Con gli Occhi Chiusi

di Pulciosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** * ***
Capitolo 2: *** *Spinner's End - Ricordi ***
Capitolo 3: *** *_Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Cara è la Fine ***



Capitolo 1
*** * ***


Attenzione, spoiler del settimo libro.
(avviso inserito dall'amministrazione)



Disclaimer: i diritti di Harry Potter & Co. fortunatamente non mi appartengono, non voglio rivendicare niente di tutto ciò, e questa è comunque una irritante perdita di tempo, perché sono contro il copyright.


Titolo: Con gli occhi chiusi.


Autore: Pulciosa.

Betareader: la mia personalità più critica. (attenzione, sono sotto influenze pirandelliane.)

Genere: Angst.

Personaggi: Severus Piton, centrale, unico, catalizzatore.

Rating: R

Note: Non scrivo fanfiction da ben quattro anni, credevo che questo mondo si fosse chiuso per me: non è stato così. Dopo un pianto liberatore che ha accompagnato la fine di una saga che mi accompagna da ben dieci anni ho sentito il bisogno, quasi fisico, di riprendere la penna in mano.
Potrà apparire scontato ai più, e forse, lo è davvero. Fioriranno le Snape/Lily. Tuttavia spero di aver fatto un lavoro, non dico buono, ma perlomeno decente, ed è per questo che vi invito a darmi i vostri pareri. Immagino che la mia scrittura potrà apparire un po’ pesante, me ne sono accorta io stessa, ma sono in piena fase decadente, e un libro come Controcorrente lascia, volenti o nolenti, le sue belle tracce.
Tra i credits dovrei anche inserire il titolo, che è il nome di un romanzo di Federigo Tozzi, uno degli scritti più emblematici ed intensi di tutto il Novecento. Forse l’iniziale brutalità è una sua influenza, molto remota e rielaborata, dopotutto. Ora non mi resta che augurarvi buona lettura.


Dediche: A tutti e a Nessuno.


Con gli Occhi Chiusi




Colpa dove sei?
Vedo la spina
e il dolore che vibrano
Tacere sai, dopo trent’anni è la cosa
più semplice
Eppure sono ordito, trama e stoffa: seta!
(Bruciate i fili!) Seta!
Seta!


Con un ultimo spasimo, suo malgrado di piacere, Severus alzò lo sguardo dal groviglio di carne e lenzuola che giaceva lì vicino.
 Uno scatto di reni ed era a sedere, il mezzo busto emaciato che contrastava con la testata verde del letto, e i lunghi capelli neri sulle spalle curve. Afferrò la bacchetta, un gesto che lo fece trasalire, qualcosa di già visto, già sentito, già provato, e nell’oscurità soffocante della camera caddero a terra tre mosche, morte. Il soffitto bianco sporco a cassettoni rifletteva ampiamente il suo umore, qualcosa di più, se stesso intero: il nulla, il vuoto. La donna gemette, senza nome e senza volto, e l’alone rossastro dei suoi capelli lo attraeva, un devastante richiamo, più che distruttivo. Lo sguardo corse alla finestra priva di vetri, allo scorcio di buia campagna, quasi morta. Il pendio obliquo constava di un’alternanza di macchie oro e verdi, secco e umido unito, dove giaceva il grande tronco ritorto, un legno grezzo, vecchio e ruvido, dalla forma contorta e spaventosa, che esplodeva infine in una chioma cascante e morbida, frondosa. Sotto, una palizzata mezza marcia arginava la proprietà, con i suoi cipressi nani, lugubri, circondati da ciuffi di lavanda, ornamento odoroso e insinuante.
Sbatté le ciglia, un attimo. Lei sospirava in modo impercettibile e quasi soffice, gli occhi sbiaditi umidi di languore, quel languore che avvolgeva lei tutta. Il lenzuolo umido e sporco era ben labile schermo paragonato all’improvvisa rabbia di Severus: con voluttuosa voracità era deciso a sovrastarla, a vincere la noia e il dolore, e no, non poteva, non voleva conforto, magari desiderava solo annegare tra le profondità di quelle cosce fredde, voleva succhiare via una vita inutile, magari voleva farlo a partire da quel capezzolo turgido, sì, anche lui sapeva essere brutale, sapeva farsi amare come una Venere in pelliccia, e amava sentire le sue vertebre leccate ad una ad una, e in quei momenti era così debole, vulnerabile, che quasi avrebbe pianto ripensando a tutto, ed era lì che voleva urlare, e allora le spingeva la testa in basso, e le strattonava i capelli e voleva sentirla lambire, leccare, voleva sentirla bere, e poi doveva umettarsi le labbra, maledetta sgualdrina; allora si consumava, si struggeva, perso nel buio impertinente della stanza, e si scioglieva al pensiero, morbida pelle di fiamma, per quello che riusciva a suscitare, evocava misteriosi sbattimenti di ciglia ammiccanti, profumi aspri e coinvolgenti, vividi sprazzi di dolore, e si odiava di più, e la odiava e odiava: era allora, massimamente coinvolto, che le socchiudeva le gambe, che la faceva gemere, e veramente godeva, mordendo la sua clavicola sporgente ed era libero e lieve, perso dentro di sé…
- Severus, Severus!-
Severus scivolò via, mentre la donna si copriva vergognosa, e sciocca, con un lembo di lenzuolo. Alzò lo sguardo e verso l’altra che si torceva le mani, quasi mordendo le belle labbra rosee, le ciglia umide di lacrime. Narcissa Malfoy sembrava aver dimenticato le buone maniere e insieme, fortunatamente, la sua consueta pudicizia: sembrava anche latrice di disperazione, lì ferma nella camera odorosa di umori e sesso.
- Severus, il Signore Oscuro è caduto… E’ caduto a causa di quel bambino, lo chiamano il Bambino Sopravvissuto… il figlio dei Potter.-
E fu allora, solo allora, che un’ombra solcò gli occhi tetri dell’uomo. E Narcissa abbassò lo sguardo.
- Che ne sarà adesso di noi?-
Ma Severus era andato, scattato in piedi senza imbarazzo per la nudità, rivestitosi in fretta, la bacchetta alla mano, una corsa inutile contro il tempo.

Pioveva quella mattina, Severus se ne era accorto solo dopo un po’. Era corso fuori dalla casa, noncurante dei sussurri e delle ipotesi alle sue spalle, noncurante delle urla, delle lotte, delle fiamme: scivolava via nel buio che precedeva l’alba. Sdrucciolava sul sentiero irregolare di pietrisco, la bacchetta levata in alto e gli occhi dilatati in un’espressione di folle rabbia bestiale. Ad ogni passo corrispondeva un battito del cuore, straziato dalla corsa e dagli eventi, ad ogni respiro un pensiero.
Arrivato in una radura protetta, si smaterializzò, per ritrovarsi là, a Godric’s Hollow, dove mai aveva osato recarsi. Alla fine si accorse della pioggia, ormai fradicio e tremante, mentre stazionava, nascosto nell’ombra, davanti alle macerie della villetta. Pochi curiosi rimanevano ormai, attirati dal sangue e dalla speranza; erano rimasti solo alcuni maghi, il mantello violaceo sferzato dalla pioggia, ad occuparsi delle ultime macabre incombenze. Un gatto sgusciò fuori dal cancello della villetta, coperto di polvere e un po’ sbilenco, privo di un occhio; zampettò fino a Severus, dapprima diffidente, poi sempre meno cauto. Carezzò il pelo ruvido, rabbrividendo, e fu allora che la sentì: fresca, giovane, vivida come non mai, conturbante ed avvilente nella sua indomita ingenuità, il suo profumo di fiori, dolorosamente bella, mentre si schiudeva in un sorriso pensoso, e il suo tocco, soave e gentile, malvagio negli effetti, seduttore ed ammaliante, perverso, equivoco, sporco, così denso, così suo, così male.
E mentre la pioggia lo graffiava, Severus Snape pianse in silenzio carezzando un gatto, mentre gli occhi verde mare di Lily Evans venivano chiusi dall’impiegato in mantello viola.  

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Capitolo 2
*** *Spinner's End - Ricordi ***


ATTENZIONE! SPOLIER SETTIMO LIBRO.




Meglio del perdersi in fondo all'immobile
Meglio del sentirsi forti nel labile.

Forse, sicuro, è il bene più radioso che c'è
Lieve svenire per sempre persi dentro di noi

La violenza dell’acquazzone accompagnava il fluire dei suoi pensieri. Nel silenzio stazionava davanti alla vetrata, la fronte lievemente premuta, quasi appoggiata, sul vetro. Era così vicino che non vedeva neanche più le gocce, non poteva contarle, non poteva guardarle. Non poteva fare niente. Lampi e tuoni si susseguivano con precisione, ma nessuno sembrava curarsene, né interessarsi del ragazzo. Dalla stanza vicina veniva un forte rumore, incerto, discontinuo e terribile, ma Severus era fermo immobile, e, con l’aumentare del frastuono, premeva sempre più forte il viso contro il vetro, i pugni stretti, le gambe stanche.
Una donna apparve, i lunghi capelli neri strati di grigio, urlando, la testa fra le mani. Sua madre.
Si gettò a capofitto per le scale nascoste dalla penombra, il passo leggero, la vita sottile, la faccia dura stravolta.
L’eco della porta che sbatteva, delle mandate, degli incantesimi borbottati, niente, poteva smuoverlo.
- Maledetta! Strega, incantatrice!-
Severus si girò, lento e inesorabile verso suo padre, i pugni ancora serrati.
Scattò verso la bacchetta, con gli occhi dilatati in un’espressione quasi di minaccia, e corse via, fuori, correva da lei.
Lacrime, non pioggia, erano lacrime quelle che bagnavano il suo viso, ma forse nessuno se ne sarebbe accorto, perché i suoi vestiti, i suoi capelli, lui tutto, era bagnato fradicio, ma le corse violente sotto l’acqua erano la sua specialità, le fughe improvvise, i gesti deboli. L’acqua gli bruciava addosso, sentiva la consapevolezza di tutto l’orrore abbacinarlo, e nulla poteva essere salvato.

Aveva smesso di piovere. Le altalene dimenticate e bagnate dei giardini apparivano ancor più del solito come un rifugio, libere.
Se avesse avuto fortuna, l’avrebbe incontrata, se fosse stato sfortunato si sarebbero incontrati.
Il solito miscuglio di impressioni lo assaliva, lo tormentava, sempre quando si trattava di Lily.
Non voleva turbarla con quelle emozioni intense, voleva solo vederla e sentire il suo odore di limone aspro, non poteva, non doveva coinvolgerla in quelle storie sordide, sporche, basse, lei doveva essere protetta ed amata, proprio come i gigli infondo, non doveva essere neanche partecipe. Doveva avere il meglio, mai soffrire, vivere splendente così come era adesso.
Lei meritava solo cose preziose e brillanti, lei amava i fiori, e doveva esserne circondata, le avrebbe dato cento, mille rose, tutte per lei, rosse come i suoi capelli, morbide come lei; e poi allora le avrebbe tenuto la mano, la mano piccola, le dita sottili si sarebbero strette intorno alle sue e davvero poteva essere felice in quel modo, nient’altro, era libero, finalmente.
- Severus!- quella voce, all’orecchio, alito caldo, giovane.
- Severus ma tu hai pianto!-
Guardò Lily Evans di sottecchi, stringendo le labbra. – Non ho pianto, sono solo bagnato dalla pioggia.-
Lily lo fissò ancora più intensamente, sedendosi sull’altalena al suo fianco, senza curarsi del fango che sporcava le sue scarpe.
Erano belle scarpe. Lei era sempre bella. I suoi capelli erano sempre soffici e puliti, il viso era chiaro e punteggiato di efelidi, i vestiti semplici e graziosi. Era così diversa da sua madre, sempre in disordine e preoccupata e triste. Era diversa dalle altre ragazze di Hogwarts. Era Lily.
- Hai gli occhi rossi. Devi aver pianto.- la punta della scarpetta rovistava nella fanghiglia, un gesto noncurante e radioso.
- E tu hai i capelli, rossi.- ribatté Severus, sospingendo l’altalena più in alto.
Lily rideva. E fu allora che il sole fu finalmente in cielo, radioso dopo la pioggia, ad illuminare tutte le piante costellate di gocce di pioggia, e ad illuminare ogni singola lentiggine del volto della ragazza.

A volte, nel bel mezzo della caluria estiva, effettuava lunghi vagabondaggi, portandosi molto lontano da Spinner’s End, il più possibile, insieme a lei. Le aveva raccontato però della nidiata di volpi, e alla fine aveva insistito talmente tanto che ce l’aveva dovuta portare.
Lily aveva una tragica, infinita, soave, passione per tutti gli animali, e quanto più derelitti erano, tanto più li amava. L’aveva accompagnata in giro a radunare gatti malconci, cani abbandonati, a pescare rane, a stanare topolini: ogni volta un sorriso rischiarava la giornata.
Un giorno non era riuscito a staccarla da uno scheletrico gatto nero, trovato a New Mills, che le aveva strofinato la testa contro le gambe, producendosi in fusa sonore e soddisfatte.
- Non possiamo lasciarlo qui!- aveva esclamato Lily, mordendosi il labbro inferiore, gli occhi grandi e un po’ arrossati.
Severus la guardava con ansia, toccandosi il petto ossuto, nervoso.
- Gli manca un occhio!- non aveva voluto sentire discussioni, aveva accolto il derelitto tra le braccia, e parlandogli affettuosamente erano tornati a casa.
Quel giorno camminava vispa per Spinner’s End, la voce concitata e i gesti veloci, girandosi di scatto verso Severus, che sorrideva del suo entusiasmo.
I capelli raccolti lasciavano il viso libero, incorniciato dalla frangetta, e la leggera abbronzatura rendeva ancora più marcate le sue efelidi. Si poteva tremare al pensiero, al suo pensiero, così innocente, vera, umida nella sua vitalità, sincera e infantile nei gesti e negli sguardi. E a volte gli capitava: Severus aveva una specie di tremito, pensando a quanto fosse fortunato ad esserle vicino, a poterle parlare, a poterla toccare, a poterla guardare.
- E poi BUM Petunia si è spaventata moltissimo!! Comunque non ho usato la magica, tecnicamente, quindi non finirò ad Azkaban, come mi avevi fatto credere tu!- si girò, ridendo di gusto, socchiudendo per un attimo le palpebre.  
- Cosa dovrei averti fatto credere io?- la fissò incredulo, con un sorriso sincero.
- La prima volta che ci siamo conosciuti, quando mi hai detto che ero una strega e mi sono offesa… Quella volta mi hai parlato di Azkaban e io mi sono spaventata…- piegò la testa di lato, fissando il cielo costellato di nuvolette bianche.
Severus sorrise, anche lui ricordava. Come al solito provò il solito sentore di malattia, quell’incontro gli era bruciato dentro a lungo, e spesso vi aveva ripensato con un misto di amarezza e rabbia, e un’incredibile gioia.
Lily era corsa sulle sponde del fiume sporco e grigio, senza badare alla miseria delle strade che la circondavano, in quell’area industriale dimessa mista alla campagna, mentre Severus cercava con lo sguardo la sua casa. Lei strepitava e uggiolava, affannandosi intorno alle bestiole, e lui non poteva chiedere altro che rimanere a guardarla da dietro, mentre una ciocca di capelli sfuggita al fermaglio carezzava la pelle del suo collo.
Forse la cosa che preferiva erano i suoi occhi: nei lunghi momenti passati in silenzio seduti sulle panchine di Channing Road, aveva avuto modo di osservarli a lungo, minuziosamente.


Lo sguardo di Lily era puro, innocuo, sembrava immune dalla finzione, mai pretendeva di nascondere i suoi pensieri, parlava subito come un fiume in piena, criticando, apprezzando, amando. I suoi occhi brillavano, allungati verso gli zigomi, di quell’incredibile verde mare, bruciante ed abbagliante, limpidi nella franchezza della ragazzina. In quei momenti non importava che lui fosse povero e lei fosse ricca, non importava essere un Serpeverde e una Grifondoro, essere lei bella, e lui brutto, lei buona e lui cattivo, lei popolare e lui no, lei unica, infinita, irraggiungibile.
Quei momenti di intimità, quei silenzio contemplativi, i discorsi leggeri all’ombra delle magnolie, erano il suo tesoro, il suo segreto, la sua felicità, e nessuno avrebbe mai potuto portarglieli via.




§§§§
Nota dell'Autrice

Scusate ma non si era capito che Severus era in compagnia di un'altra donna e che Narcissa irrompe nella stanza? No, perché una delle due recensioni mi ha inquietato parlando di pezzi hard tra Narcissa e Severus.






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Capitolo 3
*** *_Hogwarts ***


Stone love - she kneels before the grave
A brave son - who gave his life
to save the slogans
That hovers between the headstone and her eyes
For they penetrate her grieving



ATTENZIONE "SPOILER" HARRY POTTER VII





Risate, urli, battiti di mani e palpitazioni indecifrabili.
La fiera delle vanità, delle vanità volgari. Il fumo era soffocante, denso e secco, ottenebrava i sensi, e forse anche la mente.
Risate, urli, battiti di mani e palpitazioni indecifrabili.  
Il rumore lo assordava e nella folla, gigantesca, mostruosa, concreta, l’angoscia della solitudine lo stuzzicava. Il sudore dei corpi avvinghiati l’uno all’altro lo disgustava, non riusciva a crederci, tratteneva il respiro. Maghi senza dignità stazionavano mano nella mano, truccati e agghindanti, circondati da streghe dal dubbio aspetto. Fuori luogo, ecco.
Nessuno badava a Severus, e la cosa lo rilassò. Fissò i proprio vestiti babbani, girando lo sguardo sulle giarrettiere degli uomini e sulle variopinte chiome delle streghe, senza abbandonare il cipiglio di incredulità.
Brillantini e strass, luccicori sporchi, promiscuità.
Freddezze accese da accendini infiammati, guanti fino al gomito e pantaloni inguinali.
Non poteva. Avrebbe preso la Metropolvere e fatto dietrofront. Non poteva, in nessun modo.
Continuò a vagare fra la moltitudine arlecchinata, mimi da strada ambigui, pubblico raduno di folli.
Risate, urli, battiti di mani e palpitazioni indecifrabili.
Fissò l’umanità disgraziata,  si stupì di quanto riuscissero a sentirsi a proprio agio. E continuò a vagare, anche se doveva assolutamente andarsene.
E occhi truccati lo guardavano, e poi scivolavano via, labbra rosse e ciglia finte.
Luna e stelle vorticanti sopra il palco, una strumentazione sofisticata e assurda.
- Allora ce l’hai fatta a venire!!- Lily gli si parò incontro, assurdamente eccitata dal marasma.
Un’ondata di sollievo, marea bianca di calma e respiro regolari.
Non c’erano né risate, né urli, battiti di mani, e nessuna palpitazione indecifrabile.
- Non ci credo, non ci credo! Stiamo per sentire Stardust!- aveva gli occhi lucidi, spalancati, e girava freneticamente tra la folla, saltellando ad ogni passo, danzando quasi.
Stava raccontando di quanto era incredibile, di quanto era meraviglioso, e di quella canzone, quella canzone stupenda, i costumi di scena poi erano fantastici, e non riusciva a smettere di fissare la piega della sua bocca, che si allungava quando era felice, ed era semplicemente bellissima.
Non importava che fosse in un posto sporco e pieno di gente indegna, lei era felice.
- Severus guarda!- Lily stava puntando un grosso cane nero che si era appena intrufolato attraverso le sbarre e che, uggiolando, le si era fatto incontro. Parlando morbidamente all’orecchio del cane si era inginocchiata a terra, e rideva delle sue leccatine affettuose, e rise anche quando Severus fece per toccare l’animale che ringhiò feroce. E anche lui aveva capito Lily, le saltava addosso, scodinzolando, baciandola, desideroso di giocare.
- No! No! Evans NO!-
James Potter aveva fatto il suo ingresso trionfale, strappandola via dal cane.
Era una gioia sottile, quella provata nel vederlo imbarazzato e senza parole, mentre il cane scodinzolava quasi divertito, Lily rabbiosa e indisposta, e non doveva far altro che commiserare Potter, perché lui non aveva capito niente.
Non importava neanche che il cane l’avesse morso, perché Lily si era girata di scatto e si era allontanata con lui, borbottando maledizioni inventate.
Con lui.
Non con Potter.


New love - a boy and girl are talking
New words - that only they can share in
New words - a love so strong it tears their hearts
To sleep - through the fleeting hours of morning

Quell’intimità limpida, senza sottointesi, senza implicazioni, era quello che cercava da lei, non voleva nient’altro. Saperla lì, ferma accanto a lui, mentre canticchiava la canzone che amava, e batteva le mani, quando aveva urlato vedendo Stardust lambire dolcemente le corde della chitarra, e poi erano tornati insieme, un viaggio lungo, infinito, che non doveva finire mai. Fermi ad aspettare un treno che non arrivava, senza parlare perché non ce n’era bisogno, guardandosi ogni tanto, vedere le stelle nella sua testa, i pensieri che scivolavano via uno ad uno.
Era scompigliata e scapestrata, vivace e disordinata, era Lily, con i suoi sorrisi dolci, con le sue arrabbiature prepotenti, le sue gioie e le sue tristezze.
Tutto quello che sapeva, quello che lei gli aveva lasciato condividere, lasciato intravedere, era suo di diritto, ed era il suo tesoro, il suo ricordo più prezioso, il suo patronus.




Le voci della Sala Grande lo lasciavano impassibile. Non aveva bisogno di alzare la testa, di individuare i gruppi, non ne aveva proprio bisogno. Poteva distinguere la voce di Potter, discutere animatamente di Trasfigurazione con Black, poteva udire il respiro di Lupin immerso in un libro, sentiva anche il muto assenso di Pettigrew a qualunque cosa dicesse Potter, avvertiva Prewett animarsi sul Quidditch, coglieva Jorkins spettegolare con le sue amiche, Malfoy vantarsi delle sue ricchezze, sentiva anche Lestrange fissare le ragazze Black che prendevano il the.
E non aveva bisogno di alzare lo sguardo, perché sapeva che se si fossero incrociati i loro occhi Lily gli avrebbe sorriso, ma mai, come in quel momento, sentiva di essere solo, di non avere niente.
Niente.  


- Evans, Eccezionale.-
- Snape, Eccezionale.-
Entrambi ostentavano un sorrisetto di superiorità, mentre Lumacorno faceva loro i complimenti.


- Viscidi Mezzosangue, feccia.-
- C’è bisogno di selezione.-
- Impurità, trogloditi.-
- Incroci, vili bastardi.-
- I babbani andrebbero sterminati.-
Severus assentì bruscamente, avvolgendosi nel mantello, guardando oltre le nubi che intravedeva in lontananza.
In fondo, che poteva saperne, lei, di quello che aveva vissuto?
Suo padre era  marcio ed era un babbano.
Se ne vergognava.
E cosa aveva da dire, poi, lei? Non aveva forse udito le parole di sua sorella? Non aveva forse pianto di fronte al disprezzo, di fronte all’asprezza, al rifiuto?
E cosa doveva fare lui, predicare il rispetto reciproco, dopo essere cresciuto in solitudine e senza sorrisi, senza affetto, senza una parola?

Love is careless in its choosing
Sweeping over cross a baby
Love descends on those defenceless
Idiot love will spark the fusion
Inspirations have I none
Just to touch the flaming dove
All I have is my love of love
And love is not loving



A volte era stanco, stanco di tutta questa oscena messinscena, aveva voglia di gridarle contro, non era il suo amico, non aveva capito niente come al solito, lei era la Signorina Ingenuità e credeva che le persone le stessero intorno perché era gentile, e no, non aveva capito che era anche bella e non aveva realizzato che non avevano più dieci anni e quell’emozione delicata e funambolica, sempre sull’orlo della rottura, era quasi svanita e tutti le erano intorno e diventava pazzo, pazzo, pazzo e non voleva dividerla con nessuno e, basta, non si accontentava più di quella parodia di empatia tra loro, non vedeva niente dentro di sé e neanche dentro di lei, si stava comportando da avida egoista viziata, e lui stava perdendo tempo, era sempre pronto per lei, ma non se accorgeva la Signorina Ingenuità e sorrideva sempre e quel sorriso gliel’avrebbe cancellato per sempre dalle labbra, morbide, rosa, sadiche, voleva vederla lasciva, urlare di dolore e rabbia, allora alzala questa maledetta voce, Signorina Ingenuità, e diglielo, sei come tutti gli altri, sì, ti potrà sembrare strano ma la notte ti sogna e sei sempre nuda e bianca, e sei così bella che fai male, e in sogno si copre sempre gli occhi, però quando scende giù e ti vede e sorridi, di nuovo quel maledetto sorriso, tutto svanisce e si odio così tanto per aver osato pensare certe cose e rabbrividisce perché si sento un animale e evita di posare lo sguardo sul tuo corpo, cerca di diventare immobile ed asettico, e si tiene alla larga da te, e non odiarlo, Signorina Ingenuità, ma non vuole rovinarti, e ti scongiura, continua a posare il tuo sguardo verde mare su di lui, ancora.  

Soul love - the priest that tastes the word and
Told of love - and how my God on high is
All love - though reaching up my loneliness
evolves
By the blindness that surrounds him

*___*
La Mattanza dell'Autrice

Intanto mi ero scordata di dire che le due canzoni precedentemente citate sono Il Vile e Lieve dei Marlene Kuntz, poi la canzone che qui Anime Soavi avete volocemente scorso è Soul Love (ihihi... Amore Spirituale! Mi dispiace Severus) dell'Immaginifico David Bowie/Ziggy Stardust, eggià Stardust, proprio quel fantomatico cantante Glam che disgusta così tanto Severus qua sopra. Che volete farci, dovevo inserirlo per forza.
Mise_keith!!! Ma ciao! Come stai, cara? (ovviamente ricevo tue notizie dal nostro Collegamento Comune, che non me ne voglia per questo appellativo!) Oh, se erano davvero due anni che non scrivevi una recensione mi sento ancora più onorata, più del dovuto! Già già, perché guarda sei stata così carina, così buona, forse troppo, se sono vere anche solo un quarto delle cose che dici tu mi sentirò enormemente lusingata per il resto della mia vita. E poi un personaggio è brutto solo se lo vediamo così, no? Certo Severus non aveva la faccia di Sirius, nè il fisico di James nè l'abbigliamento di Ren (*o*), ma, insomma! Sono contentissima che ti sia piaciuta la storiellina, davvero, e ti ringrazio tanto-tanto-tanto!! Baci Speciali tua Miss Pulciosa (la mia nuova identità) 

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Capitolo 4
*** Cara è la Fine ***


Ricordava gli occhi di Lily Evans?

Il sole acceca. L’aria soffoca. Lei uccide.
La fine dell’estate si raggrumava insieme a tutto il suo disappunto. Poteva anche chiamarlo così, ormai. Non aveva senso stordirsi la mente con mille altre riflessioni, se quando stremato andava a letto, pensava di nuovo a lei. Pensieri brutti, pensieri belli; poco importa. Lily era ancora lì, ad ossessionarlo e a spaventarlo.
La porta chiusa tra loro due era invalicabile, troppo squallore di mezzo. Non poteva fare a meno di pensare che non si era immaginato tutto, doveva pur esserci qualcosa, una passione così non nasce dal vuoto, dal nulla, e perché allora aveva sposato Potter, se lui non era stato con lei sin dall’inizio, a guardarla bere i raggi di sole mentre era sdraiata sul prato secco?
Non poteva che redimersi sfigurando fiori, strappando steli e petali, mordendosi la mano fino a farla sanguinare, e tutto un genere di cose molto poco romantico, sì cercava di trovare la sua bellezza nella distruzione dell’innocenza.
Ma non poteva cambiare le cose.

Ricordava gli occhi di Lily Evans?

Ora muore. Era infetto, marcio, viscido. Liquame nerastro, maleodorante, infame. Come quando sei strumento di piacere. Non hai anima, solo corpo.
Non voleva questo.
Sei più lontano. Va bene così, stai lontano.
Illusioni miste a speranze indigeste, qualunque cosa possa significare. E’ un delirio, un cambio. Non c’è più l’iniziale pacatezza, altalena tra imbarazzi e rabbia spropositata.
Stava vomitando in una stanza aperta, dava sul cielo grigio senza stelle. Ma quali stelle?
Infame, tutto.
Giovinezza sfiorita, strappa le pieghe del tuo viso una ad una, lecca piano.
Piano.

Ricordava gli occhi di Lily Evans?

Spirali di fumo, di gioia, di dolore.
Incollati su di lui, mentre amo in silenzio e odio con passione.
Suo figlio.
Suo figlio.
Tuo. Nemico.
Sei tu.
Vivida immagine, colori sbiaditi, acqua sotto i ponti.

Ricordava gli occhi di Lily Evans?

Lascialo piangere sui resti di foto strappate a metà e parole senza senso. Pergamene vecchie, sentimenti vecchi, sentimenti attuali. Non esisteva allora, non esisteva adesso, non c’è mai stato spazio per lui.
Le bacia le ciglia, mentre rovista nella stanza fredda ed ostile.
E piange, ma nessuno viene ad asciugare le sue, di ciglia.

Ricordava gli occhi di Lily Evans?

Ed era davvero bella, vestita di bianco.
Perché il sangue dei suoi colori ha sporcato l’abito da sposa?
E’ colpa sua.

Ricordava gli occhi di Lily Evans?

E allora guardalo un ultima volta, per favore, così può morire in pace. Il dolce sorriso di tua madre lo accompagna verso la fine, ma non è questa l’importante, l’importante non è neanche aver vissuto una vita secondaria, prona alle esigenze di qualcun altro, imbrogliando e nascondendosi nell’ombra, senza mai avere il coraggio di alzare lo sguardo più di quel tanto che bastava a nascondere una vita piena di amore, che non hai mai esito positivo, mai, ma forse è la sua forza. E allora guardalo, e lascialo andare, verso le sue stelle e le sue idee, e finalmente può pacificarsi, non senti lo scorrere della vita, com’è meraviglioso? E’ libertà questa, sei in te e in tutte le cose che ti circondano e la natura ti accoglie e ritrovi la ragazzina dai capelli rossi che ti prende la mano e allora sai che non c’è vita dopo la morte ma solo

Voi.

Cara E’ La Fine

Grazie, o forse dovrei scrivere ti odio. Non importa.

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