Il Corvo e la Rosa

di Jane The Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** capitolo undicesimo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo: Il Corvo e la Rosa

Personaggi: tutti i personaggi principali

Timeline: inizia a cavallo tra il capitolo 11 e 12 di “L’ombra del male”, quindi nella Dimensione Oscura. Hanno trovato la prima chiave-volpe.

Warnings: long-fic, what if

 

 

 

 

Nella sua stanza al secondo piano della Villa di Lady Ulma, Bonnie si rigirò nel grande letto e abbracciò il cuscino, sbuffando. Proprio non riusciva a tranquillizzarsi, né poteva decidersi a scendere al piano inferiore. Avrebbe potuto dormire un po’, ma anche quello sembrava fuori discussione: i pensieri la tormentavano e, se chiudeva gli occhi, si accompagnavano a delle immagini che proprio non riusciva a sopportare.

Il legame tra Elena e Damon era sempre esistito, ne era consapevole, eppure le sembrava… anzi, era sicura che da quando Stefan era scomparso si fosse rafforzato e il maggiore dei Salvatore si stava conquistando sempre più prepotentemente un posto importante nel cuore della bionda.

Un posto troppo importante per i gusti di Bonnie.

Alla festa dell’Usignolo d’argento avevano trovato la chiave che cercavano, ma ne mancava ancora una per liberare Stefan. Non che la presenza del vampiro potesse cancellare quella di Damon, ma Bonnie sperava che il vecchio amore potesse distogliere Elena dall’attrazione di un nuovo sentimento.

A che scopo?” le domandò la sua coscienza con una vocina insolitamente fastidiosa “Se anche Elena tornasse da Stefan, Damon continuerebbe a volerla. È sempre stato così, fin da quando questa storia è iniziata, perché dovrebbe cambiare ora?

-Bonnie?-

La ragazza sobbalzò, accorgendosi solo in quel momento che Meredith era entrata nella sua stanza e si era fermata sulla porta, gli occhi fissi su di lei.

-Non ti avevo sentita entrare, scusa.- riuscì a sorridere.

-Tranquilla… lo so a cosa pensavi.-

-Da… davvero?- balbettò Bonnie, sbarrando gli occhi.

-Certo. Anche io sono preoccupata per questa cosa.-

-Anche tu?- domandò la strega, sempre più preoccupata.

-Beh, è ovvio. Spero solo che Elena non faccia qualche sciocchezza.- sospirò Meredith, sedendosi sul letto accanto all’amica che la osservava sempre più stupita –Insomma, sai com’è fatta. Se vedesse che Stefan è gravemente ferito, o qualcosa del genere, potrebbe farsi prendere dall’impulsività e cercare di liberarlo. Spero che Damon riesca a trattenerla.-

-Oh…- oh, ecco, di questo era preoccupata –Sì, infatti. Lo spero anche io.- si affrettò ad annuire Bonnie, abbassando gli occhi sulle lenzuola candide.

-Comunque, Lady Ulma mi ha mandata a chiamarti. Vuole prenderci le misure per gli abiti che indosseremo alla festa di Bloddeuwedd. Vieni?-

Bonnie si morse il labbro, lanciando un’occhiata alla grande finestra da cui filtrava la luce dello strano sole che illuminava la Dimensione Oscura –Sì, certo.- annuì, alzandosi dal letto e seguendo l’amica verso il piano di sotto.

Avevano appena sceso la grande scalinata centrale quando la porta principale si spalancò con malagrazia. Il primo ad entrare fu Damon, seguito da Elena, Sage e il dottor Meggar.

-Siete qui!- esclamò Bonnie –Avete visto Stefan? Come sta?- domandò poi, impaziente di avere notizie dell’amico. Damon non si curò di rallentare il passò, passò accanto a lei e Meredith e salì verso il piano superiore senza voltarsi né incrociare lo sguardo di nessuno. Sentirono una porta aprirsi e richiudersi con malagrazia e sia Bonnie che Meredith si voltarono verso Elena in cerca di spiegazioni.

-Stefan non… non sta molto bene.- spiegò la bionda mordendosi il labbro inferiore –E credo che Damon si senta in colpa.-

-Vorrei vedere.- commentò Meredith, guadagnandosi più di un’occhiataccia –Cosa? Alla fine, è colpa sua.-

-Ma sta… insomma, aiutando. Vuole rimediare, e…- balbettò Bonnie, maledicendosi. La sua capacità di eloquio non era mai stata grandiosa, ma in genere riusciva a formulare frasi abbastanza coerenti: quando parlava di Damon, però, riusciva a perdere anche quel briciolo di intelletto che le rimaneva, cosa che invece non accadeva ad Elena che rispose al suo posto –Damon sa di aver sbagliato ed è qui per questo. Non saremmo mai arrivate fino qui, se non fosse stato per lui.-

-Magari non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di venirci, in questo posto, se non fosse stato per lui.- alzò gli occhi al cielo Meredith –Ma non voglio discutere di questo, ora. Volevo solo dire che è normale che si senta in colpa: sarebbe più preoccupante il contrario.-

-Desolé, signore, di interrompere la vostra discussione.- intervenne Sage –Ma io vado, ho dei travail da fare… potreste salutare voi Damon per me, oui?-

-Ma certo, Sage.- sorrise Elena –Grazie per avermi accompagnato. Dottor Meggar, vuole pranzare con noi?-

-Ma certo, molto volentieri.- annuì l’uomo, mentre Sage si congedava.

-Allora ci aspetterebbe un attimo? Lady Ulma vuole prenderci delle misure… anche le tue, Elena.- intervenne Meredith, ma il suo sguardo rivelava le sue vere intenzioni. Voleva rimanere da sola con le due amiche: era ovvio che Elena aveva bisogno di sfogarsi dopo aver visto Stefan.

-Sì, ok.- annuì Elena, capendo al volo l’amica –La raggiungiamo subito, dottore.-

Bonnie esitò a seguire le due amiche e lanciò un’occhiata alla scalinata: sapeva che Elena aveva bisogno di sostegno in quel momento, eppure non poteva evitare che il suo pensiero vagasse in direzione di Damon. Forse anche lui aveva bisogno di sfogarsi.

“Certo, vai di sopra, di sicuro non aspetta altro che essere disturbato da te. Se fossi Elena, magari…”

Scacciò la voce fastidiosa dalla sua testa, ma la ascoltò: seguì Elena e Meredith, anche se non riusciva a non chiedersi cosa stesse facendo il maggiore dei Salvatore.

 

 

***

 

La taverna era buia e l’aria era pregna di un odore acre, di sudore misto a un vino di pessima qualità. Un demone di infimo livello teneva banco, bevendo avidamente da un boccale ricolmo –Non vi prendo in giro! Lui la frustava, e lei non faceva una piega, mai visto nulla del genere!-

-Visto no, ma sentito sì!- sbottò uno dei clienti –Storia vecchia, ormai, l’abbiamo già sentita tutti!-

Il demone lanciò un’occhiataccia all’avventore e tentò di continuare –Sanguinava, tutta la schiena era rossa, ma non ha emesso un gemito!- esclamò, ma ormai aveva perso l’attenzione di tutti: i clienti avevano preso a chiacchierare tra loro, senza più ascoltare ciò che stava dicendo. Sbuffò, finendo il suo vino in un solo sorso: avrebbe dovuto trovare un’altra storia, se voleva continuare a scroccare da bere. Afferrò il suo mantello e se lo strinse sulle spalle, dirigendosi verso l’uscita.

Aveva quasi raggiunto la porta quando sentì una stretta sul braccio. Si voltò, pronto ad aggredire chiunque avesse avuto l’ardire di fermarlo in quel modo, ma sbiancò non appena incontrò un paio di roventi occhi scarlatti.

-Co… cosa posso fare per voi, Signore?- balbettò.

-Siediti.- ordinò la creatura, ottenendo un’obbedienza immediata –Qual è il tuo nome?-

-Nakian, Signore. Se vi ho offeso in qualche modo voglio che sappiate che…-

-Taci e rispondi alle mie domande.- lo interruppe l’altro –I due di cui stavi parlando, chi sono?-

Nakian soppresse a stento un sospiro sollevato, rendendosi conto che il motivo per cui l’aveva fermato era il suo racconto –Un vampiro e una sua schiava, Signore.-

Sul volto del suo interlocutore si dipinse un sorriso soddisfatto –Dove posso trovarli?-

-Il vampiro ha comprato una proprietà poco fuori città. Dicono che abbia acquistato decine di schiavi e che li abbia liberati, per poi prenderli a lavorare per lui. Tranne tre ragazze: loro sono ancora sue schiave.- spiegò –Tra di loro c’è la ragazza del trucco con la frusta.-

-Sei stato molto utile, Nakian. Domani accompagnerai uno dei miei uomini alla loro proprietà.- era un ordine, non certo una domanda, ma Nakian pensò che fosse opportuno rispondere –Certo, Signore. Come desidera.-

 

 

Ebbene, ho deciso di lanciarmi in una long su questa serie di libri. Non mi è ancora del tutto chiaro cosa succederà, ma non è una novità quindi tranquilli!

Se vi va, lasciatemi un segno del vostro passaggio, è sempre ben accetto!

Jane

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


Capitolo primo

 

 

 

 

Il racconto di Elena sulla sua visita alla prigione fece rabbrividire Bonnie, oltre a farla sentire tremendamente in colpa.

Un suo amico era imprigionato, nelle grinfie di torturatori senza scrupoli convinti di rappresentare la giustizia, e lei credeva di avere il diritto di stare male? Avrebbe dovuto pensare solo a salvarlo, eppure quando a metà del racconto aveva sentito un rumore al piano superiore non era riuscita a non domandarsi cosa stesse facendo Damon. Aveva avvertito una forte scarica di emozioni quando il vampiro le era passato accanto e sapeva bene che non era un buon segno.

Lo stai facendo di nuovo, ti vuoi concentrare su Stefan?” si rimproverò, e tornò ad ascoltare Elena. La bionda era in piedi su un piccolo sgabello, mentre Lady Ulma le si affaccendava attorno per prendere le misure che le servivano, e raccontava ciò che era accaduto nella prigione con gli occhi ricolmi di lacrime e i lineamenti contratti in un’espressione di eroico coraggio –Stava molto male, ma credo… credo che stia un po’ meglio ora. Sono riuscita a fargli bere un po’ di Black Magic e mi è sembrato che avesse effetto. Anche il dottor Meggar ha detto che probabilmente è stato utile… può resistere un po’ più a lungo ora, ma non sopporto di dover aspettare tutto questo tempo. Se solo ci fosse un altro modo per entrare nel palazzo di  Bloddeuwedd senza aspettare la festa, mi sembra che manchi un’eternità.- sospirò, mentre scendeva dallo sgabello –Non ce la faccio più a stare qui senza fare niente, vorrei fare qualcosa subito.-

-Oh, assolutamente no!- esclamò Lady Ulma, allarmata, guardando prima Elena e poi le altre due ragazze –Non dovete fare niente di simile. Sarà già abbastanza pericoloso girare per la casa con un invito, ma entrarci senza permesso sarebbe un suicidio.-

-E se noi morissimo, chi salverebbe Stefan?- rincarò la dose Meredith, pratica come sempre –Dobbiamo fare le cose senza fretta, in modo da essere sicure di farle bene. Nel frattempo decideremo come agire una volta entrati nel palazzo…- dal piano di sopra provenne uno schianto, come qualcosa che si frantumava a terra. Bonnie sobbalzò, mordendosi il labbro. Elena abbassò lo sguardo, sospirando. Meredith invece alzò gli occhi verso il soffitto –Avevo pensato che potremmo chiedere a Damon se c’era modo di ottenere una pianta del palazzo di Bloddeuwedd, ma immagino che sia meglio aspettare un altro momento.-

-Credo anche io.- commentò Elena –Se non gli passerà abbastanza in fretta, gli parlerò io.-

Bonnie si morse la lingua per evitare di commentare mentre Meredith e Lady Ulma annuivano.

Lui farebbe tutto per Elena e lei ne è perfettamente consapevole, di cosa ti stupisci?” quel giorno, la sua coscienza era più fastidiosa del solito, così per farla tacere disse senza pensarci la prima cosa che le venne in mente –Ma Misao non ha parlato di una sala da ballo? La festa si terrà lì, immagino: sarà di sicuro nascosta benissimo, ma non dovremo girare tutto il palazzo, giusto?-

Meredith ed Elena si voltarono speranzose verso Lady Ulma, cercando una conferma, ma la donna scosse il capo –Non credo che sia così semplice, purtroppo. È un palazzo davvero enorme e credo che ci sia più di una sala da ballo. Non conosco questa Misao, ma i kitsune sono furbi, non avranno nascosto qualcosa di importante in un posto che tutti possono raggiungere.-

-Non mi sembrano così furbi, visto che ci hanno dato degli indizi.- commentò Meredith, stringendosi nelle spalle. Per un breve istante regnò il silenzio e fu Lady Ulma a romperlo, rivolgendosi alla rossa –Vieni, Bonnie, tocca a te.-

La ragazza obbedì e salì sullo sgabello, raggiungendo a stento l’altezza di Elena, e cercò di stare ferma mentre la padrona di casa le prendeva le misure segnandole su un quadernetto dalle pagine ingiallite. Tuttavia era piuttosto nervosa e finì che Lady Ulma dovette più volte ricordarle che non doveva muoversi.

 

***

 

Damon si guardò attorno, il respiro lievemente affannato. Una sedia di legno era stata l’unica vittima della sua rabbia, e ora giaceva a pezzi sul pavimento di marmo chiaro della grande stanza. Il vampiro era in piedi, le braccia lungo il corpo e le mani strette in due pugni talmente serrati che avrebbero potuto frantumare la maggior parte degli oggetti che aveva attorno.

Sentiva che al piano inferiore qualcuno aveva nominato il suo nome, ma non era abbastanza calmo da riuscire a concentrarsi su cosa stavano dicendo. Sarebbe potuto scendere e coglierli di sorpresa, spuntando dal nulla proprio mentre parlavano di lui, ma prima doveva riuscire a tranquillizzarsi.

E doveva mangiare, decise.

Sapeva che Elena detestava l’idea che si cibasse del sangue dei servitori, ma in quel momento non poteva importargliene di meno. Voleva solo mangiare, recuperare le forze necessarie a chiudere fuori tutte quelle insopportabili emozioni umane che lo bombardavano da ogni lato fin da quando aveva visto Stefan. Non poteva fingere di non capire cos’era: senso di colpa. Un sentimento che non si addiceva a un vampiro potente come lui, così uscì dalla stanza sforzandosi di non sbattere la porta per cercare una soluzione a quell’insopportabile sensazione.

Individuò immediatamente quattro servitori e li studiò da lontano con occhio critico.

 Due erano uomini: sarebbero andati bene in tempi di magra, ma potendo scegliere preferiva le donne, così vagliò le altre due. Una era una ragazzina, troppo giovane per i suoi gusti, ma la quarta era assolutamente perfetta. Doveva avere vent’anni, lunghi capelli biondi e occhi scuri: non ricordava chi fosse, ma era lì e lavorava per lui, quindi aveva tutto il diritto di prelevarle un po’ di sangue.

Attese che si separasse dagli altri e l’occasione arrivò prima di quanto sperasse.

Vide la giovane serva avviarsi lungo il corridoio a sinistra rispetto alla sua stanza e la seguì con gli occhi accesi dal piacere della caccia.

Quando furono in un corridoio abbastanza isolato smise di muoversi silenziosamente e fece sentire alla ragazza il rumore dei suoi passi. Lei si voltò, sobbalzando –Padron Damon… buongiorno.- lo salutò, tranquillizzandosi. Il vampiro non rispose, limitandosi a sorridere mentre le si avvicinava con passo deciso. La giovane capì subito le intenzioni del vampiro e d’istinto indietreggiò, ma era stata una schiava abbastanza a lungo da sapere che il morso di un vampiro era più doloroso se si lottava, così cedette immediatamente e un istante dopo Damon le teneva ferma la testa mentre i suoi canini si preparavano a perforarle il collo.

 

 

***

 

Quando ebbero finito di prendere le misure, Elena annunciò che avrebbe parlato da sola con il dottor Meggar: voleva tornare a trovare Stefan il più presto possibile e questa volta voleva essere preparata ad aiutarlo il più efficacemente possibile, aveva spiegato. Meredith era rimasta con Lady Ulma e così Bonnie, rimasta sola, si trovò ad avviarsi verso il piano superiore.

Non ti farà nemmeno entrare nella stanza, cosa pensi di fare?

-Oh, vuoi stare zitta per una volta?-

Ti rendi conto che se qualcuno ti vedesse parlare da sola ti prenderebbe per pazza, vero?

Bonnie sbuffò, salendo gli ultimi scalini. Ora anche la sua stessa coscienza la maltrattava, era arrivata a livelli sorprendentemente bassi.

Raggiunse la stanza di Damon, ma trovò la porta aperta. Accigliandosi fece per sbirciare all’interno, ma prima che potesse riuscirci avvertì una voce che richiamò la sua attenzione.

Era abbastanza sicura di aver sentito il nome del vampiro che cercava, così si diresse verso il punto da cui proveniva la voce. Un corridoio laterale, un po’ isolato rispetto al resto della casa, e fiocamente illuminato, al fondo del quale scorse due figure indistinte.

Strinse gli occhi per vedere meglio e il respirò le si bloccò nel petto –No!- esclamò, senza  nemmeno rendersene conto.

Damon era al fondo del corridoio e non era solo. Con lui c’era una ragazza, una serva, e lui la teneva bloccata contro il muro. Sentendo la voce di Bonnie, il vampiro si voltò verso di lei. Davanti agli occhi sbarrati di Bonnie, la scena apparve come il fotogramma di un orrido film: Damon aveva i canini allungati e gli occhi erano come due pozze nere, accecati dalla fame e da qualcosa che la rossa non riuscì a comprendere, ma non c’erano tracce di ferite sul collo della serva e questa consapevolezza svegliò qualcosa in Bonnie.

Mossa da un coraggio che non credeva di possedere, si avvicinò ai due –Damon… no!-

-Sono un vampiro. Perché nessuno di voi se lo vuole mettere in testa?- ringhiò Damon, ma lasciò la presa sulla ragazza –Ho bisogno di cibarmi.- sibilò a denti stretti.

-Certo che… certo che ne hai bisogno.- concordò Bonnie.

-Bene. Quindi sparisci, e tieni la bocca chiusa.- sbottò Damon, afferrando di nuovo la serva che emise un lieve singhiozzo.

-No, non puoi prendere il suo sangue. Lei non c’entra nulla!- protestò la rossa, chiedendosi da dove fosse spuntata quella testardaggine. E quel coraggio: da quando si permetteva di parlare a Damon in quel modo?  

Il vampiro sbuffò, esasperato –Cosa proponi di fare, allora?- domandò con sarcasmo.

-Ci… ci penso io.- disse Bonnie, in un mormorio tanto lieve che solo Damon, con il suo udito da vampiro, riuscì a sentirla.

E quelle parole lo colpirono.

-Cosa, Uccellino?- domandò, avvicinandosi a lei di un passo –Ho capito bene quello che stai… proponendo?-

Bonnie deglutì, sentendo distintamente le proprie guance tingersi di rosso –Sì, hai capito. Ora lasciala andare…- aggiunse, in una buffa via di mezzo tra un ordine e una supplica che in un altro momento avrebbero fatto sorridere Damon. Il vampiro si rivolse alla serva, che sembrava non avere chiara la situazione –Sparisci. Torna a fare il tuo lavoro, senza metterti a chiacchierare con nessuno, anzi…- la guardò negli occhi e Bonnie capì che la stava Influenzando –Dimenticati di questa ultima mezz’ora.-

-Sì, padron Damon.- rispose la ragazza con voce assente, per poi allontanarsi a passo lento e regolare. Damon portò i suoi occhi di pece sulla rossa, che arrossì ancora di più –A…allora?- riuscì a balbettare, sforzandosi di non distogliere lo sguardo.

-Fammi capire bene. Tu vorresti che io prendessi il tuo sangue?-

-Esatto.- confermò Bonnie, cercando di tenere la testa alta e di non far tremare la voce. Cosa che non le riuscì, ovviamente. Non mentre Damon la guardava con quello sguardo scrutatore.

Senza una parola, il vampiro le fece segno di seguirlo e si avviò lungo il corridoio. Bonnie obbedì e in pochi istanti giunsero davanti alla stanza che poco prima aveva trovato vuota: la luce del sole rosso filtrava debolmente attraverso i pesanti tendaggi, una sedia giaceva scomposta a terra e la giacca scura di Damon era stata malamente buttata in un angolo.

Bonnie entrò per prima e lui la seguì, chiudendosi la porta alle spalle. Senza voltarsi, Bonnie prese tra le mani i riccioli ribelli scoprendo il collo niveo e chiuse gli occhi, in attesa. Un istante dopo avvertì i movimenti di Damon: si fermò a pochi millimetri da lei, sfiorandole la schiena con il torace solido, e le sue mani le scivolarono lungo le braccia.

Mordendosi il labbro, Bonnie si impose di non muoversi. Damon le accarezzò le braccia con le dita gelide e la ragazza rabbrividì, avvertendo ogni minimo movimento del vampiro. Lui la fece appoggiare al suo petto e un istante dopo sentì le sue labbra sulla pelle sensibile del collo.

Bonnie trattenne il respiro, in attesa del dolore che non giunse, sostituito da un sussurro che la rossa riuscì a stento ad udire –Vattene, sciocco pettirosso.-

 

 

***

 

 

Nakian seguì lo schiavo del suo ospite fino ad una grande porta scura, decorata di elaborati alabastri d’argento.

Il suo ospite l’aveva sistemato in una stanza all’ultimo piano del suo grande palazzo, dov’era rimasto per la notte e per metà della mattinata: aveva iniziato a pensare che si fosse dimenticato di lui quando era arrivato un giovane schiavo, annunciando che era atteso.

La porta si aprì e si trovò in una stanza imponente, dai soffitti alti sostenuti da colonne intarsiate di un metallo scuro e luccicante. Il suo ospite era seduto su un grande trono nero, avvolto in un mantello di velluto: il cappuccio, tirato a coprire la testa, creava sul volto un ombra che nascondeva i suoi lineamenti. Gli occhi rossi, però, brillavano nell’oscurità come rubini insanguinati. Davanti a lui c’era un altro uomo, un vampiro alto e muscoloso, con il pallido torace nudo e un mantello color cobalto allacciato al collo con una spilla d’oro.

-Ecco Nakian, il nostro informatore.- lo accolse il padrone del palazzo, osservandolo –Tra poche ore accompagnerai Castiel alla proprietà che il vampiro che cerchiamo ha acquistato. E bada bene, niente scherzi.- lo avvertì –Sai che posso punirti con estrema facilità.-

Nakian deglutì, più che per le parole in sé per il tono con cui erano state pronunciate. Come se il suo ospite assaporasse già il dolore che gli avrebbe provocato –Non farò nulla di stupido, Signore.-

-Meglio per te.- disse l’altro –Castiel entrerà da solo, tu aspettalo fuori. Quando uscirà, se le tue informazioni si riveleranno esatte, ti darà la tua ricompensa.- concluse, per poi congedarlo –Ora vattene. Uno schiavo ti porterà il pranzo.-

 

 

 

____________Il mio angolino

Eeeeed ecco il nuovo capitoletto. Lo so, lo so, nulla è stato svelato, non picchiatemi :P

Voglio ringraziare tutti quelli che hanno commentato, messo la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite *-* quindi… grazieeeeee!

Non credo che aggiornerò sempre a questa velocità (giusto per non farvi illusioni) ma prometto che farò del mio meglio!

Oooora, spero che vi piaccia e che abbiate voglia di lasciare un segno della vostra lettura, che è sempre graditissimo ùù

Baci a tutte!!

Jane

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo

 

 

 

 

Bonnie sbarrò gli occhi, immobile nella stanza buia.

Damon aveva fatto un passo indietro e ora, senza il contatto leggero con il corpo del vampiro, lei si sentiva stranamente abbandonata. Sapeva che era sciocco, per lui non rappresentava assolutamente nulla e, se a volte le concedeva dei brevi istanti di contatto, di certo non nascondevano nulla di più. Anzi, faceva di tutto per ridurli al minimo: lo dimostrava il fatto che non l’avesse morsa, nonostante lei si fosse deliberatamente offerta.

Si sentì improvvisamente stupida, lì immobile con il collo scoperto e, a quanto pareva, decisamente poco invitante.

Starà ridendo di te: come puoi pensare che possa volere il tuo insulso sangue, quando al piano di sotto c’è quello di Elena?

-Il tuo sangue ha un ottimo odore, in realtà.-

Quasi sobbalzò, sentendo Damon rispondere ai suoi pensieri. Non ce la faceva proprio a ricordarsi che i vampiri potevano leggere nel pensiero. Si schiarì la voce, tentando di recuperare almeno un minimo di dignità –Non dovresti entrare così nella mia mente. Non posso avere un po’ di privacy?-

-Sei una strega. Potresti alzare le barriere psichiche e impedirmi di entrare.- le fece notare Damon con un sorrisetto ironico –Comunque, non credere che non berrei volentieri il tuo sangue, non è così.-

-Allora perché non lo fai?- domandò Bonnie, voltandosi verso di lui in una nube di ricci rossi –Dici che hai bisogno di mangiare, che sei un vampiro e tutte quelle cose lì, io mi offro e tu rifiuti?-

Damon scosse il capo, alzando gli occhi al cielo -Cos’è tutta questa impazienza di essere morsa, pettirosso? Sei forse masochista?-

-Non fa male, no?- ribatté lei –Insomma, non se io lo… se io lo voglio, giusto?-

Damon la osservò per un istante e i suoi occhi, scuri come la notte, brillarono mentre esaminavano la curva candida del collo di Bonnie. I canini si allungarono quasi immediatamente e il vampiro si avvicinò a lei, studiando il pulsare del suo sangue che correva a imporporarle le guance.

-No, pettirosso. O meglio, in genere è così. Ma oggi, immagino che non ti sia sfuggito, sono piuttosto arrabbiato. Potrei perdere il controllo e farti davvero male.- spiegò con pazienza, scostandole i capelli dal volto.

Bonnie sbarrò gli occhi a quelle parole –Non vuoi mordermi per non farmi male?- domandò, come se fosse un concetto troppo strano perché potesse concepirlo. Capì subito però di aver fatto un errore a dar voce a quel dubbio: la luce che aveva brillato fino a un istante prima nello sguardo del vampiro si spense, coperta da una nube di foschia spessa e grigia.

-Grideresti ed Elena sarebbe qui nel giro di un secondo.- sbottò in tono pratico –Non riuscirei a bere nulla e dovrei sorbirmi una ramanzina lunga e noiosa.-

-Giusto.- mormorò Bonnie, sentendo le lacrime che le pulsavano quasi dolorosamente negli occhi –Non sia mai che tu possa contrariare Elena.-

-Infatti, sarebbe decisamente controproducente.- confermò Damon, dandole le spalle per avvicinarsi alla grande finestra –Ora sparisci, pettirosso.-

Bonnie inspirò profondamente. Sarebbe voluta rimanere, urlargli contro, dargli uno schiaffo e in qualche modo scuoterlo da quella sua fissazione per la sua bellissima amica. Avrebbe voluto fargli notare che lì c’era anche lei, imporsi alla sua attenzione.

Ma chi prendi in giro? Vattene via, prima di scoppiargli a piangere davanti. Tanto è questo che stai per fare, no? La povera Bonnie non fa altro che piangere.”

Quella stupida della sua coscienza ce l’aveva con lei, a quanto pareva: cercando di non singhiozzare, Bonnie uscì dalla stanza di Damon senza guardarsi indietro, ma senza sbattere la porta.

La piccola, dolce Bonnie non sbatterebbe mai una porta, dopotutto.”

-Bonnie!-

La rossa chiuse gli occhi prima di voltarsi, sperando di asciugare le lacrime che minacciavano di sfuggire al suo controllo. Poi, con un sorriso poco convincente, si voltò verso la padrona di casa.

-Sì, Lady Ulma?-

-Ecco… le guardie hanno annunciato l’arrivo di un ospite e volevo avvertite Damon.- spiegò, lanciando un’occhiata incerta in direzione della porta della stanza –Ma forse sarebbe meglio che lo facesti tu. Visto il suo umore non vorrei disturbarlo.-

Bonnie esitò –Beh… possiamo aprire noi. Sarà Sage, no?-

-No, non è il signor Sage, ho chiesto alle guardie. Deve proprio accoglierlo Damon: è il padrone di casa, non sarebbe adeguato che aprissero la porta dei servitori… né tanto meno delle schiave. Elena è nel salotto ad ogni modo, se preferisci posso chiedere a lei se può…-

-No!- sbottò Bonnie, quasi brutalmente –No, posso chiamarlo io, non serve Elena per bussare a una porta.- Lady Ulma la osservò, un po’ stupita, e Bonnie arrossì rendendosi conto di essere stata decisamente maleducata –Scusate, Lady Ulma, non volevo essere…- si morse il labbro –Ora chiamo Damon.-

-Non serve, ho sentito.- la voce del vampiro colse entrambe di sorpresa e le due donne si voltarono verso di lui. Senza dire altro e senza incrociare lo sguardo di Bonnie le superò, scendendo le scale che conducevano al piano inferiore.

 

***

Elena si scambiò uno sguardo preoccupato con Damon, ma gli occhi del vampiro non le rivelarono nulla e così si accontentò di osservare l’uomo che lo seguiva.

Era alto, con le spalle larghe e il torace nudo, abbigliato solo di un paio di pantaloni marroni e un mantello blu scuro che si muoveva sinuosamente ad ogni minimo gesto. I suoi capelli erano rasati a zero e la nuca calva era percorsa da un reticolo fitto di tatuaggi scuri, che scendevano fino alle sopracciglia assottigliandosi gradualmente.

Non appena entrò nel salotto, gli occhi dello sconosciuto si posarono su Elena. Lei lo fissò a sua volta, come a voler dimostrare che non la intimidiva, nonostante i bracciali provassero la sua condizione di schiavitù. Ma anche se a un rango inferiore, Elena era comunque una regina e il suo portamento lo dimostrava in ogni istante.

-Venite, accomodatevi.- Damon indicò una sedia al suo ospite e gli si sedette di fronte, poi si rivolse a una delle serve che erano con Elena –Portaci una bottiglia di Black Magic.-

Lo sconosciuto stava già osservando Elena, ovviamente non poteva farne a meno, ma quando Damon diede quell’ordine nel suo sguardo si lesse chiaramente una domanda: con una schiava presente, perché Damon non mandava lei a prendere il vino? Il padrone di casa si accorse troppo tardi del suo errore e cercò di distrasse l’ospite da quella incongruenza –Allora. Lei è…-

-Castiel Hearling.- rispose il vampiro –Come ho spiegato alle sue guardie, signor Salvatore, ho un affare da proporvi.-

Damon annuì, segno che stava prestando attenzione.

-Si tratta di una cosa molto semplice, in realtà. Ho sentito che ha comprato molti schiavi.- i suoi occhi si mossero brevemente verso Elena –E credo che potrebbe essere interessato a quello che ho da proporvi. Uno dei miei collaboratori ha pensato ad un nuovo, interessante metodo per attirare schiavi nella nostra Dimensione, ma servono dei vampiri che viaggino da un mondo all’altro per metterlo in atto. E credo che lei potrebbe essere adatto allo scopo. Ovviamente, oltre alla ricompensa, potrebbe tenere per lei alcuni schiavi…- guardò Elena con un sorriso –Anche se certamente non troverete altre schiave al livello di quella che già avete.-

Damon strinse gli occhi a due fessure –Elena, vai di sopra, Lady Ulma ha bisogno di aiuto.- sbottò con voce monocorde.

Elena esitò, incontrando gli occhi di Damon. Avrebbe voluto protestare, invece si limitò a inviargli un messaggio mentale curandosi di usare la frequenza privata che condividevano “Non vorrai accettare un orrore del genere?”

“Tranquilla, Principessa, per chi mi hai preso?”

Annuendo impercettibilmente, Elena si voltò e uscì dalla stanza. Non appena ebbe allontanato il suo Angelo da Castiel, Damon tornò a concentrarsi su di lui e sull’affare che gli aveva proposto.

Non avrebbe accettato, ovviamente. Ma rifiutare era più difficile di quando Elena pensasse. Non aveva idea di chi fosse il vampiro che aveva davanti e non poteva certo essere scortese con lui, rischiando di scatenare una faida che avrebbe messo in pericolo l’intera missione.

-Posso chiederle perché ha pensato a me?- domandò –Non credo che abbia alcuna garanzia della mia affidabilità.-

-No. Ma può permettersi molti schiavi anche se poi, per chissà che motivo, li liberate. E a quanto ne sappiamo non passate molto tempo nella Dimensione Oscura: evidentemente siete abituato a viaggiare.-

Damon annuì mentre la ragazza a cui aveva chiesto il vino lo versava in lunghi calici scintillanti.

Bevvero in silenzio: Damon rifletteva, Castiel attendeva. Tutto era in bilico e Damon era convinto che anche l’altro lo stesse soppesando, proprio come stava facendo lui.

-La ringrazio molto per l’offerta.- disse alla fine, poggiando il bicchiere –Ma purtroppo ci sono altri affari che attirano la mia attenzione, al momento. Ma non appena li avrò conclusi può stare certo che la contatterò.- concluse, alzandosi e attendendo che l’ospite protestasse cercando di convincerlo ad accettare.

Non avvenne. Castiel si alzò e gli tese la mano, che Damon strinse.

-Aspetterò, allora.- concesse Castiel –Spero che perdiate l’occasione per qualcosa di importante.-

-Per qualcuno lo è.- annuì Damon –La accompagno.-

-Posso farvi una domanda, prima? Solo una curiosità.-

Damon annuì, sospettoso.

-Ho sentito di un vampiro e una schiava che fanno uno strano trucco con la frusta. Dicono che lei sia incredibilmente bella, come la ragazza bionda che avete come schiava…-

Damon si rabbuiò –Sì, siamo noi. Ma non ho intenzione di fare nessun trucco, in questo momento. Mi dispiace.-

-No, certo. Ero solo curioso.- sorrise Castiel, conciliante.

 

***

 

Bonnie era a metà della scalinata quando la porta del salotto si aprì. Si immobilizzò e fece per tornare indietro, ma era troppo tardi: era già nel campo visivo di Damon e prima che potesse muovere un solo passo anche il suo ospite, un vampiro alto e muscoloso, l’aveva vista.

Cercando di non arrossire, fece un breve inchino di saluto mentre lo sconosciuto la osservava, studiandola in un breve istante.

-Allora, la ringrazio per aver pensato a me.- esclamò Damon, indicando a Bonnie la porta con un cenno rapido del capo. La rossa capì che si aspettava che andasse ad aprirla e, nonostante le sembrasse assolutamente degradante, obbedì.

Chissà se ti avrebbe trattata da schiava, se fossi stata Elena?” domandò la voce dentro di sé mentre la ragazza superava i due vampiri e apriva la porta.

-Se ci ripensa, le sarà sufficiente chiedere di me alla Taverna Scarlatta: il locandiere sa dove trovarmi.- rispose lo sconosciuto, congedandosi. Non appena fu fuori, Damon chiuse la porta al posto di Bonnie e rimase fermo per un attimo, meditabondo.

-Chi era?- domandò timidamente la rossa, osservando il profilo del vampiro con curiosità. Damon si voltò verso di lei, quasi sorpreso che gli avesse rivolto la parola –Un… vampiro. Voleva propormi un affare… così ha detto, almeno.- spiegò, più che altro perché gli faceva comodo analizzare la faccenda ad altra voce.

-Così ha detto? Cosa intendi?- domandò Elena, spuntando all’improvviso dalle scale.

-Non ha insistito affatto.- spiegò Damon, osservando il suo angelo che si avvicinava a loro con grazia regale –Inoltre, non si è nemmeno disturbato di spiegarmi la cosa nei dettagli. È stato troppo vago. Inoltre, ti osservava con troppa attenzione e ha fatto una domanda sul trucco della frusta.- spiegò –Magari non significa niente, ma non voglio che tu esca in cortile da sola, e tanto meno in citta, finché non scopro qualcosa di più su questo Castiel.-

 

***

 

Nakian si tormentò le mani mentre osservava Castiel che si avvicinava a lui, il passo deciso e l’espressione del viso imperscrutabile, il mantello mosso dalla leggera brezza.

-Allora, avete visto che non mentivo?- domandò, ansioso. Se Castiel non avesse trovato la schiava che cercava, non aveva idea di cosa sarebbe potuto accadere.

-Sì, ho visto.- rispose Castiel, estraendo un sacco di monete dal pantalone e porgendolo a Nakian –Queste sono per il tuo silenzio: il mio padrone desidera che tu smetta di raccontare la storia della frusta. Anzi, se ti capita di sentirla, fai del tuo meglio per smentirla, sono stato chiaro?-

-Chiaro, chiarissimo.-

-Bene, ora sparisci.- sbottò, scacciandolo come un fastidioso insetto. Poi si incamminò verso delle vetture a nolo che attendevano clienti poco lontano e pagò un vetturino con una moneta d’argento perché lo portasse al palazzo del suo signore il più velocemente possibile.

Quando fu arrivato, si fece annunciare, e immediatamente fu accompagnato fino alla stanza del trono, dove lo attendeva il suo Signore. Ai suoi piedi era accucciata la sua maestosa tigre bianca, che alzò pigramente la testa osservando il nuovo arrivato con gli occhi di cristallo. Riconosciuto Castiel si appoggiò nuovamente a terra, continuando a seguirlo con lo sguardo mentre si posizionava di fronte al suo padrone e lo omaggiava con un inchino.

-Allora?- domandò immediatamente la creatura, impaziente –L’hai trovata?-

-Sì, mio Signore, non c’è dubbio.- annuì Castiel –L’ho riconosciuta immediatamente.-

Sul volto del padrone si dipinse un sorriso soddisfatto –Bene. Bene… dimmi, com’è?-

-Ha la bellezza di un angelo. Gli occhi come lapislazzuli e i capelli lunghissimi, biondi e…-

La creatura lo interruppe bruscamente, alzandosi in piedi di scatto, e dalle sue labbra uscì un ringhio a malapena trattenuto –Biondi?-

 

 

____________Il mio angolino

Ecco il nuovo capitolo!! Non ci sono molte risposte, ormai vi sarete abituate… ma forse inizia a delinearsi qualcosina :P

Venerdì parto per il mare, mi porterò il computer dietro ma ovviamente sarò un pochino più lenta J

Grazie a tutti quelli che hanno recensito, messo la storia tra le preferite, ricordate o seguite e anche gli legge in silenzio: spero che apprezziate anche questo capitolo, anche se è un po’ di transizione!

Se avete voglia di lasciare un segno della vostra lettura, positivo o negativo che sia, a me fa piacere!

Un bacione a tutti!!

Jane

 

 

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Capitolo 4
*** capitolo terzo ***


Capitolo terzo

 

 

 

 

Castiel esitò, preoccupato dalla strana reazione del suo padrone, che si era alzato e imperversava su di lui come un vulcano, gli occhi rossi che parevano eruttare lava ardente. La sua stessa voce, colma di rabbia e frustrazione, sembrava un susseguirsi di esplosioni –Vammi a recuperare quel sudicio, infimo verme di Nakian!- ringhiò –Vedrà cosa significa mentire a me!-

-Signore… mio signore.- tentò Castiel, rivolgendosi all’essere con una riverenza che non avrebbe usato con nessun altro –Con tutto il rispetto, non credo che Nakian abbia mentito. Il padrone della schiava ha confermato il loro trucco.-

Il padrone sembrò mettere da parte la sua ira verso il demone e scese i tre scalini che conducevano al trono. Iniziò a camminare avanti e indietro, ragionando tra sé, senza curarsi del cappuccio scuro che era caduto sulle sue spalle lasciando che la luce del grande Sole illuminasse il suo viso concentrato –Potrebbero essere biondi? Eppure, non è mai accaduto, lei ha sempre voluto mantenere almeno quel tratto… sono sempre stati rossi… è forse possibile che siano biondi, ora?-

-Mio signore.- intervenne Castiel, cogliendo solo in parte ciò che la creatura stava dicendo e tuttavia sperando di riuscire a calmarlo –La schiava che esegue il trucco delle frustate è bionda, ma c’era effettivamente un’altra schiava… l’ho vista solo di sfuggita, per un istante, ma ricordo per certo che i suoi capelli erano rossi.-

Il padrone si fermò e i suoi occhi color sangue si posarono sul suo soldato, osservandolo con attenzione, scrutandolo per accertarsi che il suo portamento non tradisse una menzogna –La guardia (*) ha parlato di tre schiave, ma ha detto che solo una era una sensitiva. Ha affermato con sicurezza che i suoi capelli erano rossi… credi che potrebbe essersi confuso?-

Castiel scosse il capo con decisione –Le due schiave che ho visto sono molto diverse tra loro. La ragazza delle frustate sembra un angelo, non potrebbe essere scambiata per un’altra.-

Annuendo impercettibilmente, il padrone distolse lo sguardo da Castiel e la sua mano corse sotto il mantello, cercando con sicurezza qualcosa nella tasca destra. Ne tirò fuori un medaglione dorato, ornato di pietre verde scure, e lo osservò per un istante –Che questo vampiro sia riuscito a ridurre in schiavitù due streghe così potenti? Già una è una rarità.- commentò, parlando a sé più che a Castiel –Ad ogni modo, non ha importanza. Sento che è qui e non può essere una coincidenza che questa schiava dai capelli rossi sia stata messa sulla mia strada.- presa la decisione si voltò verso il suo soldato –Agiremo fra tre notti, voglio che ogni cosa sia pronta. Domani, per maggior sicurezza, voglio che torni alla proprietà di questo sfrontato vampiro. Non mostrare alcun interesse per la ragazza rossa, ma cerca di imprimertela bene in mente.- concluse, per poi congedare Castiel che se ne andò immediatamente.

Riaprì la mano in cui stringeva il medaglione e ne osservò la superficie fine, intagliata in eleganti volute attorno alle cinque pietre preziose, e sul suo viso nacque un’espressione risoluta –Finalmente…-

 

***

 

Man mano che la festa di Bloddeuwedd si avvicinava, l’atmosfera nella villa di Lady Ulma si faceva più tesa. A volte sembrava che mancasse poco tempo, non abbastanza per ultimare tutti i preparativi e per essere sicuri di come muoversi. In altri momenti invece sembrava che il tempo si dilatasse a dismisura, scorrendo troppo lentamente e caricando l’intero gruppo di un’incontenibile impazienza.

Lady Ulma passava parecchio tempo a lavorare agli abiti per le ragazze: poiché la festa si sarebbe tenuta sia all’esterno che all’esterno, sarebbero stati più complicati da realizzare. Elena, Meredith, Bonnie e Damon, invece, studiavano il modo migliore per trovare la chiave-volpe senza attirare l’attenzione degli altri invitati, un po’ parlando tra di loro ma soprattutto da soli, mentre si occupavano di altre faccende più materiali, quotidiane e molto meno importanti.

Da parte sua, Elena impiegava diverse energie anche a pensare a Stefan e passò uno dei primi pomeriggi dopo la visita a parlarne con Bonnie e Meredith, sfogandosi e mentre Damon era fuori per cercare di recuperare le mappe del palazzo.

Bonnie, ascoltandola parlare del suo fidanzato e delle torture che sicuramente aveva subito, avvertì una grande fitta al cuore. Il dolore della sua amica era troppo sincero e profondo perché potesse lasciarla indifferente, inoltre voleva davvero bene a Stefan e se da una parte era grata di non averlo visto, perché non era certa che sarebbe riuscita a trattenere le lacrime, dall’altra avrebbe voluto potersi assicurare con i propri occhi che il suo amico fosse davvero vivo.

-Vedrai, ce la faremo.- disse Meredith in tono deciso, abbracciando Elena –Lo tireremo fuori da lì.-

-Lo spero, lo spero davvero.- mormorò Elena –Se dovessimo fallire, non so cosa farei senza Stefan… Damon!- esclamò la bionda, balzando in piedi.

Bonnie si morse la lingua, dicendosi che Elena aveva solo reagito all’ingresso di Damon.

Provvidenziale per completare la frase in modo adeguato, però. Di sicuro Elena non rimarrebbe sola a lungo. In effetti, non è sola nemmeno adesso che Stefan è in prigione.”

Cercando di soffocare quella cattiveria che non avrebbe dovuto appartenerle, Bonnie distolse lo sguardo mentre l’amica salutava il vampiro con un abbraccio.

-Hai trovato qualcosa?- la sentì domandare, e un attimo dopo vide che Elena si stava sedendo di nuovo con lei e Meredith.

-Non quello che cercavo, ma può andare comunque.- disse Damon, tirando fuori da una grande sacca nera una sfera stellata, che passò ad Elena. La bionda la prese tra le mani e, chiudendo gli occhi, se la portò alla testa. Dopo un istante la staccò e guardò il vampiro con occhi brillanti –Ma… è il palazzo di Bloddeuwedd?-

-Già.- annuì Damon –I ricordi di uno schiavo che ha lavorato a uno dei suoi ricevimenti. Dovrebbe esserci praticamente tutta la villa.-

-Oh, Damon, è fantastico!- trillò Elena, abbracciandolo.

“Di nuovo.”

-Ora possiamo fare dei piani sensati, finalmente! Controlleremo le sale da ballo e ce le divideremo… è perfetto!- Elena era già pronta a immergersi nei ricordi contenuti nella Sfera e a progettare i suoi soliti piani A, B, C e D, ma proprio in quel momento la porta sì aprì e una delle serve, la stessa che Damon aveva quasi morso due giorni prima, entrò timidamente nella stanza.

-Padron Damon… il signor Castiel Hearling chiede di vedervi.- annunciò con voce sommessa.

Gli occhi di Damon si strinsero in due profonde fessure. Bonnie gli lanciò uno sguardo, domandandosi se avesse fiutato un pericolo e se fosse semplicemente scocciato per l’interruzione. Elena, invece, si alzò prontamente e nascose la sfera stellata in uno degli armadi, facendo scattare la chiave, dopodiché si sedette su un grande cuscino blu e fece cenno a Bonnie e Meredith di raggiungerla –Fallo entrare. Vorrà solo riproporti quell’affare, meglio non destare sospetti.-

Damon fece cenno alla serva di eseguire e si sedette su una poltrona, proprio accanto ai cuscini su cui le ragazze si stavano sistemando. Quando si spalancò la porta, lasciando entrare l’imponente figura di Castiel, Bonnie era ancora in piedi e si immobilizzò, esitando per un istante.

-Castiel, benvenuto. Siediti, posso offrirti qualcosa?- domandò Damon, spostando su di sé l’attenzione dell’ospite. Gli occhi di questi però vagarono sulle ragazze e Bonnie avvertì un brivido percorrerle la schiena dorsale: credeva che per offrirti qualcosa intendesse il sangue di una di loro?

La mente di Damon fu attraversata dallo stesso pensiero e con un movimento lento ma deciso afferrò il polso della ragazza, attirandola sul bracciolo della sua poltrona e facendole passare un braccio attorno alla vita con noncurante possessività –Un bicchiere di Black Magic?- chiarì.

Bonnie arrossì un poco avvertendo il contatto della mano di Damon sul suo fianco, ma si impose di non darlo a vedere e cercò di stare seduta tranquillamente mentre Castiel prendeva posto di fronte a loro.

-Grazie, volentieri.- rispose. Mentre Damon faceva segno a un servitore di portare il vino gli occhi di Castiel si soffermarono per un attimo su Bonnie. Fu quasi casuale, eppure la ragazza sentì i capelli drizzarsi sulla sua nuca. Alla sua prima visita il vampiro l’aveva osservata di sfuggita, notandola a stento. Era possibile che ora la stesse scrutando?

Un istante dopo l’attenzione di Castiel si spostò su Elena –Ah, eccola. La schiava che sanguina senza dolore, non è vero?- domandò, studiandola con attenzione. Bonnie avvertì il lieve sussulto di Damon e sentì distintamente la sua mano irrigidirsi sul suo fianco, anche se la sua espressione era rimasta imperturbabile.

-Sì, infatti.- confermò Damon mentre il servitore tornava posando accanto a loro due calici colmi di vino scarlatto.

-Posso vederla da vicino? Vieni qui, ragazza.-

Mentre Elena si alzava, Bonnie avvertì ogni nervo di Damon tendersi, come un felino pronto a scattare. Lei, così come Elena, sapeva che se solo Castiel avesse pensato di bere il sangue della bionda Damon sarebbe saltato su di lui e gli avrebbe staccato la testa dal corpo.

Bonnie seguì i movimenti di Elena, che si stava avvicinando al vampiro con i movimenti lievi e aggraziati che le venivano naturali, e di nuovo incontrò lo sguardo di Castiel. Invece di osservare Elena come stava facendo Damon, il loro ospite stava fissando lei.

“Che idiozie pensi. Chi mai guarderebbe te, avendo davanti Elena?”

Come a voler dare ragione alla sua coscienza, immediatamente Castiel tornò a concentrarsi sulla bionda. Le prese una mano e la fece girare su sé stessa lentamente, come a volerla esaminare al meglio.

-Proprio un gioiello. Immagino che non me la venderesti, giusto?-

-No, infatti.- sbottò seccamente Damon –Puoi tornare a sederti ora. Sei qui per un motivo in particolare, oltre ad osservare le mie schiave, Castiel?- domandò, sottolineando la parola “mie” e seguendo Elena con lo sguardo mentre tornava a sedersi sul velluto scuro del cuscino.

-In effetti, sono qui proprio per la tua schiava. Ho parlato di questo vostro trucco con alcuni amici e nessuno sembra sapere come fate. Molti credono che siano solo voci, in effetti. Ma a me interessa molto conoscere la verità. Come potrei convincerti a svelarmela?-

-Non è che un trucco. Incredibilmente banale, ma certamente non posso svelartelo.- tagliò corto Damon, scocciato che l’argomento continuasse a tornare su Elena.

-Bene, è un peccato, ma proverò a scoprirlo da solo.- scosse le spalle Castiel. Tornò ad osservare Elena, lasciando scorrere il suo sguardo su Bonnie per un rapido istante –Spero di potervi vedere all’opera, prima o poi.- aggiunse, assorto, prima di finire il Black Magic in un rapido sorso –Ora tolgo il disturbo. Ci vedremo a qualche festa, in giro per la città?-

-Sicuramente.- rispose Damon, facendo alzare Bonnie per salutare Castiel –Arrivederci, Castiel.-

-Arrivederci.- salutò il vampiro, lanciando un’ultima occhiata alle schiave mentre un servitore lo riaccompagnava alla porta.

Damon attese in silenzio, i sensi all’erta, e solo dopo qualche minuto annunciò che Castiel era fuori dalla villa.

-Bene, possiamo vedere la sfera adesso!- esclamò Elena.

-No, non possiamo.- ribatté Damon –Voglio capire chi è questo Castiel, quindi esco. Voi intanto potete dare un’occhiata, se proprio non potete aspettare.-

-Perché?- protestò Elena –Cosa ti importa di chi è?-

-Non è ovvio?- intervenne Meredith –Era abbastanza evidente che fosse interessato a te, Elena. Potrebbe aver scoperto qualcosa.-

-Esatto. E abbiamo già attirato abbastanza l’attenzione su di noi, non voglio correre rischi. Sai l’effetto che hai sui vampiri.-

“E su qualsiasi essere di sesso maschile.”

-Dobbiamo pensare prima a Stefan!-

-Ci va del tempo prima che possiamo anche solo pensare di fare qualcosa per il fratellino. Mancano molti giorni alla festa di Bloddeuwedd e non ho intenzione di correre rischi inutili.- asserì Damon con decisione –Quindi voi rimanete qui e fate quello che volete, ma Elena, non devi uscire per nessun motivo.-

 

***

 

L’essere sorrise soddisfatto, osservando nella sfera stellata le immagini che Castiel vi aveva riversato dentro dopo la sua visita alla tenuta di Salvatore.

-Si…- mormorò, parlando a sé stesso nella grande sala buia in cui si era ritirato –Sei tu, finalmente.- aggiunse, mentre l’esile figura dai capelli rossi si voltava in direzione di Castiel quando questi era entrato nella stanza. Un flebile ringhio gli risalì la gola quando il vampiro attirò la ragazza accanto a sé, ma non cancellò la sua soddisfazione.

Posò la sfera stellata, su cui galleggiava ancora l’immagine del viso della giovane strega, e si sedette sul suo trono. Con un sorriso, si leccò le labbra pregustando ciò che sarebbe presto accaduto.  

 

 

_________L’angolo di Jane

Rieeeeccomi, tra un bagno e l’altro sono anche riuscita ad aggiornare!!

Spero che questo capitolo vi piaccia, nonostante il momento Bamon sia brevissimissimo, ma che ci dobbiamo fare, è ancora accecato l’idiota!

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, inserito tra le ricordate, le seguite e le preferite, e ora me ne vado a fare un tuffo che fa trooooppo caldo per rimanere a casa!!

I commenti sono sempre graditissimi!!

Bacioni a tutte,

Jane

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


Capitolo quarto

 

 

 

 

Quando Damon tornò alla villa di Lady Ulma era notte inoltrata. Le ragazze, che alla fine avevano deciso di aspettarlo per vedere i ricordi della sfera stellata, avevano consumato una cena veloce con la padrona di casa, troppo nervose per concedersi un vero e proprio pasto.

Non appena il vampiro entrò nella stanza in cui lo stavano attendendo, quattro paia di occhi si posarono su di lui. Mentre Damon si toglieva la giacca scura e la posava in silenzio Lady Ulma si alzò, posò sul tavolo una bottiglia di vino e poi uscì con discrezione, lasciando i suoi ospiti a parlare delle loro faccende in privato: non era necessario, poiché si fidavano di lei, ma tutti in fondo apprezzarono quel gesto.

-Hai scoperto qualcosa?- domandò Elena non appena furono soli, mentre Damon si sedeva al tavolo e si versava un abbondante bicchiere di Black Magic .

-Tutto e niente.- scosse le spalle Damon con aria stanca –Tutti conoscono Castiel, si fa vedere molto in giro, ma nessuno sa cosa faccia. Ha una proprietà nella zona ricca della città e… basta. Si muove ovunque ma lascia il vuoto dietro di sé, nessun segno del suo passaggio.-

-Beh, è un bene, no?- commentò Bonnie –Magari non c’è nulla di cui preoccuparsi.-

-Più probabilmente, c’è molto di cui preoccuparsi ed è bravo a nasconderlo.- ribatté Damon finendo il bicchiere con un lungo sorso e riempendolo nuovamente –Ho già dato ordine di non lasciarlo entrare se non sono in casa. Elena, devi stare particolarmente attenta. Di sicuro ha un interesse verso di te.-

-Non correrò rischi.- annuì la bionda –Devo riuscire a salvare Stefan, non rischierei mai inutilmente.-

Bonnie si morse il labbro. Era possibile che solo lei avesse notato l’ombra che era passata nello sguardo di Damon a quelle parole? Davvero Elena era così cieca da non rendersi conto che ogni riferimento a lei e Stefan lo feriva, distruggendo le sue speranze di poter avere la donna che amava?  

Forse lo capisci solo tu perché provi la stessa cosa ogni volta che Damon guarda Elena. Forse anche tu dovresti smettere di sperare in qualcosa che non potrà mai accadere, piccola sciocca”, sussurrò la voce sempre più insolente della sua coscienza.

-Credo che dovremmo provare a capire perché vuole Elena.- intervenne Meredith –Credete che abbia percepito i suoi poteri? O è per via del suo sangue? O per… insomma… l’effetto che lei ha sui vampiri?-

Milioni di motivi per desiderare Elena, è perfino difficile scegliere il più probabile. Tutti vorrebbero Elena.”

-Oh, taci.- mormorò Bonnie, quasi senza rendersene conto.

Fortunatamente la sua voce era troppo bassa perché un orecchio umano potesse capire ciò che aveva detto.

Sfortunatamente non tutti erano umani, in quella stanza.

Damon aveva sentito e si voltò verso la strega con aria interrogativa. Sotto il suo sguardo la rossa arrossì e distolse gli occhi, concentrandosi sulla conversazione e rimproverandosi mentalmente. Quella dannata coscienza iniziava a farla sembrare pazza e, in effetti, iniziava a sentirsi tale.

-Proprio non lo so.- stava dicendo Elena, scuotendo il capo con aria afflitta –Damon, secondo te? Non ti ha detto nulla?-

-Idiozie sul trucco delle frustate, niente di più.- scosse il capo Damon –Ma il motivo non mi importa, Angelo. Lo terremo lontano e presto ce ne andremo da questo dannato posto.-

Ma certo, lui proteggerà sempre Elena.” bisbigliò la sua coscienza, fastidiosa.

Ha salvato anche me. Tiene anche a me.” ribatté Bonnie attenta, stavolta, a non dire nulla ad alta voce.

Oh, sì. Ma se dovesse scegliere tra te e lei, puoi considerati morta e sepolta.”

-Beh, pensiamo alla sfera?- domandò Elena, alzandosi in piedi e distogliendo così Bonnie dalla sua conversazione interiore –Dovremmo vederla tutti insieme.-

In un attimo aveva tirato fuori la sfera stellata dal nascondiglio in cui l’aveva riposta e l’aveva poggiata sul tavolo, proprio al centro, così che tutti potessero arrivare a toccarla.

Bonnie tese la mano e trovò qualcosa di freddo, che però sembrava molto diverso dalla superficie liscia della sfera. Alzò lo sguardo e vide la sua mano sfiorare quella di Damon, poi incrociò lo sguardo nero del vampiro mentre le sue guance si tingevano di un’intensa tonalità di rosso.

Damon si produsse in uno dei suoi sorrisi maliziosi e per un istante il cuore della strega si fermò. Quel barlume di felicità, però, durò un solo istante: subito il vampiro lanciò un’occhiata a Elena, forse per vedere la sua reazione.

Bonnie sentì chiaramente le lacrime che spingevano per uscire e si morse il labbro mentre si immergeva nei ricordi della sfera.

Ah, beh, peggio per lui. Tu meriti di meglio.” suggerì la sua coscienza.

Bonnie si accigliò: lei meritava di meglio? Questo pensiero non era da lei, non era decisamente da lei.

Damon era il meglio, cosa le veniva in mente?

Scosse il capo: se anche la sua coscienza iniziava a impazzire, era messa proprio male.

 

***

 

Castiel entrò nella sala del trono e salutò il suo padrone con un rapido inchino. Poi si avvicinò di più con passo deciso.

-Buongiorno, Castiel.- lo accolse l’essere con un sorriso –Che notizie mi porti?-

-Il vostro mago ha creato la pozione che mi permetterà di superare le protezioni della villa.- rispose il vampiro –Potrò entrare e uscire indisturbato per quindici minuti, sarà più che sufficiente. Non potrò entrare silenziosamente come speravo, ci metterei troppo tempo, ma non sarà un gran problema. Non ci saranno intoppi.-

-Bene.- l’essere annuì, le iridi rosse accese di soddisfazione –Bene. Conto molto su di te, Castiel. Sappi che questa missione è molto importante per me e se dovessi fallire…- si interruppe e la sua mano si strinse sul bracciolo del trono, in un tremito di rabbia al pensiero che ciò potesse accadere –Non ne sarei soddisfatto.-

-Non fallirò, signore.- assicurò Castiel, avvertendo distintamente un brivido freddo scorrergli lungo la spina dorsale.

Sapeva ciò che il suo signore era in grado di fare e non ci teneva a sperimentarlo sulla sua pelle.

 

***

 

Dopo cena Elena, Bonnie e Meredith si erano ritirate in uno dei salottini più piccoli e appartati della casa. Avevano iniziato chiacchierando del più e del meno ma dopo pochi istanti, immancabilmente, il discorso era tornato a incentrarsi sulla festa di Bloddeuwedd.

Bonnie, però, proprio non riusciva a partecipare.

Elena e Meredith erano le più adatte a quel genere i conversazione. Erano brillanti e intelligenti, coraggiose e piene di inventiva. Toccava a loro inventare piani, trovare soluzioni. Dopotutto nessuno si aspettava che lei contribuisse, lo sapeva bene.

Non era sveglia come loro, non era abbastanza forte da poter aiutare.

Se solo sapessero…

Se solo sapessero cosa?

Scosse il capo, cercando di recuperare il controllo sulla sua coscienza che quel giorno era così… strana.

-Bonnie controllerà la sala il cui si dovrebbe tenere la festa, allora. Mi sembra la scelta migliore.- stava dicendo Meredith.

-Sì, dovrebbe essere semplice riuscire a cercare a fondo, lì.- concordò Elena.

Giusto, i compiti semplici alla piccola Bonnie. Se sapessero quello che potresti fare, che presto potrai fare...

Bonnie annuì, distratta, cercando di concentrarsi sulla conversazione tra le sue amiche e non su quella che stava avvenendo nella sua testa.

-Io e Damon ci occuperemo delle stanze al piano superiore.-

Lei e Damon, insieme. Chissà se tra un bacio e l’altro riusciranno a trovare il tempo per cercare di liberare Stefan?

Bonnie si alzò di scatto e solo dopo averlo fatto si rese conto di quanto strano fosse quel movimento improvviso. Le sue due amiche la guardavano stupite e giocherellò con i bracciali da schiava, nervosa –Ehm… io penso che andrò a letto.- disse rapidamente –Credo… abbiamo parlato tutto il giorno di questo piano, magari riflettendoci un po’ da sola mi verrà in mente qualcosa.-

Meredith ed Elena la guardarono per un istante con aria stranita, poi la bionda sorrise –Sì, d’accordo. Ci vediamo domani mattina a colazione.-

Ignorando lo sguardo indagatore di Meredith, Bonnie uscì dal salotto e salì le scale verso il piano di sopra.

-Avete finito la riunione straordinaria?-

Bonnie si immobilizzò al suono della voce di Damon e si voltò. Il vampiro era sulla soglia della sua stanza, appoggiato allo stipite della porta, e la osservava con le braccia incrociate al petto. Visto che la ragazza non rispondeva, Damon fece un passo verso di lei –Allora? Avete trovato qualche brillante piano alternativo?-

-No, niente. Abbiamo solo parlato.- rispose la strega, riuscendo solo con un grande sforzo a guardarlo negli occhi –Cosa fai?- domandò, sbirciando alle spalle del vampiro. La stanza era in perfetto ordine e questo le riportò alla mente il ricordo di una sedia spaccata sul pavimento, la rabbia di Damon dopo la visita alla prigione, la sua fame e l’offerta che lei gli aveva fatto.

-So che hai detto di non voler… prendere il mio sangue.- disse, cercando di non arrossire. Il calore che avvertì alle guance, però, la avvertì che la missione era fallita e che probabilmente le sue guance erano di nuovo cremisi –Ma ora c’è questo tizio e potrebbe essere necessario combatterlo, no? Se non prendi del sangue lui potrebbe essere più forte di te e…-

-Stop, uccellino.- la interruppe lui –Grazie per l’offerta, ma mi sono già nutrito.- sul suo bel viso si produsse un sorrisetto malizioso –Ma terrò in mente la tua offerta e ne approfitterò presto, non dubitarne.-

Ha rifiutato te e si è nutrito di qualcun’altra.” sottolineò, imperterrita, la voce dentro di lei.

-Ah… ma hai… la serva?- domandò, balbettando e aspettandosi che il vampiro le consigliasse di farsi gli affari suoi.

-No, nessuna serva, tranquilla. Non c’è bisogno che corri a fare la spia dalla tua amica, Elena lo sa.- rivelò, e Bonnie non poté evitare di notare il lampo soddisfatto che attraversò quegli occhi neri come la mezzanotte –In effetti, si è offerta lei.-

Bonnie alzò le difese mentali immediatamente, tanto velocemente che a stento si accorse di averlo fatto.

“Certo, Elena. Il sangue di Elena. L’amore di Elena.”

-Ok. Bene… meno male. Ora vado a letto, sono stanca.- si congedò, decisamente troppo rapidamente per suonare convincente.

Sentì lo sguardo di Damon su di sé mentre raggiungeva la sua stanza, ma non si voltò.

 

***

 

Bonnie aprì gli occhi e saltò a sedere sul suo letto, avvolta dall’oscurità creata dai pesanti tendaggi che impedivano ai raggi del potente sole di penetrare nella stanza.

L’esplosione aveva scosso le pareti della villa e, ne era certa, era avvenuta all’interno della casa.

-Elena!- la voce allarmata di Meredith la fece balzare giù dal letto. Corse verso la porta della sua stanza e la spalancò.

La stanza di Elena era proprio di fronte alla sua. La porta era esplosa, ridotta a un piccolo cumulo di cenere fumante. La bionda era sul suo letto, pronta a scattare, gli occhi che esploravano la stanza nel tentativo di capire cosa fosse successo. Meredith era già al suo fianco e come l’amica cercava di capire da che parte sarebbe arrivato il pericolo.

Bonnie fece per raggiungerle, ma un fulmine nero le bloccò la strada, superandola. Un istante dopo Damon era accanto ad Elena e la stava abbracciando, proteggendola col suo corpo da un pericolo che nessuno riusciva a vedere.

-Che succede?- domandò Bonnie, allarmata, muovendosi verso il gruppetto. Arrivò a metà dello stretto corridoio e un movimento la fece voltare.

Riconobbe immediatamente la figura che la osservava a pochi passi di distanza.

È qui!- riuscì appena a gridare, poi Castiel le fu addosso.

Sentì le grida delle sue amiche mentre il vampiro la bloccava contro il suo petto, stringendola in una morsa che le mozzò il respiro. Cercò di dimenarsi, ma Castiel le strinse i capelli tra le dita e le tirò indietro la testa –Ferma, strega.- ringhiò.

Bonnie, tremante, non obbedì. Strattonò più forte mentre davanti a lei comparivano Damon, Meredith ed Elena.

Castiel la scosse più forte e Bonnie gemette, sentendo un dolore intenso dove le stava tirando i capelli.

-Lasciala.- sibilò Damon, già pronto ad attaccare.

-Non ci penso proprio, Salvatore.- rispose Castiel.

-Lei non c’entra!- intervenne Elena, facendo un passo in avanti.

-Elena, non fare idiozie.- cercò di fermarla Damon, ma la bionda non la ascoltò.

-Verrò con te, ma lascia andare Bonnie.- si offrì, con voce coraggiosa e quell’espressione da eroina che le riusciva così bene –Vuoi me, no? Lei non c’entra nulla.-

Bonnie sentì nell’orecchio la risata cupa ma sinceramente divertita di Castiel mentre Damon tirava indietro Elena –Sapevo che sarebbe stato facile. Sei un idiota, Salvatore. Tutte le tue attenzioni sulla tua bella schiava bionda. Ma al mio padrone non interessa lei. Non farò nessuno scambio: ho già la mia preda.-

Bonnie ebbe appena il tempo di registrare le espressioni stupite dei suoi amici. Vide Damon fare un passo verso di loro e incontrò i suoi occhi.

Si perse in quell’oceano scuro e fu travolta da un’intensa ondata di senso di colpa, forse di disperazione, e si rese conto che proveniva da Damon.

Troppo tardi.” sussurrò la sua coscienza.

Poi Castiel la tirò indietro e Bonnie sprofondò nel buio.  

 

___________Angolino di Jane

Lo so, lo so, ci ho messo un po’ ad aggiornare. Ma vi dirò, al mare con il caldo atroce che c’era il pensiero di accendere il computer mi uccideva xD

Allora… con questo capitolo si arriva finalmente al clou della storia ùù Lo so lo so, l’inizio è un po’ lento ma è di transizione quel pezzo, non potevo saltarlo! Chissà se avete capito qualcosa in più di… beh! Non dico nulla e aspetto le vostre recensioni che mi fanno sempre un sacco piacere!!

A questo proposito ringrazio tutti quelli che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite, e anche chi segue in silenzio!

Un bacio a tutti!

Jane

 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Capitolo quinto

 

 

 

 

Bonnie aprì gli occhi e un’intensa luce le colpì le iridi, costringendola a richiuderli.

C’era attorno a lei un silenzio intenso, pieno di tranquillità, eppure aveva una strana sensazione. Qualcosa le diceva che se avesse aperto gli occhi, se si fosse mossa, quella calma si sarebbe spezzata.

Non fare la bambina, non puoi rimanere così a vita.”

Inspirò profondamente: si sarebbe alzata e sarebbe scesa al piano di sotto, come faceva ogni giorno da quando era nella dimensione oscura. Sicuramente gli altri si stavano chiedendo che fine aveva fatto.

Aprì gli occhi e si accigliò trovando sopra di sé un baldacchino rosso scuro che non aveva mai visto.

Si alzò a sedere di scatto e davanti a sé vide una grande finestra, chiusa da una fitta serie di sbarre che luccicavano alla luce intensa del sole.

In un istante i ricordi di ciò che era successo le riempirono la mente: l’esplosione nella stanza di Elena, l’arrivo di Castiel e infine il rapimento.

Castiel l’aveva rapita.

Il suo cuore iniziò a battere rapidamente, tanto che si sentì girare la testa per l’eccessivo afflusso di sangue. Cercò disperatamente di tranquillizzarsi ma mentre si guardava attorno la sua agitazione aumentò incredibilmente.

Si trovava in una stanza rotonda, arredata quasi totalmente di nero. I tendaggi alle finestre e attorno al letto e i cuscini della poltrona e di una sedia poste contro il muro, invece, erano scarlatti. Accanto alla poltrona faceva mostra di sé un grande specchio a figura intera nel quale Bonnie scorse il proprio riflesso.

Indossava il suo pigiama, una semplice maglietta bianca e dei pantaloncini. I capelli erano una nube fiammeggiante attorno al suo viso sconvolto.

Poi vide una porta: immediatamente balzò in piedi e vi si precipitò contro, a piedi nudi, fermandosi solo quando l’ebbe raggiunta. Inspirò profondamente e abbassò la maniglia, trattenendo il fiato. Incredula, notò che la porta si apriva.

Sbirciò fuori: la sua stanza si affacciava su un corridoio di pietra, privo di finestre, illuminato da torce poste su ganci dorati. Non c’era nessuno e scivolò fuori, senza respirare. Scelse una direzione a caso e quasi senza respirare, attenta a muoversi senza fare alcun rumore, iniziò a camminare.

Non c’era nulla: né porte, né finestre, solo torce e pietre. Dopo un po’ aumentò il passo. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando aveva lasciato quella strana stanza: trenta secondi, dieci minuti? Le sembrava di aver camminato per ore, eppure niente cambiava mai.

Accelerò ancora di più, inquieta, aspettandosi di trovare qualcosa di orrendo e minaccioso ad ogni passo. Ma non c’era nulla.

Iniziò a correre, appoggiandosi alle pareti, e dopo un po’, non avrebbe potuto dire quanto, finalmente vide una porta.  

Aumentò ancora la velocità e vi si gettò contro, aspettandosi di trovarla chiusa. Questa cedette immediatamente e per lo slancio Bonnie cadde a terra, sui gomiti.

-Finalmente ti sei svegliata, mia diletta.-

 

***

 

 

Castiel era sparito nel nulla e con lui Bonnie.

Ogni cosa era immobile, come se il tempo si fosse fermato. Elena e Meredith erano l’una accanto all’altra, gli occhi sbarrati. La bionda sembrava sempre sul punto di dire qualcosa: le labbra socchiuse si aprivano un poco ma poi le richiudeva, come se le parole fossero giunte sulla punta della sua lingua per poi sprofondare nel limbo. Meredith teneva le braccia lungo i fianchi e le mani stretti in due pugni serrati, le spalle scosse da lievi tremiti che sarebbero potuti sembrare singhiozzi.

Damon era qualche passo avanti rispetto a loro, gli occhi fissi sul punto in cui fino a pochi istanti prima erano stati Bonnie e Castiel come se il suo solo sguardo bastasse a farli ricomparire.

-Che succede?- la voce allarmata di Lady Ulma spezzò il silenzio, infrangendo quell’immobilità che sembrava aver cristallizzato un istante ormai perduto. E con esso frantumò la speranza di poter tornare indietro, di poter annullare l’accaduto.

Fu Meredith la prima a parlare e i suoi occhi erano ricolmi di lacrime –Hanno preso Bonnie.- mormorò –Castiel l’ha presa.-

Quelle parole risvegliarono Damon. Il vampiro si voltò in un gesto secco e superò le due ragazze, poi la padrona di casa, con un passo deciso e quasi marziale.

-Damon, dove vai?- domandò Elena, la voce resa acuta dalla paura. Il vampiro non si fermò e continuò a camminare, così la bionda lo raggiunse e lo afferrò per un braccio –Damon, aspetta, dove stai andando?- insistette.

Damon si liberò dalla sua presa con un gesto brusco e si voltò verso di lei –Lasciami.- sibilò. Il suo viso era una maschera di ghiaccio, ma gli occhi bruciavano eruttando lava incandescente.

-Damon!- esclamò Elena, sbalordita –Dobbiamo decidere cosa fare, Bonnie…-

-Bonnie è stata rapita.- la interruppe lui. La sua voce era chiara, ma alcune parole erano adombrate da un tremito profondo che nasceva dal suo cuore immobile –E io vado a riprendermela.-

-Io vengo con te. Non puoi lasciarmi qui!- protestò la bionda. Un lampo scuro dardeggiò nello sguardo di Damon, ma questi si limitò a voltarle le spalle e a riprendere il suo cammino.

-Damon, aspetta un secondo, un attimo solo.- stavolta fu Meredith a parlare e il vampiro non diede segno di averla sentita, ma lei continuò –Non otterrai nulla. So che vuoi salvare Bonnie, ma per farlo dobbiamo riflettere.-

Finalmente Damon si fermò, senza voltarsi. Ma a Meredith non importava parlare alla sua schiena, quello che contava era che la ascoltasse –Non puoi andartene in giro a ammazzare di botte chiunque sperando di trovare qualche indizio dal nulla.-

-E chi lo dice?- sbottò Damon.

-Potresti trovare qualcosa, ma c’è la possibilità che questo la metta solo in pericolo. Dobbiamo ragionare.-

Queste parole furono seguite da un silenzio intenso. Damon chiuse gli occhi, cercando disperatamente di tranquillizzarsi.

Aveva perso la calma e questo non era da lui. Eppure riusciva solo a vedere il viso del suo uccellino, quegli occhi che avevano incontrato i suoi un istante prima di scomparire.

Lei si era sempre affidata a lui, aveva avuto fiducia. Ma lui si era occupato solo di proteggere il suo Angelo e aveva lasciato che l’Uccellino finisse nelle grinfie di…

Di chi? Non sapere chi fosse Castiel lo avrebbe ucciso, se non fosse stato già morto. Cosa voleva quel vampiro da Bonnie? Le avrebbe fatto del male? Forse gliene aveva già fatto e in quel momento Bonnie era sola, ferita, in punto di…

Si voltò, incrociando lo sguardo di Meredith. Negli occhi della ragazza lesse le stesse domande che l’avevano assalito e annuì, capendo che l’umana aveva ragione –Bene. Hai ragione.- affermò, in tono tanto serio che Meredith tremò: se dava retta a lei, voleva dire che la situazione era davvero grave. Poi, il vampiro si rivolse a Lady Ulma –C’è qualcuno che ci possa aiutare? Ho cercato molto, l’altro giorno, e nessuno sapeva dirmi nulla su questo Castiel.- domandò, con voce forzatamente calma.

La padrone di casa, che era impallidita non appena aveva scoperto ciò che era accaduto alla sua ospite, rifletté per un istante –Beh, c’è una persona…- mormorò, incerta –Ma non so se…-

-Chi?- la interruppe il vampiro.

La donna inspirò lentamente –Un mago che vive in un possedimento poco lontano da qui, fuori città. Si dice che abbia grandi poteri, tra i quali trovare le persone, ma per prestare i suoi servigi chiede di affrontare delle dure prove, dicono che…-

-Le affronteremo, ovviamente.- affermò Meredith con decisione.

-Come si chiama questo mago?- indagò Damon.

-Il nome con cui è conosciuto è Phos. Posso disegnarvi le indicazioni per raggiungere la sua dimora, ma non saranno molto precise: ci passai solo una volta, anni fa, e rimasi distante.-

Damon annuì, senza dire altro, e Lady Ulma si allontanò per disegnare una cartina. Quando i tre rimasero da soli calò un silenzio talmente ricolmo di pensieri che i poteri di Damon sembravano superflui: il fruscio leggero delle mille domande non pronunciate era udibile anche ad orecchio umano.

-Cosa può volere quel tipo da Bonnie?- domandò alla fine Elena, stufa di quel silenzio –Insomma, cos’ha che possa attirare l’attenzione di un vampiro?-

Damon alzò lo sguardo sulla bionda, sul viso un’espressione quasi sorpresa. Il tono di Elena era colmo di preoccupazione, eppure gli era parso di cogliere qualcosa di diverso, qualcosa che non era certo di apprezzare.

-Magari ha bisogno di una strega?- propose debolmente Meredith.

-No.- scosse il capo Damon, distogliendo gli occhi da Elena –Avrebbe potuto trovare mille altre streghe qui nella Dimensione Oscura senza bisogno di fare tutta questa fatica. La casa è protetta, avrà dovuto trovare un incantesimo per aprirsi l’accesso… deve aver visto in lei qualcosa di particolare.- qualcosa che a me è sfuggito, continuò tra sé. Cosa poteva avere di particolare il pettirosso? Era qualcosa nel suo potere, era forse più forte di quanto avessero immaginato?

Quel pensiero era insopportabile e qualcosa, dentro di lui, continuava a pungere la sua coscienza rimasta addormentata per secoli.

Avrei dovuto proteggerla, continuava a pensare. Eppure era stato chiaro quando erano partiti: avrebbe protetto Elena, ma non assicurava di poterlo fare con le altre. Ma non ha importanza, avrei dovuto proteggerla comunque.

-Ecco.- la voce di Lady Ulma lo riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso la padrona di casa, che li aveva raggiunti con un foglio tra le mani –Il tragitto dovrebbe essere questo, se i miei ricordi sono esatti. Avrei dovuto chiuderli in una Sfera, ma non avevo idea che sarebbero serviti.-

-Non c’è problema.- la rassicurò Meredith, prendendo il foglio e dandovi una rapida scorsa –Possiamo partire già ora? O è meglio aspettare domattina?-

-Io parto adesso, voi fate quello che volete.- sbottò Damon, afferrando il foglio e avviandosi verso il piano inferiore. Elena lo osservò, stupita da quel comportamento inaspettato –Ovviamente veniamo anche noi! Dobbiamo cambiarci però, non possiamo uscire conciate così.-

-Bene.- proruppe Damon, impaziente, senza voltarsi –Sbrigatevi, o me ne vado.-

 

***

 

Bonnie tremò al suono di quella voce. Aveva qualcosa di strano: come se una voce umana si fosse mescolata al sibilare basso e strisciante di un serpente.

Inspirò profondamente, cercando di tranquillizzarsi: si rese conto in fretta che non ci sarebbe riuscita, così decise di tagliare la testa al toro e alzare lo sguardo.

Si trovò di fronte un uomo… o almeno, qualcosa che ne aveva le sembianze. Anche se l’aspetto era umano, Bonnie percepiva qualcosa di diverso. Un’aurea esplosiva che sembrava invadere l’intera stanza, avvolgendosi su di lei e schiacciandola.

Era alto, con i capelli neri e la carnagione scura, come abbronzata. Il volto aveva dei lineamenti particolari, con qualche tratto che poteva sembrare indiano. Ma ciò che richiamava di più l’attenzione erano gli occhi, di un rosso tanto intenso da ricordare il sangue, brillanti come rubini e fissi su di lei.

Incredibilmente bello”, suggerì la sua coscienza.

Ma cosa vado a pensare, mi ha rapita!” la redarguì, osservando la mano che l’uomo le porgeva. Non la accettò e si alzò da sola, nonostante le gambe tremanti –Chi siete?- domandò, la voce ridotta a un lieve miagolio che fece sorridere il suo rapitore.

-Avremo tempo di parlare di questo, mia diletta.- la redarguì, studiandola con uno sguardo invasivo che la fece indietreggiare di un passo. L’uomo la osservò ancora qualche istante, un sorriso sulle labbra, poi i suoi occhi rossi incontrarono quelli di lei –E anche del motivo per cui sei qui. Per ora…- schioccò le dita e immediatamente la porta da cui Bonnie era entrata si spalancò.

La ragazza si voltò, aspettandosi di vedere qualcuno arrivare dal lungo corridoio che lei stessa aveva percorso: invece, vide la stanza in cui si era svegliata.

Com’era possibile? Era arrivata da quella porta e sapeva che si affacciava su un corridoio.

-Mi spiace congedarti così in fretta, Bonnie.- si scusò l’essere dagli occhi rossi, pronunciando il suo nome con un tono intenso che la strega non comprese –Ci rivedremo a pranzo, mia diletta.-

-Perché mi chiami così?- domandò Bonnie, senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. Perché quell’uomo l’aveva fatta portare lì? Cosa voleva da lei, perché la guardava in quel modo?

Lo sguardo dell’uomo si adombrò, notando che la ragazza non gli obbediva, e fece un gesto. Un’onda di potere sollevò Bonnie, strappandole il respiro, e questa si sentì trascinare verso la porta aperta.

Bonnie si trovò di nuovo a terra, sul pavimento scuro nella stanza in cui si era svegliata. Alzò gli occhi e per un istante incontrò quelli scarlatti del suo rapitore. Poi la porta si chiuse, sbattendo.

-No! Liberatemi, vi prego!- singhiozzò Bonnie, alzandosi in piedi e correndo alla porta. La spalancò, ma si trovò davanti un solido muro –No…- mormorò.

Provò a spingere, colpì le pietre con i pugni, ferendosi le mani, gridando.

-Per favore! Cosa volete da me?- singhiozzò, allontanandosi dalla parete che non era stata nemmeno scalfita dai suoi attacchi. Si asciugò le lacrime, ma subito altre presero il loro posto e rinunciò a smettere di piangere. Si lasciò cadere sul letto, scossa dai singhiozzi, un’esplosione di domande nella mente, lasciandosi avvolgere dalla paura.  

 

 

 

__________Il mio angolino

Buongiorno!

Lo so, lo so, avevo detto che avrei aggiornato prima, ma inutile che vi racconto storie: non riesco a essere puntuale, cerco di aggiornare il più in fretta possibile ma di più non posso fare, sono pessima lo so!

Allooora, in questo capitolo iniziamo a inserirci nella parte clou della storia. Credo di non avervi dato ancora molte risposte, ma qualcosina si può capire!

Grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le ricordate, preferite e seguite, a chi commenta/ha commentato/commenterà e a chi legge in silenzio!

Ah, dimenticavo. Potete trovarmi in giro per la rete:

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Ora basta, ho sproloquiato abbastanza. Come sempre aspetto i vostri commenti, positivi o negativi!

Un bacio a tutte!!

Jane

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Capitolo sesto

 

 

 

 

Bonnie non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando era stata chiusa in quella stanza. Si era limitata a continuare a piangere finché le lacrime non erano terminate, poi aveva iniziato a perlustrare la stanza nella speranza di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse aiutarla a trovare un modo per fuggire o, almeno, a capire di chi era prigioniera.

Stava valutando la resistenza delle sbarre della finestra quando dei colpi alla porta la fecero sobbalzare. Pulì le lacrime che le si erano seccate sulle guance e attese, incerta, mentre i colpi si ripetevano.

“Vuoi aprire o no?” la esortò la sua coscienza.

-Oh, vuoi stare zitta? Non posso sopportare anche te, ora.- sbottò infastidita lanciando uno sguardo alla porta che, proprio in quell’istante, si aprì rivelando una donna sulla trentina. Aveva un’aria familiare, assomigliava in qualche modo a Meredith per i tratti del viso e i capelli scuri, il portamento le ricordava Elena e attorno a lei si respirava un’aria di fredda bellezza, tipica dei vampiri.

Si chiuse la porta alle spalle e si fermò ad osservare Bonnie, un sorriso sulle labbra truccate. Bonnie contraccambiò il suo sguardo, cercando di capire.

-Sei proprio tu.- sorrise la sconosciuta –Non ci sono dubbi, direi.-

Bonnie si accigliò, appiattendosi un poco contro il muro come se questo potesse esserle d’aiuto.

-Allora, devi vestirti.- annunciò aprendo la solita, unica porta che, di nuovo, si aprì su qualcosa di diverso: una piccola stanza ricolma di abiti, scarpe, gioielli, profumi e lozioni –Preferisci il vestito verde o quello blu?-

Quello verde.” suggerì fastidiosa la sua coscienza, ma lei la ignorò –Chi sei tu? Cosa volete da me? Il… il mio sangue? Volete usarmi per arrivare a Elena?-

La donna alzò gli occhi al cielo –Sei di nuovo così giovane.- commentò entrando nella piccola stanza e iniziando a frugare tra gli abiti –Per ora lui vuole solo che tu vada a pranzo.-

-Chi è lui?- insistette Bonnie, decisa a essere coraggiosa: in quel momento non c’era nessuno che potesse esserlo al suo posto, doveva cavarsela da sola –L’uomo con gli occhi rossi?-

-L’uomo con gli occhi rossi.- ripeté la donna, ridendo –Sì, chiamiamolo così. Ascolta: non vuole farti del male, odierebbe farlo. Ma se fosse costretto…- si interruppe, scuotendo le spalle –Non sarebbe piacevole per te, anche se dopo ne capiresti la necessità.-

Bonnie sospirò, esausta. Era già abbastanza provata dalla paura, senza che quella donna le parlasse in quel modo incomprensibile.

-Quello verde direi che è adatto. Il tuo preferito dopo quello nero, ma quello lo teniamo per le grandi occasioni, che ne dici?-

Mostrò a Bonnie un abito elegante, di un verde scuro ma brillante, con un’ampia scollatura che lasciava le spalle scoperte e una cinta d’oro in vita. Corrispondeva perfettamente ai suoi gusti, ma la domanda era come faceva a saperlo quella donna che non aveva mai visto prima?

-Perché mi parli così, come se mi conoscessi? Chi sei tu? E che posto è questo?- domandò la giovane strega.

-Fai parecchie domande. Ma credo che voglia spiegarti lui la situazione… di solito lo preferisce.-

-Di solito?- ripeté Bonnie.

-Alla domanda su di me però posso rispondere: mi chiamo Ariel.- concesse la vampira –Ora cambiati: prendi qualche gioiello, magari una collana, e tra mezz’ora chiudi la porta e riaprila, ti troverai nella sala da pranzo.-

-Com’è possibile che si apra sempre su posti diversi?-

-Ho detto basta domande.- rise Ariel, uscendo. Bonnie provò a riaprire la porta per seguirla ma questa, ovviamente, rivelò nuovamente la stanza con i vestiti.

 

***

 

La strada verso casa di Phos era abbastanza breve, ma a Damon parve incredibilmente lunga. Viaggiavano su un portantino che si muoveva con una lentezza insopportabile e doveva lottare contro sé stesso per non scendere e usare la sua velocità di vampiro. Continuava a ripetersi che non poteva assolutamente farlo: non era tra gli umani, lì tutti avrebbero visto i suoi spostamenti e avrebbe attirato l’attenzione. Nonostante questo però trattenersi era difficile e ancora di più lo era evitare i pensieri oscuri che gli invadevano la mente.

In genere non gli dispiaceva, anzi apprezzava le immagini macabre che la sua mente riusciva a partorire. Gli piaceva il contrasto del colore scarlatto del sangue sul collo pallido di una bella ragazza. Ma se il collo era incorniciato da una cascata di riccioli rossi e sormontato da un viso a cuore… il pensiero era insopportabile e continuava a tormentarlo.

Provò a concentrarsi su quello che stavano dicendo Elena e Meredith. Come al solito la bionda aveva iniziato a partorire i suoi piani A, B, C e D e per quanto aveva sentito ognuno di questi si concludeva con la stessa frase: Elena la stava pronunciando proprio in quel momento –Poi torneremo indietro, libereremo Stefan e torneremo a casa.-

Quella prospettiva lo attraeva come una calamita, eppure non riusciva a visualizzarla. Poteva tornare tutto come prima? Sì, se avessero salvato la streghetta, ma…

Scosse il capo, cercando di non pensare cosa sarebbe successo se fossero arrivati troppo tardi, se avessero trovato Bonnie morta. Cos’avrebbe fatto lui?

Certo, avrebbe trovato Castiel, l’avrebbe torturato e ucciso insieme a chiunque altro avesse partecipato a quella storia, ma dopo?

Si sentiva come sull’orlo di un burrone, pronto a precipitare nel vuoto.

Incontrò lo sguardo di Meredith quasi per errore e la giovane gli sorrise. Basito da quel gesto il vampiro si trovò a sondare la mente di Miss Inquietudine, cosa che in genere evitava accuratamente di fare. Trovò, inaspettatamente, un pensiero rivolto a lui.

“Grazie per essere qui per Bonnie”

Distolse lo sguardo, ignorando quella frase. Aveva già troppe domande che lo tormentavano e non sentiva affatto il bisogno di aggiungerne un’altra. Scostò un po’ i tendaggi e, a poca distanza da loro, notò una piccola casupola di legno che attirò la sua attenzione.

Era normale, non aveva nulla di fuori dall’ordinario, eppure riusciva quasi a vedere, oltre che sentire, una potente energia che la avvolgeva.

Era la casa di Phos, non c’era dubbio.

-Eccoci.- annunciò, prima di scendere dal mezzo con un balzo. Si avviò verso la casa, seguito dalle due umane, e bussò alla porta, restando in attesa.

 

***

 

Bonnie colse il proprio riflesso nello specchio che c’era nella stanza e per un istante si immobilizzò, osservandosi. Quell’abito verde era assolutamente perfetto su di lei, non solo come colori ma anche come forma, il che era decisamente strano. Era piccola e minuta ed era facile che sembrasse una bambina con addosso gli abiti della madre, ma quel vestito sembrava cucito direttamente su di lei.

Ma c’era anche qualcosa d’altro che attirava la sua attenzione sul suo riflesso. Era come se quell’abito avesse dovuto ricordarle qualcosa, come se…

Come se l’avessi già indossato?

Ma era ridicolo, di certo non era il genere di abito che portava abitualmente a Fell’s Church, e non assomigliava nemmeno lontanamente a nessuno dei vestiti che Lady Ulma aveva fatto per lei.

Distolse lo sguardo e chiuse la porta della stanzetta, per poi rimanere ad osservarla per qualche momento, incerta.

Non voleva riaprirla, sapeva che si sarebbe aperta sulla sala da pranzo e lei non voleva assolutamente sottoporsi a un altro incontro con il suo rapitore. Certo, da una parte voleva capire cosa quell’uomo volesse da lei, ma d’altro lato aveva davvero paura di scoprirlo.

Tuttavia sapeva che non aveva senso aspettare. Si sarebbe comunque trovata a pranzare con lui, volente o nolente, meglio andarci di sua spontanea volontà che trovarsi legata alla sedia.

“Finalmente inizi a ragionare. Magari si rivelerà un pranzo piacevole.”

-Sì, certo.- sbottò Bonnie, avvicinandosi alla porta. Poggiò la mano sulla maniglia, inspirò profondamente per farsi coraggio e, mentre buttava fuori il fiato, la spalancò, quasi sperando di trovarsi di nuovo davanti il muro.

-Sono contento che tu abbia accettato subito il mio invito.-

Bonnie, con il cuore a mille, osservò la grande stanza che le si era aperta davanti. Le pareti, nere come in tutte le stanze in cui era stata fino a quel momento, erano drappeggiate di tendaggi rossi che le sarebbero sembrati tende se non fosse stato per la mancanza assoluta di finestre. Al centro esatto dell’ambiente si estendeva un grande tavolo di legno scuro, imbandito, con le gambe intagliate in modo che formassero dei serpenti aggrovigliati.

A capotavola era seduto il suo rapitore. Poggiato allo schienale di una grande sedia teneva gli occhi fissi su di lei e, mentre li faceva scorrere sull’abito verde che fasciava il suo esile corpo, Bonnie vide la sua espressione farsi bramosa.

In quel momento tutto il suo coraggio venne meno. Indietreggiò sotto quello sguardo e tornò nella stanza in cui si era risvegliata, chiudendo la porta con uno scatto, le mani tremanti.

Sentì una sedia spostarsi, poi dei passi calmi e sempre più vicini. Vide la maniglia piegarsi e si gettò contro la porta, cercando di contrastare la forza che spingeva per aprirla, ma non aveva abbastanza forza. Inesorabilmente si sentì spingere indietro e perse l’equilibrio. Riuscì a non cadere ma indietreggiò e la porta si spalancò.

Il sorriso dell’uomo si era affievolito e quando la guardò Bonnie avvertì un brivido intenso che la fece tremare –Cosa vuoi da me?- mormorò, scossa dai singhiozzi –Voglio tornare dai miei amici, ti prego.-

-I tuoi amici non ti hanno protetta molto bene, mi sembra.- commentò l’uomo facendo un passo verso di lei. Bonnie fece per indietreggiare, ma in quell’istante lo vide scomparire. Ebbe a malapena il tempo di rendersene conto prima di sentire una mano sfiorarle il braccio.

Era dietro di lei.

Scattò in avanti, ma la mano si strinse sul suo polso e l’uomo la fece voltare, attirandola a sé. La strega si trovò contro il corpo del suo rapitore e cercò di divincolarsi, mentre le lacrime le offuscavano la vista. Lui le strinse i capelli tra le dita: non le fece male, ma la costrinse a guardarlo negli occhi.

-Lasciami…-

-Non posso.- scosse il capo lui –Non posso e, entro breve, ti renderai conto di non volerlo nemmeno tu.-

-Invece voglio che mi lasci! Voglio tornare dai miei amici, voglio andarmene!- singhiozzò la ragazza, strattonando per liberarsi. Lui soffocò senza sforzo le sue resistenze e la sua mano le accarezzò la schiena, quasi con gentilezza –Mi dispiace, mia diletta.- le sussurrò mentre continuava ad accarezzarle il corpo –Se farai così, ti farà male.-

-Cosa? Non capisco, cosa vuoi da me?-  ripeté Bonnie per la millesima volta, esausta per quella lotta impari in cui si era trovata coinvolta.

L’uomo la scostò un poco da sé e la sua mano si soffermò sul suo viso –Molto semplice, mia diletta. Voglio te. Anzi, ti rivoglio.-

-Cosa significa?- esalò Bonnie.

Lo sconosciuto sorrise –Presto ricorderai, e mi perdonerai per il dolore che dovrai sopportare.- abbassò il volto e quando lo sollevò nuovamente il rosso delle sue pupille si era espanso, occupando tutti i suoi occhi. Bonnie non ebbe il tempo di capire ciò che stava succedendo, ma vide i suoi canini, simili a quelli di un vampiro eppure più lunghi, più affilati. Con uno strattone le fece piegare la testa indietro, esponendo il suo collo niveo lasciato scoperto dall’abito.

Bonnie non riuscì a gridare, non ne ebbe la forza. Lo spasmo di dolore partì dal collo fino a riempire il suo intero universo. Chiuse gli occhi, boccheggiando, e cercò di trovare dentro di sé la forza di lottare, ma lui la teneva stretta e i suoi denti le dilaniavano la carne senza lasciarle possibilità di scampo.

Singhiozzò, il corpo scosso da spasmi intensi, e esausta si lasciò ricadere tra le braccia del suo rapitore pregando solo che la uccidesse presto.

 

***

 

Quando la porta si aprì, Damon abbassò gli occhi.

Phos era un omino basso, pelato, con una ridicola tunica che sembrava ottenuta unendo a casaccio vari tipi di stoffa e un grande bastone ricoperto di simboli turchesi. Osservò il vampiro con sguardo acuto per un istante, poi lanciò un’occhiata alle due ragazze alle sue spalle prima di concentrarsi nuovamente su Damon.

-Ciò che cerchi non è qui, vampiro.-

-Bene, se sai cosa cerco sai dirmi anche dove trovarlo.- tagliò corto Damon –Chi ha preso la mia schiava? E dove l’hanno portata?-

Sul viso di Phos comparve un sorriso –Non è così facile.-

-Dicci cosa vuoi e taglia corto, mago.- proruppe Damon in tono aggressivo –O ti stacco la testa dal collo.-

-Non lo farai. Vuoi trovare la tua schiava.- ribatté il mago –Il tuo... uccellino, giusto?-

-Questo non mi impedirà di tornare a ucciderti, quando l’avremo trovata.- ringhiò il vampiro.

-La prego, dobbiamo trovare la nostra amica.- intervenne Meredith –Dove possiamo trovarla?-

-Come vi ho detto, non è così facile.- ripeté Phos –La vostra amica si trova in un luogo oscuro, una fortezza protetta dalla magia. Per vostra fortuna ho quello che serve al caso vostro… venite dentro.- li invitò, scostandosi dalla soglia.

 

 

______________L’angolo di Jane

Eeeeeed ecco qui il nuovo capitolo. È stato un po’ complicato da scrivere e ancora non sono sicura che mi convinca del tutto, giudicate voi xD

Ringrazio tutti quelli che seguono, come al solito, e spero che vi vada di lasciarmi un commentino!

Vi rimetto il mio twitter: https://twitter.com/JTheAngel 

e il mio blog http://janewatsondreamer.blogspot.it/

e perché no anche il mio fb: http://www.facebook.com/serena.rosata

Ora vado a vedere se c’è qualcosa di nuovo da leggere ùù un bacio a tutte!!

Jane

 

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Capitolo settimo

 

 

 

 

 

La casa di Phos era composta da una sola, grande stanza: un giaciglio poco accogliente in un angolo, il focolare acceso con un grosso calderone messo a bollire sul fuoco scoppiettante, un tavolo di legno grezzo sommerso da volumi dall’aria antica e uno scaffale su cui erano sistemati decine di oggetti stravaganti, tra cui diversi vasetti contenenti polveri e liquidi dai colori brillanti.

Tutto lo spazio disponibile era pieno: i tre ospiti dovettero zigzagare tra le cianfrusaglie che riempivano il pavimento per seguire il piccolo mago che balzava con abilità da un punto all’altro.

-Volete un tè? O forse una tisana rilassante, credo sia meglio...-

-Abbiamo fretta.- sbottò Damon –Voglio… vogliamo solo sapere dov’è stata portata la mia schiava.-

-Oh, so cosa vuoi, Damon Salvatore.- annuì Phos, senza voltarsi mentre metteva a bollire dell’acqua al di sopra del calderone –La domanda è: tu lo sai cosa vuoi? Ma questa è un’altra storia… o forse è la stessa?- ci rifletté per un istante, poi scosse le spalle –Oh, beh. Ad ogni modo vi farà bene una tisana prima di iniziare il percorso per trovare la vostra amica. Aiuterà i vostri nervi e terrà saldi i vostri obiettivi.-

-Ci sta dando degli indizi, secondo te?- domandò Elena in un sussurro mentre si sedeva con Meredith su due sedie dall’aria poco stabile. Damon aveva preferito restare in piedi e sovrastava tutto il gruppo, le braccia incrociate al petto e i nervi del collo tesi.

-Non posso darvi nessun indizio. Lo farei, se potessi: se troverete la vostra amica in tempo sarà meglio per tutti, non solo per voi. Ma riuscire a localizzarla dipende solo da voi è non c’è nulla che io possa fare per aiutarvi, tranne aiutarvi a trovare i mezzi giusti.-

Damon alzò gli occhi al cielo, impaziente, mentre il mago versava in tre tazze uguali e un po’ sbeccate un liquido scuro dall’odore penetrante. Non appena ebbe finito il vampiro afferrò una tazza e la svuotò in un sol sorso mentre Elena e Meredith bevevano più lentamente –Bene, ora possiamo cominciare?-

Phos lo osservò per qualche istante con un sorrisetto stravagante, poi annunciò –Dovete farlo uno alla volta. Solo uno può attivare la connessione.-

-Inizio io.- si propose immediatamente Elena, posando la tazza –Bonnie è la mia migliore amica.- aggiunse a mo’ di spiegazione.

Phos riportò lo sguardo su Damon e il vampiro ebbe la sgradevole sensazione che si aspettasse qualcosa da lui, ma dopo un po’ il mago scosse le spalle –Bene. Allora, iniziamo. Chiudi gli occhi, Elena, e ti farò viaggiare verso ciò che cerchi.-

Elena annuì e con l’aria intensa di chi sta per affrontare una tremenda sfida obbedì. Avvertì dei flebili sussurri che si trasformarono in una litania coinvolgente e le parve che tutto iniziasse a rotearle attorno, poi cadde nel vuoto.

 

***

 

Elena aprì gli occhi e si guardò attorno. Si trovava in un ampio salone scuro e davanti a lei vide una porta aperta. Era già in piedi, scoprì, e la superò entrando in un corridoio fiocamente illuminato. Non c’erano altre strade possibili, così iniziò ad avanzare.

Tutto era silenzioso, come se l’intero universo si fosse messo in pausa per permetterle di trovare Bonnie. Sentiva solo un suono flebile, continuo, e accelerò il passo. Era un richiamo, indefinibile ma irresistibile, e si sentiva attratta lungo quell’infinito corridoio.

Si trovò quasi a correre: quello che voleva era sempre più vicino, ad ogni passo che faceva, ad ogni respiro.

Improvvisamente, a poca distanza da lei, vide una porta.

Dentro di lei sapeva che ciò che cercava era proprio lì dietro e vi si gettò contro, impaziente.

Si era aspettata di trovarsi di fronte Bonnie e di vederla sciogliersi in un sorriso grato, colmo di sollievo.

Invece si trovò in un luogo familiare che la fece immediatamente rabbrividire: era la cella di Stefan, ma questa volta si trovava dall’altro lato delle sbarre. Stefan era lì, in piedi, sano e robusto come prima della sua scomparsa.

Elena fece per correre verso di lui: voleva sentirsi stringere dalle sue braccia, sentirsi protetta e al sicuro come si sentiva sempre nel suo abbraccio. Invece, non riuscì a superare la soglia.

Accigliandosi, si guardò attorno e si accorse che la porta che aveva aperto era doppia: aprendola, ne aveva chiusa un’altra. Curiosa, fece scorrere la porta e aprì l’altro lato.

Era una stanza della casa di Lady Ulma, per la precisione la stanza di Damon. Il vampiro era lì, di fronte a lei, seduto su una poltrona con un bicchiere di scotch in mano e un sorriso pericoloso sul viso perfetto. Era affascinante come non mai e Elena ne era incredibilmente attratta: sentiva l’impulso di andare da lui e permettergli di morderla, di farsi avvolgere da quel turbine di sensualità. Fece un passo, ma di nuovo non riuscì a superare la soglia. Stavolta venne sbalzata indietro e la porta iniziò a scorrere da sola, da un lato e dall’altro, rivelando prima l’uno e poi l’altro dei fratelli Salvatore, ognuno con la sua attrattiva, ognuno con il suo fascino: Stefan dolce e affettuoso, Damon sexy e pericoloso, entrambi innamorati di lei, pronti a tutto per lei.

Improvvisamente, Damon si alzò dalla poltrona e fece un passo indietro, allontanandosi da lei.

-No! Damon, aspetta!- Elena fece per andare da lui, ma con la coda nell’occhio notò che stavolta era stato Stefan ad allontanarsi e si voltò verso di lui –Stefan! Stefan, sono qui per liberarti…- di nuovo, vide Damon indietreggiare –Damon… io… non…-

La testa iniziò a girare e Elena barcollò. I due vampiri si allontanavano e si avvicinavano come in una danza che lei non riusciva a seguire. Si sentiva attratta da due lati, spezzata in due, e improvvisamente tutto si fece buio e cadde a terra.

 

***

 

Quando Elena aprì gli occhi, tutti si voltarono verso di lei.

-L’hai trovata?- domandò immediatamente Meredith, ansiosa. Elena esitò e il suo sguardo si soffermò per un istante su Damon, poi abbassò gli occhi e scosse il capo.

-La tua concentrazione ha vacillato, Elena?- domandò Phos, anche se la sua espressione diceva che conosceva già la risposta.

-Credo… sì, credo di sì.- sospirò Elena –Come facciamo adesso? Non c’è un altro modo?-

-Ci sono altri due tentativi che possiamo fare.- le fece notare Phos –Ma se permettete sceglierò io stavolta: dovresti sederti, Salvatore.-

Damon quasi sobbalzò, sorpreso, e d’istinto lanciò uno sguardo a Meredith. Incredibilmente, la mora gli sorrise in un modo che per una volta non sembrava inquietante. Fu Elena, invece, a ribattere –Non sarebbe meglio… Meredith, forse…-

-Se Damon non ci riuscirà anche Meredith avrà il suo tentativo.- la interruppe Phos, osservando Damon con sguardo intenso –Allora?-

Damon si sedette, per una volta senza nessuna battuta, e chiuse gli occhi.

Mentre Phos mormorava le sue stravaganti formule Damon si sentì avvolgere da una nebbia fitta, dopodiché iniziò a galleggiare nel nulla e scivolò nel vuoto.

 

***

 

Damon aprì gli occhi e si trovò in un corridoio, privo di un inizio e privo, a quanto pareva, di una fine. Era dritto, privo di curve, e Damon seppe istintivamente da che parte andare: si incamminò, senza nemmeno guardarsi attorno, e seguì il suo corpo che sembrava sapere esattamente dove andare.

-Damon!-

Sobbalzò, sentendo la voce della streghetta che risuonava nella sua mente, chiara e decisa.

-Damon… Damon!-

Accelerò il passo. Aveva l’impressione di vedere il riflesso di un’ombra di pochi passi davanti a sé, una figura vaga dai capelli rossi come delle fiamme che lo invitava a seguirlo. Si trovò a correre lungo il corridoio che pareva infinito.

Quando vide una porta di fronte a sé vi si gettò contro con tutto il suo peso e la spalancò, quasi sfondandola.

-Damon! Sei venuto, sei qui!- esclamò una voce colma di una felicità così pura che il cuore del vampiro, fermo da secoli, vibrò nel suo petto.

Si trovava in una stanza circolare, con un grande letto e una sola finestra. Bonnie era di fronte a lui, i capelli rossi sciolti sulle spalle delicate e gli occhi color cioccolato pieni di lacrime. Indossava un vestito di pregiata fattura, verde e d’oro, che la faceva sembrare una ninfa dei boschi, un folletto.

Allargò le braccia e il suo pettirosso gli corse incontro, buttandosi su di lui che la strinse contro il suo petto.

-Non credevo che mi avresti sentita, questa volta.- esalò contro la sua spalla mentre Damon, senza rendersene conto, la abbracciava un po’ più forte –Credevo che non saresti venuto. Invece verrai? Verrai a prendermi?-

-Sono già qui.- la fece notare Damon, inebriato dall’abbandono con cui Bonnie si lasciava stringere da lui –Ora torniamo a casa.-

-Non sei qui.- la sentì singhiozzare e la strinse un po’ di più –Non sei qui, e nemmeno io sono qui. AH!- sentendola gridare, Damon la lasciò per assicurarsi di non averle fatto male.

Sbarrò gli occhi, terrorizzato: la pelle chiara del collo di Bonnie era ricoperto da una cascata di sangue scuro che scivolava lungo la scollatura, colando sul vestito verde. Se quella visione in un altro momento l’avrebbe eccitato, in quell’istante lo sconvolse e cercò il modo di fermare il sangue. Quando riportò lo sguardo su Bonnie però la ragazza era scomparsa.

-Damon… Damon, aiutami…-

Il richiamo, stavolta, era un gemito sommesso. Il vampiro si voltò e il suo intero mondo tremò.

Bonnie, la sua Bonnie, era bloccata nella stretta di un uomo di cui non riusciva a vedere il volto. La teneva con volenza, bloccandole la testa indietro per morderle il collo con più comodità.

Con un ringhio predatore, Damon si buttò sull’aggressore di Bonnie intenzionato a strappargli via la testa con un solo colpo per riprendersi la sua streghetta.

Ma nel momento in cui fu vicino ai due ebbe appena il tempo di incontrare lo sguardo straziato di Bonnie, poi venne tirato indietro da una forza invisibile ma implacabile. Lottò con tutte le sue forze per contrastarla, cercando di raggiungere Bonnie, ma venne trascinato via e quando cadde nel buio riusciva a vedere solo l’immagine terribile del suo Pettirosso prosciugato dallo sconosciuto.

 

***

 

Bonnie aprì gli occhi e si trovò stesa sul morbido materasso del letto.

Si sollevò lentamente, cercando di contrastare i violenti giramenti di testa che la aggredivano come dardi infuocati piantati direttamente nella sua scatola cranica.

Si guardò le mani, poi lanciò un’occhiata alle coperte. Erano pregne di sangue fresco e lo sentiva anche sul suo collo. Eppure c’era qualcosa di strano: sembrava che ci fosse qualcosa, mescolato al sangue, un liquido viscoso e nero che imbrattava il letto e le colava sulla pelle accaldata.

Notò che nella stanza era comparsa una vasca, piena di acqua fumante. Solo poche ore prima aveva deciso di restare il più possibile distaccata da qualsiasi cosa le offrissero in quella prigione, ma si trovò a liberarsi dell’abito e un istante dopo si stava immergendo nella vasca, godendosi il calore dolce che le avvolgeva la pelle lambendole le ferite sul collo.

Chiuse gli occhi e si riaddormentò immediatamente, esausta per ciò che aveva subìto.

 

 

_______________________________L’angolo di Jane

Eeeeeeeh rieccomi. In ritardo, ma voi sarete più docili del mio relatore di tesi, vero? :P

Questo capitolo è un po’ particolare, spero che vi sia piaciuto. C’è qualche piccolo accenno Bamon che spero abbiate apprezzato: nonostante tutto, pare che dentro di sé Damon sappia benissimo che tiene a Bonnie, dovrebbe solo rendersene conto in modo cosciente!

Al solito grazie a tutti voi che mi avete recensito, che avete aggiunto la storia tra i preferiti, tra le seguite ecc ecc. Siete fantastiche e spero che nonostante il ritardo vogliate lasciarmi un segno del vostro passaggio! Positivo e negativo, come sempre!!

Un bacio a tutte,

Jane

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


Capitolo ottavo

 

 

 

 

 

-Damon! Damon, smettila!-

La voce di Elena riportò il vampiro alla realtà. Quando aprì gli occhi si trovò di fronte una strana scena: il tavolo era rovesciato, i libri erano sparsi per la stanza e Meredith ed Elena erano nascoste dietro uno degli scaffali, osservandolo con espressione incerta e forse spaventata. Phos invece galleggiava a mezz’aria, le gambe incrociate e un sorriso tranquillo e quasi soddisfatto sul volto.

-Cosa succede?- domandò Damon davanti a quel disordine di cui non comprendeva l’origine.

-Sei stato tu.- spiegò il mago mentre le due ragazze uscivano dai loro nascondigli improvvisati –All’improvviso la tua potenza si è scatenata. Devi aver visto qualcosa mentre eri in trance… qualcosa di molto brutto?-

Le parole di Phos risvegliarono i ricordi di Damon, che scattò in piedi facendo cadere la sedia a terra –Andiamo.- ordinò in tono duro, avviandosi verso la porta.

-Andiamo? Andiamo dove? Dicci cos’hai visto almeno!- cercò di fermarlo Elena, confusa dal comportamento del vampiro. Non l’aveva mai visto come quella notte e non riusciva a capire cosa fosse successo: avevano bisogno del freddo, calcolatore Damon, e invece c’era in lui qualcosa di incontrollabile che lo faceva agire in un modo che non riusciva a comprendere.

-In questo momento qualcuno sta dissanguando la Strega, quindi direi che non c’è tempo per chiacchierare.- fu la lapidaria risposta di Damon. Il vampiro aprì la porta, ma Phos fece un piccolo gesto e questa si richiuse di scatto –Che stai facendo, mago?- ringhiò Damon, voltandosi verso Phos con il volto contratto dalla furia –Apri questa porta o giuro che ti strappo la testa dal collo.-

-Credo che ti sfuggano due particolari, Salvatore.- ribatté il mago con pacata tranquillità –Il primo è che è possibile che nessuno stia dissanguando la vostra amica.-

-L’ho visto con i miei occhi.- ribatté Damon.

-Sei sempre stato qui, in questa stanza. Con gli occhi non hai visto proprio niente.- gli fece notare Phos –Ma non era questo che intendevo. Ho condiviso con te la tua visione: tutto ciò che hai visto è che qualcuno la stava mordendo. Ma dovresti sapere che ci sono diverse creature in questa Dimensione e non tutte mordono per sottrarre sangue.-

-Hai ragione.- berciò Damon –Forse stava assaggiando la sua carne. Qualsiasi cosa stesse facendo, dobbiamo andare prima che sia troppo tardi. Quindi apri questa porta, immediatamente.-

-Lo farò. Dopo averti illuminato sul secondo punto.- annuì Phos –Esattamente, dove andrete a cercare la tua schiava?-

Damon esitò, ma solo per un istante. Poi si gettò sul mago e lo afferrò per il collo, sbattendolo contro il muro –Sai dove si trova. Dimmelo.- ringhiò a pochi millimetri dalla sua faccia –Se per colpa tua arriveremo tardi…- si interruppe per un istante, la vista annebbiata. Si sentiva strano, come se una nebbia gli avesse invaso la mente: riusciva a vedere solo il collo del suo Uccellino, il suo sangue, il viso sconvolto dalla paura. Sentiva la sua voce, il suo richiamo disperato, e quel suono riempiva il suo universo –Se arriveremo tardi ti ucciderò con le mie mani. Chiaro, mago?-

Phos non fece una piega. Chiuse gli occhi, li riaprì e scomparve. Un istante dopo era ricomparso a pochi metri di distanza, alle spalle del vampiro –Tranquillizzati, vampiro. Ti dirò dove si trova la ragazza: ci metterete solo mezz’ora, camminando verso sud-ovest. Troverete un grande castello dalle porte nere. È difeso da un fossato e nulla di più, ma una volta all’interno non separatevi mai o non riuscirete a ritrovarvi.-

-Cosa vuoi dire?- domandò Meredith, notando che Damon era troppo infuriato per porre le domande necessarie. Avrebbe davvero voluto sapere cosa aveva visto di preciso, ma avrebbero avuto tempo di parlarne in seguito: in quel momento le bastava sapere che Bonnie era in pericolo e che dovevano trovarla.

-Il castello è stato costruito con una magia antica e potente. I suoi corridoi variano di continuo, a seconda dei desideri del suo padrone.-

I tre sbiancarono e Damon domandò –Allora come diavolo facciamo a trovare Bon… la strega?-

-Dipenderà da te. Trovandola durante la trance hai attivato una connessione e ora l’istinto ti guiderà da lei. Ora andate, non perdete altro tempo.- concluse, aprendo la porta con un gesto. Damon si precipitò fuori e Elena lo seguì: prima che Meredith potesse fare lo stesso il mago la fermò, parandosi di fronte a lei –Un istante solo.-

-Mi lasceranno qui.- esitò Meredith, lanciando un’occhiata nervosa alla porta.

-Non lo faranno, sto rallentando i loro passi.- la tranquillizzò Phos –Ti tocca un compito difficile, Meredith. La vostra amica è nelle mani di Damon, ma il vampiro è volubile.-

-Non mi darà mai retta, ad ogni modo.- gli fece notare la ragazza –Forse dovrebbe dirlo a Elena, lei…-

-Lei ha un gran potere su Damon, ma la sua è un’influenza tutt’altro che positiva. La vostra amica è stata rapita per un motivo e se fallirete nella vostra missione ci saranno gravi conseguenze. Non solo per la strega, ma per tutti noi.-

-Cosa devo fare?-

-Forse molto, o forse niente. Damon ha paura, molta: teme di perdere la ragazza e sarà proprio la sua paura a far sì che la salviate. Non permettergli di negare ciò che prova per la vostra amica o la perderete, e tutti noi perderemo anche qualcosa di più.-

Meredith inspirò profondamente, cercando di dare un senso alle parole del mago. Odiava profondamente quando le persone parlavano per enigmi, ma non voleva perdere tempo a fare altre domande –D’accordo. Cercherò di… tenere Damon sulla retta via, anche se sarà difficile. Ora posso andare?-

-Certo, andate.- annuì Phos, e fece un gesto vago con le dita –Affrettati, ora i tuoi amici camminano di nuovo rapidamente.-

La ragazza uscì dalla casa di corsa e raggiunse Elena. Proprio in quel momento il vampiro, che era avanti di qualche passo, si voltò verso di loro con espressione rabbuiata –Siete lente. Aggrappatevi a me, dobbiamo andare decisamente più in fretta.-

Elena obbedì immediatamente e Damon le cinse la vita con un braccio. Meredith registrò mentalmente un dettaglio che la sbalordì ma che allo stesso tempo la tranquillizzò: stringendo a sé la bionda, Damon non sembrava aver avuto nessuna reazione particolare. Si limitava a osservare lei, in nervosa attesa. Per il momento era totalmente concentrato sul salvare Bonnie e se la cosa non fosse cambiata forse ce l’avrebbero fatta davvero.

Si avvicinò al vampiro e si aggrappò a lui. Avvertì a malapena la stretta decisa di Damon, poi sentì un violento strattone e si trovò catapultata in avanti a una velocità che riusciva a stento a concepire.

 

***

 

La notte era scura e fredda. Bonnie, avvolta in un mantello color smeraldo, si muoveva con passo sicuro tra i fitti alberi della foresta.

I lupi ululavano attorno a lei, ma non si fermò né esitò. Gli stivali di pelle affondavano nella neve fresca e doveva raccogliere le pesanti gonne per riuscire ad avanzare.

Un tuono squarciò il silenzio, rimbombando nella notte. La giovane sorrise, continuando a camminare.

Un alito di letto la avvolse, sollevandole il mantello e lambendole le braccia nude, ma non sentì freddo. Un sorriso si disegnò sul suo volto e si fermò, inspirando profondamente.

Avvertì la sua presenza prima ancora di sentire il tocco leggero sulla schiena. Il suo respiro le sfiorò il collo e Bonnie chiuse gli occhi, assaporando la rapida carezza con cui le stava scostando il mantello, scoprendole nuovamente le braccia per farvi scivolare le dita fredde e familiari.

-Eccoti… finalmente…-

Bonnie sospirò, soddisfatta: l’aveva trovata. Sapeva che l’avrebbe trovata, che l’avrebbe rivisto e che si sarebbe trovata di nuovo tra le sue braccia. Lui la strinse a sé e il sorriso di Bonnie si allargò mentre apriva gli occhi.

-Bentornata, mia diletta.-

La ragazza si voltò e incontrò gli occhi rossi che la guardavano con intensità. Gli rivolse un sorriso sicuro, lasciandosi stringere tra le sue braccia.

Bonnie si svegliò di scattò, riuscendo a stento a non scivolare sott’acqua. Si sollevò a sedere, sostenendosi ai bordi della vasca e cercando di riprendere a respirare normalmente.

Colse il proprio riflesso nello specchio e si soffermò ad osservarsi per qualche istante. Non c’era più sangue sul suo collo, ma il candore della sua pelle era segnato da due profondi tagli.

Aveva già visto i segni del morso di un vampiro, sia sulla pelle di Elena che sulla propria, e quelli non li ricordavano affatto. Erano più allungati e sottili, inoltre c’era quel liquido nerastro che aveva visto… e qualcos’altro. Le sembrava di aver sognato qualcosa, qualcosa di strano, eppure proprio non riusciva a ricordare.

Improvvisamente la porta si spalancò e Bonnie sprofondò nell’acqua, cercando di coprirsi. Con un sospiro di sollievo si rese conto che non era il suo rapitore dagli occhi rossi, bensì Ariel.

-Bene, temevo di trovarti sconvolta, invece hai accettato il bagno. Ne sono felice… forse inizi a ricordare?-

-Ricordare cosa?- domandò Bonnie, esausta di quelle frasi che non riusciva a comprendere –Perché parlate tutti come se mi conosceste? Io non so chi siete.-

-Già, ancora no.- sorrise Ariel, iniziando a vagare per la stanza togliendo dal letto le lenzuola sporche di sangue –Tra un’ora sarà servita la cena, se posso darti un consiglio eviterei di fare sciocchezze. Funziona come i nostri morsi.- spiegò, mostrando con un sorriso i suoi canini appuntiti –Sono meno dolorosi se non ti opponi.-

Bonnie abbassò lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime che pulsavano con violenza nei suoi occhi –Mi… morderà di nuovo?- domandò, stringendosi nelle proprie braccia nel tentativo di frenare i tremiti che l’avvolgevano.

-Povera piccola. È necessario.- rispose Ariel, aprendo la porta che rivelò nuovamente la stanza piena di abiti –Ma forse non serviranno molti morsi. Avverto già qualcosa, dentro di te. Presto te ne accorgerai anche tu.- concluse. Bonnie avrebbe voluto chiedere di cosa stava parlando, ma non ne ebbe la forza. Riusciva solo a pensare che avrebbe provato quel dolore, di nuovo.

Era prigioniera di un essere che voleva qualcosa che lei non capiva. Era alla sua completa mercé, lui poteva morderla, prenderle il sangue, avrebbe potuto torturarla se avesse voluto. O ucciderla.

Nel silenzio, Ariel tirò fuori un abito blu scuro e lo poggiò sul letto, aggiungendosi un girocollo di perle e un corpetto candido da indossare sotto l’abito.

-Finisci il bagno e vestiti.- le disse chiudendo la porta e poi riaprendola, facendo comparire l’abituale corridoio che portava chissà dove –Non gli piace aspettare.-

Ariel uscì e Bonnie, rimasta sola, non riuscì più a trattenere le lacrime.

Scossa da violenti singhiozzi si alzò, asciugandosi con un asciugamano morbido che trovò accanto alla vasca. Ne uscì e indossò l’abito. Odiava obbedire in quel modo, eppure non sapeva cos’altro fare in quel momento.

Se solo Damon avesse saputo dove cercarla…

Credi che gli interesserebbe?” domandò la voce dentro di lei, ricomparendo ancora più forte del solito nella sua testa.

-Mi ha sempre aiutata.- singhiozzò Bonnie, infischiandone se stava parlando ad alta voce con qualcosa che esisteva solo nella sua testa –Mi ha sempre salvata.-

Per Elena. Perché lei ti vuole bene e lui la vuole. Lui la desidera, e si meritano a vicenda.” Aggiunse la voce, beffarda “Tu puoi avere di più. Tu avrai di più.”

-Oh, basta.- mormorò la rossa, allacciandosi il corpetto con gesti rapidi: c’erano molti lacci e ganci, ma nonostante non ne avesse mai indossato uno sapeva perfettamente come fare.

Presto te ne accorgerai anche tu. Molto presto.”

Bonnie la ignorò, cancellando via le lacrime dal suo volto prima di indossare l’abito. Poi si sedette sul letto, gli occhi fissi sulla porta.

Lui sarebbe venuto a prenderla e lei non poteva fare altro che restare lì, in attesa del suo carnefice.

 

 

 

 

_____________________L’angolo di Jane

Eeeeeed eccoci qui! Questo capitolo è un po’ di transizione ma… beh, qualche novità c’è! Sono curiosa di sentire le vostre idee in proposito, davvero curiosa!

Intanto vi chiedo scusa per il ritardo, so che inizia ad essere una cosa ripetitiva ma ho due settimane per preparare due spettacoli e un esame e così… sono un po’ sommersa +_+ dovrei imparare a decidere meglio i miei impegni, lo so :P

Al solito grazie a chi commenta, a chi l’ha inserita tra le preferite, le ricordate e le seguite, e anche chi legge in silenzio J

Ora vado: se lasciate un commentino, io sono contenta!!

Un bacio,

Jane

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Capitolo 10
*** capitolo nono ***


Capitolo nono

 

 

 

 

 

Quando la porta si aprì, Bonnie era già vestita di tutto punto. Il vestito blu, proprio come quello che aveva indossato a pranzo, aderiva perfettamente al suo corpo. Ciò che la turbava era la scollatura, decisamente più profonda rispetto a quelle a cui era abituata la giovane strega, e soprattutto l’intuizione del motivo per cui era fatta così: guardandosi allo specchio si era resa facilmente conto che quell’abito lasciava ben scoperta tutto il collo.

Il cuore iniziò a batterle più forte mentre si voltava verso la porta e si fermò per un istante quando incontrò gli occhi rossi del suo carceriere. La consapevolezza che l’avrebbe morsa di nuovo le diede un tremito, ma fortunatamente per quel giorno sembrava aver esaurito tutte le sue lacrime e riuscì a mantenere una parvenza di contegno mentre l’essere la studiava con malcelato interesse.

-Sei bellissima, mia diletta.- la salutò, soddisfatto –Sono lieto che tu abbia deciso di rimanere tranquilla.-

-Ho bisogno… vorrei… avrei delle domande.- riuscì a dire Bonnie con voce tremante.

L’altro annuì –Mi stupirebbe il contrario. Non potrò rispondere ad ogni cosa, è troppo presto, ma forse potrò soddisfare qualche tua curiosità. Prima però vieni con me: hai perso molto sangue, devi mangiare per tornare in forze.-

Perso, pensò Bonnie, era decisamente un ridicolo eufemismo, ma decide di non essere polemica, anche perché non era certa di riuscire a formulare un’obiezione in una lingua esistente.

Inspirò profondamente: aveva bisogno di tutto il coraggio di cui possedeva per decidere volontariamente di avvicinarsi alla creatura. Misurò i passi con attenzione, attenta che non fossero né troppo esitanti né troppo rapidi, e lo superò entrando nella grande sala da pranzo che aveva già visto.

Il grande tavolo era riccamente imbandito e alla prima occhiata Bonnie riuscì ad individuare almeno cinque dei suoi piatti preferiti. Tutto quel cibo avrebbe potuto tranquillamente sfamare un esercito, ma quel pensiero fu messo da parte quando l’odore intenso delle pietanze la raggiunse.

Non si era accorta di avere così tanta fame, ma in effetti non aveva mangiato per tutto il giorno e aveva “perso”, come diceva lui, molto sangue.

-Vieni, mia diletta.- l’essere le comparve accanto e le porse una mano. Bonnie esitò vistosamente, ma lui non vacillò e non ritirò il suo invito. La rossa avrebbe voluto procedere da sola, ma era lì per cercare di capirci qualcosa e forse le conveniva comportarsi bene, così appoggiò la mano su quella di lui.

Immediatamente la testa le girò e chiuse gli occhi, ma non si trovò immersa nel buio. Vide qualcosa di familiare ma allo stesso tempo sconosciuto: sentì l’odore del mare, una nave dalle grandi vele nere e un’ombra scura stagliarsi contro l’orizzonte.

-Tutto bene?- domandò l’essere quando Bonnie riaprì gli occhi. La strega annuì, confusa, e si lasciò condurre al tavolo. Lui le scostò la sedia e, dopo averla fatta accomodare, si sedette accanto a lei.

Bonnie avvertì l’odore del cibo, ma si impose di non prendere nulla prima di aver posto le sue domande, così si sforzò di  incontrare quegli occhi rossi che la scrutavano con attenzione –Vorrei sapere chi siete, come prima cosa.-

L’essere annuì –Questa è una domanda a cui posso rispondere. Ma prima prendi qualcosa, mia diletta: ti spiegherò mentre mangi.-

Interdetta, Bonnie esitò nuovamente. Elena avrebbe protestato e si sarebbe imposta, prigioniera o no. Perché lei non riusciva a fare lo stesso?

-Sei quasi svenuta un attimo fa. Se accadesse, non potresti farmi domande, non credi?- le fece notare il suo carceriere. Ammettendo che il discorso sembrava sensato Bonnie cedette e si mise nel piatto del pollo dal profumo delizioso. Iniziò a mangiare, sentendo che l’essere la osservava con attenzione, e dopo qualche forchettata alzò lo sguardo su di lui per ricordargli la sua domanda.

L’essere fece un cenno di assenso e le versò del vino nel calice d’oro che aveva davanti a sé. Bonnie bevve, più per sfuggire a quello sguardo intenso, e mentre assaporava quel liquido scuro e delizioso l’altro iniziò a parlare.

-Ho molti nomi e vivo da troppo tempo per ricordare qual è stato il primo. Mi chiamano Shiva, Raijin. Per alcuni sono Fenrir, per altri Malsumis. Scegli tu il nome che preferisci.-

Bonnie annuì, riprendendo a mangiare per evitare di dover rispondere. In effetti ricordava solo il terzo nome che aveva detto, Fenrir, perciò se proprio avesse dovuto chiamarlo in qualche modo decise che avrebbe usato quello. Tuttavia, finché le era possibile, preferiva evitare quelle confidenze.

-Ho risposto alla tua domanda, mia diletta?-

-Non del tutto, in realtà.- rispose Bonnie d’istinto, accorgendosi solo dopo che forse aveva osato troppo. Lanciò un’occhiata all’essere, a Fenrir, e avvertì un forte senso di sollievo quando vide che sorrideva mentre continuava ad osservarla. Distolse lo sguardo e bevve, chiedendosi vagamente quando aveva riempito nuovamente il bicchiere, poi lo poggiò sul tavolo e andò avanti –Perché mi chiami mia diletta?-

-Perché è ciò che sei.-

-Io non ti conosco.- ribatté la ragazza.

-Al momento no, non mi conosci.-

Bonnie sbuffò –Queste risposte non fanno che confondermi di più.-

-Presto tutto sarà chiaro. Hai ancora sete?-

Senza pensarci la ragazza prese il bicchiere, di nuovo pieno, e lo svuotò. Il vino aveva un sapore ottimo, fresco, con un retrogusto che non aveva mai sentito ma che le ricordava qualcosa. Le sembrava di averlo già sentito quel pomeriggio, quando si era svegliata e…

I suoi occhi corsero alla bottiglia e solo in quel momento notò che un liquido più scuro galleggiava nel vino rossastro, disegnandovi leggere volute nere.

Balzò in piedi e la sedia crollò alle sue spalle con un violento tonfo. Bonnie avrebbe voluto voltarsi e fuggire a gambe levate, ma il vino le era salito alla testa e le pareva che il mondo si fosse messo a roteare furiosamente attorno a lei.

Si sentì cadere ed era già pronta al contatto col suolo, ma non accadde. Immediatamente capì che era stato Fenrir a sostenerla e si agitò per liberarsi –No! Cosa… cos’era… mi hai avvelenata!-

-Decisamente controproducente per i miei piani, mia diletta.- scosse il capo l’essere –Non è veleno quello che ho aggiunto al vino.-

Bonnie avrebbe voluto chiedere cosa fosse, ma non ci riuscì. Doveva impiegare tutte le sue forze per riuscire a rimanere sveglia, non voleva assolutamente addormentarsi in quel momento, rimanendo in balìa del suo rapitore. Non che in quel momento fosse in grado di difendersi, ma ci capiva già poco e non voleva perdersi nulla di quello che succedeva.

Si sentì sollevare e si trovò in braccio a Fenrir, mentre la trasportava nella sua stanza. Quel movimento troppo rapido e improvviso le fece girare la testa e chiuse gli occhi.

 

La notte era buia e Bonnie sentì un lupo ululare in lontananza. Uscì sul piccolo balconcino della torre e i suoi occhi si persero ad osservare la linea netta dell’orizzonte.

-Non manca molto.- la giovane si voltò al suono della voce familiare di Fenrir e vide l’uomo a pochi passi da sé, nella penombra della stanza da letto che era stata assegnata loro –Pochi giorni e la città sarà nostra, mio amore.-

Sul viso di Bonnie si disegnò un sorriso soddisfatto –Pochi giorni? Ne sei certo?-

-Se il giovane principe morirà, si scatenerà una guerra che non avrà alcun vincitore. E il principe morirà.- si avvicinò a lei e le fece alzare il viso, baciandola –Hai fatto il tuo lavoro molto bene, come sempre, mia diletta.-

Proprio in quel momento un suono ridondante squarciò il silenzio della morte. Il grido di dolore della regina sovrastò le campane che annunciavano la morte del principe. Bonnie si sentì invadere da una fiera esultanza e strinse la mano di Fenrir, che subito la strinse a sé.

 

Bonnie si svegliò d’improvviso e cercò di alzarsi, ma si rese conto di essere avvolta da una stretta decisa e ricadde indietro, poggiandosi contro qualcosa di solido alle sue spalle e richiudendo gli occhi. Sentiva una lieve tensione alla pelle, ma non era doloroso. Non sapeva come definirlo e, in verità, non si sentiva nemmeno abbastanza sveglia da riuscire a trovare le parole adatte per definire qualsiasi cosa. Così decise di non indagare ulteriormente e si lasciò scivolare nel nulla.

In pochi istanti il leggero bruciore si trasformo in un formicolio appena accennato, dopodiché divenne una piacevole carezza e Bonnie si lasciò cullare, addormentandosi in pochi minuti.

 

***

 

Meredith si staccò da Damon e barcollò, cercando di non cadere. La velocità dei vampiri era decisamente comoda, ma per un essere umano era difficile sopportare un viaggio in quelle condizioni.

Elena era molto più tranquilla: probabilmente il periodo della sua vita in cui era stata una vampira l’aveva abituata a quell’esperienza.

-Dio, è davvero… imponente.- mormorò la bionda, e Meredith seguì il suo sguardo per capire a cosa si riferisse.

La fortezza era enorme, imponente. Solide mura di cinta si stagliavano davanti a loro, intervallate da decine di torri che svettavano verso il cielo plumbeo. C’erano numerose finestre, la maggior parte con vetri scuri, e come aveva preannunciato Phos un fossato circondava la struttura. Era pieno d’acqua, ma non era molto largo e non sarebbe stato difficile superarlo con le doti da vampiro di Damon e, magari, le ali di Elena.

Damon osservava il luogo con occhi attenti, le orecchie tese nel tentativo di cogliere qualcosa, qualsiasi cosa, dall’interno. Non osava sperare di sentire la voce del suo Pettirosso, sapeva che nonostante tutto avrebbe potuto essere morta e, anche se non riusciva a concepire quella possibilità in modo concreto, non voleva illudersi di trovarla viva.

-Allora? Io posso volare dall’altra parte e posso portare Meredith.- annunciò Elena, pratica –E tu puoi saltare dall’altra parte, Damon. Andiamo?-

Il vampiro esitò, cosa che lo sorprese. In genere preferiva di gran lunga agire che pensare, ma in quel momento decine di domande lo bloccavano. Non vedeva nessuno sulle mura, la sua vista da vampiro pareva assicurarle che non c’erano guardie o vedette, ma se non fosse stato così?

Se qualcuno li avesse visti entrare e avesse avvertito il padrone del castello cosa avrebbero fatto a Bonnie? L’avrebbero portata in un altro posto o…

Scosse il capo. Doveva smetterla, tutti quei pensieri lo stavano confondendo, non era più lucido.

-Damon?-

La voce di Meredith, un po’ esitante, lo fece sobbalzare, segno che la sua lucidità era decisamente in pericolo –Sì, Miss Inquietudine?- domandò, acido.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo –Cosa ne pensi? Il portone è aperto.- gli fece notare, accennando al varco nelle mura oltre al fossato.

Damon osservò il castello ancora per qualche istante, poi annuì –Andiamo.- annunciò, e in un balzo era dall’altro lato del fossato. Mentre le due ragazze lo raggiungevano Damon si avvicinò al portone e i suoi occhi scrutarono l’oscurità dell’ingresso.

Senza curarsi di assicurarsi che le due lo seguissero, entrò.

 

***

 

Bonnie si svegliò ed inspirò profondamente.

Si mise a sedere sul letto e sobbalzò quando vide Fenrir seduto comodamente sulla poltrona di fronte a letto, un sorriso sul viso e gli occhi rossi fissi su di lei, ardenti.

Quello sguardo fece scattare qualcosa dentro di lei e quando parlò non si rese conto di ciò che stava dicendo finché le parole non le uscirono dalle labbra –Ci siamo quasi.- mormorò, con una voce che era la sua ma che aveva allo stesso tempo qualcosa in più.

Il sorriso di Fenrir si allargò –Già, mia diletta… lo senti?-

Bonnie annuì e si mise in ginocchio sul letto –Ancora.- mormorò con un filo di voce.

-Ne sei certa? Puoi farcela?-

-Non manca molto.- sorrise Bonnie, tendendo una mano verso di lui. Non era un movimento che avrebbe pensato di fare, non erano parole che avrebbe immaginato di pronunciare, eppure ogni fibra del suo corpo le dicevano che erano quelle giuste –Sto tornando.-

Fenrir si alzò e in un attimo le fu accanto. Le fece scivolare un braccio attorno alla vita e Bonnie si trovò stretta contro il suo corpo. Alzò la testa, liberando il collo dai ricci rossi, e i denti dell’essere le perforarono la carotide.

Bonnie chiude gli occhi, sentendo il fluido freddo e denso entrare in lei, scivolare nel suo sangue e risvegliare i ricordi dal torpore in cui li aveva risposti.

 

 

 

___________Angolino di Jane

Stavolta ho battuto un record: ritardo non solo per l’aggiornamento ma anche per rispondere alle recensioni! Non è un record di cui vantarsi ma insomma, ci si accontenta, giusto?

Giusto?

Ok, no. Chiedo perdono, come sempre :P Ma spero che il capitolo vi piaccia e che vogliate lasciare un segno del vostro passaggio, anche se a me fa piacere anche chi legge in silenzio ovviamente, solo che… beh, non posso saperlo, quindi non posso ringraziarvi!

Considerando che sono reduce da lezione all’uni – dare ripetizioni di algebra – scrivere la tesi, forse e meglio che io la smetta di blaterare prima di farvi dubitare della mia sanità mentale. Quindi, un bacione a tutte!!

Jane

 

PS: Volevo dedicare questo capitolo a Little Redbird: come sai adoro letteralmente la tua storia e… boh, non so perché ho scelto proprio questo capitolo, forse perché tutti i nodi iniziano a venire al pettine, non so!

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Capitolo decimo

 

 

 

 

 

L’ingresso del castello era una grande stanza priva di qualsiasi illuminazione, nonostante ci fossero diversi portacandele sparsi qua e là. Il pavimento lucido si allungava fino a una grande scalinata, da cui se ne dipartivano quattro che salendo si diramavano ancora, ancora e poi ancora, creando un intricato gomitolo di gradini che si sollevava verso l’alto. Attorno a loro, sui freddi muri di pietra, si aprivano decine di porte ad arco intervallate da enormi gargoyle neri.

-Questo… è un labirinto.- mormorò Elena, guardandosi attorno senza curarsi di celare la preoccupazione che provava –Come facciamo a capire dove andare?- 

Meredith esitò per un istante, altrettanto turbata. C’erano decine di strade possibili e per quanto ne sapevano era possibile che si dividessero ulteriormente. Ora capiva perché non c’erano difese: una volta nel castello non perdersi era impossibile, senza una guida.

-Forse dovremmo… non so, trovare qualcuno che conosca il castello e tornare?- propose Elena.

Lo sguardo di Meredith si posò su Damon: il vampiro non si stava guardando attorno come loro, aveva gli occhi scuri fissi su una delle porte alla loro destra e la fissava come se qualcosa lo stesse chiamando dalla soglia, come se avesse visto qualcosa che a loro non era visibile.

Le parole di Phos le tornarono in mente quasi all’improvviso, come un flash. Il mago le aveva detto di assicurarsi che Damon non tentennasse, dunque in quel momento toccava a lei agire, aiutarlo a rendersi conto di ciò che sapeva.

-La senti, Damon?- domandò. Il vampiro sobbalzò sentendo quella frase, ma non si voltò e continuò ad osservare la porta, incerto.

-Sentirla?- domandò Elena, accigliandosi –In che senso sentirla?-

Meredith sbuffò, alzando gli occhi al cielo e senza rispondere continuò a rivolgersi a Damon –Sai dove dobbiamo andare, Damon?-

Era strano per Meredith vedere quell’espressione sul viso del maggiore dei Salvatore. I suoi lineamenti erano contratti, ma non dalla rabbia come era abituata a vedere. Non era sicuro di ciò che stava facendo e, anche se stava facendo di tutto per nasconderlo, alla ragazza era incredibilmente chiaro che era paralizzato dalla paura di sbagliare.

-Damon, sai dove andare.- affermò, facendo chiaramente capire che quella frase non terminava con un punto di domanda –Bonnie è qui e dobbiamo andare a prenderla.-

Il vampiro serrò le mani in due pugni, nascondendo il tremito che gli attraversava il corpo. Non capiva perché si fosse bloccato in quel modo: le sfide non l’avevano mai spaventato, anzi ne era attratto e spesso era lui stesso a provocarle. Eppure, in quel momento, l’idea di poter prendere una strada sbagliata lo terrorizzava. Il che era ridicolo, perché lui non aveva paura di nulla.

Certo, avrebbero potuto passare l’eternità a girovagare per i corridoi di un castello misterioso, ma non era questo a spaventarlo. Il pensiero che lo tormentava, che gli impediva di muoversi, era che se avesse sbagliato strada non sarebbero arrivati in tempo per salvare l’Uccellino e lei sarebbe rimasta in balìa del mostro che gliel’aveva portata via.

-Non sa dove andare, non lo vedi?- esclamò Elena, interrompendo il flusso dei suoi pensieri –Dobbiamo trovare qualcuno che ci aiuti. Se ci perdiamo in questo castello non solo perderemo Bonnie, non riusciremmo nemmeno a salvare Stefan.-

-No.- la zittì Meredith con sicurezza –Non abbiamo bisogno di nessuno. Damon, tu puoi trovarla. Sei entrato in contatto con lei, sei l’unico a poterla trovare. Damon!- aggiunse –Bonnie conta su di te.-

Meredith non aveva pensato a quell’ultima frase, l’aveva pronunciata e basta. Sapeva che era la verità, aveva visto Bonnie affidarsi a Damon più di una volta ed era consapevole che, nonostante tutte le evidenze contrarie, Bonnie avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe gettata da un palazzo senza paura se avesse saputo che Damon era nei paraggi.

Ma quelle semplici parole ebbero un effetto enorme sul vampiro: la sua espressione cambiò, i suoi occhi si accesero di determinazione e Damon camminò con decisione verso la porta che aveva puntato, senza dire nulla.

-Ma… Damon, come puoi essere sicuro che…- cercò di protestare Elena, ma Meredith la afferrò per un braccio e se la trascinò dietro. Contro ogni aspettativa, stavolta era lei che si fidava di Damon ad occhi chiusi.

Si inoltrarono in un corridoio, buio quanto l’ingresso. Per le due ragazze ogni centimetro di quel percorso era esattamente identico a quello precedente: il pavimento scuro, le pietre grigie delle pareti senza finestre, i sostegni con le torce spente, l’odore di chiuso e di umidità.

Damon, però, vedeva qualcosa di più. C’era davanti a loro un lieve filo di luce bianca, una striscia che segnava la strada giusta e che emanava un leggero odore di fragole fresche e di… purezza. Era assurdo il pensiero che la purezza avesse un odore e, se l’aveva, Damon era abbastanza sicuro che non avrebbe dovuto riconoscerlo. Non era certo un esperto a proposito di purezza, eppure poteva riconoscerlo con sicurezza: era quello che rendeva il sangue di Bonnie diverso da tutti quelli che aveva mai annusato.

-Stiamo camminando da ore.- sussurrò Elena a Meredith dopo un lungo, infinito tragitto –Sei sicura che sappia quello che stiamo facendo?-

Meredith annuì frettolosamente, decisamente stranita da quello scambio improvviso di posizioni tra lei ed Elena. Di solito lei dubitava e l’amica la rassicurava sull’affidabilità di Damon, invece stavolta era il contrario. Ma poteva accettarlo, se questo li avesse portati da Bonnie.

Improvvisamente, Damon si immobilizzò, accigliandosi.

-Che succede?- domandò Elena, preoccupata. Il vampiro però non rispose e si inginocchiò.

La sua mano si poggiò sul suolo, sfiorando la luce che da bianca stava lentamente mutando, scurendosi sempre di più. Il fascio vibrò e si tinse di un intenso rosso sangue. L’odore cambiò, le fragole rimasero intense come un attimo prima ma la purezza scomparve, sostituita da qualcosa di diverso, potente e penetrante, che scivolò nelle narici di Damon riempiendolo, quasi facendogli girare la testa.

-Damon?- lo richiamò Meredith, quasi timidamente –Damon, cosa succede?-

-Non lo so.- rispose il vampiro con disarmante sincerità.

-Hai perso la traccia?- insistette la ragazza.

-No. Non l’ho persa, c’è ancora, ma è... diversa.-

-In che sens…- fece per domandare Meredith, ma un enorme boato interruppe le sue parole. Elena si sbilanciò in avanti e si aggrappò a Damon mentre l’intero palazzo veniva scosso da quello che sembrava un terremoto. Meredith perse l’equilibrio e cadde, ma si sentì afferrare dal vampiro che era di nuovo in piedi e stava sostenendo anche Elena.

Improvvisamente tutto si fermò e nello stesso momento le torce si accesero, tutte contemporaneamente, e di fronte a loro comparve una porta di legno scura.

I tre rimasero immobili per diversi istanti, osservandola con evidente indecisione. I muri vibrarono nuovamente e un nuovo, violento boato li fece sobbalzare.

Sentirono un rumore alle loro spalle e si voltarono tutti insieme, come un solo corpo. Elena si aggrappò con più forza al vampiro, Meredith trattenne a stento un grido.

Un enorme muro cosparso di appuntiti paletti di legno stava correndo verso di loro, senza lasciare possibilità di scampo se non la porta appena comparsa.

Tutti si buttarono contro la maniglia, spingendo con tutte le loro forse, ma questa rimase chiusa nonostante la potenza di Damon.

-Oddio, no!- gridò Elena, voltandosi e spingendo con più insistenza e disperazione. Damon afferrò le due ragazze e si gettò contro la porta con tutta la forza di cui disponeva, ma non fu necessario. Questa si spalancò come di sua spontanea volontà e i tre ruzzolarono su un pavimento lucido e freddo.

Il muro di paletti scomparve dietro di loro in una nube di fumo grigio e un lieve applauso, proveniente da un punto imprecisato della sala in cui erano finiti, attirò la loro attenzione.

 

 

***

 

 

La stanza in cui erano finiti era completamente nera e alle pareti prive di finestre erano appesi numerosi tendaggi color sangue. La stanza era vuota, fatta eccezione per quelli che sembravano due grandi troni di pietra scura, ornati di cuscini scarlatti.

Alzandosi in piedi, Damon notò che uno dei due sedili era occupato da un uomo.

-Dov’è?- domandò immediatamente, mentre le due ragazze si alzavano facendo un po’ più di fatica.

Lo sconosciuto lo guardò con una scintilla d’ironia negli occhi rossi come tizzoni ardenti –Non mi sembra molto cortese insinuarsi in casa mia e fare domande senza nemmeno essersi presentati.- commentò, senza scomporsi –Una fortuna che io vi conosca già. La bella Elena, colei che tutti desiderano. Meredith, con il suo bagaglio di segreti. E infine… Damon Salvatore, il vampiro che non sa tenersi ciò che definisce suo.-

Un ringhio salì alle labbra del vampiro, già in posizione di attacco –Ho chiesto dov’è Bonnie.- ripeté –Non so chi sei e non mi interessa, ma rivoglio la mia strega. Immediatamente.-

Sul viso di Fenrir aleggiò un sorriso soddisfatto –Tua, tua, tua. Non mi sembravi così preoccupato per lei quando il mio uomo è venuto a prenderla… mi sbaglio, Salvatore?-

-Ma ora sono qui per riprendermela. Lei è mia e la rivoglio, ora.- ripeté. Sapeva che non avrebbe ottenuto nulla, l’aveva rapita e non si sarebbe smosso così facilmente, ma c’era qualcosa in quella situazione che lo innervosiva.

Era stato troppo facile arrivare fino lì, doveva esserci qualcosa sotto e anche se era dura per lui ammetterlo aveva paura che fosse qualcosa che non voleva sentire. Aveva paura di scoprire che era troppo tardi, che Bonnie era morta.

Come avrebbe potuto accettarlo? Come avrebbe potuto sopportarlo?

-Allora siete qui per la vostra amica, se ho capito bene.- continuò Fenrir –Dunque…-

Fece un gesto vago con la mano e una porta che nessuno di loro aveva notato fino a quel momento si aprì, lasciando entrare Castiel. Quando Damon lo vide ringhiò nuovamente, ma Fenrir lo ignorò –Portala qui, Castiel. Ha… ospiti che la attendono.-

Castiel scomparve nel buio di un corridoio e Damon osservò Fenrir con gli occhi ridotti a due fessure –Se le hai fatto del male, io…-

La minaccia cadde nel vuoto, incompleta, perché il vampiro venne attratto dal suono di passi che provenne dal corridoio.

Castiel spinse dentro Bonnie, che cadde in ginocchio sul pavimento, e Damon sentì il suo cuore morto spezzarsi. La ragazza era pallida, magra e indossava un vestito stracciato, sporco di sangue come la sua maggior parte del suo esile corpo. La pelle era cosparsa di ferite e i polsi sottili erano stretti da catene arrugginite che tintinnavano ad ogni tremito che la scuoteva.

Immediatamente Damon scattò. Era convinto che qualcuno sarebbe intervenuto per fermarlo, invece si trovò accanto alla ragazza e riuscì a stringerla a sé con un istinto di protezione che non credeva di possedere.

Nonostante tutto si sentì sollevato, con il suo Uccellino stretto tra le braccia. Era viva e tutto sarebbe andato bene, ora. L’avrebbe portata a casa e l’avrebbe protetta con tutte le sue forze, nessuno gliel’avrebbe più portata via. Nessuno l’avrebbe più ferita.

–Andrà tutto bene.- le sussurrò, stringendola di più a sé.

-Ma certo che andrà tutto bene.- sorrise Bonnie, sciogliendosi dall’abbraccio e facendo un passo indietro. Damon sentì un brivido, la sensazione che tutto sarebbe andato storto, che qualcosa si sarebbe spezzato. Bonnie fece un gesto e il sangue e le ferite scomparvero. Sorrise al vampiro mentre un abito blu scuro, ricamato d’argento, prendeva il posto degli abiti stracciati –Per noi, almeno.- aggiunse con un sorriso in cui aleggiava una sfumatura di crudele soddisfazione.

 

 

 

 

___________________L’angolo di Jane

E rieccomi a voi! Sempre ritardataria, ma ormai l’avete capito :P

Però però però, ho anche una buona notizia con cui farmi perdonare: ho avuto un idea per la mia prossima long su TVD ùù Credo che pubblicherò il primo capitolo, giusto per vedere se gradite, e poi aspetterò di finire questa per aggiornarla, che ne dite??

Detto ciò, come al solito non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni che sono sempre bellissime J

Un bacione e grazie mille a tutte voi che continuate a seguirmi, sia commentando che silenziosamente!!

Jane

 

 

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Capitolo 12
*** capitolo undicesimo ***


Capitolo undicesimo

 

 

 

 

 

Il mondo intero sembrava aver interrotto la sua rotazione e il tempo, che per un attimo era sembrato un compagno favorevole, si era ritorto contro Damon in un modo che non riusciva a concepire. Le ore, i minuti e i secondi si erano congelati, stringendosi attorno a lui in un vortice opprimente che non gli permetteva di pensare, né di capire.

Bonnie era lì, di fronte a lui, con un ghigno che stonava decisamente con i dolci lineamenti del suo viso a cuore. I capelli rossi le ricadevano sulle spalle, lasciate parzialmente scoperte dal vestito scuro che le avvolgeva il corpo in modo sensuale, ma troppo provocante perché potesse essere da lei. Eppure sembrava a suo agio, come il vampiro non l’aveva mai vista.

Damon sapeva che quella non era la sua streghetta. Il suo Uccellino non l’avrebbe mai guardato con quegli occhi duri, con quel sorrisetto che sembrava godere del loro sbalordimento. Eppure, contro ogni logica, si sentiva meglio ora che lei era davanti a lui.

Era diversa. Le era successo qualcosa e avrebbe voluto uccidere l’uomo che l’aveva rapita, che l’aveva cambiata così, eppure era viva. Era viva, questo bastava per lui.

-Bonnie?- la voce di Elena risuonò stonata nel silenzio che era calato quando la rossa si era scostata dal vampiro –Bonnie, sembri… stai bene?-

La strega si voltò verso l’amica, un sorriso appena accennato sulle labbra –Bene.- sussurrò, come se stesse soppesando il sapore di quella parola, giocandoci e vezzeggiandola –Bene. Sai, Elena, in questo momento mi rendo conto di quanto io sia stata stupida, in questa vita.- commentò, muovendosi in modo leggiadro, quasi volteggiando per raggiungere Fenrir –Avevo così paura dei miei poteri… che idiozia! Il potere è così bello, così coinvolgente, così…- si fermò accanto a Fenrir, che la guardava con gli occhi rossi brillanti –Vivo. Ora ho assaggiato il potere fino in fondo ed è così dolce.- sorrise e Fenrir la attirò a sé.

-Levale le mani di dosso.- ringhiò Damon immediatamente, senza riuscire a trattenersi quando vide l’essere che faceva scorrere le mani sul corpo della sua streghetta in quel modo possessivo. Immediatamente, con il movimento di una sola mano, Fenrir fece comparire delle lance appuntite che si posizionarono attorno al gruppetto, le appuntite lame dirette verso di loro, minacciose.

Fenrir scosse il capo, sul viso un ghigno divertito che Damon avrebbe tanto voluto cancellare con un pugno –Ah, Salvatore. Dev’essere terribile accorgersi di ciò che si desidera quando ormai è troppo tardi, non è vero?- domandò, attirando Bonnie sulle sue ginocchia. La ragazza si lasciò stringere, quasi facendo le fusa –Posso ucciderli io?- domandò con voce entusiasta, un gran sorriso sul viso, guardandoli con un divertimento tanto puro da essere terrificante –Ho così tanti nuovi poteri da sperimentare. Prima per errore ho fatto appassire un fiore.- si voltò e studiò i suoi tre vecchi amici con occhi accesi –Chissà cosa accadrebbe se lo provassi su Elena.-

-Sarebbe senza dubbio interessante, mia diletta.- concordò Fenrir, senza distogliere da Bonnie uno sguardo quasi adorante.

-Già.- mormorò la rossa, sciogliendosi dall’abbraccio dell’essere e avvicinandosi di qualche passo al gruppetto, muovendosi attorno a loro, tra le lance che si scostavano al suo passaggio. Damon non poteva evitare di seguirla con lo sguardo, spaventato ma al contempo sbalordito dalla trasformazione di Bonnie: l’uccellino era diventato un’aquila oscura, imponente e fiera. Odiava vederla in quel modo, quello non era il suo pettirosso, eppure c’era qualcosa che apprezzava in quel cambiamento. Era più consapevole di sé stessa, dei suoi poteri, della sua bellezza, ed era come se attorno a lei si fosse accesa una luce nuova che avrebbe trovato irresistibile in un’altra situazione.

-Chissà cosa resterebbe di te, se la tua bellezza sfiorisse?- domandò, rivolgendosi direttamente ad Elena e studiandola come un predatore –Chissà se tutti ti troverebbero ancora così perfetta. Magari lo diventeresti davvero: senza i tuoi bellissimi capelli biondi, privata dei tuoi lucenti occhi azzurri, forse saresti costretta a guardarti davvero. Magari anche gli altri vedrebbero la vera Elena Gilbert.- sorrise, lanciando uno sguardo a Damon –Chissà se i Salvatore si innamorerebbero comunque di te, se tu non fossi più la ragazza d’oro.-

Elena indietreggiò, colpita dalla durezza di quelle parole e spaventata dallo sguardo infuocato di Bonnie. Meredith intervenne prontamente –Bonnie, questa… non sei tu. Tu non vuoi farci del male… siamo le tue migliori amiche.- tentò, guardando Damon si sottecchi nella speranza che il vampiro intervenisse. Tuttavia sembrava distaccato dalla realtà. Gli occhi fissi su Bonnie, era completamente immobile e muoveva solamente le pupille, che seguivano ogni minimo movimento della rossa –Tu non sei così. Tu sei buona, sei la persona più buona che io conosca.-

Bonnie si voltò verso di lei, ignorando Elena. Per un istante non fece nulla, poi scoppiò a ridere, una risata profondamente divertita che la scuoteva dal profondo.

-Oh, Meredith, quanto hai ragione.- esalò –Lo sono stata, sono stata tanto buona da essere ingenua e tanto ingenua da diventare stupida.- sollevò una mano con un movimento fluido e tra le sue dita crepitarono roventi scintille di elettricità.

-Un istante, mia diletta.- la fermò Fenrir. Bonnie chiuse la mano e si voltò verso di lui, imbronciata –Non posso ucciderli?-

-Ah, puoi decidere tu.- le assicurò Fenrir, raggiungendola e stringendola a sé, gli occhi scarlatti fissi sui loro ospiti, sui loro prigionieri –Ma non sarebbe più soddisfacente lasciarli… assistere al tuo cambiamento? Alla realizzazione del nostro piano?-

-Piano?- esalò Elena –Cosa… cosa volete fare?-

Fenrir la ignorò –Allora, cosa scegli, mia diletta?- domandò, accarezzandole i capelli e attorcigliandosi una ciocca di ricci attorno alle dita.

Quel gesto, per Damon, fu la goccia che fece traboccare il vaso della sua pazienza. Con un ringhio degno di un animale selvaggio si slanciò in avanti, i canini che pulsavano di rabbia e le vene del collo che pulsavano così violentemente da rischiare di esplodere. Si lanciò contro le lance, incurante delle lame appuntite: non potevano ferirlo.

Invece le ferite, che comparvero a migliaia sulle su braccia, gli strapparono un lamento intenso e cadde in ginocchio, tremando per il dolore intenso.

-Damon!- strillò Elena, inginocchiandosi accanto a lui –Che succede?-

-Ve…rbena.- esalò il vampiro.

Meredith alzò lo sguardo verso Bonnie e sbarrò gli occhi incontrando quelli color cioccolato della sua amica. Per poco un sorriso non nacque sul suo viso, ma non ebbe il tempo di dire nulla.

-Hai ragione.- mormorò Bonnie –Sarebbe insoddisfacente ucciderli ora. Che rimangano… che vedano.-

Fenrir lanciò un’ultima occhiata soddisfatta a Damon, poi fece un gesto con il capo e tutto attorno ai tre ragazzi iniziò a roteare rapidamente.

-No!- gridò Damon, balzando in piedi. Cercò di afferrare Bonnie, ma tutto ciò che fide furono i suoi occhi, profondi e divertiti, poi tutto scomparve.

 

***

 

Quando Meredith aprì gli occhi vide sopra di sé il viso di Lady Ulma, preoccupato, con i begli occhi sbarrati.

-Oh, Meredith, sei sveglia. Cos’è successo?- domandò la donna, aiutandola a sollevarsi –Siete comparsi improvvisamente dal nulla e Damon…- indicò con circospezione un punto alle spalle della ragazza, che si voltò.

Damon era furibondo, in modo più che evidente. Prendeva a pugni un muro del palazzo, o almeno quello che ne restava: i primi assalti dovevano essere stati fatali alla parete, che era in gran parte crollata. Elena, rossa in viso, cercava di fermare il vampiro gridandogli di smetterla e di ascoltarla –Damon, ora basta, smettila! Cosa ti prende??- gridò, decisamente poco angelica.

Lady Ulma aiutò Meredith ad alzarsi e immediatamente la ragazza, tranquillizzandola con un sorriso, si avvicinò ad Elena e Damon –Damon, devi smetterla ora.- proruppe in tono pacato ma deciso.

Non ebbe effetto, tuttavia. Il vampiro, distrutta la prima parete, passò a quella successiva e la colpì con violenza, soffocando un grido furibondo.

Meredith inspirò profondamente –Damon, devi calmarti. Devi calmarti subito, dobbiamo pensare a Bonnie, ha bisogno di noi.-

-Non è Bonnie.- ringhiò il vampiro, interrompendo finalmente il suo attacco contro il muro per rivolgere la sua furia verso la cacciatrice –Bonnie è morta. Sembra lei, si muove come lei, ma quella non è Bonnie.-

Mentre pronunciava quelle parole, la voce di Damon si spezzò e la sua furia sembrò placarsi. Il vampiro si lasciò cadere su una poltrona, portandosi una mano alla testa come a voler nascondere il suo volto.

Elena lanciò uno sguardo a Meredith, sperduta. La ragazza si fece coraggio, cercando le parole adatte, e si avvicinò a Damon, inginocchiandosi di fronte a lui –Damon, non è così. È ancora lei… Bonnie è da qualche parte, dietro quel muro di crudeltà.-

Dopo un secondo Damon alzò lo sguardo e Meredith quasi si sciolse di fronte ai suoi occhi neri: non l’aveva mai visto così, era come se si fosse spezzato e finalmente riusciva a vedere l’umanità che si nascondeva dietro il mostro –Come lo sai.-

-Ho visto il suo sguardo quando sei stato ferito. Per un istante… lei era di nuovo Bonnie. La conosco da una vita, Damon, devi credermi. Ho pensato che sarebbe corsa ad aiutarti ma poi…- lanciò un’occhiata ad Elena, cercando di non farla sentire in colpa –Elena si è inginocchiata accanto a te ed è tornata ad essere quella che avete visto oggi.-

Cadde il silenzio. Damon abbassò il volto e Meredith, poggiandogli una mano sulla spalla, avvertì un tremito. Quando rialzò lo sguardo era di nuovo il solito Damon, deciso e duro.

-Dobbiamo tornare da Phos.- annunciò, e Meredith avvertì che qualcosa in lui era profondamente cambiato. Con sollievo decise che avrebbe potuto affidargli la salvezza di Bonnie senza preoccuparsi. Lui avrebbe fatto di tutto per salvarla, per riaverla con sé.

 

 

 

_______________L’angolo di Jane

Sììì sì, sono in ritardo. In genere le vacanze sono un periodo di riposo, ma non per la sottoscritta. Esami, un paio di feste e qualche lavoro mi hanno portato via un saaaacco di tempo, ma alla fine sono tornata!!

Il capitolo è un po’ di transizione, ma succede comunque qualcosa di rilevante. Come al solito, aspetto di sapere cosa pensate!!

E grazie anche a chi ha commentato il prologo della mia nuova storia J

Un bacione a tutte, attendo i vostri pareri!

Un bacio e buon 2013 a tutte!

Jane

 

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