In your body di harrys (/viewuser.php?uid=216753)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
«Il
fatto che mio padre sia il Presidente degli Stati Uniti d'America non
mi può impedire di vivere una vita come
tutti i miei
coetanei, okay? - urlai – Non voglio rimanere segregata qui
come
una carcerata, ho bisogno di uscire e..»
«Basta così, Georgie»
sibilò mamma, puntandomi addosso i suoi occhi blu scuro.
«Sei
la Principessa d'America, non sei come i tuoi coetanei,
perché non
riesci a capirlo? - gridò papà, battendo il pugno
sulla scrivania
in legno che scricchiolò leggermente – Sei
diversa, hai un futuro
certamente migliore del loro.. sei fortunata, Georgina»
«Sai che
odio essere chiamata così - urlai di rimando – Il
punto è che non
voglio esserlo, non voglio»
«Georgina Marie Parker, devo
lavorare – fece con tono fermo, tornando a sedere sulla
poltroncina
dietro la scrivania – Uscite e lasciatemi lavorare, per
favore»
Mamma guardò me e poi papà, poi
abbassò lo sguardo e
con un cenno del capo si allontanò sgattaiolando fuori dallo
studio;
la seguii.
«Georgie»
Mi girai piano, incrociando speranzosa
lo sguardo col suo.
«Quando esci chiudi la porta»
«Va' al
diavolo» borbottai, correndo via. Avevo bisogno di chiamare i
miei
amici.
«M-a-g-l-i-o-n-e,
dieci punti più altri venti per il bonus delle otto lettere
per un
totale di trenta punti – abbozzai un sorriso, posizionando in
verticale le pedine sul tabellone di carta – Allora, vi
arrendete?»
I due ragazzi sbuffarono in coro, lanciandosi
un'occhiata fugace. «Mai» ridacchiò
Susan, spostando con un colpo
secco la chioma giallo-ocra su una sola spalla.
Luke rigirò le
sue lettere tra le mani, guardandole affranto.
«Passo»
borbottò.
«Non si può, Lu –
sospirò Susan, gonfiandosi le
guance – Ci rinuncio» tirò le pedine sul
tavolo, si mise in piedi
e si diresse verso la cucina.
«Prendimi una Coca - la richiamai,
piegando il tabellone dello Scarabeo e infilandolo pigramente nella
libreria tra un volume e l'altro – E una fetta di pizza, nel
microonde»
«Sissignora – scherzò – Tu che
vuoi, Lu?»
«Birra
- rispose lui, chinandosi per allacciarsi le scarpe, il modello nuovo
delle Nike costatogli metà del suo già misero
stipendio lavorativo
– E biscotti»
«Sapete, ieri – si interruppe un attimo lei,
per poi posare due lattine di birra e una di Coca sul tavolino alla
nostra destra – Ho letto una cosa su Internet, su quei siti
strani
di chiromanti e gente del genere. Bè, c'era scritto un modo
per
scambiarsi di corpo con qualcun'altro. Non è
fantastico?»
«Sei
ubriaca ancor prima di bere, Susan – dissi, aggrottando le
sopracciglia – Questa era bella però,
complimenti»
Sospirò,
alzando gli occhi al cielo. «Proviamoci, che ti costa?
Esprimeremo
il desiderio esattamente nello stesso istante, così ci
scambieremo
noi due di corpo. Non sarebbe figo? Insomma, tu non vuoi più
essere
la Principessina d'America, o sbaglio?»
Mi irriggidii; questo era
vero, ma era logicamente impossibile scambiarsi di corpo, o la
scienza ne sarebbe stata già a conoscenza da un bel pezzo.
«Andiamo,
Susan..»
«Non dobbiamo comprare nulla, dobbiamo soltanto
accendere una candelina e soffiarci sopra contemporaneamente pensando
al nostro desiderio. Se non funzionerà pazienza, ma
quantomeno ci
abbiamo provato e possiamo confermare che sono solo balle.
Allora?»
La fissai, mordendomi ripetutamente il labbro
inferiore. «Lo faccio solo per farti contenta»
sospirai,
sgattaiolando in cucina e frugando tra i cassetti. Trovai la candela
mozzata del mio sedicesimo compleanno, feci scattare l'accendino e
una piccola fiamma guizzò sulla cera. Mi avvicinai a Susan
– che
mi fissava eccitata – avvicinandole la
candela.
«Tre..»
«Due..»
«..uno»
Chiusi gli occhi,
mi concentrai: non voglio più essere Georgina
Marie Parker, non
voglio più essere la Principessina d'America..
Aprii
gli occhi; Susan mi si presentò di fronte, una smorfia di
disgusto
stampata sulle labbra.
«Susan, hai espresso il desiderio? -
sibilai, fissandomi attorno - Susan? Susan, tu hai.. tu hai
starnutito?»
Passò una mano sulla fronte imperlata di sudore.
«Georgie, mi dispiace, non sono riuscita a trattenermi..
però ho
pensato al desiderio, credo..»
Peccato che, nello stesso istante
– e nanosecondo – un ragazzo dall'altra parte del
mondo, un
inglese in particolare, una superstar, stesse esprimendo il mio
stesso desiderio.
Sentii una fitta allo stomaco; socchiusi gli
occhi e una folata di vento mi schiaffò a terra. E quando
riaprii
gli occhi, mi si presentò davanti un volto maschile molto
familiare,
incorniciato da una massa informe di ricci castani, che mi fissava di
sbieco con sguardo incerto.
«Lou? - disse, alitandomi sul viso –
Che cavolo ti è successo?»
«Chi è quest.. - mi bloccai
all'istante; quella non era la mia voce, quella era una voce
più calda e melodiosa. E poi capii – Oddio, non
è possibile»
Mi
alzai di scatto, tirando uno spintone al
ragazzo che
precipitò
rovinosamente sul letto. Uno specchio, avevo bisogno di uno specchio;
frugai tra i primi cassetti che mi capitarono a tiro, pur non sapendo
bene cosa stessi facendo. Ne trovai uno dalla cornice dorata, lo
alzai con mano tremante fino a raggiungere il mio – solo
apparentemente – viso. Spalancai gli occhi.
«Non è possibile –
balbettai, lanciando lo specchietto sul pavimento – Sono
Louis,
Louis Tomlinson dei One Direction»
-
Hi, we're One Direction! (?)
Non chiedetemi perché abbia pubblicato questo capitolo nonostante abbia ancora una ff in corso e da aggiornare; avevo questa idea da tanto e non ho saputo resistere LOL
Sarò breve: fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va e avete tempo! (?)
E grazie per essere arrivati qui. ♥
[Luke, clicca per vederlo]
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
«E
io sono Harry Styles, presente» scherzò, alzando
il braccio.
«Il
desiderio, oh Dio» strillai, agitandomi convulsamente di
fronte allo
specchio da parete. Capelli castani sparati all'insù, occhi
chiari e
sguardo penetrante.
Calai lo sguardo; una maglietta a righe
bianche e nere mi fasciava il corpo, un paio di pantaloni neri mi
pungevano le gambe. E poi mi si accese una lampadina.
«Oh mio Dio
– urlai, sbiancando – Sono un maschio, i-io..
dov'è il
bagno?»
Harry corrucciò le sopracciglia e indico senza indugio
una porta a sinistra; sgattaiolai dentro, richiudendo a chiave la
porta.
«Non è possibile - urlai pochi minuti dopo,
rialzando la
zip dei jeans – E' un incubo, è logicamente
impossibile tutto
questo..»
«Che urli?, ti è rimasta incastrata la zip
n-..»
«Non dire quella parola! - gridai, tappandomi con foga le
orecchie – Maleducato» borbottai, riaprendo la
porta e
avventandomi sul ragazzo tenendolo fermo per le spalle.
«Hai
bevuto ieri?» chiese intontito.
«Non sono chi pensi che io sia,
ho solo espresso uno stupido desiderio e non ho idea di come sia
arrivata qui – annaspai, scuotendolo con violenza per le
spalle –
E sono una ragazza, sono la figlia del Presidente e devo ritornare a
casa, aiutami»
«Vado a fare la spesa, tu mangia qualcosa e
fatti passare la sbornia» ridacchiò facendomi
copiosamente
l'occhiolino, raccogliendo una manciata di monete dal salvadanaio
giallo a fiori rossi sulla – disordinatissima –
scrivania.
Mi
sedetti sulla punta del letto, strizzai ripetutamente gli occhi
speranzosa di ritrovarmi davanti il viso paffuto e indispettito di
Susan che mi dicesse di essermi addormentata durante la partita a
scarabeo. E invece no, rimaneva come impressa sulla retina l'immagine
di quella camera angusta, disordinata e che non sapevo neppure in che
città e Stato si trovasse.
Mi alzai, scostando leggermente le
tendine colorate per sbirciare fuori; ci furono un flash e due o tre
scatti fotografici, e urla impazzite mi trapassarono i timpani.
Richiusi la tendina, inghiottendo a vuoto: ero la figlia del
presidente, ma sicuramente non mi ritrovavo paparazzi ogni dove;
godevo di una certa privacy, e nonostante fossi figlia dell'uomo
più
ricco al mondo possedevo una vita simile a quella dei miei coetanei
–
il ciò era stato deciso dalla sottoscritta -, a parte
qualche agio e
vestito in più.
Invece in quel momento ero un cantante facente
parte di un'emergente boyband di grande successo, amato e idolatrato
da milioni di ragazze. Scovai un cellulare tra un guanciale e
l'altro, uno smartphone blu di ultima generazione, e feci scorrere
pigramente la Rubrica; c'erano più di settanta numeri. Poi
ebbi
un'idea geniale: aprii la Tastiera e digitai frettolosamente una
serie di numeri, poi schiacciai il tasto corrispondente alla cornetta
verde.
«Pronto?»
«Oh mio Dio, Susan – strillai – Louis
Tomlinson, One Direction, io..»
«Sono accanto a Louis Tomlinson
in persona, decedo - strillò Susan, talmente forte che
dovetti
premere il palmo della mano sulla cornetta per attutire il suono
–
E tu sei nel suo corpo, ti rendi conto? Dimmi che sto
sognando»
«Dimmi che sto sognando – la scimmiottai - Forse
non hai capito in che casini mi hai cacciato. Sus, sono nel corpo di
un ragazzo che non conosco, e sottolineo sono nel corpo! Non
è una
cosa che capita tutti i giorni»
«Appunto, quindi goditeli finché
puoi – ridacchiò – Ti saluto,
baby!»
«Non azzardarti a
staccare la..» ordinai, ma ormai era troppo tardi. Lanciai
nervosamente il cellulare sul parquet, squarciandolo; sbuffai,
battendo un pugno sulla testata del letto.
Feci per accendere la
tv – schermo piatto, quaranta pollici circa –
quando, con un
cigolio, si aprì la porta del bagno – a cui prima
non avevo fatto
neppure caso – e ne uscì un ragazzo di massimo
diciannove anni, in
accappatoio, dalla testa rasata e gli occhi nocciola. Sobbalzai,
saltando su in piedi.
«Dov'è Harry?» mi chiese, estraendo
imperterrito una lattina di Coca dal minifrigo.
Mi limitai a fare
spallucce. «Passami una Coca, amico – feci,
cercando di essere il
più credibile possibile – Ho la gola secca dopo
ieri sera»
spiattellai d'istinto.
«Che è successo ieri sera?» chiese,
aggrottando le sopracciglia.
Idiota che non sei altro, Georgie!
«Segreto da superstar», riuscii a cavarmela.
Mi lanciò la
lattina leggermente frastornato, riuscii fortunatamente a prenderla
al volo; ne bevvi un sorso, per poi abbandonarla sulla scrivania,
sulla quale notai un bigliettino leggermente accartocciato: sono
sotto la doccia – liam.
«Giusto, Liam» abbozzai un
sorriso, stringendo il pugno in segno di vittoria.
«Dimmi»
disse, incatenando le labbra al collo di una bottiglietta d'acqua
frizzante.
«Nulla» mormorai.
Si aprì la porta, Harry
rientrò con due vassoi trasbordanti di cappuccini.
«Cappuccini per
tutti - ululò, salutando Liam con un cenno del capo
– Allora Lou,
stai meglio?» ghignò poi, lasciando cadere un
mazzo di chiavi sulla
scrivania.
Borbottai qualcosa di incomprensibile pure alla
sottoscritta, e annunciai a ragazzi che sarei andato a fare una buona
doccia fredda. Quando però mi ritrovai seminuda sotto il
soffione
della doccia, ricordai un piccolo – neppure tanto –
dettaglio.
Mi
limitai a urlare.
«Louis, che cavolo è successo?»
gridò Harry
entrando di colpo in bagno.
«Ma come ti permetti?» lo sgridai,
nascondendomi dietro un accappatoio blu – che non sapevo
neppure a
chi appartenesse – e lanciandogli un'occhiataccia.
«Ehi, calma!
- sbottò, parandosi con le braccia con fare innocente
– Che cavolo
hai oggi, le cose che hanno le femmine cinque giorni al mese?»
«Non
osare prendere in giro noi d.. - mi bloccai di colpo, lasciandomi
scappare uno sbuffo – Lascia stare» mi arresi,
chiudendo con un
colpo secco la tendina. Antipatico.
-
Ho pubblicato dopo dieci giorni, cioè amatemi :D
Questa storia me gusta. Cioè, mi diverto un sacco a scriverla HAHAHA
Spero abbiate capito quale fosse il dettaglio....... sì, dovete potete pensare male ʘ‿ʘ
Non voglio trattenervi: vi dico solamente GRAZIE MILLE per le recensioni al capitolo passato, le seguite, ricordate e preferite, thank you very much ♥
A presto uù |
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
«Quindi
sono il figlio, cioè la figlia, del Presidente degli Stati
Uniti
d'America - assentii, scribacchiando su un post qualche
appunto - Ho
sedici anni e mi chiamo Georgie»
La ragazza annuii, compiaciuta.
«Bel lavoro, cantante»
«Potresti smetterla di chiamarmi
cantante? -, gonfiai le guance irritato - Non ti
darebbe fastidio se
ti chiamassi studentessa? Ho un nome»
«Antipatico - borbottò -Figo e ricco ma antipatico»
«E' tutto logicalmente
impossibile» ripeté Luke per la dodicesima volta,
camminando avanti
e indietro per la stanza.
«Anche l'esistenza di un mondo dentro
un armadio era logicamente impossibile, Lu -
ridacchiò Susan,
rigirandosi un mozzicone di candela tra le dita - Quindi hai
espresso il medesimo desiderio nello stesso attimo in cui l'ha
espresso Georgie? Interessante -, abbozzò un
sorriso. - Non ci posso
credere, sto chiacchierando con Louis Tomlinson dei One
Direction»
«Devo ritornare nel mio corpo immediatamente, a
giorni inizia il tour, capisci? - sospirai, passando le mani
tra i
capelli. - Georgie non può andare, manderebbe tutto
a monte, e..»
Si
aprì la porta, da cui entrò un uomo dai capelli
brizzolati e
sguardo assente. «Signorina Parker, la chiama Suo padre.
L'intervista si svolgerà nella studio ovale tra pochi
minuti - disse
facendo un breve inchino - Il Presidente le raccomanda di
rispondere
adeguatamente ad ogni domanda a cui verrà sottoposta. Scusi
il
disturbo, con permesso», rifece l'inchino e
sgattaiolò via,
lasciandoci nuovamente soli.
«E' la fine - esclamai con fare
secco, gettandomi a peso morto sul divanetto - Che faccio
adesso?
Non so nulla, provate a chiamare Georgie»
Susan annuì e, svelta,
fece partire la chiamata attivando il vivavoce.
«Che vuoi?»
grugnì qualcuno dall'altra parte della cornetta; trattenni a
stento
una risata, immaginando la figlia ben educata e fine del Presidente
degli USA insieme ai casinari dei miei amici.
«Che intervista
avresti dovuto fare adesso?» chiese Susan, saltellando
nervosamente
su un piede fino alla scrivania dalla parte opposta della stanza.
- E'
per uno giornalino di gossip, niente di particolare»
spiegò - Adoro
stare in famiglia, ho un bel rapporto con mio padre, ho una vita
tranquilla e no, non sono fidanzata» Susan trascrisse
velocemente tutto su un foglio di carta, lo piegò in quattro
e me lo
porse, invitandomi a portarlo con me in caso di estrema
necessità.
«Se ti incasini, improvvisa un mal di pancia e corri via,
chiaro?»
rettificò la ragazza.
Annuii. «Cercherò di sopravvivere»,
sospirai con tono melodrammatico e, incrociando le dita, mi
incamminai lungo il corridoio. Mi ritrovai spiazzato nel trovarmi di
fronte una quindicina di porte bianco sporco, una delle quali era
leggermente socchiusa e dalla quale proveniva un groviglio confuso di
voci.
Mi avvicinai piano e bussai, per poi entrare con finta
non-chalance: dodici uomini erano seduti a cerchio sui divanetti in
pelle, e nascosto per metà dietro una scrivania –
sulla quale
stavano decine e decine di libri impilati ordinatamente l'uno
sull'altro – c'era il Presidente degli Stati Uniti in
persona.
Sussultai, quella era la prima volta che lo vedevo di
persona. «Cara, siediti pure» sorrise mestamente,
invitandomi con
un cenno del capo ad accomodarmi sulla poltroncina accanto a
lui.
Obbedii, stirando le labbra in un sorriso.
«Buongiorno»
dissi, salutando tutti con un cenno del capo.
«Buongiorno, Miss
Parker - salutò il primo giornalista, scrivendo
qualcosa sul tablet
che, per mezzo di una base d'appoggio, teneva sulle gambe.
- Passiamo
subito al dunque; in questo periodo la vediamo coinvolta nel progetto
VBB, la vendita per beneficienza dei biscotti della fortuna, cosa
l'ha portata a partecipare?»
Cominciai a giocherellare col
ciondolo a forma di infinito appeso al collo, nervoso.
«Bè, ecco..
è sempre bello fare del bene, no? Mi sono divertito,
divertita
volevo dire.. e sono soddisfatta dei risultati» balbettai,
accennando un sorriso spastico.
«Senza dubbio, quanto denaro
siete riusciti a racimolare?» chiese un altro giornalista.
Non ebbi
neppure il tempo di andare nel panico che un uomo – lo stesso
che
mi aveva avvisato dell'intervista pochi minuti prima –
iniziò a
sbracciarsi dietro le telecamere mettendo in mostra un cartellone con
una scritta blu fluo.
«Un milione e duecentoventotto dollari
circa» risposi, cercando di mostrarmi indifferente alla
notizia come
se ne fossi stata già a conoscenza.
«Un eccellente risultato,
non c'è che dire» assentì il primo
giornalista. «Passiamo ad
un'altra domanda..»
Georgie.
Feci
la doccia rimanendo in boxer, fissandomi quasi in trance il petto.
Ero un ragazzo, perdipiù carino e famoso. Non riuscivo a
capacitarmene; uno stupido giochino da quattro soldi si era
trasformato in un incubo.
Quanto sarebbe durata quella storia? E
se fossi rimasta nel corpo di Louis Tomlinson per anni o,
addirittura, per sempre? Cercai di scacciare via questi pensieri
dalla mente, dedicandomi piuttosto all'asciugatura dei capelli
–
lunghi un terzo dei miei; dopo averli gellati a dovere, mi diressi
impavida in salotto, ancora in accappatoio – e boxer -, ma
quando
mi accorsi di non essere sola in stanza era ormai troppo tardi.
«Lou»
esclamò una ragazza, saltandomi quasi addosso.
«Come stai, tesoro?»
chiese, avvolgendo le gambe alla mia vita.
Inghiottii,
imbarazzata. «Sto» risposi, fissando le sue iridi
verde chiaro.
Sorrise, mostrandomi due file di denti perfetti. «Mi sei
mancato
tanto» sibilò, socchiudendo le labbra e
avvicinandole piano alle
mie.
«Oh, s-sì - balbettai, girandomi di
scatto prima che
potesse baciarmi - Mi sta squillando il cellulare,
arrivo»
mormorai, prendendo il cellulare e chiudendomi a chiave in bagno,
girando lentamente la chiave in modo che lei non ne sentisse il
rumore. Premetti velocemente un paio di numeri sulla tastiera, per
poi sollevare il cellulare fino all'orecchio destro.
«La tua
ragazza mi ha quasi baciato» spiattellai senza pensarci due
volte
non appena il ricevente accettò la chiamata.
«Sono il suo
fidanzato, è normale» borbottò Louis
– era strano sentire la mia
voce dall'altra parte della cornetta – schiarendosi la voce.
«Sono
una ragazza, idiota! - sbottai acida. - Mi fa
senso»
«Ma è carina -
ghignò - «Senti, possiamo vederci? Dobbiamo cercare
di tornare
ognuno nel proprio corpo, non la sopporto più quella
Susan»
«Almeno
non sei costretta a baciarla - borbottai - Dove mi
trovo esattamente
adesso?»
«Washington, a pochi isolati da qui. Domani i One
Direction canteranno per il Presidente Parker»
«Che?! -
strillai, tirandomi uno schiaffo sulla fronte - Vienimi a
prendere,
ora»
-
Sto aggiornando dopo sei giorni, cioè
boh HAHAHA
Grazie mille per le otto recensioni al capitolo passato, davvero.
♥
Che dire.. spero che anche questo vi sia piaciuto!
Nel prossimo capitolo Georgie e Louis si incontreranno per la prima
volta.. che succederà? uu
Al prossimo capitolo! ;)
«Filofobia - annuì, abbozzando un sorriso - Soffri di filofobia, la paura inspiegabile di innamorarsi o amare una persona»
«Questa l’ha cercata su Google, lo ammetta - assentii, saltando in piedi e dirigendomi imperterrita verso l’uscita - La seduta è finita, grazie tante»
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
«Quindi tu sei
Louis Tomlinson e sei nel mio corpo - ripetevo annuendo in trance
- Inspira, espira, inspira, espira»
«Tagliala
con questi tuoi modi principeschi» sbottò alzando
gli occhi al cielo.
«Ma
come diavolo ti permetti - replicai piccata, spintonandolo - Se provi
ancora ad insultarmi ti strappo le..»
«La
principessina non dice parolacce» mi scimmiottò,
mostrandomi la lingua divertito.
Grugnii,
maledicendolo mentalmente in tutte le salse. «Prova a fare
ancora il simpaticone e ti ritrovi questa -, gli mostrai il palmo della
mano destra - Sul tuo bel faccino»
«Ti
ricordo che il ''mio bel faccino'' è il tuo»
mormorò schiacciandomi l'occhiolino disinvolto. Bingo.
«Va'
al diavolo, Tomlinson - sbottai, incrociando le braccia sul petto -
Come facciamo, allora?»
«A far
che?»
«Cambio
di corpo - esclamai gonfiando le guance - Sei ottuso forse?»
«Io
non voglio tornare più nel mio corpo, ho cambiato
idea»
«Che!?
- urlai chiudendo i pugni, nervosa - Smettila di scherzare,
è una situazione più che seria questa»
«Lasciami
finire - sorrise alzando una mano a mo' di stop - È
incredibile quello che ci sta succedendo, no? Bé,
godiamocelo per qualche altro giorno, e poi quando inizia il tour
torniamo ognuno al proprio corpo, che ne pensi?»
«Louis
- iniziai, spingendogli giù la mano - Louis, mio caro Louis,
magari hai dimenticato che, domani, devo cantare per tuo,
cioè per mio, padre, il Presidente degli Stati Uniti e.. non
so cantare!» ringhiai.
Sbuffò,
roteando gli occhi. «Possiedi la mia voce, le mie corde
vocali in questo momento, sai cantare, no problem»,
alzò il pollice e abbozzò un sorriso.
«Sei
il tipo più lunatico ed enigmatico che io abbia mai avuto lo
spiacere di conoscere - conclusi, lasciandomi andare sul divanetto
-Louis, tu mi hai visto..?» chiesi d'impeto, strizzando gli
occhi terrorizzata dalla risposta.
«Che?»
fece strabuzzando gli occhi.
«Senza..
-, inghiottii a vuoto - ..vestiti?»
Scoppiò
convulsamente a ridere. «È stata la prima cosa che
ho fatto quando mi sono accorta di essere nel tuo corpo» si
vantò quasi, dandosi un bacio sulle dita e soffiandoci sopra
nella mia direzione.
«Bé,
non pensare di essere stato l'unico» mi pavoneggiai non
facendo però a meno di ridere.
«Non
ci credo neppure se mi mostri una foto - ridacchiò sedendosi
al mio fianco - Principessina, concediamoci altri cinque
giorni»
«Perché
vuoi rimanere ancora nel mio corpo?» chiesi imbarazzata.
«Perché
voglio conoscerti meglio - rispose anch'egli impacciato - E voglio staccare un po' la spina dalle canzoni, i microfoni
e i ragazzi»
«Forse..
stare un po' lontana da mio padre non può farmi altro che
bene, penso - riflettei, lasciandomi scappare un sospiro - Okay, hai
vinto. Ma non guardarmi più nuda»
Scoppiò
nuovamente a ridere. «Prima o poi la vescica mi, anzi ti,
scoppierebbe - si giustificò - E devo pur fare una doccia,
ogni tanto, no?»
«Come
faremo a tornare ai propri corpi?» chiesi con un sospiro,
reggendo il capo sulla sua spalla.
«Ce la
faremo, Georgie» mormorò, poggiando a sua volta la
testa sulla mia, con fare drammatico.
Sollevai il
capo, fissandolo negli occhi. «Non sei poi tanto antipatico,
Tomlinson» sibilai, per poi avvertire subito uno strano
calore sulle guance.
«Nemmeno
tu, Principessina - assentì, avvicinandosi di colpo
al mio viso - Chiudi gli occhi»
«P-perché?»
mormorai, obbedendo.
«Perché
ti fa senso essere baciata da una donna, o sbaglio?», e con
ciò posò delicatamente le labbra sulle mie.
«Mi
sto.. baciando? - azzardai subito dopo - P-perché l'hai
fatto?» chiesi poi, ancora scossa per l'avvenimento
improvviso.
«Perché
è come se avessi baciato me stesso, e io mi amo»
spiegò come se fosse la spiegazione più ovvia del
mondo.
«Vedi
che sei enigmatico? - sospirai, scuotendo la testa - Non ti
schiaffeggio solo per non rovinare il mio faccino»
Rise; fece per
replicare ma fu interrotto da Susan, la quale entrò
titubante nella stanza per poi mostrarci un sorriso smagliante.
«Louis-nel-corpo-di-Georgie, è arrivato John il
Cacciavite»
«Cavolo,
me ne ero completamente dimenticata» imprecai alzando gli
occhi al cielo. «Comunque John è il mio insegnante
privato, devi consegnargli.. -, frugai tra le scartoffie poste sulla
scrivania, fino a scovare due fogli pinzati l'uno con l'altro. -
..Ecco, la relazione che devi dargli»
«Non
posso farcela - mormorò poggiando il palmo della mano sulla
fronte con fare melodrammatico - Non so niente di lui, e non so niente
di.. trigonometria» lesse sul foglio, facendo spallucce
inerme.
«Io
non so niente di quella.. tizia, ma l'ho baciata»
«Quante
volte ancora mi rinfaccerai questa storia? - sbuffò
- Georgie, sii buona con Harry e gli altri, sono bravi
ragazzi» sorrise posandomi un bacio sulla guancia - Scappo
adesso, e comportati bene»
Sospirai,
incrociando seccata le braccia al petto. «Sus, che faccio
adesso?»
La ragazza si
limitò a strillare tirandomi una sberla sul braccio.
«Ma ti sei vista? Dio, se non ci fosse la mia migliore amica
là dentro stanotte avrei fatto baldoria con te..»
«Oh
mio Dio, Susanna» urlai, lanciandogli un'occhiataccia. La
chiamavo col suo nome di battesimo quando rompeva, e ciò la
infastidiva mortalmente.
«Ma ti
sei vista? - ripeté, gonfiandosi le guance - Sei il bronzo
di Riace versione inglese»
«Lo so
- ammisi, poggiando il mento sui pugni con fare sognante - Ma non so
cosa fare.. e niente battutine ironiche»
Susan
sembrò addolcirsi; si sedette al mio fianco, cingendomi
istintivamente il collo con le braccia. «Dai, Georgie, non
essere la solita paranoica, divertiti»
La guardai
storcendo appena le labbra in una smorfia. «Forse hai
ragione, sai? - assentii, annuendo decisa - Vado dalle Direzioni,
allora» scherzai, alzandomi energicamente e correndo via.
«Quando
ti deciderai a presentarmene uno?»
Tornata a casa,
gettai le chiavi sul portacenere vuoto ed entrai in camera; venni
accolta prontamente da Harry, le cui labbra si allargarono in un
sorriso smagliante.
«Dove
sei stato?» chiese con fare interrogatorio, puntandomi
scherzosamente una torcia sul viso.
«Che
te ne frega?» sbottai acida, lasciando cadere il marsupio sul
divano.
«Louis,
che diamine hai in questi giorni? - mormorò, tirandomi una
pacca affettuosa sulla spalla – Amico, ho fatto qualcosa che
non va?», mi puntò addosso i suoi occhi verde
prato.
Mi addolcii,
accennando un sorriso. «Sono solo un po' stanco»
mentii, scompigliandogli impacciata i capelli – i ragazzi
fanno sempre così, no?
«Adesso
ti riconosco, campione» scherzò tirandomi una
gomitata affettuosa sulla pancia.
«Mi
vuoi uccidere? - sbottai piegandomi in due dal dolore –
Adesso l'hai fatto davvero, qualcosa che non va»
«Femminuccia»
borbottò con una smorfia, dirigendosi imperterrito verso il
bagno.
«Io ho
sedici anni!» urlai senza neppure rendermene conto,
stringendo i pugni.
«Sì,
in una gamba» borbottò dall'altra stanza,
chiudendo con un sonoro scricchiolio la porta.
«Ti
odio, Louis - sibilai, buttandomi a peso morto sul divano – E
io e te faremo presto i conti»
-
E' passato un
mese, mi dispiace tantissimo ç_ç
Non mi voglio
dilungare tanto: vi ringrazio di cuore per le recensioni, le seguite,
le preferite e le ricordate e anche solo per aver letto ♥
Al prossimo
capitolo; spero che questo vi sia piaciuto, magari fatemi sapere! :)
Omegle era un sito, come dire, stupido. [...]
E se avevi la fortuna di capitare gente okay, rischiavi di cliccare erroneamente la x all'angolo della finestra e di terminare così la conversazione. Per sempre, perché anche con tutta la fortuna del mondo non saresti mai più riuscito a ritrovare la persona con cui stavi chattando tra trentamilacinquecento utenti online.
Omegle era un sito stupido visitato da gente stupida. Ma, si sa, in tutto esistono delle eccezioni. |
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