In The Pink Toilet

di Hermione Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


ATTENZIONE: QUESTA FANFICTION CONTIENE POTENZIALI SPOILERS PER DEATHLY HALLOWS, SE NON L'AVETE ANCORA LETTO E VOLETE RISPARMIARVI LA SORPRESA, VI CONSIGLIO DI NON ANDARE OLTRE NELLA LETTURA.

Allooooora, avevo iniziato a scrivere questa fanfiction per un concorso, ma poi sono andata fuori tema, e ho deciso di accantonare l'idea. I tre capitoli di cui è composta sono già pronti, quindi non ci saranno problemi di incompletezza (come mio solito).

DOVE, COME, QUANDO, ETC.: questa storia si svolge attorno al 2000/2001. Harry & Ron sono Aurors al Ministero, Hermione è attualmente impegnata per una promozione.

* * *

In The Pink Toilet
Parte Prima

L'orologio segnava già le una e mezza.
Ron alzò pigramente il volto per un'altra rapida controllatina, dopodiché riabbassò il capo e riprese nella sua attività di zapping notturno.
Non rimaneva sullo stesso canale per più di cinque secondi. Sapeva benissimo che se ci fosse stata Hermione gli avrebbe strappato il telecomando di mano senza troppe cerimonie.
Ma Hermione non c'era. Era questo il punto: Hermione non c'era.
Ron sbadigliò di nuovo, allungando le gambe sul pavimento, in un vano tentativo di sciogliersi un po'.
Aveva sonno, ma non voleva andare a dormire. Semplicemente perché voleva aspettarla.
Non era da molto che avevano deciso di vivere assieme, e la cosa si era rivelata sotto alcuni punti di vista piuttosto deleteria.
Entrambi avevano odiose abitudini difficilmente sopportate dall'altro, ma Hermione non se ne angustiava più di tanto, andava dicendo che era una cosa normale e che tutto si sarebbe sistemato nel giro di un po' di giorni... o mesi... o anni.
Bè, in ogni caso, Ron aveva deciso di conformarsi a quella spiegazione che Hermione gli aveva dato. Dopotutto era lei che sapeva sempre tutto, giusto?
Giusto. Non c'era dunque alcun motivo per preoccuparsi in quel modo, giusto?
Giusto.
Ma Ronald Weasley era decisamente stufo di tutti quei "giusto" che gli risuonavano nella testa senza alcun motivo apparente. Perché il problema sussisteva comunque, e non c'era alcuna frase campata per aria che potesse distoglierlo dall'evidente e incontrovertibile verità che Hermione non era in casa.
Era la quarta volta quella settimana che faceva così tardi. "Lavoro del Ministero," aveva detto lei più e più volte, fino alla nausea, ma a Ron non andava giù comunque.
Possibile che per ottenere quella dannatissima promozione fosse costretta a lavorare così tanto?
Pensò con stizza che sì, le aveva promesso di sostenerla sempre e comunque, ma la cosa si stava facendo davvero insostenibile.
Il tutto era aggravato dalla presenza di Nicholas, l'odioso collega che le era stato affiancato per quel lavoro che andava necessariamente portato a termine nei tempi prestabiliti. Il lavoro era non solo incredibilmente complicato e difficile (Ron non ci aveva mai capito un tubo di controversie legali, per questo si era limitato ad annuire alla spiegazione lunga mezz'ora che Hermione aveva inutilmente tentato di dargli), ma anche lunghissimo.
Praticamente Ron non la vedeva che la mattina quando si alzavano entrambi per andare a lavoro, qualche volta se si beccavano per i corridoi del Ministero e di sfuggita nella pausa pranzo, ma ultimamente le occasioni per potersi parlare durante la giornata lavorativa si erano ridotte a zero.
Senza contare che Ron detestava Nicholas: non solo lo riteneva uno stupido spocchioso borioso pallone gonfiato senza cervello, ma aveva anche ragione di credere che avesse messo gli occhi su Hermione anche più del dovuto.
Poteva sopportare le pacche amichevoli quando si vedevano, ma l'abbraccio fraterno che le riservava da qualche giorno a quella parte, no, non poteva proprio sostenerlo.
E poi, che Ron fosse geloso, non era decisamente una novità.
Hermione si limitava a dirgli che a lei di Nicholas non importava niente.
E Ron avrebbe dovuto crederle, giusto?
"Giusto," si ripeté mentalmente per la miliardesima volta.
Ma erano quattro notti che si addormentava senza vederla, quattro notti in cui lei e Nicholas (Ron pensava e pronunciava quel nome con un'inflessione talmente odiosa che riusciva ad innervosirsi da solo) si chiudevano nel loro simpaticissimo ufficio a discutere di cavilli legali e leggi da discutere e sul come tirar fuori dai casini il Ministero. Poteva sopportarlo? Decisamente no. E stavolta gliel'avrebbe detto chiaro e tondo.
"Chiaro e tondo," sentenziò, prendendo mentalmente nota.
Sarebbe stato ragionevole, ma fermo nelle sue posizioni allo stesso tempo. Le avrebbe fatto capire le sue ragioni e dov'è che stava sbagliando esattamente.
Sì, perché nessuno gli toglieva dalla testa che Hermione stava sbagliando a lasciarsi sfruttare in quel modo.
Insomma, era il Ministero della Magia, o un campo di concentramento? In quale altro dannatissimo luogo di lavoro obbligano la gente a rimanere occupata fino alle due di notte?
Ron tentò di ignorare il piccolo, insignificante dettaglio che gli suggeriva che un paio di esempi li avrebbe pure trovati.
E poi c'era l'imminente matrimonio di Harry e Ginny. Sul lavoro, Harry, non faceva altro che parlargliene e parlargliene dalla mattina alla sera, quella mattina era stata la mattina degli invitati: gli aveva ripetuto per filo e per segno la lista delle persone che avrebbero presenziato al loro matrimonio una decina volte (Ron era sicuro di poterla recitare a memoria se non fosse stato così stanco e assonnato). Se non altro - e qui Ron ringraziò tutti i boxer di Merlino - aveva smesso di spiegargli quanto sarebbe stata bella Ginny nel suo abito da sposa.
Non che Ron si annoiasse a sentir parlare di sua sorella, ma insomma... era pur sempre sua sorella. Assicurato che Harry fosse il miglior partito che avrebbe mai potuto trovare, gli dava comunque fastidio sentir osannare le sue doti: Ron non voleva sapere niente che riguardasse la loro vita privata.
Non avrebbero mai potuto fare quattro chiacchere sui loro problemi di coppia, ad esempio.
Il che era un attimo destabilizzante, visto che il sesso è sicuramente l'argomento preferito dagli uomini, giusto? Questa volta il "giusto" non risuonò nella testa di Ron, odiava i luoghi comuni, e li detestava ancora di più quando si rivelavano essere maledettamente veri, come in questo caso.
Insomma, temeva il giorno in cui Harry potesse intavolare una conversazione sulla sua vita sessuale.
Ron aveva già deciso che: uno, non sarebbe stato ad ascoltarlo, magari avrebbe annuito ogni tanto per dargli la sensazione di essere considerato; due, si sarebbe obliviato subito dopo in caso avesse avuto l'ardire di immagazzinare un paio delle informazioni che Harry aveva gentilmente deciso di condividere con lui.
Gli sembravano le due soluzioni più immediate e sicure. Dopotutto lui non andava di certo a raccontargli cos'è che facevano lui ed Hermione la sera... e la mattina... e anche il pomeriggio, qualche volta.
Un sorriso storto gli si aprì sulle labbra al pensiero. Okay, tra loro c'era una certa intesa... un'intesa piuttosto forte, ma insomma! Non andava di certo a vantarsene in giro!
Mugugnò qualcosa di incomprensibile mentre gli passava di fronte l'immagine di un ciccione impegnato a ballare in un tutù rosa (era la terza volta che Ron beccava quel deplorevole programma in cui dei ballerini oversize si rendevano ridicoli sgambettando su dei palchi piuttosto precari, d'altronde non poteva non ammettere di essersi messo a ridere la sera prima quando uno di loro aveva sfondato letteralmente il parquet finendo chissà dove nei meandri delle fondamenta della sala in cui si esibivano).
Prese la bottiglia di birra che aveva poggiato sul pavimento e ne bevve un sorso.
Proprio mentre sentiva il liquido fresco scendergli giù per la gola, sentì un rumore provenire dalla cucina.
"Hermione!" Pensò subito, rischiando di soffocarsi con la birra che gli era andata di traverso. Maledisse ogni santo esistente mentre tossiva furiosamente tentando di non restarci secco. Una volta scampato il pericolo di morte, si rimise in piedi, dirigendosi in cucina.
Si appoggiò allo stipite della porta, intrecciando le braccia al petto e ritrovandosi a fissare un'Hermione piuttosto provata in mezzo alla cucina.
"Allora?" Chiese lui. Non gli ci volle molto impegno per far sì che le parole gli uscissero piuttosto acide di bocca, ma più ci pensava e più si convinceva di avere il diritto di essere arrabbiato.
"Ciao," rispose debolmente Hermione tenendo ancora in mano il galeone dell'Esercito di Silente che utilizzava come Passaporta per tornare a casa. Ron si sarebbe sicuramente addolcito alla voce di lei se Hermione gli avesse dato un minimo di relazione: non lo stava guardando, aveva semplicemente posato le buste della spesa sul tavolo e stava per cominciare a sistemare tutto nel frigo e nei vari sportelli della cucina.
Di certo a Ron non passò nemmeno per la testa di soffermarsi sul fatto che non solo Hermione era impegnatissima con il lavoro, ma era anche riuscita a fare la spesa, cosa che avrebbe potuto fare tranquillamente Ron visto che era tornato a casa alle sette del pomeriggio.
Al posto di stupirsi in preda all'ammirazione più totale di fronte ad una donna simile, Ron storse le labbra in chiaro segno di insofferenza.
"Com'è andata?" Chiese, "Nicholas come sta?" Aggiunse subito dopo in tono assolutamente poco felice.
"Bene," rispose telegraficamente Hermione, chinandosi per sistemare la frutta nel cassetto più basso del frigorifero. Decisamente non lo stava ascoltando.
"E' una gioia rivederti," aggiunse simpatico. Che voleva farla arrabbiare era evidente?
Lei si rialzò, incrociando per un attimo il suo sguardo. Si infilò il galeone in tasca, interrompendo per un attimo la sistemazione delle cibarie.
"Ron, sono stanca, davvero, non ho alcuna vo -"
"Lo vedo!" La interruppe lui, senza preoccuparsi più di tanto. "Devi smetterla di fare così tardi con Nicholas," continuò imperterrito.
Vide distintamente il fuoco negli occhi di lei.
"E' per il lavoro, Ron!" Esclamò lei tentando di controllare il tono di voce, "e smettila di dire 'Nicholas' in quel modo! Sono stufa dei tuoi deliri su di lui!"
Ron si strinse nelle spalle, in modo assolutamente insopportabile.
"Uh che bello, quindi anche tu adesso lo abbracci quando lo vedi?"
"Ron smettila, adesso," disse Hermione brandendo molto poco rassicurantemente il sacchetto dell'insalata.
"Perché dovrei?" Domandò lui, "la mia ragazza torna dopo diciotto ore di lavoro con un bell'imbusto come quello là, mi tratta a pesci in faccia e sono io quello che deve smetterla?"
"Non ti sto trattando a pesci in faccia!"
"Ah no? Bè, credevo di sì data la faccia che stai continuando a fare."
"Non potremmo discuterne in un altro momento?" Chiese lei, sfregandosi una mano sulla fronte. L'unica cosa che voleva fare era un bagno caldo e andare a dormire fino alla mattina successiva.
"No, non possiamo. Sono stufo di vederti tornare a quest'ora indecente!"
"Ron, è per il lavoro!"
"L'ho capito che è per il lavoro, ma non puoi permettere a quelli del Ministero di trattarti come una schiava alle loro dipendenze!"
"Non essere idiota!"
I toni di voce si stava surriscaldando un po' troppo per i gusti di Hermione; Ron d'altro canto era sul piede guerra: discutere era esattamente quello che voleva fare.
"Non sono io l'idiota! Sei tu che sei acciecata dalla promozione! Il lavoro qui, il lavoro là, sempre e solo lavoro!"
"Ti ho già detto che è solo fino alla fine della settimana!" "E' la stessa cosa che hai detto la settimana scorsa, ma mi sembra che siamo sempre al solito punto o sbaglio?"
Hermione allargò le braccia, per un attimo a corto di parole.
"Mi sembrava che tu fossi d'accordo," optò infine, senza accennare a voler abbassare il tono.
"Lo ero! Ma la cosa ha raggiunto livelli assurdi, senza contare che Nichol -"
"LUI NON C'ENTRA!" Stavolta Hermione aveva letteralmente urlato.
Ron si staccò dalla porta, le labbra strette l'una all'altra. "Ti piace?" Chiese molto lentamente.
"CHE COSA?!" Fu la risposta acutissima e imminente di Hermione che si stava seriamente chiedendo se Ron non si fosse bevuto il cervello.
"Hai capito benissimo."
"Non dire stupidaggini."
"Non sto dicendo stupidaggini, voglio sapere che cosa fate la sera in quel cazzo di ufficio."
Si era bloccata di nuovo, e stavolta non era un'espressione stanca quella che aveva sul volto, tutt'altro: Hermione era furiosa.
"Sono stanca dei tuoi vaneggiamenti!"
"Non sono vaneggiamenti, Hermione, e lo sai! Ma lo vedi come ti guarda?"
"Sì che lo vedo, ma pensavo che -"
"Ecco allora lo ammetti anche tu che quello ha strane idee su di te."
"Può darsi, ma -"
"PUò DARSI?!"
"RONALD WEASLEY!" Esclamò all'improvviso lei. "SMETTILA!"
"No!"
"Allora me ne vado."
Okay, questo non era in programma. Ron sgranò gli occhi, inorridendo potentemente alle parole di lei.
"Te ne vai?" Chiese incredulo.
"Me ne vado," confermò lei, uscendo come una furia dalla cucina, lasciando tutte le buste aperte, il frigorifero spalancato e l'insalata per terra.
Ron la seguì per la casa.
"E per cosa te ne andresti esattamente?"
"Perché sono stanca delle tue insulse insinuazioni."
"Insulse insinuazioni?"
"INSULSE INSINUAZIONI, RON, hai capito benissimo!"
"I miei dubbi sono più che leciti!"
Lei si voltò di colpo, fronteggiandolo apertamente. Gli puntò un dito contro: dire che era arrabbiata sarebbe stato incredibilmente riduttivo.
"Mi sto dedicando anima e corpo al lavoro per ottenere quella stupidissima promozione! Lavoro giorno e notte per poter raggiungere lo scopo che mi sono prefissata non appena ho intrapreso questa carriera! Ti ho chiesto gentilmente di sopportare questa cosa e di aiutarmi, ma non lo stai facendo! Torno dopo una giornata assolutamente devastante e quello che trovo è l'ennesima discussione riguardo Nicholas e le occhiate che mi lancia?!" Era diventata rossa in volto, francamente Ron non sapeva come potesse essere capace di dire tutte quelle cose senza riprendere fiato, e a dirla tutta in quel momento non gli interessava nemmeno. Si era appena reso conto di aver sorpassato il limite.
"Sono stanca!" Gridò di nuovo lei, "stanca! Ti dovresti solo fidare di me! Non di Nicholas, DI ME!"
Conclusa la frase, si voltò di scatto e inforcò la porta della loro stanza.
Tirò fuori la valigia da sotto il letto e la sbattè sul materasso, aprendola con forza.
Spalancò le ante dell'armadio e iniziò a lanciare vestiti dai cassetti alla valigia, con una furia che Ron non aveva mai visto in vita sua.
Bè, forse quella volta in cui l'aveva fatta seriamente arrabbiare dopo essere ritornato da lei ed Harry, impegnati nella ricerca degli Horcrux, ma stavolta... stavolta gli sembrava pure peggio.
La fissava, a metà tra il furibondo e lo sconvolto. "Bene!" Disse ad un certo punto, "bene, vattene! Tanto tornerai sicuramente dopo esserti resa conto che avevi torto!"
Rincarò insensibilmente la dose. Insensibilmente e stupidamente.
Hermione non lo stava nemmeno ascoltando tanta era la rabbia che ci metteva a riempire la valigia con tutte le sue cose.
Una volta raccolto più o meno ciò che le serviva, e lasciato sul pavimento magliette e canottiere che le erano scappate e che non aveva affatto voglia di raccogliere, la richiuse con un gesto secco.
Ron non sapeva che dire, si stava attualmente limitando ad una lunga serie di improperi che gli uscivano di bocca e che non riusciva proprio a fermare.
Se l'avesse guardata si sarebbe anche reso conto che i suoi occhi si stava riempiendo di lacrime, ma era troppo preso da se stesso per poterle notare.
Si fece da parte solo quando Hermione uscì dalla stanza con valigia al seguito.
"Tieni," gli mollò in mano il galeone che usava come Passaporta, "non credo di averne bisogno," aggiunse subito dopo.
Quindi non pensava di ritornare?
"Bene!" Esclamò Ron dopo un attimo di smarrimento.
"BENE!" Gli fece eco lei.
Restò immobile dov'era, l'ultima cosa che sentì fu il leggero pop della sua smaterializzazione, e poi nient'altro.
Rimase a fissare il galeone che aveva ancora in mano, quello su cui Hermione aveva applicato l'Incanto Proteus sconvolgendo Terry Boot, di Corvonero.
Fece schioccare la lingua, rialzando lo sguardo sul caos che regnava nella camera da letto.
"Tanto torna," pensò, "torna sempre," si disse incoraggiante.

* * *


Presto, la Seconda Parte^^

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


ATTENZIONE: QUESTA FANFICTION CONTIENE POTENZIALI SPOILERS PER DEATHLY HALLOWS, SE NON L'AVETE ANCORA LETTO E VOLETE RISPARMIARVI LA SORPRESA, VI CONSIGLIO DI NON ANDARE OLTRE NELLA LETTURA.

Ecco la seconda parte! Spero vi piaccia! Se poi vorrete commentarla mi fareste moooolto molto molto piacere^^

* * *

In The Pink Toilet
Parte Seconda


Ma Hermione non tornò quella mattina, né la sera, né il giorno dopo, né quello dopo ancora.
Per tutta risposta Ron non sapeva se essere più impanicato che offeso, o magari un po' di tutte e due. Era forse colpa sua se si stava dedicando così tanto al lavoro da avere i nervi a fior di pelle? Se quella discussione fosse avvenuta in condizioni di normale stress, Ron era convinto che non sarebbe finita in quel modo.
Hermione l'avrebbe messo a tacere, come sempre, e poi avrebbero trovato il modo di riappacificarsi, modo che nella stragrande maggioranza dei casi non comprendeva né promesse, né discussioni. Dopotutto è risaputo che il sesso riappacificatore è il migliore, no?
"Giusto," si ridisse Ron, dondolandosi sulla sedia del suo ufficio.
Stavolta però non c'era nessuna riappacificazione in vista, non comunque prevista per il futuro più prossimo a cui poteva pensare.
Si era ripetuto mille e più volte che stavolta aveva davvero ragione lui, che Hermione non poteva lavorare così tanto solo per quella stupidissima promozione.
E poi quando l'avrebbe ottenuta? Sarebbe stato peggio? Perché sì, non c'era dubbio che Hermione ce l'avrebbe fatta ad averla quella cavolo di gratifica che le avrebbe permesso di salire un altro gradino della gerarchia ministeriale.
Ron andava ripetendole che sarebbe diventata Ministro della Magia prima o poi, ed era con allegria che glielo diceva, ma se doveva condividerla con il Ministero, la sua Hermione, allora no... non era un compromesso che avrebbe potuto accettare.
Continuava a rigirarsi tra le mani quel galeone che portava sempre con sé, la Passaporta che le permetteva di tornare al loro appartamento ovunque si trovasse, a qualsiasi ora del giorno o della notte. E adesso ce l'aveva lui visto che Hermione si era premurata di mollarglielo teatralmente prima di uscire di casa come una furia.
Significava che non prevedeva un ritorno in tempi brevi? Che non aveva intenzione di perdonarlo stavolta?
Borbottò qualcosa di insensato quando la parola "perdonare" gli passò per la testa: lui non doveva essere perdonato.
Aveva ragione lui, giusto?
"Giusto," si disse ancora una volta.
Ma, paradossalmente, più se lo ripeteva e meno ne era convinto. C'erano delle volte in cui si comportava da vero e proprio insensibile, il classico cafone che non vede al di là del proprio naso, e okay che Ron ce l'aveva piuttosto lungo (il naso ovviamente), ma credeva di averla superata quella fase-cucchiaino, come Hermione amava definirla.
Evidentemente non era così.
Allora l'avrebbe braccata per i corridoi, l'avrebbe fermata, l'avrebbe cercata e l'avrebbe implorata di ritornare a casa con lui... e probabilmente l'avrebbe anche fatto se non ci fosse stata quella sua enorme componente (che non è il naso stavolta, ma nemmeno niente di scabroso, non pensate male) d'orgoglio alla quale Ron non poteva proprio rinunciare quando si parlava di Hermione.
Sbuffò ancora una volta, prendendo a lanciare la moneta su e giù e riprendendola sempre al volo. Se sua madre l'avesse visto seduto a quel modo, con le gambe allungate sulla scrivania, e la sedia pericolosamente inclinata all'indietro, l'avrebbe probabilmente tirato giù e l'avrebbe menato a suon di mestolate nel didietro.
Al solo pensiero di Molly imbufalita, Ron ringraziò che non fosse nei paraggi.
"Buongiorno," la voce di Harry gli era arrivata perfettamente udibile dalla soglia dell'ufficio che condividevano.
"Ehi," fu la risposta molto poco convinta di lui.
"Perché quella faccia?" Chiese, entrando e richiudendosi la porta alle spalle. "Ti hanno ammazzato il gatto?"
No, non gli avevano ammazzato il gatto, anche perché se qualcuno si fosse preoccupato di liberarlo di Grattastinchi, Ron gliene sarebbe stato incredibilmente grato per tutta la vita. Quel gatto lo detestava. Tutte le notti se e quando si svegliava per andare in bagno, si ritrovava vittima dei suoi agguati. Lo aspettava al limite del corridoio e poi gli correva incontro alla velocità della luce, saltava e gli ficcava gli artigli nei polpacci, abbarbicandosi ad una delle sue gambe. Ron aveva continuato a mostrare, insofferente, le ferite di guerra ad Hermione, che si limitava a ridere divertita della cosa. Poi si sporgeva verso di lui, lo baciava, e se ne andava in un'altra stanza a finire altro lavoro o a leggersi un buon libro.
"No," si decise a rispondere.
Harry si fermò nel bel mezzo della stanza, guardandolo.
Che ci crediate o no, Potter parve comprendere al volo ciò che era successo, e no, non era grazie al suo grandissimo acume che era riuscito a capirlo.
Diciamo solo che i tira e molla di Ron ed Hermione erano così frequenti che aveva imparato a riconoscere la faccia "post-rottura", e ovviamente anche quella "post-riconciliazione". Harry sentì un brivido freddo corrergli lungo la spina dorsale al pensiero della loro riconciliazione. Non riusciva a smettere di farsi degli strani filmini mentali, soprattutto perché Ron non si degnava di tacere sulla sua vita privata.
Non era molto esplicito nei suoi commenti, ma lasciava benissimo ad intendere che tra lui ed Hermione scoppiassero le scintille ogni tanto.
Harry non voleva sapere niente, dopotutto Hermione era come una sorella per lui, giusto? Quindi perché avrebbe dovuto tacere su Ginny e sorbirsi invece i commenti di Ron su Hermione? Non era più o meno equa la situazione?
Harry Potter era perfettamente convinto della cosa.
"Non è ancora tornata?" Finì per chiedere, leggermente sorpreso.
"No, non ancora," rispose Ron.
Ci fu un attimo di silenzio.
"Vedrai che è solo questione di tempo," tentò di rassicurarlo Harry, andando a sedersi.
"Me lo auguro," borbottò l'altro in risposta.
L'attesa di stava protraendo un po' troppo per i suoi gusti.
"Stasera alle dieci a mezza al 'Red Moon', ricordatelo," aggiunse poi, totalmente fuori tema.
Ron rialzò il capo verso di lui, un'espressione indecifrabile in volto.
"Al 'Red Moon'?" Chiese incredulo.
Harry si guardò attorno perplesso, come se si fosse aspettato che qualcuno arrivasse a scuotere l'amico chiedendogli che cavolo stesse pensando esattamente.
"Al 'Red Moon', l'addio al celibato... ricordi?" Gli rammentò, affatto convinto che Ron se ne ricordasse.
"Cazzo," fu il breve, conciso, finissimo commento del rosso.
"Cazzo?"
"Me n'ero dimenticato," mugugnò con tono disperato, lasciando ricadere indietro il capo. Sentì la sedia protestare scricchiolando sotto il suo peso di certo non ben distribuito.
"Merlino santissimo, Ron! Hai bisogno di un'agenda per non dimenticarti qualsiasi cosa!"
"No, non di un'agenda, ho bisogno di Hermione," rispose incupendosi.
E aveva ragione. Aveva bisogno di Hermione e dei suoi mille e più post-it appesi sul frigorifero per ricordarsi cosa doveva fare, dove doveva andare, chi doveva incontrare, eccetera eccetera.
"Tornerà ti ho detto," blaterò Harry in risposta, "finisce sempre così, voi due litigate, poi tu la blocchi, le chiedi scusa, lei sorride, bla bla bla bla, e torna a casa, e bla bla bla bla, il resto non ci tengo a saperl -"
"Aspetta -," lo interruppe Ron, illuminandosi improvvisamente; sembrava non aver prestato attenzione a niente di quello che Harry gli aveva appena detto, "- significa che c'è anche l'addio al nubilato di Ginny stasera?" Chiese inorridendo.
"Già," rispose l'altro.
"Oh - mio - Dio," pronunciò molto lentamente nella sua testa.
Immagini scabrose di Hermione e Ginny circondate da ballerini seminudi e torte dalle forme incredibilmente equivocabili gli si dipinsero nella testa con straordinaria dovizia di particolari.
"Hermione ci sarà?" Domandò poi con un filo di voce.
"Ovvio che ci sarà," fu la risposta secca di Harry che aveva cominciato a stendere il verbale di un'operazione del giorno prima.
"Merda," il commento di Ron non poteva che esprimere... stupore? Sconvolgimento? Disperazione?
"E' solo una festa, Ron," Harry stava scuotendo il capo, senza nemmeno preoccuparsi di guardarlo.
"Piena di uomini nudi!"
"Sì, ma è una festa, lo fanno tutte prima di sposarsi," scrollò le spalle, dopotutto non osava pensare a che cosa avrebbero visto esattamente quella sera al 'Red Moon', di certo non suore astemie che li invitavano a ballare la quadriglia.
"Okay, ma tu ti stai per sposare, io ed Hermione abbiamo appena rotto!"
Non riusciva a decidere se lo terrorizzava di più l'idea della sua ragazza con Nicholas o con un ballerino cubano depilato e coi pettorali unti e in bella vista, di certo la seconda opzione era più inquietante della prima.
"Vi rimetterete insieme tra meno di due giorni."
"Come fai a dirlo?"
"Perché succede sempre così, Ron! Mi stupisco che tu stia continuando a preoccuparti: va' a chiederle scusa e tutto si risolve," suggerì ragionevolmente.
"No! Non devo essere io a chiedere scusa!" Protestò Ron a gran voce, continuando ad agitarsi su quella povera sedia che non ne poteva davvero più delle sue spericolatezze.
"Va bene," acconsentì Harry, evitando una qualsiasi discussione.
Ci fu di nuovo silenzio, silenzio in cui Ron aveva lanciato furiosamente il galeone sulla sua scrivania.
"E se anche volessi parlarle non riuscirei a trovarla," borbottò poi, "è sempre con quel Nicholas."
"Nicholas?"
"Quello alto e coi baffi a manubrio e quella faccia a perfetto imbecille."
"Ah," si limitò a commentare Harry.
"Scommetto che è microdotato."
"Non stento a crederlo," gli stava ovviamente dando corda.
"Secondo me è anche impotente! Perché uno con quella faccia non può esser bravo a letto!"
"Forse."
"Magari è pure checca!"
"Ci sta."
"Voglio dire chi cavolo si crede di essere? Fare gli occhi dolci alla mia ragazza!"
"Deplorevole."
"E l'occhio a bue l'hai visto, eh?"
"Sì."
"E' bruttissimo, veramente un cesso, uno scherzo della natura."
"Sì, Ron."
"Voldemort in confronto era Miss Universo."
"Ovviamente."
"E quel suo modo di parlare così pomposo e borioso e -"
E la sedia non resse più, con un gran fragore di legno che si spezza, Ron rovinò a terra, battendo violentemente il fondoschiena sul pavimento.
"MA MERDA!" Imprecò ad un volume indecente.

*

"Hermione ci sei?" La voce di Ginny la raggiunse da dietro la porta del bagno.
"Sì, ci sono," le rispose.
Si era nascosta per un attimo nella toilette visto che un tizio tra quei ballerini assolutamente fuori controllo continuava a flirtare con lei in modo incredibilmente sfacciato. Aveva solo bisogno di una pausa.
Uscì, ritrovandosi a guardare l'amica, i capelli rossi e leggermente mossi che le ricadevano morbidamente sulle spalle.
Ginny le sorrise, e Hermione non poté far altro che sorriderle in risposta.
"Mi spiace che tu non ti stia divertendo," mormorò la rossa.
"Ma mi sto divertendo!" Si affrettò a rassicurarla l'altra.
Intrecciò le braccia al petto e le lanciò un'occhiata alla e-ti-aspetti-anche-che-io-ci-creda-?, le si leggeva in faccia che qualcosa non andava.
"Non pensare a quel deficiente di Ron, dai!" La spronò infine.
"Non sto pensando a lui," mentì.
"Sì, va bene, allora possiamo tornare di là," propose Ginny.
La musica proveniva dalla sala principale ad un volume spropositato.
"Certo, andiamo," Hermione si stava sforzando di apparire serena e tranquilla.
Dopotutto era il momento di Ginny, la sua migliore amica, giusto?
"Giusto," penso tra sé e sé.
"Natalie ha cominciato a lanciare pezzi di torta ovunque," la informò mentre uscivano.
"La torta?"
"Sì, quella a forma di... ," le lanciò uno sguardo piuttosto esplicito.
"Aaaaah," Hermione annuì consapevolmente.
Le venne anche da ridere ripensando all'occhiata sconvolta di Luna che era convintissima che quella torta rappresentasse un Nargiglio Gigante del Sud America. Inutilmente avevano tentato di farle notare che il soggetto era molto più scontato ed evidente, ma Luna non voleva sentir ragioni.
Riemersero dalla toilette e vennero nuovamente sommerse dalla folla, le invitate all'addio al nubilato e qualche imbucato qua e là, senza dimenticarci ovviamente dei gran pezzi di ballerini che giravano da un capo all'altro della sala.
Ginny la prese per mano, impedendole di fuggire un'altra volta.
"Andiamo a bere qualcosa," le disse tentando di sovrastare il volume assordante della musica con la voce.
Hermione non capì, ma annuì ugualmente.
La rossa la trascinò fino al bancone del bar e la spinse a sedersi su uno degli sgabelli.
Fu in quel momento che Lavender passò loro davanti, completamente ubriaca, tenendo in mano quelli che avevano tutta l'aria di essere due vibratori, uno giallo e uno fucsia.
Hermione sgranò esageratamente gli occhi, e spalancò anche la bocca quando si rese conto che Lavender non era altro che il capo di un lunghissimo trenino umano che si era formato.
Parvati e Padma la seguivano inneggiando a cose che è meglio non riportare, qualche ballerino ben piazzato si era aggregato.
La cosa aveva incuriosito un po' tutti visto che gran parte dei presenti si accodò senza troppi problemi, formando un'enorme spirale al centro del locale.
C'erano risa e urla a squarciagola un po' ovunque.
Ginny rise, contagiando rapidamente anche Hermione.
"Sono impazziti!" Esclamò.
"Si stanno divertendo, Hermione!" Gridò di rimando Ginny passandole un cocktail rosa pieno di brillantini, "alle donne single!"
"Alle donne single!" Le fece eco Hermione, mandando a cozzare il suo bicchiere con quello dell'amica e portandoselo alle labbra in rapida successione.
Ne bevve un lungo sorso, mentre il forte sapore di fragola le riempiva la bocca assieme al bruciore dell'alcool.
Una smorfia strana le si dipinse in volto, causando un altro scoppio di risa da parte di Ginny.
"E' fortissimo!" Protestò Hermione.
"Lo so!"
"Porca miseria."
"E' solo per stasera, Hermione! Staccare dal lavoro ti fa bene! E poi domani sei libera, quindi possiamo darci alla bella vita! EHI LUNA!"
La rossa aveva appena richiamato Luna che era impegnata in una fitta conversazione con uno dei ballerini che non sembrava essere molto convinto da quello che gli stava dicendo, per questo si limitava a strusciarlesi addosso.
Luna non pareva molto sconvolta, stava semplicemente continuando a parlargli di questa o quella cosa, di una bestia magica o di un'altra.
Non sentì il richiamo dell'amica, tanto sembrava impegnata.
"Neville non sarà molto contento!" Sentenziò Ginny divertita.
"Non voglio sapere cosa stanno facendo loro!"
"Sono andati in un locale di spogliarelli!" La informò Ginny.
Hermione si irrigidì appena.
L'immagine di Ron che infilava banconote nel reggiseno, o peggio, nelle mutandine di una ballerine tutta-tette, non le andava molto a genio.
Diciamo proprio per niente.
Ginny sembrò aver colto il suo turbamento, poiché le strinse incoraggiante un braccio.
"Ti verrà a chiedere scusa tra un po'!"
"Un po'?"
"Sì, Hermione! Tanto succede sempre così!"
Poteva darle torto? No, non poteva. Era vero che prima o poi avrebbe fatto pace, fatto sta che stavolta Hermione non si aspettava di vedersi comparire Ron pronto a farle le proprie scuse.
Anche perché non era del tutto convinta di meritarsele. Era andata ripetendosi per giorni e giorni che aveva fatto la cosa giusta, che tutti hanno il diritto di dedicarsi al lavoro, ma le sue argomentazioni sembravano diventare sempre meno valide.
Per impedirsi di continuare con le solite paranoie, riprese il cocktail e lo finì in un'unica lunga sorsata.
Ginny parve soddisfatta, dopotutto non capita tutti i giorni di ritrovarsi nel bel mezzo del proprio addio al nubilato, giusto?
"Giusto," si fece mentalmente eco la rossa.
"Andiamo!" Esclamò subito dopo, mollando il bicchiere sul bancone e riprendendo Hermione per una mano, "ci uniamo a loro!"
L'altra non si oppose e si lasciò condurre ovunque Ginny avesse voglia di portarla.
Si accodarono al trenino ancora in corso, ridendo e scherzando, leggermente brille a causa dell'alcool.
E poi, Hermione non capì come aveva fatto ad essere così veloce, Travis, il ballerino che le stava dando la caccia, l'afferrò per una mano e la fece uscire dalla fila, coinvolgendola in un passo a due molto molto molto serrato. Hermione sgranò gli occhi pronta a mettersi ad urlare, ma Ginny la incitava a non pensarci più di tanto, che era solo per divertimento e che nessuno le avrebbe rinfacciato un bel niente.
Complici quei... cinque? Sei? Cocktail che si era bevuta, Hermione decise che in fondo, poteva anche smettere di pensare per un quarto d'ora, giusto?
"Giusto," anche stavolta la conferma non tardò ad arrivarle.
Circondò il collo del ballerino con entrambe le braccia, mentre questo le faceva fare dei casquet assolutamente fuori controllo.
Scoppiò a ridere perché in quel momento non era decisamente capace di formulare altro, o almeno nient'altro di sensato.
All'ennesimo piegarsi all'indietro sostenuta dalle braccia possenti di Travis, Hermione chinò il capo, mentre i capelli le sfioravano il pavimento.
Quello che vide non era assolutamente previsto, né in alcun modo programmato.
L'immagine capovolta di un Ron che la fissava bianco come un cencio le si stagliò rapidamente di fronte agli occhi.
"Merda," stavolta era il cervello di Hermione ad imprecare.
Si senti ritrascinare su, ma si voltò subito tentando di scorgere ancora una volta la sagoma di Ron tra la folla.
Si sentì mancare la terra sotto i piedi, e non trovava più tanto divertente quel ballo. Lo stava detestando.
Perché Ron era lì? Doveva parlarle? Voleva chiederle scusa?
E Merlino! Lei si era fatta beccare in quella posizione molto equivoca con un ballerino unto e ultrapalestrato che indossava solamente un perizoma e un papillon! Ovviamente non nel solito punto...
Cercò di liberarsi dalla presa dell'uomo, con scarsi risultati, e di Ron non c'era ombra.
"Per favore," lo supplicò Hermione tentando di convincerlo a farsi mollare.
Ma quello non le stava prestando affatto attenzione, preso com'era dal dimenarsi come un'anguilla.
Le fece fare un altro giro su se stessa, e poi...
Hermione lo vide.
Lavender gli si stava spalmando addosso senza troppe cerimonie, e Ron le stava mettendo le mani un po' ovunque.
"RON!" Hermione lo richiamò a voce talmente alta che Travis la mollò all'istante, temendo una specie di attacco epilettico.
Anche Ron parve aver sentito, perché si voltò in sua direzione.
Il colorito pallido era sparito dal suo volto, adesso di un bel rosso acceso.
Hermione sentì qualcosa di molto simile alla nausea risalirle su per la gola.
Ron non sorrideva, sembrava serio al contrario di Lavender che continuava a ridere senza alcun controllo agitando quei robi gommosi giallo e fucsia sopra la testa.
E poi il trenino passò davanti ad Hermione, impedendole di guardare oltre in direzione di Ron.
Lo stesso valeva per lui, che stava tentando inutilmente di sciogliersi dalla presa serratissima della bionda. Vanamente la stava pregando di essere mollato.
Maledì la fila di persone che non gli permetteva di vederla, di parlarle, di spiegarle e di esigere delle spiegazioni da parte sua.
Il serpentone stava per passare oltre, e Ron non era ancora riuscito a liberarsi dalla presa ferrea della ragazza.
E se Hermione l'avesse visto di nuovo in quella posizione? Se si fosse fatto ritrovare avvinghiato a Lavender? Cosa avrebbe detto? Come gliel'avrebbe spiegato che -
Rialzò il capo, e comprese che il problema non si poneva più.
Il trenino era passato.
Di Hermione nemmeno l'ombra.

* * *

A presto con la terza e ultima parte, Serena.

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


ATTENZIONE: QUESTA FANFICTION CONTIENE POTENZIALI SPOILERS PER DEATHLY HALLOWS, SE NON L'AVETE ANCORA LETTO E VOLETE RISPARMIARVI LA SORPRESA, VI CONSIGLIO DI NON ANDARE OLTRE NELLA LETTURA.

Terza e ultima parte, buona lettura^^

* * *

In The Pink Toilet
Parte Terza

Slacciò furiosamente il nodo e scaraventò la cravatta contro il muro con una rabbia tale da guadagnarsi un'occhiata piuttosto preoccupata da parte di Harry.
"Ron, ti serve una mano?" Chiese a mezza voce. Di certo non aveva voglia di innervosirlo ancora di più di quanto già non fosse.
"No," ringhiò in risposta il rosso che aveva intrecciato le braccia al petto in un'espressione di totale sconforto e disperazione.
"Non vorrei agitarti, ma sei il testimone," gli fece notare Harry, "e il testimone dovrebbe... sorridere?"
Se non avesse avuto il buonsenso di mordersi la lingua, Ron avrebbe risposto in modo tutt'altro che simpatico, ma non poteva davvero comportarsi in quel modo in un giorno simile.
Harry e sua sorella stavano per convolare a giuste nozze e nonostante l'evidente malumore - che non si stava preoccupando di rendere un po' meno manifesto - sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato se non avesse assunto un atteggiamento un po' più accondiscendente.
"Tra un po' ci provo," decise di dire infine, "scusa, amico," aggiunse subito dopo sentendosi in dovere di farlo.
"Non dirlo nemmeno per scherzo," tagliò corto l'altro, finendo di sistemarsi, "come sto?" Chiese infine, voltandosi verso Ron in cerca di un parere.
"Sei uno schianto," gli rispose il rosso, sorridendogli in modo tutt'altro che rassicurante, "ancora un po' di pratica e potrai diventare sexy almeno quando il sottoscritto."
"Certo, come no," Harry rise, "il magnetismo animale non se lo scorda nessuno, tranquillo. E comunque non credo di aver più bisogno di particolare charme, visto che la mia conquista l'ho già fatta."
"Vorrei anche vedere," rispose Ron con tono ovvio. Se fosse mai venuto a sapere di un eventuale tradimento di Harry, probabilmente avrebbe mandato a farsi benedire qualsiasi legge instaurata dal loro rapporto di amicizia e lo avrebbe fatto diventare calvo a suon di cazzotti in pieno volto.
Harry era tornato a specchiarsi, controllando questo o quel particolare; Ron era convinto di poter percepire il suo nervosismo nell'aria.
Quel pensiero lo colpì come un fulmine a ciel sereno: il suo migliore amico si stava sposando, si stava sposando con sua sorella, avrebbe passato il resto della vita con lei, avrebbero avuto dei figli, sarebbero invecchiati insieme, lui sarebbe diventato zio.
"Sei in gabbia," sentenziò prima di poterselo impedire.
"Prego?" Chiese Harry perplesso voltandosi nella sua direzione.
"Sei in gabbia," ripeté Ron.
"Mai stato più felice di così," borbottò in risposta, prendendolo decisamente in contropiede.
Aveva torto? Anche Ron non avrebbe mai potuto concepire l'idea di vivere con un'altra donna che non fosse Hermione, lo stava dando un po' troppo per scontato. Si domandò se era per quello che continuava a perderla e riconquistarla così spesso, forse la sua presenza fissa al suo fianco non era poi così sicura come aveva sempre creduto.
Si maledì mentalmente. C'era bisogno di uno stupidissimo contratto per dichiararsi innamorati di qualcuno? No che non ce n'era bisogno. Ron amava Hermione, era una delle poche cose su cui avrebbe potuto fare affidamento sempre e comunque; e nonostante tutto era persuaso anche del contrario, e nessuno gli avrebbe potuto far cambiare idea. Mai.
"Ohi," Harry lo richiamò di nuovo, si era reso conto che pareva essersi incantato, "tutto bene? Qualche rivelazione dal cielo? Qualche segno divino?"
"Sono un imbecille."
"Ah?"
"Sono un imbecille, un perfetto idiota, sai," Ron si era alzato in piedi e aveva iniziato a gesticolare furiosamente, "ma insomma è normale no? Lui le stava strusciando il suo microscopico pacco addosso!"
Harry alzò gli occhi al soffitto, la storia della dirty dance tra Hermione e quel misterioso ultrapalestrato soprannominato 'il Pinguino' l'aveva già sentita come minimo tre volte nel giro della mattinata.
"Era una festa di addio al nubilato, Ron," tornò a fargli presente.
"Ma non importa!"
"Sì, che importa! Se tu fossi rimasto con noi ieri sera, ti saresti reso conto che le cose non sono andate molto diversamente per noi."
"Dei cretini vi hanno strusciato il loro minipacco addosso?" Chiese inorridendo.
"Ovvio che no, Ron."
Senza spiegarsi il perché, il rosso tirò un inconsapevole sospiro di sollievo, non che si aspettasse qualcosa di così ambiguo da parte di Harry, ma andare in un locale pieno di spogliarellisti vestiti di pelle nera e latex non sarebbe sicuramente stato il suo standard di 'serata tipo'.
Storse le labbra, nuovamente sovrappensiero prima di riportare lo sguardo sul suo migliore amico.
Gli sorrise un po' più spontaneamente, battendogli una poderosa manata sulle spalle.
"Ti sposi!" Esclamò come in una sorta di rivelazione mistica.
"Mi sposo!" Fece di rimando l'altro, mettendosi a ridere, più per il nervosismo che altro.
"Non ci posso ancora credere," ammise Ron, leggermente esaltato.
"Nemmeno io."
"Bè, credo che tu debba farci l'abitudine perché sarai impegnato con mia sorella molto, molto a lungo."
"Non chiedo di meglio."
Sua sorella si sposava prima di lui. Una specie di sirena d'allarme gli risuonò nella testa, ormai teatro di mille e più avventure/catastrofi/dubbi amletici di cui lui era l'indiscusso protagonista. Di certo Ron non aveva mai avuto troppa smania di accasarsi, semplicemente non aveva mai preso in seria considerazione la cosa. L'idea di sposarsi e mettere su famiglia l'aveva sempre terrorizzato, anche se l'atmosfera che si respirava in casa sua non gli era mai dispiaciuta fino in fondo. Ovviamente non stava programmando di prolificare fino a sette volte, come i suoi genitori avevano fatto.
Rabbrividì al pensiero di sette pesti urlanti formato ridotto correre per casa come dei folli.
Fu solo il leggero bussare alla porta della stanza in cui si erano rifugiati, troppo impegnati con le varie preparazioni, a distoglierlo dalla terrificante scenetta di armonia familiare.
"Avanti," Harry invitò chiunque fosse in attesa dietro la porta, ad entrare.
Una testa riccioluta fece capolino da dietro la soglia, facendo saettare lo sguardo per tutta la stanza, prima di posarsi su Harry, (ovviamente dopo una fugace e del tutto involontaria occhiata a Ron).
Hermione indossava un abito azzurro, che le ricadeva fino ai piedi.
Ron rimase evidentemente interdetto da quell'inaspettata apparizione, si congelò in mezzo alla stanza, e non disse niente, né si azzardo a farlo.
"Vogliono sapere quanto tempo ancora ci metterete," spiegò Hermione rivolgendosi solo ed esclusivamente ad Harry.
"Non molto," le rispose.
"Puoi quantificare?"
"Un quarto d'ora."
"Bene," Hermione sorrise, "corro a sistemarmi i capelli, a dopo!"
E così come era arrivata, Hermione scomparve, lasciando un misto di amarezza e subbuglio ad aleggiare per la stanza.
Harry valutò la possibilità di dare una scrollatina all'amico che pareva pietrificato, ma le parole del rosso lo anticiparono.
"Sono fottuto, Harry," sentenziò molto poeticamente, continuando a fissare la porta.

*

Ron si chiese per quale maledettissimo motivo avevano inventato il momento dei discorsi altamente commoventi da parte di amici e parenti sui novelli sposi. Sua madre lo stava attualmente obbligando a prendere la parola, continuando a piantargli il gomito nello stomaco.
"Basta, mamma!" Stava imprecando lui, con scarsi risultati: Molly era un osso duro, non avrebbe ceduto, non nel giorno in cui la sua bambina diventava finalmente una signora a tutti gli effetti. Si era messa a piangere una decina di volte durante la cerimonia, e due o tre durante il pranzo, così di punto in bianco.
Ron era rimasto accanto a Charlie, miracolosamente di ritorno dalla Romania per quell'occasione. Gli aveva raccontato di draghi e varie conquiste amorose. Perché i suoi fratelli maggiori sembrassero sempre così spigliati e desiderati, Ron ancora lo reputava un mistero bello e buono. Dopotutto cos'è che Bill e Charlie avevano a differenza di lui? Si sarebbe fatto crescere i capelli e si sarebbe infilato un orecchino a forma di zanna in un orecchio, se qualcuno gli avesse assicurato che sarebbe stato efficace ai fini della riconquista di Hermione.
Subito dopo si era reso conto che, probabilmente, non l'avrebbe apprezzato: il look trasandato non sembrava molto in alto nella personalissima top ten di Hermione.
Ron sbuffò di nuovo, mentre Molly tentava, per l'ennesima volta, di farlo mettere in piedi.
'E' il tuo migliore amico!' gli aveva ripetuto, intervallato ogni tanto dai 'Alzati subito, Ronald Weasley' o i 'Giuro che come ti ho fatto, riesco anche a disfarti', eccetera eccetera.
Quello di cui era convinto era che sarebbero presto arrivate pesanti minacce di morte se non avesse preso la situazione di petto.
"E va bene!" Tuonò improvvisamente, mettendosi di scatto in piedi, non totalmente consapevole di ciò che stava facendo.
"Oops," fu l'unica cosa che riuscì a pensare quando si ritrovò gli sguardi della sala puntati addosso, seguito subito dopo da un finissimo, "Oh porca puttana."
Si allentò il colletto della camicia, balbettando qualcosa di incomprensibile.
Molly aveva sostituito l'espressione omicida, con uno sguardo a dir poco estasiato e continuava a fissare il figlio con tanta ammirazione e trepidante attesa che Ron avrebbe scommesso si sarebbe messe a piangere di nuovo di lì a poco.
"Bè... ," tossicchiò nervosamente, congiungendo le mani.
Spostò lo sguardo su un po' tutti i presenti, evidentemente in attesa di un paio di parole di circostanza, magari qualcosa di incredibilmente commovente sugli anni della scuola. Vide Harry che lo fissava esaltato e contento, poi Ginny che poggiava il mento sulle mani, rivolgendogli un'occhiata incoraggiante, e poi Luna che sorrideva senza senso, Neville che le sedeva di fianco e che alzò due pollici in sua direzione, esortandolo a continuare... e poi vide Hermione.
Si era imposto di non guardarla durante la cerimonia o si sarebbe sicuramente messo ad urlare in preda alle convulsioni.
Che era stramaledettamente bella conciata in quel modo l'aveva detto? Gliel'aveva anche solo minimamente accennato? Ovviamente no, né a lei né a nessun altro, nemmeno ad Harry, anche se il suo sguardo a triglia era piuttosto indicativo a riguardo.
I capelli erano lisci e setosi, almeno fino ad una certa lunghezza, perché poi dei grandi e perfetti boccoli le ricadevano sulle spalle. Stava ricambiando il suo sguardo e stranamente non sembrava furiosa o arrabbiata, semplicemente... okay, Ron non sarebbe mai stato in grado di trovare una parola per definire il modo in cui Hermione lo stava guardando, ma era sicuro che ne esistesse una perfetta al caso suo.
"Non credo di...," cominciò inaspettatamente, soprendendo più che altro se stesso, "di aver mai visto Harry così felice," disse spostando lo sguardo sull'amico, "bè a parte quella volta in cui i Chudley Cannons hanno perso solo per cinquanta punti di differenza."
"QUELLO ERI TU!" Lo informò Harry dall'altro capo del tavolo, mettendosi a ridere.
"Ah sì?" Chiese Ron divertito, corrugando la fronte, "forse ho fatto un po' di confusione, sì," aggiunse mettendosi a ridere a sua volta. Tornò leggermente serio non appena ebbe incrociato per l'ennesima volta lo sguardo di Hermione.
"Nessuno più di Harry e Ginny si merita di essere felice," mormorò perfettamente udibile, "credo che... che saranno una coppia perfetta e che...," stava ancora guardando Hermione, "che non ci sia nessuno al mondo capace di farli felici come saranno felici insieme perché...," per uno strano processo mentale gli sembrò che tutti gli invitati fossero spariti improvvisamente, "perché non ci sarà niente che riuscirà a separarli, non ci saranno stupidi palloni gonfiati che renderanno geloso Harry, e nessuna gattamorta che renderà furiosa Ginny - ," si interruppe per un attimo tornando sull'amico, " - te l'ho detto che il suo gancio destro è terribilmente potente?"
La folla rise di nuovo, mentre i singhiozzi di sua madre gli arrivarono distintamente alle orecchie.
"Ci saranno dei litigi, certo, ma ti assicuro che il dopo-litigio sarà terribilmente piacevole," ci fu una risatina sommessa che si spanse per tutta la tavolata, mentre Ron tornava a guardare Hermione, "perché... perché se anche un giorno dovessero dividersi, saranno entrambi capaci di riconquistarsi a vicenda, anche se la sfiga dovesse mettercisi di mezzo," si strinse nelle spalle, "la sfiga o dei ballerini seminudi vestiti da pinguini," furono in pochi a capire il riferimento, ma qualcuno rise comunque.
"Vi auguro di essere felici, e di non fare troppi figli perché non sono molto creativo con i regali e Natale potrebbe diventare seriamente un problema!" Esclamò improvvisamente, scollando lo sguardo da quello di Hermione e tornando a guardare Harry e sua sorella.
Alzò il calice pieno di champagne - gentile concessione della famiglia Delacour - e propose un brindisi, ai novelli sposi ovviamente.
Si rimise a sedere, sentendosi fissato fino all'inverosimile, mentre Molly gli stritolava il braccio in un'affettuosa morsa materna.
Per chi aveva parlato? Ispirato da cosa?
La musica invase prepotentemente la sala accompagnata dallo stridere delle sedie sul pavimento, segno che la maggior parte degli invitati si stava alzando per occupare la pista da ballo al centro dell'enorme sala imbiancata che avevano affittato per il matrimonio. Lo spostarsi in massa gli impedì di guardare in direzione di Hermione e quando la visuale tornò libera e sgombra, Hermione non c'era più.
Era la seconda volta nel giro di ventiquattr'ore che succedeva una cosa simile e non gli andava molto a genio.
Sbuffò sonoramente, prima che Ginny gli si accostasse, "c'è Luna in bagno che non crede di sentirsi molto bene," gli disse, "potresti andare a dare un'occhiata?"
Ron le lanciò un'occhiata che si potrebbe sintetizzare in un 'Ginny-cara-ti-senti-bene-?'. Perché doveva andare a controllare se Luna stava bene? Non era Neville che se ne sarebbe dovuto occupare?
Ma la rossa scomparve prima ancora di dargli il tempo di replicare. Guardò prima a destra e poi a sinistra incredulo di fronte a tanta sfacciataggine. Si fermò, accettando l'infausto destino che lo stava obbligando ad andare a soccorere Luna Lovegood nella toilette delle donne: quale miglior aneddoto da poter raccontare ai nipoti?
Intercettò la testa rossa di Ginny in mezzo alla folla, mentre si affrettava a raggiungere Harry per poter dar inizio alle danze. Tentò di intravedere Hermione, ma la gente si stava accalcando con talmente tanta foga sulla pista, che Ron non fu capace di distinguere alcunché.
"Grandioso," pensò mentre si rimetteva in piedi ed inforcava il corridoio per i bagni. Si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni procedendo di malavoglia sul tappeto bordeaux che si snodava di fronte a lui. Arrivò davanti alle toilette e aprì, con riluttanza, la porta di quello delle donne. La prima cosa che gli saltò all'occhio era la presenza inesistente di qualsiasi forma di vita all'interno dello spazio piuttosto ristretto che era quel bagno.
"Luna?" Chiamò, non troppo sicuro di poter ricevere risposta: gli mancava solo una conversazione intavolata con se stesso e poi avrebbe potuto ufficialmente dichiarare di sentirsi un uomo completo. "Luna, sei qui?" Tentò di nuovo, ma c'era solo il silenzio a rispondergli tra i marmi rosati.
"Che due coglioni," imprecò nuovamente, mentre la possibilità di una Luna mezza morta in uno dei due cubicoli gli si stagliò molto chiaramente nella testa. Sgranò leggermente gli occhi alla visione agghiacciante che il suo cervello gli aveva appena proposto. Bussò alla prima porta, nessuno rispose, la aprì e dentro non c'era altro che aria. La richiuse subito, fronteggiando l'altro.
Non era del tutto sicuro di essere pronto a poter far fronte all'eventualità di una Luna mezza ubriaca che vomitava con la testa infilata nel cesso. Sperò solo che Ginny non l'avesse gentilmente inviato là per aiutarla a reggerle la testa.
Bussò, di nuovo nessuna risposta, aprì la porta sentendosi comunque in dovere di controllare.
E poi, senza che potesse rendersene conto, qualcosa di invisibile lo spinse violentemente nel bagno.
"Ron non chiuder - ," la voce di Hermione gli arrivò chiara e distinta, ma si bloccò non appena la porta si richiuse di schianto alle spalle del rosso.

*

"E' stata Ginny," borbottò Hermione, mentre Ron tentava per la triliardesima volta di forzare la porta.
"C'è Luna che sta male, certo come no," disse lui a denti stretti, continuando a fare pressione sulla maniglia, con scarsi, scarsissimi risultati.
"Ron è chiusa con la magia," gli fece gentilmente notare, stufa di tutto quello sbatacchiare di qua e di là del pannello di legno.
Conosceva quell'incantesimo e se avesse avuto la bacchetta a portata di mano sarebbe stata sicuramente in grado di liberare entrambi in un batter d'occhio.
Ma la bacchetta era rimasta nel camerino in cui si era preparata assieme a Ginny e Luna, e non ci aveva proprio pensato a portarsela dietro.
Sbuffò di nuovo, massaggiandosi istericamente la fronte, infastidita dal casino assurdo che Ron stava facendo nell'accanirsi contro la porta.
"Ron, per favore... ," tentò di nuovo.
"No!" Esclamò lui voltandosi, era rosso in volto e i capelli gli si stavano spettinando, "mia sorella me la pagherà! E anche quel pisquano di suo marito!"
"Non serve a niente perdere la calma," mormorò lei. Sembrava solo stanca in quel momento.
"E allora cosa facciamo? Mi metto ad urlare?!"
"E' insonorizzato," spiegò, "Ginny deve aver pensato ad ogni eventualità, per questo non riuscivi a sentirmi," si strinse nelle spalle con aria rassegnata.
"E quindi?" Domandò Ron, costringendosi a darsi una calmata.
"Quindi non lo so. Aspettiamo," propose lei, appoggiandosi al muro e alzando lo sguardo sul soffitto.
Non c'era nessuna via di fuga.
"Giusto, aspettiamo," le fece eco Ron, per niente divertito dall'imminente prospettiva di restare chiuso in un bagno di un metro per tre assieme ad Hermione, anche se doveva ammettere che in un qualsiasi altro momento la cosa sarebbe stata molto interessante.
Cadde immediatamente il silenzio, interrotto solo da qualche rumore in lontananza e dagli sbuffi continui e inarrestabili del rosso.
Era uno di quei silenzi scomodi in cui l'aria si riempie di aspettativa, in attesa che l'altro apra bocca e dica qualcosa di intelligente, ma nessuno dei due pareva intenzionato a prendere la parola.
Hermione fissava ostinatamente il muro, Ron il pavimento, giusto per variare.
Lei si umettò le labbra, mentre lui prese a spettinarsi i capelli, poi si infilò le mani in tasca, ne tirò subito fuori una, appoggiandola al muro, cambiò rapidamente versante, senza riuscire a trovare una posizione che lo soddisfacesse.
"Ron ti prego puoi stare fermo?" La voce di Hermione aveva infranto l'idilliaco, frustrante silenzio in cui erano immersi.
"Ahm?" Mugugnò senza capire, "aaaah... sì certo," tirò su col naso, "scusa," aggiunse subito dopo.
Hermione gli lanciò un'occhiata strana, pareva vagamente sorpresa da quello scusarsi un po' fuori luogo, ma decise di non fare domande.
Di nuovo non dissero niente: non si parlavano, non si guardavano né tantomeno si toccavano, Hermione si era spinta più che poteva verso la parete di fondo del bagno ovviamente ben attenta a non cadere dentro la tazza del water, mentre Ron era rimasto in prossimità della porta, praticamente agli antipodi l'uno dell'altra.
Ron deglutì a fatica, aveva la bocca secca e si sentiva un emerito deficente.
Hermione non pareva essere da meno, visto che continuava ad alzare gli occhi al soffitto evidentemente in preda ad uno di quei conflitti interiori in cui il cervello si divide in due: ciascuna parte sostiene un argomento ovviamente opposto all'altro, ed è un continuo battibeccarsi tra cosa è giusto fare e cosa non lo è. A livello mentale, s'intende.
Fece scivolare un piede in avanti, le scarpe cominciavano a farle male.
Ron seguiva i suoi spostamenti con la coda dell'occhio, sicuro di non essere visto.
E poi improvvisamente, qualcosa cambiò: il tempo stava iniziando a dilatarsi in modo assolutamente folle. Potevano restare lì a non dirsi niente? Potevano passare la notte in una stupidissima toilette di marmo rosa spersi chissà dove nella campagna inglese? No, non potevano.
Il rosso si rimise una mano in tasca, solo in quel momento si rese conto di avere con sé il galeone-Passaporta che Hermione si era preoccupata di lasciargli.
Prese un'improvvisa decisione.
Il problema fu che lo fece anche lei.
"Senti Hermio -"
"Ron, io -"
Avevano iniziato a parlare contemporaneamente, nessuno dei due guardava l'altro.
Si bloccarono entrambi lanciandosi un'occhiata a metà tra il divertito e il disperato, a Ron scappò un sorriso.
"Volevo dire ch -"
"Sì, insomma -"
Era successo di nuovo, stavolta Hermione non sapeva se prenderla sul ridere o mettersi ad urlare in preda ad una crisi isterica.
"Okay," mormorò Ron, contamporaneamente ad un 'Oh' di Hermione.
"Vai tu."
"Vai tu?"
Scoppiarono a ridere, una risata un po' tesa e nervosa, ma pur sempre divertita.
"Scusa," tagliò corto Ron, "non so che diavolo mi sia preso," borbottò.
Hermione restò immobile a guardarlo, aspettandosi qualcos'altro.
"E' solo che... non ci ho visto più."
"Me ne sono accorta," ribadì Hermione, "era solo un ballo comunque," mormorò.
"Sì, lo so, e Lavender mi si è abbarbicata addosso, stavo solo cercando di -"
"Togliertela di dosso," completò lei per lui.
"Già."
Di nuovo silenzio, di nuovo distolsero lo sguardo.
Hermione sospirò, mentre Ron faceva schioccare sonoramente la lingua. Ogni singolo rumore dentro quell'angusto spazietto veniva amplificato almeno una decina di volte.
"Mi hanno promossa," buttò lì Hermione, di punto in bianco, con totale noncuranza.
"Davvero?" Ron si era staccato dal muro e un'espressione di pura esaltazione gli si era dipinta sul volto, improvvisamente dimentico della lunga serie di avvenimenti che li aveva condotti fino a lì.
"Davvero," confermò Hermione, voltandosi per poterlo guardare, mentre un sorriso sincero le si dipinse sulle labbra.
"Ma è magnifico! Sapevo che ce l'avresti fatta! Me lo sentivo!" Esclamò Ron, senza preoccuparsi di nascondere la propria esultanza di fronte ad una notizia simile.
"Grazie, Ron," rispose lei senza smettere di sorridergli, "e scusami."
Sembrava che l'avessero appena colpito con una mazza da battitore in piena testa, perché l'espressione che fece non sembrava particolarmente intelligente o sveglia.
"Mi stai chiedendo scusa?"
"Sì," Hermione arrossì prepotentemente, guardando altrove ancora una volta.
Ci fu un attimo di silenzio.
Hermione si era appena scusata con lui, questo era un evento di portata mondiale, se non universale! Il suo ego stava gongolando allegramente di fronte a quella sconvolgente e inaspettata novità, ma nessuno disse niente ancora una volta.
Ron troppo preso dall'esultare, Hermione dal compiangere la propria cecità nei confronti dei sentimenti di lui.
Trascorse qualche minuto.
Lui la stava fissando, fissando molto intensamente, come se stesse aspettando chissà quale segno divino, un'improvvisa luce dal cielo, la discesa della massima sapienza su di lui, pronta ad illuminarlo e a consigliarlo e a...
Ma parlò prima di poter formulare qualsiasi discorso sensato.
"Sposami."
Hermione si voltò verso di lui, mentre le palpebre e le sopracciglia le schizzavano verso l'alto, corrugandole la fronte.
Si guarda attornò come valutando per un attimo l'eventualità che qualcuno si fosse introdotto nel bagno senza farsi vedere e avesse parlato al posto di Ron, perché... sì, insomma non era proprio possibile che avesse detto una cosa simile.
Il cervello di Hermione era attualmente una tabula rasa, non stava registrando alcun segnale, il mondo, il tempo, il suo cuore, si erano fermati improvvisamente, togliendole il diritto di replicare o mettersi ad urlare.
Deglutì a fatica, aprendo bocca per un attimo, ma la richiuse subito dopo decidendo di scegliere un po' più accuratamente le parole, prima di rispondere.
Nonostante i suoi buoni propositi, l'unica cosa che le scivolò dalle labbra, fu un acutissimo, "Eh?!"
Ron era rimasto a fissarla, probabilmente non si era nemmeno reso conto di quello che le aveva appena chiesto/proposto/ordinato di fare. L'unica cosa sulla quale era capace di concentrarsi in quel momento era il suo battito cardiaco assolutamente fuori controllo (era convinto di avere il cuore in gola, nello stomaco, sotto le ascelle, ovunque!) e la bocca di Hermione, pronto a cogliere una minima risposta da parte di lei, un piccolissimo segno di assenso.
"Sposami," ripeté più chiaramente.
Hermione era nel panico, "Vuoi che ti sposi?"
"Mi sembra di essere stato abbastanza chiaro," fece notare.
"Ma sposarti in quel senso?" Che non era in sé era evidente.
"Non sono un genio per certe cose, ma ero convinto che esistesse solo un senso per una proposta di matrimonio," Ron, in risposta, era incredibilmente allucinato, "è un no?" Domandò dopo qualche secondo in cui Hermione non stava dando alcun segno di vita.
Aveva seriamente mandato a puttane la sua dignità con quella misera e unica parola? Quelle tre sillabe che si era lasciato scappare l'avrebbero spinto nell'oblio dello sfacelo, nell'oblio del suo cervello devastato da quell'unico rifiuto che non si sarebbe mai aspettato in vita sua. Non che avesse mai pianificato di chiederle di sposarlo.
"No!" Esclamò Hermione.
"E' un no?" Ripeté lui impanicato.
"No! Cioè -"
"E' un no, sì o no?"
"No, non è un no," Hermione stava gesticolando in preda a chissà quale crisi motoria, sembrava si stesse autoesortando alla calma, a ritrovare il perso equilibrio interiore.
Continuò a scuotere il capo e ad annuire al niente, come se stesse parlando da sola.
"Sì," finì per dire.
"Sì è un no?" Ron era sbiancato.
"No! E' un sì!"
"Sì?"
"Sì!"
"Sì nel senso... sì?"
"Ron sì!"
"Oh."
Così si concluse la conversazione.
Si sarebbero sposati? Ron l'avrebbe sposata? Hermione aveva detto di sì?
Gli eventi e le risposte si stavano accavallando l'uno sull'altro senza alcun controllo, facendoli sbandare entrambi contro i garde-rail del buonsenso.
E poi Hermione fece la cosa più sensata che potesse venirle in mente: lo avvicinò rapidamente, gli gettò le braccia al collo e lo baciò con tutto lo slancio di cui era capace. Ron decise di abbandonare il look da lobotomizzato e rispose al bacio, afferrandola per la vita e tirandola su, per facilitarle la cosa.
Invertirono le posizioni e Ron la spinse contro il muro, senza smettere di baciarla.
Hermione l'aveva afferrato per la giacca e lo stava strattonando con forza verso di sé, senza nemmeno degnarsi di respirare ogni tanto.
Si scostarono solo quando erano diventati entrambi dello stesso colore del marmo da cui erano circondati.
Hermione si mise a ridere, senza alcuna ragione apparente.
"Che ridi?" Chiese Ron, rosso in volto.
"Niente," rispose lei, evidentemente molto divertita.
"Senti io non ho un cavolo d'anello," un fulmine a ciel sereno nella sua testa, "non avevo -"
"Non importa," tagliò corto Hermione, "sono contentissima anche così," aggiunse guardandolo con espressione indecifrabile.
"Meglio," annuì lui, "però te lo compro, eh," mise le mani avanti, tanto per assicurarsi di non darle altri spunti per una discussione poco amichevole, "torni a casa quindi?"
"Torno a casa," convenne lei, senza smettere di fissarlo.
Se qualcuno le avesse chiesto di descrivere il suo stato d'animo, si sarebbe probabilmente limitata ad urlare in preda all'euforia più totale.
Ron si infilò una mano in tasca, tirando fuori il galeone, "allora questo è tuo," le disse porgendoglielo.
Hermione strinse le labbra, tentando di togliersi quel sorriso rincoglionitissimo e paralizzato dalla faccia.
Prese la Passaporta.
"Grazie," sussurrò.
I loro sguardi si incrociarono di nuovo, prima che entrambi si saltassero nuovamente addosso.
Ripresero a baciarsi e a scostare freneticamente ogni singolo lembo di stoffa nel quale incappavano.
Le afferrò la gonna lunga dell'abito e cominciò a tirar su i vari strati, facendoli scorrere lungo le gambe di lei, senza smettere di baciarla.
Hermione stava tentando disperatamente di togliergli la giacca, spingendogliela sulle spalle.
Ron la afferrò per la vita, tentando di ovviare al problema della scomodità del luogo.
La fece riappoggiare con la schiena alla porta in modo non troppo pacato.
Si sentì un tonfo, ma nessuno dei due se ne curò, visto che il cubicolo era insonorizzato.
...
O no?
Bè... no.
"Hermione?" La voce di Harry proveniva da dietro la porta.
Si congelarono entrambi nelle loro posizioni.
Hermione si portò una mano alla bocca, premendosela con furia sulle labbra, impedendosi di lasciarsi sfuggire anche una sola sillaba, un solo respiro un po' più forte degli altri.
Ron era come pietrificato; si era morso la lingua, obbligandosi a non dire niente, sperando in un'improvvisa quanto provvidenziale uscita di scena dell'amico.
"Hermione sei là dentro? Stai bene? Ginny mi ha detto di -"
"Sì, sto bene, Harry!" Prese iniziativa, sperando che la voce non le fosse suonata troppo alterata.
"Uh bene."
Ci fu una pausa, ma Harry non sembrava aver intenzione di andarsene.
"Hai bisogno di qualcosa?" Le domandò, vagamente in apprensione. "Guarda che se è per Ron, non devi preoccuparti. E' un deficente, tra un po' verrà a chieder -"
"EHI!"
Ronald Weasley non era riuscito a trattenersi nemmeno stavolta.
Hermione alzò gli occhi al soffitto, pregando di sparire all'istante, mentre Harry - fuori dalla porta - realizzò immediatamente ciò che stava succedendo.
"Ooooooh, no, Ron!" Esclamò, prendendo in seria considerazione la possibilità di obliviarsi: non erano scene caste e pure quelle che la sua mente malata gli stava proponendo in quel momento, "sei una bestia!"
"Io?"
"Tu!"
"Naaah, avresti molto da imparare," rispose saccente.
"Vi lascio... da soli," borbottò Potter, palesemente sconvolto e scioccato mentre usciva dal bagno.
Ron e Hermione si stavano dando alla pazza gioia in una toilette, ne avrebbe dovuto prendere atto prima o poi.
Rimasti soli, tornarono a guardarsi.
Risero dopo essersi guardati ancora una volta.
"Andiamo di là?" Propose Hermione.
"Sì," convenne lui, liberandola dalla sua presa.
Si sistemarono alla bell'e meglio gli abiti spiegazzati, andando ad aprire la porta.
Evidentemente l'incantesimo prevedeva che la chiusura saltasse non appena avessero fatto pace, visto che non fecero fatica ad uscire.
Ron la prese per mano, mentre Hermione lo conduceva di nuovo alla sala principale.
Ed erano stupidamente felici, entrambi.
Hermione era contenta che uno dei loro soliti litigi si fosse concluso in modo diverso stavolta.
Ron le aveva appena chiesto di sposarlo in un bagno.
Dopotutto non capita tutti i giorni di ricevere proposte di matrimonio in una toilette rosa, giusto?
Giusto.

* * *


E se siete arrivati fino a qui, GRAZIE per aver letto & recensito^^ Spero che la storia vi sia piaciuta! Il mio ennesimo tributo alla coppia più bella del Potterworld (secondo me, ovviamente). Grazie ancora!

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