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Timeline: inizia a cavallo tra il capitolo 11 e 12 di “L’ombra
del male”, quindi nella Dimensione Oscura. Hanno trovato la prima chiave-volpe.
Warnings: long-fic, what if
Nella sua stanza al secondo piano della Villa di Lady
Ulma, Bonnie si rigirò nel grande letto e abbracciò il cuscino, sbuffando.
Proprio non riusciva a tranquillizzarsi, né poteva decidersi a scendere al
piano inferiore. Avrebbe potuto dormire un po’, ma anche quello sembrava fuori
discussione: i pensieri la tormentavano e, se chiudeva gli occhi, si
accompagnavano a delle immagini che proprio non riusciva a sopportare.
Il legame tra Elena e Damon era sempre esistito, ne era
consapevole, eppure le sembrava… anzi, era sicura che da quando Stefan era
scomparso si fosse rafforzato e il maggiore dei Salvatore si stava conquistando
sempre più prepotentemente un posto importante nel cuore della bionda.
Un posto troppo
importante per i gusti di Bonnie.
Alla festa dell’Usignolo d’argento avevano trovato la
chiave che cercavano, ma ne mancava ancora una per liberare Stefan. Non che la
presenza del vampiro potesse cancellare quella di Damon, ma Bonnie sperava che
il vecchio amore potesse distogliere Elena dall’attrazione di un nuovo
sentimento.
“A che scopo?”
le domandò la sua coscienza con una vocina insolitamente fastidiosa “Se anche Elena tornasse da Stefan, Damon
continuerebbe a volerla. È sempre stato così, fin da quando questa storia è
iniziata, perché dovrebbe cambiare ora?”
-Bonnie?-
La ragazza sobbalzò, accorgendosi solo in quel
momento che Meredith era entrata nella sua stanza e si era fermata sulla porta,
gli occhi fissi su di lei.
-Non ti avevo sentita entrare, scusa.- riuscì a
sorridere.
-Tranquilla… lo so a cosa pensavi.-
-Da… davvero?- balbettò Bonnie, sbarrando gli occhi.
-Certo. Anche io sono preoccupata per questa cosa.-
-Anche tu?- domandò la strega, sempre più
preoccupata.
-Beh, è ovvio. Spero solo che Elena non faccia
qualche sciocchezza.- sospirò Meredith, sedendosi sul letto accanto all’amica
che la osservava sempre più stupita –Insomma, sai com’è fatta. Se vedesse che
Stefan è gravemente ferito, o qualcosa del genere, potrebbe farsi prendere
dall’impulsività e cercare di liberarlo. Spero che Damon riesca a trattenerla.-
-Oh…- oh, ecco, di questo era preoccupata –Sì,
infatti. Lo spero anche io.- si affrettò ad annuire Bonnie, abbassando gli
occhi sulle lenzuola candide.
-Comunque, Lady Ulma mi ha mandata a chiamarti. Vuole
prenderci le misure per gli abiti che indosseremo alla festa di Bloddeuwedd.
Vieni?-
Bonnie si morse il labbro, lanciando un’occhiata alla
grande finestra da cui filtrava la luce dello strano sole che illuminava la
Dimensione Oscura –Sì, certo.- annuì, alzandosi dal letto e seguendo l’amica
verso il piano di sotto.
Avevano appena sceso la grande scalinata centrale
quando la porta principale si spalancò con malagrazia. Il primo ad entrare fu
Damon, seguito da Elena, Sage e il dottor Meggar.
-Siete qui!- esclamò Bonnie –Avete visto Stefan? Come
sta?- domandò poi, impaziente di avere notizie dell’amico. Damon non si curò di
rallentare il passò, passò accanto a lei e Meredith e salì verso il piano
superiore senza voltarsi né incrociare lo sguardo di nessuno. Sentirono una
porta aprirsi e richiudersi con malagrazia e sia Bonnie che Meredith si
voltarono verso Elena in cerca di spiegazioni.
-Stefan non… non sta molto bene.- spiegò la bionda
mordendosi il labbro inferiore –E credo che Damon si senta in colpa.-
-Vorrei vedere.- commentò Meredith, guadagnandosi più
di un’occhiataccia –Cosa? Alla fine, è colpa sua.-
-Ma sta… insomma, aiutando. Vuole rimediare, e…-
balbettò Bonnie, maledicendosi. La sua capacità di eloquio non era mai stata
grandiosa, ma in genere riusciva a formulare frasi abbastanza coerenti: quando
parlava di Damon, però, riusciva a perdere anche quel briciolo di intelletto
che le rimaneva, cosa che invece non accadeva ad Elena che rispose al suo posto
–Damon sa di aver sbagliato ed è qui per questo. Non saremmo mai arrivate fino
qui, se non fosse stato per lui.-
-Magari non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di
venirci, in questo posto, se non fosse stato per lui.- alzò gli occhi al cielo
Meredith –Ma non voglio discutere di questo, ora. Volevo solo dire che è
normale che si senta in colpa: sarebbe più preoccupante il contrario.-
-Desolé,
signore, di interrompere la vostra discussione.- intervenne Sage –Ma io vado,
ho dei travail da fare… potreste
salutare voi Damon per me, oui?-
-Ma certo, Sage.- sorrise Elena –Grazie per avermi
accompagnato. Dottor Meggar, vuole pranzare con noi?-
-Ma certo, molto volentieri.- annuì l’uomo, mentre Sage
si congedava.
-Allora ci aspetterebbe un attimo? Lady Ulma vuole
prenderci delle misure… anche le tue, Elena.- intervenne Meredith, ma il suo
sguardo rivelava le sue vere intenzioni. Voleva rimanere da sola con le due
amiche: era ovvio che Elena aveva bisogno di sfogarsi dopo aver visto Stefan.
Bonnie esitò a seguire le due amiche e lanciò
un’occhiata alla scalinata: sapeva che Elena aveva bisogno di sostegno in quel
momento, eppure non poteva evitare che il suo pensiero vagasse in direzione di
Damon. Forse anche lui aveva bisogno di sfogarsi.
“Certo, vai di sopra, di sicuro non aspetta altro che
essere disturbato da te. Se fossi Elena, magari…”
Scacciò la voce fastidiosa dalla sua testa, ma la
ascoltò: seguì Elena e Meredith, anche se non riusciva a non chiedersi cosa
stesse facendo il maggiore dei Salvatore.
***
La taverna era buia e l’aria era pregna di un odore
acre, di sudore misto a un vino di pessima qualità. Un demone di infimo livello
teneva banco, bevendo avidamente da un boccale ricolmo –Non vi prendo in giro!
Lui la frustava, e lei non faceva una piega, mai visto nulla del genere!-
-Visto no, ma sentito sì!- sbottò uno dei clienti
–Storia vecchia, ormai, l’abbiamo già sentita tutti!-
Il demone lanciò un’occhiataccia all’avventore e
tentò di continuare –Sanguinava, tutta la schiena era rossa, ma non ha emesso
un gemito!- esclamò, ma ormai aveva perso l’attenzione di tutti: i clienti
avevano preso a chiacchierare tra loro, senza più ascoltare ciò che stava
dicendo. Sbuffò, finendo il suo vino in un solo sorso: avrebbe dovuto trovare
un’altra storia, se voleva continuare a scroccare da bere. Afferrò il suo
mantello e se lo strinse sulle spalle, dirigendosi verso l’uscita.
Aveva quasi raggiunto la porta quando sentì una
stretta sul braccio. Si voltò, pronto ad aggredire chiunque avesse avuto
l’ardire di fermarlo in quel modo, ma sbiancò non appena incontrò un paio di
roventi occhi scarlatti.
-Co… cosa posso fare per voi, Signore?- balbettò.
-Siediti.- ordinò la creatura, ottenendo
un’obbedienza immediata –Qual è il tuo nome?-
-Nakian, Signore. Se vi ho offeso in qualche modo
voglio che sappiate che…-
-Taci e rispondi alle mie domande.- lo interruppe
l’altro –I due di cui stavi parlando, chi sono?-
Nakian soppresse a stento un sospiro sollevato,
rendendosi conto che il motivo per cui l’aveva fermato era il suo racconto –Un
vampiro e una sua schiava, Signore.-
Sul volto del suo interlocutore si dipinse un sorriso
soddisfatto –Dove posso trovarli?-
-Il vampiro ha comprato una proprietà poco fuori
città. Dicono che abbia acquistato decine di schiavi e che li abbia liberati,
per poi prenderli a lavorare per lui. Tranne tre ragazze: loro sono ancora sue
schiave.- spiegò –Tra di loro c’è la ragazza del trucco con la frusta.-
-Sei stato molto utile, Nakian. Domani accompagnerai
uno dei miei uomini alla loro proprietà.- era un ordine, non certo una domanda,
ma Nakian pensò che fosse opportuno rispondere –Certo, Signore. Come desidera.-
Ebbene, ho deciso di lanciarmi in una long su questa
serie di libri. Non mi è ancora del tutto chiaro cosa succederà, ma non è una
novità quindi tranquilli!
Se vi va, lasciatemi un segno del vostro passaggio, è
sempre ben accetto!
Il racconto di Elena sulla sua visita alla prigione
fece rabbrividire Bonnie, oltre a farla sentire tremendamente in colpa.
Un suo amico era imprigionato, nelle grinfie di
torturatori senza scrupoli convinti di rappresentare la giustizia, e lei
credeva di avere il diritto di stare male? Avrebbe dovuto pensare solo a
salvarlo, eppure quando a metà del racconto aveva sentito un rumore al piano
superiore non era riuscita a non domandarsi cosa stesse facendo Damon. Aveva
avvertito una forte scarica di emozioni quando il vampiro le era passato
accanto e sapeva bene che non era un buon segno.
“Lo stai
facendo di nuovo, ti vuoi concentrare su Stefan?” si rimproverò, e tornò ad
ascoltare Elena. La bionda era in piedi su un piccolo sgabello, mentre Lady
Ulma le si affaccendava attorno per prendere le misure che le servivano, e
raccontava ciò che era accaduto nella prigione con gli occhi ricolmi di lacrime
e i lineamenti contratti in un’espressione di eroico coraggio –Stava molto
male, ma credo… credo che stia un po’ meglio ora. Sono riuscita a fargli bere
un po’ di Black Magic e mi è sembrato che avesse effetto. Anche il dottor
Meggar ha detto che probabilmente è stato utile… può resistere un po’ più a
lungo ora, ma non sopporto di dover aspettare tutto questo tempo. Se solo ci
fosse un altro modo per entrare nel palazzo diBloddeuwedd senza aspettare la festa, mi sembra che manchi un’eternità.-
sospirò, mentre scendeva dallo sgabello –Non ce la faccio più a stare qui senza
fare niente, vorrei fare qualcosa subito.-
-Oh, assolutamente no!- esclamò Lady Ulma, allarmata,
guardando prima Elena e poi le altre due ragazze –Non dovete fare niente di
simile. Sarà già abbastanza pericoloso girare per la casa con un invito, ma
entrarci senza permesso sarebbe un suicidio.-
-E se noi morissimo, chi salverebbe Stefan?- rincarò
la dose Meredith, pratica come sempre –Dobbiamo fare le cose senza fretta, in
modo da essere sicure di farle bene. Nel frattempo decideremo come agire una
volta entrati nel palazzo…- dal piano di sopra provenne uno schianto, come
qualcosa che si frantumava a terra. Bonnie sobbalzò, mordendosi il labbro.
Elena abbassò lo sguardo, sospirando. Meredith invece alzò gli occhi verso il
soffitto –Avevo pensato che potremmo chiedere a Damon se c’era modo di ottenere
una pianta del palazzo di Bloddeuwedd, ma immagino che sia meglio aspettare un
altro momento.-
-Credo anche io.- commentò Elena –Se non gli passerà
abbastanza in fretta, gli parlerò io.-
Bonnie si morse la lingua per evitare di commentare
mentre Meredith e Lady Ulma annuivano.
“Lui farebbe
tutto per Elena e lei ne è perfettamente consapevole, di cosa ti stupisci?”
quel giorno, la sua coscienza era più fastidiosa del solito, così per farla
tacere disse senza pensarci la prima cosa che le venne in mente –Ma Misao non
ha parlato di una sala da ballo? La festa si terrà lì, immagino: sarà di sicuro
nascosta benissimo, ma non dovremo girare tutto il palazzo, giusto?-
Meredith ed Elena si voltarono speranzose verso Lady
Ulma, cercando una conferma, ma la donna scosse il capo –Non credo che sia così
semplice, purtroppo. È un palazzo davvero enorme e credo che ci sia più di una
sala da ballo. Non conosco questa Misao, ma i kitsune sono furbi, non avranno
nascosto qualcosa di importante in un posto che tutti possono raggiungere.-
-Non mi sembrano così furbi, visto che ci hanno dato
degli indizi.- commentò Meredith, stringendosi nelle spalle. Per un breve
istante regnò il silenzio e fu Lady Ulma a romperlo, rivolgendosi alla rossa
–Vieni, Bonnie, tocca a te.-
La ragazza obbedì e salì sullo sgabello, raggiungendo
a stento l’altezza di Elena, e cercò di stare ferma mentre la padrona di casa
le prendeva le misure segnandole su un quadernetto dalle pagine ingiallite.
Tuttavia era piuttosto nervosa e finì che Lady Ulma dovette più volte
ricordarle che non doveva muoversi.
***
Damon si guardò attorno, il respiro lievemente
affannato. Una sedia di legno era stata l’unica vittima della sua rabbia, e ora
giaceva a pezzi sul pavimento di marmo chiaro della grande stanza. Il vampiro
era in piedi, le braccia lungo il corpo e le mani strette in due pugni talmente
serrati che avrebbero potuto frantumare la maggior parte degli oggetti che
aveva attorno.
Sentiva che al piano inferiore qualcuno aveva
nominato il suo nome, ma non era abbastanza calmo da riuscire a concentrarsi su
cosa stavano dicendo. Sarebbe potuto scendere e coglierli di sorpresa,
spuntando dal nulla proprio mentre parlavano di lui, ma prima doveva riuscire a
tranquillizzarsi.
E doveva mangiare, decise.
Sapeva che Elena detestava l’idea che si cibasse del
sangue dei servitori, ma in quel momento non poteva importargliene di meno.
Voleva solo mangiare, recuperare le
forze necessarie a chiudere fuori tutte quelle insopportabili emozioni umane
che lo bombardavano da ogni lato fin da quando aveva visto Stefan. Non poteva
fingere di non capire cos’era: senso di colpa. Un sentimento che non si
addiceva a un vampiro potente come lui, così uscì dalla stanza sforzandosi di
non sbattere la porta per cercare una soluzione a quell’insopportabile
sensazione.
Individuò immediatamente quattro servitori e li
studiò da lontano con occhio critico.
Due erano
uomini: sarebbero andati bene in tempi di magra, ma potendo scegliere preferiva
le donne, così vagliò le altre due. Una era una ragazzina, troppo giovane per i
suoi gusti, ma la quarta era assolutamente perfetta. Doveva avere vent’anni,
lunghi capelli biondi e occhi scuri: non ricordava chi fosse, ma era lì e
lavorava per lui, quindi aveva tutto il diritto di prelevarle un po’ di sangue.
Attese che si separasse dagli altri e l’occasione
arrivò prima di quanto sperasse.
Vide la giovane serva avviarsi lungo il corridoio a
sinistra rispetto alla sua stanza e la seguì con gli occhi accesi dal piacere
della caccia.
Quando furono in un corridoio abbastanza isolato
smise di muoversi silenziosamente e fece sentire alla ragazza il rumore dei
suoi passi. Lei si voltò, sobbalzando –Padron Damon… buongiorno.- lo salutò,
tranquillizzandosi. Il vampiro non rispose, limitandosi a sorridere mentre le
si avvicinava con passo deciso. La giovane capì subito le intenzioni del vampiro
e d’istinto indietreggiò, ma era stata una schiava abbastanza a lungo da sapere
che il morso di un vampiro era più doloroso se si lottava, così cedette
immediatamente e un istante dopo Damon le teneva ferma la testa mentre i suoi
canini si preparavano a perforarle il collo.
***
Quando ebbero finito di prendere le misure, Elena
annunciò che avrebbe parlato da sola con il dottor Meggar: voleva tornare a
trovare Stefan il più presto possibile e questa volta voleva essere preparata
ad aiutarlo il più efficacemente possibile, aveva spiegato. Meredith era
rimasta con Lady Ulma e così Bonnie, rimasta sola, si trovò ad avviarsi verso
il piano superiore.
“Non ti farà
nemmeno entrare nella stanza, cosa pensi di fare?”
-Oh, vuoi stare zitta per una volta?-
“Ti rendi conto
che se qualcuno ti vedesse parlare da sola ti prenderebbe per pazza, vero?”
Bonnie sbuffò, salendo gli ultimi scalini. Ora anche
la sua stessa coscienza la maltrattava, era arrivata a livelli
sorprendentemente bassi.
Raggiunse la stanza di Damon, ma trovò la porta
aperta. Accigliandosi fece per sbirciare all’interno, ma prima che potesse
riuscirci avvertì una voce che richiamò la sua attenzione.
Era abbastanza sicura di aver sentito il nome del
vampiro che cercava, così si diresse verso il punto da cui proveniva la voce. Un
corridoio laterale, un po’ isolato rispetto al resto della casa, e fiocamente
illuminato, al fondo del quale scorse due figure indistinte.
Strinse gli occhi per vedere meglio e il respirò le
si bloccò nel petto –No!- esclamò, senzanemmeno rendersene conto.
Damon era al fondo del corridoio e non era solo. Con
lui c’era una ragazza, una serva, e lui la teneva bloccata contro il muro. Sentendo
la voce di Bonnie, il vampiro si voltò verso di lei. Davanti agli occhi
sbarrati di Bonnie, la scena apparve come il fotogramma di un orrido film:
Damon aveva i canini allungati e gli occhi erano come due pozze nere, accecati
dalla fame e da qualcosa che la rossa non riuscì a comprendere, ma non c’erano
tracce di ferite sul collo della serva e questa consapevolezza svegliò qualcosa
in Bonnie.
Mossa da un coraggio che non credeva di possedere, si
avvicinò ai due –Damon… no!-
-Sono un vampiro. Perché nessuno di voi se lo vuole
mettere in testa?- ringhiò Damon, ma lasciò la presa sulla ragazza –Ho bisogno di cibarmi.- sibilò a denti
stretti.
-Certo che… certo che ne hai bisogno.- concordò
Bonnie.
-Bene. Quindi sparisci, e tieni la bocca chiusa.-
sbottò Damon, afferrando di nuovo la serva che emise un lieve singhiozzo.
-No, non puoi prendere il suo sangue. Lei non c’entra
nulla!- protestò la rossa, chiedendosi da dove fosse spuntata quella
testardaggine. E quel coraggio: da quando si permetteva di parlare a Damon in
quel modo?
Il vampiro sbuffò, esasperato –Cosa proponi di fare,
allora?- domandò con sarcasmo.
-Ci… ci penso io.- disse Bonnie, in un mormorio tanto
lieve che solo Damon, con il suo udito da vampiro, riuscì a sentirla.
E quelle parole lo colpirono.
-Cosa, Uccellino?- domandò, avvicinandosi a lei di un
passo –Ho capito bene quello che stai… proponendo?-
Bonnie deglutì, sentendo distintamente le proprie
guance tingersi di rosso –Sì, hai capito. Ora lasciala andare…- aggiunse, in
una buffa via di mezzo tra un ordine e una supplica che in un altro momento
avrebbero fatto sorridere Damon. Il vampiro si rivolse alla serva, che sembrava
non avere chiara la situazione –Sparisci. Torna a fare il tuo lavoro, senza
metterti a chiacchierare con nessuno, anzi…- la guardò negli occhi e Bonnie
capì che la stava Influenzando –Dimenticati di questa ultima mezz’ora.-
-Sì, padron Damon.- rispose la ragazza con voce
assente, per poi allontanarsi a passo lento e regolare. Damon portò i suoi
occhi di pece sulla rossa, che arrossì ancora di più –A…allora?- riuscì a
balbettare, sforzandosi di non distogliere lo sguardo.
-Fammi capire bene. Tu vorresti che io prendessi il
tuo sangue?-
-Esatto.- confermò Bonnie, cercando di tenere la
testa alta e di non far tremare la voce. Cosa che non le riuscì, ovviamente.
Non mentre Damon la guardava con quello sguardo scrutatore.
Senza una parola, il vampiro le fece segno di
seguirlo e si avviò lungo il corridoio. Bonnie obbedì e in pochi istanti giunsero
davanti alla stanza che poco prima aveva trovato vuota: la luce del sole rosso
filtrava debolmente attraverso i pesanti tendaggi, una sedia giaceva scomposta
a terra e la giacca scura di Damon era stata malamente buttata in un angolo.
Bonnie entrò per prima e lui la seguì, chiudendosi la
porta alle spalle. Senza voltarsi, Bonnie prese tra le mani i riccioli ribelli
scoprendo il collo niveo e chiuse gli occhi, in attesa. Un istante dopo avvertì
i movimenti di Damon: si fermò a pochi millimetri da lei, sfiorandole la
schiena con il torace solido, e le sue mani le scivolarono lungo le braccia.
Mordendosi il labbro, Bonnie si impose di non
muoversi. Damon le accarezzò le braccia con le dita gelide e la ragazza
rabbrividì, avvertendo ogni minimo movimento del vampiro. Lui la fece
appoggiare al suo petto e un istante dopo sentì le sue labbra sulla pelle
sensibile del collo.
Bonnie trattenne il respiro, in attesa del dolore che
non giunse, sostituito da un sussurro che la rossa riuscì a stento ad udire –Vattene,
sciocco pettirosso.-
***
Nakian seguì lo schiavo del suo ospite fino ad una
grande porta scura, decorata di elaborati alabastri d’argento.
Il suo ospite l’aveva sistemato in una stanza all’ultimo
piano del suo grande palazzo, dov’era rimasto per la notte e per metà della
mattinata: aveva iniziato a pensare che si fosse dimenticato di lui quando era
arrivato un giovane schiavo, annunciando che era atteso.
La porta si aprì e si trovò in una stanza imponente,
dai soffitti alti sostenuti da colonne intarsiate di un metallo scuro e luccicante.
Il suo ospite era seduto su un grande trono nero, avvolto in un mantello di
velluto: il cappuccio, tirato a coprire la testa, creava sul volto un ombra che
nascondeva i suoi lineamenti. Gli occhi rossi, però, brillavano nell’oscurità
come rubini insanguinati. Davanti a lui c’era un altro uomo, un vampiro alto e
muscoloso, con il pallido torace nudo e un mantello color cobalto allacciato al
collo con una spilla d’oro.
-Ecco Nakian, il nostro informatore.- lo accolse il
padrone del palazzo, osservandolo –Tra poche ore accompagnerai Castiel alla
proprietà che il vampiro che cerchiamo ha acquistato. E bada bene, niente
scherzi.- lo avvertì –Sai che posso punirti con estrema facilità.-
Nakian deglutì, più che per le parole in sé per il
tono con cui erano state pronunciate. Come se il suo ospite assaporasse già il
dolore che gli avrebbe provocato –Non farò nulla di stupido, Signore.-
-Meglio per te.- disse l’altro –Castiel entrerà da
solo, tu aspettalo fuori. Quando uscirà, se le tue informazioni si riveleranno
esatte, ti darà la tua ricompensa.- concluse, per poi congedarlo –Ora vattene.
Uno schiavo ti porterà il pranzo.-
____________Il mio angolino
Eeeeed ecco il nuovo
capitoletto. Lo so, lo so, nulla è stato svelato, non picchiatemi :P
Voglio ringraziare
tutti quelli che hanno commentato, messo la storia nelle preferite, nelle
ricordate e nelle seguite *-* quindi… grazieeeeee!
Non credo che
aggiornerò sempre a questa velocità (giusto per non farvi illusioni) ma
prometto che farò del mio meglio!
Oooora, spero che vi
piaccia e che abbiate voglia di lasciare un segno della vostra lettura, che è
sempre graditissimo ùù
Bonnie sbarrò gli occhi, immobile nella stanza buia.
Damon aveva fatto un passo indietro e ora, senza il
contatto leggero con il corpo del vampiro, lei si sentiva stranamente
abbandonata. Sapeva che era sciocco, per lui non rappresentava assolutamente
nulla e, se a volte le concedeva dei brevi istanti di contatto, di certo non
nascondevano nulla di più. Anzi, faceva di tutto per ridurli al minimo: lo
dimostrava il fatto che non l’avesse morsa, nonostante lei si fosse deliberatamente
offerta.
Si sentì improvvisamente stupida, lì immobile con il
collo scoperto e, a quanto pareva, decisamente poco invitante.
“Starà ridendo
di te: come puoi pensare che possa volere il tuo insulso sangue, quando al
piano di sotto c’è quello di Elena?”
-Il tuo sangue ha un ottimo odore, in realtà.-
Quasi sobbalzò, sentendo Damon rispondere ai suoi
pensieri. Non ce la faceva proprio a ricordarsi che i vampiri potevano leggere
nel pensiero. Si schiarì la voce, tentando di recuperare almeno un minimo di
dignità –Non dovresti entrare così nella mia mente. Non posso avere un po’ di
privacy?-
-Sei una strega. Potresti alzare le barriere
psichiche e impedirmi di entrare.- le fece notare Damon con un sorrisetto
ironico –Comunque, non credere che non berrei volentieri il tuo sangue, non è
così.-
-Allora perché non lo fai?- domandò Bonnie, voltandosi
verso di lui in una nube di ricci rossi –Dici che hai bisogno di mangiare, che
sei un vampiro e tutte quelle cose lì, io mi offro e tu rifiuti?-
Damon scosse il capo, alzando gli occhi al cielo
-Cos’è tutta questa impazienza di essere morsa, pettirosso? Sei forse
masochista?-
-Non fa male, no?- ribatté lei –Insomma, non se io
lo… se io lo voglio, giusto?-
Damon la osservò per un istante e i suoi occhi, scuri
come la notte, brillarono mentre esaminavano la curva candida del collo di
Bonnie. I canini si allungarono quasi immediatamente e il vampiro si avvicinò a
lei, studiando il pulsare del suo sangue che correva a imporporarle le guance.
-No, pettirosso. O meglio, in genere è così. Ma oggi,
immagino che non ti sia sfuggito, sono piuttosto arrabbiato. Potrei perdere il
controllo e farti davvero male.- spiegò con pazienza, scostandole i capelli dal
volto.
Bonnie sbarrò gli occhi a quelle parole –Non vuoi
mordermi per non farmi male?- domandò, come se fosse un concetto troppo strano
perché potesse concepirlo. Capì subito però di aver fatto un errore a dar voce
a quel dubbio: la luce che aveva brillato fino a un istante prima nello sguardo
del vampiro si spense, coperta da una nube di foschia spessa e grigia.
-Grideresti ed Elena sarebbe qui nel giro di un secondo.-
sbottò in tono pratico –Non riuscirei a bere nulla e dovrei sorbirmi una
ramanzina lunga e noiosa.-
-Giusto.- mormorò Bonnie, sentendo le lacrime che le
pulsavano quasi dolorosamente negli occhi –Non sia mai che tu possa contrariare
Elena.-
-Infatti, sarebbe decisamente controproducente.-
confermò Damon, dandole le spalle per avvicinarsi alla grande finestra –Ora
sparisci, pettirosso.-
Bonnie inspirò profondamente. Sarebbe voluta
rimanere, urlargli contro, dargli uno schiaffo e in qualche modo scuoterlo da
quella sua fissazione per la sua bellissima amica. Avrebbe voluto fargli notare
che lì c’era anche lei, imporsi alla sua attenzione.
“Ma chi prendi
in giro? Vattene via, prima di scoppiargli a piangere davanti. Tanto è questo
che stai per fare, no? La povera Bonnie non fa altro che piangere.”
Quella stupida della sua coscienza ce l’aveva con
lei, a quanto pareva: cercando di non singhiozzare, Bonnie uscì dalla stanza di
Damon senza guardarsi indietro, ma senza sbattere la porta.
“La piccola,
dolce Bonnie non sbatterebbe mai una porta, dopotutto.”
-Bonnie!-
La rossa chiuse gli occhi prima di voltarsi, sperando
di asciugare le lacrime che minacciavano di sfuggire al suo controllo. Poi, con
un sorriso poco convincente, si voltò verso la padrona di casa.
-Sì, Lady Ulma?-
-Ecco… le guardie hanno annunciato l’arrivo di un
ospite e volevo avvertite Damon.- spiegò, lanciando un’occhiata incerta in
direzione della porta della stanza –Ma forse sarebbe meglio che lo facesti tu.
Visto il suo umore non vorrei disturbarlo.-
Bonnie esitò –Beh… possiamo aprire noi. Sarà Sage,
no?-
-No, non è il signor Sage, ho chiesto alle guardie.
Deve proprio accoglierlo Damon: è il padrone di casa, non sarebbe adeguato che
aprissero la porta dei servitori… né tanto meno delle schiave. Elena è nel
salotto ad ogni modo, se preferisci posso chiedere a lei se può…-
-No!- sbottò Bonnie, quasi brutalmente –No, posso
chiamarlo io, non serve Elena per bussare a una porta.- Lady Ulma la osservò,
un po’ stupita, e Bonnie arrossì rendendosi conto di essere stata decisamente
maleducata –Scusate, Lady Ulma, non volevo essere…- si morse il labbro –Ora
chiamo Damon.-
-Non serve, ho sentito.- la voce del vampiro colse
entrambe di sorpresa e le due donne si voltarono verso di lui. Senza dire altro
e senza incrociare lo sguardo di Bonnie le superò, scendendo le scale che
conducevano al piano inferiore.
***
Elena si scambiò uno sguardo preoccupato con Damon,
ma gli occhi del vampiro non le rivelarono nulla e così si accontentò di
osservare l’uomo che lo seguiva.
Era alto, con le spalle larghe e il torace nudo,
abbigliato solo di un paio di pantaloni marroni e un mantello blu scuro che si
muoveva sinuosamente ad ogni minimo gesto. I suoi capelli erano rasati a zero e
la nuca calva era percorsa da un reticolo fitto di tatuaggi scuri, che
scendevano fino alle sopracciglia assottigliandosi gradualmente.
Non appena entrò nel salotto, gli occhi dello
sconosciuto si posarono su Elena. Lei lo fissò a sua volta, come a voler
dimostrare che non la intimidiva, nonostante i bracciali provassero la sua
condizione di schiavitù. Ma anche se a un rango inferiore, Elena era comunque
una regina e il suo portamento lo dimostrava in ogni istante.
-Venite, accomodatevi.- Damon indicò una sedia al suo
ospite e gli si sedette di fronte, poi si rivolse a una delle serve che erano
con Elena –Portaci una bottiglia di Black Magic.-
Lo sconosciuto stava già osservando Elena, ovviamente
non poteva farne a meno, ma quando Damon diede quell’ordine nel suo sguardo si
lesse chiaramente una domanda: con una schiava presente, perché Damon non
mandava lei a prendere il vino? Il padrone di casa si accorse troppo tardi del
suo errore e cercò di distrasse l’ospite da quella incongruenza –Allora. Lei
è…-
-Castiel Hearling.- rispose il vampiro –Come ho spiegato
alle sue guardie, signor Salvatore, ho un affare da proporvi.-
Damon annuì, segno che stava prestando attenzione.
-Si tratta di una cosa molto semplice, in realtà. Ho
sentito che ha comprato molti schiavi.- i suoi occhi si mossero brevemente
verso Elena –E credo che potrebbe essere interessato a quello che ho da
proporvi. Uno dei miei collaboratori ha pensato ad un nuovo, interessante
metodo per attirare schiavi nella nostra Dimensione, ma servono dei vampiri che
viaggino da un mondo all’altro per metterlo in atto. E credo che lei potrebbe
essere adatto allo scopo. Ovviamente, oltre alla ricompensa, potrebbe tenere
per lei alcuni schiavi…- guardò Elena con un sorriso –Anche se certamente non
troverete altre schiave al livello di quella che già avete.-
Damon strinse gli occhi a due fessure –Elena, vai di
sopra, Lady Ulma ha bisogno di aiuto.- sbottò con voce monocorde.
Elena esitò, incontrando gli occhi di Damon. Avrebbe
voluto protestare, invece si limitò a inviargli un messaggio mentale curandosi
di usare la frequenza privata che condividevano “Non vorrai accettare un orrore
del genere?”
“Tranquilla, Principessa, per chi mi hai preso?”
Annuendo impercettibilmente, Elena si voltò e uscì
dalla stanza. Non appena ebbe allontanato il suo Angelo da Castiel, Damon tornò
a concentrarsi su di lui e sull’affare che gli aveva proposto.
Non avrebbe accettato, ovviamente. Ma rifiutare era
più difficile di quando Elena pensasse. Non aveva idea di chi fosse il vampiro
che aveva davanti e non poteva certo essere scortese con lui, rischiando di
scatenare una faida che avrebbe messo in pericolo l’intera missione.
-Posso chiederle perché ha pensato a me?- domandò
–Non credo che abbia alcuna garanzia della mia affidabilità.-
-No. Ma può permettersi molti schiavi anche se poi,
per chissà che motivo, li liberate. E a quanto ne sappiamo non passate molto
tempo nella Dimensione Oscura: evidentemente siete abituato a viaggiare.-
Damon annuì mentre la ragazza a cui aveva chiesto il vino
lo versava in lunghi calici scintillanti.
Bevvero in silenzio: Damon rifletteva, Castiel
attendeva. Tutto era in bilico e Damon era convinto che anche l’altro lo stesse
soppesando, proprio come stava facendo lui.
-La ringrazio molto per l’offerta.- disse alla fine,
poggiando il bicchiere –Ma purtroppo ci sono altri affari che attirano la mia
attenzione, al momento. Ma non appena li avrò conclusi può stare certo che la
contatterò.- concluse, alzandosi e attendendo che l’ospite protestasse cercando
di convincerlo ad accettare.
Non avvenne. Castiel si alzò e gli tese la mano, che
Damon strinse.
-Aspetterò, allora.- concesse Castiel –Spero che
perdiate l’occasione per qualcosa di importante.-
-Per qualcuno lo è.- annuì Damon –La accompagno.-
-Posso farvi una domanda, prima? Solo una curiosità.-
Damon annuì, sospettoso.
-Ho sentito di un vampiro e una schiava che fanno uno
strano trucco con la frusta. Dicono che lei sia incredibilmente bella, come la
ragazza bionda che avete come schiava…-
Damon si rabbuiò –Sì, siamo noi. Ma non ho intenzione
di fare nessun trucco, in questo momento. Mi dispiace.-
-No, certo. Ero solo curioso.- sorrise Castiel,
conciliante.
***
Bonnie era a metà della scalinata quando la porta del
salotto si aprì. Si immobilizzò e fece per tornare indietro, ma era troppo
tardi: era già nel campo visivo di Damon e prima che potesse muovere un solo
passo anche il suo ospite, un vampiro alto e muscoloso, l’aveva vista.
Cercando di non arrossire, fece un breve inchino di
saluto mentre lo sconosciuto la osservava, studiandola in un breve istante.
-Allora, la ringrazio per aver pensato a me.- esclamò
Damon, indicando a Bonnie la porta con un cenno rapido del capo. La rossa capì
che si aspettava che andasse ad aprirla e, nonostante le sembrasse
assolutamente degradante, obbedì.
“Chissà se ti
avrebbe trattata da schiava, se fossi stata Elena?” domandò la voce dentro
di sé mentre la ragazza superava i due vampiri e apriva la porta.
-Se ci ripensa, le sarà sufficiente chiedere di me
alla Taverna Scarlatta: il locandiere sa dove trovarmi.- rispose lo
sconosciuto, congedandosi. Non appena fu fuori, Damon chiuse la porta al posto
di Bonnie e rimase fermo per un attimo, meditabondo.
-Chi era?- domandò timidamente la rossa, osservando
il profilo del vampiro con curiosità. Damon si voltò verso di lei, quasi
sorpreso che gli avesse rivolto la parola –Un… vampiro. Voleva propormi un
affare… così ha detto, almeno.- spiegò, più che altro perché gli faceva comodo
analizzare la faccenda ad altra voce.
-Così ha detto? Cosa intendi?- domandò Elena,
spuntando all’improvviso dalle scale.
-Non ha insistito affatto.- spiegò Damon, osservando
il suo angelo che si avvicinava a loro con grazia regale –Inoltre, non si è
nemmeno disturbato di spiegarmi la cosa nei dettagli. È stato troppo vago.
Inoltre, ti osservava con troppa attenzione e ha fatto una domanda sul trucco
della frusta.- spiegò –Magari non significa niente, ma non voglio che tu esca
in cortile da sola, e tanto meno in citta, finché non scopro qualcosa di più su
questo Castiel.-
***
Nakian si tormentò le mani mentre osservava Castiel
che si avvicinava a lui, il passo deciso e l’espressione del viso
imperscrutabile, il mantello mosso dalla leggera brezza.
-Allora, avete visto che non mentivo?- domandò,
ansioso. Se Castiel non avesse trovato la schiava che cercava, non aveva idea
di cosa sarebbe potuto accadere.
-Sì, ho visto.- rispose Castiel, estraendo un sacco
di monete dal pantalone e porgendolo a Nakian –Queste sono per il tuo silenzio:
il mio padrone desidera che tu smetta di raccontare la storia della frusta.
Anzi, se ti capita di sentirla, fai del tuo meglio per smentirla, sono stato
chiaro?-
-Chiaro, chiarissimo.-
-Bene, ora sparisci.- sbottò, scacciandolo come un
fastidioso insetto. Poi si incamminò verso delle vetture a nolo che attendevano
clienti poco lontano e pagò un vetturino con una moneta d’argento perché lo
portasse al palazzo del suo signore il più velocemente possibile.
Quando fu arrivato, si fece annunciare, e
immediatamente fu accompagnato fino alla stanza del trono, dove lo attendeva il
suo Signore. Ai suoi piedi era accucciata la sua maestosa tigre bianca, che
alzò pigramente la testa osservando il nuovo arrivato con gli occhi di
cristallo. Riconosciuto Castiel si appoggiò nuovamente a terra, continuando a
seguirlo con lo sguardo mentre si posizionava di fronte al suo padrone e lo
omaggiava con un inchino.
-Allora?- domandò immediatamente la creatura,
impaziente –L’hai trovata?-
Sul volto del padrone si dipinse un sorriso soddisfatto
–Bene. Bene… dimmi, com’è?-
-Ha la bellezza di un angelo. Gli occhi come
lapislazzuli e i capelli lunghissimi, biondi e…-
La creatura lo interruppe bruscamente, alzandosi in
piedi di scatto, e dalle sue labbra uscì un ringhio a malapena trattenuto –Biondi?-
____________Il mio angolino
Ecco il nuovo
capitolo!! Non ci sono molte risposte, ormai vi sarete abituate… ma forse
inizia a delinearsi qualcosina :P
Venerdì parto
per il mare, mi porterò il computer dietro ma ovviamente sarò un pochino più
lenta J
Grazie a tutti
quelli che hanno recensito, messo la storia tra le preferite, ricordate o
seguite e anche gli legge in silenzio: spero che apprezziate anche questo
capitolo, anche se è un po’ di transizione!
Se avete voglia
di lasciare un segno della vostra lettura, positivo o negativo che sia, a me fa
piacere!
Castiel esitò, preoccupato dalla strana reazione del
suo padrone, che si era alzato e imperversava su di lui come un vulcano, gli
occhi rossi che parevano eruttare lava ardente. La sua stessa voce, colma di
rabbia e frustrazione, sembrava un susseguirsi di esplosioni –Vammi a
recuperare quel sudicio, infimo verme di Nakian!- ringhiò –Vedrà cosa significa
mentire a me!-
-Signore… mio signore.- tentò Castiel, rivolgendosi
all’essere con una riverenza che non avrebbe usato con nessun altro –Con tutto
il rispetto, non credo che Nakian abbia mentito. Il padrone della schiava ha
confermato il loro trucco.-
Il padrone sembrò mettere da parte la sua ira verso
il demone e scese i tre scalini che conducevano al trono. Iniziò a camminare
avanti e indietro, ragionando tra sé, senza curarsi del cappuccio scuro che era
caduto sulle sue spalle lasciando che la luce del grande Sole illuminasse il
suo viso concentrato –Potrebbero essere biondi? Eppure, non è mai accaduto, lei
ha sempre voluto mantenere almeno quel tratto… sono sempre stati rossi… è forse
possibile che siano biondi, ora?-
-Mio signore.- intervenne Castiel, cogliendo solo in
parte ciò che la creatura stava dicendo e tuttavia sperando di riuscire a
calmarlo –La schiava che esegue il trucco delle frustate è bionda, ma c’era
effettivamente un’altra schiava… l’ho vista solo di sfuggita, per un istante,
ma ricordo per certo che i suoi capelli erano rossi.-
Il padrone si fermò e i suoi occhi color sangue si
posarono sul suo soldato, osservandolo con attenzione, scrutandolo per
accertarsi che il suo portamento non tradisse una menzogna –La guardia (*) ha
parlato di tre schiave, ma ha detto che solo una era una sensitiva. Ha
affermato con sicurezza che i suoi capelli erano rossi… credi che potrebbe
essersi confuso?-
Castiel scosse il capo con decisione –Le due schiave
che ho visto sono molto diverse tra loro. La ragazza delle frustate sembra un
angelo, non potrebbe essere scambiata per un’altra.-
Annuendo impercettibilmente, il padrone distolse lo
sguardo da Castiel e la sua mano corse sotto il mantello, cercando con
sicurezza qualcosa nella tasca destra. Ne tirò fuori un medaglione dorato,
ornato di pietre verde scure, e lo osservò per un istante –Che questo vampiro
sia riuscito a ridurre in schiavitù due streghe così potenti? Già una è una
rarità.- commentò, parlando a sé più che a Castiel –Ad ogni modo, non ha
importanza. Sento che è qui e non può essere una coincidenza che questa schiava
dai capelli rossi sia stata messa sulla mia strada.- presa la decisione si
voltò verso il suo soldato –Agiremo fra tre notti, voglio che ogni cosa sia
pronta. Domani, per maggior sicurezza, voglio che torni alla proprietà di
questo sfrontato vampiro. Non mostrare alcun interesse per la ragazza rossa, ma
cerca di imprimertela bene in mente.- concluse, per poi congedare Castiel che
se ne andò immediatamente.
Riaprì la mano in cui stringeva il medaglione e ne
osservò la superficie fine, intagliata in eleganti volute attorno alle cinque
pietre preziose, e sul suo viso nacque un’espressione risoluta –Finalmente…-
***
Man mano che la festa di Bloddeuwedd si avvicinava,
l’atmosfera nella villa di Lady Ulma si faceva più tesa. A volte sembrava che
mancasse poco tempo, non abbastanza per ultimare tutti i preparativi e per
essere sicuri di come muoversi. In altri momenti invece sembrava che il tempo
si dilatasse a dismisura, scorrendo troppo lentamente e caricando l’intero
gruppo di un’incontenibile impazienza.
Lady Ulma passava parecchio tempo a lavorare agli
abiti per le ragazze: poiché la festa si sarebbe tenuta sia all’esterno che all’esterno,
sarebbero stati più complicati da realizzare. Elena, Meredith, Bonnie e Damon,
invece, studiavano il modo migliore per trovare la chiave-volpe senza attirare
l’attenzione degli altri invitati, un po’ parlando tra di loro ma soprattutto
da soli, mentre si occupavano di altre faccende più materiali, quotidiane e
molto meno importanti.
Da parte sua, Elena impiegava diverse energie anche a
pensare a Stefan e passò uno dei primi pomeriggi dopo la visita a parlarne con
Bonnie e Meredith, sfogandosi e mentre Damon era fuori per cercare di
recuperare le mappe del palazzo.
Bonnie, ascoltandola parlare del suo fidanzato e
delle torture che sicuramente aveva subito, avvertì una grande fitta al cuore.
Il dolore della sua amica era troppo sincero e profondo perché potesse
lasciarla indifferente, inoltre voleva davvero bene a Stefan e se da una parte
era grata di non averlo visto, perché non era certa che sarebbe riuscita a
trattenere le lacrime, dall’altra avrebbe voluto potersi assicurare con i
propri occhi che il suo amico fosse davvero vivo.
-Vedrai, ce la faremo.- disse Meredith in tono
deciso, abbracciando Elena –Lo tireremo fuori da lì.-
-Lo spero, lo spero davvero.- mormorò Elena –Se dovessimo
fallire, non so cosa farei senza Stefan… Damon!- esclamò la bionda, balzando in
piedi.
Bonnie si morse la lingua, dicendosi che Elena aveva
solo reagito all’ingresso di Damon.
“Provvidenziale
per completare la frase in modo adeguato, però. Di sicuro Elena non rimarrebbe
sola a lungo. In effetti, non è sola
nemmeno adesso che Stefan è in prigione.”
Cercando di soffocare quella cattiveria che non
avrebbe dovuto appartenerle, Bonnie distolse lo sguardo mentre l’amica salutava
il vampiro con un abbraccio.
-Hai trovato qualcosa?- la sentì domandare, e un
attimo dopo vide che Elena si stava sedendo di nuovo con lei e Meredith.
-Non quello che cercavo, ma può andare comunque.-
disse Damon, tirando fuori da una grande sacca nera una sfera stellata, che
passò ad Elena. La bionda la prese tra le mani e, chiudendo gli occhi, se la
portò alla testa. Dopo un istante la staccò e guardò il vampiro con occhi
brillanti –Ma… è il palazzo di Bloddeuwedd?-
-Già.- annuì Damon –I ricordi di uno schiavo che ha
lavorato a uno dei suoi ricevimenti. Dovrebbe esserci praticamente tutta la
villa.-
-Oh, Damon, è fantastico!- trillò Elena,
abbracciandolo.
“Di nuovo.”
-Ora possiamo fare dei piani sensati, finalmente!
Controlleremo le sale da ballo e ce le divideremo… è perfetto!- Elena era già
pronta a immergersi nei ricordi contenuti nella Sfera e a progettare i suoi
soliti piani A, B, C e D, ma proprio in quel momento la porta sì aprì e una
delle serve, la stessa che Damon aveva quasi morso due giorni prima, entrò
timidamente nella stanza.
-Padron Damon… il signor Castiel Hearling chiede di
vedervi.- annunciò con voce sommessa.
Gli occhi di Damon si strinsero in due profonde
fessure. Bonnie gli lanciò uno sguardo, domandandosi se avesse fiutato un
pericolo e se fosse semplicemente scocciato per l’interruzione. Elena, invece,
si alzò prontamente e nascose la sfera stellata in uno degli armadi, facendo
scattare la chiave, dopodiché si sedette su un grande cuscino blu e fece cenno
a Bonnie e Meredith di raggiungerla –Fallo entrare. Vorrà solo riproporti quell’affare,
meglio non destare sospetti.-
Damon fece cenno alla serva di eseguire e si sedette
su una poltrona, proprio accanto ai cuscini su cui le ragazze si stavano
sistemando. Quando si spalancò la porta, lasciando entrare l’imponente figura
di Castiel, Bonnie era ancora in piedi e si immobilizzò, esitando per un
istante.
-Castiel, benvenuto. Siediti, posso offrirti
qualcosa?- domandò Damon, spostando su di sé l’attenzione dell’ospite. Gli
occhi di questi però vagarono sulle ragazze e Bonnie avvertì un brivido
percorrerle la schiena dorsale: credeva che per offrirti qualcosa intendesse il
sangue di una di loro?
La mente di Damon fu attraversata dallo stesso pensiero
e con un movimento lento ma deciso afferrò il polso della ragazza, attirandola
sul bracciolo della sua poltrona e facendole passare un braccio attorno alla
vita con noncurante possessività –Un bicchiere di Black Magic?- chiarì.
Bonnie arrossì un poco avvertendo il contatto della
mano di Damon sul suo fianco, ma si impose di non darlo a vedere e cercò di
stare seduta tranquillamente mentre Castiel prendeva posto di fronte a loro.
-Grazie, volentieri.- rispose. Mentre Damon faceva
segno a un servitore di portare il vino gli occhi di Castiel si soffermarono
per un attimo su Bonnie. Fu quasi casuale, eppure la ragazza sentì i capelli
drizzarsi sulla sua nuca. Alla sua prima visita il vampiro l’aveva osservata di
sfuggita, notandola a stento. Era possibile che ora la stesse scrutando?
Un istante dopo l’attenzione di Castiel si spostò su
Elena –Ah, eccola. La schiava che sanguina senza dolore, non è vero?- domandò, studiandola
con attenzione. Bonnie avvertì il lieve sussulto di Damon e sentì distintamente
la sua mano irrigidirsi sul suo fianco, anche se la sua espressione era rimasta
imperturbabile.
-Sì, infatti.- confermò Damon mentre il servitore
tornava posando accanto a loro due calici colmi di vino scarlatto.
-Posso vederla da vicino? Vieni qui, ragazza.-
Mentre Elena si alzava, Bonnie avvertì ogni nervo di
Damon tendersi, come un felino pronto a scattare. Lei, così come Elena, sapeva
che se solo Castiel avesse pensato di
bere il sangue della bionda Damon sarebbe saltato su di lui e gli avrebbe staccato
la testa dal corpo.
Bonnie seguì i movimenti di Elena, che si stava
avvicinando al vampiro con i movimenti lievi e aggraziati che le venivano
naturali, e di nuovo incontrò lo sguardo di Castiel. Invece di osservare Elena
come stava facendo Damon, il loro ospite stava fissando lei.
“Che idiozie pensi. Chi mai guarderebbe te, avendo
davanti Elena?”
Come a voler dare ragione alla sua coscienza,
immediatamente Castiel tornò a concentrarsi sulla bionda. Le prese una mano e
la fece girare su sé stessa lentamente, come a volerla esaminare al meglio.
-Proprio un gioiello. Immagino che non me la
venderesti, giusto?-
-No, infatti.- sbottò seccamente Damon –Puoi tornare
a sederti ora. Sei qui per un motivo in particolare, oltre ad osservare le mie schiave, Castiel?- domandò,
sottolineando la parola “mie” e seguendo Elena con lo sguardo mentre tornava a
sedersi sul velluto scuro del cuscino.
-In effetti, sono qui proprio per la tua schiava. Ho
parlato di questo vostro trucco con alcuni amici e nessuno sembra sapere come
fate. Molti credono che siano solo voci, in effetti. Ma a me interessa molto
conoscere la verità. Come potrei convincerti a svelarmela?-
-Non è che un trucco. Incredibilmente banale, ma certamente
non posso svelartelo.- tagliò corto Damon, scocciato che l’argomento
continuasse a tornare su Elena.
-Bene, è un peccato, ma proverò a scoprirlo da solo.-
scosse le spalle Castiel. Tornò ad osservare Elena, lasciando scorrere il suo
sguardo su Bonnie per un rapido istante –Spero di potervi vedere all’opera,
prima o poi.- aggiunse, assorto, prima di finire il Black Magic in un rapido
sorso –Ora tolgo il disturbo. Ci vedremo a qualche festa, in giro per la
città?-
-Arrivederci.- salutò il vampiro, lanciando un’ultima
occhiata alle schiave mentre un servitore lo riaccompagnava alla porta.
Damon attese in silenzio, i sensi all’erta, e solo
dopo qualche minuto annunciò che Castiel era fuori dalla villa.
-Bene, possiamo vedere la sfera adesso!- esclamò
Elena.
-No, non possiamo.- ribatté Damon –Voglio capire chi
è questo Castiel, quindi esco. Voi intanto potete dare un’occhiata, se proprio
non potete aspettare.-
-Perché?- protestò Elena –Cosa ti importa di chi è?-
-Non è ovvio?- intervenne Meredith –Era abbastanza
evidente che fosse interessato a te, Elena. Potrebbe aver scoperto qualcosa.-
-Esatto. E abbiamo già attirato abbastanza l’attenzione
su di noi, non voglio correre rischi. Sai l’effetto che hai sui vampiri.-
“E su qualsiasi essere di sesso maschile.”
-Dobbiamo pensare prima a Stefan!-
-Ci va del tempo prima che possiamo anche solo
pensare di fare qualcosa per il fratellino. Mancano molti giorni alla festa di Bloddeuwedd
e non ho intenzione di correre rischi inutili.- asserì Damon con decisione –Quindi
voi rimanete qui e fate quello che volete, ma Elena, non devi uscire per nessun
motivo.-
***
L’essere sorrise soddisfatto, osservando nella sfera
stellata le immagini che Castiel vi aveva riversato dentro dopo la sua visita
alla tenuta di Salvatore.
-Si…- mormorò, parlando a sé stesso nella grande sala
buia in cui si era ritirato –Sei tu, finalmente.- aggiunse, mentre l’esile
figura dai capelli rossi si voltava in direzione di Castiel quando questi era
entrato nella stanza. Un flebile ringhio gli risalì la gola quando il vampiro
attirò la ragazza accanto a sé, ma non cancellò la sua soddisfazione.
Posò la sfera stellata, su cui galleggiava ancora l’immagine
del viso della giovane strega, e si sedette sul suo trono. Con un sorriso, si
leccò le labbra pregustando ciò che sarebbe presto accaduto.
_________L’angolo di Jane
Rieeeeccomi, tra un bagno e l’altro sono anche riuscita ad aggiornare!!
Spero che questo capitolo vi piaccia, nonostante il momento Bamon sia brevissimissimo, ma che
ci dobbiamo fare, è ancora accecato l’idiota!
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, inserito tra le ricordate,
le seguite e le preferite, e ora me ne vado a fare un tuffo che fa trooooppo caldo per rimanere a casa!!
Quando Damon tornò alla villa di Lady Ulma era notte
inoltrata. Le ragazze, che alla fine avevano deciso di aspettarlo per vedere i
ricordi della sfera stellata, avevano consumato una cena veloce con la padrona
di casa, troppo nervose per concedersi un vero e proprio pasto.
Non appena il vampiro entrò nella stanza in cui lo
stavano attendendo, quattro paia di occhi si posarono su di lui. Mentre Damon
si toglieva la giacca scura e la posava in silenzio Lady Ulma si alzò, posò sul
tavolo una bottiglia di vino e poi uscì con discrezione, lasciando i suoi
ospiti a parlare delle loro faccende in privato: non era necessario, poiché si
fidavano di lei, ma tutti in fondo apprezzarono quel gesto.
-Hai scoperto qualcosa?- domandò Elena non appena
furono soli, mentre Damon si sedeva al tavolo e si versava un abbondante
bicchiere di Black Magic .
-Tutto e niente.- scosse le spalle Damon con aria
stanca –Tutti conoscono Castiel, si fa vedere molto in giro, ma nessuno sa cosa
faccia. Ha una proprietà nella zona ricca della città e… basta. Si muove
ovunque ma lascia il vuoto dietro di sé, nessun segno del suo passaggio.-
-Beh, è un bene, no?- commentò Bonnie –Magari non c’è
nulla di cui preoccuparsi.-
-Più probabilmente, c’è molto di cui preoccuparsi ed
è bravo a nasconderlo.- ribatté Damon finendo il bicchiere con un lungo sorso e
riempendolo nuovamente –Ho già dato ordine di non lasciarlo entrare se non sono
in casa. Elena, devi stare particolarmente attenta. Di sicuro ha un interesse
verso di te.-
-Non correrò rischi.- annuì la bionda –Devo riuscire
a salvare Stefan, non rischierei mai inutilmente.-
Bonnie si morse il labbro. Era possibile che solo lei
avesse notato l’ombra che era passata nello sguardo di Damon a quelle parole?
Davvero Elena era così cieca da non rendersi conto che ogni riferimento a lei e
Stefan lo feriva, distruggendo le sue speranze di poter avere la donna che
amava?
“Forse lo
capisci solo tu perché provi la stessa cosa ogni volta che Damon guarda Elena.
Forse anche tu dovresti smettere di sperare in qualcosa che non potrà mai
accadere, piccola sciocca”, sussurrò la voce sempre più insolente della sua
coscienza.
-Credo che dovremmo provare a capire perché vuole
Elena.- intervenne Meredith –Credete che abbia percepito i suoi poteri? O è per
via del suo sangue? O per… insomma… l’effetto che lei ha sui vampiri?-
“Milioni di
motivi per desiderare Elena, è perfino difficile scegliere il più probabile. Tutti vorrebbero Elena.”
-Oh, taci.- mormorò Bonnie, quasi senza rendersene
conto.
Fortunatamente la sua voce era troppo bassa perché un
orecchio umano potesse capire ciò che aveva detto.
Sfortunatamente non tutti erano umani, in quella
stanza.
Damon aveva sentito e si voltò verso la strega con
aria interrogativa. Sotto il suo sguardo la rossa arrossì e distolse gli occhi,
concentrandosi sulla conversazione e rimproverandosi mentalmente. Quella
dannata coscienza iniziava a farla sembrare pazza e, in effetti, iniziava a
sentirsi tale.
-Proprio non lo so.- stava dicendo Elena, scuotendo
il capo con aria afflitta –Damon, secondo te? Non ti ha detto nulla?-
-Idiozie sul trucco delle frustate, niente di più.-
scosse il capo Damon –Ma il motivo non mi importa, Angelo. Lo terremo lontano e
presto ce ne andremo da questo dannato posto.-
“Ma certo, lui
proteggerà sempre Elena.”
bisbigliò la sua coscienza, fastidiosa.
“Ha salvato
anche me. Tiene anche a me.” ribatté Bonnie attenta, stavolta, a non dire
nulla ad alta voce.
“Oh, sì. Ma se
dovesse scegliere tra te e lei, puoi considerati morta e sepolta.”
-Beh, pensiamo alla sfera?- domandò Elena, alzandosi
in piedi e distogliendo così Bonnie dalla sua conversazione interiore –Dovremmo
vederla tutti insieme.-
In un attimo aveva tirato fuori la sfera stellata dal
nascondiglio in cui l’aveva riposta e l’aveva poggiata sul tavolo, proprio al
centro, così che tutti potessero arrivare a toccarla.
Bonnie tese la mano e trovò qualcosa di freddo, che
però sembrava molto diverso dalla superficie liscia della sfera. Alzò lo
sguardo e vide la sua mano sfiorare quella di Damon, poi incrociò lo sguardo
nero del vampiro mentre le sue guance si tingevano di un’intensa tonalità di rosso.
Damon si produsse in uno dei suoi sorrisi maliziosi e
per un istante il cuore della strega si fermò. Quel barlume di felicità, però,
durò un solo istante: subito il vampiro lanciò un’occhiata a Elena, forse per
vedere la sua reazione.
Bonnie sentì chiaramente le lacrime che spingevano
per uscire e si morse il labbro mentre si immergeva nei ricordi della sfera.
“Ah, beh,
peggio per lui. Tu meriti di meglio.” suggerì la sua coscienza.
Bonnie si accigliò: lei meritava di meglio? Questo
pensiero non era da lei, non era decisamente da lei.
Damon era
il meglio, cosa le veniva in mente?
Scosse il capo: se anche la sua coscienza iniziava a
impazzire, era messa proprio male.
***
Castiel entrò nella sala del trono e salutò il suo
padrone con un rapido inchino. Poi si avvicinò di più con passo deciso.
-Buongiorno, Castiel.- lo accolse l’essere con un
sorriso –Che notizie mi porti?-
-Il vostro mago ha creato la pozione che mi permetterà
di superare le protezioni della villa.- rispose il vampiro –Potrò entrare e
uscire indisturbato per quindici minuti, sarà più che sufficiente. Non potrò
entrare silenziosamente come speravo, ci metterei troppo tempo, ma non sarà un
gran problema. Non ci saranno intoppi.-
-Bene.- l’essere annuì, le iridi rosse accese di
soddisfazione –Bene. Conto molto su di te, Castiel. Sappi che questa missione è
molto importante per me e se dovessi fallire…- si interruppe e la sua mano si
strinse sul bracciolo del trono, in un tremito di rabbia al pensiero che ciò
potesse accadere –Non ne sarei soddisfatto.-
-Non fallirò, signore.- assicurò Castiel, avvertendo
distintamente un brivido freddo scorrergli lungo la spina dorsale.
Sapeva ciò che il suo signore era in grado di fare e
non ci teneva a sperimentarlo sulla sua pelle.
***
Dopo cena Elena, Bonnie e Meredith si erano ritirate
in uno dei salottini più piccoli e appartati della casa. Avevano iniziato
chiacchierando del più e del meno ma dopo pochi istanti, immancabilmente, il
discorso era tornato a incentrarsi sulla festa di Bloddeuwedd.
Bonnie, però, proprio non riusciva a partecipare.
Elena e Meredith erano le più adatte a quel genere i
conversazione. Erano brillanti e intelligenti, coraggiose e piene di inventiva.
Toccava a loro inventare piani, trovare soluzioni. Dopotutto nessuno si
aspettava che lei contribuisse, lo sapeva bene.
Non era sveglia come loro, non era abbastanza forte
da poter aiutare.
“Se solo
sapessero…”
Se solo sapessero cosa?
Scosse il capo, cercando di recuperare il controllo
sulla sua coscienza che quel giorno era così… strana.
-Bonnie controllerà la sala il cui si dovrebbe tenere
la festa, allora. Mi sembra la scelta migliore.- stava dicendo Meredith.
-Sì, dovrebbe essere semplice riuscire a cercare a
fondo, lì.- concordò Elena.
“Giusto, i
compiti semplici alla piccola Bonnie. Se sapessero quello che potresti fare,
che presto potrai fare...”
Bonnie annuì, distratta, cercando di concentrarsi
sulla conversazione tra le sue amiche e non su quella che stava avvenendo nella
sua testa.
-Io e Damon ci occuperemo delle stanze al piano
superiore.-
“Lei e Damon,
insieme. Chissà se tra un bacio e l’altro riusciranno a trovare il tempo per
cercare di liberare Stefan?”
Bonnie si alzò di scatto e solo dopo averlo fatto si
rese conto di quanto strano fosse quel movimento improvviso. Le sue due amiche
la guardavano stupite e giocherellò con i bracciali da schiava, nervosa –Ehm…
io penso che andrò a letto.- disse rapidamente –Credo… abbiamo parlato tutto il
giorno di questo piano, magari riflettendoci un po’ da sola mi verrà in mente qualcosa.-
Meredith ed Elena la guardarono per un istante con
aria stranita, poi la bionda sorrise –Sì, d’accordo. Ci vediamo domani mattina
a colazione.-
Ignorando lo sguardo indagatore di Meredith, Bonnie
uscì dal salotto e salì le scale verso il piano di sopra.
-Avete finito la riunione straordinaria?-
Bonnie si immobilizzò al suono della voce di Damon e
si voltò. Il vampiro era sulla soglia della sua stanza, appoggiato allo stipite
della porta, e la osservava con le braccia incrociate al petto. Visto che la
ragazza non rispondeva, Damon fece un passo verso di lei –Allora? Avete trovato
qualche brillante piano alternativo?-
-No, niente. Abbiamo solo parlato.- rispose la
strega, riuscendo solo con un grande sforzo a guardarlo negli occhi –Cosa fai?-
domandò, sbirciando alle spalle del vampiro. La stanza era in perfetto ordine e
questo le riportò alla mente il ricordo di una sedia spaccata sul pavimento, la
rabbia di Damon dopo la visita alla prigione, la sua fame e l’offerta che lei gli
aveva fatto.
-So che hai detto di non voler… prendere il mio
sangue.- disse, cercando di non arrossire. Il calore che avvertì alle guance,
però, la avvertì che la missione era fallita e che probabilmente le sue guance
erano di nuovo cremisi –Ma ora c’è questo tizio e potrebbe essere necessario
combatterlo, no? Se non prendi del sangue lui potrebbe essere più forte di te e…-
-Stop, uccellino.- la interruppe lui –Grazie per l’offerta,
ma mi sono già nutrito.- sul suo bel viso si produsse un sorrisetto malizioso –Ma
terrò in mente la tua offerta e ne approfitterò presto, non dubitarne.-
“Ha rifiutato
te e si è nutrito di qualcun’altra.” sottolineò, imperterrita, la voce
dentro di lei.
-Ah… ma hai… la serva?- domandò, balbettando e
aspettandosi che il vampiro le consigliasse di farsi gli affari suoi.
-No, nessuna serva, tranquilla. Non c’è bisogno che
corri a fare la spia dalla tua amica, Elena lo sa.- rivelò, e Bonnie non poté evitare
di notare il lampo soddisfatto che attraversò quegli occhi neri come la
mezzanotte –In effetti, si è offerta lei.-
Bonnie alzò le difese mentali immediatamente, tanto
velocemente che a stento si accorse di averlo fatto.
“Certo, Elena. Il sangue di Elena. L’amore di Elena.”
-Ok. Bene… meno male. Ora vado a letto, sono stanca.-
si congedò, decisamente troppo rapidamente per suonare convincente.
Sentì lo sguardo di Damon su di sé mentre raggiungeva
la sua stanza, ma non si voltò.
***
Bonnie aprì gli occhi e saltò a sedere sul suo letto,
avvolta dall’oscurità creata dai pesanti tendaggi che impedivano ai raggi del
potente sole di penetrare nella stanza.
L’esplosione aveva scosso le pareti della villa e, ne
era certa, era avvenuta all’interno della casa.
-Elena!- la voce allarmata di Meredith la fece
balzare giù dal letto. Corse verso la porta della sua stanza e la spalancò.
La stanza di Elena era proprio di fronte alla sua. La
porta era esplosa, ridotta a un piccolo cumulo di cenere fumante. La bionda era
sul suo letto, pronta a scattare, gli occhi che esploravano la stanza nel
tentativo di capire cosa fosse successo. Meredith era già al suo fianco e come
l’amica cercava di capire da che parte sarebbe arrivato il pericolo.
Bonnie fece per raggiungerle, ma un fulmine nero le
bloccò la strada, superandola. Un istante dopo Damon era accanto ad Elena e la
stava abbracciando, proteggendola col suo corpo da un pericolo che nessuno
riusciva a vedere.
-Che succede?- domandò Bonnie, allarmata, muovendosi
verso il gruppetto. Arrivò a metà dello stretto corridoio e un movimento la
fece voltare.
Riconobbe immediatamente la figura che la osservava a
pochi passi di distanza.
–È qui!- riuscì appena a gridare, poi
Castiel le fu addosso.
Sentì le grida delle sue amiche mentre il vampiro la
bloccava contro il suo petto, stringendola in una morsa che le mozzò il
respiro. Cercò di dimenarsi, ma Castiel le strinse i capelli tra le dita e le
tirò indietro la testa –Ferma, strega.- ringhiò.
Bonnie, tremante, non obbedì. Strattonò più forte
mentre davanti a lei comparivano Damon, Meredith ed Elena.
Castiel la scosse più forte e Bonnie gemette,
sentendo un dolore intenso dove le stava tirando i capelli.
-Lasciala.- sibilò Damon, già pronto ad attaccare.
-Non ci penso proprio, Salvatore.- rispose Castiel.
-Lei non c’entra!- intervenne Elena, facendo un passo
in avanti.
-Elena, non fare idiozie.- cercò di fermarla Damon,
ma la bionda non la ascoltò.
-Verrò con te, ma lascia andare Bonnie.- si offrì,
con voce coraggiosa e quell’espressione da eroina che le riusciva così bene –Vuoi
me, no? Lei non c’entra nulla.-
Bonnie sentì nell’orecchio la risata cupa ma
sinceramente divertita di Castiel mentre Damon tirava indietro Elena –Sapevo che
sarebbe stato facile. Sei un idiota, Salvatore. Tutte le tue attenzioni sulla
tua bella schiava bionda. Ma al mio padrone non interessa lei. Non farò nessuno
scambio: ho già la mia preda.-
Bonnie ebbe appena il tempo di registrare le
espressioni stupite dei suoi amici. Vide Damon fare un passo verso di loro e
incontrò i suoi occhi.
Si perse in quell’oceano scuro e fu travolta da un’intensa
ondata di senso di colpa, forse di disperazione, e si rese conto che proveniva
da Damon.
“Troppo tardi.”
sussurrò la sua coscienza.
Poi Castiel la tirò indietro e Bonnie sprofondò nel
buio.
___________Angolino di Jane
Lo so, lo so,
ci ho messo un po’ ad aggiornare. Ma vi dirò, al mare con il caldo atroce che c’era
il pensiero di accendere il computer mi uccideva xD
Allora… con
questo capitolo si arriva finalmente al clou della storia ùù
Lo so lo so, l’inizio è un po’ lento ma è di transizione quel pezzo, non potevo
saltarlo! Chissà se avete capito qualcosa in più di… beh! Non dico nulla e
aspetto le vostre recensioni che mi fanno sempre un sacco piacere!!
A questo
proposito ringrazio tutti quelli che recensiscono, che hanno messo la storia
tra le preferite, le ricordate e le seguite, e anche chi segue in silenzio!
Bonnie aprì gli occhi e un’intensa luce le colpì le
iridi, costringendola a richiuderli.
C’era attorno a lei un silenzio intenso, pieno di
tranquillità, eppure aveva una strana sensazione. Qualcosa le diceva che se
avesse aperto gli occhi, se si fosse mossa, quella calma si sarebbe spezzata.
“Non fare la
bambina, non puoi rimanere così a vita.”
Inspirò profondamente: si sarebbe alzata e sarebbe
scesa al piano di sotto, come faceva ogni giorno da quando era nella dimensione
oscura. Sicuramente gli altri si stavano chiedendo che fine aveva fatto.
Aprì gli occhi e si accigliò trovando sopra di sé un
baldacchino rosso scuro che non aveva mai visto.
Si alzò a sedere di scatto e davanti a sé vide una
grande finestra, chiusa da una fitta serie di sbarre che luccicavano alla luce
intensa del sole.
In un istante i ricordi di ciò che era successo le
riempirono la mente: l’esplosione nella stanza di Elena, l’arrivo di Castiel e
infine il rapimento.
Castiel l’aveva rapita.
Il suo cuore iniziò a battere rapidamente, tanto che
si sentì girare la testa per l’eccessivo afflusso di sangue. Cercò
disperatamente di tranquillizzarsi ma mentre si guardava attorno la sua
agitazione aumentò incredibilmente.
Si trovava in una stanza rotonda, arredata quasi
totalmente di nero. I tendaggi alle finestre e attorno al letto e i cuscini
della poltrona e di una sedia poste contro il muro, invece, erano scarlatti.
Accanto alla poltrona faceva mostra di sé un grande specchio a figura intera
nel quale Bonnie scorse il proprio riflesso.
Indossava il suo pigiama, una semplice maglietta
bianca e dei pantaloncini. I capelli erano una nube fiammeggiante attorno al
suo viso sconvolto.
Poi vide una porta: immediatamente balzò in piedi e
vi si precipitò contro, a piedi nudi, fermandosi solo quando l’ebbe raggiunta.
Inspirò profondamente e abbassò la maniglia, trattenendo il fiato. Incredula,
notò che la porta si apriva.
Sbirciò fuori: la sua stanza si affacciava su un
corridoio di pietra, privo di finestre, illuminato da torce poste su ganci
dorati. Non c’era nessuno e scivolò fuori, senza respirare. Scelse una
direzione a caso e quasi senza respirare, attenta a muoversi senza fare alcun
rumore, iniziò a camminare.
Non c’era nulla: né porte, né finestre, solo torce e
pietre. Dopo un po’ aumentò il passo. Non aveva idea di quanto tempo fosse
passato da quando aveva lasciato quella strana stanza: trenta secondi, dieci
minuti? Le sembrava di aver camminato per ore, eppure niente cambiava mai.
Accelerò ancora di più, inquieta, aspettandosi di
trovare qualcosa di orrendo e minaccioso ad ogni passo. Ma non c’era nulla.
Iniziò a correre, appoggiandosi alle pareti, e dopo
un po’, non avrebbe potuto dire quanto, finalmente
vide una porta.
Aumentò ancora la velocità e vi si gettò contro,
aspettandosi di trovarla chiusa. Questa cedette immediatamente e per lo slancio
Bonnie cadde a terra, sui gomiti.
-Finalmente ti sei svegliata, mia diletta.-
***
Castiel era sparito nel nulla e con lui Bonnie.
Ogni cosa era immobile, come se il tempo si fosse
fermato. Elena e Meredith erano l’una accanto all’altra, gli occhi sbarrati. La
bionda sembrava sempre sul punto di dire qualcosa: le labbra socchiuse si
aprivano un poco ma poi le richiudeva, come se le parole fossero giunte sulla
punta della sua lingua per poi sprofondare nel limbo. Meredith teneva le
braccia lungo i fianchi e le mani stretti in due pugni serrati, le spalle
scosse da lievi tremiti che sarebbero potuti sembrare singhiozzi.
Damon era qualche passo avanti rispetto a loro, gli
occhi fissi sul punto in cui fino a pochi istanti prima erano stati Bonnie e
Castiel come se il suo solo sguardo bastasse a farli ricomparire.
-Che succede?- la voce allarmata di Lady Ulma spezzò
il silenzio, infrangendo quell’immobilità che sembrava aver cristallizzato un
istante ormai perduto. E con esso frantumò la speranza di poter tornare
indietro, di poter annullare l’accaduto.
Fu Meredith la prima a parlare e i suoi occhi erano
ricolmi di lacrime –Hanno preso Bonnie.- mormorò –Castiel l’ha presa.-
Quelle parole risvegliarono Damon. Il vampiro si
voltò in un gesto secco e superò le due ragazze, poi la padrona di casa, con un
passo deciso e quasi marziale.
-Damon, dove vai?- domandò Elena, la voce resa acuta
dalla paura. Il vampiro non si fermò e continuò a camminare, così la bionda lo
raggiunse e lo afferrò per un braccio –Damon, aspetta, dove stai andando?-
insistette.
Damon si liberò dalla sua presa con un gesto brusco e
si voltò verso di lei –Lasciami.- sibilò. Il suo viso era una maschera di
ghiaccio, ma gli occhi bruciavano eruttando lava incandescente.
-Damon!- esclamò Elena, sbalordita –Dobbiamo decidere
cosa fare, Bonnie…-
-Bonnie è stata rapita.- la interruppe lui. La sua
voce era chiara, ma alcune parole erano adombrate da un tremito profondo che
nasceva dal suo cuore immobile –E io vado a riprendermela.-
-Io vengo con te. Non puoi lasciarmi qui!- protestò la
bionda. Un lampo scuro dardeggiò nello sguardo di Damon, ma questi si limitò a
voltarle le spalle e a riprendere il suo cammino.
-Damon, aspetta un secondo, un attimo solo.- stavolta
fu Meredith a parlare e il vampiro non diede segno di averla sentita, ma lei
continuò –Non otterrai nulla. So che vuoi salvare Bonnie, ma per farlo dobbiamo
riflettere.-
Finalmente Damon si fermò, senza voltarsi. Ma a
Meredith non importava parlare alla sua schiena, quello che contava era che la
ascoltasse –Non puoi andartene in giro a ammazzare di botte chiunque sperando
di trovare qualche indizio dal nulla.-
-E chi lo dice?- sbottò Damon.
-Potresti trovare qualcosa, ma c’è la possibilità che
questo la metta solo in pericolo. Dobbiamo ragionare.-
Queste parole furono seguite da un silenzio intenso.
Damon chiuse gli occhi, cercando disperatamente di tranquillizzarsi.
Aveva perso la calma e questo non era da lui. Eppure
riusciva solo a vedere il viso del suo uccellino, quegli occhi che avevano
incontrato i suoi un istante prima di scomparire.
Lei si era sempre affidata a lui, aveva avuto
fiducia. Ma lui si era occupato solo di proteggere il suo Angelo e aveva
lasciato che l’Uccellino finisse nelle grinfie di…
Di chi? Non sapere chi fosse Castiel lo avrebbe
ucciso, se non fosse stato già morto. Cosa voleva quel vampiro da Bonnie? Le
avrebbe fatto del male? Forse gliene aveva già fatto e in quel momento Bonnie
era sola, ferita, in punto di…
Si voltò, incrociando lo sguardo di Meredith. Negli
occhi della ragazza lesse le stesse domande che l’avevano assalito e annuì,
capendo che l’umana aveva ragione –Bene. Hai ragione.- affermò, in tono tanto
serio che Meredith tremò: se dava retta a lei, voleva dire che la situazione
era davvero grave. Poi, il vampiro si rivolse a Lady Ulma –C’è qualcuno che ci
possa aiutare? Ho cercato molto, l’altro giorno, e nessuno sapeva dirmi nulla
su questo Castiel.- domandò, con voce forzatamente calma.
La padrone di casa, che era impallidita non appena
aveva scoperto ciò che era accaduto alla sua ospite, rifletté per un istante
–Beh, c’è una persona…- mormorò, incerta –Ma non so se…-
-Chi?- la interruppe il vampiro.
La donna inspirò lentamente –Un mago che vive in un
possedimento poco lontano da qui, fuori città. Si dice che abbia grandi poteri,
tra i quali trovare le persone, ma per prestare i suoi servigi chiede di affrontare
delle dure prove, dicono che…-
-Le affronteremo, ovviamente.- affermò Meredith con
decisione.
-Come si chiama questo mago?- indagò Damon.
-Il nome con cui è conosciuto è Phos. Posso disegnarvi
le indicazioni per raggiungere la sua dimora, ma non saranno molto precise: ci
passai solo una volta, anni fa, e rimasi distante.-
Damon annuì, senza dire altro, e Lady Ulma si
allontanò per disegnare una cartina. Quando i tre rimasero da soli calò un
silenzio talmente ricolmo di pensieri che i poteri di Damon sembravano
superflui: il fruscio leggero delle mille domande non pronunciate era udibile
anche ad orecchio umano.
-Cosa può volere quel tipo da Bonnie?- domandò alla
fine Elena, stufa di quel silenzio –Insomma, cos’ha che possa attirare
l’attenzione di un vampiro?-
Damon alzò lo sguardo sulla bionda, sul viso
un’espressione quasi sorpresa. Il tono di Elena era colmo di preoccupazione,
eppure gli era parso di cogliere qualcosa di diverso, qualcosa che non era
certo di apprezzare.
-Magari ha bisogno di una strega?- propose debolmente
Meredith.
-No.- scosse il capo Damon, distogliendo gli occhi da
Elena –Avrebbe potuto trovare mille altre streghe qui nella Dimensione Oscura
senza bisogno di fare tutta questa fatica. La casa è protetta, avrà dovuto
trovare un incantesimo per aprirsi l’accesso… deve aver visto in lei qualcosa
di particolare.- qualcosa che a me è
sfuggito, continuò tra sé. Cosa poteva avere di particolare il pettirosso?
Era qualcosa nel suo potere, era forse più forte di quanto avessero immaginato?
Quel pensiero era insopportabile e qualcosa, dentro
di lui, continuava a pungere la sua coscienza rimasta addormentata per secoli.
Avrei dovuto
proteggerla, continuava a pensare. Eppure era stato chiaro quando erano
partiti: avrebbe protetto Elena, ma non assicurava di poterlo fare con le
altre. Ma non ha importanza, avrei dovuto
proteggerla comunque.
-Ecco.- la voce di Lady Ulma lo riscosse dai suoi
pensieri e si voltò verso la padrona di casa, che li aveva raggiunti con un
foglio tra le mani –Il tragitto dovrebbe essere questo, se i miei ricordi sono
esatti. Avrei dovuto chiuderli in una Sfera, ma non avevo idea che sarebbero
serviti.-
-Non c’è problema.- la rassicurò Meredith, prendendo
il foglio e dandovi una rapida scorsa –Possiamo partire già ora? O è meglio
aspettare domattina?-
-Io parto adesso, voi fate quello che volete.- sbottò
Damon, afferrando il foglio e avviandosi verso il piano inferiore. Elena lo
osservò, stupita da quel comportamento inaspettato –Ovviamente veniamo anche
noi! Dobbiamo cambiarci però, non possiamo uscire conciate così.-
-Bene.- proruppe Damon, impaziente, senza voltarsi
–Sbrigatevi, o me ne vado.-
***
Bonnie tremò al suono di quella voce. Aveva qualcosa di
strano: come se una voce umana si fosse mescolata al sibilare basso e
strisciante di un serpente.
Inspirò profondamente, cercando di tranquillizzarsi:
si rese conto in fretta che non ci sarebbe riuscita, così decise di tagliare la
testa al toro e alzare lo sguardo.
Si trovò di fronte un uomo… o almeno, qualcosa che ne
aveva le sembianze. Anche se l’aspetto era umano, Bonnie percepiva qualcosa di
diverso. Un’aurea esplosiva che sembrava invadere l’intera stanza, avvolgendosi
su di lei e schiacciandola.
Era alto, con i capelli neri e la carnagione scura,
come abbronzata. Il volto aveva dei lineamenti particolari, con qualche tratto
che poteva sembrare indiano. Ma ciò che richiamava di più l’attenzione erano
gli occhi, di un rosso tanto intenso da ricordare il sangue, brillanti come
rubini e fissi su di lei.
“Incredibilmente
bello”, suggerì la sua coscienza.
“Ma cosa vado a
pensare, mi ha rapita!” la redarguì, osservando la mano che l’uomo le
porgeva. Non la accettò e si alzò da sola, nonostante le gambe tremanti –Chi
siete?- domandò, la voce ridotta a un lieve miagolio che fece sorridere il suo
rapitore.
-Avremo tempo di parlare di questo, mia diletta.- la
redarguì, studiandola con uno sguardo invasivo che la fece indietreggiare di un
passo. L’uomo la osservò ancora qualche istante, un sorriso sulle labbra, poi i
suoi occhi rossi incontrarono quelli di lei –E anche del motivo per cui sei
qui. Per ora…- schioccò le dita e immediatamente la porta da cui Bonnie era
entrata si spalancò.
La ragazza si voltò, aspettandosi di vedere qualcuno
arrivare dal lungo corridoio che lei stessa aveva percorso: invece, vide la stanza
in cui si era svegliata.
Com’era possibile? Era arrivata da quella porta e sapeva che si affacciava su un
corridoio.
-Mi spiace congedarti così in fretta, Bonnie.- si
scusò l’essere dagli occhi rossi, pronunciando il suo nome con un tono intenso
che la strega non comprese –Ci rivedremo a pranzo, mia diletta.-
-Perché mi chiami così?- domandò Bonnie, senza
riuscire a capire cosa stesse succedendo. Perché quell’uomo l’aveva fatta
portare lì? Cosa voleva da lei, perché la guardava in quel modo?
Lo sguardo dell’uomo si adombrò, notando che la
ragazza non gli obbediva, e fece un gesto. Un’onda di potere sollevò Bonnie,
strappandole il respiro, e questa si sentì trascinare verso la porta aperta.
Bonnie si trovò di nuovo a terra, sul pavimento scuro
nella stanza in cui si era svegliata. Alzò gli occhi e per un istante incontrò
quelli scarlatti del suo rapitore. Poi la porta si chiuse, sbattendo.
-No! Liberatemi, vi prego!- singhiozzò Bonnie,
alzandosi in piedi e correndo alla porta. La spalancò, ma si trovò davanti un
solido muro –No…- mormorò.
Provò a spingere, colpì le pietre con i pugni,
ferendosi le mani, gridando.
-Per favore! Cosa volete da me?- singhiozzò,
allontanandosi dalla parete che non era stata nemmeno scalfita dai suoi
attacchi. Si asciugò le lacrime, ma subito altre presero il loro posto e
rinunciò a smettere di piangere. Si lasciò cadere sul letto, scossa dai
singhiozzi, un’esplosione di domande nella mente, lasciandosi avvolgere dalla
paura.
__________Il mio angolino
Buongiorno!
Lo so, lo so, avevo
detto che avrei aggiornato prima, ma inutile che vi racconto storie: non riesco
a essere puntuale, cerco di aggiornare il più in fretta possibile ma di più non
posso fare, sono pessima lo so!
Allooora, in questo capitolo iniziamo a inserirci
nella parte clou della storia. Credo di non avervi dato ancora molte risposte,
ma qualcosina si può capire!
Grazie a tutti quelli
che hanno inserito la storia tra le ricordate, preferite e seguite, a chi
commenta/ha commentato/commenterà e a chi legge in silenzio!
Ah, dimenticavo.
Potete trovarmi in giro per la rete:
Bonnie non aveva idea di quanto tempo fosse passato
da quando era stata chiusa in quella stanza. Si era limitata a continuare a
piangere finché le lacrime non erano terminate, poi aveva iniziato a
perlustrare la stanza nella speranza di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che
potesse aiutarla a trovare un modo per fuggire o, almeno, a capire di chi era
prigioniera.
Stava valutando la resistenza delle sbarre della
finestra quando dei colpi alla porta la fecero sobbalzare. Pulì le lacrime che
le si erano seccate sulle guance e attese, incerta, mentre i colpi si
ripetevano.
“Vuoi aprire o no?” la esortò la sua coscienza.
-Oh, vuoi stare zitta? Non posso sopportare anche te,
ora.- sbottò infastidita lanciando uno sguardo alla porta che, proprio in
quell’istante, si aprì rivelando una donna sulla trentina. Aveva un’aria
familiare, assomigliava in qualche modo a Meredith per i tratti del viso e i
capelli scuri, il portamento le ricordava Elena e attorno a lei si respirava
un’aria di fredda bellezza, tipica dei vampiri.
Si chiuse la porta alle spalle e si fermò ad
osservare Bonnie, un sorriso sulle labbra truccate. Bonnie contraccambiò il suo
sguardo, cercando di capire.
-Sei proprio tu.- sorrise la sconosciuta –Non ci sono
dubbi, direi.-
Bonnie si accigliò, appiattendosi un poco contro il
muro come se questo potesse esserle d’aiuto.
-Allora, devi vestirti.- annunciò aprendo la solita,
unica porta che, di nuovo, si aprì su qualcosa di diverso: una piccola stanza
ricolma di abiti, scarpe, gioielli, profumi e lozioni –Preferisci il vestito
verde o quello blu?-
“Quello verde.”
suggerì fastidiosa la sua coscienza, ma lei la ignorò –Chi sei tu? Cosa volete
da me? Il… il mio sangue? Volete usarmi per arrivare a Elena?-
La donna alzò gli occhi al cielo –Sei di nuovo così
giovane.- commentò entrando nella piccola stanza e iniziando a frugare tra gli
abiti –Per ora lui vuole solo che tu vada a pranzo.-
-Chi è lui?-
insistette Bonnie, decisa a essere coraggiosa: in quel momento non c’era
nessuno che potesse esserlo al suo posto, doveva cavarsela da sola –L’uomo con
gli occhi rossi?-
-L’uomo con gli occhi rossi.- ripeté la donna,
ridendo –Sì, chiamiamolo così. Ascolta: non vuole farti del male, odierebbe
farlo. Ma se fosse costretto…- si interruppe, scuotendo le spalle –Non sarebbe
piacevole per te, anche se dopo ne capiresti la necessità.-
Bonnie sospirò, esausta. Era già abbastanza provata
dalla paura, senza che quella donna le parlasse in quel modo incomprensibile.
-Quello verde direi che è adatto. Il tuo preferito
dopo quello nero, ma quello lo teniamo per le grandi occasioni, che ne dici?-
Mostrò a Bonnie un abito elegante, di un verde scuro
ma brillante, con un’ampia scollatura che lasciava le spalle scoperte e una
cinta d’oro in vita. Corrispondeva perfettamente ai suoi gusti, ma la domanda
era come faceva a saperlo quella donna che non aveva mai visto prima?
-Perché mi parli così, come se mi conoscessi? Chi sei
tu? E che posto è questo?- domandò la giovane strega.
-Fai parecchie domande. Ma credo che voglia spiegarti
lui la situazione… di solito lo preferisce.-
-Di solito?- ripeté Bonnie.
-Alla domanda su di me però posso rispondere: mi
chiamo Ariel.- concesse la vampira –Ora cambiati: prendi qualche gioiello,
magari una collana, e tra mezz’ora chiudi la porta e riaprila, ti troverai
nella sala da pranzo.-
-Com’è possibile che si apra sempre su posti
diversi?-
-Ho detto basta domande.- rise Ariel, uscendo. Bonnie
provò a riaprire la porta per seguirla ma questa, ovviamente, rivelò nuovamente
la stanza con i vestiti.
***
La strada verso casa di Phos era abbastanza breve, ma
a Damon parve incredibilmente lunga. Viaggiavano su un portantino che si
muoveva con una lentezza insopportabile e doveva lottare contro sé stesso per
non scendere e usare la sua velocità di vampiro. Continuava a ripetersi che non
poteva assolutamente farlo: non era tra gli umani, lì tutti avrebbero visto i
suoi spostamenti e avrebbe attirato l’attenzione. Nonostante questo però
trattenersi era difficile e ancora di più lo era evitare i pensieri oscuri che
gli invadevano la mente.
In genere non gli dispiaceva, anzi apprezzava le
immagini macabre che la sua mente riusciva a partorire. Gli piaceva il contrasto
del colore scarlatto del sangue sul collo pallido di una bella ragazza. Ma se
il collo era incorniciato da una cascata di riccioli rossi e sormontato da un
viso a cuore… il pensiero era insopportabile e continuava a tormentarlo.
Provò a concentrarsi su quello che stavano dicendo
Elena e Meredith. Come al solito la bionda aveva iniziato a partorire i suoi
piani A, B, C e D e per quanto aveva sentito ognuno di questi si concludeva con
la stessa frase: Elena la stava pronunciando proprio in quel momento –Poi
torneremo indietro, libereremo Stefan e torneremo a casa.-
Quella prospettiva lo attraeva come una calamita,
eppure non riusciva a visualizzarla. Poteva tornare tutto come prima? Sì, se
avessero salvato la streghetta, ma…
Scosse il capo, cercando di non pensare cosa sarebbe
successo se fossero arrivati troppo tardi, se avessero trovato Bonnie morta. Cos’avrebbe
fatto lui?
Certo, avrebbe trovato Castiel, l’avrebbe torturato e
ucciso insieme a chiunque altro avesse partecipato a quella storia, ma dopo?
Si sentiva come sull’orlo di un burrone, pronto a
precipitare nel vuoto.
Incontrò lo sguardo di Meredith quasi per errore e la
giovane gli sorrise. Basito da quel gesto il vampiro si trovò a sondare la
mente di Miss Inquietudine, cosa che in genere evitava accuratamente di fare.
Trovò, inaspettatamente, un pensiero rivolto a lui.
“Grazie per essere qui per Bonnie”
Distolse lo sguardo, ignorando quella frase. Aveva
già troppe domande che lo tormentavano e non sentiva affatto il bisogno di
aggiungerne un’altra. Scostò un po’ i tendaggi e, a poca distanza da loro, notò
una piccola casupola di legno che attirò la sua attenzione.
Era normale, non aveva nulla di fuori dall’ordinario,
eppure riusciva quasi a vedere, oltre che sentire, una potente energia che la
avvolgeva.
Era la casa di Phos, non c’era dubbio.
-Eccoci.- annunciò, prima di scendere dal mezzo con
un balzo. Si avviò verso la casa, seguito dalle due umane, e bussò alla porta,
restando in attesa.
***
Bonnie colse il proprio riflesso nello specchio che
c’era nella stanza e per un istante si immobilizzò, osservandosi. Quell’abito
verde era assolutamente perfetto su di lei, non solo come colori ma anche come
forma, il che era decisamente strano. Era piccola e minuta ed era facile che
sembrasse una bambina con addosso gli abiti della madre, ma quel vestito
sembrava cucito direttamente su di lei.
Ma c’era anche qualcosa d’altro che attirava la sua
attenzione sul suo riflesso. Era come se quell’abito avesse dovuto ricordarle
qualcosa, come se…
“Come se
l’avessi già indossato?”
Ma era ridicolo, di certo non era il genere di abito
che portava abitualmente a Fell’s Church, e non assomigliava nemmeno
lontanamente a nessuno dei vestiti che Lady Ulma aveva fatto per lei.
Distolse lo sguardo e chiuse la porta della
stanzetta, per poi rimanere ad osservarla per qualche momento, incerta.
Non voleva riaprirla, sapeva che si sarebbe aperta
sulla sala da pranzo e lei non voleva assolutamente sottoporsi a un altro
incontro con il suo rapitore. Certo, da una parte voleva capire cosa quell’uomo
volesse da lei, ma d’altro lato aveva davvero paura di scoprirlo.
Tuttavia sapeva che non aveva senso aspettare. Si
sarebbe comunque trovata a pranzare con lui, volente o nolente, meglio andarci
di sua spontanea volontà che trovarsi legata alla sedia.
“Finalmente inizi a ragionare. Magari si rivelerà un
pranzo piacevole.”
-Sì, certo.- sbottò Bonnie, avvicinandosi alla porta.
Poggiò la mano sulla maniglia, inspirò profondamente per farsi coraggio e,
mentre buttava fuori il fiato, la spalancò, quasi sperando di trovarsi di nuovo
davanti il muro.
-Sono contento che tu abbia accettato subito il mio
invito.-
Bonnie, con il cuore a mille, osservò la grande
stanza che le si era aperta davanti. Le pareti, nere come in tutte le stanze in
cui era stata fino a quel momento, erano drappeggiate di tendaggi rossi che le
sarebbero sembrati tende se non fosse stato per la mancanza assoluta di
finestre. Al centro esatto dell’ambiente si estendeva un grande tavolo di legno
scuro, imbandito, con le gambe intagliate in modo che formassero dei serpenti
aggrovigliati.
A capotavola era seduto il suo rapitore. Poggiato allo
schienale di una grande sedia teneva gli occhi fissi su di lei e, mentre li
faceva scorrere sull’abito verde che fasciava il suo esile corpo, Bonnie vide la
sua espressione farsi bramosa.
In quel momento tutto il suo coraggio venne meno.
Indietreggiò sotto quello sguardo e tornò nella stanza in cui si era risvegliata,
chiudendo la porta con uno scatto, le mani tremanti.
Sentì una sedia spostarsi, poi dei passi calmi e
sempre più vicini. Vide la maniglia piegarsi e si gettò contro la porta,
cercando di contrastare la forza che spingeva per aprirla, ma non aveva
abbastanza forza. Inesorabilmente si sentì spingere indietro e perse l’equilibrio.
Riuscì a non cadere ma indietreggiò e la porta si spalancò.
Il sorriso dell’uomo si era affievolito e quando la
guardò Bonnie avvertì un brivido intenso che la fece tremare –Cosa vuoi da me?-
mormorò, scossa dai singhiozzi –Voglio tornare dai miei amici, ti prego.-
-I tuoi amici non ti hanno protetta molto bene, mi
sembra.- commentò l’uomo facendo un passo verso di lei. Bonnie fece per
indietreggiare, ma in quell’istante lo vide scomparire. Ebbe a malapena il
tempo di rendersene conto prima di sentire una mano sfiorarle il braccio.
Era dietro di lei.
Scattò in avanti, ma la mano si strinse sul suo polso
e l’uomo la fece voltare, attirandola a sé. La strega si trovò contro il corpo
del suo rapitore e cercò di divincolarsi, mentre le lacrime le offuscavano la vista.
Lui le strinse i capelli tra le dita: non le fece male, ma la costrinse a
guardarlo negli occhi.
-Lasciami…-
-Non posso.- scosse il capo lui –Non posso e, entro
breve, ti renderai conto di non volerlo nemmeno tu.-
-Invece voglio che mi lasci! Voglio tornare dai miei
amici, voglio andarmene!- singhiozzò la ragazza, strattonando per liberarsi.
Lui soffocò senza sforzo le sue resistenze e la sua mano le accarezzò la
schiena, quasi con gentilezza –Mi dispiace, mia diletta.- le sussurrò mentre
continuava ad accarezzarle il corpo –Se farai così, ti farà male.-
-Cosa? Non
capisco, cosa vuoi da me?-ripeté Bonnie
per la millesima volta, esausta per quella lotta impari in cui si era trovata
coinvolta.
L’uomo la scostò un poco da sé e la sua mano si
soffermò sul suo viso –Molto semplice, mia diletta. Voglio te. Anzi, ti
rivoglio.-
-Cosa significa?- esalò Bonnie.
Lo sconosciuto sorrise –Presto ricorderai, e mi
perdonerai per il dolore che dovrai sopportare.- abbassò il volto e quando lo
sollevò nuovamente il rosso delle sue pupille si era espanso, occupando tutti i
suoi occhi. Bonnie non ebbe il tempo di capire ciò che stava succedendo, ma
vide i suoi canini, simili a quelli di un vampiro eppure più lunghi, più
affilati. Con uno strattone le fece piegare la testa indietro, esponendo il suo
collo niveo lasciato scoperto dall’abito.
Bonnie non riuscì a gridare, non ne ebbe la forza. Lo
spasmo di dolore partì dal collo fino a riempire il suo intero universo. Chiuse
gli occhi, boccheggiando, e cercò di trovare dentro di sé la forza di lottare,
ma lui la teneva stretta e i suoi denti le dilaniavano la carne senza lasciarle
possibilità di scampo.
Singhiozzò, il corpo scosso da spasmi intensi, e
esausta si lasciò ricadere tra le braccia del suo rapitore pregando solo che la
uccidesse presto.
***
Quando la porta si aprì, Damon abbassò gli occhi.
Phos era un omino basso, pelato, con una ridicola
tunica che sembrava ottenuta unendo a casaccio vari tipi di stoffa e un grande
bastone ricoperto di simboli turchesi. Osservò il vampiro con sguardo acuto per
un istante, poi lanciò un’occhiata alle due ragazze alle sue spalle prima di
concentrarsi nuovamente su Damon.
-Ciò che cerchi non è qui, vampiro.-
-Bene, se sai cosa cerco sai dirmi anche dove
trovarlo.- tagliò corto Damon –Chi ha preso la mia schiava? E dove l’hanno
portata?-
Sul viso di Phos comparve un sorriso –Non è così
facile.-
-Dicci cosa vuoi e taglia corto, mago.- proruppe Damon
in tono aggressivo –O ti stacco la testa dal collo.-
-Non lo farai. Vuoi trovare la tua schiava.- ribatté
il mago –Il tuo... uccellino, giusto?-
-Questo non mi impedirà di tornare a ucciderti,
quando l’avremo trovata.- ringhiò il vampiro.
-Come vi ho detto, non è così facile.- ripeté Phos –La
vostra amica si trova in un luogo oscuro, una fortezza protetta dalla magia.
Per vostra fortuna ho quello che serve al caso vostro… venite dentro.- li
invitò, scostandosi dalla soglia.
______________L’angolo di Jane
Eeeeeed ecco qui il
nuovo capitolo. È stato un po’ complicato da scrivere e ancora non sono sicura
che mi convinca del tutto, giudicate voi xD
Ringrazio tutti
quelli che seguono, come al solito, e spero che vi vada di lasciarmi un
commentino!
La casa di Phos era composta da una sola, grande stanza: un giaciglio
poco accogliente in un angolo, il focolare acceso con un grosso calderone messo
a bollire sul fuoco scoppiettante, un tavolo di legno grezzo sommerso da volumi
dall’aria antica e uno scaffale su cui erano sistemati decine di oggetti
stravaganti, tra cui diversi vasetti contenenti polveri e liquidi dai colori
brillanti.
Tutto lo spazio disponibile era pieno: i tre ospiti dovettero zigzagare
tra le cianfrusaglie che riempivano il pavimento per seguire il piccolo mago
che balzava con abilità da un punto all’altro.
-Volete un tè? O forse una tisana rilassante, credo sia meglio...-
-Abbiamo fretta.- sbottò Damon –Voglio… vogliamo solo sapere dov’è stata
portata la mia schiava.-
-Oh, so cosa vuoi, Damon Salvatore.- annuì Phos, senza voltarsi mentre
metteva a bollire dell’acqua al di sopra del calderone –La domanda è: tu lo sai
cosa vuoi? Ma questa è un’altra storia… o forse è la stessa?- ci rifletté per
un istante, poi scosse le spalle –Oh, beh. Ad ogni modo vi farà bene una tisana
prima di iniziare il percorso per trovare la vostra amica. Aiuterà i vostri
nervi e terrà saldi i vostri obiettivi.-
-Ci sta dando degli indizi, secondo te?- domandò Elena in un sussurro
mentre si sedeva con Meredith su due sedie dall’aria poco stabile. Damon aveva
preferito restare in piedi e sovrastava tutto il gruppo, le braccia incrociate
al petto e i nervi del collo tesi.
-Non posso darvi nessun indizio. Lo farei, se potessi: se troverete la
vostra amica in tempo sarà meglio per tutti, non solo per voi. Ma riuscire a
localizzarla dipende solo da voi è non c’è nulla che io possa fare per
aiutarvi, tranne aiutarvi a trovare i mezzi giusti.-
Damon alzò gli occhi al cielo, impaziente, mentre il mago versava in tre
tazze uguali e un po’ sbeccate un liquido scuro dall’odore penetrante. Non
appena ebbe finito il vampiro afferrò una tazza e la svuotò in un sol sorso
mentre Elena e Meredith bevevano più lentamente –Bene, ora possiamo
cominciare?-
Phos lo osservò per qualche istante con un sorrisetto stravagante, poi
annunciò –Dovete farlo uno alla volta. Solo uno può attivare la connessione.-
-Inizio io.- si propose immediatamente Elena, posando la tazza –Bonnie è
la mia migliore amica.- aggiunse a mo’ di spiegazione.
Phos riportò lo sguardo su Damon e il vampiro ebbe la sgradevole
sensazione che si aspettasse qualcosa da lui, ma dopo un po’ il mago scosse le
spalle –Bene. Allora, iniziamo. Chiudi gli occhi, Elena, e ti farò viaggiare
verso ciò che cerchi.-
Elena annuì e con l’aria intensa di chi sta per affrontare una tremenda
sfida obbedì. Avvertì dei flebili sussurri che si trasformarono in una litania
coinvolgente e le parve che tutto iniziasse a rotearle attorno, poi cadde nel
vuoto.
***
Elena aprì gli occhi e si guardò attorno. Si trovava
in un ampio salone scuro e davanti a lei vide una porta aperta. Era già in
piedi, scoprì, e la superò entrando in un corridoio fiocamente illuminato. Non
c’erano altre strade possibili, così iniziò ad avanzare.
Tutto era silenzioso, come se l’intero universo si
fosse messo in pausa per permetterle di trovare Bonnie. Sentiva solo un suono
flebile, continuo, e accelerò il passo. Era un richiamo, indefinibile ma
irresistibile, e si sentiva attratta lungo quell’infinito corridoio.
Si trovò quasi a correre: quello che voleva era
sempre più vicino, ad ogni passo che faceva, ad ogni respiro.
Improvvisamente, a poca distanza da lei, vide una
porta.
Dentro di lei sapeva che ciò che cercava era proprio
lì dietro e vi si gettò contro, impaziente.
Si era aspettata di trovarsi di fronte Bonnie e di
vederla sciogliersi in un sorriso grato, colmo di sollievo.
Invece si trovò in un luogo familiare che la fece
immediatamente rabbrividire: era la cella di Stefan, ma questa volta si trovava
dall’altro lato delle sbarre. Stefan era lì, in piedi, sano e robusto come
prima della sua scomparsa.
Elena fece per correre verso di lui: voleva sentirsi
stringere dalle sue braccia, sentirsi protetta e al sicuro come si sentiva
sempre nel suo abbraccio. Invece, non riuscì a superare la soglia.
Accigliandosi, si guardò attorno e si accorse che la
porta che aveva aperto era doppia: aprendola, ne aveva chiusa un’altra.
Curiosa, fece scorrere la porta e aprì l’altro lato.
Era una stanza della casa di Lady Ulma, per la
precisione la stanza di Damon. Il vampiro era lì, di fronte a lei, seduto su
una poltrona con un bicchiere di scotch in mano e un sorriso pericoloso sul
viso perfetto. Era affascinante come non mai e Elena ne era incredibilmente
attratta: sentiva l’impulso di andare da lui e permettergli di morderla, di
farsi avvolgere da quel turbine di sensualità. Fece un passo, ma di nuovo non
riuscì a superare la soglia. Stavolta venne sbalzata indietro e la porta iniziò
a scorrere da sola, da un lato e dall’altro, rivelando prima l’uno e poi
l’altro dei fratelli Salvatore, ognuno con la sua attrattiva, ognuno con il suo
fascino: Stefan dolce e affettuoso, Damon sexy e pericoloso, entrambi
innamorati di lei, pronti a tutto per
lei.
Improvvisamente, Damon si alzò dalla poltrona e fece
un passo indietro, allontanandosi da lei.
-No! Damon, aspetta!- Elena fece per andare da lui,
ma con la coda nell’occhio notò che stavolta era stato Stefan ad allontanarsi e
si voltò verso di lui –Stefan! Stefan, sono qui per liberarti…- di nuovo, vide
Damon indietreggiare –Damon… io… non…-
La testa iniziò a girare e Elena barcollò. I due
vampiri si allontanavano e si avvicinavano come in una danza che lei non
riusciva a seguire. Si sentiva attratta da due lati, spezzata in due, e
improvvisamente tutto si fece buio e cadde a terra.
***
Quando Elena aprì gli occhi, tutti si voltarono verso
di lei.
-L’hai trovata?- domandò immediatamente Meredith,
ansiosa. Elena esitò e il suo sguardo si soffermò per un istante su Damon, poi abbassò
gli occhi e scosse il capo.
-La tua concentrazione ha vacillato, Elena?- domandò
Phos, anche se la sua espressione diceva che conosceva già la risposta.
-Credo… sì, credo di sì.- sospirò Elena –Come facciamo
adesso? Non c’è un altro modo?-
-Ci sono altri due tentativi che possiamo fare.- le
fece notare Phos –Ma se permettete sceglierò io stavolta: dovresti sederti,
Salvatore.-
Damon quasi sobbalzò, sorpreso, e d’istinto lanciò
uno sguardo a Meredith. Incredibilmente, la mora gli sorrise in un modo che per
una volta non sembrava inquietante. Fu Elena, invece, a ribattere –Non sarebbe
meglio… Meredith, forse…-
-Se Damon non ci riuscirà anche Meredith avrà il suo
tentativo.- la interruppe Phos, osservando Damon con sguardo intenso –Allora?-
Damon si sedette, per una volta senza nessuna
battuta, e chiuse gli occhi.
Mentre Phos mormorava le sue stravaganti formule
Damon si sentì avvolgere da una nebbia fitta, dopodiché iniziò a galleggiare
nel nulla e scivolò nel vuoto.
***
Damon aprì gli occhi e si trovò in un corridoio,
privo di un inizio e privo, a quanto pareva, di una fine. Era dritto, privo di
curve, e Damon seppe istintivamente da che parte andare: si incamminò, senza
nemmeno guardarsi attorno, e seguì il suo corpo che sembrava sapere esattamente
dove andare.
-Damon!-
Sobbalzò, sentendo la voce della streghetta che
risuonava nella sua mente, chiara e decisa.
-Damon… Damon!-
Accelerò il passo. Aveva l’impressione di vedere il
riflesso di un’ombra di pochi passi davanti a sé, una figura vaga dai capelli
rossi come delle fiamme che lo invitava a seguirlo. Si trovò a correre lungo il
corridoio che pareva infinito.
Quando vide una porta di fronte a sé vi si gettò
contro con tutto il suo peso e la spalancò, quasi sfondandola.
-Damon! Sei venuto, sei qui!- esclamò una voce colma
di una felicità così pura che il cuore del vampiro, fermo da secoli, vibrò nel
suo petto.
Si trovava in una stanza circolare, con un grande
letto e una sola finestra. Bonnie era di fronte a lui, i capelli rossi sciolti
sulle spalle delicate e gli occhi color cioccolato pieni di lacrime. Indossava
un vestito di pregiata fattura, verde e d’oro, che la faceva sembrare una ninfa
dei boschi, un folletto.
Allargò le braccia e il suo pettirosso gli corse
incontro, buttandosi su di lui che la strinse contro il suo petto.
-Non credevo che mi avresti sentita, questa volta.-
esalò contro la sua spalla mentre Damon, senza rendersene conto, la abbracciava
un po’ più forte –Credevo che non saresti venuto. Invece verrai? Verrai a
prendermi?-
-Sono già qui.- la fece notare Damon, inebriato
dall’abbandono con cui Bonnie si lasciava stringere da lui –Ora torniamo a
casa.-
-Non sei qui.- la sentì singhiozzare e la strinse un
po’ di più –Non sei qui, e nemmeno io sono qui. AH!- sentendola gridare, Damon
la lasciò per assicurarsi di non averle fatto male.
Sbarrò gli occhi, terrorizzato: la pelle chiara del
collo di Bonnie era ricoperto da una cascata di sangue scuro che scivolava
lungo la scollatura, colando sul vestito verde. Se quella visione in un altro
momento l’avrebbe eccitato, in quell’istante lo sconvolse e cercò il modo di fermare
il sangue. Quando riportò lo sguardo su Bonnie però la ragazza era scomparsa.
-Damon… Damon, aiutami…-
Il richiamo, stavolta, era un gemito sommesso. Il
vampiro si voltò e il suo intero mondo tremò.
Bonnie, la sua
Bonnie, era bloccata nella stretta di un uomo di cui non riusciva a vedere il
volto. La teneva con volenza, bloccandole la testa indietro per morderle il
collo con più comodità.
Con un ringhio predatore, Damon si buttò
sull’aggressore di Bonnie intenzionato a strappargli via la testa con un solo
colpo per riprendersi la sua
streghetta.
Ma nel momento in cui fu vicino ai due ebbe appena il
tempo di incontrare lo sguardo straziato di Bonnie, poi venne tirato indietro
da una forza invisibile ma implacabile. Lottò con tutte le sue forze per
contrastarla, cercando di raggiungere Bonnie, ma venne trascinato via e quando cadde
nel buio riusciva a vedere solo l’immagine terribile del suo Pettirosso
prosciugato dallo sconosciuto.
***
Bonnie aprì gli occhi e si trovò stesa sul morbido
materasso del letto.
Si sollevò lentamente, cercando di contrastare i
violenti giramenti di testa che la aggredivano come dardi infuocati piantati
direttamente nella sua scatola cranica.
Si guardò le mani, poi lanciò un’occhiata alle
coperte. Erano pregne di sangue fresco e lo sentiva anche sul suo collo. Eppure
c’era qualcosa di strano: sembrava che ci fosse qualcosa, mescolato al sangue,
un liquido viscoso e nero che imbrattava il letto e le colava sulla pelle
accaldata.
Notò che nella stanza era comparsa una vasca, piena
di acqua fumante. Solo poche ore prima aveva deciso di restare il più possibile
distaccata da qualsiasi cosa le offrissero in quella prigione, ma si trovò a
liberarsi dell’abito e un istante dopo si stava immergendo nella vasca,
godendosi il calore dolce che le avvolgeva la pelle lambendole le ferite sul
collo.
Chiuse gli occhi e si riaddormentò immediatamente,
esausta per ciò che aveva subìto.
_______________________________L’angolo di Jane
Eeeeeeeh rieccomi. In ritardo, ma voi sarete più
docili del mio relatore di tesi, vero? :P
Questo capitolo è un po’
particolare, spero che vi sia piaciuto. C’è qualche piccolo accenno Bamon che spero abbiate apprezzato: nonostante tutto, pare
che dentro di sé Damon sappia benissimo che tiene a Bonnie, dovrebbe solo
rendersene conto in modo cosciente!
Al solito grazie a tutti voi che mi
avete recensito, che avete aggiunto la storia tra i preferiti, tra le seguite
ecc ecc. Siete fantastiche e spero che nonostante il
ritardo vogliate lasciarmi un segno del vostro passaggio! Positivo e negativo,
come sempre!!
La voce di Elena riportò il vampiro alla realtà.
Quando aprì gli occhi si trovò di fronte una strana scena: il tavolo era
rovesciato, i libri erano sparsi per la stanza e Meredith ed Elena erano nascoste
dietro uno degli scaffali, osservandolo con espressione incerta e forse
spaventata. Phos invece galleggiava a mezz’aria, le gambe incrociate e un
sorriso tranquillo e quasi soddisfatto sul volto.
-Cosa succede?- domandò Damon davanti a quel disordine
di cui non comprendeva l’origine.
-Sei stato tu.- spiegò il mago mentre le due ragazze
uscivano dai loro nascondigli improvvisati –All’improvviso la tua potenza si è
scatenata. Devi aver visto qualcosa mentre eri in trance… qualcosa di molto
brutto?-
Le parole di Phos risvegliarono i ricordi di Damon,
che scattò in piedi facendo cadere la sedia a terra –Andiamo.- ordinò in tono
duro, avviandosi verso la porta.
-Andiamo? Andiamo dove? Dicci cos’hai visto almeno!-
cercò di fermarlo Elena, confusa dal comportamento del vampiro. Non l’aveva mai
visto come quella notte e non riusciva a capire cosa fosse successo: avevano
bisogno del freddo, calcolatore Damon, e invece c’era in lui qualcosa di
incontrollabile che lo faceva agire in un modo che non riusciva a comprendere.
-In questo momento qualcuno sta dissanguando la
Strega, quindi direi che non c’è tempo per chiacchierare.- fu la lapidaria
risposta di Damon. Il vampiro aprì la porta, ma Phos fece un piccolo gesto e
questa si richiuse di scatto –Che stai facendo, mago?- ringhiò Damon,
voltandosi verso Phos con il volto contratto dalla furia –Apri questa porta o
giuro che ti strappo la testa dal collo.-
-Credo che ti sfuggano due particolari, Salvatore.-
ribatté il mago con pacata tranquillità –Il primo è che è possibile che nessuno
stia dissanguando la vostra amica.-
-L’ho visto con i miei occhi.- ribatté Damon.
-Sei sempre stato qui, in questa stanza. Con gli
occhi non hai visto proprio niente.- gli fece notare Phos –Ma non era questo
che intendevo. Ho condiviso con te la tua visione: tutto ciò che hai visto è
che qualcuno la stava mordendo. Ma dovresti sapere che ci sono diverse creature
in questa Dimensione e non tutte mordono per sottrarre sangue.-
-Hai ragione.- berciò Damon –Forse stava assaggiando
la sua carne. Qualsiasi cosa stesse facendo, dobbiamo andare prima che sia
troppo tardi. Quindi apri questa porta, immediatamente.-
-Lo farò. Dopo averti illuminato sul secondo punto.-
annuì Phos –Esattamente, dove andrete a cercare la tua schiava?-
Damon esitò, ma solo per un istante. Poi si gettò sul
mago e lo afferrò per il collo, sbattendolo contro il muro –Sai dove si trova.
Dimmelo.- ringhiò a pochi millimetri dalla sua faccia –Se per colpa tua
arriveremo tardi…- si interruppe per un istante, la vista annebbiata. Si
sentiva strano, come se una nebbia gli avesse invaso la mente: riusciva a
vedere solo il collo del suo Uccellino, il suo sangue, il viso sconvolto dalla
paura. Sentiva la sua voce, il suo richiamo disperato, e quel suono riempiva il
suo universo –Se arriveremo tardi ti ucciderò con le mie mani. Chiaro, mago?-
Phos non fece una piega. Chiuse gli occhi, li riaprì
e scomparve. Un istante dopo era ricomparso a pochi metri di distanza, alle
spalle del vampiro –Tranquillizzati, vampiro. Ti dirò dove si trova la ragazza:
ci metterete solo mezz’ora, camminando verso sud-ovest. Troverete un grande
castello dalle porte nere. È difeso da un fossato e nulla di più, ma una volta
all’interno non separatevi mai o non riuscirete a ritrovarvi.-
-Cosa vuoi dire?- domandò Meredith, notando che Damon
era troppo infuriato per porre le domande necessarie. Avrebbe davvero voluto
sapere cosa aveva visto di preciso, ma avrebbero avuto tempo di parlarne in
seguito: in quel momento le bastava sapere che Bonnie era in pericolo e che
dovevano trovarla.
-Il castello è stato costruito con una magia antica e
potente. I suoi corridoi variano di continuo, a seconda dei desideri del suo
padrone.-
I tre sbiancarono e Damon domandò –Allora come
diavolo facciamo a trovare Bon… la strega?-
-Dipenderà da te. Trovandola durante la trance hai
attivato una connessione e ora l’istinto ti guiderà da lei. Ora andate, non
perdete altro tempo.- concluse, aprendo la porta con un gesto. Damon si
precipitò fuori e Elena lo seguì: prima che Meredith potesse fare lo stesso il
mago la fermò, parandosi di fronte a lei –Un istante solo.-
-Mi lasceranno qui.- esitò Meredith, lanciando
un’occhiata nervosa alla porta.
-Non lo faranno, sto rallentando i loro passi.- la
tranquillizzò Phos –Ti tocca un compito difficile, Meredith. La vostra amica è
nelle mani di Damon, ma il vampiro è volubile.-
-Non mi darà mai retta, ad ogni modo.- gli fece
notare la ragazza –Forse dovrebbe dirlo a Elena, lei…-
-Lei ha un gran potere su Damon, ma la sua è
un’influenza tutt’altro che positiva. La vostra amica è stata rapita per un
motivo e se fallirete nella vostra missione ci saranno gravi conseguenze. Non
solo per la strega, ma per tutti noi.-
-Cosa devo fare?-
-Forse molto, o forse niente. Damon ha paura, molta:
teme di perdere la ragazza e sarà proprio la sua paura a far sì che la
salviate. Non permettergli di negare ciò che prova per la vostra amica o la
perderete, e tutti noi perderemo anche qualcosa di più.-
Meredith inspirò profondamente, cercando di dare un
senso alle parole del mago. Odiava profondamente quando le persone parlavano
per enigmi, ma non voleva perdere tempo a fare altre domande –D’accordo.
Cercherò di… tenere Damon sulla retta via, anche se sarà difficile. Ora posso
andare?-
-Certo, andate.- annuì Phos, e fece un gesto vago con
le dita –Affrettati, ora i tuoi amici camminano di nuovo rapidamente.-
La ragazza uscì dalla casa di corsa e raggiunse
Elena. Proprio in quel momento il vampiro, che era avanti di qualche passo, si
voltò verso di loro con espressione rabbuiata –Siete lente. Aggrappatevi a me,
dobbiamo andare decisamente più in fretta.-
Elena obbedì immediatamente e Damon le cinse la vita
con un braccio. Meredith registrò mentalmente un dettaglio che la sbalordì ma
che allo stesso tempo la tranquillizzò: stringendo a sé la bionda, Damon non
sembrava aver avuto nessuna reazione particolare. Si limitava a osservare lei,
in nervosa attesa. Per il momento era totalmente concentrato sul salvare Bonnie
e se la cosa non fosse cambiata forse ce l’avrebbero fatta davvero.
Si avvicinò al vampiro e si aggrappò a lui. Avvertì a
malapena la stretta decisa di Damon, poi sentì un violento strattone e si trovò
catapultata in avanti a una velocità che riusciva a stento a concepire.
***
La notte era
scura e fredda. Bonnie, avvolta in un mantello color smeraldo, si muoveva con
passo sicuro tra i fitti alberi della foresta.
I lupi
ululavano attorno a lei, ma non si fermò né esitò. Gli stivali di pelle affondavano
nella neve fresca e doveva raccogliere le pesanti gonne per riuscire ad
avanzare.
Un tuono
squarciò il silenzio, rimbombando nella notte. La giovane sorrise, continuando
a camminare.
Un alito di
letto la avvolse, sollevandole il mantello e lambendole le braccia nude, ma non
sentì freddo. Un sorriso si disegnò sul suo volto e si fermò, inspirando
profondamente.
Avvertì la sua
presenza prima ancora di sentire il tocco leggero sulla schiena. Il suo respiro
le sfiorò il collo e Bonnie chiuse gli occhi, assaporando la rapida carezza con
cui le stava scostando il mantello, scoprendole nuovamente le braccia per farvi
scivolare le dita fredde e familiari.
-Eccoti…
finalmente…-
Bonnie sospirò,
soddisfatta: l’aveva trovata. Sapeva che l’avrebbe trovata, che l’avrebbe
rivisto e che si sarebbe trovata di nuovo tra le sue braccia. Lui la strinse a sé
e il sorriso di Bonnie si allargò mentre apriva gli occhi.
-Bentornata,
mia diletta.-
La ragazza si
voltò e incontrò gli occhi rossi che la guardavano con intensità. Gli rivolse
un sorriso sicuro, lasciandosi stringere tra le sue braccia.
Bonnie si svegliò di scattò, riuscendo a stento a non
scivolare sott’acqua. Si sollevò a sedere, sostenendosi ai bordi della vasca e
cercando di riprendere a respirare normalmente.
Colse il proprio riflesso nello specchio e si
soffermò ad osservarsi per qualche istante. Non c’era più sangue sul suo collo,
ma il candore della sua pelle era segnato da due profondi tagli.
Aveva già visto i segni del morso di un vampiro, sia
sulla pelle di Elena che sulla propria, e quelli non li ricordavano affatto.
Erano più allungati e sottili, inoltre c’era quel liquido nerastro che aveva
visto… e qualcos’altro. Le sembrava di aver sognato qualcosa, qualcosa di
strano, eppure proprio non riusciva a ricordare.
Improvvisamente la porta si spalancò e Bonnie
sprofondò nell’acqua, cercando di coprirsi. Con un sospiro di sollievo si rese
conto che non era il suo rapitore dagli occhi rossi, bensì Ariel.
-Bene, temevo di trovarti sconvolta, invece hai
accettato il bagno. Ne sono felice… forse inizi a ricordare?-
-Ricordare cosa?- domandò Bonnie, esausta di quelle
frasi che non riusciva a comprendere –Perché parlate tutti come se mi
conosceste? Io non so chi siete.-
-Già, ancora no.- sorrise Ariel, iniziando a vagare
per la stanza togliendo dal letto le lenzuola sporche di sangue –Tra un’ora
sarà servita la cena, se posso darti un consiglio eviterei di fare sciocchezze.
Funziona come i nostri morsi.- spiegò, mostrando con un sorriso i suoi canini
appuntiti –Sono meno dolorosi se non ti opponi.-
Bonnie abbassò lo sguardo, cercando di trattenere le
lacrime che pulsavano con violenza nei suoi occhi –Mi… morderà di nuovo?- domandò,
stringendosi nelle proprie braccia nel tentativo di frenare i tremiti che l’avvolgevano.
-Povera piccola. È necessario.- rispose Ariel,
aprendo la porta che rivelò nuovamente la stanza piena di abiti –Ma forse non
serviranno molti morsi. Avverto già qualcosa, dentro di te. Presto te ne
accorgerai anche tu.- concluse. Bonnie avrebbe voluto chiedere di cosa stava
parlando, ma non ne ebbe la forza. Riusciva solo a pensare che avrebbe provato
quel dolore, di nuovo.
Era prigioniera di un essere che voleva qualcosa che
lei non capiva. Era alla sua completa mercé, lui poteva morderla, prenderle il
sangue, avrebbe potuto torturarla se avesse voluto. O ucciderla.
Nel silenzio, Ariel tirò fuori un abito blu scuro e
lo poggiò sul letto, aggiungendosi un girocollo di perle e un corpetto candido
da indossare sotto l’abito.
-Finisci il bagno e vestiti.- le disse chiudendo la
porta e poi riaprendola, facendo comparire l’abituale corridoio che portava
chissà dove –Non gli piace aspettare.-
Ariel uscì e Bonnie, rimasta sola, non riuscì più a trattenere
le lacrime.
Scossa da violenti singhiozzi si alzò, asciugandosi
con un asciugamano morbido che trovò accanto alla vasca. Ne uscì e indossò l’abito.
Odiava obbedire in quel modo, eppure non sapeva cos’altro fare in quel momento.
Se solo Damon avesse saputo dove cercarla…
“Credi che gli
interesserebbe?” domandò la voce dentro di lei, ricomparendo ancora più
forte del solito nella sua testa.
-Mi ha sempre aiutata.- singhiozzò Bonnie,
infischiandone se stava parlando ad alta voce con qualcosa che esisteva solo
nella sua testa –Mi ha sempre salvata.-
“Per Elena.
Perché lei ti vuole bene e lui la vuole. Lui la desidera, e si meritano a
vicenda.” Aggiunse la voce, beffarda “Tu
puoi avere di più. Tu avrai di più.”
-Oh, basta.- mormorò la rossa, allacciandosi il
corpetto con gesti rapidi: c’erano molti lacci e ganci, ma nonostante non ne
avesse mai indossato uno sapeva perfettamente come fare.
“Presto te ne
accorgerai anche tu. Molto presto.”
Bonnie la ignorò, cancellando via le lacrime dal suo
volto prima di indossare l’abito. Poi si sedette sul letto, gli occhi fissi
sulla porta.
Lui sarebbe venuto a prenderla e lei non poteva fare
altro che restare lì, in attesa del suo carnefice.
_____________________L’angolo di Jane
Eeeeeed eccoci qui! Questo capitolo è un po’ di
transizione ma… beh, qualche novità c’è! Sono curiosa di sentire le vostre idee
in proposito, davvero curiosa!
Intanto vi chiedo
scusa per il ritardo, so che inizia ad essere una cosa ripetitiva ma ho due
settimane per preparare due spettacoli e un esame e così… sono un po’ sommersa
+_+ dovrei imparare a decidere meglio i miei impegni, lo so :P
Al solito grazie a chi
commenta, a chi l’ha inserita tra le preferite, le ricordate e le seguite, e
anche chi legge in silenzio J
Ora vado: se lasciate
un commentino, io sono contenta!!
Quando la porta si aprì, Bonnie era già vestita di
tutto punto. Il vestito blu, proprio come quello che aveva indossato a pranzo,
aderiva perfettamente al suo corpo. Ciò che la turbava era la scollatura,
decisamente più profonda rispetto a quelle a cui era abituata la giovane
strega, e soprattutto l’intuizione del motivo per cui era fatta così:
guardandosi allo specchio si era resa facilmente conto che quell’abito lasciava
ben scoperta tutto il collo.
Il cuore iniziò a batterle più forte mentre si
voltava verso la porta e si fermò per un istante quando incontrò gli occhi
rossi del suo carceriere. La consapevolezza che l’avrebbe morsa di nuovo le
diede un tremito, ma fortunatamente per quel giorno sembrava aver esaurito
tutte le sue lacrime e riuscì a mantenere una parvenza di contegno mentre
l’essere la studiava con malcelato interesse.
-Sei bellissima, mia diletta.- la salutò, soddisfatto
–Sono lieto che tu abbia deciso di rimanere tranquilla.-
-Ho bisogno… vorrei… avrei delle domande.- riuscì a
dire Bonnie con voce tremante.
L’altro annuì –Mi stupirebbe il contrario. Non potrò
rispondere ad ogni cosa, è troppo presto, ma forse potrò soddisfare qualche tua
curiosità. Prima però vieni con me: hai perso molto sangue, devi mangiare per
tornare in forze.-
Perso, pensò Bonnie, era decisamente un ridicolo
eufemismo, ma decide di non essere polemica, anche perché non era certa di
riuscire a formulare un’obiezione in una lingua esistente.
Inspirò profondamente: aveva bisogno di tutto il
coraggio di cui possedeva per decidere volontariamente di avvicinarsi alla
creatura. Misurò i passi con attenzione, attenta che non fossero né troppo
esitanti né troppo rapidi, e lo superò entrando nella grande sala da pranzo che
aveva già visto.
Il grande tavolo era riccamente imbandito e alla
prima occhiata Bonnie riuscì ad individuare almeno cinque dei suoi piatti
preferiti. Tutto quel cibo avrebbe potuto tranquillamente sfamare un esercito,
ma quel pensiero fu messo da parte quando l’odore intenso delle pietanze la
raggiunse.
Non si era accorta di avere così tanta fame, ma in
effetti non aveva mangiato per tutto il giorno e aveva “perso”, come diceva
lui, molto sangue.
-Vieni, mia diletta.- l’essere le comparve accanto e
le porse una mano. Bonnie esitò vistosamente, ma lui non vacillò e non ritirò
il suo invito. La rossa avrebbe voluto procedere da sola, ma era lì per cercare
di capirci qualcosa e forse le conveniva comportarsi bene, così appoggiò la
mano su quella di lui.
Immediatamente la testa le girò e chiuse gli occhi,
ma non si trovò immersa nel buio. Vide qualcosa di familiare ma allo stesso
tempo sconosciuto: sentì l’odore del mare, una nave dalle grandi vele nere e
un’ombra scura stagliarsi contro l’orizzonte.
-Tutto bene?- domandò l’essere quando Bonnie riaprì
gli occhi. La strega annuì, confusa, e si lasciò condurre al tavolo. Lui le
scostò la sedia e, dopo averla fatta accomodare, si sedette accanto a lei.
Bonnie avvertì l’odore del cibo, ma si impose di non
prendere nulla prima di aver posto le sue domande, così si sforzò diincontrare quegli occhi rossi che la
scrutavano con attenzione –Vorrei sapere chi siete, come prima cosa.-
L’essere annuì –Questa è una domanda a cui posso
rispondere. Ma prima prendi qualcosa, mia diletta: ti spiegherò mentre mangi.-
Interdetta, Bonnie esitò nuovamente. Elena avrebbe
protestato e si sarebbe imposta, prigioniera o no. Perché lei non riusciva a
fare lo stesso?
-Sei quasi svenuta un attimo fa. Se accadesse, non
potresti farmi domande, non credi?- le fece notare il suo carceriere.
Ammettendo che il discorso sembrava sensato Bonnie cedette e si mise nel piatto
del pollo dal profumo delizioso. Iniziò a mangiare, sentendo che l’essere la osservava
con attenzione, e dopo qualche forchettata alzò lo sguardo su di lui per
ricordargli la sua domanda.
L’essere fece un cenno di assenso e le versò del vino
nel calice d’oro che aveva davanti a sé. Bonnie bevve, più per sfuggire a
quello sguardo intenso, e mentre assaporava quel liquido scuro e delizioso
l’altro iniziò a parlare.
-Ho molti nomi e vivo da troppo tempo per ricordare
qual è stato il primo. Mi chiamano Shiva, Raijin. Per alcuni sono Fenrir, per
altri Malsumis. Scegli tu il nome che preferisci.-
Bonnie annuì, riprendendo a mangiare per evitare di
dover rispondere. In effetti ricordava solo il terzo nome che aveva detto,
Fenrir, perciò se proprio avesse dovuto chiamarlo in qualche modo decise che
avrebbe usato quello. Tuttavia, finché le era possibile, preferiva evitare
quelle confidenze.
-Ho risposto alla tua domanda, mia diletta?-
-Non del tutto, in realtà.- rispose Bonnie d’istinto,
accorgendosi solo dopo che forse aveva osato troppo. Lanciò un’occhiata
all’essere, a Fenrir, e avvertì un forte
senso di sollievo quando vide che sorrideva mentre continuava ad osservarla.
Distolse lo sguardo e bevve, chiedendosi vagamente quando aveva riempito
nuovamente il bicchiere, poi lo poggiò sul tavolo e andò avanti –Perché mi
chiami mia diletta?-
-Perché è ciò che sei.-
-Io non ti conosco.- ribatté la ragazza.
-Al momento no, non mi conosci.-
Bonnie sbuffò –Queste risposte non fanno che
confondermi di più.-
-Presto tutto sarà chiaro. Hai ancora sete?-
Senza pensarci la ragazza prese il bicchiere, di nuovo
pieno, e lo svuotò. Il vino aveva un sapore ottimo, fresco, con un retrogusto
che non aveva mai sentito ma che le ricordava qualcosa. Le sembrava di averlo
già sentito quel pomeriggio, quando si era svegliata e…
I suoi occhi corsero alla bottiglia e solo in quel
momento notò che un liquido più scuro galleggiava nel vino rossastro,
disegnandovi leggere volute nere.
Balzò in piedi e la sedia crollò alle sue spalle con
un violento tonfo. Bonnie avrebbe voluto voltarsi e fuggire a gambe levate, ma
il vino le era salito alla testa e le pareva che il mondo si fosse messo a
roteare furiosamente attorno a lei.
Si sentì cadere ed era già pronta al contatto col
suolo, ma non accadde. Immediatamente capì che era stato Fenrir a sostenerla e
si agitò per liberarsi –No! Cosa… cos’era… mi hai avvelenata!-
-Decisamente controproducente per i miei piani, mia
diletta.- scosse il capo l’essere –Non è veleno quello che ho aggiunto al
vino.-
Bonnie avrebbe voluto chiedere cosa fosse, ma non ci
riuscì. Doveva impiegare tutte le sue forze per riuscire a rimanere sveglia,
non voleva assolutamente addormentarsi in quel momento, rimanendo in balìa del
suo rapitore. Non che in quel momento fosse in grado di difendersi, ma ci
capiva già poco e non voleva perdersi nulla di quello che succedeva.
Si sentì sollevare e si trovò in braccio a Fenrir,
mentre la trasportava nella sua stanza. Quel movimento troppo rapido e
improvviso le fece girare la testa e chiuse gli occhi.
La notte era
buia e Bonnie sentì un lupo ululare in lontananza. Uscì sul piccolo balconcino
della torre e i suoi occhi si persero ad osservare la linea netta
dell’orizzonte.
-Non manca
molto.- la giovane si voltò al suono della voce familiare di Fenrir e vide
l’uomo a pochi passi da sé, nella penombra della stanza da letto che era stata
assegnata loro –Pochi giorni e la città sarà nostra, mio amore.-
Sul viso di
Bonnie si disegnò un sorriso soddisfatto –Pochi giorni? Ne sei certo?-
-Se il giovane
principe morirà, si scatenerà una guerra che non avrà alcun vincitore. E il
principe morirà.- si avvicinò a lei e le fece alzare il viso, baciandola –Hai
fatto il tuo lavoro molto bene, come sempre, mia diletta.-
Proprio in quel
momento un suono ridondante squarciò il silenzio della morte. Il grido di
dolore della regina sovrastò le campane che annunciavano la morte del principe.
Bonnie si sentì invadere da una fiera esultanza e strinse la mano di Fenrir,
che subito la strinse a sé.
Bonnie si svegliò d’improvviso e cercò di alzarsi, ma
si rese conto di essere avvolta da una stretta decisa e ricadde indietro,
poggiandosi contro qualcosa di solido alle sue spalle e richiudendo gli occhi.
Sentiva una lieve tensione alla pelle, ma non era doloroso. Non sapeva come
definirlo e, in verità, non si sentiva nemmeno abbastanza sveglia da riuscire a
trovare le parole adatte per definire qualsiasi cosa. Così decise di non
indagare ulteriormente e si lasciò scivolare nel nulla.
In pochi istanti il leggero bruciore si trasformo in
un formicolio appena accennato, dopodiché divenne una piacevole carezza e
Bonnie si lasciò cullare, addormentandosi in pochi minuti.
***
Meredith si staccò da Damon e barcollò, cercando di
non cadere. La velocità dei vampiri era decisamente comoda, ma per un essere
umano era difficile sopportare un viaggio in quelle condizioni.
Elena era molto più tranquilla: probabilmente il
periodo della sua vita in cui era stata una vampira l’aveva abituata a
quell’esperienza.
-Dio, è davvero… imponente.- mormorò la bionda, e
Meredith seguì il suo sguardo per capire a cosa si riferisse.
La fortezza era enorme, imponente. Solide mura di
cinta si stagliavano davanti a loro, intervallate da decine di torri che
svettavano verso il cielo plumbeo. C’erano numerose finestre, la maggior parte
con vetri scuri, e come aveva preannunciato Phos un fossato circondava la
struttura. Era pieno d’acqua, ma non era molto largo e non sarebbe stato
difficile superarlo con le doti da vampiro di Damon e, magari, le ali di Elena.
Damon osservava il luogo con occhi attenti, le
orecchie tese nel tentativo di cogliere qualcosa, qualsiasi cosa, dall’interno.
Non osava sperare di sentire la voce del suo Pettirosso, sapeva che nonostante
tutto avrebbe potuto essere morta e, anche se non riusciva a concepire quella
possibilità in modo concreto, non voleva illudersi di trovarla viva.
-Allora? Io posso volare dall’altra parte e posso
portare Meredith.- annunciò Elena, pratica –E tu puoi saltare dall’altra parte,
Damon. Andiamo?-
Il vampiro esitò, cosa che lo sorprese. In genere
preferiva di gran lunga agire che pensare, ma in quel momento decine di domande
lo bloccavano. Non vedeva nessuno sulle mura, la sua vista da vampiro pareva
assicurarle che non c’erano guardie o vedette, ma se non fosse stato così?
Se qualcuno li avesse visti entrare e avesse
avvertito il padrone del castello cosa avrebbero fatto a Bonnie? L’avrebbero
portata in un altro posto o…
Scosse il capo. Doveva smetterla, tutti quei pensieri
lo stavano confondendo, non era più lucido.
-Damon?-
La voce di Meredith, un po’ esitante, lo fece
sobbalzare, segno che la sua lucidità era decisamente in pericolo –Sì, Miss
Inquietudine?- domandò, acido.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo –Cosa ne pensi?
Il portone è aperto.- gli fece notare, accennando al varco nelle mura oltre al
fossato.
Damon osservò il castello ancora per qualche istante,
poi annuì –Andiamo.- annunciò, e in un balzo era dall’altro lato del fossato.
Mentre le due ragazze lo raggiungevano Damon si avvicinò al portone e i suoi
occhi scrutarono l’oscurità dell’ingresso.
Senza curarsi di assicurarsi che le due lo
seguissero, entrò.
***
Bonnie si svegliò ed inspirò profondamente.
Si mise a sedere sul letto e sobbalzò quando vide
Fenrir seduto comodamente sulla poltrona di fronte a letto, un sorriso sul viso
e gli occhi rossi fissi su di lei, ardenti.
Quello sguardo fece scattare qualcosa dentro di lei e
quando parlò non si rese conto di ciò che stava dicendo finché le parole non le
uscirono dalle labbra –Ci siamo quasi.- mormorò, con una voce che era la sua ma
che aveva allo stesso tempo qualcosa in più.
Il sorriso di Fenrir si allargò –Già, mia diletta… lo
senti?-
Bonnie annuì e si mise in ginocchio sul letto –Ancora.-
mormorò con un filo di voce.
-Ne sei certa? Puoi farcela?-
-Non manca molto.- sorrise Bonnie, tendendo una mano
verso di lui. Non era un movimento che avrebbe pensato di fare, non erano
parole che avrebbe immaginato di pronunciare, eppure ogni fibra del suo corpo
le dicevano che erano quelle giuste –Sto tornando.-
Fenrir si alzò e in un attimo le fu accanto. Le fece
scivolare un braccio attorno alla vita e Bonnie si trovò stretta contro il suo
corpo. Alzò la testa, liberando il collo dai ricci rossi, e i denti dell’essere
le perforarono la carotide.
Bonnie chiude gli occhi, sentendo il fluido freddo e
denso entrare in lei, scivolare nel suo sangue e risvegliare i ricordi dal
torpore in cui li aveva risposti.
___________Angolino di Jane
Stavolta ho battuto un
record: ritardo non solo per l’aggiornamento ma anche per rispondere alle
recensioni! Non è un record di cui vantarsi ma insomma, ci si accontenta,
giusto?
Giusto?
Ok, no. Chiedo
perdono, come sempre :P Ma spero che il capitolo vi piaccia e che vogliate
lasciare un segno del vostro passaggio, anche se a me fa piacere anche chi
legge in silenzio ovviamente, solo che… beh, non posso saperlo, quindi non
posso ringraziarvi!
Considerando che sono
reduce da lezione all’uni – dare ripetizioni di
algebra – scrivere la tesi, forse e meglio che io la smetta di blaterare prima
di farvi dubitare della mia sanità mentale. Quindi, un bacione a tutte!!
Jane
PS: Volevo dedicare questo
capitolo a Little Redbird: come sai adoro letteralmente
la tua storia e… boh, non so perché ho scelto proprio questo capitolo, forse perché
tutti i nodi iniziano a venire al pettine, non so!
L’ingresso del castello era una grande stanza priva
di qualsiasi illuminazione, nonostante ci fossero diversi portacandele sparsi
qua e là. Il pavimento lucido si allungava fino a una grande scalinata, da cui
se ne dipartivano quattro che salendo si diramavano ancora, ancora e poi
ancora, creando un intricato gomitolo di gradini che si sollevava verso l’alto.
Attorno a loro, sui freddi muri di pietra, si aprivano decine di porte ad arco
intervallate da enormi gargoyle neri.
-Questo… è un labirinto.- mormorò Elena, guardandosi
attorno senza curarsi di celare la preoccupazione che provava –Come facciamo a
capire dove andare?-
Meredith esitò per un istante, altrettanto turbata.
C’erano decine di strade possibili e per quanto ne sapevano era possibile che
si dividessero ulteriormente. Ora capiva perché non c’erano difese: una volta
nel castello non perdersi era impossibile, senza una guida.
-Forse dovremmo… non so, trovare qualcuno che conosca
il castello e tornare?- propose Elena.
Lo sguardo di Meredith si posò su Damon: il vampiro
non si stava guardando attorno come loro, aveva gli occhi scuri fissi su una
delle porte alla loro destra e la fissava come se qualcosa lo stesse chiamando
dalla soglia, come se avesse visto qualcosa che a loro non era visibile.
Le parole di Phos le tornarono in mente quasi all’improvviso,
come un flash. Il mago le aveva detto di assicurarsi che Damon non tentennasse,
dunque in quel momento toccava a lei agire, aiutarlo a rendersi conto di ciò
che sapeva.
-La senti, Damon?- domandò. Il vampiro sobbalzò
sentendo quella frase, ma non si voltò e continuò ad osservare la porta,
incerto.
-Sentirla?- domandò Elena, accigliandosi –In che
senso sentirla?-
Meredith sbuffò, alzando gli occhi al cielo e senza
rispondere continuò a rivolgersi a Damon –Sai dove dobbiamo andare, Damon?-
Era strano per Meredith vedere quell’espressione sul
viso del maggiore dei Salvatore. I suoi lineamenti erano contratti, ma non
dalla rabbia come era abituata a vedere. Non era sicuro di ciò che stava
facendo e, anche se stava facendo di tutto per nasconderlo, alla ragazza era
incredibilmente chiaro che era paralizzato dalla paura di sbagliare.
-Damon, sai dove andare.- affermò, facendo
chiaramente capire che quella frase non terminava con un punto di domanda –Bonnie
è qui e dobbiamo andare a prenderla.-
Il vampiro serrò le mani in due pugni, nascondendo il
tremito che gli attraversava il corpo. Non capiva perché si fosse bloccato in
quel modo: le sfide non l’avevano mai spaventato, anzi ne era attratto e spesso
era lui stesso a provocarle. Eppure, in quel momento, l’idea di poter prendere
una strada sbagliata lo terrorizzava. Il che era ridicolo, perché lui non aveva
paura di nulla.
Certo, avrebbero potuto passare l’eternità a
girovagare per i corridoi di un castello misterioso, ma non era questo a
spaventarlo. Il pensiero che lo tormentava, che gli impediva di muoversi, era
che se avesse sbagliato strada non sarebbero arrivati in tempo per salvare l’Uccellino
e lei sarebbe rimasta in balìa del mostro che gliel’aveva portata via.
-Non sa dove andare, non lo vedi?- esclamò Elena,
interrompendo il flusso dei suoi pensieri –Dobbiamo trovare qualcuno che ci
aiuti. Se ci perdiamo in questo castello non solo perderemo Bonnie, non
riusciremmo nemmeno a salvare Stefan.-
-No.- la zittì Meredith con sicurezza –Non abbiamo
bisogno di nessuno. Damon, tu puoi trovarla. Sei entrato in contatto con lei,
sei l’unico a poterla trovare. Damon!- aggiunse –Bonnie conta su di te.-
Meredith non aveva pensato a quell’ultima frase, l’aveva
pronunciata e basta. Sapeva che era la verità, aveva visto Bonnie affidarsi a
Damon più di una volta ed era consapevole che, nonostante tutte le evidenze
contrarie, Bonnie avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe gettata da un palazzo
senza paura se avesse saputo che Damon era nei paraggi.
Ma quelle semplici parole ebbero un effetto enorme
sul vampiro: la sua espressione cambiò, i suoi occhi si accesero di
determinazione e Damon camminò con decisione verso la porta che aveva puntato,
senza dire nulla.
-Ma… Damon, come puoi essere sicuro che…- cercò di
protestare Elena, ma Meredith la afferrò per un braccio e se la trascinò
dietro. Contro ogni aspettativa, stavolta era lei che si fidava di Damon ad
occhi chiusi.
Si inoltrarono in un corridoio, buio quanto l’ingresso.
Per le due ragazze ogni centimetro di quel percorso era esattamente identico a quello
precedente: il pavimento scuro, le pietre grigie delle pareti senza finestre, i
sostegni con le torce spente, l’odore di chiuso e di umidità.
Damon, però, vedeva qualcosa di più. C’era davanti a
loro un lieve filo di luce bianca, una striscia che segnava la strada giusta e
che emanava un leggero odore di fragole fresche e di… purezza. Era assurdo il
pensiero che la purezza avesse un odore e, se l’aveva, Damon era abbastanza
sicuro che non avrebbe dovuto riconoscerlo. Non era certo un esperto a
proposito di purezza, eppure poteva riconoscerlo con sicurezza: era quello che
rendeva il sangue di Bonnie diverso da tutti quelli che aveva mai annusato.
-Stiamo camminando da ore.- sussurrò Elena a Meredith
dopo un lungo, infinito tragitto –Sei sicura che sappia quello che stiamo
facendo?-
Meredith annuì frettolosamente, decisamente stranita
da quello scambio improvviso di posizioni tra lei ed Elena. Di solito lei
dubitava e l’amica la rassicurava sull’affidabilità di Damon, invece stavolta
era il contrario. Ma poteva accettarlo, se questo li avesse portati da Bonnie.
Improvvisamente, Damon si immobilizzò, accigliandosi.
-Che succede?- domandò Elena, preoccupata. Il vampiro
però non rispose e si inginocchiò.
La sua mano si poggiò sul suolo, sfiorando la luce
che da bianca stava lentamente mutando, scurendosi sempre di più. Il fascio
vibrò e si tinse di un intenso rosso sangue. L’odore cambiò, le fragole
rimasero intense come un attimo prima ma la purezza scomparve, sostituita da
qualcosa di diverso, potente e penetrante, che scivolò nelle narici di Damon
riempiendolo, quasi facendogli girare la testa.
-Damon?- lo richiamò Meredith, quasi timidamente –Damon,
cosa succede?-
-Non lo so.- rispose il vampiro con disarmante
sincerità.
-Hai perso la traccia?- insistette la ragazza.
-No. Non l’ho persa, c’è ancora, ma è... diversa.-
-In che sens…- fece per domandare Meredith, ma un
enorme boato interruppe le sue parole. Elena si sbilanciò in avanti e si
aggrappò a Damon mentre l’intero palazzo veniva scosso da quello che sembrava
un terremoto. Meredith perse l’equilibrio e cadde, ma si sentì afferrare dal
vampiro che era di nuovo in piedi e stava sostenendo anche Elena.
Improvvisamente tutto si fermò e nello stesso momento
le torce si accesero, tutte contemporaneamente, e di fronte a loro comparve una
porta di legno scura.
I tre rimasero immobili per diversi istanti,
osservandola con evidente indecisione. I muri vibrarono nuovamente e un nuovo,
violento boato li fece sobbalzare.
Sentirono un rumore alle loro spalle e si voltarono
tutti insieme, come un solo corpo. Elena si aggrappò con più forza al vampiro,
Meredith trattenne a stento un grido.
Un enorme muro cosparso di appuntiti paletti di legno
stava correndo verso di loro, senza lasciare possibilità di scampo se non la
porta appena comparsa.
Tutti si buttarono contro la maniglia, spingendo con
tutte le loro forse, ma questa rimase chiusa nonostante la potenza di Damon.
-Oddio, no!- gridò Elena, voltandosi e spingendo con
più insistenza e disperazione. Damon afferrò le due ragazze e si gettò contro
la porta con tutta la forza di cui disponeva, ma non fu necessario. Questa si
spalancò come di sua spontanea volontà e i tre ruzzolarono su un pavimento
lucido e freddo.
Il muro di paletti scomparve dietro di loro in una
nube di fumo grigio e un lieve applauso, proveniente da un punto imprecisato
della sala in cui erano finiti, attirò la loro attenzione.
***
La stanza in cui erano finiti era completamente nera
e alle pareti prive di finestre erano appesi numerosi tendaggi color sangue. La
stanza era vuota, fatta eccezione per quelli che sembravano due grandi troni di
pietra scura, ornati di cuscini scarlatti.
Alzandosi in piedi, Damon notò che uno dei due sedili
era occupato da un uomo.
-Dov’è?- domandò immediatamente, mentre le due ragazze
si alzavano facendo un po’ più di fatica.
Lo sconosciuto lo guardò con una scintilla d’ironia negli
occhi rossi come tizzoni ardenti –Non mi sembra molto cortese insinuarsi in
casa mia e fare domande senza nemmeno essersi presentati.- commentò, senza
scomporsi –Una fortuna che io vi conosca già. La bella Elena, colei che tutti
desiderano. Meredith, con il suo bagaglio di segreti. E infine… Damon
Salvatore, il vampiro che non sa tenersi ciò che definisce suo.-
Un ringhio salì alle labbra del vampiro, già in
posizione di attacco –Ho chiesto dov’è Bonnie.- ripeté –Non so chi sei e non mi
interessa, ma rivoglio la mia strega. Immediatamente.-
Sul viso di Fenrir aleggiò un sorriso soddisfatto –Tua,
tua, tua. Non mi sembravi così preoccupato per lei quando il mio uomo è venuto
a prenderla… mi sbaglio, Salvatore?-
-Ma ora sono qui per riprendermela. Lei è mia e la
rivoglio, ora.- ripeté. Sapeva che
non avrebbe ottenuto nulla, l’aveva rapita e non si sarebbe smosso così
facilmente, ma c’era qualcosa in quella situazione che lo innervosiva.
Era stato troppo facile arrivare fino lì, doveva
esserci qualcosa sotto e anche se era dura per lui ammetterlo aveva paura che
fosse qualcosa che non voleva sentire. Aveva paura di scoprire che era troppo
tardi, che Bonnie era morta.
Come avrebbe potuto accettarlo? Come avrebbe potuto
sopportarlo?
-Allora siete qui per la vostra amica, se ho capito
bene.- continuò Fenrir –Dunque…-
Fece un gesto vago con la mano e una porta che
nessuno di loro aveva notato fino a quel momento si aprì, lasciando entrare
Castiel. Quando Damon lo vide ringhiò nuovamente, ma Fenrir lo ignorò –Portala qui,
Castiel. Ha… ospiti che la attendono.-
Castiel scomparve nel buio di un corridoio e Damon
osservò Fenrir con gli occhi ridotti a due fessure –Se le hai fatto del male,
io…-
La minaccia cadde nel vuoto, incompleta, perché il vampiro
venne attratto dal suono di passi che provenne dal corridoio.
Castiel spinse dentro Bonnie, che cadde in ginocchio
sul pavimento, e Damon sentì il suo cuore morto spezzarsi. La ragazza era
pallida, magra e indossava un vestito stracciato, sporco di sangue come la sua
maggior parte del suo esile corpo. La pelle era cosparsa di ferite e i polsi
sottili erano stretti da catene arrugginite che tintinnavano ad ogni tremito
che la scuoteva.
Immediatamente Damon scattò. Era convinto che
qualcuno sarebbe intervenuto per fermarlo, invece si trovò accanto alla ragazza
e riuscì a stringerla a sé con un istinto di protezione che non credeva di
possedere.
Nonostante tutto si sentì sollevato, con il suo
Uccellino stretto tra le braccia. Era viva e tutto sarebbe andato bene, ora. L’avrebbe
portata a casa e l’avrebbe protetta con tutte le sue forze, nessuno gliel’avrebbe
più portata via. Nessuno l’avrebbe più ferita.
–Andrà tutto bene.- le sussurrò, stringendola di più
a sé.
-Ma certo che andrà tutto bene.- sorrise Bonnie,
sciogliendosi dall’abbraccio e facendo un passo indietro. Damon sentì un
brivido, la sensazione che tutto sarebbe andato storto, che qualcosa si sarebbe
spezzato. Bonnie fece un gesto e il sangue e le ferite scomparvero. Sorrise al
vampiro mentre un abito blu scuro, ricamato d’argento, prendeva il posto degli
abiti stracciati –Per noi, almeno.- aggiunse con un sorriso in cui aleggiava
una sfumatura di crudele soddisfazione.
___________________L’angolo di Jane
E rieccomi a
voi! Sempre ritardataria, ma ormai l’avete capito :P
Però peròperò, ho anche una buona
notizia con cui farmi perdonare: ho avuto un idea per la mia prossima long su
TVD ùù Credo che pubblicherò il primo capitolo,
giusto per vedere se gradite, e poi aspetterò di finire questa per aggiornarla,
che ne dite??
Detto ciò, come
al solito non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni che sono sempre
bellissime J
Un bacione e
grazie mille a tutte voi che continuate a seguirmi, sia commentando che
silenziosamente!!
Il mondo intero sembrava aver interrotto la sua
rotazione e il tempo, che per un attimo era sembrato un compagno favorevole, si
era ritorto contro Damon in un modo che non riusciva a concepire. Le ore, i
minuti e i secondi si erano congelati, stringendosi attorno a lui in un vortice
opprimente che non gli permetteva di pensare, né di capire.
Bonnie era lì, di fronte a lui, con un ghigno che
stonava decisamente con i dolci lineamenti del suo viso a cuore. I capelli
rossi le ricadevano sulle spalle, lasciate parzialmente scoperte dal vestito
scuro che le avvolgeva il corpo in modo sensuale, ma troppo provocante perché
potesse essere da lei. Eppure sembrava a suo agio, come il vampiro non l’aveva
mai vista.
Damon sapeva che quella non era la sua streghetta. Il
suo Uccellino non l’avrebbe mai guardato con quegli occhi duri, con quel
sorrisetto che sembrava godere del loro sbalordimento. Eppure, contro ogni
logica, si sentiva meglio ora che lei era davanti a lui.
Era diversa. Le era successo qualcosa e avrebbe
voluto uccidere l’uomo che l’aveva rapita, che l’aveva cambiata così, eppure
era viva. Era viva, questo bastava per lui.
-Bonnie?- la voce di Elena risuonò stonata nel
silenzio che era calato quando la rossa si era scostata dal vampiro –Bonnie,
sembri… stai bene?-
La strega si voltò verso l’amica, un sorriso appena
accennato sulle labbra –Bene.- sussurrò, come se stesse soppesando il sapore di
quella parola, giocandoci e vezzeggiandola –Bene. Sai, Elena, in questo momento
mi rendo conto di quanto io sia stata stupida, in questa vita.- commentò,
muovendosi in modo leggiadro, quasi volteggiando per raggiungere Fenrir –Avevo
così paura dei miei poteri… che idiozia! Il potere è così bello, così
coinvolgente, così…- si fermò accanto a Fenrir, che la guardava con gli occhi
rossi brillanti –Vivo. Ora ho assaggiato il potere fino in fondo ed è così
dolce.- sorrise e Fenrir la attirò a sé.
-Levale le mani di dosso.- ringhiò Damon
immediatamente, senza riuscire a trattenersi quando vide l’essere che faceva
scorrere le mani sul corpo della sua streghetta in quel modo possessivo. Immediatamente,
con il movimento di una sola mano, Fenrir fece comparire delle lance appuntite
che si posizionarono attorno al gruppetto, le appuntite lame dirette verso di
loro, minacciose.
Fenrir scosse il capo, sul viso un ghigno divertito
che Damon avrebbe tanto voluto cancellare con un pugno –Ah, Salvatore.
Dev’essere terribile accorgersi di ciò che si desidera quando ormai è troppo
tardi, non è vero?- domandò, attirando Bonnie sulle sue ginocchia. La ragazza
si lasciò stringere, quasi facendo le fusa –Posso ucciderli io?- domandò con
voce entusiasta, un gran sorriso sul viso, guardandoli con un divertimento
tanto puro da essere terrificante –Ho così tanti nuovi poteri da sperimentare.
Prima per errore ho fatto appassire un fiore.- si voltò e studiò i suoi tre
vecchi amici con occhi accesi –Chissà cosa accadrebbe se lo provassi su Elena.-
-Sarebbe senza dubbio interessante, mia diletta.-
concordò Fenrir, senza distogliere da Bonnie uno sguardo quasi adorante.
-Già.- mormorò la rossa, sciogliendosi dall’abbraccio
dell’essere e avvicinandosi di qualche passo al gruppetto, muovendosi attorno a
loro, tra le lance che si scostavano al suo passaggio. Damon non poteva evitare
di seguirla con lo sguardo, spaventato ma al contempo sbalordito dalla
trasformazione di Bonnie: l’uccellino era diventato un’aquila oscura, imponente
e fiera. Odiava vederla in quel modo, quello non era il suo pettirosso, eppure
c’era qualcosa che apprezzava in quel cambiamento. Era più consapevole di sé stessa,
dei suoi poteri, della sua bellezza, ed era come se attorno a lei si fosse
accesa una luce nuova che avrebbe trovato irresistibile in un’altra situazione.
-Chissà cosa resterebbe di te, se la tua bellezza
sfiorisse?- domandò, rivolgendosi direttamente ad Elena e studiandola come un
predatore –Chissà se tutti ti troverebbero ancora così perfetta. Magari lo
diventeresti davvero: senza i tuoi bellissimi capelli biondi, privata dei tuoi
lucenti occhi azzurri, forse saresti costretta a guardarti davvero. Magari
anche gli altri vedrebbero la vera Elena Gilbert.- sorrise, lanciando uno
sguardo a Damon –Chissà se i Salvatore si innamorerebbero comunque di te, se tu
non fossi più la ragazza d’oro.-
Elena indietreggiò, colpita dalla durezza di quelle
parole e spaventata dallo sguardo infuocato di Bonnie. Meredith intervenne
prontamente –Bonnie, questa… non sei tu. Tu non vuoi farci del male… siamo le
tue migliori amiche.- tentò, guardando Damon si sottecchi nella speranza che il
vampiro intervenisse. Tuttavia sembrava distaccato dalla realtà. Gli occhi
fissi su Bonnie, era completamente immobile e muoveva solamente le pupille, che
seguivano ogni minimo movimento della rossa –Tu non sei così. Tu sei buona, sei
la persona più buona che io conosca.-
Bonnie si voltò verso di lei, ignorando Elena. Per un
istante non fece nulla, poi scoppiò a ridere, una risata profondamente
divertita che la scuoteva dal profondo.
-Oh, Meredith, quanto hai ragione.- esalò –Lo sono
stata, sono stata tanto buona da essere ingenua e tanto ingenua da diventare stupida.- sollevò una mano con un
movimento fluido e tra le sue dita crepitarono roventi scintille di
elettricità.
-Un istante, mia diletta.- la fermò Fenrir. Bonnie
chiuse la mano e si voltò verso di lui, imbronciata –Non posso ucciderli?-
-Ah, puoi decidere tu.- le assicurò Fenrir,
raggiungendola e stringendola a sé, gli occhi scarlatti fissi sui loro ospiti,
sui loro prigionieri –Ma non sarebbe più soddisfacente lasciarli… assistere al
tuo cambiamento? Alla realizzazione del nostro piano?-
-Piano?- esalò Elena –Cosa… cosa volete fare?-
Fenrir la ignorò –Allora, cosa scegli, mia diletta?-
domandò, accarezzandole i capelli e attorcigliandosi una ciocca di ricci
attorno alle dita.
Quel gesto, per Damon, fu la goccia che fece
traboccare il vaso della sua pazienza. Con un ringhio degno di un animale selvaggio
si slanciò in avanti, i canini che pulsavano di rabbia e le vene del collo che
pulsavano così violentemente da rischiare di esplodere. Si lanciò contro le
lance, incurante delle lame appuntite: non potevano ferirlo.
Invece le ferite, che comparvero a migliaia sulle su
braccia, gli strapparono un lamento intenso e cadde in ginocchio, tremando per
il dolore intenso.
-Damon!- strillò Elena, inginocchiandosi accanto a
lui –Che succede?-
-Ve…rbena.- esalò il
vampiro.
Meredith alzò lo sguardo verso Bonnie e sbarrò gli
occhi incontrando quelli color cioccolato della sua amica. Per poco un sorriso
non nacque sul suo viso, ma non ebbe il tempo di dire nulla.
-Hai ragione.- mormorò Bonnie –Sarebbe
insoddisfacente ucciderli ora. Che rimangano… che vedano.-
Fenrir lanciò un’ultima occhiata soddisfatta a Damon,
poi fece un gesto con il capo e tutto attorno ai tre ragazzi iniziò a roteare
rapidamente.
-No!- gridò Damon, balzando in piedi. Cercò di afferrare
Bonnie, ma tutto ciò che fide furono i suoi occhi, profondi e divertiti, poi
tutto scomparve.
***
Quando Meredith aprì gli occhi vide sopra di sé il
viso di Lady Ulma, preoccupato, con i begli occhi sbarrati.
-Oh, Meredith, sei sveglia. Cos’è successo?- domandò
la donna, aiutandola a sollevarsi –Siete comparsi improvvisamente dal nulla e
Damon…- indicò con circospezione un punto alle spalle della ragazza, che si
voltò.
Damon era furibondo, in modo più che evidente. Prendeva
a pugni un muro del palazzo, o almeno quello che ne restava: i primi assalti dovevano
essere stati fatali alla parete, che era in gran parte crollata. Elena, rossa
in viso, cercava di fermare il vampiro gridandogli di smetterla e di ascoltarla
–Damon, ora basta, smettila! Cosa ti prende??- gridò, decisamente poco
angelica.
Lady Ulma aiutò Meredith ad alzarsi e immediatamente
la ragazza, tranquillizzandola con un sorriso, si avvicinò ad Elena e Damon –Damon,
devi smetterla ora.- proruppe in tono pacato ma deciso.
Non ebbe effetto, tuttavia. Il vampiro, distrutta la
prima parete, passò a quella successiva e la colpì con violenza, soffocando un
grido furibondo.
Meredith inspirò profondamente –Damon, devi calmarti.
Devi calmarti subito, dobbiamo pensare a Bonnie, ha bisogno di noi.-
-Non è Bonnie.- ringhiò il vampiro, interrompendo
finalmente il suo attacco contro il muro per rivolgere la sua furia verso la
cacciatrice –Bonnie è morta. Sembra lei, si muove come lei, ma quella non è
Bonnie.-
Mentre pronunciava quelle parole, la voce di Damon si
spezzò e la sua furia sembrò placarsi. Il vampiro si lasciò cadere su una
poltrona, portandosi una mano alla testa come a voler nascondere il suo volto.
Elena lanciò uno sguardo a Meredith, sperduta. La
ragazza si fece coraggio, cercando le parole adatte, e si avvicinò a Damon,
inginocchiandosi di fronte a lui –Damon, non è così. È ancora lei… Bonnie è da
qualche parte, dietro quel muro di crudeltà.-
Dopo un secondo Damon alzò lo sguardo e Meredith
quasi si sciolse di fronte ai suoi occhi neri: non l’aveva mai visto così, era
come se si fosse spezzato e finalmente riusciva a vedere l’umanità che si
nascondeva dietro il mostro –Come lo sai.-
-Ho visto il suo sguardo quando sei stato ferito. Per
un istante… lei era di nuovo Bonnie. La conosco da una vita, Damon, devi
credermi. Ho pensato che sarebbe corsa ad aiutarti ma poi…- lanciò un’occhiata
ad Elena, cercando di non farla sentire in colpa –Elena si è inginocchiata
accanto a te ed è tornata ad essere quella che avete visto oggi.-
Cadde il silenzio. Damon abbassò il volto e Meredith,
poggiandogli una mano sulla spalla, avvertì un tremito. Quando rialzò lo
sguardo era di nuovo il solito Damon, deciso e duro.
-Dobbiamo tornare da Phos.- annunciò, e Meredith
avvertì che qualcosa in lui era profondamente cambiato. Con sollievo decise che
avrebbe potuto affidargli la salvezza di Bonnie senza preoccuparsi. Lui avrebbe
fatto di tutto per salvarla, per riaverla con sé.
_______________L’angolo di Jane
Sììì sì, sono in
ritardo. In genere le vacanze sono un periodo di riposo, ma non per la
sottoscritta. Esami, un paio di feste e qualche lavoro mi hanno portato via un saaaacco di tempo, ma alla fine sono tornata!!
Il capitolo è
un po’ di transizione, ma succede comunque qualcosa di rilevante. Come al
solito, aspetto di sapere cosa pensate!!
E grazie anche
a chi ha commentato il prologo della mia nuova storia J