La fine del mondo...

di SaraRocker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine del mondo... ***
Capitolo 2: *** La fine del mondo... I ***
Capitolo 3: *** La fine del mondo... II ***
Capitolo 4: *** La fine del mondo... III ***
Capitolo 5: *** La fine del mondo... IV ***
Capitolo 6: *** La fine del mondo... V ***
Capitolo 7: *** La fine del mondo... VI ***
Capitolo 8: *** La fine del mondo... VII ***
Capitolo 9: *** La fine del mondo... VIII ***
Capitolo 10: *** La fine del mondo... IX ***
Capitolo 11: *** La fine del mondo... X ***
Capitolo 12: *** La fine del mondo... XI ***
Capitolo 13: *** La fine del mondo... XII ***
Capitolo 14: *** La fine del mondo... XIII ***
Capitolo 15: *** La fine del mondo... XIV ***
Capitolo 16: *** La fine del mondo... XV ***
Capitolo 17: *** La fine del mondo... XVI ***
Capitolo 18: *** La fine del mondo... XVII ***
Capitolo 19: *** La fine del mondo... XVIII ***
Capitolo 20: *** La fine del mondo... XX ***
Capitolo 21: *** La fine del mondo... XXI ***
Capitolo 22: *** La fine del mondo... XXII ***
Capitolo 23: *** La fine del mondo... XXIII ***
Capitolo 24: *** La fine del mondo... XIV ***
Capitolo 25: *** La soglia... ***
Capitolo 26: *** La rinascita (+ Epilogo) FINE ***



Capitolo 1
*** La fine del mondo... ***


- La Fine Del Mondo... -

Ecco una nuova storia!!! *o*
L'ispirazione sembra non volersi fermare :DD E spero sia una cosa buona (?) ^_^ x''D
spero verrà seguita da qualcuno e che vi piaccia, allora, il capitolo spero vi piaccia anche se siamo ancora al primo :33 vi avviso che la storia passerà da momenti drammatici a momenti d'azione a momenti romanticissimi! :')
Beh, che dire?
Vi auguro una buona lettura e recensite ♥!


21/12/12, 12:45, Toronto-Canada.
 
Sono giorni, settimane, mesi, anni che non si faceva altro che parlare di un giorno preannunciato da una civiltà scomparsa. Il giorno del giudizio. 
La fine del mondo.
 
E' stato preannunciato più di 2000 anni orsono. 
Ed ognuno, come per ogni cosa, aveva il proprio modo di vedere la situazione.
C'erano i credenti, i malfidati, gli ingenui, gli scettici, gli ignoranti e i più diffusi, i menzonieri.
 
 
Avevano approfittato in ogni modo della situazione che si era andata a creare nei due anni precedenti a quel giorno: soprattutto in modo commerciale. 
C'era chi aveva istituito stupidi campi di sopravvivenza, chi aveva venduto bunker e cose varie...
 
Stupidi.
Quel giorno era come gli altri, pensò Duncan mentre andava nell'edificio che si era programmato di rapinare.
Era appena maggiorenne, ma aveva alle spalle un'ammirevole carriera di ladro. Era stato in riformatorio parecchie volte, ma nulla di particolare. Ne era sempre uscito.
 
Quel giorno aveva deciso di divertirsi... Sarebbe andato a rapinare una stazione radiofonica. A molti sembrava un'idea stupida, ma la verità era che quello era il luogo migliore per una rapina perfetta: nel caso fosse stato visto, tutte le stanze erano insonorizzate a causa dei vari programmi radiofonici trasmessi, oltretutto sapeva che nell'ufficio del coordinatore c'era anche la cassa forte.
 
Sorrise.
 
La fine del mondo non esisteva. Ma ovviamente gli esseri umani sono nati per porsi inutili congetture- riflettè mentre camminava -perciò ci sarà certamente qualcuno terrorizzato rinchiuso in casa.
 
Arrivò ai piedi dell'edificio.
Entrò.
Anche se le stanze erano insonorizzate, non c'era comunque tempo per essere pigri o tintinnare inutilmente. Doveva muoversi, infondo i segretari e gli stagisti passavano da una stanza all'altra continuamente.
Camminò a grandi falcate fino alla prima rampa di scale, arrivò così immediatamente al primo piano.
-un gioco da ragazzi- pensò mentre continuava a camminare imperterrito verso la meta che si era prefissato.
 
Superò altri scalini, ritrovandosi così al piano successivo.
Sentì un campanello provenire dall'ascensore. Qualcuno era arrivato in quel piano e lo avrebbe visto certamente.
L'unica possibilità era fare in modo che la persona non ne uscisse, e ciò significava che lui doveva entrare. Si posizionò quindi di fronte quelle porte, per poi entrare non appena si aprirono. 
Si ritrovò di fronte una ragazza magra, non molto alta che portava tra le mani un caffè.
 
Lei era stata colta dal panico. Un ragazzo con indosso un passamontagna si era catapultato nell'ascensore in modo da fermarla.
Senza rifletterci usò il caffè come difesa, lanciandolo contro il viso del ragazzo, il quale aveva però ormai premuto un tasto, così da fare richiudere le porte e fare ripartire la macchina.
 
"Stronza!" imprecò strofinandosi le mani sul viso bruciato dal caffè.
Si tolse il passamontagna che gli copriva il volto e si specchiò su una parete dell'ascensore più lucida delle altre. Era leggermente arrossito ma nulla di grave "Stupida ma sei-" disse voltandosi, ma la ragazza era come sparita.
 
Alzò lo sguardo e la vide intenta a raggiungere il tettuccio così da finire fuori da quella gabbia a 4 mura. Aveva frainteso tutto.
Lui era un ladro, ma non le avrebbe mai fatto del male.
"Ehy! Smettila! Così ti ferirai! Avanti! Non volevo farti nulla!" urlò mentre a causa dell'apertura provocata da lei ora si sentiva il rumore dei cavi in movimento.
"Ah no?" urlò anche la ragazza ironica riuscendo ad uscire. Si aggrappò al filo di titanio che permetteva all'ascensore di passare da un piano all'altro "Non mi sembrava! Mi sei saltato addosso con un passamontagna in faccia!"
"Hai frainteso! Ora scendi! Sei solo una..." la guardò un attimo. Era solo una ragazzina. Probabilmente della sua età, molto giovane.
"Solo una cosa? Donna? Se non sbaglio tu sei un uomo e ti sei fatto ferire dal mio caffè!" scherzò lei anche se leggermente preoccupata di poter esagerare.
"Ah ah ah ah... Molto divertente! Non ti hanno insegnato che è maledicazione tirare la roba bollente in faccia agli altri?" disse ironico lui mente si aggrappava al tettuccio in modo da riuscire e raggiungerla per poterla riportare giù, dentro l'ascensore.
"Che fai? Stammi lontano maledetto!! Non toccarmi!" disse la ragazza nuovamente colta dal terrore.
"Non ti farò niente, ma se non ti muovi a scendere, dovrò riportarti giù io! Ero venuto per fare una rapina non un omicidio!" disse Duncan aggrappandosi alla corda metallica in modo da potersi tirare su con l'aiuto delle braccia, poi... L'ascensore si fermò d'improvviso.
 
La luce saltò.
 
Doveva esserci stato un calo di tensione, pensò al ragazza sapendo del grande consumo di energia da parte della stazione radiofonica.
 
Duncan lasciò la fune facendosi di nuovo cadere dentro. 
Iniziò a forzare le porte.
Fortunatamente erano abbastanza vicini a un piano. Con un piccolo salto potevano uscirne "Ehy! Tu! Vieni! Se vuoi uscire!"
"C-Cosa? Hai forzato le porte? Ma sarà stato un semplice calo di tensione!  E poi... I-Io non mi fido di te!"
"Benissimo! Addio allora!" disse Duncan uscendo.
 
Aveva capito bene, che ormai la per la rapina era troppo tardi, iniziò quindi a correre verso l'uscita. Era circa al 4 piano.
 
La ragazza aspettò che lui fosse sparito dalla sua visuale per saltare fuori dalla cabina e dirigersi verso una qualsiasi stanza per informare qualcuno del ladro "Ehy! Presto! Dobbiamo chiamare la polizia c'è un ladro che...." si fermò vedendo la scena che le si riproponeva davanti agli occhi.
 
Dopo pochi secondi tornò la luce. Forse la ragazzina aveva ragione-pensò Duncan mentre conitnuava a correre, era quasi uscito e non aveva incontrato "intoppi", quando sentì un urlo.
 
Riconobbe la voce della ragazza di prima...
Forse era caduta. Forse non era riuscita a saltare ed era precipitata di sotto... Stava di fatto che non poteva lasciarla così. si voltò per poi tornare al piano dove aveva la aveva lasciata.
 
Lei non era nell'ascensore. Era uscita.
 
Poi vide una porta aperta. Entrò, era lì "Ehy, ti ho sentita urlare e..." poi lo vide anche lui.
Tutte le persone in quella stanza erano distese a terra prive di sensi... Morte?
 
La ragazza si stringeva le braccia come ad autoconsolarsi... Guardò il ragazzo. Era stato lui?
L'idea scomparve subito nel vedere sul suo viso un misto tra sorpresa, paura e orrore. 
 
"Sono ...."
"Non so..." disse lui capendo cosa voleva sapere. 
Lei si avvicinò ad un uomo sdraiato a pancia in giù. Lo scossò leggermente. 
Nulla.
Lo voltò.
Nessun segno di ferita...
Ma sembrava davvero morto.
"Prima non erano così... Stavano bene" disse lei rialzandosi inorridita.
 
Duncan non capiva.
Il concetto di morte non lo aveva mai accettato.
Dalla morte di sua madre lo riteneva surreale e ingiusto... Ma purtroppo era vero.
Quindi chi era lui tra quelli di prima?
Non era un credente.
Non era malfidato.
Non era ingenuo.
Non era ignorante.
Non era scettico.
Lui... Lui era un menzoniere.
Lui non ci aveva creduto perchè non voleva credere nella morte. Nella cosa più naturale al mondo. Non voleva accettarla.
Lui rimaneva bloccato lì, mentre la ragazza usciva dalla stanza per dirigersi in un'altra, nella quale, le si ripropose di fronte agli occhi la medesima scena. Erano tutti a terra.
 
Dopo qualche secondo la raggiunse anche Duncan, che vedendo la stessa cosa lì, ancdò a cercare nelle altre, ma non c'era nulla da fare. In ogni stanza, c'erano corpi stesi a terra privi di vita... Nessuna traccia di sangue. Nessuna ferita, solo morti.
 
I due iniziarono a sentirsi sempre più agitati, mentre un totale senso di ansia e confusione colpiva vivacemente lei al petto.
Cos'era successo?
 
Senza nemmeno rendersene conto, Duncan iniziò ad aumentare il passo dirigendosi verso la porta d'uscita, colto da un orribile presentimento.
Lei, intanto cercava ostinata e piangendo una stanza con una diversa scena, ma invece era tutto uguale: desolazione, morte e vuoto.
 
Il ragazzo arrivò in strada. 
 
Aveva ragione.
 
Corpi erano sparsi a terra ovunque. Le strade pregne di auto incidentate tra loro con automobilisti inanimati al volante. 
Sulle strisce pedonali decine di persone cadute.
Sui marciapiedi la medesima cosa.
Nessuna distinzione: donne, uomini, anziani, giovani... Tutti.
E come nell'edificio di prima, niente sangue.
 
Era come trovarsi di fronte ad un testimone di morte... 
La città di Toronto era coperta di corpi inanimi difronte ai suoi occhi. 
 
La ragazza non aveva trovato alcuna stanza con qualcuno in "vita". Si accasciò contro una parete.
Era orribile. Non capiva. Non era possibile. 
Cosa poteva essere successo?
Prese un respiro... 
Ed un orribile dubbio l'assalì. Lo stesso che aveva assalito lui poco prima. Iniziò a correre verso l'uscita e quando arrivò in strada vide come prima cosa di fronte a sè tre  auto incidentate che la colsero all'improvviso, poi lentamente si rese conto di ciò che c'era davvero. La medesima situazione che aveva visto negli uffici le si riproponeva in strada.
Una distesa di cadaveri.
 
Poi vide di fronte a lei quel ragazzo di poco prima paralizzato.
 
Lei era terrorizzata. Non era possibile. Era decisamente illogico. Incomprensibile. Inaccettabile. 
Lui si voltò avendo avvertito dei passi.
La ragazza era dietro di lui spaventata. Stava piangendo. Le si avvicinò sentendosi di necessitare di una presenza reale.
"Cos'è successo?" sussurrò lei non appena lui le fu più vicino.
"Non ne ho idea... E' come se l'intera città fosse... Morta"
Iniziò a riflettere. No. "No!"
Si voltò per poi iniziare a correre. Non tutti... Non poteva essere vero.
Il ragazzo la seguì.
 
A pochi metri c'era casa sua. C'era sua madre... C'era suo padre... Non potevano essere morti.
Entrò.
"M-Mamma?" chiese con voce tremolante mentre ripercorreva quel corridoio a lei tanto familiare che portava alla cucina... Sua madre a quell'ora doveva essere a tavola insieme al padre...
Nessuna risposta.
"P-Papà...?"
Nulla.
Arrivò nella stanza. 
Si tappò la bocca con una mano per evitare di urlare mentre iniziavano a grondare sempre più forti le lacrime... "N-No!"
Suo padre era seduto su una sedia con il volto poggiato sul tavolo e gli occhi aperti. Sua madre era a terra.
 
La ragazza si catapultò sui due corpi "No!"
Arrivò anche Duncan. 
Quelli che aveva capito essere i genitori di lei erano nello stesso stato dell'intera città.
"No... No, no, no, no!" continuava a ripetere istericamente lei mentre accarezzava il volto della madre.
 
I fornelli erano ancora accesi. La tavola apparecchiata.
Duncan guardò la scena... La capiva. Lui... Lui aveva perso sua madre due anni prima. E l'aveva trovata lui stesso... Voleva dire qualcosa, ma proprio perchè c'era passato anche lui, sapeva che non c'era nulla da dire.
 
Ma quella situazione, era davvero troppo strana.
Che in tutta la città solo loro due fossero sani e salvi. Cosa poteva essere successo?
Si incamminò per la casa alla ricerca di un televisore.
Appena ne trovò uno lo accese.
Nulla.
Non appariva nulla. Nessun programma.
Non potevano perciò sapere quale fosse realmente la situazione.
 
Tornò verso la cucina per raggiungere la ragazza, e si trovò casualmente a osservare un calendario.
No. Non era possibile.
"La fine del mondo? No... Ma è... Impossibile..." sussurrò lui riflettendo tra sè e sè. il 21 dicembre 2012 non sarebbe successo nulla, si era ripetuto ostinatamente, ed ora, si ritrovava in una città fantasma con al proprio fianco una ragazza della quale non conosceva nemmeno il nome.
 
Beh, una cosa era certa. Doveva capire di più.
 
Arrivò in cucina.
Lei si era alzata, ed ora piangeva semplicemente.
"Dobbiamo andare..."
"Cosa? I-Io nemmeno ti conosco! Perchè dovrei venire con te?" disse lei tra un pianto sommesso e l'altro.
"Io non so chi sei, ma so che questa cosa è troppo strana, e che se voglio capirci qualcosa di più, dovrò cercare... E credo che sia stupido dividersi dalla sola persona rimasta qui con me"
La ragazza non dovè riflettere a lungo per capire che lui aveva ragione... "Aspettami fuori" disse infine.
 
Lui uscì.
 
Lei prese due lenzuoli, per poi coprirco i genitori "Addio mamma, papà..." sussurrò infine dando loro un bacio sulla fronte... Non capiva.
Non lo accettava.
 
Uscì e trovò il ragazzo fuori ad aspettarla.
"Dove andiamo?"
"Non so... Credo sarebbe bene fare un giro della città per vedere se sono tutti...."
"Ok, ho capito." disse secca lei. "Comunque io sono Gwen"
"Io Duncan"
 
Il ragazzo si guardò intorno finchè non vide un'auto della polizia parcheggiata poco distante. La raggiunsero e dopo avere posato i corpi dei poliziotti fuori ed avergli preso le die armi ci salirono.
"Tieni, non si sa mai" disse Duncan porgendo a Gwen una delle pistole.
La ragazza era inorridita da quei gesti che lui compiva con tanta tranquillità... Era troppo scossa per accettarli "I-Io non la voglio"
"Per favore.... Prendila" insistette lui iniziando a guidare.
Lei la afferrò ad occhi chiusi per poi intascarla.
 
Duncan teneva le mani sul volante stringendole in modo soffocante. Cercava di non mostrarsi agitato o spaventato, ma era quantomeno impossibile mantenere la calma in una situazione simile... Si sentiva in dovere di non aggravare la situazione di lei... Già troppo scossa per i genitori.
 
Erano ormai parecchi minuti che giravano alla ricerca di un segno di vita, ma sembrava inutile. Nessuno si era mosso da quella strada.
Sospirò.
Forse era meglio fermarsi a mangiare. 
Arrivò di fronte ad un super market.
Fermò l'auto in mezzo alla strada non curandosi del parcheggio.
"Cosa fai?" chiese lei presa dall'ansia
"Non c'è niente qui... E' meglio provare a riposare..." disse Duncan, confuso lui stesso sul da farsi.
Gwen non ribattè. 
Lo seguì semplicemente.
 
La porta si aprì automaticamente grazia alla fotocellula. 
Lui prese un sacchetto di patatine e iniziò a mangiare... Lei non prese nulla. Si limitò a sedersi a terra frastornata... "Come è possibile?" sussurrò infine ponendosi la domanda a se stessa senza nemmeno rendersi conto di avere parlato
"E'... La fine del mondo forse... I-Io... Non so..." disse Duncan sedendosi vicino a  lei.
"Dannazione! COME FAI? COME PUOI STARE CALMO?? SONO TUTTI MORTI! TUTTI!" esplose lei alla fine dopo essersi tenuta segrete troppe emozioni.
"Io non sono affatto calmo. Io sono il primo in questo mondo ad essere terrorizzato dal concetto di morte... Come potrei essere calmo?" iniziò a dire lui scuotendo la testa "I-Io ho paura. Sono terrorizzato. Non capisco. Sono spaventato da ciò che non può essere capito... Da ciò che non si spiega... E la fine del mondo... Come si spiega?" chiese infine voltandosi verso di lei piangendo "Perchè qualcuno dovrebbe morire? Chi lo meriterebbe??" chiese disperato.
 
"Nessuno... Nessuno lo merita..." sussurrò lei con le lacrime agli occhi.
 
Non ce l'aveva fatta. Non era riuscito a mantenere la calma. Si era mostrato per ciò che era: un debole.
Forse l'aveva agitata ancora di più... Ma non era riuscito a mantere il silenzio.
 
"Mi dispiace... Non sono riuscito a mantenere la calma... I-Io... Ti volevo aiutare invece... Sono solo un debole! Scusa..."
"no! Tu... Tu non sei un debole. Se non ci fossi stato tu, forse io ora... Mi sarei... Mi sarei tolta la vita... Invece... Non l'ho fatto" confessò Gwen. Era vero. Ci aveva riflettuto sul farlo. Aveva pensato di lasciare quel ragazzo fuori da casa sua mentre lei si tagliava la gola con un coltello, ma poi, si era detta che avrebbe solo commesso un errore imperdonabile. Rinunciare all'ultima cosa donatagliale dai suoi genitori. Non poteva. 
 
"Credi sia davvero la fine del mondo?" chiese infine lei.
"C'era stato preannunciato, no?"
"Quindi credi sia così..." continuò Gwen graffiando spasmodicamente il pavimento.
"Io non credo in niente"


...to be continued

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Capitolo 2
*** La fine del mondo... I ***


La Fine Del Mondo... I

Ciaoooo! Siamo già al secondo capitolo :'') beh, che dire, spero vi piaccia ^_^ tra poco inizieranno a succedere tante cose :D
Voglio ringraziare Lady LaLa per la sua recensione (la prima ricevuta su questa storia :''3)
Non so che altro dire quindi ciaoooo! x''D


"Credi sia davvero la fine del mondo?" chiese infine lei.
"C'era stato preannunciato, no?"
"Quindi credi sia così..." continuò Gwen graffiando spasmodicamente il pavimento.
"Io non credo in niente"
 
Duncan andò e prendere qualcosa da bere per Gwen, la quale aveva visto parecchio scossa dall'accaduto. Non si era azzardato a chiederle troppo non conoscendola e non sapendo fin dove potesse spingersi, si era dunque indaffarato a trovare una bottiglia d'acqua fredda non appena aveva visto le sue lacrime iniziare a farsi più rade.
"Ecco" disse porgendole la bottiglietta.
"Grazie..." fece lei per poi prendere un sorso. Dopo essersi asciugata le labbra intervenì nuovamente "Cosa facciamo ora?"
"Mh?"
"Toronto hai detto che è deserta e-"
"La zona che abbiamo perlustrato lo era. I-Io non mi arrendo. Non posso credere che siamo veramente solo noi"
Lei annuì "E dove dormiamo?"
"Direi che per stanotte possiamo stare anche qui... Infondo c'è riscaldamento e ho visto un reparto per il campeggio, dovrebbero esserci dei sacchi a pelo..."
"Ok... Sì, va bene" e che altro poteva dire? Lui sembrava cavarsela bene... Anche se le aveva confessato la sua paura, continuava ad affrontare ciò che gli si poneva davanti e doveva ammettere che almeno quel lato del ragazzo la tranquillizzava un poco... Anche se ancora non si fidava realmente di lui, ma non aveva da preoccuparsi , infondo aveva un'arma. In ogni caso sarebbe riuscita a difendersi anche se Duncan si fosse dimostrato un nemico. Ma doveva ammettere che non lo credeva un traditore. Non dopo come si era preoccupato di salvarla persino nell'ascensore.
Sospirò "Andiamo a prendere la roba per dormire?" disse lei notando che fuori iniziava a farsi scuro.
Lui annuì.
Prepararono in un angolo un paio di sacchi e pelo. Gwen si sdraiò capendo di essere totalmente stremata per il giorno passato, mentre Duncan prese altri due sacchi a pelo per poi allontanarsi verso l'auto.
Gwen avvertendo i suoi passi andarsene si alzò di scatto per poi raggiungerlo, colta dal terrore che lui stesse fuggendo  senza di lei.
Corse a cercarlo per il negozio, ma non lo trovava da nessuna parte.
Non poteva averla abbandonata... Non che lei non sapesse cavarsela, ma il rimanere da sola per un tempo sconosciuto avrebbe disorientato chiunque. Perchè doveva ammettere che a confronto con il ragazzo, lei non era così certa di trovare altre persone in vita. Non sapeva nulla, quindi non aveva nemmeno nulla in cui sperare, si era detta... In effetti era molto pessimista, ma non riusciva a fare altrimenti.
 
Si fermò sbattendo contro il petto di Duncan, che vedendola correre si sorprese moltissimo "Cosa fai Gwen? Non stavi dormendo?"
"No! Tu volevi andartene! Volevi abbandonarmi, vero? Ammettilo! Ti ho sentito allontanarti!" farfugliò lei frettolosamente in ansia.
"Ho preso due nuovi sacchi a pelo per noi due e li ho portati in macchina nel caso in futuro dovessimo fermarci in una zona desolata come un deserto!" ammise Duncan totalmente sincero. Lei credeva davvero l'avrebbe mai lasciata sola? In una situazione simile? 
Vedendo che non si calmava, sussurrò "Ascoltami, Ti prometto, no, ti giuro, che non ti lascierò mai sola! Non me ne andrò mai, ok? Finchè questa storia non sarà chiarita rimarremo uniti... So che è difficile... Visto che ci siamo appena conosciuti, ma devi fidarti di me... Te lo giuro!"
Lei ascoltò quelle parole perfettamente, e quasi fossero un ancora di salvezza per la sua mente, ci si aggrappò con tutta l'anima "O-Ok..." disse infine nascondendo il viso contro il suo petto.
"Ora torniamo di là, ok?" disse lui riferendosi a dove si volevano sistemare per la notte.
Lei annuì.
 
Gwen si addormentò quasi subito, mentre Duncan, rimase a riflettere molte ore su cosa potere davvero fare.
Il giorno dopo sarebbero ripartiti in auto ed avrebbero perlustrato Toronto. Avrebbero caricato in macchina un po' di provviste e poi sarebbero partiti immediatamente.
Non c'era tempo da perdere. 
Rimanere con le mani in mano li avrebbe solo rallentati inutilmente.
Era certo che non ci fossero solo loro. Certissimo. 
 
Si strofinò il viso stanco con le mani, poi si voltò verso il viso di lei.
Stava dormendo.
Era veramente carina... Bellissima.
Pelle nivea, magra, gambe dritte, capelli corti neri con qualche meches verde. 
Sorrise.
 
Era preoccupato per lei. 
La conosceva appena ma era terrorizzato.
Aveva notato il suo repentino cambiamento di carattere. E lo si poteva capire.
Ma in quel momento, si chiedeva se sarebbe rimasta così a lungo. In quello stato di insicurezza e paura per molto.
L'aveva vista così spavalda durante il loro incontro in ascensore, che pochi minuti prima, quando l'aveva vista piangere contro il suo petto, non poteva credere di essere con la stessa ragazza.
Sospirò.
Quale delle due era la vera Gwen?
Sperava vivamente la prima... Perchè nel caso non fosse stato così, se a lui fosse successo qualcosa, come se la sarebbe cavata una ragazza fragile e così scossa da sola?
 
Ma probabilmente, stava così per ciò che era successo. Infondo era appena stata testimone di orribili eventi.
Sì, Probabilmente era così.
Sospirò.
"Lo spero..."
 
La mattina, Duncan si svegliò presto, dopo nemmeno 3 ore di sonno. 
Pensò di fare dormire ancora un po' Gwen, nel frattempo lui avrebbe fatto scorte di vestiti.
Prese qualche felpa e dei jeans.
Una s da ragazza per lei e una m maschile per lui.
Mise tutto in macchina, poi raggiunse lei... "Gwen? Svegliati"
"Mh?" disse lei aprendo lentamente gli occhi "D-Duncan..."
Lui sorrise "Dobbiamo andare, sono le 8:00, dobbiamo finire di cercare in città"
Lei sospirò. Aveva sognato che nulla era ami successo. Che Toronto era come sempre e che i suoi erano sani e salvi... Poi, aveva visto Duncan di fronte ai suoi occhi e si era resa conto, di come in realtà stavano davvero le cose. Ma non poteva piangere. Non più.
 
La sera precedente, prima di addormentarsi, si era detta quento fosse inutile. Infondo lei era sempre stata una ragazza forte e sicura di sè. Doveva cercare di superare anche un ostacolo tanto insormontabile, come aveva fatto lui. Duncan.
 
Aveva perciò agguantato la pistola e l'aveva riposta in una fondina con cintura che aveva trovato nel negozio.
Duncan invece ripose la propria in una tasca interna del suo giubbotto di pelle.
 
Salirono in auto e partirono. Setacciarono innanzi tutto i confini cittadini fino ad arrivare sempre più nell'interno, ma ovunque andassero, lo spettacolo non cambiava.
Nessuno dei due si era ancora abituato in una simile distesa di corpi a terra. E probabilmente nessuno ci si sarebbe mai abituato. Mai.
Erano vicini al centro, la zona commerciale più abitata e ancora non avevano trovato traccia di vita.
Arrivati in piazza si fermarono "Da qui proseguiamo a piedi, ok?" chiese Duncan siccome c'erano vicino alcune zone pedonali non raggiungibili da auto.
"Sì, va bene" disse lei ostentando sicurezza.
 
Smontarono dal veicolo.
Camminare in mezzo a quella desolazione era più lacerante di quanto entrambi potessero pensare.
Dopo una buon'ora di ricerca ancora nulla, ed avevano setacciato ovunque.
 
"Duncan..."
"Mh?" chiese lui
"E se non trovassimo nessuno? Intendo dire, e se fossimo solo noi due?"
Lui abbassò lo sguardo "Io non vivo di -se- o di -ma-" si limitò a dire.
"Ma nessuna ipotesi è mai da scartare..."
"Non lo sto facendo, ma, supponiamo che io creda che non c'è nessun altro, quando in realtà c'è... Non sarebbe un errore imperdonabile?" chiese Duncan tornando a guardarla.
Gwen iniziò a riflettere. Certo, sarebbe stato imperdonabile, ma... "Ma se invece non ci fosse nessuno? Sprecare la vita in ricerche inutili?"
"A questo punto, fare qualsiasi cosa sarebbe sprecarla, no? Cosa potrei fare se non cercare?"
Lei annuì. In effetti, non avevano alternative. Vivere una vita in un mondo desolato era davvero orribile, ma... Ma sembrava davvero impossibile perlustrare il mondo in due... No, anzì, lo era. Era impossibile.
Non c'era modo di fare sapere a tutti della loro presenza?
Sì, sì c'era! Realizzò lei guardando Duncan "Duncan! So come fare!"
"Mh?"
"Ci basterà trasmettere un programma radio! E chiunque sarà in ascolto ci sentirà! Se c'è qualcuno, ci troverà! Dobbiamo solo tornare alla stazione di toronto!" disse Gwen eccitata dalla brillante idea.
"E perchè proprio per radio?" chiede Duncan curioso "Infondo, potremmo trasmettere da una rete televisiva..."
"No, non potrebbe mai funzionare! Chiunque sia ancora vivo, avrà certamente cercato di guardare la tv, e vedendo che non c'era alcun programma avrà poi spento! Invece, le auto in strada hanno in buona parte la radio ancora accesa!" disse Gwen
"Come lo sai?"
"Alla stazione radiofonica, ieri, dopo l'incidente, i valori degli ascolti non erano cambiati! Li ho notati su un pannello mentre uscivo... Ciò vuol dire che se qualcuno sta cercando come noi, in strada sentirà il nostro annuncio! Oltretutto sono in grado di usare una rete radiofonica, e di potenziarla, anche se di poco... Potrei trasmettere un programma raggiungibile fino agli Stati Uniti..." disse lei dopo una piccola riflessione.
Duncan sorrise. Era perfetto. "bene, sali in macchina" 
 
Ci misero mezz'ora ad arrivare.
Raggiunsero una sala di trasmissione "Bene..." disse Gwen iniziando a manovrare uno dei pannelli "Devo solo trovare una linea a più uscite in modo tale da poter essere trasmetta su più linee..." continuò concentrandosi.
Duncan la osservava incantato da tanta maestria. Manovrava i vari cavi perfettamente "Dove hai imparato?"
"Mh? Io lavoro qui, no? E prima ancora facevo dei piccoli lavori da elettricista..." disse lei tornando al pannello
"Oh, forte" fece lui osservando le sue mani muoversi perfettamente sicure delle loro azioni.
"Ecco, ora siamo in... Onda!" disse infine premendo un pulsante e passando a Duncan il microfono.
"C-C'è qualcuno?" esordì lui "Siamo dua abitanti della città di Toronto, Canada e siamo sopravvissuti a ciò che è accaduto ieri, il 21 dicembre 2012... Noi non sappiamo bene di che si tratti, ma se ci sono altre persone come noi, le preghiamo di raggiungerci. Per favore! N-Noi, ci troveremo alla stazione radiofonica di Toronto... Vi prego, se c'è qualcuno in ascolto, venite!" disse infine lui. 
Gwen staccò la trasmissione "ok... Bene, ora dobbiamo solo aspettare" disse guardandolo.
 
Era quasi ora di pranzo.
Dentro l'edificio c'era una piccola cucina dove passavano le pause i dipendenti. Mangiarono lì.
"Quindi, ora staremo qui?" chiese lei.
"E' il luogo più conveniente..."
"Capito"
"Comunque, sei stata geniale... Veramente, hai avuto un'idea strepitosa" sorrise lui mandando giù un boccone di pasta pronta.
"G-Grazie" fece lei arrossendo.
Si sentiva in imbarazzo quando quel ragazzo le sorrideva. I suoi occhi erano bellissimi, azzurri, cristallini e la infastidiva quasi il fatto che lui avesse l'arroganza di guardarla così, sfoggiando quella sua bellezza.
 
"Allora? Posso sapere qualcosa di te o sei off-limits?" chiese lui tranquillamente dopo aver finito di mangiare.
"Chiedi" fece lei
"Mhhh... Quanti anni hai?"
"18"
"Anche io!" disse lui, confermando al sua precendente teoria che lei avesse la sua età "E che scuole hai frequentato? Magari abbiamo fatto la stessa"
"Le superiori le ho frequentate fino al 3° anno, per poi lavorare... Andavo ad un tecnico meccanico..."
"Questo spiega perchè te la cavi così bene con aggeggi e roba varia" disse lui "ma non è un indirizzo un po'... Maschile?"
"Infatti ero l'unica ragazza della classe, e questo era perfetto... Le ragazze alle medie erano tutte oche, quindi ero più che felice nel frequentare una classe con dei ragazzi e basta" ammise lei in tutta calma.
"Capito... Io frequentavo un professionale invece... Ma odiavo la scuola, quindi non mi sono mai impegnato particolarmente... E alle medie dove andavi?"
"Frequentavo le medie qui vicino... Le elementari invece, vicino alle case popolari... All'inizio abitavo là"
"No, mai frequentato queste scuole..." disse lui riflettendo.
"Non ti sei perso nulla... E' sempre stata orribile la scuola... Non ho mai trovato un amico decente... Tutti stupidi voltagabbana!"
"Nemmeno io avevo troppi amici..." fece lui "Non che loro non volessero esserlo, ma ero io ad allontanarli. Ero poco raccomandabile e lì tutti puntavano a qualcosa di buono dalla vita... Quindi immagino di averlo fatto per loro..." 
"L'unica cosa bella delle medie, fu un ragazzo del quale avevo una cotta..." sussurrò lei sorridendo 
"E?" chiese Duncan
"Purtroppo... Si è trasferito in California a metà semestre... E non lo vidi più, ma non importa..."
"Beh, alla fine non siamo poi così diversi... E visto che non abbiamo mai avuto veri amici, potremmo esserlo noi, no?" chiese lui guardando Gwen e porgendole la mano.
Lei la guardò. Forse era quello di cui aveva bisogno. Un amico. Qualcuno di affidabile. In cui potere credere senza reputarsi un'ingenua.
un amico.
Gli afferrò la mano "Perchè no? Amici..."
 
Dopo qualche minuto di silenzio esordì lui "Ti ho preso delle cose... Vestiti" disse mostrandole un paio di jeans e delle felpe "Spero ti vadano..."
"grazie!" esclamò lei totalmente sorpresa.
"Io vado a riposare ora!" fece lui alzandosi e dirigendosi verso un salottino adiacente.
 
Gwen rimase lì a riflettere.
Forse non era proprio un male avere vicino quello strano ragazzo... Anche se doveva ammettere, non lo aveva ancora ben capito.
Si dimostrava spesso freddo, ma altre volte invece, era gentile.
Aveva pensato a lei. Le aveva procurato abiti nuovi, un sacco a pelo e un'arma... Doveva fidarsi.
Sospirò raggomitolandosi sulla sedia.
Era ancora terrorizzata.... Guardò fuori dalla finestra. Da lì poteva vedere anche la propria di casa... Con i suoi genitori.
Ora che era sola poteva piangere.
 
Si lasciò andare in un silenzioso insistere di lacrime contro tutto. Le era stata negata una vita felice... Fin dall'infanzia.
Ed ora aveva perso anche i suoi genitori.
 
Duncan sentì un sospiro di lei. Andò a osservarla. Stava piangendo. 
Seguì il suo sguardo e capì. Ripensava ai suoi genitori... E come biasimarla?
 
Si avvicinò "Ehy... Sai, anche io ho perso mia madre"
"..."
"So cosa si prova... E' come se il mondo per te si fermasse mentre gli atri nemmeno se ne rendono conto... Ed è ingiusto. Vedi il sole sorgere e tramontare come se i giorni fossero sempre gli stessi mentre in realtà per te è come se un secondo fosse un anno. A volte, ti fermi a credere che sia solo un sogno... O peggio hai paura di dimenticarli... Ma fidati, non accadrà. Non li scorderai mai. Nessuno può dimenticare i propri genitori..." disse infine per poi uscire nuovamente dalla stanza per lasciarla sola vedendo che lei non rispondeva.
 
La verità, era che Gwen era rimasta incastrata nuovamente tra le sue parole... Tutti quei sentimenti... Lei li stava provando.
 
Non li avrebbe mai dimenticati, mai.
Sì, quella era la paura peggiore...
Mai. Li avrebbe portati con sè per sempre.
 
"Grazie..." sussurrò rimasta sola in quella stanza. Ma lei sapeva, che quella parola era indirizzata novamente a Duncan.

to be continued...

_sara97rocker_

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Capitolo 3
*** La fine del mondo... II ***


La Fine Del Mondo II...

Ciaaaaoo a tutti! :'') Oggi aggiorno! Siete felici? No, eh? x''D
vabbè, comunque sia, questo episodio è diciamo un'introduzione al prossimo :) spero vi piaccia e recensite!
Ringrazio tutti quelli che leggono la mia ff in particolare però Dahlia_Gwen e MatitaAppuntita che mi seguono dalla scorsa lunghissima fanfiction e che se stanno avendo lo sbatto di leggersi anche questa vuol dire che qualcosa di decente lo scriverò? bah x'D
vabbè, buona lettura ^_^

 
Il ragazzo aveva passato buona parte del pomeriggio a riposare, vista la notte praticamente insonne.
Quando riaprì gli occhi, vide che fuori era ormai buio.
Si alzò dal piccolo divanetto dove era e andò ad accendere la luce per potere vedere bene l'orologio.
Segnava le 19:15...
Dovevano cenare. 
 
Si diresse verso la cucina, dove trovò Gwen intenta a scaldare nel microonde del pollo surgelato "Ti piace il pollo?"
"Sì, non preoccuparti, mangio tutto" disse lui con una voce assonnata mentre si strofinava una mano sul viso. Si sedette.
"Sai..." esordì dopo pochi istanti lei sistemandosi di fronte a lui "...Volevo ringraziarti. Per le parole che hai detto"
"Oh... Non erano niente di che, è solo la pura verità"
"Per me è qualcosa di importante" Gwen abbassò lo sguardo.
 
Duncan non voleva continuare quel discorso. La tensione che iniziava a crearsi mista ad un soffocante imbarazzo non gli piaceva affatto... Era sempre fuggito a quelle situazioni, trovandosi spesso senza nulla da dire. Si guardò intorno qualche istante, intento a distrarsi, finchè non vide un piccolo quaderno nero su un tavolo... C'era scritto sopra "Gwen"
 
"E' il mio diario" confessò lei notando che lo guardava.
"Diario?"
"S-Sì... Ecco, è stupido, lo so, ma per me è uno sfogo. Ho sempre avuto un diario e... E in questo momento è come una migliore amica... Intendo che può sempre ascoltarmi..." Abbassò poi lo sguardo imbarazzata "Lo so, è... E' patetico"
"Io... Non ho mai detto che lo fosse" disse secco lui, per poi posare lo sguardo sul microonde ancora in funzione. Poi, su di lei "Dove lo hai preso?"
"Mh?"
"Il diario"
"Oh... Lo avevo lasciato qui ieri e oggi, mentre dormivi l'ho ritrovato" disse lei per poi alzarsi e andare a prendere il pollo ormai cotto.
Lo servì in due piatti: per lui e lei.
"Bugiarda" si limitò a dire lui per poi mangiare. Lo aveva capito. Lei era tornata a casa. Probabilmente, l'obbiettivo non era il diario, ma i suoi genitori. Il diario doveva averlo trovato per puro caso, e colta dalla tentazione doveva averlo preso proprio per potersi sfogare, o semplicemente per potere rivivere nei ricordi che esso custodiva.
Non aveva mentito. Avere un diario non gli sembrava affatto patetico... Anzi, in quel momento la invidiava. Invidiava il fatto che lei potesse aprire una pagina del suo passato... In modo tale da portarlo sempre con se.
Lui, per riavere un briciolo di passato, doveva affrontare ciò che era accaduto, invece lei, poteva sfogliare quel quaderno colmo di segreti e sogni infranti, ma pur sempre sogni, e come si sa, i sogni di tutti sono splendidi.
 
Gwen non disse nulla  a quell'affermazione. Era vera infondo. 
Abbassò lo sguardo e mangiò.
Non appena finì il suo pasto andò a letto, mentre Duncan iniziò a perlustrare l'edificio. Non cercava nulla in particolare. Semplicemente, aveva bisogno di stancare le proprie gambe. In un modo o nell'altro.
 
Camminava in un corridoio, quando vedendo una luce accesa in una stanza entrò.
Stupida illusione. All'interno non c'era nessuno oltre i corpi senza vita. Semplicemente, uno di questi era chinato contro un bottone.
Rimase qualche istante a guardare. Incerto se spostarlo o meno. O meglio, incerto se sfiorarlo o meno. Perchè doveva ammettere che quel gesto lo disgustava, sebbene lo avesse dovuto compiere per prendere l'auto, era innegabile, che il toccare dei corpi morti era decisamente inquietante.
 
Ma anche se era questo ciò che provava, rimaneva una traccia di curiosità. Nel sapere come poteva essere quel tocco. Probabilmente freddo.
I poliziotti erano ancora caldi quando li aveva toccati. Ma infondo era successo tutto da nemmeno 10 minuti.
 
Allungò una mano, ma la ritrasse non appena avvertì un rumore dal piano di sotto.
Andò in direzione del rumore, entrò nella stanza, ma uscì immediatamente non appena vide che dentro c'era Gwen che si stava cambiando per dormire più comoda.
Era arrossito "S-Scusa!" urlò dall'altra parte della porta.
"Stupido! Ma come ti salta in mente??" 
"I-Io avevo sentito un rumore e... " cercò di giustificarsi Duncan
"E non hai pensato che magari c'ero io in mutande, eh?" gridava infuriata lei
"In effetti ammetto che non mi è passato di mente, perdona la mia vile ignoranza" fece ironico lui per poi allontanarsi sempre rosso in viso.
 
Quella stupida! Pensò...
Per lo meno ora era decisamente più stanco, l'aveva fatto correre per nulla. Si sistemò a terra con il sacco a pelo pensando di lasciare a lei il divano.
 
 
La mattina Gwen si svegliò stuzzicata da un'aroma di caffè proveniente dalla stanza accanto. Duncan stava bevendo. Era già vestito.
"Che facciamo oggi?" chiese lei.
"Io vado in perlustrazione, tu rimani qui... Magari l'annuncio radiofonico ha funzionato"
"Cosa faresti in perlustrazione?"
"Scorte" disse lui bevendo l'ultimo sorso nella tazzina "Ciao" poi se ne andò.
 
Gwen si vestì velocemente anche se sapeva benissimo di essere solo lei in quell'edificio.
Era ancora imbarazzata per l'incidente della sera precedente.
Non poteva credere che Duncan l'avesse vista in mutande e reggiseno.
Fortunatamente era riuscita ad abbassare la t-shirt prima che lui puntasse troppo a "fondo" gli occhi.
Divenne rossa.
Duncan aveva un effetto troppo strano su di lei. 
 
Sospirò "23 dicembre...  Domenica" Sorrise malinconica guardando fuori dalla finestra "Quasi il mio compleanno... O meglio, Natale..." sussurrò.
 
Duncan, mentre tornava indietro perchè si era dimenticato la sua pistola, aveva sentito quelle parole attraverso la porta... A Natale sarebbe stato il compleanno di Gwen.
Sospirò, per poi dirigersi verso l'uscita.
 
Si era totalmente scordato del Natale. Non aveva più festeggiato nulla da quella morte che gli aveva sconvolto la vita.
Lui era un mostro.
Non era nemmeno corso a vedere suo padre, a differenza di Gwen che era immediatamente andata dai suoi.
Ma suo padre... Non gli aveva mai dato nulla se non vergogna.
"Sei solo un'ombra di ciò che era tua madre..." o anche "E' colpa tua se lei non c'è più!"
Colpa sua... Non era vero.
Duncan non era uno stupido, suo madre era morta per un cancro. Ma certe parole, dette da un padre... Anche se ferito, ti scavano dentro un rancore paragonabile a nulla se non al vuoto stesso.
Sospirò.
 
Era passato mezzo giorno, quando Duncan si fece vivo alla stazione radiofonica.
Aveva preso pasta, acqua, caffè, carne e del pane.
"E questi" disse estraendo da un borsone degli shampoo e sapone "ho visto che di sotto ci sono quattro docce"
La ragazza annuì. Era sorpresa da come quel ragazzo notasse ogni minimo particolare lo circondava "Bene..." disse prendendoli per poi portarli nei bagni.
Aveva bisogno di una doccia.
Poteva anche farla in quel momento, infondo lei non aveva fame ad aveva lasciato il pranzo di Duncan nel microonde.
Si lasciò quindi andare sotto il getto d'acqua. Sembrava quasi che quel leggerissimo massaggio potesse portare via ogni sensazione che si era mischiata con la polvere che le avvolgeva la mente e il cuore. Era come ritrovare, anche se per poco tempo un lieve senso di pace che mancava da giorni.
 
Duncan dal piano di sopra aveva sentito l'acqua iniziare a scorrere. 
Vedendo un piatto nel microonde iniziò a scaldarlo.
Tirò fuori dalla tasca la piccola scatola e la aprì... Aveva fatto la cosa giusta?
Sì. Sperava solo le sarebbe piaciuta.
Sospirò... Sarebbe stara la prima festa che avrebbe riiniziato a festeggiare dopo la morte della madre.
 
La giornata trascorse abbastanza tranquilla.
Erano entrambi delusi che ancora nessuno fosse spuntato da quella folla triste di morti. Nessuno che avesse avvertito l'annuncio?
"Secondo te... Verrà davvero qualcuno duncan?"
"Lo spero"
"Quanto ci metterebbe uno statunitense a raggiungerci per te?"
"Dipende... Se sciegliesse un'auto per viaggiare... E arrivasse dalla florida, per esempio, ci metterebbe circa 6-7 ore credo"
"Ne sono passate più di 24" fece triste lei poggiando il mento sulle ginocchia. Era seduta raggomitolata a terra, con la schiena contro la porta, mentre Duncan era sul divano.
Fuori il sole era appena tramontato.
"Lo so"
"E non ti scoraggia nemmeno un minimo?" chiese Gwen alzando lo sguardo verso di lui.
"No. Non sappiamo in che stato mentale siano quelli come noi, se ci fossero. E non sappiamo a quali esami di coscienza dovrebbero sottoporsi prima di sentirsi pronti ad uscire"
"Oh"
"Vado a letto" disse infine lui alzandosi.
Lei lo seguì.
 
Era chiusa in una stanza piccola.
Quattro mura.
Nero, vermiglio... Sangue. Solo quei due colori.
Putride ferite inferte in carne di bambino.
Urla, grida... I battiti cardiaci accellerano mentre senti la vita scappare via intorno a te. Non puoi intrappolarla da nessuna parte. Anche in quel minuscolo spazio può scappare, lasciando come segno del suo passaggio solo cadeveri sdraiati a terra.
Mentre le famiglie attorcigliate in spasmodici abbracci pre-morte cercavano di fuggire, quella ragazza rimaneva lì. Inutile era quel tentativo se il solo spazio da potere percorrere comprendeva quelle piccole e strette mura.
Poi lo scorrere del tempo.
Suoni tronchi di campane finebri.
Un tocco.
Due tocchi.
Tre tocchi.
Si fermano.
Ed ecco sprezzante giungere l'odore acre della morte, mentre i vermi si insediavano nella carne di quelle famiglie che cercavano fuga in quattro mura.
E con l'odore che giungeva, si affievoliva il suono delle gria che tarpavano l'anima di lei.
Ormai erano morti. Tutti.
Ma l'odore persisteva.
Acre, amaro, disgustoso... 
La ragazza si tappava la bocca per evitare di rigurgitare in presenza di tale sentore. Sentore di morte.
3 giorni, bastavano 3 giorni.
3 rintocchi.
 
Gwen aprì gli occhi avvertendo il senso di nausea invaderle il corpo, per poi rendersi conto che ciò che aveva appena vissuto era stato solo un macabro sogno. Macabro, ma con qualcosa di incredibilmente reale e confusionario.

to be continued...

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Capitolo 4
*** La fine del mondo... III ***


La Fine Del Mondo... III

Eccoci di nuovo :D spero vi inizi a piacere la fanfiction nella quale oggi verranno spiegate molte cose ^_^ Beh... Non so che altro dire...
Bona lettura! *ora mi aspetta l'ansia della prima recensione >.< ho sempre paura vi possa fare schifo!! ç_ç*


3 rintocchi.
 
Gwen aprì gli occhi avvertendo il senso di nausea invaderle il corpo, per poi rendersi conto che ciò che aveva appena vissuto era stato solo un macabro sogno. Macabro, ma con qualcosa di incredibilmente reale e confusionario.
 
Si alzò immediatamente. Non capiva.
Fuori c'era già molta luce, probabilmente erano circa le 9. Duncan doveva essere già sveglio.
Andò in cucina, e lo sorprese come il giorno prima a bere un caffè. A differenza della mattina precedente, questa volta, l'odore la infistidì profondamente ricordando ciò che aveva avvertito nel sogno.
Si coprì la mano con la bocca, per poi prendere un respiro e cominciare ad elaborare mentalmente ciò che aveva realizzato, così da poterglielo spiegare nel modo più logico possibile.
 
Duncan l'aveva vista entrare frettolosamente e dopo un'inspirazione profonda aveva iniziato a muovere freneticamente gli occhi da destra a sinistra, come stesse leggendo qualcosa nella sua mente, mentre le sue labbra articolavano un muto discorso.
"Gwen?"
La ragazza interruppe il ragionamento. "Duncan, c'è qualcosa che non va" si limitò a precisare.
"Che è successo?"
"Nulla. E' questo il punto..."
"Mh? di che parli?" chiese confuso da quelle parole il ragazzo.
"Tu sai in che momento inzia la putrefazione di un cadavere?"
"Direi che è immediata alla morte..." disse lui calmo e più che certo della risposta.
"Appunto"
"Non capisco"
"Quanti giorni sono passati dal 21?"
"Ormai 3"
"Esatto! Duncan... Non abbiamo avvertito alcun odore. Un cadavere dovrebbe avere un odore acre e acido di norma, e l'odore dovrebbe iniziare ad avvertirsi dopo le prime 24 ore.Dopo 3 giorni, i corpi dovrebbero ritrovarsi in condizioni inaudite. La pelle dovrebbe essere diventata bianca o violacea, e avrebbe inziato a ritrarsi, mostrandoli in stati raccappriccianti... Quali unghie più lunghe, stomaco gonfio e occhi sporgenti, invece nulla." Disse Gwen confusa.
Duncan iniziò a riflettere. Quel ragionamento non faceva una piega. Nei corpi non era cambiato nulla, erano impalliditi leggermente, ma nulla di più. Come in uno stato di anemia cronica.
"Hai toccato uno dei cadaveri?" chiese arrivando dritto al punto lui.
"N-No"
"Nemmeno io... Oltre ai poliziotti, non ho toccato nessuno..." disse il ragazzo per poi alzarsi e dirigersi verso una stanza di registrazione.
 
Il giorno prima aveva ritratto la mano avendo avvertito il rumore provocato da Gwen, ma ora, doveva farlo assolutamente, doveva toccare uno dei corpi.
La ragazza lo seguì.
Arrivarono in una delle tante sale.
Duncan si chinò sul primo ragazzo che gli si trovava di fronte. Poi lentamente allungò una mano sul suo braccio nudo.
Il contatto lo confuse. Era... Caldo.
Tutto ciò che non doveva essere
 
"E' caldo..."
"Non è possibile!" esclamò lei certa che qualcosa non andasse.
"Ciò significherebbe che..." esordì Duncan, ma lei lo fermò "M-Ma come?? Se fossero vivi, perchè in queste condizioni?"
"Non ne ho idea..."
"Fa paura..." disse lei rendendosi conto di essere solo ovvia. Anche prima faceva paura, ma il fatto di sapere che queste persone potevano essere vive, era... Inquietante.
Duncan posò due dita sul collo, in modo tale da premere sull'arteria "Non sento battito..." affermò dopo pochi secondi.
Era tutto troppo confuso. E non era il momento per porsi stupide congetture. Quella situazione troppo fuorviante rischiava di portarli al manicomio.
Non sapevano se erano vivi o meno.
Dapprima avevano sempre ipotizzato che quelli fossero cadaveri, non si erano perciò mai posti problema di riportarli in vita... Ma ora invece, diventava qualcosa di scontato. Se quelle persone erano vive, se il loro cuore batteva ancora... Anche se lentamente, dovevano trovare un modo per salvarli. Ma come?
Quei due non erano scienziati, nè tantomeno conoscevano le regole della vita. Loro erano due ragazzini ai quali era stata strappato tutto troppo in fretta. Come potevano dunque, due ingenue vittime di qualcosa di mondiale, salvare delle persone. Era impossibile.
E questo lo sapevano benissimo.
 
Duncan si alzò confuso, per poi tornare senza dire una parola nel salottino. Lei loseguì, sempre muta. 
 
Nemmeno quel giorno accadde nulla.
Nessuno era ancora arrivato dopo l'annuncio radiofonico, il che scoraggiava non poco Gwen. Quello era stato tutto ciò che aveva potuto fare... E stava davvero risultando invano?
 
Avevano passato la giornata in silenzio. Ognuno a riflettere su se stesso. La ragazza in colpa e lui, troppo responabile di troppo.
Dopo cena Duncan non andò a riposare come le altre sere.
Era quasi mezza notte, mancavano solo cinque minuti... Estrasse dalla tasca della giacca la piccola scatola, per poi porgerla con falsa indifferenza alla ragazza "So che il 25 è il tuo compleanno... Nonchè Natale, e.... Ti ho preso quello, aprilo"
Lei era rimasta sorpresa da quel gesto. Non sapeva come lui sapesse di quella giornata, ma non importava... Dentro se lo ringraziava immensamente.
Guardò l'orologio e non appena vide la lancetta dei minuti superare il 12, aprì la scatolina "E'... Bellissima" sussurrò  lei estraendo dal cofanetto la piccola collana. 
"E' un ideogramma giapponese" disse lui indicando il ciondolo "Vuol dire, forza"
"Forza?" chiese lei mentre guardava ammaliata quel lucido pendaglio.
"Sì... Ecco, l'altro giorno, sei stata... Incredibile... E anche oggi a dire il vero. Ti sei dimostrata forte e intelligente. Hai affrontato ostacoli, capito cose che.... Mi hai stupito" ammise lui.
 
Gwen lo guardò qualche istante. Sufficiente perchè sentisse il suo cuore confondersi, alchè abbassò gli occhi per poi voltarsi così da avere a schiena di fronte a lui.
"Me la allacci?" chiese gentilmente porgendogli la collana.
Lui con estrema grazia fece passare il filo sottile attorno al suo collo, per poi allacciarle il piccolo gancio.
Era arrossito incredibilmente. Non capiva perchè... Quella ragazza lo facesse impazzire così.
 
"Manca solo la torta con le cadeline..." sorrise malinconica lei.
Duncan iniziò a riflettere, per poi agguantare un fiammifero dal taschino della giacca sul petto, per poi accenderlo mentre lo estraeva, come una magia "Forse non è proprio una candelina... Ma magari funziona."
La ragazza si chinò sbalordita sulla piccola fiamma, per poi desiderare -Voglio aiutarlo, aiutarlo davvero- soffiò la fiammetta.
 
Ora la stanza era di nuovo buia "Cosa hai chiesto?"
"Non si dice! è un segreto, che sennò poi, il desiderio, non si avvera!" scherzò lei facendo l'occhiolino al ragazzo.
 
Poi, un rumore.
Proveniente dal piano terra.
I due si alzarono d'improvviso. Era un suono metallico. Come qualcosa di forzato.
"Gwen, la pistola" ordinò secco Duncan. Lei non si oppose e afferrò velocemente l'arma.
Il ragazzo già la impugnava.
 
Iniziarono a camminare per le scale, mentre il rumore iniziava a farsi conitnuo e a diventare persistente.
"Cosa credi che sia?" sussurrò Gwen sempre più in ansia.
"Non so..." ammise lui sinceramente.
 
Il suono si fermò improvvisamente e quando i due arrivarono al piano terra, trovarono la porta aperta. Era stata forzata. richiusero velocemente.
Non erano soli.
Lentamente Duncan si avvicinò all'orecchio di lei, così da sussurrarle "La luce, accendila" solo lei poteva in quel momento, nel totale buio, sapere dove poteva trovarsi l'interruttore. Anche se presa all'inizio dal timore, non appena si rese conto che la voce era di Duncan, iniziò a camminare verso dove ricordava bene si trovava il pulsante.
 
Lui aveva sussurrato in modo impercettibile, così da non farsi sentire da eventuali nemici, coloro che si erano infiltrati.
Portò indietro il carrello della propria arma, mentre sentiva i passi di Gwen arrestarsi. Doveva essere arrivata. 
Non appena lei accese la luce, i due si ritrovarono cirondati da quattro persone, tre ragazzi e una ragazza.
"Sta calmo, non siamo nemici" intervenne subito un ragazzo biondo.
"Abbiamo avvertito il vostro annuncio alla radio e siamo venuti" finì un secondo ragazzo pacifico.
Duncan abbassò l'arma sorpreso. Ce l'avevano fatta. Erano veramente riusciti a trovare qualcuno. Lui e Gwen non erano i soli rimasti.
 
Improvvisamente un calore l'aveva avvolta. Non appena aveva visto quel ragazzo del quale aveva cercato di dimenticare tutto. Non ci credeva. Lui era lì, in piedi di fronte a lei. Non credeva l'avrebbe più rivisto, o comunque non in circostanze simili. Quel ragazzo che aveva amato alle medie e che poi si era trasferito in California era lì. Trent era lì.
 
Duncan si voltò verso Gwen per sorriderle. La trovò sorridente a guardare quei nuovi arrivati, poi posò uno sguardo su di lui. Era davvero radiosa "Ce l'abbiamo fatta!" esclamò poi.
 
Si erano riuniti nel salotto.
"Abbiamo sentito il vostro annuncio e ci siamo diretti qui... Purtroppo il viaggio si è prolungato più del previsto siccome ho pensato che sarebbe stato bene non raggiungervi solo." disse quello che aveva confermato poco prima di avere avvertito l'annuncio "Perciò ogni volta che arrivavo in una città differente la perlustravo, e alla fine, ho trovato loro."
Duncan annuì.
"Piacere, io sono Duncan"
"Io Dj" continuò il ragazzo di poco prima. Era alto e muscoloso, ma aveva un viso gentile.
"Io Geoff" intervenì il ragazzo biondo
"Io Heather" disse la ragazza. 
"Ed io Trent" fece per ultimo un ragazzo alto e moro.
"Trent?" era proprio così. Gwen aveva avuto ragione fin dall'inizio. Lui era il ragazzo di cui lei si era innamorata da ragazzina.
"Sì..." confermò quello confuso. Quella ragazza gli era sembrata familiare tutto il tempo da quando era arrivato, ma ora che aveva sentito la sua voce aveva capito "Gwen?"
Lei spalancò gli occhi. Lui si ricordava davvero di lei?
"S-Sì..." Gwen, la sua vecchia compagna di classe un po' strana, ma comunque simpatica.
"Incredibile!" sorrise lui.
"Mh?" intervenì Duncan confuso.
"Oh! Duncan, lui è un mio vecchio compagno delle medie!" sorrise la ragazza.
"Oh..." disse lui confuso, ma in quel momento non doveva importargli. Il suo obbiettivo era capire cosa stava succedendo davvero. Ma dentro se c'era qualcosa, come un senso di fastidio che lo confondeva...
"Quindi, Dj, non conoscevi nessuna di queste persone"
"Nessuna eccetto Heather" disse il ragazzo.
"Già, sono un paio di settimane che lavoro a fianco di Dj nel medesimo laboratorio. Dovevamo portare a termine uno studio che avevamo cominciato in Giappone, ma poi lui era dovuto tornare a Washington, ed io ho potuto lasciare il Giappone solo due settimane fa"
"Laboratorio?" fece Duncan incuriosito dal discorso.
"Esatto, sono uno scienziato. Laureato in fisica e chimica" disse il ragazzo.
"E'-E' fantastico!" In effetti quella era un'incredibile fortuna, che tra tanti in tutto il mondo, fossero rimasti ben due scienziati. Potevano essere ben più che utili in quelle circostanze.
"Quindi, magari sapete che è successo? Noi al momento" disse riferendosi a se stesso e Gwen "Abbiamo solo un'ipotesi"
"Cioè?" chiese Heather.
"Che siano vivi"
"E' più che giusta. Nessuno è morto a causa del 21 dicembre 2012. Nessuno." continuò sempre lei.
"Ma il fatto è che... Non avvertiamo il battito cardiaco e non si sono nemmeno svegliati!" ribattè il ragazzo.
"Beh, il fatto è che sono caduti in una sorta di coma o sonno particolarmente profondo. Il cuore ha rallentato a tal punto da poter permettere ad un essere umano di vivere anche fino ai 150 anni in totale pace. Ad un ritmo simile, il corpo si ritrova a  consumare un quantitativo di energie, tanto minimo, da non necessitare appunto per anni e anni di rifornirsi!" disse Dj
"Quindi sono tutti vivi?" intervenne Gwen pensando principalmente ai genitori.
"Esatto"
"E sapete come è successo?" parlò nuovamente Duncan
"No purtroppo non ne abbiamo idea... Risulta illogico che tutto il pianeta terra cada in un letargo secolare..."
"Oh..."
"Ma sappiamo per quale motivo noi ci troviamo qui e non in questo coma..." disse heather.
"Come è possibile?"
"Ci siamo ritrovati in situazioni particolari, grazie alla quali, qualsiasi cosa ci ha colpiti, è stato respinto... Voi cosa stavate facendo quando è successo?" chiese lo scienziato riferendosi a Duncan e Gwen.
"Noi... Noi eravamo in ascensore..." disse lei indicando fuori dalla porta "Quello di là"
"E stavate toccando qualcosa?"
"Non che io..." fece lei "Le corde! Le funi che gli permettono di passare da un piano all'altro!" intervenne lui.
"Probabilmente in titanio..." annuì lei. 
"E' proprio il connubio tra la rara lega di titanio e le onde emanate dalla stazione radiofonica ad avervi salvato. Probabilmente creando una polarità contraria a quella che ha colpito il resto del mondo... O almeno è così che è successo a noi" disse Dj "Io e Heather, per esempio, eravamo in laboratorio a testare in una cabina in vetro la propagazioni di tali onde, quando improvvisamente a causa di una di esse troppo forte, il vetro è imploso liberando un energia tale da farci leggermente indietreggiare, fino a sfiorare uno speciale congegno in titanio, ed è così che siamo entrati in contatto con la polarità adeguata da salvarci..."
"In poche parole, per motivi del tutto casuali ora siamo qui" tagliò corto Geoff, il ragazzo biondo.
 
Gwen e Duncan erano rimasti a bocca aperta di fronte quelle parole... Se loro non si fossero mai incontrati, probabilmente, si sarebbero trovati ridotti come gli altri.
 
"Sono stanchino... C'è un posto dove possiamo riposare?" chiese Geoff stirandosi.
"Oh! Al piano di sopra ci sono vari salotti... Purtroppo per il momento non abbiamo altro!" disse Gwen leggermente imbarazzata.
"Figurati!" disse gentile Trent sorridendole per poi salire le scale insieme agli altri tre.
Duncan e lei invece, rimasero come tutte le sere in quella stanza.
"Gwen... Ce l'hai fatta..." sussurrò alla fine lui guardando fuori dalla finestra.
"Sai Duncan... Il mio desiderio era proprio questo. Aiutarti" confessò lei timidamente.
Lui la guardò un istante sorpreso. Aveva sprecato il suo desiderio per lui... Poi tornò a guardare il cielo "Come stai?"
"Mh?"
"Parlo... Di tutto ciò che ci hanno detto... Di quel ragazzo, Trent"
"Oh... Mi è mancato, sono felice di averlo rivisto. E per il resto, beh... Sono sconvolta. Non so se esserlo in senso positivo però. Intendo dire... I miei genitori sono vivi. Dovrei saltare di gioia, ma ora che so che queste persone sono in letargo... Mi sembra come se... Se qualcuno ce le avesse messe"
"Lo so. Anche io ho questa sensazione. Come il cattivo presentimento, che se sono così, è perchè qualcuno lo ha fatto, una persona." disse lui.
"E hai paura?"
"Non so... Infondo, ora come ora sto solo dando calci al vento..."
Gwen lo guardò. Lo aveva capito. Rispondeva in modo vago, per non spaventarla, ma lei era forte e poteva fronteggiare tutto.
"Duncan... Mi prometti una cosa?" fece lei continuando a guardare le stelle dalla finestra.
"Cosa?"
"Non mentirmi mai..."
"Prometto" disse lui guardandola negli occhi un istante.
 
Dopo qualche secondo lei gli chiese nuovamente "Hai paura?"
"Mai avuta tanta in vita mia"
 
Lui non era un debole... No. Lui era la cosa che l'aveva tenuta aggrappata a una speranza e se quella era debolezza... Tutto ciò che desideraza era essere debole. Ma tanto lo sapeva, che la sua era solo forza.
 
Sorrise, per poi avvicinarsi leggermente a lui fino a poggiargli la testa sulla spalla.
Rimasero così a guardare le stelle, entrambi a conoscenza del terrore che scorreva taciturno in loro.

to be conitnued...

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Capitolo 5
*** La fine del mondo... IV ***


La Fine Del Mondo... IV

Eccomi tornata!!! Allora, spero che il capitolo vi piaccia :'') io mi sono impegnata è.è x''D vabbè... Tra poco inizia l'azione vera ^_^ recensite e alla prossima! ;)

La mattina Duncan aprì gli occhi all'alba, come ogni giorno. Fece per muoversi, ma poi notò di avere ancora poggiato sulla spalla il capo di Gwen. Si erano addormentati vicini, seduti.
Lentamente si alzò in modo da non svegliarla, per poi farle poggiare la testa contro il cuscino per poi sdraiarla bene.
Andò in cucina a bere il suo solito caffè.
 
Doveva riflettere. Era felice. Felice che non fossero soli in quella massa di desolazione che era diventata la terra, ma era anche preoccupato, spaventato dalla situazione. 
Quelle persone erano vive. Probabilmente sbagliava nel credere che ci fosse dietro un vero colpevole in quel "coma", come lo avevano definito i due scienziati, ma non poteva farne a meno. Era una sensazione che lo assillava.
 
Venne colto di sorpresa dai passi del ragazzo alto, l'amico di Gwen, Trent. Si era svegliato "Buongiorno" fece per poi sedersi su una delle sedie attorno al tavolo.
Duncan rispose con un semplice cenno, per poi prendere un altro sorso di caffè. Non capiva, ma quel ragazzo gli dava su i nervi. Probabilmente a causa di quel suo comportamento così accondiscendente che aveva notato la sera prima. Gli sembrava un ragazzo senza spina dorsale.
"Tu sei Duncan, vero?" chiese per fare conversazione.
"Sì... Mi sembra di averlo detto ieri"
"Oh, c-certo! E' che non sono proprio un asso a imparare i nomi! ahahahah!" disse il moro grattandosi sorridendo la nuca.
Che aveva da ridere? Duncan cercò qualcosa su cui puntare la conversazione, in modo tale da evitare di dargli un cazzotto, che non stava tardando ad arrivare... "Allora conosci Gwen, eh?"
"Già!" Sorrise lui. "Eravamo insieme alle medie, lo eravamo... Prima che mi trasferissi per la mia famiglia"
"Oh... Trasferirti?"
"Esatto! In California"
"Oh..." ripetè. Quindi era lui. Era lui il ragazzo per il quale aveva una cotta la giovane ragazza... Appena... 13enne? 
Sorrise. Doveva essere stata molto carina, pensò Duncan, per poi cancellare quel pensiero squotendo la testa.
"Oh? Che vuol dire?"
"Niente! Stavo solo pensando a una cosa..."
 
Poco dopo varcò la porta il ragazzo biondo, Geoff.
"Buongiorno!" disse vivace "Si mangia?"
"Buongiorno Geoff!" fece Trent.
"'Giorno" continuò Duncan "Cosa vuoi mangiare?"
Il biondo addocchiò un sacchetto di patatine su uno scaffale e lo prese "Queste andranno benissimo!" 
"Ok, e mentre voi fate colazione io faccio un giro..." esordì il punk infilandosi la giacca di pelle.
 
Gwen intanto si era svegliata sentendo delle voci provenire dal cucinino accanto.
Si alzò. Era nel salotto, sul divano. Non ricordava di essersi addormentata lì. Forse con Duncan... Arrosì al pensiero.
Si posò i palmi sulle gote: scottavano.
Prese un respiro per poi andare nella stanza vicina. Dentro c'erano Trent e Geoff.
 
Si guardò un attimo attorno. Di Duncan nemmeno l'ombra. Le dispiaceva, ma probabilmente stava facendo il suo solito giro per rifornirsi.
"'Giorno!" disse quindi sorridendo ai due ragazzi.
"Buongiorno Gwen!" disse Trent.
"Ciao!" fece invece Geoff mentre mangiava delle patatine.
"Duncan?"
"E' andato a fare un giro ha detto... Non so bene dove!" continuò il biondo amichevolmente.
"Lo immaginavo!"
"Ehy Gwen! Come vi siete conosciuti tu e Duncan?" chiese all'improvviso Trent
"Oh, beh... Lui mi stava... Cioè io... Diciamo solo in circostanze particolari...?" sorrise lei.
"Ahahahah! Se non me ne vuoi parlare non importa! Comunque sei cambiata davvero moltissimo dalle medie!"
"D-Davvero?" chiese lei sorpresa dal fatto che non solo si ricordasse chi era lei, ma avesse in mente anche il suo aspetto.
"Già, sei davvero bellissima" disse tranquillo. Lei arrossì imemdiatamente.
"T-Tu sei pazzo..." continuò Gwen.
Geoff si alzò, per poi uscire "Anche io vado a fare un giro ragazzi! A dopo!" 
 
Gwen e Trent erano rimasti soli...
"Allora? Come è la vita in California?" chiese lei.
"Sai... Tutto il contrario che qui... Ci sono spiagge, caldo e niente neve! Ahahahah!"
"Ok, non andrò mai in California! Odio il sole!" disse lei ironica.
"Sei ancora un vampiretto?" sorrise Trent ricordando i tempi della scuola, quando lei rimaneva in classe durante la pausa pranzo invece che uscire in giardino.
"Io sarò sempre un vampiro! Ahaahahah!" 
"Sai Gwen, tutto sommato mi sei mancata..."
"Anche tu Trent" sorrise.
 
Geoff stava camminando per una piccola strada, quando a un certo punto scorse in lontananza Duncan. Lo raggiunse "Ehy!"
"Mh? Ah, sei tu!" disse facendo un sospiro di sollievo lui.
"Che intendi?" chiese il biondo ridendo.
"Che se fossi stato Trent ti avrei già steso!"
"Ahahahah! Allora non sono l'unico a odiarlo! Ahahah!" esclamò Geoff tenendosi la pancia dal gran che rideva.
"Che vuoi dire?"
"Dal primo giorno mi innervosisce... Oltretutto io qui sono l'ultimo prima di voi ad essere arrivato. Il fatto è che è così..."
"Sempre sorridente?" cercò di finire Duncan la frase.
"Esatto! Dannazione!"
"Sai... Credo ci siano vari modi di reagire a ciò che è successo e forse il suo è solo uno dei tanti... Una follia..." disse il punk dopo una breve riflessione.
"Forse hai ragione..." annuì l'altro.
 
Arrivarono al supermercato, entrarono. Duncan iniziò a prendere più prodotti possibili. Geoff fece lo stesso per aiutarlo.
Andarono a prendere un carrello e ci misero dentro tutti i rifornimenti che si erano procurati.
"Da dove vieni?" chise dopo qualche minuto di silenzio Duncan.
"Sono Hawaiano. Ma in questi giorni ero da un mio amico a PortLand. Immagino sia stata una vera fortuna essere stato lì, altrimenti non mi avrebbero mai trovato, e non sarei nemmeno rimasto illeso"
"E il tuo incidente? Sai, no? Perchè non sei stato coinvolto?"
"E' stata una cosa assolutamente banale immagino. Ero in garage, era saltata la corrente in tutto il quartiere e mi ero ritrovato a scaldarmi un piatto di pasta in un vecchio microonde a batterie che stava là..." iniziò Geoff mentre caminavano per la strada trasportando il carrello "Il fornetto era rimasto nascosto dietro una piccola lamiera, che stavo tenendo in mano. Fuori, stavano giocando dei bambini e uno di loro ha tirato un sasso e ha colpito il vetro del microonde. Ho chiuso gli occhi vedendo che il vetro andava in pezzi e spostato istintivamente la lamiera in questo modo" disse il ragazzo portandosi le mani davanti al viso per fare capire all'altro. "Quando l'ho abbassata, e mi sono guardato intorno, i bambini erano a terra. Sono corso in casa per prendere il cellulare, ma poi ho visto il mio amico steso sul divano ad occhi aperti inanime. All'inizio credevo scherzasse, ma poi, guardando fuori dalla finestra vidi più persone in quello stato. Era orribile"
Duncan abbassò lo sguardo "Mi dispiace"
"Figurati... Chi è che non ha perso nessuno?" fece il ragazzo per poi fermarsi vedendo che erano arrivati.
 
Non appena Gwen sentì la porta di sotto aprirsi scese le scale, lasciando Trent solo.
"Duncan!" disse vedendolo.
"Ciao Gwen! Ti sei svegliata!" sorrise lui.
"E' colpa mia!" ammise Geoff spuntando anche lui dalla porta "Credo di avere un tono di voce troppo alto..."
Poco dopo arrivò Trent "Siete tornati!" disse sempre sorridendo.
"Dj e Heather sono svegli?" chiese subito Duncan.
"Sì! Sono nella cucina al terzo piano" rispose lei.
"Bene, a questo punto direi che sono loro il nostro punto di riferimento" disse il ragazzo per poi dirigersi verso la stanza che gli aveva detto Gwen, gli altri lo seguirono.
 
Entrò. "Buongiorno!" disse immediatamente Dj vedendo tutti arrivare.
"Ciao, volevo sapere cosa faremo ora..."
"Ne stavamo proprio discutendo ora io e Heather... E siamo giunti alla conclusione che sarebbe bene continuare le ricerche di quelli come noi, o almeno voi le continuerete. Noi studieremo i fenomeni fisici avvenuti il giorno del 21 dicembre, in modo tale da provare a capire cosa davvero è accaduto."
Duncan iniziò a riflettere. Sembrava abbastanza semplice come piano, ma infondo anche il solo che avevano. Ma purtroppo sorgeva un problema... E se ne rendeva conto solo ora. "E se ci fossero degli... Svegli, come noi anche oltre l'oceano?"
I due scienziati si guardarono un istante, poi Heather intervenì "lo abbiamo già preso in considerazione... E a meno che non si trovino tra gli svegli, come li chiami tu, dei piloti... Noi non siamo in grado di raggiungere gli altri continenti..." disse fredda lei.
"E-E non ti tocca?" chiese Duncan sconvolto da quel suo modo atono di parlare di una cosa tanto tragica.
"Il mio compito non è mai stato salvare delle persone. Sono indifferente. Vi sto aiutando semplicemente perchè la situazione è critica anche per il pianeta in sè" continuò quella donna.
"Come puoi essere così? E'-E'-" Dj lo interruppe "Non siamo qui per discutere. Heather è fatta così. Siamo fortunati ad averla con noi. Ognuno qui ha un preciso compito, e dobbiamo cercare di andare d'accordo essendo i soli. Comunque sia, ciò che ha detto è vero. Senza un pilota è impossibile arrivare in altri continenti illesi..."
Duncan sospirò per poi buttarsi una mano tra i capelli "Bene" disse infine "Perlustriamo prima i porti e le stazioni aeree, dopo cercheremo per il resto della città. Noi allora andiamo. Tu Gwen che fai?" 
"Io... Vengo con voi, probabilmente non sarei affatto utile a Dj e Heather!"
Lo scienziato scosse la testa contrariato "tutt'altro! Gwen, sappiamo che sei stata tu a indirizzare le onde radio, ciò significa che hai una buona conoscienza meccanica! Potrebbe risultarci molto utile, fidati! Anche se per oggi concordo sul fatto che tu debba andare con loro. Ora come ora la priorità è trovare altri... Svegli" asserì infine Dj.
La ragazza interpellata annuì, per poi avviarsi con gli altri.
 
La prima meta sarebbe stato un porto che si trovava solo a un paio di ore di macchina da lì. Quando arrivarono, immediatamente si divisero "Il porto è molto grande. Sarebbe il caso di dividerci tutti in modo da poterlo perlustrare più in fretta. Che ne dite?" chiese Duncan conoscendo abbastanza bene la zona.
Gli altri accettarono, iniziarono dunque a cercare tracce di qualcosa che si muovesse. Geoff doveva perlustrare alcuni edifici circostanti, a Gwen erano stati affidati i setacciamenti dei ponti e Duncan e Trent si erano divici le navi.
Dopo ormai un'ora ancora nessuno aveva trovato nulla. 
Avevano girato più volte e setacciato ogni angolo della zona, ma niente era cambiato: la desolazione davanti ai loro occhi era la medesima di Toronto.
E quel mare ingrigito dalle nuvole in cielo, rendeva tutto ancora più lugubre.
 
Duncan stava uscendo dall'ultima barca che gli era rimasta, nulla nemmeno lì. Poi notò un traghetto poco più avanti con la porta chiusa a chiave. Era compito di Trent perlustrarlo, ma non lo aveva fatto. Doveva esserselo dimenticato.
Sbuffò leggermente infastidito dal fatto che quell'idiota gli stava prolungando il lavoro, ma non importava. Forzò la porta come aveva fatto con le precedenti.
Iniziò a visitare le varie stanze: prima la cucina, poi attraversò tutti i corridoi, poi il bagno, e infine c'era la camera da letto. 
Quella scena fu orribile. Inizialmente nemmeno se ne rese conto.
Un uomo, sulla cinquantina era a terra. Occhi aperti. Come gli altri. No, non come loro. 
Pensava fosse solo uno dei tanti in coma, invece no. Qualcosa non andava. Qualcosa. Quel qualcosa era un rivolo rosso che vedeva sgorgare da dietro la nuca. Denso. Sangue.
 
Si avvicinò. Quel licquido sgorgava velocemente, mentre scivolava nel pavimento fino a bagnargli la base delle scarpe.
Toccò il corpo senza nemmeno pensarci. Era caldo. Bollente. 
Era appena stato attaccato. Prima era uno sveglio. Qualcuno lo aveva appena colpito. Doveva avere visto il suo assassino, pensò Duncan notando quanto scottasse la pelle. Chiaro simbolo dell'adrenalina che era stata emessa in circolo prima della morte.
Disgustato dal tatto con il sangue, ma sentendosene in dovere, Afferrò il capo dell'uomo steso a terra per poi voltarlo. 
Aveva un foro. Una pallottola. Gli avevano sparato.
Ma non aveva avvertito alcun rumore. Doveva avere usato un silenziatore.
Sfiorò la ferita. 
Mira perfetta.
Aveva attraversato la prima parete del cranio penetrando nel cervello, in modo tale da uccidere sul colpo, così da non farlo parlare probabilmente.
Chiunque lo avesse ucciso lo aveva fatto da poco. Troppo poco. Dannazione. E quei 3 erano fuori. In pericolo.
Duncan si guardò intorno, preso dall'agitazione.
L'assassino era uscito dalla finestra per non dare nell'occhio, quindi probabilmente doveva averli visti, sennò, quale motivo per fuggire così nascosto?
 
Il ragazzo corse immediatamente fuori.
Vide Gwen difronte a sè. Senza rifletterci la prese per un braccio "Geoff, Trent?" iniziò a chiamarli mentre trascinava lei correndo.
"D-Duncan che succede?" chiese lei confusa.
"Ve lo spiego in macchina, muovetevi ora!"
Gli altri lo raggiunsero. Geoff e Trent.
Arrivati all'auto partirono velocemente. 
 
Duncan non capiva. Perchè?
Perchè c'era un assassino? Perchè?

...To be continued

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Capitolo 6
*** La fine del mondo... V ***


La Fine Del Mondo... V

L'aggiornamento di oggi è purtroppo più corto degli altri, ma spero comunque vi piaccia e lo commentiate ^_^
in definitiva vi auguro una buona lettura :) ciao e alla prossima ^^


"Non capisco... Perchè?" disse confuso Geoff dopo avere ascoltato attentamente il racconto dell'amico.
 
Erano tornati alla stazione radiofonica. Duncan aveva raccontato ciò che aveva trovato sul traghetto al porto. Del corpo dell'uomo, della ferita da arma da fuoco, del sangue fresco e di quel calore.
Lo avevano tutti ascoltato a bocca aperta, sconvolti dalla notizia.
 
"Perchè uno sveglio come noi dovrebbe ucciderci??" insistette il biondo camminando avanti e indietro per la stanza.
"Ahimè, su questo ragazzi non c'è nulla di scientifico. La crudeltà umana è una chiara presenza da passati ormai remoti..." sussurrò Dj guardando il pavimento. 
"Ma va contro ogni logica! Chiunque sano di mente avrebbe capito che rimanere soli è folle!" urlò Duncan.
"Appunto..." intervenì Gwen "deve essere sano di mente... Chi lo sa se la persona che lo ha ucciso sia sano o meno... Magari è rimasto tanto turbato da arrivare a questo..." sussurrò la ragazza.
"Se fosse come dici tu, Gwen... Non si spiegherebbe una mira tanto netta. Il cervello, in uno stato di follia non ragionerebbe a dovere, perciò, se quello che ha detto Duncan è corretto, l'assassino è purtroppo più che cosciente di avere commesso un omicidio" concluse Dj "Una persona in presa alla follia avrebbe come minimo sparato tre volte, e non si sarebbe curato di usare un silenziatore"
Duncan aveva infatti aggiunto di come non si fosse sentito alcun rumore, così da non far notare a nessuno ciò che stava accadendo.
"Una cosa è certa, non possiamo rimanere tranquilli..." disse infine lo scienziato per poi alzarsi seguito da Heather. Stavano infatti lavorando su un potenziamento per l'antenna, in modo tale da potere trasmettere un programma udibile anche in Europa.
 
Quella situazione aveva alzato l'ansia tra tutti. Nessuno aveva decisamente riflettutto sull'ipotesi che qualcuno avesse intenzione di uccidere... Che uno sveglio volesse farlo. O, meglio, due di loro erano stati percorsi da quel brivido. Da quella paura che avevano condiviso una notte parlando.
Duncan e Gwen si erano scambiati uno sguardo velocemente, capendosi al volo. Il ragazzo si era poi alzato dirigendosi verso la stanza a fianco. Lei lo seguì senza rifletterci.
"Duncan..." esordì lei dopo avere superato la porta ed essersela chiusa alle spalle "...Sbaglio, o ciò di cui parlavamo..."
"Purtroppo non sbagli" disse di netto lui mentre si toglieva la maglietta per andare a fare la doccia.
La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata per poi continuare "Quindi, secondo te, questo omicidio, ti fa dedurre quanto sia reale il pericolo che sia stato qualcuno a ridurre il mondo così, vero?"
"Esatto"
"Lo penso anche io" ammise infine Gwen. Iniziò a giocare con le sue stesse mani "I-Io... Io però non ne comprendo il motivo"
"Una cosa è certa." fece Duncan voltandosi verso di lei, la quale alzò lo sguardo "Non possiamo farne parola con gli altri... I nostri infondo, al momento per lo meno, sono solo sospetti" concluse infine.
Lei annuì. Aveva riflettuto sulla possibilità di parlarne, ma come pochi secondi prima le aveva detto il ragazzo, sarebbe stato incauto. Infondo, anche solo dimostrare tanta diffidenza nei confronti di altri uomini poteva risultare per se sospettoso, e ciò poteva indurre gli altri a pensare di conseguenza la medesima cosa di Duncan e Gwen: che stessero nascondendo qualcosa.
La ragazza sospirò, per poi uscire dalla stanza.
Nella cucina era rimasto solo Trent "Che succede?" fece lui confuso.
"Di che parli?"
"Ecco... Ti sei rintanata in quella stanza con Duncan! Ahahahah!" esclamò.
"Oh! N-Non pensare male!" precisò immediatamente lei imbarazzata.
"Ahahahah!"
"No! Dico davvero! Non stavamo facendo niente! N-"
"Ti credo" intervenne lui.
"Mh?"
"Se lo dici tu... Io ti credo" concluse lui mostrandole un sorriso nel quale lei rimase aggrappata forse troppo.
"Che ne dici se facciamo una seconda perlustrazione?" disse lui dopo qualche minuto risvegliando lei ancora incantata da quell'espressione che le faceva tornare alla mente milioni di ricordi.
"O-Oh!" balbettò lei "Ma gli altri? Duncan si sta facendo la doccia credo... E Geoff? Dovremmo aspettare anche loro!"
"Ah... Ok... Se preferisci... Io volevo passare un po' di tempo con te" ammise Trent sempre con quel viso.
"Bhe... Se vuoi... Possiamo fare un giro qui intorno" azzardò lei indecisa. Voleva passare un po' di tempo con lui, a parlare dei tempi passati a scuola. Di quei giorni indimenticabili e anche di quelli peggiori.
"Ok!"
 
"Wow... Mi è mancata Toronto" disse il ragazzo allacciandosi le mani dietro la nuca mentre guardava il cielo.
"Beh, in questo stato non è proprio un granchè"
"Non preoccuparti Gwen! Si sistemerà tutto!" quelle parole risuonarono nella mente della ragazza. Erano come un elisir da tempo non provato. 
Lui aveva passato così i primi anni delle medie. A farla sorridere con quella semplice frase. Tutto che per lei andava storto, con quelle parole tornava a risistemarsi. Le era capitato così tante volte di essere sul punto di piangere, ma di avere richiamato indietro quelle lacrime perchè Trent era rimasto vicino a lei. Lui che era uno dei pochi che le parlavano a quel tempo. Purtroppo essere diversi porta scompiglio, e così aveva fatto anche nella vita di Gwen.
Presa in giro per i vestiti, le abitudini, i capelli, il trucco, persino per il fisico, era stata maltrattata fin da piccola. Ma mai come alle medie, dove le ragazzine senza pietà la spintonavano in malo modo, o negli spogliatoi le nascondevano i jeans.
Solo dale superiori tutto era cambiato, in meglio fortunatamente.
 
Ma in quei periodi tanto difficili, c'era stato Trent a parlarle e raccontarle come tutto potesse cambiare "Si sistemerà tutto", ma mai lei si era data davvero da fare perchè quello accadesse. Finchè c'era stato lui, non ce n'era stato minimamente bisogno, ma dopo... QUando lo aveva perso, aveva capito che non poteva andare avanti in quel modo ed era perciò diventata ciò che era in quel momento: sicura di sè e forte.
 
Accarezzò istintivamente la collana... Forte.
Lui notò il gesto "Cos'è?"
"E'... Un regalo" sussurrò lei sorridente.
Non capiva. Lei non capiva. Perchè ogni ragionamento tornasse a Duncan... In un modo o nell'altro. Scossè leggermente la testa così da tornare alla realtà ed allontanare i suoi pensieri per un po'... Aveva bisogno di rilassarsi.
"Bella! Che vuol dire?"
"Forza"
"E chi te l'ha regalata?" continuò lui sorridente.
"Duncan, per il mio compleanno" disse lei senza rifletterci. Solo dopo qualche secondo lanciò uno sguardo a Trent. Il suo sorriso era scomparso. Ma non era triste o arrabbiato. Aveva un'espressione come persa nel vuoto.
"Capito..."
"Che c'è?" chiese lei intenzionata a sapere il motivo di quella reazione, ma il ragazzo, come tutta risposa sfoderò nuovamente un suo sorriso "Niente Gwen! Non preoccuparti!"
 
QUando i due tornarono a casa, Gwen venne immediatamente accolta dallo sguardo corrucciato di Duncan "Siete pazzi?"
"C-Cosa?" chiese lei.
"C'è un assassino! Come vi viene in mente di andarvene in giro così?"
"Io e Gwen dovevamo parlare dei vecchi tempi, chiarire alcune situazioni... Volevo passare con lei un po' di tempo"
l'altro come tutta risposta si voltò arrabbiato "Muoviti Trent, io e Geoff torniamo in perlustrazione, vieni?"
"Vi dispiace se per stavolta passo? Sono un po' stanco" 
"Fa come vuoi" disse Duncan secco raggiungendo la porta. Geoff era già fuori ad aspettare.
 
I due si diressero nell'aeroporto più grande della città. Lì poteva esserci qualcuno... O almeno così i due speravano. Se avessero incontrato l'assassino avrebbero sempre potuto sfruttare la situazione e prenderlo. Se si fossero trovati in un caso critico avevano delle armi. Duncan aveva infatti pensato a rifornire anche Geoff con una pistola che aveva sempre trovato nell'auto della polizia di pochi giorni prima.
 
"Allora, io vado al piano di sopra ok? Tu stai qui e poi ci vediamo fuori in pista e controlliamo gli aerei. Che ne dici?" chiese il punk.
Come tutta risposta, l'altro fece arretrare il carrello della pistola caricandola e annuì "Certo. A dopo!"
 
Iniziarono così a controllare in ogni luogo. Bar e ristoranti per primi. Poi le prigioni dei taccheggiatori, ma nulla. 
Quando andarono a controllare anche i veicoli parcheggiati all'esterno, non ci fu nuovamente niente che potesse dare nell'occhio. Avviliti, salirono in auto pronti a tornare a quella che ormai era considerata la base.
 
Gwen era rimasta sola in salotto. Trent stava dormendo al piano superiore. Dj e Heather stavano studiando i fenomeni dei corpi celesti. Era tutto così silenzioso... Quasi inquietante.
La ragazza si alzò per fare un giro. Doveva intrattenersi. Magari parlare con qualcuno, ma non voleva disturbare certo i due scienziati che tanto facevano per loro, si diresse quindi verso dove doveva trovarsi Trent.
Bussò un paio di volte per poi poggiarsi alla porta "Trent? Sei sveglio?"
Nessuno rispondeva. Forse dormiva davvero.
Poi un rumore, leggero. Si scostò in modo da poter fare aprire all'amico senza problemi, ma dopo qualche secondo, ancora nessuno era uscito "T-Trent... Ci sei?" indagò nuovamente lei.
Nulla.
Aprì la porta incerta.
Nessuno era dentro. Guardò attraverso la stanza, il rumore era stato provocato dalla finestra, aperta, che sbatteva contro il muro a causa del vento. La ragazza entrò per poi chiuderla.
 
Uscì poi dal salotto... Trent non c'era... "Eppure aveva detto che sarebbe stato lì..." sussurrò certa di essere sola.
"Gwen..." la ragazza si voltò. L'amico era dietro di lei con uno sguardo serio.
"C-Cosa c'è? Stai bene?" era strano non vederlo con il suo solito sorriso.
"Ti stavo cercando" 
"D-Dimmi" fece lei appoggiando la schiena alla parete.
 
Duncan e Geoff erano ormai arrivati. La perlustrazione, per quanto infruttuosa, era durata più del previsto. Fuori era ormai buio.
"Devono essere circa le 7 di sera..." disse Duncan parcheggiando l'auto di fronte alla porta.
I due smontarono.
 
Il corridoio si era fatto buio "Che c'è Trent? Cosa devi dirmi?"
"Si tratta di... Noi"
La ragazza spalancò gli occhi. Lui la raggiunse bloccandola con le braccia alla parete "Di che noi parli?"
"Gwen..." fece lui con una voce che la spavetò. Mai lo aveva sentito parlare in quel modo "...Sei bellissima..." continuò lascivo per poi accarezzarle il collo.
"C-Che fai?" chiese lei  senza fiato. Travolta da quel comportamento così strano.
"Io..." esordì per poi sfiorarle i fianchi.
Lei immediatamente reagì scostandogli bruscamente la mano "Cosa fai?" fece a quel punto arrabbiata e sorpresa da quel comportamento così atipico per il ragazzo.
"I-Io..." cercò di dire lui con un viso sorpreso di se stesso "Scusa... Io... Scusa! Io vado!" disse per poi voltarsi e correre via.
 
Cosa stava facendo? Gwen si era lasciata andare a terra. Quella voce, quel tocco... Erano così freddi... Spaventosi. Lo aveva allontanato in un misto tra sorpresa e terrore. Trent non era così... Non lo era mai stato. Forse la amava? 
La verità era che lei si sentiva sorpresa di se stessa. Di come aveva reagito. Lo aveva colpito invece che allontanarlo con gentilezza. Invece che parlagli. Lo aveva spinto. Forse in modo troppo crudo ferendolo. Aveva avvertito il suo contatto in un modo sbagliato. Non gli aveva dato spiegazioni, ma semplicemente allontanato. Ma la verità è che lei non aveva avvertito il cuore battere per sorpresa o felicità. Si era sentita confusa, poi spaventata.
 
Duncan stava camminando per il corridoio.
Doveva dire agli scienziati della ricerca totalmente a vuoto, ma trovò di fronte alla sua strada Gwen seduta a terra con gli occhi lucidi. Ma non stava piangendo, no. 
"Gwen?" fece lui chinandosi alla sua altezza "Che succede?"
Lei sentì quella voce calda consolarla totalmente "Duncan!" esclamò voltandosi verso di lui, il quale sorrise confuso sentendo quella strana reazione alle sue orecchie... Così agitata "Sì..."
Si buttò sulle sue spalle. Il quale, chino sui piedi dovette mantenere l'equilibrio poggiando una mano a terra sopreso da quell'azione.
Con l'altra le avvolse la schiena.
"Duncan!" stavolta lo urlò letteralmente. Quasi piangendo... "C-Calma... Sono qui..." disse lui confuso.
RImasero così a lungo, mentre lei cercava di calmarsi, imperterrita a non lasciare quell'ombra che l'aiutava a mantenere la calma. Non si era mai sentita tanto dipendente da qualcuno. E lui, lui rimaneva in silenzio... Non capendo ciò che la ragazza avesse, incerto sul chiederglielo. Confuso sul motivo per il quale rimanesse lì senza muovere un muscolo oltre ai polmoni.


to be continued...

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Capitolo 7
*** La fine del mondo... VI ***


La Fine Del Mondo... VI
 
 
Eccomi che aggiornooo!!!! *O* Allora, spero tanto vi piaccia :33 Recensite e ditemi che ne pensate! :D


Duncan stava finendo di cenare. Era ancora turbato dal comportamento di Gwen. Non capiva quella reazione di poco prima e non aveva nemmeno tentato di farle domande. 
Sospirò.
Le aveva detto che forse era meglio che riposasse un po', così, in quel momento era nel salotto accanto a dormire.
Prese l'ultimo boccone per poi alzarsi verso la macchina del caffè. Non aveva intenzione di addromentarsi. O meglio sentiva che se lo avesse fatto si sarebbe sentito angosciato da troppi incubi, e poi, in un certo senso sentiva di dovere provare a difendere almeno Gwen, che in quel momento sembrava così debole, da quell'assassino di cui avevano sentito parlare.
Non che sapesse con certezza che quell'uomo sarebbe andato lì, ma Duncan era certo che il suo piano fosse uccidere gli svegli. E aveva notato anche di come avesse evitato di farsi sentire, ciò voleva dire che non voleva farsi inseguire. Il suo obbiettivo era essere furtivo, quindi, quale miglior momento per colpire una base abitata da 6 persone se non la notte? Mentre tutti dormivano.
Non appena la miscela fu pronta iniziò a bere. Senza zucchero. si appoggiò al bancone della cucina, per poi abbassare lo sguardo.
In quel momento entrò Trent "Oh! Duncan... Sei sveglio..."
"Non riesco a dormire" mentì lui prendendo un altro sorso.
"Nemmeno io. Poi, in effetti, cercavo proprio te..."
"Che c'è?" chiese il punk atono.
"Volevo chiederti..." esordì l'altro sedendosi "..Se tu e Gwen avete una storia"
Duncan sorpreso, lasciò andare a terra il bicchiere di plastica, rovesciando il licquido caldo "N-No" disse per poi chinarsi intenzionato a pulire.
"Oh... Allora posso dirtelo. Io la amo. Dalle medie provo per lei qualcosa di fortissimo, ma non ho mai avuto l'occasione di dirglielo... Poi, mi sono trasferito, ma ora... Ora è di nuovo qui"
L'altro si rialzò sorpreso da quella notizia. Non capiva. Perchè Trent gli stesse dicendo quello e soprattutto perchè proprio a lui. 
"E perchè lo dici a me questo? Non sono il tuo stupido diario" fece secco Duncan. Non sopportava passare nemmeno un attimo con quel ragazzo, per quale ragione avrebbe dovuto ascoltare i suoi segreti? Sentiva quel solito fastidio aumentare, probabilmente a causa di quelle cose che con lui, non centravano nulla.
Perchè era per quello, vero?
Non era infastidito dal contenuto del segreto, ma dal fatto che quello stupido si stesse prendendo troppe libertà, o almeno così si ripeteva Duncan.
"Oh, beh, volevo solo evitare di fare casini"
"Ascoltami, siamo in guerra. Non so se hai afferrato che c'è qualcuno che sta cercando di ucciderci. Quindi non mi importa dei tuoi sentimenti o segreti. Io sto accettando tutto l'aiuto possibile, ma non vuol dire che accetti anche le persone che me lo danno" detto questo, il ragazzo si voltò per uscire, ma prima "Se ami Gwen, diglielo. Perchè se va a finire male, te ne pentirai di essere stato zitto" poi uscì dirigendosi verso il piano inferiore. Avrebbe fatto un giro per l'edificio.
 
La mattina, Duncan venne raggiunto da Geoff "Hey! Ciao... Sei stato sveglio tutta la notte?"
il ragazzo strofinò una mano sul viso "Si nota molto?"
"Sei uno straccio... Forse è meglio se riposi! RImango io qui! Non ti preoccupare Duncan"
"Greazie Geoff" rispose lui per poi dirigersi al piano di sopra. Arrivò nel divano della cucina, dove aveva parlato poche ore prima con Trent. In quel momento era vuoto. Quel codardo doveva essere tornato a dormire.
Sospirò, per poi dirigersi verso il bidone della spazzatura per buttarci il bicchiere che si era dimenticato a terra.
Stava per gettarlo, quando notò nel cestino un oggetto metallico. Lo prese. Era la collana che aveva regalato a Gwen... Quindi lei l'aveva buttata...
La mise in tasca infastidito "cosa mi è saltato in mentre quando l'ho presa?" sussurrò tra sè e sè "Probabilmente non le piace..."
Poco dopo entrò anche lei.
Si teneva la testa con la mano in preda ad un dolore fortissimo, probabilmente a causa del pianto "Oh... D-Duncan!" disse poi vedendo il ragazzo seduto.
"Buongiorno Gwen... Cos'hai?"
"Un male alla testa fortissimo... Purtroppo ieri devo avere pianto troppo... A proposito..." disse raggiungendolo "Grazie... Per... Per essermi stata vicino"
"Mh" fece lui semplicemente per poi andarsene lasciando lei da sola.
La verità? Era arrabbiato o meglio irritato nell'avere trovato la collana nel cestino... Forse la delusione era causata sopratutto dal fatto che le feste non erano mai state un bel ricordo, non per lui almeno, e quel regalo tra i rifiuti, non era certo da aggiungere a una bell'esperienza. Sospirò. Forse Trent e Gwen dovevano semplicemente stare insieme. Infondo aveva notato lo sguardo di lei. Erano perfetti... In modo irritante.
 
Lei era rimasta sola, confusa. Duncan se n'era andato. Aveva notato quel suo tono di voce infastidito. Si sedette sul divanetto mentre si massaggiava insistentemente le tempie per fare passare più velocemente il dolore. 
Dopo qualche minuto fermò le mani e le lasciò scivolare sui capelli fino al collo, che trovò sorprendentemente nudo. 
Iniziò a toccarlo insistentemente alla ricerca di quel filo sottile, ma nulla. Presa dall'agitazione iniziò a cercare più velocemente, ma ancora niente.
"Dov'è?" si chiese dirigendosi verso il bagno, dove c'era lo specchio. 
Quando vide la sua figura senza la collana si sentì mancare. Per lei quel piccolo oggetto significava qualcosa... Anche se nemmeno lei era riuscita a capire con certezza cosa. Sapeva solo, che il regalo fatole da Duncan per era importante, e notando che non ci fosse più, si spaventò.
Non capiva. La sera prima lo aveva. Aveva passato tutta la cena a osservare il piccolo ciondolo andare avanti e indietro sul piatto di plastica. A letto non poteva averlo perso, pensò. Infondo, era allacciato abbastanza bene, ma anche con quella certezza, dovette andare a controllare. Nulla. Nemmeno tra i cuscini.
Si gettò le mani tra i capelli delusa. 
"Gwen, che fai?" la ragazza si voltò. Geoff era appena entrato.
"Non trovo più una cosa..." fece agitando le mani ansiosa 
"Calma! Di che si tratta? Ti aiuto!" disse allegrò il ragazzo avvicinandosi.
"E'... Una collana"
"Come è fatta?" chiese il biondo chinandosi sul divano.
"E' piccola. un filo nero e il ciondolo argentato... Forse oro bianco. E'... Un ideogramma"
"Mh..." il ragazzo si fermò "Ho visto Duncan con in mano una cosa simile... Possibile?"
Gwen si alzò in piedi e corse fuori "Duncan è nell'atrio, vero?"
"S-Sì!"
 
Si stava rigirando tra le mani il piccolo pendente. Aveva mandato Geoff di sopra. Lui non ce la faceva. Non capiva... Perchè tutta quella rabbia? Tutto quel fastidio?
Infondo era solo uno stupido regalo... Nulla di che.
"Duncan! L'hai tu!" si voltò. Gwen era sorridente dietro di lui. SI avvicinò per prendere il gioiello, ma lui ritrasse la mano. Lei lo guardò confusa "Perchè fai così? E' da prima che sei strano..."
"Beh, se non ti piace non devi tenerla..."
"Cosa? Io l'avevo persa e-" "Nel cestino della spazzatura? Posto strano dove perdere la roba..."
"Cestino? Ma no! Io..."
"Ascolta Gwen, puoi anche non mentirmi" tagliò corto il punk rinfilando l'oggettino in tasca "Ciao"  Fece per andarsene, ma la ragazza gli afferrò il braccio per fermarlo "No! Aspetta! Io non ti sto mentendo! Ridammi la collana!"
Il ragazzo si fermò, per poi guardarla un istante. Stava gridando aggrappata alla manica della sua giacca "Dammela! Io non l'ho mai buttata! Te lo giuro!"
"Perchè dovrei crederti? Infondo era nella spazzatura"
La ragazza spalancò gli occhi "Geoff! C'era anche lui! La stavamo cercando! E' stato lui a dirmi che l'avevi tu!"
"D-Davvero?" chiese il ragazzo confuso.
Lei annuì freneticamente "Se vuoi chiediglielo!"
La guardò un attimo, sufficiente per capire che stesse dicendo la verità. Come sotto trans, sempre guardandola in quei grandi occhi lucidi, estrasse dalla tasca la piccola collana per poi porgergliela "tieni..." poi tornò zitto. Iniziò a riflettere.
Chi poteva essere stato? Non lo capiva... Chiunque avesse gettato la collana, per quale ragione avrebbe dovuto farlo? Un motivo valido... Non c'era. O per lo meno così credeva. Così sembrava andare a parare la sua logica.
Gwen nel frattempo si era rialacciata la collana. Nemmeno lei capiva perchè fosse stata tra i rifiuti.
Cominciò a ripercorrere la serata precedente mentalmente. Era certa di averla avuta fino a cena... E dopo, la sola cosa che era successa, era stato lo spiacevole incontro con Trent.
Si voltò verso Duncan, incerta se dirglielo. Era imbarazzata da quell'avvenimento, sopratutto in quanto non era riuscita a intendere perfettamente le intenzioni di quello che reputava un grande amico d'infanzia.
Ma di Duncan si fidava. Doveva parlargli "Ieri Trent, mi è venuto incontro... E ha cominciato a... A parlarmi e toccarmi..."
Il ragazzo si voltò verso di lei. Quindi era per quello che Gwen aveva pianto?
"Si comportava in modo... Inquietante. Ma forse sono stata io a vedere tutto distorto... Sta di fatto che ad un certo punto mi ha sfiorato il collo... Io l'ho allontanato e poi sei arrivato tu" disse riferendosi al momento nel quale l'aveva trovata in lacrime. "Forse è stato lui"
"Mh" annuì semplicemente il ragazzo dopo avere ascoltato. Non sapeva che altro fare. Sentiva una rabbia crescere nei confronti di quello stupido, ma non avrebbe fatto nulla. Lui era uno dei pochi alleati dopotutto. Forse, poteva dire a Gwen di quello che gli aveva riferito, che la amava. Invece no "Beh, anche se fosse, non è questa la cosa su cui dobbiamo concentrarci. Io vado. Di a Geoff che sono al porto vicino. E che posso fare anche da solo visto che è piccolo." poi se ne andò. Senza nemmeno salutarla.
Lei sussurrò un semplice "sì" per poi salire le scale verso l'amico.
 
Duncan salì in auto e mise in moto. Diede un paio di colpi al volante infastidito, per poi accellerare. Voleva terminare in fretta quella perlustrazione.
Arrivo dopo circa venti minuti. Parcheggiò per poi iniziare a cercare nei pochi traghetti attraccati. Erano tutti o vuoti o ospiti di corpi addormentati. Sospirò mentre usciva dall'ultima barca. Stava per tornare in auto, quando avvertì un rumore a pochi metri. 
Incuriosito gli corse incontro.
Arrivò nel luogo da cui aveva sentito provenire il suono, ma la sola cosa che aveva davanti era una strada vuota. O meglio, con nessuna persona. Abbassò lo sguardo deluso, e notò ai suoi piedi un piccolo oggetto lucido. Si inginocchiò e presto lo riconobbe.
Tirò velocemente fuori dalla tasca interna della giacca la propria pistola. Poi, ne estrasse la carica. 
La aprì.
Una decina di proiettili fuoriuscirono. 
Proprio come pensava. Quello a terra era un proiettile. Molto piccolo. Più dei suoi. Ciò significava che chiunque ne fosse il proprietario, tirava con armi di precisione, in quanto si doveva avere esperienza, per una buona mira con quel tipo di proiettile. Si sentì percorso da una scossa di paura. Seguì l'istinto e afferrò il piccolo oggetto. Era caldo.
Spalancò gli occhi sorpreso. 
O quel piccolo proiettile era appena stato sparato, cosa che valutò però improbabile, in quanto non era scalfito più di tanto, o, ipotesi che lo terrorizzò moltissimo, era caduto dalla mano di qualcuno, per l'appunto, calda.
L'assassino, era perciò lì.
Insieme a lui, in quel momento.
Si alzò fingendosi per nulla incuriosito o in ansia e si diresse verso il veicolo. Non si guardò intorno neppure una volta, per non fare capire a chiunque fosse lì, che lui se ne era reso conto. Salì e accese il motore, per poi partire.
 
Gwen e Geoff erano in salotto, quando vennero raggiunti da Dj e Heather "Ragazzi, buongiorno!" fece lo scianziato accomodandosi con gli altri.
I due sorrisero semplicemente, prima che Dj intervenisse nuovamente "Duncan?"
"E' andato al porto qui vicino, ha detto che essendo piccolo ci avrebbe messo poco a perlustrarlo, quindi immagino che a minuti sarà qui" fece Gwen.
"Capito. Trent invece?"
"Lui starà ancora dormendo, non lo abbiamo visto" rispose Geoff tranquillamente
"Cosa? Trent dorme nel salotto al terzo piano, ho ragione?"
La ragazza annuì ricordando la sera precedente e rabbrividendo, cercando però di non darlo a notare.
"Era vuota. Ci siamo passati davanti ed era vuota." disse lo scienziato.
"Cosa? Ma... Ma non lo abbiamo visto da nessuna parte e"
In quel momento la porta si aprì "Ero a fare una doccia, ecco perchè non c'ero! Spero di non avere creato problemi!" esclamò Trent sorridente entrando nella stanza.
"Oh! Non preoccuparti... Bene, direi di potervelo dire... A Duncan lo dirò più tardi io. Abbiamo analizzato i fenomeni interstellari avvenuti in questo periodo e abbiamo notato che non c'è stato alcun particolare movimento in quanto ad astri e stelle. Nulla che ha dato nell'occhio. Nessun vento solare particolarmente forte. Niente che possa avere provocato ciò che è accaduto"
"Cosa vuoi dire?" chiese immediatamente Gwen sentendo concretizzarsi ciò che era stata solo un'ipotesi, o almeno così aveva detto Duncan.
"Non lo sappiamo" ammise Heather intrecciando le braccia sul busto.
Calò in silenzio. Le varie supposizioni iniziavano a invadere ormai l'animo di tutti, ma nessuno lo ammetteva ad alta voce... FOrse tutti troppo terrorizzati dalle conseguenze. Forse anche lei, anche Gwen, era per quello che stava zitta. Duncan aveva detto che era meglio mantenere il silenzio per il momento, e lui lo avrebbe ascoltato. Infondo da quando si trovavano in quella situazione, insieme, non aveva mosso un passo falso. Per questo riponeva in lui, una fiducia tale da accecare.
 
Il ragazzo fermò l'auto a pochi metri dalla porta d'ingresso per poi correre verso l'interno. Era vivo. Sospirò.
L'assassino era stato forse persino al suo fianco, ma lui era ancora vivo. Forse quell'essere era, proprio in quel momento lì fuori.
Corse al piano di sopra, dove trovò tutti nella cucina. 
Aveva il fiatone a causa della paura mista all'ansia, la fatica fisica era ormai tempo che non la provava.
Gwen la notò. Quell'espressione diversa dal solito.
Si alzò e lo raggiunse "Duncan?"
"Vieni!" disse prendendola per un braccio e portandola in corridoio.
Non sapeva nemmeno lui perchè, ma doveva dirglielo in privato. Non voleva che gli altri sapessero. Non si fidava di tutti. Solo di lei ciecamente.
 
"C-Cosa c'è?" chiese la ragazza confusa.
Lui iniziò a frugare nelle tasche dei pantaloni, per poi estrarne il piccolo oggetto trovato poco prima "Questo."
Lei iniziò a rigirarselo tra le mani "Lo hai..." "Trovato al porto, e non sai il meglio"
Gwen fermò le dita, per poi alzare lo sguardo verso il ragazzo ancora con il fiatone 
"Era caldo. Probabilmente è scivolato di mano a chiunque lo avesse..."
A quel punto la ragazza non potè trattenersi. Ebbe un sussulto di terrore. Poggiò una mano sulle labbra per fermare l'imminente grido che la stava cogliendo mentre si lasciava scivolare di mano il proietile spaventata "N-Non..." ora capiva. Ora capiva cosa volesse dire con semplici ipotesi.
Perchè solo in quel momento il fatto che qualcuno li volesse morti, si faceva incredibilmente ovvio. Tragicamente ovvio.
Chiunque fosse la persona intenzionata ad ucciderli, si stava impegnando e certamente, li stava seguendo. Non c'era altra possibilità, in quanto era impossibile che la casualità portasse essa a trovarsi sempre nello stesso luogo loro. 
E lentamente realizzò anche quanto avesse rischiato di perdere Duncan. Lui era solo. Se non avesse trovato il proiettile, probabilmente, non sarebbe mai fuggito e a quell'ora sarebbe stato solo un corpo steso a terra, ma a differenza degli altri morto.  Sanguinante. Freddo.
 
 Il ragazzo si chinò per raccogliere l'oggetto che lei si era fatta scivolare dal palmo scioccata. Si rialzò ritrovando il suo volto a pochi centimetri dal proprio. Quello sguardo perso.
Lei si buttò immediatamente si di lui per abbracciarlo "Sei vivo!" disse poi.
"S-Si.." fece Duncan indietreggiando di una paio di passi per evitare di cadere all'indietro per poi poggiare le mani sulle spalle di lei e allontanarla. Si guardavano così, uno negli occhi dell'altra "Non dirlo a nessuno, ok?"
"Cosa? E perchè?"
"Io... Non mi fido... Di nessuno di loro" disse calmo continuando a guardarla.
Lei annuì "Ok..."
"Grazie..." disse per poi lasciarle le spalle e dirigersi verso la cucina.
"Aspetta Duncan!"
"Mh?" fece lui voltandosi.
"Dj ha detto che non è naturale ciò che è successo, cioè... Non hanno trovato alcuna spiegazione"
I due rimasero lì pochi istanti a osservarsi... Sapevano entrambi cosa pensava l'altro. Quell'ipotesi, tanto inquietante, si stava facendo sempre più amara e concreta. Sempre più dannatamente vicina.

to be continued...

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Capitolo 8
*** La fine del mondo... VII ***


La Fine Del Mondo ... VII
 
Ehyyy! Aggiorno ;) spero vi piaccia sto capitolo e non so che altro direee >.< sono in ansiaaaaa x'D
Allora, anticipiamo che Trent dirà una cosa a una persona e che questa persona risponderà che ******************************** [NO SPOLIER] x''D poi Duncan dirà una cosa e anche Geoff e Dj e Gwen e parleranno un po' tutti tranne Heather ='') come in ogni capitolo x''DD okok, sono strana O.o meglio che vi lasci leggere =33

"Dj ha detto che non è naturale ciò che è successo, cioè... Non hanno trovato alcuna spiegazione"
I due rimasero lì pochi istanti a osservarsi... Sapevano entrambi cosa pensava l'altro. Quell'ipotesi, tanto inquietante, si stava facendo sempre più amara e concreta. Sempre più dannatamente vicina.
 
 
Tornati nella stanza i due vennero accolti da sguardi confusi e in attesa.
Duncan si guardò intorno per poi intervenire "Non ho trovato nulla al molo..." disse fingendosi deluso, ma in modo incredibilmente convincente.
Nessuno osò ribattere. Gwen non era l'unica ad avere notato le capacità del ragazzo nel destrarsi in quella situazione, perciò nessuno aveva infierito o altro.
Dj gli si avvicinò "Duncan, puoi seguirmi di sopra? Devo dirti una cosa" fece alludendo a ciò che gli aveva rivelato Gwen poco prima. Lui annuì. Poi uscirono.
 
Trent si avvicinò a Gwen "Hei... Che stavate facendo tu e Duncan fuori?" chiese il ragazzo sorridente.
Lei come d'impulso posò una mano sul collo, forse troppo in fretta, facendogli notare il gesto, ma lui non si scompose vedendo la collana al suo posto, affatto "Stavamo parlando... Di una cosa"
"Non me lo vuoi dire, eh? Beh! Non importa!" esclamò lui allacciandosi le mani dietro la nuca con fare disinvolto.
A quel punto anche Geoff si fece più vicino, per poi dire in modo indifferente mentre si versava della birra in un bicchiere "Credo non siano affari tuoi Trent" poi prese un sorso.
L'amico non si scompose nemmeno con quella frase e mantenne lo stesso sguardo, Gwen invece si alzò quasi soffocata da quella presenza che aveva iniziato a inquietarla... Prima l'aveva avvicinata in quel modo... Poi le aveva preso la collana, ma perchè?
Il biondo notò la mano della ragazza sul pendente "La collana che avevi perso?" chiese
"Oh! Sì!"
"Era quella che aveva Duncan?" continuò lui sedendosi sul bancone.
Lei si limitò ad annuire, per poi aggiungere "L'ha trovata a terra... Probabilmente l'ho persa ieri sera" sorrise falsamente Gwen. 
Non voleva fare capire troppo a Trent. Non che non si fidasse, ma semplicemente, lei risuonavano sempre in testa le parole di Duncan... Le aveva detto di non fidarsi di nessuno e lei lo avrebbe ascoltato.
"O-Ora vado!" esordì poi la ragazza.
"Oh! Giusto! Gwen, mi hai ricordato che devo andare con Duncan ad un'altra perlustrazione!" esclamò Geoff alzandosi.
"Trent, ci sei tu?"
Il ragazzo annuì silenzioso per poi alzarsi anche lui "Dove siamo diretti?"
"Appena fuori da Toronto se ho capito bene, una piccola pista d'atterraggio per elicotteri"
Uscirono dalla stanza, dove li aspettava già Duncan, che era  stato informato della scoperta da Dj.
"Posso venire anche io?" chiese poi Gwen.
"Mh? Sei pazza? Vuoi rischiare la vita?" si oppose subito Duncan guardandola storto. Si era forse dimenticata di ciò che le aveva raccontato, mostrato?
Se aveva ragione, l'assassino sarebbe stato dannatamente presente. Se aveva ragione, quell'essere li stava seguendo con grande astuzia.
"Voi lo fate, no? E perchè io dovrei essere da meno? Detesto essere inutile! Oltretutto, anche io ho un'arma!" continuò lei riferendosi alla pistola che teneva nella fondina a tracolla.
Duncan lanciò un'occhiata al cielo esasperato, per poi doversi ritenere costretto ad accettarla.
 
Partirono immediatamente.
Arrivarono dopo una buona mezz'ora. La zona era piccola, ma un eventuale estraneo poteva nascondersi facilmente tra i capannoni e le taniche vuote di gasolio e benzina. C'era un odore acre per tutta la pista e solamente un paio di veicoli. 
"Mh... Chi controlla dentro?" fece Duncan riferendosi ad una piccola zona di controllo.
Gwen e Trent si fecero avanti. Gli altri due si occuparono del resto della pista.
 
"A che pensi Duncan?" chiese Geoff notando lo sguardo dell'amico mentre perlustravano il primo elicottero.
"Di che parli?"
"Hai una faccia cupa..." si limitò a dire il biondo cercando nel vano bagagli.
"E'... Che... Bah! Cazzate!" tagliò corto l'altro chiudendo il portellone.
"E' per Trent?"
 
Gwen stava controllando la parte est dell'edificio. Trent la ovest. Nulla. Non aveva percepito alcun movimento, se non di alcune cartacce causato dal ventilatore lasciato acceso probabilmente prima dell'incidente. Sospirò frustrata.
Si voltò pronta a raggiungere Trent, ma non ce ne fu bisogno, in quanto lo trovò alle sue spalle, a un palmo da suo viso.
"T-Trent!" esclamò lei sorpresa.
"Gwen, devo parlarti" disse il ragazzo noncurante di avere colto la ragazza all'improvviso con uno sguardo serio, troppo.
"C-Che c'è?" chiese lei.
"Quello che ho fatto ieri sera... Io ho sbagliato, ma l'ho fatto perchè... Ecco... Vedi.. Io... Io ti amo"  confessò infine continuandola a guardare negli occhi.
Le pupille di lei divennero minuscole macchie scure sentendo quelle parole. 
Le sembrava di essere nuovamente una bambina, in una di quelle tante notti che aveva fatto quel sogno, in cui lui si dichiarava e in cui lei, innamorata come non mai gli rispondeva un inesorabile "sì" alla domanda "Vuoi metterti con me". Ma ora, era tutto diverso.
Aveva passato interi anni della sua vita pronta a quel momento, conoscendo la risposta, sapendo cosa dire, come dirla e con che occhi. In quel momento, una ragazza di 13 anni saltava di gioia quasi con le lacrime agli occhi sentendolo dire parole simili. Ma 18 anni, sono diversi da 13. 18 anni fioriscono senza nemmeno che te ne rendi conto ed ecco che ti ritrovi in un mondo sadico e masochista. 
Un mondo evoluto a tal punto, da potere cambiare i sogni di una vita "Io no" sussurrò infine certa.
Certissima.
Lui trasformò la sua espressione in un sorriso "Stupida" fece per poi posarsi un palmo sulla fronte.
"S-Stupida?"
"Ho fatto tardi..."
"Mh?"
"Dovevo dirtelo quando ero ricambiato, eh?" chiese lui sempre sorridendo per poi abbassare la mano "Ma... Il tempo non è mio amico" disse alludendo al fatto che in passato avesse perso l'occasione per il trasferimento in california.
"Beh, andiamo? Non ho trovato niente di là" chiese per poi voltarsi verso l'uscita.
"Ma Trent!"
"Non preoccuparti Gwen... Lo posso capire."
La ragazza sentì il petto stringerle a causa del senso di colpa, ma non poteva farci nulla. Si era resa, tutto d'un tratto conto di non provare più nemmeno la traccia di quel sentimento che l'aveva fatta piangere ben 5 anni prima. Era sparito... O forse semplicemente mutato. Mutato in una sorta di magra e debole amicizia, infondo dopo tutto quel tempo, la loro non era tornata l'amicizia di prima.
Lo seguì silenziosamente fino all'uscita, dove Duncan e Geoff li aspettavano.
"Trovato qualcosa?" fece secco Duncan. Aveva un tono di voce infastidito.
La ragazza scosse semplicemente la testa, per poi dirigersi verso l'auto con gli altri. Per lo meno non avevano trovato tracce dell'assassino. Anche se non sapeva nemmeno lei fosse un buono o cattivo segno.
 
Il resto della giornata passò tranquillamente, o almeno così sembrava all'apparenza. La verità era che Duncan non si era ancora ripreso da quell'irritazione che gli faceva provare quella mezza calzetta di Trent. Aveva passato l'intero pomeriggio a rigirarsi tra le mani la pistola guardandola scintillare coi riflessi solari.
Fuori faceva particolarmente freddo, ma il ragazzo era rimasto comunque tutto il tempo in terrazza, non curante della temperatura. Aveva semplicemente bisogno di riflettere. Si era detto così per ore, senza mai però arrivare ad una vera e propria conclusione.
Voleva capire perchè si sentisse tanto infastidito. La risposta a quello era semplice, il suo comportamento, atteggiamento, carattere particolarmente accondiscendente faceva saltare i nervi. Duncan era però sempre stato circondato da falsi, e li aveva sempre ignorati. Perchè con lui non era così facile?
Fingere che Trent non esistesse lo avrebbe tranquillizzato in un certo senso, ma gli veniva impossibile. Voleva sapere dove era in ogni istante. Magari a importunare Gwen... 
Si colpì la fronte con il palmo dandosi più volte dell'idiota, mentre si alzava, iniziando ad avvertire il freddo intaccarlo.
Tornò dentro. Entro poco sarebbe arrivato il tramonto, e con esso la temperatura si sarebbe abbassata ulteriormente.
Dopo pochi minuti, mentre camminava per i corridoi, incontrò Gwen "Ciao"
"C-Ciao" fece lei notando di nuovo la durezza della sua voce "Stai bene?"
"Certo, perchè non dovrei?"
"Ti vedo solo... strano. Sei freddo. Ti infastidisco forse?" chiese lei.
"Ovviamente no Gwen... E' solo... Sono tante cose... Incertezze... Inizio a piegarmi" ammise il ragazzo abbassando quella corazza che lo ricopriva da settimane.
"Non ti piegherai"
"Ci sono troppe cose. Alcune non le capisco nemmeno io di me... In più sono frustrato. Oggi non abbiamo preso ne l'assassino, ne tantomeno abbiamo trovato piloti svegli..."
"Non importa, ce la faremo"
"Come ne sei tanto sicura? Da dove vengono tutte queste certezze?"
"Da te" sussurrò lei imbarazzata, lasciando a bocca aperta il ragazzo. 
"Da... Me?"
Lei annuì con lo sguardo basso "Duncan... Tu mi hai aiutato fin dall'inizio e sono certa, che per quanto soffrirai o traballerai, non cadrai mai! Ne sono certa! Come certa sono che l'aria che respiro mi permette di vivere!" 
Lui spalancò gli occhi. Quella ragazza... Era qualcosa di incredibilmente soprendente... Incomprensibile per certi versi, ma anche ammaliante per altri.
La ragazza si fece rossa in viso per poi andarsene. Aveva detto tutto ciò che pensava... Senza rifletterci affatto. Si sentiva in imbarazzo, ma era pur vero che non poteva rimanere in silenzio... 

to be continued...

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Capitolo 9
*** La fine del mondo... VIII ***


La Fine Del Mondo... VIII
 
 
Ahhhh *o* Aggiorno ='') Allora, mi piace tutto sommato come è venuto il capitolo, spero vi emozioni (un minimuccio?? :33) è che credo che la maglia dei Green Day mi ispiri (si dico cazzate...)
E recensite che è importante per me sapere i vostri pareri >3<



Il giorno dopo Duncan si era risvegliato totalmente stravolto dalle parole di Gwen, fu questo, probabilmente, che gli fece prendere un respiro, per poi farlo partire di prima mattina per le ricerche, senza nemmeno aspettare che si alzassero gli altri.
Era appena l'alba, circa le 6, e le strade erano buie. Sapeva di un porto a pochi kilomentri, fuori città, ma non importava. Sarebbe arrivato entro circa 3 ore, o almeno così sperava.
 
Gwen aveva avvertito dei passi provenire dal corridoio, si era così svegliata. Accese la luce, l'orologio segnava circa le 6 e mezzo. Era molto più presto rispetto al solito.
Sospirò. Non sarebbe certamente riuscita a tornare a letto, perciò, dopo essersi infilata una felpa, uscì dalla stanza per capire che fosse l'altra persona sveglia.
I corridoi erano vuoti, il suono che aveva sentito, però, era certissima di non averlo immaginato. Ad un certo punto, una porta le si aprì di fronte agli occhi, Geoff.
"Gwen... Sei tu?" chiese il ragazzo assonnato mentre si strofinava distrattamente gli occhi. Probabilmente lei doveva averlo svegliato.
"S-Sì... Scusa, se ti ho svegliato... Solo che... Non riuscivo più a dormire" inventò lei giocando con le dita con l'orlo della felpa
"Ma figurati... Piuttosto, che ora è?"
"Circa le sei e mezza... Ora vado! Forse preferisci dormire!"
"Ma figurati... In sti giorni non dormo comunque... Troppa ansia" sussurrò il biondo "Perchè non andiamo a fare colazione, eh?"
La ragazza annuì "ok, vado a mettermi la maglietta" disse lui, che per l'appunto dormiva a torso nudo. Dopo essersi infilato una t-shirt, si diresse con la ragazza in cucina.
 
Si prepararono un caffè ognuno.
Rimanevano in silenzio, ognuno avvolto nei propri pensieri esasperanti, e Gwen, si sentiva ormai svenire. Tutta la pressione che le stava appresso, sembrava non volerla più lasciare andare. Esasperata lanciò un'occhiata a Geoff. Lui sembrava invece un ragazzo sempre felice, ma in modo differente da Trent. Era simaptico, ma capiva perfettamente ciò in cui si trovavano. Geoff provava semplicemente a smorzare la tensione, ma non im modo eccessivo facendo loro perdere il punto su cui focalizzarsi, lo faceva in modo tale da non fare crollare nessuno. Forse era per quella ragione, che Duncan si ritrovava meglio a parlare con lui, pensò la ragazza. Aveva infatti notato come i due stessero iniziando a parlare e stringere un legame. Ma allora perchè Duncan non si fidava ancora?
Sospirò nuovamente. Doveva distrarsi...
"Come è successo?" intervenì poi Geoff "intendo... Nessuno sa come tu e Duncan siete svegli, me lo chiedevo da un po'!"
"Oh..."
"Se non ti va di parlarne non importa... Mi chiedo solo che è successo in ascensore! E' la sola cosa che so che è successo in ascensore!" iniziò a ridere lui in modo malizioso.
La ragazza divenne rossa in viso per poi scuotere la testa nervosamente "Non facevamo nulla di quello che pensi!! E' che io stavo fuggendo..."
Il ragazzo smise di ridere, per poi guardarla confuso "fuggendo?"
Lei annuì "Sì, ecco... Lui era venuto per una rapina, ma ha trovato me in mezzo... Io ero terrorizzata e gli ho tirato contro il caffè bollente... Credevo volesse ferirmi, anche se lui continuava a dire di no!" sorrise. Quel ricordo tutto sommato era divertente.
"A quel punto, mentre era distratto, ho aperto la botola che si trovava sul tetto dell'ascensore e ci sono salita, e per rimanere in equilibrio mi sono aggrappata alle corde... Lui fece lo stesso per provare a raggiungermi, preoccupato che potessi ferirmi. Poi, è saltata la luce e in quel momento... Beh, è successo così, il resto si sa, no?" continuò lei sorridendo.
"Capisco... Buffo" confermò lui alzando gli occhi al soffitto "Direi che tra tutto ciò che ci è successo, è la situazione più divertente... Cioè, hai cercato di acccecare Duncan?" continuò lui tornando a ridere e lei gli venne dietro "G-Già"
Poi Geoff si fermò confuso "A proposito di Duncan, lui a quest'ora di solito è sveglio... O meglio, si alza"
"D-Davvero?"
"Sì, me lo ha detto un paio di giorni fa, una notte che non riuscivo a dormire. Mi disse che non riusciva a dormire oltre l'alba... Si sente perennemente in dovere di aiutarci"
La ragazza abbassò lo sguardo "Forse dovremmo cercarlo... Magari sta facendo la ronda per l'edificio"
L'amico annuì.
 
Passarono qualche minuto camminando per i corridoi, non vedendo niente, pensarono poi di controllare eventualmente, in quella che ormai consideravano la sua stanza... Era vuota.
"Mh... Potrei chiamarlo" disse Geoff estraendo dalla tasca il cellulare.
Gwen osservò il ragazzo andare velocemente tra i contatti in rubrica per poi chiamare. Lei non aveva il numero di Duncan. Non capì bene il motivo, ma quel piccolo, infimo particolare la faceva sentire leggermente sotto tono.
Lui si poggiò all'orecchio il telefono, poi guardò lei "Mi ha dato il suo numero se eventualmente, durante una perlustrazione, ci perdessimo di vista" fece lui come per giustificarsi vedendo lo sguardo di lei.
"Oh... Capisco" sorrise falsamente la ragazza.
 
"Pronto?" Duncan rispose.
"Duncan! Sono Geoff... Io e Gwen ci chiedevamo dove fossi..."
"Ah... Sono in perlustrazione.. Non ho avvisato perchè non mi sembrava il caso. E' una cosa da nulla" rispose tranquillamente il punk mentre attraversava un piazzale buio.
"Ah, ok, allora ciao!"
"Ciao, saluta anche Gwen" detto questo, attaccò.
 
"Allora? Dov'è?"
"Non preoccuparti Gwen! Ha detto di essere ad una perlustrazione, non ha avvisato nessuno perchè non era nulla di che"
Lei sentì quelle parole traviarle il cuore. Nulla di che? Dopo tutto ciò che stava accadendo? Stava rischiando la vita senza avere avvisato nessuno... Era impazzito.
Sentiva l'ansia prenderla... Per cosa poi? Non era morto, ma era comunque terrorizzata.
"Gwen... Scommetto che sta benissimo. Non devi preoccuparti" disse Geoff notando nuovamente lo sguardo di lei... Quei due nascondevano qualcosa. Una grandissima fiducia nell'altro. O almeno questo era ciò a cui era giunto a pensare il biondo. Non aveva certezze, ma era chiaro quanto il sole il sorriso che si dipingeva su di lei nel parlare con il punk.
Posò una mano sulla sua spalla "Avanti, torniamo in cucina, eh?"
La ragazza annuì leggermente.
Stavano camminando di fronte alle stanze degli altri, cercando di mantenere il silenzio, quando avvertirono da una un rumore, che lei riconobbe immediatamente. Si voltò verso la porta fermandosi "Questa è..."
"La camera di Trent"
"Hai sentito il rumore?"
"N-No..."
"io sì" detto questo, lei avanzò aprendo la porta. Dentro non c'era nessuno. Come aveva notato poco prima, solo la finestra aperta. Il suono che aveva avvertito erano le ante delle finestre che sbattevano a causa del vento.
Si voltò verso il biondo, che trovò con uno sguardo confuso "Trent?"
 
Duncan stava controllando un apio di zone di controllo, quando avvertì alle sue spalle un rumore. 
Si voltò.
Nulla. Solo il buio di quella notte ancora da portare a termine.
Rimase fermo qualche istante, per poi avvertirlo nuovamente, più chiaro, il medesimo suono, ma ancora nessun movimento percettibile con gli occhi.
Tirò fuori dalla findina la pistola, e portò velocemente indietro il carrello. 
Poi l'ansia.
L'arma non aveva fatto il suo tipico suono che significava la presenza del proiettile.
Spalancò gli occhi. 
La pistola era senza carica. Qualcuno gliela aveva tolta. 
Nuovamente quel suono. Ormai vicino, troppo.
Lui senza arma era in balia del pericolo, della morte.
Chiuse gli occhi, per poi lasciare cadere a terra la pistola, ormai inutile. Sentiva il cuore battere all'impazzata. 
Aveva ormai capito fin troppo bene che chiunque gli avesse tolto le pallottole, era anche uno dei suoi nuovi coinquilini. Perciò l'assassino viveva con loro.
Abbassò le mani sui finachi per poi stringerle a pugno fino a conficcarsi nei palmi le sue stesse unghie, fino ad avvertire il sangue colare.
La morte... Non lo aveva mai terrorizzato tanto.
Si era sempre detto che morire sarebbe stata forse, la cosa migliore che gli sarebbe mai capitata, ma in quel momento si rendeva conto di quanto invece, c'era qualcosa per cui valeva la pena di vivere.
Sospirò, per poi riaprire gli occhi... Già immaginava la canna della pistola del suo assalitore di fronte ai suoi occhi, ed infatti eccola.
Non appena aprì gli occhi vide quel metallo brillare con il riflesso della luna.
Oltre, il volto dell'assassino coperto da un passamontagna.
 
Si dice che quando stai per morire, vivi esattamente cinque minuti nei quali ripercorri la tua vita sotto un seplice sguardo, la verità... La verità era che il solo pensiero che può passarti di mente è "sono nella merda.." sussurrò Duncan mentre sentiva l'avversario tirare indietro il proprio carrello. Dannazione. Il suo aveva i proiettili.
Non tutti erano in grado come il punk di avvertire una cosa simile solo attraverso quel rumore... In quel momento, forse avrebbe preferito non esserne in grado, così da non potersi rendere conto che una pallottola gli avrebbe attraversato il cervello.
Ormai era spacciato, e la cosa più insopportabile, era che era costretto a rendersene conto. Quindi, a quel punto, chi avrebbe potuto dargli dell'idiota?
Sorrise.
Sorrise come un povero in delirio.
Sorrise per non piangere.
Sorrise per essere forte fino alla fine.
Sorrise pensando che nessuno lo avrebbe più ritrovato.
Sorrise rivedendo il viso di lei... Di Gwen.
Il grilletto fece un leggero cigolio, mentre l'uomo di fronte a Duncan esercitav a una leggerissima pressione sul grilletto.
 
Poi, dalla tasca, una vibrazione, il cellulare.
Non ci riflettè nemmeno. Lo estrasse, infondo ormai cosa aveva da perdere? 
Ironico lo mostrò all'assassino sempre sorridendo, per poi poggiarlo all'orecchio. Infondo sapeva che quell'uomo non avrebbe mai parlato. Sarebbe stato troppo rischioso. Duncan avrebbe scopreto chi era immediatamente.
Lui non disse nulla "Duncan? Sei tu? Sei andato solo alla perlustrazione, giusto?"
Fu in quel momento che il suo sorriso divenne un ghigno "Così credevo... Chi manca?" facendo quella domanda, lanciò un'occhiata al suo assalitore, il quale capendo che le sole persone con cui il punk poteva parlare erano i suoi coinquilini, abbassò l'arma per poi correre. Stava tornando alla base.
Senza nemmeno pensarci, Duncan lasciò a terra il cellulare macchiato di quel sangue che a forza aveva fatto colare dalla propria pelle, doveva inseguire quell'essere. 
Il mondo lo aveva graziato, in un certo senso, anche se in effetti, era pur vero, che l'assassino aveva ancora l'arma con se.
Corse verso l'auto, per poi carcare di mettere in moto.
Nulla.
Il motore non partiva... Lanciò uno sguardo al cielo, per poi iniziare a riflettere. Quell'uomo era stato uno stupido... Lo aveva lasciato andare. Forse colto dal momento... Si era detto così in quei minuti nei quali aveva assaporato la vita in modo unico... Si era detto che il suo assalitore, colto dal fatto che stesse per essere scoperto aveva cominciato a correre, dimenticando di ucciderlo, ma era stupido. In quel moemnto lo realizzava.
Cercò di concentrarsi, e fu in quell'istante che vide sopra il cruscotto un piccolo oggetto, una sorta di prtachiavi, con all'estremità un'elica in movimento.
Si fermò.
"cazzo..."
Dieci secondi. Non uno di più e l'auto esplose insieme a causa di quella minuscola bomba.

to be continued...

_sara97rocker_

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Capitolo 10
*** La fine del mondo... IX ***


La Fine Del Mondo... IX
 
_capitolo che spero tanto vi emozioni... :') 
non credo ci sia altro da dire, buona lettura

 
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"Non credo più all'esistenza di nessuno,
perchè se esistesse davvero qualcuno, 
non se ne starebbe lì, a guardare tutto questo"

"cazzo..."
Dieci sencondi. Non uno di più e l'auto esplose a causa di quella minuscola bomba.
 
"D-Duncan ci sei??" fece Geoff dopo avere avvertito un suono secco seguito da dei passi, causati dal fatto che il ragazzo aveva lasciato a terra il cellulare per rincorrere l'assassino, ma il biondo non ne sapeva nulla.
"Che succede Geoff?" chiese Gwen vedendo l'amico parlare a vuoto.
"Non so... Ho sentito dei rumori poi niente." rispose lui confuso mentre rimetteva in tasca il cellulare.
"E Ducnan? Ti è sembrato strano? La voce o.."
"Appena gli ho chiesto se era con qualcuno, ha cambiato totalmente tono"
La ragazza abbassò lo sguardo per poi sentire una paura dentro se, crescere a dismisura. Non voleva crederci, ma le sembrava ormai troppo ovvio "Cosa ha risposto prima di attaccare?"
"Letteralmente? -Così credevo, chi manca?-"
Gli occhi di lei si assotigliarono. Lui si era ritrovato faccia a faccia con l'assassino. Ora tutto si faceva cristallino, fin troppo.
Per quella ragione lui non aveva creduto in nessuno. Per quella ragione la sua fiducia era stata così scarsa. Duncan aveva sempre sospettato che la persona che voleva fermarli, fosse tra loro, e non lo aveva ipotizzato invano.
Ma cosa era accaduto dopo? 
Probabilmente, la persona che voleva ucciderlo, aveva avvertito la telefonata chiaramente. 
Sospirò.
"Con rumori, cosa intendi avere sentito prima?"
"Alcuni erano passi, per certo... E siccome li ho sentiti chiaramente allontanarsi, credo anche che il primo suono, fosse il cellulare cadere a terra"
Lei spalancò gli occhi. Perchè lasciare cadere il telefono? SI mise le mani tra i capelli. Che gli avesse sparato poi fosse fuggito?
Lui spense i suoi dubbi "Nessun rumore precendente o successivo. Nessuno sparo. La sua voce non era troncata da nulla..."
Lei si voltò di scatto verso il biondo sentendo quella frase... Ora stavano quindi correndo? Dovevano avere entrambi l'auto, ma due differenti se Duncan non si era accorto della presenza dell'altro, e anche di strade, quindi, due differenti.
Chi sarebbe arrivato primo alla base?
"Geoff, hai sentito dei suoni prima di svegliarti?"
Il ragazzo annuì "Alle sei... Ho pensato fosse Duncan, poi un altro alle sei e mezza circa, forse tu"
Gwen scosse la testa "A-Alle sei?" cominciò ad attraversare il corridoio nervosamente, una, due, tre volte mentre la respirazione non le dava pace "I-Io mi sono alzata avvertendo un suono alle 6 e mezza... Ciò cuol dire che i due sono partiti a orari diversi, ma che uno ha usato una scorciatoia..."
Non proseguirono nemmeno la frase, che si capirono al volo e si diressero frettolosamente verso tutte le porte dell'edificio per bloccarle. Se fosse stato Duncan il primo ad arrivare, lui aveva il numero di Geoff e gli avrebbero aperto, ma se invece fosse stato Trent, pensò Gwen chiudendo una porta con più catenacci, non avrebbero mai dovuto farlo entrare.
 
Era lui l'assassino. 
Il ragazzo del quale aveva avuto una cotta stava cercando di eliminarli uno ad uno, perchè aveva ben notato come assalisse le persone rimaste sole.
Non credeva potesse essere vero. A volte si fermava in mezzo alla stanza per tornare a respirare e si diceva fosse tutto in incubo, ma la voce agitata di Geoff la risvegliava inesorabilmente, esortandola a fare in fretta.
Ormai, fuori stava sorgendo il sole. 
Sbarrarono anche tutte le finestre, tranne che all'ultimo piano, dove si appostò Geoff per controllare movimenti all'esterno.
Gwen, nel frattempo era andata a svegliare Dj e Heather avvertendoli dell'accaduto, si erano poi, tutti e tre, incamminati verso la postazione del biondo esasperati e alla ricerca di tracce di Duncan.
Verso le nove di mattina, nessuno de due si era ancora fatto vivo. 
Geoff aveva passato tutto il tempo alla ricerca di qualcosa, ma niente, mentre la ragazza aveva tenuto tra le mani il cellulare del biondo con il disperato bisogno di sentirlo suonare.
Trent forse non sarebbe nemmeno più tornato, sperava Gwen, ma Duncan... Lui stava tardando dannazione!
Geoff si voltò verso di lei "Gwen... Devo chiederti un favore"
La ragazza iniziò ad ascoltarlo attenta
"Ho bisogno di un'arma con mira di precisione. Duncan ne aveva prese alcune dall'auto della polizia e le ha lasciate al piano terra, in uno sgabuzzino vicino all'entrata. Mi serve la più grande che trovi... Se arrivasse Trent, non credo sarebbe il caso di lasciarcelo sfuggire. Duncan mi ha insegnato a usarla..."
Gwen annuì per poi uscire e dirigersi verso il piano inferiore.
L'ultimo piano dell'edificio era il settimo.
Guardò qualche istante l'ascensore, ma optò poi per le scale sapendo di avere bisogno di scaricare tutte quelle energie negative che le bloccavano la gola.
Iniziò quindi a correre per le varie rampe.
Alla fine giunse al piano terra. 
Aprì lo sgabuzzino.
Rimase inizialmente sorpresa di ciò che il punk aveva nascosto per tutto quel tempo all'insaputa di buona parte degli abitanti, ma soprattutto, che segretamente, avesse avuto fiducia in Geoff, almeno un minimo.
Anche se aveva ripetuto sempre il contrario.
Non sapeva nemmeno lei se sentirsi tradita o felice del fatto che il solo a sapere di quel piccolo arsenale fosse il biondo, ma non ci riflettè più di tanto estraendo un fucile con la canna particolarmente lunga e un silenziatore. Spostando l'arma, notò attaccato al muro un foglio, con su scritto "forza". Lo mirò qualche istante per poi sfiorarlo e sentire un vuoto oltre esso.
Lo staccò dalla parete e vide un piccolo foro con all'interno una scatola. Proiettili.
La prese e notò delle scritte sopra, fatte dalla stessa persona che aveva fatto il foglio... Iniziò a leggere. 
 
"Gwen, carica le armi con questi proiettili, perchè sono tutte scariche. Ho insegnato a Geoff come colpire, ma lui non aveva la minima idea di dove potessero essere questi. Se li hai trovati, vuol dire che infondo non sono un incapace... E soprattutto vuol dire che ti sto lasciando tra le mani tutto ciò che abbiamo. Vuol dire che ora sarai tu a dovere aiutarli, perchè se sono dovuto ricorrere a questo stratagemma, vuol dire che io, ora non sono lì. Vuol 
dire che io ora sono nella merda.
Vi auguro buona fortuna, Duncan"
 
La ragazza lesse il saluto sussurrando con le lacrime agli occhi. Allora era proprio così. Duncan si era fidato solo di lei ciecamente fino alla fine.
No. Non la fine.
Rilesse quelle parole.
Era nei guai, forse in pericolo. Proprio come pensava.
Stava tardando troppo oltre.
Guardò la porta che aveva incatenato accuratamente per evitare ogni possibile scasso. Non avrebbe mai creduto sarebbe stata lei a prendere delle tenaglie per spezzare l'acciaio.
Ormai era evidente, per quanto gli altri non capissero, che Trent era andato via. Non sapeva dove, ma solo un folle sarebbe tornato, anche perchè molto probabilmente, era a conoscenza delle armi che custodivano ed era a conoscenza che Geoff non avrebbe esitato a eliminarlo vista la sua freddezza nei suoi confronti.
 
Stringeva le tenaglie con tutta la sua forza cercando di scalfire i catenacci. Usava moltissima forza, ma ne valeva la pena, si diceva per andare oltre ogni suo limite.
Poi, lo sentì il becco dell'attrezzo addentrarsi nel metallo. 
Le sue lacrime scendevano ancora, prepotenti... Non doveva gridare, non doveva dire nulla, nessuno doveva accorgersi di lei.
Di ciò che stava facendo.
Un'ultima stretta e il rumore assordante della catene che si spezzavano la fece sentire libera. Sorrise vittoriosa, per poi spalancare la porta.
Fuori il sole era fortissimo, anche se solo all'apparenza, visto la reale temperatura esterna.
Alzò lo sguardo, Geoff in quel momento, stava controllando l'altra parte dell'edificio. Il suo era un piano perfetto.
Il suo viso divenne  dipinto di tristezza quando guardando fuori, sentì il mondo apparirle sempre più grande e sconfinato... Lei era solo una briciola. Qualcosa di invisibile.
E doveva trovare, in mezzo ad altri miliardi di invisibile particelle, quella che lei stava cercando.
Non sapeva nemmeno se era morto. Non sapeva niente. Non sapeva se fosse davvero in pericolo, ma quella lettera, la sensazione che ne era nata... Non davano pace al suo cuore. Anche se invano, sarebbe partita.
Sospirò, per poi portarsi alla testa il cappuccio sentendo il freddo.
Cominciò a correre stringendo le mani a pugno fino a fare sbiancare le nocche. L'ansia non era mai stata tanta.
 
Non appena fu lontana circa un kilometro, estrasse dalla tasca, il cellulare dell'amico. Aveva un piano, non era un'illusa.
Controllò le ultime chiamate.
Duncan.
Ringraziò il cielo e il creatore stesso perchè conosceva come entrare nel sistema gps del telefono del punk e iniziò ad attrezzarsi. Una laura in elettronica le serviva per una volta.
Era fortunata. Erano lo stesso modello, più semplici da bypassare.
Si era seduta contro la parete di un super market mentre digitava velocemente i vari codici. Aveva incontrato solo un paio di password da criptare e dopo circa venti minuti era nel sistema telefonico di lui.
Attivò il gps.
Dodici kilometri di distanza.
Doveva prendere un'auto, ci avrebbe messo solo un quarto d'ora.
 
Alzò lo sguardo e vide di fronte a sè una monovolume. 
Per al prima volta, non accennò al disgusto nel accompagnare fuori i corpi delle due persone che erano a bordo, troppo preoccupata e in ansia, e dopo averlo fatto mise volecemente in modo per poi partire.
 
Geoff era corso di sotto avvertendo un suono sordo.
Aveva trovato la porta spalancata, le catene a terra. Inizialmente aveva pensato a Trent, ma non c'era segno di lotta. Un ficile a terra con a fianco una scatola, e una lettera.
La lesse.
Rimase muto un istante con lo sguardo basso.
Gwen era andata a cercarlo.
 
Aveva compiuto il viaggio arrivando a toccare i 200 kilometri orari senza nemmeno rifletterci. Dava solo ascolto al suo cuore, ormai al punto si esplodere.
Stringeva spasmodicamente il volante, alle volte colpendolo in preda alla totale disperazione. 
Cercava di tranquillizzarsi, dandosi della stupida... Infondo non poteva sapere se Duncan era davvero in uno stato critico, infondo Geoff non aveva sentito spari.
Strinse nuovamente tra le mani la pelle che ricopriva il volante, mentre premeva l'acceleratore con tutta se stessa.
Cambiò marcia, per poi tornare ad accellerare.
Lasciò un istante la presa di una mano, passandosi il polso sugli occhi per asciugare altre lacime, poi tornò svelta ad agguantare il cambio.
Lanciò uno sguardo al display del cellulare. 
Mancavano solo 5 kilometri.
"Sto arrivando Duncan"
 
Poi, un pensiero le passò velocemente per la testa. Ma non abbastanza da non farglielo notare.
E se Trent fosse stato ancora lì? Forse stava giocando con Duncan... Forse sarebbe morta anche lei in un'impresa folle.
Ma doveva! si disse scuotendo il capo. Doveva.
Doveva farlo per quel ragazzo che l'aveva salvata persino da se stessa. Dalle sue paure... Che le aveva dato fiducia, momenti felici...
Sospirò. 
Per Duncan cosa, non avrebbe fatto?
Doveva mettere da parte la sua codardia e concentrarsi su ciò che davvero contava. Lui aveva scritto quella lettera senza alcuna istruzione ne pretesa. Non aveva chiesto di essere salvato, ma lei, lei lo faceva lo stesso.
Lo immaginava imprecarle contro che era un stupida testarda. E pianse di più al pensiero che se gli fosse successo qualcosa, non lo avrebbe mai più fatto.
Altri 2 kilometri ed era là.
Non abbe il tempo di formulare altro che spinse sul pedale per accellerare come mai prima... I minuti passavano, inesorabili... Perchè, per la prima volta da quando il mondo si era ritrovato come era, il tempo scorreva più veloce? troppo.
Un ultimo sospiro prima di sentire un piccolo suono emesso dal cellulare di Geoff. Era a meno di un kilometro da quello di Duncan. Fermò l'auto immediatamente, per poi scendere.
 
Era in un piazzale ampio, asfaltato. 
Notò il telefono del punk a terra, lampeggiare a causa del gps acceso. Era al fianco della sua pistola.
Corse incontro al cellulare e lo raccolse, si rese conto solo poi, del licquido del quale era impregnato. Sangue.
La mano iniziò a tremare  e il telefonino le scivolò nuovamente a terra. Gli occhi spalancati dal terrore.
Voltò lo sguardo sul proprio palmo, vermiglio per il sangue. 
Sentì il respiro farsi più frenetico. Ma il corpo non c'era. cominciò dunque a voltarsi a destra e a sinistra, finchè da dietro una stazione di controllo, notò del fumo.
Le gambe tremavano, ma non aveva scelta... Con tutta la forza che aveva cominciò a correre attorno l'edificio, finchè dietro non trovò ciò che rimaneva di un'auto, in fiamme.
Si fermò terrorizzata, mentre l'odore soffocante del fumo le impregnava i polmoni, ma non se ne curò e si fece avanti in quella coltre di macerie ferrose, finchè non notò qualcosa che le fece balzare il cuore in gola... L'avrebbe riconosciuta ovunque... Ciò che aveva davanti agli occhi. Lo raccolse. Era ciò che rimaneva della giacca di pelle di Duncan.
Quindi quell'auto... Tornò a guardare la macchina in fumo... Mentre aveva cominciato ad abbracciare con tutta se stessa quel pezzo di cuoio nero...
Si fece cadere a terra sulle ginocchia mentre scuoteva la testa... Non poteva essere morto... Era inaccettabile. 
Lui era l'ultima cosa che le era rimasta a fianco... Per davvero. Lei senza Duncan sarebbe crollata. Lo sapeva. sarebbe... Morta.
Si posò le mani sul volto celandolo, a chi poi?
Era sola, avvolta da quel fumo, da quelle fiamme, che erano la tomba di lui... Ingiustamente lo erano. Osava immaginarlo coinvolto nell'esplosione, soffrire, morire.
"No... Duncan..."
Si stava accasciando in quelle sensazioni, quando avvertì un rumore. Spaventata, alzò lo sguardo, e notò in lontananza, una mano muoversi sotto un paio di lamiere. Lei, in fretta si alzò.
Spostò le macerie che sovrastavano quel braccio, poi vide il suo viso... Duncan. "D-Duncan..." mugulò lei con la voce strozzata dalla paura e le lacrime "A-Andrà tutto bene..."
Cominciò a scostare velocemente tutto ciò che lo bloccava, finchè lui, non le prese la mano nella sua con le poche energie che aveva "No..." sussurrò poi.
Lei si fermò a guardarlo.
Sanguinava ovunque. Aveva una ferita che gli attraversava un sopracciglio, un labbro spaccato e dalla bocca gli usciva del sangue... Ormai, non si distingueva più il colore della mano, tanto era coperta da quel dannato licquido vermiglio, ma lei non si scompose... Doveva rimanere calma. Ingoiò la saliva che le si era bloccata in bocca per poi sussurrare "Ti salverò"
"G-Gwen... E' inutile..."
Lei scosse la testa ormai accecata da quelle gocce salate che arrivavano a solcarle le guance "Invece no!"
"Gwen... S-Sto morendo" disse lui con la voce strozzata.
"No... Tu vivrai... Shhhh..." fece lei cercando di mantenere la voce più calma possibile, ovviamente invana. Lui si rendeva conto di tutto quello dannazione. Stava morendo. Lei che aveva cercato di celare con tutta se stessa quella verità. Lui invece lo diceva così apertamente... Le tornò alla mente quel giorno in cui le aveva rivelato le sue paure...
 
"Io non sono affatto calmo. Io sono il primo in questo mondo ad essere terrorizzato dal concetto di morte... Come potrei essere calmo?" iniziò a dire lui scuotendo la testa "I-Io ho paura. Sono terrorizzato. Non capisco. Sono spaventato da ciò che non può essere capito... Da ciò che non si spiega... E la fine del mondo... Come si spiega?" chiese infine voltandosi verso di lei piangendo "Perchè qualcuno dovrebbe morire? Chi lo meriterebbe??" chiese disperato.
 
Non lui... Lui non lo meritava. Non Duncan.
Strinse più forte la sua mano "Vivrai dannazione..." disse per poi notare una lamiera conficcata nel fuo petto. La estrasse attensa, per poi usare il pezzo di giacca che aveva tra le mani per fasciare la ferita.
Notò amaramente che il sangue ocntinuava auscire "Vivrai.." conitnuò lei armeggiando come meglio poteva con le macerie attorno al ragazzo.
Poi la vide, una lacrima solcare il suo viso "I-Io morirò..."
Lei si fermò, per poi accasciare il suo viso sul suo ventre. Non ce la faceva. Non poteva trattenersi. Le lacrime non si fermavano.
Malediceva se stessa, il mondo, il creatore... Perchè tutto quello succedeva proprio a Duncan?
"Gwen... Non piangere" sussurrò a fatica poggiando una mano sulla sua testa.
Lei alzò il volto e si sentì morire, nel vedere il suo con gli occhi chiusi "No!" Poggiò velocemente un orecchio contro il suo cuore.
Lento, ma batteva... Molto lento.
"No! Non ti farò morire! D-Duncan!" iniziò a gridare.
Ma lui rimaneva sdraiato lì... Senza rispondere.
"Duncan! No! Io... Io... Io..." si accasciò nuovamente sul suo petto "Io ti amo" sussurrò poi senza rifletterci... Mai si era realmente resa conto di amarlo... Di amare quel ragazzo... Era innamorata di Duncan.
Spalancò gli occhi realizzandolo.
Come era potuta essere tanto sorda al suo cuore? Ed ora lui stava morendo... Si alzò per poi accompagnarlo in piedi poggiandolo alla sua spalla... 
Lo strascinò per qualche metro, per poi adagiarlo sull'auto "Ti prego, vivi..." disse regalandogli poi un bacio leggero su quel labbro tagliato e vermiglio... Sentì quel tipico sapore ferreo del sangue... Strinse gli occhi terrorizzata... "Ti prego... Vivi..." sussurrò di nuovo a labbra strette.

to be conitnued...

_sara97rocker_

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Capitolo 11
*** La fine del mondo... X ***


La Fine Del Mondo... X

Oggi l'aggiornamento è più corto del solito (chiedo veniaaa >.<) ma ho avuto problemi e alla fine è venuta fuori sta cosa qui x'D Sinceramente? Mi sembra scritto maluccio :/ infatti sono in totale depressione e mi sento parecchio nullità dopo sto schifo, ma ora vado ad aggiornare altre ff T.T Spero comunque vi piaccia e per favore lasciate una recensione e ditemi che ne pensate ^_^ buona lettura :D
 
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Mise in moto, per poi partire. Seguì la strada mantenendo il piede fisso sull'accelleratore, tanto era l'ansia e la paura di perderlo.
100 km/h... 150...200, fino ai 220.
Arrivò dopo pochi minuti.
Scese velocemente dall'auto, per poi spalancare lo sportello dal lato della macchina dove aveva sdraiato Duncan. 
Stava ancora piangendo... Mille sentimenti ed emozioni le attraversavano l'anima e la cosa peggiore era che erano tutte incredibilmente strazianti. 
nemmeno il fatto che si fosse resa conto di quel nuovo amore la aiutava, in quanto se non fosse sopravvissuto, sarebbe stato un sentimento esule, troppo leggero.
Corse verso la porta d'ingresso per poi aprirla totalmente, tornò poi da Duncan, che sollevandolo di peso e poggiandolo sulla propria spalla, portò fino all'ingresso, dove spossata dovette fermarsi qualche istante.
Voltò velocemente lo sguardo al ragazzo. La ferita continuava a sanguinare, ed ahimè, in modo particolarmente agitato. 
Scossè la testa per poi posare il corpo sdraiandolo a terra e premere con tutta la sua forza i palmi sul petto dove appunto il sangue sgorgava ancora caldo. 
Strinse gli occhi mentre sentiva il vomito salirle alla gola a quel contatto, ma non era il momento di cedere. Non quello. Premeva sempre più forte per cercare di fermare o anche solo rallentare l'emorraggia. Ma da sola non poteva farcela.
Alzò lo sguardo. Dall'ingresso poteva vedere bene le scale salire, sperava solo l'avrebbero sentita. Prese un grosso respiro, tutto il fiato che poteva servirle "Aiuto!" aveva gridato con la voce strozzata dal pianto. Nessuna risposta.
"Per favore!! Aiuto! Geoff! Dj! Heather!" implorò nuovamente, ma ancora nulla. Si lasciò accasciare qualche momento col viso contro il ventre di lui. 
Guardò per l'ennesima volta il volto di Duncan traviato dal sangue, dalla paura, dalla pazzia... E maledizione, anche da una punta di morte. Si morse un labbro frustrata da quel suo momento di incapacità e continuò a ferirlo fino a non sentire quel sapore ferreo sulla sua lingua.
Intrecciò la propria mano sinistra alla sua. Non poteva lasciarlo. Non poteva spostare il palmo destro da quella ferita... Ma non poteva nemmeno salvarlo da sola.
Dovevano sentirla e raggiungerla. Dovevano salvare Duncan, perchè stava affrontando al sua più grande paura senza gridare ne chiedere aiuto, ma lei glielo avrebbe dato.
"Aiuto!!" gridò stavolta con più forza, ma ancora nessuna risposta.
Infastidita e sul punto di un vero e proprio cedimento iniziò a stringere con più forza la mano di lui "Aiuto!!!" Continuò a chiedere quasi tremando.
Niente.
 
Scossò la testa non potendo minimamente prendere in considerazione il fatto che lui non ce la facesse o che non potesse esserci un modo per farsi sentire, cominciò dunque a riflettere.
Poteva fare squillare il cellulare di Geoff, ma scartò l'idea capendo che se non avevano avvertito le sue urla, era fuori discussione sentissero una suoneria, ma una cosa più forte c'era.
Spalancò gli occhi per poi estrarre dalla fondina a tracolla la sua pistola.
Tirò indietro il carrello aiutandosi con i denti in modo tale da non diminuire la pressione che esercitava per fermare l'emorraggia, poi mirando in alto, verso il soffitto, sparò. Premette il grilletto pregando con tutta se stessa che l'arma provocasse un suono abbastanza forte o che il proiettile perforasse il piano. 
Tornò poi con lo sguardo basso ad attendere soccorsi, senza nemmeno sapere con certezza se sarebbero arrivati.
 
Geoff, Dj e Heather erano tornati all'ultimo piano, non sapevano se Duncan sarebbe stato realmente in pericolo, ma in ogni caso, sapevano che Gwen non era una sprovvedita e il biondo sapeva ormai per certo che Trent per il momento si era ritirato, quindi non ci sarebbero stati rischi ulteriori.
Non avevano avvertito le urla di lei.
Erano rimasti muti a guardare il pavimento immersi nei loro pensieri, forse segretamente persino spaventati che ci fossero altri in gradio di tramare contro loro, ma pur sempre silenti.
Improvvisamente, un suono.
Sordo, secco, duro.
Anche se flebile probabilmente a causa della distanza, il biondo lo aveva avvertito chiaramente, si era perciò alzato senza dire una parola, per poi dirigersi fuori dalla stanza, verso le scale.
Una ventina di scalini più giù, un proiettile. Che fosse Trent? 
Estrasse la propria arma.
 
Gwen non aveva ancora visto nessuno arrivare. 
Ora teneva perennemente l'orecchio poggiato al petto di lui, oltre la mano. Doveva sentire il cuore conitnuare a battere, sempre.
Senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato lei stessa a tremare. 
Le sue mani ormai erano rosse, impregnate di quel licquido che fuoriusciva prepotente dalla ferita sul corpo di lui, ma non le importava. Si sarebbe macchiata persino l'anima pur di salvarlo.
 
Dopo minuti che le erano sembrato ore, dei passi.
Si voltò di scatto con uno sguardo in bilico tra follia e disperazione, una sofferenza troppo forte, mentre sussurrava tra sè e sè una patetica supplica d'aiuto.
Geoff si era fermato, per poi abbassare l'arma riconoscendo Gwen, anche se in quello stato, nessuno avrebbe mai detto con assoluta certezza, che dietro quegli occhi colmi di terrore ci fosse quella ragazza sicura di sè e forte che lui conosceva.
Era chinata a terra, la pelle sporca di polvere e fumo, e i capelli scompigliati, mentre delle lacrime le solcavano impervie il volto.
Notò solo dopo il corpo sdraiato adagiato al suo fianco, e la sua mano, rossa, intenta a fermare rivoli di sangue che traboccavano a dismisura da una ferita gravemente profonda.
Si avvicinò tremante, finchè non riconobbe il viso macchiato di quel vermiglio segno di morte e vita, purtroppo senza sensi.
Lanciò velocemente un'occhiata alla ragazza, poi di nuovo a lui "E' vivo?" chiese in un sussurro.
"Per ora sì... Ti prego aiutami! Chiama gli altri Geoff! Dj e Heather... Loro lo salveranno... Sì... Loro..." iniziò poi a farfugliare in preda al terrore.
Il biondo annuì "A-Aspetta qui, C-Ci metto un a-attimo" detto questo corse ai paini superiori.
Lei si chinò di nuovo su Duncan "Visto? Andrà tutto bene, ok?" continuava a piangere lei.
Non aveva avuto ancora il coraggio di posare gli occhi sulla propria mano, ma aveva visto con chiarezza il volto di Geoff quando l'aveva notata. Doveva essere lurida di sangue, dannazione... Troppo... Sperava solo di avere rallentato un minimo l'emorraggia.
 
Dopo pochi secondi furono raggiunti anche dai due scienziati, i quali sentenziarono che Duncan doveva essere immediatamente trasportato in un ospedale... Solo lì avrebbero trovato qualcosa per curarlo.
Anche se non erano medici, avevano detto che potevano comunque riuscire a salvarlo, ma senza i macchinari fondamentali non ce l'avrebbero mai fatta.
Geoff lo prese subito, per poi portarlo in auto, poi partirono tutti.
Arrivarono dopo poco tempo fortunatamente.
Il biondo accompagnò il corpo dell'amico fino ad una barella che aveva trovato abbandonata in corridoio, mentre Dj cercava in tutta fretta una sala usata solitamente per le operazioni, non che fosse in grado di farne una, in fondo non era il suo lavoro, ma doveva disinfettare la ferita e controllare ci fossero corpi estranei con un bisturi. Oltretutto, doveva anche essere certo che nessun nervo o polmone fosse stato danneggiato.
Gwen era rimasta sempre al fianco del punk, tenendogli quella mano che lui le aveva afferrato prima di chiuedere gli occhi. Pregando.
 
I due scienziati avevano chiaramente avvisato di come non fossero in grado di compiere operazioni, ma di come, però fortunatamente, Dj conoscesse l'anatomia comparata. 
Aveva perciò iniziato a ispezionare la ferita tamponandola nel frattanto con una spugna imbevuta di disinfettante.
"Ok, non ci sono corpi estranei, ma ciò che lo ha ferito, è arrivato a millimetri dal cuore, in punti che io non oso nemmeno sfiorare per evitargli ulteriori disagi, oltretutto ha perso litri di sangue... Veri e propri litri" sospirò infine l'uomo "non possiamo dargliene, non conoscendo dove sia il sangue... Ci vorrebbe troppo tempo"
"Quindi?" aveva chiesto Gwen guardando il ragazzo preoccupata.
"Quindi richiundiamo" disse saccente Heather afferrando un filo e un ago e cominciando a ricucire la carne per poi rifasciare il tutto con una garza.
Ad "operazione" finita, Dj sussurrò che era meglio uscire, così la stanza fu lasciata.
 
Gwen era corsa immediatamente in bagno non trattenendo più il voltastomaco dovuto all'ansia e alla paura.
Si era soffermata per la prima volta a osservare la sua mano sporca di quel maledetto licquido... Era impregnata, rossa, odorava di morte e terrore.
Aveva guardato la propria immagine riflessa nello specchio non riconoscendola più. Era così diversa... Incredibilemente nuova.
Era qualcosa oltre la pelle sporca di polvere. Oltre il trucco sbavato i capelli spettinati.
Era quella cosa che si era accesa nei suoi occhi e nel suo cuore. Era un sentimento che si era scavato inesorabilmente un posto dentro lei.
E che sarebbe rimasto anche se lui non ce l'avesse fatta.
Ma sarebbe rimasto solo, coltivato da niente se non ricordo di brevi e tristi giornate, riflettè stringendosi la maglia all'altezza del petto con la mano sporca di sangue, di quello di Duncan.
Si guardò un altra volta. Gli occhi lucidi, gonfi, ancora traboccanti di dolore e lacrime.
Tutte quelle macchie vermiglie che la sfioravano erano ormai rapprese e le sentiva macigni... Lui doveva vivere dannazione... Dopo tutto ciò che avevano fatto... Non poteva andarsene così.

to be continued...

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Capitolo 12
*** La fine del mondo... XI ***


LA Fine Del Mondo... XI

Allora, ciao vado molto di fretta quindi scrivo qui il minimo indispensabile x''D (carnevale x'D) allora, le parti in corsivo sono i ricordi di Duncan e buona lettura :)
 
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"Cos'ha la mamma?" aveva chiesto il bambino. 
"La mamma dovrà riposarsi un po' e andare un po' più spesso in ospedale... Niente di più" aveva sorriso la donna prendendo in braccio quel ragazzino appena undicenne.
Lui si era voltato un istante verso il padre, alla ricerca di conferma, ma il genitore si era semplicemente voltato fingendo di non avere visto lo sguardo di suo figlio confuso, ignorante a certe cose... Ma il bambino, non gli aveva dato peso, infondo suo padre non lo aveva mai trattato in modo molto comprensivo, si era perciò girato nuovamente a guardare la madre e le aveva sorriso abbracciandola.
"Ok mamma, ti voglio bene"
"Anche io, Duncan. Moltissimo"
 
4 anni.
 
"Mamma, sono a casa" aveva detto sull'ingresso il ragazzo quindicenne dopo essere tornato da scuola, ma nessuno aveva risposto.
"Mamma? Ci sei?" insistette lasciando a terra lo zaino e togliendosi la giacca. 
Si diresse poi in cucina mentre si toglieva la giacca.
Calmo, con lo sguardo basso. Arrivato, si versò un bicchiere d'acqua per poi dirigersi in salotto. Forse sua madre era andata a fare la spesa.
Si voltò verso la parete per poi accendere la luce, quando si girò verso il divano, spalancò gli occhi incredulo.
Si fece scivolare di mano il bicchiere senza pensarci, che cadendo si ridusse a centinaia di minuscoli vetri frammentati.
Avvertiva le lacrime arrivare e con tutto se stesso cercava di muoversi, pur sentendo le gambe pietrificate, ma nulla. Non riusciva nemmeno a sbattere le palpebre tanto lugubre e inaccettabile era quella scena.
Poi, all'improvviso, le ginocchia si erano piegate in due come spezzate e lui era caduto a terra in ginocchio, piantando la carne nei vetri rotti, ma quel dolore fisico non lo scalfiva affatto. Urlò, sì, ma non per quello... "Mamma!!" gridò abbassando le mani e facendosi forza per alzarsi, e quando si ritrovò in piedi corse quei tre metri fino al divano, dove la madre era accasciata ad occhi spalancati con il cuore in gola "mamma!" aveva insistito scuotendola leggermente tenendole le spalle.
"Mamma!" continuò sentendosi sempre più mancare, tremare "Mamma!"
Poi, casualmente, le sfiorò una mano. Gelida.
Si ritrasse spaventato mentre le sue pupille si facevano invisibili fessure. Cosa poteva fare? Si guardò un palmo e lo trovò tremante sotto i suoi occhi.
Afferrò velocemente il cellulare per poi comporre un numero.
"Pronto soccorso medico"
"M-Mia madre è senza sensi!" accennò immediatamente il ragazzo.
"Da quanto tempo?"
"Non lo so... Io sono appena tornato da scuola" 
"Ok, sta calmo, dicci dove sei"
Lui aveva risposto indicando via e numero civico e pregando mentalmente arrivassero in tempo... Se ce n'era ancora...
"Ok, stiamo arrivando, intanto prova a farle il massaggio cardiaco ok?"
"C-Cosa?Come?" chiese il ragazzino guardando il corpo di fronte a se
"Ascoltami bene. Poggia i due palmi delle mani uno sull'altro sul petto di tua madre, all'altezza del cuore, ok?"
"S-Sì" ripose lui compiendo ciò che i medici di soccorso gli ordinavano attraverso il cellulare
"Adesso comincia a premere ritmicamente, e dopo averlo fatto 8 volte, falle la respirazione bocca a bocca, ok? Capito?"
"S-Sì, capito" aveva poi iniziato a premere mentre contava mentalmente il numero di pressioni che infieriva al petto della madre
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8. Poi repsirazione.
Proseguì così fino all'arrivo dei medici.
"Ok, siamo qui!" aveva esclamato un uomo alto sulla quarantina con appresso un borsone dal quale estrasse un respiratore manuale che subito diede tra le mani ad un secondo medico, dicendogli di pompare, mentre il primo attaccava alla donna dei cavi per rilevare il battito cardiaco.
Il ragazzino guardava la scena in disparte, sentendosi inerme e inutile, mentre pregava, pregava e pregava per la vita di sua madre.
Perchè lei stava così? Lei non se lo meritava. Lei era una delle persone più buone di quel pianeta e lui lo sapeva molto bene. Era la sola al mondo che gli avesse dimostrato vero affetto in tutta la sua vita. 
"Presto il defibrillatore!" aveva gridato uno dei paramedici.
Perchè il destino era tanto ingiusto? No, perchè la morte lo era?
"Non funziona!!"
"Continuate!"
Per quale ragione lei?
Il monitor continuava a mostrare quella linea dritta, che era il cuore fermo di lei.
"Non funziona!"
Tra tutti. Lei.
"E' finita" disse un uomo mettendo la donna in un sacco nero e chiudendolo.
"Condoglianze..." aveva poi sussurrato andandosene.
Duncan era rimasto lì. Sulla soglia a guardare la strada di fronte a lui con in mano solo un foglio nel quale i medici avevano scritto in che ospedale avrebbero svolto l'autopsia.
Il mondo fuori andava avanti. I bambini giocavano. Il sole splendeva. Risate, giochi... Gioia.
E lui? Lui era fermo. Confuso.
Cosa era successo? Perchè?
Prese nuovamente il cellulare e compose un altro numero... "Pronto? Duncan che c'è? Perchè mi chiami ora? Non sai che sono al lavoro?"
"La mamma..." aveva farfugliato lui a suo padre.
"Cosa?"
"Lei..."
"Cosa?" aveva insistito l'uomo per poi intuire l'accaduto "Come sta? Dov'è? Duncan! Rispondi!"
"E' morta...?" aveva sussurrato incerto il ragazzino per poi attaccare rendendosi conto di quelle parole. Di come fossero pronunciate ad alta voce. Rendendosi conto solo in quell'istante con assoluta certezza che era tutto vero.
Fece cadere a terra il telefono mentre i suoi singhiozzi riempivano la casa. Era morta.
Dopo un'ora era subito corso fuori casa, aveva preso un paio di autobus ed era arrivato fino all'ospedale... 
"Janet Smit" aveva chiesto lui con voce tremolante.
"Mi dispiace, ma non posso dirti nulla siccome sei minorenne... Devi venire accompagnato da un adulto.." aveva sentenziato una donna alla reception.
Stava per gridare, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Alzò lo sguardo. Era il paramedico che lo aveva aiutato prima.
"Piccolo... Che ci fai qui?"
"Come è morta mia madre?" aveva chiesto cercando di trattenere con tutto se stesso le lacrime per quanto impossibile fosse.
"Tua madre soffriva di cancro..." aveva risposto sincero l'uomo.
"E... Ma... ma lei non lo sapeva, no?"
"In realtà, ne era pienamente consapevole... Ha passano tre anni a curarsi presso questo ospedale..."
"Ma a me non avevano detto niente!"
Era così. 
 
4 anni.
 
Nessuno aveva detto a Duncan che sua madre era malata... Nessuno in 4 anni si era degnato di dirglielo. Forse credevano non capisse, ma dannazione, non era più un bambino. Aveva 15 anni... Ma erano rimasi muti.
Sua madre era morta in segreto. 
Strinse i pugni sui fianchi frustrato.
"Mi dispiace..." aveva sussurrato l'uomo "Ma volevo che sapessi che non è a casusa tua se non siamo riusciti a salvarla, che tu non hai alcuna colpa... Anzi! Sei stato più che responsabile..."
"Nessuno merita la morte..." quella fu la prima volta che il ragazzo formulò quel pensiero. La prima "Chi la meriterebbe?"
"Nessuno..." sussurrò in risposta l'uomo.
 
Poi, suo padre lo aveva incolpato di quella morte che non era stata causa sua... Forse in preda alla follia o al dolore... Forse aveva cercato di giustificare così il comportamento che aveva avuto il genitore. Che in preda alla sofferenza, avesse cercato di incolpare qualcuno per attutire il colpo, ma Duncan non accettava lo facesse.
Lui sapeva di quel cancro... Lui aveva sempre saputo di quell'eventualità.
Doveva essere il ragazzino ad arrabbiarsi... Non suo padre, ma era rimasto muto comunque. Ad ascoltare i suoi insulti e le sue infamie in silenzio stringendo la mascella.
 
Tocchi lenti, lentissimi, il tempo scandito solo da questi.
Suoni ovattati.
La paura... Quella attanagliava l'anima come una coscienza troppo sporca... Lurida.
Affrontare le proprie paure era ciò che gli veniva ripetuto ogni giorno fin da bambino... Doveva affrontare le proprie paure per poter essere più forte poi. Ma come poteva affrontare la sua se non morendo. E dopo... Quale sarebbe stata la sua forza?
Dopo la morte non c'è più nulla. Non c'era ne mai ci sarà. Lui non credeva in niente in fondo. Ormai da anni.
Non credeva nella giustizia, nè nei giusti.
Non credeva nell'onestà perciò nemmeno agli onesti.
Non credeva alla felicità, quindi lui non poteva esserlo.
E non credeva nella vita... Ma alla morte. A quella ci credeva troppo, in un modo quasi ridicolo dal punto di vista altrui.
Ma come si poteva non credere a qualcosa che aveva toccato... Che poteva vedere...
La sola cosa in cui credeva, era però anche la più astratta di quel mondo... La sola cosa inafferrabile. La morte non è mai stato qualcosa che puoi evitare. Ma da attendere.
Lui però, continuava a sperare, con tutto se stesso... Che esistesse un modo... Per aggirarla. Almeno uno. L'astuzia forse.
Ma poi, proprio nel momento nel quale aveva creduto di avercela fatta e di avere trovato qualcosa per cui vivere, o meglio qualcuno. Qualcuno per cui valesse la pena di afferrare al volo la vita. Qualcuno per cui valeva la pena credere in qualcosa...
Era in quell'istante, che la bomba era esplosa... E si era sentito vuoto.
Aveva avvertito la pelle bruciare, il sangue bagnarlo persino nell'anima e un dolore smisurato. Aveva paura, una paura disumana. Moriva solo, senza nessuno che ne fosse a conoscenza.
Era rimasto al buio, sotto chili di ferro, mentre una fitta allucinante gli partiva da un punto che nemmeno riusciva a vedere nel petto, aveva poi avvertito dei suoni e raccogliendo tutta la forza rimasta aveva mosso un paio di dita, abbastanza da smuovere anche se di poco una lamiera, e lei aveva avvertito il suono ed era arrivata, piangendo.
Vedeva tutto sfocato, come avvolto da un'imperturbabile nebbia e i suoi polmoni erano diventati pesanti, impregnati di fumo e polvere. Insopportabili. Il respiro fiacco lo sentiva rumoroso nelle sue orecchie.
Lo aveva fatto sentire meglio togliendoli di dosso quei chili che sembravano però tonnellate in quell'istante e poi gli aveva tolto dal petto qualcosa che era rimasto infilzato e che bruciava più delle fiamme che lo avevano avvolto poco prima. 
Le aveva detto di smettere di piangere, le aveva detto di conoscere il suo destino, la sua morte ormai prossima.
L'aveva sentita chinarsi su di lui ed in quell'istante aveva capito che non aveva intenzione di chiederle aiuto. Lui non pretendeva nulla da parte sua, non dopo che era arrivata fin da lui per non farlo morire solo...
Sapeva che sarebbe finita in pochi attimi, ma non importava, non se la sua morte sarebbe accaduta mentre tratteneva nella sua, la mano di lei. Non finchè poteva sentire il suo respiro addosso. Dolcissimo.
Fu in quell'istante che sentì il sentimento della paura venire surclassato da qualcosa... Un setimento più forte, e velenoso, ma pur sempre fantastico... E realizzandolo sentì una lacrima solcargli il volto, poi più nulla.
 
Gwen continuava a guardarsi riflessa nello specchio. Erano ormai intere ore che era lì, in quel bagno. Non le importava che gli altri potessero cercarla, o fossero in pensiero, per lei non contava. Sentiva la mente troppo piena di pensieri trasandati e malconci, ma soprattutto disordinati e confusi.
Tanto era agitata che non riusciva ad argomentare nella sua mente una riflessione concreta. Arrivata ad un punto, trovava un nuvo nesso ed immediatamente tutto andava a rivoltarsi, ma la cosa che più la faceva soffrire era che i suoi pensieri tornassero a Duncan... Ma non al solito Duncan. Ad un Duncan in fin di vita, sanguinante, persino morto.
Si coprì il viso con le mani per poi lasciarsi cadere a terra con la schiena contro la parete. Rimase così minuti e minuti. Incerta sul da farsi, su perchè Trent avesse cercato si ucciderli... Non sapeva nulla. Si sentiva cieca.
E poi tornava a pensare a lui. A come Duncan avrebbe già azzardato ipotesi mentre lei barcollava nel buio.
Si alzò poi, per uscire da quella stanza e si avviò verso dove era stato portato Duncan, quando arrivò, lo osservò con attenzione, ogni particolare... Partendo dai capelli dalle punte verdi alle scarpe rotte e bruciate.
Si soffermò a lungo sulla garza macchiata di sangue, quel liquido che aveva sentito con la sua pelle. Tornò a guardare le palpebre chiuse scongiurando tutti che le riaprisse.
E se fosse morto?
Nella lettera lui le aveva lasciato gli altri da guidare, ma da sola, sapeva benissimo non ce l'avrebbe fatta. Lui l'aveva calcolata male. Lei non era forte. Si era solo voluta fare vedere così, a casusa del suo dannato orgoglio che non accettava di perdere contro un ragazzo, che non accettava di renderla inutile al gruppo. Per quello aveva combattuto. Ma se lui se ne fosse andato per sempre... Lei quella forza, quell'orgoglio... A che scopo lo avrebbe fatto andare avanti? A quale scopo accudirlo?
Per il mondo?
A lei non interessava... Non che ora stava perdendo qualcuno che era entrato a farne parte... Qualcuno che le aveva dato una sicurezza immane.
 
Aveva compiuto una scelta quasi 10 giorni prima. Quella di combattere. Ma l'aveva compiuta ad una condizione. A condizione che ci fosse lui.
Per quel motivo non si era tagliata in un gesto disperato la gola.
Ma se lui se ne fosse andato... La condizione non ci sarebbe più stata. Lei poteva morire.
Era debole.
Inutile.
Piangente.
 
Afferrò il bisturi ancora macchiato che aveva usato ore prima Dj, poi si sedette su una sedia accanto alla barella di Duncan e gli riprese la mano.
Lei non poteva andare avanti con quell'angoscia che le bloccava il respiro.
Tra tutte le opzioni, morire sembrava, per la prima volta, la più allettante. Raggiungere Duncan.
 
Forse era impazzita, e la cosa peggiore era che se ne rendeva perfettamente conto, ma non ce la faceva: lo stress, la paura, i complotti... Erano troppi per una ragazza rimasta sola contro il mondo.
Troppi.
Si sarebbe fatta un taglio netto al polso, poi le vene sarebbero traboccate fino alla morte. Semplice. Il tutto tenendosi aggrappata alla sua mano.
Lo guardò un ultima volta, quel viso spento... Gli si accasciò al fianco "Ti amo" poi alzò il bustiri pronta a tagliare.
"No"

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Capitolo 13
*** La fine del mondo... XII ***


La Fine Del Mondo... XII
 
Ciao a tutti! Dopo circa tremila anni (rispetto al solito u.u) aggiorno x'D
Scusate il ritardo, ma ho avuto dei problemini e beh... Fatemi sapere ;)
Le scritte in corsivo sono una sorta di coma o sogno di Duncan (come preferite ^_^)
BUONA LETTURAA! ♥

 
___________________________________________________________________________________________________________

 
"No"
Quella voce la colse d'improvviso, per poi sentirsi afferrare i polsi in aria dalle spalle in modo tale da farle lasciare il bisturi, che cadde appunto a terra tintinnando contro il duro pavimento lucido.
Ci aveva messo qualche secondo ad analizzare a pieno quella voce... Secondi nei quali aveva sperato con tutta se stessa che guardando Duncan, lo avrebbe visto con gli occhi aperti che parlava. Invece, non era stato lui a gridare quella parola per fermarla. E si era sentita più demoralizzata che mai del vedere invece il suo volto ancora dormiente senza emozione ne la più vaga espressione.
Aveva compreso ormai chi era a tenerla e si voltò frustrata verso gli occhi di lui. Era arrabbiata. Perchè? Perchè l'aveva fermata?
 
Il viso di lei era tempestato dalla rabbia e dalle lacrime che avevano per ore solcato incessatemente le sue guance. I capelli spettinati ed un'espressione supplichevole come a chiedergli di lasciarla andare in pace. Senza fermarla.
 
"Come puoi anche solo pensare di fare qualcosa di simile?" chiese il ragazzo deluso e con una leggera nota di disprezzo, che lei, per quanto comunque leggera ed effimera fosse, notò comunque.
"Geoff... Io non ce la faccio..." sussurrò sinceramente lei abbassando lo sguardo mentre il biondo le lasciava andare i polsi che ricaddero besantemente sui fianchi di lei.
"Mi stai dicendo, che dopo tutto ciò che ha fatto per noi... Per te... Molleresti?"
"Tu... Tu non capisci! Va oltre questo io... Io.." esordì lei voltandogli le spalle, senza però riuscire a proseguire il discorso.
"Tu lo ami, lo so"
Lui non potè notarlo, ma lei profondamente scossa, spalancò gli occhi, e fu per questo, che tornò a cercare lo sguardo di lui... Come in attesa di spiegazioni, che non fecero tardi ad arrivare "Ti ho sentito... Stavo passando e ti ho vista qui e ho sentito cosa dicevi..." ammise
Lei sospirò "Ed ora... Credi sia patetica, no? Vedi... Forse tu crederai che non sia vero... Che stia solo esagerando ciò che succede, ma nell'istante in cui l'ho visto davanti a me, muoversi, sotto quelle macerie... E ho visto che era vivo... Volevo... Volevo essere in grado di dare la mia vita in cambio della sua. Ho desiderato morire... Essere stata io l'impulsiva che è uscita di casa... Che è stata coinvolta in un'esplosione... Volevo essere al posto suo"
"Non sei affatto patetica, Gwen... Anche io ho una ragazza dalla quale vorrei tornare... Anche io amo qualcuno che al momento risulta irraggiungibile... Quando ho visto il mondo finirmi davanti agli occhi... Quando ho visto i cadaveri, io ho pensato a lei. Ho provato a chiamarla. In tutti i modi... Volevo persino raggiungerla. Ero disperato, ma poi... Mi sono detto... Che era inutile. Che in un'isoletta non potevo trovare ciò che mi serviva, e ho cominciato a cercare... A cercare aiuto, ed ho trovato Dj, poi voi... E non ho mai mollato" confessò infine Geoff.
Quel segreto che nessuno sapeva... L'esistenza della sua ragazza.
Gwen guardò il ragazzo con il cuore in gola. Non aveva mai parlato di nulla di simile. Si era sempre fatto vedere allegro o forte alla base, quando in realtà nascondeva qualcosa di tanto triste.
"Gwen... Tu hai avuto qualcosa che la mia ragazza non mi ha lasciato. Duncan ti ha regalato un saluto..." continuò il biondo estraendo dalla tasca la lettera che il punk aveva lasciato sulla confezione dei proiettili "Io... Avrei pagato oro, per uno di questi..." fece sorridendo malinconico. Un sorriso che fece quasi morire dai sensi di colpa Gwen...
"Scusa... Solo che è... Difficile" disse abbassando di nuovo lo sguardo e respirando a fatica in preda a singhiozzi sommessi.
"Lo so..." 
 
Passarono minuti di estremo silenzio spezzato solo dai lamenti di lei sussurrati anche essi. Minuti nei quali rimasero in quella stanza a scavarsi a vicenda quei sentimenti... Minuti nei quali soffrivano per la paura di perdere da una parte un amico che si era rivelato speciale, e dall'altra un ragazzo che significava tutta la vita per lei.
L'idea di morire aleggiava ancora nella mente di Gwen ma era più fievole dopo quelle parole, dopo che aveva riletto più e più volte la lettera... Duncan non aveva chiesto nulla, dannazione!
Nulla se non la preservazione di quelli rimasti... Nulla se non andare avanti... Niente di più.
Sospirò l'ennesima volta. Geoff si alzò "Io vado a fare quattro passi, vieni?"
Lei scosse la testa. Voleva rimanere vicino a Duncan... Almeno finchè fosse rimasto vivo...
 
2 scelte.
Un bivio ti si para davanti agli occhi in modo vivido, ed è in quel preciso istante che capisci che ciò che hai sempre voluto, o che vuoi, non è ciò che scieglierai... Perchè sciegliere quell'opzione potrebbe anche portare qualcosa di brutto... Potrebbe fare crollare tutto in un modo incredibilmente catastrofico e nessuno vuole che sia così... Duncan non lo voleva.
 
Per quella ragione, per la prima volta, la prospettiva di sciegliere di arrendersi alla morte, sembrava quasi... paradisiaca.
 
Era in un luogo buio. Si sentiva minuscolo e non capiva nemmeno il perchè in quanto intorno a lui non c'era nulla. Assolutamente niente.
Eppure, sapeva di dovere compiere una scelta.
Nessuno glielo aveva detto. Eppure lo sapeva. Come sapeva anche che doveva sciegliere... Che non poteva rimanere fermo lì per sempre. E come anche sapeva, o meglio avvertiva sulla sua pelle, che il tempo stava scorrendo inesorabile.
 
Doveva scegliere, se morire... Smetterla di combattere. Avvertiva ancora lacerante il fuoco marchiargli la pelle, mentre i ferri gli scalfivano la carne e il fumo, pesante e impregnato di polvere gli invadeva inevitabilmente i polmoni. E il sangue... Tanto da bagnargli persino gli occhi. Uno sfondo vermiglio. Solo quello lui poteva vedere.
Improvvisamente la sua più grande paura era diventata qualcosa in grado di liberarlo, pur non sapendo cosa trovarci oltre.
L'altra scelta... Era appunto combattere. Combattere per salvare il mondo... Non essendo nemmeno consapevole se ci sarebbe riuscito o meno.
Combattere per vivere. 
E vivere per cosa? Soffrire e temere la propria sorte. Per uccidere i nemici senza pietà. Per non fidarsi di nessuno.
Quale triste destini da parare di fronte agli occhi di un ragazzo appena maggiorenne. Eppure anche reale.
 
Ecco perchè la morte, ignota, ma pacifica, si rivelava più allettante di una vita di sofferenze e diffide.
 
Ma allora perchè... Per tutto quel tempo aveva continuato a combattere?
Si era detto che lo aveva fatto perchè temeva la fine, ma forse... Forse non era solo quello. Era anche a causa di quel viso e di quell'essenza che gli attanagliavano i pensieri. A causa di Gwen.
Da sola ce l'avrebbe fatta, sì.
SI sfiorò la fronte... Vero? Ce l'avrebbe fatta... No?
Forse quella fu solo una scusa per lui, in quanto in sè era più che certo che sarebbe sopravvissuta a quel mondo, ma lui... Lui desiderava sopravvivere con lei in quel mondo.
 
 
Aprì gli occhi per poi richiuderli immediatamente accecato dalle lampade a neon della stanza. Una luce troppo forte per i suoi occhi stanchi. 
Aveva la bocca impastata e i polmoni leggermente pesanti mentre avvertiva una fitta abbastanza forte da fare gridare chiunque, eccetto a quanto pareva lui, sul petto.
Nulla lo avrebbe più ferito come il fuoco che gli carbonizzava la pelle. Che lo bruciava vivo. Strinse comunque gli occhi sentendo il dolore farsi più vivo anche se solo per pochi secondi.
Riaprì lentamente gli occhi assorbendo così a poco a poco la luce che illuminava tutto intorno e sentì i suoi occhi blu lucidi, colmi di lacrime tentate di celare.
Strinse un momento i lenzuoli, per poi fare una leggera pressione, così da sollevarsi a sedere, ma si dovette fermare avvertendo un peso all'altezza della sua pancia.
Alzò leggermente il collo fino a scorgere una chioma corvina e bluastra posata su di lui dormiente.
Non resistendo allungò una mano fino a sfiorarla e fu in quel momento che lei si voltò strofinandosi un occhio per poi aprirli entrambi e spalancarli totalmente realizzando che Duncan era lì, sveglio, davanti a lei.
Si sollevò per non pesargli troppo addosso mentre con una mano si copriva la bocca per evitare di urlare e sentiva le lacrime tornare, ma stavolta diverse... DI gioia.
"Non dirmi che è un sogno... Sei sveglio... Sei vivo?" chiese con voce flebile.
Lui sorrise per poi annuire.
"D-Devo chiamare gli altri!" esordì la ragazza alzandosi, ma lui la fermò afferrandole un lembo della t-shirt "Rimani un po' con me..." sussurrò Duncan.
Gwen non si oppose e tornò a sedersi tenendogli la mano.
"Perchè piangi?"
"P-Perchè... Sono felicissima..."
Lui piegòleggermente il volto con fare interrogativo e lei rispose immediatamente "Credevo saresti morto... Duncan... I-Io... Avevo paura... Troppa" disse lei singhiozzando e coprendosi con la mano libera gli occhi.
Il punk rimase sorpreso di quelle parole... Della loro sincerità... Di quanto quella ragazza tenesse a lui...  "Gwen... Posso chiederti una cosa?"
Lei annuì non riuscendo a parlare soffocata dalle lacrime.
"Tu... Mi... Tu ci tieni a me?"
La ragazza arrossì per poi tornare in sè non capendo comunque il motivo della domanda "Io ... Sì, mi sembra evidente" ammise.
"Gwen... Io prima di chiudere gli occhi... Ho visto il tuo volto e... Mentre ero svenuto... Non ho fatto altro che pensarti... Pensare... E se Gwen non ce la facesse? O meglio... E se Gwen ce la facesse, ma senza di me? Io... Io Vorrei vivere in un mondo in cui lei ed io ce l'abbiamo fatta"
Lei spalancò gli occhi non poteva credere a quelle parole... Stava cercando di dire che... che "Mi ami?" chiese poi ad alta voce senza nemmeno rendersene conto, ma ormai era troppo tardi e lui aveva sentito quelle parole chiaramente risuonargli in testa... La amava?
 
Non aveva mai articolato in quel modo il pensiero di Gwen, o meglio non ne aveva avuto l'occasione in quanto la sua vita sembrava essere giunta al termine, ma lui invece era vivo, e il fatto era che sapeva di esserlo grazie a lei. Al pensiero di lei... Sorrise "Non credo in niente... Quindi nemmeno nell'amore..." quelle parole spiazzarono la ragazza "...Eppure... Io so di amarti" con quell'affermazione gli occhi di lei tornarono lucidi e splendenti...

to be continued...

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Capitolo 14
*** La fine del mondo... XIII ***


La Fine Del Mondo... XIII

Ehy! Scusate il ritardo dell'aggiornamento, beh che dire? Godetevi questo capitolo ^_^
 
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"Non credo in niente... Quindi nemmeno nell'amore..." quelle parole spiazzarono la ragazza "...Eppure... Io so di amarti" con quell'affermazione gli occhi di lei tornarono lucidi e splendenti...
 
Lei aveva tenuto il volto premuto sul materasso mentre un sorriso si disegnava sulle sua labbra a quelle parole articolate da lui.
Anche lei lo amava, lo amava in un modo che andava oltre qualsiasi comune sentimento simile, perchè quell'amore che sentiva lei, significava vita. 
Strinse le lenzuola continuando a sorridere come una bambina la mattina di Natale, quando si sveglia e arriva in sala, dove i regali sono pronti per essere scartati, ecco come si sentiva.
Ma il tutto era contornato da quelle lacrime che da disperate erano diventate la cosa più bella che lei avesse mai avvertito sulla sua pelle.
Il cuore invece batteva come un vero e proprio strumento. Forte e orgoglioso di vivere, almeno per una volta.
Si era sentita sola troppe volte, ma in quell'istante, invece... Era come se la presenza di Duncan valesse quanto centinaia di persone, e la cosa più bella, era che era esattamente così.
Prese un respiro rendendosi conto di essere rimasta muta troppo tempo, nascondendo il viso, poi si alzò, guardandolo negli occhi.
Dopo molti giorni un'espressione dolce e piena di speranza e certezze la rappresentava. Le gote leggermente arrossite e le iridi ebano lucide, il tutto contornato da quella delicatissima porcellana che era la sua pelle.
Duncan non resistette e si ritrovò senza nemmeno rendersene conto a sfiorarle una guancia.
La ragazza fermò la carezza di lui per poi sussurrare "Anche io..." attendendo qualche istante per respirare più a fondo quei nuovi sentimenti che l'avevano catturata in modo soffocante... Ma piacevole.
 
Lui aveva leggermente sollevato il busto facendo peso sugli avambracci.
"N-No... Non faticare...." fece Gwen un istante prima di sentire le labbra bloccate da un bacio, da un suo bacio.
Si staccò immediatamente "Se è questo il fine... Non è una fatica..." aveva detto Duncan prima di tornare a baciarla, e lei lo aveva ricambiato quasi ridendo dalla gioia immensa che l'aveva avvolta.
Lo aveva rifatto sdraiare per evitare faticasse troppo chinando lei il volto verso di lui, mentre continuavano a scambiarsi silenziosi i loro sentimenti.
Quello era un momento perfetto, il primo dopo molto. Uno scatto unico... Che chiunque pittore avrebbe con interesse replicato su tela.
Ma quello era loro e segreto.
Nessuno li aveva visti o sentiti. 
Si staccarono mantenendo i loro sorrisi in volto.
"Ti amo... Duncan..." disse infine Gwen.
Lui le strinse la mano mentre lei tornava a sollevarsi sempre guardandola negli occhi. Non riusciva a staccare lo sguardo da quella notte che erano i suoi occhi. Si sentiva un bambino davanti a qualcosa di meraviglioso come una storia... La gioia non l'aveva più provata da anni... Dall'avvenimento accaduto a sua madre.
Aveva affrontato crisi... Commesso errori... Scelte sbagliate, ma sapeva che Gwen non lo era. Gli bastava sentire quel contatto delle loro mani per farglielo capire.
 
Poi scosse la testa, risvegliandosi da una sorta di trans... Quella trans che Duncan le scatenava dentro, e si alzò "Vado a chiamare gli altri, ok?"
Lui annuì "Però Gwen... Non dire niente di noi..." disse però lui prima amareggiato. Ormai erano un noi... Incredibile, non potè fare a meno di fantasticare la ragazza per poi rielaborare quella richiesta bizzarra...
"Cosa? Perchè?"
"Loro... O meglio Heather... Non si fida di noi... E forse nemmeno DJ"
"Come lo sai?" continuò incuriosita.
"Heather non si fida di nessuno. Di dj si fida esclusivamente perchè ha passato con lui tutto il tempo fin dal principio. Noi siamo qualcosa di totalmente estraneo... Siamo i più inaccettati... Ma come biasimarli? Infondo abbiamo tenuto comportamenti distanti tutto il tempo..." si rispose da solo Duncan.
"Ma per ovvi motivi! Trent infondo non si è rivelato altro che un... Un assassino e un traditore!" Esclamò Gwen con una sicurezza che credeva avere perduto. 
Era disgustata del comportamento dell'amico, Trent. Aveva cercato di eliminarli... DI uccidere Duncan... Poi era fuggito, e non sapeva nemmeno se era un bene o un male. "E comunque... Loro non sanno che noi sospettavamo... Non avremo mica perso la loro fiducia!"
"La lettera che ti ho lasciato... Quella è la prova che dimostra la nostra diffidenza..."
Lei cercò di ribattere, ma dovette poi abbassare lo sguardo vinta da quella realtà. Avevano perso la fiducia di tutti... Perciò meno si dimostravano intimi o semplicemente, intimi, meno avrebbero insospettito ulteriormente.
Gwen si voltò quindi alla ricerca degli altri, e non appena li trovò li condusse da Duncan.
 
"Allora come stai?" Chiese lo scienziato aiutando il ragazzo a muovere il braccio più vicino alla ferita che pochi attimi prima rischiava di dargli la morte.
"B-Bene..." mugugnò lui avvertendo delle fitte "O per lo meno... Meglio di prima" scherzò poi prendendo un respiro.
Heather era al fianco di Dj a controllare eventuali contrazioni muscolari troppo evidenti, mentre Geoff e l'altra erano infondo alla stanza con la schiena contro la parete che assistevano a quella rudimentale, ma essenziale visita.
 
"Come stai?..." chiese sussurrando il biondo a lei per non farsi avvertire dagli altri.
"Mh? Bene..." rispose l'interessata continuando a guardare fissa il corpo di Duncan con smania di vederlo in salute, e oltreutto sapeva, di non dovere nascondere il suo interesse di fronte a Geoff, visto che sapeva dei suoi sentimenti... Forse anche per quello si rammaricava, o meglio, si sentiva in colpa di non potere aggiungere dei loro baci... Lui le aveva detto tutto, ma lei solo una parte infima... Eppure, era meglio così.
"Sei quasi raggiante..."
"Forse intendi patetica... Sono in ansia anche ora che lui scherza e ride come un bambino stupido..."
"E' normale" commentò netto lui senza rifletterci "normalissimo"
Lei accennò un piccolo sorriso, per poi annuire impercettibilmente.
 
Lui si raddrizzò poi facendo leva sui palmi poggiati contro la parete e rizzandosi in piedi, iniziò poi a camminare fino al lettino dove si trovava l'amico "Hei... Come va, Duncan?" chiese.
Il ragazzo alzò lo sguardo e sorrise nel vedere di fronte a sè il biondo con il suo tipico sorriso.
"Beh... Bene, finchè non sono morto..."
"Tsk! Che stupido! Ci hai terrorizzati!" esclamò dando un colpetto sulla cresta del punk.
"ahahah! Mi piace vedere le vostre facce così..." scherzò l'altro di rimando.
 
"E-E ora che facciamo?" esordì dopo qualche minuto Gwen, capendo perfettamente che non potevano rimanere a scherzare con Trent a piede libero e la paura che assaliva, anche se in segreto tutti.
Duncan tornò serio, come anche Geoff.
"Direi che..." esordì il biondo per poi bloccarsi non sapendo minimamente che dire. Infondo era così. Non sapevano nulla.
Duncan strinse le lenzuola sentendo un'idea colpirlo all'improvviso.
Era ovvio, ma non l'aveva mai minimamente calcolata prima come ipotesi... COme aveva potuto essere tanto imprudente? Tanto ingenuo da non notare quel fatto? Semplice...
 
Si alzò dal letto dove era sdraiato per poi drizzarsi"E' ovvio..." fece forzando sulle braccia il suo peso fino ad trovarsi in piedi.
"Incredibilmente ovvio..."
"A che pensi?" chiese Gwen
"Trent non è solo... Ovvio..." sussurrò, ma fu un suono, ahimè, che avvertirono tutti. Era qualcosa di spaventoso e inaccettabile... La paura aumentava a quella semplice affermazione, che se vera, si rivelava essere la fine per tutti.
Era calato il silenzio tra i presenti, mentre il punk continuava a riflettere, o meglio a cercare disperatamente un qualcosa che implicasse che il suo ragionamento fosse sbagliato, ma invece, ogni via di fuga che cercava, lo portava sempre di più a quella triste verità.
Trent aveva collaborato tutto il tempo con una terza persona.. Qualcuno che non era mai stato con loro, e che loro probabilmente non avevano mai incontrato. 
E la cosa che spaventava lui, era che se era stato tanto difficile fare venire allo scoperto qualcuno che era rimasto con loro 24 ore su 24, per interi giorni... Come potevano scoprire l'identità del nuovo soggetto?
Non sapevano dove cercarlo... O meglio... Lui lo intuiva. Lo intuiva perchè era così che era giunto alla conclusione che fossero più, le persone intenzionate a contrastare la pase del mondo.
I suoi ragionamenti vennero interrotti da Gwen "Duncan, stai dicendo che siamo..."
"Siamo stati cacciati come topi... Per tutto il tempo... Da chissà quanti gatti oltretutto!" fece lui alludendo al fatto che non sapesse per certo quanti fossero gli alleati di Trent.
"Ma come puoi essere certo di un'affermazione tanto avventata? Hai prove?" chiese Geoff alla ricerca di una minima speranza.
"Prove concrete no... Ma con l'ingegno e la logica... E' qualcosa a cui si può giungere" esordì il punk per poi prendere un respiro pronto a formulare di fronte a tutti la sua tesi "Vedete... Io, non ho mai sentito la storia di come Trent si sia salvato dal 21 dicembre... E voi?" chiese.
I presenti si guardarono con aria sbigottita, capendo che nessuno, si era in effetti, mai seriamente interessato a ciò che fosse successo all'altro "Come pensavo... E' una cosa che ho notato un po' di giorni fa a dire il vero... E credo che nessuno conosca ciò che gli è successo perchè lui non è stato minimamente coinvolto nell'accaduto... Intendo dire che ciò che è successo, non è assolutamente naturale... Ma opera di qualcuno, una persona come noi, forse anche di Trent... Ma non ne capisco la ragione."
"E cosa c'entra con il fatto che avrebbe collaborato con qualcuno?" chiese poi Geoff
"Io credo che Trent abbia iniziato a uccidere solo dopo essere arrivato qui. E ho notato, che prima di ucciderci ha aspettato... Ed è mancato anche a un paio di perlustrazioni, nelle quali, non è stato avvistato in casa da nessuno, anzi, Gwen mi ha detto di avere trovato la sua camera volta due volte"
La ragazza annuì sentendosi chiamata in mezzo.
"In questi momenti in cui mancava, noi... Abbiamo sempre creduto che lui, l'assassino, volesse uccidere noi, ma in realtà... Non ci siamo mai soffermati sul fatto, che noi fossimo inutili"
"I-Inutili?" chiese Geoff confuso
"Già... Trent non voleva eliminare noi, o almeno, non eravamo l'obbiettivo principale. Lui voleva uccidere innanzi tutto, coloro che potevano darci una mano concretamente... Pensateci! Chi erano quelli che cercavamo con tanta smania?"
Gwen spalancò gli occhi intuendo dove volesse arrivare Duncan, poi sussurrò "C'è qualcuno... Oltre l'oceano..."
Il punk annuì sospirando "Trent ha puntato sempre ai marinai o piloti aerei! Loro erano quelli che dovevano morire per primi! Probabilmente, noi non dovevamo arrivare dall'altra parte del mondo"
"Quindi... Là... C'è qualcuno... Suoi alleati" disse infine Geoff.
"Esatto" replicò Duncan "Siamo nella merda..."
"No!" ribattè Gwen sicura di sè "Io non mi preoccuperei così... Se lui ha faticato tanto per non farceli trovare... Vuol dire che lo o li spaventiamo! Per quanto siamo in numero ridotto... Probabilmente Trent ha notato le abilità di Geoff e Duncan nell'usare armi e poi Dj e Heather sono scienziati! Io credo che una minima possibilità ci sia.."
"Il punto è... Quanto è minima?" fece Dj capendo perfettamente la sotuazione.
"Oltretutto, se ciò che dite è vero, Trent doveva essere in grado di pilotare qualcosa..." aggiunse Heather.
Aveva ragione. Probabilmente, a quell'ora il ragazzo si stava già dirigendo in un altro continente, dal o dai suoi alleati, e per farlo, doveva essere in grado di usare qualche mezzo... "In elicottero!" esclamò infine Gwen dopo una piccola riflessione "Probabilmente Trent è in grado di pilotarne uno! Suo padre era un soldato nell'aviazione!" ricordò la ragazza.
Nella stanza calò poi il silenzio.
Erano spacciati. Bloccati in America senza uno straccio di modo per andarsene. Era evidente che dovevano fare in fretta in quanto Trent avrebbe riferito del fatto che non avesse eliminato tutti, perciò una barca, sarebbe risultata probabilmente troppo lenta, quindi da scartare, ma nessuno era comunque in grado di pilotare un aereo o elicottero.
"Cazzo!" imprecò poi Duncan frustrato da quella situazione di stallo che si era andata a creare, anche se dentro sè, non riusciva ad essere totalmente arrabbiato. Era felice, felicissimo, sapeva di avere Gwen vicino, anche se fosse stata a kilometri di distanza, ma non poteva mostrarsi troppo davanti a loro... Infondo di fronte agli altri 3, quei due sarebbero risultati più sospetti che in precedenza, pur sapendo di essere però, innocenti fino alla fine.
Tornò in sè, dicendosi che per smuovere la situazione, qualcosa doveva pur fare... Per quanto folle, quell'idea che gli balenava nella testa, fosse.
Tentare di pilotare un elicottero senza alcuna base era un'impresa da pazzi, ma infondo, lui non si era mai considerato una persona "sana", ma quello andava quasi a essere tentato suicidio, anzi, lo era.
Alzò lo sguardo ed incontrò immediatamente quello di Gwen.
Doveva dirglielo, almeno a lei, che amava...
Le fece cenno di seguirlo fuori dalla stanza, e gli altri lo notarono "E noi... Dovremmo fidarci di voi?" esordì Heather alludendo a quei comportamenti allusivi che erano soliti a notare da parte dei due.
Gwen si fermò, così fece anche l'altro.
"Tsk!" sbuffò semplicemente Duncan.
"Non sono certo la sola a dubitare di voi dopo i vostri comportamenti! Siete sempre intimi e dopo ciò che si è rivelato essere Trent i sospetti nei vostri confronti non diminuiscono certamente..." disse la ragazza, confermando in effetti ciò che tutti pensavano in quel momento.
Duncan e Gwen si guardarono intorno, ma videro persino Geoff col volto basso e cupo... Persino lui, infondo un minimo dubitava...
"Noi non facciamo nulla di male!" gridò la ragazza allora offesa di quell'ipocrisia che oramai la soffocava.
"Beh... Se è così dimostratecelo, parlate qui, no?" continuò Heather.
Il punk annuì agitato... "Benissimo..."
"Ho deciso di trovare un elicottero e tentare di pilotarlo... Anche se probabilmente si rivelerà un suicidio" ammise infine.
Lei spalancò gli occhi. Doveva capirlo fin da subito... Duncan era fatto così: impulsivo, troppo.
Strinse i pugni sui finachi mentre respirava rumorosamente colta dall'ansia e dalla paura, però, non poteva darlo a vedere.
Ecco perchè voleva parlarle in privato... Per non fare vedere agli altri la sua reazione "Non... puoi... farlo" disse lentamente cercando di trattenere le lacrime che spingevano per uscire.
"Ma è il solo modo, per avere anche solo una minima speranza, e lo sai" rispose il punk a Gwen.
"E se muori?" chiese poi un istante dopo "Hai appena rischiato la vita, e ora? Riprovi? Dannazione! Ma come puoi?" continuò con voce tramante.
La tensione era ben visibile a tutti. Se solo fossero stati soli... Lei avrebbe gridato e lo avrebba abbracciato disperata, ma lì, non poteva... Eppure, sentiva già le braccia lanciarsi contro di lui.
Fu così che alla fine si ritrovò attaccata al suo collo "No!"
"Devo! Lo faccio per voi!"
"Noi? Non per me!" affermò lei.
Era come se fossero tutti spariti... Se fossero rimasti soli. Quell'abbraccio li aveva disorientati entrambi.
"Non morirò... Te lo giuro, tornerò sempre da te... Promesso"
"C-Come posso crederti, Duncan?"
"Perchè... Io non ti mentirei mai..." rispose.
 
Lei fece per ribattere, ma richiuse poi le labbra trovandosi senza nulla da dire... 
lasciò quindi il ragazzo per poi annuire "Ok..." sussurrò infine. Sì, lei gli credeva, credeva in modo inimmaginabile a quel ragazzo, ma il destino era così maligno... 
Scosse la testa. Lui lo aveva promesso e perciò sarebbe tornato qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
Detto questo guardò un ultima volta il ragazzo come per fargli capire che comprendeva a pieno ciò che stava facendo, poi lui uscì... Era una follia, ma voleva salvarlo davvero il mondo, per non essere più quel marcio ragazzino che si tagliava le vene per cercare la morte in una vita senza gioie... Ora era un uomo che cercava la felicità per salvaguardare coloro che amava. Non un criminale.
Non un bambino.
Non un truffatore.
Un uomo.
Si voltò un'ultima volta... Gwen era al centro di quella stanza... E lui sarebbe tornato, sì. 
E con un elicottero.

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Capitolo 15
*** La fine del mondo... XIV ***


La Fine Del Mondo... XIV
hey! :') non aggiorno da un po' perchè sono stata malata, ma i miei capelli verdi (no davvero ho un ciuffo verde stile duncan u.u) mi hanno fatto sorridere e mi hanno fatta pensare che era il momento di aggiornare, quindi eccoci ;D spero vi piaccia, un saluto ^_^
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Aveva messo in moto la volante che fino a poco tempo prima apparteneva alla polizia, ma che ormai utilizzava lui, per poi andare in una piccola pista che ricordava bene avere perquisito.
Sapeva di non dovere puntare alla guida di un aereo, ma semplicemente un elicottero, infondo erano solo  5 persone e tentare la guida di un mezzo più grande e forse più pericoloso, sarebbe risultata nient'altro che un'impresa che andava a sfiorare il ridicolo e in quel momento, perdite di tempo non erano assolutamente ben accette.
Arrivò velocemente, dopo malapena venti minuti, e subito si diresse su un apparecchio che aveva perlustrato appena un paio di giorni prima insieme a Geoff.
Tirò fuori il corpo del pilota e controllò ci fosse sufficiente carburante.
Mise le mani sul manubrio di comando, notandole increibimente sudate... Non si era ancora soffermato sulle sue emozioni, ma in quel momento avvertiva chiaramente la gola bloccargli il respiro. Strinse forte l'acciaio ripensando alla promessa che aveva fatto a Gwen e riflettendo anche a quanto però, potesse purtroppo non farcela. Era però pur vero, non potesse tirarsi indietro. Non avrebbe mai permesso ad uno di loro di rischiare tanto.
Si era in un modo o nell'altro avvicinato a tutti.
Heather, anche se scontrosa e sulla difensiva era indispensabile con il suo intuito e il suo intelletto... Dj era in grado di aiutarli in ogni modo... Geoff si era rivelato un vero e proprio amico e  beh, Gwen... Lei la amava.
Mise in moto e mentre avvertiva il movimento dell'elica aumentare ogni secondo di più, il suo cuore iniziava a battere all'impazzata...
Poi tirò una leva, cominciando a farlo avanzare... Di fronte a lui, a circa 500 m, c'era una foresta. Doveva decollare prima dello scontro con gli alberi.
 
Non era totalmente ignorante. Qualcosa, seppur minima la sapeva.
Il problema non lo ritrovava a terra, ma in volo... In mezzo a quel cielo freddo che aleggiava sul Canada.
Ed ecco, che senza nemmeno rendersene conto, era arrivato a 100 m da quell'ammasso di alberi che si ergeva minaccioso davanti ai suoi occhi.
Guardò il pannello di controllo... Forse, in quelle condizioni, a quella velocità, l'elicottero poteva già sollevarsi.
Sospirò per poi tirare una leva e cominciare ad accompagnare anche il manubrio per il controllo generale *.
Strinse gli occhi aumentando la forza e sentendo la spalla, ancora ferita bruciare per lo sforzo compiuto dai muscoli, e fu in quell'istante che non potè trattenere una delle sue solite stupidissime battute "Infondo... E' come la bicicletta, no? Dopo che hai imparato ci sai andare sempre" detto questo, avvertì la terra mancare sotto le ruore del veivolo e superò facilmente la foresta.
Riaprì gli occhi sorridendo e ringraziando tutto ciò che lo circondava di essere ancora vivo, cominciò a ridere come un folle mentre continuava ad alzarsi, fino ad arrivare allo sfiorare le nuvole.
Prese un grosso respiro, forse il più possente che avesse mai cercato, capendo perfettamente, che la parte peggiore, arrivava ora. Nei film coi dirottamenti aerei, gli insulsi passeggeri, con un paio di direttive, atterrano sani e salvi, ma per lui... Era certo, sarebbe stata diversa la situazione, molto.
Rimase in volo qualche minuto, cominciando a comprendere come farlo svoltare e non appena questo fu compiuto, dovette indagare quale fosse il metodo migliore per, invece atterrare.
Innanzi tutto, gli serviva una zona aperta e deserta.
Notò dopo poco un grande campo sotto il veicolo, quello era il luogo perfetto. Spinse in avanti una leva, facendo abassare, come previsto il muso. In aria aveva infatti testato quanti più comandi e tasti possibili, sempre con estrema attenzione, per comprenderne il funzionamento. Era così giunto a conclusione di come appunto, inclinare leggermente, il veicolo verso il basso.
Sentiva il battito cardiaco aumentare esponenzialmente, ad ogni nuovo mentro percorso, ed ecco che alla fine si ritrovò a poco meno di 3 metri d'altezza terrorizzato, tentato come non mai di serrare gli occhi andando contro la buona ragione. 
Afferrò velocemente il manubrio al centro del pannello di controllo e iniziò poi a tirarlo trovandosi a circa un metro e mezzo e tornando quindi a raddrizzare nuovamente la testata del veicolo mentre continuava a scendere e non appena avvertì un tonfo, provocato dal carrello che toccava terra, tornò a respirare come un essere umano.
Era vivo e a terra.
Poteva farcela, poteva portarli dall'altra parte del mondo... Poteva rivedere Gwen.
Per un istante, colto da quel totale senso di leggerezza, si chiese se non fosse stato proprio il pensiero della ragazza  a farlo atterrare sano e salvo, ma scosse poi la testa, risvegliato da una sensazione umida all'altezza dell'avambraccio e quando si voltò, notò inesorabilmente, la ferita riaperta e il sangue viscoso, attraversargli i muscoli fino ad arrivare alla mano.
L'emorraggia doveva essere tornata a nascere, nell'istante in cui lui aveva sforzato in modo fin troppo elevato i muscoli, per manovrare al megio il manubrio.
Cercò di sollevare l'arto oramai vermiglio, ma lo riabbassò subito sentendo la testa girargli a causa delle forze che andavano a scemare.
Sospirò per trattenere anche il rivolo di vomito sempre provocatogli da quell'assenza totale di forze, e cercò poi disperato di concentrarsi su come uscirne.
Una cosa era certissima: non avrebbe mollato.
Non era nemmeno tra le opzioni quella di abbandonare quell'impresa che fino a poco prima aveva dimostrato risultati tutt'altro che negativi. Era fondamentale arrivare dall'altra parte dell'oceano così da fermare Trent e  suoi alleati, e capire poi cosa fosse realmente accaduto al mondo... Chi fosse davvero morto. Loro volevano salvarlo. Loro dovevano.
Prese un nuovo respiro capendo a pieno di dovere scegliere nuovamente l'elicottero per tornare. Era il mezzo più veloce, e nel qual caso l'emorraggia fosse stata nuovamente grave, cosa della quale era certo, visto le poche energie rimastogli, sarebbe arrivato prima che fosse troppo tardi.
Mise nuovamente in moto, continuando a ostentare quella sua sicrezza, pur essendo solo e terrorizzato.
Si strappò in malomodo una manica dalla maglia e la allacciò stretta poco più sopra del taglio.
Dopo pochi minuti, era già in cielo.
 
Gwen era rimasta seduta a terra in una stanza dell'ospedale che aveva trovato vuota. Non voleva nessuno... Perchè nessuno doveva vederla così. Si sentiva in obbligo di essere forte, almeno alle apparenze. Cosa effimera dunque?
No, la sua forza era reale... Semplicemente, a differenza di quella di Geoff, la sua era qualcosa che non veniva fuori ogni qualvolta ne nascesse necessità. La sua era rara e compicata da estrarre... Difficile da trovare nei momenti di disperazione, ma c'era.
Sì, perchè Duncan l'aveva vista e assaporata.
 
Era lì ormai da qualche ora quando sentì la porta aprirsi. Alzò lo sguardo agitata, ma si ricompose subito vedendo l'inconfondibile ciuffo biondo che tanto era suo amico.
"Hei..." aveva sussurrato come una sorta di incoraggiamento il ragazzo.
Lei aveva risposto con un semplice cenno della testa, in segno di assenso, del fatto che lui poteva stare qualche minuto.
"Mi dispiace per prima... Solo che..."
"Lo so, o meglio sappiamo che voi non vi fidate a pieno di noi. Ne siamo perfettamente consapevoli. Infatti, ne abbiamo parlato a lungo" ammise Gwen in un sussurro.
"E allora perchè vi comportate così? uscite, parlate, tornate e non ci dite ciò che vi siate detti... E' come un..."
"Complotto, lo so... Ma vedi... All'inizio lo facevamo perchè Duncan, aveva sempre avuto un sospetto nei confronti di uno di noi, parliamo di Trent. Ovviamente poteva parlarne solo con me... Io ero la sola con la quale stava sin dall'inizio di questa storia."
"Ed ora che non c'è Trent? Duncan ha altri sospetti?" chiese Geoff.
La ragazza scosse la testa negando "Non è questo..."
Ci fu qualche attimo di silenzio prima che il biondo  tornasse a parlare "Comunque... Io mi fido di voi... Di certo più di quanto possa fidarmi degli altri... Insomma Heather è schiva e Dj... Lui non ha nulla che non va, ma essendo sin dal principio al fianco di Heather... Boh" concluse infine "Non so più da che parte stare... Non so nemmeno se c'è una parte dalla quale stare.." disse poi mettendosi le mani dietro la testa e appoggiandosi alla parete.
"Noi ora come ora, da quello che vedo io... Siamo tutti buoni... Di noi 5 intendo" disse Gwen.
Geoff annuì "comunque.. Duncan allora ti voleva fare uscire per non mostrare qualcosa a qualcuno, ho ragione?"
Lei spalancò gli occhi, ma cercò di farsi notare il meno possibile dal ragazzo... In effetti voleva celare la reazione che aveva inesorabilmente avuto in seguito alla notizia.
Lei però, non rispose.
"Quel qualcuno ... Siamo noi. Ne sono certo. Sono sicuro che se ci fossi stato anche solo io, oltre voi, se ne sarebbe andato comunque esclusivamente con te" concluse infine.
"Io vorrei dirti tutto... Ma... Ma ho paura... Io credevo che tu avessi fiducia in noi! Duncan aveva detto che tu l'avevi! Invece ora che ho visto come hai reagito..."
"Tu credi ciecamente in Duncan. Si vede che lo ami... Come si vede che lui ama te"
 
In quel preciso istante, i due vennero distratti dal rumore sempre più forte di eliche che si avvicinavano.
Si catapultarono all'esterno senza soffermarsi oltremodo a rifletterci, e fuori dell'edificio, videro atterrare l'enorme veivolo.
All'interno, Duncan.
"Ce l'ha fatta!" gridò Gwen.
"Incredibile D..." sussurrò sorpreso Geoff.
Poco dopo li raggiunsero anche i due scienziati, sbalorditi quanto loro.
Ma mentre i secondi passavano, la forma all'interno dell'elicottero, non si muoveva... "D-Duncan?" azzardò Gwen dopo qualche minuto avvicinandosi, poi vide oltre i vetri una scia vermiglia macchiargli i vestiti e colare. La ferita si era aperta nuovamente "E' ferito!" urlò poi lei risvegliandosi da quello stato di trans in cui era caduta qualche secondo vedendo quello spaventoso rossore.
"Dannazione! Aiutatelo" incalzò il biondo riferendosi a Dj in particolare, il quale annuì, per poi iniziare a camminare, ma si fermò, non appena vide il ragazzo all'interno uscire con un sorriso.
Gwen si avvicinò timorosa, per poi andare a sfiorare quel colore che aveva notato dall'esterno. Il sangue che gli era colato in malomodo sulla t-shirt era rappreso "M-Ma come?" iniziò poi a balbettare sollevata.
Il punk indicò la manica che aveva usato per fasciarsi "Credi sia tanto sprovveduto?" scherzò poi.
Certo aveva fermato la ferita utilizzando un metodo medico quale un laccio emostatico, ma non significava la ferita fosse nuovamente risistemata. Certo, era salvo dalla morte.
Dj si affrettò a raggiungerlo e ad accompagnarlo all'interno, mentre Gwen si era ritrovata con una mano poggiata al petto così da controllare i battiti cardiaci aumentati in modo spropositato. Era sollevata in modo disumano. Fino a pochi secondi prima credeva di averlo perso, e invece lui era vivo.
Si lasciò cadere a terra in ginocchio "Stupido! mi hai terrorizzata!" cominciò poi a imprecare pur sapendo quanto fosse lontano in quell'istante Duncan.
Quando alzò lo sguardo, rimase qualche istante a osservare il maestoso macchinario che il suo ragazzo era riuscito a portare fino a loro. Il prossimo obbiettivo: L'altra parte del mondo.

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Capitolo 16
*** La fine del mondo... XV ***


Aggiornemento corto >.< scusate ^^'' però è carino? daaaai ditemi di sìì x''D aahahahaha beh, spero vi piaccia e... buona lettura :D
 
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"Hai rischiato parecchio..." commentò Dj dopo avere esaminato più e più volte le condizioni di Duncan, ma aveva fatto un sospiro di sollievo nell'aver appurato che l'arto non era andato in cancrena, gli aveva perciò tolto il laccio emostatico ed aveva nuovamente ricucito la ferita e ricoperta con una nuova benda "Ecco" disse poi fermando il tutto con un nodo "Dovrebbe essere chiusa bene, perciò escludo altre riaperture"
Duncan osservò attento la benda per poi annuire ed alzarsi dal lettino dove lo avevano fatto sedere "grazie" aveva poi commentato prima di lasciare la stanza.
Gwen e Geoff erano fuori dall'edificio ad attendere di vedere l'amico uscire "Il tempo va con lo schiarirsi" esordì il biondo.
La ragazza annuì.
Poi calò il silenzio.
Lei però voleva fare una domanda. Poco prima erano infatti stati interrotti mentre parlavano 
 
"Tu credi ciecamente in Duncan. Si vede che lo ami... Come si vede che lui ama te"
 
Quella frase le risuonava in testa continuamente. Quindi si notava tanto il loro rapporto? Non che la disturbasse questo, ma se Geoff lo pensava da molto, forse anche Trent aveva dedotto qualcosa, e quello, nemmeno lei ne sapeva la ragione, la intimoriva profondamente. Cercò poi la forza per chidergli il più indifferentemente possibile una motivazione a quella sua affermazione, ma proprio mentre stava per parlare, dei passi da dietro, la distrarrono.
 
"Hei" era la voce di Duncan "non ditemi che vi deprimete senza di me!"
"Duncan!" esclamò lei voltandosi, mentre il biondo sorrideva "Ahahaha! Non lo faremmo mai"
Si avvicinò per poi sistemarsi al fianco di lui e iniziare a guardare il cielo per poi sospirare.
"Allora capo?" esordì scherzoso Geoff "Che facciamo ora?"
"Ahaha, ovvio, no? Si parte. Dobbiamo arrivare oltre oceano il più presto possibile."
"Bene, vado ad avvertire gli altri" disse poi Gwen alzandosi "voi nel frattempo sistemare l'elicottero, ok?"
"Certo!" risposero in coro i due.
 
Così arrivò presto l'ora della partenza.
 
Volavano sopra il mare imponenti mentre il rumore delle eliche in movimento impediva l'acquisizione di qualsiasi altro suono. Erano perciò impossibilitati nel parlare non disponendo di alcun auricolare, ma forse, pensò Gwen, era meglio così.
Infondo lei aveva bisogno di riflettere, di capire con certezza come iniziare a reagire. 
Aveva subito un crollo, su quello non c'era dubbio. Anche se per breve tempo era collassata totalmente dal punto di vista psicologico nel momento nel quale era venuta drasticamente a conoscenza della possibile morte di Duncan e in seguito della sua decisione di pitolare un aereo, e in quegli attimi, si era resa conto di quanto forse, il suo essere, era solo una fittizia apparenza.
Si era resa conto solo in quei momenti, di come il mondo, avesse cominciato per lei a ruotare intorno a quella figura che era Duncan. Era perciò ovvio, dovesse continuare a mantenere quella figura sana e salva per potere rimanere intatta anche lei. 
Egoismo o altruismo?
Difficile a dirsi.
Non lo capiva nemmeno lei. Infondo lo si poteva vedere in entrambi i modi analizzando i vari punti di vista.
Stava di fatto, che attraversare il mondo per raggiungere i cattivi rappresentava un rischio per l'incolumità di lui, e il fatto ancora più straziante era che Gwen sapeva benissimo, che Duncan non avrebbe battuto ciglio, se costretto al sacrificio per salvare loro. Non si sarebbe opposto, pur affrontando la morte, la sua più grande paura.
 
Atterrarono dopo interminabili ore di contorti pensieri  e ricordi, in un grande aeroporto che Duncan ebbe scorto dall'alto.
Non appena furono tutti scesi, Dj si osservò qualche minuto attorno e con la sua mente da scienziato comprese in fretta dove fossero, infondo sugli aerei e sulla stazine c'erano riportate scritte in una lingua che lui riconobbe subito "Siamo in Spagna, non ho il minimo dubbio" asserì quindi sicuro.
"Spagna, eh? Ora il punto è... Sarà questo il luogo dove è andato Trent?" aggiunse Gwen guardandosi anch'essa intorno.
"Direi di prendere un'auto e verificare nel frattempo in questa città... Infondo è fuori discussione esaminare la zone in elicottero, nel caso fossero qui, il rumore li avvertirebbe" disse poi Duncan.
"Esatto, allora... Che ne dite di quella volante?" chiese dopo poco Geoff notandone una a pochi metri da loro.
"Perfetta"
Dopo avere accasciato al suolo i precedenti piloti della macchina, i cinque partirono.
Non impiegarono molto a comprendere in che città fossero, in quanto centinaia di cartelli riportavano il nome "Barcellona"
"Dove potrebbero nascondersi se fossero qui..." cominciava ad articolare ogni cinque minuti Duncan dopo ormai un'ora di ricerche a vuoto in una città che non conosceva. Avevano un intero continente da perlustrare... E loro erano solo cinque persone ammucchiate da un centinaio di zone americane. Inaudito.
"Se io dovessi nascondermi direi che.... Aspetta!" esclamò Gwen dopo essersi presa una piccola pausa per riflettere tra una frase e l'altra "Perchè dovrebbero nascondersi? Infondo, perchè mai sospettare che noi ne sappiamo qualcosa... Se non sbaglio nessuno ha mai dato esibizioni delle propria logica a Trent, quindi probabilmente lui, non solo è convinto che Duncan sia morto, ma penserà anche che noi siamo ancora chiusi alla stazine radiofonica spaventati" concluse poi la ragazza sorridendo fiera di sè.
"Hai ragione..." rispose Duncan mentre pensava anch'esso.
"In effetti Duncan era il solo che potesse essere arrivato a qualcosa e Trent lo doveva sapere. Infondo, Duncan aveva già sospetti, era il solo ad averne. O meglio, era stato il primo a dimostrarlo. Oltretutto non andavano d'accordo. Per questa ragione Trent deve avere 'ucciso' lui. In effetti, ora come ora, Duncan è la nostra arma vincente" sentenziò poi Dj agitando il dito in segno sapiente.
"Ammetto che non fa una piega" aggiunse Geoff.
"Quindi, in definitiva, non si sta nascondendo nessuno! Probabilmente perciò se fossero qui sarebbero in un laboratorio o museo o..."
"Un'università!" concluse Gwen la frase di Duncan. "sì... Basterebbe un'università. Ci sono molti laboratori anche lì e... Beh, devono avere con loro scienziati per fare ciò che hanno... fatto" fece alludendo al 21 dicembre.
"Se fosse così... Io potrei darvi una mano" esordì Heather "Ho frequentato alcuni corsi universitari in Spagna, proprio a Barcellona. E un'istituto molto importante si trova nella parte est della città"
"Bene, salite in macchina" fece secco il punk già con il cambio tra le mani.
 
Percorsero svariate strade prima che Heather riconoscesse un vecchio edificio con all'esterno un'insegna che faceva chiaramente intendere si trattasse di un negozio di dischi. E infine, arrivarono all'esterno di un enorme edificio che si ergeva imponente di fronte a loro.
Scesero dall'auto uno ad uno, mentre osservavano quelle maestose mura "Questo è il posto?" chiese Geoff osservando un cartello di fronte all'entrata.
La ragazza annuì di rimando per poi iniziare a fare un passo verso i portoni d'ingresso.
Si sentì però tirare a terra dopo pochi secondi e una mano le tappò la bocca, guardò chi l'avesse strattonata ed incontrò lo sguardo del biondo intento a osservare oltre un muretto dietro il quale si erano coricati.
Lei, Dj e Geoff erano lì, Duncan e Gwen nascosti in quello dall'altra parte.
 
Avevano avvertito un rumore e subito si erano nascosti dietro quelle piccole mura che contornavano il cortile. Geoff si era portato con sè Heather, la quale non aveva notato nulla e si era nascosto insieme all'altro scienziato.
Duncan e Gwen invece, erano dall'altra estremità del muro.
"Hai uno specchietto?" sussurrò il punk dopo qualche secondo. Lei annuì colta alla sprovvista ed estrasse dalla tasca un piccolo specchietto di quelli portatili, che lui aprì e si posizionò leggermente di lato, così da vedere oltre il muretto senza doversi voltare pericolosamente.
Erano tre persone: un ragazzo con i capelli rossicci, una ragazza riccia e l'ultimo, alto con i capelli neri. Inclinò leggermente lo specchio fino a vedere la maglietta di quest'ultimo, e la riconobbe subito: una t-shirt verde, quella di Trent.
Storse il labbro superiore infastidito da quella presenza che significava loro fossero i cattivi, poi lanciò uno sguardo a Geoff, il quale gli fece chiaramente intendere che anche lui aveva riconosciuto quella sagoma.
Mosse le labbra lentamente in direzione sempre del biondo, imitando il labbiale della frase 'che facciamo?' il quale scosse la testa in segno di ignoranza a riguardo. Erano bloccati. Se Quei tre avessero deciso di andare verso l'uscita del cortile sarebbero stati certamente visti. 
Gwen nel frattempo aveva anch'ella notato chi fosse il ragazzo più alto ed aveva avvertito una scarica di brividi attraversarle la spina dorsale.
Duncan, notando la paura di lei, le afferrò la mano per poi cercarla di incoraggiare, per quanto potesse, con lo sguardo. 
Il punk tornò poi a tentare di comunicare con il biondo, ma era quasi impossibile fuggire.
Bastava un errore in quel momento, un rumore e sarebbero certamente morti. A quanto pareva, infondo Trent non aveva passato quegli anni con le mani in mano ed era diventato un incredibile tiratore, con una mira infallibile, e quello spaventava, e molto.
 
Gwen pregava con tutta se stessa entrassero nell'edificio e invece rimanevano lì, a parlare e parlare
"ahahha! Quindi come è andata?" chiese il ragazzo rossiccio.
"Non li ho potuti eliminare tutti... Ormai mi avevano scoperto... Tutta colpa di un ragazzo, ma l'ho ammazzato, almeno quello l'ho fatto fuori!" si era vantato Trent sorseggiando una birra.
"ahahah! Non mi dire Trent! Ti sei fatto beccare! E' il tuo primo errore se non sbaglio..." aveva poi aggiunto la ragazza con una frecciatina.
"Tsk! Non è un errore... Sono degli incapaci quelli di là, perciò è impossibile comunque ci trovino. Probabilmente a quest'ora sono chiusi in casa a piangere come degli idioti terrorizzati!"
"E glielo terrai segreto?" chiese la ragazza.
Trent non rispose, prese invece un altro sorso di birra.
"Ahahah! Non ti conviene! Se lo venisse a sapere, che hai mentito, ti ucciderebbe senza pietà..." aggiunse il rosso.
"Credi che non lo sappia?" fece di rimando Trent scorbutico.
"Hei! Sta calmo! Se dirai come sono andate le cose, sono certo sopravviverai... Infondo, almeno uno l'hai fatto fuori, no?" continuò il rossiccio dandogli una pacca sulla spalla.
"Sì... Il più pericoloso è morto."
"Scott ha ragione, Trent! Non ti farà nulla" disse la ragazza seria "O almeno credo!" aggiunse infine con una risata inquietante.
"Zitta zoccola!" esclamò poi il moro bevendo l'ultimo sorso dalla bottiglia per poi buttarla a terra mandandola in mille pezzi, si diresse poi all'interno.
"ahahahah! Ha reagito male direi..." aveva conitnuato a ridere la ragazza.
"beh, lo sai come è Trent... Vuole che sia tutto perfetto, e poi... Lo capisco perfettamente, non vorrei mai commettere un errore sotto i suoi comandi" disse Scott.

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Capitolo 17
*** La fine del mondo... XVI ***



buona sera a tutti ^_^ mi spiace aggiornare con sempre meno frequenza, ma è che sto mandando avanti due long e poi c'è la scuola D: comunque sia, anche questo capitolo è corto >.< mi spiace, ma spero che nel complesso vi piaccia, quindi buona lettura ♥
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"beh, lo sai come è Trent... Vuole che sia tutto perfetto, e poi... Lo capisco perfettamente, non vorrei mai commettere un errore sotto i suoi comandi" disse Scott.
Detto questo il ragazzo entrò anch'esso seguito dalla riccia.
 
I cinque, ancora nascosti tirarono un sospiro di sollievo per non essere stati scoperti.
"Chi erano secondo voi?" chiese dopo qualche istante Gwen non appena riprese totalmente la calma.
"Beh, amici di Trent purtroppo..." rispose Geoff lanciando in aria un piccolo sasso trovato a terra.
"Cazzo!" imprecò poi il punk calciando il cemento sotto di lui in preda all'ira. Doveva essere soddisfatto di avere trovato il nascondiglio, eppure... Eppure aveva capito chiaramente dalle loro parole quanto effettivamente potevano essere pericolose quelle persone.
"E il peggio è che ho chiarmente sentito che Trent..." esordì Gwen "E' solo il sottoposto di qualcuno... Qualcuno che a quanto pare lo spaventa, e non poco"
"Volete dire... Che c'è qualcuno peggiore di lui?" indagò poi Heather spaventata in cerca di una vana speranza.
L'altra annuì triste.
"No... No! Non è possibile! Moriremo tutti!" iniziò a dire nella completa paura la scienziata mentre si massaggiava le tempie come avesse la mente sconvolta dal caos totale. Era la prima volta che analizzava apertamente il problema e ne era più che terrorizzata, letteralmente paralizzata.
"Non morirà nessuno!" la zittì Duncan sollevandosi in piedi certo che ormai nessuno potesse sentirli. Nascondeva divinamente le sue vere sensazioni: incertezza, timore, ignoranza... Era un vero e proprio attore. 
"Duncan ha ragione. E' stupido deprimersi in questo modo... Dovremmo pensare a un piano d'azione" fece Geoff guardandosi attento attorno.
"Benissimo, in poche parole, dobbiamo trovare un nascondiglio... E che non sia troppo lontano da qui" disse Gwen iniziando a riflettere "Heather, hai detto che stavi qui vicino, no? Dove di preciso?"
La ragazza interpellata tornò in sè e dopo avere osservato qualche minuto i palazzi a circondarla, indicò un edificio a pochi metri da lì.
"Andremo lì anche noi" sentenziò Duncan infine.
Si diressero così verso la casa. Dovevano prestare la massima cautela non sapendo con certezza quanti effettivamente fossero i cosiddetti 'amici di Trent', e silenti come serpi, arrivarono velocemente alla porta d'ingresso, che il punk scassinò con una piccola forcina prestatagli da Gwen "Ok, tutti dentro, in fretta!"
 
Era quasi sera. Nessuno sapeva con certezza come reagire a quella difficile situazione. Una cosa era certa: dovevano capire che fosse accaduto al mondo come prima cosa, solo dopo avrebbero ragionato sul come liberarsi dei nuovi nemici.
Heather era andata a riposarsi non appena avevano attraversato l'ingresso tanta era l'ansia che l'aveva improvvisamente colta, mentre Dj e Geoff avevano deciso di ispezionare l'edificio per controllare non ci fossero svegli, in quanto probabilmente se ce ne fossero stati, si sarebbero rivelati unicamente nemici.
Duncan e Gwen erano rimasti soli in una camera...
"Duncan... Dimmi, cosa pensi di fare. Intendo... Vorresti infiltrarti all'interno da quel che ho capito, giusto? Ma come?"
"Si hai capito benissimo... Sinceramente, non so come. E' stato tutto così frenetico... Non sappiamo nemmeno quanti sono. Sospetto fortemente siano solo 4" rispose il punk.
"Anche io" ammise lei.
Istintivamente, senza nemmeno guardarsi negli occhi, si presero per mano alla disperata ricerca di un appiglio.
"Duncan..."
"Mh?"
"Come stavi quando hai sentito la morte arrivare?" chiese poi Gwen.
"Io-" ma la ragazza lo zittì prima che rispondesse "E ti ricordi di avermi promesso di non mentirmi mai?"
lui sospirò riportando alla mente quell'istante "Stavo malissimo. Avevo paura, ero terrorizzato e sapevo benissimo che se fosse accaduto, non avrei potuto fare nulla.  Poi ho pensato a te. E ho visto il tuo viso... E ho sorriso, credo. Il resto è tutto buio, come un sonno senza sogni."
"odio non sognare. Mi fa soffocare." rispose lei. "Dopo tutto questo tu... Hai ancora paura, vero?"
Lui annuì semplicemente "Eccome."
Lei in risposta gli strinse più forte la mano mentre si avvicinava al suo fianco sempre più fino ad avvolgergli con le sue esili braccia, il busto "Sai... C'è un poeta o qualcosa di simile che disse 'La morte è la cosa più bella del mondo perchè non puoi mai incontrarla: quando ci sei tu lei non esiste, e quando esiste tu non ci sei più'"
"Questa persona non era mai stata coinvolta in un esplosione" rispose il punk "eppure, è la verità" concluse infine sempre lui.
"Già... Io penso spesso a questo aforisma e... Credo che in un certo senso mi faccia passare la costante paura che altrimenti mi affliggerebbe" sussurrò lei "Ho paura di morire... Ho paura che tu muoia..." singhiozzò Gwen sentendo le lacrime solcarle il viso.
"shhhh" rispose il ragazzo prendendole il mento tra pollice e indice, per poi portarle via le piccole gocce salate con alcuni leggeri baci "vivrò... per te"
Lei in risposta gli saltò al collo abbracciandolo con tutta la forza che aveva, per quanto infima fosse.
Rimasero così, a sentirsi l'uno accanto all'altra per diversi minuti, fino a che, il silenzio venne brutalmente interrotto da rumori di spari provenienti dall'esterno.
Gwen strinse le unghie nella felpa del punk spaventata dal rumore improvviso "C-Cosa è stato?"
"Spari" fece poi lui alzandosi e dirigendosi lentamente verso la finestra, per poi scostare leggermente una tenda e controllare cosa accadesse al di fuori della base nemica. Rimase scioccato dalla scena: il ragazzo che aveva capito chiamarsi Scott, stava brutalmente sparando più volte contro un corpo fermo di fronte a lui, in piedi. Alcuni proiettili attraversavano il corpo della vittima, fuoriuscendo dalla schiena, e macchiandole la camicia bianca di un colore vermiglio che sapeva esclusivamente di morte.
Non aveva mai assistito ad una scena tanto cruenta, e la cosa peggiore era il volto dell'assassino, edificato in una smorfia di puro e semplicissimo divertimento nel vedere il dolore di una vittima. E continuava, continuava imperterrito a sparare, pur sapendo quanto quel numero di colpi fossero stati più che capaci di uccidere.
Persino Duncan fu costretto a socchiudere per un attimo gli occhi, disgustato da ciò che stava vedendo, aveva poi richiuso la tenda non appena l'assassino si era fermato, probabilmente perchè la cartuccia era finita.
 
Il punk si voltò con un'espressione vacua, che spaventò Gwen "Cosa hai visto?" indagò con un filo di voce.
"Devo... Devo andare a vedere" iniziò a ripetere sussurrando. Si sentiva infatti in dovere di controllare se la vittima era ancora in vita, per quanto improbabile fosse. 
Uscì dalla stanza sempre con i medesimi occhi spenti e inespressivi, ma la ragazza lo fermò "Duncan, dove credi di andare? Potrebbero ammazzarti, e lo sai benissimo"
"Non vado da solo, cercherò Geoff e-" "Vengo io invece." lo interruppe lei.
"Cosa? Gwen è troppo pericoloso e io n-" "Stupido! Credi che non lo sappia? Sono perfettamente al corrente del pericolo che stiamo percorrendo e sinceramente preferisco starti vicino piuttosto che rimanere angosciata per ore..." ammise lei "portami con te"
Duncan la guardò qualche istante indeciso, finchè non comprese a pieno che nemmeno lui voleva separarsi da Gwen, ma sapeva anche che doveva in ogni modo tentare di proteggerla...
"Puoi fidarti! I-Io... Prenderò una pistola! So tirare e..."
"ok... Andiamo ora" concluse infine, con la ragione compromessa.
 
 
Uscirono dall'edificio e cominciarono a percorrere quei pochi metri che distanziavano l'università, con il cuore in gola. Potevano infatti esserci persone nascoste tra le varie auto e case, ma fortunatamente, non incontrarono nessuno.
Camminarono finchè non avvertirono un odore acre e acido impregnare le loro narici, ma continuarono comunque ad avanzare, mentre Gwen si copriva istintivamente il naso con la mano.
Il ragazzo si fermò dopo poco, e lei fece lo stesso, fermandosi proprio dietro la sua schiena, avendo così la vista compromessa, e non riuscendo a osservare cosa si nascondesse oltre. Si scostò quindi di lato e dovette trattenere un urlo nel momento nel quale vide un corpo a terra a pancia in giù con la schiena totalmente umida di quel licquido rosso, che riconosceva bene essere sangue.
Sgranò gli occhi, e cominciò poi a seguire, sempre con lo sguardo, la scia ancora fresca che sgorgava e sgorgava, fino ad arrivare ai piedi delle sue scarpe, bagnando anch'esse di morte. Guardò Duncan, e notò il suo viso disgustato. Dunque, ecco cos'erano quegli spari...
"E' una ragazza" commentò dopo qualche minuto lui "che sia ancora viva?"
Gwen scosse la testa abbassando le mani sui fianchi "non è possibile... Guardala... Ha... Ha perso troppo sangue..."
Lui annuì capendo perfettamente la situazione.
Calò il silenzio per qualche minuto: minuti nei quali i due osservarono con confusione e incertezza il corpo di fronte ai loro occhi, fino a che Duncan divenne bianco cadaverico in volto, notando una cosa in particolare in quel corpo.
Cominciò a squotere la testa non accettando ciò che era giunto a pensare e esordì immediatamente "Aiutami a voltarla"
Gwen lo guardò un istante e notando il suo sguardo serio e spaventato, non potè che accennare un'affermazione.
 
Il punk le afferrò il braccio per sollevarla meglio, mentre Gwen tirava la camicia bianca al fine di aiutarlo.
"ok... Ancora un ultimo sforzo" la incoraggiò capendo perfettamente quanto lei fosse probabilmente disgustata dalla situazione e dal sangue.
Voltarono il corpo fino a portarlo coricato a pancia in sù e fu in quell'istante che Duncan comprese a pieno che ciò che fino a poco prima era solo un'intuizione era pura realtà, e anche Gwen lo capì immediatamente.
Lui aveva notato i vestiti...
"Heather!" non potè trattenersi dal dire Gwen quasi gridando.

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Capitolo 18
*** La fine del mondo... XVII ***


holaaa! Eh sì! u.u stasera aggiorno ♥ :) *preparano i pomodori da lanciarmi* ^^''
okok, lo so che le mie storie non sono dei capolavori, maaaa... x'D non so che dire hahahaha che i miei capelli verdi mi aiutino u.u x3 buona lettura e recensite ;)


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Era a terra, morta, con il corpo madido di sangue e la fronte corrucciata. Ad attraversarla, erano stati molto probabilmente più di 15 colpi, viste le condizioni del torace, totalmente sventrato.
Duncan aveva immediatamente tappato la bocca a Gwen con una mano, per poi andarsi a nascondere insieme a lei dietro un'automobile poco distante. Ed aveva nel frattempo, iniziato a riflettere "shh..."
La ragazza aveva cominciato a respirare freneticamente, presa dalla confusione nel vedere un loro compagno in quello stato... Stringeva convulsamente i pugni mentre rivoli di sudore le bagnavano la fronte. Cominciò poi a rallentare la respirazione così da tranquillizzarsi, per quanto possibile fosse in quel momento. Si poggiò una mano sul cuore, e non appena lo sentì rallentare, prese parola "Duncan... Perchè?" chiese alludendo all'amara sorte toccata alla scienziata.
"Probabilmente" fece lui dopo avere passato gli ultimi minuti a riflettere "Aveva paura... E voleva allearsi a loro."
"Cosa?"
Lui annuì "hai fatto caso alla sua reazione precedente? Tutto ciò che le interessava era sopravvivere. Era tanto spaventata dall'idea di morire, da accettare un tradimento... E probabilmente, deve avere, non commettendo errori, capito che sono loro i più forti... Al momento per lo meno" concluse poi.
"Vuoi dire che ci stava tradendo?" chiese Gwen come non avesse sentito le precedenti parole del ragazzo che facevano chiaramente intendere.
"Non lo vedrei in questo modo. Lei ... Era accecata dalla paura e la follia. Non penso avesse serie intenzioni di tradirci, semplicemente voleva sopravvivere." sussurrò infine il ragazzo sospirando.
RImasero entrambi qualche minuto in silenzio. Minuti nei quali lei non poteva fare altro che analizzare con ribrezzo ogni fatto, fino a giungere sempre all'immagine di quel corpo riverso a terra in un'infinita pozza vermiglia "oddio..." aveva poi sussurrato spezzando quella quiete.
"Adesso... Il problema è che sanno che siamo qui" commentò il punk guardandola preoccupato.
Lei spalancò semplicemente gli occhi, cercando di dare a vedere la sua paura e tensione, il meno possbile... Duncan aveva perfettamente ragione: il ragazzo dai capelli rossi, Scott, avrebbe detto a Trent del corpo e con tutta probabilità, anche in quelle condizioni penose, lui l'avrebbe riconosciuto ed avrebbe avvisato del loro arrivo, a quel punto, erano spacciati. Soprattutto se era proprio come diceva Duncan, cioè se c'erano più di loro due come 'cecchini'.
"che facciamo?" chiese infine Gwen cercando di essere ferma, seppur la sua voce tremasse decisamente.
"mi sembra ovvio che a questo punto..." immaginava già cosa le avrebbe detto lui: che dovevano nascondersi. Che non potevano fare altro. Che non c'era alcuna scelta. Invece... "Dobbiamo agire."
"Agire? E come? Non sappiamo nemmeno come hanno fatto o perchè hanno soppresso il mondo!!" rispose Gwen cercando sempre di essere forte, per quanto inutile fosse visti i risultati.
"Continuare a nascondersi... E' una scelta suicida. Loro ci cercheranno e rimanere fermi in un punto come topi è qualcosa di inaudito... Io combatto" detto questo si alzò in piedi, per poi tastare la fondina. Sorrise avvertendo l'arma nuova (siccome la precedente l'aveva lasciata in Canada) al suo posto. Fece poi un passo verso l'ingresso, mentre il suo petto spingeva come pronto a esplodere dall'agitazione.
Gwen si alzò seguendolo. Quel ragionamento non faceva, ahimè, una piega. A quel punto, se non erano andati lì per combattere, allora per cosa erano andati?
Lui fece per solcare la porta, si voltò poi a guardarla "Tu rimani q-" "no. Io vengo. Io lotterò fino alla fine, dannazione! Credi non ne sia in grado? E' vero, ho paura... Mi reggo malapena in piedi, ma... Se non cerco di fare qualcosa... Sarò solo una codarda che morirà per niente. Se proprio devo andarmene... Voglio farlo combattendo per ciò a cui credo"
Lui, in risposta la osservò qualche istante. Il suo viso serio, ostentava tanta insicurezza che però lei celava con estrema tranquillità. Voleva fermarla, eccome. Ma non poteva. Loro erano così simili da potersi capire al volo. era evidente che lei avrebbe fatto tutto pur di combattere e prendere parte a ciò che si rivelava essere una vera e propria guerra, e non glielo avrebbe negato "bene, ma sta attenta" sussurrò infine sorridendo.
"Ovvio" rispose lei sfiorando la fondina che nascondeva con attenzione una pistola.
 
Entrarono silenziosi. Nessuna luce illuminava gli ampi corridoi, nascosti nell'ombra, in quanto nemmeno le finestre, troppo alte e troppo piccole, potevano illuminare a dovere quell'immensa parte dell'università. 
Nessun suono spezzava quel perenne silenzio, continuarono dunque a proseguire imperterriti, per forse un'intera ora, nella quale pensieri su pensieri, presunzioni e ipotesi continuavano a insidiarsi nell'animo della coppia.
Era davvero possibile che non avessero ancora detto nulla a Trent di Heather? I loro pensieri furono però subito interrotti non appena una voce, seppur ovattata inondò d'improvviso la scalinata che stavano percorrendo.
"hai sentito?" indagò il punk voltandosi verso Gwen, la quale annuì subito.
Partirono a passo svelto verso la zona da cui avevano chiaramente avvertito il suono provenire, fino a che non si sentì nuovamente, e non ci volle molto a nessuno dei due, prima di capire, che nasceva proprio dalla porta che era a pochi metri da loro.
Duncan poggiò un orecchio alla parete così da sentire più chiaramente le parole, poi si concentrò...
 
"sappi, stupido, che non devi mai più fare una cosa simile!" una voce autoritaria, certa più che mai di sè.
"M-Mi dispiace... S-S-Solo che q-q-quando è arrivata... Io pensavo dovessimo..." una seconda spaventata, sottomessa...
"Oh! Allora sai pensare? No, perchè... Non credevo ne fossi in grado! Ma a quanto pare avevo ragione io! Hai ucciso quella ragazza senza nemmeno portarla prima da me!"
"Ecco... Non era nei p-piani che"
"lo dico IO, cosa è o meno nei piani!" ci fu qualche istante di silenzio, prima che la medesima persona autoritaria prendesse la parola "potevamo farci qualcosa di questa... Heather Nishiyama, figlia di un direttore d'azienda giapponese e di un'insegnante di Oxford... Laureata nella più prestigiosa università Spagnola, inglese e giapponese... Non ci hai pensato?" detto questo si sentì un piccolo colpo a terra.
Probabilmente doveva avere letto quelle cose in un documento della ragazza, ed ora lo aveva gettato disinteressata.
"S-S-Sono mortificato... I-Io non credevo che..."
"Almeno sta in silenzio! Ormai l'errore lo hai commesso, no?"
non ci fu risposta.
"vattene" intimò prerentoria la voce e immediatamente si avvertirono dei passi avvicinarsi.
Duncan e Gwen si nascosero dietro una colonna portante vicina, da lì videro con chiarezza chi fosse ad uscire dalla stanza: Scott.
Aveva un'espressione preoccupata, non poterono fare a meno di notare i due nascosti.
Non appena anche lui fu scomparso dietro una parete, uscirono dal loro provvisorio nascondiglio "Quindi..." esordì Gwen
"Quello dev'essere 'l'ufficio' del loro capo... Probabilmente quello per cui era preoccupato Trent" concluse Duncan, e la ragazza in risposta  annuì.
Il ragazzo corrucciò la fronte, per poi prendere un respiro "Io entro. Tu rimani fuori a controllare non arrivi nessuno. Se arriva qualcuno, bussa due volte alla porta...Ok?"
Lei dopo un istante di agitazione fece segno d'assenso, pur sentendosi totalmente contrariata a quella proposta: infondo poteva esserci chiunque oltre quell'enorme porta.
Afferrò la maniglia prepotentemente, per poi entrare, mentre lei, con il cuore in gola pregava solo lui uscisse al più presto.
 
Si trovava in quella che probabilmente, in precedenza era la presidenza dell'università. La stanza era ricoperta di quadri sulle pareti, ed infondo ad essa, una scrivania intarsiata, si ergeva con dietro una poltrona, vuota.
Era confuso: era sicurissimo ci fosse qualcuno dentro quella stanza, ma in quell'istante era certo di essere solo. Sospirò infastidito per poi fare per voltarsi ed uscire, fino a che una voce, proveniente dalle sue spalle lo interruppe "No. Fermo dove sei. Non voltarti"
Duncan, in tutta risposta, sorrise fermandosi.
"Chi sei?" indagò la voce sicura di sè.
Solo in quell'istante, momento in cui lui analizzò con attenzione il tono, comprese che la voce era femminile... Che quindi, quello tanto temuto da tutti, era una lei.
Incuriosito fece nuovamente per voltarsi, ma quella voce lo interruppe bruscamente "Non ti è chiaro ciò che ti ho detto prima? Non azzardarti a voltarti e dimmi chi sei"
"Prima dimmi tu chi sei..." rispose lui serio, cominciando a comprendere, che ciò che avrebbe visto voltandosi, oltre a lei, sarebbe stata probabilmente la canna di un'arma contro il suo petto.
"Sicuro di voler giocare?" chiese ghignando la donna, mentre faceva chiaramente avvertire a lui un suono metallico di una pistola.
"Il mio nome è Duncan"
"eheheh, Duncan... Vedo che capisci"
Lui inghiottì rumorosamente della saliva, mentre avvertiva la tensione crescere. Il tono di voce di lei, portava alla mente qualcosa di totalmente folle... Un ricordo di puro terrore.
"Ed ora dimmi, Duncan... Da dove vieni?"
"Canada..." rispose.
"Uh... Lontano... E come ci saresti arrivato qui?"
"Elicottero"
"Da solo?" incalzò lei subito.
Duncan iniziò a riflettere. Era ovvio dovesse dire di no, ma se Trent le avesse già parlato delle più persone uccise sarebbe stata la fine. Poteva solo sperare che il moro avesse riferito della sola presenza di Duncan...
"Allora?"
"Sì, sono solo" sussurrò il ragazzo sperando con tutto se stesso che fosse come sperava lui.
"E perchè sei qui?"
"Per fermarvi... Mi sembra evidente... Qualsiasi cosa facciate, lo fate a discapito del mondo... Quindi vi devo fermare"
"Oh... Che discorsi da uomo... O da folle? Devo pensarci" rispose quasi ridendo lei.
Calò il silenzio nella stanza, mentre lei cominciava a camminare intorno al punk... Passi lenti e snervanti scandivano il tempo e lui stava per esplodere.
Poi la vide. Gli arrivò di fronte con un sorriso che se associato a una situazione normale si sarebbe persino potuto definire dolce... Ma in quel momento, pareva solo che il folle sguardo di un assassino.
Dei lunghi capelli castani cadevano lisci sulle spalle e la schiena, nascondendo anche parte del viso, la cui pelle era leggermente abbronzata. Un fisico perfetto e degli occhi grandi ed espressivi. Quello era il ritratto del colpevole di tutto.
"Ma guarda il nostro ragazzo... Come sei affascinante" commentò lei sfiorandogli il volto con la canna della pistola.
"Quanto sarebbe allettante tenerti?"
"Io non obbedirò certo ai tuoi ordini!" le sputò in faccia Duncan, noncurante dell'arma ancora vicinissima al suo viso.
"ahahha... Non ancora... Infondo sei un animaletto selvatico, ma non preoccuparti, la tua padrona saprà allevarti... Eccome" si voltò dirigendosi verso la scrivania, per poi tornare a parlare, ma stavolta non riferendosi a lui "portatelo di sotto" detto questo, due ragazzi arrivarono nella stanza da una porta secondaria, intenzionati a prendere Duncan, il quale fece immediatamente per afferrare la propria pistola, ma inutilmente, in quanto avvertì la fondina vuota sotto il suo tocco. Si guardò intorno e notò la ragazza che aveva tra le mani l'arma di lui "ahahah! E' uno spasso... Te l'ho presa mentre eri distratto dalla canna contro la tua guancia! ahahah!" rideva come un'ossessa. Sembrava un film horror incredibilmente spaventoso... La voce, le fattezze, la risata di lei erano pura follia.
Cercò di fermare i due ragazzi, ma gli fu inutile ogni ribellione, in quanto era ormai senza armi di difesa.
 
 
Gwen non aspettava altro che vedere Duncan uscire e per mantenersi calma, continuava a fare lunghi sospiri, e si accertava ogni dieci minuti di avere ancora con se la pistola, come potesse sparire da un momento all'altro.
Non era passato molto, quando d'improvviso avvertì una stretta al polso, e venne successivamente sbattuta contro il muro con violenza. Chiuse gli occhi in preda al dolore, ma non gridò. Non appena li riaprì, si ritrovò di fronte Trent, con un sorriso diabolico disegnato sul volto, misto ad un'indenne curiosità "Gwen... Ma che sorpresa... Che ci fai qui?"
La ragazza si dimenò intenta a liberarsi, ma più lo faceva, più la stretta sui suoi polsi aumentava.
"Allora? Mi rispondi?" incalzò lui soddisfatto dell'espressione dolorante di lei.
"Lasciami!" disse lei, ma senza gridare, non poteva dimostrarsi tanto debole.
"Cosa?"
"Ho detto di lasciarmi, maledetto bastardo! Se lo fai... Ti dico tutto!" escalmò Gwen soffocando un grido di dolore.
"E perchè dovrei crederti?" continuò con quel maledetto sorriso.
"Beh... Se mi uccidi prima di sapere ciò che ci faccio qui... Chi ti dice che non perderai qualcosa?" articolò Gwen stringendo i pugni  mentre le nocche sbiancavano.
Trent socchiuse gli occhi confuso, mentre allettato da quelle parole malediceva la ragazza e la lasciava definitivamente andare, spostando le proprie mani invece che qui suoi polsi, contro la parete, così da non permetterle comunque di fuggire, in quanto intrappolata dalle braccia di lui "E ora parla"
"eheheheh..." rise lei melliflua "Sono qui perchè ho deciso di allearmi con voi..."
"Cosa? ahhah! E dovrei crederti? Ma se eri tu che predicavi l'amore e la pace in Canada!" esclamò Trent, ma Gwen non cambiò espressione: sorrideva sicura di sè.
"E tu ovviamente ci hai creduto... L'uccisione di Duncan è stata una manna dal cielo, non lo sai? La pianificavo da moltissimo" commentò lei.
"Cosa?"
"Esatto! ahahah... Da quando sei arrivato, ho sospettato fin da principio fossi contro ciò che faceva Duncan, ma non ne capivo il motivo... Notai dopo qualche tempo che seguivi Duncan e tentavi di ucciderlo e alla fine ci sei riuscito!"
"E perchè dovrei crederti?" indagò il moro.
"Dj l'ho eliminato a Toronto, Geoff mi ha portato qui, e l'ho ucciso non appena siamo atterrati, mentre Heather... Lei è stata uccisa pochi minuti fa da un ragazzo qui fuori... Proprio secondo i miei piani"
"Non ti credo!" sorrise Trent in risposta, ma l'espressione di lei, rimase la medesima "basta che ti affacci" sussurrò indicando la finestra, e così lui fece "quel corpo è Heather... Le ho mandato un sms con su scritto che ero stata catturata e lei si è fiondata qui e l'hanno uccisa eheheh"
"G-Gwen... Tu hai..." fece Trent per poi fermarsi meravigliato da quei ragionamenti. SI voltò verso la ragazza, la quale stava sorridendo soddisfatta poggiata contro la parete.
"E perchè vorresti allearti con noi, se non sai nemmeno perchè siamo qui?" incalzò il ragazzo.
"Semplice, anche uno stupido capirebbe che allearsi a voi, significa vivere. E io voglio vivere, lo voglio disperatamente... E oltretutto... Sono molto più utile di quanto si potrebbe pensare"
"Ah sì? Dimostralo" fece Trent incrociando le braccia sul petto in segno di sfida.
La ragazza estrasse dalla fondina l'arma per poi puntarla contro un dipinto a circa 100 m da lì, poi, dopo aver preso la mira, sparò. Fu un suono secco e non appena ebbe fatto, sussurrò "dritto nella pupilla sinistra... Non un millimetro in meno, non uno in più"
Il ragazzo si avvicinò per controllare fosse realmente tanto preciso il colpo, e si meravigliò non poco nel notarlo.
"Allora?" fece lei rimettendo l'arma nella fondina.
Trent si voltò sorridendo maligno "Sei dei nostri"

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Capitolo 19
*** La fine del mondo... XVIII ***


buonasera a tutti :) aggiorno hahaha dopo molto tempo, scusate ^^'' spero vi piaccia e quindi vi auguro buona lettura e beh... Questo capitolo è stato scritto mentre ascoltavo gli ONE OK ROCK *^* hhahahaha per chi li conosce capisce :') e recensite ♥


Era probabilmente adibita in passato a biblioteca, ma doveva poi essere stata abbandonata, visto come tutto ciò che si trovava al suo interno era impolverato e stantio... Ecco dove avevano condotto, i due uomini, Duncan. Era una stanza buia, abbastanza grande, che si trovava al piano terra dell'edificio, alle pareti c'erano esclusivamente scaffali, riempiti da grossi e vecchi volumi di enciclopedie, dizionari e manuali vari, mentre a terra, sedie ammucchiate una sull'altra e un paio di cattedre, ingombravano lo spazio.
Il ragazzo fece di tutto pur di non scomporsi, sapendo perfettamente, come andando nel panico non avrebbe minimamente risolto ciò che era accaduto.
Non sapeva nemmeno con precisione da quanto si trovava lì... Aveva gettato il cellulare che gli aveva con gentilezza prestato Dj... Lo aveva buttato mentre veniva condotto in quella stanza.
Aveva mandato un sms al biondo dicendogli che non sarebbe tornato per un po' e che non doveva minimamente pensare di attaccare l'università, in quanto Duncan, falsamente, aveva promesso sarebbe tornato... Dopo avere mandato quel messaggio, aveva distrattamente fatto cadere a terra l'oggetto, per poi calpestarlo senza farsi notare dai due uomini che lo strattonavano giù per la scalinata.
Ma solo ora si rendeva conto dell'errore che aveva commesso, spinto dal suo stupido istinto. Impulsivo, ecco cos'era.
Strinse i pugni. Non sapeva con certezza se Gwen fosse riuscita a fuggire e questo complicava non poco le cose per lui. Se non ce l'avesse fatta, e fosse stata ancora all'interno, probabilmente l'avrebbero uccisa o torturata, e lui stupidamente, aveva ordinato prerentorio a Geoff di non muovere un passo da dove si trovava.
La sola cosa che gli era rimasta, era la speranza... E il suo sangue freddo, che non poteva assolutamente perdere in quel momento... Se lo avesse fatto, non era certo nemmeno lui sarebbe riuscito a recuperarlo.
Si passò una mano tra la cresta verde mentre sospirava esasperato. 
Doveva riassumere ciò che era accaduto, in quanto era successo in modo troppo veloce. Aveva incontrato quella che aveva manovrato tutto sin dall'inizio, una ragazza dall'aspetto angelico, ma con un'anima tutt'altro che pura. Aveva dimostrato fin da principio la sua follia, lo aveva ingabbiato come un animale selvatico, accusandolo oltretutto di esserlo, e lui misero, non aveva potuto fare nulla, se non gridarle contro o rimanere composto pur di ferirla nel folle orgoglio che a testa alta portava. Ma a quale fine? Un fine stupido e patetico, se questo era quello di rimanere con un misero briciolo di dignità, infondo, nel momento in cui aveva sentito la porta alle sue spalle chiudersi a chiave, aveva capito perfettamente come di essa, non rimanesse nulla. Si era fatto prendere come niente fosse, abbandonando Gwen, la ragazza che amava in balia di un destino a  lui coperto... Si sentiva impotente su ogni più misero fronte.
Eppure continuava imperterrito a sperare... A ripetere alla sua mente vuota "è forte... starà bene... è forte... ce la farà... lei è... lei"
Non semplici pensieri, ma pura realtà... O così sperava.
 
Aveva sorriso maligna abbracciando il moro e stringendo la mano a Scott.
Tutto era scattato come una sorta di salvavita: non appena si era sentita sul punto di morire, aveva parlato, seppur mentendo, in modo tanto lascivo da poter incantare un illusionista. Era sempre stata brava a nascondere la vera lei, ma quella... Si dimostrava un'amara ed ardua prova. Oltretutto, non aveva la minima idea di che fine avesse fatto Duncan. Probabilmente vivo, o così sperava... Infondo, doveva solo aspettare eliminasse il capo... Se solo ce l'avesse fatta.
Non ci aveva impiegato molto a convincere Trent. La parte più difficile era stata sorridere osservando il povero corpo tumefatto e vermiglio della scienziata, non che il vantarsi di uccisioni l'avesse appagata, anzi, la semplice invenzione di quelle morti, le aveva fatto accapponare la pelle, ma imperterrita aveva continuato a parlare, in modo schietto e deciso e non si era scomposta neppure quando Trent le aveva chiesto per quale ragione si alleava a loro... Infondo, la vita sembrava una motivazione più che valida... Eccome se lo era.
Eppure in quel momento, la stava solo che rischiando.
Era in quella che prima del 21 dicembre, doveva essere stata una semplice aula, e Trent le stava presentando Scott.
"Lei è Gwen... Era con me a Toronto.. E' grazie a lei se sei riuscito ad ammazzare la scienziata di sotto!" si vantava Trent come possedesse un trofeo mentre abbracciava Gwen, per poi lasciarla e tornare a parlare all'amico. Lei intanto rabbrividiva a quella schiettezza con la quale aveva detto 'ammazzare'.
"Ah sì? E come?"
"Le ha mandato un sms raccontando che era stat catturata e lei si è diretta frettolosamente qui... E tu l'hai eliminata..." 
"E perchè saresti dei nostri, ragazzina?" indagò Scott avvicinandosi a Gwen.
"Ovvio, no? La vita è il premio più ambito da ogni razza di essere umano, e per quanto apparentemente possa essere diversa, il desiderio è il medesimo" rispose Gwen mantendo quel tono deciso, che tanto si sarebbe adattato all'antagonista dei migliori cartoni animati.
Il ragazzo, da volto serio, mutò la curva delle proprie labbra, in un ghigno che poco aveva di buono "capisco benissimo..."
La ragazza rispose al sorriso con uno altrettanto malvagio, per poi tornare a osservare il moro, il quale dopo qualche istante esordì dicendo "ora dovremmo portarla al capo"
A Gwen si illuminarono gli occhi, non appena sentì quella frase, e subito pensò che anche per puro caso, in quel modo potesse venire a conoscere di qualche novità su Duncan, accennò quindi all'affermazione di Trent, un sì, con il capo e venne poi accompagnata sempre dal ragazzo, fino all'ufficio dove poco prima si era recata anche in compagnia del punk.
"Ok Gwen... Devi sapere una cosa..." esordì Trent bussando.
Lei lo esservò e lui in risposta disse "E' una persona.. particolare. Assecondala... Se vuoi vivere realmente" finì la frase sorridendo.
E in quel momento, la porta si aprì, aprendo il varco ai due.
"Che succede?" fece una voce prerentoria.
"Sono Trent...  Sono qui con buone notizie..."
"Parla" e fu in quell'istante, che Gwen si vide apparire davanti agli occhi una ragazza dai capelli castani, in un caschetto leggermente più lungo del suo... Posata, e bellissima. Era seduta sulla scrivania.
"Lei è Gwen, una ragazza che ho conosciuto anni fa. Vuole allearsi con noi" proseguì Trent interpellato.
La ragazza scese dal tavolo, per poi avvicinarsi alla dark e cominciare a osservarla con attenzione camminandole attorno "Ci sarebbe utile?"
Il ragazzo annuì.
"E come?" continuò in un modo tanto altezzoso da infastidire Gwen "So tirare bene con la pistola e sono abbastanza scaltra da ingannare molti" rispose quindi la dark non lasciando a Trent il tempo di prendere parola.
"Non mi sembra di averti chiesto di parlare..." rispose tranquilla l'altra fermandosi "Trent confermi?"
Lui annuì nuovamente, e in risposta, quella che si era rivelata essere il loro capo sorrise. "Lasciaci sole"
Il moro uscì dunque dalla stanza senza opporsi, lasciando le due da sole a osservarsi e giudicarsi silenti, fino a che, l'artefice di quelle sventure, non le porse cordiale la mano, e Gwen, malfidata la osservò chinando di lato il capo "piacere, il mio nome è Courtney... E tu chi sei?"
"Gwen" rispose la dark, senza però porgerle anch'essa la mano, e notando questo, anche l'altra la ritrasse, seppur leggermente infastidita.
"Vedo che sei una ragazza sicura di sè... Mi piace!" commentò. Gwen sentiva quelle parole entrarle da un orecchio e uscirle dall'altro, mentre con amarezza constatava che Duncan non si trovava lì... Forse se ne era andato e non vedendola aveva pensato che anche lei fosse evasa avvertendo eventuali suoni sospetti... E se così fosse stato, per lei si poteva dire che era la fine...
"potremmo addirittura essere amiche" conitnuò la castana. E così la dark si svegliò "amiche? Io non ho intenzione di esserlo."
"Cosa?" fece stavolta con un tono quasi sconcertato.
"Il mio unico interesse è vivere. Non mi sembra di essere qui per stringere patetiche e false amicizie..."
La faccia sconcertata di Courtney si trasformò in un sorriso particolarmente divertito, pura follia, non potè fare a meno di pensare Gwen "ahahahaah! Ti adoro! Sei così... Come posso dire... impertinente! Ahahah!"
In risposta, Gwen corrucciò lo sguardo.
"Ah! Sì, ti adoro! Dovremmo essere amiche, no? ahahah! Sarebbe... Fantastico" in quell'istante, in modo spaventosamente drastico, il suo sorriso divenne serio e vuoto,il suo sguardo perso in un punto indeterminato della parete "le amiche si dicono i segreti, no? Ti dirò il mio!"
Gwen, spinta più che dal resto, ma dalla paura che quel bizzarro comportamento, conduceva ad alimentare non rispose, ma si limitò a contrarre leggermente le sopracciglia.
Courtney le si avvicinò all'orecchio e sussurrò sul punto di una risata folle "Io... Ho un cucciolo... Un animaletto selvatico... Nascosto proprio qui... Ahahah! Ma nessuno lo sa!"
Gwen non afferrando quell'affermazione si limitò a rimanere muta mentre lei scoppiava in una risata sull'orlo della pura e velenosa pazzia nel suo orecchio.
Si fermò d'improvviso, per poi tornare a sussurrare "L'ho trovato oggi... Non voleva obbedirmi... Ha detto che mi avrebbe sconfitto... Ma ora, l'ho addomesticherò io!"
solo a quelle parole, la dark comprese alla perfezione di chi stesse parlando. Duncan! Ecco dov'era... Ingabbiato per mano di quella folle in una stanza nascosta chissà-dove all'interno di quell'immensa università. Ma anche se lei avesse trovato la stanza, non sarebbe mai riuscita a salvarlo comunque, in fondo... Duncan doveva essere chiuso a chiave ovunque si trovasse e ciò significava che per entrare, doveva essere con lei, Courtney.
Doveva perciò, per deduzione, diventarle amica. E ciò significava continuare a mantenere quel comportamento, come lo definiva lei, impertinente, che tanto la divertiva.
Una cosa era certa: Gwen era in dovere di ritrovarlo... Certa che il suo cuore non sarebbe riuscito a patire a lungo giorni senza di lui, e perciò le era d'obbligo fraternizzare fin troppo con quello spaventoso nemico.

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Capitolo 20
*** La fine del mondo... XX ***



hei ciaooo! ^_^ che dire? in sto periodo aggiorno poco, ma con la scuola fatico un po' ^^'' perciò non vi infastidisco oltre, ed ecco a voi.... LA fine del mondo XX ^___________________^



"Allora, che ti ha detto?" chiese Trent  non appena vide rientrare Gwen dall'ufficio di Courtney. Non aveva affatto un tono preoccupato, bensì la sua era semplice curiosità, e nemmeno verso l'amica.
"A quanto pare le sto simpatica" commentò la dark fingendosi indifferente e sedendosi su un banco della classe, mentre osservava fuori dalla finestra il sole illuminare con forza ogni angolo della città. Sembrava che lei non provasse alcuna reale emozione, ma quella era semplicemente un teatrino fin troppo ben improvvisato nel quale la ragazza si era calata con rammarico, ma senza una reale scelta. Sotto quel volto duro e finto, viveva una ragazza preoccupata e ansiosa, totalmente terrorizzata, non solo per lei, ma soprattutto per Duncan, imprigionato in un luogo a lei sconosciuto dell'università. Se fino a poco prima aveva avuto perennemente l'intenzione di fuggire, ora tutto era sfumato, facendo prendere posto al solo obbiettivo di proteggere il ragazzo che amava. Sperava solo stesse bene, e che quella folle non gli avesse ancora torno un capello.
"simpatica?" indagò Scott confuso "che intendi dire?"
"Mi ha chiamata 'amica' e ha detto più volte di volere... diventarlo, anche se non so se sappia effettivamente approcciare con qualcuno" continuò la ragazza con il proprio ragionamento.
"Beh, ritieniti solo fortunata. Se diventasti realmente sua amica probabilmente avresti molte più certezze di noi, anzi! Anche se non lo diventasti, ti consiglio di fingere" fece Scott, e in risposta, dopo pochi secondi, Trent annuì.
"Che intendi con certezze?" indagò lei.
"Allora... E' proprio vero che ti sei alleata a noi pur non sapendo ciò che facciamo?" chiese il rosso confuso, e lei rispose affermativamente mantenendo uno sguardo serio.
"Beh... Devi sapere che non ci siamo solo noi come alleati. Ci sono altre dozzine di persone alleate come noi, con Courtney... Alcune sparse per la città, altre sono nascoste proprio qui, in questo enorme edificio. Spesso non ci conosciamo nemmeno tutti tra di noi, ma vedi... Non è questo l'importante. Non quando, come hai detto tu, il tutto si basa sullo scopo o meglio l'obbiettivo di sopravvivere"  esordì Scott sedendosi a fianco alla dark "possibilmente sopravvivere in modo degno di tale nome: 'vita'. Vedi, Courtney ha dato inizio a tutto questo... Lei necessita di detenere un potere, ma non uno qualsiasi, lei vuole un potere in grado di elevarla ad uno stato di estrema superiorità. E' una sorta di complesso mentale... Una cosa che caratterizza molti ed immagino sia per questa ragione che nessuno fece mai nulla per... Impedire a questo suo obbiettivo di crescere. Ma vedi.. Courtney proviene da una famiglia di successo e una figlia con tali radici, come può non tentare il tutto e per tutto pur di farcela? E in effetti  fece molto. Arrivò persino a dirigere molte delle sedi dell'azienda di suo padre, ma vedi... Non era mai abbastanza. Sfogarsi su quelle poche persone che erano i suoi dipendenti cominciava a risultarle quasi monotono, per certi versi. Ora devi sapere che i suoi genitori, non tentarono mai di mandarla da uno psicologo, come tanto le avevano raccomandato di fare... Infatti, sin da piccola, Courtney era risultata quel qualcosa in più... Ma purtroppo non in modo positivo, quanto in modo drasticamente... Esagerato oserei dire... Anormale. Ma delle persone di tale rango non potevano avere una figlia 'anormale', no? Beh, si sbagliavano. Ciò che di primo impatto risultava un complesso di superiorità, era qualcosa di più." si fermò un istante, come a ripercorrere un breve ricordo, mentre Trent aveva chiuso gli occhi e aggrottava le sopracciglia, come sentisse una storia dell'orrore e forse, era proprio così "Courtney soffre di schizzofrenia cronica" disse secco Scott dopo interminabili secondi. Forse aveva tentato di elaborare al meglio ciò che doveva dire, ma alla fine doveva anche aver compreso che il modo migliore, fosse appunto dirlo e basta, senza inutili giri di parole.
Gwen spalancò gli occhi. Forse doveva averlo capirlo sin dall'inizio, doveva averlo compreso dai suoi movimenti, dalle suo parole, dalla sua risata... "Schizzofrenia cronica?"
"Praticamente... Lei si rende perfettamente conto di ciò che fa, ma lo trova comunque giusto... Sa di essere folle, ma le piace. Non vuole nascondersi. Crede che solo grazie a questa follia possa giungere al suo obbiettivo definitivo. Il solo in grado di soddisfarla."
"Cioè?" chiese Gwe senza riflettere, totalmente rapita dal racconto. E Scott sorrise, come non avesse aspettato altro che quella domanda "Governare il mondo"
"E non può essere curata?" chiese subito la dark colta dal panico che tentava comunque disperatamente di celare.
"Forse non mi sono spiegato bene... Lei si rende conto di ciò che fa... La sola cosa che la sua schizzofrenia intacca, è appunto questa sua mania. Potrebbe possedere perfettamente tutto l'autocontrollo necessario a evitare ad essa di fuoriuscire, ma non vuole. Lei è..."
"Cattiva?" lo interruppe.
"Malvagia" rispose questa volta Trent come volesse troncare immediatamente quel discorso.
"Mal" "Ora andiamo... E' turno di ronda" continuò il moro interrompendo la dark, probabilmente troppo loquace per i suoi gusti.
"Ronda?" chiese allora sempre la ragazza, pur capendo perfettamente il cambiamento improvviso del discorso.
"Esatto. Io e Scott solitamente a quest'ora dobbiamo fare una perlustrazione dell'università"
"Vengo anche io allora" rispose lei seguendoli per gli infiniti corridoi dell'edificio.
Nemmeno dall'esterno, per quanto quel luogo le fosse sembrato già di per sè imponente, non si poteva paragonare a come era realmente al proprio interno. Maestoso e quasi reale. Probabilmente in passato non doveva essere una semplice università, pensò la ragazza osservando il soffitto altissimo sopra le loro teste.
Più proseguivano il loro cammino, oltretutto, sempre di più la ragazza rifletteva su quanto poteva essere possibile, per una persona, nascondersi in quello stesso immenso edificio anche per giorni senza essere scomperti.
"Per quale motivo fate queste... Perlustrazioni?"
"Come avrai capito, non tutti sono stati coinvolti il giorno della 'fine del mondo'... Infondo tu ne sei un esempio vivente" sorrise Scott "se arrivasse qualcuno e si nascondesse qui e complottasse, avremmo il dovere di fermarlo" concluse indicando la propria pistola.
"Capisco... E sono molti?"
"Affatto... Come avrai capito, noi siamo tanti solo perchè ci siamo alleati a Courtney, mentre i fortunati non sopravvivono a lungo. E' una possibilità d'errore tanto minima da non procurarci problemi" rispose nuovamente il rosso.
Gwen storse le labbra. Mentiva. In realtà quella piccola percentuale rappresentava eccome un problema, altrimenti Trent non si sarebbe scomodato tanto nell'eliminare Duncan e soprattutto non si sarebbe agitato tanto al suo arrivo in Spagna... Non aveva ancora tutto chiaro della situazione. Anche se Scott l'aveva decisamente aiutata raccontandole quella storia, la ragazza non era ancora a conoscenza di come avesse fatto Courtney a trasformare tutti in Vegetali, nè di come, essere suoi alleati significasse vivere, ma nonostante ciò, non fece altre domande. Sembrare troppo indiscreta in quel momento poteva anche portarla ad una morte prematura.
"Capito" commentò annuendo.
 
Continuarono il loro percorso infinito, fino a che non vennero raggiunti da una ragazza non troppo alta, riccia.
Scott e Trent la riconobbero "AnneMaria, che succede?"
"Lei ha chiesto di vedere una nuova arrivata... Ha detto che sarebbe stata con voi..." si fermò un'istante per poi notare Gwen lì a fianco "è questa?"
I due annuirono all'unisono, e l'altra, senza aggiungere altro afferrò Gwen per un braccio per poi portarla con sè "Vieni! Se ti convoca, l'ultima cosa da fare è tardare"
Nel frattempo, il volto della dark, per quanto rimanesse immutabile, nascondeva un sorriso compiaciuto. Più tempo avrebbe passato con Courtney, meno avrebbe dovuto attendere per vedere Duncan, e magari, tentare di salvarlo, per quanto possibile fosse. Stava giocando con una folle a qualcosa di estremamente pericoloso, e vitale allo stesso tempo. Una folle con una mente contorta, perversa... Ma forse, si ritrovò a osservare, una pazza poteva anche essere più semplice da convincere. Forse poteva sfruttare la mentalità di quella pazza a proprio vantaggio e vedere così Duncan il prima possibile.
A questo pensiero, aumentò inconsapevolmente il passo.
 
Si era seduto contro la sola parete che non era ricoperta di scaffali stracolmi e impolverati ed aveva continuato a recitare mentalmente fittizie preghiere. Si sentiva patetico, eppure era anche un disperato. E il tutto non perchè fosse rinchiuso in una stanza angusta e ombrosa senza via di scampo, ma perchè la sua ragazza era là fuori, forse intrappolata, nelle mani di quella donna o di Trent. Graffiò con le unghie la vecchia moquette che ricopriva il pavimento. La sua stessa mente era dolorante. Si sentiva un topo in un labirinto buio. La sola finestra che c'era era sbarrata con alcune assi di legno rattoppate senza ordine e ammucchiate. Dagli spazi rimasti trapelavano piccoli fili di luce, quasi come minuscoli nastri. Tutto sommato, però erano sufficienti a fargli focalizzare con precisione in che penosa e triste situazione si trovasse.
Poco prima, in preda ad uno scatto d'ira, aveva sollevato le uniche due sedie che si trovavano nella stanza, per poi tirarle con tutta la propria forza contro la porta, non ottenendo però, alcun risultato oltre il vedere queste sedie andare in pezzi. Aveva poi cominciato a gridare mentre lanciava, sempre contro quella, enciclopedie e romanzi vari. SI era poi accasciato a terra rendendosi conto di ciò che gli era preso d'improvviso, sbalordito di se stesso.
Passarono altri infiniti minuti, minuti nel quali un nuovo terrore si concretizzò in lui oltre quello per Gwen. Lui era un animale in gabbia. Come quelli degli zoo. 
Lui era come uno di quei meravigliosi e orgogliosi leoni, feroci e combattivi, che dopo poco tempo rinchiusi e nutriti, divenivano schiavi del loro domatore, divenivano privi di spina dorsale, manovrabili, mansueti e docili.
Spalancò gli occhi, mentre il cuore cominciava a battergli all'impazzata. Quindi il suo destino era forse perdere la ragione fino al punto di arrivare a pregare per essere portato fuori?

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Capitolo 21
*** La fine del mondo... XXI ***


Holaaa! :'D lo so aggiorno dopo circa 37593028438 anni e mi dispiaceeee *mi lanciano i pomodori fregandosene altamente delle mie scuse :')* purtroppo la scuola è qualcosa di ORRIBILE! e oltretutto è venuto il soole! Evvai! *--* Tipo nel mio paesino di montagna stile Twilight è fantastico xD Maaa! So che non vi interessa della mia vita (che tanto è già un casino del cavolo di suo -.-'' potrei farci una ff), passiamo alla storia *in coro dicono: FINALMENTEEE!!* beh, eccomi... Anche qui sono a più di 20 capitoli e immagino che la metà di voi abbia smesso di leggere per scesa personale (chi non ha capito questa espressione non è Bolognese :'D) xD ma per chi non si è ancora arreso! Ecco qui :'D







"Sei arrivata! Meraviglioso!" esclamò Courtney non appena la porta si spalancò dandole modo di vedere Gwen a fianco di Anne Maria, la quale se ne andò immediatamente senza porre domande di troppo. La dark in risposta annuì infastidita per poi scrollare leggermente le spalle. Le appariva decisamente orrido rimanere con quella ragazza, ma non poteva fare altro per vedere il prima possibile Duncan, perciò accettava di buon grado tutto ciò che ne derivava.
"Ahahahahah!!! Sono così felice di averti conosciuta! E' incredibile come a differenza degli altri inutili leccapiedi, tu non ti faccia mettere i piedi in testa! Lo adoro!" disse lei cominciando ad avanzare avanti e indietro per la stanza.
"Perchè mi hai convocata?" indagò Gwen interrompendo il suo infinito e ripetitivo via-vai.
"Perchè? Semplice! Ho una proposta da farti! Ho bisogno di una guardia del corpo! Qualcuno di incredibilmente essenziale di cui fidarmi e ho deciso che tu saresti assolutamente perfetta..." concluse accarezzandole una delle tante ciocche verdi che pendevano fluenti dal capo di Gwen.
"Guardia del corpo? A che ti servirebbe? Infondo sono ben pochi ad essere qui per ribellarsi e da ciò che ho capito, coloro che tentano tanto... Muoiono senza pietà alcuna..." rispose quasi disgustata la dark.
"Esatto!" fece euforica l'altra "Ma alle volte, è proprio dall'interno che si elevano le controversie maggiori... Ed è esattamente questo ciò che più di ogni altra cosa voglio evitare... Il tuo compito sarà semplice..." disse con voce suadente e vellutata, poi d'improvviso divenne seria e acerba "Individuare e uccidere"
"Perchè mai dovrei accettare?"
"Beh... Se non lo facesti, saresti la prima ad essere immediatamente sospettata di tradimento, quindi moriresti in così breve tempo da non poterti nemmeno rendere conto se siano sufficienti i minuti rimasti per salutare i tuoi cari... Ma se accetti... Rimarremo amiche per sempre" concluse soffiandole all'orecchio l'ultima frase.
Gwen era rimasta per certi versi, paralizzata dalla paura. A quel punto era sempre più evidente la strada da prendere in quanto era decisamente condotta ad essa "Accetto"
"Ne ero certa!" esclamò sorridendo "Ed ora va pure... Ho altro da fare"
Detto ciò, la dark senza osare minimamente ribattere, uscì dalla stanza con la gola bloccata dal terrore. Il cuore le pompava nelle vene come un treno in corsa. Mai avrebbe immaginato (e chi infondo immaginerebbe mai simile orrore?) che qualcuno l'avrebbe minacciata... E per di più tanto schiettamente. Dal tremore che le sue gambe avevano preso ad avere, era persino inciampata più volte nel lunghissimo tappeto che ricopriva i corridoi dell'universita, eppure, anche contro le sue paure, doveva combattere. Strinse perciò i pugni mentre una goccia di sudore le rigava sempre più insistentemente la fronte.
Non appena arrivò in un'aula dell'edificio vuota, si sedette poggiando la schian contro il muro esausta. Ormai dovevano essere 10 di sera e quella giornata si era dimostrata incredibilmente spaventosa, non ci volle dunque molto alla ragazza per lasciarsi andare tra le braccia comode e rassicuranti del sonno.
 
Courtney, rimasta sola dopo avere parlato con 'l'amica' dark, aveva cominciato ad osservarsi attorno, accertandosi alla perfezione di essere sola, e solo dopo minuti interi, avendo appurato il tutto, decise di muoversi verso la porta che l'avrebbe condotta alla gabbia del suo nuovo giocattolo.
 
Ormai in quella stanza, non c'era più alcuna luce, il punk aveva perciò dedotto accuratamente che il sole doveva essere ormai calato. Gli pareva ormai di essere lì da una vita. Aveva riflettuto su centinaia di cose che normalmente avrebbero fatto impazzire chiunque, eppure lui era ancora lì a denti stretti a pregare per la salvezza di lei, poi della propria.
Aveva cercato di rivivere nella propria mente tutti i discorsi che aveva avuto con Gwen nei momenti più critici che avevano affrontato insieme. Ma lì tornava il problema, sì perchè in quel momento non erano affatto uniti, l'uno a fianco all'altra, ma c'era una distanza incredibilmente soffocante a separarli e la cosa peggiore era che nemmeno lui era in grado di sapere quanto effettivamente distante fosse questa. Gwen era riuscita a fuggire? Ecco cos'altro gli rimbombava nelle tempie insistentemente... Quella semplice domanda che però gli faceva accapponare la pelle.
 
D'improvviso avvertì un suono sordo, seguito da un cigolio. Si alzò immediatamente, e vide poi apparire oltre la porta la ragazza che poche ore prima lo aveva intrappolato.
Istintivamente si ritrasse contro il muro all'immediato ricordo di quella tagliente e inquietante risata e in risposta a quell'atto, lei sorrise "Buonasera"
Lui non provò nemmeno a risponderle, cercò invece di assumere una posizione degna di essere definita umana, in quanto ben  presto comprese, come la dignità e l'orgoglio fossero le ultime cose a lui a disposizione. Si scostò dunque dalla parete prendendo un respiro.
"Vedo che non rispondi, eh? Beh, non importa... Prima o poi lo farai. Devo solo aspettare... Ho ragione?" continuò chiudendosi la porta alle spalle e andandosi a sedere su una scrivania notando come le sedie fossero distrutte "Hai combinato un bel casino... Ahahahah! Avevo proprio ragione.. Devi essere addomesticato" continuò guardando a terra i libri che aveva lanciato il ragazzo.
"Non capisco una cosa..." esordì nuovamente lei "Perchè tanta determinazione nell'evadere? Intendo dire... Il mondo è giunto al termine! Tutti coloro che ami sono stati colpiti e nulla sarà mai più come era eppure tu combatti ostinatamente... Perchè? Perchè combattere per un mondo dove non c'è più nessuno? Soprattutto quando sarebbe decisamente più vantaggioso allearsi con me"
Duncan si ritrovò particolarmente sorpreso dalla tanta arguzia di lei. Possibile che solo notando quegli oggetti a terra potesse dedurre tanto... Forse però sarebbe stato decisamente meglio così. Perchè l'altra sola ipotesi era che avesse incontrato Gwen e l'avesse eliminata.
"Non sono tutti come te... E in effetti anche io mi faccio molte domande sul tuo conto... Per esempio... Per quale ragione distruggere un mondo di cui tu stessa fai parte? E come soprattutto sei riuscita a farlo?" azzardò infine il ragazzo non appena la voce decise di farsi sentire.
"ahahahh! Tempo al tempo... Non appena si verificherà il momento più adeguato perchè tu venga a conoscenza del reale susseguirsi degli eventi, ti dirò ogni cosa... Ma ora non potrei mai farlo..." rispose lei, per poi avvicinarsi sempre di più a lui fino ad arrivargli all'orecchio "Non ora che sei un ribelle... Ma presto vedrai... Ti renderai conto di quanto rasentino la follia le tue intenzioni"
Fu in quell'istante che la ragazza, Courtney si ritrasse avvertendo la sonora risata ostentata dal punk. Le rideva senza ripudio in faccia, e questo non la fece semplicemente infuriare, ma la spaventò quasi. Quel ragazzo le pareva più folle di quanto lei fosse realmente. Ridere a simili affermazioni sopratutto dopo avere visto come il mondo si era ridotto pareva ridicolo, eppure lui era lì che si beffava di lei senza il minimo ritegno.
"ahahahahah!!!"
"Che diavolo hai? Perchè? Perchè ridi?" iniziò dunque ad articolare interdetta nel frattempo da quella risata che continuava sotto la propria voce "RISPONDIMI STUPIDO ANIMALE SCELLERATO!" gridò infine, e lui si placò "rispondimi" ripetè con più calma poi rendendosi conto del tono troppo alto.
Duncan sorrise "Io rido perchè tutto ciò che dici, non mi interessa! Non mi importa morire! Non più! Non sono io la prima persona a cui penso quando mi sveglio! Non sono io! E perciò puoi fare ciò che vuoi! Puoi ammazzarmi, ammansuirmi, ma sinceramente, credo non ce la farai mai nel tuo intento! Credi di essere la più forte del mondo perchè hai qualche amico che sa tirare con la pistola? Beh... Sappi che chiunque può imbracciare una 4 millimetri e premere un grilletto esattamente di fronte al tuo viso. Sappi che io non sono il solo al mondo che pur di salvarlo prenderà un elicottero e cercherà disperatamente di guidarlo pur non avendo la minima esperienza! Sappi, folle, che non vivrai per sempre! Forse puoi alimentare le tue bizzarre manie di grandezza a vita, ma prima o poi morirai, chi prima, chi dopo, e anche se io fossi il primo attore su cui cala il sipario, sappi comunque che ci si rivede tutti nel backstage" Completò il proprio discorso con un tocco di superiorità incredibilmente sincero.
Courtney aggrottò la fronte in collera col ragazzo, ma non gli  osò sfiorare un capello, si diresse invece verso la porta per uscire dicendo "Sappi che in questo modo, la fortuna non sarà dalla tua parte" poi si sbattè la porta alle spalle. E Duncan in quel buio che lo aveva accolto tornò a ridere un'ultima volta prima di sfoderare un sorriso compiaciuto.
 
Il giorno dopo Gwen venne svegliata dalle spinte infertale da Courtney, di fronte a lei infuriata "Avanti! Alzati!"

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Capitolo 22
*** La fine del mondo... XXII ***


Stavolta mi sparano, ne sono certa.... Non aggiorno da '29481751093 anni (con l'apostrofo? XD) ahahhaha beh comunque ora aggiorno u.ù e avviso che è un capitolo un poco poco cruento? Nah... E'... non so nemmeno io... Crudo? Boh xD ahahahahaa beh, facciamo così, buona letturaaa :33 ♥


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Il giorno dopo Gwen venne svegliata dalle spinte infertale da Courtney, di fronte a lei infuriata "Avanti! Alzati!"
"Che succede?" domandò la gotica alzandosi lentamente. Avvertì subito una fitta fortissima alla gamba, segno dei vari colpi ricevuti dalla ragazza che era al suo fianco, ma ciò nonostante, non si scompose e non appena in piedi, si poggiò contro la parete.
"Seguimi! Sbaglio o sei la mia guardia del corpo?!" domandò diretta l'ispanica sempre alterata.
Gwen annuì per poi giungere insieme all'altra di fronte un'imponente porta.
 
Courtney aveva passato la notte a riflettere, non riuscendo a dormire un istante. In poche frasi fin troppo ben articolate, quel sudicio selvatico le aveva fatto crescere un'ansiosa paura nell'animo, l'aveva sminuita senza ritegno e lei non poteva accettarlo. Lei che sarebbe riuscita a governare quello stolto ed infimo mondo. E al momento della sua morte, tutti se ne sarebbero andati, perchè lei doveva essere la sola a governare da quel momento in poi. La sola in grado di sventolare senza ripensamenti un potere tanto importante che nemmeno i suoi genitori, tanto rinomati, erano stati in grado di controllare. Lei sarebbe stata perfetta e fondamentale per ogni singolo abitante della terra. Eppure quello stupido ragazzo si era beffato di lei comunque.
Stolto.
 
Aprì la porta seguita dalla dark "Tira fuori la pistola", detto ciò entrarono. 
All'interno era tutto completamente buio in quanto a quell'ora nemmeno i raggi solari colpivano le piccole fenditure che gli assi ammucchiati contro la finestra creavano.
"Dammela!" fece Courtney allungando una mano verso Gwen, la quale le porse la pistola confusa. Non capiva dove si trovavano o perchè fossero lì. Era una stanza impolverata eppure erano chiari i segni del passaggio di qualcuno: libri e sedie distrutte erano a terra.
L'ispanica sorrise follemente nell'ombra dopo avere caricato l'arma ed averla puntata un'istante dopo con estrema sorpresa della dark, contro la guardia del corpo.
"che diavolo fai?" indagò dunque Gwen con la canna di metallo poggiata contro la propria fronte. 
"Ahhahahah! Che domande! Mi credete davvero tanto stolta! Io? Io che sono riuscita a distruggere il mondo! Io che riuscirò anche a ricrearlo..." Schernì la pazza osservandosi attorno. "Avanti stupido! Esci fuori! Lo so che sei qui da qualche parte! Nascosto nell'ombra di questa stanza... Ahahahah! So che sei ancora qui dentro! Scommetto che avrai tentato di uscire, ma vedendo chi è il mio ostaggio, tu ti sia bloccato istantaneamente!" fece riferendosi ad un Duncan invisibile nell'ombra. Eppure, per quanto non sapesse dove fosse, per quanto ogni suo singolo ragionamento fosse corretto. Il punk aveva infatti pensato di fuggire non appena la porta si sarebbe nuovamente riaperta, ma aveva poi visto Gwen, viva, salva, e si era paralizzato nel momento esatto in cui Courtney le aveva puntato contro l'arma. Come? Come sapeva che loro erano complici?
"Se non vieni fuori ucciderò colei che pensi notte e giorno e che ti porta a salvare il mondo! E a quel punto non sarà nè su di me nè su di te che calerà per primo quello stupido sipario! Ma su di lei.. E a quel punto... Non credo non ti interesserà più!" continuò riferendosi al discorso avuto la sera prima.
"Voi!" esclamò questa volta riferendosi anche a Gwen "Voi credevate realmente che Scott non mi avesse riferito di avere ucciso lui la vostra amichetta mora? Un vero macello... Ahahahah! Le ho visto le membra fuori dalla cassa toracica tanto era conciata male! AHaahahahah! Non è uno spasso?!" gridò ridendo isterica mantenendo l'arma sulla fronte della ragazza.
"Ed ora... Ti consiglio di uscire dal tuo nascondiglio se vuoi vivere!Ahahahahah O meglio, se vuoi che lei viva! Ahahahahah! Non saprete mai nulla dei miei piani, stupidi! Di questo passo non sopravvievete a sufficienza!"
Dopo qualche istante, Duncan uscì dalla penobra con le mani alzate in segno di resa, lei aveva ragione, a lui non era possibile sopravvivere con la consapevolezza della certa morte di colei che amava e se arrendersi era il solo modo per salvarla non gli importava minimamente del suo orgoglio.
"No Duncan! Non deve importarti di me!" esclamò Gwen piangendo, ma ormai era troppo tardi.
"hahahahaha! Siete uno spasso! Molto più divertenti di quanto mi potessi aspettare... Non appena ho congiunto tutti i fili sul fatto che voi due foste... Beh, voi due, ho potuto agire! Ahahahah! Ora vi ho entrambi in trappola e ho un'arma... chi uccido prima? E come?" esordì facendo oscillare da una parte all'altra la pistola come fosse un giocattolo per neonati.
"Potrei spararvi negli occhi fino a colpirvi il cervello..." fece puntando l'arma contro Gwen per poi abbassarla.
"Oppure forarvi una dozzina di volte fino a vedere le vostre viscere fuoriuscire dal corpo" disse questa volta puntando Duncan.
"Esistono così tanti modi... Così stuzzicanti... Chi soffrirebbe di più? Chi di voi due supplicherebbe di morire prima? Chi ha più paura adesso?" fece un istante di pausa.
Puntò poi nuovamente l'arma sulla ragazza "ho deciso... Ucciderò te, Gwen, lascerò il tuo corpo privo di vita qui con lui qualche giorno, poi dopo che lui mi avrà supplicata più e più volte lo ucciderò colpendolo dritto al cervello... Non è meraviglioso?" chiese poi dopo quel delirio allucinante che fece quasi venire il voltastomaco a lei.
"Dì addio, Gwen"
La ragazza in risposta sussurrò un 'ti amo' con una voce tanto flebile che solo il diretto interessato, Duncan, avvertì.
"Fermati! Non ucciderla! Non farlo! Se non lo farai io... Io lavorerò per te! Ucciderò chiunque tu voglia, ma ti prego, lascia vivere Gwen. E' tutto ciò che ho" esclamò il punk quasi pregando.
"E i tuoi solidi principi? Non volevi salvare il mondo perchè era una cosa giusta? Così mi deludi stupido animaletto selvatico! Ti basta vedere questa bellissima ragazza con una pistola puntata alle tempie e rinunci a salvare il mondo, non ti vergogni? Sei un egoista!" disse Courtney continuando a guardare Gwen.
"Per Gwen ucciderei chiunque"
A quell'affermazione Courtney sorrise contorta "chiunque?"
Il ragazzo annuì e in risposta la pazza abbassò l'arma, infilandola in una fondina che aveva all'altezza della cintura ed estrasse invece dalla tasca un piccolo coltellino svizzero, che fece immediatamente scattare, così da fare comparire la lama affilata. Lo passò dunque al punk "Allora, ucciditi" continuò sempre con la medesima espressione inquietante.
Il ragazzo, spalancò gli occhi mentre teneva tra le mani l'oggetto lanciatogli poco prima. Ingoiò rumorosamente la propria saliva mentre quella richiesta da parte di lei gli rimbombava costantemente nel cervello.
"Allora? Non hai sentito? Voglio vederti tagliarti la tua stessa gola! Avanti! Fallo!!" continuò la donna a voce alta "Fallo! Fallo se vuoi vederla vivere!" concluse lanciando una breve occhiata a Gwen.
"No Duncan! Non ascoltarla! Pensa a te stesso! TI prego!" si intromise la dark, ma il ragazzo subito la zittì "Gwen... Io... Io non posso. Io devo farlo... Per te... Per darti anche solo un minuto in più... Farei di tutto" detto ciò fece passare velocemente la lama attraverso la carne del collo, all'altezza della trachea. Lentamente da quel sottile quanto fatale taglio, cominciò a fuoriuscire una cascata di sangue, che gli imprignò presto il colletto della t-shirt.
Cadde poi a terra. Prima in ginocchio, portandosi successivamente con il viso contro il pavimento freddo. Era riverso a pancia in giù su quella moquet che presto divenne madida di quel vermiglio liquido che lo uccideva lentamente.
"NO! Duncan!" gridò la dark buttandosi sul suo corpo cercando disperatamente di vederlo alzarsi, cosa che però non accadde "Duncan! Duncan! Rispondimi! Dannazione! Ti prego!" continuava a pregare dando gli occhi al cielo mentre le lacrime fuoriuscivano dagli occhi come un fiume in piena.
Courtney rimase muta, continuando imperterrita a sorridere soddisfatta come non mai di se stessa. E dopo qualche minuto se ne andò richiudendosi la porta alle spalle e lasciando la dark intrappolata in quel vecchio sgabuzzino in compagnia del suo amato.
 
Non appena fu sola, Gwen si strappò velocamente la manica destra dalla felpa e cercò fermare come meglio poteva l'emorraggia che era andata a scatenarsi, non sapendo neppure fosse in tempo o meno.
"Duncan! Rispondimi! Duncan! Non puoi... Non puoi essere morto dannazione!" gridò chinando il volto contro il petto del ragazzo dopo averlo voltato. Le sembrava di essere morta, tanto pareva tutto surreale.
Era in una stanza al completo buio, ma avvertiva ben più che chiaramente l'acido odore di sangue o il fatto che la moquet si fosse fatta umida al contatto con esso.
Spostò leggermente una mano, alla ricerca di una posizione più comoda, e non appena la mosse, avvertì il contatto con qualcosa di metallico. Afferrò l'oggetto, e presto riconobbe il coltellino che aveva usato Duncan per tagliarsi la gola.
Rimase silente a riflettere. A quel punto, per quanto potesse interessarle, poteva anche morire. Non le pareva possibile vivere in un mondo dove Duncan era solo un'ombra passata e fuggita troppo in fretta...
Voltò quindi l'oggetto tra le proprie mani, fino ad averlo impugnato in modo perfetto e puntò la lama contro il proprio polso sinistro. Voleva morire. Non desiderava altro. SI sentiva un'idiota... Aveva passato interi giorni a ripetersi che doveva farcela ed essere forte, ma in quel momento, con il corpo di Duncan di fronte, le pareva surreale proseguire la propria vita tanto semplicemente.
Strinse con decisione l'impugnatura, per poi iniziare a ferirsi il polso. Sentiva un dolore lancinante man mano che proseguiva con il taglio, che andava oltretutto con il diventare sempre più profondo, ma nonostante questo non si fermava. A quale scopo infondo.
Si ferì buona parte dell'avambraccio prima di decidere di passare al braccio successivo. Voleva essere certa di avere colpito la vena in quanto al buio non poteva esserne certa con un unico taglio ben assestato.
Dovette fermarsi qualche istante siccome la forza, solo con quella ferita, aveva già iniziato a scemare, eppure, nonostante ciò, impugnò comunque con la mano sinistra il coltellino e puntò al braccio destro. Era a metà dell'opera.
Sospirò dolorante per poi fare penetrare la lama nella carne. Stava per proseguire il taglio, quando improvvisamente vide la lama venire colpita da della luce.
Alzò lo sguardo vedendo spuntare attraverso due assi ammucchiate dei raggi solari..

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Capitolo 23
*** La fine del mondo... XXIII ***


Ciaaaao a tutti ^_^ aggiorno :D siete felici? no, eh? xD
beeeeehhhh.... se non siete felici non aprite sto capitolo (?) XD ahahahha non so che altro dire ;_; sinceramente non ho alcuna fantasia per i miei angoli o robe varie xD (ma si sarà capito :'D) quindi vi lascio e buona lettura :D

 
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Rimase immobile qualche momento ad osservare quella finestra sigillata in malomodo, seppur stabilmente. Le assi erano spesse e, dopo poco notò, particolarmente logorate.
Colta dalla consapevolezza, afferrò le mani al ragazzo e notò dopo pochissimi istanti alcune schegge di legno piantate sui palmi di esse: Duncan aveva tentato disperatamente di fuggire e raggiungerla. Non era riuscito però a scalfire più di tanto il legno secco che lo ostacolava essendo stato senza alcuno strumento, ma lei in quel momento, aveva tra le mani un coltello. E fu quello a darle una speranza. Nuova e magica. Speciale.
Si alzò velocemente, come colta da una nuova e imponente forza, e subito si materializzò di fronte alla finestra. Alzò il braccio sinistro per sfiorare un asse ed immediatamente avvertì un dolore lancinante provocato dal taglio infartale da lei stessa. Approffittando dei raggi solari, lo osservò velocemente: la vena era stata compita in pieno, e il sangue sgorgava velocemente facendole piano mancare la forze.
Era madida di sangue fino ai jeans, ma non se ne preoccupò più di tanto, troppo focalizzata sul suo nuovo obbiettivo.
Capendo come al braccio sinistro le forze mancassero, afferrò l'arma con l'altro ed iniziò, con tutte le sue energie a colpire le assi, infilzandole alle volte più in profondità, alle volte meno. Colpiva sempre il medesimo punto, in modo tale da sperare per lo meno, se non di tagliarla, di spezzarla dopo vari colpi.
Provava un dolore immenso mischiarsi alla fatica: per quanto non usasse l'arto ferito, per quanto quello continuasse imperterrito a bruciare colpito dalla luce solare. Voleva gridare, ma sapeva che se lo avesse fatto ,avrebbe attirato le attenzioni indesiderate di fedeli di Courtney, e non era quello il suo obbiettivo.
Con l'ennesimo sforzo colpì l'asse, la quale cigolò lievemente, facendo capire alla ragazza come lo spessore di essa stesse scemando...
"Sta cedendo..." sussurrò meravigliata di se stessa.
Iniziò quindi a colpire con più frequenza e forza ciò che la ostacolava alla realizzazione del suo piano di fuga, finchè dopo un'altra ventina di nuovi colpi, la tavola in legno, non cedette spezzandosi a metà, così da lasciarle davanti solo un ultimo ostacolo.
I raggi solari che penetravano nella piccola stanza erano aumentati, ed ora il corpo di Duncan era perfettamente illuminato: una vista atroce per lei. Lanciò uno sguardo sperando che la fasciatura che gli aveva improvvisato al collo potesse fare effetto, ma la manica adibita a garza, era ormai completamente umida e vermiglia, come un tovagliolo immerso nell'acqua.
Gwen dovette trattenere un conato, dall'orrore che provava, e dopo avere preso un nuovo respiro, tornò a colpire la nuova asse. Questa volta le ci vollero il doppio di colpi per poter iniziare ad avvertire quel piacevole cigolio che le andava a simboleggiare la fine dell'agonia, ciò significava che la sua forza era notevolmente calata e che quindi la ferita al braccio sinistro era più grave del previsto.
Con un definitivo sforzo spezzò la tavola così da venire completamente avvolta dalla luce calda e bruciante del sole.
Si allontanò dalla finestra e raggiunse Duncan, per poi poggiarlo nel modo più comodo possibile, contro la propria spalla destra, fino a poterlo trascinare con più semplicità possibile per tutto il tratto che aveva in mente.
Afferrò un libro abbastanza pesante con la mano libera che le rimaneva, e lo lanciò con tutta la forza che possedeva in quell'istante, contro il vetro della finestra, facendolo andare così in mille pezzì.
Annaspò dunque fino all'uscita trascinando con se il corpo di lui.
All'esterno dell'università non c'era nessuno di guardia, probabilmente perchè era mattina presto ed il sole era appena sorto. La dark approffittò dunque di quell'istante per raggiungere con tutta la velocità che aveva, l'edificio dove aveva lasciato Geoff e Dj.
Non appena varcò l'entrata con Duncan sospirò di sollievo. Doveva portarlo di fronte a Dj, lui avrebbe saputo certamente come reagire ad una scena simile e l'avrebbe salvato, no?
 
Lo adagiò sul letto lentamente, posizionandolo come meglio poteva, e corse poi immediatamente in corridoio "Geoff?!" chiamò.
Nessuno rispose.
"Dj?" ancora nulla.
"Dj? Geff?" gridò questa volta la ragazza presa dal panico, ma nessun rumore c'era oltre l'eco del suo richiamo.
"Geoff!!" "DJ!!!!" la casa era vuota.
Se ne erano andati... No, non era possibile... Lanciò dalla finestra uno sguardo all'università. Dovevano essere stati catturati.
Probabilmente era anche grazie alla loro cattura che Courtney aveva compreso che Gwen era associata a Duncan.
"No... No...NO!" avvertì le lacrime giungere, insieme alla consapevolezza che da sola lei, non potesse fare assolutamente nulla. La sua inutilità era palese in quel momento.
Corse immediatamente verso il letto dove aveva adagiato poco prima Duncan e gli sfiorò la ferita. Era fradicia. Il sangue stava dunque scorrendo ancora. 
Si strappò l'altra manica della felpa aggiungendola sopra a quella che aveva usato per fasciare il punk, per poi correre in corridoio.
"Avanti... Chiunque ha dei medicinali in casa... Chiunque..." cominciò a convincersi in preda all'ansia cercando in ogni mobile o cassetto della casa.
Ogni ricerca però, si rivelava vana. Il primo conteneva oggetti per il cucito, il secondo attrezzi da lavoro, e il terzo oggetti senza un ordine preciso, tra i quali la ragazza notò immediatamente un piccolo sonaglio da bebè, ciò significava che probabilmente, chiunque vivesse in quella casa in precendenza, era una famiglia.
Qualsiasi madre, soprattutto nei primi anni di età del bambino, ha scorte, seppur scarse, di medicinali, per prevenire eventuali influenze o raffreddori.
"Ma dove..." iniziò a riflettere per quanto le risultasse difficile concentrarsi vista la situazione "Deve essere un luogo dove il bambino non arrivi..." dedusse immeditamente "O dove comunque, non andrebbe mai a cercare..." escluse perciò ogni cassettone che si potesse trovare in soggiorno. corse immediatamente in bagno, colta dalla certezza di avere notato una scatola bianca sopra il mobile dello specchio, e non appena arrivò, la prese manovrandola con un'attenzione degna di un medico, con incertezza la aprì e tirò un sospiro di sollievo nel vedere dei medicinali al suo interno.
Tornò in camera con tutto ciò che aveva trovato e cominciò a leggere le scatole "dannazione... Sono in spangolo" non potè fare a meno di notare infastidita. Lesse dunque ogni libretto all'interno di esse, fino a quando non trovò un analgesico. Forse non era molto, ma almeno quella come medicina la conosceva.
Lo portò alla bocca del punk e glielo fece ingerire massaggiandogli accuratamente la gola, e non appena ebbe fatto, tornò a leggere le varie etichette in ogni angolo.
Le serviva ad ogni costo un disinfettante.
Impiegò minuti che le parvero infinite ore per rovistare tra tutte le confezioni, ma nessuna era ciò di cui aveva bisogno in quel momento, e l'ansia tornò come una furia a bussarle alle porte della mente. In quello stato le era particolarmente difficile ragionare lucidamente, ma non aveva altra scelta, cercò perciò di concentrarsi e cominciò a camminare senza una direzione precisa per tutta la casa, fino a che non si fermò in cucina, di fronte una credenza, attraverso la vetrata della quale, poteva chiaramente riconoscere bevande alcooliche.
Non aveva altra scelta a quel punto. 
 
Si fiondò sul mobile e lo aprì velocemente per poi cominciare a osservare le varie bottiglie e cosa contenessero. Scartò immediatamente le bevande meno alcooliche e senza curarsene, buttò a terra tutte le bottiglie che non le servivano, mandandole in pezzi.
Alla fine si trovò indecisa tra gli ultimi tre drink che le erano rimasti, tutti molto forti: crema di whisky, assenzio e latte di suocera.
Prese le tre bottiglie e le portò in camera dove si trovava Duncan.
Se non ricordava male, il latte di suocera, era una bevanda particolarmente alcoolica, forse la più alcoolica nel suo genere, ma il tutto dipendeva dal fatto che l'assenzio fosse trattato o meno.
Scartò perciò il whisky seppur incerta.
"Quale..." Si sedette ai piedi del letto osservando le bottiglie insicura su ogni mossa che compiva.
Aprì il whisky e ne bevve un sorso in preda al panico. In quel momento le serviva quel coraggio che solo l'alcool poteva darle "ah... Quale...." continuava indecisa.
Sentì poi un suono gutturale proveniente proprio da vicino. Alzò gli occhi e guardò Duncan. Era ancora senza sensi, ma pareva evidente che quel rumore lo avesse emesso lui. Quindi era vivo!
In quell'istante le insicurezze svanirono. La dark prese la prima bottiglia che aveva tra le mani, l'assenzio e con un'accuratezza degna di nota, lo usò per bagnare le bende che aveva usato per fermare l'emorraggia. Sperava che l'alcool dell'assenzio fosse sufficiente a disinfettare la ferita, pur sapendo quanto potesse bruciare.
"Su... Su Duncan... Puoi farcela" sussurrò con la voce spezzata dalle lacrime.
 
 
Erano intrappolati in una stanza ben illumiinata. Quella che un tempo, in quell'antica università era una classe.
Geoff si guardò intorno dopo essersi svegliato d'improvviso colto dal panico e si era trovato così: sdraiato a terra con polsi e caviglie legate. Al suo fianco lo scienziato, DJ, ancora senza sensi.
Cercò di riportare alla mente cosa fosse accaduto, e dopo poco il ricordo della loro cattura gli arrivò forte e impetuoso.
Erano entrati armati, due ragazzi, uno dei quali Trent. Il biondo aveva cercato in ogni modo di difendersi, ma loro non avevano esitato a colpirlo alle spalle facendogli cadere la propria arma lasciandolo indifeso.
"Cosa vuoi fare adesso... Geoff?" lo aveva schernito Trent dopo avergli fatto cadere la pistola.
"Bastardo..." aveva imprecato a denti stretti il ragazzo con una grinta sorprendente nello sguardo.
"Senza questa... Pensi davvero di poterci fare qualcosa?" incalzò il compagno di Trent, un ragazzo alto e dai capelli rossi. Scott.
"Di certo non mi arrenderò..."  detto ciò, Geoff, si era avventato contro il moro, sperando di scalfirlo, ma si era dovuto fermare non appena aveva visto la pistola puntata alla gola di Dj.
A causa sua non doveva morire nessuno. L'hawaaiano aveva alzato le mani in segno di resa, e da quel momento ogni ricordo era buio.
 
Cercò di portarsi a sedere facendo leva contro il muro e non appena ci riuscì, lo vide: Trent era lì, a osservarlo sorridendo mentre si rigirava tra le mani la pistola "Buongiorno Geoff"

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Capitolo 24
*** La fine del mondo... XIV ***


Cercò di portarsi a sedere facendo leva contro il muro e non appena ci riuscì, lo vide: Trent era lì, a osservarlo sorridendo mentre si rigirava tra le mani la pistola "Buongiorno Geoff"
 
"T-Trent?" cercò di articolare al meglio Geoff, ma non appena cercò di fiatare, un fitto dolore gli si irradiò dalle costole, e in risposta non potè fare altro che gemere ferito mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione  corrucciata e sofferta.
"Non sforzarti troppo..." esordì il moro facendo ruotare l'arma tra le sue dita come fosse un giocattolo per infanti "Hai almeno tre costole rotte e non sappiamo nemmeno noi a che livelli. Potrebbero essere semplici rotture, com potrebbero rischiare di perforarti un polmone. A te sciegliere o meno se rischiare" concluse sorridendo.
Un tutta risposta, Geoff non potè fare altro che trattenere un grido alla nuova fitta che lo colpì nel momento in cui tentò disperatamente di alzarsi per raggiungere una postura più comoda. Lanciò poi un'occhiata veloce a Dj, cosa che Trent notò subito "Non preoccuparti. Lui non è ridotto come te. E' uno scienziato, e come tale, può sempre tornarci utile, in un modo o nell'altro. Non oseremmo mai ferirlo"
"Io invece sono sostituibile... Ho capito bene?" sussurrò a stento l'altro.
"Benissimo" Continuò fiero il moro "Abbiamo solo colpito alla testa Dj in modo da addormentarlo, e per prolungare il suo sonno gli abbiamo fatto inalare una bella dose di cloroformio"
"Siete pazzi..." commentò Geoff.
"Oppure incrediibilmente scaltri... Dipende dai punti di vista."
"Dal mio... Pazzi." disse il ragazzo respirando a fatica "C-Cosa credete... Di.. Fare?"
"Ovvio, no? Sopravvivere. Perchè ognuno compie determinate scelte nella vita? Per vivere al meglio. E' tutto ciò che abbiamo e di cui dobbiamo preoccuparci. Nessuno può essere biasimato per le scelte che compie, come io non dico nulla sulle tue." rispose Trent sempre con quel folle sorriso sul volto. "Fare il filantropo non ti aiuterà, comunque"
"Nemmeno a te f-fare il fi-filosofo"
"Pensala come preferisci Geoff, ma io ora sono qui, con una pistola e un sorriso, e tu lì. A terra e senza fiato-" "Probabilmente con un'emorraggia interna in corso" aggiunse lo stesso Geoff sorridendo.
Non poteva fare assolutamente nulla e ne era perfettamente al corrente. Sapeva benissimo di non potere fermare  con le proprie forze Trent. Era malapena in vita. Eppure, con quella consapevolezza, non voleva comunque mollare disperandosi: sarebbe morto con dignità, di questo ne era certo. La sola cosa che in quel momento lo feriva nel profondo era il fatto che se Duncan e Gwen erano stati catturati come loro, cosa che sospettava fortemente, la sua ragazza non aveva più speranze di tornare. Quello era il solo pensiero scomodo che avvertiva.
"Sei un vero stupido..." commentò Trent facendo scivolare il carrello sul collo della pistola per poi poggiare l'indice sul grilletto "E' stato bello conoscerti... Geoff"
 
"Alzati Duncan..." Supplicò ormai sull'orlo della follia Gwen. Si era appena medicata gli avambracci feriti ed era riuscita a fermare l'emorraggia, o almeno così le pareva, ma stava di fatto che l'interesse per se stessa era quasi nullo. Tutto ciò che importava era Duncan e la sua vita.
Il sangue dalla ferita del ragazzo aveva smesso di scorgare tanto in fretta ed aveva disinfettato più volte il collo di lui con estrema accuratezza. Oramai l'assenzio era finito, ma il latte di suocera c'era ancora. Aveva fatto avanti e indietro per la casa continuamente, alla ricerca di tracce di Geoff e Dj, e si era immediatamente allarmata non appena aveva visto cocci a terra frantumati. Immediatamente aveva pensato ad una loro possibile cattura, probabilmente avvenuta a causa della loro stessa scoperta. Sapeva che se così fosse, doveva muoversi e cercarli, ma visto il suo stato fisico (gli avambracci lacerati senza pietà), e l'assoluto bisogno di cure di Duncan aveva capito che non le fosse possibile fare qualcosa.
Da quel momento aveva tentato con ancora più enfasi di risvegliare il ragazzo, ma inutilmente. Le sue palpebre non si erano minimamente mosse, continuando ad oscurare quell'oceano che erano gli occhi di Duncan. Alle volte si ritrovava a credere che stesse cercando di risvegliare un cadavere, e forse era così, ma non si faceva comunque distrarre troppo da quei pensieri, sapendo quanto l'avrebbero effettivamente scossa.
"Su... Su..." sussurrava in continuazione come fosse una nenia o un incantesimo, ma nulla cambiava oltre il suo stato d'animo.
Si sentiva una completa stupidae inutile. Se solo avesse avuto un minimo di conoscenza medica, a quell'ora sarebbe stata per lo meno in grado di appurare che fosse in vita o meno, ma non era capace di avvertire per mezzo del polso il battito cardiaco, e non poteva tentare con l'arteria sul collo, in quanto era ferito.
 
D'improvviso, avvertì un rumore.
Un suono forte, graffiante e fastidioso.
Si alzò immediatamente in piedi con l'ansia crescente: aveva chiaramente distinto il rumore: aveva compreso alla perfezione si trattasse della porta d'ingresso, scassinata.
Il respiro le si fece subito affannoso: era ovvio che si trattasse di un collaboratore di Courtney, e ciò la spaventava non poco. Era appena fuggita da quell'università, da rinchiusa per mano della folle che aveva architettato tutto, e se solo l'avesse ritrovata, questa volta era certa che la sua magnanità non si sarebbe ripresentata.
Doveva trovare un modo per difendersi ed istintivamente afferrò la bottiglia vuota di essenzio. Le mani tremavano senza controllo.
Poteva essere Geoff o Dj, ma le pariva particolarmente impossibile o improbabile come opzione.
Mentre rifletteva avvertiva i passi pesanti e strascicati con incredibile mancanza di grazia per gli scalini. Chiunque fosse era ferito o comunque impossibilitato a camminare, ma nemmeno questo la tranquillizzò.
Vide presto il pomello della porta iniziare a girare, e in risposta a chiunque stesse per varcare quella soglia, lei spaccò il fondo della bottiglia così da poter avere un'arma.
Al suono freddo del vetro in frantumi, l'intruso si fermò "Chiunque tu sia abbassa l'arma..." avvertì la persona oltre la porta.
Gwen tentò di riconoscere la voce, ma la parete in legno che li divideva la ostacolava nel compito.
"Finchè non sentirò la bottiglia cadere a terra e spaccarsi, non aprirò" continuò la voce.
Lei fece per rispondere, ma richiuse immediatamente la bocca. Era ciò che voleva, no? Voleva rimanere sola con Duncan per poterlo salvare.
"Sei ferito?" indagò poi la voce.
Lei sussultò. Come lo sapeva? Si guardò attorno e notò il sangue che aveva fatto gocciolare in precedenza, probabilmente in parte anche di Duncan, si estendeva anche in varie zone della casa.
"Avanti cazzo!" tornò a parlare la voce "Mi serve un letto! E in fretta! Di là c'è solo la stanza di un bambino e una culla... Ho bisogno di un fottuto letto!" imprecò come spossata la voce.
"Anche io!" non riuscì a trattenersi dal rispondere Gwen, la quale non appena si rese conto di aver parlato si portò la mano libera di fronte alla bocca.
La voce rimase muta qualche istante, per poi esordire certa "Gwen! Sei Gwen! Dannazione... Apri stupida! Cazzo!!"
Lei corrucciò la fronte, più che certa che la voce oltre la porta non appartenesse a Geoff, Dj nè a Trent "Chi sei?"
"Sono..." si bloccò preoccupato "Sono dalla tua parte"
"Non ti ho chiesto questo!" rispose lei sempre meno convinta.
"Non mi crederesti..."
"Dimmelo!" incalzò Gwen.
"Scott... Sono scott, e ora apri e non rompere! Muoviti!" gridò il ragazzo dopo avere confessato chi fosse.
Lei spalancò gli occhi "Perchè dovrei? Sei tu ad avere ucciso Heather e non solo! Sei dalla parte di Courtney e... Non sono una stupida... non ti ap-" "Ho il biondo" la interruppe.
"Geoff?" domandò la dark bloccandosi.
"Sì, e anche lo scienziato, ma se non apri questa cazzo di porta non potrò curarlo" rispose seccato il rosso mentre continuava a tenere in equilibrio su una propria spalla Geoff, nuovamente senza sensi dal dolore.
"C-Curarlo? Come?"
"Ho una licenza per il pronto soccorso cazzo! E ora apri!" imprecò nuovamente ormai al limite della sopportazione, ma questa volta l'aiuto di lei arrivò immediato.
Aprì la porta non appena lo sentì parlare di licenza medica e perciò di possibile salvataggio per Duncan.
"Alla buon ora, dannazione" commentò sarcastico il ragazzo entrando nella stanza, ma non appena vide lo stato del punk, sul letto privo di sensi, il sarcasmo svanì completamente "Che gli è successo?"
Gwen avvertì le lacrime affogarla, ma le cercò di reprimere per spiegare la situazione al rosso, che improvvisamente, da nemico giurato, era diventato senza la minima spiegazione un'ancora di salvezza.
"Courtney lo aveva rinchiuso in una stanza dell'università, e non appena è stata certa del mio tradimento ha portato lì anche me... A quel punto ha detto a Duncan che se si fosse tagliato la gola, mi avrebbe lasciata vivere... E in effetti così è stato, ma... Ma..." cercò di continuare, ma i suoi occhi ormai erano sull'orlo di traboccare.
"Sta calma..." cercò di tranquillizzarla lui "Racconta"
"Ecco... Mi ha rinchiusa in quella stanza con Duncan sgozzato, ma io sono riuscita a fuggire qualche ora fa rompendo una finestra... Ma prima.." detto ciò porse al ragazzo le braccia così che lui potesse vedere le ferite che si era auto-inferta lei.
"Cazzo..." commentò in un sussulto sfiorandole un braccio "Hai fatto bene a fasciarti in questo modo... Ma non è abbastanza. E' un miracolo che sei viva" continuò.
"M-Ma io non ho nulla a confronto con Duncan. Ho provato a disinfettare la ferita con dell'assenzio ma i-" "Hai fatto benissimo... Hai disinfettato anche la benda, bene. Ok... Ci penso io, adesso" disse voltandosi verso il punk "Tu siediti a terra contro il pavimento, le braccia parallele al terreno, le ferite in sù. Non muoverti" fece secco e certissimo, segno della effettiva esperienza del ragazzo.
Lei senza dire altro fece come lui aveva detto, mentre Scott si voltò subito verso Duncan per esaminargli la ferita senza benda. Gli prese poi un polso con la mano destra, premendo un punto perfettamente studiato con indice e medio per qualche secondo.
Annuì, poi senza dire una parola, cosa che scatenò subito l'ansia di lei "E' vivo?"
"Per ora..." disse indifferente "lo è" continuò alzandosi e osservandosi intorno per poi andare verso la finestra.
Sganciò una tenda per poi strapparne una parte larga quando il collo di lui e per poi posarla al proprio fianco.
"Cosa fai?" indagò lei vedendo che quella aveva intuito sarebbe stata la nuova garza era stata posata a terra.
"Devo fare cicatrizzare il prima possibile la ferita" rispose il ragazzo uscendo dalla stanza senza aggiugere altro, per poi tornare dopo una ventina di secondi portando con sè una scatola di sale da cucina.
Tornò verso il punk e cominciò a versare con accuratezza del sale sulla ferita. Prese poi il latte di suocera (appena aperto) e lo usò per tamponare la nuova garza. Lei guardava assorta e piena di domande il lavoro del rosso, il quale capendo l'interesse di lei, prese a parlare "Il sale è un cicatrizzatore naturale, e visto che non abbiamo alcun rimedio medico a parte qualche aspirina e un paio di analgesici, sono ricorso a normale sale da cucina"
"Brucia?" domandò lei impulsivamente.
Lui sorrise "E' svenuto, non sente alcun bruciore" si zittì cominciando ad avvolgerlo con la nuova garza. Non appena ebbe concluso si alzò per poi aggiungere "Comunque sì, brucia."
Detto ciò si voltò verso di lei, ed estrasse un coltellino dalla tasca.
Gwen colta dal panico cercò di dimenarsi e lui in risposta scoppiò in una risata particolarmente divertita "Ahahaha! Credi davvero ti ucciderei? Ahahah! Ho appena salvato il tuo ragazzo se non sbaglio... E comunque ti avevo detto di stare ferma! Stupida!" fece, per poi afferrarle un braccio e tranciare nettamente la benda che si era fatta da sola lei scoprendo la ferita. Fa poi lo stesso con l'altra.
"Ok... Ora evita di urlare... Mi infastidisce" disse versando del latte di suocera su entrambi i tagli. Lei non aprì bocca, contrasse invece i muscoli dal bruciore, e dentro sapeva che il prossimo passo sarebbe stato il sale.
"Il sale è più doloroso..." l'avvertì lui notando la contrazione dei muscoli. Aspettò poi qualche istante che il dolore se ne andasse per iniziare ad applicare il sale.
Lui aveva ragione. Il sale corrodeva in modo incredibilmente tagliente i tratti di carne che erano andati a seccarsi senza aiuto del disinfettante. Strinse i pugni e corrucciò la fronte, mentre il ragazzo tamponava una nuova garza che aveva preparato con l'alcool.
"Ecco..." disse poi legandola abbastanza stretta "Ora puoi anche muoverti"
Lei si alzò, per poi cercare di muovere un braccio e notare con estremo sollievo come il dolore fosse nettamente diminuito "Grazie.." morrmorò.
"Ora occupiamoci di lui" disse Scott stendendo a terra Geoff.
"Che gli è successo?" domandò Gwen.
"Ieri siamo venuti a catturarlo io e Trent e lui lo ha pestato parecchio... Io ho preso lo scienziato e l'ho colpito solamente in testa per fargli perdere i sensi."
"E allora perchè è ancora svenuto?" fece sospettosa lei.
"Perchè gli ho dato una buona dose di cloroformio. Ho detto a Trent che Courtney lo voleva vivo, e gli è bastato. Comunque sia, dobbiamo controllare il busto a lui" concluse facendo un cenno verso il biondo.
La dark annuì "Cosa devo fare?"
"Mentre io controllo gli ematomi, tu va a cercare se nel resto della casa ci sono altre tende come quelle che ho usato per fasciarvi. E del ghiaccio. Cerca nel freezer. Se non c'è, riempi due bicchieri d'acqua fredda e mettine uno in freezer e portami l'altro, chiaro?"
Lei annuì per poi correre verso la stanza del bambino. Le tende a quella finestra erano le medesime che aveva trovato Scott nell'altra stanza.
Le sganciò accuratamente, per poi correre in cucina. Aprì il freezer, e notò con sollievo del ghiaccio già pronto e lo prese, tornò poi dal rosso.
"Allora?"
"Ghiaccio e tende, ho tutto" rispose lei.
"Bene." fece secco lui per poi tornare a osservare il torace del ragazzo.
Era livido e buona parte della pelle annerita a causa degli ematomi. Uno spettacolo raccappricciante. Gwen si soffermò poi su Scott. D'improvviso era lì, a darle ordini, e lei obbediva come se nulla fosse, come avesse dimenticato di averlo visto uccidere senza pietà e sorridendo, e in effetti si chiedeva se non stesse tramando qualcosa. Eppure, non capiva perchè, se fosse stato così, li avrebbe salvati. Aveva curato persino lei, la sola cosciente. Le appariva tutto particolarmente strano. 
Le tornò poi in mente di come Courtney avesse accennato al fatto che i suoi piani dovessero rimanere segreti, e di come invece Scott gliene avesse parlato liberamente come nulla fosse. Forse lui era davvero dalla loro parte... Ma da quando?
"...Qui c'è un frattura.." disse poi distraendo dai propri pensieri Gwen "Sono due costole rotte. E non credo nemmeno in modo troppo grave visti i lividi"
Detto ciò cominciò a fasciare il torace e dopo uno strato di benda, posizionò il ghiaccio, per poi farci passare sopra un nuovo strato di benda, ed infine richiudere il tutto con del nastro adesivo di carta che doveva avere trovato in un cassetto per la casa.
"fatto" concluse poi abbassando la camicia al ragazzo "Ci sono degli antidolorifici, giusto?" domandò poi rivolgendosi alla dark, la quale annuì per poi passarlgiene uno, che Scott fece ingoiare a Geoff immediatamente.
"Grazie..." sussurrò nuovamente la dark, grata al ragazzo per avere salvato i suoi amici.
Lui alzò le spalle in tutta risposta "Non si può sconfiggere nessuno da morti" Si alzò poi in piedi e si diresse verso il corridoio per controllare se Dj fosse sveglio o meno, ma lo trovò ancora sotto sedativo.
"Quindi siamo cinque, dei quali unicamente due operativi" disse poi stirandosi.
"Operativi?"
Lui annuì.
"Ti unisci a noi?" domandò Gwen.
"Credevo fosse evidente a questo punto. Ho appena salvato i tuoi amici, uno dei quali il tuo ragazzo, da morte certa... Ed anche te!" aggiunse puntandole contro il dito in tono accusatorio e offeso.
"Beh... Sì, ma.. Mi chiedevo perchè... Tu stavi dalla parte di Courtney! Ricordo bene come hai ucciso Heather"
"Hai ragione, stavo. La verità? Non sarei mai voluto stare da quella parte" esordì il ragazzo sospirando. "Quella ragazza... E'... Spaventosa... Ciò che ha fatto è spaventoso. Però, quando ti minacciano con una pistola alla tempia, non hai molte opzioni" fece una piccola paura per riflettere e rielaborare il discorso, per poi tornare a parlare "Anche io arrivai qui con il vostro medesimo obbiettivo: salvare il mondo. Frequentavo questa università, quindi fui il primo vero 'ribelle' diciamo. Ma io ero solo. Nessuno oltre me e i pochi scelti da Courtney, erano stati risparmiati. Io per puro caso. Sono inglese, ma frequentavo un corso di specializzazione medica qui, in quanto ero riuscito ad avere una borsa di studio. Un giorno, durante una simulazione, è successo tutto ed io, che stavo appunto facendo la simulazione, ero a contatto con un macchinario e credo che a salvarmi, diciamo sia stato quello. Quando vidi che attorno a me erano tutti privi di sensi, cominciai a cercare per l'università e all'esterno e trovai Anne maria, la ragazza che ti è venuta a prendere ieri, ricordi?"
Gwen annuì.
Lui proseguì non appena vide quel cenno "Beh, mi portò da Courtney e le disse esattamente 'lui non è tra i privilegiati' e fu in quel momento, o almeno credo, che Courtney si rese conto di come quel suo programma così avanzato di ricerca che l'aveva portata a.... Beh, a  questo, poteva fallire. Certo, in situazioni molto particolari. Si infuriò e mi rinchiuse per giorni in una stanzetta, credo quella in cui siete stati tu e il tuo ragazzo"
"Duncan" lo corresse Gwen.
Scott sorrise a quell'inutile intromissione per poi continuare "Duncan" ripetè conciso guardandola "Beh... Voi ci siete stati poco, ma posso solo dirvi che lì... Si impazzisce. Lei veniva portandomi cibo e poi rimaneva a guardarmi e parlava... Raccontava dei suoi progetti e di come tutto dovesse andare assolutamente secondo i suoi piani... Poi mi raccontava cosa avrei fatto se avessi  accettato di unirmi a lei e cosa se invece non avessi accettato. Diciamo che Duncan ha sperimentato la seconda opzione" fece sospirando per poi riiniziare "Io ero solo. E non volevo morire e nemmeno impazzire e in conclusione potevo solo..."
"Mentire" concluse Gwen annuendo.
"Esatto" rispose Scott con la voce spezzata da qualcosa simile al dolore "Ho ucciso la ragazza in quel modo perchè... Ero perennemente sottocontrollo. Come lo sei stata tu da quando hanno scoperto che c'eri"
"E come sapevi che io non ero dalla parte di Courtney?"
"Che intendi?" chiese Scott non capendo la domanda.
"Mi hai parlato degli obbiettivi della ragazza immediatamente. Ciò vuol dire che sapevi che non ero realmente dalla sua parte"
Lui annuì e sorrise "Non credevo te ne saresti accorta... Beh, me ne sono accorto perchè io ero come te. Intendo dire che ci sono passato anche io e... Quell'espressione che avevi. La compostezza... Il disgusto dietro i tuoi occhi era evidente. Ma nessun altro se ne era reso conto" disse per tranquillizzarla.
"Lo prendo come un complimento"
"Lo è. Mentire è un'arte, e Courtney non è in grado di ammaestrarla."
"Quindi tu ti sei alleato a noi perchè credi che abbiamo qualche speranza?" domandò dopo qualche istante di silenzio Gwen.
"Molto più di qualche. Siete arrivati qui provenendo dall'altra parte del mondo... Direi che non tutti ne sarebbero capaci, soprattutto senza alcun pilota. Il tuo ragazzo ha un coraggio che pochi osano. Tu sei riuscita a fuggire dalla base senza il minimo problema e poi ho visto come spari. Il biondo se la cava non poco nel corpo a corpo e avete uno scienziato. Siete una squadra al completo" disse Scott sedendosi contro la parete.
"In realtà... CI manca un medico" disse la dark sorridendo, certa di necessitare come non mai di un nuovo aiuto.
 
Courtney camminava sorridendo come una bambina verso quella stanza, pronta a vedere il ragazzo steso a terra privo di sensi, bagnato del suo stesso sporco e acido sangue seccato, e lei, la traditrice al suo fianco in lacrime, sull'orlo della follia, pronta a tutto pur di farcela.
Entrambi avvolti dall'ombra e spaventati. Questi pensieri la facevano sentire leggera e spensierata come una ragazzina la mattina di natale.
Arrivò di fronte alla porta e dopo avere preso un respiro, mentre già si pregustava il momento in cui avrebbe posto fine alla vita di lei, per stessa supplica di questa, poi aprì.
 
La luce riempiva la stanza in modo accecante, entrando dalla finestra in frantumi. Il sangue a terra c'era, ma nessuna traccia d alcun corpo. Erano riusciti a fuggire.
Courtney avvertì una sensazione bruciante quanto la vergogna assalirla, strinse i pugni che cadevano fermi e severi sui fianchi per poi digrignare in una mossa più animale che umana,  denti "No" sussurrò "Non è possibile..."



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suuuu ammettetelo che non ve lo aspettavate uno Scott buono gentile e tutto XD (ok non proprio gentile, ma buono) 
u.u e poi adoro fare Courtney spietata/folle! Credo sia la cosa che mi è venuta meglio nella ff ** ahahahah beh, ringrazio tutti di avere letto sto capitolo che probabilmente vi è sembrato una noia, maaaa xD SCUSATE :'D

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Capitolo 25
*** La soglia... ***


Ciao a tutti ^_^ non aggiorno da un sacco di tempo, ma vi dico il perchè u.u la missione "non-debiti" prevista per quest'estate è iniziata ed io studio come una vacca D: che fatica! E' già tanto se ho tempo di andare in bagno, and sooooo.... ecco perchè se ho tempo scrivo ^.^ ora vi dico subito tre cose:
1. per chiedervi umilmente scusa questo qui è un capitolo lungo ;)
2. IO LEGGO le vostre recensioni! ma non riesco mai a rispondere ç_ç LE LEGGO! VI GIURO!  E mi fate sempre sorridere tanto ^_^ grazie a tutti, quindi continuate a scriverle perchè prima o poi (:D) vi risponderò u.u I PROMISE :D
3. E' PROBABILISSIMO che questo sia il penultimo capitolo di questa ff straziante che porto avanti da tempo immemorato O.o beh, okok xD
buona lettura ;)

 
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Un grido totalmente folle si librò dalla stanza che la ragazza aveva ritrovato vuota. Non poteva crederci: nessuno le era mai sfuggito. Nessun ribelle era riuscito a scappare, ma loro li avevano già ingannati più volte e ce l'avevano fatta un'altra. Eppure non sembravano nulla di particolare. Erano quattro semplici ragazzi, niente di più, niente di meno.
Lei offriva la vita, e loro preferivano rischiarla "Non sono io la pazza qui..." sussurrò lei dopo aver ripreso fiato dall'urlo appena fatto.
Cominciò a ridere aumentando sempre più il tono fino ad arrivare a produrre un suono simile ad un verso di strega. 
Arrivò Trent pochi istanti dopo, traballante che si poggiava alla parete pur di rimanere in piedi, dal capo scendeva un rivolo di sangue che andava ad inumidirgli l'occhio destro "C-Courtney..." annaspò con la voce spezzata.
Lei si voltò interrompendo la sua risata "Che succede?" domandò tornando seria.
"I due... L-Lo scienziato e il b-biondo... S-Sono fuggiti"
"Fuggiti?" chiese con un lampo di pazzia completa nello sguardo.
Il ragazzo annuì stremato per poi cadere a terra respirando affannosamente, in fin di vita. Aveva perso molto sangue, non c'era dubbio.
"Ahahah.... Fuggiti, eh... Folli" commentò Courtney scavalcando come nulla fosse il corpo a terra in disperata ricerca d'aiuto, non degnandolo di un minimo sguardo, per poi uscire dalla stanza.
 
"Quindi venite dall'America?" chiese Scott dopo avere ascoltato il racconto completo di Gwen. 
Erano seduti nella sala da pranzo, in attesa che la situazione evolvesse, mentre discutevano.
"Già... Siamo arrivati qui in questo modo, è stato un miracolo"
"Su questo non posso dissentire..." sorrise il rosso portandosi alla bocca una bottiglia di birra.
"Mi chiedevo..." intervenì poco dopo la dark "Come hai fatto a salvare Geoff e Dj?" domandò infine.
"Trent faceva loro la guardia, e poco prima che li uccidesse, ho colpito in testa Trent con la canna della pistola." disse svelto e tranquillo, come fosse cosa da tutti i giorni.
"Perchè  non gli hai sparato? Intendo dire... Se ora Trent dicesse qualcosa a Courtney su di te..."
"Non è un problema." risponde immediatamente Scott "L'ho complito anche alla schiena, facendogli perdere l'equilibrio... Non dovrebbe avermi visto. Comunque, non gli ho sparato per evitare che Courtney riconoscesse il proiettile"
Lei annuì "Hai riflettuto su tutto..."
"Dopo essere stato ai suoi servizi per tutto questo tempo... Devi sapere riflettere su tutto" sospirò malinconicamente il ragazzo guardando un punto indecifrato oltre la finestra. Doveva sentirsi in colpa: eroso da un orribile sentimento di colpevolezza e paura. Disgustato di se stesso e delle sue azioni, ma senza alcuna altra via di fuga.
 
Passarono le ore e presto venne il pomeriggio. I due erano rimasti ad attendere per tutto il tempo che qualcosa accadesse, fino a che non avvertirono un rumore. Subito Gwen si rese conto che esso proveniva dalla stanza dove aveva lasciato Geoff e gli altri, e corse dunque immediatamente là "Vieni Scott!" esclamò alzandosi e dirigendosi verso quella camera.
All'interno trovarono Dj in piedi, probabilmente non ancora totalmente ripreso, che si reggeva ad una sedia "Dj!" esclamò Gwen abbracciandolo, sollevata che si fosse svegliato.
"G-Gwen! Sei viva? Ma... Ma... Io non ricordo" commentò lo scienziato massaggiandosi le tempie mantenendo un ritmo lento.
"Eri stato rapito, e sei rimasto sotto sedativi fino ad ora."
"Sì... Un ragazzo dai capelli rossicci e Trent... Ahio... La testa" articolò disorientato lui.
"Bensvegliato" lo salutò Scott per poi chinarsi su Geoff notandolo agitato.
"Ma lui! Gwen lui mi ha-" "lo so, lo so.. Ma adesso è dalla nostra parte, appena si riprenderà anche Geoff, vi spiegherò tutto... Infondo credo che ormai si sveglierà anche lui.." disse interrompendo la sorpresa negli occhi dello scienziato, e nascondendo disperatamente una punta di delusione nel vedere Duncan nelle medesime condizioni di poche ore prima.
"Eh già... Il biondo si sta svegliando" sospirò il rosso per poi dirigersi verso Duncan "e non preoccuparti Gwen, anche il tuo ragazzo starà meglio..."
 
Ci vollero pochi minuti perchè Geoff rinvenisse e subito dopo la ragazza spiegò come Scott fosse diventato parte del loro gruppo e di ciò che era accaduto a Duncan.
"Un medico, eh? Va bene... Gwen io mi fido di te e spero che questo tipo non ci volti le spalle... Non so se ricordi ciò che ha fatto Trent a Toronto..." disse Geoff titubante.
"Lo so, ma lui... Lui non ha detto nulla di me a Courtney! Pur sapendo che mentissi e oltreutto è sempre grazie a Scott se sappiamo buona parte del suo piano!" rispose Gwen infastidita da tanta cinicità, seppure comprensibile.
"Parte, ma non tutto. Deve essere a disposizione di un macchinario oltremodo incredibile... E di scienziati altrettando incredibili" intervenne lo scienziato.
"Non mi importa che vi fidiate o meno di me! Basta non essere dalla parte di quella pazza... E fare il ribelle da solo mi porterà a morte certa, perciò..." disse Scott.
"Ora come ora, la cosa che più mi preoccupa è Duncan... Se muore come facciamo? E' stato lui a insegnarci tutto... A come tirare, a come combattere, a come agire..." fece tristemente la ragazza seduta a terra contro la parete stringedosi le ginocchia in una disperata ricerda di calore. Le era quasi venuto un collasso nel pronunciare la parola 'muore' e sentiva attorno a sè il mondo tendere ad un colore sempre più scuro e freddo.
"Già... Se non ci fosse stato lui saremmo morti. Tutti" sussurrò Geoff sospirando.
"Sopravviverà... Fidatevi. Dobbiamo solo evitare che qualcuno si avvicini, ma visto ciò che abbiamo fatto, Courtney deve essere già a conoscenza della vostra scomparsa, ma non so se della mia.." 
"Sarebbe troppo rischioso infiltrarci nuovamente... Per chiunque di noi, Scott" disse Gwen incalzando sulla parola 'chiunque', facendo capire al rosso come anche lui avrebbe rischiato la vita.
"Sì, ma riflettiamo." disse Geoff alzandosi "Se ho capito bene, Courtney pensa che io e Dj siamo in fin di vita, che Duncan sia morto, che tu sia suo alleato..." fece indicando Scott "E in conlusione che tu sei l'unica illesa del gruppo, ho capito bene Gwen?"
Lei annuì.
"E nessuno conosce il progetto, ho ragione?"
"Esatto. Nessuno dovrebbe essere al corrente di ciò che è davvero accaduto" rispose sempre lei.
"Nessuno oltre coloro che sono strettamente legati, vero?" incalzò Geoff.
"Si"
"Allora, è perfetto..." disse il biondo spalancando gli occhi.
"Che intendi?" chiese Scott ormai seccato da tutte quelle domande ed esclamazioni senza conclusione.
"Dj è uno scienziato, e direi uno niente male! Gli basterà uno sguardo per comprendere il macchinario!" sorrise il ragazzo.
"Ma come riuscirebbe ad entrare nascondendosi? Lo vedrebbero!" esclamò Scott non capendo il ragionamento che all'altro pareva tanto giusto.
"Gli basterà nominare il progetto per essere scortato nella stanza dove esso si trova. Oltretutto anche se tu e Trent ci avete prelevati, da quel che ho capito, Courtney non ci ha mai visti...  E probabilmente non ha nemmeno visto altri dei suoi collaboratori, quindi Dj si confonderà benissimo tra loro. Gli basterà comprenderne il funzionamento a grandi linee, e poi tornare da noi! In seguito torneremo al suo interno insieme e lo riattiveremo e salveremo il mondo!" fece spavaldo Geoff.
"Ma... Ma perchè non attivare subito il macchinario?" chiese lo scienziato stesso.
"Perchè-" "Perchè altrimenti i rinforzi arriverebbero in pochi minuti e tu saresti solo e in pericolo, giusto?" domandò Gwen.
L'altro annuì e lei tornò a parlare "Vuoi che la prima intromissione risulti totalmente ignota a loro e la seconda no."
"esatto" fece sempre Geoff.
"Quindi la prima sarà solo un modo per velocizzare la seconda, ho ragione? Un modo per non perdere tempo quando dovremo realmente riattivare il macchinario" questa volta fu Scott a parlare.
"Sì. Ma vedete, qui sorge il problema. Abbiamo detto che sono minimo una quarantina gli uomini al servizio di Courtney. Perciò dobbiamo aspettarci che saranno minimo 40 le armi che avremo di fronte. In poche parole ci serve anche..." "Duncan" concluse lei guardando il punk privo di sensi sdraiato sul letto.
Era così. Sarebbero serviti come minimo quattro persone a sparare e una a riattivare il macchinario, e perciò Duncan era qualcuno di fondamentale. Senza dimenticare che la sua mira era infallibile anche sotto gravissima pressione.
Lei strinse i pugni sui fianchi. Improvvisamente la sua assenza era diventata un vuoto incolmabile. Tutti avevano bisogno di lui, non solo lei, ma tutti. Era importante, anzi di più. Aveva donato loro la speranza che gli era mancata ed ora non si muoveva a svegliarsi. Era arrabbiata e disperata allo stesso tempo. Lo amava troppo per non pensarlo ogni istante.
"Purtroppo questo piano ha un limite di tempo..." esordì Scott "Courtney non deve iniziare alcuna ricerca prima del secondo attacco... E per quanto ci riguarda, il primo può già essere effettuato"
"Che ne pensi Dj?" chiese Geoff.
"Sono pronto... Dobbiamo fare qualcosa" rispose lui.
 
Entrò in silenzio, cercando di ostentare il minor disagio possibile, ma tutta la sicurezza dovuta ad uno scienziato con il falso ruolo che lui doveva 'avere'.
Camminò per i lunghi corridoi per qualche minuto, fino a che non incontrò una ragazza.
 "Chi sei?" domandò immediatamente acida, ma senza estrarre nulla dalla fondina.
"Mi occupo del progetto. Sono uno scienziato" rispose Dj restando quanto più calmo potesse, e fortunatamente di riuscì, perchè dopo pochi secondi la ragazza disse "Bene, seguimi" 
 
Venne lasciato in un laboratorio molto ampio ed organizzato, ma soprattutto, totalmente vuoto. La ragazza che lo aveva accompagnato fino a lì lo aspettava fuori, dicendogli che doveva essere protetto da potenziali fuggitivi che si aggiravano nell'edificio. Courtney doveva avere detto solo così.
Camminò attento fino al centro di quella stanza bianca e asettica, fino a che non vide di fronte a sè un enorme macchinario piantato nel pavimento, e che portava sulla sua cima una sorta di antenna.
Iniziò ad osservarlo, fino a che poco lontano non notò vari appunti scritti su più lavagne: descrivevano il processo di funzionamento dell'oggetto. Il progetto era abbastanza complicato, e dovevano esserci voluti anni per realizzarlo, ma a parole era semplice da spiegare: funzionava basandosi su onde sonore ed elettromagnetiche in grado di destabilizzare per breve tempo il cervello, ma che amplificate in modo artificiale, avevano portato a quel risultato. Era surreale. Quel macchinario aveva portato all'apparente morte della popolazione mondiale. Un concetto spaventoso.
Non si soffermò oltre, inorridito e tornò ad osservare l'oggetto. Per risvegliare le persone, avrebbe dovuto ripredurre onde opposte, e per fare ciò gli sarebbe stato sufficiente invertire la posizione di una leva e ripremere il bottone di accensione.
Uscì dalla stanza soddisfatto, e dopo essersi fatto riaccompagnare fuori tornò alla base.
 
"Dj! Ci sei riuscito?" chiese subito gwen dopo avere verificato fosse sano e salvo.
Lui annuì "Sì, ho visto il macchinario e i progetti e so come ottenere l'effetto opposto" rirpose certo il ragazzo.
"Bene. E courtney?"
"Non ha ancora iniziato delle ricerche, ma ha avvisato della nostra fuga. Credo sospetti che siamo ancora nell'università."
"Bene..." annuì Scott "Duncan invece sembra dare segni di miglioramento. Il polso risulta più regolare che in precedenza"
Lei sorrise sollevata per poi avvertire un rumore. Era la porta d'ingresso: era stata scassinata. Geoff si affacciò immediatamente alla finestra. C'erano cinque persone armate che stavano entrando "Che cazzo... Eppure nessuno ti stava seguendo Dj!"
"No, appunto. Abbiamo controllato... Courtney deve avere semplicemente avviato le ricerche... Stanno entrando anche in altre case." disse Gwen.
"Come cazzo facciamo?" imprecò Scott.
"Dobbiamo tenerli lontani da Duncan!" esclamò Gwen rendendosi conto che la sotuazione era più critica di quanto le fosse parso.
"Dj, resta qui con Duncan... Noi pensiamo al resto!" fece Geoff per poi estrarre due pistole e passarne una a Gwen notando che Scott ne aveva già una.
Il ragazzo annuì, mentre gli altri uscivano.
 
"Dove sono?" domandò Gwen mentre scendevano velocemente le scale.
"Due, i più vicini sono al terzo piano, gli altri probabilmente stanno perlustrando gli appartamenti di sotto!" gridò Geoff controllando  oltre la ringhiera. Mentre aveva il capo chinato partì un colpo dal basso che gli sfiorò i capelli "Cazzo!"
"Muoviamoci! Non dobbiamo farli avvicinare!" ordinò la ragazza caricando la pistola e acquistando maggiore velocità.
Una voce si levò dal basso "Li abbiamo trovati! Venite!" era una voce maschile ed estranea. Subito i tre che stavano controllando gli appartamenti inziarono a salire le scale.
"Cazzo!" imprecò Scott fermandosi "Io cerco di colpirli dall'alto, oltre la ringhiera, voi proseguite!"
Geoff annuì obbedendo, mentre il rosso puntava la pistola verso i piani inferiori da cui, grazie alla spirale che compivano le scale, si vedevano le  rampe inferiori, e quindi i nemici.
Sparò un primo colpo, per poi nascondersi contro il muro.
Avvertì un urlo.
Sorrise. Meno uno.
Gwen era ormai di fronte ai primi due. Si fermò sicura di sè, per poi sparare. Colpì il primo al cranio, seppur disgustata. Non avevano altra scelta. Dovevano ucciderli siccome non appena sarebbero tornati all'università avrebbero raccontato del loro nascondiglio. Questo voleva dire che Duncan doveva svegliarsi, e velocemente.
Cadde all'indietro per poi rotolare giù dalle scale a pesantemente privo di vita.
Non fece in tempo a riprendersi da ciò che aveva appena fatto che un proiettile la colpì di striscio alla spalla "Ah!" gridò.
"Hai una mira formidabile ragazzina..." disse la voce maligna. Non potevano vedere i loro volti, indossavano tutti un cappuccio.
Fece per ricaricare l'arma, ma il braccio appena colpito, seppure di striscio bruciava e sapeva che ci avrebbe impiegato qualche secondo in più a caricarla, per quanto fosse poco tempo, l'altro le stava già puntando in faccia la sua arma.
Era la fine.
Avvertì il fischio tipico del vento tagliato ad una velocità spaventosa, passarle a pochi centimetri da viso, provenendo da dietro, poi vide il ragazzo incappucciato a terra, ferito al petto.
Si voltò sollevata e vide Geoff con la propria pistola alle sue spalle. Gli sorrise semplicemente e lui ricambiò per poi tornare a guardarsi intorno.
"Scott! Quanti ne sono rimasti?" gridò il ragazzo per farsi sentire dal rosso, che dall'alto supervisionava il tutto.
"Ne sono rimasti due sani ed uno è ferito alla gamba, all'arteria... L'ho colpito poco fa! Lo finisco io!"
 
Detto ciò tornò a guardare in basso fino a che notò l'uomo che faticava a camminare, e con un colpo preciso e spaventoso, lo colpì dall'alto, perforandogli il cranio. Caddè pochi secondi dopo senza nemmeno gridare.
"Fatto!" urlò poi per farsi sentire dai due in basso "Vi raggiungo!" esclamò per poi iniziare a correre.
Gwen e Geoff arrivarono di fronte agli ultimi due pochi istanti dopo.
"Ahahaah... E quindi voi avreste fatto fuori i nostri compagni e sareste riusciti a fuggire? Ma quali folli..." commentò con la voce bassa una ragazza alzando la propria arma e puntandola contro Geoff.
"Prova a fare qualcosa piccoletta e lo ammazzo!" gridò poi rivolta a Gwen "Abbassa l'arma!" l'altra obbedì.
"Buttala a terra ragazzina! Muoviti!" Gwen lo fece.
"Ahahahah! Buoni a nulla.... Uccidervi sarà un piacere" mosse leggermente il pollice per premere il grilletto, che un proiettile la colpì provenendo dall'alto. Cadde misera a terra.
Scott sorrise nuovamente.
Era rimasto solo uno degli uomini di Courtney, ma il rosso sapeva benissimo che ora che anche quello sapeva che lui si trovava lì, non sapeva come proseguire. Non poteva più sparare garantendo la sopravvivenza di tutti. Erano nella merda.
 
Dj era confuso, indeciso se intervenire o meno, avvertendo gli spari provenienti dai corridoi esterni. Duncan aveva iniziato ad agitarsi sul letto come in preda ad un incubo.
"D-Duncan dannazione..."
Gli poggiò una mano sulla fronte per controllare che non si fosse alzata la temeperatura, ma non appena lo fece il suo polso venne fermato dalla stretta ferrea del ragazzo.
Il punk era sveglio "Dj? Che..."
"Duncan!"
Risuonò uno sparo proveniente dall'esterno. Il punk si portò a sedere pur avvertendo più fitte.
"Cos'è stato? Dove sono?" chiese allarmato.
"Sei in salvo, fidati, ed ora sta calmo e cerca di riposarti"
"Che sta succedendo là fuori?"
incalzò.
"Cinque uomini di Courtney sono intervenuti, ma non preoccuparti! Geoff, Scott e Gwen se la caveranno benissimo"
"Gwen? Gwen è là fuori? I-Io devo aiutarla..." iniziò ad articolare il punk, incerto persino lui se ciò che gli stava accadendo fosse sogno o realtà, tanto tutto accadeva velocemente. Ma non importava. Semplicemente c'era Gwen. Tutto il resto non importava.
Si alzò barcollando "Fermo! Non puoi è rischioso Duncan! Non ti sei totalmente ripreso! Hai perso molto sangue!" tentò in ogni modo di fermarlo Dj.
"Non mi interessa! Devo... Devo uscire! Devo farlo! Cazzo! Lì c'è Gwen! Non ho il minimo ricordo di ciò che sta accadendo, ma lì... Lì c'è la ragazza che amo! La sola che tenga a me! Io non starò qui a dormire!" detto ciò uscì senza nemmeno imbracciare un'arma.
Si guardò attorno, era abbastanza buio e silenzioso.
Iniziò a scendere a passo felpato le scale, capendo che anche un minimo rumore avrebbe potuto provocare chissà quali conseguenze e doco un paio di rampe, vide un ragazzo a lui sconosciuto, dai capelli rossi, poggiato contro il muro con una pistola in mano.
L'altro lo osservò sbalordito per poi afferrarlo in modo da farlo sedere al suo fianco contro la parete, così da non essere visti dal basso "Come ti sei svegliato? Eri critico cazzo! Ti farai ammazzare!" imprecò a bassa voce Scott.
Duncan scosse la testa non capendo "Chi sei?" chiese sempre a bassa voce per poi ricordare che Dj aveva nominato un terzo nome oltre Gwen e Geoff.
"La storia è lunga. Per il momento un amico ti basta? Siamo nella merda"
Il punk lo guardò interrogativo.
"Non posso sparare dall'alto perchè se lo faccio, c'è il rischio che il tipo colpisca il biondo o Gwen. Ma tu... Tu! Non sa che tu sei qui!" disse l'ultima frase con gli occhi illuminati.
 
"Non provate a farmi degli scherzetti...." disse minaccioso l'uomo incappucciato mentre puntava l'arma prima contro Gwen, poi contro Geoff "Appena Courtney saprà che siete qui vi farà fuori senza pietà..." sorrise.
"Ultime parole?" fece ironico.
"E le tue?" domandò una voce nascosta nell'ombra che Gwen riconobbe subito. Per un istante crebbe fosse il suo subconscio, eppure lei lo aveva sentito di certo: Duncan era dietro di loro.
"Dove sei?" chiese colto dal panico l'uomo. Il punk era infatti invisibile ai loro occhi, abbastanza lontano per essere nascosto nell'ombra.
"Che scelta di merda..." commentò Duncan per poi sparare.
Il nemico cadde a terra in un attimo, facendo prendere a Geoff e Gwen un sospiro di sollievo.
 
Dopo pochi secondi il punk apparve dall'ombra e Gwen si buttò a capofitto nel suo petto per abbracciarlo "Duncan! Sei vivo!"
Lui ricambiò la stretta "Ahaha... Pensavi che un taglietto così mi avrebbe fatto fuori?"
"Stupido! Non scherzarci!" pianse lei colpendolo scherzosamente sollevata.
"Sì, scusa... Ti amo Gwen"
"Anche io Duncan..." singhiozzò lei nascondendosi nella sua maglietta per poi lasciarlo andare commossa. 
Il ragazzo le accarezzò dolcemente i capelli per poi dirigersi verso il biondo "Cazzo, amico sei vivo..." sospirò sollevato Geoff per poi abbracciarlo e dargli una pacca affettuosa sulla spalla.
Dopo pochi istanti li raggiunse Scott "Ce l'abbiamo fatta..." sospirò portandosi una mano di fronte al volto per poi scivolare contro il muro stremato.
"Già..." sorrise Gwen "Grazie" sussurrò poi riferendosi al fatto che avesse salvato Duncan.
"Quante volte vuoi ringraziarmi, cazzo!" si finse seccato alzando gli occhi al cielo per poi guardare il punk "Direi che è meglio tornare sù, devi riposare ancora"
 
"Quindi tu ora sei con noi?" domandò il punk dopo avere ascoltato tutto ciò che era accaduto.
Il rosso annuì.
"Wow... Richio la vita un paio di volte e mi perdo tutti sti cambiamenti?" scherzò Duncan.
Erano seduti nel salotto dell'appartamento, Gwen in braccio a lui.
"Comunque credo che il piano di Geoff sia perfetto... Dovremmo attuarlo fin da subito..." La ragazza fece per dissentire, ma non fece in tempo a parlare che intervenì Scott "Non so se ti è chiaro, che io voglio vivere... E ciò significa che voglio che siate tutti in grado di combattere decentemente! E tu per esserlo hai bisogno di almeno altre 5 ore di riposo..."
"Courtney per quel tempo si sarà già mossa..." rispose Duncan.
"No. La conosco... Studierà come fare per il prossimo attacco. Oltreuttto dovrà riprendersi dallo shock di averci saputi tutti in salute. E' pazza... Ragiona bene, ma necessita di tempo. E' facile alla distrazione e questo è un immenso vantaggio." disse Scott.
Duncan annuì "va bene. Hai ragione, dovremmo essere al meglio ed io ora non lo sono. vado a riposarmi" disse per poi alzarsi facendo spostare Gwen, che lo seguì nella stanza
 
"Sei sicuro di stare bene... Sai è-" "Sto bene Gwen... Davvero. Non mi sono mai sentito più forte di oggi, quando ti ho portata fuori da quella sparatoria sana e salva.." sussurrò il punk sdraiandosi.
"Non pensi mai alle conseguenze delle tue azioni..." sorrise lei per poi voltarsi per andarsene "Beh... Buonanotte"
"No Gwen..." la fermò facendola voltare "C-Che c'è?" chiese lei.
"Resta qui con me..." mormorò il punk quasi fosse una supplica. Si era dimostrato forte tutta la sera, scherzando sulla sua morte, ma in quel momento, le appariva nient'altro che ciò che era davvero, un ragazzino spaventato e bisognoso.
Sorrise per poi raggiungerlo. Si sdraiò al suo fianco, entrambi girati sui fianchi, faccia a faccia.
"Gwen... Ti amo" sussurrò lui abbracciandola.

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Capitolo 26
*** La rinascita (+ Epilogo) FINE ***


Buonasera a tutti :) ed eccomi qui :D non posso crederci di essere alla fine di questa fanfiction che mi è piaciuto molto scrivere, una di quelle che forse ho scritto con più interesse nella trama... Spero di avervi interessati con questa storia un po' molto strana, ma che se fosse scritta decentemente, sarebbe carina (io scrivo di cacca :'D), e quindi mi aspetto un vostro parere ^-^ vi lascio quindi all'ultimo capitolo :') buona lettura

-SaraRocker



 
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"Vivere è la cosa più rara al mondo: i più esistono solamente"
-Oscar Wild
 
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La mattina Gwen aprì gli occhi avvertendo alle narici il suo tipico odore muschiato che tanto lo rappresentava. Duncan era lì, sdraiato al suo fianco dormiente, con l'espressione spossata. Avevano passato la notte l'uno tra le braccia dell'altra, per la prima volta.
Sorrise per poi alzare una mano fino ai suoi capelli ed affondarla morbida nella cresta verde ormai senza più la sua originale forma. Erano tutti cambiati in quei mesi: lei aveva iniziato a vedere il mondo per il luogo cruento e cinico che era pur apprezzandolo da una parte solo per la semplice presenza di Duncan. Era diventata più razionale e sicura e soprattutto spaventata. Ormai ad ogni passo che compiva, la morte bussava costante alle sua porta, e lei, insieme al resto del gruppo ci giocava a nascondino, in un modo disperato, ma che fino ad allora, li aveva però portati a vincere.
Prima di quella sorta di fine del mondo, non aveva mai pensato di imbracciare realmente un'arma e di sparare, ed invece lo aveva fatto, e senza nemmeno tintinnare. Non appena ne era nata l'occasione, aveva sfruttato ogni sua abilità pur di sopravvivere, pur di aiutare...
Ed ora erano lì.
Circondati da quattro pareti che ancora solo per breve tempo sarebbero andate a rappresentare una salvezza.
Fece scivolare la mano sul contorno della mascella, fino al collo, per poi adagiarle sul suo petto, che si alzava e abbassava ritmicamente, dondolandola in un pensiero tranquillo: quello di lui e della sua effettiva presenza.
Il giorno prima, nel sentire la sua voce, aveva pensato di sognare, ed ora era solo che felice nell'averlo al proprio fianco.
Avvertì una lacrima solcarle la guancia. Non voleva perderlo, mai.
Lo strinse spontaneamente a sè con maggiore forza, sentendosi improvvisamente spaventata.
 
"Ehi..." mormorò Duncan aprendo gli occhi.
Lei lo lasciò subito, per poi asciugarsi la lacrima che le percorreva il viso con il palmo della mano destra tenendo lo sguardo basso per non farsi vedere in quello stato: farlo preoccupare era l'ultima cosa che doveva fare "D-Duncan... Ti ho svegliato, scusa.." sussurrò in risposta.
"Non devi scusarti... Hai fatto bene a svegliarmi. Ho riposato abbastanza direi" disse il ragazzo guardando fuori dalla finestra il sole ormai alto.
"mhh..." fece lei annuendo per poi portarsi a sedere ed alzarsi. Stirò in avanti le braccia così da sgranchirsi un po' per poi osservare il punk, che lentamente si metteva in piedi sorridendole. Lei ricambiò.
 
Andarono in sala da pranzo, dove gli altri li stavano già aspettando "I piccioncini si sono svegliati?" fece ironico, ma allo stesso tempo seccato Scott "Ho detto che dovevi riposarti almeno 5 ore, non dieci..."
"Potevate svegliarmi" rispose semplicemente Duncan facendo spallucce con un'aria da ragazzino indifeso, quale non era.
"Ahahah... Avanti ragazzi non litigate!" esclamò Geoff palesemente divertito dalle frecciatine tra i due.
"Geoff ha ragione... Dovremmo pensare a come agire... Intendo a come disporci per colpirli al meglio" intervenne Gwen.
"Già" annuì lo scienziato serio "Dobbiamo pensare a come entrare e farlo al più presto. E' vero che Courtney ci rifletterà a lungo, ma abbiamo un limite parecchio ristretto di tempo per agire"
"Dj ha ragione. Beh, io credo che la cosa migliore cosa da fare sia entrare come abbiamo fatto io e Gwen, cioè evitando innanzi tutto le guardie esterne e successivamente colpire le interne prima che possano avvisare altri. Procedendo in questo modo ci dirigeremo verso il laboratorio e riattiveremo il macchianario per poi distruggerlo." sentenziò Duncan disegnando con la punta dell'indice una mappa immaginaria sul tavolo "Che ne pensate?"
"Che quel pisolino, tutto sommato, ti ha fatto bene, punk" disse seccamente Scott.
"Ok... Dovremmo mettere i migliori miratori davanti, e almeno uno dietro a proteggere Dj... Lui è il solo ad avere visto il macchinario, e anche se ci ha spiegato come spegnerlo, sarebbe comunque molto meglio fosse lui a riavviarlo" sospirò Geoff incrociando le braccia  e abbassandosi il cappello sulla fronte.
"Hai ragione... Chi spara meglio?" domandò Duncan.
"Io direi che tu e Geoff siete i migliori" riflettè la dark sedendosi su una sedia a fianco al biondo.
"Io?" chiese quest'ultimo "Io non credo proprio. So fare a botte e nel corpo a corpo me la cavo, sì, ma a mira non sono un granchè a meno che non debba sparare da vicino e sappiamo che in questa missione potrebbe esserci l'eventualità di sparare in lontananza.."
"Allora io e il biondo proteggiamo lo scienziato e voi due andate avanti..." disse Scott parlando al punk e Gwen.
Duncan sussultò "Cosa? Ma... Sarebbe troppo rischioso! Gwen-" "Non so se hai presente che la tua ragazza ha una mira formidabile! Ne abbiamo bisogno dannazione! In che lingua devo ripetervi che voglio vivere?! E lei è fondamentale per farci sopravvivere, tutti! Non mi interessa quello che pensi, ma dobbiamo guardarci in faccia ed ammettere che lei... Lei spara come non facesse altro in vita sua" lo fermò Scott.
Il punk fece per ribattere, ma fu Gwen a parlare "Sì, io andrò in avanti con te Duncan. Se è davvero così che la pensano tutti, non possiamo fare altrimenti... Voglio aiutarvi e se credete che possa farlo così, beh... Non mi tirerò indietro"
Il ragazzo sospirò "Rischi moltissimo..."
"Me lo dici a questo punto?" domandò sorridendo lei ironica, e lui non potè fare altro che ricambiare quell'espressione che lo conquistava sempre.
La abbracciò per un istante che paragonato a molti altri pareva anni di desideri e segreti inespressi, per poi lasciarla "Allora andiamo..."
 
L'esterno dell'università era sorvegliato dalle solite quattro misere guardie e i ragazzi, notandolo, tirarono un sospiro di immenso sollievo: Courtney non aveva ancora rafforzato il fronte. Erano in tempo.
Strisciarono di soppiatto mantenendosi con la pancia aderente al terreno, fino a che non furono dentro. La formazione era semplice: Duncan e Gwen davanti, seguiti da Scott, Dj e Geoff. Erano tutti armati e pronti a combattere.
Camminavano a passo felpato gli infiniti corridoi, seguendo le direttive dello scienziato, attento e concentrato che ricordava alla perfezione tutto il tragitto compiuto per giungere al laboratorio.
Era impossibile che il macchinario potesse sparire, infondo era piantato a terra e perciò non era possibile sbagliare stanza.
"Quanto manca?" domandò sussurrando Duncan, sempre con la pistola puntata di fronte a sè.
"Qualche secondo e dovremmo esserci..." rispose lo scienziato guardandosi attorno.
Non erano mai parsi tanto bui ed inquietanti quei luoghi, eppure in quell'istante, erano poche le luci ad illuminare la zona.
Arrivarono di fronte alla porta del laboratorio dopo poco. Erano sollevati di essere arrivati tanto avanti nel piano in così poco tempo e questo insospettiva non poco la ragazza, che sin dall'inizio dell'intromissione, aveva trovato il tutto troppo semplice.
"Fantastico!" mormorò Geoff soddisfatto per poi allungare una mano verso la maniglia, ma lei lo fermò, poggiando la propria sul polso di lui "Fermo e sta zitto..."
Fu in quel momento che avvertì un leggero suono perpetuo che scandiva a distanza di due secondi circa, un fischio acuto e breve. Sussultò "Questo..."
"una bomba" disse semplicemente Duncan secco riconoscendo il suono che aveva avvertito durante l'esplosione nell'auto.
"A terra!" gridò lui e un istante dopo una piccola esplosione fece saltare la porta del laboratorio alzando una nube di polvere fastidiosa e grigia.
"Che diavolo... !" imprecò la ragazza tossendo infastidita dalla polvere.
"Non capisco!" esclamò Geoff realmente confuso "Perchè una bomba di così piccole dimensioni... Non ci avrebbe uccisi comunque..."
"Forse volevano confonderci..." ipotizzò Scott coprendosi il naso con un braccio.
"No! No! Cazzo! No! Ecco prechè... Non si sono fatti vedere di proposito, dannazione!" urlò Duncan "Courtney deve avere messo una bomba qui per farla disinnescare quando saremmo arrivati, così da attirare tutte le guardie contemporaneamente!"
Gwen sussultò "Ora non ne dovremmo più combattere due alla volta, ma una quarantina tutte insieme!"
"Presto! Proteggete Dj!" ordinò Geoff sapendo come lui fosse il solo a poterli davvero salvare.
Nel frattempo passi e voci varie cominciavano a levarsi dai corridoi circostanti, divenendo sempre più vicini e pericolosi.
"Gwen! Scott! Portate dentro Dj! Io e Geoff pensiamo a rimanere qua e a non farli entrare!" disse Duncan tirando indietro il carrello della pistola e puntandola verso la prima persona che dal corridoio cominciava a comparire per poi sparare, colpendola in pieno "Non c'è tempo! Muovetevi!"
I tre annuirono, entrando nel laboratorio. Gwen si guardò attorno e vide poi subito il macchinario imponente che simboleggiava la loro salvezza "Dj è quello?" domandò, già pronta a ricevere la risposta di lui, ma invece fu una voce femminile a parlare "Esatto... E' quello. bel lavoretto, eh? Ci sono voluti anni a costruirlo"
Gwen si voltò. Courtney era alle loro spalle, portava tra le mani un telecomando, quello che aveva usato per innescare la bomba e sorrideva soddisfatta di se stessa. li oltrepassò come nulla fosse dirigendosi verso il macchinario e guardandolo "E voi... Voi volete davvero distruggere questo meraviglioso capolavoro?" domandò quasi dispiaciuta.
"Capolavoro? Scherzi? E' la rovina dell'umanità! Come lo sei anche tu!" rispose Gwen infuriata. Quell'oggetto aveva messo fine alla sua vita normale, al suo futuro e ai suoi genitori. Non poteva accettarlo. Doveva riattivarlo e salvare il mondo, a ogni costo.
"Io la rovina dell'umanità? Io? ahhahaha! Io voglio solo rendere il mondo un luogo perfetto! E lo sarà! Non appena avrò finito di costruire il mio meraviglioso mondo, riporterò tutti in vita... Non lo capisci? Lo faccio per voi!"
"Per noi? Lo fai per te stessa e per le tue disumane manie di grandezza ed egoismo! Vuoi un luogo perfetto per te! Non per il resto dell'umanità ma solo per te! Non lo capisci? Se solo ragionasti... Capiresti che ciò che hai fatto è orribile! Pensa ai bambini! Li vuoi fare crescere in un mondo governato dal terrore e dalla follia?!" l'accusò Gwen.
"Terrore e follia sono sinonimi di perfezione e obbedienza. E' tutto ciò di cui abbiamo bisogno... Perfezione ed obbedienza. Il resto non conta. Non è mai importato... Mai. Le morti, i furti, la disperazione... Tutto avrà un senso... Tutto... Non sono io a non capire" rispose calma Courtney avvicinandosi a Gwen.
"Sei sicura? Sei davvero certa di non essere tu a non capire? La perfezione è surreale e inesistente. Nemmeno un mondo creato da te potrà esserlo... Nemmeno quello. La morte è sempre esistita e tu non puoi essere in grado di fermarla, la disperazione sarai tu stessa a provocarla! Di questo passo rovinerai tutto ciò che esiste! Anche quella parte di te che ancora crede che questo sia sbagliato!" urlò disperata Gwen quasi piangendo.
"Sbagliato? Tutto questo?" sorrise l'altra guardandosi attorno. "Sbagliato?" il suo sorriso divenne più largo "Sbagliato?" questa volta lo gridò "ahahahahah! Non è sbagliato! Ahahahahah!! E' perfettamente giusto! Ahahahah! Solo io posso creare un nuovo mondo! Ahahahah! Sarà perfetto! E sarà mio! Solo mio! Ahahahaahh" iniziò a volteggiare mettendosi le mani tra i capelli.
Gwen sussultò visibilmente a quella follia tanto ostentata ed indietreggiò spontaneamente terrorizzata da quelle reazioni disumane.
"Courtney! Facci riavviare il macchinario!" esclamò Scott notando il titubamento della dark.
Lei si fermò a guardarlo "Scott? Allora eri tu... Ribelle... Fin dal principio... Ahahahahahah!"
"Courtney smettila di ridere cazzo! Facci riavviare la macchina!" insistette.
"E se non ve lo permettessi?" domandò.
"Ti uccideremo" la guardò truce il rosso.
"Ahahahah! Davvero? Beh, non ve lo permetterò... AHahhaah!" detto ciò estrasse un coltello dalla tasca, per poi farlo volteggiare con una grazia quasi fatale in aria "Ahahahah!"
"Sta attenta Gwen!" la voce di Duncan le arrivò alle spalle. 
Lui e Geoff erano riusciti a fermare le guardie di Courtney, rivelatesi non meno del previsto, ma più deboli. Non li avevano uccisi tutti, ma semplicemente ferito la maggior parte di essi.
"Ahahahah" continuava a ridere la ragazza, seppur rimasta sola. Continuava a muovere il coltello, facendo oscillare la lama affilata da una parte all'altra "Volete fermarmi?! Non ve lo permetterò!" detto ciò fece passare velocemente la lama attraverso il proprio stomaco.
Aveva infilzato il suo stesso stomaco senza pietà, con un sorriso completamente suicida in volto.
"Che cazzo..." sussurrò Duncan sbalordito continuando a guardare quell'orrida scena.
Lei traballò in avanti qualche secondo, per poi fermarsi al centro della stanza e tossire sangue, il tutto con la lama ancora infilzata perfettamente nelle proprie carni.
Cadde in ginocchia tossendo un'ultima volta quel liquido vermiglio per poi lasciarsi definitivamente a terra a pancia in giù.
"Oddio..." soffocò un rivolo di vomito la dark completamente sconvolta.
Quella ragazza si era appena colpita allo stomaco per non essere uccisa da altri, qualcosa oltre il comune orgoglio umano.
Duncan avvolse Gwen tra le proprie braccia vedendola tanto scossa, non che gli altri fossero da meno. Erano tutti sbalorditi e impressionati dalla visione appena offertali. Le parole mancavano.
Si diressero senza dire una parola verso il macchinario. Dj puntò la leva dal lato opposto rispetto a dove si trovava in quel momento. Quell'istante pareva surreale: era sembrato tanto impossibile da raggiungere, che essere lì sembrava solo un altro dei bei dogni che tutti almeno una volta avevano fatto in quei mesi tetri.
Lo scienziato sollevò la mano per premere il pulsante, che si sentì un suono spaventoso: carni infilzate. Si voltarono e videro Scott trafitto dal coltello che aveva poco prima ferito Courtney al petto. Si era appena parato in difesa dello scienziato, e quella folle ragazza era lì, in piedi, con lo sguardo pazzo e la bocca dalla quale colava sangue.
Lasciò andare il coltello, che cadde a terra accompagnato dal corpo del rosso, che eroicamente aveva salvato Dj.
"Scott!" gridò Gwen facendo un passo indietro.
"V-Voi... Non potete..." esordì Courtney, ma si fermò avvertendo il freddo ferro della canna di una pistola a contatto con la propria fronte.
"Decidi... Morire oppure ammettere di avere sbagliato e tornare indietro. Finirai in prigione, ma sarà comunque meglio di una fine tanto cruda, non trovi?" disse calmo Duncan.
Lei sorrise, per poi sovrapporre la prorpia mano a quella di lui sull'arma, e premere il grilletto. Il proiettile le perforò il cranio, attraversandolo da parte a parte.
Caddè all'indietro, questa volta realmente morta con un foro al centro della fronte.
Duncan sconvolto lasciò cadere a terra la pistola "Ha scelto..." mormorò poi...
Gwen si inginocchiò a terra non avvetendo più la forza alle ginocchia, ed esplose in un pianto sommesso "Oddio... Oddio... E' finita.." alzò lo sguardo e vide il corpo di Scott dolorante.
GLi andò incontro. Il coltello era piantato in profondità nel suo petto e dalla ferita sgorgava sangue su sangue "S-Scott... Come..." fece agitandosi e muovendo le mani incerta su cosa fare.
"S-Sta calma..." mugulò lui "Non c'è più nulla che tu-" si bloccò colpito dal dolore.
Alle spalle di lei giunsero anche gli altri "Vedrai che ce la farai fratello..." lo incoraggiò Geoff seppur falsamente, tanto era palese la situazione.
Lui accennò un sorriso "Sono un medico... N-Non scordarlo" balbettò riferendosi al fatto di essere in fin di vita.
"Scott... Ma tu... Tu volevi vivere! Tu-" "Io non avrei mai potuto vivere..." fece lui interrompendo Gwen "V-Voi... Voi avete v-vissuto... Avete... Avete combattuto... E ci siete riusciti. I-Il mondo è sal-salvo. Io... Io sono solo esistito." detto ciò chiuse gli occhi, non riaprendoli più.
 
05/04/2013
12:30
Il campanello suonò, inondando tutto quel piccolo appartamento in cui i due si erano appena trasferiti. Era davvero molto piccolo: una camera da letto, una cucina, una sala da pranzo che fungeva anche da salotto e un bagno, ma in fondo non necessitavano di altro.
Lui andò ad aprire la porta "Geoff! Ci rivediamo! E' incredibile! Mi sembrano secoli..."
"Ti capisco Duncan... E invece sono solo due mesi..." rispose lui malinconico.
"I due mesi più rilassanti della mia vita..." disse il ragazzo facendo segno ai due di entrare.
"Già, dopo i due più intensi..." lasciò intendere il biondo addolorato. Era ancora difficile parlare della situazione che era andata a crearsi tempo prima e di ciò che era accaduto, cercavano perciò di parlarne il meno possibile "Lei è Bridgette! La mia ragazza! Te ne ho parlato, ricordi?" domandò dunque il biondo.
"Certo! Come dimenticarmene? E' lei ad averti dato la forza di proseguire infondo..."
la ragazza arrossì visibilmente.
"Già... E Dj è già arrivato?" chiese Geoff.
"E' in cucina con Gwen... Sono appena arrivate le pizze, quindi siete in tempo!"
"Perfetto!" esclamò Geoff sorridendo per poi andare in sala da pranzo seguito dalla sua ragazza e dal punk.
 
"Non è incredibile che nessuno se ne ricordi?" chiese Geoff.
Avevano finito di mangiare ed avevano iniziato a discutere di quella disavventura di cui erano stati partecipi nei mesi precedenti.
"E' evidente... Infondo erano tutti privi di sensi. Comunque, è bastato spiegare l'accaduto e mostrare le prove perchè ci credessero, quindi non credo sia un problema..." disse Duncan tenendo tra le braccia Gwen. Erano seduti sul divano in pelle nero che si trovava poggiato alla parete del salotto, davanti al televisore.
"E mantenere l'anonimato è stata la cosa giusta... E' sufficiente che siano al corrente della nostra identità solo gli agenti della polizia... Potrebbero esserci ancora seguaci di Courtney..." Aggiunse Gwen coricandosi tra le braccia del punk socchiudendo gli occhi.
Bridgette era la sola oltre a loro ad essere al corrente di tutto, grazie a Geoff e nessuno si era opposto dopo tutte le fatiche il biondo aveva dovuto sopportare, tutto solo per riavere lei.
"La sola cosa che mi interessa ora, è fare diventare tutto questo un ricordo... L'unica cosa che importa ora sei tu, Gwen..." sussurrò Duncan all'orecchio di lei, la quale chiuse gli occhi cullata dalla sua voce vellutata e calda.

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