Il fiore più bello

di Ilune Willowleaf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - germogliare ***
Capitolo 2: *** 2 - Crescere ***
Capitolo 3: *** 3 - fiorire ***
Capitolo 4: *** 4 - appassire ***
Capitolo 5: *** 5 - semi d'amore ***
Capitolo 6: *** epilogo - germogli d'amore ***



Capitolo 1
*** 1 - germogliare ***


Il fiore più bello

Il fiore più bello

Una fanfic RoyxRiza

Di Ilune Willowleaf

Attenzione: questa fic è basata sui fatti del cartone (che mi sono vista per intero), che sono molto diversi da quelli del manga (sembrano due universi paralleli!). Però, per l’adolescenza di Roy e Riza, mi sono basata su alcune cose che Riza racconta a Ed nel manga, colmando le eventuali lacune con le mie interpretazioni.

Roy, Riza, e tutti i personaggi che compaiono qui non sono miei, ma di Hiromu Arakawa! (tranne una comparsa psicotica, un caccianaso graduato che ho messo per dare un po’ di sapore e un tenente generale vittima delle circostanze ^_^)

Capitolo 1 - germogliare

Luce.
Roy Mustang si svegliò, destato dal raggio di luce che gli finiva dritto sull’occhio destro.
Sentiva qualcosa sopra l’occhio sinistro, e la testa compressa… fasciata.
L’ultima cosa che ricordava, era stato lo scontro tra lui e Archer, cui metà del corpo devastato era stato sostituito da assurdi automail-armi.
Era stato ferito, e aveva sentito in bocca il sapore del suo stesso sangue, assieme a un dolore terribile alla testa e all’occhio, prima che le tenebre calassero su di lui.
Ricordava confusamente di aver visto il tenente Hawkeye dietro Frank Archer, con la pistola in mano, scaricare su quel pazzo l’intero caricatore della sua calibro 9.
Beh, se era vivo, voleva dire che Hawkeye, per l’ennesima volta, gli aveva salvato la vita.
Aveva perso il conto di quante volte l’aveva fatto.
Ma non era stato forse lui a chiederglielo, quel giorno di tanti anni prima, quando aveva cominciato a formare il suo staff di fedelissimi?
Voltò lentamente la testa, per cercare di capire di preciso dov’era.
Pareti bianche, letto in legno molto semplice, anonime coltri bianche e verdine… ospedale.
Ospedale militare, dallo stemma stampato sulle lenzuola.
Capelli biondi…
Eh?
Sforzandosi per girare la testa irrigidita, si voltò finché nel suo campo visivo dimezzato entrò la proprietaria di quei capelli biondi.
Il Tenente Hawkeye, in borghese, con i capelli sciolti, era addormentata con la testa sulle braccia incrociate, in una posizione ai limiti dell’anatomicamente possibile. Infatti, era seduta su una scomoda sedia di ferro, di quelle da ospedale, ed era chinata in avanti, il capo poggiato sull’orlo del letto, sul braccio sinistro.
Il braccio destro era posato anch’esso sul letto, ma spiccava la benda che glie lo tratteneva al collo.
Sul volto si leggeva la stanchezza, la preoccupazione, notti insonni.
Alla vita, aveva la cintura con la fondina e la pistola d’ordinanza. Doveva esserci anche la sua piccola portatile, nella borsetta appoggiata accanto a lei, a portata di mano.
Quella era una donna che teneva la pistola nella borsetta anche per fare la spesa.
Diversi maniaci sessuali erano stati accolti da una scarica di proiettili, quando avevano provato a infastidire quella ragazza dall’aria tranquilla e indifesa.
Roy si cullò per un istante nella intima soddisfazione di essere il solo… si, il solo, ormai, ad aver conosciuto Riza Hawkeye quando era ancora davvero piccola e indifesa.
Era successo così tanto tempo prima, che pareva la vita di un’altro.
Era la figlia del suo maestro di alchimia.
Sempre riservata e cortese, gli dava del lei e lo chiamava "signor Mustang".
Dava del voi anche al padre.
I primi tempi gli aveva fatto impressione, che una ragazza pochi anni più giovane di lui lo trattasse così. Ma poi, vivendo a casa Hawkeye, aveva imparato a capire che non era freddezza nei suoi confronti, la sua. Era stata cresciuta con cura, ma con poco affetto, e ancor meno espansività, e la grande e severa casa non era certo l’ambiente in cui una ragazza tanto bella e delicata potesse ridere e correre gioiosa.
Il flusso di ricordi lo portò all’ultima volta che l’aveva vista così indifesa…
Al funerale del maestro Hawkeye.
Gli era parsa così fragile e innocente… avrebbe voluto abbracciarla, consolarla…
Ma non l’aveva fatto.
Per molto tempo si era chiesto perché.
Forse, se l’avesse fatto, le loro vite sarebbero state differenti.
Poi, Ishbar.
E lì, l’immagine della ragazzina che con sguardo triste gli diceva che non aveva altri parenti al mondo a parte il defunto vecchio padre, si era frantumata, mostrando una Riza Hawkeye precocemente cresciuta, all’ultimo anno di addestramento militare, con una divisa mimetica, un fucile in grembo, e lo sguardo di chi ha visto troppi morti in troppo, troppo poco tempo.
Tutti loro avevano quello sguardo.
Lo sguardo di chi non ne poteva più della guerra.
Ma la Riza fragile che aveva visto al cimitero, l’aveva rivista dinnanzi alla tomba del bambino di Ishbar che lei aveva seppellito una sera, chiedendogli poi in lacrime perché, perché la vita era così, perché lei si era arruolata per proteggere le persone, e invece doveva ucciderle.
Le domande che lei gli aveva rivolto, lui se le poneva già da tempo. Da quando gli era stato ordinato di uccidere quei due dottori, che altra colpa non avevano se non di curare tutti indistintamente.
E poi, la decisione di diventare Fhurer. Di arrivare così in alto che nessuno, NESSUNO avrebbe potuto più dargli ordini.
E, poi, portare la pace e aiutare Amestris a diventare una vera democrazia.
Certo, era un po’ una zappata sui piedi, diventare capo dell’esercito e poi far si che l’esercito perdesse potere. Ma allora era giovane e idealista, e voleva davvero un mondo migliore.
Beh, forse un po’ lo era ancora.
Era ancora incosciente come in gioventù…
Esattamente come Edward Elric che si incavolava quando gli dicevano che era basso, a Roy venne una venuzza pulsante, dandosi un metaforico calcio negli stinchi…
Lui non era vecchio!
Aveva solo trenta anni!
Beh, quasi trentuno. Ma era una cifra che gli faceva paura. Era l’inizio della seconda metà della vita…
Ma nella sua nera chioma non c’era ancora un singolo filo bianco, e gli bastava sempre sorridere e strizzare un occhio per far cadere ai suoi piedi le donne.
Beh, ora non avrebbe più potuto fare l’occhiolino, per un po’.
Si toccò dubbioso la testa fasciata e l’occhio bendato, accorgendosi poi che anche la mano era fasciata, e le fasciature parevano risalire un bel po’ sul braccio, sotto il pigiama.
Sospirò, e un acuto dolore gli ricordò che si era beccato anche qualche pallottola in vari punti del corpo, per non parlare delle ferite infertegli da Bradley e della spalla trafitta, poco sopra il cuore.
Malgrado il dolore, allungò una mano, verso i capelli di Riza, sparpagliati come oro sulle coltri.
Era da… anni, che desiderava toccarli, sentire se erano ancora sottili e setosi come quando era ragazzina, e li portava corti…
-Non la svegli, Brigadiere Generale. Sono tre notti che non dorme. -
Roy ritirò di scatto la mano, come un bambino sorpreso ad allungare la mano sul vaso di marmellata.
Brigadiere Generale? Ah, si, era stato promosso e spedito al nord. Gli pareva passato un secolo.
-Prego?-
-Il tenente Hawkeye non si è allontanata dal vostro capezzale da quando siete stato portato qui, tre notti fa.-
-Tre notti fa?-
-Avete dormito per tre notti e due giorni. - il medico era un uomo sui quaranta, ma con profonde rughe incise sul volto. Gli occhiali tondi gli davano un’aria… da dottore. Il camice era immacolato e ben stirato.
-E se non fosse stato per lei, i nostri sforzi per ricucirvi sarebbero stati vani: l’altra notte uno dell’esercito si è intrufolato qui e ha cercato di uccidervi, ma il tenente l’ha fermato piantandogli tre pallottole in corpo, e ora è tre stanze più in là, piantonato da due guardie.
L’insurrezione che avete provocato ha dato fastidio a molti, e molti altri sono furiosi con voi, perché i vostri documenti hanno smascherato un bel po’ di carne marcia nell’esercito!- il medico continuava a parlare sottovoce.
-Documenti?- Roy era confuso.
Forse aveva battuto la testa troppo forte, cadendo.
-Oh, già, voi non ne sapete nulla. In seguito agli avvenimenti accaduti, tre giorni fa, il tenente Hawkeye ha mandato alcuni membri del vostro staff a rendere pubblici i documenti che provavano la corruzione e la conoscenza di esperimenti proibiti da parte di alcuni alti graduati dell’esercito, e ci sono state delle vere rivoluzioni interne… alcuni sono stati passati per le armi, altri incarcerati in attesa di processo. -
-Ah… capisco…- mormorò Roy.
In effetti, aveva, in una cassetta con lucchetto, dei documenti che lui e il suo staff avevano raccolto, prove, testimonianze, della corruzione e degli scheletri negli armadi di molti graduati dell’esercito.
Li teneva per ricattarli, o eliminarli se necessario.
Riza era stata davvero furba.
Ovviamente aveva la chiave, lui glie ne aveva affidata una copia quando avevano iniziato a preparare questo "paracadute" .
Sorrise di nuovo, ma era il sogghigno che i suoi subordinati conoscevano bene, non il sorriso dolce che gli era affiorato inconsapevolmente poco prima, quando era stato solo con Riza.
-Il mio staff è composto da gente in gamba. E il mio luogotenente in particolar modo. -
Un sonoro gorgoglio allo stomaco gli rovinò però l’immagine da duro…
-Resistete, generale, tra una mezz’oretta passeranno le infermiere con la colazione! Più tardi verrò a farvi un controllo generale, adesso che siete sveglio!-
E, ridendo, il dottore se ne andò.
Roy si lasciò cadere sui cuscini, e il leggero movimento del letto svegliò Riza.
La ragazza sollevò lentamente il capo, spalancando poi gli occhi, meravigliata e felice, alla vista di Mustang sveglio.
-Buongiorno tenente. Un dottore mi ha detto che mi hai salvato la vita l’ennesima volta, qui in ospedale…-
-Occielo… mi sono addormentata! Le chiedo scusa colonn… Brigadiere Generale!- scattò in piedi, sull’attenti.
-Scusa? Santo cielo, Hawkeye, mi hanno detto che sei stata sveglia tre notti e due giorni… sono io che devo chiederti scusa per non essermi svegliato prima!- sorrise lui -Che ti è successo al braccio?-
-Una pallottola. Me l’hanno estratta due giorni fa, ho una prognosi di un mese. -
Un’altra ferita, a causa sua. Roy avrebbe voluto prendersi a pugni: non era giusto che, per colpa sua, le persone che gli stavano accanto venissero ferite… o, peggio, uccise.
Allungò una mano, anche se l’intero suo corpo protestava per lo sforzo, e, con gentilezza, la fece sedere. Sulla sponda del letto.
Avrebbe voluto dirle tante cose… grazie per tutte le volte che mi hai salvato, scusa perché ti esponi sempre a troppi pericoli per me, quando dormi sembri ancora la ragazzina che ero troppo cieco per vedere quanto era bella e dolce, non azzardarti più a fare tante notti in bianco per me che se una donna non dorme abbastanza poi le vengono le rughe e io non voglio che ti vengano le rughe perché sei troppo perfetta così…
-Vai a casa a farsi una bella doccia e un bel sonno, tenente. - disse invece. Ma sorridendo.
-Ma…-
-Ora sono sveglio, e ti assicuro che il primo che entra qui con l’intenzione di uccidermi, diverrà un carboncino. -
-Con quali guanti, signore?- replicò lei, facendogli implicitamente notare che non aveva nulla per provocare la scintilla, né il cerchio alchemico.
-Ehm… -
In quel momento, arrivarono le cameriere che distribuivano la colazione.
Salvato in corner.
Contrariamente al suo solito, Roy non fece il cascamorto con le infermiere, malgrado fossero molto carine. Mangiò in silenzio, rendendosi conto solo in quel momento quanto fosse affamato.
Se non ricordava male, erano quattro giorni che non metteva nulla nello stomaco.
Il latte gli parve paradisiaco, e incidentalmente si chiese come mai il fullmetal lo odiasse tanto.
Ridacchiò.
Riza lo guardò con aria interrogativa, e lui, leggendo l’implicita domanda nello sguardo, le rispose -Se il fullmetal si ostina a non bere latte, non diverrà mai affascinante e alto come me!-
Riza sorrise. Ma il suo era un sorriso triste.
-Edward Elric è disperso. Non lo si trova da nessuna parte. In compenso, Alphonse è stato trovato… col corpo e l’aspetto che aveva quando aveva dieci anni.-
Roy sgranò gli occhi. Anzi, l’occhio.
-No… non ci credo!-
-È così. Ma Alphonse sostiene che suo fratello sia ancora vivo. Anche se non ricorda nulla degli ultimi quattro anni. -
Roy abbassò lo sguardo. Non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, ma era affezionato a Edward Elric, anche se svariate volte gli aveva procurato più grattacapi che altro.
E, in fondo, era solo merito suo per quel che era accaduto.
-Sono sicura che è vivo. Quello non muore neanche se lo ammazzano. - fece Riza, gentilmente, posando la mano su quella di Roy.
Per un istante, i due fissarono la mano dalle unghie curate di lei su quella di lui.
Poi, Riza si alzò di scatto -C… credo che accetterò il suo consiglio e andrò a casa a lavarmi e dormire, Generale… Manderò Breda o Fury… o uno degli altri, a tenerle compagnia!- le parole le si precipitarono fuori della bocca, e con la stessa imbarazzata fretta, lei lasciò la stanza, lasciando un Roy stupefatto.
Si guardò di nuovo la mano, e il tepore di quella di lei parve aleggiare ancora sulla pelle.
Molte volte gli aveva stretto la mano, ma erano strette formali.
Non era stata la tenente dagli occhi duri, ora, ma la Riza dei suoi ricordi più teneri a sfiorargli la mano, in un gesto di conforto.
Una doccia bollente non cancella la stanchezza di tre giorni e tre notti insonni e piene di adrenalina, spari, corse, pericoli mortali e paura, ma diciamo che è un’ottima cosa, e trasforma spesso la devastazione totale in una più accettabile stanchezza estrema.
Riza, immobile, lasciava che l’acqua calda lavasse via il sudore, il sangue, la stanchezza dal suo corpo dolorante e pieno di lividi e graffi.
Con una smorfia, toccò la fasciatura sul braccio destro, coperta con della stoffa impermeabile prima di fare la doccia.
Quella maledetta pallottola le aveva sfiorato l’osso e l’arteria, avevano detto i medici. Un centimetro più in qua, e le avrebbe spappolato la vena, facendola morire dissanguata in pochi minuti. Un po’ più in là, e le avrebbero dovuto cavare diecimila schegge d’osso dai muscoli del braccio, e probabilmente non avrebbe più potuto sparare con quel braccio.
Era stata maledettamente fortunata.
A Roy era andata peggio.
Santo cielo!
Quando l’aveva visto in quel lago di sangue, privo di sensi… per alcuni terribili minuti, aveva temuto che le morisse tra le braccia.
Poi si rese conto di una cosa.
Roy.
Era dal suo risveglio, che non pensava a lui come al "colonnello" (anzi, al "Brigadiere Generale", si corresse mentalmente), e neanche come al "Signor Mustang", come lo chiamava in adolescenza. Ma come a Roy.
Scosse la testa.
Si, Mustang aveva ragione, doveva riposarsi e dormire.
Il mondo appare meno confuso, quando si è bel riposati.
Infilandosi con un sospiro di piacere il pigiama pulito, si infilò nel letto, sentendo un po’ la mancanza di Black Hayate, che cercava sempre di infilarsi sotto le coltri con lei. Lo aveva temporaneamente affidato al Maggiore Fury, che aveva un debole per il cane.
Si addormentò quasi subito, e si fece un lungo sonno di sedici ore filate.
Quando riaprì gli occhi, era buio.
A tentoni, accese la lampada sul comodino, e guardò la sveglia.
Mezzanotte!
Accidenti, ora non sarebbe più riuscita a riprendere sonno…
Si voltò nel letto, sussultando quando toccava questo o quel livido o graffio o sbucciatura.
Ma non riusciva proprio a prendere sonno.
Alla fine, si alzò, e andò a cercare la sua pistola.
Quando era nervosa o insonne, puliva sempre le sue armi.
La aiutava a calmarsi. Anche se, probabilmente, non faceva di certo rilassare chi le stava attorno.
Pulì la nove millimetri che aveva con sé all’ospedale e quella, incrostata di tutto, che aveva lasciato a casa in attesa di un momento propizio per pulirla con cura. Smontò, pulì e rimontò la piccola pistola che portava sempre con sé. Aprì l’armadio e tirò fuori il fucile da cecchino e la sciabola dell’alta uniforme, e li pulì con cura maniacale.
Alle tre di notte, non aveva ancora sonno, né si era calmata.
Alla fine, si sedette sul divano con una tazza di tè.
Accese la radio, ascoltando senza troppo interesse i programmi di musica da camera che trasmettevano a quell’ora da nottambuli, e alla fine si appisolò, con una coperta in grembo.
Roy Mustang aveva fatto colazione, e poi il dottore era venuto a visitarlo, come annunciato.
Aveva una notizia buona e una cattiva.
-Prima la buona, dottore. -
-Quella buona è che vi ristabilirete completamente. -
-E quella cattiva?-
-Che vi ci vorrà almeno un anno di convalescenza. Siete stato ridotto come un colabrodo. -
Roy crollò le spalle, pentendosi poi del gesto, a causa della fitta del dolore.
-Me l’immaginavo… ouch, non riesco quasi a respirare senza sentire dolore da qualche parte!-
-Vi farò somministrare dell’anestetico, però non vi strapazzate troppo, o le vostre ferite potrebbero riaprirsi. -
-Non si preoccupi che appena il Tenente tornerà, fresca e riposata, mi legherà al letto. - sogghignò Roy. Se stava così male, conoscendo Riza, avrebbe ignorato i suoi ordini di lasciarlo andare e l’avrebbe davvero legato a letto.
Non sarebbe stato necessario legarlo, comunque: il semplice stare seduto sul letto e alzare le braccia e farsi esaminare le ferite lo avevano sfinito.
Resistette per puro orgoglio mentre gli cambiavano le fasciature, e quando si poté rimettere la casacca del pigiama, si sentiva esausto.
Crollò sul cuscino, socchiudendo gli occhi e sprofondando in una via di mezzo tra sonno e veglia.
Frammenti di ricordi gli turbinarono davanti. Ricordi belli e ricordi brutti.
I suoi genitori, tanto orgogliosi del loro bambino prodigio… forse era meglio farli avvisare che era vivo e più o meno intero… chissà come doveva essere in pensiero sua madre. La rivide nel ricordo, una donna impeccabilmente elegante, dal trucco curato, accanto a suo padre, dieci anni più vecchio di lei, coi capelli neri come l’ala di un corvo, sempre affascinante anche dopo i cinquanta. Roy aveva sempre desiderato assomigliare a suo padre, dal punto di vista fisico.
La visione di suo padre sfumò in quella di un altro padre, quello di Riza. Il volto magro e dai lineamenti duri, lo sguardo freddo, malgrado studiasse l’alchimia di fuoco… quando guardava Riza, non un cenno di tenerezza spuntava in quegli occhi castani.
La Riza di quattordici anni che a pranzo sbucciava la mela, la tagliava a fettine, e poi la mangiava, con movenze eleganti da vera signora.
Riza che si pungeva con una rosa, in giardino, e rimaneva a guardare la goccia di sangue sul suo dito, e le mani di Roy che le pulivano il sangue, mentre lui la rimproverava dolcemente, perché una donna non deve avere cicatrici, neanche quelle causate dalla puntura di una rosa…
E la cicatrice vetrosa e biancastra sulla sua schiena, che le deturpava il corpo altrimenti perfetto… la cicatrice che lui le aveva lasciato, per cancellare almeno parte di quel tatuaggio.
"Perché io possa smettere di essere la testimonianza scritta degli studi di mio padre, e possa rinascere dal fuoco come Riza Hawkeye", aveva detto, quel giorno di otto anni prima, sulla tomba del bambino di Ishbar.
Roy si passò una mano sul volto.
Perché continuava a pensare a lei?
Si rese conto che non l’aveva pensata come "il tenente" o "Hawkeye": dal suo risveglio, pensava a lei come, semplicemente, a Riza.
Il rumore della porta che si apriva lo fece sobbalzare e, istintivamente, memore del fatto che avesse già subito un attentato, strofinò le dita.
Non aveva i guanti.
Comunque, era Breda.
Aveva sottobraccio una scacchiera, un libro e un cesto di frutta.
-Brigadiere Generale Mustang, il Tenente Hawkeye ci aveva avvertito che si era svegliato…-
-E vedo che ti hanno mandato al suo posto ad assicurarti che non tiri le cuoia…-
-So che preferirebbe ora avere Hawkeye a farle da guardia del corpo, Generale, ma temo che dovrà accontentarsi di me, anche se non posso sfoggiare le belle gambe del tenente!-
Risero assieme, anche se ciò causò a Roy un’altra fitta al petto.
-Accidenti, Breda, non farmi ridere… sono conciato come un colabrodo!-
-Ah, dimenticavo. Questo lo mandano i ragazzi, - posò il cesto di frutta, da cui spuntavano delle banane e dell’uva in mezzo a un paio di mele e qualche arancia -questo Sheska… a proposito, sa che Havoc l’ha invitata a uscire? Stavolta non gli freghi la ragazza da sotto il naso, però…-
Roy sorrise. Certo che no! Sheska era carina, ma ora non era proprio in condizioni di sedurre le ragazze.
-E questa glie l’ho portata io, così non si annoierà troppo.- aprì la scacchiera e iniziò a disporre i pezzi.
Beh, Breda poteva essere grande, grosso, rozzo, ma, al contrario di quanto non potesse apparire alla prima occhiata, era intelligente. E maledettamente bravo coi giochi di strategia.
Lui e Mustang rimasero a giocare a scacchi fino a sera, quando il sergente maggiore Fury venne a dare il cambio a Breda.
Fury dormì lì: con il suo faccino da bravo ragazzo, era riuscito a convincere un’infermiera a portare una branda nella stanza.
-Il tenente Hawkeye si è raccomandata di non lasciarla mai solo. Ha detto che i suoi nemici si sono decuplicati. - spiegò, il mattino dopo, a un perplesso Roy, che era dai tempi in cui viveva nei dormitori della caserma che non dormiva in stanza con un uomo.
Già, le sue ultime azioni dovevano avergli procurato una marea di nemici nell’esercito. Paradossalmente, però, era più al sicuro nell’esercito, con la sua squadra a guardargli le spalle, che non fuori.
Parlando di guardargli le spalle, la principale incaricata, il tenente Hawkeye… Roy sorrise appena. Avrebbe voluto avere lei vicino, e non solo per la sua abilità con le armi da fuoco. La ragazza era esausta, e lui si rendeva conto che non poteva permettersi di chiederle di restare ancora lì finché non si fosse riposata a dovere.
-…anche se io, se fossi in lei, non passerei tanto spesso la notte qui, ora che si è ripreso. - stava dicendo Fury.
-Cosa?-
-Beh, si… non sa cosa dicono di lei le altre donne dell’esercito?-
-Di chi?-
-Ma del tenente Hawkeye! Generale, mi vuol dire che non sa delle voci che circolano su Hawkeye? O.o-
Il sergente maggiore Fury si ritrasse istintivamente quando Mustang iniziò a strofinare nervosamente le dita, e se avesse avuto i suoi guanti addosso, senza dubbio sarebbero volate MOLTE scintille. Era l’inequivocabile segnale che stava meditando di commettere uno o più omicidi.
-CHE COSA SI DI DICE DI HAWKEYE E CHI LO DICE?!-
-Ehm… forse è meglio che non glie lo dica… non le fa bene agitarsi nelle sue condizioni, generale…- tentò di minimizzare il poveretto, ma uno sguardo incendiario di Roy, che annunciava che se non avesse parlato ci sarebbe stato qualcos’altro di incendiario, gli sciolse la lingua.
-Ecco… Ross e Sheska mi hanno riferito che alcune tra le donne che sono entrate in accademia con Hawkeye diffondono voci molto maligne su di lei… per il fatto che ha fatto carriera velocemente e che è il suo luogotenente…-
-Che voci maligne?- la voce di Mustang era diventata così gelida che avrebbe potuto congelare un pinguino.
-Che… che sia andata a letto con mezzo Comando, signore, lei in primis…- terminò con un filo di voce Fury.
-PORTAMI I MIEI GUANTI!-
-Non posso signore, Hawkeye…-
-PORTAMI I MIEI GUANTI CHE DEVO ANDARE A INCENERIRE QUALCUNO!!!-
-Ma Hawkeye ha detto…-
-PER CHI CREDI CHE STIA ANDANDO A DISINTEGRARE QUALCUNO, IDIOTA?!-
Riza posò la mano sulla maniglia della porta, indecisa se entrare o meno.
E lei adesso che c’entrava con le sclerate di Mustang?
Entrò, e si trovò di fronte a una scena quasi comica: il minuto Fury che cercava di trattenere Roy Mustang, il quale aveva un’espressione assassina che raramente la ragazza aveva visto.
-Generale Mustang, se non torna a letto, mi obbligherà a legarcela. - disse tranquillamente, poggiando la borsa e una busta su una sedia e posando gentilmente la mano del braccio sano su una spalla di Roy, costringendolo a tornare a stendersi.
-Le si è anche riaperta una ferita. - disse in tono di rimprovero, indicando una fasciatura che si stava arrossando in fretta.
-…-
In quel momento, Roy si rese conto quando gli faceva male la spalla.
Si lasciò rimettere a letto… tanto non avrebbe avuto comunque la forza per alzarsi.
-Sergente maggiore Fury! -
-Sissignore!- il ragazzo scattò sull’attenti.
-Voglio che tu scopra di preciso chi è che mette in giro queste voci e me lo riferisca quanto prima!-
-Sissignore!-
-Può andare, Fury!-
-Sissignore!-
Il sergente maggiore fu bel lieto di squagliarsela. Nello staff di Mustang, tutti sapevano che il tenente Hawkeye non esitava a fare le ramanzine al colonnello, sia pur in tono formale e educato. Ma non era una cosa buona per la salute di chi stava attorno assistervi.
Non potendo né volendo sfogare la sua stizza sulla sua subordinata preferita (di questo se n’erano accorte anche le pareti, nel loro ufficio!), Mustang tendeva a sfogarsi trattando a metaforici calci nel sedere chiunque altro gli stava attorno.
Riza sbatté sul tavolino il sacchetto di carta con della frutta, delle riviste e un piccolo mazzo di fiori.
-Chi è di preciso che vorrebbe incenerire per me?- fece, glaciale.
Molti non lo sapevano, ma lei aveva salvato dall’incenerimento da parte di Mustang non pochi militari, in quegli anni.
Roy fece un sorrisone innocente.
-Che dici, tenente?-
-Non faccia lo gnorri con me: ho un ottimo udito, e lei urlava così forte che lo si sarebbe potuto sentire dalla portineria.-
-Oh, ha portato qualcosa da leggere… "pistole e fucili", avrei preferito "playboy" ma anche questo non è male…- tentò di glissare lui.
-Crede che sia tanto stupida da non notare che c’è qualcosa che l’ha fatto infuriare oltremisura?-
-…e la frutta, tenente, lei è il mio angelo, quella che passa l’ospedale fa schifo, devono essere gli avanzi degli avanzi…- i tentativi di sviare il discorso di Riza fallivano miseramente,
-ROY MUSTANG!-
Ahi.
Quando lo chiamava per nome e cognome, o era preoccupata da morire per lui, o era così furiosa che di più non si può.
Si sedette sul letto, piantandosi di fronte a lui e fissandolo in faccia.
-CHI è che vorrebbe incenerire?!-
Roy lasciò cadere la rivista con cui aveva invano tentato di proteggersi dalla furia di parole della sua luogotenente.
-Niente di che, solo una dozzina di malelingue che sparla di te per invidia. - fece, di colpo serissimo. Poi sorrise, il suo solito sorriso da malandrino che faceva crollare ai piedi tutte le donne.
Tutte tranne una: Riza c’era abituata, e lo ignorò.
-Se si riferisce alle voci discordanti secondo le quali sarei frigida o una sgualdrina che l’ha data a mezzo comando militare, ne sono già a conoscenza. Girano da quando mi ha scelta nel suo staff con l’incarico di "guardaspalle". Le seconde le ha messe in giro una che ha lasciato l’esercito due anni fa, per sposarsi, dopo nove anni senza aver fatto carriera e dopo essersi fatta mettere incinta da un superiore. Sperava di essere scelta lei, ma aveva una mira pessima, era pettegola e, lei si, era una sgualdrina. Le prime le hanno messe in giro persone che mi avevano paventato una promozione in cambio di… favori personali. - disse tranquilla Riza, prendendo una mela dal sacchetto e iniziando a sbucciarla -Come se potessi cadere così in basso…-
Le sguardo di Roy cadde su quel gesto così semplice, che lo riportò a più di tredici anni prima, quando pranzavano assieme nella austera sala della casa del padre di lei.
-E tu lasci che dicano queste cose di te senza fare nulla?- chiese interdetto, e stupito. Lui al suo posto avrebbe già fatto una strage.
-Che cosa potrei fare? Andare e sparare a tutti? Ci sono donne che, pur essendo di grado inferiore al mio, hanno… conoscenze di letto abbastanza in alto. E pensano che sia logico dedurre che anche io ne abbia, avendo fatto carriera molto in fretta. Ovviamente, non si vedono mai più dello stretto indispensabile al poligono di tiro. - ora affettava la mela in otto spicchi, come da ragazza. Solo che, anziché portarsele alla bocca, ne cacciò uno spicchio in bocca a Mustang.
-Ecco, mangi e cerchi di farsi passare gli istinti piromani. -
Roy mangiò, ubbidiente, ma la sola idea che qualcuno avesse osato fare delle avances in cambio di promozioni alla sua Riza lo faceva ribollir…
La sua Riza?
Umh, forse aveva battuto la testa davvero troppo forte.
Certo, il tenente era una bella donna, e si conoscevano da tantissimi anni.
Lei era sempre stata fedele e pareva essersi presa a cuore come una cosa personale salvargli la pellaccia e portarlo in alto.
Ma da qui a poter affermare che fosse solo sua…
Ma, d’altra parte, non era ancora desolantemente single? Non passava le sue giornate dividendosi tra il suo lavoro di militare e le serate a casa col cane? Come una amante, ma al contrario. Una amante che divide le fatiche, i pericoli, i segreti, il lavoro del compagno, ma non la tenerezza e l’affetto che meriterebbe.
Le prese una mano tra le sue.
-È così assurdo che io cerchi di proteggere chi mi sta accanto? Mi hai sempre guardato le spalle, aiutato anche nelle missioni più difficili, in quelle suicide, anche a rischio della tua vita. Permettimi almeno di salvaguardare il tuo onore all’interno dell’esercito. -
Riza distolse lo sguardo, ma non ritirò la mano.
-Me la sono sempre cavata da sola. Sono io che devo proteggere lei, non il contrario. -
-Riza… Riza, guardami. - la mano sinistra di lui le sollevò e voltò il volto, affinché lui potesse guardala negli occhi.
-Prima di morire, tuo padre mi ha raccomandato di aver cura di te. Ero troppo accecato dall’ambizione, allora, e non lo feci. E quando ti ho rincontrata, a Ishibar… sei stata tu a proteggere me. - sorrise -Il maestro mi abbrustolirebbe su fiamma viva, se vedesse che non riesco a salvaguardare neanche il tuo onore di donna. -
-Non sono più una ragazzina bisognosa di protezione. - replicò lei -Né di un padre, né di un fratello maggiore. -
-Già… a volte mi domando se, quel giorno, al cimitero… se ti avessi abbracciata e stretta a me, le cose sarebbero andate diversamente. - disse lui in tono malinconico.
-Chi lo sa? È inutile recriminare sul passato. - fece lei. La conversazione stava prendendo una piega che, non è che non le piacesse, ma la inquietava.
-E a volte mi sento in debito con te per quell’abbraccio consolatore che non sono riuscito a darti. -
-Neanche mio padre mi ha mai abbracciato… e già allora le davo del lei…-
Improvvisamente, senza darle il tempo di reagire, Roy allungò le braccia (anche se ogni muscolo protestava per il movimento improvviso) e l’attirò a sé, in un abbraccio, con l’occhio sano contro la sua guancia.
-Generale… ma cosa…- tentò di protestare lei.
-Ssshhh… ti prego. Sono in debito di un abbraccio consolatore. -
Riza non si mosse, sentiva il cuore batterle a martello nel petto, e l’unica cosa che riusciva ad avvertire era il contatto con la pelle calda del volto di Roy, quasi febbricitante, il tessuto della casacca del pigiama sotto le sue dita, e il respiro dell’uomo sul suo collo.
Dopo una decina di istanti, lui sciolse l’abbraccio.
-Non era necessario…- mormorò lei. Per qualche istante Roy si cullò nell’illusione che lei si riferisse allo sciogliere l’abbraccio, non al cominciarlo.
-Pensi se qualcuno ci avesse visto… allora si, che si spargerebbero delle gran brutte voci!-
-Per i prossimi dodici mesi non credo proprio che ci sarà da preoccuparsi: sono in congedo temporaneo per malattia, o meglio, per convalescenza. -
-Non significa nulla. Io rimango sempre il suo tenente, quindi una sua sottoposta, ergo una relazione che non sia professionale al 100% tra noi due potrebbe danneggiare entrambi. Molti generali e colonnelli mi vorrebbero nei loro uffici a fare da segretaria in minigonna…-
-Umh, confesso che sarei tra coloro che voterebbero per vederti in minigonna almeno una voltaaaaahiahiahiahiahi!!!-
Con una venuzza pulsante sulla tempia, Riza aveva assestato un bel sganascino a Roy.
-Già l’alta uniforme con quella gonna lunga e stretta è di una scomodità assurda. -
-Ma la minigonna ti lascerebbe libera di camminare con comodo…-
-E poi in ufficio nessuno lavorerebbe più ogni volta che mi alzo dalla scrivania!-
-Ma nascondere quelle belle gambe che hai è un delitto contro natura!-
Riza sospirò: quell’uomo era impossibile. A volte si chiedeva perché, perché ancora lo seguiva e lo sosteneva.
Semplice, le rispose una piccola parte di lei, nascosta: perché gli sei affezionata. Perché lo ammiri, non solo come militare, ma anche come uomo. Perché è un maledetto bastardo, ma il mondo ha bisogno di bastardi come lui. Minigonne a parte.
Come si era arrivati a parlare delle sue gambe?
Beh, comunque, ora che la discussione si era spostata su quel piano, lei si sentiva più a suo agio.
Mustang non fece altre "avances" o discorsi inconsueti, per quel giorno, né per la settimana successiva.
Si comportava più o meno come al solito…. Più o meno.
Riza poteva giurare di vederlo sorriderle più di frequente.
Sempre più di rado la chiamava tenente, per un più familiare "Riza".
Più di una volta lei sentì se aveva la febbre… perché, dai discorsi che faceva, temeva davvero che fosse febbricitante.
Ad esempio, aveva iniziato a rivangare con lei i ricordi comuni degli anni passati assieme a casa del padre di lei.
Un pomeriggio, Riza era tornata a casa per cambiarsi e lavarsi, e Roy aveva assicurato che, una volta riavuti i suoi guanti speciali, non aveva problemi a restare qualche ora da solo.
Havoc gli aveva portato riviste… "per soli uomini", cosa che il Brigadiere Generale aveva apprezzato enormemente.
"Cosa farei senza di voi, miei uomini…" aveva detto, commosso.
"Si procurerebbe uno staff di donne, signore". Aveva replicato Havoc. E aveva avuto la terribile impressione che Mustang ci stesse pensando veramente.
Era poi andato a fargli visita una vecchia conoscenza: il brigadiere generale Rehack, conosciuto durante la guerra a Ishbar, e mandato poi nel distretto del sud. L’aveva rivisto per breve tempo a Central City e poi nell’est, ma, sebbene lo stimasse come soldato, non aveva altrettanto stima dell’uomo sotto la divisa.
-Brigadiere Generale Mustang… a quanto pare, è messo molto meglio di quanto le voci di corridoio dicono. La danno per moribondo, o in stato vegetativo, sa?- disse l’ospite, sedendosi sulla sedia. Roy provò un immediato senso di fastidio: quella era la sedia dove di solito si sedeva Riza.
-Le voci di corridoio esagerano sempre. - replicò Mustang, posando le riviste che stava sfogliando… anzi, consumando. Una graziosa morettina in costume da bagno occhieggiava maliziosa dalla copertina di una di esse, e Rehack la notò, allungano la mano a prendere la rivista.
-La sua affascinante luogotenente non le basta più, che deve rivolgersi alle riviste? Oppure aspetta di essersi rimesso in forze e intanto si gode i piaceri intellettuali?- fece, in tono complice.
-Prego?-
Se due sillabe potessero partecipare alla gara "temperatura più bassa", quel "prego" interrogativo di Roy avrebbe battuto tutti raggiungendo lo zero assoluto.
-Ma si, Hawkeye… non è la sua amante, oltre che segretaria?-
Fortuna che non aveva i guanti. Fortuna che non aveva i guanti!
Riza glie li aveva messi nel cassetto, e per fortuna, perché Roy iniziò a strofinare le dita senza accorgersene.
-Generale, tenga bene a mente alcune cose riguardo al tenente Hawkeye.
Primo, non è la mia amante, né lo è di alcun altro. I gradi che ha se li è guadagnati sul campo, non nel letto, al contrario di certi altri graduati.
Secondo, svolge il ruolo di segretaria solo incidentalmente, e solo perché è molto più brava di quelle ragazzine cotonate che mi avevano mandato in precedenza. Il suo compito principale è quello di guardia armata.
Terzo, il primo che sentirò parlare ancora male di Hawkeye, potrà essere raccolto con una paletta e ficcato in un vaso per fiori…-
-Calma, calma, Mustang… è solo che… è quello che dice la gente. Del fatto che lei la tratta con grande familiarità. - non era consigliabile far arrabbiare l’Alchimista di Fuoco, detto segretamente anche "il piromane arrivista"…
-La conosco da anni, e quindi posso permettermi di trattarla con familiarità, dato che lavoro con lei da dieci anni; inoltre, diversamente da altri uomini dell’esercito, non la sfiorerei nemmeno con un dito, dato che io rispetto la dignità delle donne e il loro onore. E le posso garantire che lei non si lascerebbe sfiorare con un dito neanche per avanzare di grado. Quindi riferisca alle malelingue invidiose che sparlano di Hawkeye, che prima di potersi permettere di farlo ancora, pensino alle fiamme dell’Alchimista di Fuoco!- nell’impeto della rabbia, Roy si era alzato a busto ben eretto, e aveva addirittura afferrato il colletto della giacca del generale Rehack.
-Generale Mustang! Sa che non deve agitarsi, o le ferite si riapriranno!- lo sgridò dalla porta una voce familiare.
Riza aveva smesso di tenere la divisa tutti i giorni, per fargli da guardia in ospedale, e indossava una camicetta color avorio su una gonna color tortora, lunga fino al polpaccio, ma con uno spacco discreto fino al ginocchio. La giacchetta del completo, dello steso colore della gonna, aderiva piacevolmente al corpo, mettendone in risalto le linee femminili, solitamente nascoste dalla divisa.
Aveva una borsetta bianco avorio, ma Mustang era certo che non contenesse un portacipria, ma una fondina con tanto di pistola.
E il rigonfiamento sotto l’ascella ne indicava una seconda.
La ferita al braccio era già guarita abbastanza per permetterle di non usare più una benda per tenerlo al collo.
-Se mi si riapriranno sarà un piccolo prezzo da pagare, per mettere le cose in chiaro, tenente! - abbaiò lui.
Il brigadiere generale Rehack guardò Riza, poi Mustang, e gli lanciò un’occhiata, come a dire "E ha il coraggio di affermare che non è la sua amante?"
-Beh, credo che l’orario delle visite sia finito, generale Mustang. Stia bene e guarisca presto. - si portò appena la mano alla testa, nel saluto militare, e Mustang rispose.
Quando passò, Riza fece il saluto militare, schivando abilmente la mano morta del generale.
-Generale Mustang, metta via i guanti. - disse, udendo il cassetto del comodino aprirsi.
-Come hai fatto a capire che…-
-Ho sentito tutta la conversazione, e poi il brigadiere generale Rahack ha tentato per l’ennesima volta di fare mano morta. -
-Cos… vuoi dire che ci ha già provato in passato?! MA IO LO CARBONIZZO!!!-
Ancora una volta, la mano gentile ma ferma di Riza lo spinse nel letto.
-Sembra quasi geloso, Brigadiere Generale Mustang. - sorrise lei.
-Non dovrei, forse? Ho promesso a tuo padre-
-di proteggermi, lo so. Ho schivato per anni le manomorte dei superiori. Non c’è bisogno… davvero. -
-Non riesco a sopportare l’idea che parlino male di te. - confessò lui -Mi fa bruciare dentro…-
D’improvviso, Riza si accorse che i fiori DOVEVANO avere dell’acqua fresca, così afferrò il vaso e portò i poveri garofani in bagno, cambiando l’acqua.
Roy sorrise: era arrossita.
continua...
Questa è la prima fic che scrivo su Fullmetal alchemist, a parte una flashfic brevissima su Roy e la sua abitudine a fare il donnaiolo.
Appena finito di guardarmi l'anime in una megamaratona, mi sono perdutamente innamorata della coppia RoyxRiza (detta anche Royai), e, constatata la terribile penuria di fanfic riguardo a questi due in internet, a favore di una coppia (per me terribilmente OOC) come RoyxEd, ho deciso di scrivere questa storia...
Tra l'altro, ero pure sotto esame. Si, perché le idee migliori mi vengono sempre e solo quando sono sotto esami. Strano, eh?
Spero che vi piaccia, cari lettori, e di non essere andata OOC (il mio grande incubo!)
EDIT: ho editato il primo e il secondo capitolo a causa di casini fatti con le età. Spiegazioni alla fine del capitolo 3.
Comunque, per la cronaca, Roy aveva 23 anni alla fine della guerra di Ishbar, 27 all'inizio di FMA; 31 alla fine, e 33 circa in Conqueror of Shamballa. Di Riza non si sa nulla, né che differenza di età c'è tra lei e Roy, ne quanti anni avessero i due quando Roy iniziò l'apprendistato presso il padre di lei o quando questi morì o quando Riza è entrata in accademia militare. Si sa solo che Riza era all'ultimo anno di cadetto quando è stata spedita a fare da cecchino a Ishbar. Dovevano essere proprio alla frutta, eh, per mandare i cadetti!

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Capitolo 2
*** 2 - Crescere ***


Capitolo 2
Capitolo 2 - crescere
Tic
Tac
Tic
Tac
Tic
Tac
La sveglia scandiva i secondi di un altro giorni di degenza, il cinquantesimo.
Il silenzio era interrotto solo dal fruscio, ogni tanto, di una pagina girata.
-Ah, Riza…-
-Si?- chiese lei, senza alzare lo sguardo dalla rivista.
-La prossima settimana mi dimettono. -
-Ne sono felice. -
-Dovrò però stare a lungo in convalescenza in un posto tranquillo e dal clima mite. -
-Capisco. -
-Ma i sanatori dell’esercito sono sempre sovraffollati e pieni di rozzi omaccioni…-
-È un problema serio. - nella voce della ragazza non c’era la minima inflessione di sentimento.
-Soprattutto perché pensavo di chiederti di venire con me…-
-Per proteggerla, ovvio. E per assicurarsi che qualche fidanzato geloso e deluso non cerchi di farle la festa. -
-Quindi a te andrebbe bene?-
-È il mio lavoro. - fece, come se dicesse "oggi piove" o "sono finite le uova"
-E ti piace, come lavoro?-
-Generale Mustang, dove sta cercando di andare a parare?- Riza abbassò la rivista ("pistole e fucili"… si, è proprio senza speranza!)
-Ecco… tu hai ancora la casa di tuo padre, giusto? E ricordo che a un paio di chilometri c’è il lago, e quella cittadina così carina e ridente… e a maggio l’aria è così dolce che fa venire voglia di dormire anziché studiare…- Roy stava sorridendo.
Anche Riza sorrise -Fare convalescenza lì?-
-Preferire il termine "rimpatriata". Anche se non so se si possa parlare di rimpatriata in due. -
-Il viaggio in treno sarà lungo e pesante. - obiettò lei.
-Viaggeremo in prima classe, e con vagone letto. -
-E sa che questo alimenterebbe le voci che lei cerca tanto di spegnere, vero?- fu l’estrema sua obiezione.
-Il primo che ne parlerà verrà ridotto a un flambè. -
-Sa che in segreto la soprannominano "piromane arrivista", generale?-
-Lo prendo per un complimento. - sorrise Roy.
Riza sospirò.
-Ha vinto. Stasera andrò a prendere i biglietti. -
-Allora, domani è il gran giorno: la dimettono.- Riza stava, come al solito, sbucciando una mela. Non riusciva a capire se a Roy piacessero le mele o il modo in cui lei le sbucciava, visto come la guardava farlo. Quando lo faceva, gli affiorava uno strano sorriso, come di chi è perso nei ricordi.
-Già, finalmente. Non ne posso più di questo ospedale. - Roy era piuttosto di buon umore, malgrado le notizie non tanto allegre dategli dal medico. Notizie che riguardavano la ferita al suo occhio.
-Cos’ha detto il dottore riguardo alla ferita alla testa?-
-Ah, questa…- si toccò la larga benda nera che copriva l’occhio e parte della tempia sinistra. -La cicatrice sparirà con gli anni. Invece l’occhio… non l’ho perso, ma è irrimediabilmente danneggiato. -
Per poco Riza non si affettò un dito per la sorpresa. La fronte liscia le si corrugò, mentre abbassava lo sguardo.
-Dai, smettila di fare quella faccia. - le disse Roy.
-Il piano era semplicemente perfetto. È stata colpa mia, che non ho fatto in tempo a-
-No. Non c’è niente di perfetto. Questo mondo è imperfetto. - Le passò due dita tra le ciocche di capelli sciolti sulle spalle -Ma è per questo, che è anche così bello. -
Lei non riuscì a fare altro che a sorridere, grata per quelle parole, destinate ad alleviare il suo senso di colpa, almeno un poco.
A sorridere e ad arrossire, quando le dita del generale Mustang le sfiorarono il collo.
Per tutta risposta, gli ficcò la fetta di mela in bocca, allontanandosi poi appena fuori della portata di Mustang.
Lui le sorrise, come se nulla fosse stato.
Il viavai della stazione era sempre lo stesso: gente che arrivava e che partiva, confusione di facchini e di bagagli.
I due bauli contenenti gli effetti personali del tenente Hawkeye e del brigadiere generale Mustang erano già stati caricati nel vagone bagagli, e i due graduati si stavano congedando dal loro staff.
Per dirla in parole povere, i quattro fedelissimi di Mustang erano tutti lì per augurare all’ex colonnello, ora Brigadiere Generale, una pronta guarigione, e per raccomandare a Riza di tenerli informati. Black Hayate scodinzolava e annusava tutti, come se anche lui sapesse che per un lungo periodo non avrebbe rivisto il resto del suo "branco".
In quei dieci mesi che si prospettavano senza il capo e il vicecapo dell’ufficio, sarebbero stati temporaneamente smistati in questo o quell’ufficio, ma Mustang aveva fatto buon viso a cattivo gioco: la sua buona abitudine di far raccogliere materiale compromettente non era certo passata, e aveva dato precise istruzioni su chi sorvegliare e cosa cercare.
Il treno fischiò, avvisando che stava per partire.
Gli ultimi saluti, gli ultimi commiati.
-Si riguardi, generale!-
-Ci scriva, tenente!-
-Cerchi di non sedurre troppe fanciulle, generale Mustang!-
Quando il treno fu uscito dalla stazione, i quattro si guardarono tra loro, un po’ spaesati. Non era la prima volta che lavoravano senza avere Mustang col fiato sul collo, ma non era mai capitato loro da anni la prospettiva di dover lavorare per mesi senza la loro guida.
-Qualcuno di voi ha un loro contatto telefonico?- chiese il sergente maggiore Fury.
-Il generale mi ha dato l’indirizzo a cui spedire la posta, glie lo chiederemo nella prima lettera. Ah, e ha dato anche istruzioni per come scriverle…-
Sospiro generale.
Mustang era quasi paranoico nei livelli di sicurezza delle sue "ricerchine segrete" volte ad avere sempre un’arma di ricatto per questo o quel membro dell’esercito.
Un tempo era stato un’idealista dal cuore puro e che odiava ogni tipo di sotterfugi.
Ora era un’idealista che non esitava a sporcarsi le mani per eliminare i rami morti e le radici marce.
Compresi quindi ricatti e gambizzazioni gerarchiche, se ciò serviva ai suoi scopi.
Del resto, tutti nell’esercito facevano così.
-Bene ragazzi… che si fa stasera?- chiese il maresciallo Falman -Andiamo a bere qualcosa alla salute del generale?-
-Io ho un appuntamento…- rispose con aria sognante Havoc, tirandosene fuori -Finalmente sono riuscito a trovarmi una ragazza senza che Mustang me la soffiasse da sotto al naso…-
Ridendo e dandosi amichevoli pacche sulle spalle, i quattro uomini in divisa lasciarono la stazione, diretti in città, e poi ai dormitori dove vivevano.
-Sarà stata davvero una buona idea lasciarli da soli senza istruzioni a più lungo termine?- chiese Riza, guardando dal finestrino la città scorrere rapida e lasciare il posto alla campagna.
-Fidati. Li smisteranno in vari uffici fino al mio ritorno, sono ragazzi in gamba e parecchi vorrebbero averli nel loro staff. Raccoglieranno molte informazioni interessanti, e quando tornerò, li pretenderò di nuovo nel mio staff. La nostra "scatola nera" mi dà abbastanza argomenti di persuasione. -
Riza sorrise. La "scatola nera" era il termine che usavano per designare la cassetta di metallo a tenuta stagna, con una chiusura degna di una cassaforte, in cui tenevano i documenti e le prove sufficienti per far crollare mezzo esercito.
Ne aveva usati una parte per assicurarsi che Mustang non perdesse gradi in seguito alla insubordinazione e alla ribellione che aveva creato al nord, per avere il tempo di uccidere King Bradley, l’homuncolus a capo dell’esercito. Anzi, aveva fatto un lavoro così buono, tra lei e i ragazzi dello staff, che i nuovi capi provvisori dell’esercito gli avevano lasciato anche il grado di brigadiere generale che gli era stato dato solo per spedirlo al nord.
-La "scatola nera" langue un po’. Abbiamo dovuto usare parecchia merce di scambio per non farle togliere i gradi. Per fortuna, pare che ci siano parecchi che le debbano dei favori. Francamente, quando abbiamo iniziato quella missione suicida, pensavo che ci sarebbe andata grassa a restare vivi e ad essere degradati a soldati semplici. - ammise la donna.
-Ah, ma in tal caso, visti i risultati ottenuti e la formazione del governo civile, avrei abbandonato l’esercito e mi sarei dato alla politica!-
-E io avrei continuato ad assicurarmi che nessuno cercasse di farle la pelle. - sorrise lei, come se si trattasse di una cosa normale -Come le promisi otto anni fa. -
La mente di entrambi tornò a quando erano ancora poco più che ragazzini idealisti, traumatizzati dal primo impatto con la guerra, con la morte quotidiana, col fuoco e col sangue innocente.
-Ha raggiunto il suo scopo: Amestris ha una democrazia, ora. -
-È una democrazia debole e neonata. Basterebbe poco a distruggerla. -
-Allora la proteggeremo e la faremo diventare salda, anche a costo di danneggiare gli interessi dell’esercito. -
Mustang alzò lo sguardo. Un’altra volta, Riza gli aveva letto nel pensiero.
-Non si meravigli: dopo otto anni come suo braccio destro, ho imparato a capire cosa le passa per la testa… più o meno. -
Roy ridacchiò -Sono così prevedibile?-
-Dipende. Per me, si. In fondo, abbiamo lo stesso sogno. - anche Riza sorrise.
Entrambi erano entrati nell’esercito per proteggere le persone, ed entrambi erano stati costretti a macchiarsi le mani di sangue, in un’età in cui si dovrebbe parlare d’amore e pensare con gioia al futuro.
Ed entrambi avevano un sogno: proteggere le persone, perché nessun’altro dovesse più passare ciò.
-Per curiosità… se davvero lasciassi l’esercito per dedicarmi a una carriera politica… come faresti a guardarmi le spalle? - chiese Roy, con un sorriso a trentasei denti.
-Lascerei l’esercito anche io e mi qualificherei come sua guardia del corpo, suppongo. - fece Riza, placidamente, in risposta.
-Umh, ci sarebbe un modo perché tu possa farmi da guardia del corpo ventiquattro ore su ventiquattro…-
-Non credo che ne possiamo parlare finché siamo ancora ufficiali dell’esercito, generale. -
Roy alzò lo sguardo al cielo.
Forse non avevano tutti i torti a definirla "frigida". Anche, se, forse, "donna di ghiaccio" o "maritata col lavoro" sarebbe stato più corretto.
Come si può corteggiare una donna, se questa si ostina a essere in servizio ventiquattro ore al giorno?
-Sai, l’esercito ha fatto un affare ad arruolarti: ti paga per otto ore al giorno di servizio, ma tu lo sei ventiquattro ore su ventiquattro. -
Riza lo guardò, sinceramente stupita dell’affermazione di Mustang.
-Voglio dire, pare che non stacchi mai… santo cielo, da quanti anni ci conosciamo? -
-Da…più di un decennio. -
-E sei sempre fredda come se fossi un estraneo!-
-Non è vero…- Riza distolse lo sguardo -Sono professionale. E la proteggo dalle chiacchiere, così. -
-Sai che le chiacchiere della gente non mi hanno mai toccato…- Roy allungò una mano, per prendere quella di Riza.
-Riza, io…-
Un rumore di passi improvviso li fece sobbalzare, e Riza si affrettò a ritirare la mano.
Era solo il controllore, che dette un’occhiata frettolosa ai loro biglietti, prima di lasciare lo scompartimento.
Ma ormai, il momento magico era spezzato.
Riza si era trincerata dietro un libro, ma Roy notò che, in un’oretta buona, aveva girato si e no due pagine.
Sorrise.
Si, Riza era diversa.
L’unica donna che poteva permettersi di ignorare i suoi sorrisi da rubacuori, la sua corte spietata, eppure, anche l’unica capace di capirlo veramente, di sostenerlo e di essergli leale fino all’ultimo.
Roy Mustang non amava troppo i lunghi viaggi in treno, ma, d’altra parte, in un territorio vastissimo e tendenzialmente pianeggiante come era Amestris, il treno era il mezzo più comodo e veloce per coprire lunghe distanze, data la assoluta mancanza di grandi corsi d’acqua navigabili per lunghi tratti.
Il ritmico sobbalzare del treno e il brusio delle ruote sui binari avevano un effetto ninnananna, e quel giorno si appisolò diverse volte.
Fu svegliato alle sette di sera da Riza.
-Generale… sono le sette di sera. Tra poco serviranno la cena, nel vagone ristorante. - lo scuoteva delicatamente per il braccio destro. Era professionale e distaccata come al solito.
-Cos..? Oh, grazie. - gettò un’occhiata fuori dal finestrino. A novembre, la sera scendeva presto, e alle sette, era già notte fonda. Una pallida falce di luna gettava una luce incerta sulla campagna altrimenti nera e vellutata.
Mustang fece per alzarsi, ma la gamba destra gli cedette, e, con un sibilo di dolore, ricadde sul sedile. Riza gli porse il bastone.
-Mi sento un vecchio bacucco con quest’aggeggio. - sbuffò.
-Tocca portare pazienza. La gamba ha subito gravi ferite, e ci vorrà del tempo perché torni come prima. -
-Parli come il dottore, Riza. -
-Il dottore mi ha solo raccomandato di far si che non si sforzi, generale. - fece lei di rimando, aprendogli la porta dello scompartimento. Roy si rassegnò a raggiungere il vagone ristorante con il bastone. Sentiva il passo incerto, e il movimento del treno non lo aiutava di certo a reggersi in piedi.
Odiava sentirsi così… infermo. Incapace di correre.
Si tastò la tasca sinistra, in cui aveva riposto i suoi guanti speciali, quelli da piromane. Beh, averli lì gli dava un certo senso di sicurezza.
Il vagone ristorante della prima classe era pieno di gentiluomini distinti e di signore eleganti, con abiti attillati e preziosi.
Roy sogghignò: gli ultimi viaggi in treno che aveva fatto, erano stati in treni militari, quindi non tanto comodi. E quando aveva viaggiato per conto suo, era sempre stato in seconda classe.
Non che i soldi gli mancassero, aveva un ottimo stipendio e fondi ingenti per le sue ricerche, in quanto Alchimista di Stato, ma ai ragazzi del suo gruppo i soldi non scappavano dalle tasche, così, per non stare solo, viaggiava in seconda classe, con loro.
Ma stavolta, aveva deciso di non badare a spese.
In parte perché la seconda classe non era certo il luogo più comodo per un convalescente che faticava a muoversi con scioltezza.
In parte perché aveva deciso che, ogni tanto, aveva pur il diritto di godersi un po’ di lussi.
E, soprattutto, farli godere a Riza.
Notò che in mezzo alla folla di gentiluomini e dame, tra i lampadari di cristallo e le poltrone di velluto, loro due, in uniforme, spiccavano parecchio.
Non avevano l’alta uniforme, ma quella normale, e un occhio non abituato a riconoscere le mostrine e i distintivi, poteva scambiarli anche per due giovani ufficialetti freschi di accademia con tanti soldi, figli di papà.
Nessuno dei due dimostrava l’età attorno ai trenta, rifletté Roy, ammirando le movenze sempre eleganti di Riza nello scorrere il menù del giorno.
Con un cenno della mano, chiamò il cameriere.
-Cosa ordina, tenente?- fece, anche se il tono era quelli di un uomo che chiede alla fidanzata "che cosa desideri, cara?"
Riza aveva già scorso rapidamente il menù. -Consommé, le scaloppine, e della frutta. Acqua minerale. -
-Anche per me il consommé, poi filetto al pepe, e… è sicura tenente di non volere il dolce? Ho sentito dire che le pesche alla crema stasera sono favolose…-
-Generale, il dottore le aveva vietato di esagerare con i condimenti e le salse. - ricordò Riza.
-Il dottore può andare a curare i vecchietti! Roy Mustang ha uno stomaco di ferro!- poi si rivolse al cameriere -Pesche alla crema per me e per il tenente, e anche una bottiglia di vino bianco, questo frizzante, qui. - indicò sul menù.
E, prima che Riza potesse protestare, congedò il cameriere.
-Se poi stanotte dorme male, non dia la colpa a me. Io l’avevo avvertita. - sibilò Riza.
-Avanti, tenente, sono due mesi che mangio la sbobba dell’ospedale, lasciami godere la vita, adesso!- Roy fece un sorriso smagliante, e Riza ebbe l’impressione che due o tre dame lì vicino avessero appena sospirato nella direzione del generale.
Lei sospirò: ovunque andasse, Roy Mustang attirava l’attenzione femminile come mosche sul miele. E, ovviamente, le occhiate assassine di uomini che vedevano le loro fidanzate o mogli mangiarsi con gli occhi quel bell’uomo in divisa.
La benda sull’occhio gli dava poi un’aria da reduce di guerra, di eroe sopravvissuto.
-Non so perché, ma ho l’impressione che siamo un po’ al centro dell’attenzione. -
-Abituati, tenente: per me è normale esserlo…- sorrise Roy con aria affabile, mentre il cameriere serviva dinnanzi ai due le tazze col consommé.
-È abituale anche essere mangiato con gli occhi da molte signore e signorine?- chiese ironica Riza, iniziando a sorbire la delicata zuppa dalla tazza di porcellana, col cucchiaio d’argento. Non aveva mai viaggiato in prima classe, ma doveva ammettere che le piaceva, e molto.
-Normale amministrazione. Ma scommetto che con uno di quei begli abiti attillati e alla moda, anche tu saresti ammirata e mangiata con gli occhi dai signori giovani e meno giovani. -
-Da ragazza, a scuola di buone maniere, me li facevano portare. Li odiavo. -
Roy si fermò col cucchiaio a mezz’aria.
-Sapevo che tuo padre ti aveva mandato in una scuola privata… ma non pensavo si trattasse di una di quelle scuole per signorine dove insegnano le buone maniere…-
-A suon di bacchettate sulle dita. Mi ha richiamata a casa solo quando lei è stato accettato come suo allievo. - Riza finì la zuppa e si asciugò le labbra col tovagliolo. Roy si rese conto che non l’aveva mai vista comportarsi così… da vera dama. Era abituato a pensarla come a un eccellente soldato, un aiuto indispensabile in ufficio, un cecchino micidiale, un commilitone di lunga data, ma non come a una raffinata ragazza.
La visione di una Riza in abito da sera gli fece deglutire a vuoto.
-Una sera, erano quasi due anni che lei era suo allievo, mi disse "Perché non lo sposi e non mi dai un nipote maschio che possa essere il mio erede di sangue?"-
A quelle parole, Roy per poco non si strozzò. Passò i successivi due minuti a tossire e cercare di non soffocarsi con il consommé.
-Che COSA?!- chiese incredulo, quando riuscì a smettere di tossire.
Era più che sorpreso. Era esterrefatto.
-Ovviamente gli risposi che ero troppo giovane per sposarmi, e che avrei sposato solo chi volevo io, e non certo qualche ragazzetto arrogante, solo per far piacere a lui. -
-Mi giudicavi un ragazzetto arrogante?- sorrise Roy.
-Beh, non si può certo dire che era un gentiluomo, all’epoca. - rispose lei, versandosi da bere.
Ecco un’altra cosa che Roy ammirava in Riza: pur essendo sempre formale ed educata, non esitava a dirgli ciò che pensava di lui o delle sue idee.
-E adesso, hai cambiato idea?-
Riza lo guardò da sopra il bicchiere. Lei beveva acqua.
-Non è che sta bevendo un po’ troppo, generale?-
Roy guardò il suo bicchiere di vino, appena toccato.
-No, non credo proprio. -
Arrivarono i secondi, e Riza non fece più parola sull’argomento.
Anzi, a dire il vero, la conversazione fu quasi assente fino all’arrivo del dolce.
-Avrei preferito della frutta. - disse semplicemente lei, quando le fu messo davanti una coppa di cristallo con mezza pesca sciroppata coperta di una delicata crema gialla.
-Andiamo, tenente, un piccolo strappo alla dieta può farlo, ogni tanto, no?-
Riza sospirò, calcolando mentalmente quanti piegamenti e flessioni avrebbe dovuto fare per smaltire quei peccati di gola.
Sentendo profumino di cose buone, Black Hayate, che era rimasto molto educatamente ai piedi della padrona per tutta la cena, con la sua ciotola di pappa, si sollevò a mettere le zampe in grembo a Riza prima, e poi a Roy, implorando qualche buon boccone.
Con la padrona era abbastanza difficile, ma aveva imparato che Roy era facile da corrompere con le scodinzolatine, e che allungava buoni bocconi, in mensa.
Infatti, puntuale, gli arrivò un pezzetto di pane con della crema.
Per i cani, i comportamenti umani sono spesso facili da capire: è tutta una questione di odori e di atteggiamenti inconsci.
Per loro, il padrone è il capobranco, o la femmina alfa. Black Hayate considerava Riza la femmina alfa del suo branco, e Roy come il capobranco, sebbene il cagnolino obbedisse agli ordini di Riza.
Tutti gli altri dello staff di Roy Mustang avevano diversi posti nella sua "graduatoria canina" di branco. Il sergente maggiore Fury, per esempio, che era il più giovane e quello di gradi inferiore, lo considerava come un compagno di giochi. Hughes era stato un maschio importante, appena sotto l’alfa, nella sua graduatoria di branco.
Ora, Black Hayate capiva abbastanza bene che il "capobranco" Roy stava tentando di fare la corte alla "mamma" Riza, e che lei era combattuta tra l’accettare o meno questa corte.
Il che lo lasciava piuttosto perplesso, perché aveva vagamente intuito che il "capobranco Roy" era, nel branco degli umani, un maschio abbastanza importante, con molte femmine pronte a contendersi la sua attenzione.
Rinunciando a capire i motivi degli umani, tornò a concentrarsi sulla sua ciotola di carne macinata saltata in padella, condita con gli avanzi delle scaloppine e col sughetto del filetto.
Un buon soldato deve essere capace di prendere sonno, e quindi di riposarsi, in qualsiasi condizione o luogo, quindi anche seduto in treno.
In una cuccetta di un vagone letto, poi, dovrebbe essere facile.
Eppure, la mattina dopo, una Riza fresca come una rosa notò che il generale Mustang aveva la faccia di chi ha dormito poco, male e pure scomodo.
-Le salse e il pepe le sono tornate su tutta la notte?- chiese, con nonchalance.
-No… non so perché, ma non sono riuscito a dormire bene. -
Non osò dire che ogni volta che si girava nello stretto letto della cabina-cuccetta, le ferite riprendevano a fargli male. Riza era, a volte, un’infermiera troppo zelante, che si faceva ubbidire con quello sguardo da "attento, ho una 9 millimetri in fondina". Se avesse aperto bocca sulla gamba e la spalla dolorante, si sarebbe trovato impossibilitato ad alzarsi per il resto del viaggio.
-Invece, per che ora dovremmo arrivare, tenente?-
-Nella tarda mattinata. Possiamo pranzare in uno dei ristoranti in città, poi ho dato disposizioni perché un’auto ci venisse a prendere, assieme ai bagagli, per arrivare a villa Hawkeye. -
-Che organizzazione!- ammirò Roy.
-Ho anche chiamato il custode perché pulisse e arieggiasse le stanze, così non ci troveremo dentro ragnatele decennali. -
-Da quanto tempo è che non torni a villa Hawkeye?-
-Da quando è morto mio padre, e mi sono arruolata. - non c’era la minima inflessione di tristezza o rimpianto in quelle parole. Era solo un dato di fatto. -Ho incaricato un uomo di controllare la villa, fare le riparazioni necessarie di tanto in tanto, e ora di far pulire e arieggiare i locali. L’ho sempre tenuta come… una forma di investimento. Per il futuro. -
Non disse che quella casa era piena di ricordi dolceamari, per lei. Che preferiva chiudere in un cassetto e gettare la chiave i ricordi belli assieme a quelli brutti e tristi, e di pensare alla Riza in quella casa come a un’altra persona.
In fondo, era quasi un’altra persona.
La signorina per bene era chiusa in quella casa, e fuori c’era il soldato, il cecchino, il tenente.
-Non è cambiata per nulla, in tutti questi anni. - fu il primo commento di Roy, giunti di fronte a Villa Hawkeye.
Gli alberi erano un po’ più alti, e il glicine aveva colonizzato l’intera facciata, contendendosi spazio vitale con un gelsomino. Ora, erano solo rampicanti senza foglie, nella pallida luce di fine novembre, ma promettevano grandi cose per la primavera.
-Invece, noi lo siamo, e molto. - sorrise Riza tra sé e sé, ricordando quando aveva lasciato la sua casa natale per andare ad arruolarsi.
-Forse meno di quanto non pensi. - le rispose sottovoce Roy.
In quel momento, furono raggiunti dal custode, che consegnò le chiavi a Riza. Poi andò ad aiutare l’uomo che li aveva portati fin lì con la macchina a portare dentro, nelle due stanze da letto, i bauli con gli effetti personali.
Il salone d’ingresso era esattamente come Riza ricordava: ampio, col soffitto altissimo e l’imponente lampadario di cristallo, comunicava la sensazione di essere piccoli e insignificanti.
Era immerso nella penombra, perché alcune finestre erano ancora sbarrate.
L’inverno era freddo, e non conveniva tenere tante finestre non sbarrate.
-Accidenti, mi sembra di essere tornato alla prima volta che misi piede qui dentro…- commentò Roy.
Riza andò ad aprire una porta, e il calore e la luce di un bel fuoco li accolsero, nel salotto.
-Anche qui, nulla pare cambiato. Era una delle mie stanze preferite. - disse lei, entrando.
-Non so quanto sia stata una buona idea venire qui in pieno inverno, generale. - Riza si voltò, sobbalzando: Roy le era arrivato proprio dietro di lei.
-Senti… dato che qui non c’è nessuno che possa chiacchierare su di noi… che ne dici di lasciar perdere il "generale", il "tenente" e il darmi del lei e compagnia bella? Mi fa strano chiamarti "tenente" qui, dove ti ho sempre chiamato per nome. -
-Ma… generale…-
Roy le mise un dito sulla bocca. -Roy. D’accordo? E basta col darmi del lei. Sono in permesso, ora, quindi fuori servizio. E anche tu. Rilassati, e goditi questa vacanza. -
-Non è una vacanza. Il mio compito è sempre proteggerla. - Riza si allontanò di qualche passo. -Forse è stato un errore, venire qui. -
Un crepitio e scricchiolio di pelle la informò che Roy si era appena seduto su quella che anche un tempo era la sua poltrona preferita, una larga, bassa poltrona di pelle marrone vicino al fuoco.
Riza ne aveva sempre preferita un’altra, più alta e rigida. Roy diceva che, quando sedeva lì a leggere, pareva il soggetto perfetto per uno di quei dagherrotipi di quando la fotografia era ai suoi albori, e occorreva stare fermi immobili per quaranta secondi per imprimere una lastra fotografica.
Lei rideva e diceva che non sarebbe mai riuscita a restare immobile così a lungo.
-È stata un’ottima idea, invece. - Roy si stiracchiò e si accoccolò nella poltrona -È un posto tranquillo, abbastanza isolato, lontano dagli scocciatori. La città è abbastanza vicina per avere qualche che serve, ma abbastanza lontana perché non ci sia casino. Inoltre, la compagnia femminile è deliziosa. - sorrise.
Riza sospirò, passandosi una mano in fronte.
-Vado a vedere in che condizioni sono le camere. - disse, lasciando il salotto.
Black Hayate guaì, diviso tra l’istinto di restare al calduccio, accanto al fuoco, o il seguire la padrona.
-Resta qui. - lo liberò lei dall’incertezza, e il cane si acciambellò beato accanto al fuoco.
Le camere erano pulite e in ordine, ma quando fece per aprire il suo vecchio armadio, Riza quasi soffocò per l’odore di naftalina.
Santo cielo, aveva dimenticato che aveva letteralmente imbottito gli armadi di quella roba, prima di chiudere tutta la casa e partire per arruolarsi!
Con un sorriso, tirò fuori i suoi vecchi vestiti di quando era ragazzina.
Se ne accostò uno al corpo. Probabilmente le stavano ancora bene, anche se forse le avrebbero tirato un po’ sulle braccia. I suoi muscoli erano quelli di un soldato, non quelli di una ragazzina reduce dalla scuola di buone maniere.
Appese la divisa a una gruccia, infilandola nell’armadio semivuoto, e faceva uno strano contrasto, accanto al vestito delle feste di morbida lana azzurra, bordato in nero.
Da che ricordava, aveva sempre avuto qualcosa di nero, indosso, da quando era morta sua madre.
Guardò con aria critica i suoi vestiti "civili", meno di un terzo rispetto ai vari pezzi della sua divisa militare nel baule.
Aveva portato con sé tutti i suoi effetti personali, quindi anche la divisa ordinaria, due giacche, due paia di pantaloni, e le magliette che indossava sotto, l’alta uniforme, con quella lunga e scomoda gonna e la giacca con le medaglie e i bottoni d’argento, le pistole d’ordinanza, la rivoltella, il fucile e la sciabola d’ordinanza.
Posò distrattamente la rivoltella sul cassettone, fissando poi il singolare contrasto di quell’arma accanto alla bambola di porcellana in abiti di trine, accessorio indispensabile nella cameretta di una signorina per bene, ma che in quella di un tenente risultava quasi surreale.
-Riza, ma quanta naftalina hai messo negli armadi?- chiese la voce di Roy, dalla porta aperta.
La ragazza si voltò di scatto: Roy era arrivato su fino alla porta della sua camera e lei, assorta nei suoi pensieri, non l’aveva neanche sentito arrivare.
Ah, già: c’erano tappeti su tappeti, in quella casa, che attutivano gli scricchiolii del parquet antico.
-Parecchia. Il mio ucciderebbe una tarma a una decina di metri di distanza. - sorrise.
-Che poi, quello della mia camera è assolutamente vuoto. -
-Almeno, la divisa non rischierà di essere divorata dalle tarme, in questi mesi. -
-In questo non sei cambiata: riempivi tutti gli armadi, usati e non, di naftalina. -
-Se non altro, ho ancora tutti i miei vestiti di ragazza. - osservò con aria critica i pochi vestiti civili che aveva: solo ora si rendeva conto che lei viveva sei giorni alla settimana in divisa. -Mi ci vorranno, temo. Ho un solo vestito invernale. In compenso, ho tre divise complete. -
-Di solito le donne viaggiano con un sacco di bagagli. Confesso che sono rimasto sorpreso nel notare che il mio baule è il doppio del tuo!-
-Non ho mai avuto bisogno di grandi abiti da sera, ultimamente.-
Roy ridacchiò, avanzando, e tirando fuori un vestito color giallo, con una sottogonna di pizzo bianco, dall’armadio. Aveva delle maniche a palloncino, ma era molto accollato sulla schiena e sul petto.
-Oh, questo lo ricordo… il primo giorno che ti vidi così, scendesti per colazione con questo, e io rimasi imbambolato a fissarti, col cucchiaio pieno a mezz’aria!-
Roy non aggiunse che era stato in quel momento che si era reso conto di come Riza non fosse una ragazzetta, una "sorellina", ma una giovane donna in boccio.
-Si, e poi mio padre mi vietò di indossarlo perché la faceva distrarre. - Riza glie lo prese gentilmente di mano e lo rimise via.
-Prometti che quest’estate lo rimetterai. -
-Dipende se ci entro ancora. - fece elusiva lei. Roy però era soddisfatto: non era stato un no.
Il lattaio portava il latte ogni mattina, l’ortolano la verdura e un fattorino recapitava il resto della spesa. In teoria, non avevano motivo per andare in città, ma Riza insisteva, diceva che Roy doveva muoversi, per recuperare in fretta l’uso completo della gamba. E a Roy non dispiaceva.
Dimesse le divise, quando passeggiavano per la strada principale, parevano quasi come una felice coppietta.
La prima volta che una bella donna fece l’occhiolino a Roy, lanciandogli un esplicito messaggio ("arrhh bel maschione, sono una bella donna in cerca della compagnia di un bel gentiluomo") e lui la ignorò, Riza gli mise una mano in fronte, temendo che scottasse per la febbre.
Invece, lui le aveva sorriso, le aveva preso la mano nella sua, e avevano continuato a passeggiare come se nulla fosse.
Beh, lei era arrossita, ma si poteva, forse, attribuire all’aria fredda di quel giorno.
Di colpo, però, sfilò la mano guantata da quella di Roy: una donna pressappoco della sua età le stava venendo incontro.
-Ma tu sei Riza Hawkeye! Da quanto tempo!-
Era vestita all’ultima moda, con una pelliccia e un cappellino che da soli dovevano valere quanto un intero anno di stipendi di Riza, il che non era affatto poco.
La ragazza la fissò qualche istante, prima di riconoscerla.
-Mariela! Che piacere vederti!- mentì spudoratamente, tirando la bocca in un sorriso forzato.
Erano state alla stessa scuola di buone maniere, fino all’età di dodici anni, ma lei era felice di dover solo imparare come mangiare a tavola e come ballare.
-Che fine hai fatto, in tutti questi anni? Avevo sentito dire che ti eri arruolata, ma vedo che invece ti sei sposata…-
Riza arrossì immediatamente -N… no, guarda, sono sempre nell’esercito, lui è il Brigadiere Generale Mustang, ho il compito di fargli da guardia del corpo. -
La donna la guardò con l’aria di chi la sapeva lunga. Poi guardò il "generale"; lo guardò ancora e ancora.
-Accipicchia, è proprio quello delle foto dei giornali!- disse, guardando Riza con la faccia da "ma allora è vero quel che mi hai detto!"
Roy sentì una gocciolina scendergli sulla tempia.
-Tenente, chi è la signora?- chiese a Riza, intuendo che Riza, in quel momento, voleva evitare gossip a loro carico.
-È una mia compagna di scuola, generale. Generale Mustang, Mariela Mondel. Mariela, il Brigadiere Generale Roy Mustang. - fece le presentazioni.
Roy fece un mezzo inchino, ma non fece il baciamano né le altre smancerie che un tempo avrebbe fatto in abbondanza a una bella signorina. O signora.
-Così sei davvero nell’esercito, Riza? E, dimmi, cosa fai? Un lavoro di ufficio, immagino…-
-Sbagli Mariela, sono tenente e il mio compito principale è scortare il generale Mustang e guardargli le spalle dagli innumerevoli nemici che ha. - Riza apparve infastidita dalla sottovalutazione delle sue capacità e compiti nell’esercito. -Mi sono guadagnata i gradi a Ishbar. -
-Ishbar? Ma… ma quanti anni avevi? Cioè, quando te ne sei andata, la guerra all’est…-
-All'ultimo anno di accademia militare. - fece, come se fosse una cosa normale che una ragazza di neanche venti anni sia mandata in guerra a sparare alla gente.
Dopo il primo saluto, Roy pareva aver perso interesse per la signora, infatti stava accarezzando sulla testa Black Hayate, con aria indifferente.
-E tu, Mariela, che cosa hai fatto in questi anni?-
-Oh, io mi sono sposata, come voleva papà, mio marito è un uomo d’affari, e mi compra tutto ciò che desidero! Abbiamo anche tre bambini, ma ora sono a lezione con i loro insegnanti privati. - era chiaro che la donna si stava vantando, tentando di vedere una scintilla di invidia negli occhi della ex compagna di scuola per signorine.
-Sono felice per te. È stato un piacere rivederti, ma ora dobbiamo proprio andare… - le porse la mano da stringere.
La donna glie la strinse, poi si allontanò, diretta alla sua dorata vita di moglie di uomo d’affari.
-Non sembravi troppo dispiaciuta che ci avesse scambiato per marito e moglie. - fece notare sorridente Roy.
Riza era tornata rossa, alle parole dell’uomo -Forse se non mi tenesse per mano come due scolaretti, la gente non si farebbe strane idee…-
-Perché strane? Trovo siano idee molto carine. -
Riza lo guardò in faccia.
-Le è tornata la febbre con questo freddo?- fece lei con occhio critico.
-Riza, guarda che…-
-Si sta facendo tardi, è meglio che cerchiamo una vettura a noleggio per tornare a casa!- lei si allontanò di qualche passo, ma a Roy non era sfuggito il fatto che avesse le guance e le orecchie rosse.
Aveva indosso un cappotto color panna. Le rare volte che l’aveva vista con abiti civili, erano sempre colori chiari e delicati: panna, avorio, beige e tortora, con qualche tocco di celeste o rosa antico. Era elegante e discreta, e i capelli raccolti nella sua tipica, severa pettinatura non facevano altro che evidenziare il collo ben modellato e i tratti del volto.
Si trovò a pensare che era molto più affascinante delle appariscenti donne che era solito frequentare in passato.
Se non altro, con lei era sicuro… rabbrividì al pensiero di una orrenda esperienza che aveva avuto un paio di anni prima. Da quel momento, era sempre stato amor platonico con le donne, almeno finché non era certo che fossero davvero donne.
(questa è una citazione a una very-short-fiction di circa 120 parole, "Roy in trappola!", un piccolo sclero mentale che ho scritto tempo fa… n.d.Ilune)
Nella berlina a noleggio, Riza non disse una parola, e Roy risparmiò il fiato per un momento più adatto.
Voleva un ambiente più discreto e comodo di una vettura a noleggio.
-Oh, no, si è spento il fuoco!- constatò Riza. La casa era vecchia, e non aveva l’impianto di riscaldamento centralizzato, ma solo stufe e camini.
Un crepitio, e una enorme, calda fiammata si levò dai ciocchi.
-Nessun problema. - fece Roy sorridente, già con la giacca piegata sul braccio, e una mano coperta dal suo guanto speciale -Altrimenti a che serve essere un "piromane arrivista"?-
-Se ne ricorda ancora?-
-Beh, te l’ho detto, lo considero un complimento. Se non fossi un dannato arrivista, sarei ancora a fare il tenente colonnello. E piromane, beh, temo di esserlo. Fin da quando ero bambino, mia mamma tremava ogni volta che mi vedeva avvicinarmi a una candela, perché sapeva che mi ci mettevo a giocare o a fissare la fiamma per ore!- si sedette sulla sua poltrona preferita.
-Vado a preparare per la cena. - disse Riza.
In realtà, non cucinava lei: la moglie del custode veniva ogni mattina, preparava il pranzo e qualcosa per la cena che fosse buono anche scaldato, puliva un po’, e se ne andava.
La sala da pranzo era esposta a nord, ed era fredda e umida. Malgrado non fosse molto dignitoso, avevano notato che era più comodo mangiare in cucina, con il calore dei fornelli e della stufa e tutto a portata di mano.
-Aspetta, vengo a darti una mano!- disse come al solito Roy, finendo poi, come al solito, relegato a sedere, perché senza il bastone faceva ancora fatica a muoversi per più di pochi passi, con la gamba che minacciava sempre di cedergli.
-Continuo a non capire perché ha insistito per venire a fare convalescenza in questo posto che, d’inverno, è sperduto e gelido. - Riza guardò fuori della finestra -E da domani, sarà anche pieno zeppo di neve. -
Infatti, stava iniziando a nevicare.
-Beh, ci sono dei bei ricordi, qui… e poi, è tranquillo e-
-lontano dai chiacchieroni. Non ci conti: ora che Mariela ci ha visti, diffonderà la voce tra tutte le ragazze che frequentavano quella scuola con me. Saremo SOMMERSI di "visite di cortesia" volte a caccianasare nella nostra vita privata. - Riza pareva molto seccata.
-Ma dai, per loro siamo sempre e solo due ufficiali, uno in convalescenza e l’altro al lavoro. -
-Non si illuda. - terminò lei, riprendendo a mangiare.
Riza finì di mettere i piatti nel lavello. Ci avrebbe pensato la moglie del custode, l’indomani.
Accipicchia, erano quindici giorni che erano lì, e non aveva ancora imparato come si chiamava quella donna.
Si ripropose di rimediare alla mancanza.
Tornò nel salotto, la stanza più calda della casa. Sicuramente, le loro stanze erano ancora piuttosto fredde, anche se aveva già acceso le stufe.
Roy era seduto sulla poltrona, e leggeva un libro, alla luce del fuoco. Riza gli accese la lampada sul tavolo vicino.
-Non deve sforzare l’occhio così. - lo rimproverò, ma dolcemente.
-Avevo appena iniziato. - replicò lui, in tono di scusa.
Anziché sedersi, Riza andò alla finestra, poggiandosi al balcone interno. Era di legno, e quindi tiepido. La neve fuori scendeva, morbida e silenziosa, sul giardino appena rischiarato dalla luce che proveniva da quell’unica finestra con le serrande aperte.
Era uno spettacolo ipnotico, tanto che Riza non notò lo scricchiolio della pelle della poltrona, quando Roy si alzò, e si avvicinò a lei.
Sobbalzò quando lui le circondò le spalle con un braccio, e istintivamente, fece per sottrarsi, guardando attorno agitata.
-Rilassati. Non c’è nessuno che possa vedere e criticare. - disse Roy.
Era vero, nessuno dell’esercito lì poteva vederli e andare a fare la spia che tra il Brigadiere Generale Mustang e il tenente Hawkeye c’era di più che un rapporto di lavoro.
-Immagineranno e chiacchiereranno lo stesso, in questo anno in cui non saremo al Comando Generale. - fece notare lei.
-Beh, lo faranno anche se ci comportiamo come due pezzi di ghiaccio, quindi tanto vale stare un po’ più rilassati, no?-
Riza sospirò -Lei non pare rendersi conto che delle voci con qualche parvenza di fondamento su una relazione tra noi due potrebbero danneggiarla, e parecchio, anche!-
-Chissenefrega, ho abbastanza argomenti per far tacere chiunque osi sparlare…-
-Generale, i rapporti personali tra capo e subordinati sono fortemente osteggiati nell’esercito. E sa che ci sono persone che non vedono l’ora di allontanare da lei il suo cecchino di fiducia!-
-Si, ma queste persone non sono qui, ora. Ragion per cui… che ne dici di piantarla col "Generale" e col darmi del lei?-
Riza non disse nulla.
-Anzi, dato che non riesci ad accettare questo invito, ti ordino di non chiamarmi più generale quando siamo solo noi due!- sorrise Roy.
Riza sospirò, ma c’era un sorriso sulle sue labbra.
-Lei è davvero un uomo impossibile, Mustang…-
Anche Roy sorrise.
Bene, un piccolo passo era fatto.
-Ah! Senti… tra ventitre giorni è Natale…cosa vorresti come regalo?-
Riza lo guardò come se avesse preso una botta in testa.
Regalo? Natale?
Da otto anni, da quando aveva terminato l’addestramento ed era diventata un membro dell’esercito, il Natale lo passava in caserma o, più tardi, in ufficio, coprendo i turni di coloro che si prendevano le ferie per tornare dalla famiglia.
Lei non aveva una famiglia a cui tornare, e quella festa comandata, in cui tutti erano più buoni e ci si scambiava regali tra gli amici e parenti, le sembrava sempre vuota.
Ommeglio, aveva qualche lontano parente, ma suo padre aveva tagliato i ponti con tutto e tutti quando sua madre era morta. Dubitava persino che ci fosse qualche parente che si ricordasse di lei.
Preparava dei pensierini per i ragazzi dell’ufficio, e loro ne facevano a lei, ma poi tornavano in famiglia per le feste, e lei rimaneva sempre sola, nell’ufficio deserto.
Ultimamente c’era Black Hayate, ma un cane non sostituisce una famiglia, per quanto affettuoso fosse.
-Siamo un po’ grandini per Babbo Natale, non trova?-
-Beh, io, da quando sono qui, mi sento tornato un ragazzino. A te non succede?-
Riza non rispose, ma neanche da bambina aveva avuto grandi feste di Natale.
Non da quando sua madre era morta, e lei all’epoca non aveva ancora quattro anni.
Da allora, Natale era una cena con il signor padre nella solenne sala da pranzo delle grandi occasioni, con tanti cibi che non le piacevano, e una scatola con una bellissima bambola di porcellana che lei accettava con un sorriso, ma che poi finiva negletta su una mensola.
Suo padre le aveva regalato una bambola anche l’ultimo Natale che avevano passato assieme. E lei era già diventata fisicamente donna. Quell’anno aveva sperato ardentemente in un vestito da signorina, un bell’abito con cui apparire una giovane donna, non più una bambina.
E invece, una bambola.
-Non ho ricordi di gran bei Natale, in questa casa. - rispose lei -Anzi, a dire il vero, non ho per niente ricordi di bei Natali. -
Scivolò via dalla finestra.
-Buonanotte, Mustang. Si sta facendo tardi, e ormai le stanze saranno calde. - lo salutò con un sorriso un po’ triste.
-B… buonanotte…-
Seduto sulla poltrona, Roy ripassò mentalmente gli anni che aveva vissuto in casa Hawkeye. A Natale tornava dai suoi genitori, ma gli pareva in effetti che Riza non fosse mai stata troppo entusiasta della festività in arrivo, da ragazzina. La casa non veniva addobbata, e, a pensarci bene, dubitava che il maestro Hawkeye si fosse mai interessato a cosa potesse gradire in dono la figlia.
Qualche volta, si era anche chiesto se quell’uomo, tanto orgoglioso di lui, provasse davvero dell’affetto per sua figlia.
In fondo, l’aveva usata per assicurarsi che le sue ricerche non cadessero in mano sbagliata, tatuandogliele sulla schiena.
Non sospettando certo che, poco dopo la sua morte, la figlia, custode obbligata dei suoi segreti, li mostrasse, quasi con rabbiosa vendetta, al suo unico allievo, proprio lui, Mustang.
All’epoca, ansioso solo di migliorare come Alchimista di Stato, aveva prestato attenzione solo al complicato tatuaggio sulla schiena di Riza, nel copiarlo per impararlo a memoria, assieme a tutte le note codificate che spiegavano i segreti dell’alchimia del fuoco.
Ora, invece, si dava dello stupido, per non aver notato la grazia e la bellezza di quel corpo che doveva portare quei segreti, volente o nolente.
Alzò lo sguardo, in direzione delle camere da letto.
Sicuramente dormiva, ora, con quel pigiama assolutamente privo di alcunché di femminile che aveva intravisto mentre lei disfaceva i bagagli, due settimane prima.
Non aveva molto di femminile da indossare, anche i suoi abiti civili erano discreti ma più pratici che veramente eleganti.
Sorrise.
Ora sapeva cosa avrebbe potuto regalarle, per Natale.
Doveva solo procurarsi un suo vestito, per le misure.
Cosa non propriamente facile…
E, ovviamente, il necessario per un bel Natale.
continua...
post scriptum post produzione e commenti alle recensioni:
DOPO aver scritto questa storia, ho trovato nel manga una nota di Arakawa-sensei che dice che nel mondo di FMA non ci sono festività come Natale e San Valentino (mannaggia, saranno scontati ma sono ottimi spunti narrativi!), quindi chiudete un occhio, ok? Il Natale mi serviva come spunto narrativo, specie perché in Giappone non è vista come festa religiosa, ma come occasione per scambiarsi doni, stare con la famiglia o gli amici a fare festa, e magari dichiararsi pure. Dall'anime si capisce che il nostro mondo e quello di FMA un tempo erano uniti, o correvano paralleli. Poi, in quello di FMA il cristianesimo è scomparso, circa 300 anni prima della storia (Hohenaim ha scritto una lettera piuttosto "compromettente" a Dante nell'ultimo periodo in cui tale religione era nota), quindi potremmo giudicare il Natale qui descritto come un residuo di tale festa, ormai trasformato in un'occasione commerciale e in una scusa per fare festa con amici e parenti. Insomma, come in Giappone
Grazie a tutti per i complimenti =^^= metto sempre un'attenzione quasi maniacale nello stile con cui scrivo: mi parrebbe una mancanza di rispetto verso i personaggi, l'autore originale e i lettori preparare una bella storia in una confezione scadente. Peggio ancora andare OOC in una storia che non sia stata pensata appositamente per essere comica.
Certo che la storia continuerà, a dire il vero è praticamente finita, sto solo facendo le ultime letture, le ultime limature, l'ultima caccia maniacale agli errori di battitura (ma se ne trovate, non esitate a segnalarmeli!)
Infine, io AMO questa coppia. Sono adulti, non ragazzini, il che mi permette di passare dal gioco amoroso della prima cotta, tipico di altre storie, a una relazione sentimentale di una coppia di adulti, quindi con situazioni più mature, il guardare assieme concretamente a un futuro, cercando le certezze di una vita assieme (il che di solito non si riscontra nelle relazioni tra teen ager). Oltretutto, posso lasciarmi andare a capitoli speciali lime senza sensi di colpa: sono maggiorenni, vaccinati ed è ora che si diano una mossa sennò qui li vedremo in casa di riposo assieme, ancora a darsi del lei :lol: (oddio che visione inquietante... ma anche un po' triste ^^; )

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Capitolo 3
*** 3 - fiorire ***


Capitolo 3
Capitolo 3 - fiorire
Riza chiuse la porta, rilassando il volto e cancellandosi dalla faccia quel sorriso artificioso che aveva imparato ad odiare.
Aveva avuto ragione: le visite di cortesia volte a caccianasare nel possibile rapporto tra lei e il Brigadiere Generale Mustang erano incessanti.
Da tre settimane, ogni pomeriggio, all’ora del the, c’era un viavai di ospiti.
Non stavano in divisa, non sempre per lo meno, ma lui le dava del lei e le si rivolgeva come "tenente Hawkeye", non per nome. E, ovviamente, lei lo chiamava "generale Mustang".
Non era una recita, per lei, non gli aveva mai dato del tu, ed era sempre stata molto formale, ma vedeva bene che Roy non desiderava altro che buttare fuori di casa quei caccianasi e riprendere a farle una corte sottile che lei non aveva intenzione di incoraggiare.
Non che lei non fosse consapevole di questa sottile, spietata corte. Anzi, al contrario, ma c’era qualcosa che la bloccava.
In tutti quegli anni, lui era stato un uomo da ammirare, un uomo da aiutare, da mettere su un piedistallo e proteggere da tutte le seccature minori della vita, nonché da chi attentava alla sua vita.
Non riusciva a pensare a lui come a un uomo che scendesse dal piedistallo su cui l’aveva posto e si mettesse al suo livello per abbracciarla.
Per dirla in parole povere, non sapeva come comportarsi, avendo timore di ferirlo respingendolo, ma di esporlo a pericoli accettando.
-Mustang, le dispiace se la lascio solo e faccio un salto in città? Mi sono accorta che abbiamo finito il tè…-
-Fai pure, io non mi muovo di qui!-
Era riuscita a procurarsi una macchina a prestito da un suo vecchio conoscente che non la usava più, così non dovevano più dipendere dalle vetture pubbliche per spostarsi.
Era oramai notte, sebbene fossero solo le sei e mezza di sera, e a Riza non piaceva molto guidare di notte, ma aveva bisogno di stare un po’ da sola e riordinare le idee.
Per l’ennesima volta, Mustang le aveva chiesto di smettere di dargli del lei, di essere più informale, e per l’ennesima volta lei aveva evitato di fare promesse o di rispondere alcunché.
Sapeva che lui ci restava male, ma, non riusciva a non dargli del lei.
Ora che ci pensava bene, gli unici a cui non aveva dato del lei ultimamente erano stati i fratelli Elric, e Winry, ma dato che erano dei ragazzini, era ammissibile.
Era l’antevigilia di Natale, e le strade erano decorate di luci elettriche, le vetrine scintillavano e tutti parevano presi dalla frenesia degli acquisti.
Sorrise.
Era per lei ormai un rito, quello di preparare dei piccoli pensierini, ogni anno, ai ragazzi dello staff e a Roy. E loro ne facevano a lei. In genere erano piccole cose, spesso utili in ufficio o comunque all’interno della vita militare.
Si rese conto che erano diventati, in quegli anni, come una famiglia, per lei. Una famiglia un po’ strana, ma certo migliore di quella che aveva avuto prima di arruolarsi.
Parcheggiò la macchina, e iniziò a girare, per i suoi acquisti necessari alla casa, e per i pensierini di Natale.
Una scacchiera in miniatura per Breda, tanto piccola da stare in una tasca, così avrebbe potuto stracciare tutti a scacchi ovunque. Sorrise al pensiero di come quel sottotenente dall’aria goffa e grezza, spesso con la giacca aperta e l’aria fannullona, fosse in realtà un abile stratega.
Per il sottotenente Havoc, un accendino, data la sua abitudine incallita al fumo.
Con Falman andava in crisi ogni volta, e ogni volta ripiegava su un libro. Ma, dato che era un lettore accanito ed eclettico, andava bene.
Il sergente maggiore Fury diceva che il suo lavoro era il suo hobby principale, e lo stesso lì andava in crisi ogni volta. Non voleva certo ripiegare sul libro o la cravatta, che comunque non avrebbe mai usato. Con un sospiro, decise per una piccola rubrica telefonica in pelle. Certo, era banale, ma dopo otto anni, cominciava ad esaurire le idee per i regali.
Quell’anno voleva fare un pensierino anche a Sheska, che li aveva aiutati molto ultimamente, nel lavoro di ufficio. Aveva trovato un set di dieci segnalibri di stoffa ricamata, che le erano parsi perfetti.
E poi, Mustang.
Uffa, cosa regalargli?
Stesso problema: dopo otto anni che lavoravano assieme, otto anni di pensierini per Natale, iniziava a scarseggiare di idee.
Lui, chissà perché, faceva sempre doni imprevedibili ma molto apprezzati. Come l’abbonamento alla rivista "pistole e fucili". Che poi, tutti finivano con sfogliare quella rivista, in ufficio. Meglio tenersi aggiornati.
Roy era il problema: non fumava, non leggeva più di tanto, salvo testi sull’alchimia, portachiavi glie ne aveva già regalati, cravatte anche (almeno lui le usava!)… passando davanti a un negozio da articoli da ufficio, rimase fulminata, e un sorrisino a metà tra la tenerezza e il sadismo le affiorò sulle labbra.
E, per Black Hayate, una coperta nuova nuova.
Finito lo shopping natalizio, comperò le cose che in casa erano finite, e rientrò, stupita che fossero già le nove di sera.
Riza non fece a tempo ad infilare le chiavi nella toppa, perché la porta si spalancò, e Roy la abbracciò, trascinandola dentro.
-Mustang, cosa…-
-Ero maledettamente in pensiero!- fu la sua unica spiegazione al suo gesto, continuando a tenerla stretta a sé -Avevi detto che saresti stata via poco… ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa…-
Riza arrossì, poi notò che Mustang aveva i guanti speciali, quelli incendiari.
-Cosa avrebbe dovuto succedermi? Ho la rivoltella in borsa… e perché i guanti?-
-Mi ha chiamato Havoc. Il colonnello Bratsley si è preso alcuni giorni di permesso ed è stato visto comperare un biglietto per questa linea ferroviaria. Ce l’ha a morte con me, per un sacco di motivi…-
-Quali motivi?- chiese Riza, sciogliendo l’abbraccio fin troppo agitato di Mustang.
Roy si fece serio, in modo molto preoccupante.
-Principalmente, perché sei anni fa non riuscii a fermare un serial killer in tempo. -
Riza fece mente locale. Ivan l’ammazzafemmine. Roy l’aveva bloccato, ma…
-Per scappare, prese in ostaggio una donna, e prima che riuscissimo a fermarlo, la uccise. In modo… orribile. -
Orribile era un eufemismo. Riza ricordò che era rimasta shockata dalla vista dei poveri resti della donna. Si e no a Ishbar aveva visto tanta efferatezza e crudeltà.
-Ma…-
-Era la moglie di Bratsley. E lui ha sempre dato la colpa a me. Avevo l’ordine di prenderlo vivo, così…-
Roy sentì la gamba cedergli, e si dovette appoggiare col braccio al muro.
-Ha giurato di farmela pagare, dice sempre che aspetta solo che io abbia qualcosa di importante per strapparmelo via. - guardò Riza -Ha cercato di farti trasferire nel suo ufficio, quattordici volte, in questi sei anni. -
-Ma cosa c’entra…-
-C’entra perché sei la donna che più mi è vicina! Ecco perché!- si accasciò su una sedia -Ti prego, fai attenzione. È bravo quasi quanto te con le armi da fuoco. E non ha più paura di nulla…-
Riza si avvicinò a Roy, posandogli una mano sulla spalla. -Farò attenzione. Promesso. - era seria, anche se in realtà era più preoccupata per l’incolumità di Mustang che per la sua.
In fondo, era o no uno dei migliori grilletti dell’esercito? E abituata a proteggere un tipo difficile come Roy, per di più.
Quasi se l’aspettava quando Roy la strinse di nuovo. Non reagì, ma non cercò neanche di sciogliersi. Implicitamente, lui aveva riconosciuto che lei era la cosa più importante, per lui, e questa consapevolezza le dava una sensazione… strana. Strana, ma piacevole.
Come di un calore interno.
Roy continuava ad essere preoccupato, ma ora la preoccupazione per la loro incolumità messa a rischio da un uomo assetato di vendetta era finita in secondo piano.
Ora, tutta la sua mente era occupata dalle braccia di Riza, che gli avevano circondato il collo, e dal calore del suo corpo, che filtrava attraverso il pesante cappotto.
Quante volte, in passato, aveva desiderato poterla stringere così, quando lei era vicino alla sua scrivania, gli portava i rapporti da leggere e firmare, o gli portava uno di quei raspabudella della macchinetta che venivano spacciati per caffé…
Sapeva che in ufficio lei non glie l’avrebbe mai permesso. Ma ora, loro due, isolati in quella grande casa piena di stanze fredde, forse si sarebbe sciolta un po’ dal suo ruolo di inappuntabile tenente, per rivelare la ragazza dolce che, lo sapeva, c’era sotto.
Un brivido lo scosse. E poi un altro.
Riza si accorse che Roy era in maniche di camicia, e che l’atrio non era riscaldato, anzi, era piuttosto freddo.
-Prenderà freddo se resta qui! Torniamo in salotto, su!- lo esortò, sciogliendo l’abbraccio.
Roy pensò che sarebbe volentieri congelato, pur di rimanere così, ma Riza ormai si era allontanata, incitandolo con un piccolo gesto della mano.
Tornando nel calore delle stanze riscaldate, si rese conto che in effetti nell’atrio era davvero freddo, e che lui aveva tutta la pelle d’oca. Sprofondò nella sua poltrona, spingendola ancor più verso il caminetto.
Riza fece per accomodarsi sull’altra poltrona, ma, prima che potesse reagire o protestare, passando accanto alla poltrona di pelle, Roy allungò le braccia e la trascinò a sedere con lui… anzi, su di lui.
La ragazza si sentiva avvampare, e fece per protestare.
-Ti prego, Riza. Non ci vedrà nessuno. Solo… solo per un po’. -
Riza sospirò, ma non cercò di scappare via.
-Che intenzioni ha… Roy?-
Roy Mustang alzò lo sguardo, stupito, ma sorridente.
Lei non lo aveva mai chiamato per nome, salvo quando era molto arrabbiata, o molto preoccupata.
E ora non era né l’una, né l’altra. Almeno, sperava.
Alzò una mano, per accarezzarle il volto.
-Tenere stretto a me quanto ho di più caro e prezioso, e lottare con le unghie, coi denti e con le fiamme perché nessuno osi portarmelo via. -
Altro che… questa era una dichiarazione in piena regola!
-Pensavo fosse la carriera ad essere al primo posto…- malgrado tutto, tentava ancora di… ma chi voleva prendere in giro? Le faceva piacere eccome, ma non riusciva a farlo ammettere a sé stessa.
-La carriera è si e no al terzo posto nelle mie priorità! Al secondo ci sono gli amici… ma non dirglielo sennò quegli scansafatiche si montano la testa!- le sorrise, e la mano che ancora sostava sulla guancia, scivolò sulla nuca, attirando il volto di lei vicino al suo -E al primo posto, ci sei e ci sei sempre stata tu. Da quando mi hai promesso di seguirmi, io sono andato avanti solo perché c’eri tu, che mi sostenevi e avevi fiducia in me. Perché condividevi il mio sogno, e mi davi la forza di continuare a lottare, anche quando ero pronto a gettare la spugna. Lascerei l’esercito oggi stesso, per te. -
Piano… un passo per volta.
Roy sapeva che non poteva comportarsi con Riza come con tutte le altre donne… come con le donne di cui s’incapricciava.
Lei era speciale, e ora il loro nuovo rapporto era fragile, come una farfalla dalle ali di cristallo… non poteva correre, poteva solo avanzare quel tanto che lei gli permetteva, non doveva arrischiarsi a forzare la mano…
Un piccolo scatto, e il fermaglio con cui Riza raccoglieva sempre i capelli si aprì, lasciandoli liberi e sciolti sulle spalle della ragazza.
Erano così vicini, che lei poteva sentire il suo respiro sul volto. Per un attimo, le loro labbra si sfiorarono, e dallo sguardo da sotto le ciglio socchiuse di lei, gli parve di leggere una muta approvazione…
*DLINDLOOOOOONDLINDLONDLINDLOOOOOON*
Si staccarono come due ragazzini scoperti in flagrante con le mani nel barattolo di marmellata, sobbalzando sulla poltrona.
-Chi diamine potrà mai essere…- Riza estrasse la rivoltella dalla borsetta, abbandonata per terra, e Roy si sistemò meglio i guanti, prima di raggiungere con Riza la porta d’ingresso.
*DLIDLONDLINDLON* trillò di nuovo il campanello d’ingresso.
I due si guardarono, l’adrenalina alle stelle.
L’attimo prima era come cancellato, erano tornati i due militari.
La porta aveva il cosiddetto "fish eye", lo spioncino per guardare fuori che dà un’immagine deformata, ma a 180°, di quel che c’è fuori.
Peccato che se fuori è buio, non si vede una cippa…
-La luce… accendi la luce!- Roy indicò un interruttore a Riza, che lo premette.
Immediatamente, il porticato venne illuminato dal fioco bagliore di una lampadina elettrica, che rivelò…
Roy spalancò la porta, guardando con sguardo omicida i suoi subordinati, tutti vistiti da civili, con pacchi e pacchetti e valige dietro.
-Buonasera, generale!- fece Havoc, con un sorrisone a trentasei denti.
-Nondovevatearrivaredomattina?!- sibilò tra i denti Roy.
-Ragazzi?! Ma che ci fate qui?- Riza scostò Roy, perché gli altri potessero entrare -Su, non state lì fuori in mezzo alla neve… Sheska, ci sei anche tu! Fury, ma lei non va sempre da sua sorella, al sud, per Natale?- Riza era sorpresa, ma anche contenta. Le erano mancati, i ragazzi dell’ufficio, anche se, in effetti, il loro tempismo era stato decisamente inopportuno.
-In effetti, stanotte avremmo dovuto dormire in albergo, ma hanno fatto un casino con le prenotazioni, e quindi non ci hanno tenuto i posti… così abbiamo deciso che venire direttamente qui era l’unica cosa da fare!- sorrise Havoc a trentasei denti.
Roy non lo prese a bastonate solo perché il bastone a cui doveva appoggiarsi non era lì a portata di mano.
Era un momento così adatto, era stato tutto PERFETTO, accidenti, e quei quattro cretini dovevano piombargli lì proprio IN QUEL MOMENTO!
-Beh, Riza, volevo farti una sorpresa per Natale e fare una bella riunione tutti assieme, ma a quanto pare, la sorpresa è arrivata un po’ in anticipo. - borbottò -Comunque le vostre camere sono fredde perché vi aspettavamo per domani!- abbaiò ai quattro, che però non riuscirono a nascondere un sorriso: era bello ritrovarsi tutti assieme.
Sheska pareva un po’ intimorita, in fondo, non aveva certo la familiarità con Mustang che quei cinque avevano, dopo essere stati in staff con lui per anni.
-Aveva fatto preparare le camere per loro?- Riza era stupita. Quand’è che Roy le aveva fatto tutto sotto al naso?
-Si, ho parlato un attimo con la signora Blanc, la moglie del custode, e lei ha sistemato tutto in nostra assenza. C’è solo da accendere le stufe…-
-Allora vado subito a farlo. Faccia lei gli onori di casa!- disse, scappando via verso il piano di sopra.
Poco dopo, fu raggiunta da una un po’ disorientata Sheska.
-Signorina Riza? Mi spiace se le siamo piombati in casa così, a quest’ora…- disse la ragazza, affacciata alla porta. Riza stava imprecando contro il carbone che non voleva saperne di accendersi. Alla fine, andò a prendere qualche tizzone dalla stufa in camera sua.
-Non si preoccupi, non fa nulla…- sospirò. "Ero in una situazione in cui non sapevo come comportarmi e voi me l’avete risolta." Completò mentalmente la frase. "Anzi, no, sapevo benissimo come risolverla ma non ne avevo il coraggio." Si corresse.
Sheska le dette una mano.
-Senti, al momento immagino siate in ferie, e io sono in una specie di mezzo servizio. Quindi, che ne dici di darci del tu?- chiese a un certo punto.
-Da… davvero posso, signorina Riza?-
-Ma si, in fondo, qui, lontano dalla Centrale, possiamo anche rilassarci un po’…-
Sheska sorrise. Jean aveva ragione, il tenente Hawkeye poteva apparire fredda e formale, ma sotto sotto era una donna molto dolce.
In casa c’erano molte stanze, ma considerati gli ospiti, bastavano appena: una a testa per Sheska, Breda, Havoc, Fury e Falman; poi quella di Riza, quella che Roy aveva occupato quando era stato ospite di Hawkeye padre come allievo, e quella che era stata del signore e della signora Hawkeye, che Riza aveva chiuso a chiave, e che si rifiutava di aprire.
C’era un’altra stanza in cui Riza rifiutava di mettere piede, che aveva chiuso a chiave e che non aveva fatto riaprire e arieggiare: il laboratorio di suo padre.
Roy ci era stato spesso, in adolescenza, ma non ricordava in effetti di aver mai visto Riza lì dentro, o anche lì attorno. La ragazza evitava quell’angolo della casa.
Non si era mai chiesto il perché, a dire il vero.
Non era un luogo molto attraente, con quel lungo tavolo di marmo e le file e file di vasi e ampolle di vetro, qualche candela, e basta.
Lo sguardo di Roy cadde ancora una volta sulla porta chiusa a chiave, mentre mostrava la casa agli altri.
Li condusse nel salotto, meravigliosamente caldo rispetto al resto delle stanze.
-Allora, avete portato tutto?- chiese, a bassa voce.
-Tutto, capo. Ce lo consegneranno domani. -
-Molto bene. Domani uscirò con Riza con qualche scusa, e andremo in città. Avrete solo il pomeriggio per fare tutto, ma voglio che sia perfetto. - sorrise -Daremo a Riza il miglior Natale che abbia mai avuto. -
Anche gli altri sorrisero. Quella della festa a sorpresa era stata un’idea semplice, ma geniale.
Beh, non tanto semplice, dato che avevano dovuto portare il materiale da Central City, in un paio di bauli, e viaggiare con quel freddo.
Ma il tenente Hawkeye passava tutti gli anni da sola, e si erano resi conto di quanto squallido e triste doveva essere tutto ciò.
Si erano ripromessi di far si che in futuro non accadesse più. Magari invitandola a turno con le loro famiglie, ma nessuno dovrebbe passare una festa dedicata alla famiglia solo come un cane…
Anche, se, in effetti, lei ultimamente era stata sola CON un cane…
(oddio, non uccidetemi per l’orrido gioco di parole! N.d.Ilune)
Finirono col bere tè o latte caldo tutti insieme in salotto, anche se era quasi mezzanotte, in attesa che le camere si scaldassero. Risero e scherzarono, aiutati dal fatto che Roy aveva stabilito che, per quella sera, i gradi erano sospesi. Ciò significava che erano solo un gruppo di amici e compagni d’armi che bevevo qualcosa di caldo in una fredda nottata di dicembre.
Così Jean Havoc poté intimare a Mustang di non osare mettere gli occhi sulla sua ragazza, stringendo a sé possessivamente Sheska, la quale diventò color ciclamino, con tanto di fischi di scherzo e ammirazione degli altri tre.
Alla fine, quando la stanchezza del lungo viaggio e di una notte passata in treno cominciò a farsi veramente pesante, si augurarono la buonanotte e andarono a dormire.
Riza si attardò per portare via le tazze e la teiera.
Non s’era accorta che anche Roy s’era attardato alla base delle scale, e l’aveva raggiunta mentre usciva dalla cucina.
La abbracciò da dietro, baciandola… sulla guancia.
-Non mi piace lasciare le cose a metà. - le sussurrò, prima di lasciarla, e salire le scale, appoggiandosi pesantemente alla balausta. Quel giorno aveva chiesto troppo al suo fisico ancora convalescente, e con l’umidità, la gamba gli faceva ancora più male.
Si trovò, con sua sorpresa, un braccio pronto a sostenerlo, accanto.
Non riusciva a guardarlo in faccia ed era rossa e imbarazzata, ma Riza era lì, pronta ad aiutarlo e a sostenerlo.
-Grazie. - sussurrò lui.
La vigilia di Natale, Riza si svegliò piuttosto tardi, con un delizioso profumino che aleggiava per casa.
Torta. Al cioccolato.
In pigiama e vestaglia, scese le scale, fino in cucina.
E li…
-Breda?!-
Il sottotenente Heymas Breda, con un grembiule a quadretti, stava sfornando una torta al cioccolato.
-Buongiorno, Hawkeye! Senta che profumino… mi è venuta uno spettacolo. -
Allo sguardo allibito del tenente, e di altri che erano arrivati, svegliati dal profumino, rispose solo -In questi mesi, ho fatto un corso di cucina…-
Riza sentiva davvero il suo mondo capovolgersi: Mustang che l’abbracciava e la baciava, Havoc che diceva a Mustang di non osare mettere gli occhi su Sheska, Breda ai fornelli… cosa sarebbe stato il prossimo passo, Falman che si vestiva da Babbo Natale? Hayate che ululava "Jingle Bells"?
Si ritrovò seduta a tavola con tutti gli altri, con Roy da una parte e Sheska dall’altra, mentre Breda mostrava orgoglioso il suo "lavoro migliore ai fornelli" e Fury cercava di mettere in tavola il bricco dell’acqua calda.
Si rese conto che non stava affatto facendo il suo dovere di padrona di casa, quindi fece sedere gli altri e si mise a prendere, a colpo sicuro, zucchero, the, latte dalla ghiacciaia, a friggere un po’ di uova, insomma, a preparare una bella colazione abbondante.
-Godetevi questo caso eccezionale, perché non so quando vi ricapiterà che un tenente vi serva la colazione, uomini!- disse, ma col sorriso sulle labbra, mettendo in tavola un vassoio con una pila di uova e di salsicce.
Il caffé borbottava nel bollitore, e l’aroma del the si spargeva per casa.
La cucina era piena di chiacchiere e di risate, e Riza si sentì, per una volta, felice che fosse la vigilia di Natale.
Forse, pensò, quest’anno non sarebbe stato un brutto, solitario Natale.
E neanche, come aveva un po’ temuto, un romantico Natale a due con un Roy Mustang deciso a farle la corte.
La colazione, iniziata molto tardi, divenne alla fine una via di mezzo tra colazione e pranzo anticipato. Poi Mustang si ricordò che era dal giorno prima che doveva andare alle poste a ritirare un pacco da sua madre, e chiese a Riza di accompagnarlo in auto.
Poco dopo che ebbero lasciato la casa, un furgone carico di tre bauli e di un abete con tanto di vaso arrivò arrancando per la strada bianca che portava a Villa Hawkeye, e il piano "Caldo Natale" fu messo in atto…
-Natale è davvero un periodo molto romantico, non trovi, Riza?- sorrise Roy, sedendosi sulla poltroncina. Dopo essere passato alle poste, con mooooolta calma, e aver ritirato un pacco che aveva tutta l’aria di essere un maglione, Roy era riuscito a convincere Riza a fermarsi in un caffé lungo la strada principale, con la scusa di ammirare un po’ le luminarie e prendere qualcosa per scaldarsi e difendersi da quel freddo maledetto che c’era in quei giorni.
-Non so, non ci ho mai fatto molto caso. - rispose lei, togliendosi la giacca e appendendola, assieme a quella di Roy, sull’attaccapanni di ferro battuto poco distante.
Erano proprio di fronte a una delle finestre del caffé, e si vedeva il viavai di gente, di coppiette felici e di famigliole allegre per il corso.
-Ma si, dai, le luci, la neve, le decorazioni… il vischio…-
Riza parve molto, molto concentrata sulla carta. In realtà, ci si stava trincerando dietro.
D’improvviso, se la sentì sfilare dalle mani, e si ritrovò a fissare il volto di Roy, che, seduto al tavolo rotondo a 90° rispetto a lei, era in una posizione avvantaggiata per raggiungerla..
-Riza…-
-Non qui… per favore, non si metta a dire o fare cose strane qui. Siamo… in mezzo a un sacco di persone. Con tutta la fatica che abbiamo fatto perché… non fosse così palese, quando venivano a farci visita…- mormorò lei, in tono implorante.
Roy sorrise, ma si ritrasse -Allora ammetti che c’è qualcosa?-
Riza sospirò -Sono testarda ma non stupida. E anche lei non lo è, quindi, eviti di fare sciocchezze, almeno in pubblico. -
-Quindi, mi dai il permesso di farle in privato, le sciocchezze?-
Riza non rispose.
Dopo la fermata al caffé, Roy disse che si era scordato di prendere qualche pensierino per i ragazzi dell’ufficio, e quindi chiese aiuto a Riza per cercare qualcosa di adatto. E, nella calca frenetica degli ultimi acquisti, fecero le sei e mezza di sera.
Era stato un pomeriggio talmente bello, che Roy si era scordato quasi del tutto di avere un uomo assetato di vendetta che lo cercava per strappargli quanto aveva di più caro.
In effetti, quando Havoc gli aveva dato la notizia per telefono, aveva temuto per Riza. A torto o a ragione, si diceva spesso negli uffici interni che il "piromane arrivista" teneva molto al suo staff, e in particolar modo ad Hawkeye, suo unico "braccio destro" da quando il tenente colonnello Hughes era stato ucciso.
Ma era arrivato alla conclusione che, sia che loro avessero stretto i rapporti, sia che non l’avessero fatto, tali voci sarebbero continuate. E allora, tanto valeva farlo. Anzi, così, per una volta, avrebbe potuto essere lui a proteggerla.
La folla era fitta, ed era faticoso camminare, specie per un uomo che ha una gamba che ogni tanto gli cede.
Roy fu quasi buttato a terra da un pezzo di marcantonio che fendeva la folla come se esistesse solo lui, e fu seriamente tentato di tirare fuori i guanti…
-Si regga a me, Mustang. -
Invece sobbalzò quando la voce di Riza, vicinissima, precedette il braccio della ragazza che lo aiutava a reggersi, e s’infilava sotto al suo.
Roy sorrise -Così sembriamo proprio una bella coppietta…-
-Non posso certo lasciare che il primo cafone che passa la butti a terra, no?- replicò lei. Ma sorrideva.
Raggiunsero la macchina.
Di solito, è l’uomo che guida, ma Riza sapeva per esperienza che Roy Mustang non era particolarmente bravo al volante; inoltre, quando erano insieme, era sempre lei che faceva da autista.
Infine, con un occhio fuori uso, dubitava che sarebbe mai più riuscito a guidare senza rischiare di investire un pedone ogni cento metri.
Ragion per cui, si infilò lei al posto di guida.
Una volta, Mustang sedeva dietro, come si fa quando si ha l’autista.
Ma ultimamente, sedeva davanti, accanto a lei. A volte, con scuse più o meno valide ("abbiamo un sacco di pacchi da portare!"); più spesso, non diceva nulla, oppure esprimeva il rimpianto per non poter ancora guidare.
Al che, di solito lei replicava che non era una buona idea per la salute delle vecchine che passeggiavano per strada.
Mentre tornavano verso casa, iniziò a nevicare.
Fiocchi bianchi che scendevano delicati, in una danza ipnotica, alla luce dei fanali della macchina.
Quando aprì la porta di casa, Riza fu investita da un’ondata di calore, di luce e di colore.
Per un attimo stentò a riconoscere il salone d’ingresso che, un tempo freddo e austero, era stato illuminato e decorato con rami d’abete, nastri e palline di vetro. Tutte le lampadine erano state pulite, e quelle fulminate erano state sostituite. Grosse candele ardevano in paralumi colorati.
-Bentornati!- li salutò, sorridendo, Havoc, passando diretto verso lo studio con uno scatolone pieno di decorazioni per alberi di Natale tra le braccia -Vi aspettavamo tra una mezz’oretta, però…-
-Ma… cosa…- Riza era ora DAVVERO disorientata.
Roy la guidò verso il salotto, che era irriconoscibile come il salone d’ingresso: un grande albero di Natale troneggiava da una parte, accanto alla finestra, e c’era Sheska appollaiata su una scala che metteva le palline e i nastri d’argento sui rami più alti, mentre Fury sistemava quelli in basso. Breda e Falman stavano disponendo le ultime cose di quella che doveva essere una cena a buffet deliziosa su un tavolo coperto di una tovaglia rossa e oro. Rami di pino decorati con nastri ovunque, e una pila di pacchi e pacchettini sotto l’albero.
Dal giradischi in un angolo, in sordina, musiche di Natale contribuivano a rendere ancora più surreale la scena.
Riza si chiese da quanto tempo Roy avesse architettato tutto ciò.
D’improvviso, sentì le guance rigarsi di lacrime. Era così… così felice, si sentiva il cuore gonfio di felicità da scoppiare.
-Questo… è il più bel regalo di Natale che… abbia mai ricevuto…- disse, cercando invano di asciugarsi le lacrime con l’orlo della manica del cappotto.
-Sono felice che le piaccia, Hawkeye… Il generale Mustang ci ha fatto organizzare tutto di nascosto, è stata una vera sfacchinata, ma l’abbiamo fatto tutti volentieri!- Falman stava disperatamente cercando di fare posto a un altro vassoio che Breda stava cercando di incastrare tra i piatti sul tavolo.
Sheska quasi cadde dalla scala, e Havoc la prese al volo, rischiando di schiacciare Hayate, che annusava tutto e tutti e scodinzolava e occhieggiava speranzoso il tavolo del buffet, facendo sobbalzare e innervosire Breda, che aveva il terrore dei cani.
-E ora che è tutto pronto, possiamo anche andare a cambiarci!- disse a un certo punto Falman, quando anche l’ultimo piatto fu incastrato in un vero tetris sul povero tavolino.
-Eh?-
-Ma si, non possiamo certo fare una bella festa di natale vestiti così!- fece notare Vato Falman. In effetti, ora che glie l’aveva fatto notare, Riza si accorse che erano tutti in abiti comodi e pratici, ma non certo eleganti.
-Ma io non ho abiti da-
-Perché non provi a guardare in camera tua, sul letto?- le disse Roy, terribilmente vicino all’orecchio.
Accidenti, quando erano soli ancora ancora, ma lì, di fronte a tutti!
Riza scappò letteralmente su.
-Sta facendo davvero sul serio, generale, eh?- chiese Havoc, al quale non era sfuggita la reazione di Riza.
-Mai stato così serio in vita mia. Sono stato cieco per più di dieci anni, e…- guardò tutti -E non ho bisogno di raccomandarvi che ciò non deve uscire da questa casa, vero?!- fece, con un tono di voce completamente diverso.
Sul letto di Riza c’era un pacco.
Un pacco sottile e largo, di quelli usati dalle sarte famose per riporre i vestiti che dovevano essere trasportati a casa dei clienti.
Sopra c’era un biglietto: "Per Riza - Buon Natale"
Non c’era firma, ma Riza aveva visto troppe volte quella calligrafia in calce ai rapporti e ai comunicati.
Roy Mustang.
Con mano tremante, sollevò il coperchio, e prese l’abito.
Era un abito bellissimo, di un tessuto morbido e scivoloso, che le lasciava le braccia nude, ma abbracciava e si modellava sul busto, coprendo la schiena alla perfezione.
Aveva una gonna abbastanza corta, quasi una minigonna, e alla fine Roy Mustang ce l’avrebbe fatta a vederla in minigonna, ma con delle frange di sbieco che partivano dal fianco destro, per arrivare all’estremità sinistra della gonna. Il colore tra il lilla e il grigio era discreto ed elegante, come piaceva a lei.
C’erano delle calze di seta color grigio perla, e persino delle scarpe con un po’ di tacco, dello stesso colore dell’abito.
Il tutto le calzava a pennello.
D’improvviso capì perché tempo prima non riusciva a trovare un certo suo vestito e una delle due paia di scarpe che non fossero anfibi militari che aveva.
Si guardò allo specchio.
-Sei bellissima. -
Si voltò di scatto: Roy era sulla porta.
-Da quando è qui?-
-Non da abbastanza tempo per vederti mentre di cambi, te l’assicuro…-
Il silenzio di Riza non era imbarazzato. Significava "buon per lei".
Anche Roy si era cambiato, ed ora aveva una elegante giacca da sera, con camicia bianca e cravatta coordinata.
A Riza la cravatta era familiare. Poi ricordò: glie l’aveva regalata lei due Natali prima.
Roy entrò, chiudendo la porta dietro di sé. Un attimo dopo, lo specchio rifletteva la sua immagine accanto a Riza. Le circondò la vita con un braccio, mentre con l’altro le sfilava il mollettone.
-Stai così bene, coi capelli sciolti…- le disse, a bassa voce, poggiando il fermacapelli sul tavolino lì affianco.
Ecco, era riuscito a ricrearlo. Il momento magico. Quel momento di intimità in cui c’erano solo loro due.
-Riza… ascolta…- sospirò. Non sapeva da che parte cominciare, per dirle quanto provava. Alla fine gli venne in mente una metafora. Non era mai stato un genio coi paragoni e le metafore, ma questa era buona. Anzi, ottima.
-Un uomo entrò in un giardino pieno di fiori, e tra tutti questi, ce n’era uno meraviglioso, ma era ancora in boccio. L’uomo lo vide subito, e sapeva che era il più bello, ma non osò coglierlo. Allora raccolse gli altri fiori, cercando di illudersi che fossero tutti meravigliosi, che ognuno era perfetto, ma dopo averli raccolti, si rendeva conto che erano solo semplici, normali fiori di campo. Eppure, continuava a cercare il fiore più bello. Finché un giorno, non alzò lo sguardo, e vide quel fiore meraviglioso, che era sbocciato. Era sempre stato lì ma lui non l’aveva mai visto. Ed era diventato così bello, che l’uomo desiderò coglierlo e tenerlo solo per sé, ma non osò farlo, per timore che appassisse tra le sue mani, come avevano fatto gli altri fiori di campo. -
Riza fissava la sua cravatta, senza davvero vederla, con aria imbarazzata. Così seria e professionale in ufficio, così dolce e timida quando erano da soli. Adorava questa sua doppia personalità. Gentilmente, le sollevò il volto, accarezzandole una guancia. -Può quest’uomo cogliere il fiore più bello? O le sue spine lo terranno ancora distante, malgrado si strugga di desiderio?-
-Mustang, io…-
-Roy. Chiamami solo Roy. Ti prego. - le sorrise -Come piccolo regalo di Natale. -
-Roy, io… sto ancora cercando di capire. Di fare chiarezza nei miei sentimenti. - Voltò il capo, ma non cercò di sciogliersi dalle sue braccia -Per molto tempo ho continuato a ripetermi che quel che provavo per te era… ammirazione. Solidarietà. Un sogno in comune. E ora, non riesco a capire se è solo questo o… qualcos’altro. Tu… mi mandi in confusione. Quando sono da sola, sono certa di provare per te solo amicizia… o il sentimento di una sorella minore che ammira il fratello maggiore. - sorrise -Quando eravamo ragazzini, qui, sei stato il fratello maggiore che non ho mai avuto. Eri la mia figura maschile di riferimento, anche se solo per pochi anni. -
Roy la strinse più forte a sé -E quando invece sei con me?-
-Quando sono con te… non riesco più a ragionare bene su ciò. Non qui, in questa casa piena di ricordi.
Se fossimo ancora al quartier generale… nel nostro ufficio…
Lì tutto era chiaro per me. Io sono il tuo braccio destro, il tuo luogotenente, e tu sei il capo da aiutare e spingere in alto, da proteggere nei giorni di pioggia e da assicurarsi che non commetta troppe sciocchezze. -
-E qui?- insistette Roy.
-Qui sei… un uomo dannatamente affascinante a cui sono affezionata, e che non fa altro che farmi la corte!- sospirò -E io non so più cosa fare. -
-Potresti semplicemente smettere di essere il tenente, per un po’, ed essere solo Riza. Oppure, puoi continuare ad essere il tenente, e io sarò solo il signor Mustang, così non ci sarà nessun ostacolo tra di noi. -
Avrebbe voluto continuare a stringerla a sé, baciarla, desiderava che quell’istante durasse in eterno.
Ma intuiva anche che Riza era terribilmente a disagio. In un certo senso, capiva quel suo sentirsi spaccata a metà, da una parte il tenente ligio al dovere, e dall’altra la donna che non riusciva a fare chiarezza nei suoi sentimenti.
La lasciò, ma le porse la mano.
-Signorina, gli ospiti ci attendono. Non è educato farli aspettare…- le sorrise.
-Ho idea che i nostri ospiti abbiano capito tutto e se la godano un mondo spettegolare su di noi. - disse lei, ma sorrideva.
-Oh, sanno tenere le bocche chiuse. Anzi, li ho incaricati di vedere chi è diffonde brutte voci su di te. -
-Sei incorreggibile…-
-Voglio solo proteggere le persone a cui tengo. -
Riza quella sera pensò che quello era davvero il più bel Natale che riuscisse a ricordare, anche se ogni tanto, la palese dichiarazione di Roy le tornava alla mente.
In apparenza, si comportava come prima… cioè con familiarità anche eccessiva, ma se non altro, non si comportava come Jean con Sheska.
Accidenti, quei due tubavano come due piccioncini.
E quando, allo scambio dei doni, dal pacchetto "da Jean a Sheska" vennero fuori un paio di orecchini a cuore, che lui le mise personalmente, c’era abbastanza miele nell’aria attorno a quei due, da risultare quasi comico.
Eppure, continuava a sentirsi addossi gli occhi di Roy.
Certo, la cosa poteva anche essere attribuita alla minigonna.
Gli sguardi imbambolati dei ragazzi, quando aveva fatto la sua comparsa con quell’abito, non le erano sfuggiti, anche se si erano ripresi immediatamente quando lei, per riflesso condizionato, aveva portato la mano al fianco, dove di solito teneva la pistola.
Tutti sogghignarono quando Roy aprì il pacchetto da parte di Riza: penna stilografica, un elegante set di carta da lettere e carta assorbente.
Era una sottile insinuazione al fatto che tenerlo in un ufficio, a fare lavoro di scrivania, era qualcosa di utopico.
Uno dei motivi per cui non poteva fare a meno di Riza nel suo staff, era che una buona fetta del suo lavoro di scrivania lo faceva lei, o glie lo semplificava alquanto.
Black Hayate ebbe la sua bella quota di regali: due coperte, una nuova ciotola, un osso di pelle di bisonte da rosicchiare, un collare nuovo con guinzaglio coordinato, e, soprattutto, tanti buoni bocconcini che tutti gli passavano, dal tavolo del buffet.
Qualcuno propose di mettere su qualcosa di diverso dalle carole natalizie, e poco dopo, le note del "concerto di capodanno" risuonarono nel salotto e nel salone d’ingresso.
-Riza… ti va di ballare?-
-Ma… qui?- Riza dette un’occhiata al salotto: era iper-ingombro, e Breda aveva tirato fuori uno di quei giochi di società che si fanno durante le feste di Natale o capodanno.
-Il salone andrà molto meglio. - le sussurrò lui, aprendo la porta e scivolando con la sua "dama" nel salone.
Era riscaldato e illuminato, ma pur sempre più freddo rispetto all’aria decisamente calda del salotto.
Riza rabbrividì.
-Si stava meglio di là, credo…-
-Ma non potevamo ballare. -
Dalla stanza accanto, le note del grammofono arrivavano, anche se un po’ attutite.
-Non dovresti sforzare la gamba. - fece notare lei.
-Quando mi farà male, smetterò. Promesso.- disse, passandole un braccio attorno alla vita e prendendole la mano con l’altro.
-Sai ballare il valzer?- le chiese. Il grammofono stava diffondendo le note di un valzer delicato.
-Si. Ma è da molti anni che non ballo. -
-È come andare in bicicletta: una volta imparato, non si scorda più. - Roy iniziò a guidarla nella danza, e Riza si accorse che aveva ragione: i passi e le figure le tornavano alla mente, il suo corpo ricordava ancora come si ballava.
Soli, in quella stanza illuminata da candele, con la musica che giungeva ovattata, pareva quasi un sogno.
La musica terminò, e i due si fermarono al centro del salone.
-Guarda. - lui le indicò qualcosa appeso al lampadario.
-Ma quello… non è visch- Riza non fece a tempo a terminare la frase, perché già Roy la stava baciando.
Dopo alcuni, lunghi istanti, lui si staccò.
Lei non aveva risposto, ma non aveva cercato neanche di staccarsi o di allontanarlo. Beh, era già un passo avanti. Un altro piccolo passo avanti.
-Chi sta sotto al vischio verrà baciato, non lo sapevi?- le domandò, con il suo sorriso sornione.
-Ottima scusa, eh?-
-Direi di si. -
Riza si staccò, spostandosi da sotto al vischio. -Farò molta attenzione, d’ora in poi, a cosa c’è sopra di me. -
Notando come Roy zoppicasse, lo guardò severamente -Avevi detto che ti saresti seduto, se avesse cominciato a farti male. - indicò l’ottomana accanto al muro.
Roy sospirò, e, ubbidiente, andò a sedersi.
-Non mi ero reso conto finché non ci siamo fermati. Davvero. - tentò di spiegare.
Fu però piacevolmente sorpreso quando Riza si sedette accanto a lui.
-Roy, io ho bisogno di tempo. Se continui ad assillarmi così, non riesco a fare chiarezza nei miei sentimenti. Continuo a sentirmi confusa e altalenante. -
-E… quindi?-
-Ti chiedo, per favore… un po’ di tempo, per capire. So cosa provi per me, e te ne sono grata, ma io ora, devo capire. E se tu…-
-Capisco. Va bene, sarò più discreto. Sai cosa provo per te, e ti assicuro che, passassero cento anni, ciò non cambierà. Ma se tu hai bisogno di tempo, smetterò di essere così insistente. -
Ci fu qualche minuto di silenzio.
Con sua grande sorpresa, Roy la sentì appoggiarsi a lui.
-Fa un po’ freddo, vero?- le chiese.
-Già. -
-Vuoi tornare di là?-
-No. -
Le passò un braccio attorno alle spalle.
Andava bene così. Almeno per ora.
Almeno, metà del rapporto era stata chiarita.
E per l’altra metà, non poteva far altro che sperare.
Un’esplosione di vetri infranti precedette una raffica di colpi di mitra, e fu sono grazie ai loro riflessi addestrati alla guerra e a una tenda che aveva intralciato le prime pallottole, che riuscirono ad abbassarsi e a schivare.
Riza cercò istintivamente la pistola, ma ovviamene non ce l’aveva. E Roy… si maledisse per non aver preso i suoi guanti, che giacevano sul comodino, in camera sua.
Una pallottola schizzò per terra e colpì Riza di striscio a una gamba, strappandole un sibilo di dolore.
Un attimo dopo, la porta che separava il salone dal salotto si spalancò, ma subito i quattro militari furono ricacciati indietro da un’altra sventagliata di mitra.
Per il momento, sotto all’ottomana, Roy e Riza erano relativamente al sicuro, anche se il sangue della ragazza continuava a colarle per la gamba, inzuppando la calza e l’abito.
Col sangue poteva tracciare un cerchio alchemico, e c’erano candele accese in abbondanza…
-Riza… non muoverti. Cercherò di fare una cosa, ma è un po’ pericoloso…-
Altra sventagliata di mitra.
-Generale, cosa…- tentò di chiedere Falman, da dietro al porta.
-È Bratsley, idioti! Deve essere arrivato qui seguendovi!- abbaiò Roy, allungandosi per arrivare alla piccola pozza di sangue che la ferita di Riza aveva creato.
Per un pelo non si prese un proiettile sulla mano, nel tentativo.
Ritirò le dita bagnate di sangue, e si tracciò un cerchio alchemico sulla mano.
E si scatenò l’inferno.
In base alla traiettoria, Roy aveva intuito da che parte si trovava Bratsley. Aveva candele accese, e quindi fuoco, in abbondanza, nella stanza.
E con un cerchio alchemico sulla mano…
-Uffa, la nostra festa di Natale è stata completamente rovinata. Mi dispiace da morire. - sbuffò Roy, mentre un medico fasciava la ferita di Riza. Per fortuna era poco più di un graffio, ma il fatto che un colonnello avesse attentato alla vita di un tenente e di un Brigadiere Generale in modo così palese, era un fatto gravissimo.
Alcuni membri della polizia militare che erano di stanza nella cittadina erano stati avvisati per telefono ed erano venuti a prendere Bratsley, che le fiamme di Roy avevano ustionato abbastanza da impedirgli di muoversi bene, ma non di urlare.
Continuava infatti a urlargli terribili minacce di vendetta.
-Che gli faranno?- chiese Sheska, che, alle prime raffiche di mitra, era vicino al tavolo del buffet, e ci si era riparata sotto finché non le era stato assicurato tre volte che era tutto finito.
-Probabilmente verrà giudicato dalla corte marziale, e imprigionato. È tentato omicidio, anche tralasciando il fatto che si tratti di tentato omicidio di un militare. - disse Riza, dicendo addio alle calze nuove. Se avesse avuto le sue pistole a portata di mano, il colonnello Bratsley si sarebbe trovato con una pallottola in testa. Attentare così alle loro vite! Si chiese da quanto tempo quell’uomo covasse quel profondo rancore nei confronti di Mustang.
-Beh, ormai la festa è finita… cerchiamo di sistemare il vetro, e domani chiameremo un vetraio a sostituirlo. - disse stancamente Falman.
Una sparatoria con attentato non era certo un bel modo di terminare una festa di Natale, ma dopo l’accaduto, nessuno aveva più voglia di continuare a fare festa.
Sdraiata nel suo letto, Riza ripassò mentalmente ogni istante di quella strana, inconsueta giornata.
Certo, non era stato carino com’era finita, a suon di mitra e compagnia bella.
Ma non riusciva a non pensare a quello che per tutto il giorno, Roy aveva tentato di dirle.
Si voltò, sussultando di dolore nell’urtare la ferita fresca.
Era vero, era confusa e non riusciva a pensare con chiarezza a quel che provava per Roy Mustang.
-Un mese di congedo per ferita d’arma da fuoco e conseguente cura. Mi chiedo se qualcuno non c’entri qualcosa… in fondo è solo un graffio…-
Erano passati tre giorni da Natale, e tutto l’allegro gruppo dell’ufficio, dopo aver dato una mano a sistemare i danni, era tornato alle rispettive case.
Riza aveva ricevuto una lettera con cui la informavano che, viste le ferite riportate per proteggere il Brigadiere Generale Mustang dalla follia omicida del colonnello Bratsley, aveva diritto a un mese di convalescenza pagata. E, ovviamente, dopo le veniva rinnovato l’incarico di proteggere Mustang.
E lei aveva il forte sospetto che Roy Mustang avesse fatto qualche telefonatina per convincere qualcuno a darle un simile periodo di convalescenza.
Ma lui continuava a giurare sulla sua innocenza.
-Allora, se non è stato lei… c’è solo un’altra persona…-
Il Tenente Generale Grumman.
Il nonno materno di Riza, per la precisione.
Lei non aveva saputo che suo nonno materno fosse uno degli alti gradi dell’esercito fino a quando non aveva finito l’addestramento militare.
Aveva però sempre rifiutato trattamenti di favore, anzi, aveva chiesto che la cosa restasse segreta.
Essere additata come "la raccomandata" o "la nipote del Tenente Generale " non sarebbe stato certo un gran aiuto per la sua credibilità come ufficiale.
-Oh, il Tenente Generale Grumman ci scrive. Vuole sapere come procede la convalescenza di entrambi. - fece Roy allegro. Poi continuò a leggere la lettera, e si rabbuiò.
-Che scrive?- Riza allungò il collo, e Roy le passò la lettera.
-A quanto pare, la "scatola nera" non ha funzionato a dovere. Molte persone che pensavamo aver "gambizzato", potrebbero essere riabilitate nei processi. Guarda! Gente che SAPEVA degli esperimenti del laboratorio 5, che si proclamano vittime innocenti, degli AGNELLINI!-
Roy schiumava rabbia. Riza sapeva che Mustang non tollerava simili, palesi ingiustizie. Se la prendeva come un’offesa personale.
-Mi domando per chi o cosa ho fatto tutto ciò finora. Per vedere dei… dei DELINQUENTI fare carriera proclamandosi innocenti!- si lasciò cadere su una sedia -Cose del genere mi fanno seriamente pensare di lasciare l’esercito e di darmi alla politica da civile. -
-Ehi, qui nella busta c’è un foglio indirizzato a me.
"Cara Riza, in qualità di padre di tua madre, nonché di superiore di Roy Mustang, ti consiglio caldamente di sposare il Brigadiere Generale Roy Mustang, così potrai restare a guardargli le spalle qualsiasi cosa accada. Ai permessi ci penso io. Con affetto.
Tuo nonno".
MA COSA?!- Riza era arrossita -Ma come si permette, dopo avermi ignorato come nipote per anni, ora, di dirmi certe cose?!-
Roy si era impossessato del foglio. -Accidenti, hai ragione. Non ha ancora rinunciato all’idea di vedermi a capo dello stato e di vedere sua nipote come moglie del capo dello stato!- ridacchiò.
Riza lo guardò come se si fosse messo a parlare in una lingua sconosciuta.
-Cosa?-
-Quando siamo stati trasferiti dal comando dell’Est a Central City, durante la nostra ultima partita a scacchi, mi ha chiesto "Perché non sposi mia nipote? Non mi dispiacerebbe vedere la mia unica nipotina come moglie del prossimo Führer."-
-E lei cosa gli ha risposto?-
-Che la cosa non dipendeva solo da me, e che magari era meglio sentire anche il tuo, di parere. Sai, francamente, mi sono molto stupito quando ho scoperto che sei la nipote del Tenente Generale Grumman. Quando siamo stati trasferiti nella centrale dell’Est, lo trattavi esattamente come un qualsiasi superiore perfettamente sconosciuto. -
-In un certo senso, è così. - Riza si sedette, scorrendo distrattamente tra le mani i fogli scritti delle lettere -Da quel poco che so, quando mia madre morì, quando avevo quattro anni, mio padre e lui litigarono furiosamente. Mio nonno dette la colpa di tutto a mio padre, accusandolo di aver trascurato mia madre fino a farla morire, di non essersi nemmeno accorto che lei era malata. Lui reagì impedendogli di avere qualsiasi contatto con me. Mi diceva che non avevo nessun parente da parte della mamma, quando ancora osavo chiederglielo. - Riza parve rattristarsi. Roy sapeva che la ragazza non aveva mai avuto un buon rapporto col padre.
-A sette anni mi spedì in collegio, dove rimasi fino a quando mi richiamò a casa, poco dopo averla preso come allievo. Credo che pensasse seriamente di farci sposare giovanissimi per avere qualche erede diretto maschio. -
-Se ci fossimo sposati allora, chissà quanti bei bambini avremmo ora!- tentò di scherzarci su Roy. Un’occhiata assassina di Riza troncò qualsiasi altro tentativo.
Riza guardò la lettera.
-Cosa pensa di fare, a proposito? Il tenente generale Grumman dice che i processi sono ancora in corso, anche se la piega è quasi definitiva.-
-Semplice, andrò, testimonierò e-
-E le ricordo che è in una posizione delicata. Siamo riusciti a non farla degradare dimostrando che ha agito per il bene dello Stato e per smascherare degli elementi corrotti dell’esercito, ma ha pur sempre guidato una insurrezione armata di una parte dell’esercito. -
-Appunto per questo. Se non vado e quelli riescono a farsi dichiarare innocenti, non solo io, ma tutti coloro che mi hanno seguito saranno in grossi guai. -
-Non è in condizioni di viaggiare!-
-Se sono arrivato fin qui, posso tornare a Central City senza problemi. - tagliò corto Roy.
-Vengo anch’io. - gli mostrò un altro foglio, una lettera -Sono stata convocata come testimone nel processo contro Bratsley. E anche lei. Tra tre settimane. -
-Capisco. -
... continua
l'angolo dei ringraziamenti per le recensioni e delle risposte!
x Shatzy: i fiori devono appassire, per poter dare dei semi... vedrai, vedrai... comunque, la fanfic si compone di cinque capitoli più epilogo, e, non temete, io sono ALLERGICA ai finali tristi! XD Anzi,a volte mi rimproverano di essere stata contagiata da un disneyano bisogno di happy and (la verità è che non riesco ad essere cattiva coi pg, miei o presi a prestito per fanfic...)
Per quanto riguarda le date e l'età, a parte il fatto che Arakawa-sensei è sempre stata molto avara di queste informazioni (nel manga dice che non ha voglia di stare a pensarci su alle date di nascita, ai segni zodiacali e ai gruppi sanguigni... perché, si, in Giappone specificano pure quello; dicono che influenzi il carattere. Secondo tale filosofia, io avrei un carattere che è TOTALMENTE all'opposto di quello che sono veramente ^^; ), vai a ricordare dove ho preso simili informazioni... credo gironzolando per i siti in inglese su RoyxRiza.
x _mame_: io trovo carino anche l'anime, e ho deciso di basarmi di esso principalmente per due motivi:
1) è finito, quindi posso scrivere senza timore di essere smentita (ODIOOOOOO quando scrivo una cosa e poi il manga mi smentisce! ;_; )
2) la coppia RoyxRiza è molto più "canon" e dichiarata nell'anime che nel manga. Anche se si, pure nel manga si vede che sono legati. Ma non lo fa vedere in modo così plateale.
Qui: http://en.wikipedia.org/wiki/State_Military_characters_of_the_Fullmetal_Alchemist_anime un'utilissima pagina con i gradi militari di FMA, e alcune notizie sui personaggi che compaiono per più di un paio di puntate. Mi è stata utilissima.
Mentre qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Roy_Mustang un'INTERA pagina di wikipedia, in inglese, dedicata al nostro piromane arrivista preferito. Cavoli... un'INTERA PAGINA! Non diteglielo sennò si monta la testa XD
Premetto che io a studiare storia sono arrivata si e no all'inizio della prima guerra mondiale, più di cinque anni fa, e che ora mi occupo di provette e laboratori e piante da strizzare, quindi saranno almeno 5 anni che non apro un libro di storia.
Ci sono diversi dati che danno un quadro un po' frammentario delle età dei pg di FMA, anche perché alcuni dati sono dall'anime, altri dal manga, altri dagli oav, ed è un gran casino!
Secondo tali dati, nel manga Roy dovrebbe avere avuto 23 anni al tempo di Ishbar, e 29-30 anni (nota di Arakawa nel finale del volumetto11, e nella strip umoristica alla fine del 4°); il che coincide perché la guerra di Ishbar è avvenuta tra i 13 e 6 anni prima di FMA (ho CANNATOOO!!! Ho corretto ed editato i capitoli, comunque, eliminando tutti i riferimenti alle età, così non mi do più la zappa sui piedi ^^;).
Secondo wikipedia Roy dovrebbe essere nato nel 1885 (anche se lì le date non sono come le nostre, ma dato che Conqueror of Shamballa si ambienta poco dopo la 1° guerra mondiale, come si nota dal commento di Hohenaim sull'inflazione, nel film... 16 marchi per una mela!), all'epoca di CoS dovrebbe avere 32-33 anni.
Secondo un OAV ("Kids", se cercate in Youtube lo trovate anche subbato in italiano... è un'ammooorree!), nel 2005 Ed compie 100 anni. Quindi lui è del 1905 (secondo le nostre date)... cacchio, è più vecchio di mio nonno! (a proposito, non leggerà mai qui, ma auguri nonno, che tra poco compi 99 anni!), il che porterebbe al fatto matematico di avere 18 anni nel 1923 (non sono un genio in storia, ma credo che CoS coincida con fatti storici... pressappoco). Però in tal caso, l'ipotesi che Roy sia del 1885 cade, perché dovrebbe avere 30 anni quando Ed ne ha 10, quindi 32 quando Ed è diventato un alchimista di stato, e 35 alla fine dell'anime e 37 nel film... cavoli, ma sarebbe VECCHIO! è più probabile che sia del 1890, allora...
(Ilune fugge da tutti gli over 25 XD Lena "Mikoru" in primis! e Ilune SA il perché!)
Dato che wikipedia a volte riporta degli errori, io sono propensa per le date-paragone 1890 per Roy e 1905 per Ed (e ovviamente 1906 per Al).
Nel manga si parte con Ed già a 14 anni, mentre nell'anime si parte da lui a 12 anni. Ipotizzando di lasciare i dati del manga, possiamo quindi affermare che Roy compare per la prima volta nell'anime, nell'episodio 1, a 27 anni.
Di Riza non dice nulla ç_ç qualcuno ha notizie attendibili? Specie dal manga e dalle sue scan in inglese...
Insomma... non ci capisco una cippa manco io. Comunque, ripeto, ho editato i capitoli pubblicati finora. Piccole cose, ma almeno non mi ingarbuglio più con le età. Se trovo dei riferimenti attendibili su Riza e l'età in cui Roy è diventato allievo del padre di Riza, editerò di nuovo...
Sistemati gli interlinee! Maledetto codice html...

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Capitolo 4
*** 4 - appassire ***


Capitolo 4
Capitolo 4 - appassire
Stavolta non viaggiavano coi bauli, ma con un bagaglio leggero. Erano in uniforme, e nella valigia avevano solo i pigiami e l’alta uniforme, necessaria per comparire in tribunale.
Il paesaggio di metà gennaio era, nel grigio crepuscolo del tardo pomeriggio, noioso e deprimente.
Malgrado non lo desse a vedere, Roy era nervoso.
Aveva sempre pensato che, dopo quella insurrezione che aveva causato, avrebbe fatto meglio a lasciare l’esercito.
Invece, non l’avevano né cacciato, né degradato.
Sapeva che c’erano un sacco di persone che gli dovevano dei favori, ma non sapeva bene a chi attribuire il merito di tutto ciò… e, oltretutto, la cosa lo inquietava sottilmente.
Non si sentiva a posto.
Era strano: lui, "il piromane arrivista", non si sentiva soddisfatto del grado che aveva ricevuto e mantenuto.
Sapeva di essere stato promosso a Brigadiere Generale solo perché così era stato possibile spedirlo al nord, in prima linea. Per cercare di ammazzarlo.
E se ora non l’avevano degradato, era perché sapevano che, se l’avessero fatto, lui avrebbe approfittato di ciò per dare le dimissioni, liberandosi definitivamente del controllo dell’esercito.
Sicuramente, qualcuno stava cercando di tendergli un’astuta trappola.
Espose i suoi dubbi e le sue incertezze a Riza.
-Io penso semplicemente che le persone che la vorrebbero a capo dell’esercito siano molte più di quanto lei non pensi. - fu invece la sua conclusione -In fondo, il Tenente Generale Grumman ha molti contatti ed è molto influente; al momento, dato che la carica di Fhurer è stata abolita, è al secondo posto nella scala gerarchica dell’esercito. E lei è al quarto posto. Sta per salire sul podio. -
-Ma ora che a capo del governo c’è una commissione popolare, mi chiedo se valga davvero la pena continuare a cercare di salire. -
Riza lo guardò meravigliata.
-Roy Mustang! Non osi mai più dire una cosa del genere!- lo rimproverò. Roy alzò lo sguardo, stupito.
-Cosa direbbe a Maes Hughes, se non arrivasse al suo obiettivo? "Mi spiace, ma all’ultimo non me la sono sentita…"? Hughes si rivolterebbe nella tomba a sentirla parlare così! Ha dei doveri morali nei confronti di chi crede in lei!-
Roy le sorrise. Era tipico di Riza, fargli le ramanzine così, sempre dandogli del lei, sempre formale, ma dicendogli esattamente quel che pensava.
"Hai ragione. Il fatto è che… non so se ho più la forza di andare avanti. Di sacrificare persone per il mio scopo. Di guardarmi alle spalle, e mettere in pericolo te e le persone a cui tengo. Non ho la forza di guardare un’altra lapide e pensare "è morto per causa mia. Per proteggermi. Per aiutarmi"."
-Hai ragione…-
Alla stazione c’era, ad attenderli, il da-poco-promosso Tenente Colonnello Armstrong, più muscoloso e sbrilluccicoso che mai.
-Mi ha mandato il Tenente Generale Grumman, a scortavi. E ad avvisarvi: avete molti nemici, ora. - disse, a bassa voce.
-Quando mai non ne ho avuto, Armstrong? È da quando sono nell’esercito che devo guardarmi le spalle. -
-Ora è diverso. Sa, per… la faccenda del nord. -
Mustang annuì -Mi spiace solo aver coinvolto anche lei e i ragazzi. Ma se le cose si mettessero male, mi assumerò tutta la colpa. -
-Non si preoccupi, Brigadiere Generale Mustang! Sto preparando le pratiche per le dimissioni. Aspetto solo i processi, per testimoniare. -
-Le dimissioni?!-
-Si. Mio padre ha detto che è tempo che lo aiuti negli affari di famiglia. Sa, tutti gli Armstrong servono l’esercito, ma a una certa età si ritirano per dedicarsi agli affari di famiglia. E io penso che per me quell’età sia giunta. -
Roy sorrise, ma era un sorriso triste. -Capisco. Non ne può più del marcio che c’è, vero?-
-È da otto anni che non ne posso più. -
Entrambi tacquero.
Anche se era già grande e grosso, anche Alex Luis Armstrong era ancora piuttosto giovane e idealista, quando era stato mandato come arma umana a sterminare la indifesa popolazione di Ishbar.
E ora era ancora più grande e grosso, ma aveva ancora un cuore tenero, troppo tenero per un militare.
-Per questo spero che lei non ceda come me, e continui a grattar via il marcio dell’esercito!- concluse Armstrong.
-Si… devo continuare. - rispose a bassa voce Roy. Incrociò lo sguardo incoraggiante di Riza. "anche lui crede in te", pareva volergli dire.
-Invece, cambiando argomento, come va la vostra convalescenza? Tenente Hawkeye, avevo sentito dire che eravate stata ferita abbastanza gravemente, per avere un mese di convalescenza!-
-È solo un graffio, sono già guarita. Il medico che ha compilato il verbale deve aver esagerato. - minimizzò lei.
-E lei, Mustang?-
-Ogni tanto la gamba mi cede, e quindi devo usare questo stupido bastone. Ma è comodo, ogni tanto: posso tirarlo dietro agli scocciatori!- scherzò lui. -A parte questo, anche nel mio caso i medici hanno esagerato. A parte la gamba, sono tornato a posto, e in soli tre mesi e mezzo. -
La convalescenza di un anno era stato un altro punto che aveva insospettito Roy. Anche se claudicante, poteva essere rimesso a fare lavoro di ufficio dopo quattro mesi. Invece, lo volevano tenere lontano per un anno intero. Senza dubbio, per gambizzarlo gerarchicamente o fisicamente tutto in una volta, lontano da occhi indiscreti.
I processi furono un vero strazio. La difesa vivisezionò i capi d’accusa, e i testimoni dell’accusa, tra cui Roy Mustang, dovettero faticare non poco a mantenere la loro credibilità.
Il fatto che uno dei maggiori testimoni, cioè il Maggiore Edward Elric (perché si, il fagiolino aveva grado di maggiore, come tutti gli Alchimisti di Stato) fosse disperso, e che suo fratello Alphonse Elric fosse privo della memoria riguardante gli ultimi quattro anni, era un grosso problema.
Sheska fu un testimone chiave, per la sua preziosa capacità di indicare con precisione riferimenti, frammenti, note che, messi assieme, componevano l’agghiacciante quadro: nell’esercito si facevano esperimenti proibiti, e molti nelle alte sfere ne erano a conoscenza. Führer compreso.
Assediati dai giornalisti, portati sulla bocca di tutti dalla stampa, i processi andarono avanti fino a metà maggio. Era estenuante.
Roy stava iniziando odiare la situazione: era continuamente assediato dai giornalisti, e non poteva praticamente uscire dalla villetta assegnatagli in quanto ufficiale, senza essere scocciato fino all’esasperazione.
Riza era tornata nel suo appartamentino a due isolati dal quartier generale, assieme a Black Hayate e alle sue cose, che si era fatta rispedire quando era stato chiaro che i processi sarebbero andati alle calende greche, e che loro dovevano restare a Central City.
Ogni mattina, andava a prendere in auto Roy Mustang, e si comportava da inappuntabile autista, guardia del corpo e braccio destro.
Pareva che quei mesi a casa Hawkeye non fossero mai esistiti.
Eppure, Roy ogni tanto aveva l’impressione che lei lo fissasse, pensierosa. E, ogni tanto, coglieva il suo sguardo vagamente sognate, fissare un punto del muro…
E quando si arrischiavano a uscire, sfidando la sorveglianza dei giornalisti, in incognito, per andare a fare un giro in città, lei non gli sorrideva in quel modo spontaneo, così bello? Ogni volta, Roy si sentiva sciogliere.
Armstrong aveva ragione, nel dire che Mustang aveva molti nemici, molti più di prima, per lo meno.
Specie da quando i giudici e la giuria lo avevano accettato come testimone affidabile, e quindi lui, a ogni processo, smontava la difesa di criminali che si proclamavano agnellini innocenti.
Per ben due volte, solo la guida spericolata di Riza li salvò da misteriose macchine che si affiancavano alla loro e sparavano raffiche di mitra.
Per non parlare di affascinanti dame che si proclamavano sue ammiratrici, che nascondevano aghi avvelenati o sottili stiletti nelle scollature.
Roy fingeva abilmente di essere ancora il vecchio farfallone di prima, sorridendo alle belle donne, e riempiendo la sua agenda di (falsi) appuntamenti e numeri di telefono, perché il suo rapporto con Riza non fosse troppo evidente negli ambienti in cui era ben noto. Ma dopo due di questi tentativi di omicidio, la sua perdita di qualsiasi interesse per le voluttuose bellezze che cercavano di farsi fare un autografo o di conoscerlo di persona non parve poi tanto strana. E anche lui fu segretamente sollevato che quella farsa fosse finita. Non gli piaceva fingere di non provare interesse solo per il suo tenente.
Per certi versi, Riza ne fu sollevata: se non altro, non doveva perquisire ogni donna che gli si avvicinava, dato che Mustang non lasciava avvicinare più nessuno, salvo i suoi fedelissimi.
Preparava lei personalmente da mangiare, dato che c’erano molti modi per avvelenare una persona, e dopo i primi quattro o cinque attentati, nessuno trovò da malignare sul fatto che lei si trasferisse a casa sua, con armi, bagagli e cane.
-La cosa inizia a diventare seccante. Voglio dire, fare la spesa travestita da massaia perché potrebbero corrompere il fruttivendolo o il macellaio inizia ad essere stancante. - disse una sera Riza, mentre cenavano.
-Ti sta tanto stretta, la parte della massaia?-
-Mi sta stretto il dover fingere e travestirmi, il lasciare manichini sulla sedia quando esco per far credere che ci sia in casa a proteggerla. -
-Riza, ci risiamo… perché mi dai del lei anche quando siamo da soli?-
-Perché se le dessi del tu in privato, poi magari in pubblico rischio di sbagliare e darle lo stesso del tu. -
Roy sospirò. -Forza e coraggio, sta per finire. Domani ci saranno le sentenze. -
-Rimarranno lo stesso in libertà persone a cui ha pestato i piedi. -
Roy si rese conto che lei aveva ragione. Tutti i suoi nemici si traducevano in un pericolo per Riza.
Beh, aveva preso una decisione.
Una decisione che rappresentava una soluzione a parecchi dei loro problemi.
Colpevole, colpevole, colpevole. Impiccagione, carcere a vita, trent’anni. Le condanne fioccarono e l’esercito perse molti ufficiali, mentre giornaletti raccoglievano e illustravano con dovizia di particolari gli orrori che erano stati svelati, dopo che alcuni uomini, sopravvissuti al laboratorio 5, chimere che si erano sempre nascoste, avevano avuto il coraggio di uscire e di parlare, in cambio dell’anonimato e della promessa di non essere rinchiusi in laboratori.
Roy aveva ragione a sostenere che le sentenze erano state scritte quando quei poveretti, che avevano servito l’esercito e dall’esercito erano stati usati come materiale umano, avevano parlato, detto tutto, del laboratorio 5, di Ishbar, di cosa era stato fatto ai civili (molti di essi erano stati soldati a Ishbar, ed erano stati usati come cavie per tappar loro la bocca su cose davvero scottanti).
Il tenente generale Grumman posò con aria soddisfatta il giornale sulla sua scrivania.
-Siamo rimasti davvero in pochi, in cima all’esercito, con la fedina e la coscienza pulite, Mustang. Si sieda, su. -
Ma Roy Mustang rimase in piedi.
-Questo significa che potrebbe essere promosso ancora, Brigadiere Generale Mustang. -
Grumman era fermamente convinto che l’esercito guidato da un giovane idealista come Mustang sarebbe stato una gran bella cosa, e non avrebbe visto male il giovane Mustang protetto ventiquattro ore al giorno da Riza Hawkeye. Sia sul lavoro, che in casa.
-È proprio di questo che volevo parlarle, signore. Chiedo ufficialmente di poter dare le dimissioni. -
Grumman quasi scivolò giù dalla poltrona.
-Ma è impazzito, Mustang? L’esercito ha bisogno di uomini come lei!-
-Il fatto è che… non sono sicuro di voler davvero rimanere ancora nell’esercito. - disse a bassa voce lui.
Grumman lo fissò un attimo.
-Siediti, figliolo. -
Stavolta. Roy si sedette.
-Dato quello che hai testimoniato, non è perché hai scoperto solo oggi il marcio che l’esercito celava, non è vero?-
-No. È da… - sospirò -dalla guerra civile di Ishbar che mi chiedo se ho fatto davvero bene ad arruolarmi. Volevo poter cambiare in meglio il mondo, e l’esercito era l’unica strada per avere abbastanza potere per farlo. Ma troppa gente è morta perché io potessi arrivare fin qui. Ho un peso… un peso nell’anima, che mi trascina giù. Non mi sento degno. Queste mostrine sono intrise del sangue di vittime innocenti, di uomini ingannati, di "pedine sacrificabili".-
Il tenente generale lo guardò intensamente. Non giudicava quella confessione come un atto di debolezza. Al contrario: un uomo che è capace di sentire ancora sensi di colpa, è ancora un essere umano. Solo i mostri non hanno sensi di colpa.
-Mustang, lei ha bisogno di un periodo di stacco, per rinfrescarsi le idee. Ha bisogno di stare per un po’ di tempo lontano dalla grande città, dai riflettori, dai suoi nemici.
Ci sono un bel po’ di postazioni, al nord, piccoli paesini sperduti in cui dobbiamo mandare un soldato o due per ciascuno. La farò mandare lì, senza rivelare a nessuno la destinazione precisa; ci starà tutta l’estate, e l’aria fresca le farà bene. Se proprio resiste fino all’inverno, con tutta quella neve, un uomo può ritrovare sé stesso in quella solitudine.
Quando si sente pronto per riprendere la scalata ai gradi, mi faccia un fischio, e le farò riavere a tempo di record i suoi gradi, un posto a Central City e tutto il suo staff al completo. -
-La ringrazio, tenente generale. -
-E, volevo chiederle, se posso prendere temporaneamente io il suo staff. Mi dicono che sono ragazzi in gamba, e i colonnelli se li disputano accanitamente. -
-Ma certo. Ne sarei felice. -
-E magari riuscirò a convincere Riza a lasciare l’esercito e a-
-Sarebbe fiato sprecato. Anzi, non le parli per nulla di me. Deve avere anche lei il suo tempo. -
Grumman non indagò oltre sul perché Riza Hawkeye avesse bisogno del suo tempo.
-Perché l’hai fatto?-
-Te l’ho detto, è stato Grumman. Io volevo proprio rassegnare le dimissioni. -
-E quello che ti dissi in treno?! Tutte parole al vento?-
-Non cercare di farmi cambiare idea, Riza. -
-"Non cercare di farmi cambiare idea"- fece eco lei -Stai scappando dalle tue responsabilità!-
-TU NON CAPISCI!-
Immediatamente, Roy si pentì di aver urlato.
Non aveva mai litigato seriamente con Riza. Lei non si opponeva mai ai suoi ordini, salvo per fargli notare falle o punti deboli nelle sue idee o i suoi piani. O per salvargli la pelle.
Ma ora, nel sapere che aveva chiesto di essere degradato e spedito chissà dove al nord, aveva reagito, E pure male.
-Tu non capisci, Riza… Sono andato avanti praticamente con lo scopo di ripulire l’esercito. E ora ci sono riuscito. E se prima potevo ignorare il fardello che ho sull’anima, ora non posso più farlo. Le mie mostrine emergono dal sangue di coloro che sono morti perché io potessi salire di grado. Che siano caduti sul campo, come Hughes, o siano persone che ho ucciso dietro ordine di uomini che non ho avuto il coraggio di contraddire…- si guardò le mani, come se davvero grondassero sangue -Ho ucciso troppi innocenti per sentirmi in pace con me stesso. -
-Tutti abbiamo dovuto ubbidire e uccidere, anche quando non volevamo. Non ricordi? C’ero anche io a Ishbar. C’era anche Armstrong. C’era Falman, c’era Hughes, c’era Havoc. Eravamo in tanti, ma nessuno sta facendo le scene che ora fai tu. -
-Riza, ti prego. Ho bisogno di tempo. Per ritrovare me stesso.
Grumman ha promesso che, quando starò meglio, mi farà riavere i gradi. Non temere, se l’esercito avesse di nuovo parti marce, arriverò e cauterizzerò.
Ma adesso… ho bisogno di tempo. -
Riza sospirò. Oh, LUI adesso aveva bisogno di tempo?
Meglio non dirgli che lei, finalmente, non aveva più bisogno di quel tempo per capire che gli aveva chiesto a Natale.
Sarebbe voluto rimanere a Central City, certo, e magari sposarla, anche a costo di dare le dimissioni, di riffa o di raffa.
E l’esercito aveva bisogno di Mustang, più di quanto Riza non avesse bisogno di Roy. Almeno, così lei credeva.
-Va bene. Tanto poi alla fine fai sempre come vuoi tu, fregandotene di cosa pensa la gente. - sbuffò -Mi sono scelta un uomo davvero impossibile da proteggere. - disse, lasciando la stanza.
Roy sorrise, ma era un sorriso triste.
Finì di fare lo scarno bagaglio. Gli era arrivato l’ordine di trasferimento e la nuova divisa.
Non aveva mai indossato una divisa da caporale: era partito direttamente da maggiore, all’età di appena sedici anni.
Il Fullmetal Alchemist aveva battuto il suo record, diventando maggiore ed Alchimista di stato a soli dodici anni, pensò.
Incidentalmente, si chiese dove fosse, e se stesse bene.
Si mise la giacca sottobraccio e infilò il cappello. Malgrado la gamba ancora gli desse qualche fitta di dolore, trascinò fino al piano terra il suo baule da solo, caricandolo sulla macchina.
Riza, al volante, aspettava, ma era seria e taciturna.
Lo accompagnò fino alla stazione. C’erano tutti a salutarlo: Falman, Havoc, Fury, Breda, anche Sheska e Armstrong. Erano in abiti civili, perché anche lui lo era. Non era il saluto di militari che vedono degradato e trasferito il loro comandante. Era il saluto di uomini che avrebbero atteso il ritorno di un amico.
Roy capì questo loro implicito messaggio quando, anziché col saluto militare, si congedarono da lui stringendogli la mano.
-La aspetteremo, Mustang. - disse semplicemente Armstrong, a nome di tutti.
Cercavano di sorridere, ma erano i sorrisi tirati di chi vede un amico partire e non sa se e quando lo rivedrà.
Solo Riza teneva lo sguardo basso, e non riusciva neanche a produrre quel sorriso tirato.
Il treno prese a muoversi, e Roy si affacciò al finestrino. Non disse nulla. Le parole erano inutili.
D’improvviso, Riza si staccò dal gruppo, correndo, affiancandosi al finestrino.
Fu un attimo: si afferrò al finestrino abbassato, si issò su, e lo baciò sulla bocca, prima di lasciarsi cadere.
-ROY, SEI UN CRETINO!- fu il suo ultimo saluto, bagnato di lacrime.
E Roy Mustang le sorrise, l’unico sorriso vero della giornata.
-Anch’io ti amo!- le gridò, mezzo fuori dal finestrino.
continua...
capitolo dolceamaro... in fondo, dovevo giustificare il fatto che, nel film, Roy fosse in uno stato emo-depresso pazzesco.
Per rispondere a domande e commenti:
x Shatzy: il fatto dei paragrafi è stato dovuto a un casino di frontpage. Come con excel, non so se amare o odiare questo programma. Comunque, ho sistemato. Per le piante, no, non c'entra col mio lavoro. Che in realtà non è un lavoro, ma una corvé in un laboratorio della mia università assieme a un gruppo di altri ragazzi di varie facoltà, stiamo facendo un lavoro di ricerca che frutterà alla facoltà interessanti articoli e forse un paio di brevetti, e a noi una tesi sperimentale (che può condurre al 110 e lode!) . Il titolo, tutta la storia è nata dalla metafora che Roy usa per dichiararsi nel terzo capitolo. Mi è venuta in mente, così, e ho detto "cavoli, questo è proprio quello che ci vuole!"
x CowrgirlSara: grazie, mi fanno piacere i complimenti di scrittori bravi come te! Ho letto le tue fanfic su FMA ( "Rear Window" e "A dance for three") e mi sono piaciute tantissimo! Anzi, l'ultima, non vedo l'ora di vedere come va a finire! Girovagando per la tua pagina ho trovato anche "Full Immersion"... di solito sono scettica riguardo le AU, ma devo dire che questa mi sta facendo piegare dal ridere! (Ho letto ISDA a 12 anni ed è diventato subito uno dei miei libri cult, traslocato a forza dalla libreria di mio padre al mio comodino per anni!)
x celiane4ever: il trucco per scrivere bene è... leggere! Leggi, leggi tantissimo: romanzi, racconti, articoli di giornale, testi vecchi e testi nuovi. Troverai poi il tuo "stile", lo maturerai. Inoltre, leggendo acquisirai quasi senza accorgertene un ampio vocabolario, quindi eviterai le ripetizioni, e la grammatica ti entrerà nella testa senza che neanche tu te ne accorga. Te lo dico per esperienza personale! Ma, se mi permetti, un consiglio: le k e le abbreviazioni da cellulare devono essere bandite da un buon lessico! In fondo, mica paghiamo un tot a lettera alla tastiera del computer, no? ^__^

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Capitolo 5
*** 5 - semi d'amore ***


Capitolo 5
Capitolo 5 - semi d’amore
Note di Ilune:
1) il capitolo 5 si ambienta dopo il film, "Conqueror of Shambala"; nel film, Roy torna, uscito dallo stato emo, più fico, piromane e arrivista che mai. Evvai!
2) alla fine del film, Ed e Al si ritrovano bloccati nel nostro mondo. Siccome io sono una bastian contrario e mi piacciono i lieto-fine-tutti-assieme-appassionatamente, qui invece… leggerete alla fine!
Un po’ di tempo.
UN PO’ DI TEMPO!
Riza guardò il calendario, come se il blocchetto di fogli fosse colpevole di tutti i suoi guai.
Era passato quasi un anno e mezzo da quando Roy Mustang aveva chiesto di essere congedato e, invece, era stato temporaneamente degradato e mandato in uno sperduto e anonimo paesino tra le montagne innevate, a "rinfrescarsi le idee".
Havoc gli scriveva, ogni tanto, e qualche volta riceveva risposta. Se la neve, come ora, non sommergeva tutto, lassù, in quel paesaggio che pareva uscito da una di quelle palle di vetro con la neve finta dentro.
Riza non aveva assolutamente intenzione di andare a riprenderlo. Se era ancora in quello stato depresso, lei non poteva e non voleva tirarlo su.
Sbatté il tè sul tavolo, strappando poi con rabbia un altro foglietto dal calendario.
-Di cattivo umore, tenente Hawkeye?-
-Cattivo è un eufemismo, generale. -
Il tenente generale Grumman aveva chiesto per sé lo staff che era stato di Roy, così da poterglielo riconsegnare tutto compatto quando quel benedetto ragazzo si fosse deciso a tornare.
Ma da un anno e mezzo aspettava che Roy ritrovasse sé stesso e tornasse giù dalle montagne, pronto a riprendere il suo ruolo di piromane arrivista capace di pulire l’esercito dalla corruzione.
Lui non era bravo come lo era stato Roy, ma i suoi ragazzi facevano del loro meglio per continuare il loro lavoro "extra", cioè procurare materiale per dimostrare le corruzioni e eliminare i "rami marci" dell’esercito.
Grumman non si illudeva di poter ricostruire un rapporto nonno-nipote con Riza. Anzi, lei l’aveva più volte pregato di ignorare la parentela, sia sul lavoro che fuori. Le chiacchiere erano sempre in agguato, e, all’epoca, aveva dovuto fare un paio di cosette illegali per far si che sua madre risultasse solo un caso di omonimia con la figlia del generale Grumman.
-Vedrai che tornerà. - disse semplicemente, Riza sapeva a chi alludeva.
Tornò alla sua scrivania, a leggere dei rapporti.
Lanciò un’occhiata tra il rimprovero e il rimpianto a una foto. Era stata scattata quel Natale di due anni prima, e lei era accanto a Roy, in mezzo a tutto l’allegro gruppo.
Lui non la toccava, ma la macchina fotografica aveva colto uno sguardo talmente dolce dell’uomo, che più di una volta si era chiesta se quella foto non fosse parecchio compromettente.
Sospirò. Cosa poteva compromettere? Lui era chissà dove a far da guardia sotto la neve, lei nell’ufficio del tenente generale Grumman.
-Spero solo che torni prima del prossimo decennio. - fece lei, con un sospiro.
Era proprio in ufficio, quando iniziarono a piovere rapporti su strani invasori in armatura che arrivavano dal cielo a Lior.
Per fortuna c’era Armstrong, laggiù: le sue dimissioni, due anni prima, non erano state accettate, ed era stato convinto a restare.
Si era preso molto a cuore la ricostruzione della città, anche se, nel farlo, l’aveva riempita di effigi che gli somigliavano, con buona pace dei Lioriani.
Riza invece stava uscendo dall’ufficio, pochi giorni dopo, quando quell’affare volate era uscito dal cerchio sopra Central City, e uomini in armatura avevano iniziato a marciare verso il Comando Generale.
Le era parso di vedere il giovane Alphonse, tanto simile a Edward con l’identico cappotto rosso, e poi…
Lui.
Era tornato.
Più piromane e strafottente che mai, aveva fermato con uno schiocco di dita e una fiamma gli invasori in armatura, aveva aiutato gli Elric a raggiungere quella strana cosa volante…
Quando lo aveva visto rivolgere il saluto militare a Armstrong, le ci era voluto quale secondo per reagire.
Tutti erano scattati ai suoi ordini, chiamandolo colonnello.
Aveva sorriso, portando la mano alla fronte.
-Sei tornato. - disse. Nel fragore, aveva fatto fatica a sentire le sue stesse parole, ma lui le aveva sorriso, ed era corso a fare il suo dovere di soldato, per difendere Amestris.
Ora, era tutto finito. Gli Elric avevano riportato indietro quella cosa volante con gli uomini in armatura sopravvissuti, e non erano tornati indietro.
Ma lui, lui era tornato.
Infischiandosene del fatto che erano in divisa, delle chiacchiere, del fatto che lui ora fosse formalmente di grado inferiore…
Gli corse incontro, e gli si tuffò tra le braccia.
Non disse nulla. Lo baciò e basta.
-Perché mi hai fatto aspettare tanto?- gli chiese, con le guance rigate di lacrime.
-In questo momento, me lo sto chiedendo anche io. Avevi ragione… sono un cretino. -
-Te lo ricordi ancora?-
-Sono le ultime parole che mi hai rivolto prima che partissi. Anche se ho preferito la parte prima. - la baciò nuovamente. Incuranti del fatto che metà dei presenti, tutti in divisa, li fissassero con tanto d’occhi.
-Immagino che non abbia senso cercare di smentire le voci, ora. - fece Riza in piedi accanto alla poltrona in cui era seduto Roy, di fronte alla scrivania di Grumman. Cercava di restare formale, ma era piuttosto rossa. Santo cielo, li avevano visti TUTTI. Tutti l’avevano vista mentre si buttava tra le braccia di Roy Mustang e lo baciava appassionatamente.
La sua immagine di donna glaciale era irrimediabilmente infranta.
Come promessogli da Grumman quando aveva chiesto il congedo e ottenuto un trasferimento sulla ghiacciaia del mondo, Roy Mustang aveva riavuto subito i gradi di Brigadiere Generale. Il trasferimento dei ragazzi e di Riza nel suo staff era questione di giorni.
Black Hayate, che aveva la sua cuccia sotto la scrivania di Riza, in quello stesso ufficio, scodinzolava facendo le feste a Roy.
-In questo anno e mezzo sono riuscito a far ottenere alcune modifiche del regolamento.
Quel fastidioso comma 14 per cui, se due ufficiali si sposavano, uno dei due doveva essere trasferito sotto un altro comando o lasciare l’esercito, l’ho fatto modificare. - ridacchiò -La "scatola nera" è un’ottima cosa, Mustang. Mi domando perché non ci abbia pensato prima. - si ricompose -Ora ci sono quattordici coppie nate tra le scrivanie o tra le trincee, nell’esercito. Finalmente si può uscire con una graziosa ufficiale senza rischiare di essere separati da ventiquattro ore di treno. -
-Tenente generale Grumman… mi scusi ma non riesco a pensare che ciò non sia finalizzato a…-
-Per cui, ragazzi, avete la mia benedizione. Brigadiere Generale Mustang, non s’azzardi a far piangere Riza, che in sua assenza era o depressa o col grilletto facile!-
-Ma noi non abbiamo diritto di parola?- tentò di protestare Roy. Ma, dinnanzi alla faccia contenta e beata di Grumman, non riuscì ad obiettare altro.
E, in fondo, gli stava bene così.
-Ecco… così è perfetto…- Roy stava facendo complicate manovre con la scrivania e una riga.
Voleva avere luce dalla finestra, nel suo nuovo ufficio in uno dei piani alti del palazzo, però voleva anche non essere visibile da fuori, e poter avere una buona visuale sulla porta aperta, e… insomma, era peggio di una donna che decide di spostare i mobili per casa.
Havoc gli aveva detto di dare loro un fischio quando si fosse deciso, che avrebbero disposto i mobili di conseguenza.
-Posso chiederle il perché di queste grandi manovre?- chiese Riza, guardandolo fare calcoli di traiettoria dalla sedia girevole, con una canna di bambù che si era procurato chissà dove.
-Beh, ufficialmente perché voglio stare in una posizione tale che non mi si possa far arrivare un proiettile alle spalle da fuori. -
-Ah-ah…- annuì Riza, memore del Natale di quasi due anni prima.
-Poi perché non voglio che nessuno da fuori mi veda quando passi con quelle brutte scartoffie e io ti prendo così!- e fece seguire le parole ai fatti, cioè afferrò Riza per la vita e se la trascinò sulla poltroncina, facendola slittare con il movimento all’ombra della libreria.
-Roy, non in ufficio!- tentò di protestare lei.
-Ma i ragazzi sanno e tengono la bocca chiusa. -
-Potrebbe passare qualcuno per il corridoio!-
-Porta chiusa. Corridoio alla fine. Ci siamo già baciati in pubblico. - enumerò serissimo lui i motivi per cui non c’era da preoccuparsi.
Riza sospirò -Non so quanto sia stata buona l’idea del tenente generale Grumman di rimettermi in ufficio con te…-
-Ma, Riza… lui approva! Ogni volta che mi incrocia mi chiede come va la nostra relazione!-
-Il fatto è che non so se riuscirò a farti lavorare, adesso!- replicò lei, posandogli in testa un fascicolo che ancora lui doveva leggere e firmare.
-… se non altro, non occorreva tenerlo legato alla sedia per fargli svolgere il suo lavoro di ufficio. - terminò Riza, assieme all’ultimo boccone.
Erano passate tre settimane da che Roy, tornato dal suo autoesilio, aveva riavuto i gradi di Brigadiere Generale, e aveva ripreso la "corte spietata". Per inciso, aveva invitato Riza a una cenetta intima a casa sua, con la scusa di festeggiare l’ultimato trasloco dei suoi averi nella casetta a schiera assegnatagli dall’esercito, e le stava chiedendo di come era stato quel periodo a lavorare sotto Grumman.
-Farei tutti i miei compiti in ufficio, se tu indossassi una-
-Non se ne parla neppure. -
Riza lo aveva preceduto. Lui continuava a dire che lei stava da dio in minigonna. E lei continuava a venire in pantaloni.
Anzi, approfittando di una nuova moda femminile, assai criticata da Roy, indossava pantaloni anche fuori dell’orario di lavoro.
-Ma è un delitto contro la bellezza nascondere le gambe che hai!- la guardò lui con occhioni supplicanti.
-Accontentati del fatto che la metta ogni tanto fuori dall’orario di lavoro. - fu la sua netta risposta.
Se non altro, era riuscito a ottenere che gli desse semplicemente del tu quando erano da soli.
Ma non che indossasse più spesso delle minigonne.
-Posso chiederti perché sei tanto ossessionato dalle gonne corte?- chiese lei, a un certo punto, alzandosi. La cenetta l’aveva preparata lui, anche se forse avrebbe dovuto prendere qualche lezione di cucina prima di arrischiarsi di nuovo, ma, per abitudine decennale, lei stava raccogliendo i piatti sporchi per metterli nel lavello.
Il fatto che quella sera avesse indossato il famoso abito di Natale che lui le aveva regalato, con la gonna che sfiorava appena il ginocchio, lo aveva reso molto felice.
-Perché trovo che le gambe di una donna, se ben fatte, siano una delle parti più sexy che si possano esibire. - Anche Roy s’era alzato, abbracciandola da dietro e porgendole un bicchiere di champagne -Le tue in particolar modo sono irresistibili, e mi dispiace poterle ammirare solo così raramente. -
Riza sorrise -Tu sei tutto strano… Di solito gli uomini puntano al decoltè. -
-Anche quello è un bel punto, così come la schiena, ma non posso certo chiedere alla mia donna di girare con le spalle e la schiena nude…- le baciò le suddette spalle -Anche perché poi sarei così geloso da carbonizzare chiunque ti guardi per più di dieci secondi. -
-La mia schiena non è un bel vedere… lo sai anche tu. -
-Non avrei dovuto lasciarmi convincere a sfregiarti quel tatuaggio col fuoco…- mormorò Roy, con una sfumatura di rimprovero nella voce.
-Te lo chiesi io. Non potevo più tenere quel fardello sulle spalle. -
-Sai, mi chiedo davvero cosa avevo in testa, quando mi hai mostrato quel tatuaggio per la prima volta. - la baciò sulla nuca -Se potessi tornare indietro, ignorerei il tatuaggio e mi concentrerei solo su te. -
-Non… non era il momento. Non ricordi?- tentò di distrarlo Riza. Stava tentando una strada che lei non era sicura di voler percorrere. Anche se una piccola parte di lei era pronta a farlo.
-Mi faresti rivedere la tua splendida schiena, Riza?- le sussurrò, con voce bassa e seducente.
-Se ti dicessi di no, ti fermeresti?- lei ne dubitava…
-Certo: sono un gentiluomo, io. - Roy smise di baciarla, ma non di tenerla stretta.
Lei fu un po’ sorpresa. Già… Roy era decisamente diverso dagli altri. Diverso da come gli altri se lo aspettavano, quando erano solo loro due.
Con gentilezza, la portò verso la poltrona, dove si lasciò cadere, portandola con sé. Il tutto, senza rovesciare i bicchieri di champagne, che posò sul tavolino lì a fianco.
-Non è che non ti ami, Roy, è che…- tentò di scusarsi lei.
-È ancora troppo presto?-
Lei scosse la testa.
-Temi le chiacchiere? Ci sono già, ma non dobbiamo preoccuparcene. -
Ancora lei scosse la testa.
-E allora, dimmi…-
-Tu… corri troppo!- ecco, l’aveva detto -Non dare per scontato che io… cioè, che in passato io abbia…- era arrossita. Roy le passò una mano tra le ciocche di capelli che, incorniciandole il volto, scendevano sulle spalle.
-Vuoi che aspettiamo dopo il matrimonio?- fece lui, serissimo.
-EH?-
-Ti sposerei anche domani, anche ora. Ma posso aspettare, se vuoi un fidanzamento lungo. -
-Spo… sposarci?- balbettò lei, incredula.
-Perché no? Potresti trasferirti qui, così smetterei di rischiare di avvelenarmi ogni volta che provo a mettermi ai fornelli, potresti davvero guardarmi le spalle tutto il giorno, e potrei coccolarti anche a casa senza tentare di acchiapparti in ufficio ogni volta che mi passi accanto alla scrivania. - si grattò la testa -A dire il vero, questa cenetta, o tentativo di cenetta, l’avevo organizzato proprio per chiederti questo. - si cacciò una mano in tasca, estraendo una scatolina blu.
Riza gli posò una mano sulla sua; era arrossita -Non è che intendessi questo, con "correre troppo"… anche se ora si, stai correndo parecchio. Intendevo che… tu dai per scontato che io sappia come fare. E invece no. -
Roy le sorrise.
-Sei adorabile. - le disse.
Prima che lei potesse tentare di fermarlo di nuovo, le aveva preso la mano -Sei adorabile e vorrei sposarti. -
Riza sospirò -Non possiamo, Roy: una relazione può essere tollerata, ma un matrimonio… non verrei trasferita in un’altra città, ma di sicuro in un ufficio diverso dal tuo. C’è gente che non aspetta altro che toglierti il tuo cecchino di fiducia. -
-Tu non ti preoccupare: abbiamo gli appoggi giusti per farti restare nel mio staff anche se ci sposiamo. Riuscirò a dimostrare che sei l’unica adatta al ruolo. -
-Marito e moglie e superiore e dipendente. Ne diranno di tutti i colori. -
-Chi ci proverà dovrà essere raccolto con una paletta e una scopa. -
Le obiezioni di Riza non facevano una piega, e le idee di Roy non parevano reggere; però, c’era da scommetterci che avrebbe trovato lo stesso il modo per aggirare simili ostacoli.
-Alla fine tu ottieni sempre quello che vuoi, in un modo o nell’altro. E riesci a convincere la gente che è giusto così. Ancora non ho capito come ce la fai, ma riesci sempre a convincere anche me. - gli strinse la mano -Va bene. Se riuscirai a far si che io possa restare a guardarti le spalle… Sposiamoci. - sorrise.
Roy le prese la mano, e le infilò il famigerato anello di fidanzamento all’anulare destro. Era una fedina con un rubino tagliato a cuore e tre piccoli brillanti per lato.
-Allora, Riza, brindiamo. A noi, al nostro futuro assieme, e ai sotterfugi infami che metterò in atto pur di poterti sposare e continuare a lavorare assieme!- levò il calice, porgendo a Riza il suo, dopo averli recuperati dal tavolino li a fianco.
-A noi. - brindò lei, toccando col suo bicchiere quello di Roy -E all’amore che sboccia quando meno te lo aspetti. -
*** *** ***
Riza aprì un occhio, disorientata dalla luce che proveniva da un angolo inusuale.
Poi fece mente locale sulla sera prima.
Lei. Roy. Cena. Lui che ci provava. Lei che cercava di frenarlo e poi… lui che le aveva chiesto di sposarlo.
E lei aveva accettato.
Ma solo se lui fosse riuscito ad ottenere la garanzia che avrebbero potuto restare nello stesso ufficio anche dopo le nozze. Altrimenti, si sarebbero dovuti accontentare di una relazione clandestina.
E ora era nuda, nel suo letto, e lui dormiva beato accanto a lei, tenendole un braccio attorno alla vita.
Vedendolo così addormentato, con un faccino tanto tranquillo, Riza sorrise. Quando dormiva, Roy non dimostrava i suoi trentatrè anni, con quel volto dai lineamenti morbidi, tipici di chi ha sangue dell’estremo est.
Passò una mano tra i suoi capelli. Erano così fini e morbidi, le piacevano un sacco da accarezzare.
Nel sonno, lui mugolò di piacere, e la strinse a sé.
Riza si rese conto di non aver mai visto Roy di primo mattino così da vicino. Curiosa, gli passò un dito sul mento.
Un leggero accenno di qualche pelo coraggioso che cercava di spuntare la fece sorridere.
Roy non era mai riuscito a farsi crescere una barba decente, solo un po’ di peluria "a muffa". Così, aveva fatto buon viso a cattivo gioco, rasandosi e rassegnandosi a un volto da eterno ragazzo.
La sera prima, assieme ai vestiti, era volata via anche la benda nera che ancora portava sull’occhio.
Riza aveva temuto che ci fosse una larga, estesa cicatrice. Invece, c’era solo una sottile scia biancastra che solcava lo zigomo di traverso e spaccava il sopracciglio. La pallottola doveva avergli solo sfiorato l’occhio, senza distruggerlo, anche se l’aveva irreparabilmente danneggiato; si notava solo che la pupilla non si dilatava come avrebbe dovuto, ma con gli occhi neri che aveva, occorreva essere davvero molto vicini, per notarlo. Avrebbe potuto anche portare una benda più piccola: quella faceva pensare a chissà che sfregio…
Ma una piccola benda tonda gli ricordava troppo quella che portava King Bradley per nascondere l’occhio col segno dell’uroboro…E poi, la sera prima aveva scoperto il perché di una benda così grande.
Gli accarezzò il volto. Aveva ancora un’aria piuttosto sciupata. Sicuramente non aveva mangiato né bene né abbastanza, in quell’anno e mezzo, e doveva aver passato nottate in bianco a rimuginare chissà quali cupi pensieri.
Riza si chiese se non avrebbe fatto meglio ad andare a riprenderlo con qualche scusa dopo due mesi su quel passo alpino, portarlo a Central City a calci e convincerlo a riprendere il suo ruolo e il suo grado, con le buone o con le cattive.
Lo vide aprire gli occhi, sbattendo le palpebre per la forte luce del mattino.
-Buongiorno. - gli disse, dolcemente.
-Si, decisamente un buon giorno. - rispose lui, sorridendole.
-Puoi lasciarmi andare o la colazione la prepari tu?- fece lei, in riferimento al braccio di Roy, ancora ben avvinghiato alla sua vita.
-Voglio te, per colazione. - fece lui in tutta risposta, alzandosi un poco e baciandola.
Lei lo lasciò fare per qualche minuto, ma a un certo punto…
-Sono le sette; e alle otto e mezza dobbiamo essere in ufficio. E io devo tornare a casa a mettermi in divisa. Su, fai il bravo e lasciami alzare…-
-Non possiamo darci malati?-
-Tutti e due? Su, in piedi…-
Con un mugugno di protesta, Roy si alzò, tutto da ammirare nella sua nudità da latin lover.
Peccato che Riza fosse, in quel momento, impegnata in una caccia al tesoro.
-Dove diamine hai buttato il mio reggiseno? Ah, eccolo. Come ha fatto a finire sull’armadio?!-
Il suo monologo imbarazzato era troppo carino, ma alla fine Roy ebbe pietà e l’aiutò a ritrovare tutti i capi di vestiario.
-Ci vediamo alle otto al cafè du general, nella piazza di fronte al comando? Io faccio sempre colazione lì. -
-Va bene. Però ora lasciami, su…- Riza si divincolò dall’abbraccio di Roy. -Cerchiamo di mantenere una parvenza di professionalità, almeno in ufficio, ok? -
-Sei crudele…- disse lui in tono afflitto.
-Sono professionale. Su, avanti. -
Si salutarono sulla porta. -Dai, ci rivediamo tra mezz’ora…- disse schivando un bacio che l’avrebbe di nuovo trascinata in casa.
Con un sospiro, Roy andò a farsi quei quattro peli di barba e a mettersi la divisa.
Riza era il tipo di donna che demoliva i sensi comuni.
Infatti, sebbene avesse dovuto fare quattro isolati per tornare a casa sua, farsi una doccia, asciugarsi i capelli e vestirsi, alle otto precise era già seduta in uno dei tavoli del caffé, sfogliando il giornale, e attendendo Roy.
Bevendo il caffé della colazione, Roy guardò la mano di Riza.
-Non l’hai messo. - disse triste, riferito all’anello. All’anello di fidanzamento.
-Sarebbe come dire ai quattro venti il tutto. È un po’ prematuro, ancora, no?-
-Puoi sempre tenerlo solo in ufficio. - obiettò lui.
-Ho paura di rovinarlo, lavorando con le scartoffie. -
-Puoi infilarlo in una catenina. -
-Insomma, non vedi l’ora di sbandierare al mondo che facciamo il grande passo, eh?- sospirò lei, posando la sua tazza di caffé -Ricorda: se non ottieni il permesso, niente grande passo, solo una cosa clandestina. -
-Io sono ottimista. A proposito: che ne dici di Natale? - la guardò da sopra la tazza -Non manca molto, solo un paio di mesi, ma sarebbe molto romantico, non trovi?-
-Matrimonio segreto come da romanzo?- scherzò lei -Se vuoi ottenere i permessi per restare nello stesso ufficio, occorrerà più tempo. Magari in primavera. Maggio, per organizzare tutto per bene. -
-Sotto un mandorlo fiorito e verdi montagne come sfondo? Ne ho visti un paio che farebbero al caso nostro, nella "ghiacciaia di Amestris". Ma riuscirò ottenere i permessi per Natale. È una promessa. -
Era… buffo. Parlare con naturalezza, con i loro soliti botta e risposta amichevoli, di cose del genere.
Quasi surreale.
-Sai che mi piacerebbero tanti bambini, vero?-
-E poi come li giustifico, se teniamo il matrimonio segreto? O, peggio, se non riusciamo a sposarci e dobbiamo accontentarci di una relazione clandestina? -
-Farò sistemare tutto, vedrai. - guardò l’orologio d’argento da taschino -È ora di andare. -
Roy aveva il conto aperto al cafè du general, quindi non ebbero neanche bisogno di andare alla cassa.
Nessuno fece caso quando entrarono assieme: quella era l’ora di timbrare il cartellino, e una piccola folla di ufficiali, sottoufficiali e personale civile sciamava attraverso il grande portone.
Black Hayate, al piede di Riza, continuava ad annusarla e ad annusare Roy.
Aveva la faccia, anzi, il muso, di chi l’ha capita lunga.
-Questa è la situazione, uomini. Voglio che guardiate, spulciate, frughiate in ogni singolo documento, per trovare qualche cavillo a cui possiamo attaccarci. Havoc, chiedi aiuto anche a Sheska: la sua memoria e la sua conoscenza degli archivi ci può essere fondamentale. Riza, prendimi appuntamento con il tenente generale Grumman: sarà il nostro portavoce. -
Scattarono tutti sull’attenti. Anche Riza. Parola d’ordine per la missione "velo e pistola": massima segretezza.
Insomma, per dirla in termini comprensibili, Roy stava mobilitando il suo staff come se dovesse cercare le prove di chissà quale crimine, o mettersi sulle tracce di un terribile serial killer. E invece, la missione era: troviamo una scappatoia che permetta a due ufficiali di sposarsi e continuare a lavorare nello stesso ufficio.
Roy sprofondò nella poltroncina, ripassando mentalmente la lista di persone che gli dovevano dei favori, in alto.
C’erano altri tre o quattro brigadieri generali che erano stati promossi unicamente per colmare i vuoti causati dai processi in cui lui aveva giocato un ruolo chiave per provare la colpevolezza.
C’era Grumman, che non aspettava altro di vederlo sposare Riza, e con cui era comunque in buoni rapporti da anni.
C’era Armstrong, che poteva intercedere con suo padre, generale da tempo in pensione, ma con ancora dei buoni contatti.
Forse, se dimostrava che Riza era l’unica capace di restargli a fianco…
Sorrise, un sogghigno da vero bastardo.
-Ah, Riza… vorrei che tu ti prendessi paio di mesi di ferie. Giusto per dimostrare quanto sei assolutamente insostituibile al mio fianco…-
-Generale, cosa ha in mente?- fece Riza, con tono talmente professionale che per un attimo Roy dubitò di aver sognato la notte appena passata.
-Solo fare impazzire tutti i sostituti temporanei che mi manderanno…- sogghignò. E Riza compianse coloro a cui era rivolto quel sogghignetto sadico.
-Una delle sue tipiche idee, Mustang. Geniale e diabolica. E Hawkeye, ha accettato di giocare la sua parte nel piano?-
-Non è stata propriamente entusiasta di sapermi due mesi senza far nulla in ufficio e a cacciarmi nei guai più pericolosi che io possa trovare a Central City, anzi. Siccome ha quasi finito le ferie, ha proposto piuttosto di essere inviata a fare qualche sopralluogo con qualche scusa in posti che richiedano tempo…-
-C’è Lior, doveva andarci un altro tenente, ma posso tranquillamente organizzare un cambio, dato che non mi era parso tanto entusiasta di essere spedito laggiù. È solo per quaranta giorni, ma poi può prendersi qualche giorno di ferie, e i due mesi, si raggiungono. Ma perché vuole fare a tutti i costi tutto entro due mesi?-
Roy fece uno dei suoi sorrisini -Perché voglio portare a Riza quel permesso come dono di Natale. E in grande stile, non di nascosto come due criminali. -
Non erano stati necessari due mesi. Dopo quaranta giorni, il nono tra tenenti e sottotenenti mandati come guardaspalle del brigadiere generale Roy Mustang si presentò in infermeria, e poi minacciò di dare le dimissioni se non fosse stato immediatamente tolto da quell’incarico.
-Le assicuro che è terribile, signore. Fargli fare il lavoro d’ufficio è impossibile, devo leggergli tutti i rapporti e fargli i riassunti di poche righe… per non parlare di quando esce! Credo di aver perso il conto di quante volte ho rischiato la vita. E lui dice che è un periodo tranquillo!
Proprio non mi spiego come il tenente Hawkeye sia riuscita a sopportare questa vitaccia per undici anni… La prego, tenente generale, mi rimuova dall’incarico… mi mandi al nord, al sud, dove vuole, ma io in quell’ufficio non ci resto un giorno di più!- supplicò il tenente con le lacrime agli occhi.
-Capisco, tenente. Lei è il nono che mi ripete pressappoco questa tiritera. Quindi, o il brigadiere generale Mustang è come il topo che balla quando il gatto, cioè il tenente Hawkeye, non c’è, oppure Hawkeye è una specie di superdonna che riesce da sola a proteggere e far fare lavoro d’ufficio a un piromane arrivista che però quando lavora lo fa per bene. - il tenente generale Hash Arkens sospirò -In ogni caso, quella donna dev’essere richiamata qui: Mustang deve averla di nuovo alle costole. - guardò un foglio sulla sua scrivania, proveniente dall’ufficio di Mustang -Temo dovremo accettare le sue richieste: quel dannato riesce a far rotolare giù chiunque gli intralci la strada. - mormorò.
Le "sue richieste", sue di Mustang, erano qualcosa di scandaloso per il vecchio generale, che aveva una moglie a casa che conosceva appena la graduatoria militare e che viveva per le partite a canasta con le amiche.
Roy Mustang voleva sposarsi, e fin qui nulla di male, ma pretendeva che la sua futura moglie mantenesse l’incarico attuale e avesse le stesse dislocazioni che venivano assegnate al marito.
Non diceva il nome della donna, ma era il segreto di pulcinella del quartier generale di Central City: Riza Hawkeye.
Questo avrebbe richiesto una riunione straordinaria con i relativamente pochi generali rimasti. Brigadieri Generali, Maggiori Generali, Tenenti Generali, e la mezza dozzina di Generali rimasti.
I recenti processi avevano fatto una bella purga dell’esercito, e sebbene avesse scoperto spiacevoli verità sul conto di persone che riteneva irreprensibili, il tenente generale Arkens riteneva che ora si stesse meglio, ai vertici.
-Smith, chieda una riunione di tutti i Brigadieri Generali, Maggiori Generali, Tenenti Generali e Generali del Comando Centrale, per dopodomani, nella Sala Azzurra, alle ore 10. - disse al segretario, dopo aver congedato il tenente.
-Sissignore. Ordine del giorno?-
-Scriva che verrà comunicato solo al momento di iniziare la riunione. - sospirò il tenente generale Arkens.
-Ci sarà una riunione di tutti i generali dal mio grado in su, domattina. Scommetterei i miei guanti che è per quella questione. - disse Roy, al telefono.
La ragazza che era stata mandata come segretaria tentò uno sguardo di rimprovero per i piedi sulla scrivania e il fascio di documenti da leggere e firmare di ora in ora più grande e pericolante.
-Pensa di riuscire a imporsi?- chiese la voce, decisamente femminile, al di là della linea.
-Ho i giusti appoggi, volenti o nolenti. Ah, per favore, tenente, dì alla ragazza che hanno mandato a rimpiazzarti dove tieni i moduli ventisette A. Non riusciamo a trovarli…- Roy fece cenno alla ragazza di avvicinarsi, e le porse il telefono.
-Pronto?- la voce al di là della cornetta era decisamente femminile -Sei la nuova vittima sacrificale che hanno mandato per cercare di far lavorare il brigadiere generale Mustang? Condoglianze, e buona fortuna. I moduli ventisette A sono nel terzo cassetto della sua scrivania, sotto i ventisei A, in una cartellina verde. Non toccare la scatolina nera: è insetticida. -
-S… sissignore…- annuì la ragazza.
Roy aveva calcolato a occhio che avesse vent’anni, non di più. Era stata appena assunta come personale civile, e l’avevano mandata nel posto più ingrato.
Riprese la cornetta -Allora, come procedono i tuoi preparativi?-
-A buon punto, anche se mi sembra un po’ eccessivo. Meglio la semplicità. -
-Se non si fanno le cose in grande stile, che gusto c’è? Ce la fai a tornare per domani?-
-Ho le valigie pronte. Prenderò il primo treno per Central City di domattina, quindi per dopodomani sera. -
Per chi non l’avesse capito, era Roy che telefonava a Riza per dirle che ci sarebbe stata una riunione in cui prevedibilmente si sarebbe parlato della sua richiesta di eccezione alla regola, le chiedeva a che punto era il vestito da sposa, perché era certo che avrebbe avuto il permesso, e le diceva di tornare da lui.
Posò la cornetta.
-Ti manda i suoi migliori auguri e, ha concluso dicendo "forza e coraggio, con un po’ di fortuna non durerà per sempre" - sorrise Mustang alla segretaria.
La ragazza sospirò, tornando a cercare di riassumere venti pagine di rapporto in dieci righe, come richiesto dal brigadiere generale, che stava sfogliando beato una rivista coi piedi sul tavolo.
In quella sala, Roy era quello di grado più basso, assieme a una trentina di altri uomini. Di sicuro, era il più giovane.
La sua gioventù faceva risaltare l’età oltre gli ‘anta dei presenti.
Era il più giovane, quello che aveva fatto carriera più in fretta, quello noto come colui che riusciva sempre a incastrare chi voleva.
Non si sentiva per nulla a disagio.
Sedette con naturalezza al posto assegnatogli nel lungo tavolo ovale che troneggiava nella Sala Azzurra.
Centoventi persone potevano trovare posto attorno a quel tavolo, ma solo centodieci sedie erano occupate.
Era comunque un bel numero.
Molti generali rabbrividirono nel sentire quell’occhio nero e liquido posarsi su di loro.
"Cosa posso scovare, nel tuo passato, per farti lo sgambetto? Cosa posso trovare, per ricattarti? È inutile che ci provi, ci riuscirò. Io sono il piromane arrivista, e sono pronto a tutto per arrivare ai miei obiettivi." diceva una vocina al loro orecchio.
Al momento, il più alto in grado e più decorato presente, nonché con più anni di servizio, era il generale Hakuro.
Sei anni prima, due uomini dello staff di Mustang e un alchimista sotto il suo comando avevano salvato la vita a lui alla sua famiglia, in treno. Mustang gli aveva già chiesto sostegno, e l’aveva ottenuto in pieno. Conosceva da anni Hawkeye, ed era uno di coloro che non prestavano orecchio alle malelingue sulla donna.
Lui era più che disposto a perorare la causa di Mustang, ma sapeva che c’erano molti pronti a osteggiarlo semplicemente perché era "l’arrivista" e perché era considerato responsabile del bel cancan di processi di due anni prima, nonché della decapitazione dell’esercito, con la perdita di potere che ne era conseguita.
Il tenente generale Arkens iniziò a esporre.
-Signori, alcuni di voi avranno intuito il perché di questa riunione, - occhieggiò Mustang, che sorrideva beato e pacifico come se nulla fosse -ma per chi non l’avesse intuito e per la chiarezza di tutti, vedrò di esporvi il motivo: la richiesta del generale di brigata Roy Mustang di poter tenere come assistente di ufficio, guardia personale e braccio destro il tenente Riza Hawkeye anche dopo un loro eventuale matrimonio. -
Un brusio si levò dalla sala.
Come già detto, la loro relazione era il segreto di pulcinella (cioè un "segreto" che sanno tutti), ma una simile richiesta!
-Io personalmente darei il mio assenso solo perché non ne posso più di trovarmi sottotenenti, tenenti e segretari in lacrime che non riescono a lavorare nel suo ufficio o fargli da scorta. - terminò, tornando a sedersi.
Un generale di brigata prese la parola. -Non si possono fare eccezioni per l’esercito. Già la modifica del comma 14 sulle unioni tra ufficiali in diversi uffici è stata uno sbaglio…-
Le parole gli morirono in gola quando Roy gli sorrise amabile, mettendo casualmente la mano su una cartellina di cuoio portadocumenti che aveva con sé.
Il generale di brigata ebbe la terribile sensazione che Mustang sapesse della piccola relazione extraconiugale che aveva con la sua segretaria, trent’anni più giovane.
-Però effettivamente, viste le circostanze…- trovò il fiato di dire, prima di sedersi.
Altri provarono a obiettare, ma quella cartellina posata con noncuranza davanti a Roy assunse per ognuno l’aspetto del suo senso di colpa.
Se ora non sapeva, avrebbe scovato, Avrebbe ricordato tutti i nomi dei suoi oppositori e glie l’avrebbe fatta pagare, in modo palese o meno.
Il ricordo di due tenenti che avevano fatto battute pesanti su Hawkeye, quando questa era ancora sottotenente, e che erano misteriosamente stati spediti, non si sa bene come o perché, ma con importanti firme, in un paesino sperduto nel deserto a far compagnia ai cammelli, tornò alla mente di molti altri che provarono a obiettare.
Alla fine, parlarono solo quelli che erano d’accordo. Roy fu sorpreso di vedere quante persone non avevano nulla in contrario o caldeggiavano la sua domanda. Forse non tutti gli erano nemici, ai vertici. O forse speravano di tenerselo buono.
Due di cui si fidava praticamente ciecamente erano il generale Hakuro, e il tenente generale Grumman. Il primo calcò sulla professionalità di Hawkeye, sul suo senso del dovere e sulla sua abilità unica nell’esercito con le armi da fuoco leggere. Il secondo puntò sulla capacità unica del tenente Hawkeye in ufficio, indispensabile a Mustang.
In tutta la seduta, Roy parlò poco o nulla, ma fissò molto, strofinando le dita. Anche se era senza guanti, il gesto era eloquente. Non abbastanza per essere una minaccia, ma abbastanza per essere un avviso: il piromane arrivista ti tiene d’occhio, e pasteggerà sul tuo cadavere se non fai il bravo.
Alla fine, furono distribuite le tre biglie tradizionali della votazione. Bianca per il si, nera per il no, grigia per l’astensione. Il sacchetto di velluto nero fu portato dal segretario del generale Hakuro, che fece personalmente lo spoglio.
-Settantatre si, quindici astenuti, ventidue negativi. Brigadiere generale Mustang, la sua domanda è stata accolta. - fu il suo verdetto -La seduta è sciolta. -
Mentre coloro che avevano votato no, e anche alcuni che si erano astenuti o avevano votato si per timore di rappresaglie, si alzavano e se ne andavano, alcuni si raccolsero attorno a Mustang.
-Spero che organizzerà un matrimonio in alta uniforme, con guardia d’onore e tutto il resto, brigadiere generale Mustang. Dicono che Hawkeye sotto la divisa sia una gran bella donna, e vederla in bianco sarà una cosa più unica che rara. -
-Lei vorrebbe una cosa semplice, ma sono due mesi che sto lavorando per convincerla, signore. - rispose Mustang ad Hakuro. Sorrideva, ed era il sorriso soddisfatto di chi ha conquistato qualcosa con le unghie e coi denti, e ora può rilassarsi un momento.
-Pensavamo di fissare la data per maggio, e ovviamente siete tutti invitati. -
Grumman sorrideva come se vedesse il figlio prediletto sposarsi, non un ex-subordinato. -Bene, Mustang, finalmente sei riuscito a mettere in atto il consiglio che ti detti quando fosti trasferito a Central City, anni fa. -
-Tenente Generale Grumman, è anche merito suo. Le sarò sempre grato. -
Roy Mustang era il tipo che andava a scrocco, in ufficio. Doveva al "fondo comune caffé" almeno novanta centz. Quindi, quando arrivò in ufficio con una pila di bicchieri di carta e una bottiglia di champagne, tutti i soldati del suo staff, che erano rimasti in ufficio in attesa del verdetto, sorrisero sollevati.
-Le hanno dato il permesso?-
-A larga maggioranza, si! Avete fatto un lavoro magnifico, ragazzi, con quelle ricerche!-
La segretaria lo guardava con tanto d’occhi.
-Luisa, festeggia anche tu! Il tuo lavoro massacrante è finito, torna il tenente Hawkeye a liberarti dal compito di farmi i riassuntini!- le porse un bicchiere di carta pieno di champagne.
-Alla salute del brigadiere generale Mustang, e del tenente Hawkeye, presto signora Riza Mustang!- alzò il calice Havoc.
-E anche alla salute dei miei uomini, che hanno fatto un ottimo lavoro!- fece eco Mustang.
Luisa continuava a non capire nulla.
Era lì solo da una settimana, e non sapeva praticamente nulla di quel che facevano gli uomini dello staff di Mustang.
Sapeva delle voci secondo le quali il brigadiere generale Mustang avesse una relazione con il tenente Hawkeye, ma tutto ciò le risultava nuovo. Tenente Hawkeye, presto signora Riza Mustang?
Bevve il suo champagne, sentendosi un po’ un’intrusa nel clima di complice allegria dell’ufficio, finché il sergente maggiore Fury non le si accostò, non la prese sottobraccio e, con voce complice, le disse -Mi spiace che abbiamo dovuto tenerti all’oscuro di tutto, ma era troppo importante la segretezza. Ora però festeggia con noi: da dopodomani, non dovrai più correre dietro a Mustang!-
Mustang, per inciso, in quel momento era trattenuto da Havoc dal desiderio di festeggiare facendo coriandoli dei rapporti da leggere e lanciandoli dalla finestra.
-Sergente maggiore Fury… come fa il tenente Hawkeye a farlo lavorare?- osò chiedere.
-Con lo sguardo. Uno sguardo alla nove millimetri. - sorrise a trentasei denti il ragazzo, indicando la fondina -Il bello è che lui a quello sguardo obbedisce! Voglio proprio vedere poi quando saranno sposati! Scommetto che sarà lui a scattare sull’attenti!-
Nevicava, ed era un grigio pomeriggio di dicembre. Mancavano dieci giorni a Natale.
Roy attendeva sulla banchina, rabbrividendo nel cappotto di lana e col cappello calcato in testa.
Scrutava la folla che scendeva dal treno, alla ricerca di un volto noto.
Un abbaiare nervoso, familiare.
Poi vide una testa bionda, con i capelli impeccabilmente raccolti, e un familiare cappotto color panna.
La raggiunse.
-Mi sei mancata. - disse, semplicemente, abbracciando Riza, mentre Black Hayate saltellava attorno a loro due, contento non meno di Riza di rivedere Roy.
-Anche tu. - lei rispose all’abbraccio -Allora?- in una parola, Riza aveva espresso la sua ansia principale riguardo alla riunione.
Roy le sorrise -Il primo maggio sarai la signora Mustang, con una sontuosa cerimonia e tutti gli invitati in alta uniforme!-
L’esclamazione gioiosa di Riza, il suo sorriso, e quel caldo bacio, sarebbero bastati a Roy a compensare le notti insonni, i sottili giochi di ricatti e favori, tutto quello che aveva organizzato e passato in quei due mesi.
-Andiamo a casa?- le chiese, passandole un braccio attorno alle spalle.
-Si… a casa. -
La nostra casa.
continua...
e con questo, abbiamo quasi finito, manca solo l'epilogo... che credo sia un po' scontato, data la piega della storia, ma, per citare CowgirlSara, anche io sono una ragazza romantica.
Per poter dare dei semi, un fiore deve appassire... questo è il motivo del titolo del capitolo 4, e del capitolo 5. A dire il vero, prima ho scritto tutta la storia di getto, poi l'ho suddivisa in capitoli a seconda del momento e della "fase" del rapporto. Si, lo so, sono tutta strana, io ^_^
Per rispondere a una domanda postami da The Dark Side, Ed, in quanto alchimista di stato, a 12 anni, appena passato l'esame, ha già il titolo di maggiore. Quindi, in teoria, ha autorità su persone ben più grandi di lui, come Maria Ross e Denny Brosh. E' comica la scena, nel manga, in cui Maria prima gli chiede scusa, poi gli mola un ceffone e gli fa la ramanzina, poi ha il terrore che, per il suo gesto, possa essere congedata dall'esercito, dato appunto che Ed ha il grado di Maggiore. Per fortuna sua, Ed anzi la ringrazia per quella ramanzina, dicendole che aveva ragione, e Maria e Denny fanno un sospirone di sollievo per lo scampato pericolo. Però, ora che ci penso, quei due sono carini, assieme, anche se Maria ignora i continui tentativi di Denny di farle la corte ^^;
Parlando di Roy, Riza, Denny, Maria, minigonne della divisa e compagnia bella, devo avere da qualche parte un'immagine con tutto il cast di FMA, con, tra l'altro, Roy che insiste con Riza perché metta la minigonna, e lei rifiuta, mentre dietro un'imbarazzatissima Maria Ross, nella nuova divisa femminile dell'esercito, è guardata con la bavetta alla bocca da Denny. Tutto lo staff di Roy guarda Riza con occhi adoranti e supplicanti... I nomi sono stati tradotti malissimo, ma vabbé.
L'ho caricata su Imageshack e qui c'è l'indirizzo: http://img519.imageshack.us/img519/6283/fmaeveryonefv4.jpg

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Capitolo 6
*** epilogo - germogli d'amore ***


Epilogo
Epilogo: germogli d’amore
Sebbene avesse sempre detto che, nel remoto caso si fosse sposata, avrebbe voluto qualcosa di semplice e informale, Riza non poté che ammettere che quell’abito la trasfigurava.
Il corpetto interamente ricamato di piccole perle e le maniche di delicato velo ricamato che scendevano ampie, la lunga gonna con lo strascico e il velo fissato all’acconciatura la facevano sentire come una principessa.
Da piccola preferiva le favole di bambini coraggiosi a quelle di principesse da salvare. Ma oggi era la principessa Riza che correva dal suo principe incendiario Roy.
-Sei bellissima… sembri una principessa delle favole!- esclamò Winry, dietro di lei.
Secondo la rigida etichetta militare, doveva avere almeno due damigelle, e gli abiti della sposa e delle damigelle dovevano essere all’altezza dell’alta uniforme dello sposo.
E dato che lo sposo era un brigadiere generale, gli abiti erano molto, molto in alto.
Dato che Riza non aveva molte amicizie vere, la scelta era ricaduta su due delle pochissime donne che conoscesse abbastanza da poterle definire "amiche": Winry e Sheska. Ci sarebbe stata anche Maria Ross, ma lei avrebbe dovuto assistere in alta uniforme, essendo dell’esercito.
Le due avevano ora lunghi abiti bianchi che riecheggiavano un po’ il suo nei tessuto e nelle forme, anche se lunghi solo fino alle caviglie e con maniche solo un po’ ampie.
-Il bouquet tiralo verso di noi, più tardi!- le disse Sheska, porgendole il mazzo di fiori, arrivato pochi istanti prima dal fioraio. Era una elegante creazione di rose, nebbia e lunghe foglie verde scuro a fare da contrasto.
-Riza, è arrivata la macchina. - la avvisò il generale Grumman, affacciandosi alla porta, e rimanendo a contemplarla per qualche istante.
Si asciugò una lacrima con il fazzoletto -Avrei dovuto insistere molto prima con Mustang perché ti sposasse…-
Riza arrossì.
Quando avevano cominciato a fare i preparativi per il matrimonio in grande stile, i suoi tentativi di copertura di molti anni prima erano saltati, ed era venuto fuori, così, casualmente, come sua madre fosse l’unica figlia del generale Grumman.
Ma dato che Roy era sotto la giurisdizione del generale Hakuro, e non del tenente generale Grumman, la cosa era elegantemente passata in secondo piano.
E ora, Riza aveva qualcuno che l’accompagnasse all’altare.
Si accomodarono tutti e quattro ridendo nella macchina, tutta ornata di fiori bianchi, e raggiunsero la sala da matrimoni in cui la cerimonia avrebbe avuto luogo.
A Riza pareva di sognare, le parve un sogno scendere dalla macchina, con Grumman che le porgeva il braccio, le parve un miraggio entrare nella bellissima sala, dalle alte vetrate colorate come quelle degli antichi, romantici edifici che qui e là emergevano tra le case nuove.
Le parve un sogno bellissimo arrivare alla fine del tappeto rosso, dove Roy, in alta uniforme e col cappello sotto braccio, prese la sua mano, dalla mano del tenente generale Grumman.
Accanto a Roy c’era, come l’etichetta voleva, il generale Hakuro.
Aveva vagamente intravisto gli anziani genitori di Roy, seduti nella prima fila di poltrone, assieme ai molti ufficiali in alta uniforme che erano stati invitati.
Le parve di notare Armstrong, ma nella sua nebbia rosata non era sicura di aver visto bene neanche se c’erano, e di sicuro c’erano, i ragazzi dell’ufficio.
Dietro di lei, le due damigelle, rettole lo strascico fino in fondo, si disposero di lato.
Anche se con un po’ più di dettagli, ma anche a Roy pareva di vivere un sogno.
Quante volte aveva cercato di immaginarsi quella scena, e ora che la viveva, era mille volte più bella.
Nessuna parola, tra loro, solo un sorriso che di parole ne valeva mille.
La lettura degli articoli del codice civile riguardanti diritti e doveri dei coniugi era lo strazio di tutti i matrimoni, con quel linguaggio freddo e arido. Ma i due sposi li ascoltavano a malapena, mano nella mano, anche se a Roy parvero passare i secoli prima che fosse il momento delle firme.
Firmarono loro, le damigelle come testimoni della sposa, Hakuro, Grumman e Armstrong come testimoni dello sposo, e finalmente ci fu lo scambio degli anelli e il famoso bacio, a cui furono risparmiati applausi e fischi di complimenti solo perché i nove decimi dei presenti in sala erano in alta uniforme.
Riza non avrebbe mai pensato che la pioggia di riso e coriandoli sarebbe avvenuta da sopra un presentat’arm così imponente, e certo non avrebbe mai detto che la colonna sonora del suo matrimonio sarebbe stata suonata dalla banda dell’esercito.
Quasi si sentiva in colpa per non essere anche lei in alta uniforme, ma dato come Roy stava facendo petizioni su petizioni per modificare le gonne dell’alta uniforme con delle minigonne, forse l’abito bianco lungo era preferibile…
Prima di salire in auto con Roy, tutti diretti al ristorante per il pranzo nuziale, sventolò il bouquet
-Tutte pronte, ragazze ancora da sposare?- chiese, e una piccola folla di invitate si radunò, con gran disappunto di Sheska.
Una biondina dai luccichini rosa attorno doveva essere la famosa sorella minore di Armstrong, e c’era anche Maria Ross, in alta uniforme, oltre a Sheska, Winry, e quell’altra ragazzina doveva essere l’ultima segretaria che era stata martirizzata nell’ufficio di Roy in sua assenza, invitata come piccolo risarcimento per quel vero supplizio che doveva essere stato tentare di far lavorare Mustang.
Riza si voltò, lanciò il bouquet e…
-PRESO!-
-PRESO!-
Jean Havoc impallidì, passandosi due dita nel colletto. L’avevano preso in contemporanea Winry e Sheska.
La seconda gli sorrise radiosa.
-Jean, guarda!- lo chiamò, mostrandogli il bottino.
-Ehi, l’abbiamo preso in due!- fece notare Winry, che non mollava la presa.
In quel momento, un cerchio alchemico incredibilmente intricato si disegnò nel cielo, e coloro che avevano assistito all’arrivo degli strani invasori in armatura, appena pochi mesi prima, misero mano a pistole, sciabole d’onore e qualsiasi cosa potesse essere usato come arma…
Dallo strano cerchio nell’aria piovvero due figure, in abiti marroni, e con chiome bionde.
I due si guardarono un attimo attorno.
-Siamo sicuri di essere tornati davvero nel nostro mondo, fratellone?- chiese il più piccolo dei due, nell’ammutolito silenzio generale.
-Quello è Mustang, quella è Hawkeye, e forse io ho le visioni perché lor-
-EEEED! AAAAAL!- Winry si era già precipitata su di loro, ad abbracciarli.
Eh, si, perché i due Elric erano riusciti a tornare.
E appena Ed ebbe capito cosa stava succedendo, e ebbe visto il bouquet conquistato da Winry a parimerito con Sheska, impallidì e forse meditò di tornare indietro!
Note dell’autrice:
x Shatzy; l'anello di fidanzamento va all'anulare destro, la fede nuziale all'anulare sinistro!
questo doveva essere qualcosa di breve. Sul serio. E invece, sono venuti fuori cinque capitoli più epilogo, per un totale di cinquantasette pagine di word.
E io dovevo studiare.
Dovevo studiare per un esame (che poi l’ho dato e passato lo stesso), e invece ho fatto le nottate a scrivere.
Ma mi ha dato molta soddisfazione.
Riza e Roy sono due personaggi che mi piacciono molto: Roy è un’adorabile bastardo (ma solo al di la dello schermo: se avessi tra le mani un uomo in carne e ossa così, o lo amerei, o lo prenderei a calci. Oppure tutt’e due), e Riza mi ricorda un personaggio che giocai molto tempo fa, mi piacque subito quando lessi e vidi Fullmetal Alchemist.
Sono diventata una fan della loro coppia solo di recente, dopo essermi fatta la maratona di FMA, due settimane prima della fine in tv. Questa è una fic scritta in tempo di record, 5 giorni appena.
Fossi sempre così prolifica…
Sperando che vi sia piaciuta, vi saluto, lettori, concludendo con un po’ di ringraziamenti:
- a Eternal Fantasy ed Elettra, mie beta reader e la seconda commentatrice in diretta (grazie msn!),
- ai miei altri lettori di anteprima di cui aspetto ancora i commenti e le critiche costruttive: Andre, Roweena, Sabu, Della
- al mio papà che ho assillato una serata intera con domande riguardo l’etichetta dell’esercito riguardo ai matrimoni di ufficiali
- a wikipedia e alla pagina in inglese delle gerarchie militari di FMA, che mi sono state indispensabili
- al mio inglese che fa acqua da tutte le parti però quando serve funziona
e termino con un…
GLORIA A RoyxRiza
HATE RoyxEd!
Ilune Willowleaf
PS: se siete maggiorenni, forse un giorno riuscirò a terminare il capitolo speciale da inserire al posto degli asterischini…

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