And then I'll change - Dove ho visto te. di Yume_no_Namida (/viewuser.php?uid=118168)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fireworks ***
Capitolo 2: *** What now? ***
Capitolo 1 *** Fireworks ***
A Moko, che
è una persona malvagia ed estremamente pervertita.
A Michela, che dubita
troppo di se stessa senza alcuna ragione.
A colei che un giorno mi
dichiarerà il suo amore -
e allora altro che
‘Harry ti presento Sally’<3
LOL
A lei che sclera, ma
è anche timida e insicura.
A lei che comunque la
ritrovo sempre.
A mia sorella,
a te.
Ti voglio bene!
And
then I’ll change - Dove ho visto
te.
31/12/2014
23:59
Dicevano che il 2014
avrebbe portato qualche cambiamento, e in effetti così era
stato: si trovava alle sue spalle, dormiva nel suo letto.
E ad Hinata sarebbe
bastato attendere per sapere.
58
secondi.
Un turbinio di luci
colorate, i botti sordi dei fuochi d’artificio... ne avrebbe
saggiato la concretezza.
La concretezza di un
qualcosa che aveva inseguito tanto a lungo da non comprendere
più chiaramente la forza nei propri passi, di scomparso e
riapparso a intermittenza, come i segnali di certi aerei nel cielo
notturno.
E a te che ci stai
sopra non sembra neanche di essere lì.
Di esserci.
Meno due - le mani
che poggiano contro il vetro della finestra.
Meno uno - la
perdita di un battito.
“Aspetti
l’anno nuovo?”, una voce assonnata, un accenno di
sorriso.
Hinata si volta, con
quella che le sembra essere la lentezza più lenta di questo
mondo - e non è nemmeno troppo sicura che un concetto del
genere sia pensabile, ma tutto è pensabile e forse tutto
è possibile, considerando la persona che le si trova accanto.
“Hm”
annuisce, sorridendo di rimando.
“Aspetto con
te”.
E in
quell’istante è un’esplosione di suoni,
di urla e colori, uno scambio repentino di auguri credendoci
fermamente, anche solo per quel secondo in cui ci si stringono le mani,
e Hinata si è persa tutto ma non importa, no davvero.
Ha lui a stringere la
sua, di mano, il suo mento a sfiorarle leggermente una spalla.
“Buon anno,
Hinata”.
E capisce che quelle
risposte non c’era neanche bisogno di cercarle.
31/12/2011
Fireworks.
New York è
una città che brilla.
Ha sempre brillato di
luce propria, anche a riflettori spenti, persino di giorno.
E Hinata si sente
fuori luogo perché lei non brilla affatto, nemmeno un
pochino.
E’
l’ultimo fuoco d’artificio all’arrivo del
Capodanno, quello che quando esplode neanche più stai
guardando verso il cielo e se sei abbastanza vicino nelle narici ti
resta soltanto puzza di zolfo: Hinata non crede negli anni venturi.
Anche se ha 18 anni,
anche se a breve finisce la scuola, comincia
l’università.
E dovrebbe cambiare
qualcosa ma non cambierà, non l’ha mai fatto -
sulla soglia di casa volge lo sguardo al cielo e non riesce a vedere le
stelle... odia quella città.
“Hinata,
andiamo?”
Neji la chiama
dall’interno di una limousine, un piede a tamburellare
spazientito nel vuoto e lo sguardo comunque dolce.
Hinata corre, per un
momento non pensando più a niente, e soltanto quando chiude
la portiera dietro di sé col rischio di strappare il lungo
vestito acquamarina se ne rende conto: quella notte non
c’è vento.
La casa di Sasuke Uchiha è immensa.
Milioni di stanze in
cui perdersi, milioni di angoli a cui svoltare e non ritrovare
più alcun viso familiare e, soprattutto... milioni di
persone.
Hinata si sente
mancare.
Vorrebbe stringere la
manica di Neji e implorarlo con quella stretta di riportarla indietro,
magari al momento in cui aveva accettato di seguirlo alla festa di
“un amico”, ma sarebbe inutile e del resto lei non
ha più tre anni: “Resisti”
- si ripete - “tra
qualche ora finirà”.
Sasuke li fissa come
se non li stesse davvero guardando, come parenti molesti la cui
presenza hai dovuto digerire a fatica, e mentre li saluti e li preghi
di accomodarsi senti i residui del pranzo andarti di traverso.
“Fate come
vi pare, se rompete qualcosa ripagate e non sono responsabile di quello
che potrebbe succedervi al piano superiore se vi sbronzate e vi
concedete al primo che capita”.
Neji
era un esperto nello scegliere gli amici.
E mentre Sasuke si
allontana senza più il benché minimo segnale di
considerazione, Hinata realizza che, sì, la cosa migliore
sarebbe sprofondare.
Ormai ha deciso.
Avrebbe voluto lottare
fino alla fine, dimostrare per una volta a se stessa di essere forte,
ma l’aria si era decisamente fatta irrespirabile.
Tre tizi avevano
più volte provato a toccarle il culo, una ragazza
evidentemente ubriaca le aveva gettato le braccia al collo, proclamando
il suo intento di ‘ficcarle la lingua in gola’, e
uno per poco non le aveva vomitato sulle scarpe: quando si dice una
serata sì.
Verranno a prenderla
poco dopo mezzanotte, ha avvisato Neji inviandogli un messaggio - a cui
il cugino non ha ancora risposto. E Hinata sorriderebbe
all’immagine di lui ubriaco fradicio, che tenta di palpare
qualcuna o viene palpato, magari da un uomo, e magari neanche gli
dispiace, se non fosse troppo presa dal desiderio di andarsene.
Qualche
minuto. Ancora qualche minuto.
Fuori è un
mondo di silenzi e di solitudine, la gente lo rifugge preferendo il
calore dell’interno, ma Hinata a quel freddo è
abituata da secoli, se lo sente scorrere dentro fin da quando ha
memoria: quella veranda è la sua salvezza.
Avrà freddo
anche stanotte, guardando i fuochi esplodere nel cielo,
sentirà odore di bruciato e avvertirà la cenere
di quello che è stato posarsi sul terreno, senza che vi
nasca alcuna piccola fenice:
Nulla
cambia. TU non cambi.
“Hey, tutto
bene?”
Non ora, non di nuovo.
Manca
così poco...
“Hey, dico a
te! Guarda che se stai qui congelerai”.
Hinata si volta,
rassegnata: l’ennesimo tentativo di approccio,
l’ennesima fuga con una scusa.
Ma
adesso dove sarebbe andata?
“Io...”
“Oh, ma...
è bellissimo!”
Il primo scoppio, lo
spettacolo è iniziato: mezzanotte.
2012.
“Tutte
queste luci mettono allegria, fanno venire voglia di alzarsi e rivivere
la giornata al doppio dell’intensità. Non
trovi?”
Adesso il ragazzo le
si trova accanto, un’espressione entusiasta stampata in
volto: i capelli biondi un po’ scompigliati, gli occhi blu
che la fissano curiosi, attenti...
“I-io”,
uno strano calore si fa strada sulle sue gote, tra i suoi polpastrelli
“a dire il vero non mi piacciono molto, ecco. Sono... sempre
gli stessi”.
Perfetto.
Davvero perfetto,
Hinata, stringi amicizia come si deve.
Hai preso tutto da tuo
cugino.
“Hmmm, in
effetti”, prorompe lui, “non hai tutti i torti.
Però, come posso dire?”
Le solleva una mano
davanti al viso.
“I riflessi
sulla tua pelle cambiano continuamente. E lo stesso” il volto
a due centimetri dal suo “vale per i tuoi occhi”.
Hinata arrossisce di
botto, quel ragazzo è davvero troppo vicino.
E brilla.
Non sa di cosa ma,
come quella città, anche lui brilla.
Solo che stavolta non
si sente a disagio, le sembra di stare esattamente dove dovrebbe
essere: al centro di tutto e di niente. Di una serie infinita di
possibilità che si biforcano in altrettante strade da
percorrere, al suo più piccolo passo.
Per la prima volta
dopo tanto tempo, vuole muoversi.
Eppure non proferisce
parola da un po’, è come pietrificata, e lui
sembra essersene accorto perché all’improvviso si
scosta, portando una mano dietro la nuca e ridendo imbarazzato:
“Ah, ahah,
perdonami. Ti sarò sembrato un idiota, vero? Uscirmene con
certe frasi senza senso così, di botto...”
Hinata avverte
qualcosa salirle dalle viscere, è come se qualcuno stesse
rispondendo per lei:
“Affatto”.
La mano smette di
muoversi freneticamente sul collo, gli occhi di lui si sgranano, i
lineamenti a poco a poco si fanno più sereni...
“Beh,
grazie”, sorride.
“Ma non mi
pare di essermi presentato! Io sono Naruto, Uzumaki Naruto.
Tu?”
“Hinata.
Hinata Hyuu-”
“Naruto!”
Come
non detto.
Una ragazza dai
capelli rosa gli fa cenno con la mano, gli intima di sbrigarsi:
“Dentro ci sono fiumi di spumante, e” tentenna
“temo che Sasuke stia per fare a botte con
qualcuno”.
“Merda”,
esclama Naruto, “arrivo! Sistemo una cosa e sono subito da
te! Piantagrane di un Uchiha...”
“Hinata”,
afferma, poco prima di correre via, “conoscerti è
stato un piacere. All’anno prossimo, magari”.
“Hm”,
annuisce lei.
“E magari...
magari ci ritroviamo qua e ci sfidiamo a individuare le sfumature sulla
pelle dell’altro, neh? Ci conto!”
“Ci conto
anch’io”, ma la voce di Hinata è flebile
e Naruto forse è già troppo lontano.
Un colpo di clacson,
Hinata volge ancora uno sguardo verso l’alto:
l’ultimo fuoco.
Ma niente sembra
essere bruciato.
E come una rivelazione
si rende conto che, da qualche attimo a questa parte, al freddo non ha
neanche minimamente pensato.
NdA: Che dire.
E’ un regalo
per Mokochan, ma credo proprio me lo tirerà addosso.
Non
c’è neanche bisogno che io stia qui a spiegare il
perché, no.
Il testo è
già di per sé abbastanza eloquente *sorriso
tirato*
Perché di
base io Naruto e Hinata li amo, ma poi a scriverci su ashldgahdfbdshjkfksdksf.
Ci avete capito
qualcosa?
Appunto.
E poi questa
“sarebbe” una long e, davvero, pfff, certo.
Che io e le long
andiamo proprio a braccetto.
E, non so,
l’avrò detto che mi pesa il culo?
E che qui si
è in periodo d’esami, ergo ‘c’eravamo
abbastanza amati’, poi mi sono rinchiusa nel
tinello di famiglia e a parte la gobba e le diottrie in meno quando
sono uscita Grande Puffo era presidente del consiglio, ecco.
Ma magari.
Ad ogni modo il
concetto di fondo è: ci saranno altri capitoli
[sì, ahivoi, temo altri due], ma non si puote apprendere
quando codeste favelle vedranno la luce del sole.
Più non
dimandate.
E, boh, di nuovo
tantissimi auguri, sister, spero di non averti scombussolato lo stomaco
proprio il giorno del tuo compleanno.
Strafogati di torta,
fallo anche per me!
A tutti coloro che
passeranno di qua e si asterranno dal lancio di pesche non ancora
mature [fanno più male dei pomodori, poi fate voi. Io farei
di peggio e andrei sui cocomeri], ma anche a tutti coloro che non si
asterranno: grazie.
Se non uccide
fortifica - se.
Ora mi dileguo.
Ammaccabanane!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** What now? ***
A Mokochan, a cui lo
dovevo per il suo compleanno.
A Michela, a cui volevo doverlo, ma
la vita è imprevedibile.
Alla fine ce
l’abbiamo fatta;
In disdicevole
ritardo, però eccoci qua.
A lei che mi ha appena
commossa.
A te, sorella!
Ricorda
che il tuo compleanno è ogni giorno,
basta
volerlo.
What now?
“I
found the one, he changed my life,
but
was it me that changed
and
he just
happened
to come at the right time.
[…]
So,
what now? I just can’t figure it out.
What
now?”
[Rihanna,
“What now?”]
31/12/2012
L’appartamento è in pieno centro.
Upper West Side, vista
Central Park , dopotutto suo padre può permetterselo.
“Dopotutto
posso permettermelo” aveva esalato lui, con la stessa
secchezza con cui impartiva ordini e un’inattesa nota di
malinconia in fondo alla gola, mentre Hinata impacchettava le ultime
cose e le riponeva negli scatoloni, volgendogli le spalle.
Via.
L’università era alle porte e lei andava via.
Dall’enorme
villa di periferia, dal silenzio irrespirabile che le mozzava il fiato,
dalla sua assurda immobilità quando le gambe erano sempre
state al proprio posto, dal viso serioso di Hiashi e dai sorrisi
nascosti di Hanabi... questo un po’ la faceva star male.
Avrebbe voluto
svelarli, i sorrisi della sorella, renderli meno radi e restituirli
all’aria aperta, approfondire quella nota di malinconia - non
riusciva a crederci, malinconia! - nella voce del capofamiglia, ma non
era il momento, non ancora.
Doveva occuparsi di
sé, irrobustirsi le difese immunitarie, poi sarebbe tornata.
E non si può tornare senza essere partiti, proprio come non
ci si rinforza immobilizzandosi in un metro quadro di terra,
così era partita.
“Dimmi
almeno il perché” Hinata aveva sorriso di rimando
alla richiesta del padre, e quel sorriso era bastato. Da quanto tempo sua figlia non
sorrideva?
“Va bene.
Permettimi solo di provvedere al tuo alloggio, non hai un
soldo” Sospiro interiore.
“Upper East
Side?” Hinata aveva fatto no col capo, un no gentile ma
deciso di quelli che aveva preso a rivolgergli negli ultimi tempi,
tempi di crescita, di scelte inaspettate, di una nuova Hinata che lo
spaventava terribilmente e gli piazzava un magone dolciastro al centro
del petto, la scoperta della donna nella bimba che fu, tormento di ogni
padre... no, l’East Side era troppo vistoso per quella
ragazza che si apprestava a maturare all’ombra di
chissà quali rami, accarezzata dal vento.
“Allora West
Side” E l’esitazione negli occhi di lei lo aveva
quasi indotto alla supplica, ma si era contenuto. “Per favore”
A denti stretti. “Dopotutto posso permettermelo” E
Hinata glielo aveva permesso.
Il verde non le
dispiaceva e nemmeno il chiacchiericcio dei passanti. Ma da quando?
Com’era successo?
Hinata ricorda un
Capodanno differente, una serata sventurata, riflessioni confuse e due
enormi occhi azzurri, poi niente.
Tepore, Naruto Uzumaki.
E si era svegliata la
mattina seguente senza sentirsi ridotta a brandelli, la cenere
depositata sul terriccio dopo l’esplosione variopinta di un
istante, no, qualcosa dentro di lei si era colorato e stava durando ben
più di un istante!
Stupore.
Gratitudine.
Era stato Naruto a
compiere il miracolo? O il processo era già in atto, e
Naruto lo aveva semplicemente accelerato?
Che importa, il cielo
era coperto e lei aveva comunque voglia di rincorrere il sole, a tempo
debito quei due occhi giganti li avrebbe ringraziati, ma adesso doveva
pensare a sé. A come fare per tenere dietro a dei raggi
dorati - perché si era svegliata, Hinata, e non aveva alcuna
voglia di tornare a letto.
Partita, dunque.
Nuova casa, nuovo
ambiente, nuova vita.
Ancora Neji,
perché Hinata è sicura che perirebbe, senza Neji,
non può cominciare da zero senza qualcuno che le fornisca
degli appoggi per le ginocchia lungo la linea di partenza,
perciò Neji, ma solo tra una lezione e l’altra e
per qualche uscita in compagnia.
E ha altri amici,
Neji, non tutti come Sasuke! Alcuni simpatici, addirittura. Gentili,
come Tenten, o ingenuamente semplici, come Rock Lee. Dove li ha
trovati? E quando ne ha avuto il tempo? Cos’ha combinato lei
nel frattempo?
Niente.
La risposta
è di un’ovvietà disarmante.
Non ha combinato
niente, ha fissato il vuoto, lo ha esteso al futuro e vi si
è adagiata sopra, con rassegnazione.
Azzurro cielo che fa
il quotidiano capolino nei suoi pensieri, quanto è in debito
con quel ragazzo! Ma basta pensarci, non ha neanche la certezza che un
giorno lo rivedrà, per cui si concentra e fissa con
ostinazione il buio oltre i vetri, quel buio irreale punteggiato di
fuochi, e lampioni, e finestre con le luci accese, e stelle, quel buio che non c’è.
New York brilla
sempre, ma adesso è parte del brillio anche lei.
E non è
vero che niente cambia, in un anno tutto cambia!
Tutto è
cambiato e non serve chiedersi in che direzione, basta vivere, valutare
a posteriori e cominciare da capo, se le cose si mettono male.
“Hinata?”
Una voce annoiata.
L’ennesima
novità.
Ed è
terribile, una persona non può essere definita una
novità, non alla stregua dell’ultimo paio di jeans
alla moda (Hinata non se ne intende, di queste cose, non sa neanche se
i jeans siano alla moda, ma stando alle parole di una bellissima
ragazza bionda amica di Neji “I jeans sono sempre alla
moda”, tutto sta nel saperli indossare e Hinata credeva che
la dovessero far sentire comoda, ma a quanto pare vederla
così “E’ uno scandalo” e
“Bisogna sempre figurarsi al centro
dell’attenzione, niente paura, ti insegnerò
io”), eppure non saprebbe come altrimenti definirlo, quel
ragazzo dai capelli castani raccolti in un codino ribelle e
l’atteggiamento di chi si rimetterebbe a dormire mezzo
secondo dopo aver bofonchiato un buongiorno - Hinata ne riconduce la
causa alla mente geniale, se uno intuisce le cose mezza giornata prima
degli altri la curiosità gli scema in modo rapido - , il suo ragazzo.
Santi numi, ha un
ragazzo!
Le modalità
ancora le sfuggono ma tant’è, Shikamaru
è lì, a riprova che gli amici di Neji sono anche
intelligenti e che lei deve essere stata rapita da una qualche
astronave aliena che le ha impiantato la personalità di
qualcun altro; conosciuti a luglio poco dopo il suo trasloco, insieme
da metà settembre, se questa non è opera aliena!
Non ’fidanzati’,
fidanzati è un campo semantico che le è ignoto e
che le incrementa il battito cardiaco, meglio lasciar perdere, non
è ancora psicologicamente pronta, quindi insieme,
così, lui e lei che cominciano a staccarsi dalla compagnia
per infilarsi in qualche bar a chiacchierare del superfluo, che
azzardano la prima uscita in coppia e approfondiscono il superfluo,
incrinano le barriere, lui e lei che le abbattono, quelle barriere, un
pomeriggio di fine Agosto quando Hinata tuffa il naso in una coppa di
gelato e lo risolleva coperto di panna, Shikamaru sbigottisce,
“Hai qualcosa...” e lei si tocca il naso, e si fa
rossa da camion dei pompieri e lui “Beh”,
serissimo, “E’ panna. Si mangia” e
giù entrambi a ridacchiare (Hinata con qualche lacrima agli
occhi, Shikamaru con una mano dietro la nuca e un’espressione
di rassegnazione divertita), dopo un silenzio interminabile
perché non
è possibile che il genio di turno se ne sia
uscito con una tale, atroce scemenza! E così si scherza, ci
si vede più spesso per ricordare l’episodio, ci si
prende in giro, e dal prendersi in giro si passa al prendersi le mani,
giusto per provare, giusto per vedere come si sta. E non si sta male,
nonostante i frequenti flash azzurrini nella mente di Hinata e le
rimostranze di Shikamaru nei confronti di una certa Temari, sua
compagna di corso dall’aria spavalda e matura, quindi
insieme, senza dirselo, facendolo e basta, Hinata racconta le sue
giornate e Shikamaru annuisce, ogni tanto sbuffando, ogni tanto con un
accenno di sorriso, insieme.
Gli alieni sono
implicati nella faccenda, senza dubbio.
“Che
c’è?” Shikamaru la fissa, inarcando un
sopracciglio.
Per quanto tempo ha
rimuginato?
Lui è
passato da lei alle otto, hanno parlato del più e del meno
vicini sul divano e mezz’ora dopo lui vi si è
disteso in tutta la sua lunghezza slacciando i bottoni superiori di una
camicia che detesta, mentre lei si è diretta verso il bagno.
Sono le nove e un
quarto, Hinata è seduta sul bordo del letto e la cerniera
del vestito è ancora aperta, mentre rivolge a Shikamaru uno
sguardo che, ne è certa, non deve essere dei più
svegli. Fortuna che lui ha la delicatezza di non farglielo notare.
“Vuoi... che
ti aiuti?”
L’attenzione
è sulla zip abbassata.
Oh no, no, cosa?
Aiutarla con la cerniera? Quando a malapena si scambiano un bacio e la
prima volta che l’hanno fatto è stato per caso,
lei si era girata a riprendere qualcosa e lui aveva già
chiuso la porta dell’appartamento, accidentale scontro di
labbra, che? La cerniera? Sul
serio?
“Oppure non
vuoi” Hinata prega mentalmente che lui non abbia fatto caso
all’incendio sulle sue guance “Andarci?”
Con
nell’intonazione un accenno di speranza ben celato e che
tuttavia Hinata coglie, perché Shikamaru sarà
pure il genio dell’intuito ma se si tratta di empatia Hinata
lo distanzia di una buona spanna, e lui sa che lei ha colto ma conosce
anche la sua risposta, che non tarda ad arrivare.
“Te lo
risparmierei, davvero” Hinata sorride piegando lievemente il
capo a destra, a mo’ di scuse “Ma si tratta di
Neji. Ha fatto fin troppo, per me, negli ultimi mesi.”
E Shikamaru sospira
perché lei ha ragione, se non fosse per Neji loro neanche si
troverebbero nella stessa stanza, e lui non si solleverebbe di
malavoglia dal divano perché sono in ritardo per una noiosa
festa a cui davvero non gli va di andare, e non noterebbe la zip di
Hinata trascurata in nome di una contemplazione sognante, né
tantomeno si divertirebbe a offrirle il proprio aiuto e osservarla
avvampare, speranzosa che lui non l’abbia notato - e allora
finge di non averlo notato - ... sì, devono entrambi
parecchio a Neji.
“Lo
so” Cede dunque, portandosi come di consueto la mano a
ridosso del codino. “Ma sbrigati, o Neji non avrà
comunque modo di apprezzare la nostra riconoscenza.”
E
nell’attimo stesso in cui Hinata si alza di scatto,
raggiante, e inizia a giocherellare con il retro del proprio vestito,
aggiunge “Sicura che non ti serva una mano?”
Lei annaspa, in preda
all’agitazione (“Non c’è...
non ce n’è bisogno”), rassicura lui per
calmare se stessa (“Davvero, sono a posto...”),
abbozza un mezzo inchino (“Scusa”), pone fine alla
questione (“Me la cavo da me”).
Shikamaru è
già voltato di spalle quando le sue labbra si stirano in un
accenno furfantesco di sorriso.
Sono le dieci meno
cinque quando arrivano al Marriott* e prendono l’ascensore
fino all’ultimo piano, quello del ristorante affacciato sulla
città, dei panorami mozzafiato oltre l’ellissoide
di lamiere e vetro che, lenta, ruota su se stessa.
Per Hinata
è la seconda volta, lassù, ma questo non le
impedisce di stupirsi, intravedendo la cima dell’Empire State
Building a qualche passo aereo di distanza, né di chiedersi
quanto debba aver speso Neji per prenotare un tavolo in quel posto la
notte di Capodanno.
Quanto
deve esattamente al cugino, dal giorno in cui si è
trasferita nel suo nuovo alloggio?
Ha perso il conto, e
del resto Neji non deve averlo mai fatto, o se l’ha fatto lo
nasconde bene, perché ogni volta le va incontro con la sua
espressione migliore (un angolo delle labbra appena inarcato, cosa che
su Shikamaru ha un effetto vagamente inquietante, non essendo abituato
a quello che potrebbe essere interpretato come un sorriso da parte
dell’amico, mentre Hinata lo ritiene un regalo, un regalo che
gradualmente si fa immenso, presto non ci saranno contraccambi
possibili) e quella sera non è da meno, la raggiunge e le
afferra la mano mentre “E’ sbottonata” fa
notare, con un pizzico di astio, mirando alla camicia di Shikamaru che
ormai ci è abituato, sa che il suo rapporto con Hinata ha un
preciso contrappasso, l’episodica ostilità di
Neji, e quindi fa spallucce, la prende con la dovuta leggerezza,
“Me ne sarò dimenticato.”
Hinata lo apprezza
anche per questo, per la calma con cui li segue e la
capacità di non indugiare sulle mani di lei avvinghiate a
quelle di un altro, sulla sospetta affettività di un cugino
che qualcuno definirebbe morbosa, e vuole che Shikamaru lo sappia,
vuole che lo percepisca, perciò non appena giungono al loro
tavolo e le dita di Neji si staccano dalle sue, Hinata gli si siede
accanto e gli accarezza un avambraccio, guardandolo di sottecchi con le
pupille luminose, e lui si irrigidisce per lo stupore e per
l’imbarazzo ma ha il viso dolce, le allunga una carezza a
fior di pelle.
“Dio
mio” esclama la ragazza bellissima e biondissima, Ino, se non
ricorda male (ha passato l’ultimo periodo a mandar
giù a una sequela interminabile di nomi, la memoria comincia
giustamente a protestare), “Non qui, eh.
Contenetevi!” Ino a cui non sfugge nulla, Ino che non indossa
i jeans perciò o il Marriott è fuori dai giochi o
lì i jeans passano di moda, Hinata comincia ad apprendere.
“Un
po’ di rispetto per chi è ancora single”
E nel dirlo mette il broncio e si passa una mano tra i capelli.
“Per tua
scelta, Yamanaka” A parlare è un ragazzo dai
canini pronunciati e dall’aspetto selvaggio. “Io
continuo a ripeterti che sono disponibile.”
“Ti
pregherei di smetterla, Kiba, è uno scherzo di cattivo
gusto” Ino lo fissa, nauseata. “E poi che fine ha
fatto il tuo entomologo, quello... Shinbo,
o come diamine si chiama? Dove l’hai lasciato?”
“Si chiama
Shino e l’averlo visto una sola volta non ti dà il
diritto di storpiargli il nome” Naso arricciato in segno di
rimprovero. “Comunque è tornato dai suoi in
Florida, se proprio vuoi saperlo, e noi siamo una coppia
aperta” Pausa ghignante e densa di significati. “Molto aperta, io in
particolare.”
“Ho il
voltastomaco” Proclama Neji, col cipiglio altezzoso e
supponente che Hinata gli ha visto riservare a tanti, raramente a lei.
“Già” prosegue Tenten, che si porta le
mani sull’addome e appare davvero sofferente “Mi
è passato l’appetito” E nel dirlo
allontana da sé il piatto ricolmo di antipasti.
“Male,
Tenten, sei giovane, dovresti nutrirti!” Un ragazzo dalle
sopracciglia macroscopiche. Hinata si chiede se Rock Lee provenga da
un’altra dimensione, la scarsa pertinenza delle sue sentenze
la mette in allarme.
“E nessuno
pensa alla mia, di nausea?” Ringhia Kiba. “Sono
qui, l’ultimo dell’anno, con
un’ossigenata che fa la preziosa, un imbecille dal caschetto
ridicolo e dalle sopracciglia incolte che sbraita di non si capisce
cosa, Shino è via e il mio cucciolo, il mio Akamaru,
è dovuto rimanere a casa perché, in questo lurido
posto per fighetti, i cani non
li fanno entrare! Ecco. Bello schifo. Che dovrei dire, io?”
“Nessuno ti
ha obbligato” Neji, mentre si ripulisce la bocca con un
tovagliolo di panno. “E, dipendesse da me, sai benissimo che
Akamaru siederebbe al tuo posto, mentre tu staresti fuori”
Hinata non riteneva il cugino capace di una simile crudeltà,
ma la ripetuta evidenza ha avuto la meglio sulle benevole convinzioni e
adesso, ogni qual volta quella crudeltà entri in atto, lei
si limita a trattenere il respiro, ben conscia che ci saranno delle
conseguenze. E
infatti...
“Mi hai
stancato, razza di buffone che...”
“Oook”
Urlo di Ino, improvvisamente in piedi e con i palmi delle mani
abbattuti rumorosamente contro il tavolo. “Calmiamoci. Punto
primo questo”
Si afferra una ciocca dorata “E’ il mio colore
naturale, ossigenata sarà l’acqua che hai
all’interno del cervello, punto secondo” E innalza
due dita a mimare le parole “Ci stanno guardando tutti quindi
piantatela,
di fare gli imbecilli, punto terzo” Qui si volta verso
l’organizzatore della serata “Chi diamine stiamo
aspettando?”
In effetti ci sono tre
sedie vuote, tra Neji e Kiba, e Hinata non può fare a meno
di convenire con Ino, senza il diamine di mezzo.
“Tre
amici” Risponde Neji, lapidario “Li conoscete anche
voi.”
“Ah, Fronte
Larga, Idiozia Bionda e Figone Moro? Quella rompipalle di Sakura, quel
lobotomizzato di Naruto e quel gran gnocco di Sasuke?”
Naruto? Ha sentito
bene? Ma se in tutte le volte che è uscita con la medesima
compagnia non è stato mai nemmeno nominato!
“No, non
loro”
Accecante lampo
azzurrino che in un boato scompare dalla visuale.
“Loro”
“Oh”
E mentre Temari e
altri due ragazzi dall’aspetto insolito si dirigono in loro
direzione, Hinata legge la delusione nell’esclamazione di
Ino, e realizza come in un sogno al limitare del mattino** che la
bellezza mozzafiato non è l’unica ad essere
rimasta delusa.
Di male in peggio.
La serata sta
naufragando e Hinata non ha un appiglio, Shikamaru si è
messo a discutere con Temari di incomprensibili questioni di politica
internazionale e Neji ha i nervi a fior di pelle per via delle
lamentele di Kiba, lamentele che non sono cessate neppure dopo essere
usciti dall’hotel e aver raccattato Akamaru, un mastodontico
cagnone bianco dalla tenerezza disarmante, decisamente il cane di
qualcun altro.
“Gli
piaci” Le ha sussurrato Kiba, allo strusciarsi di
quel groviglio di bava e peli contro le sue gambe, e lo
sguardo che le ha lanciato subito dopo non le è piaciuto.
Non è piaciuto neanche a Neji, motivo per cui ora i due
stanno battibeccando.
“Dove sono
capitata”, si chiede Hinata, eppure si rende
conto che la domanda non è pertinente.
Sì,
perché il contesto ha sempre il suo gran daffare a metterti
in difficoltà, è a te che tocca reagire; ma lei
ha perso la volontà, spazzata via da un nome tirato fuori
quasi per sbaglio tra altri due pronunciati con maggiore enfasi e da un
colore, un colore che le tiene compagnia nelle ore più
solitarie e che lei preferisce convincersi di ricondurre al cielo che
non ha più paura di guardare, quel cielo che si vede tanto
bene dal suo appartamento all’ultimo piano. Perché
così è più semplice.
La risata piena di
Temari le raggiunge un orecchio: no, non è semplice.
Sono le undici passate
e Times Square è gremita, ma Hinata quella risata la avverte
comunque.
Non è affatto semplice.
E in che modo sta
rimediando?
Shikamaru è
spiritualmente altrove, Neji è assorbito a tal punto dal
difenderle l’onore che ha finito per trascurare la sua
persona, Tenten sorregge Rock Lee che è astemio e
“Maledizione, si può sapere chi gli ha dato
l’alcool?”, ovviamente ilarità di Kiba,
Akamaru trotta accanto al suo padrone, Ino è intenta a
provarci con uno dei fratelli sgangherati di Temari (Kankuro, quello
truccato pesantemente di viola in punti inusitati) e... e rimarrebbe il
minore dei fratelli, Gaara.
Hinata non ha
pregiudizi, non da quando ha oltrepassato con un balzo le barriere del
giardino della tenuta familiare, tuttavia quelle iride fredde, la
matita nerissima a circonvallazione degli occhi e quella maniera
scontrosa di tenere le braccia conserte anche mentre cammina, tutto
ciò le inocula un certo timore.
“Hinata” Sospira,
e inavvertitamente si curva e porta le due mani contro il
petto. “Allora
non hai imparato niente. I cambiamenti, il brillio,
l’energia, la sicurezza... semplici chiacchiere?”
Non vuole che
rimangano chiacchiere.
E magari quel ragazzo
dai capelli d’autunno e dallo sguardo che cade come foglie le
assomiglia, giusto un pochino, magari ha più freni di quanti
non ne abbia avuti un tempo lei, è un Hinata rigida
all’estremo e terrorizzata oltre misura dal contatto, una
parte di lei con cui non le dispiacerebbe dialogare, anche solo per
garantirle un riparo tra le righe, nei gesti di accompagnamento.
Perciò si fa coraggio, Hinata, inala una discreta
quantità di ossigeno e...
“Buooooonasera!”
E’
pietrificata.
“Che
coincidenza, ragazzi, anche voi qui?”
Naruto spalanca un
sorriso a trentadue denti e la gente attorno sorride con lui, lo ha
immaginato? Non può averlo solo immaginato. Qualcosa
tamburella fastidiosamente, qualcosa si contorce,
qualcos’altro la getta in un cunicolo a pressione altissima,
da doloroso fischio alle orecchie.
“Se per
coincidenza tu intendi darsi appuntamento...” Mormora Neji,
ancora inasprito contro Kiba.
“Neh, neh,
che aria pesante! Guarda che Sasuke mi è bastato, a saperlo
non sarei venuto” L’unica reazione di Sasuke
è uno sbuffo sdegnato.
“Quindi non
erano loro al ristorante perché sarebbero stati loro dopo il
ristorante” L’osservazione sagace di Ino, Hinata
non avrebbe saputo esprimerlo meglio. “E Sakura?”
Chiede, scoccando un’occhiata carnivora a Sasuke,
improvvisamente ignara dell’esistenza di Kankuro.
“Veniamo da
lì, 38 di febbre: impossibilitata. E nel tragitto fin qui
questa parvenza di essere umano” Pollice rivolto in direzione
di Sasuke “Mi ha sfinito a suon di lagne. Come puoi notare
l’assenza di Sakura è una tragedia.”
“Già,
una tragedia”
Gli fa il verso Ino, le labbra progressivamente protese verso
l’alto.
“Ma
è da un anno che non ci vediamo! Novità?
E’ tristissimo frequentare l’università
fuori, per di più con Mister Loquacità come unico
compagno” Sasuke ora dà l’impressione di
volerlo sminuzzare all’istante. “Kiba, sempre
‘aperto a ogni possibilità’?”
Assenso ridanciano di Kiba. “Ino? Alla ricerca?”
“Io direi che ho trovato” E Kankuro si illude che
si tratti di lui. “Tenten? Ma... Lee è
ubriaco?” Sconsolato cenno affermativo di Tenten.
“Shikamaru? Temari? E voi, Kankuro e Gaara?” Gaara
gli rivolge un saluto, Naruto è davvero capace di tutto!
“E tu...” Adesso è rivolto a Hinata.
“Lei
è mia cugina ed è impegnata” Si
intromette Neji, furente “Con quello
laggiù!” E ‘quello’ rischia di
essere incenerito sul posto da due occhi che sputano ‘Dove
diamine sei quando mia cugina ha bisogno’ - perché
anche uno scambio di sillabe è bisogno, anche una mira
errata causa strabismo.
“Nervoso
come al solito, Neji, se non altro non rischiamo
improvvisazioni” Naruto si gratta la nuca, a disagio.
“Beh, tua cugina non se ne avrà mica a male se le
chiedo il nome, e nemmeno Shikamaru, credo. Shikamaru?”
No, fa Shikamaru,
nulla di male, e nel frattempo si pente delle proprie azioni
perché la pancia gli fa male, non sa se per
l’odore che proviene da Temari o per il singolare silenzio
che avvolge Hinata, comunque è un fastidio al di sopra della
sua comprensione, che non riesce a spiegarsi né tantomeno a
controllare.
“Grazie”
Lo congeda Naruto, spostando l’attenzione su Hinata e
tendendole la mano. “Tu sei...?”
Ecco, non si ricorda.
Come potrebbe
ricordarla?
Ha lasciato allungare
i capelli, certo, e forse è più magra,
è sufficiente a relegarla nell’oblio?
“Hi-hinata”
Balbetta, ad accompagnamento delle emozioni più trascinanti,
e Shikamaru ne è conscio e tanto basta a comprimergli
ulteriormente le viscere.
“Hinata?”
Sembra soppesare Naruto, con la mente rivolta chissà dove
dentro di sé. “Hinata” Scandisce, come
se volesse essere sicuro che il nome sia proprio quello.
Poi, la rivelazione;
Hinata affonda in due pozze blu che si sono allargate e
l’hanno travolta prima ancora che si rendesse conto di essere
accerchiata dalle onde.
“Hinata!”
Esclama Naruto, con la gioia del bambino che ritrova il suo peluche del
cuore. I capelli sono più lunghi, le guance sono leggermente
incavate e il vestito è di un colore diverso, ma si tratta
della stessa Hinata, la stessa ragazza dai riflessi multicolori, il
salice solitario sulla veranda - è questa la prima
impressione che gli ha dato, nonostante da qualche parte abbia
avvertito sentore di quercia (ah, sua madre e la sua passione per la
botanica! Il migliaio di piante lasciate ad appassire!) “Come
stai?” Hinata lo trova radioso. “Alla fine
l’ho mantenuta davvero, la promessa!”
Lieve rossore.
Voce di Neji a
interrompere l’idillio.
“Voi due vi
conoscete? Come. Promessa? Che significa?”
A quella parte
è interessato anche Shikamaru.
Risata candida di
Naruto, “Non sapevo che fosse tua cugina! Anche se dal
cognome avrei dovuto intuirlo, e dall’aspetto... sono
decisamente tardo, in queste cose” Mimica facciale di Neji
che esige delle spiegazioni e che sta un po’ a sottintendere
‘Mica solo in queste, di cose’, ma forse
è Hinata a pensare male, ha fatto in fretta
l’abitudine a questo lato inedito del cugino.
“Quanto alla
promessa, beh, più che altro era un proposito.
L’ho trovata lo scorso Capodanno sulla veranda di Sasuke che
intirizziva dal freddo, abbiamo fatto quattro chiacchiere e... stop,
perché poi Sua Maestà Uchiha ha deciso che gli
ospedali non erano abbastanza colmi e che bisognava massacrare
gente” Hinata se lo ricorda, terribile ricordo tinteggiato di
rosa e di sgradevole sospetto. “Però
l’ho lasciata con il proposito di ritrovarci l’anno
successivo, senza fornirle uno straccio di contatto, da perfetto
incosciente, e non so a chi debbano andare i ringraziamenti, dal
momento che il proposito si è piacevolmente
avverato!”
Piacevolmente.
Possono confondere,
gli avverbi? Possono rendere stupidi e mandare in estasi?
E’ come si
sente, Hinata, profondamente stupida ed ebete e fluttuante. Deve aver
sbagliato un paio di calcoli. E non esiste Neji che sbianca
perché altro che ringraziamenti, lui il responsabile di
quella farsa da incubo lo ridurrebbe in poltiglia indistinta, se solo
non si includesse tra i sospettati oltre a Shikamaru che non vale
niente, a Sasuke che ci ha messo lo scenario e a Naruto che
è privo di cervello (dannati alcolici e dannate uscite di
gruppo, ridurre la cerchia all’osso alla prima occasione);
esiste Naruto ed esiste Shikamaru, e lei che rimbalza da Shikamaru a
Naruto, da Naruto a Shikamaru, fino a quando Naruto non le propone una
chiacchierata più approfondita e interpella Shikamaru,
“Ti dispiace?”
A Shikamaru forse
dispiace, intuisce che da qualche parte in prossimità dello
sterno e intorno al balbettio di Hinata gli dispiace, ma nelle narici
ha un altro tipo di fragranza e una quarta figura acquisisce dei
contorni, Temari si affaccia all’esistenza in quella
dimensione al di là delle dimensioni... “No,
figurati”
Disperata
rassegnazione di Neji.
“Bene,
Hinata” Naruto come riflessi di luce sulla neve
“Let’s go.”
Il cervello di Hinata
è un nido di operazioni aritmetiche, di quelle che non ha
saputo fare e di quelle che ha trascurato, a caccia
dell’addizione che è diventata sottrazione - e che
se non si sbriga finirà per dividere.
O moltiplicare.
Non
esiste solo il meno, Hinata.
La metro
dell’una e venticinque è costellata di presenze
festanti, non è una notte qualunque. Non lo è
stata per Hinata, che con il volto fisso davanti a sé ha
esaurito i pensieri e si sente avvolgere da una bizzarra stanchezza, un
misto di sudori freddi per l’inevitabile futuro prossimo e di
calma tumultuosa, di riflessioni accavallate che nel loro disordine
assumono un senso. Uno dei probabili sensi, come per tutto il resto, un
senso che dipende da lei. E dire che era convinta di averne trovato uno
definitivo.
Shikamaru, al suo
fianco, sembra essere del medesimo parere, qualcosa lo turba e le mani
gli rigonfiano le tasche, mentre fissa la mappa delle fermate in
prossimità del tetto, col disinteresse concentrato di chi
vuol darla a bere finanche a se stesso.
Hanno viaggiato in
fretta come quella metropolitana?
Sono già
arrivati al capolinea?
Non è tempo
di rispondere e ne manca la voglia. Non finché non si arriva
a casa, ritardiamo le conclusioni insensate, i chiarimenti, godiamoci
il tepore tiepido dell’altro sulla pelle ancora qualche
istante. Anche se dentro la verità si fa largo a furia di
gomitate - verità, suvvia, sarebbe a dire?
Quale
verità, se i sensi definitivi si fanno precari?
La
verità... di sicuro è qualcosa di grandioso e
terribile, per quanto nebuloso, perché Hinata non vede
niente ma intuisce tutto, trema di eccitazione e al contempo di paura
ed è certa che per Shikamaru valga lo stesso.
Screeek, gracchiano
i binari, e il vagone si immobilizza, le portiere si aprono: la loro
fermata. La fermata di Hinata, Shikamaru ha insistito per
riaccompagnarla a casa come d’abitudine e tuttavia stavolta
è diverso, stavolta in quell’abitudine
c’è un pizzico dell’ordinaria routine
con cui molti fanno confusione, misinterpretando il termine. Da quando
fanno parte di quei molti?
Scendono senza
sfiorarsi, a distanza, come se si conoscessero da qualche ora e
stessero sondando il terreno, mantengono quell’andamento per
il tragitto intero, fa un freddo cane ma il sangue ribolle, falsando la
percezione, e i pesanti cappotti contribuiscono all’opera.
E’ soltanto quando giungono davanti
all’assoggettante portone in legno che si guardano negli
occhi e si scoprono estranei.
Si riconoscono ancora,
però come amici.
Come due similitudini
che procedono su strade parallele e necessitano di sperimentare delle
deviazioni.
E’ quella
necessità, il guaio, giacché tendendosi le mani,
perché no?, due parallele potrebbero incontrarsi in un modo
innovativo, fuori dagli schemi e fuori dagli schemi non ci sono
divieti, ma i polpastrelli di Hinata hanno la tinta pastello delle
primavere limpide e quelli di Shikamaru districano con
l’immaginazione i nodi di quattro codini spettinati.
E forse è
così da tanto, fanno parte di quei molti da tanto,
però conta il momento della rivelazione. Il momento
straziante della rivelazione.
E
adesso?
Ignorare non
è contemplato, nessuno dei due se la cava con i giochi -
eccetto gli scacchi e le parole crociate, uno ciascuno.
Perciò,
quando le chiavi ruotano nella serratura e il portone scatta, con un
clangore più lamentoso del consueto, Hinata non si stupisce
della richiesta di Shikamaru di salire un momento, né si
imbarazza.
“Devo
parlarti.”
Hinata opta per la
strada più disastrata, ricolma di ostacoli e dalla meta
ignota, ma il passo è fermo e così la voce,
“Anch’io.”
Il portone si richiude
dietro le loro spalle con un tonfo sordo.
Non piange, non viene
a capo di come ciò sia possibile ma non piange,
l’unico sintomo è un dolorino intermittente in un
punto che colloca a breve distanza dal rimorso - o dal rimpianto, non
è molto lucida e non crede riuscirà mai ad
esserlo, per quanto attiene a determinate sfere dell’umano.
Shikamaru è
andato via da un pezzo e il sonno che prima le appesantiva le palpebre
si è dileguato, scomparso in qualche invisibile anfratto tra
le parole che le vorticano nel cervello e il bigliettino che stringe
con insistenza.
Con lui ogni
cosa è sempre stata chiara, e questo le giovava in
sicurezza, ma Hinata ha maturato la convinzione che per qualche motivo
estraneo alla logica, un motivo infinitamente stupido, le persone
quando ci vedono troppo chiaro cominciano a non poterne più,
alcuni addirittura si annebbiano la vista di proposito, summa suprema
di ogni idiozia! Eppure accade.
A loro è
accaduto.
E tuttavia si sono
impegnati a venirne fuori con la medesima chiarezza, nonostante le
difficoltà, nonostante il fiato corto, il polso impazzito e
quel dolorino, quel famelico dolorino tra il rimorso e il rimpianto...
Facevano parte di quei
molti, forse fin dall’inizio.
Lei gli poggiava la
testa nell’incavo del collo e scacciava azzurre memorie, lui
si compiaceva della dolcezza di lei ma con la mente era in un aula di
università, tormentato dagli alterchi con una figura quasi
all’opposto.
E’ bastato
iniziare con un “Quindi”, come a tirare le fila di
un discorso portato avanti da tempo immemore, e il resto è
venuto da sé; non si trattava dello spazio di una serata,
erano le intrusioni fulminee e incessanti negli spazi del loro
quotidiano; era Hinata che rivedeva Naruto e capiva di averlo atteso,
era Shikamaru che si infiammava ad ogni nuovo battibecco con Temari;
era quella sensazione incasinata di diventare matti e di non averne
comunque abbastanza.
“Quindi?”
Il dialogo finito come è cominciato.
“Quindi
siamo in un guaio” Risate, perché a dispetto di
tutto Shikamaru e Hinata facevano parte anche di quei pochi, di quei rari
dall’animo forte che quando si lasciano non si concedono la
cancellazione dell’essersi trovati, il tormentoso vezzo del
colpo di spugna. Loro chissà come persistevano,
invidiabile dote da universo incantato. “Però ci
siamo ancora. Io per te ci sarò ancora”
“Vale lo
stesso” Il flebile sussurro di Hinata.
Dal supportarsi
sopportandosi al supportarsi e basta. Non sembrava terribile.
Ma era tardi, avevano
la bocca impastata e per approfondire l’argomento
c’era tutto il tempo del mondo, così Shikamaru si
era trascinato in direzione dell’ingresso, ben conscio che
nessuno dei due avrebbe comunque chiuso occhio, ma certe riflessioni
è meglio maturarle (e certe sensazioni è meglio
lasciarle affievolire) in solitudine, senza limiti alle concessioni,
anche fossero di pura fantasia.
Poco prima di
attraversare l’uscio aveva aggiunto soltanto “Mi
sarebbe piaciuto allacciarti il vestito almeno una volta.”
E Hinata glielo
avrebbe fatto fare, in quel momento, senza indugi, tuttavia si era
limitata ad annuire sorridendo, perché entrambi erano
consapevoli che non era più una possibilità. Un
ultimo sorriso e Shikamaru era piombato giù per la tromba
delle scale.
E
adesso?
Adesso sono le quattro
del mattino e Hinata si affaccia alla finestra.
Adesso ripensa alla
serata, ai momenti trascorsi in compagnia di Naruto.
Tra le risate che
l’hanno tramortita a mo’ di armi contundenti, le
pulsazioni accelerate e un groviglio di frasi svanite entro un sistema
nervoso inebetito da uno sguardo - se ci ripensa la tentazione
è di seppellirsi seduta stante, sulla lapide un incisivo
“Decesso da stupidità” - ,
l’unica cosa che ricorda nitidamente è che Naruto
è felice di rivederla (“Sai, sono davvero
contento”), che l’ha pensata (“Mi sono
sentito un tale idiota quando ho capito che non potevi contattarmi...
mi sono tormentato per settimane!” Lui, per lei!), che Sakura
non è la sua ragazza (“Un’amica, certo,
la mia migliore amica e mi ci sono fissato per parecchio, salvo poi
cedere di fronte all’incomprensibile fascino esercitato da
Sasuke, dio, come si può?” E Hinata davvero non
capisce come si possa, il cipiglio di Sasuke è
demoralizzante) e che le
ha lasciato il numero (“Stavolta facciamo le
cose per bene, io studio fuori ma di tanto in tanto vengo a far visita
ai miei, potremmo vederci! Sempre...” Lieve esitazione
“Sempre che Shikamaru sia d’accordo, insomma,
uscire in amicizia non fa male a nessuno, no?” No, uscire in
amicizia non fa male eppure sentirlo ha uno strano effetto che si
approssima al dolore, ciononostante Hinata ha acconsentito, alimentando
l’euforia di Naruto). E a mezzanotte altro che sfumature, ai
fuochi non hanno badato, hanno parlato fino a quando
l’apprensione di Neji non ha avuto il sopravvento. Naruto ha
parlato e Hinata è rimasta in ascolto, intervenendo a
tratti, finché Neji non ha esaurito la pazienza ed
è andato a riprenderla, Shikamaru al seguito, accampando
scuse sull’orario e congedando in malo modo Naruto, che
tuttavia non si è scomposto e ha fatto finta di
meravigliarsi di quanto tardi fosse - o si era meravigliato sul serio?
Non importa, ormai
Hinata ha in mano un biglietto ricoperto di cifre e se lo gira e rigira
tra le dita, come se ancora non lo reputasse possibile, non credesse
alla sua esistenza.
Non
c’è solo il meno.
C’è
anche il meno, il meno è Shikamaru oltre la soglia di casa e
poi non è un meno definitivo, è meno anche lei
nella vita di lui e moltiplicati farebbero più, comunque di
calcoli Hinata non ne capisce un accidente e si domanda per quale
sadico motivo continui a propinarseli errando miseramente -
altro grosso problema è il capire dove si erra,
irrisolvibile fino a prova contraria.
E
adesso?
Adesso su quel
biglietto c’è il numero di Naruto, lei prosegue
con i calcoli immaginari e sa per certo che sbaglierà, per
l’ennesima volta, ma il consueto terrore metafisico
è accantonato da una decisione più solida e
terrestre: digiterà quel numero. I dettagli sono in fase di
definizione, ad ogni modo lei digiterà quel numero
giacché comporre non è calcolare, digiti senza
impegno su una tastiera e via!, nessuna complessa elucubrazione
personale che, infrangendosi contro la realtà, ti
getterà nel ridicolo; un numero è un numero e la
realtà e la realtà, vanno affrontati con un
pizzico di coraggio e soprattutto di incoscienza.
Adesso ha davvero
sonno, le coperte sono in attesa e il biglietto verrà
adagiato con cura sul comodino.
Domani si
vedrà.
Note:
*Il Marriott Marquis,
rinomato hotel di New York situato a Broadway. L’ultimo piano
è una cupola/ristorante che ruota lentamente, offrendo alla
vista diverse parti della città.
**Quegli adorabili
mentecatti dei greci ritenevano che questi sogni avessero valore di
profezia, che contenessero delle verità. La storia non
è ambientata in Grecia ed io non sono greca, però
sono parecchio mentecatta quindi sì, forse spiritualmente
sono un pizzico greca (?) e potrete perdonarmi questa
mescidanza senza capo né coda, se ne sentirete la
necessità XD
NdA: Scusa.
Chiedo umilmente scusa
per l’attesa, per qualunque falsa speranza di
‘aggiornamento in tempi decenti’ mi sia
involontariamente capitato di iniettare in ciascuno/a di voi, scusa. Al
tempo non sapevo neanche io che le speranze si sarebbero rivelate false
- la vita, l’ho scritto nella dedica, la vita capita e ci si
può soltanto adeguare. Prendetevela con la vita, io la mia
quota di maledizioni gliele ho lanciate X’D
Comunque la vita
è anche clemente, perciò (ri)eccomi qua!
Più raffreddata e confusa di prima, ma ispirata, e
l’ispirazione meglio prenderla come viene, non bisogna fare
gli schizzinosi u.u”
Nel frattempo sono
ripassata da New York e ho potuto imprimermi meglio in testa luoghi e
itinerari, questa storia è dedicata a Mokochan come
è dedicata alla città.
Che dire? ShikaHina,
già, dai tempi di Inerzia sono trascorsi secoli e non ho
resistito alla tentazione di omaggiare nuovamente il pairing fuori da
ogni logica - non è adorabile, ciò che
è fuori da ogni logica? *è convinta, lasciate
fare* Però è solo apparenza, il NaruHina si
respira sempre, com’è normale che sia in una
storia NaruHina e anormale che sia nel cervello di una quasi
ventiduenne, masondettagli.
“What
now?” Penso che ogni tanto ce lo chiediamo tutti.
“E
adesso?”
Dialettizzato,
“E mo’?”
E mo’
arriva domani e avremo qualcosa di importante appoggiato sul comodino,
e se non lo abbiamo ce lo procureremo! Facciamo i nostri calcoli senza
lasciarci condizionare, tanto li sbagliamo e non è una
tragedia. E’ tragicommedia, è sempre
tragicommedia, tenetelo a mente!
Hinata aveva trovato
Naruto, però forse stava cambiando lei. Ha trovato Shikamaru
e ha creduto di avere in pugno il senso di tutto. Ha ritrovato Naruto e
ogni senso si è perso, un nonsense tuttavia pregno di sense
(suppongo, dovrebbe, non so XD) e, beh, lei è cambiata
perché come per tutti le toccava cambiare ma qualcuno ha
inciso abbastanza sulla direzione del cambiamento - nessuna mente
plagiata, intendiamoci, anche perché il concetto mi pare
ridicolo essendo ciascuno munito di volontà propria, parlo
di cooperazione e scelte consapevoli.
E avrei concluso con
le ciarle.
Ringrazio Mokochan, LiLy Pt, ery98sole e naruhinafra per aver
commentato il precedente capitolo, AlexRae00, kaede93, Puffin, rossette
e ancora Mokochan per aver inserito la storia tra le preferite e LiLy
Pt, ery98sole, naruhinafra, Darkblu, Light Blue, Linduz94 e
Sensible_Girl per averla inserita tra le seguite: GRAZIE. A voi,
incredula ma lieta, rivolgo un enorme inchino.
Grazie a chiunque si
sia avventurato nella lettura.
E chiedo venia per il
futuro, ma le sequele di nomi mi stordiscono più del
consueto e penso che prenderò a non elencarvi tutti/e in
stile processione, altrimenti giungo in fin di vita io e, fiaccati
dall’atmosfera, completate l’opera voi. Perdonate i
miei limiti X’D
Mi dileguo,
perché ho un’insalata da preparare e le carote non
si pelano da sole *a nessuno importa*
Mata ne!
Yume. |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1533817
|