Già, l’unica consolazione era sapere che anche per quel grandissimo stronzo, i piani per umiliarla avevano portato una spiacevole conseguenza.
Quando la notizia arrivò a Draco, sotto forma di Patronus, il biondo quasi cadde dalla sedia.
Annaspò senza riuscire per quasi un ora a formulare una frase di senso compito.
Incredulo per la piega che la sua vita, fino a quel momento tragica , stava prendendo.
- Theodor - disse all’indirizzo dell’amico che si era smaterializzato in quell’istante, -sollecitato a far visita Draco da lady Narcissa preoccupata per il figlio.
- Capiti proprio nel momento giusto - disse – vieni ti offro da bere, si festeggia-.
Theo sollevò il sopracciglio.
- Sei sbronzo?- Domandò.
- Affatto - replicò Draco- solo euforico grazie a  una bella novella-
- Eh quale sarebbe, Ron Weasley si è rotto una gamba? - Domandò Nott.
- Meglio! Hermione aspetta un figlio - disse compiaciuto.
Theo storse il naso.
- Ed il figlio è mio- aggiunse ghignando.
- Che cazzo le hai fatto?- Chiese Nott incredulo.
- Oh nulla - replicò Draco.
- Draco se le hai fatto qualcosa di illecito , quella te la farà pagare- li ricordò Theo.
- Non mi importa, ora è costretta a sposarmi. Sai la legge - Nott scosse il capo.
Non vi era speranza per il suo amico.
Alcuna speranza.
- Poi, con il tempo imparerà ad amarmi -
Theo non riuscì a replicare e incredulo lo vide smaterializzarsi diretto a casa Granger.
Lì forse, grazie ai piccoli che la donna portava nel ventre, riuscì a entrare senza usare la forza o la bacchetta.
Si guardò intono curioso osservando la casa piccola ma ordinata. Ogni oggetto raccontava di lei, si stupì a pensare Draco.
Quando finalmente arrivò all’ultima  stanza del secondo piano, tremò scostando la porta.
Piangeva.
Cosa credevi che saltasse dalla voglia di aspettare un tuo figlio.
Avanzò a piccoli passi e a ogni passo, si fermava.
Codardo.
Prendeva un respiro e riprendeva a camminare.
Sorpassò i cuscini e la cenere di quelle che molto probabilmente erano strilettere.
I Weasley, pensò subito.
Si sedette nel letto e la sentì bloccarsi, annusare l’aria e poi alzarsi di scatto.
-Che cosa vuoi? Sei venuto a vedere come sto? Mi hai umiliata, ora sei contento?-Hermione finalmente poteva sfogarsi, l’avrebbe ridotto in polvere se non sapesse che la colpa non era solo di Malfoy.
L’hai baciato, ti è piaciuto il suo odore lo sogni la notte. Ogni notte da quando sei stata con lui.
- Ti senti umiliata?-
- Certo brutto stronzo. Mi hai usata per vendicarti. La guerra è finita ma per te, viscida serpe... -
- Capisco - riuscì a dire Draco. Le intenzioni , i progetti, perfino il discorso che si era preparato era scomparso. Ora si sentiva solo un grande deficiente a cui avevano appena distrutto un sogno.
- Ti sposerò - disse abbassando lo sguardo – amerò nostro figlio e spero che anche tu farai lo stesso. Mi prenderò cura di lui e di te, se me lo permetterai-.
Hermione sgranò gli occhi.
- Io non mi pento di quello che ho fatto, era l’unica cosa che potevo fare per averti. Sai quale è la mia natura, aggiro ogni ostacolo per ottenere ciò che voglio, ma tu, hai ragione ad odiarmi. Mi merito ogni insulto -.
Draco si era messo a nudo per la prima volta. Non attese oltre, non volle sentire le sue parole acide deriderlo.
 Ora lei sapeva cosa provava.
Ora lei sapeva che la amava.
Hermione, invece, rimase zitta, ferma, impallata. Osservava senza riuscire a parlare il punto in cui era scomparso.
Mi vuole sposare.
Non sa che i bambini sono due.
Oddio Draco Malfoy ha fatto tutto questo per amore.
Oddio! Questo è pazzo.
Un gufo bussò alla finestra ridestandola. Immaginò fosse un'altra strilettera da parte di qualche amico deluso, invece si stranì nel trovarsi davanti un elegante civetta bianca.
Non l’aveva mai vista, sembrava Edvige la defunta civetta di Harry caduta in battaglia, ma questa era perfino più bella.
Le mostrò la zamba in cui era stata legata una missiva. Hermione la slegò velocemente donando alla civetta un po’ di acqua e un biscotto ed iniziò a leggere.
Signorina Granger,
Ho appena saputo la novità. Dovrei congratularmi , ma no so se questa novella sia una cosa a lei gradita.
Gradirei quindi,  incontrala privatamente nella mia casa per poter parlare senza che orecchie e occhi indiscreti interferiscano.
So, che se lo sta chiedendo. No, mio figlio non è al corrente della mia idea di vederla.
Mandi pure la risposta con Diana, la mia civetta.
In fede Narcissa Black.
Hermione rilesse due volte la missiva e ogni volta si soffermava sulla firma . Black si firma con il suo cognome da nubile. Questo le piacque, certo, non sarebbe stata una visita di piacere e la voglia di andare in quella casa non la allettava, ma doveva sapere cosa pensavano i Malfoy. Così prese appuntamento per il giorno dopo alle cinque, puntuale per il te come erano solite fare le donne altolocate. 

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Capitolo 3
*** III ***


Nervosa si recava al vecchio e tenebroso manor. Aveva accettato quella strana proposta fatalle da Narcissa Black.
Se ne sarebbe pentita?Questo ancora non lo sapeva.
Doveva sentire cosa la strega doveva dirle; Se avrebbe perorato la causa del figlio o se, si sarebbe scusata per la sua stupidata.
Come no, si disse infine . È la madre, si ricordò Hermione. Lo ha sempre difeso, protetto e vantato, anche quando cercava di uccidere Silente, attentava alla vita di una sua compagna, avvelenava Ron. Ogni ricordo delle malefatte di Malfoy le ritornavano alla mente. Non ha mosso un dito quando...
Il fiato le si bloccò in gola al sol ricordare le angherie che Bellatrix le aveva fatto subire e che lui non si era curato di interrompere.
Basta Hermione.
Ora basta, mostra a questa donna, ai suoi stupidissimi avi con il sangue immacolato chi sei. Sei una donna forte e coraggiosa e nemmeno questo ti piegherà. Draco Malfoy non può piegarti, mai.
Con questa promessa fatta a se stessa, arrivò fino al grande portone, non dovette bussare  perché un elfo servizievole e senza dubbio costretto a lavorare incatenato alle leggi retrograde, le apriva la porta.
- La signora l’attende - disse scomparendo.
Ottimo e ora, si disse Hermione osservando la grande sala d’ingresso. Da che parte vado?
- Prego mi segua- disse un altro elfo comparendo accanto alla porta.
Hermione rimase impallata ma subito dopo si riprese accelerando il passo.
- Senti, lavori da molto qui? Domandò all’elfo che la conduceva per un andito illuminato da una fila di piccole torce.
- Da quando sono nata - replicò l’elfo.
- E come ti trattano, sai, hai dei diritti, puoi chiedere la paga, un giorno libero... dei vestiti puliti -
L’elfa si girò un attimo.
- La signora Narcissa mi ha detto chi è lei, cosa ha creato e cosa ha fatto per il Mondo Magico. Io conoscevo Dobby, me lo ricordo bene, ma io non sono come lui. Ho rifiutato la paga perché non me ne farei nulla, ho tutto quello che voglio per essere felice -
- Cosa sarebbe ? - domandò Hermione.
- Lavoro per i Malfoy , questa è l’unica cosa che voglio -
- Daisy , grazie puoi andare - la voce di Narcissa interruppe il discorso.
L’elfa si abbassò un attimo in una riverenza e poi sparì. Hermione si trovò così sola , dopo tanto tempo, con Narcissa Black in Malfoy.
- Prego si accomodi- disse la lady , osservando la donna che presto avrebbe reso padre suo figlio e lei nonna.
Sorrise, in fondo, quella si che era una donna degna di diventare lady. Forse Draco, aveva sbagliato il modo, ma la scelta la condivideva in pieno.
**
Hermione sollevò gli occhi incredula: Narcissa Black l’aveva fatta accomodare davanti a se, le aveva offerto il te con infinita classe, porgendole lei stessa la tazza.
Aveva bevuto per prima forse per mostrarle che la bevanda non era avvelenata.
Si sentì ridicola solo per averlo pensato.
Poi, dopo che entrambe ebbero finito di bere, la donna iniziò a parlare.
- Mio figlio è uno stupido- disse ed Hermione quasi si strozzò con la saliva.
– Immaginavo stesse complottando qualcosa, da giorni non si faceva sentire-
Hermione sollevò gli occhi incrociando quelli grandi e limpidi della donna.
- Devi scusarlo, anche se so che è difficile. È un testone, cerca di aggirare gli problemi. Ha paura ad affrontarli e fa la cosa che sa fare meglio: Circuire e agire nel buoi. Ti sentirai offesa, e come donna posso capirti. So come fanno gli uomini, so come agiscono i Malfoy. Suo padre, era come lui testardo e codardo pensa che non è mai riuscito ad ammettere i suoi sentimenti nei miei confronti. Si limitava ad annullare ogni mio pretendente, alla fine fui io, esausta , che lo baciai proponendomi come sua compagna e futura moglie -
Hermione sbarrò gli occhi.
- So che però questo non è il tuo caso, giusto?- Hermione annuì affermando ciò che Narcissa le aveva detto .
Ora però non era più convinta che Draco Malfoy, per lei, non contasse nulla.
Lo odi.
- Avete parlato?- domandò ancora la donna scrutandola attentamente.
Parlami, confidati con me, siamo due donne e presto diverremo parenti.
- Sì - ripose Hermione, la gola era secca e una strana agitazione le attorcigliava le viscere.
- Spero che non abbiate litigato ancora - Hermione si sentì in colpa, lei aveva urlato, inveito, offeso, lui, invece le aveva confessato tutto.
- Un po’- ammise.
- Dovreste parlare. So che per lei è difficile, che aveva una vita diversa fino a qualche tempo fa-
- Suo figlio mi ha ingannata, ha profittato di una causa per farmi andare da lui, mi ha fatto bere dell’Amortentia per passare una notte con me -
- è squallido - disse Narcissa.
- Molto squallido! - replicò Hermione – poi è venuto a casa mia e ha proposto un matrimonio, la cura dei bambini, mi ha illuminato sul suo amore -.
Narcissa aprì la bocca.
- Non mi fido, lo capisce. Io non posso credere a suo figlio, lui mi ha sempre umiliata , derisa, offesa. Questa è solo l’ennesimo atto di un suo macchinoso piano -
- Dovreste parlare -
- Pare che non ho scelta- disse tristemente Hermione – la legge è dalla sua parte aspetto i suoi figli e dovrò diventare sua moglie -
- Figli?-
- Si sono due - ammise.
Narcissa sembrò rinascere a quella notizia.
- Vedo che almeno qualcuno è felice della novità- replicò la Granger.
- I suoi genitori, non sono stati informati? – domandò la strega.
- No, i miei non si ricordano nemmeno di avere una figlia, pensi cosa penserebbero di sapersi nonni di due nipoti-
Narcissa annuì senza più riuscire a dire nulla.
- Ora si è fatto tardi- disse Hermione alzandosi.
- Signorina Granger - disse la lady alzandosi – dovrebbe dirmi il giorno che più le piace per le nozze -
Hermione barcollò.
- Decida lei, pare che sia più emozionata per l’evento che gli sposi -
E dopo questo andò via.
**
Seduta sul letto, osservava la figura che lo specchio davanti a lei rifletteva.
Una donna di media statura la guardava stranita. Incredula a ciò che i suoi occhi le mostravano . Il vestito in pizzo bianco accarezzava morbidamente le linee del suo corpo facendo risaltare le curve addolcite dalla gravidanza, questo le scopriva le spalle e arrivava fino a terra producendo un piccolo strascico. Un nastro in raso bianco, con al centro uno smeraldo contornato da due diamanti, delineava la linea sotto il seno. Ai piedi, portava delle scarpe in raso arricchite da pietre, anch’esse verdi, nel tacco. I capelli erano stati raccolti lasciando liberi solo due boccoli ai lati della fronte, mentre sul capo portava la tiara di famiglia dei Black. Portava i guanti in pizzo che le coprivano solo le mani, lasciando scoperte le braccia .
Gli occhi erano stati truccati con colori tenui, sul rosa pesco; Le labbra erano state delineate con la matita e rese brillanti dal gloss; Solo le gote erano state leggermente arrosate con del blush facendo così, risaltare gli zigomi.
- Posso entrare -  Hermione nemmeno si girò verso la donna.
Continuò a guardarsi senza emettere fiato. Era veramente lei quella che da ore si specchiava ?
- Sei bellissima – disse Narcissa.
Hermione non parve ascoltarla.
- Ci siamo tutti-, disse ancora la Lady – anche l’ufficiante è arrivato e Draco è già in piedi, ai piedi dell’altare- finì.
Draco.
Già mi sposo con Draco Malfoy.
- Questo è il mazzolino - disse Narcissa posandole un bouquet di rose bianche. Hermione posò i suoi occhi suoi fiori.
Belli ma non erano certo quelli che aveva immaginato di tenere tra le mani il giorno che si sarebbe sposata.
- Draco mi ha detto che ti piacevano rosse, ma ho preferito le bianche. Si addicono più alla situazione- disse Narcissa.
Come faceva a sapere?
Sollevò lo sguardo sulla lady che sorrise.
Fuori c’è qualcuno che aspetta per accompagnarti- disse Narcissa baciandole la fronte come una madre, uscendo infine dalla stanza.
Hermione prese un grosso respiro e finalmente si alzò.
Oggi finisce la mia vita da donna libera e comincerà il mio lento declino.
Passò una mano sul ventre, ancora piatto, sospirò pensando a quando si sarebbe ingrossato. Sorrise immaginando i suoi bambini e finalmente si decise ad uscire.
Avrebbe camminato a testa alta, sarebbe stata orgogliosa di ogni scelta fatta: dei suoi bambini, della sua vita.
Non era lei quella che aveva ingannato, non era lei quella che aveva mentito. Lei, era una vittima, come lo erano i suoi figli. Che destino crudele toccava loro, Draco Malfoy come padre.
Draco Malfoy come marito.
Aprì a porta assorta in quei pensieri e quasi andò a sbattere su un uomo vestito di nero, questi si girò di scatto, guardandola a bocca aperta – Hermione sei bellissima-
- Harry- disse correndo tra le braccia del suo migliore amico.
- Piccola-
- Sei qui, sei venuto-
- Non potevo mancare, la mia migliore amica si sposa –
- Già, ma non con l’uomo che ...-
- So tutto- disse Harry, -mi spiace, se ti può consolare ho spaccato la faccia a Malfoy-
Hermione sollevò lo sguardo incredula osservando le iridi verdi dell’amico che le confermavano ciò che le aveva detto.
- Bene- replicò- chiamerò te quando voglio dargli una lezione-
- Si- disse Harry – spero però che riusciate a parlare-
-Impossibile -
Harry storse la bocca, ma non disse nulla. Non doveva essere lui a dirle quanto Malfoy l’amasse. No, doveva essere l’ex Serpeverde a trovare il coraggio.
Sperò che si decidesse o quel matrimonio, sarebbe stato un vero inferno.
**
Aveva pianto forse per l’emozione, tristezza.
O forse era rabbia?
Era rabbia quella. La rabbia per aver sposato te e non Weasley.
Quella consapevolezza l’aveva accompagnato per tutta al sera. Quella che doveva essere la sua festa , per lui Draco Malfoy, divenne un tormento. Sua moglie, la sua bellissima moglie, lo evitava preferendo stare a chiacchierare con Potter. Il pugno che quello stronzo gli aveva dato ancora bruciava.
La cosa che gli fece più male fu osservare gli sguardi compassionevoli che tutti gli riservarono.
Tutti sapevano quanto l’amasse, tutti sapevano quanto lei, al contrario, amasse Ron Weasley. Avevano intuito che c’era sotto qualcosa e quando la voce della gravidanza della Granger si era propagata, nessuno ebbe più dubbio: l’aveva incastrata.
- Auguri amico, bella festa- Theodor , il suo testimone , gli sorrise.
- è un disastro- replicò Draco – lei...-
- Dopo ci sarai solo tu, mi assicurerò che Potter vada via -
Draco ghignò.
- Sei un amico- disse.
- Lo puoi ben dire, il migliore- aggiunse sollevando il calice prima verso Draco e poi verso Hermione che arrossì vedendo quel gesto da parte di Theodore Nott.
- L’hai conquistata-
- Dovresti conquistarla tu, visto che è tua moglie -
È come scalare l’Everest pensò, anche se non sapeva cosa volesse dire, ma lei lo ripeteva spesso e quindi, aveva intuito, fosse un detto babbano.
La sera procedette lentamente, quando a notte inoltrata, anche l’ultimo ospite andò via Draco e Hermione rimasero soli nella grande casa che Narcissa e Lucius avevano regalato loro.
Una villa in Scozia lontano dal clamore e dalle malelingue- aveva detto Lucius.
- Un oasi di pace in cui potrete crescere i bambini-, aveva aggiunto Narcissa.
Una prigione, aveva pensato Hermione.
Il nostro nido d’amore,si disse speranzoso Draco.
L’uomo accese la musica e rifocillò il fuoco che gli elfi avevano acceso ore prima.
Si preparò un firewhisky e infine si girò a guardarla:
Bellissima.
Hermione si era seduta sul divano e imbarazzata si guardava le unghie.
Non osava sollevare lo sguardo per paura che potesse succede qualcosa, non poteva permetterselo. Tutta la sera era riuscita a evitarlo, ma come una calamita i suoi occhi si posavano a intervalli regolari su quello che era diventato suo marito. Era bello, decisamente sexy. Come aveva fatto a non accorgersene prima.
Tutte parevano accorgersi di questo tranne lei
Lo detestavi.
Lo detesti, si intimò iniziando una lotta con la sua coscienza.
- Ho paura a offrirti da bere- disse lui e con quelle parole lei sollevò lo sguardo.
- Non ho sete- rispose.
Lui annuì voltandole le spalle.
- Tua madre mi ha detto che voi Malfoy-
- Che noi Malfoy?- domandò scettico.
- Niente lascia stare-.
- No dimmi Granger, tranquilla-
Maledizione perché aveva parlato.
- Ha detto che voi Malfoy siete soliti organizzare feste danzanti, mi ha parlato di una imminente-
- Vuoi andare?- chiese scettico. –pensavo che non ti avrebbe fatto piacere mischiarti con tutti loro, sai occhi che osservano, bocche che parlano.
- Infatti non ci tengo, ma se dovevo andarci volevo farti presente che non so ballare-
Draco sgranò gli occhi.
- Al ballo del ceppo ballavi più che bene- ricordò con un motto d’ira ricordandola felice tra le braccia del Bulgaro .
Con tutti tranne che con te. Pensò lui.
Come fa a ricordarsi...pensò lei.
- Io, è passato del tempo – rispose titubante.
Smettila Hermione, smettila assolutamente. È solo quel cretino che ti ha incastrato.
- Ballare e come andare su una scopa, lo si impara una volta e lo si ricorda per sempre-.
Draco fece un passo e arrivò davanti al divano dove Hermione stava ancora seduta. Si inchinò e le offrì la mano.
- Vuole- disse abbassando il capo senza però mai smettere di guardarla
Hermione sii coraggiosa, così afferrò la mano. Un brivido le scese lungo la schiena, ma non osò staccarsi. Orgoglio e coraggio erano intrisi in lei.
- Certo- replicò sollevandosi. Draco la condusse al centro della sala e piano iniziò a muoversi. Le strinse un fianco con la mano,  e con l’altra le prese il braccio, le distanze si ridussero vistosamente tanto che Hermione non sapeva da quale parte guardare. Sentiva il suo fiato sul collo, i capelli accarezzarle le gote.
- Rilassati- le sussurrò.
Il cuore perse un battito e in un attimo, si ritrovò incatenata dalle spire del serpente, a una spanna dal suo viso, a un soffio dalla sua bocca.
Sbagliò, socchiuse gli occhi e lui la baciò con dolcezza, infinita dolcezza. Le gambe le tremavano, il cuore faceva le capriole e la consapevolezza che quello non era solo uno sbaglio la trafisse. Distruggendo il castello di carta che si era costruita.
Boccheggiò e lo spinse via.
Draco rimase immobile al centro della sala, incredulo la guardava, poi, abbassò il capo sconfitto.
- Scusami- disse voltandole le spalle incamminandosi verso le scale.- non avrei dovuto toccarti- aggiunse.
- Dove stai andando?- chiese Hermione seguendolo, la morsa al petto non accennava a scomparire. Si era pentita un attimo dopo, averlo respinto. Non l’avrebbe mai ammesso, questo era certo.
- Nella mia stanza- disse. -Mia madre non te l’ha detto? Abbiamo stanze separate-.
Hermione aprì la bocca, ma non disse nulla lo osservò allontanarsi da lei silenzioso ed elegante come solo un Malfoy sapeva essere.

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Capitolo 4
*** IV ***


Dopo la prima di notte di nozze e quel bacio, che nessuno dei due aveva scordato, cercarono in ogni modo di evitarsi, ma abitando nella stessa casa, questo fu impossibile.
Come impossibile fu nascondere alle loro anime quanto provassero.
Hermione sospirò accarezzando il ventre, ormai lo faceva spesso, e notò con molto piacere, che a Draco s’illuminava lo sguardo quando lo faceva.
Forse mi vuole bene come blaterano Narcissa e Harry.
No, Malfoy non sa amare è una bugia, l’ennesima.
Combattuta e con quelle idee nella testa, si avviava a passo di marcia nelle sue stanze.
Doveva parlargli. Doveva affrontarlo.
Doveva, dio si vergognava enormemente, ma voleva sapere se intendesse accompagnarla alla visita di rito per i tre mesi.
Già erano passati tre mesi da quella notte in cui l’aveva strappata alla sua vita.
Così, prese un respiro e uscì dalla sua stanza. Era sabato e come ogni sabato l’avrebbe trovato nel suo studio a leggere la Gazzetta del Profeta, il supplemento sul campionato nazionale di Quidditch.
Quando arrivò, non si sorprese ti trovarlo seduto alla scrivania: composto e dritto, con le gambe accavallate, la vestaglia verde smeraldo e i capelli, che scomposti, gli accarezzavano le tempie.
Era bello, troppo bello si disse. Oramai non riusciva più a connettere quando stava in una stanza sola con lui. Si sentì male rendendosi conto che non aveva più pensato a Ron da quando Draco Malfoy era entrato prepotentemente nella sua vita.
Era veramente amore quello che provava per l’amico fraterno o solo affetto?
Fece un passo e si fece forza, avanzando lenta fin davanti alla sua scrivania. Da quanto era intento a leggere nemmeno, si accorse di lei.
- Umm, Umm - tossì.
- Scusa se ti disturbo – disse. Draco, abbassò il giornale e la guardò stranito.
Lo poggiò sul piano e osservò la donna senza riuscire a connettere.
Possibile che ogni giorno che passava, diventava più bella.
Possibile che ogni volta la desiderasse sempre di più.
Possibile che lo odiasse sempre perfino ora che ...
- Mi chiedevo... - cercò di dire Hermione, prima che i suoi occhi si bloccassero leggendo l’articolo che in prima pagina annunciava l’imminente matrimonio di Ron Weasley e Amanda Johns.
Boccheggiò.
Gli occhi s’inumidirono. La consapevolezza che Ron, nonostante tutto, continuasse ad amarla l’aveva accompagnata, rassicurata.
- Da quando lo sai?- urlò.
- Cosa?- chiese Draco stranito.
- Questo – disse prendendo il giornale sbastendolo con forza sul viso del mago.
- L’ho appena letto Granger, non penserai che li abbia fatti accoppiare io- replicò.
- Saresti capace- disse girandoli le spalle.
- Già, io sono un mostro – replicò.
Si bloccò scottata da quella frase.
- Puoi umiliarmi e dirmi tutto quello che vuoi. Ormai sono abituato, ma ti assicuro che non ho fatto nulla per unire Weasley alla Johns.
Hermione aprì la bocca cercando di inalare più aria possibile.
- Sapevo che stavano uscendo insieme, non pensavo che stessero già a questo punto - disse.- Scusami - aggiunse stupendo se stessa, e l’uomo che incredulo ricevette le sue scuse.
- Non importa, scuse accettate - disse – ti serviva qualcosa?- domandò poi, Draco - perché sei venuta qua, come mai non sei da mia madre? Il sabato mattina lo passate sempre insieme - chiese curioso.
- Io, volevo chiederti se volevi venire al San Mungo. Oggi ho una visita con il medimago, sai , i bambini -
Draco sorrise.
- Certo se non ti scoccia, vengo - rispose.
- Bene -
- Bene - rispose Draco.
- Alle 11.oo nell’atrio - disse Hermione uscendo dallo studio, lasciando solo un compiaciuto Draco Malfoy.
*
Il lettino del San Mungo era freddo come se lo ricordava.
Il medimago, un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e gli occhi neri, armeggiava con la bacchetta senza dire mezza parola. Draco, notò Hermione, era sulle spine, ma non disse nulla. Aveva poggiato una mano poco distante dalla sua testa e fissava il cranio del medimago.
Che gli stesse leggendo la mente?
Non lo farebbe mai, o forse sì.
- Bene signori Malfoy- fece il medico sollevando lo sguardo verso i due.
- I bambini sono sani e stanno crescendo bene- aggiunse.
- Volete sapere il sesso?- Domandò .
Draco non rispose, guardò Hermione annuire e così fece anche lui.
- Bene - rispose compiaciuto il medico - sono un maschio più grande di due millimetri e una femmina-.
- Una femmina - ripeté Draco rapito.
- Si signor Malfoy, dovrà abituarsi all’idea di avere una figlia. Per i padri è un trauma, ma c’è tempo prima che esca con i ragazzi- disse il medimago.
Ragazzi! Che cosa sta blaterando questo vecchio?pensò Malfoy.
Hermione sorrise e non seppe perché gli strinse la mano.
Draco l’afferrò come fosse il suo sostegno, e fu così che uscirono dall’ospedale: mano nella mano.
*
Da quel giorno cambiarono molte cose, tutte positive. Presero a parlarsi senza insultarsi o urlare.
Il primo periodo erano imbarazzati, i discorsi vertevano sui i bambini e avevano come luogo neutro la cucina.  Più il tempo passava, più la routine quotidiana gli fece sciogliere, scoprire, conoscere .
Ripresero a lavorare insieme alle cause, scoprendo come in quella lontana notte, che insieme erano inarrestabili.
Un equipe perfetta.
Ogni tanto Hermione si fermava ad ammirarlo ben attenta che lui non si accorgesse di nulla, arrossiva e abbassava il capo se lui intercettava il suo sguardo. Lui, non faceva mistero di apprezzarla sia come donna sia come collega, era palese che ne fosse innamorato solo lei ancora non lo credeva possibile.
Insieme avevano scelto i mobili per la stanza dei bambini  in ciliegio chiaro e il corredino, un trionfo di bianco e pizzi.
A volte, riuscivano a sfiorarsi senza che nessuno dei due scappasse imbarazzato. Ridevano e scherzavano, superarono molti ostacoli, iniziando a conoscere i difetti e i pregi di entrambi.
In pratica, divennero una coppia, anche se non se ne resero conto, fino a quando Eltanin e Scorpius non nacquero.
**
Era una notte stellata d’inizio primavera, Narcissa si era assicurata il miglior Ginemago di Londra.
- Il meglio per la nascita dei miei nipoti- aveva detto. Hermione non osò contradirla e nemmeno Draco, non ne avevano la forza. Si guardarono e sorrisero complici del pensiero che li accomunava.
Sicuri che Narcissa aveva scelto il meglio e infatti, il medimago sapeva sicuramente fare il suo lavoro.
Quando Hermione sentì la prima contrazione, fu fatta distendere su un letto con lenzuola immacolate, due infermiere professioniste avevano il compito di inumidirle il viso e controllare che fosse ben idratata.
Quando le contrazioni aumentarono e con esse la dilatazione, il medimago sentenziò che presto gli eredi sarebbero nati. Draco fu invitato con sorpresa a sedersi dietro alla partoriente.
Le cinse le spalle con le forti braccia, poggiò il capo su quello di Hermione e infine, le prese la mano.
Quando il medimago le intimò di spingere, lei li strinse con forza le dita.
Draco non disse nulla, mai si lamentò.
Chiuse gli occhi quando la sentì urlare, sapendo che era colpa sua. Solo sua se lei soffriva.
Sentiva il suo affanno, la debolezza.
- Un ultimo sforzo- urlò il medimago estraendo il primo bambino e porgendolo a un’infermiera. Questo iniziò a piangere.
- Ti prego un altro sforzo- le sussurrò piano e Hermione spinse portando alla luce anche lei, la loro piccola principessa.
Dopo che i piccoli furono lavati e vestiti, furono adagiati accanto alla loro madre. Draco rimase come imbambolato a guardarli.
Scorpius dormiva mentre Eltamin, curiosa, si guardava intono, Hermione invece batté due volta le ciglia prima di spalancare gli occhi e incatenarli a quelli grigi di Draco.
Perse un battito: Possibile che fosse bello anche dopo aver passato una notte insonne?
- Grazie - disse lui, avvicinandosi al viso della giovane moglie.
Le guardò le labbra turgide e rosse, inalò il suo profumo delizioso e inebriante; Un misto tra la rosa e la sua nuova natura di mamma.
Ti amo se possibile ancora più di prima.
Ti amo così tanto, che il mio cuore non riesce più a sopportarlo , questo pensò Draco.
Hermione trattenne il fiato, rimase immobile, socchiudendo appena gli occhi. Poi, sentì le sue labbra poggiarsi sulla fronte e a stento riuscì a trattenere le lacrime che spingevano a uscire.
 Delusa, cosi si sentiva.
- Sono bellissimi - aggiunse Draco staccandosi da lei.
Distese le labbra imponendosi di sorridere.
Mentì a lui e a se stessa.
Voleva un bacio, voleva sentirsi dire parole dolci dal padre dei suoi figli.
Volve sentirlo dichiarale amore eterno. Ora lo sapeva, si era innamorata.
Stupida.
Draco la guardò ancora, si era promesso di non forzarla , non ora che i bambini erano nati. Aveva paura di perderla. Aveva paura, una tremenda e fottuta paura di svegliarsi dal sogno.
L’avrebbe baciata se avesse dato retta al suo cuore, ma per una volta ragionò.
Così, si era trattenuto.
Era bellissima nonostante avesse appena partorito, era dolcissima con i suoi bambini tra le braccia, era la sua donna, anche se purtroppo lei non lo amava.
La guardò ancora negli occhi sorrise, cercando di capire le emozioni che attraversavano la mente di Hermione, ma come sempre per lui la donna era un enigma, un enigma che amava ogni giorno sempre di più.

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Capitolo 5
*** V ***


Non mi sarei mai aspettata un tale successo per questa piccola storia.
Siete fantastiche.

Eccovi l'ultimo capitolo, sperando che vi piaccia vi do appuntamento alle prossime mille avventure.
Buona Domenica.
Mikilily.

*****




Era passato quasi un anno, Scorpius ed Eltanin crescevano amati e protetti dai loro genitori. Hermione si trovò molte volte a ringraziare Merlino per quei doni. Amava i suoi bambini, adorava giocare e crescerli, era stupendo osservare come i due, riuscissero a cambiare perfino un uomo serio e composto come Malfoy.
In quel momento, infatti, Scorpius gattonando furtivo prendeva possesso della scopa da corsa del padre, mentre Eltanin, indisturbata, scarabocchiava con la penna le carte del nuovo importante processo.
Draco era riuscito a salvarle prima che quella monella con gli occhi castani e i cappelli biondi e ricci, riuscisse a rovinare mesi di lavoro. C’ avevano lavorato ogni notte, nonostante fossero esausti a causa dei bambini.
Hermione morse il labbro ricordando la notte in cui si era seduta un po’ troppo vicina. Sospirò ricordandosi l’emozione nel sentire il suo fiato sul collo.
I suoi capelli sfiorarle la guancia, le sue mani tremanti.
 - Non si fa- Eltanin – non si fa - disse Draco riportandola sulla terra. L’uomo portava un paio di pantaloni neri che stretti fasciano le sue gambe. La maglia, di un tenue azzurro, mostrava due spalle larghe.
Cercò di riprendersi, ma era impossibile.
- Mamy - disse Eltanin piagnucolando.
Draco si voltò a osservarla mentre la figlia scappava via.
- Ha ragione papà- disse guardando Eltanin –hai altri giochi con cui giocare, piccola monella- disse prima di riposarla a terra.
La piccola, non capì il rimprovero e gaia, trotterellò verso il fratello che curioso analizzava la scopa del padre, posta sotto vetro, unico modo per allontanarla dalle attenzioni del giovane erede.
- Dio come faremo quando inizieranno a camminare- disse Draco sorridendo.
- Non so, dovremmo procurarci degli occhi aggiuntivi-
Disse ridendo.
- I Weasley vendono una cosa simile nei loro negozi, c’è la pubblicità-
- Non farei mai avvicinare i miei figli a quelle diavolerie- replicò forse con troppa enfasi. Draco si bloccò stranito e con lui i bambini che poi ripresero a osservare la scopa da corsa.
- Hai ragione, scusa - disse Draco.
Hermione sospirò. Detestava quando lui le chiedeva scusa, era un modo odioso di interrompere una discussone.
Lei voleva parlare, capire, chiarire, fare l’amore...
Basta!
- Hai fatto i biglietti?- domandò Draco.
- Sì -riuscì a dirli sedendosi nel divano davanti alla scrivania.
- Pensi di riuscire a cavartela con loro? - chiese Hermione.
Dimmi di no. Ti prego dimmi di restare.
- Sì, se proprio sono sfinito, li porto da mia madre - disse.
Hermione osservò i bambini giocare, ora se la stavano prendendo con Tibly, il fedele elfo. Gli tiravano il vestito, osservavano le orecchie, saltavano sopra la sua pancia. La cosa più assurda era che l’elfo, si stava divertendo come un pazzo.
- Gli mancherai - disse Draco immaginando i suoi pensieri.
Hermione annuì.
A te mancherò?

**

La notte scivolò lenta nella villa dei Malfoy, un gufo in caccia banchettava felice poco distante dalla finestra in cui, una giovane strega osservava malinconica la luna.
- Ancora non dormi?-
Appena sentì la sua voce, il cuore prese a battere.
- Non ho sonno -
- Dovresti, domani hai la sveglia presto. Sempre se non vuoi che sia Scorpius a svegliarti. Ieri mi ha quasi soffocato con il cuscino -
Hermione scosse la testa, voltandosi per guardarlo. Avanzò lenta mettendo un piede davanti all’altro. Il cuore rimbombava e temette che lui potesse sentirlo.
Lo raggiunse, il suo braccio sfiorava quello del mago, si guardarono prima che lei si sollevasse sulle punte per donarli un delicato bacio.
Socchiuse gli occhi e inalò il suo profumo, menta e sandalo.
Lui rimase sorpreso, la vide scendere e superarlo.
Tutto sembrava crollare.
 Le afferrò il braccio e la incastrò tra il muro e le sue braccia.
Occhi negli occhi.
Nemmeno un millimetro a dividerli. Poteva sentire il fiato caldo, il profumo di rose, il battito del suo cuore.
Hermione socchiuse gli occhi e lui, con due dita, le sollevò il mento costringendola a guardarlo.
- Cosa significa?- domandò.
Hermione espirò piano, scosse il capo e lo baciò ancora. Un bacio lento e voglioso com’era stato il primo che si erano scambiati e che aveva cambiato la loro vita per sempre.
Quando si staccarono, non riuscì a fare altro che accarezzargli il viso e baciarlo ancora.
- Non mi dirai mai cosa vuol dire?- Chiese ancora Draco.
Lei sorrise.
- Secondo te cosa vuol dire Malfoy?- domandò sbattendo le ciglia.
Lui scosse il capo.
- Che non mi odi?- chiese speranzoso.
Hermione rise.
- Tua madre aveva ragione: con te ci vuole pazienza-
- Su cosa?- chiese curioso.
- Su tutto!- disse staccandosi.
- Dove vai?- disse Draco allarmato, bloccandola ancora.
- A dormire signor Malfoy-
Lui deglutì guardandole il viso arrossato, i capelli cadere scomposti , gli occhi brillare . Amava la madre dei suoi figli, la desiderava ardentemente, ogni notte sognava di farla sua.
Non riusciva più a starle lontano.
Lo superò di slancio fermandosi accanto alla porta, sorrise e abbassò lo sguardo, girandosi ancora.
Ghignò soddisfatto.
Quando arrivò alla sua stanza, sospirò: era aperta.
Spinse la porta e la trovò lì, in piedi davanti al letto. Gli dava le spalle, ma questo non l’importò. Arrivò subito dopo, due passi. Cinse le spalle, la strinse baciandole il collo, affondò il naso tra i suoi capelli. Le mani accarezzavano il ventre, i fianchi, il seno. La sentì sospirare.
- Non smettere - disse lei.
- Non ne ho alcuna intenzione - rispose lui, facendola girare per ammirarla meglio.
Sorrise e Hermione non riuscì più a trattenersi. Lo baciò ancora, prima che Draco la prendesse tra le braccia, sollevandola per portarla fino al letto. La fece distendere e si coricò al suo fianco.
La baciò ancora liberandola lentamente di tutti gli indumenti. L’accarezzò piano, facendola fremere dal desiderio.
- Se un sogno non svegliarmi - le disse quando ormai nudi stavano uno sopra l’altro. Hermione sorrise, baciandolo prima che lui entrasse in lei. Sospirò sentendolo muoversi in lei. Lento, troppo lento.
Il respiro divenne affannoso, il battito del cuore accelerato.
- Draco - disse con voce ebra dal desiderio.
- Ti amo - ammise lui quando ormai era giunto al limite.
Hermione lo strinse a se costringendolo ad aumentare l’andatura.
Una spinta.
Un sospiro.
Un’altra spinta.
Un bacio.
Un’altra spinta e infine, vennero, mentre i loro occhi s’incatenavano.
Hermione sorrise cercando di regolare il battito del suo cuore. Draco uscì da lei, donandole un bacio delicato sulla tempia.
Sorrise mettendosi comoda tra le sue braccia. Lo sentì sospirare mentre con la mano gli accarezzava il petto.
Sollevò lo sguardo e lo guardò ancora.
- Ti amo anch’io Signor Malfoy –
Il sorriso che Draco gli regalò la ripagò di tutte le pene che in passato le aveva creato.
Infondo, doveva ringraziare l’Amortentia per quell’insperata felicità.
 

*********

L’aereo era arrivato a Sidney meno di un minuto prima, sentiva una strana frenesia avvolgerla. Perfino il malessere che da giorni non l’aveva mai lasciata, passò in secondo piano.
Si girò incontrando gli occhi grigi di suo marito che l’aveva accompagnata fin lì.
-Vengo con te - le aveva detto – siamo una famiglia e vorrei che i tuoi genitori mi conoscessero-
Hermione aveva acconsentito e con Draco vennero anche Scorpius ed Eltanin, non se la sentirono di lasciarli con Narcissa. La strega, anche se era perfettamente in forma, non avrebbe retto alle prese con quei due monelli.
Sorrise ricambiando lo sguardo di Draco.
Osservò con la coda degli occhi gli sguardi che le donne riservavano a suo marito.
Sbuffò, prima che lui le si avvicinasse.
- Sei stupenda- disse Draco guardandola malizioso.
- Adulatore - rispose lei, dandogli un colpo sul braccio.
Lui rise, poi la baciò, affinché tutti capissero chi era l’unica che aveva in mano il suo cuore. Uscirono dall’aeroporto uno al fianco dell’altra; Draco aveva Eltanin tra le braccia, mentre Hermione teneva Scorpius per la mano.
Presto un nuovo erede li avrebbe fatti dannare, ma in quel momento i loro pensieri erano rivolti ai coniugi Granger. Questi erano stati ritrovati da alcuni maghi investigatori e grazie alle cure di un famoso Medimago, avevano riacquistato la memoria. Ora serviva solo che i signori Jean e Anthony Granger riconoscessero la loro unica figlia Hermione, così che la giovane strega, potesse dirsi finalmente felice.
L’incontro fu emotivamente difficile per Hermione.
L’ansia e la paura di non essere riconosciuta l’attanagliò per tutto il tragitto dall’aeroporto all’ospedale, ma quando Jean le aprì le braccia . Hermione capì che tutto era risolto. Aveva ancora la sua mamma.
- Mamma, papà - disse con le lacrime che le rigavano il viso – questo è mio marito Draco- disse.
I signori Granger guardarono curiosi il biondo che cercò di sorridere.
La signora ricambiò.
- Bel ragazzo- disse rivolta alla figlia.
- è questo qui cosa vuole?- sbiaccicò il padre sbuffando – l’altro mi piaceva di più-.
- Smettila Anthony , lo volevi morto - li ricordò la moglie.
Draco ghignò, in fondo con il signor Granger aveva qualcosa in comune:
entrambi volevano Ron Weasley, il più lontano possibile da Hermione.
Hermione non badò alle parole del padre e non ci volle molto prima che questi si scordasse di Draco portando la sua attenzione su quelle simpatiche canaglie di Scorpius ed Eltanin, che come due abili serpi, attirarono l’attenzione dei nonni.

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