Anybody è Nessuno.

di Joliewithlove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eternamente Secondo. ***
Capitolo 2: *** Sfida. ***
Capitolo 3: *** 'The untouchable'. ***
Capitolo 4: *** Combattere ***
Capitolo 5: *** Una dolce scommessa. ***
Capitolo 6: *** You've got a New E-mail. ***
Capitolo 7: *** Umano. ***
Capitolo 8: *** Solitudine e Passatempi. ***
Capitolo 9: *** Il Piano di X e la Vita di L. ***
Capitolo 10: *** Are we Friends? Immagine ***
Capitolo 11: *** Incubi e Fantasmi. ***
Capitolo 12: *** Un Cielo Stellato sulla Wammy's House. ***
Capitolo 13: *** Nascondendosi dalla verità. ***
Capitolo 14: *** Il peso dei Ricordi. ***



Capitolo 1
*** Eternamente Secondo. ***


***
Eternamente Secondo

Capitolo Primo







Ogni passo è privo di vita, ogni ulteriore respiro è paragonabile ad una coltellata in pieno petto ed ogni organo vitale smette pian piano di compiere il suo dovere.
Tutto è sfocato, non riesco a mettere a fuoco nulla, ad eccezione di quella lapide, lì, infondo. È quella la mia meta. Bianca e candida.
Sento un vociare lontano, forse sono dei bambini, o forse sono le urla dei ricordi. I ricordi di una vita non vissuta, razionale, inutile, fallita.

La vita non è un qualcosa di razionale.

Lo capisco solo ora, alla veneranda età di venticinque anni, e me ne vergogno. Io che pongo attenzione ad ogni particolare ho tralasciato un punto tanto basilare, ma, infondo, va bene così.
È troppo tardi per sorridere, per abbracciare, per baciare, perfino per vivere, ma non per amare. Non sarà mai troppo tardi per amare, nemmeno per me.
Vedo la mia maschera di cera cadere e frantumarsi sul terreno. Quella maschera che per lunghissimi anni mi ha protetto da quel mondo che tanto mi faceva paura. Quel mondo che ospitava uomini che si amavano tra loro. Ho sempre avuto il timore di poter provare anch’io quei sentimenti, di dover entrare anch’io in quel mondo. Temevo di perdere la logica e la razionalità alle quali, nella vita, mi sono sempre aggrappata. Pensavo che fossero le mie uniche ancore di salvezza e, ingenuamente, non mi accorgevo che mi portavano sempre più a fondo. Ora sto affogando.
Ma questa volta non mi sento sconfitta. D’altronde, nessuno può sfuggire a tutto questo.


Nemmeno un detective del mio calibro, nemmeno il detective migliore del mondo.




≈≈≈

 

Innanzitutto temo che le presentazioni siano d’obbligo: il mio nome è Wammy Quillish. Sono un inventore, ma non di quelli moderni che sviluppano smartphone o tablet, io creo oggetti che non potranno mai servire a nessuno e che nessuno mai desidererebbe. È più un hobby che un lavoro in realtà, ma mi piace definirmi così: un inventore; suona bene, no?
Sono l’orgoglioso gestore di parecchi orfanotrofi. Orfanotrofi un po’ particolari, dove non si allevano futuri cittadini, ma geni. Allora ero un giovane pieno di speranze ed energie, ma senza alcuno scopo. Cercavo di impormi degli obiettivi, ma nessuno di questi era mai soddisfacente. E poi, quando, ormai mi ero quasi arreso, arrivò lui. Il mio futuro, il mio scopo.
Con quel ‘lui’ mi riferisco al detective migliore al mondo, L. Non credo che abbia bisogno di presentazioni, è abbastanza famoso, credo. Io l’ho assistito per tutta la sua breve vita. Era ed è come un figlio per me. Ho amato tutto di lui, partendo dal suo strano modo di sedersi e finendo con quelle maledette campane che sempre diceva di sentire.
Quando lui morì nel lontano 2004 mi chiusi in me stesso. Ero certo che non avevo più nulla da fare in questa vita, che dovevo solo lasciarmi morire, ma mi sbagliavo. Ed ora so cosa fare, mentre l’inchiostro tinge la carta, ora so che il mio compito con L non è finito.
In queste memorie non vi parlerò di un L all’opera, pronto a razionalizzare tutto, quindi se cercate questo, non avanzate nella lettura di questi fogli. 
Io devo parlare di lui, desidero far conoscere chi veramente fosse quando non impersonava il miglior detective al mondo, ma quando era L e basta. Voglio insegnarvi ciò che lui ha insegnato a me.

Penso che l’unico modo per ben finire questo progetto è quello di raccontarvi L dal punto di vista di una giovane donna, ovvero, attraverso i suoi pensieri. Temo di non potervi comunicare come e quando sono venuto in possesso di tutto questo, ma spero tanto che quanto sto per scrivere vi sia di gradimento e vi chiedo di affrontare questa lettura non con la ragione, ma con il cuore.
 

Quillish Wammy
O se preferite,
Watari.

 

≈≈≈

 




Una zolletta di zucchero si è appena immersa nel caffe del detective migliore al mondo.

Una doppia W compare sul pc dello stesso.
Watari.
-Ryuzaki.- lo zucchero inizia a sciogliersi.
-Ti ascolto, Watari.-
-Il quarto migliore detective al mondo sta indagando sul conto di L.- spiegò l’uomo dalla parte opposta dello schermo.
L’indice di L scattò subito, arrivando a incurvare leggermente il suo labbro inferiore.
-Questo non è un problema, vero Ryuzaki? Hai detto di essere sempre tu i primi detective migliori.-
‘Idiota di un Matsuda’.
-Questo non mi risulta. Io ho detto di essere i primi tre migliori, ma, d’altronde, non mi preoccupa affatto che un ipotetico quarto detective indaghi su di L. Nessuno può riuscire ad arrivare alla sua identità.- spiegò flemme L, con una lieve inclino all’irritazione nella voce.
-Ryuzaki,- si intromise Watari –penso che invece dovremmo preoccuparci; sembra piuttosto in gamba. Ha già scoperto che i primi tre migliori detective li incarni tu e che hai frequentato la Wammy’s House in infanzia.-
A queste parole L perse per un attimo l’equilibrio, ma con maestria si ricompose nella sua usuale posizione.
-Cerca tutti i dati possibili su di lui. Io non posso perdere del tempo, sono impegnato nel caso Kira al momento.-
-Già fatto, ma, mi spiace, non ho trovato alcuna notizia o informazione. L’unica cosa che ho scoperto è che ti detesta.-
-Detestarmi, dici?.. Beh, in effetti è comprensibile: a questo individuo non deve gustare molto l’idea di essere sempre secondo ad L.- così dicendo Ryuzaki chiuse la chiamata con Watari; aveva bisogno di ragionarci un po’ su.
La squadra anti-kira lo guardava inebetito, ma a lui non importava; erano ben altri i problemi che lo preoccupavano, ed era proprio per questo che questa notizia tanto lo seccava. Non aveva tempo per risolvere altri problemi, ecco perché avrebbe messo fine a questa storia ancor prima che iniziasse.
Poteva, certamente, fare alcune ipotesi. D’altronde anche L in passato aveva indagato su questo anonimo individuo. Innanzitutto, era un uomo di una certa età, dati i tanti anni di esperienza e i tanti casi risolti. Possedeva un certo livello di intelligenza e astuzia, anche questo non era da escludere. Era il secondo miglior detective al mondo dopo di lui. Ed odiava L.
Poteva occuparsi dopo della faccenda, ma se questo ‘eterno secondo’ avesse scoperto davvero l’identità di L sarebbe stata la fine di tanti anni di copertura.  Avrebbe potuto contattarlo ed intimorirlo dicendo di non investigare più sul conto del migliore, c’era una probabilità del 5% che lui lo avesse accontentato. Ma no, sarebbe troppo facile.

E se, invece, fosse stato L ad accontentarlo?

Lo zucchero iniziava a fondersi con il caffè.

-Watari!-
-Dimmi Ryuzaki.-
-Contattalo e digli che sarei lieto se partecipasse alle indagini del caso Kira. Se accetterà, e la percentuale che lo farà è molto alta, indicagli l’indirizzo del Quartier Generale.-
Fine della conversazione. Watari non era un uomo di molte parole, ma sapeva perfettamente come agire. Ed ad L andava bene così, lui non amava parlare.
-R..Ryuzaki, questo non sarebbe troppo pericoloso per te?- chiese il sovrintendente Yagami.
-No, suppongo di no. Credo, invece, che mi sarà d’aiuto. Primo perché in questa maniera non avrà tempo di indagare su di L. Non importa che scopra il mio volto, l’importante è che non arrivi al mio vero nome e al mio passato. In secondo luogo, penso che si sentirebbe onorato di indagare con L e su questo caso e,  sono sicuro al 99%, che metterà in campo tutte le sue abilità per arrivare a Kira prima di L, appunto perché odia quest’ultimo e vuole rendersi vincitore, ma non ci riuscirà.- disse L incurvando gli angoli della bocca in un leggero sorriso soddisfatto.
La zolletta di zucchero si era sciolta del tutto.
-Ah, Yagami! Fa in modo che Light non ne sappia niente.-
-Non ne vedo il motivo, ma va bene.. – rispose il giusto sovrintendente.
-Ryuzaki, ma lui chi è?- chiese Aizawa, confuso.
-Il suo nome fittizio è Anybody, la cui corretta traduzione può significare ‘nessuno, chiunque, qualcuno, taluno’, ma nel nostro campo lo chiamano ‘X’, incognita, appunto.- così dicendo, L , abbandonò la sua posizione.
Finalmente qualcuno si ricordò di rimuovere quella tazza di caffè che il detective aveva deciso di lasciare intatta.
 




≈≈≈


 

Un’enorme  sala circolare, un migliaio di fogli attaccati alle pareti, un migliaio di ‘L’ stampate su ogni foglio, un solo individuo al centro, una sola pistola tra le mani, una porta che si apre, due eleganti uomini sulla soglia.
Quei due erano uguali in tutto: nei lineamenti, nel colore dei capelli e nei vestiti che portavano, eccetto per il fatto che uno portava una cravatta e l’altro un papillon, apparte questo particolare perfino il loro sguardo era uguale.
-X.- disse quello con la cravatta.
-Sì?- rispose l’individuo, senza nemmeno voltarsi, e non smettendo di mirare.
-Si tratta di L.- disse l’altro.
Il quarto detective migliore al mondo abbassò l’arma e si degnò finalmente di guardare i suoi con sguardo perso. Ma loro ci erano abituati. X ragionava in continuazione ed ad una velocità incredibile su ogni dettaglio.
-Interessante.- disse solo.
-Desidera che collaboriate al caso Kira.- annunciò uno dei due gemelli.
-Bene.- disse il quarto detective migliore al mondo, alzando di nuovo l’arma.

Prese la mira, sparò, un forte rumore, del fumo dall’arma, una L colpita ed un leggero sorriso ad incurvare le labbra di X.





***

N.B.
I personaggi che compaiono in quest'opera non sono in maggioranza miei, ma appartengono ad Ohba ed Obata.


Questo storia è solo un mio omaggio ad L. Dovunque egli sia, lo ringrazio.





 

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Capitolo 2
*** Sfida. ***


***
Sfida

Capitolo Secondo







Tutt’oggi non so dirvi con certezza se L quel giorno fosse teso o no, ma posso ben affermare che quella mattina non toccò alcun dolce, né fece alcuna richiesta. Continuò a mordicchiarsi il pollice, a stringersi la stoffa dei pantaloni tra le bianche dita e ogni tanto a girovagare con lo sguardo.
Era la prima volta che lui si confrontava con una persona di intelligenza par sua. Non so cosa gli passasse per la testa e, onestamente, non avevo alcuna intenzione di chiederglielo, ero abituato ai suoi silenzi. I suoi pensieri erano troppo complicati per me e lui ‘generosamente’ me li risparmiava con piacere.
Non so narrarvi di L, come non so narrarvi a proposito dello stato d’animo di X.
Posso comunicarvi, perfettamente, ciò, a cui, invece, ho personalmente assistito.





≈≈≈





-Sono arrivati Ryuzaki. Ecco, ora stanno scendendo da una Limousine.- sussurrò Mogi nel microfono, che si trovava nella tasca della sua giacca.
-Ottimo. Descrivetemeli.- disse L, addentando una fragola con rabbia. Anche i migliori detective si arrabbiano ed L in quel momento era furioso. Il motivo di tanta rabbia stava nel semplice fatto che ‘quell’idiota di Matsuda’ aveva mandato in aria il progetto di montatura delle telecamere all’ingresso dell’hotel.
 L amava osservare qualsiasi cosa, soprattutto se si trattasse con un qualcosa con il quale doveva interagire.

Comunque il miglior detective era affetto da un eccessivo autocontrollo e questo bastava a mantenere i nervi ben saldi.  Il test di X sarebbe iniziato da quando avesse messo piede in quella suite.
-Ci sono due uomini in frac, sono senza dubbio gemelli. Ah, un ragazzo è appena uscito dalla portiera. Si stanno avvicinando.- disse a bassa voce l’agente. –Niente di sospetto.- concluse in fretta l’uomo.
-Li conduca qui.- disse L.
Il detective abbandonò il suo pc e gli auricolari sul tavolino della sala d’hotel e, facendo un lieve cenno del capo a Watari, si diresse nella sala principale della suite in attesa dei suoi ospiti.
L si mise le mani in tasca ed iniziò a giocherellare con la fodera dei jeans. L’atteso bussare non tardò ad arrivare.
Entrò prima Mogi, seguito dai due individui, che come aveva detto l’agente, erano senza ombra di dubbio gemelli. Indossavano gli stessi abiti, tranne per il fatto che uno portava al collo una cravatta e l’altro un papillon. Avevano sicuramente pochi anni in più di L, erano biondi e di bell’aspetto.
Il detective sentì i passi di Watari dietro di sé.

‘Nessuno di loro due è X. È certo al 100%. E il ragazzo dov’è?’

-Benven..- l’anziano venne immediatamente interrotto dal detective:
-So per certo che non eravate soli e, data l’assenza del vostro terzo compagno, deduco che  nessuno di voi due sia X.-
I due gemelli si scambiarono un fugace sguardo, prima di togliersi all’unisono gli occhiali da sole.
-Quindi mi vien spontaneo domandare il motivo per il quale lui non abbia fatto il suo ingresso.- aggiunse L, provocatorio, riferendosi più al diretto interessato che assisteva alla scena da dietro l’angolo d’entrata, accanto alla porta ancora aperta.
Si sentì un leggero sospiro di rassegnazione, seguito da dei leggeri, ma decisi passi.
Fu così che il quarto detective migliore al mondo entrò in scena, soffermandosi nella penombra creata dai suoi alti colleghi. Incrociò le braccia e si appoggiò ad una colonna di marmo.
A prima vista poteva sembrare una semplice ragazzina annoiata, che sbirciava qui e lì per la stanza, ma ad un occhio attento come quello di L mai niente sfugge. La ragazza che senza ombra di dubbio era X, stava analizzando ogni particolare, passando nel giro di pochi secondi dalla stanza agli agenti ed, infine, soffermandosi a lungo e con attenzione su L.

‘Hai già capito tutto.’ Pensò fra sé il detective, non molto stupito da ciò. ‘Ottima velocità di osservazione ed elaborazione dei dati. Un punto meritato.’

-Prego, ora che ci siamo davvero tutti, continua quel che stavi dicendo, Watari.- proruppe L, continuando a fissare X.
Watari, ovviamente, era ancora sorpreso dalla vista di quella donna che, con quei lunghi capelli a boccoli, quella camicia fermata al collo da un fiocco blu e quel pantalone a vita alta stile scozzese, tutto sembrava tranne che un detective così in gamba.
L’anziano guardò per un secondo il suo prediletto con sguardo perso, ma poi schiarendosi appena la voce, proruppe:
-Benvenuti, io sono Watari. Son io che, sotto comando di L, vi ho contattati. Vi prego di chiamare L, Ryuzaki  da ora in poi.-
-Io sono Jimmy.- disse l’uomo con il papillon, che sembrava molto più entusiasta dell’altro. Infatti, L, notò che quest’ultimo aveva la stessa espressione fredda della giovane donna.
Dopo un attimo di esitazione il gemello si presentò: -Io sono Johnny.-
-Ed io sono L.- disse il detective, con un leggero sorrisetto.
Le pupille di X scattarono improvvisamente, proprio come L si era aspettato, ma poi la detective spostò lo sguardo indifferente sui piedi nudi del suo rivale, contraendo un angolo delle labbra in una smorfia di disgusto e orrore.

‘Impulsiva. Questo non è un bene. Ritorniamo a somma zero’ pensò L.

Ma L sapeva che X era abbastanza intelligente da non abbassare la guardia solo per il trasandato individuo che impersonava il primo posto che tanto lei agognava.
A presentarsi, poi, furono gli agenti della squadra anti-kira.
-E lei è X.- disse il più frizzante dei due gemelli.
-Temo che X sia in grado di presentarsi da sola.- la provocò L, avvicinandosi sempre più a lei con fare curioso e con la faccia infantile che sempre usava quando voleva mettere in difficoltà qualcuno.
La ragazza si scostò dalla colonna con una mossa fulminea, non perdendo gli occhi di L nemmeno per un secondo e sostenendone lo sguardo, senza far trapelare niente di sé stessa.
-Temo che non ve ne sia alcun bisogno, L. Poichè tu avevi già capito che X ero io e, di conseguenza, sarebbe stato assai azzardato e stupido per me presentarmi. Inoltre..- la detective solo adesso posò lo sguardo su Mogi, il quale era ancora sorpreso dalla vista di quella ragazza, che lui aveva confuso con un ragazzo. -..ti consiglio, sempre con gran timore, che tu debba rinfrescare la memoria dei tuoi agenti. Quando si parla ad un microfono nascosto, lo si fa a denti stretti e senza avvicinarsi così tanto all’apparecchio, agente Mogi. Lezione numero 36 del primo anno dell’accademia poliziesca.. dovrebbe ricordarselo.- Spiegò la giovane, togliendo ogni dubbio agli agenti che non credevano possibile che fosse lei il famoso quarto detective.

‘Ottima difesa e retorica. Due punti. Ma estremamente infantile, almeno quanto me.’ Pensò Ryuzaki, facendo un ulteriore passo verso la giovane. Lei non si mosse ne cambiò espressione, a parte una leggera incurvatura di un sopracciglio.

L dondolò con la testa per esaminarla meglio e le girò intorno e poi, mettendosi l’indice sul labbro inferiore, disse:
-Ti immaginavo più vecchia e più.. come posso dire.. uomo?-
-Hai peccato nell’analizzare, suppongo.- rispose lei, lanciandogli una gelida occhiata.
L non rispose e X abbozzò un leggero sorrisetto compiaciuto. L sentì lo stomaco torcerglisi e strinse ancor più la fodera dei jeans. Era un insulto ben mirato alla sua persona e sul lavoro compiuto e questo L non poteva accettarlo. Le si diresse nuovamente innanzi, la scrutò, assottigliando gli occhi.
X non parve impaurita, né tantomeno dispiaciuta.

‘Dice quel che pensa senza indugio. Autocontrollo saldo. Altri tre punti per te, X’

-Perché non andiamo a discuterne di là? Vi posso offrire della torta.- intervenne Watari.
-Per me no! Io odio i dolci.- rispose X, non abbassando lo sguardo.

‘Questo sì, che è grave. Torniamo a somma zero.’

-Mangerò io la sua porzione, Watari. Seguitemi e..- disse L, avanzando finalmente di qualche passo verso il salotto. -.. lasciate cellulari, pc, block notes, registratori e quant’altro su quel tavolino. Grazie.-
-Non prendiamo ordini da te.- protestò Johnny, irritato.
-Ma da me sì. Fate come vi ha detto, senza aggiungere un’altra sola parola.- ordinò la giovane, fulminando il gemello con un solo sguardo. Quest’ultimo sospirò e obbedì all’istante.

‘Decisione, alto grado di rispetto dai suoi. Saliamo con i punti.’

X si diresse direttamente nella stanza adiacente senza obbedire ad L, ma lui la lasciò fare.
Il detective si sedette sulla sua poltrona nel suo solito modo e, Jimmy e Johnny, lo guardarono confusi, ma X no. Questa si limitò a sedersi sulla poltrona innanzi a quella di L senza un solo segno di esitazione o sorpresa.
-Bene, proseguiamo con l’analisi del caso Kira.- annunciò L. Tutti annuirono, tranne X che si limitò solo a rivolgergli una lieve attenzione, guardandolo con la coda dell’occhio.
-Premetto col dire che penso che Kira sia strettamente legato..- iniziò il detective, ma venne interrotto dalla donna seduta dalla parte opposta della stanza:
-Alla polizia giapponese, dato che è a conoscenza delle tue manovre.-
L rispose:
-Esattamente e..-
-Sei entrato in contatto con lui, rischiando l’incolumità di L, pur di vincere questa sfida.- concluse X.
-Sfida?- chiese Matsuda.
-Sì, poiché quando, in televisione, Kira, ha ucciso quel criminale che avete fatto spacciare per L, ha lanciato una sfida e tu, L, l’hai accettata dicendogli che presto lo avresti scovato ed ucciso.-
-Vincere.. sì, penso sia andata proprio così.- disse L, iniziando a divorare la torta appena servitagli.
-X, se permetti, posso chiedere cosa, tu, pensi di Kira?- domandò Aizawa, rispettoso ed incuriosito.
-Suppongo che Kira sia infantile, oltre ad essere molto giovane, dato che solo un ragazzo può definirsi il ‘Dio di un nuovo mondo’ . Affermo questo con precisione partendo dal presupposto che, in adolescenza, si pensa di essere in grado di rendere puro questo pianeta, si crede di essere in grado di far valere la giustizia.
Ma, purtroppo per lui, la giustizia è un concetto troppo grande per essere concepito da una mente leggermente superiore alla norma, quindi la situazione inizia a sfuggirgli pian piano di mano. E allora mi chiedo come mai L non abbia approfittato di questo momento catturando Kira. Ma penso di avere una risposta anche a questo quesito: L è infantile, proprio come Kira, e non è nel suo ‘stile’ arrestare e poi ricevere certezze. Penso che, comunque, tu abbia già almeno un sospettato.- analizzò attentamente X.

Un po’ tutti rimasero sorpresi e spaventati dalla probabile reazione di L a quelle accuse. E forse avevano ragione ad esserlo. Anche L poteva perdere la calma d’avanti ad una presuntuosa ragazzina, ma ora lui era solo affascinato da quella perfetta analisi.
L ama ascoltare i discorsi delle persone intelligenti.

‘Sembra conoscere davvero il mio stile. Attenzione ai particolari. Altri punti.’

-Wow. Sei davvero fenomenale, X. Segui gli stessi fili logici di Ryuzaki, nonostante tu non abbia indagato con noi. Forse è proprio così: sei ai suoi livelli.- disse Matsuda, entusiasta e sbalordito.
L poté sentire la tensione alzarsi in contemporanea allo sguardo freddo che si faceva largo sul viso della giovane.  Questo era il peggiore insulto che le si potesse fare. Non essere allo stesso livello di L voleva dire non essere una sua degna rivale e questo era insopportabile.
X guardò per un attimo Matsuda con occhi sbarrati e poi dissolse la tensione semplicemente girandosi di nuovo verso L e mettendo un punto alla questione.

‘Ha capito che è un idiota, ma non ci vuole poi tanto.’ Pensò Ryuzaki, leggermente divertito.

Si sentì Matsuda sussurrare: -Ho sbagliato qualcosa, capo?-
-Comunque sì, X. Io sospetto di una persona e si tratta di un familiare di uno dei nostri agenti, ma non ti dirò chi esso sia. Voglio che tu guardi questi video e immagini, più delle note da me scritte. Spero che tu arrivi alla mia stessa conclusione, altrimenti le mie idee sarebbero prive di alcun fondamento. Ed, inoltre, visionerai le videocassette spedite da Kira alla Sakura TV.- disse L, leccandosi le dita ancora colme di panna.
-In altre parole vuoi sottopormi ad un test. Perfetto. Posso iniziare anche ora.-

 

≈≈≈





Non so dirvi che sensazioni abbiano provato L e X quel giorno, ma so dirvi per certo che, quando erano l’una di fronte all’altro, all’interno dei loro occhi persi e spenti, brillò qualcosa. Un qualcosa che ricorda tanto la presunzione. La presunzione di X di essere in grado di superare L e la presunzione del detective di essere, in fondo, sempre lui il migliore e sempre così sarebbe rimasto.
Entrambi provavano disprezzo nei confronti dell’altro, ma contemporaneamente provavano un certo interesse.

E fu così che i migliori detective al mondo si erano lanciati una sfida, suggellata nel silenzio di uno sguardo.

 
 
 












***

Buona Gente :-)
A raccontarvi questa storia come avrete capito è Watari, il quale racconta poche volte in prima persona, ma in maggioranza si presenta come un narratore onnisciente. A volte ci saranno anche alcuni flash back riguardanti l’infanzia di X e quella di L.
Voglio darvi una piccola informazione: X non ha mai frequentato la Wammy’s House. Il suo nome è una lettera semplicemente perché, come dice L, i detective hanno iniziato a chiamarla così, appunto perché la X in matematica è il simbolo dell’incognita. Il nome che, invece, X si era data era ‘Anybody’.
Il personaggio di X personalmente a me piace molto. Mi affascina soprattutto il fatto che in quella ragazzina ci siano così tante sfaccettature: intelligenza, tenacia, astuzia, presunzione. X è infantile appunto perché vuole battere L ad ogni costo.
Inoltre penso che sia un personaggio positivo dato che L, facendone un’accurata analisi, è arrivato a buoni risultati. Comunque il test del detective non è ancora finito, nel prossimo capitolo X vi stupirà ancor di più. :-)
Per chi non lo avesse ancora capito, ci troviamo nel punto della storia nel quale Light inizia a lavorare con L e Misa è ancora libera.
Bene, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate sia su L, che su X. Inoltrem ringrazio di tutto cuore ChokyLawliet che non ha tardato a recensire e mi ha reso splendidamente allegra. Grazie anche a tutti voi, lettori silenziosi e a coloro che hanno introdotto questa storia tra le ricordate e seguite.

Jolie.


P.s. Adoro i gemelli. <3

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Capitolo 3
*** 'The untouchable'. ***


***
The untouchable

Capitolo Terzo




Questa qui è la mia ipotetica Windleton (capirete nel capitolo cosa è). Questa scuola esiste davvero, si trova a Budapest ed è una scuola per l'alta società.






X e suoi fidati dopo poco più di mezz’ora lasciarono la nostra suite per andarsi a rifocillare nella loro, la quale si trovava accanto a quella di L. Il miglior detective del mondo era piuttosto pensieroso, a cosa pensasse ci è negato sapere. Gli uomini della squadra anti-kira, lasciarono il quartier generale a poco a poco. Una volta rimasto solo, L, si appollaiò sulla sua poltrona preferita, prese il suo pc ed iniziò a fissare lo schermo senza mai sbattere le palpebre.
L’intelligenza di X era esemplare e questo bastò per non far infastidire L con le sue battutine. Anzi, quella sera, mi parve di notare un certo moto di divertimento in lui.
Comunque L non espresse pareri sul conto della detective: la stava ancora testando.

 



 
-Questa suite è favolosa. Non trovate anche voi?- esultò Jimmy, girovagando nella suite dell’albergo accanto a quella del famoso L.
-Controlla il tuo entusiasmo Jimmy. Non stiamo in vacanza. Piuttosto vieni a darmi una mano.                                     - lo rimproverò Johnny, montando i pc, gli schermi e i vari macchinari investigativi di X.
-Che novità! Con X non si è mai in vacanza. Comunque arrivo.- ridacchiò Jimmy, guardando con affetto il suo capo. X lo ricambiò con un leggero sorriso.
-Quando avrete finito, andate pure a riposarvi. Domattina vi voglio ben attivi. Io ho del lavoro da fare, adesso.- disse X, uscendo dalla borsa il materiale datogli da L.
-È quasi mezzanotte.. dormire farebbe bene anche a te. Puoi vedere quei video anche domani.- le disse premuroso Johnny.
-Voglio risolvere questo caso in fretta.-
-Diciamo pure che vuoi risolverlo prima di L. Che tipo strano, però. E, comunque avevi ragione, è piuttosto giovane.-
-Io ho sempre ragione.- si vantò X, sedendosi sul divano.
-.. e poca modestia.- la canzonò Johnny. –Qui ho finito. La Play Station 3 dove la monto?-
-Fai tu. Comunque risparmiate le vostre considerazioni su L.. Siamo osservati.-

‘Come ha fatto a capirlo. Non ha dato mezza occhiata alla suite.’ Pensò L, che osservava la scena dei tre su uno dei suoi innumerevoli schermi.

-Sai, L, ho pagato l’albergo tre giorni fa, affinché venissero montate due o tre telecamere. Per questo ho visto i tuoi uomini montare cimici e telecamere. Non badi a spese a quanto ho visto. Perfino nel bagno.. che seccatura! L’invasione della privacy di qualcuno è un grave reato, quindi suppongo che ora sia tu il criminale, L.- disse lei, guardando intensamente una delle telecamere nascoste e agitando la mano in segno di saluto.
-Telecamere? Cosa intendi fare, X?- chiese il più spensierato tra i gemelli.
-Assolutamente nulla. Desidera osservarci? Che lo faccia. Io devo lavorare.- sbuffò la donna soddisfatta, accavallando le gambe e mandando indietro la videocassetta mandata alla Sakura Tv da Kira.

L sorrise appena e continuò ad osservarla per tutta la restante parte della notte. Quella ragazza lo divertiva ed incuriosiva. Era un soggetto piuttosto strano. Al detective divertiva guardare persone strane, forse perché nel subconscio sapeva di appartenere a quella categoria.

 X ogni tanto si alzava, faceva dei giri intorno al divano, si affacciava alla vetrata che dava sulla città, ipotizzava guardando il soffitto in un punto fisso per poi concentrarsi nuovamente sui video, sulle foto e sui dati.

Una vera e propria macchina investigativa, un po’ come lui, d’altronde.

Aveva così tante cose da fare, tante cose a cui pensare, non poteva perdere tempo con una ragazzina. Ma il suo carattere prudente e calcolatore gli impedì di staccare gli occhi dallo schermo.

Kira, il successore di L, Light Yagami, Il secondo Kira, X.

Troppe, troppe cose a cui pensare, perfino per lui. Un’immensa stanchezza fece peso all’improvviso sulle sue spalle.

Sonno?

L non ha mai sonno durante un caso. L non ha tempo per dormire, soprattutto adesso, che la sua vita è sulla lama di un rasoio. Ma L è umano. L non può vincere contro quell’imminente sonnolenza. Decise di abbandonarsi ad essa, risparmiando l’ultima fragola che aveva tra le dita.


≈≈≈


-Buongiorno, Adam.- lo salutai, entrando nella Limousine.
-Buona Giornata Lizzie. – Lizzie. Uno dei miei tanti nomi fittizi. Quello che usano le persone a me vicine. –Jimmy,Johnny.-  Adam salutò i gemelli con un gesto del capo.

Sono nata in Irlanda, ma sono cresciuta ad Edimburgo, in Scozia. Ho frequentato una scuola elementare comune nella mia città natale, mentre la scuola media e la scuola superiore l’ho frequentata in un collegio scozzese. Non era un collegio come tutti gli altri.
Accettava solo menti brillanti. Da sempre fu risaputo che non ero una bambina come le altre. Non amavo le barbie, ne tantomeno i cartoni animati. Non avevo amici e non giocavo con la sabbia, ero sempre quella che mai veniva invitata alle feste ed ai compleanni.
Ricordo che la mia insegnante della scuola materna mi sgridava in continuazione. Diceva che era da gran maleducati offendere gli altri, chiamandoli ‘Idioti’, a ciò io rispondevo con un ‘Non li offendo, io dico solo la verità.’

In prima elementare gli altri imparavano a leggere ed io conoscevo già quattro lingue, e mentre gli altri imparavano i nomi dei numeri io studiavo le funzioni logaritmiche.
Le mie compagne di classe si facevano leggere dalle proprie madri libri che parlavano di pony ed io leggevo solo ed unicamente libri che parlavano del mio più grande eroe: Sherlock Holmes.

Amavo risolvere enigmi e cruciverba ed, a undici anni, risolsi il mio primo caso, incastrando uno stupratore. Fu allora che Adam si accorse di me. Adam è un grande collezionista, che ha un debole per le grandi menti. Divenne così il mio tutore legale e mi accettò nel suo collegio ‘Windleton’. È un uomo di origini gallese di gran carisma, apprezzato da tutti ed osannato dai suoi studenti. Inutile dire che, la sua prediletta, sono io. Prova un amore morboso nei miei confronti; sono una vera e propria figlia per lui.

Fu in quel collegio che conobbi Jim e Johnn, allora chiamati da tutti ‘deuawd o eifr’, letteralmente ‘duo di capre’. Erano i meno dotati del collegio, quindi i più derisi e esclusi.
Io ero, invece, ‘the untouchable’, ‘l’intoccabile, ed ero un’esclusa per scelta. Ho sempre avuto dei problemi col ‘relazionarmi con gli altri’, per questo presto diventammo buoni amici.

Ho ottenuto il diploma a quindici anni e adesso, che di anni ne ho quasi diciannove, conto più di cinque lauree ottenute.

-È  di tuo gusto la suite?- mi chiese Adam, guardandomi dallo specchietto retrovisore.
-Abbastanza.- risposi. Non sono mai stata logorroica. Forse lo sono soltanto con Jimmy e Johnny o quando inizio a  sparare supposizioni a destra e a manca. 
Adam sapeva bene quanto detestassi parlare di argomenti futili, quindi evitava nella maggior parte dei casi di dar loro vita.
-Arrivati.- disse Jimmy, aprendo lo sportello dell’auto e indossando i suoi occhiali neri. I gemelli sono sempre stati affetti da fotofobia.

Avevamo scelto un bar nel centro della città per poter parlare senza che quel detective troppo curioso potesse osservarci.
Il bar non era molto affollato, ne appariscente, dimostrazione del fatto che, dopo cinque mesi di distanza, Adam rammentava ancora i miei gusti.
Ci sedemmo in una parte appartata del locale accanto ad una finestra coperta da una grande tenda in stile retrò.
Un cameriere abbastanza giovane non si fece attendere e ci raggiunse con, stampato in faccia, un enorme sorriso. Non lo guardai. Non amo guardare le persone, non per strambi motivi, semplicemente non mi importa un accidenti di come siano fatte. Per me le persone sono tutte uguali. Le uniche che hanno un certo valore sono gli indiziati e le vittime dei casi di cui mi occupo.

Sentii appena le innumerevoli ordinazioni di Jimmy mentre rimuginavo sul caso Kira, quando:

-E a te cosa porto tesoro?-

Rivolsi al cameriere uno dei miei peggiori sguardi e con la coda dell’occhio vidi Jimmy perder colore.
-Un the caldo con buona aggiunta di latte. Molto zucchero e vedi di fare in fretta, altrimenti credo proprio che verrai licenziato.- dissi solo, più fredda che mai.
Il cameriere deglutì e sussurrò: -Certo, signora.- e filò via con passo svelto.

Johnny sogghignò.

-Ho temuto che lo avresti steso.- disse Jimmy, mentre le sue guance si coloravano del loro solito rossore piacevole.
-Strano che tu l’abbia pensato. Non è da me.- risposi ironicamente.

Sono anche una grande bugiarda e Jimmy, invece, è sempre sincero.
Purtroppo uno dei più grandi difetti che la mia elevata presunzione mi permette di riconoscere è la poca pazienza.
Al collegio mi chiamavano ‘l’intoccabile’ per un motivo concreto; sono esperta in quattro arti marziali: Tae Kwon Do, Thai Boxing, Capoeira e Kung Fu e non nascondo di farne abbondante e spesso uso.

Le ordinazioni arrivarono molto prima del previsto. Presi la mia tazza di the ed aggiunsi un altro po’ di zucchero. Io sono una gran bugiarda ed amo i dolci, ma il mio ottimo intuito mi ha negato di ammetterlo innanzi ad L. Sono stata fortunata. Se lo avessi ammesso mi avrebbe battuta di nuovo.

Chi mangia più dolci tra L e X? L, è ovvio e di questo ne ho avuto una disgustosa dimostrazione ieri sera.

Lo so, sono abbastanza fuori dal comune. Per me ogni dettaglio equivale ad una sfida. Ed io odio perdere.
Ma la cosa che più odio e mi logora è solo una: L.
Questo disprezzo è nato all’incirca tre anni fa, agli albori della mia vita investigativa e negli anni d’oro di quella di L.

L fece la sua comparsa nell’anno in cui frequentavo il primo superiore e lui mi.. affascinò.
Lo ammirai fin da subito, lo appoggiai in tutto ciò che faceva, adoravo ascoltare le sue deduzioni in Tv e fu in quegli anni che decisi il percorso che la mia vita avrebbe condotto.
Volevo essere come lui, ma per quanto mi impegnassi, per quanti casi risolvessi e per quante prigioni riempissi non riuscivo mai ad eguagliarlo. Così mi imposi quell’obiettivo, che tutt’oggi cerco di raggiungere: superare L ed essere la numero uno, la migliore.
Diciamocelo, una come me non merita di occupare un misero secondo posto.  
No! Io merito di essere la prima; lo sono sempre stata, ho sempre vinto in tutta la mia vita, sono sempre stata la predatrice, ho sempre calpestato i miei rivali.

E mai nessuno mi ha mai umiliata quanto ha fatto lui, mai nessuno mi ha fatto provare tanta rabbia.

-Lizzie ci informi delle tue conclusioni su quelle videocassette?-

L l’unico che non sono mai riuscita a sconfiggere.
Ed è per questo che lo odio e disprezzo.. con tutta me stessa.

Ora penserete che sono davvero una pessima persona; beh, non siete molto lontani dalla pura e semplice verità.



≈≈≈


»Quartier Generale delle Indagini sul killer dei criminali Kira.





-Hai visionato i dati che ti ho fornito?- chiese L, sorseggiando il suo caffè, ormai del tutto freddo.
-Sai bene che l’ho fatto.- rispose X, continuando a spingersi avanti ed indietro su una sedia con le rotelle.
-Le tue deduzioni?-
-A proposito di..?- chiese la detective, fermandosi e guardando L con un’espressione falsamente stupita.

‘Ti stai prendendo gioco di me.. Interessante’. Pensò il detective. Watari sorrise appena, servendo del the agli ospiti e agli agenti della squadra anti-kira.

-Parliamo delle foto scattate ai lavori fatti dai carcerati prima di morire.-
-‘L lo sai che gli Shinigami mangiano solo mele?’ È una balla. Solo una maniera per farti ragionare su un qualcosa che di senso non ne ha.- rispose X, iniziando a girare. Matsuda la guardava incantato. 

Era davvero tanto anormale per lui concepire che esistessero persone intelligenti, oltre a quelle idiote come lui?

-E cosa pensa sull’omicidio di Ray Penber e di Naomi Misora?- chiese il sovrintendente Yagami.
-Su quella metropolitana c’era Kira, non vi è alcun dubbio su questo. Naomi Misora era un detective dell’ FBI e quindi, suppongo, che avesse scoperto che tra le persone che il suo fidanzato pedinava c’era Kira e quest’ultimo l’ha tolta di mezzo. A far valere la mia teoria ci sono le videoriprese fatte nella stazione di polizia, dove lei era, certamente, andata per esprimere i suoi sospetti.- spiegò X, guardando il soffitto.
-Tu hai già dei sospetti su chi sia Kira?-
-Io non ho sospetti, ho certezze, Kira è..- e così dicendo si fermò ad osservare il sovrintendente. -Light Yagami.-

Matsuda scattò in piedi e urlò: -Come puoi dirlo? Tutti a prendervela con quel povero ragazzo.-

X alzò un sopracciglio e Soichiro Yagami con un gesto della mano e uno sguardo gelido rimise in riga il suo sottoposto. –Con quale percentuale affermi questo, X?- domandò il sovrintendente portando all’indietro i capelli con la mano destra.

-Attenzione, io non uso stupide percentuali. Io quando affermo un qualcosa di tale rilevanza lo faccio perchè son certa della veridicità di quel che dico.- riaffermò X.
-E pensare che io ne sono sicuro al di sotto del cinque percento.- disse L, mordicchiandosi il pollice e guardando X con un’espressione stupida. –Ora potete lasciarci?- proferì il detective, non lasciando lo sguardo della giovane.

Tutti si alzarono e pian piano si diressero alla porta. I gemelli lanciarono un veloce sguardo al loro capo che con un gesto del capo diede loro il permesso di lasciare la loro postazione.

Watari una volta accertatasi che la stanza fu vuota e che X, fosse alquanto distratta da un qualcosa di apparentemente invisibile sul soffitto chiese ad L:
-Ci si può fidare di lei?-
-All’ottantasette percento, suppongo. Ora vai.- rispose il suo pupillo, addentando una fragola.





Prima di chiudere la porta del salotto osservai quei due strambi ragazzi, lì seduti l’uno di fronte all’altra, con espressioni assenti, troppo assenti per dei giovani della loro età. Mi fecero una gran tenerezza. La loro adolescenza non era mai stata vissuta. Avevano preferito chiuderla in un cassetto.
Loro vivevano per la Giustizia e non per se stessi.
Ancora non sapevano a cosa quella stessa Giustizia li avrebbe portati e, allora, non lo sapevo neanche io, ma quella sera avvertii un leggero strappo all’altezza del cuore.

Chiusi la porta.

E fu così che si diede inizio al primo scontro frontale tra i due detective migliori al mondo, ma questo sarà raccontato su altre pagine.






***
Note di quella poco anormale autrice:
Bene un altro capitolo è concluso. Spero vi sia piaciuto e che la parte sui ricordi di X non vi abbia annoiato.
In questo capitolo non interagiscono X ed L, ma pensavo che fosse doveroso spiegare il perchè di tanto odio da parte della detective nei confonti del MIGLIORE.
Ho introdotto un paragrafo dove parla sono ed unicamente lei in prima persona.. Ebbene non credo che, per adesso, farò lo stesso con L. Ho il timore di scivolare nell'OOC più assoluto e di ''insultare'' il meraviglioso e da me amatissimo detective. E sì! Ne sono proprio innamorata :-9

Comunque, comunque, comunque ringrazio infinitamente 
ChockyLawliet, che recensisce sempre sinceramente, dandomi ottimi consigli e spronandomi.

 

(Mi allaccio a questo per parlare dell'entrata in scena di X:
Il non darle un'entrata trionfale è stata una mia scelta sulla quale ho riflettuto molto. Desideravo che X fosse stupisse per la sua intelligenza, per le sue doti e per la sua immensa presunzione, non per l'aspetto fisico ad esempio (infatti, non l'ho descritta affatto apparte per due o tre particolari).
Ed inoltre anche l'entrata di L non è stata un granchè spettacolare (RAMMENTIAMO INSIEME: Piedi, pantaloni, maglia, viso ed 'Io sono L'.)
Che poi alcune come la vostra Jolie è impazzita gridando: CHE FIGOOO! è un discorso apparte! Ahahah. :-D

Bene ringrazio ancora insieme a coloro che:


Inoltre tengo a ringraziare tutti quegli 87 lettori silenziosi che sono passati di qui.

Un bacione e (Jolie si inginocchia e fa un faccino puccioso)
RECENSITE, ho bisogno di voiii! 


J.

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Capitolo 4
*** Combattere ***


 ***

Combattere

Capitolo Quarto

 







-Desidero porti alcune domande. Ti va bene?- chiese L, indicando la tazza del the, ancora fumante, alla giovane donna che, imperterrita, continuava a guardare il soffitto e masticare chewingum.
-Solitamente sono io a porle, ma se lo ‘desideri’ così ardentemente, procedi pure.- disse-Innanzitutto, oso chiedere, che rapporti ci sono tra te e i tuoi due agenti.- disse L, addentando una fragola.
-Johnny è sposato da tre anni ed ha un figlio, mentre Jimmy è gay. Siamo nati nello stesso quartiere, nel New Jersey.- rispose X, mentendo sull’ultimo punto e continuando a non porre alcuna attenzione ad L.
-Bene e quell’uomo con cui sei andata al bar stamattina chi era? Non ricordo affatto che mi sia mai stato presentato.- disse il giovane, portandosi l’indice sulle labbra e alzando gli occhi, come uno che cerca di ricordare qualcosa.

‘Ed ora cosa mi dirai, X?’

-Non ti è stato presentato perché mi pare che questo non sia né un mio dovere né un tuo diritto. E comunque questa conversazione tocca punti assai futili e ritengo che sia inutile.- rispose X, guardando finalmente L, con sguardo di sfida.
-Non adirarti, X. Se dobbiamo lavorare insieme ritengo doveroso che ci sia un minimo di conoscenza reciproca. E ti prego, per l’ennesima volta, di chiamarmi Ryuzaki.- ammise L, fingendo un sorrisetto per poi concentrarsi nuovamente sul cibo.

X si alzò agilmente dalla poltrona e prese la tazza di the sul lato opposto del tavolino. Presa la tazza si allontanò il più velocemente possibile dal giovane detective.

-Perché detesti tanto L?- chiese il detective, alzandosi con un balzo ed avvicinandosi alla giovane.
-Perché parli in terza persona?- domandò lei, alzandosi a sua volta.
-Penso che saperlo non sia né un tuo diritto, né sia un mio dovere metterti a conoscenza di ciò.-
X annusò la tazza di the, guardando L con degli occhi azzurri ridotti a due fessure.
-Non penserai che sia avvelenata.- disse L, sorpassando il tavolino.
-No, ma sono piuttosto prudente.- rispose X, poggiando la tazza sul tavolino.
-Adam Windleton, fondatore di molti collegi. La sede principale di questi è in Scozia, dove tu sei cresciuta e dove hai conosciuto i gemelli. Sei una gran bugiarda, ma non te ne faccio una colpa, anche io lo sono.- disse L, muovendo ancora qualche passo fino a che poté sentire il respiro della giovane all’altezza delle clavicole.- E comunque non mi sarebbe di alcun aiuto ucciderti. Tu mi servi e, d’altronde, come potrei commettere un reato così crudo proprio io che incarno la giustizia.-
X avvampò, sbarrò gli occhi e le sue sopracciglia iniziarono a muoversi freneticamente.
-La giustizia non merita affatto di essere rappresentata da un ragazzino psicopatico e idiota come te.- disse la giovane, con disgusto.

-E, suppongo, che, invece, debba essere rappresentata da te. Una ventenne che non è mai riuscita a superare questo inguaribile idiota psicopatico.- ironizzò L, puntando dritto al punto debole di X.

La detective chiuse un secondo gli occhi per attutire il colpo, girò appena la vita e con un calcio scaraventò L su uno dei divani. X scaraventò il the sulla moquette, serrò i pugni e si diresse alla porta della suite.

-Sei molto scortese. Eppure non si direbbe, sei piuttosto carina.- disse il detective ironico, massaggiandosi lo stomaco.

-E tu, invece, mi disgusti.- disse X, guardando un’ultima volta il miglior detective del mondo prima di andarsene.

‘Ti disgusto? Io?’
 
 
 

≈≈≈



 
‘Lo detesto, lo odio, lo disprezzo.’

Un’immensa rabbia martella il mio stomaco, delle fitte percorrono il mio intero sistema nervoso.
Odio lui e la giustizia che diceva di incarnare. La Giustizia non è né lui, né io.
La Giustizia è quel qualcosa che rende questo mondo migliore, che mi permette di vivere ogni giorno.
Vivo per la Giustizia, perché è l’unico modo in cui mi hanno insegnato a vivere; perché credo ancora in questo mondo e negli uomini che ospita; perché credo di essere in grado di migliorare le situazioni mondiali; perché io sono X e questa è la strada che devo percorrere.
L’unica strada che mi è stata assegnata ed io non posso limitarmi a girare per dei vicoli.
Stringo le dita intorno alla inferriata di ferro che circonda il tetto dell’Hotel.
Le mie nocche sono bianche e la ringhiera è tremendamente fredda.

‘Come ho potuto permettere che scoprisse così tanto di me? Ed io non so niente di lui. Mi ha battuta di nuovo.’

-Lizzie, sei qui!- la dolce voce di Adam mi sembra così lontana. Sospiro e guardo il sole che bacia l’orizzonte.
-Il tuo incontro con L è finito a quanto pare.- dice il mio tutore, con affanno.
-Uhm.- rispondo io. Non ho voglia di parlarne, non ora.
-Mi deludi. Tu di solito non scappi innanzi alle provocazioni, ma reagisci.- afferma ed io sorrido ironicamente.
-Oh, Adam! Ti assicuro che ho reagito.- dico con entusiasmo.
-Non ti intendevo questo e lo sai. Stendere qualsiasi cosa che ti infastidisce non è reagire. Usa quel bel cervello che ti ritrovi per replicare con le parole ogni tanto.- replica Adam, con saggezza.
-Non sarebbe divertente.- Sorrido.
-X, tu sei l’orgoglio della Wendleton, sei l’idolo di tutti coloro che la frequentano e sei il mio pezzo migliore, cerca di comportarti come hai sempre fatto e come io stesso ti ho insegnato e non perderai questi titoli.-
-Non mi interessa alcuno di questi titoli. Io voglio superarlo Adam, voglio schiacciarlo sotto le suole delle mie scarpe, voglio ridere alla sua disfatta. L’unico titolo che a me interessa è il suo.- Stringo ancor di più le dita. Perché tutto questo mi fa così male?
-Forse non è ancora il momento o, forse, non lo sarà mai. Devi smetterla.- grida lui, severo.
Il mio odio cresce con il sentire quelle parole.
-Mi stai dicendo di arrendermi?- grido io, rivolgendogli uno sguardo indispettito.
-Ti sto dicendo di trasformare un obiettivo in una fissazione.- dice lui, pacato.
-Bene, perché non lo avrei mai fatto. Finchè il mio cuore pomperà sangue io non mi arrenderò. Non in questa sfida, non con lui.-

Adam mi mette una mano sulla spalla con fare paterno.

-Ha detto che sono carina..- dico, ancora offesa.
Sento Adam ridere di gusto.
-..E sa di te.-
-Lo so. Io e Watari siamo amici di vecchia data e gli ho dato il mio consenso a parlare di me ad L.- Mi volto e lo guardo intensamente. Adam sospira. –Ho sempre saputo che era lui ad occuparsi di L, ma comprendimi, se te l’avessi detto tu avresti scoperto la sua identità senza muovere un dito e, conoscendoti so che non ti avrebbe resa orgogliosa. Tu sei arrivata a lui con le tue sole forze, l’hai costretto ad avvicinarti e a mostrarsi a te. Non pensi che questa sia già una vittoria?-
-Non mi basta. Io voglio essere la vincitrice finale.-affermo, guardando il sole che scompare.
-Combatti, X, combatti per la Windleton, per te, per me, ma soprattutto per la giustizia.- mi dice Adam sincero, allontanandosi da me.
-E che combattimento sia.- sento i passi del mio tutore allontanarsi. Poi si blocca e sento che si gira a guardarmi.
-Sì, Adam?- gli dico, seria.
-Questa non è la prima volta che incontri L. Rammenta il nostro viaggio in Inghilterra e, forse, ti sarà tutto più chiaro.-

Cosa? Ripercorro velocemente tutti i ricordi di quel viaggio. Le scene scorrono e non noto alcun particolare fino a che non mi appare un ragazzino con un’espressione presuntuosa sul viso, coperto dai capelli neri arruffati.

-L.. L Lawliet?- sussurro.




≈≈≈
 

 

Penso che l'avversità di X nei confronti di L, non sia iniziata nella maniera in cui lei ve l'ha raccontata.
Ma, non fategliene una colpa.
Anche X era sicura delle vicende narratevi, almeno fino ad ora.
La soluzione a tutti i suoi problemi, X, l'aveva avuta sotto il naso per tutti quegli anni, eppure, non aveva mai neanche tentato di sbirciare in quel suo passato.

Per ovvie ragioni, X teme il passato. 
X è stata trasformata da esso.

Io, comunque, non mi stupisco.
I detective son fatti così: cercano i dettagli più piccoli, indagano a fondo per scovare e scoprire prove che non esistono, ma, straordinariamente, non riescono a notare le cose più evidenti.

Anzi, ho errato nell’esprimermi, loro se ne accorgono eccome, ma le lasciano passare, poiché loro, a causa dei straordinari quozienti intellettivi che posseggono, non riescono a concepire che la soluzione di ‘un caso’ sia un qualcosa di semplice ed ovvio e non un’enigma. 

Watari.


 




***

Angolo Autrice:

Hola!
Come state My Dears? Io sommersa dai compiti di chimica! :(
Vado di fretta perché devo correre a studiare quindi sarò veloce (per la vostra felicità):
-Ringrazio
ChockyLawliet come sempre. GRAZIE PER RECENSIRE SEMPRE. I tuoi commenti sono preziosi per me :’)
-X è taaaanto infantile, lo avete notato? Mi piace troppo è così imperfetta. <3
-Vi è piaciuto questo capitolo? :-) Fatemelo sapere, eh!
-Ho comprato su e-bay il modellino di L versione pucci.. è troppo tenero, cavolo. L’ho messo accanto al mio letto! Non vi dico che bel risveglio ogni mattina!
-RECENSITE, RECENSITE, RECENSITE!
 
 
Un bacio,

J.

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Capitolo 5
*** Una dolce scommessa. ***


 ***

Una dolce scommessa

Capitolo Quinto







Ricordo quel giorno come una dolce mattina di primavera.
Ero intento ad aspettare il mio amico Adam che presto sarebbe arrivato, scortando quella che, secondo lui, avrebbe battuto L.
Era già deciso da tempo che presto io e lui, tramite i nostri due prediletti, ci saremmo sfidati.
Vi starete domandando da cosa partì questa sfida..
Ebbene io ed Adam siamo amici di vecchia data, uniti dalla passione per le invenzioni e per la creatività. Un giorno decidemmo di fondare delle scuole per inventori. Io volli fondarla a Winchester, mentre lui in Scozia. Presto, però, lui iniziò a reclutare solo piccoli geni, che a tutto aspiravano tranne che all’inventare.
Mi trovai in disaccordo e lui, di animo poco pacato, decise presto di dividerci per poi, un giorno, far confrontare i nostri pupilli.

 

 

≈≈≈


 

Winchester, Inghilterra.
19:09:58.
10 Gennaio 1993.


 

-Lizzie non sai quanto a lungo ho aspettato questo momento. Tutto questo è possibile grazie a te, lo sai, vero?- chiese Adam affettuoso.
-Uhm.- rispose la piccola Lizzie, che, già da allora, teneva nascosta la sua identità.

Non perché già sapesse che anni dopo sarebbe stata una dei migliore detective del mondo, ma, semplicemente, perché lei è sempre stata capricciosa ed il suo vero nome non l’è mai piaciuto.
Almeno, così diceva Lizzie, ma in realtà, lei, non si fidava di nessuno.. Cauti si nasce.
Nemmeno Adam, allora, era a conoscenza del vero nome della sua adorata e straordinaria bambina.
Ma, Lizzie, il suo nome lo conosceva bene. Sentiva la voce del suo amato fratello che, per l’ultima volta la invocava, prima di toccare il suolo.
La bambina soffriva di vertigini. Non da sempre, ma solo da quando Andrew, suo fratello maggiore, era scivolato giù dal balcone della sua vecchia casa. Eppure Lizzie spesso, per pensare, andava in posti molto alti.
In molti la definivano masochista, altri solo euforica.

Ma la realtà era che i brividi a Lizzie piacevano. Adorava quella dolce sensazione di vuoto e panico che le saliva alla gola ogni volta che si arrampicava su un albero o dondolava su un’altalena.
Ragion per cui spesso si cimentava in sfide all’apparenza impossibili da vincere, ma straordinariamente ogni volta la bambina ne usciva vittoriosa.

Lizzie era speciale e questo era innegabile.

-Ma lì ci sono dei bambini come noi?- chiese Jimmy, stringendosi al braccio del suo gemello. Il piccolo era sempre stato insicuro ed aveva paura delle persone.
Lizzie istintivamente gli posò una mano su una spalla, più per rassicurare sé stessa che l’amico. La bambina soffriva della stessa paura.
-Sì, tanti bambini eccezionali.. proprio come voi. E ce n’è uno in particolare che è molto, molto fuori dal comune.- rispose Adam.
Lizzie alzò il volto e scrutò incuriosita il suo futuro tutore. Lui le sorrise rassicurante, dicendo : -Ma la nostra Lizzie lo batterà, siamo qui per questo.-
-Questo è più che sicuro, Adam.- rispose presuntuosamente la bambina. –Sarà solo un altro fugace passatempo.-
-Non sottovalutarlo e ricorda: ‘Sconfiggi il nemico..’-
-‘..senza alcuna pietà.’- rispose Lizzie, intrecciando le dita.

La limousine era spaziosa, troppo spaziosa per quella minuta bimba, che si stringeva le fragili gambe con le braccia e si raggomitolava su sé stessa in un angolino dell’auto.
Guardava il soffitto dell’auto mentre si dondolava mollemente e si mordeva freneticamente il labbro inferiore.
Anche le super menti hanno dei vizi e questi sono quelli di Lizzie.
Per pensare bene lei deve guardare in alto, dondolarsi lentamente e masticare una qualsiasi cosa.

-Ecco, siamo arrivati.-

Pochi attimi dopo un uomo sui cinquant’anni li accolse in quello che sembrava proprio un orfanotrofio, ma la piccola X ha sempre avuto buon occhio e, camminando per i corridoi, si accorse immediatamente che quelli non erano semplici orfani.. nei loro sguardi c’era qualcosa di più.
L’uomo con i baffi dopo aver parlato a lungo con Adam si rivolse alla bambina:
-Tu devi essere Lizzie. Adam mi ha sempre parlato bene di te.- le disse, con un sorriso affettuoso. –Io sono Quillish Wammy.-
Lizzie rispose con un piccolo cenno della testa.
-Wammy, Wammy!- urlò la voce di un bambino.
Una strana figura correva verso di loro a spalle basse.
-L’ho scoperto! Era così semplice.- disse il bambino, appena sorridente.
Wammy gli accarezzò i capelli e il piccolo si mise una mano tra questi con fare imbarazzato.
Immediatamente i due bambini incatenarono gli sguardi e si guardarono a lungo, intensamente e con avversione, per poi posare la loro attenzione su qualcos’altro con aria innocente.


 

≈≈≈


Chiunque avesse visto L a quel tempo avrebbe dedotto che fosse un idiota, ma X notò subito quello che, io stesso, scoprii solo dopo una lunga osservazione. Vidi una luce negli occhi della bambina in quel momento e un lieve sorrisino.. aveva già capito chi sarebbe stato il suo avversario.
Avversario.
Sì. Penso tutt’ora che, ingenuamente, fummo io ed Adam a dar loro quei ruoli che avrebbero rispettato per tutta la vita.
Fin da quel giorno, fin dal primo sguardo X ed L furono rivali.



≈≈≈

-Io sono Lizzie e tu chi sei?- disse la bimba, fingendo un sorriso.
Il bambino in tutta risposta si tolse il lecca lecca dalla bocca e la guardò curioso curvando la testa.
-Oh, lui non sa il suo vero nome e preferisce che nessuno gliene dia uno.- rispose Wammy, al posto del piccolo L.
-E come fate a chiamarlo?- chiese Jimmy, stordito da quella petulante presenza.
-Non lo chiamano e basta, mi pare ovvio. Non fare domande stupide.- disse Lizzie, guardando l’amico con un sopracciglio inarcato.
-Sei tu a fare domande stupide. Io sono il tuo rivale, no? Mi pareva che tu lo avessi già capito e allora perché lo hai chiesto?- proruppe il bambino, sorprendendo tutti.
Lizzie rimase senza parole, per la prima volta, in vita sua.
-Questo non è educato. Chiedi scusa.- lo sgridò Wammy. Il bambino sorrise a quello strano signore e con fare sempre più bizzarro porse il lecca lecca che si era appena tolto dalla bocca a Lizzie.
-Scusami.- disse, con un falso sorriso.
Lizzie gli schiaffeggiò la mano e disse pacata:
-Ridi finché puoi! Quando ti sconfiggerò avrai poco da sogghignare, idiota.-
-Io scommetto che vincerò.-  disse il bambino, osservandola con sfida.
-Cosa vuoi scommettere?- chiese la bambina, a pugni stretti.
-Lo deciderò dopo aver vinto.- concluse il piccolo L, scartando un cioccolatino.
 

≈≈≈
 

Secondo posto, terzo, penultimo.
A loro due non importa. Per loro ci sono solo i vincitori e i perdenti.
E Lizzie non uscì vincitrice da quella sfida. Perse per solo un millesimo di secondo, ma perse. Solo questo a lei importava.
E tanto L fu entusiasta come non mai di aver vinto, tanto X ne fu arrabbiata. Appena dopo la fine della prova la bimba si incamminò verso il laghetto e non ne fece ritorno per ben quattro ore. L quel pomeriggio sparì ed io pensai che, semplicemente, fosse andato a ragionare su un qualcosa per me irraggiungibile nella sua stanza, ma solo tempo addietro seppi la verità.  

Lui era andato da lei.


≈≈≈


-Ho vinto.-
Fu quell’insopportabile voce a interrompere la commiserazione di Lizzie.
-Cosa vuoi?- chiese la bambina, voltandosi con ego.
-Sono venuto a ritirare il mio premio, no?- disse il bambino, accucciandosi in maniera fetale.
X ne rimase appena stupita, per poi riprendere a guardarlo con odio.
-Ovvero?- Lizzie finì appena di formulare la domanda, che il bambino le stampò velocemente un bacio sulle labbra. L si allontanò in fretta e riprese a scrutarla divertito.
-Sei così dolce.. mi piaci.- concluse, sorridente, prima di alzarsi e iniziare a camminare verso l'edificio.

Lizzie si portò istintivamente una mano alle labbra e sentì le guance avvampare. 

-Ehy, aspetta. Non credo al fatto che non ricordi il tuo nome, dimmelo!- chiese la bimba, stranamente non infuriata.
-L Lawliet.- disse il bambino, senza voltarsi.
-Ma L è una lettera, non un nome!- replicò la bimba.
-E tu come ti chiami?-
-Lo sai.- disse X.
-Sì, ma anche il tuo non è un nome vero.- dedusse il piccolo, portandosi l’indice alle labbra.

Sono Lizzie..No, troppo scontato, questo già lo sa.

X non aveva vinto solo perché aveva perso tempo a correggere quella dannata ‘x’ della prova di matematica, che aveva troppo tondeggiante.

-X.- disse la bimba, per poi aggiungere: -E la prossima volta che ci vedremo, sarò io a vincere.- aggiunse la bambina.
-Scommettiamo?- chiese L con un leggero sorriso, prima di andarsene e sparire, così, per sempre dalla vita di X.
 


≈≈≈
 

E fu così che la quarta detective migliore al mondo scelse la lettera che da allora in poi l’avrebbe rappresentata.

 

  



***

Scrivere questo capitolo mi ha fatta provare una tenerezza immensa! :') Cosa potrebbe esserci di più puccioso di un piccolo L?
Questo capitolo vi è piaciuto?? Mi raccomando, fatemelo sapere nelle recensioni. Dai su, dedicatemi solo cinque minuti del vostro tempo libero. Daiii *-*.

Passo subito, subito ai ringraziamenti che devo scappare a studiare (domani ho un compito di matematica _-_) :

-Grazie a ChockyLawliet che non si fa mai attendere e recensisce sempre, accompagnandomi e dandomi forza in questa avventura. I love you. 
E poi c'è da dire che le devo un doppio ringraziamento anche solo per aver inserito il nome 'Fedez' in una recensione della mia storia.Hai visto ho inserito un Jimmy un po' puccioso qui, spero che ti sia piaciuto! :-D 
-Grazie a loveiswar97. Una nuova recensionista! (Sono proprio scema!) <3 Spero di leggere una tua recensione anche sotto questo capitolo. Sei super simpaticissima e mi hai messo tanta allegria. 

Hai visto sono stata veloce ad aggiornare! Felice?? :-D


Insomma come concludere..
Grazie ai lettori silenziosi, a chi ha messo questa storia tra le seguite, tra le preferite e tra le ricordate.
Vi adoro immensamente, tutti!

E RIPETO: RECENSITE, se no X si arrabbia e poi sono cavolacci vostri! ;-) Ahahahah <3


P.S. Nel prossimo capitolo aggiungerò dei disegni fatti da delle mie amiche e da una ragazza. :-) Se volete disegnate pure voi qualcosa e contattatemi. L'arte qui è sempre apprezzata. 

P.P.S. Perchè se mi siedo in posizione fetale il mio QI non aumenta nemmeno di un milionesimo?? :-( Proverò con i dolci.
VOSTRA,

 

J.


 

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Capitolo 6
*** You've got a New E-mail. ***



***
You've got a new e-mail.

Capitolo Sesto.



Si svegliò di soprassalto.

Come aveva potuto dimenticare tutto?

Era strano. Lei non dimenticava mai nulla.

Sebbene fosse sveglia continuava a tenere gli occhi chiusi.
Ingenuamente tentò di riaddormentarsi, di rivivere quel sogno dettato da un passato dimenticato. Preferiva sognare e non ricordare. Un ricordo tira l’altro.

E questo sarebbe stato troppo.. perfino per X.. soprattutto per X.

-Dolce, dolce Lizzie. Buongiorno! È inutile che fingi di dormire, ti conosco troppo bene; quando ti svegli inizi a masticare poiché metti in moto il cervello.. chissà a cosa pensi, poi, di prima mattina!- esclamò Jimmy entusiasta ad un palmo dal naso della detective.

-Chissà chi ti da la forza di sparare certe stronzate di prima mattina.- mugugnò X, massaggiandosi le tempie doloranti, a causa di quello strano sogno.

-Ti va una partita a Just Dance, dolcezza?- disse il gemello con il papillon.

X per tutta risposta si stese nuovamente sul divano. La cosa che più amava oltre il risolvere casi era dormire. Le piaceva perché accantonava i pensieri.
Lei era la migliore detective del mondo, ma infondo era pur sempre una ventenne.

-E dai, muovi quel bel culetto. Energia, su.- disse il gemello più dolce, strattonandole un braccio.

-Johnny se non fai smettere immediatamente tuo fratello ti ritroverai ad essere figlio unico.- minacciò Lizzie con ironia.

-Ha ragione, Jimmy. Anzi pensa tu a muovere il ‘culetto’ ed aiutami invece di giocare in continuazioni con quelle dannate consolle.-

-Io dovrei aiutarti? Dopo che ieri ho sfacchinato tutto il giorno, mentre tu non facevi altro che bere il tuo stupido the e parlare con tua moglie.-

Ecco, ora iniziano a litigare.. Tipico.

-Lizzie vestiti in fretta, alle 9:00 dovrai essere all’università. Il tuo the è sul tavolino e la sigaretta è ricaricata.- disse Johnny.

Già, la sigaretta da ricaricare. L’ultima trovata di Johnny. Solo un altro stupido ed inutile modo che mi dovrebbe servire a ‘smettere di fumare.’

-Tra mezz’ora voglio la limousine pronta.- disse X, finendo il the.

-Vuoi andare all’università con la limo? Non darai un po’ troppo nell’occhio?- chiese Jimmy, seguendo attentamente i passi del ballerino sullo schermo.

-L’entrata in scena è fondamentale.- sorrise X, dirigendosi in bagno.
 


≈≈≈

 

Osservo Light Yagami da più di tre ore. Mi sono iscritta alla sua stessa università per questo d’altronde. Sembra un ragazzo comune, anzi, un ragazzo modello. Un perfetto esempio da seguire.. fin troppo perfetto.
La perfezione è solo un concetto teorico e questi suoi atteggiamenti confermano solo le mie deduzioni.

Lui è Kira.. ma come provarlo?

Della squadra giapponese anti-kira, solo L ci era arrivato.
È possibile che solo menti geniali come le nostre possano riconoscere l’ovvio?
Non posso farmi sfuggire questa occasione.. devo trovare un modo il prima possibile!

Altrimenti vorrà dire che mi sono esposta tanto per una manciata di mosche. Poca prudenza?

Forse.

Ma vincere su L e Kira per me è la cosa principale.

Yagami si alza e si incammina verso la direzione opposta alla mia. Mette un mano sul fianco di una certa Takada.
Miss Università e bella mente. Il nostro Kira non si accontenta di poco.
Perdo di vista il giovane, ma va bene così. Per oggi è abbastanza; preferisco non rischiare troppo.

Sento un fruscio alle mie spalle. Serro i pugni e mi concentro sul rumore pronta ad una contromossa. Qualcuno mi mette le mani sulle spalle. Reagisco istintivamente, ma una di quella bianche e sottili mani ferma e stringe delicatamente, ma con decisione il mio pugno.

-Buongiorno, Holmes.- sorride L, con quella sua faccia idiota. Non sembra affatto offeso dell’accaduto dell’altra sera. Se non fossi tanto arguta penserei, perfino, che non ricorda proprio nulla.

-Cosa diavolo ci fai tu qui?- chiedo, sospirando.

-Mmm.. La stessa cosa che fai tu, suppongo.- dice L, mentre si porta l’indice al labbro. –Con l’unica differenza che io la faccio meglio.-

-Ho capito.. sei qui per provocarmi! Sappi, Ryuzaki..- iniziò Lizzie, inarcando un sopracciglio.

-Qui sono Ryuga.- la interruppe lui, con un falso sorrisetto.

-Sappi, Ryuga, che non c’è colpo che io non renda.- ringhiò X.

-Oh, no. Non hai compreso, io sono venuto qui per scusarmi.- disse lui in tono mellifluo, inscenando i suoi soliti siparietti da idiota.

Chissà perché lo faceva, poi. Per confondere la gente? Per nascondere la sua vera natura? Eppure uno che prende il miglior punteggio dell’università non sembra voler rimanere nell’ombra.

Cosa gli passa per la testa?

-Hai ottime capacità recitative, ma credimi non serve. Con me non funziona.- disse lei, guardandolo intensamente.

-Ah, no?- rispose lui, improvvisamente gelido. Nel giro di pochi secondi era cambiato tutto, partendo dalla forma delle pupille e finendo con il tono di voce.

Non si può certo negare che abbia stile.

L la guardò intensamente, cercando di intuire qualcosa in più sul conto della giovane, ma lei, dal canto suo, aveva costruito un’alta barriera intorno a sé. Ryuga scavalcò agilmente la panchina ed iniziò a incamminarsi per il lungo viale alberato dell’università.
X continuava a fissarlo in ogni suo movimento. Studiò attentamente quella limpida maglia bianca, che sempre aveva portato e quei larghi jeans che gli pendevano dai fianchi.

Caspita se è magro.

X arrivò pian piano al viso del detective, che ormai fermo, la osservava interrogativo.

-Seguimi, Lizzie.- ordinò L e la giovane, ebbe l’impulso di non obbedirgli, ma lo sguardo serio del detective le permise di accantonare quel capriccio.

Si alzò, prese la borsa e lo seguì a distanza.

 

≈≈≈

 

I migliori detective del mondo erano seduti l’un di fronte all’altra in un piccolo bar del centro.
Gli altri giovani nel bar li guardavano: erano due soggetti interessanti.
Agli occhi di tutti erano due semplici giovani, seppur strambi, che, dopo una lunga giornata universitaria, prendevano del caffè per rifocillarsi.  
I loro sguardi incatenati, però, la dicevano lunga sul loro conto, eppure, gli avventori nel bar non si accorsero di nulla; capirono solo che era meglio tenersi a distanza da quei due.

-So che questo locale ti piace molto, Lizzie.- disse L, allineando le zollette di zucchero sul tovagliolo. -Hai buon gusto.. piace anche a me.-

In effetti quello era lo stesso bar dove pochi giorni fa X era stata con i gemelli e Adam.

-Uhm.- disse lei, masticando la sua gomma.

-L’altra sera, per la spiacevole piega che gli eventi hanno preso, non abbiamo avuto modo di parlare approfonditamente delle tue deduzioni. Facciamolo ora.-

-E se io, invece, volessi ascoltare le tue di deduzioni?-

-Impaziente. Bene, voglio accontentarti..-
 

E così L iniziò ad esporre chiaramente le sue deduzioni. Non staremo qui ad elencarle: si suppone che le conosciate alla perfezione. Piuttosto desidero soffermarmi sulle sensazioni che, X, in quegli attimi provò.

 

Lizzie ascoltò attentamente ogni singola parola e pian piano ogni pezzo del puzzle andò al suo posto, incastrandosi perfettamente con gli altri.
Eppure le capacità deduttive di X si limitarono di una piccola percentuale, ma per quanto questa fosse minima, la detective si accorse della sua assenza.
Questa diminuzione improvvisa di QI non le accadeva quasi mai; solo quando era fermamente presa da qualcosa.
E Lizzie si ritrovò inesorabilmente affascinata da quello strambo ragazzo, che continuava a raggiungere conclusioni e a porsi domande retoriche.
In quella situazione riusciva a seguire i suoi ragionamenti con un pizzico di fatica.
Sentiva gli occhi farle male, ma non voleva sbattere le palpebre, non voleva perdersi nemmeno un microsecondo di quel spettacolare ragionamento.
Era la prima volta che si ritrovava ad ascoltare ragionamenti così intelligenti, che non fossero i suoi.
Si ritrovò ad osservare le pupille fisse del giovane su di lei e sentì un lieve imbarazzo. Non era abituata ad essere guardata in quella maniera costante.
Sentì l’odio per il suo rivale accantonarsi in un angolo del petto.
Delle forti pulsazioni iniziarono a farsi sentire prepotentemente.

-Scusa la maleducazione, ma ora devo proprio andare. Yagami starà per uscire dal corso di astrofisica.- disse Lizzie, all’improvviso, stroncando quell’innaturale tensione. Le pupille del giovane si arrotondarono e la sua espressione si allievò. Il giovane la salutò con un lieve cenno del capo, ingurgitando il caffè tutto d’un colpo. Il pomo d’Adamo salì per poi riscendere.

Quando Lizzie stava per aprire la porta del locale si sentì chiamare:

-Holmes..- la giovane tese l’orecchio. -Fa attenzione.-

Solo allora il quarto detective migliore al mondo ricordò di avere un cuore.


≈≈≈
 

 
Ma che diavolo mi prende.

Nervi saldi, X, era solo un ragionamento.

Dovevi aspettartelo, non etichettano come ‘Miglior detective’ il primo imbecille che si trovano innanzi.

Era ovvio.

Ma allora perché mi sento così?

Calma.

Perché mi sento così idiota?

Ragiona.

Che avesse una bella mente lo sapevi. Ora concentrati su Kira.
Porto il mio sguardo sul perfetto Light Yagami.

È a pochi passi da me e cammina lentamente. Mi sta guardando. Gli angoli delle labbra sono appena incurvati. Si avvicina sempre più e si ferma innanzi a me.

Apre la bocca, la richiude.

Cosa vuole?

Prendo l’iniziativa.

-Che hai da guardare?- gli chiedo brusca. La difesa è il miglior attacco.

-Ciao.- sorride. –Per caso tu sei un’amica di Ryuga? Sai, vi ho visti insieme stamani. Sai dove si trova adesso? Devo restituirgli un libro.-

Yagami sa che Ryuga è L e mi ha vista con lui.

Deduco che, ora, pensa che tra me e L c’è un collegamento. Sto per rispondere quando..

-No, però mi piacerebbe molto che lo fosse.- un ragazzo dalla chioma nera e dalle spalle curve si intromette tra noi. L mi si para innanzi, oscurandomi dalla vista di Light.

-Stiamo solo lavorando allo stesso progetto, ma Light se è tua amica potresti metterci una buona parola su di me. Lei mi piace molto.- dice Ryuga, sorridendomi inebetito, con quel maledetto indice sulle labbra.

Mi guarda come se fossi uno dei suoi prelibati dolci.

Io fingo un leggero imbarazzo e sorrido lievemente. Quelle parole, però, mi provocano solo fastidio.

-Mi dispiace, Ryuga.- inizia Light, sorridendo. –Non la conosco affatto. Le ho chiesto solo dove potevo trovarti. A questo punto dovrai essere tu a mettere buona parola sul mio conto.-

-Non mi va affatto, Light. L’ho adocchiata prima io. E poi penso che preferisca me a te. Vero?- dice L, guardandomi intensamente, prolungando quella infantile scenetta.

-Certamente.- dico io, sostenendogli il gioco.

Yagami ride di gusto e porgendomi la mano dice:

-Allora farò da solo. Io sono Light Yagami.-

-Ed io Lizzie.- rispondo solo, non stringendogli la mano. Non perché lui sia Kira, ma perché non lo faccio mai. Ho il terrore dei batteri.

Light ritrae la mano, fingendosi offeso e mi sorride.

-Andiamo Yagami. La stiamo mettendo in imbarazzo.-

-Sì.- risponde Light, sorridendomi.

-Allora ciao, Lizzie.- dice L, lanciandomi uno sguardo d’intesa e marcando il mio nome con leggera enfasi.



≈≈≈

 


X è ancora seduta sulla stessa panchina. È passata mezz’ora dall’incontro con Light Yagami e continua a ragionare e a fare ipotesi. Quando il suo iPhone vibra prepotentemente.




You’ve got a New Mail.
 



Apre la casella di posta.


Da: Rue Ryuzaki
A: Lizzie Adalet
Oggetto: Cognome interessante.
Sotterranei dell’Istituto

Ti aspetto qui. Vieni.
Ora.

 




Lizzie si dirige con lentezza nei sotterranei e appena arrivata riconosce immediatamente la figura curva del giovane investigatore appoggiata flemme su una parete.
Lui alza lo sguardo e lo intreccia a quello di X.
La sua espressione calma è colorita da una sfumatura di ira.

-Ti avevo detto di essere cauta.- dice L severo, avvicinandosi pian piano a Lizzie.

-Sei stato tu ad avvicinarmi all’interno dell’università. Sei stato tu ad essere poco cauto L.- risponde la giovane a tono.

-Sono andate così le cose?- dice lui, alzando il viso fingendo un’espressione da ebete.

-Comunque sia non voglio più vederti qui. Mi sei solo d’intralcio.- così dicendo il detective la sorpassò.

X sentì la rabbia arrivare alle tempie, ma si trattenne. Lo aveva promesso ad Adam.

-Ah, comunque non pensavo di piacerti a tal punto.- sibilò Ryuga, allentando il passo.

-Stavamo solo recitando, L.- disse Lizzie, sbuffando.

Il detective si girò appena, osservandola con la coda dell’occhio:

-Stavi recitando anche nel bar, X?-

Lizzie sbarrò gli occhi e sussultò.

Quel pomeriggio X ebbe l’impressione di scorgere un impercettibile sorrisetto maligno sul volto del migliore.

Di certo le capacità recitative di Lizzie non sono buone come quelle di L.








***

Hola!
Come state?
Vi ho fatto aspettare un po' per questo capitolo, eh! (Non odiatemi, please.)
Ho fatto taaanti compiti in classe e interrogazioni (il compito di matematica è andato uno schifo -.-).

Comunque parlando del capitolo:
Ho voluto che fosse incentrato su X ed L. Avete visto la reazione della povera detective al ragionamento di L? 
Mi sono divertita troppo a scrivere queste righe. Sono morta dalle risate quando L chiama Lizzie 'Holmes'. Ovviamente la prende in giro! >.<
Per il fatto del: 'Non c'è colpo che io non renda'.. beh, volevo che L nella storia originale riutilizzasse questa frase di X. Mi piaceva l'idea è l'ho buttata giù! Voi che ne pensate?

L'ultima parte mi è piaciuta tanto scriverla! Poveretta.. X mi odierà a morte. :(

Miraccomando come sempre recensite e fatemi sapere cosa ne pensate.

Passiamo ai ringraziamenti: :D

- Grazie alla nuova new reviewer 
American_Idiot, che mi ha lasciato una recensione 'flufflosa' (come ha detto lei stessa). Mi hai fatto tanto ridere :D Spero che recensirai anche questo capitolo. Un super bacio.


-Grazie a loveiswar97 , che continua a recensire i miei capitoli e che mi incoraggia tanto. Grazie per la disponibilità e la simpatia! Recensisci anche qui, ci conto, eh! :D


-Grazie a ChockyLawliet, che come sempre è puntualissima nel recensire. Grazie per la splendida frase di Fedez ( <3 ), grazie per i bei pensieri che mi hai fatto fare sulla metamorfosi tra L e Fedez e grazie per i complimenti e per il tuo giudizio. <3

 

-Grazie anche a chi ha messo questa storia tra i preferiti: loveiswar97 , ChockyLawliet

-Grazie a chi l'ha messa fra le ricordate: hihari_chan

-Grazie a chi l'ha messa fra le seguite: Amaranth17 DPotter MaryMaria
 St_rebel
(Ho fatto un casino con i Tag XD)

-E GRAZIE ANCHE AI LETTORI SILENZIOSI (Quota del quinto capitolo: 213. ) :D


Un bacione a tutti quanti e ricordate che attendo con impazienza le vostre opinioni.

Vostra, 

 

J.

P.s. 'Adalet' (il cognome fittizio di X) significa 'Giustizia' in  turco, ecco perchè L dice 'cognome interessante'. 

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Capitolo 7
*** Umano. ***


***
Umano.

Capitolo Ottavo. 




Sono sempre stato il più tonto dei gemelli.

Mio fratello è un genio della medicina e delle biotecnologie io, invece, me la cavo con l’informatica, l’elettronica e con i videogames.
Lizzie mi ha sempre detto che il mio è un vero e proprio talento, eppure, non so perché, mi sono sempre sentito inferiore a Johnny.

Non ricordo molto della mia infanzia e non ricordo affatto il viso dei miei genitori. Non conosco la data del mio compleanno, ma attribuisco l’inizio della mia vita al giorno in cui incontrai la mia amata Lizzie per la prima volta.

Tutti i bambini che mettevano piede nell’orfanotrofio per la prima volta stringevano la mano di Adam e tendevano a nascondersi dietro le sue lunghe gambe. Era sistematico, lo facevano tutti, credetemi sulla parola, ne ho visti davvero tanti di bambini varcare quelle porte.

Tutti tranne Lizzie.

Lei camminava fiera, seguiva Adam con un’espressione di superiorità. Non rivolse nemmeno un piccolo sguardo agli altri bambini.
Seppi da subito che quella bimba dai capelli dorati e mossi fosse speciale.
Le fu donata una stanza tutta per sé, ove passò i primi tre mesi, senza mai uscire.

Quando ci diede l’onore di venire per la prima volta in mensa in molti le si avvicinarono.

Vennero tutti respinti.

Lizzie fu isolata e, nonostante tutti quei genietti facessero pensieri maligni sul conto della bambina, nessuno osava proferir parola sgradevole sul suo conto.

La temevano.

E affermo con onore che tutti quei bambini che un tempo la screditavano in silenzio, oggi la venerano come una dea e fanno di tutto per ottenere, un giorno, la sua carica.
Fu una sorpresa quando, un anno dopo dal suo arrivo, Lizzie ci fece dono della sua amicizia. Non ho mai capito perché scelse proprio noi tra tutti, ma, tutt’oggi, non posso far altro che sentirmene onorato e grato.

Pensandoci bene non gliel’ho mai nemmeno chiesto, forse per paura di ottenere una risposta ovvia e deludente.
Ho sempre pensato di conoscere Lizzie, almeno in buona parte, eppure da quando ha preso parte al caso Kira lei sembra diversa.
Johnny dice che lei è sempre la stessa e che sono io in torto marcio, eppure nel volto di mio fratello si è fatta strada una ruga di preoccupazione.

Spengo la Wii e mi dirigo a grandi passi verso il bar dell’hotel in cui alloggiamo. Ho bisogno di bere qualcosa. Io e Lizzie beviamo spesso, ma, ovviamente, questo Johnny non lo sa. Salutista com’è dovremmo sorbirci una delle sue lunghe prediche.
Passo dalla porta della suite di L, pensando a cosa stesse facendo in quel momento il miglior detective del mondo, quando mi sento chiamare.

È lui.

Mi invita dentro. Non posso e non voglio rifiutare. Potrei ottenere qualche informazione ed essere finalmente utile a X.
Entro in una grande stanza buia e priva di accessori, illuminata solo dalla flebile luce dei molteplici monitor. Riesco a intravedere nell’ombra che, L, ormai accovacciato mangia uno dei suoi dolci.
Mi siedo su una poltrona e mi tolgo gli occhiali da sole; so di non essere qui per pure formalità: lui vuole testarmi ed io sono pronto. Non mi farò ingannare, non umilierò la mia Lizzie.

-Desideri un pezzo di torta? È deliziosa.- mi chiede fissandomi con quelle sue pupille disumane.

-Sì, grazie.- rispondo, mentre noto che su uno degli schermi vi sono vari immagini della nostra suite. Lo zoom è al massimo sull’esile figura di Lizzie, che analizza chissà cosa.

-Watari.- ordina L, autoritario ed in pochi secondi un pezzo di torta è innanzi ai miei occhi.

Chissà dove si nasconde quel Watari.

Lo ringrazio con un cenno del capo e l’anziano mi sorride.

-Tu sei diverso sia dal tuo gemello che da X.- dice il detective, portandosi il pollice destro sul labbro.

Lo guardo.

-Mi domando come riesci a collaborare in maniera efficiente con due persone con un carattere così opposto al tuo.- afferma L.

-Sai, Ryuzaki, X non è come sembra. È piacevole lavorare con lei.- dico con un leggero sorriso sulle labbra. Lui, dal canto suo, non muove un solo muscolo. È affamato di informazioni: vuole sapere di più, ed io decido di accontentarlo.

Farò la cosa che so fare meglio: giocare.

-È una donna che ne ha passate davvero molte in passato. Sembra fredda ed egoista, ma questa è solo una maschera che usa per proteggersi. Non vuole soffrire ancora. Dice di odiare ogni singolo essere umano, eppure, è felice ogni volta che, risolvendo un caso, dona speranza e giustizia all’individuo in questione. È una filantropa.- esplico con venerazione.

-La ami?- mi chiede.

Forse.
-No.-

-Eppure ha sempre un’espressione così triste.- dice, fissando il monitor.

Tiro un sospiro. Vorrei non vedere mai quel velo di tristezza sul viso di una delle persone a me più care. Il problema è che X non odia il mondo, ma odia sé stessa. Si odia perché si ritiene un’incapace, perché non è soddisfatta di sé, perché non riesce a superare L.
Infondo, è sempre stato tutto legato al giovane uomo che mi siede innanzi. È strano pensare che dietro quella L gotica si trovi un ragazzo tanto strano, esile e buffo.
Forse dal punto di vista di qualcun altro sarebbe altrettanto strano che dietro quella X ci sia una giovane donna tanto angosciata e insicura.

-Oggi particolarmente.- aggiunge L, riportandomi alla realtà.

-Noti davvero tutto.- esclamo, sorridendo.

-Sei in errore. Non sono un computer, da questo ne evince che non posso notare davvero tutto. Diciamo che noto solo ciò che mi importa.- Questa sua risposta mi lascia stupefatto e mi colpisce dritto al cuore, mi lacera le carni e fa cadere ogni mia convinzione.
Per quanto sia bravo a giocare, non posso nulla se il mio avversario è L.

-Quella di oggi è una data importante.-

-È il suo compleanno?- chiede lui, incuriosito. Penso che lui sappia già che oggi non è il compleanno di X.

Io non so quando sia il compleanno del mio capo, ma penso che, come io affermo che la mia data di nascita corrisponda al giorno in cui lei è entrata nella mia vita, così penso che, per Lizzie, l’inizio della sua vita sia strettamente legato alla sua conoscenza con L.

Spesso penso che sia stato tutto voluto dal destino.

Non è un caso che, quel giorno di molti anni fa, era stata acquistata la prima Tv dell’orfanotrofio e non è un caso che, proprio quel giorno, Lizzie era influenzata e, quindi, non potè partecipare ai giochi mattutini. Quel giorno nel quale L si presentò al mondo per la prima volta, il destino volle che X assistette in prima persona all’avvenimento.
Dopo la diretta Tv, chiesi ironicamente ad una Lizzie adolescente ed affascinata se avesse trovato l’amore.
‘Ho trovato un rivale’ fu la sua risposta.

-Niente del genere. Ma posso chiederti, se non oso, perché t’interessa tanto?- chiedo con timore.

L mi rivolge uno sguardo simile a quello che spesso mi dona Lizzie, quando faccio una domanda indiscreta. Poi sorride maligno e risponde:

-Non osi. La mia è semplice e pura curiosità.- Ryuzaki si alza e si dirige ad una della grandi vetrate della sua suite. Posa una mano sul vetro. Dietro a quella spessa lastra di vetro c’è il mondo esterno, un mondo del quale né lui né Lizzie fanno parte.
Quei due hanno un universo interamente per loro. Forse non è abbastanza?

-Mi sento avvilito anch’io.- mormora più a sé stesso che a me.

-Per quale ragione?-

-Ora osi troppo, ragazzo.- dice, continuando a fissare la città illuminata.

Mi chiedo se, i migliori detective del mondo, oltre che a donare felicità, un giorno, riusciranno anche a riceverla.
 

≈≈≈


-Cosa vuoi, L? Mi infastidisce essere fissata.- mi dice con estrema calma. Ormai non puntualizzo più sul ‘Ryuzaki’, ognuno ha i suoi vizi.

Siamo nella sua stanza, innanzi a delle vetrate simili a quelle della mia, solo molto più grandi. Guardiamo il cielo illuminato dalla luce stellare e i grattacieli illuminati dalla luce elettrica delle lampadine e dei neon. La nostra stanza, invece, è buia. Non c’è nessuna luce che ci illumina, nessun Dio che ci protegge, nessun sentimento che ci da calore.
Lizzie non si innervosisce come farebbe di solito. Oggi deve essere davvero un giorno triste per lei.
Stranamente lo è anche per me.
Il caso Kira è ad un punto fermo, l’unico divertimento che avevo ora è avvilito e la riserva di dolci è finita.

Oggi è davvero una brutta giornata.

Si gira, mi guarda, si siede accanto a me, sbuffa e guarda il soffitto, come spesso fa quando pensa.
Non sposto il mio sguardo da lei. È simile a me più di quanto potessi mai immaginare. Mi meraviglio di ciò ogni qualvolta che sbatte le palpebre, o alza un sopracciglio o fa quell’espressione buffa.

-Oggi è l’anniversario di matrimonio dei miei genitori.- mi dice improvvisamente, dondolandosi sul pavimento.

-Questo dovrebbe essere un lieto evento, ma ammetto la mia inesperienza in questo settore.- le rispondo.

-Anche io non sono una grande esperta nel settore ‘famigliare’. Ho vissuto la maggiorparte della mia esistenza in un orfanotrofio. Il mio concetto di famiglia è parecchio limitato.-
Abbiamo intelligenza, razionalità, astuzia, fama, ma ci manca qualcosa. Ci è sempre mancato qualcosa. L’umanità?

-I tuoi famigliare non sono più su questa terra, allora?- le chiedo. Penso di essere inopportuno, ma sono pur sempre un detective, è nella mia natura domandare e analizzare. X sorride lievemente.

-Solo mio fratello. È deceduto quando avevo cinque anni, ma i miei genitori sono in ottima salute.- mi dice ed ho come l’impressione che non abbia aspettato altro che raccontare i suoi pensieri a qualcuno.
Forse l’umanità manca solo a me. Lei prova dolore e questo la rende vulnerabile come qualsiasi altro essere umano.

-Cos’è che ti affligge, allora?-

-Sono morta io.- La guardo stupito. Lizzie non si trattiene dallo spiegare: -Quando decisi di divenire detective capii che l’avere dei genitori mi sarebbe stato solo d’intralcio, così feci spedire loro una lettera nella quale gli veniva comunicato che ero venuta a mancare. Loro non risposero neppure, né chiesero di partecipare al funerale.- Sul volta della detective si dipinge un sorriso amaro. Mi guarda. –Non so nemmeno perché sto raccontando queste cose a te.-

Le poso una mano sulla spalla come unico conforto.
Non è molto, ma è l’unico modo che conosco per farlo. Si irrigidisce. Non la guardo, diventerei vulnerabile. Eppure questa voglia di infonderle forza mi è nuova. È un qualcosa che non riesco ad analizzare. Riposo la mano sul mio ginocchio.

Temo ciò che non conosco.

Continuo a fissare il cielo innanzi a me. Preferisco le stelle ai neon.

Anche lei avrà le stesse mie preferenze? Forse un giorno glielo chiederò.

-Oggi non è una bella giornata neanche per me.- dico, rompendo quel breve silenzio fra noi.

-Perché?- domanda senza indugio. I capelli appena scompigliati le adornano il viso e le donano una stramba aria di fanciullezza. Noto ogni particolare per me rilevante. Si deve studiare bene il proprio rivale. Anche se per me lei non è altro che l’essere a me più simile.
Non è mai stata una nemica, nemmeno quel giorno di tanto tempo fa nel quale fui vincitore per la prima volta.

-Hanno ripreso a suonare. È fastidioso il loro tintinnare.-

-Come scusa?- dice, alzando, come suo solito, un sopracciglio.

-Le campane, ovviamente.- rispondo. –Sento che morirò presto.. forse è per questo che non riesco a ragionare a dovere.-
Da quando ho memorie quelle campane non mi danno respiro. Sono insopportabili ed ora che, i due kira si sono senz’altro incontrati, lo sono più del solito. Odio ciò che non riesco a controllare.

Lizzie mi si inginocchia innanzi, mi prende le mani e me le guida fino alle orecchie alle orecchie.
Preme i suoi palmi sul dorso delle mie mani, privandomi dell’udito ed isolandomi dal resto del mondo. Avrei voglia di chiudere gli occhi, ma il mio buon senso mi impedisce di farlo. I miei alluci si muovono convulsivamente. Mi guarda intensamente. I suoi gesti sono stati meccanici e forse non sa neanche lei cosa stia facendo.
Il suo tocco si fa più lieve ed in me aleggia, finalmente, la pace.
Mi sento vulnerabile ed è un sollievo. A modo mio, certo. Proprio come lei lo è a modo suo.

Siamo una categoria a parte noi.

-Mio fratello me lo faceva sempre fare, quando facevo brutti sogni.- afferma. Sembra scossa. D’altronde non sono da lei certi comportamenti..

-Funziona.-

..e nemmeno da me.

-Sai che c’è, Ryuzaki? Mi è venuta un’idea.-

-Hai la mia più completa attenzione, X.- dico, sorridendo appena per quel ‘Ryuzaki’.

-Se funzionerà mi dovrai un favore. La vita ha un prezzo, no?-

-Ovviamente.-

Sento l’ossigeno che riempie i polmoni e l’anidride carbonica che si libera dalle mie narici, il sangue scorrere nelle vie circolatorie, il cuore pulsare, i nervi inviare e ricevere impulsi, le cellule lavorare, le palpebre sbattere e i tessuti distendersi.

La giornata sembra migliore ora: sono umano anch’io.



≈≈≈

 
 
Penso che fu quello il giorno nel quale il destino scoprì le sue carte.
Ho sempre sostenuto che il loro incontro fosse necessario per la chiusura del caso Kira e per gli avvenimenti che sono avvenuti in seguito.
Suppongo che fosse tutto scritto da qualche parte, ma forse sono solo un vecchio pazzo sentimentale. Pensatela come preferite.
A parer mio credo che quella unione fu fondamentale per loro, per noi e per l’intero genere umano.
Ma queste sono solo le credenze di un ciarlatano avanti con gli anni.


Quillish Wammy.






 

***
Sì, sono ancora viva.
Per vostra sfortuna, immagino.
Oggi non è una bella giornata nemmeno per me.. troppa chimica da studiare ><
Chiedo venia per la mia assenza, ma la scuola mi opprime. Gli esami sono alle porte.. [SIGH]

Passiamo al capitolo:
la seconda parte è stata la più dura da scrivere poichè era dal punto di vista di L. Cavolo che fatica! 
Perchè ho reso così L?
Perchè, a mio parere, L nel suo 'io' è sempre stato una persona sensibile. Una persona insensibile e vile (ovvero come appare L esternamente xD) non avrebbe perso la vita pur di eliminare un criminale come Kira dalla faccia della terra. 
Lui è la giustizia e, questa, seppur dura e inflessibile, è buona poichè difende i più deboli.

Bene.

Infine ringrazio:

-American Idiot, che con la sua simpatia recensisce ogni capitolo. Grazie di cuore. <3 
-Chi segue questa storia.
-Chi l'ha aggiunta alle preferite.
-Chi l'ha inserita fra le ricordate.
-Chi è un lettore silenzioso.

Un bacione e cliccate su 'recensisci questo capitolo' ;-)

Vostra,

 

J.

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Capitolo 8
*** Solitudine e Passatempi. ***


***
Solitudine e Passatempi

Capitolo Settimo.

 

 
 
-Johnny sai perché questa merda non mi calma per niente?-
Non risposi alla domanda del mio capo. X si innervosiva molto spesso e, ogni volta, provocava chicchessia. Non che discutere con persone, il cui QI era nettamente inferiore al suo, la calmasse; la divertiva e basta.
-Allora?- chiese X, lanciandomi la sigaretta elettronica sulla spalla destra.
-No, Lizzie. Sei tu il genio.. illuminami.- le risposi pacato, non volendo alimentare quel falò ulteriormente.
-Perché è una cazzo di sigaretta elettronica.- gridò isterica Lizzie.
-Mi aspettavo di meglio.- Non feci in tempo a fermare le parole. Non potevo permettermi di toccare quei suoi punti deboli che tanto bene conoscevo.
-Vorresti una spiegazione più dettagliata? L’ho evitata perché sicura del fatto che non la comprenderesti.- intimò, con quella sua quotidiana presuntuosità. Era uno dei molteplici aspetti di X e noi eravamo abituati.
-Va bene così.- mi arresi, continuando a preparare il the.
-Voglio un pacco di sigarette tradizionali. Anzi no, due. Adesso.- ordinò, delusa dalla precoce fine di quella discussione.
-Agli ordini. Mi vesto e vado io.- disse Jimmy in tono dolce, sorridendole.
Un aspetto positivo del mio gemello? Sa quando intervenire. Io non ho un animo pacato e gentile come il suo. È a conoscenza del fatto che, io, non temo X. La rispetto, la venero, la seguirei in capo al mondo, ma non mi incute terrore.
Non l’ha mai fatto.
Ed io so che Lizzie rispetta me. Quindi, son felice, che Jimmy si interpone tra noi evitando litigi vari.
È da ieri sera che in X c’è qualcosa che non va. Continua a masticare furiosamente ed ininterrottamente. Sta pensando troppo... le potrebbe far male.
Qualcosa mi dice che il caso Kira non c’entra niente con il flusso dei suoi pensieri.
La conosco da una vita e, a volte, riesco a percepire dei piccoli dettagli inerenti alle sue emozioni, oltrepassando con l’affetto, quell’invalicabile muro che si erge intorno alla sua figura.
Le porgo delle pillole per il mal di testa e lei le afferra distrattamente. X non è come sembra. È una brava ragazza, che nella vita ne ha passate davvero molte e che tutt’ora porta un peso gravoso sulle sue fragili spalle.
È una detective, la migliore.
Non importa quel che le classifiche dicano.. per me sarà sempre la numero uno.
Ammiro l’impegno che mette in ogni cosa che fa, apprezzo il suo coraggio e il suo non arrendersi mai, il suo continuo battersi per quell’ordine teorico definito ‘giustizia’, il suo rischiare la vita per il bene di uomini e donne, che non conoscono il suo volto e che non potranno mai ringraziarla a dovere.
Ricordo ancora come all’inizio fosse tutto un gioco per quell’adolescente; ogni caso era come una partita a scacchi.
Ben presto, però, sbalzi di umore improvvisi hanno iniziato a manifestarsi in lei a cadenza sempre più regolare. Si innervosisce per così poco…
Almeno così sembra ai miei occhi, cosa aleggi poi, realmente, nella sua mente non lo so, come non l’ho mai saputo, del resto.
Insieme all’irascibilità ha fatto capolino anche la continua sonnolenza. È estremamente pigra, si annoia facilmente e, quando non spara deduzioni, dorme.
Stanotte non ha chiuso occhio. Nel puro silenzio notturno sentivo i suoi denti battere, i suoi passi tracciare un percorso circolare intorno al divano, ripetuto più e più volta.
Cosa sarà mai accaduto?
Lizzie è estremamente riservata. Tende a chiudersi continuamente in quel guscio da lei formato, che non le permette di interagire e di provare sentimenti verso altra gente.
Ha persino paura del semplice contatto con qualcuno, ma, questo, si è manifestato, molto tempo prima della sua entrata nel mondo investigativo.
Riconduco l’ ‘inizio’ dopo il ritorno dal viaggio in Inghilterra, fatto dal nostro trio in un orfanotrofio chiamato ‘Wammy’s House’.
Non so cosa fece scaturire in lei, questo senso di freddezza verso coloro che la circondavano. Iniziò a passare maggior tempo con i libri e con i computer che con la gente.
Fin dall’infanzia sono sempre stato molto scrupoloso verso l’aspetto ‘salute’ e non potevo permettere che X, o mio fratello Jimmy, le persone a me più care, potessero ammalarsi.
Ma, purtroppo, non riuscii a curare in tempo la malattia che colpì Lizzie e che tutt’ora la tormenta: la solitudine.
Io e mio fratello passiamo quasi tutte le ore in sua compagnia eppure le poche parole che ci scambiamo sono vane e inutili. La verità è che lei si annoia. E come darle torto: non dev’essere facile avere un’intelligenza tanto elevata e non poter condividere con nessuno il peso che questa comporta.
Ma Lizzie non si lamenta, appare felice di questa sua condizione e dice di trarne dei vantaggi. Quando tiro in ballo l’argomento lei mi risponde sempre:
- La solitudine è indipendenza: l'ho desiderata e l'ho conquistata in tanti anni. È fredda, questo sì, ma è anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa.-
L’essere umano ha il naturale bisogno di interagire con altri, è innaturale non farlo.
E tutto ciò che è innaturale porta all’autodistruzione della persona.
X questo lo sa, lo sa per certo, come ogni cosa. E forse è per questo che si è tanto accanita nel voler superare quel tipo. Vuole svagarsi e anche, se a distanza, ha trovato un ottimo interlocutore. Questa lotta, non l’ha mai fatta cedere, le ha sempre dato un motivo in più per continuare a respirare.
Questo mi basta quel poco per sentirmi grato nei confronti di quell’essere. Lo detesto con tutto me stesso, eppure, mi convinco sempre più ogni giorno che Lizzie sia ancora tra noi, soprattutto grazie al suo eterno rivale.
La vita è tutta un’ironia.
Mi dico che lei è molto forte, che non sprofonderà. Non può succedere. Non sarebbe da lei, non sarebbe da X.
Nonostante ciò, quel mio carattere cauto continua a ripetermi:
‘Questa sfida non può durare in eterno. Quando si arriverà alla conclusione, X troverà un altro motivo per vivere?’
Rivolsi il mio sguardo sulla sua figura. Il the, innanzi a lei, era ormai freddo e, ancora, intoccato.
Quel detective centra qualcosa.
Ebbi l’istinto di accarezzarle quei capelli disordinati, proprio come a volte faccio con Jimmy e con i miei figli, quando qualcosa li tortura. Mi trattenni. X odia essere toccata.
Quel detective è il prologo di tutto.
Lo detesto.
Lizzie aveva gli occhi chiusi e masticava un lembo della manica della felpa che portava. Troppo grande per quella giovane così minuta. Sedeva innanzi al tavolo adiacente alla finestra, con i gomiti ancorati al legno e i viso sorretto dalle mani.
Rivolse lo sguardo verso di me e mi sorrise appena, prima di ricominciare a pensare. Era il suo modo di chiedere scusa e, conoscendo il suo innato orgoglio, il mio cuore si riempì di gioia.
Jimmy rientrò in camera a mani vuote:
-Non ne avevano più al tabacchino della Hole, credo perché oggi sia festivo.-
-Dannazione!- imprecò la giovane.
-Vuoi che vada a cercare una tabaccheria aperta?- chiese Jimmy dolcemente.
-No, hai già fatto troppo. Oggi è il vostro giorno libero, andate a divertirvi. Su, via, sciò!- sorrise sinceramente lei.
Il sorriso più bello è quello che si manifesta sul volta di chi non gioisce mai. Credetemi se vi dico che, vederla sorridere, è sempre stata, fin dal principio, fonte della più immensa felicità per me e Jimmy.
Teniamo a lei con tutta la nostra anima. La proteggeremo sempre. Siamo nati per questo. Il caso non esiste: se ora siamo qui, insieme, un motivo ci sarà, anche se tutt’ora lo ignoro.
Qualunque cosa X faccia, qualunque maltrattamento ci riservi, noi non l’abbandoneremo mai.. proprio come lei non lo farebbe mai con noi.
Lei è stata la prima a concederci la sua amicizia, ci ha sempre protetti dagli altri bambini, ci ha incoraggiati e queste sono cose che non si dimenticano.
La vita di X dipende davvero da L?
Se così fosse spero con tutto me stesso che X non vinca mai questa sfida.




≈≈≈

 

 
 

3:00 p.m..
Suite di un Hotel nella regione del Kanto, Giappone.
 

Toc, toc.

-Novità, L?- chiedo al ragazzo con i capelli neri arruffati, aprendo la porta.
-Ryuzaki.- dice lui, apparentemente calmo, come sempre.
-Usi troppi nomi fittizi.- gli dico, inseguendolo con lo sguardo, mentre si posiziona su uno dei divani nella sua solita maniera fetale.
-Non penso sia un problema data la tua elevata intelligenza.- risponde a tono, mordicchiandosi un’unghia.
-Diciamo che tendo a ricordare solo quello che mi interessa.- dico, sedendomi dalla parte opposta del divano rispetto alla sua.
-Concordo.- afferma, indifferente. -Nessuna novità, comunque.-
-Vuoi continuare il discorso di ieri, allora?- chiedo, sperando che la risposta sia negativa.
-Sono in pausa.- afferma, mentre sfila da un involucro rosa e panna una fetta di torta.
-Noi non possiamo permetterci pause.- lo canzono.
-Sbagli. Noi dobbiamo, invece, siamo umani. Di ciò me ne accorgo sempre di più osservandoti.- deduce, con quel suo sguardo impassibile, lontano miglia e miglia da quello idiota che spesso usa.
-Non hai nient’altro da fare, vero?- lo provoco. Mi diverte farlo. È sempre stato così.

Ho bisogno di un passatempo.

-No.- risponde, con la bocca piena, leccandosi il cucchiaino.
-Bene.-
-Sei annoiata. Perché?- Mi guarda intensamente, ma le mie difese sono forti.. stanche, ma resistenti.
-Lo sono di continuo.- dico, contraccambiando lo sguardo intimidatorio rivoltomi.
-Non dovresti. Porta al logoramento della materia grigia e sarebbe un vero peccato data la situazione.- spiega, rivolgendo la sua attenzione nuovamente sulla torta.
-Uhm.-
-Sembra che tu abbia bisogno di energia.- intuisce, guardando il piatto che ha tra le mani. -Ne vuoi un po’?-
-Evito.- rispondo , appoggiando un gomito sul divano e guardando il cielo stellato.
-Buone menti come le nostre hanno bisogno di zuccheri, Holmes.- evidenzia l’ovvio L.
-Gli zuccheri li introduciamo anche con altri alimenti, come pane, pasta, frutta... . Basare la propria alimentazione sui dolci è sbagliato; porta alla elevata sintetizzazione di insulina e nel contemplo i recettori cellulari, che dovrebbero mediarne l'azione, diventano resistenti e non svolgono più le loro funzioni. ‘Anticamera del diabete’: Volume Secondo del Primo anno di Medicina. Ma tutto questo già lo saprai.. vero, Watson?- spiego presuntuosamente.
Watson! Secondo ad Holmes. Ed ora che mi dirai?

Lui, sì, che è un passatempo.

L sorride, ma stavolta non finge. Il suo sorriso è stanco e nel suo vedo il riflesso del mio.
Scaccio quel pensiero.
-In effetti sì, ma mi piace il modo in cui esponi i tuoi pensieri. Continua pure se vuoi.- risponde infine.
-Ti stavi annoiando anche tu a quanto vedo.- deduco.
-Sì, questo caso sta avendo una durata prolissa. Fin troppo.- dice, leccandosi le dita e posando il piatto vuoto della torta sul tavolino.
-È più divertente, però.- dico, mettendo a fuoco il suo viso. La suite è completamente buia, oscurata solo dalla luce del Sole riflessa sulla Luna.
-Cosa?-
-Non riuscire in qualcosa.-
-Parli per esperienza, suppongo.- afferma, rivolgendomi nuovamente uno sguardo prepotente.
Mi sta sfidando ed io non voglio perdere. Mantengo la calma. Tiro un sospiro.
-L’importante è il risultato finale, Ryuzaki.- dico, sbadigliando.
-Mi trovi nuovamente in accordo.-
-Ci avrei scommesso.- affermo, con un leggero sorriso.
-Ti piacciono le scommesse, Holmes?- mi chiede, racchiudendosi sempre più nella sua posizione. È ancora più strano così.
-No, preferirei evitarle. Ho vissuto spiacevoli esperienze in passato.- rispondo, ricordandomi quella ‘scommessa’ di circa un decennio fa.
Ora che ci penso:
L ricorda? O anche lui come me ha perso per strada un dettaglio così importante?
Importante? Perché importante?
Riesco a catturare quel leggero e impercettibile sorriso che gli sfiora le labbra.

Il miglior passatempo.

-Comunque non è molto divertente quando in ballo c’è la propria vita. Forse è per questo che, da pochi giorni, non riesco a concentrarmi a dovere.- dice, stringendosi ancor di più in sé.
-È per questo che fai quella.. quella ‘cosa’?- chiedo indicandogli le gambe.
-Suppongo di sì.-
Silenzio. Il silenzio fa nascere tensione. Tiro fuori un argomento.
-Temi la morte, L?- chiedo.
Lui abbassa lo sguardo sull’alluce del suo piede, che si muove disgustosamente.
-Non particolarmente. Temo più te, X.-
-Me?- chiedo esterrefatta, incurvando un sopracciglio.
-Se io morissi tu mi supereresti e arriveresti sul podio. Odio perdere.- dice, con quell’espressione buffa che spesso lo accompagna.
-In tal caso non mi riterrei soddisfatta. Sarebbe la sconfitta definitiva.-

X non esisterebbe se L non ci fosse. L è stato il prologo e sarà l’epilogo.

-Quindi le nostre vite sono legate.- dice, stringendo la stoffa dei pantaloni a livello delle ginocchia.
-Credo che in un certo senso sia così.- rispondo, indifferente.
L con un balzo si alza dalla sua postazione. Con quelle spalle curve si dirige fino alla porta.
-Vado.- dice mellifluo.
-Buon lavoro.- gli auguro.
Resta fermo innanzi alla porta per alcuni interminabili secondi, poi, introduce la mano sinistra nella tasca e ne estrae un pacchetto di sigarette. Me lo lancia.

‘Wiston Blue’

Come diavolo fa a conoscere la marca di sigarette che fumo?

Si volta nuovamente verso la porta, la apre, si ferma e dice:
-Sai ho sempre pensato che il caso più difficile che possa risolvere in tutta la mia vita sia io stesso. Mi sbagliavo.- si gira lentamente. Mi guarda. Le pulsazioni ricominciano a farsi sentire. –Sei tu.-
Quello sguardo serio e gelido si affievolisce, facendo recuperare al volto di L quella tipica calma.
-Ma riuscirò a risolverlo. Ci riesco sempre. In caso contrario sarai tu a vincere, X. Ci stai?-
-Per me fa lo stesso.- dico, prendendo il piattino sporco di torta e porgendoglielo. Lui lo guarda e, per educazione suppongo, non mi contrasta.
-Scommettiamo, Holmes?- mi chiede, con un ghigno malizioso.
-No!-
Quel poco del suo viso non coperto dai capelli neri è scurito dalla notte, ma ciò non mi impedisce di riconoscere quell’espressione soddisfatta con la quale lascia la suite.


Il mio passatempo preferito.








***


Angolo di sclero dell'Autrice:

Bene.... bene.... bene.... Ok, sono depressa!
Perchè? Solo una recensione al capitolo precendente!
...Non vi è piaciuto? :-(
Se è così spero che con questo capitolo sia stata perdonata !

Ok, torna il BUONUMORE in me :-D

In questo capitolo ho introdotto un paragrafetto dal punto di vista di Johnny (Tranquilla Chocky Lawliet ce n'è sarà uno anche dal punto di vista di Jimmy ! )

Comunque la marca delle sigarette è un omaggio ad American Idiot che le fuma assiduamente e che recensisce la storia ! Than you.

Non ho molto da dire.. L è difficile da gestire, ma io l'ho sempre visto un tipo scherzoso (anche se un po' inquietante). :-) Penso sia proprio questo a rendere L così bello <3


Non ho molto tempo.. devo studiare.. come sempre.. ecco.. sono di nuovo depressa..


Un grazie ad 
American_Idiot che ha recensito lo scorso capitolo! Grazie anche per la simpatica chiacchierata per mp. Un bacio moolto grande :*

Un grazie a coloro che hanno messo questa storia tra i preferiti, le seguite, le ricordate.

Un grazie a chi ha letto questo capitolo e..

UN SUPER GRAZIE a chi recensirà questo capitolo.. eddai, fatemi tornare felice suuu!


Vostra,

J.

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Capitolo 9
*** Il Piano di X e la Vita di L. ***


***

Il Piano di X e la Vita di L.

Capitolo Nono. 

 
 
 

28 Maggio 2004; Università.

 
‘Non ho mai fallito. Funzionerà.’
 
Ricordo bene, come quelle parole, venivano ripetute ciclicamente nella mia testa in quella calda giornata d’inizio estate.
A ripensarci ora l’ansia che mi travolse quel giorno lontano ancora riesce a ostruirmi le vie respiratorie.
Durante i miei innumerevoli casi avevo sempre giocato con le vite altrui e se, pur di ottenere un indizio, avrei dovuto sacrificare la vita di qualcuno ammetto di non aver avuto alcun problema nel farlo.
Ma quella volta era diverso: non era uno sconosciuto colui che, in questo caso, rischiava la vita.
 
Solo ora capisco cosa realmente quell’ansia stava a significare, ma allora ero troppo giovane e troppo superba per intuirlo, o semplicemente troppo orgogliosa per ammetterlo.
 
Me ne stavo lì, con la visiera del cappello sportivo di Jimmy che mi oscurava il volto, appoggiata ad un freddo muro che mi rinfrescava la schiena, guardando di sottecchi il miglior detective del mondo che recitava il suo ruolo nel mio piano.
 
Perché si fosse fidato tanto di me quel giorno, tutt’oggi mi è oscuro.
 
Avrei voluto fumare una sigaretta, magari una di quelle che L mi aveva regalato, ma anche un minimo gesto avrebbe potuto attirare troppo l’attenzione di Yagami e sarebbe stata la fine.
 
La fine del mio piano, la fine di L, la fine di X.
 
Pensai anche che quell’ansia che mi opprimeva fosse data dal fatto che ero conscia che, se L quel giorno fosse morto, con lui sarei caduta anch’io nell’oblio.
Non riuscivo a spiegarmi il perché di questa mia sicurezza, ma sapevo che sarebbe successo.
 
Strinsi forte i pugni vedendo Yagami avanzare tranquillo a braccetto con la sua affascinante amica.
 
Vidi lo sguardo del giovane colorarsi di sorpresa e timore nello scorgere il suo acerrimo nemico seduto su di una panchina, innanzi a lui, in quel modo tanto singolare.
 
L gli sorrise allungando il braccio in segno di saluto. Da buon attore quale era Light ricambiò il saluto con affetto e si congedò dall’amica, che sbuffando andò via e che, girando l’angolo, mi colpì un braccio con la borsetta senza nemmeno scusarsi.
 
Provai solo pena per quella ragazza, pensai che era solo un’altra pedina nelle mani di Kira. Oggi, dopo gli avvenimenti accaduti in seguito a quella giornata, posso solo affermare che la pena nei suoi confronti è ancor più grande.
 
I due avversari parlarono a lungo ed io li osservai per tutto il tempo, cercando di leggere il labiale di L e soffermandomi, forse, troppo sulle sue sottili labbra.
Mi ricomposi da quella sbandata momentanea, dandomi della stupida.
 
Il detective sicuramente lo aveva già minacciato, dicendogli che, qualora fosse morto, sarebbe stato accusato di essere Kira e messo a morte.
 
Lo capii dal lieve bagliore di soddisfazione negli occhi di L e dalle dita di Light, che tutto d’un tratto divennero nervose.
 
Poi, un imprevisto: Amane.
 
La giovane corse verso Light, urlando qualcosa di altamente zuccheroso, che preferii nascondere al mio udito.
 
Notai un leggero ed impercettibile nervosismo nell’improvviso alzarsi delle spalle di L. Yagami, invece, sembrò ancor più preoccupato e maledisse Misa con un solo sguardo, ma lei era senza dubbio troppo sciocca per accorgersene.
 
Per quanto mi riguarda, invece, ero oltremodo sconvolta e impaurita. Al secondo Kira bastava solo conoscere il volto di una persona per porre fine alla sua vita.
Dovevo ragionare ed in fretta anche. Ero la sua unica ancora di salvezza e questo, straordinariamente, mi diede forza.
 
L mi guardò appena ed io gli feci cenno facendogli capire che avevo in mente un piano. Lui iniziò a sorridere soddisfatto ad Amane e Light, che un minuto prima aveva la situazione in pugno, ora si sentiva nuovamente perso.
 
Il detective disse una qualche cavolata ad Amane, che riuscì a distrarre sia lei che il suo compagno.
 
L aveva aperto un varco nel quale potessi agire ed io ne approfittai, gridando ad un gruppo di ragazzi: -Ehy, ma quella è Misa Misa.-
 
Con grande orgoglio dichiaro oggi che, il mio piano, funzionò. Numerosi ragazzi li accerchiarono non dando modo ad Amane e Yagami di agire. L passò dietro a Misa e…





≈≈≈
 


 

…e tutto il resto della storia è identico a quello che già conoscete.
Per non annoiarvi, saltiamo un paio di ore, arrivando alla sera di quella lunga ed estenuante giornata. Dal canto mio, non posso far altro che ammettere di provare ancora profonda gratitudine nei confronti di Lizzie per aver salvato il mio pupillo quel giorno.





≈≈≈


 

 
-Lizzie.-
 
Sentii la sua voce all’improvviso e fu un sollievo dopo aver avuto così tanta paura di non sentirla mai più.
 
-Dimmi Ryuzaki.- non mi girai a guardarlo. Ero ancora troppo scossa e, forse, lo era anche lui dato che si limitò a porgermi una tazza di caffè. Apprezzai quel gesto dato che era fatto da una persona che era abituata ad essere servita e non al contrario.
 
La presi, senza ringraziarlo, non ne avevo davvero le forze.

-Amane è in catene e bendata. Non ha pronunciato alcuna parola. Watari si sta occupando di lei.- mi disse velocemente. Ma sentivo che quella visita non era a semplice titolo informativo. C'era dell'altro.

Non mi dispiacque quando il detective mi si sedette accanto, stranamente, in maniera normale.
 
-Devi temere davvero molto la morte.- gli dissi, indicando le sue lunghe gambe.
 
-Non è per quello, anche se sì, devo ammetterlo: la morte è un qualcosa che mi spaventa e, poi...- io lo interruppi, dicendo:
 
-Ed immagino che ti spaventa perché non la puoi analizzare, non la puoi programmare e non puoi risolvere il suo mistero. Sei un maniaco del controllo.-
 
L mi guardò sorpreso, forse perchè, si sentiva nudo e scoperto per la prima volta innanzi ad un’altra persona.
Mi domando tutt’oggi se qualcuno lo abbia mai conosciuto meglio di me. Ed egoisticamente spero di no.
 
-Fa questo effetto anche a me.- dissi per tranquillizzarlo, dondolandomi sul sedere.

Lo guardai e, incuriosita, gli chiesi: -Allora, se non per gli avvenimenti di oggi, perché non sei seduto in quel modo strambo?-

Sembrò offendersi per l'aggettivo che avevo usato, poi fissò nuovamente il suo sguardo sull'orizzonte che, si stagliava, sulla città.
 
 -Se mi stai accanto, nonostante stia seduto in quel modo strambo, come dici tu, le mie capacità intellettive non vanno oltre al sessantacinque per cento.- disse con voce roca.
 
Sentii un forte battito provenire dal mio cuore, mi voltai in fretta a guardarlo, sperando che non lo avesse sentito anche lui.
Ma L non se ne accorse; era troppo occupato a stringere la fodera dei suoi logori jeans e a torcersi le dita dei piedi.
Sembrava pentito di ciò che aveva appena detto. Non afferrai bene il messaggio e mi dissi che, sicuramente, dopo una giornata come quella, anche il mio udito mi stava facendo brutti scherzi.
 
Lo scrutai ancora: aveva una espressione così tenera e imbronciata. Mi venne spontaneo sorridere appena. Fortunamente non si accorse nemmeno di questo.
 
-Sono felice che tu non sia morto, L.- gli dissi sincera, cercando di appianare la tensione.
 
-Ti ringrazio.- mi disse, guardandomi intensamente. Sentii che, in quel momento, i due detective rivali, che non smettevano mai di darsi battaglia se n’erano andati, lasciando il posto a due giovani stanchi di tutte quelle responsabilità.

Ero dalla sua parte, speravo in una suo vittoria e sapere di poterlo difendere ed aiutare mi faceva sentire bene.
 
-E devo ammettere che sto iniziando a preoccuparmi..- mi disse scherzosamente. Lo guardai incuriosita e lui si spiegò: -..se continui così un giorno potresti anche superarmi per davvero. Vado a darmi da fare.- Si alzò e, prima di lasciare la mia suite, mi rivolse un debole sorriso riconoscente.
 
Pensai che quello fosse il giorno più bello di sempre, solo molti anni dopo capii che, quelle campane, erano in agguato e che, quello, era solo l’inizio dell’oblio.


 

Sai, L, io aspetto ancora di rivedere quel sorriso. Non smetterò mai di aspettarlo.


 

***

Buona raga :)

Non sono morta! Sono viva e vegeta e pronta a scusarmi per questa interminabile attesa.
Questo capitolo è venuto un po' cortino, ma ho preferito così poichè i prossimi saranno succosi e molto lunghi e, finalmente, per mio e vostro piacere ci sarà una svolta bella tosta. Tanto amore per L.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi appresto subito a ringraziare:

-
ChockyLawliet che è tornata con una bellissima recensione. Mi scuso per non averti risposto, ma sono alla fine del quinto anno e non ho avuto un attimino di tempo. Grazie le tue parole sono splendide come sempre e molto toccanti. E sì, mi spiace, ma Jimmy è proprio omosessuale. L'amore che prova per X riguarda solo l'amicizia! [sigh.] Anche a me è piaciuto tanto quel momento nel quale X ha tappato le orecchie ad L. CAVOLO! Un super bacione! <3


-loveiswar97 che è ancora qui pronta a recensire. Grazie, grazie, grazie e non ti inchinare sono io a doverlo fare dato che leggi la mia storia. Sei sempre gentilissima e tenera. Scusami se non ho risposto, ma come detto prima non ho molto tempo :( Mi spiace. Comunque, sai che, anche se tardi rispondo SEMPRE. Un grande smack. <3

 


-American_Idiot che sempre, ma proprio sempre, recensisce. Grazie della tua assidiutà. Mi dai forza e coraggio per proseguire. E scusami anche tu per non aver risposto. :| Ora sì, che mi sento una cacchetta rosa di Arale. Ahahah. Mi raccomando stai tranquilla e non ti far venire mai più quegli attacchi, che sono pericolosi. Studiando medicina ne so qualcosa :) Grazie per la tua simpatia e per i tuoi apprezzamenti. :) KISS, KISS.


-RainKeehl che è una nuova recensitrice (si può dire? boh, vabbè). Grazie per le tue splendide parole ed i complimenti li devo fare io a te che hai scritto una FF  ''A.'' così bella. Approfitto per invitare gli utenti a leggerla, perchè è davvero bella e merita. :)Grazie mille ancora per le tue belle parole :)


-A chi ha messo questa fanfiction tra le preferite, seguite, ricordate e anche ai lettori silenziosi.

Ed ora vi lascio e.. RECENSITE.

Un bacio, vostra


 

J.

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Capitolo 10
*** Are we Friends? Immagine ***






Creata con matita e photoshop :) Tanto per ridere un po'. Son davvero teneri ! A voi piace? :)

P.s. Il decimo capitolo è appena stato concluso :)

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Capitolo 11
*** Incubi e Fantasmi. ***




***

Incubi e Fantasmi.

Capitolo Decimo. 

 



 
Un incubo, solo un altro incubo.

Lizzie si svegliò di soprassalto. Gridò appena nel farlo. Ed io sobbalzai insieme a lei.

Sono passati due mesi circa da quando le telecamere hanno iniziato a mostrarmi la sua suite e la sua vita quotidiana.

Ed è passato un mese e due giorni da quando mi ordino ripetutamente di cliccare su quella X in alto a destra dello schermo. Mi dico che sarebbe giusto farlo, che quel che mi sta succedendo non è sano, eppure non ho mai nemmeno ridotto a icona quella pagina che mi fa vedere Lizzie anche quando lei non è con me.

Mi ha chiamato ‘Maniaco del Controllo’ e, forse, ha ragione.

Il sonno della giovane detective non è mai calmo. Si muove, parla, si svincola da mani invisibili, ma questa volta vedo che è ancora più dura delle altre. Si alza e si preme le mani sulle tempie. Serra i denti.
I fantasmi del passato non la abbandonano mai ed è meraviglioso ed al tempo stesso crudele per me, accorgermi, che non ho più paura di lei, ma ho paura per lei.

Temo che quei fantasmi possano trasformarla e tirarla nel loro mondo oscuro, nel mio mondo.
L’unica differenza tra me e quei fantasmi è che io fingo ancora di essere un uomo, ma so per certo che non lo sono più, ormai. Mangio come un uomo, mi vesto come un uomo, ma tutto in me è innaturale.

Vedo Lizzie uscire dalla suite, sento i suoi passi lungo il corridoio alle mie spalle. Ora c’è solo una porta a dividerci fisicamente. Purtroppo quel che ci divide spiritualmente è molto più di una barriera di legno. È la nostra superbia, la nostra giustizia.
Mi alzo, la seguo a distanza. Cammina a stento e si regge alle pareti. Lascia una scia di paure. Le affronto e le faccio mie, lasciandole in compagnia di tutte quelle che porto dietro da una vita.
Prende l’ascensore, io imbocco le scale: so dove sta andando.
Va nello stesso luogo tutte le notti, nelle quali quegli incubi le si aggrappano così forte da non riuscire a respingerli.

Ed, infatti eccola lì, sul tetto dell’hotel.

Mi avvicino silenziosamente a lei, un passo per volta.
Guardo la sua schiena madida di sudore attraverso la lunga maglia che porta. La copre fin sopra il ginocchio. Vedo le sue gambe nude tremare e non resisto più.
Le poggio delicatamente i palmi sulle orecchie e solo ora mi rendo conto di quanto, quella ragazzina piena di orgoglio e prepotenza, sia più bassa di me. La ammiro dal profondo. I suoi capelli sotto le mie dita sono morbidi e bagnati.
Lizzie non sembra sorpresa, sapeva che la stavo seguendo.

Sono in debito, ma suppongo che non lo faccia solo per semplice dovere. Vorrei darle lo stesso conforto che lei ha dato a me poche sere fa.

Lei copre le mie mani con le sue e le preme più prepotentemente su di lei, così forte che temo di farle del male. Mi sento scosso e impaurito, ma non mi sottraggo a quel contatto.
Le sue dita premono sempre di più, fin quando il tremolio non si placa. Posso sentire la sua agitazione cessare pian piano.
Ed adesso a tremare sono io. Tutto questo non mi appartiene. Lo cerco da una vita, ma so che non potrò mai ottenerlo. È stata la mia scelta e, seppur mi ha tolto tanto, non la rinnego né sento che sia sbagliata.

Abbiamo scelto la stessa cosa.

Lizzie si accorge del mio malessere, fa scivolare le sue mani lungo le mie, mi sfiora appena il polso e poi si abbandona sulle ginocchia.

È troppo per me.

Mi giro e imbocco l’entrata. Mi volto a guardarla. Lizzie non si è mossa. È debole, fragile, ma io non posso fare di più per lei. Non è nei miei doveri.

L non è un salvatore, né un angelo, L è solo un detective troppo impegnato per affrontare certe sensazioni ed emozioni.
Rindosso la mia maschera da cinico e bastardo, lasciandola lì, con la sola compagnia dei miei stupidi ed infantili sentimenti, a combattere contro i suoi fantasmi.
Non posso negare, però, che spero, con tutto me stesso, che lei sia più forte di loro.
 


Sai, Belle, non avrei mai voluto che tra quei fantasmi che ti angosciano tanto un giorno ci sarebbe stato anche il mio.
 

 

 

≈≈≈
 

Quando L tornò in camera rimasi paralizzato: non lo avevo mai visto tanto sconvolto. Mi ordinò di recuperare una devastata X, di riportarla nella sua suite e portarle qualsiasi cosa le fosse necessario. Pensai che Lizzie, per lui, dovesse essere molto importante, perlomeno abbastanza da fargli fare a meno dei miei servizi e dei suoi dolci per tutta la notte.




≈≈≈





Un incubo, solo un altro incubo.

Come fu notte fu mattina ed io mi risvegliai stretta tra le braccia di Jimmy. Lo guardai in volto e notai la scia di una lacrima ormai evaporata.

Perché aveva pianto e perché mi stringeva?

Gli accarezzai i capelli biondi e glieli scostai dal volto. Era sempre lo stesso: ingenuo, infantile ed estremamente sensibile. Chissà quale era il suo problema stavolta.
Un ragazzo così complicato, dal passato infestato di ombre, eppure così dolce e gentile con tutti. Mi ripromisi di prendere esempio da lui e di lasciarmi tutto quel marcio alle spalle.
Mi alzai piano, non volevo svegliarlo: era così tranquillo e in pace ora.

Ed ecco Johnny che mi si parava d’avanti con la solita espressione seria e furibonda da uomo vissuto che preannunciava una lite.

-Devi andare da un medico.- mi disse, indicandomi la bottiglia di vodka ai piedi del divano.

-Sta calmo, altrimenti ti salirà la pressione e poi dal medico dovrai andarci tu.- gli risposi, bevendo il the che mi aveva preparato. Ricordo che era al lampone e che era altamente disgustoso.

-Devi smetterla con questa roba, Lizzie! Ti ucciderà.- ringhiò, prendendo la bottiglia e gettandola a terra. Sentii le schegge di vetro e le gocce all’altezza dei piedi nudi. Jimmy si svegliò e ci guardò confuso.

-Quella me la ricompri tu, vero?- dissi con scherno, indicando quel che rimaneva della bottiglia e alzando un sopracciglio.

Johnny sbuffò: -Tu non vuoi capire: ti stai distruggendo! Perché quando ti sei svegliata stanotte dopo quell’incubo non ci hai svegliati? Perché non parli con noi? Sai bene che non stiamo al tuo fianco né per soldi né per divertimento.-

-Ah, sì? Perdonami non sapevo che avessi rinunciato al tuo stipendio. Vincerai il nobel per la fedeltà.- dissi, facendo un applauso. Jimmy rise appena, prima di ricevere un’occhiata gelida da parte del fratello.

-Io ho una famiglia in Irlanda! Pensi che i soldi possano colmare il vuoto scavato dalla mancanza di mio figlio.-

-Nessuno ti costringe a rimanere, Johnny. Sei libero di andare.- dissi, indicando con la testa la porta.

-Sei una stronza.-

-E tu un rompicoglioni. Parità.-

-Va’ al diavolo, Lizzie.- concluse la discussione prima di andarsene.

Non me ne preoccupai: era la routine.

Sentii il gemello rimasto sbuffare e lo vidi, poi, impegnato nel ripulire tutto.
La giornata non iniziava bene ed io mi sentivo più confusa che mai. Mi sentivo in pena per Jimmy, che per l’intera notte, era stato afflitto a causa mia.
Mi accesi una sigaretta, immaginandomi i soliti rimproveri di Johnny. Non ci feci caso e tralasciai. Sarebbe tornato. Lo faceva sempre.
Mi sdraiai nuovamente sul divano scoraggiata: alle undici in punto ci sarebbe stata una riunione con l’intero quartier generale.

‘Che palle!’

-C’è posta per te!- mi disse Jimmy, aprendo una busta ed estraendone una lettera.

-Uhm?- feci a mo’ di domanda, inarcando un sopracciglio.

-Adam.- me la lanciò ed io, prendendola al vola, gliela rilancia, dicendo: -Sintesi.-

Jimmy la lesse attentamente e dopo poco, disse:
-Ti prega di recarti a Windleton entro mercoledì.-

‘Ed è solo lunedì. Che ansia!’

Spensi la sigaretta sulla moquette. Jimmy spalancò gli occhi increduli.

-È possibile che nessuno sappia muovere un solo passo senza di me?- dissi, con disprezzo. A ripensarci oggi mi rendo conto di quanto sia sempre stata egoista e prepotente.

-Verdetto?- mi chiese il gemello.

-Ci andrò. Tu cerca di recuperare tuo fratello. Digli qualcosa del tipo ‘Lizzie è tremendamente addolorata: non vorrebbe avere sempre ragione’- risposi con un sorrisetto, prima di andarmi a preparare per la riunione.

Jimmy alzò gli occhi al cielo, rassegnato.


 

≈≈≈ 

 


-Ryuzaki, questo è davvero troppo. È solo una ragazza.- disse Matsuda, sbalordito e tremante. Aveva il terrore negli occhi.

-È il secondo Kira. Io avrei fatto di peggio.- disse X, facendo il suo ingresso nel Quartier Generale con accanto uno solo dei gemelli.

Tutti si voltarono e la guardarono increduli e spaventati.

-Oh, credetemi, lo avrebbe fatto davvero.- espose Jimmy, infastidito da tutti quegli sguardi. All’unisono, tutti gli agenti, distolsero la loro attenzione dalla giovane. L sembrava non essersi accorto di nulla. Continuava imperterrito a cercare un modo di far parlare Amane, di ottenere un indizio, uno solo.

Per quanto mi riguarda mi godevo la scena da un angolo buio della stanza, aspettando un ordine del mio pupillo.
Questo non si fece attendere, ordinando di preparare del caffè per i due arrivati.
Lizzie socchiuse entrambi gli occhi a due fessure assistendo alla scena di Amane, che continuava a dirsi vittima della perversione di un fan.

Strinse i pugni e poi, con soli due passi arrivò ad L, gli strappò il microfono dalle mani e ringhiò:
-Senti, carina, tu non hai idea alcuna dei pericoli ai quali vai incontro. Ti illuminerò: pena di morte. Moriresti pur di proteggere un pluriomicida? Confessa, idiota!-

Sentii Matsuda sussurrare un veloce: ‘Mi fa paura’.

-Pluriomicida? Light è dolce e figo. Non.. non farebbe mai del male a nessuno! Per lui morirei anche all’istante.- gridò Misa in lacrime, strattonandosi.

-Patetica.- sibilò X, ritirandosi.

Le porsi il caffè, venendo ricompensato da un flebile sorriso.
X aveva gli occhi persi nel suo caffè e un espressione vuota. Non potei fare a meno di pensare a quanto quei due fossero identici.

Sorrisi appena.

Presto si sedettero tutti in cerchio nel salotto. Lizzie si sedette accanto a Matsuda e solo allora notai quanto realmente fosse infantile.
L’agente la guardava con la coda dell’occhio e lei non smetteva di fargli un sorrisetto spaventoso.
Quando lui le chiese dove fosse l’altro gemello, X rispose:

-Oh, questa è davvero una storia spaventosa. Un giorno te la racconterò, forse.-

Matsuda rabbrividì.

Per il resto del tempo L espose le sue opinioni, i suoi dubbi e gli eventuali compiti da svolgere, mentre X si divertiva ad infastidire il povero agente.
-Lizzie, tu cosa ne pensi?- le chiese Ryuzaki, sapendo che non si era persa una sola parola del suo discorso, nonostante distratta.
L non si accigliò e me ne sorpresi. Essere disturbato mentre parlava era una delle cose che più non sopportava.
Lizzie fece dei cerchi con il fumo appena aspirato: -Nulla.-

-Come, prego?- chiese il sovrintendente Yagami, stupito.

-Nulla in più di ciò che ha detto L. D’altronde ciò che, io, proporrei non verrebbe mai accettato da nessuno di voi..- disse guardandoli ad uno ad uno, poi indico il detective.-.. e nemmeno da lui.-
Ryuzaki continuò a bere il suo the.
Evidentemente sapeva già di cosa si trattasse.
Tutti rimasero in silenzio.

-Bene. Riunione finita. Bye.- disse la giovane, alzandosi con un piccolo salto. Salutò Matsuda e lasciò la suite.

-Sai,- disse L, rivolgendosi all’agente spaventato. –credo che tu le piaccia.-

Il detective lasciò, presto, la stanza ed io sapevo bene dove fosse diretto.



≈≈≈


 


-Quindi, devi recarti a Windleton?- disse L con l’indice sulle labbra, dopo essere entrato nella mia suite senza bussare.

-Questo chiamasi stalking ed è un reato.- risposi a tono, riempiendo la mia valigia.

-Davvero?-

-Oh, credo proprio di sì.- risposi, ridendo appena.

Ogni passo che muovevo era seguito da uno suo. Più volte voltandomi ho rischiato di scontrarlo.

-Io dovrò raggiungere la Wammy’s House.- espose dopo un paio di minuti di silenzio.

-Chissà perché non mi interessa.-

-Watari mi ha supplicato di chiederti se volessi andarci con me. Lui rimarrà qui, quindi..-

-Ho già un biglietto per il treno delle 18:00. Non sai quanto mi addolora non poterti fare da balia.- dissi, interrompendolo.

-Trovo il tuo sarcasmo odierno patetico.- sibilò, serio. Le sue palpebre sembravano più stanche del solito. Quel caso stava mettendo alle strette anche lui.

-Sei solo un brutto pervertito.- imitai Amane.

-Sei la seconda che mi accusa di ciò nel giro di poche ore. Devo forse iniziare a crederci?-

-Tu come lo definiresti un giovanotto abbonato a tutte le riviste che mostrano seducenti modelle? Tra le quali ‘Misa Misa’.-

-Illuminami, Holmes, questo è stalking o gelosia?- disse, appoggiandosi ad una parete.

-In Irlanda lo chiamiamo disgusto.-

Mi guardò intensamente ed io sostenni il suo sguardo. Penso che passarono un’infinità di minuti prima che:

-Con il treno arriverai a destinazione con tre ore e quarantatrè minuti di ritardo.-

-Ci sai fare con i numeri, eh! Tu come ci vorresti andare?- gli chiesi esasperata per tanta insistenza.

Solo oggi so per certo che Watari non gli aveva chiesto il nulla più totale. L desiderava che io andassi con lui, non so perché, ma lo voleva.

-Volando.-

Rabbrividii all’istante.

-Soffri di vertigini?- chiese diretto, prendendo tra l’indice e il pollice un ciuffo della mia frangia e rimettendolo al suo posto..

-Assolutamente no.- mentii, spostando la sua mano con violenza e voltandomi. Ero sicura che se solo mi avesse guardata negli occhi, sarebbe riuscito ad abbattere la mia barriera.

‘Dannazione! Non mostrare mai i tuoi punti deboli al nemico.’

-E allora vieni. Prendila pure come una sfida.-

Collaborare con L vuol dire essere continuamente sotto esame.
Non avrei mai detto di no ad una sfida. E lui lo sapeva, lo sapeva bene.

-Giochi sporco.- ringhiai, guardandolo storto e puntandogli l’indice contro.

-Tutto è lecito per me.- disse, inarcando un sopracciglio. 

-Ci sarò, ma ti avverto non ti servirò alcun dolce.-

-Ah, quasi dimenticavo..- mi prese il dito con forza e mi strattonò con violenza verso di sè. I nostri petti erano uniti. Sentivo il suo respiro sul naso e quell'espressione gelida che gli si era appena accesa sul volto a quella distanza riuscì ad intimidirmi. -..Non provare mai più ad intimidirmi o ad affrontarmi fisicamente. La prossima volta, sta pur certa, che reagirò.- Lasciò la presa. La sua espressione tornò calma. -D'altronde non c'è colpo che non renda, giusto?-

-Non vedo l'ora, Watson.- 

L sorrise.


 
 

L, ora, dove sei?












 

***
E dopo questo capitolo torno nella mia tana e vado in letargo :-)
Spero come al solito che vi sia piaciuto.

Sto morendo di sonno.. sono le undici e mezza e domani c'è scuola.

Ditemi cosa ne pensate e sappiate che presto risponderò a tutte le recensioni.

RECENSITE ANCHE QUESTO CAPITOLO :-)

Ringrazio tutti come sempre, in particolare chi ha recensito:
-
Blackblow98
-ChockyLawliet
-American_Idiot
-RainKeehl

Scusate se non vi dedico una posticino questa volta, ma sono esausta ! :-(

UN GROSSO BACIO A TUTTI E GRAZIE <3

-Ringrazio anche i lettori silenziosi, chi ha aggiunto la storia tra le preferite, ricordate e seguite.

Un grosso bacio e VI ASPETTO NELLE RECENSIONI,

Vostra,

 

J.

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Capitolo 12
*** Un Cielo Stellato sulla Wammy's House. ***




Leggete le note in basso, questa volta è importante :-) Buona lettura.



















***

Un cielo stellato sulla Wammy's House.

Capitolo Undicesimo. 





 

-Non puoi dirglielo, Ryuzaki.- dissi per l’ennesima volta al detective. 
 
Ricordo quella volta come una delle poche nelle quali mi sono opposto ad una sua decisione. L’unica volta che ho pensato che una sua azione fosse del tutto insensata.

-Io credo di sì, Watari.- rispose, guardando il cielo che ci sovrastava. Era così grande, così bello, così allegro, così luminoso e così diverso dall’uomo grigio e cupo che avevo innanzi.

-Io ti dissi che non era una buona idea, ma tu non mi hai ascoltato. Hai voluto che ciò accadesse ad ogni costo ed ora devi accettarne le conseguenze. L’hai promesso ad Adam.- gli dissi, puntando alla sua grande stima di sé stesso.

-La promessa di un diciannovenne non può valere poi molto.- esclamò, determinato e con un lieve sorrisetto, che tanto stonava con quelle sue stanche palpebre.

Sapevo che non avrei vinto. E come potevo? Non ci riuscivo nemmeno quando era ancora un bambino. Ed ora quel bambino che voleva costantemente mettersi alla prova era un uomo e con lui son cresciute anche determinazione e ostinazione.
Eppure qualcosa dentro di me mi faceva continuare ad insistere ed a lottare quella guerra già perduta, ma non potevo rischiare che, anni dopo, mi sarei ritrovato a dirmi ‘avresti potuto fare di più’.
Forse, sapevo, nel mio subconscio, che quella decisione sarebbe stata di rilevante importanza per la tragica fine del mio pupillo.

-Non se questa è stata fatta da L.- insistetti, cercando di colpirlo ancora.

-Lei deve sapere, Watari.- mi disse con sguardo serio, ancor più serio del solito. 

-Le dirai l’integra verità?- chiesi, preoccupato. Non potevo permetterlo: tanti anni di copertura, di silenzio, di sofferenze non erano davvero serviti a niente?

-Dopo quello che le ho fatto glielo devo.- 

Una leggera tristezza invase l’espressione di L. Era la prima volta che lo vedevo così dopo troppo tanto e mi venne spontaneo un sospiro di sollievo. A volte temevo che non provasse più alcun sentimento, che quel suo corpo fragile fosse solo un guscio, il cui unico organo ancora funzionante fosse il cervello.

-Anche a costo che lei ti odi?- gli dissi, bruciando il mio asso nella manica. Sperai silenziosamente.

-Mi ha sempre odiato. Non muterà assolutamente nulla.- mi spiazzò con quella sua innata freddezza disumana. 

Quella lieve emozione passatagli in volto andò perduta, forse per sempre.

-Hai fatto tanti passi avanti con lei, L. Ti si è affezionata. Vuoi rovinare tutto? Vuoi abbandonarla di nuovo?- 

-L’ho già fatto una volta, ed eccomi qui, vivo e vegeto. Resisterò anche ad una seconda.- mi risponde, voltandosi ed accarezzando il suo amato elicottero.

-Fa buon viaggio, allora.- mi arresi.

Era cemento armato ed io un semplice sassolino di fiume lanciato da un bambino.
Mi soffermai a guardarlo ancora: sembrava del tutto indifferente, freddo, lontano, più lontano di quanto mai sia stato.
Per quanta forza ed enfasi mettessi nelle mie parole non lo avrei nemmeno scheggiato.

 

 
≈≈≈
 

Il cielo è avvolto nel buio.
L’elica continua a girare costantemente.
Le uniche luci son quelle dei pulsanti e delle stelle. 

Vorrei spegnere quei dannati pulsanti, annullare la loro luce rossa e fastidiosa ed essere accudito dalle bianchi e limpide luci stellari.
Le stelle sono diverse da quassù. Dal tetto dell’hotel sembravano così irraggiungibili; ed, invece, eccole qui ad ornare il cielo col loro bagliore e la loro magnificenza e potenza. Vorrei poter pensare ingenuamente che mi basterebbe allungare un braccio al di fuori del finestrino per poterle toccare. Sono così vicine, così vive e vorrei essere contagiato dalla loro vitalità, vorrei essere luminoso anch’io. Vorrei poterle seguire ed uscire da questo buio infinito, alternato solo a luci rosse di pulsanti o, forse, di sangue.
Vorrei poter dimenticare, abbattere le paure, sovrastare questo tumulto improvviso nato in me che, pian piano cresce, ed invoca libertà. 
Sono assetato di vita. E vorrei ottenerla, proprio come, facilmente, ottengo ogni vittoria.
Mi ritrovo a desiderare di rimanere lì per sempre, dove il caso Kira non è un pensiero, dove L non esiste, dove regna giustizia. 
Vorrei rimanere in questo cielo sconfinato dove l’unico nome che mi etichetta è ‘uomo’.
Vorrei che anche a Lizzie piacesse volare, almeno la metà di quanto piace a me. 
Respira velocemente e ha gli occhi fissi sulle proprie mani. È stretta in sé stessa. Avrei voluto evitarle tutto questo dolore, ma penso che indebolire le sue difese sia l’unico modo. Non vorrei farle rivivere tormenti e paure, ma penso che, questo, sia l’unico modo per sconfiggerle e, se lei non riesce da sola, lo farò io. Mi assumo ogni colpa, ogni lacrima ed ogni dolore.

Sta male sul serio.

Guardo ancora il cielo immenso e mi accorgo di quanto vorrei condividere tutto questo con la ‘donna’ che mi è seduta accanto. Perché lei non vede ciò che vedo io? Come fa a non notare tanta bellezza e a non percepire ed assaporare la libertà?
Dovrebbe approfittarne, non capita spesso a noi.
Tutti questi pensieri mi fanno domandare se anche io sto male.

-È davvero magnifico, non credi, Holmes? Come hai potuto rinunciare a tutto questo per così tanto tempo. Io non potrei mai farne a meno.- le dico, incoraggiandola.

Lei non risponde e continua a guardarsi le mani. Le sue sopracciglia si muovono continuamente, mentre le sue gambe tremano. Vorrei atterrare e risparmiarla, ma non posso tirarmi indietro. Non lo faccio mai.
La guardo, lei alza il viso e guarda finalmente il cielo. Apre la bocca, per poi riserrare di nuovo le labbra tremolanti. Prende un respiro e chiude gli occhi.

-Io soffro di vertigini.- dice, mentre una lacrima traditrice le scivola lenta percorrendole silenziosamente una guancia e, infine, baciandole le labbra.

-..Lizzie..- sussurro solo.

Ho visto piangere delle donne molte volte, ma erano a debita distanza di sicurezza e non valevano nulla per me e, forse, nemmeno lei vale poi tanto in realtà, ma quassù è tutto amplificato. 
In uno spazio così ristretto le sue emozioni mi attraversano perforandomi l’anima, sempre se realmente ne abbia una.
Ed io mollo.

-Se vuoi atterriamo, basta che tu me lo dica. Sono d’accordo sull’affrontare le proprie paure, ma non penso che sia piacevole farlo con la sola compagnia di uno sconosciuto.- le dico, muovendo la mappa sullo schermo touch in cerca di un aereoporto nelle vicinanze. Credo di conoscere la sua risposta, ma, Lizzie, ancora una volta mi sorprende:

-Sento di potermi fidare di te, L.- dice velocemente, posando il suo sguardo su di me.

-Oh, non puoi nemmeno immaginare quanto questo sia sbagliato.- ammetto con sincerità, ma lei sorride.

Io non scherzo affatto, ma lei questo non può immaginarlo. Non può nemmeno lontanamente sapere cosa c’è dietro questa improvvisa partenza, non conosce il mio scopo e per adesso è meglio così.
Restiamo in silenzio per un’ora circa, poi le pongo la fatidica domanda, pensando che non possa esserci momento migliore:

-Preferisci le luci delle stelle o le luci artificiali?- 

Lei mi guarda divertita. Il suo sguardo è stanco ed ancora spaventato, ma non tanto come prima. Penso che si senta fiera di sé stessa, fiera di non aver mollato, sicura di aver fatto la scelta giusta e, onestamente, vorrei sentirmi così anch’io.

-E tu?- mi chiede, rimbalzandomi la domanda.

-Le stelle, ma penso di assomigliare più ad una luce artificiale.- rispondo, continuando a guardare lo schermo delle traiettorie.

-Uhm?- mi chiede, rivolgendomi un sorriso assonnato. Penso che nel viaggio di ritorno non sorriderà affatto o, forse, non ci sarà nemmeno un viaggio di ritorno da condividere.

-Sono intermittenti. Alternano la luce al buio. Sono spenti la maggior parte del tempo, si accendono solo quando c’è bisogno di loro, proprio come i lampioni. Nessuno vedendone uno in una giornata di sole vorrebbe che questo sia acceso, vogliono solo che, quando viene sera, lui possa fare il suo lavoro. Proprio come me.- inizio, poi, mi interrompo. Guardo ancora una volta le stelle. –Invece, tu, assomigli più ad una stella. A volte non ti si vede, poiché oscurata da una luce più vicina e potente, ma si sa, che tu non smetti mai di splendere. Penso che sia questa la più grande differenza tra noi.- 

Respiro aria fresca.

-Non hai risposto ancora alla mia domanda, comunque.-

Non sento la sua risposta e, forse, non la saprò mai. 
Lizzie dorme tranquilla e serena. Il suo respiro è regolare e leggero. Allungo il braccio e prendo una coperta. Gliela poggio delicatamente ed in maniera poco precisa.
Con un lembo della stessa le asciugo l’ultima lacrima caduta.
Ci sarà un’altra occasione per chiederglielo, ci sarà sicuramente, ci deve essere.

-Questa notte niente incubi, X.- le sussurrò, prima di continuare a farmi strada nell’immensa oscurità, avvicinandomi sempre più al nostro destino.

 
 
La risposta è ‘le stelle’. Vero, Belle?



 
≈≈≈



Winchester. 
Maggio 2004.
 


Mi sveglio con il primo caldo del pomeriggio, accorgendomi di essere sdraiata su un comodo sedile in pelle di una limousine. 
Non ricordo di aver fatto nemmeno un passo fuori dall’elicottero, ma, forse, ero troppo assonnata per averne memoria.
Mi alzo su un gomito e, ad occhi socchiusi, osservo L che parla, tramite gli auricolari, con Watari del caso Kira.
Mi nota e mi fa un cenno con la testa. Io mi metto a sedere, cercando di non invadere i suoi spazi ed osservo il paesaggio che, velocemente, cambia al di fuori del finestrino.
Questa è proprio l’Inghilterra: pulita e cupa al punto giusto. La ricordo bene. L sembra più sereno del solito, forse, perché, dopo tanto, è tornato a casa. Penso che siamo già a Winchestern; riconosco le colline alberate in lontananza. 
Mi verso un bicchiere di Vodka, prelevata dal mini bar, in un bicchierino di vetro spesso. Ci giocherello con le dita, seguendo i contorni delle incisioni floreali.
Mi manca la Scozia. Mi manca il suo verde, la sua gioia, le sue canzoni, ma io so bene che queste sensazioni sono solo momentanee. Appena varcherò le soglie della Windleton non vedrò l’ora di uscirne. 

Odio quel posto. È una gabbia, la mia prigione. 

Ricordo anni ed anni passati ne desiderare la libertà, ricordo le continue cene, le lezioni e l’agenda piena che Adam ogni mattina mi stilava personalmente. Forse, pensandoci, odio perfino Adam, che, scegliendomi come suo ‘miglior pezzo’, mi ha sempre trattata come un oggetto d’arredamento.
Non c’era un giorno in cui non pianificassi un piano per fuggire da lì ed, un giorno, ci riuscii quasi. Fui aiutata, ma non mi ricordo affatto del come sia avvenuta la mia ‘quasi’ fuga né chi mi affiancò, so solo che, alla fine, decisi di rimanerci.
La mia è stata una vita programmata fin dall’inizio. Ero solo una semplice marionetta che, ora, è diventata burattinaia. Adesso sono io a muovere i fili e, questa libertà, non mi verrà mai più negata. È tutto ciò che ho, che mi uguaglia al resto dell’umanità. È per questo che lotto: per la libertà, per i diritti, per la Giustizia.

Guardo L. 
Chissà come sarà stata la sua infanzia. 

Le regole della Wammy’s House sono rigide come quelle della Windleton?
Watari era un severo dirigente come Adam?
Il mio istinto mi dice che, no, non può essere così, eppure, la mia mente, non fa che chiederselo.
Vorrei conoscere di più di lui e, forse, oggi ne avrò l’opportunità. 
Sto per entrare nella tana del nemico e so che dovrei sentirmi allarmata, ma, onestamente, mi sento in tutt’altro modo.
Poso il bicchiere e mi riabbandono alla stanchezza che, stranamente, non si è ancora esaurita.


 
 
≈≈≈





La biblioteca della Wammy’s House è meno spaziosa di quella della Windleoton, ma, le librerie, sono più alte. Osservo i tomi riposti ordinatamente negli scaffali, cercando un qualche indizio sugli dei della morte. Tutto ciò che ho trovato finora sono leggende popolari.
 
Appena arrivati, L, mi ha presentata ad un certo Roger, che mi ha fatto da guida per la scuola, mentre, il detective, era sparito alla prima occasione.
Il pavimento di legno emette uno piacevole rumore ogni volta che si avanza di un passo. Roger mi ha mostrato l’intera struttura con gioia ed orgoglio, ha sgridato qualche bambino che correva troppo e mi ha presentato loro, come un’importante ospite. 
L’orfanotrofio presenta quattro piani nella sede principale con l’aggiunta di un piano sotterraneo nel quale mi è assolutamente vietato accedervi per motivi futili inventati sul momento dall’uomo.
Questo idiota non credo che sappia con chi ha a che fare. Non può ingannarmi: gli leggo la menzogna negli occhi e nella posizione corrucciata del labbro inferiore.
Ho, comunque, finto di credergli, accettando le sue condizioni. C’è anche una chiesetta incorporata all’orfanotrofio, con grandi campane che annunciano le ore che passano. Forse son le stesse che L dice di sentire. Il loro tintinnare mi è stranamente familiare. 
Prima di dirigermi qui, in biblioteca, ho fatto visita alla cappella.
Ho pregato a lungo per l’anima di mio fratello e ho chiesto forza e ingegno a Dio per la risoluzione veloce di questo caso.
Sono sempre stata credente, anche se, a vedermi non si direbbe. Porto sempre un rosario al collo in legno, intagliato interamente da Andrew.
Lui credeva fermamente nella religione e diceva che dopo gli studi avrebbe voluto prendere i voti. Mi ha trasmesso la sua fede e penso di fare il mio lavoro anche per questo fattore.
Vorrei rendere il mondo migliore di come l’ho trovato alla mia nascita e proteggere i più deboli.
Mi rendo conto che in questo mondo corrotto e sporco di sangue sia ingenuo prefissarsi questi obiettivi, ma ognuno ha le proprie fissazioni, no?
I miei pensieri vengono interrotti dalle risate fanciullesche. Mi affaccio dall’angolo della libreria ed osservo due bambini che, sorridenti, iniziano a svolgere i compiti assegnati il giorno stesso.
Solo adesso capisco cosa manca alla Windleton: la felicità.
Ridere ci era vietato, era ritenuto maleducato e ingenuo. Lì, gli orfani, indossano tutti la stessa divisa e, ahimè, anche le stesse maschere tristi.
Le lezioni principali riguardano proprio L che, fin dal principio, viene presentato loro come un nemico. Ammetto di non essermi opposta a questa ‘introduzione’ di Adam, ma mi sono resa sempre conto di quanto questa un’idiozia.
La maggior parte degli studenti non lavorerà nel campo investigativo, ne sono disgustati per ovvie ragioni, mentre, la restante parte, cerca di migliorarsi ogni giorno di più, per poter, poi, essere scelto come mio successore.
Non ricordo di aver mai messo piede in questa stanza, eppure, quando , la bibliotecaria, mi offerto il suo aiuto l'ho rifiutato. 
Non l'ho fatto per orgoglio, ma sapevo benissimo dove cercare.

Perchè?
Non so spiegarmelo nemmeno io. 

Accarezzo i tomi e sento di aver già avuto un contatto con ognuno di loro.

Cosa mi sta succedendo?
Altri ricordi che son andati perduti?
Non ne ho idea.

Abbandono la biblioteca e con essa la mia ricerca, che proseguirà alla Windleton.
Percorro i lunghi corridoi, dirigendomi all’ufficio di Roger per chiedergli dove fosse finito L, ma poi le vedo. 
Le scale che portano al piano sotteraneo.

Non posso trattenermi. 

Inizio a scendere i gradini massicci e di pietra.
Mi ritrovo in una stanza con tre porte ed io, per istinto, apro quella innanzi a me. Una piccola camera mi si presenta innanzi, illuminata solo dalla luce di un monitor, sul quale lo screensaver è una L gotica. Osservo l’ambiente: un solo letto e pochi quadri appese alle pareti. Molti dischi in vinile senza custodia lasciati incustoditi sul pavimento. Dei fogli sono sparsi e cerco di non calpestarli, procedendo verso il computer di L.
Clicco un pulsante e, sullo schermo, appare una visuale nella quale mi viene richiesta una password.

Dannazione.

Mi guardo intorno ancora una volta. La stanza non presenta finestre e, questa, è una delle cose che, L, più odia della sua stanza.
Lui ama guardare fuori dalle vetrate, ama osservare quel mondo di cui lui non fa parte.
Gattono fino ad uno scaffale, che contiene molti libri e cartelle. Prendo il libro più sottile meccanicamente. Non so perchè lo faccio come non so come conosco, d'improvviso, tutti questi dettagli sul detective, ma, invece, so, per certo, che è proprio lì che dovrei guardare. Lo sfoglio fino a che non arrivo ad una pagina più spessa. Ci deve essere qualcosa incollato dietro e sento di esserci vicina, a cosa, poi, non so.

Vado per girarla, quando:

-Sei un caso irrecuperabile, X. Sei qui da meno di poche ore e già infrangi la regola principale.-

Mi giro e guardo L che, in tutta la sua lunghezza e mole, mi sovrasta e mi osserva con aria seria, più seria che mai. Mi tende una mano, chiedendo silenziosamente il libro indietro.
Sembra allarmato. Glielo porgo e, solo quando lo richiude, il suo viso pallido si rilassa.

-Benvenuta, Lizzie.-

Io sono già stata qui.













***
Clap, clap a me

Sono stata davvero velocissima questa volta!

Ok, devo chiedervi un suggerimento.
Allora, io con i titoli non ci so proprio fare, quindi, vi chiedo aiuto: se vi viene in mente un titolo per la storia scrivetemelo pure in una recensione. Grazie in anticipo :-D


Proseguiamo:
Siamo arrivati ai capitoli più importanti della storia.
Sono felice ed allo stesso tempo ho paura di quel che la mia mente ha elaborato.
Vi ricrederete su molti personaggi e su molti legami, proprio come sta per scoprire la nostra povera Lizzie.
L ci terrà pure a Lizzie, ma è pur sempre un gran bastardo.. questo non bisogna mai scordarlo e se l'avete fatto, beh, sarà un trauma per voi. :-)

Questo capitolo è stato mooolto introspettivo: vi è piaciuto? Spero vivamente di sì. Fatemelo sapere su, su :-)

E spero anche che ora vi state chiedendo 'Ma che cavolo sta succedendo?' :D


Ringrazio:
-
RainKeehl che recensisce sempre in maniera corposa e dettagliata e, che, mi segnala eventuali errori di battitura. Grazie moltissimo, mi incoraggi sempre molto con le tue bellissime parole.

-Chi ha messo questa storia tra: preferite, ricordate, seguite.

-Chi ha letto silenziosamente questa fanfiction.



Le recensioni, comunque, sono sempre più che gradite :-P


Un bacio,

 
J.


 

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Capitolo 13
*** Nascondendosi dalla verità. ***


***
Nascondendosi alla verità.

Capitolo Dodicesimo.






 

 

 

È tutto una menzogna.

Tutto questo non è reale non può esserlo. Non deve esserlo.

Cosa c'è in quel libro? Cosa devo scoprire? Cosa mi nasconde? Qual è la prova da superare questa volta, L?

Lui mi guarda con due occhi stanchi, leggermente cauto, ma sollevato. Sento il mio respiro irregolare e le mie spalle muoversi velocemente al suo ritmo.

Per alcuni secondi o minuti nessuno dei due pronuncia una sola sillaba.

Sembra che il tempo si sia bloccato, sembra che ci abbia intrappolati, qui, l'uno innanzi all'altra, fermi in questo istante.

Poi un telefono squilla ed io attendo.. non mi muovo.

L mi guarda interrogativo.

Mi si avvicina, mi scruta e mi sfila il cellulare dalla tasca. È il mio iPhone a squillare. L me lo porge ed io titubante lo prendo sfiorandogli l'indice.

Chiudo la chiamata prima ancora di aver letto di chi fosse.

Continuo a guardarlo, mentre lui tiene la mano nel sacchetto dei dolci, immobile.

-X?- sussurra. E basta questo, solo questo per farmi crollare.

Mi siedo sul letto e cerco di regolare il mio respiro. Non voglio piangere, non davanti a lui.

È tutto così confuso.

Dove sono? Che ci faccio qui? Perchè stiamo insieme? Tu lo sai, L?

Mi premo una mano tremante sul petto ed inizio a vedere tutto sgranato. L svuota il contenuto del sacchetto a terra e me lo infila velocemente sulla bocca.. troppo velocemente.

-Inspira ed espira lentamente.- mi ordina, mettendomi una mano sulla schiena per facilitarmi la respirazione.

Faccio quanto mi ha detto e la sua presa si fa sempre più leggera fino a scomparire del tutto.

Una volta calma accartoccio il sacchetto e lo lancio sul pavimento.

-Perfetto.- dice freddo. -Ora vai in camera tua e riposati. Deve essere stato il viaggio.-

Sì, ha ragione. È stato il volo. Soffro di vertigini, dannazione, è ovvio che ora stia dando i numeri. Tutta la paura repressa ora viene a galla, ma io non me ne vado. Io voglio ragionare, voglio sapere.

Qualunque cosa sia voglio saperla.

Mente. È un bugiardo, lo fa di continuo.

-Resto qui.- dico, puntandomi sul letto.

-Come preferisci, Lizzie.- Si appollaia a terra e inizia a pigiare velocemente i tasti del computer.

Mi sdraio sul letto e cerco di ragionare, ma non ci riesco. Eppure devo riuscirci! Sento che è una questione a cui devo rispondere al più presto. Perché tutto ciò che mi circonda ora mi sembra

così surreale, instabile? Le mie certezze sembrano crollare come un castello di carte. Continuo a ripetermi che sono già stata alla Wammy’s House, ma ogni sforzo di ricordare qualcosa di più

è vano.

Vorrei sorreggere quel castello e ci provo con tutte le mie forze, ma se le fondamenta non sono solide è inutile qualsiasi sforzo. Il mio problema è il principio.

Poi un pensiero improvviso: L sa qualcosa sul principio, sul mio passato. 

Sai che novità!

L sa sempre tutto.

E sta facendo di tutto per nascondermelo. Che sia dentro quel libro che mi ha strappato di mano? Probabile, mi dico. Eppure non sento la forza di indagare oltre.

O forse non voglio farlo. Non so perchè, ma so per certo che ciò che sta nascondendo mi ferirà.

Sono davvero sicura di voler scoprirlo?

Mi sdraio e guardo il soffitto, decidendo di mettermi in gioco ancora una volta.

Per lui?

Forse.

Continuo a ragionare, a completare un puzzle, ma mi mancano i pezzi, me ne mancano troppi. Tutto ciò mi innervosisce, mi strema. Non sono abituata a non avere la situazione in pugno.

Osservo L: è più distaccato del solito. Se ne sta lì ricurvo a digitare tasti e a mangiare i suoi disgustosi dolci iperzuccherosi. Vuole evitare domande e discussioni.

Forse sono passate ore dall'ultima parola che ci siamo scambiati, eppure lui sembra non accorgersene.

Io sono invisibile.

Non mi rivolge nemmeno uno sguardo e, ne sono sicura, nemmeno un pensiero.

Ma perchè dovrebbe?

Io sono invisibile.

Per lui, per il mondo. Io sono X, un detective. Punto.

E non desidero altro, non potrei desiderare altro.. vero?

L spegne il computer e mi si avvicina gattonando.

Inclina un sopracciglio, fissandomi: -Hai freddo?-

Sì!

-No.- rispondo e la mia voce mi sembra così lontana. Perduta.

-Te l'hanno mai detto che mentire non ti riesce poi così bene?- mi chiede, appollaiandosi ai piedi del letto. Vuole fare conversazione?

-E a dirlo è il più grande bugiardo sulla faccia della Terra!- dico sarcastica, con la voce impregnata di sonno. Mi percorrono ancora i brividi del volo.

Io non sono qui, non realmente, e nemmeno lui. Ma allora dove ci troviamo? E perchè è proprio lui il mio compagno?

-Penserò che questo sia un complimento.- Mi dice con un sorriso enigmatico. -Tieni.- mi passa una coperta.

-Credo di aver già detto di non avere freddo.-

-Ed io credo di aver già sottolineato le tue minime capacità nel mentire.- mi rifà il verso.

-L, ma cosa cerchi da me?- gli chiedo, poggiandogli una mano sulla sua. Vorrei oltrepassare quella barriera che ci divide. Se il mio posto è dietro un velo, voglio che lui sia qui con me. Ne ho

bisogno.

-Voglio solo che tu stia bene. Sei un'ospite. E, d'altronde, il freddo causa sindromi influenzali, una recrudescenza della sintomatologia di malattie croniche, specialmente dell'apparato

respiratorio, cardiovascolare e muscolo scheletrico. E, inoltre,..-

-Stop, fermo. Ma che diavolo stai dicendo?- ringhio, interrompendolo.

-Ti sto solo illustrando..- fa per rispondere infastidito.

-No, intendo, perchè mi stai dicendo queste cose. Perchè stai divagando?- gli chiedo, coprendomi con la coperta.

-Mi sento colpevole, ma sono un cinico, Lizzie, mi passerà tra non più di pochi minuti.-

-Perchè ti senti colpevole?- mi avvicino ancor di più al suo viso. Perchè non mi permetti di entrare, di leggerti? Non sarebbe tutto più semplice?

-Stai esigendo troppo da me stasera e, anche da te stessa. Smettila di ragionare.- afferma portandosi una meringa alle labbra sottili.

-Devo ripetere la domanda? Non puoi raggirarmi, lo sai.-

Chiude un secondo gli occhi, così velocemente che nessun'altro se ne sarebbe mai accorto.

-Per questo.- dice indicandomi e finalmente guardandomi.

-Sei turbata, dormi. Non reggeresti a tutto questo. Il caso Kira non c'entra. Stai tranquilla.- mi dice, con un certo disprezzo nella voce.

-È un altro dei tuoi giochetti, vero? Mi stai mettendo alla prova? Sei ignobile. Dovresti fidarti di me. Noi siamo una squadra.- gli urlo contro per quanto e mie forze me lo permettino. Volare non è stata una buona idea.

-Sei infantile e patetica.- toglie la sua mano da sotto la mia ed il vuoto che percepisco mi fa paura.

-E tu sadico.-

-Non mi fido di te. Non mi fido di nessuno e chiariamo un punto, Lizzie, io e te non siamo una squadra e non esiste un noi. Siamo il nulla. Solo due persone che ragionano insieme per risolvere

un caso. Niente di più. Appena questa storia sarà finita non ci rivedremo mai più.-

Questa volta dice la verità o forse sono io a volerlo credere.

-Ma io conosco il tuo volto, L. Se mi lasci libera vuol dire che di me ti fidi, infondo. Forse più di qualunque altro, solo che non sei in grado di ammetterlo. Chi è l'infantile ora?-

Lui mente.. è tipico. Ma perchè? Sta cercando di scappare?

Qualcosa nel suo sguardo gelido si muove, ma ritrova immediatamente l'equilibrio. Dal canto mio so di avere un'espressione sconvolta e infuriata.

Si volta verso la parete opposta e non mi rivolge più parola. Sento le mie membra cedere e so che fra poco il mio corpo cederà al sonno.

Mi sento così tradita, così triste e vorrei andarmene vorrei lasciare questa stanza, questo edificio e il caso Kira, ma io sono sola. Lui vivendo nella mia stessa solitudine è la mia unica

compagnia.

È questa l'unica verità in questa vicenda: mi sto affezionando a lui. Per quanto cerchi di mentire a me stessa, per quanto scappi dalla realtà, per quanti sforzi io faccia questa verità è

sempre più innanzi di me. Proprio come lui. La menzogna è una prigione ed essere in catene non si coniuga bene col mio essere.

Ma io non ci so fare con le relazioni umane. Cosa dovrei dirgli? Cosa dovrei fare?

Non ne ho idea.

Sono ridicola. Parlo di sentimenti ragionando come faccio con un caso.

No, non ci so fare per niente.

Quindi, sì, continuerò a mentire, se non a me stessa a lui.

Non c'è una sola ragione per cui debba dire la verità, mentre per continuare a mentire ne conto più di quanto il mio QI possa e credetemi è un numero davvero alto.

Ma per questa notte resterò qui.

La verità fa male, le sue parole mi fanno male in una maniera terribile.

-Io sapevo che tu soffrivi di vertigini. Volevo solo azzerare le tue difese.- sussurra, non voltandosi.

Sento una lacrima scivolarmi, così tiepida. Scende lei sola, traditrice, veloce e in silenzio. Non la segue nessun'altra.

Perchè vuole distruggermi?

-È solo una questione di piani.-

La gente mente semplicemente perchè la verità fa schifo.

Perchè se L è il tuo compagno non conoscere la verità è l'unico modo per sopravvivere.


 

L, ovunque tu sia, salvami.

 



 

≈≈≈
 


 

Windleton. Edimburgo.





 

-Che ci fa lui qui? Nel mio collegio, nel mio territorio. Lui è il nemico. C-come hai potuto, X?- sbraita Adam nervoso.

Io mi limito ad alzare un sopracciglio e a dire: -Sta zitto!-

-Chi ti ha tirato fuori da quella topaia? Io. Chi ti ha allevata e amata? Io. Chi ti ha sempre sostenuta? Io. E tu porti 'lui' qui. Questa è tutta la tua riconoscenza?-

-Sta zitto!- ripeto.

-È una sfida Lizzie. L'hai forse dimenticato?-

-C'è un assassino che gira a piede libero facendo stragi di vite e tu pensi alle sfide? Non è possibile essere così idioti.- gli sbraito.

-Non posso crederci.. tu tieni a lui..-

-Sta zitto, Adam!- e chiudo quel discorso sbattendo una porta.

Per paura, per orgoglio, per qualsiasi altra scusa che non sarà mai comunque abbastanza. Mi nasconderò sempre da quello che più voglio.. lasciandolo andare, voltandogli le spalle, fuggendo.

-Lizzie.- e quella voce.. ormai è un tormento. Come è potuto succedere? Per un volo, per una stupida fobia, ora mi ritrovo a sentirmi indifesa, sola, cupa, terribilmente confusa.

-È bello qui.- mi dice, guardandomi. -C'è più verde che alla Wammy's House.-

-Anche questo commento è inutile. Tendi a dire cose futili, insensate ed instabili da ieri. Riprenditi, cazzo.- gli urlo, avendocela, in realtà, più con Adam che con lui.

O forse l'unica vera dannazione è essere me stessa. Chiusa in questo corpo gelido non riesco a moderare le emozioni.

E sento il sangue farsi sempre più caldo, mentre gli dico: -Seguimi. Ti mostro una cosa.-

Le unghie mangiucchiate sono ormai cresciute e premono insistenti sul palmo.

Bastarde!

Vorrebbero bloccarmi. Ogni parte del mio corpo mi dice di bloccarmi, ogni ossa del mio logoro scheletro vuole che io mi fermi, che non mi sbilanci troppo, che portarlo lì è un grande sbaglio..

lo so anch'io.

Ma è l'unico modo per sapere, lo sento.

Giocherò in casa, sarò più forte, con un solo calcio supererò il portiere e ridurrò in mille fili la salda rete che protegge L ed i suoi segreti.

Cammino, un passo dopo l'altro e lui mi segue.

Abbiamo lo stesso passo, siamo dannati, un unico destino ci accomuna. Le nostre vite sono fili che si intrecciano e si intrecciano, senza mai

smettere un solo secondo di ingarbugliarsi, di tenersi stretti, vicini.

Lo guardo a tratti attraverso i vetri delle grandi finestre.

Mi nasconderò sempre dalle cose che amo, per paura di poterle amare ancora di più.

Ma quei fili non si legheranno mai, non si stringeranno mai definitivamente in un nodo. Basterebbe solo il lieve soffio di un bambino per far separare quei fili, basterebbero le sue piccole

mani per slegarli per sempre.

Ma dov'è quel bambino adesso? Perchè non c'è nessuno a tendermi una mano?

Apro la porta della mia camera. Quanto tempo è passato dall'ultima volta che sono stata qui? Disegni e poster attaccati alle pareti. Rappresentano tutti Sherlock Holmes. L li guarda divertito. Il

letto è ancora disfatto. Ricordo di aver pianto tanto prima di addormentarmi quella notte. L'ultima notte qui. Ero distrutta, proprio come ora.

Perchè sono così fragile? Così umana?

È questo che mi differenzia da lui. È migliore, più stabile.

Quei fili mi stanno strozzando.

Lo osservo muoversi fra le mie cose, in una maniera naturale, fin troppo naturale. Sembra conoscere ogni dettaglio di questa stanza. E solo ora riconosco le sensazioni di un tempo.

Perchè sono andata via dalla Windleton quella sera?

-Non è la prima volta che siamo qui insieme, vero?- gli chiedo, tirandogli una manica. Lui si scansa.

-No, non è la prima volta.-

Ed è una pugnalata. Sento di poter ricordare adesso, ma non voglio.. farà così male.

-Dopo ti chiederai molte cose, ma posso risponderti solo ad un quesito: ho voluto che lo scoprissi solo perchè, nonostante sia il ''più grande bugiardo sulla faccia di questa terra'' sono a favore

della verità, sono un detective e devo esserlo. Ma sono un grande bastardo, X, e non mi importa di ciò che proverai dopo, non mi importa ciò che penserai di me. Ti ho mentito. Lo faccio

sempre e continuamente. Tu non sei un'eccezione. Conoscere la verità è un tuo diritto. Per il resto è solo una questione di affari.-

E continuerò a nascondermi, temendo che i sentimenti possano corrodermi, distruggermi. Ma qui intorno non c'è nessun tronco dietro al quale poterlo fare.

Se solo potessi, taglierei mai quei fili?


 

 

 




***

Da quanto tempo carissimi!
Sono qui, non sono morta.. distrutta sì, ma morta ancora no.
Mi sto preparando agli esami e sono sfinita. :-(
Ma passiamo al new chappy:

-So che è triste.. forse troppo?
-Non so perchè,ma non mi convice.. Non vi piacerà? ç.ç
-X è distrutta e finalmente ha ammesso di tenere a lui. Pèpèpèpèpè!

Bene.. spero che mi facciate sapere se vi è piaciuto o no tramite una recensione. :-)

Ringrazio:
-Chi ha recensito il capitolo precedente:

American_Idiot


Grazie le vostre parole mi commuovono! Siete 'super special' :-D Risponderò subito alle vostre recensioni.. anzi scusate per il ritardo. ><

-A chi ha messo la storia tra le seguite, preferite, ricordate.

-A chi legge silenziosamente questa storia.

Un grande abbraccio,
Vostra,


J.

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Capitolo 14
*** Il peso dei Ricordi. ***


***
Il peso dei ricordi.

Capitolo Tredicesimo.


 

 

 

Windleton High School

11 Ottobre 1997

 


 

-E lei chi è?- chiese la ragazzina dai lunghi capelli lisci e mossi, scompigliati dall'allegra corsa fatta in compagnia della sua migliore amica dopo averla ritrovata dopo tanto.

-Oh, Lisa, lasciala perdere. Quella è del tutto matta, ma, miraccomando, non dire in giro che ho detto una cosa del genere: quella tipa è pericolosa. Se ne sta lì, sempre sola, unicamente i libri possono starle accanto e quel duo di imbecilli che frequenta questa scuola. Credimi se ti dico che uno dei motivi principali per i quali voglio lasciare questa scuola e iniziare a frequentare la Wammy's House è proprio quello di non poterla vedere più.- le rispose l'amica sottovoce mettendolesi sottobraccio.

-Non ti illudere, Jane, nella nostra scuola c'è un tipo peggiore. Immagina mangia sempre dolci e se ne va in giro costantemente con quelle mani appiccicose. Lui non ha nemmeno un duo di imbecilli che gli gironzola intorno. Che schifo! -

La dodicenne Elizabeth Adalet ascoltava con indifferenza le due bambine: i loro giudizi non la sfioravano nemmeno. La cosa più importante per lei era poter eccellere nell'intelligenza, poi se risultava simpatica o meno poco le importava. Se ne stava lì, sdraiata sull'erba con i fiori che le punzecchiavano il viso e le si intrappolavano tra i voluminosi boccoli dorati.

Si annoiava immensamente: gli esami di inizio anno non erano motivo di agitazione per lei, d'altronde gli argomenti trattati lei li conosceva almeno da sei anni prima. Temeva più per Jimmy e per Johnny, che per sè stessa.

La giovane Lizzie era, oltretutto, enormemente seccata.

'I bambocci della Wammy's House in visita! Che noia!' pensava, sospirando.

Odiava i ragazzini e quelli della Windleton erano già un bel peso da sopportare per lei.

'Proprio non ci voleva. Un po' di pace mai?'

-Lizzie, Lizzie, Lizzie!!- urlarono forte i gemelli, attraversando di corsa il ponte che si stagliava con potenza sul fiume che attraversa il grande prato della Windleton.

'Ecco appunto.' pensò seccata.

-Abbiamo una cosa meravigliosa da dirti!- annunciò Johnny, giocherellando con la camicia sudata.

-Sì meravigliosa!- ripetè in coro il più fragile fra i gemelli.

-Qualunque cosa allieti le vostre menti emancipate sappiate che non me ne importa nulla.- disse Lizzie, rivolgendo la sua attenzione al prato.

-Abbiamo superato l'esame.- urlarono in coro i gemelli.

-E cosa dovrebbe importarmene?-

-Un ragazzo della Wammy's House ci ha aiutati!-continuò Johnny, non dandosi per vinto.

-Vorrei dire che mi fa piacere, ma sapete quando odio mentirvi.- disse Lizzie, fingendo un broncio.

-Devi conoscerlo, Lizzie.- continuò Johnny.

-Non credo. È già parecchio umiliante condividere alcuni momenti della mia giornata con voi due, immagina se lo facessi con un inglese.-

-Facciamo il tocco per chi glielo dice?- propose Jimmy.

-Sì.- accettò l'altro.

E mentre i due tiravano a sorte la giovane li guardava incuriosita pensando a quanto misera era la loro intelligenza. Jimmy perse.

-Beh... Lizzie... in realtà noi gli abbiamo promesso che in cambio del suo aiuto vi avremmo fatto parlare...- farfugliò Jimmy, arrossendo sempre più.

-Voi cosa?- urlò la ragazza, preparando il pugno.

-Ciao X! È un piacere rivederti.- disse il più grande nemico della giovane alle sue spalle.

≈≈≈

-Di nuovo lui! Quel moccioso, presuntuoso, sottuttoio. Lo odio! Non posso credere che Adam lo abbia permesso! E voi due come avete potuto! Dopo che vi ho permesso di rivolgermi la parola mi pugnalate alle spalle. Oh, povera me.Tutto questo è davvero troppo! Jimmy vai a preparare del thè. Tanto thè, ne avrò bisogno.- sbraitava Lizzie in piena crisi, camminando a passo deciso avanti ed indietro nella sua grande stanza.

-Lizzie perdonaci, ma noi non ci ricordavamo nè di lui, nè della tua sconfitta.- disse Johnny, mentre suo fratello si affrettava a preparare il the.

-Sconfitta? Io non posso essere sconfitta. Quella è stata solo una macchinazione contro di me, un complotto. Devo inventare qualcosa.- ringhiò Lizzie. -Jimmy, ma questo the?-

Eppure Lizzie ricordava bene quella sconfitta. La prima sconfitta, l'unica. Ricordava tutto, tranne il nome del suo nemico. Ryuzaki aveva detto di chiamarsi, ma lei non ne era certa.

I suoi unici due amici non capirono il perchè di tanta agitazione. Quel ragazzo era strano, sì, ma non così insopportabile.

Non capivano cosa significasse per Lizzie essere inferiore a qualcuno.. e come potevano? I due contavano più sconfitte che vittorie, ma per quella ragazzina l'aver perso anni addietro contro quel bambino tanto strano era peggiore di qualsiasi guerra mondiale, di qualsiasi bomba atomica e di qualsiasi strage.


 

≈≈≈



 

Winchester.

16 Ottobre 1997


 

-Devi restare qui per tre mesi e dato che non posso sbatterti fuori a calci in culo poiché verrei espulsa stabiliremo delle regole.- disse Lizzie ad un Ryuzaki indaffarato nel mangiare un dolce alla cioccolata.

La giovane attese una risposta per un minuto circa, ma dato che questa non arrivava, non demordendo, continuò:

-La cucina è tua e puoi starci anche tutto il giorno, mentre il terzo piano è mio e ciò mi sembra giusto dato che ci vivo. Nell'ora di pranzo puoi anche frequentare la mensa, io preferisco il servizio in camera.-

-Tu hai il servizio in camera?- chiese lui, sorpreso.

-Certo! Altrimenti a cosa servirebbero Jimmy e Johnny?- rispose sincera. - Le zone est, nord e sud sono mie, mentre ti concedo generosamente la ovest. - continuò leggendo i suoi appunti. Lizzie proseguì così per un intero quarto d'ora, mentre il ragazzo continuava a scartare dolci di ogni varietà.

-Bene, in questa maniera non saremo costretti a passare del tempo insieme.- finì Lizzie. Guardò Ryuzaki che osservava non curante il lago.

-Ma mi stai ascoltando insulso ragazzino?- ruggì Lizzie infastidita.

-Ascolto solo ciò che è intelligente e quel che tu hai detto è tale?- si posò l'indice sul labbro inferiore. -No, non credo.-

-Ma allora tu vuoi davvero morire!-

-Non è nella mia lista dei desideri per questo Natale. Comunque se proprio ci tieni rispetterò i tuoi programmi.- concluse Ryuzaki.

-Bene.- disse Lizzie, sorridendo entusiasta.

La giovane gli allungò la mano e Ryuzaki gli porse la sua, dopo averla pulita sulla sua maglia bianca. Una stana scossa percorse i corpi di entrambi e Lizzie per istinto ritirò la sua mano dalla stretta. Si guardarono a lungo. Anche il ragazzo sembrò sorpreso e sul suo volto si formò un'espressione che Lizzie non aveva mai visto.

-Mi dispiace interrompere la nostra profonda conversazione, ma credo proprio che adesso debba cacciarti.- disse lui lentamente, fissandola a lungo.

-Come?- disse lei, infuriata.

-Sei nella zona est, Elizabeth.-

Lizzie girò sui tacchi e maledicendo Ryuzaki in tutti i modi possibili se ne andò.


 

≈≈≈




 

Winchester.

15 Ottobre 1997.


 

-Non avevi detto che non avresti mai frequentato la mensa? Il tuo piano è fallito, X?- chiese Ryuzaki, inzuppando il suo dolcetto nella crema calda appena servitagli.

-L'unico fallito qui è Adam. Mi ha costretta.- rispose Lizzie in uno sbuffo, rivolgendo ancora una volta un'occhiataccia al suo tutore che faceva di tutto per ignorarla.

-Mi sorprendi! Non sembri una persona che esegue gli ordini di qualsivoglia persona.- disse il giovane, marcando ogni parola. Lizzie alzò un sopracciglio.

-Infatti non è così.-

-Allora se sei venuta qui non è stato perchè il signor Windleton te l'ha imposto, ma perchè l'hai fatto di tua spontanea volontà.- ragionò L, osservando l'espressione accigliata di Lizzie.

-Non è nemmeno questa la realtà.-

-Illuminami.- la incoraggiò Ryuzaki.

-Lo faccio per convenienza. Qui ho un posto dove stare in tranquillità, ho dei servi, tantissimi libri a disposizione e mi basta uno schiocco di dita per riceverne degli altri, ho tantissime ragazzine da torturare e tanti bambini da spaventare e poi..- iniziò Lizzie, guardando il suo dessert.

-..e poi non sei sola.- terminò il giovane.

La giovane strinse forte la mano intorno alla forchetta.

Come osava guardare dentro di lei?

Come poteva farla sentire così nuda?

-Voglio solo divertirmi, fine della storia. Non cercare qualcosa che non c'è. In me non c'è del bene!-

Ed ancora una volta Lizzie scappò, infrangendo le regole di Adam, percorrendo i lunghi corridoi del collegio e rifiugiandosi in camera sua, al sicuro, proteggendosi da quel mondo che tanto la terrorizzava, fuggendo da quel giovane che riusciva a leggerle l'animo e a proteggere quella ferita che la trafiggeva. Pensò a suo fratello, alle sue membra sparse sull'asfalto e a quanto fosse bello stare lontana dalla sua famiglia.





≈≈≈







Winchester.

26 Ottobre 1997.


Gli ospiti e gli studenti della Windlenton High School erano tutti riuniti intorno al grande televisore situato nella sala centrale.

A richiamare l'attenzione di tutti gli studenti era il secondo discorso in diretta di quello che un giorno sarebbe diventato il detective del secolo.

Lizzie giunse nella sala pochi secondi dopo l'inizio del discorso e si affrettò a raggiungere il divano centrale. Con un sol gesto fece spostare i poveri studenti che vi erano seduti e con accanto Jimmy e Johnny iniziò ad ascoltare attentamente la tv, mentre, l'autore del discorso si trovava in un angolo della stanza, in disparte ad osservarla, non sapendo, che quella stessa giovane, molti anni dopo sarebbe diventata la sua più acerrima rivale.

Il filmato durò pochi minuti e finito questo la grande sala iniziò a svuotarsi velocemente.

Lizzie sedeva ancora sul divano, elegante e composta nella sua uniforme, forse troppo grande per un corpo minuto come il suo. Adam le si avvicinò piano, le posò una mano sulla spalla e le sussurrò:

-L è il tuo rivale, Elizabeth. Tu dovrai essere migliore di lui o tutti i miei sforzi saranno inutili. Presto sarai pronta.-

Lizzie non disse nulla, continuò ad osservare la televisione, ormai spenta, inconsapevole del fatto che L era più vicino di quanto mai potesse immaginare, solo pochi passi tra loro.


 

≈≈≈






Winchester.

20 Novembre 1997.



Lizzie camminava a passo svelto nel prato del suo collegio, a seguirla c'era un ragazzino con le spalle curve ed espressione assente.

-Ma come fai ad essere così costantemente seccante?- urlò la ragazzina, voltandosi all'improvviso e serrando i pugni.

-So essere molte cose, Elizabeth.- disse solo Ryuzaki, portandosi l'indice alle labbra.

-Allora potresti essere invisibile? Te ne sarei grata.-

E lui continuò a seguirla, ad un passo di distanza. Il ragazzo pensò che se avesse voluto avrebbe potuto sfiorare il lembo della sua gonna a scacchi che si muoveva a ritmo del vento.

-Non puoi evitarmi per sempre.- disse il giovane.

-Peccato, era tra i miei propositi per l'anno nuovo.- continuando a camminargli innanzi a passo svelto.

-Era solo un test, Elizabeth.- disse lui, toccandosi i folti capelli neri.

-Già, uno stupido ed inutile test. Non darti arie ho solo voluto farti vincere.- sbuffò Lizzie. -Ma perchè ti ostini a chiamarmi Elizabeth?- disse voltandosi e ritrovandosi il ragazzo ad un dito dal suo naso. Doveva alzare la testa per guardarlo in viso, nonostante la sua strana posizione.

-E perchè diamine di motivo vuoi parlare con una tipa 'acida e crudele' come me?- continuò lei.

-Questo è quello che gli altri dicono di te, Lizzie. Io non sono come gli altri. Diciamo che sono speciale, sì, in effetti, lo sono. Io so che non sei acida. La tua è solo dolcezza andata a male. Lo si capisce da quegli occhi ingenui, un po' troppo teneri, che non riflettono per niente le tue parole amare. Vuoi sembrare marcia per non far scorgere la bontà che hai dentro.- disse Ryuzaki, guardandola intensamente.

Lizzie rimase a lungo in silenzio, riflettendo, spiazzata.

-Ma dimmi vuoi un pugno?- riuscì solo a dire in sua difesa.

-Potrebbe essere, ma sappi che sono piuttosto forte.- rispose lui, divertito.

-Non seguirmi. Non parlarmi. Mai più.-

 

≈≈≈





Winchester.

25 Dicembre 1997.



-Non hai mai desiderato essere libera, Elizabeth? Di camminare con intorno tanta gente, sentire gli aromi della città. Non hai mai desiderato vedere com'è il mondo oltre quel cancello?- disse Ryuzaki, seduto nella sua strana posizione sul prato ad una Lizzie impegnata nella lettura di un libro.

-Mai.- rispose solo la giovane.

-Io sì, sempre.- insistettè il giovane, guardando il cielo notturno.

-è per questo che parli con me?- chiese lei dopo un po' di minuti.

-No, quella è una questione ben diversa.-

-E allora perchè?-

-Perchè non dovrei farlo?-

-Beh, ho una lista piena di motivi:

A: non mi interessa nulla di quello che dici;

B: sei nella zona est;

C: sei un mio rivale e ti detesto;

D: c'è un cielo colmo di stelle ed io adoro le stelle. Non voglio essere disturbata.;

E: è Natale e c'è una festa nella sala principale dove servono un sacco di leccornie. Va a divertirti.- elencò Lizzie, sorridendo appena.

Ryuzaki sorrise di rimando.

-Eppure continuo a farlo.. chiamala insistenza.- disse il giovane.

-Insistenza? Avrei scelto masochismo. È più adatto.-

Entrambi risero.

-In realtà sei l'unica con cui lo faccio. Gli altri mi giudicano perchè sono strano, ed anche tu lo fai, però, tu giudichi tutti e ciò vuol dire che mi tratti a pari merito degli altri, ma,d'altra parte, mi consideri una minaccia. Tutti alla Wammy's House ogni volta che,per sbaglio, mi rivolgono la parola cercano di utilizzare termini e discorsi intelligenti, tu, invece, no perchè ti reputi superiore a prescindere. E sei sola, emarginata, allontanata, giudicata, come me, solo che io non ho paura a dirlo. Non mi fai sentire solo, diverso.- spiegò Ryuzaki.

-Io ho perso mio fratello molti anni fa. Per sbaglio, per sfortuna, ma lui è morto ed io ne ho sofferto, molto, troppo. E quando Adam mi ha proposto di scappare dalla mia famiglia, dal dolore ho accettato, senza alcun rimpianto. È per questo che non amo, che non provo affetto. Non perchè non ci riesco, ma perchè non voglio. Amare vuol dire soffrire, essere deboli ed io non sono debole, non più e mai più lo sarò.-

-Ti capisco.- disse solo Ryuzaki, che per quanto inesperto fosse nelle relazioni umane capì che in quel momento l'unica cosa da fare era mantenere il silenzio.

-Non dire idiozie.. come potresti capire?- chiese Lizzie, chiudendo il libro e sporgendosi sui gomiti per guardare Ryuzaki in viso.

-Almeno tu sai come sei finita qui. Sei stata tu a sceglierlo.-

-Oh Dio, quasi mi fai pena.- disse Lizzie, sprezzante.

-È un buon inizio: la pena è un emozione. Vedi ti fa bene stare in mia compagnia.- iniziò Ryuzaki, scartando una caramella. -Dovremmo conoscerci meglio. A chi hai dato il tuo primo bacio?-

-Cerchi di fare del sarcasmo? Non ti riesce sai? E no, non sorridere ti si forma una brutta piega tra le sopracciglia e non sei per niente carino.-

Lizzie sorrise, pensando che per la prima volta, dopo molti anni, aveva ricevuto un regalo per Natale: un amico.





≈≈≈






Winchester.

31 Dicembre 1997.



-Cosa ne pensi di L?- chiese un Ryuzaki in partenza alla sua 'quasi' amica.

-Che è un pomposo idiota e che tra pochi anni piangerà innanzi alla mia vittoria.- rispose Lizzie, percorrendo il prato della Windlenton,

raggiungendo l'auto che avrebbe riportato Ryuzaki alla Wammy's House.

-Ah, ma davvero?-

-Non ci credi? Scommettiamo?-

-Sicura di voler scommettere con me? Sai bene che quando vincerò verrò a riscuotere il mio premio.- rispose Ryuzaki.

-Mi hai battuta troppe volte, ma ho imparato, grazie alla mia grande maturità, che non è importante vincere le battaglie, ma la guerra.-

continuò Lizzie, una volta raggiunta l'auto. -Ed io non mi accontento dell'argento delle medaglie, io voglio l'oro, L.- concluse la giovane,

guardando l'altro con un sorriso soddisfatto e minaccioso.

-Avevo intuito che lo sapessi.- rispose Ryuzaki, tranquillo.

-Anche degli idioti come Jimmy e Johnny lo avrebbero capito.-

-Ci rincontreremo, X, presto.- iniziò Ryuzaki.

-Sul campo di battaglia.- ribattè Lizzie.

-Per il gran finale.-

-Spero di non mancarti tanto.- sorrise maligna, X.

-Non c'è di che preoccuparsi.- concluse L, salendo in macchina.

L'auto presto partì e Lizzie la seguì con lo sguardo, a lungo, dicendo solo un: -Adieu!-

-Se non ti conoscessi direi che ti piaccia sul serio quel Ryuzaki.- osò Jimmy, affiancando la sua superba amica.

-E ringraziamo il cielo che, invece, mi conosci.- disse Lizzie, sorridendo appena e preparandosi a quello che sarebbe stato l'incontro del

secolo.










***
Hola a todo!

Bien, mi scuso per la mia lunghissima assenza, ma tra gli esami e i test per entrare in medicina non ho avuto un attimo per dedicarmi alla

scrittura.

Ho pubblicato altre due storie originale, una one ed una invece con più capitoli, ma solo perchè le avevo scritte in passato, quindi non temete:

QUESTA STORIA NON VERRà LASCIATA INCOMPLETA!

Ringrazio chi ha recensito il mio ultimo capitolo: 



HalfBrainGirl
una nuova recensitrice (che forse neanche esiste come termine xD). Beh, che dire, grazie, grazie e grazie. Come vedi non hai atteso a

lungo per questo tredicesimo e nuovo capitolo. Un bacio e risentirci presto.


ChockyLawliet
Ormai veterana su questa fanfiction e mia affezzionata lettrice. Grazie per seguirmi ancora dopo tutto questo tempo. Grazie dei

consigli, delle parole, delle emozioni e di tutto. Un bacione.


ShellyHolmes
Mia grande amica nella vita oltre che sul social che si è finalmente decisa a leggere la mia fanfiction dal tema da lei tanto odiato.

Beh, si può capire: le ho fatto una testa così con L. Dovete sapere che io nella vita reale sono realmente innamorata di lui! Ahahahah


Concludo qui lasciando a voi la parola su questo capitolo dedicato al passato.

Spero che molte cose ora siano più chiare e spero che altrettante altre adesso siano ancora più confuse.

Un bacio e a presto.

Per sempre vostra,

 

J
 

Orsù che aspettate? Recensite, mi

farete felice <3

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