The beauty of life is made of shadow and light. di Son Ken (/viewuser.php?uid=94397)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter Two. ***
Capitolo 3: *** Chapter One. ***
Capitolo 4: *** Chapter Three. ***
Capitolo 5: *** Chapter Four. ***
Capitolo 6: *** Chapter Five. ***
Capitolo 7: *** Chapter Six. ***
Capitolo 8: *** Chapter Seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter Eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter Nine. ***
Capitolo 11: *** Chapter Ten. ***
Capitolo 12: *** Chapter Eleven. ***
Capitolo 13: *** Chapter Twelve. ***
Capitolo 1 *** Prologue. ***
Buon
pomeriggio e buona domenica :)
Non pensavo
che l'avrei mai potuto dire vista la mia incostanza, la mia ispirazione
altalenante e tantissime cose, ma state per leggere una fic
multicapitolo. Scritta da me. Sono così emozionata che
potrei... boh, svenire.
Bando alle ciance, dovrei dire almeno di cosa parla, spiegare
l'ambientazione e altra roba, no?
E' una KuroKaga perché ormai questi due sono la mia OTP e
sto amando davvero scrivere di loro, ambientata in un ipotetico futuro,
cinque anni dopo che i nostri due cari protagonisti hanno finito il
liceo. Kagami ha combinato la sua dose di cavolate in questi anni, ma
non spoilero nulla perché so che c'è gente che
non apprezza sapere tutto subito.
Vorrei
ringraziare tutti coloro che hanno letto e apprezzato almeno una mia
fanfiction finora, per avermi pian piano dato il coraggio di compiere
questo passo.
In particolare vorrei ringraziare Mary,
Noe
e Sary
del Bad Fess Quintrio (di cui non ricordo i nick di EFP ma pazienza),
che sin dall'inizio mi hanno apprezzata e hanno sopportato gran parte
dei miei scleri; Laxehara
che mi ha sempre incoraggiata quando ne avevo più bisogno ed
è l'unico autore maschio degno di stima che ho trovato
finora (buona fortuna per gli esami! <3); Kalahari,
Wanweirdo,
Gary
Hawkeye e Eleninetales
che hanno la pazienza di tollerare ogni giorno una che trova KuroKaga
anche in un piatto di spaghetti (?) e che mi hanno dato diversi
consigli utilissimi; Emy Kuran
che, soprattutto all'inizio, mi ha dato dei consigli; Lusty
e Rota
per avermi lasciato due delle recensioni più belle che abbia
mai ricevuto, che mi hanno resa felicissima e che tuttora mi fanno
sorridere.
Ovviamente
qualunque commento è ben accetto, che sia positivo o
negativo :) Se invece volete qualche spoiler, meglio chiedere per MP
invece XD Sarò felice di rispondervi :3
Buona lettura!
PS: Il titolo
è una frase di Lev Tolstoj, uno scrittore e filosofo russo
dell '800, ed è tratta dal romanzo Anna Karenina. Ed
è scelto totalmente a caso.
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Kuroko,
mi sono fidanzato. Dopo il
diploma tornerò negli Stati Uniti e mi
sposerò.»
«Spero siate felici insieme, Kagami-kun.»
Quel
giorno, qualcosa si ruppe.
Ma, forse, quel qualcosa poteva ancora essere riparato.
-----
«Scordati
che io stia qui un giorno di più,
puttana!»
«Ma... Tiger...»
«E i bambini vengono con me! Non voglio che i miei figli
vengano educati da una
donna simile! E poi tu li hai sempre considerati una seccatura, quindi
meglio
se te ne libero, no?!»
Un
giovane uomo, dai capelli rossi come il
fuoco che gli bruciava dentro per la rabbia, era uscito dalla camera da
letto
di un loft di Los Angeles sbattendo la porta.
Era furioso.
Ma non con la moglie, che aveva colto in flagrante mentre lo tradiva
con un collega.
Era furioso con se stesso.
“Dopo
tutto quello che ho fatto per lei... nel nostro
letto poi! E con Raynold! Proprio quello inguardabile si è
scelta!”
Aveva iniziato a preparare le valigie, mettendo le cose un po' alla
rinfusa ma
prendendo tutto ciò che riteneva importante.
Gli
finì tra le mani una maglia bianca con un
numero 10 stampato in rosso. Però qualcosa dall'altra parte
stava tirando quel
pezzo di stoffa.
«Papà,
come mai urlavi brutte cose alla
mamma?»
Taiga
prese in braccio la bimba, stringendola
forte. Tremava, aveva sentito tutto e si era spaventata molto.
«Stai
tranquilla Hikari... la mamma e papà
hanno solo litigato perché sono entrambi degli
scemi.»
Le
accarezzava i capelli con dolcezza, Kinoko
non meritava le lacrime di sua figlia.
«Ma
tu non vuoi più bene alla mamma, vero?»
«Piccola, è più complesso di-»
«Se mamma e papà si lasciano io voglio stare con
papà. Mizu non sopporta la
mamma.»
Solo
allora il ragazzo notò un bambino che
osservava timidamente la scena, nascondendosi parzialmente dietro la
porta.
Aveva gli occhioni blu pieni di lacrime, era sul punto di scoppiare in
un
pianto interminabile.
Gli si avvicinò, chinandosi alla sua altezza, e gli
accarezzò una guancia.
«Anche
se papà non vuole più bene alla mamma,
sarà sempre con voi. Ma voi siete sicuri di voler stare con
me e non con la
mamma?»
I
due piccolini annuirono con convinzione, e
Mizu saltò al collo del padre.
-----
«Pronto? Hey,
Tatsuya... potresti ospitarmi
per qualche giorno? Avevi ragione, ho fatto una quantità
enorme di cazzate.»
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Capitolo 2 *** Chapter Two. ***
Buonasera a
tutti, spero abbiate passato una felice settimana :)
Spero inoltre che siate tutti pronti al 1 Febbraio e che abbiate
prenotato le vostre copie di Kuroko's Basket in fumetteria.
Personalmente l'ho fatto a Dicembre e ora che manca una sola settimana
sono ormai pronta al fangirling!
Comunque, come al solito ci tengo a ringraziare i recensori (Iria,
Gary
Hawkeye, susyko,
Rebychan,
Rota,
Skarry
e Meyu_;
è davvero un piacere per me leggere le vostre recensioni e
rispondervi!), i nuovi follower (Akiko_,
apple19, mayoko chan,
Meyu_,
Skarry
e susyko)
e anche i nuovi Preferiti/Ricordati (AKASHIsama,
briciolaFINE93,
Skarry
e _Lily).
Del capitolo non c'è molto da dire, a parte una cosa: un
evento di questo capitolo sarà importante in seguito.
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Kagami-kun,
c'è qualcosa che ami più del basket?»
«Assolutamente no. Nulla potrebbe separarmi da questo
sport.»
-----
«Tiiiiiger!
È possibile che tu pensi solo ed esclusivamente a quello
stupido basket? Trovati un lavoro!»
«Ma io-»
«Mi ami, no? Allora fallo... fallo per me.»
«Uff, va bene...»
-----
“Di
chi è stata la pessima idea di mettere la
sveglia?!”
Taiga
non era certo felice di svegliarsi al suono di quell'insistente trillo
e constatare che erano solo le 6 e 45 del mattino, visto che aveva
dormito poco. Il discorso con Tatsuya la sera precedente l'aveva scosso
e gli aveva tolto il sonno per almeno mezza nottata, aveva
assolutamente bisogno di riaddormentarsi e poi magari anche picchiare a
sangue il genio che aveva deciso di far suonare la sveglia che stava
sul comodino.
Quando allungò il braccio verso l'oggetto, notò
che accanto vi era un foglio: piccolo, giallastro -era sicuramente un
post-it, ma il cervello di Taiga non era ancora abbastanza sveglio da
rendersene conto-, con una scritta a mano in una calligrafia semplice e
chiara, elegante. Era sicuramente di Himuro.
“Hikari e Mizu non
possono certo stare tutto il tempo in casa da soli. Qui vicino
c'è un asilo, i vicini ne parlano bene quindi credo sia un
buon posto.”
Sollevò
la testa reggendola con un braccio, ci mise diversi attimi a elaborare
il significato di quelle parole ma appena lo realizzò
spalancò gli occhi e si sollevò alla
velocità della luce, come se qualcuno gli avesse appena
buttato addosso un secchio d'acqua fredda.
Non ci aveva pensato affatto!
Ci
mise una decina di minuti a prepararsi, tra doccia-lampo e liti con le
valigie che ancora non aveva disfatto per trovare una maglia, una
giacca e un paio di pantaloni che non facessero necessariamente a pugni
tra loro.
Poi andò a svegliare anche i bambini, l'impresa fu
abbastanza semplice in realtà. Li aiutò a
prepararsi, soprattutto Hikari che era abituata ad essere vestita dalla
mamma a differenza di Mizu che era più indipendente anche
perché la madre spesso non lo notava neanche se era in
difficoltà e di conseguenza aveva imparato pian piano a
pensare a se stesso.
Kagami
scoprì così che mettere un vestitino carino,
bianco e rosa con tanto di gonna a pieghe, alla figlia poteva essere
una vera impresa, non tanto perché lei si ribellava -non le
faceva piacere, ma non lo odiava neanche- ma piuttosto
perché quei cosi, per lui, erano davvero assurdi da
infilare.
Così come era assurdo il comportamento della bambina, che
subito dopo era corsa a infilarsi una felpa rossa che con il vestito
carino non c'entrava proprio nulla, scompigliandosi i capelli rossi nel
gesto e costringendo quindi il padre a sistemarglieli. Soprassediamo
sulle dubbie capacità di Taiga in ciò,
considerato il trattamento che aveva riservato ai propri stessi capelli
qualche minuto prima limitandosi a tamponarli e strofinarli un po' con
l'asciugamano tanto per non farli gocciolare.
Ecco,
in certi momenti Taiga amava tantissimo Mizu.
-----
Si
sentiva leggermente in imbarazzo in quel momento, a camminare per
strada con una bimba sulle spalle che gli tirava i capelli e un bimbo
più piccolo in braccio che gli faceva domande assurde del
tipo “L'Idrogeno
non ha elettroni, quindi come fa a legarsi con l'Ossigeno per formare
l'acqua?”. Doveva smettere di comprargli tutti i
libri che destavano il suo interesse per una bella copertina senza
prima guardare cosa trattassero. Altrimenti poteva rischiare di fargli
leggere libri erotici per sbaglio, e non sarebbe stata un'ottima cosa.
Alla
fine, il trio raggiunse la destinazione prefissata senza problemi.
L'atrio dell'asilo non era molto grande, ma era molto colorato e
accogliente, alle pareti vi erano appesi diversi disegni e alcuni
nonostante fossero fatti da bambini la cui età massima
poteva raggiungere i cinque anni erano molto carini.
Kagami si avvicinò alla scrivania dove era seduta una
giovane donna dai lunghi capelli castani mossi sciolti sulle spalle,
probabilmente la segretaria o una maestra che svolgeva quella funzione.
Diede alla donna tutte le informazioni necessarie all'iscrizione,
cercando di essere il più cordiale possibile. A
ventitré anni aveva ancora qualche problema con le forme di
cortesia, inutile nasconderlo.
«Oh,
i suoi figli sono molto fortunati. Il sistema li ha inseriti entrambi
nella classe di Tetsuya-sensei! Senza offesa per gli altri, ma
è il maestro migliore che abbiamo.»
Il
cuore di Taiga mancò un battito.
“Tetsuya-sensei... no,
non può essere. Insomma, non è possibile che sia
lui, è ovvio che si tratti solo di qualcuno con lo stesso
nome!”
«Ovviamente
se vuole può conoscerlo, immagino che vorrà
sapere almeno che faccia ha la persona che qui dentro si
occuperà dei suoi bambini.»
Mentre
la ragazza parlava, il cellulare di Kagami vibrò nella tasca
dei pantaloni.
“From: Tatsuya Himuro
Subject: //
Text: Idiota, corri alla
stazione dei pompieri e completa il trasferimento. Atsushi dice che non
ti vuole nutrire a vita e sono d'accordo con lui perché a
mandarci in fallimento economico bastano le sue, di spese
alimentari.”
«Ne
sarei molto felice, ma ora ho un impegno improrogabile a quanto pare.
Grazie e arrivederci!»
Disse,
per poi salutare anche i figli e correre via. Erano questi i momenti in
cui gli allenamenti di Riko ai tempi del liceo mostravano i loro frutti.
-----
Hikari
entrò nell'aula con passo sicuro, seguita da un Mizu
dall'aria molto più timida, quasi completamente nascosto
dietro la sorella.
Lei si presentò ai nuovi compagni e corse a giocare con i
robot insieme a un gruppetto di ragazzi, il più piccolo
invece si limitò a mettersi in un angolo e affondare la
testa nel libro in Inglese che portava con se.
Pensava di passare la solita giornata di lettura senza essere notato,
ma una figura imponente -in realtà non così
imponente, ma lui era pur sempre un bimbo di tre anni- si mise davanti
a lui.
«Che
leggi, Mizu-chan?»
Il
bimbo sollevò la testa incuriosito e osservò il
ragazzo dai capelli azzurri e gli occhi blu che si era intanto chinato
alla sua altezza e lo aveva affiancato.
«Leggo
un libro di Arthur Conan Doyle. Ma è in Inglese, non so
ancora leggere la scrittura giapponese...»
Ammise
con un po' d'imbarazzo.
«E
ti piacerebbe imparare?»
Non
si aspettava una reazione simile, solitamente tutti lo guardavano
storto. Lui invece gli aveva sorriso e chiesto se voleva imparare a
leggere anche il Giapponese.
«Certo!»
Scattò
in piedi, mettendo il segnalibro alla pagina in cui era arrivato e
seguendo il maestro con aria felice.
Fu allora che lo vide, in un angolo, dimenticato da tutti.
«Tetsuya-sensei,
quello che cos'è?»
Tirò
il ragazzo per un dito, cercando di catturare la sua attenzione, mentre
con l'altra mano indicava un oggetto.
«Quello...
quello è un pallone da basket, ma qui nessuno dei bambini
sembra apprezzarlo, probabilmente perché la palla pesa
più di quella da calcio o perché per giocare
servono meno persone, o... sinceramente non so proprio
perché non piaccia, è uno sport
bellissimo.»
Mizu
non era un grandissimo osservatore, ma chiunque avrebbe notato che alla
parola "basket" gli occhi di Tetsuya-sensei avevano iniziato a brillare.
Proprio come quelli del suo papà quando gli raccontava di
quello sport.
Però non si era mai informato a sufficienza e sui suoi libri
non aveva trovato nulla, quindi non sapeva com'era a livello pratico
quello sport che tanto piaceva al suo papà.
«Tetsuya-sensei,
prima di imparare a leggere... mi può insegnare a giocare a
basket?»
Kuroko
in quello sguardo, nonostante gli occhi del bambino fossero blu e non
avesse le sopracciglia doppie -in realtà di esse vi era un
piccolo accenno, ma era appena visibile-, ci vide il suo Kagami. Quello
del liceo, il ragazzo innamorato del basket che aveva conquistato il
suo cuore e che, dopo cinque anni, non era ancora riuscito a togliersi
dalla testa.
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Capitolo 3 *** Chapter One. ***
Buonasera,
sono tornata con il primo capitolo :)
Innanzitutto,
per la felicità di chi si lamentava, questo capitolo
è decisamente più lungo rispetto al prologo! Non
è lunghissimo in realtà, ma io e le cose lunghe
proprio non andiamo d'accordo.
Senza anticiparvi troppo, vi dico che in questo capitolo
inizierò a torturare Kagami-kun e... fateci l'abitudine,
vah. Più si va avanti, più problemi
avrà a comprendere i propri sentimenti. Però
è un bravo ragazzo, su.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito (Iria,
Emy
Kuran, susyko,
Gary
Hawkeye, Vitzi
e Rebychan)
e inserito la storia tra i Preferiti (Emy Kuran,
Mugiwara
no Marimo, Rota
e v_chan)
e le Seguite (BeyondTheLimit,
darkalexandra85,
EWILAN,
HaruHaru,
Iria,
La_Marie,
MingFu2,
MirakoKodomo,
Natsume,
Nihiliz,
Piccolo essere,
Rebychan,
Rika86,
Vitzi
e Wrong
- oddio, siete 15
persone!), e ovviamente ringrazio anche chi ha letto solamente,
è gratificante vedere un numero alto nel contatore delle
visite (ma anche quello delle recensioni e dei preferiti/seguite)!
<3
Detto questo,
vi auguro buona lettura! <3
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Taiga,
ti consiglio di non farlo.
Non sposare quella ragazza.»
«Perché? Io la amo e lei mi ricambia...»
«Ne sei sicuro? Sinceramente, non credo ti ami davvero.
Tsubaki-san sta
cercando di cambiarti, e non certo in meglio. Non ti riconosco
più.»
«Non sto affatto cambiando, Tatsuya. Smettila di
preoccuparti, non sei mia
madre. E neanche mio fratello maggiore.»
«Poi non dire che non ti avevo avvertito.»
-----
Il
trillo del campanello annunciò il loro
arrivo nella grande villa in cui viveva Himuro, pochi attimi dopo la
porta
venne aperta e Kagami si trovò a dover piegare il collo
verso l'alto per
introdursi al gigantesco ragazzo che aveva davanti.
Due metri e otto centimetri di infantilismo e cocciutaggine, con in
mano un
ovvio pacchetto di patatine alla paprika dolce.
«Tatsuya
mi ha detto che potevo venire,
quindi...»
«Oh, già, Muro-chin ha detto che ti sei lasciato
con la ragazza o una cosa del
genere... entra pure, Ka-chin.»
Nonostante
fossero passati ormai diversi anni
da quando Tatsuya e Atsushi si erano messi insieme e di conseguenza
aveva
deciso di entrare in buoni rapporti con quest ultimo, Kagami rimaneva
sempre
un po' sorpreso nel sentire quel "Ka-chin" con cui ormai era stato
ufficialmente soprannominato.
«Mizu-chin,
vuoi una patatina?»
Ecco
un'altra cosa a cui non si sarebbe mai
abituato.
Murasakibara aveva l'aria infantile e costantemente seccata, ma con i
bambini
era davvero bravo. Diventava simpatico addirittura.
“Probabilmente
si trova bene con gente la cui età
biologica corrisponde alla propria età
intellettuale”
era stato il primo pensiero di Taiga a riguardo.
Il
bimbo, che fino ad allora stava
accoccolato al petto del padre, si sporse leggermente verso il
pacchetto
colorato.
«Grazie
mille, Atsushi-san.»
Era
strano sentire parlare Mizu Kagami.
Aveva una voce dolce e sottile, davvero delicata. Era appena udibile,
gentile
ed educato, tranquillo con appena una nota di timore quando parlava con
una
persona molto più imponente di lui o qualcosa lo spaventava
particolarmente.
Dopo
avergli sorriso e accarezzato una
guancia, l'ex giocatore dello Yosen si rivolse alla bambina che
affiancava
Taiga tenendolo per mano.
«Tu
invece preferisci la cioccolata, vero Pikari?
Tieni, questa l'ho presa apposta
per te.»
Si
abbassò al livello della bimba e gli porse
una barretta di cioccolato bianco, che aveva scoperto qualche mese
prima essere
molto apprezzato dalla simpatica testolina rossa.
Poi
tornò a Taiga, facendogli cenno di
trovare una scusa per allontanare i più piccoli. Doveva
parlargli.
«Hikari,
Mizu, perché non andate di sopra a
vedere le vostre stanze? Sono sicuro che Atsushi ve le ha
già preparate!»
Grazie
al tono allegro che aveva usato non
destò alcun sospetto ai piccoli, che corsero verso le scale
appena ricevettero
le indicazioni necessarie per raggiungere le camere in cui avrebbero
alloggiato.
Appena
rimasti soli, Kagami non tardò a
rivolgersi al suo coetaneo.
«Siamo
soli. Che devi dirmi, Murasakibara?»
«Perché sei tornato in Giappone? Per allontanarti
dalla vipera bastava
cacciarla di casa, no?»
Aveva
un tono severo, assolutamente lontano
dal suo solito atteggiamento. Era
preoccupato per lui?
«È
pur sempre la madre dei miei figli, non
sono così stronzo da lasciarla di punto in bianco senza un
tetto sulla testa.»
«Ma non hai risposto alla mia domanda: perché sei
tornato in Giappone invece di
restare in America?»
Taiga
non sapeva che rispondere. “Me ne
torno in Giappone” era stato il
suo primo pensiero nel momento in cui aveva deciso di divorziare, non
si era
chiesto neanche lui perché volesse tornare lì.
Lo diceva il suo cuore, e lui agiva sempre d'istinto, seguendolo.
«Perché
sentivo di doverlo fare.»
Murasakibara
lo guardò storto, non capendo
pienamente quelle parole. Kagami lo notò, ma non sapeva
proprio come spiegare
ciò che voleva dire.
«C'entra
per caso il fatto che in Giappone ci
sia Kuro-chin? Ieri mattina dopo la
tua telefonata Muro-chin l'ha ipotizzato.»
Non
sapeva perché, ma quel “Kuro-chin”
gli fece sentire qualcosa
dentro, precisamente una dolorosa fitta al cuore.
Kuroko che c'entrava in tutto quello?
Lui non aveva assolutamente sentito l'impulso di tornare in Giappone
per
rivederlo, proprio no!
O forse sì?
No, non poteva proprio essere.
O almeno, Kagami cercava di convincersi in ogni modo che non fosse
così. Per
fortuna aveva davanti Murasakibara e non Himuro, il ventiquattrenne
avrebbe
sicuramente capito quale tempesta di quesiti senza risposta e
sentimenti
contrastanti stava attraversando la mente del rosso in quell'istante.
«Comunque
non mi importa, se hai deciso di
tornare hai i tuoi motivi e non devo mica farmi i fatti tuoi... tanto a
quello
ci pensa Muro-chin. La tua stanza è al primo piano, seconda
porta a sinistra,
subito dopo il bagno. Quelle di Mizu-chin e Pikari sono vicine alla
tua. Buon
riposo, Ka-chin!~»
Dopo
aver insidiato il dubbio in Kagami,
l'aveva liquidato come nulla per andare a svaccarsi sul grande divano
del
soggiorno, davanti alla tv, in compagnia di ogni tipo di schifezza
reperibile a
Tokyo e dintorni.
“Certo
che è un tipo strano.”
Taiga
non poté che prendere le valigie che
aveva appoggiato precedentemente a terra e dirigersi verso la stanza
indicata,
non senza gettare una fugace occhiata nelle stanze dei suoi bambini per
trovarli addormentati sul loro letto con ancora tutti i vestiti addosso
per la
stanchezza. Dodici ore di viaggio erano pesanti per chiunque,
figuriamoci per
due bambini piccoli.
Gettati
i borsoni in un angolo si gettò sul
letto anche lui, senza però riuscire a chiudere occhio.
Stava
pensando a Tetsuya, non riusciva a
levarselo dalla testa.
Ricordava
di aver avuto lo stesso problema
quando si era fidanzato con Kinoko: per logica sarebbe dovuta essere
lei il
centro di tutti i suoi pensieri, invece non poteva fare a meno di
pensare al
proprio compagno di squadra, in ogni istante della giornata.
A quei tempi la prese molto alla leggera, era assolutamente convinto di
amare
la sua fidanzata sopra ogni altra cosa, che il problema potesse essere
risolto
semplicemente vedendo di meno Kuroko. Fu anche per questo che quando la
ragazza
gli chiese di trasferirsi a Los Angeles, perché a lei il
Giappone proprio non
piaceva, acconsentì subito.
E
in effetti il problema sembrava risolto,
aveva smesso di pensare al ragazzo dai capelli azzurri e si era
sposato. Aveva
anche avuto una figlia poco tempo dopo, tutto andava per il meglio.
Poi nacque Mizu, e il problema si ripresentò appena questi
fu in grado di
mostrare qualche tratto della propria personalità.
Tranquillo, riflessivo,
quasi invisibile ai propri coetanei. Il collegamento con lui
fu
inevitabile.
E ora il suo istinto lo portava in Giappone appena firmate le carte del
divorzio.
E
tutto gli sembrava fin troppo giusto.
«Taiga?»
Una
voce irruppe nel silenzio della stanza,
destando il ragazzo in questione che era perso nei propri pensieri
ormai da
qualche ora. Questi si sedette quindi sul letto, invitando l'altro a
entrare.
«Scommetto
che sei qui per farti i fatti
miei, Murasakibara mi aveva avvertito.»
Sospirò,
rassegnato. Non si sentiva pronto ad
affrontare la situazione, ma sapeva che Himuro non l'avrebbe
risparmiato per
questo.
«Non
proprio. Sono qui solo per avere una
conferma di ciò che ho cercato di farti capire per
anni.»
Aveva
il tono seccato di chi ha ripetuto lo
stesso discorso per decine di volte senza che il proprio interlocutore
sia riuscito
a capirci una parola.
Sembrava un po' una presa per i fondelli, ma Kagami cercò di
non farci caso.
«Di
cosa si tratterebbe?»
«Del fatto che tu non abbia mai amato Tsubaki,
ovviamente.»
«Ma che stai-»
«Eri innamorato di un'altra persona e lo sei
tuttora.»
Definirlo
sconcertato era riduttivo. Era
stato sposato con quella ragazza, l'aveva sicuramente amata!
«Non
dico che tu non abbia provato nulla per
lei, ma non era amore. Il vero amore ce l'avevi sotto il naso e non sei
riuscito a vederlo nonostante tutto.»
Parlava
come se fosse certo di tutto ciò da anni e non
fosse mai riuscito a dirlo, e forse era davvero così.
«E
chi sarebbe?»
Gli
era venuto naturale chiederlo, perché se
Tatsuya credeva ciò che aveva appena detto aveva sicuramente
un nome da dire.
«Questo
non te lo dico, anche perché se ci
pensi bene riuscirai a risponderti da solo.»
E
se n'era andato, esattamente come aveva
fatto il suo ragazzo qualche ora prima.
Avevano intenzione di farlo impazzire con tutte quelle domande senza
risposta
che lo stavano spingendo a porsi.
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Capitolo 4 *** Chapter Three. ***
Buonasera e scusate per il ritardo! D:
Ho avuto due settimane incasinatissime, vi chiedo scusa! Ma la vita reale a volte rompe molto le scatole e i pc non collaborano (Word crashava allegramente)...
Ringrazio chi ha recensito e messo tra le Seguite/Preferite, avendo scroccato un pc di fortuna per pubblicare stavolta non faccio l'elenco ma sappiate che vi ringrazio tutti dal profondo del cuore <3
Il capitolo sinceramente è molto boh, neanche ho avuto il tempo di revisionarlo quindi andandoci pesante con le critiche per farmi notare i miei errori mi fareste solo un favore >.<
Buona lettura!
►Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Papà, che cos'è l'amore?»
«Beh, l'amore è... quando ti brillano gli occhi e il cuore ti batte più forte solo pensando a qualcuno, quando senti che quello stesso cuore potrebbe fermarsi al solo pensiero di perderlo, quando non riesci a dimenticarlo anche volendolo con tutte le tue forze, perché lo ami troppo per riuscirci.»
-----
«Tetsuya-sensei! Tetsuya-sensei!»
L'interpellato si voltò in direzione della voce cristallina che lo chiamava, non sorprendendosi di vedere spuntare una testa rossa da sotto un tavolo.
Solitamente non era tanto accondiscendente, era gentile ma evitava di prestare particolare attenzione a qualcuno perché gli altri bambini non si ingelosissero, ma Hikari-chan era diversa, qualcosa in lei e in suo fratello lo spingeva a volerli coccolare.
Gli piacevano tutti i bambini, ma verso quei due nutriva già un affetto particolare nonostante fossero diventati suoi allievi solo quella mattina.
«Che ti serve, Hikari-chan?»
La bimba lo guardò con un tenero faccino imbronciato, le doppie sopracciglia arcuate in un'espressione arrabbiata.
«I capelli... mi danno fastidio!»
Era davvero indispettita da ciò, come se fosse il più grande problema al mondo in quel momento.
Tetsuya avrebbe ridacchiato in un altro momento, ma in quell'istante la bambina gli faceva troppa tenerezza.
Si avvicinò e la prese in braccio, portandola nella stanza dove teneva le proprie cose e prendendo dal proprio armadietto un pettine e un elastico per capelli, perché sapeva che lavorando in un asilo bisognava avere un po' di tutto a portata di mano.
Le pettinò i capelli con dolcezza, stando attento a non tirarli troppo.
«Solitamente la tua mamma come ti lega i capelli?»
Le chiese, accarezzandogli la testa. Visto che doveva sistemarglieli, tanto valeva farlo per come preferiva la bambina.
«La mamma mi faceva le trecce, ma a me non piacciono molto e credo che non piacciano neanche a papà, visto che stamattina non me le ha mai fatte.»
L'uso del verbo al passato lo insospettì. Che la madre fosse morta? Che fosse figlia di genitori separati? Non era affar suo la vita privata della famiglia di Hikari, ma qualcosa lo spingeva a volersi impicciare. Forse si sarebbe informato in seguito, quando il padre sarebbe venuto a prenderli.
«Allora... ti faccio la coda, okay?»
Ricevette un segno di assenso, quindi legò i capelli della bambina in una coda ordinata.
«Thank you! Ora non avrò problemi!»
Quel sorriso aperto e sincero, così dolce e simile a quello del suo Taiga, gli scaldò il cuore.
-----
L'atrio sembrava decisamente più stretto ora, Taiga si sentiva assolutamente a disagio tra tutte quelle giovani donne. Inoltre alcune lo guardavano come si guarda una preda succulenta, e la cosa non lo faceva certo stare tranquillo.
Finalmente adocchiò i suoi figli, che gli corsero incontro con aria felice. Sembrava si fossero trovati bene.
«Papà, oggi mi sono divertita tanto!»
Hikari era felice, e a Kagami non sfuggì il fatto che aveva i capelli legati e ben pettinati. Chi glieli aveva sistemati?
«Oggi ho imparato alcuni simboli giapponesi, si chiamano... hiragana! E ho anche giocato a basket, è davvero bello!»
Mizu sorrideva apertamente, in una maniera davvero insolita per lui. Era difficile riuscire a ottenere quell’espressione particolarmente felice da lui se non si sapeva su cosa puntare.
«Tetsuya-sensei è mitico!»
Quell'insegnante doveva essere davvero bravo, se i suoi figli lo adoravano così tanto.
Voleva davvero vedere che faccia aveva.
Sì, lo voleva.
Nonostante ciò, si sentì le ginocchia molli e i suoi pensieri si fermarono improvvisamente nel momento in cui lo vide.
Capelli azzurri corti lisci e scompigliati, occhi blu profondi, decisamente più basso di lui.
Era lui, non c'era dubbio. Era Kuroko.
Taiga non era pronto a rivederlo, a sentire di nuovo la sua voce, a-
«Kagami-kun?»
«Kuroko...»
Il cuore gli scoppiava in petto solo nel dire quel nome. Era una vita che non lo faceva, anche se lo aveva pensato moltissimo.
Ma l'altro non poteva immaginare tutto ciò.
Non sapeva cosa dire o fare, non era pronto a incontrarlo e il suo cervello aveva anche deciso di abbandonarlo nel momento del bisogno.
«Kagami-kun, sono felice di rivederti.»
Lo sguardo che ricevette in quel momento fu difficilissimo da interpretare. Tristezza, ma anche felicità. Nostalgia mista ad affetto. Era la certezza di essergli mancato e la felicità per averlo rivisto, mista a una tristezza che Taiga proprio non riusciva a motivare.
«Anch'io.»
Gli sorrise, perché era davvero felice di vederlo nonostante il casino che si trovava in testa. Perché gli era mancato specchiarsi in quegli occhi blu che lasciavano trasparire ogni emozione di Tetsuya. Poi una signora sui trent'anni richiamò l'attenzione del maestro, e quello scambio di sguardi venne bruscamente interrotto.
-----
Erano quasi arrivati alla villa di Murasakibara e Himuro, quando Taiga si accorse che Mizu e Hikari lo stavano fissando con aria indagatrice.
«Papà... prima eri strano.»
Il rosso cercò di capire il significato di quelle parole, giungendo dopo qualche secondo alla conclusione. Doveva aver fatto una faccia da pesce lesso. Di fronte ai suoi figli. Per Kuroko.
Non poteva andare peggio.
«È che... papà non vedeva da tanto tempo Tetsuya-sensei ed era stupito di trovarselo davanti così all'improvviso, tutto qui.»
Si stava giustificando nella maniera più stupida del mondo probabilmente, ma doveva dire qualcosa di sensato, o almeno provarci.
La verità era che rivedere Kuroko aveva fatto crollare ogni singola certezza che ancora era integra, lo aveva mandato in confusione ancora più di quanto lo fosse già. E poi c'era quel battito insistente, quel martellante bruciore all'altezza del cuore che non sentiva da troppo tempo. Neanche al suo matrimonio o alla sua prima volta l'aveva sentito così rapido e potente, era qualcosa che riusciva a scatenare solo Tetsuya. Lui, con la sua semplice presenza spesso celata dalla sua abilità a passare inosservato.
Quando aprì la porta per rientrare, giunse alla semplice conclusione di non starci capendo più nulla.
Com'era possibile tutto ciò?
Non immaginava neanche che, in un appartamento poco distante, Tetsuya stava provando le stesse identiche sensazioni, che la consapevolezza di non essere riuscito a dimenticare la scottante delusione che aveva avuto a 18 anni dopo aver coltivato per tre anni il proprio amore era tornata a farsi sentire, fortissima. In realtà non se n'era mai andata, ma rivedere Kagami aveva riportato alla luce tutto ciò che aveva celato nell'ombra con tanta fatica.
“Che farò quando lo rivedrò?”
Era questa la domanda esplosa in testa a entrambi, a cui nessuno dei due sapeva trovare una risposta.
|
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Capitolo 5 *** Chapter Four. ***
Buongiorno!
Oggi sono
particolarmente tranquilla ed espansiva, quindi... posso abbracciarvi
tutti? <3
No, sul serio, aver superato i 30 follower e sapere che ben quattordici persone
hanno messo la long nei Preferiti mi riempie il cuore di gioia!
*saltella per la stanza* Non ce la faccio a nominarvi tutti, ma vi
ringrazio dal profondo del cuore <3 E ringrazio anche i
recensori, che mi allietano sempre la giornata con le loro belle parole
<3
Ieri, come sa chi mi ha come amica su Facebook (a proposito, se vi va
di aggiungermi il mio account è questo e
accetto con entusiasmo l'amicizia a chi è di EFP), ero tanto
infreddolita e sonnecchiante da non avere neanche le energie di
cambiare stanza e accendere il pc e ho passato il pomeriggio e la
serata sfogliando Blue
Exorcist 9 (copertina sconvenientissima, sembra quasi che
abbia comprato un hentai) e ruolando AoMura e AkaKise.
Dedico quindi
questo capitolo a Oximoron
(a Bea, precisamente, che ruola con me delle KagaKuro puccissime e che
mi ha traviato alla AoMura), a Wanweirdo
a cui l'avevo promesso mentre lo scrivevo perché ha
indovinato una cosa a riguardo, a Kalahari
che ieri si è presa un colpo e ha bisogno di tante coccole e
a Gary
Hawkeye che venerdì ha fatto il compleanno e a
cui non ho fatto un regalo e che quindi spero mi perdoni facendosi
bastare questa piccola dedica.
In questo
capitolo succede tanto e nulla, inoltre alla fine sono certa che mi
vorrete morta :')
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Kuroko...
tieni. Non posso mangiare tutti questi cheeseburger da solo!»
«Grazie.»
Kuroko incurvò
leggermente le labbra all'insù, sapeva che già da
un po' Kagami prendeva
un hamburger in più rispetto alla propria
quantità abituale solo per offrirlo a lui.
Kagami lo
guardò e sorrise anche lui, finalmente soddisfatto. Gli
regalava un panino ogni giorno solo perché la prima volta
aveva sorriso e a lui piaceva la sensazione che provava nel vedergli in
volto quell'espressione. Neanche si era accorto che un gesto casuale
fosse diventato in breve un'abitudine, ma gli stava bene.
Gli
stava bene qualunque cosa, se poteva vedere Kuroko sorridere.
-----
Taiga
si svegliò bruscamente, quasi lanciando un urlo. La
sensazione che provava era simile a una scottatura al petto, si mise
istintivamente la mano nel punto che sentiva bruciare, situato sulla
sinistra. Il cuore batteva fortissimo e non accennava a rallentare.
Non
aveva fatto un incubo, anzi. Ma era proprio il fatto che il sogno fosse
così bello a spaventarlo.
Non
era frutto della propria fantasia, era un ricordo. La fine della Winter Cup,
al primo anno, quando lui e Kuroko si
abbracciarono così forte da incastrarsi perfettamente ognuno
nel corpo dell'altro.
L'aveva
persino chiamato per nome quella volta, negli spogliatoi, con il volto
premuto sui suoi capelli e le sue mani sulla propria schiena.
Era
uscito da poco dalla Zone ed era morto di fatica, ma sentiva di avere
energia sufficiente a poterlo stringere a sé per sempre.
Kagami non
riusciva proprio a credere di aver sognato ancora Tetsuya.
Erano
passate due settimane da quando l'aveva rivisto per la prima volta, ed
erano
due settimane che non riusciva a pensare per più di trenta
secondi a qualcosa senza che il suo volto o la sua voce facesse
capolino nella sua testa.
Era
diventata un'abitudine anche vederlo nei propri sogni, ogni notte.
Ogni
notte sognava una situazione diversa, che poteva essere sia
già vissuta che una fantasia, che però prevedeva
una costante: toccarsi.
In
ogni singolo sogno lui toccava Kuroko,
che fosse per un abbraccio come quella notte, per passargli una penna o
perché se lo trovava addosso.
In
effetti, la cosa che lo preoccupava di più nell'intera
situazione era quest'ultimo fattore, il sognare di trovarsi in
situazioni romantiche o erotiche con il suo ex compagno di squadra.
Non
era innamorato di lui, non lo era affatto!
Ma
non poteva negare l'evidente bisogno di un contatto con l'altro, di
sentirlo vicino e non così distante da sembrare una visione.
Da
quando si erano visti la prima volta, non si erano più
rivolti la parola. I loro sguardi si incrociavano quasi ogni giorno
quando Taiga andava a prendere Hikari e Mizu all'asilo,
ma nessuno dei due aveva provato ad avvicinarsi all'altro.
Kagami era
semplicemente insicuro, voleva capire cosa gli stava succedendo prima
di avvicinarsi a lui, però non ce la faceva più.
Per
lui, era come avere un pallone da basket e il divieto di uscire a
giocare: alla fine avrebbe preso il pallone, sarebbe corso a fare una
partita e alla fine avrebbe affrontato le conseguenze della propria
azione con il sorriso sulle labbra.
Aveva
capito cosa fare.
Doveva
semplicemente trovare una scusa per avvicinarlo, per poter avere
l'occasione di stringerlo ancora tra le proprie braccia. Era un
desiderio un po' egoistico, lo sapeva, ma se c'era un modo per mettere
fine a quel tormento era risolvere ciò che l'aveva creato.
Perché
lui era convinto, convintissimo,
di sognarsi Kuroko ogni
notte solo perché sentiva la mancanza del rapporto che c'era
tra loro cinque anni prima.
Era
comodo essere pompieri a Tokyo.
Non
che non succedesse mai nulla, ma c'era sicuramente molto meno lavoro
che a Los Angeles. La maggior parte del tempo lo passavano in stazione,
lui e i suoi colleghi.
Ecco,
una cosa che mancava a Los Angeles era tutta quell'attività
in caserma. In America era un luogo abbastanza impersonale, che serviva
tanto per sedersi dieci minuti e bere qualcosa tra una chiamata e
l'altra; lì in
Giappone invece era curata e sistemata un po' come se fosse una casa.
Vi erano tavoli, sedie, qualche divano e ovviamente libri, fumetti,
giochi di società vari e persino vecchi videogiochi.
Spesso
i suoi colleghi si dilettavano con delle partite a poker, Taiga li
ignorava e preferiva dedicarsi a battere tutti i record in Crash Bandicoot su una
vecchia Playstation insieme
a un altro suo collega di poco più grande di lui, che poteva
avere al massimo trent'anni.
“From: Ryota Kise
Subject:
Hey! (^^)/
Text:
Mi hanno detto che sei rientrato in Giappone! Perché non
organizzi una festa per rivedere i tuoi carissimi ex avversari?
)^o^(”
“From: Kagamicchi☆
Subject:
...
Text:
No.”
“From: Ryota Kise
Subject:
//
Text: Perché? ç____ç Non vuoi rivederci?!”
“From: Kagamicchi☆
Subject:
...
Text:
Mi basta vedere ogni giorno Murasakibara.
Se dovessi
vedere anche te, la faccia da sberle di Aomine,
il superstizioso con gli occhiali e quel pazzo di Akashi tutti
insieme i miei nervi non reggerebbero.”
“From: Ryota Kise
Subject:
//
Text:
Vedi Murasakibaracchi ogni
giorno? Quindi stai da lui e Himuro,
l'altro dello Yosen!
Un motivo in più per organizzare la festa, hanno una villa
immensa! (^_^)”
“From: Kagamicchi☆
Subject:
...
Text:
Ma io non voglio dare una festa solo perché sono tornato in
Giappone, è una cosa stupida!”
“From: Ryota Kise
Subject:
//
Text:
Quindi ci vediamo tutti Sabato alle 19:30 alla villa di Murasakibaracchi,
giusto? Avviso gli altri! (^_~)”
E Kagami era una
persona pacifica, davvero, ma in quel momento avrebbe sfigurato a pugni
il bel faccino da modello di Kise.
“From: Kagamicchi☆
Subject:
...
Text:
Ma tu sei tutto scemo! Non ho tempo per certe cose, e poi preferisco
stare con i miei figli che con un gruppo di pazzoidi come voi della
Generazione dei Miracoli.”
Ecco,
gli aveva dato buca. Che non si facesse più vivo, altrimenti
avrebbe rischiato di lanciare il cellulare da qualche parte e sarebbe
stata una sofferta perdita per il suo portafogli, quella del costoso
dispositivo.
E
quando il suddetto “costoso dispositivo”
trillò nuovamente, Taiga avrebbe avuto davvero voglia di
spaccarlo in mille pezzi.
Raccogliendo
tutta la propria pazienza, si limitò a gettare un'occhiata
al display che si era illuminato, sorprendendosi del fatto che
comparisse l'anteprima del messaggio.
Chi
era la cellula procariota che
inviava ancora sms e non email come
tutte le persone normali?
“Tetsuya Kuroko”
Kagami si
sentì mancare l'aria per un'istante,
spalancando gli occhi e appiccicandoli letteralmente al retina dello smartphone.
Erano cinque anni che non leggeva quel nome ed era la prima volta in
assoluto che lo leggeva in caratteri latini -aveva cambiato cellulare e
si era
abituato ad avere l’Inglese come
lingua di sistema,
perché cambiarla solo
perché si era trasferito?-; ma la sorpresa maggiore era che
ci fosse davvero scritto quel nome, che avesse davvero ricevuto
un messaggio da parte sua.
“Ciao Kagami-kun.
Potresti
venire all'asilo? È per Mizu-chan.”
Questo
non andava affatto bene. Taiga si stava decisamente preoccupando.
“Kagami Taiga: Dammi 10 minuti e sono lì.”
-----
Come da
copione, Kagami si
presentò all’asilo dopo
8 minuti e 43 secondi precisi, con giusto qualche goccia di sudore che
gli imperlava
leggermente il viso, sul quale era impressa un’espressione
preoccupata.
Nel
correre aveva pensato a tutto ciò che poteva essere successo al
figlio, prevedendo ogni singola ipotesi possibile.
Aveva
avuto una reazione
allergica? Sicuramente
no, l’unica
che aveva una leggerissima allergia -al polline, che non si manifestava
neanche spesso- era Hikari.
Si
era fatto male? Kagami sperava
davvero di no, anche perché non riusciva proprio a
immaginare come un bambino tanto tranquillo come Mizu potesse
riuscire a farsi qualcosa di più grave di un taglio con una
pagina del suo libro.
E sicuramente Kuroko non
l’avrebbe mai chiamato per così poco.
E
se avesse litigato con uno degli altri bambini? Anche
questo gli sembrava impossibile, perché Mizu tendeva
inconsciamente all’isolamento preferendo spesso la
compagnia di un buon libro
a quella dei propri coetanei, non amava particolarmente giocare.
Forse
aveva iniziato a piangere per qualche ragione inspiegabile? Altra
cosa improbabile, Kagami sapeva
che Kuroko se la
cavava molto bene con i bambini perché
ai tempi delle superiori era capitato loro di aver a che fare con un
bambino che si era perso in un centro commerciale e in
quell’occasione aveva dimostrato
grande abilità; quindi era sicuro che ora fosse anche
più bravo e che potesse calmarlo senza chiedere aiuto.
Ogni
suo dubbio si dissolse quando si ritrovò davanti Tetsuya e Mizu,
quest’ultimo con un’espressione talmente felice da
non sembrare neanche sua.
«Papà,
giochiamo a basket tutti insieme?» |
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Capitolo 6 *** Chapter Five. ***
Salve!
Sono tornata con il consueto aggiornamento settimanale, sono sempre
più felice del seguito che sto ricevendo. Quindi grazie a
tutti, che siate recensori, follower, lettori o semplici sostenitori.
L'entusiasmo per la SBK manifestato nella mia ultima pubblicazione (che
potete trovare qui
--e una recensione fa sempre piacere, soprattutto in casi come questo!)
ha portato una sfiga tremenda, ma io sono filo-Aprilia quindi tutto
sommato non è andata male.
Ma mi dicono che non siamo qui per parlare di Superbike, passiamo alle
cose che vi interessano.
Avevamo lasciato Kagami in una strana situazione, con Mizu che gli
aveva fatto una certa richiesta. Questo capitolo è il
seguito del precedente in tutto, è come se avessi scritto un
capitolo e l'avessi diviso in due per sadismo, in pratica 8D
Spero che vi piaccia, e i commenti sono sempre graditi!
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Kagami
posò lo sguardo prima sul figlio poi
sull'ex compagno di squadra, stupito come non mai. Lui si era
preoccupato tanto
e invece non solo Mizu stava benissimo, ma gli aveva appena chiesto di
giocare
a basket!
Sentì
l'entusiasmo iniziare a scorrere nelle sue vene, non giocava da
tantissimo
tempo.
A
Los Angeles ogni tanto, senza dirlo alla
moglie perché sapeva che si sarebbe arrabbiata, si dava al
basket d'azzardo o
aiutava Alexandra con i suoi allievi; per un periodo era addirittura
arrivato
al punto di passare tutto il proprio tempo libero al campo da
playground e si
era fatto una certa fama, anche perché molti dei giocatori
migliori erano
avversari che aveva già affrontato da ragazzo. Inoltre Alex
aveva la lingua
lunga e non perdeva occasione, in passato come ora, di parlare dei suoi
primi e
prediletti allievi.
Lo
sapeva, persino una partita con un bambino
piccolo avrebbe potuto soddisfare il bisogno di sentire la plastica
ruvida
della palla a spicchi sulle dita, il fruscio della rete che si allarga
per far
entrare un tiro perfetto, lo stridere delle scarpe che si consumano con
scatti
rapidi sul parquet di un campo tradizionale o sull'asfalto da
playground.
«Scusa
se ti ho disturbato, ma ha insistito
molto...»
Tetsuya
aveva un'espressione dispiaciuta, ma
uno strano bagliore negli occhi. Aveva lo stesso desiderio di giocare
del
bambino che gli stava vicino, solo meglio celato.
Fremeva,
seppur in maniera composta e poco
evidente se non a uno sguardo attento e capace di scrutare nella sua
anima come
quello del rosso, dalla voglia di giocare.
Avrebbero
potuto sfiorare lo stesso pallone,
sfidarsi, lasciarsi trasportare dall'adrenalina e dalla
competitività che su
quel campo li rendevano simili per la prima volta dopo anni; potevano
guardarsi
e cercare di riconoscersi a vicenda come i compagni di squadra
affiatati che
erano stati e non come i due sconosciuti che sembravano essere in quel
momento.
E
Taiga non avrebbe mai potuto rifiutare una
proposta simile, e non solo perché due paia di occhioni blu
lo stavano
guardando imploranti.
-----
«Comunque...
perché mi hai inviato un sms
tradizionale e non una mail?»
Kagami
guardò Kuroko con aria interrogativa,
desideroso di togliersi quel piccolo dubbio.
«Abbiamo
sempre usato i messaggi tradizionali
noi due, non vedo perché cambiare abitudini.»
E
Taiga l'avrebbe davvero considerata una
scusa per non dire di essere senza internet mobile o con un telefono
troppo
scarso per supportare messaggi diversi dai tradizionali, se quelle
parole non
fossero uscite dalle labbra di Kuroko.
Labbra
che si ritrovò ad osservare per un
solo istante in cui i suoi occhi rossi furono attraversati da una
scintilla di
cui proprio non riusciva a cogliere l'origine.
-----
Alla
fine avevano giocato tutto il pomeriggio
al campetto del quartiere, divertendosi molto.
Il
team formato da Kagami e Mizu si era
dimostrato molto affiatato, complice anche il fatto che al bambino
risultasse
abbastanza semplice imitare i movimenti del padre. Si scoprì
così che aveva
ereditato da Taiga il talento nel saltare, seppur la sua elevazione
fosse
ancora minima perché era pur sempre un bambino di tre anni
per nulla allenato ad
ogni salto sembrava migliorare leggermente.
Al
contrario,
Kuroko e Hikari si erano ritrovati in difficoltà: erano
bravi a far girare la
palla e a smarcarsi dagli avversari, ma avevano non pochi problemi nell'andare
a canestro. Gli unici abbastanza alti da
poter tirare erano Taiga e Tetsuya, ma le difficoltà di
quest'ultimo nei
confronti del rosso erano palesi, e diventavano anche più
evidenti quando si
ritrovavano l'uno contro l'altro.
La
partitella si era conclusa con un
pareggio, due bimbi stremati e due giovani uomini felici; tutti seduti
vicini
sull'asfalto in compagnia di qualche bottiglietta d'acqua per
dissetarsi.
«Mizu,
Kagami-kun... siete davvero forti
insieme.»
Kuroko
si stava asciugando un po' di sudore
passandosi la manica della giacca sulla fronte, si era sicuramente
stancato
maggiormente rispetto al coetaneo. Sorrideva appena nel guardare il
piccolo
Mizu appoggiato al padre, il quale nel frattempo stava aprendo una
bottiglia
d'acqua per Hikari.
«Anche
tu sei forte.» sorrise «È stato bello
giocare insieme dopo tanto tempo.»
Kagami
quasi si sorprese della semplicità con
cui erano uscite quelle parole dalla propria bocca, di come era stato
facile
dire all'altro ragazzo almeno una piccola parte di ciò che
provava.
Neanche
si era accorto che nel frattempo
l'altro aveva messo giù il braccio e che le loro mani erano
talmente vicine da
sfiorarsi, e se l'avesse notato non sarebbe stato un bene: Tetsuya
aveva fatto
incatenare i loro sguardi dopo le poche parole che si erano detti e il
suo
cuore stava già impazzendo per questo.
«Papà...
ho fame.»
L'esclamazione
della bambina più grande destò
entrambi, che realizzarono solo in quel momento che l'orologio segnava
le sette
e dieci di sera, il sole stava tramontando e nessuno di loro aveva
mangiato
nulla da quando, separatamente, avevano pranzato.
Taiga
si alzò e invitò con un cenno anche il
resto dello strano gruppo a farlo; quindi invitò tutti,
incluso Kuroko, ad
andare a mangiare al fast food lì vicino.
Compreso
il
tempo di attesa nel fare la fila, il più grande ci mise
circa cinque minuti a
prendere da mangiare e raggiungerli al tavolo, dove Kuroko era rimasto
con i
fratelli Kagami.
Arrivato
il vassoio, la piccola rossa si
avventò allegra sul vassoio per afferrare un panino molto
sostanzioso destinato
a lei, mentre il fratello minore prese tranquillamente il proprio toast.
Kagami
scartò
uno dei numerosi cheeseburger che aveva preso per sé, per
poi porgere a un
Tetsuya un po' spaesato un milkshake doppio al gusto di vaniglia e
cioccolato.
Fu
in quel momento che le loro mani si
sfiorarono per la prima volta dopo cinque anni di lontananza e Kagami
avrebbe
voluto davvero darsi uno schiaffo per la propria idiozia,
perché secondo lui
era una sciocchezza anche solo pensare che l'altro fosse arrossito
leggermente
e sicuramente ci aveva visto male per una frazione di secondo quando
vide
quegli occhi azzurri brillare appena d'emozione.
«Tieni,
non posso certo farti morire di
fame.»
Cercò
di mantenersi più tranquillo mentre gli
passava uno dei propri cheeseburger, con la precisa intenzione di
sfiorare
quelle dita ancora una volta.
E
l'altro afferrò anche il panino, e Kagami
volle darsi ancora dell'idiota per gli stessi motivi di prima.
«Grazie.»
E
si sentì semplicemente scoppiare il cuore
in petto quando quella voce atona e delicata che avrebbe riconosciuto
in mezzo
a mille disse quella semplice parola.
Non
riusciva ancora a capire, lui, il perché
di tutte quelle emozioni che stava provando, ne veniva solamente
travolto senza
sentire il bisogno di porsi domande, almeno in quel momento.
Sentiva
solo che era giusto, che per
qualche assurdo motivo doveva essere così, che era una cosa
normale quel mezzo
scompenso cardiaco che si verificava a ogni sguardo, tocco o parola del
ragazzo
dai capelli azzurri.
Infine
si congedarono amichevolmente, dopo
aver fatto un po' di strada tutti insieme perché abitavano
davvero vicini,
separati solo da un centinaio di metri ciascuno da percorrere in
direzioni
diverse appena arrivati a un incrocio.
Per
Taiga, aver ritrovato parte di quel legame
era come vivere un sogno.
-----
«Buonasera,
Kagami-kun.»
Il
ragazzo in questione sobbalzò colto alla sprovvista. Sapeva
che il compagno di
classe passava sempre alla stessa ora e che ogni giorno si fermava
proprio a
quel tavolo, ma ogni volta veniva colto di sorpresa.
Lo
stupore però
dopo qualche istante lasciava sempre il posto ad un sorriso rilassato,
che la
giornata appena trascorsa fosse stata felice o meno.
Ecco
perché Kuroko ogni giorno, a qualunque costo, si fermava al
Maji Burger.
Un
milkshake, il
sorriso di Taiga Kagami e il calore che sentiva all'altezza del cuore
nel
vederlo gli bastavano a essere felice.
|
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Capitolo 7 *** Chapter Six. ***
Buonasera!
Odio le
introduzioni, con tutto il cuore. No, scherzo, mi fa piacere dirvi due
parole prima del capitolo :)
By the way, inizialmente questa settimana non avrei neanche dovuto
pubblicare. Ho la febbre e neanche riesco a ragionare bene... tuttavia,
AomineTetsuya_chan
mi ha trattata con così tanta dolcezza che... awww, il mio
cuoricino si è sciolto come burro e ho deciso di sforzarmi e
pubblicare questo capitolo, anche se è un pochino corto sono
riuscita ad arrivare al punto che volevo!
Premetto che mezzo capitolo è auto-fanservice, che non so se
è tutto scritto in maniera decente perché non sto
abbastanza bene da riuscire a betarmi (ho un Alpha Reader e non un Beta
Reader. Why.) e che regalerò un qualcosa (?!) a chi
indovinerà il film che vede Kagami a inizio capitolo.
E premierò anche chi dedurrà l'importanza che
avrà per me la prima recensione a questo capitolo, che
sarà la quarantaseiesima.
Ma tutte le recensioni sono importanti, eh :D
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Kagami-kun,
potresti darmi la tua mano sinistra?»
Taiga
lo
guardò stranito.
Stavano percorrendo l'ultimo tratto di strada che li separava da
scuola, nonché
l'unico che potevano fare insieme.
Era inverno, faceva un tale freddo che Kagami era avvolto in un
giubbotto pesante
e Kuroko indossava una sciarpa gigante dall'aria tanto morbida che il
rosso
pensò subito a quanto sarebbe stato bello sprofondarci la
testa dentro.
«Che
devi farci?»
Aveva
intanto allungato la mano in direzione dell'altro, che l'aveva
semplicemente stretta
dopo aver messo su di essa il guanto che prima portava alla mano destra.
«Non
voglio che le tue mani si raffreddino per colpa mia.»
Era
una
giustificazione che non stava in piedi e lo sapevano entrambi, anche se
Kuroko
era effettivamente colpevole delle mani fredde di Kagami in quanto i
guanti che
aveva erano quelli dell'altro che li aveva dimenticati a scuola il
giorno prima
e non aveva resistito a indossarli.
Taiga
si
sentì improvvisamente la mano più calda, e
nonostante volesse dare il merito al
guanto nel profondo del suo cuore sapeva che invece non centrava
assolutamente
nulla.
-----
Ore
due
e trentotto,
diceva
l'orologio digitale della sua stanza.
Questo significava che sarebbe stato tutta la notte sveglio e che ormai
non
c'era nulla da fare. Ogni speranza di addormentarsi era in fumo,
passata la
mezzanotte.
Visto che Himuro gli aveva detto “fai come se fossi a casa
tua”, Kagami decise
di alzarsi per vedere un film in DVD.
Audio
in
Inglese, ovviamente, e la scelta ricadde su un film fantascientifico
ambientato, secondo la descrizione, in una galassia lontana
lontana.
Poteva essere un futuro, un presente o un passato a livello temporale,
ma
niente lo specificava. La Terra neanche veniva menzionata, in fondo.
Ci
stava un
ragazzo biondo che passava il tempo ad allenarsi, vi si riconobbe
parzialmente
nonostante questi volesse diventare “Cavaliere
Qualcosa” -la parola Kagami mica
l'aveva compresa ancora, era la prima volta che vedeva il film- e non
un
giocatore di basket.
Poi
ci stava una
specie di regina o senatrice -aveva inteso poco anche qui, alle tre di
notte
non capiva molto- molto tranquilla, determinata e abile nel parlare,
oltre che
molto bella.
«Ricorda
un po'
Kuroko, quella tizia...»
Fu
il suo
commento ingenuo, ignaro degli eventi successivi.
E
al povero
Taiga cadde la mascella a terra quando si accorse che la ragazza che
tanto gli
ricordava Kuroko era innamorata persa del Cavaliere Jedi -ecco
qual era il termine!- in cui lui si era riconosciuto.
“Ma
non finiscono davvero insieme,
vero? Insomma, c'è la guerra, lui non può avere
una fidanzata perché il codice
glielo impedisce e lei è una donna con troppo potere... si
saranno
semplicemente presi una sbandata!”
Non
che ce
l'avesse con loro, ma il pensiero che ci avesse riconosciuto proprio se
stesso
e Kuroko -insomma, proprio la persona che gli stava friggendo il
cervello da
più di due settimane- lo metteva sotto pressione.
Insomma, due persone avevano un carattere simile al loro e si
innamoravano a
vicenda... che fosse successa la stessa cosa a lui, che come il giovane
protagonista stesse penando inconsapevolmente per amore?
Provò
a
scacciare quel pensiero, che però si fece sempre
più pressante nella sua testa.
Quando
il film
si concluse proprio con il matrimonio segreto del Cavaliere e della
senatrice
di Naboo, Kagami giunse a una semplice conclusione: doveva
assolutamente
cercare di fare chiarezza, qualunque cosa questo potesse comportare.
E, se per qualche stranissimo e improbabile caso avrebbe capito di
avere una
cotta per Kuroko, gliene avrebbe parlato e si sarebbe fatto spezzare il
cuore,
perché se di una cosa era certo era il fatto che l'azzurro
non avrebbe mai
ricambiato certi sentimenti da parte sua.
Kagami
tolse il
DVD e passò a un altro film, una roba d'azione, qualcosa gli
diceva di non
provare a cercare un eventuale sequel di quello che aveva appena visto.
-----
Taiga
si
ritrovava due occhiaie spaventose, terribilmente simili a quelle che
aveva ai
tempi del liceo ogni volta che doveva giocare una partita importante,
quando
aprì la porta d'ingresso dell'asilo con i figli al seguito.
Mizu stava
abbracciato al volume 7 di quella che doveva essere una grossa
enciclopedia,
avvolto in una giacca pesante perché soffriva molto il
freddo; Hikari invece
saltellava in giro, i capelli ovviamente sciolti vista
l'abilità inesistente
del padre in certe cose, reggendo in mano null'altro che un pallone da
minibasket coloratissimo e immacolato, evidentemente nuovo.
Kuroko
andò
incontro ai tre, accarezzando la testa ai piccoli e salutando con un
cenno il
più grande.
«Ciao,
Kuroko.»
Kagami
si
sorprese di come quel saluto fosse uscito rilassato e spensierato dalle
proprie
labbra, visto che era teso come una corda di violino nel trovarsi
davanti quel
ragazzo.
«Buongiorno,
Kagami-kun. Hai dormito, stanotte?»
Ecco,
giusto la
domanda peggiore.
Kagami mica si
era reso conto di quanto fossero evidenti le occhiaie che si ritrovava,
quindi
quando il giovane maestro gli pose quel quesito non poté
fare a meno di pensare
che avesse qualche potere paranormale, che l'avesse visto insonne o gli
avesse
letto la mente.
«Beh,
diciamo...»
Si
limitò a una
risposta vaga, aveva ormai imparato a convivere con il fatto che lui
sapeva.
Era talmente naturale e familiare, che sapesse sempre tutto
ciò che gli passava
per la testa e che con uno sguardo riuscisse a capire cosa lo
tormentava.
Che sapesse
anche disciogliere la matassa di emozioni confuse che stava provando da
quando
era tornato in Giappone?
Taiga non
gliel'avrebbe chiesto in quel momento.
E,
anche se
avesse voluto farlo, non avrebbe potuto.
Assurdamente, in
quel momento entrambi i loro cellulari avevano emesso il breve suono
della
ricezione di un messaggio.
|
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Capitolo 8 *** Chapter Seven. ***
Buonasera.
Scusatemi per
il ritardo, scusatemi davvero. Non avrei mai voluto stare lontana per
così tanto, ma ne ho passate di cotte e di crude in questo
mese e non ero psicologicamente in grado di scrivere qualcosa di
decente.
Ma non sono qui a parlare dei miei problemi, sono qui per darvi
l'aggiornamento che avete dovuto tanto attendere.
Ovviamente sono come sempre una sadicona e ho interrotto sul
più bello.
E poi non so che dire, se il capitolo non vi sembrerà
particolarmente... insomma, se non vi sembrerà essere come
dovrebbe... scusatemi.
Ringrazio chi è ancora qui a seguire la fic nonostante il
mio ritardo e ringrazio chi mi è stato vicino in queste
settimane, ovvero le cinque persone a conoscenza della situazione e una
sesta che mi ha aiutata inconsapevolmente facendomi ruolare con lei
ogni giorno e quindi svuotare la mente.
Questo capitolo è dedicato soprattutto a voi, anche se non
vi nomino.
Detto questo, vi auguro una buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Taiga non sapeva
perché lo stava facendo.
Sapeva solo che stava
sprecando ogni domenica libera a sua disposizione da circa un mese,
alla ricerca della perfezione.
“In fondo si
tratta di latte, vaniglia e amido... non può essere
così difficile!”
Questo è
ciò che si era detto e che pensava ingenuamente prima di
provarci, perché l'impresa di mescolare quei tre ingredienti
in maniera perfetta si era rivelata difficile
persino per lui che con la cucina era portato.
Il problema era che non
poteva più aspettare. Era arrivato il giorno del test e lui
ancora non aveva idea di come fare. Ed era troppo testardo per andare
al supermercato a comprare del gelato già pronto
all'uso.
Provò ad
assaggiare l'ultimo tentativo per disperazione, e si sorprese.
Era buono.
Poteva finalmente
preparare un vanilla shake artigianale per Kuroko.
Le notifiche ricevute si
rivelarono due e-mail da parte dello stesso mittente
Fu ciò che
Kagami disse a voce e che entrambi lessero sullo schermo.
“Subject: Festa
per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*”
E il rosso
iniziò a insultare mentalmente il biondo, mentre Tetsuya lo
guardava come a volere spiegazioni.
“Text: Io e Himuro-kun
abbiamo, di comune accordo, deciso di organizzare una festa per il
ritorno di Kagamicchi!
Sarà una bella
occasione per rivedersi tutti dopo anni, non credete? ((*w*))
Il posto è la
casa di Himuro-kun e Murasakibaracchi, la data è sabato prossimo alle 19:30.
Non mancate e ricordate di vestirvi bene! (•_~)/”
«Kagami-kun, se
stringi più forte di così quel povero cellulare
rischi di distruggerlo.»
Il ragazzo citato
sospirò e cercò di calmarsi, per poi inoltrare la
propria risposta.
“From: Taiga Kagami
Subject: Re: Festa per il ritorno
di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Kise, per favore, muori.
Non voglio nessuna stupida
festa.”
“From: Daiki Aomine
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Se si tratta di irritare
l'idiota dalla carminia chioma, contate sulla mia
presenza per sabato sera.”
“From: Tatsuya Himuro
Subject: Re: Festa per il ritorno
di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Taiga, vedi il lato
positivo! ^^ Non vuoi rivedere i tuoi vecchi amici?”
“From: Satsuki Momoi
Subject: Re: Festa per il ritorno
di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Che bella idea, Ki-chan! Contate su di me
<3”
“From: Riko Aida
Subject: Re: Festa per il ritorno
di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Io e Junpei-kun ci siamo
sicuramente!”
Kagami sospirò e si
passò una mano tra i capelli, con aria quasi terrorizzata.
«Credo proprio
che questa stupida festa verrà fatta.»
Alla fine, la
“stupida festa” stava per essere fatta. L'immenso
ingresso della villa della famiglia di Murasakibara, che ormai i
genitori avevano lasciato al figlio, era stato sistemato a dovere per
ospitare almeno un centinaio di persone. Infatti a quanto pare Ryota
non si era affatto trattenuto nell'invitare persone di ogni tipo,
persino gente che Kagami neanche conosceva.
E menomale che doveva essere una
festa in mio onore, aveva pensato il povero
ragazzo quando aveva visto l'elenco dei presenti.
Taiga si stava preparando,
cercando di sembrare almeno degno di stare in una sala piena di gente incravattata e intubata in vestiti che, ne era
sicuro, costavano quanto tutte le scarpe da basket che aveva in casa
messe insieme.
Non sapeva neanche legarsi
una cravatta -ecco perché aveva
scelto un liceo che non la prevedesse nella divisa!-, al proprio
matrimonio era stato talmente disperato da dover chiedere aiuto a- no,
non doveva pensarci.
Era stata quasi un trauma,
quella giornata che sicuramente non avrebbe mai ricordato come la
più bella della propria vita ma meritava di certo un posto
d'onore tra le più assurde.
Comunque nonostante la
disperazione era riuscito nel proprio intento di indossare senza troppi
problemi quel gessato argento che gli aveva regalato la madre circa due
anni prima.
A dispetto dei propri
immani sforzi sapeva comunque che si sarebbe tirato addosso l'odio di
Kise, perché abbinare delle Converse All Star nere a un abito elegante per il biondo superava ogni
limite di decenza esistente al mondo.
“Eppure Zachary
Levi non lo critica nessuno, quindi che mi importa del senso estetico
di quell'idiota?”
Si mise quindi la giacca
senza abbottonarla e si diresse nella sala
dove già erano arrivate un paio di persone.
Poteva chiaramente vedere
ad esempio Satoshi Tsuchida in compagnia di una bella ragazza dai
capelli scuri e lo sguardo solitamente bonario di Rinnosuke che
squadrava entrambi con attenzione mentre prendeva un cocktail
offertogli da Shinji.
Oppure la coach Riko Aida,
solitamente composta e esemplare, fasciata in un bel vestito blu
zaffiro e con le gote leggermente arrossate mentre stringeva la mano
del capitano Hyuga, che indossava una cravatta abbinata al vestito
della castana e, Taiga lo notò per un riflesso del
lampadario in cristallo, aveva una fede d'oro al dito.
“Quindi alla
fine si sono sposati, i piccioncini...”
Kagami ridacchiò e guardò
l'orologio.
Ore 19:43, e aveva già
dovuto stringere la mano a una cinquantina di persone ascoltando frasi
come «Bentornato!» o
«Ma perché, eri partito?» che lo avevano
annoiato tremendamente.
Kise, la malefica mente
organizzatrice di tutto, durante tutto ciò girava
allegramente a braccetto con un Aomine che non condivideva molto
quell'entusiasmo.
Ore 19:44, e Taiga si
stupì di quanto si stesse annoiando.
Aveva preso qualche
tartina al formaggio, giusto per non soffrire troppo la fame,
continuando a guardarsi intorno e scorgendo, mentre scattavano le 19:45, un Kazunari
già leggermente brillo che saltellava attorno a un Midorima
che si sistemava gli occhiali un po' imbarazzato reggendo in una mano
un tamburello da tarantella -perché Oha-Asa va sempre ascoltata e
anche in smoking bisogna portarsi dietro il proprio portafortuna del
giorno per non incorrere nella cattiva sorte.
Poi Kagami
lanciò uno sguardo al portone che si era appena richiuso e
sentì il respiro mancargli per più di un attimo.
Taiga non era il tipo di
persona che veniva colpito dalla bellezza fisica di qualcuno, tanto da
sposarsi con una ragazza che lui stesso definiva carina, non bella.
Eppure in quel momento
stava pensando esattamente all'aggettivo "bellissimo" per definire
ciò che il proprio sguardo aveva appena incrociato.
Tetsuya Kuroko, appena entrato in sala in smoking nero e camicia
bianca, era semplicemente
bellissimo ai suoi occhi.
E lui se ne rendeva conto solo adesso.
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Capitolo 9 *** Chapter Eight. ***
Buona
domenica.
Oggi sono abbastanza giù di morale, e questo si nota dalla
lunghezza del capitolo, che è più breve del
solito. Ma gli eventi compensano e poi dovevo necessariamente spezzare
qui la narrazione per aumentare la suspence. Vi voglio bene 3
Comunque... abbiamo un Kagami post-"sincope da visione di un figo in
smoking" e un Kuroko che invece appare abbastanza rilassato,
perché è nota la sua apparente freddezza.
Per la vostra felicità, quella di Kuroko e anche la mia, il
nostro Tai-chan è ancora vivo.
E nel frattempo ho pensato a un bel po' di tresche varie ed eventuali
dietro la MuraHimu e la AoKise, perché ho cambiato OTP
quindi è giusto così (?). No, scherzo, sono
coppiette felici anche se per un attimo ho davvero immaginato di tutto.
La colpa è di Omoxiron
che mi fa ruolare AoMura
e me la fa
anche piacere.
AomineTetsuya_chan,
qui abbiamo la scena che mi hai ispirato tu,
ovviamente a metà perché sono cattivissima.
Ringrazio chi legge e chi recensisce, soprattutto questi ultimi
perché mi dicono il loro parere e mi fanno tanto felice
<3
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
C'erano
alcune cose che persino Kagami non comprendeva di se stesso.
Ciò che sfuggiva alla sua comprensione però era
una cosa seria stavolta. Perché
davvero, non gli era mai successo nulla di più assurdo.
Ogni mattina se lo ritrovava qualche centimetro più vicino,
non sapeva neanche
come fosse possibile visto che si addormentavano entrambi sempre nella
stessa
posizione.
E
Taiga avrebbe potuto anche tollerare la cosa, se solo non fosse
arrivata quella mattina.
Se solo non si fosse svegliato con quel volto troppovicino
al proprio. Così vicino che quando
sollevò la testa sfiorò involontariamente quelle
labbra rosee e appena schiuse
con le proprie.
Non fu un bacio vero e proprio, perché appena il rosso se ne
rese conto si
staccò imbarazzatissimo e confuso, perché per
qualche strano motivo non aveva
sentito la sensazione di disgusto che avrebbe sempre immaginato di
provare
nello baciare un maschio.
Tetsuya
continuò a dormire, ignaro di tutto, in quell'ultimo giorno
di training camp.
-----
Il
rosso restò come incantato nel punto in cui si
trovava per almeno tre minuti, o comunque abbastanza tempo da lasciare
a Kuroko
tutto il tempo di vederlo, raggiungerlo e salutarlo una decina di
volte, tanto
che dovette sventolargli una mano davanti per farsi notare.
«Kagami-kun...
tutto bene?»
Il
tono del giovane lasciava trasparire una punta di
preoccupazione, derivante principalmente dal non aver ricevuto risposta
fino ad
allora.
«Eh?
Certo, che domande fai?»
«Sembravi incantato o una cosa del genere...»
E
Kagami in quel momento sentì l'impellente esigenza
di nascondere il volto dietro le mani, perché era
sicurissimo che le proprie
guance fossero in fiamme.
«D-dev'essere
stata sicuramente una tua impressione,
ero semplicemente distratto!»
Cerca
di dissimulare in ogni modo l'imbarazzo, con
scarsi risultati. La realtà era che si era incantato e
rischiava di farlo di
nuovo, ma non poteva certo dirlo proprio a lui.
E nel farsi tanti problemi si era perso di nuovo nell'ammirarlo, da
bravo
idiota quale si sentiva in quel momento.
«Kagami-kun,
ho la camicia sgualcita o una macchia
sulla giacca? Non fai che fissarmi...»
Taiga
si limitò ad arrossire e scuotere la testa,
sotto lo sguardo stranito dell'azzurro che non riusciva proprio a
comprendere a
cosa fosse dovuto quell'improvviso imbarazzo che stava impedendo loro
di avere
una conversazione normale.
Poi,
come colto da un'intuizione improvvisa, Kuroko
si sfilò la cravatta e scompigliò i capelli, fino
ad allora pettinati in
maniera insolitamente perfetta ma molto affascinante, con una mano.
«Il
mio abbigliamento troppo formale ti metteva a
disagio, vero?»
Tetsuya
lo disse con tono così dolce e tranquillo
che avrebbe potuto sciogliere anche un cuore di ghiaccio, e Kagami non
poté non
regalargli un sorriso grato per quella comprensione.
-----
La
festa proseguiva tranquilla, come da programma.
Taiga
era riuscito a superare quella mezza sincope
che aveva avuto all'arrivo di Kuroko e ora stava parlando con il bel
ragazzo in
smoking quasi senza problemi. Non avevano accennato neanche
lontanamente al
matrimonio da cui usciva il rosso, ma in compenso quest'ultimo aveva
potuto
sapere diverse cose riguardo a come l'azzurro avesse passato gli ultimi
cinque
anni.
Aveva
avuto una vita abbastanza tranquilla, lui,
aveva intenzione di laurearsi ma non potendo mantenersi gli studi aveva
preferito trovarsi un lavoro che era finito per piacergli e alla fine
non aveva
più voluto lasciare.
Viveva da solo da solo due anni, tuttavia la madre passava comunque
ogni
settimana a controllare che il giovane non trascurasse le faccende di
casa e
riuscisse a cucinarsi sempre pasti commestibili o almeno non letali.
Questo
fece ridere abbastanza Kagami, che invece
viveva da solo già ai tempi del liceo e sicuramente non
veniva controllato,
avendo entrambi i genitori a Los Angeles. E poi anche Kuroko, un po' di
riflesso e un po' perché quella situazione in fondo la
trovava comica anche
lui.
Ma
non sorrisero solo a quello, ogni singola parola
di quella conversazione amichevole incurvò
all'insù le labbra di entrambi i
ragazzi, erano davvero sereni in quel momento.
Taiga
si sentiva un po' come una delle protagoniste
di Betsuma, quelle che dopo mesi di lunghi capitoli e tavole retinate
riuscivano a parlare con quel ragazzo che guardavano sin dal primo
capitolo, e
per lui quel primo capitolo era iniziato con il ritorno in Giappone.
A questo pensiero volle darsi uno schiaffo, perché
evidentemente aveva letto
troppi fumetti di Alexandra quand'era più piccolo per fare
certi pensieri -lui
non era la protagonista di uno shojo, e Tetsuya non era assolutamenteil
protagonista maschile!
Ma
tutto stava andando decisamente bene. Stava
riuscendo a parlare con Kuroko e con ciò stava cercando di
capire cosa provasse
davvero. Ora era consapevolmente arrivato a un pensiero simile
a“forse ho quasi
una cotta per lui”, e per la sua mente era davvero un gran
risultato.
Poi
qualcosa gli toccò la schiena.
Più precisamente, gliela spinse.
E Kagami cercò in ogni modo di non cadere addosso al proprio
interlocutore e
buttarlo a terra, ma ci riuscì solo parzialmente.
Quella
spinta li avvicinò fin troppo, facendo
aderire i loro corpi nel tentativo di non cadere.
E le loro labbra si trovarono dove non avrebbero dovuto essere per
nessuna
ragione al mondo, almeno secondo Kagami: su quelle dell'altro,
appoggiate in
maniera morbida e precisa.
Non
doveva essere un bacio, quell'incidente.
Avrebbero dovuto entrambi staccarsi con un'espressione disgustata dopo
un
istante di shock, eppure a Taiga sembrava che quell'istante stesse
durando una
vita.
O forse il tempo stava
passando ed erano loro due a non volersi
separare.
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Capitolo 10 *** Chapter Nine. ***
Nove
è il quadrato di tre, Nove
è il numero atomico del Fluoro, Nove mesi
la gestazione, Nove
le Muse, Nona
la sinfonia che contiene l'"Inno alla Gioia" di Beethove-
no, scusate ma a quanto pare questa frase è stata
già usata da qualcun altro.
Comunque, a quanto pare siamo al capitolo numero Nove
(perché il Prologo non è compreso nel conteggio).
E io ho fatto tutto questo casino solo per inserire quel pezzo di
citazione su questo numero, sì. Un biscotto e il mio amore a
chi la riconosce! <3
Passando alle cose serie... scusatemi per il ritardo. Scusatemi
davvero, ma devo traslocare e ho poco tempo per scrivere, inoltre il
dispositivo su cui scrivevo maggiormente, il mio cellulare,
è in assisenza dal 3 Aprile D:
Avrei volentieri scritto e aggiornato già Domenica 7, ma mi
sono lasciata distrarre dal Motomondiale! çwç Non
preoccupatevi, sono sicurissima che succederà ancora,
se le gare saranno tutte come quelle di quel giorno.
Ma parliamo del capitolo! Non so che dire stavolta, solo di tenervi
pronti per il fluff, perché qui ce n'è tanto.
Ovviamente vedremo la conclusione di ciò che nel capitolo
precedente è stato lasciato in sospeso, ovvero il tanto
atteso bacio.
E non vi dico nient'altro, però mi farebbe davvero piacere
se qualcuno di voi potesse dare un'occhiata a questa
mia fic e dirmi che ne pensa, se ne ha tempo e voglia ^^
Buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Tetsuya
era avvampato appena aveva sentito
quelle labbra calde sulle proprie, ma nella sua mente non era passato
neanche
per un secondo il pensiero di sottrarsi.
Dopo pochi secondi entrambi chiusero gli occhi e assaporarono
pienamente quel
contatto che stavano trovando sempre più piacevole, anche se
nessuno dei due si
azzardò ad approfondirlo.
Restarono
in quella posizione a lungo, e
sarebbero rimasti anche per più tempo se solo una mano dalle
dita fasciate in
bianco non si fosse appoggiata sulla spalla di Kagami.
Questi
fu costretto a staccarsi e fu solo
allora che comprese ciò che era appena successo, mentre
l'azzurro sgranava
appena gli occhi e si portava una mano alla bocca, visibilmente rosso.
«Vi
porgo le mie scuse da parte di Takao,
come potete vedere è leggermente andato.»
La
voce posata di Shintaro fece luce sulla
situazione, perché era successo che l’ormai
ubriaco Kazunari avesse urtato per
sbaglio Taiga.
Quel
bacio non era stato nulla più di un
evento involontario.
Un incidente.
E
questa consapevolezza non faceva che
scombussolare maggiormente Taiga.
Se nessuno dei due lo voleva, perché era successo?
Perché invece di staccarsi
avevano preferito restare in quella posizione?
Nessuno
dei due sapeva rispondersi
chiaramente, perché nessuno dei due era a conoscenza dei
sentimenti dell’altro.
Taiga poi non aveva pienamente compreso nemmeno i propri, di sentimenti.
Aveva
capito solo una cosa: Kuroko gli faceva
uno strano effetto, da quando l’aveva rivisto. E forse anche
da prima, ma era
qualcosa di meno intenso o comunque vi si era abituato e riusciva a non
considerarlo.
Ora, voleva solo capire qualcosa in più.
Il
filo dei suoi pensieri però si interruppe
bruscamente in pochi secondi, nel sollevare leggermente la testa e
guardare
l’ex asso dello Shutoku.
«Midorima…
ma tu non portavi gli occhiali?»
«Ora porto le lenti, mi sembra evidente.»
Era
stato liquidato fin troppo velocemente
per i propri gusti, quindi si voltò verso Takao come a
cercare maggiori
spiegazioni e si accorse che il ragazzo indossava un paio di occhiali
identici
a quelli che portava Midorima ai tempi delle superiori.
«Ha
un difetto di vista.»
Esordì
Kuroko, aprendo bocca per la prima
volta da quando lui e Taiga si erano involontariamente baciati.
«Ti
consiglio di non chiedergli altro a
riguardo, Kagami-kun.»
E
questi seguì il consiglio, congedandosi con
i due e scusandosi addirittura per la propria indiscrezione,
perché viste le
parole di Tetsuya quello doveva essere un tasto delicato per loro.
Però
non resistette, e dopo qualche minuto
iniziò a sommergere Kuroko di domande per saziare la propria
curiosità.
«L’Hawk
Eye di Takao-kun era in realtà il primo sintomo di
un grave difetto di
vista, che ha iniziato a manifestarsi poco prima della fine del terzo
anno.
Tuttavia si era ostinato a non correggerlo, perché sapeva
che per il proprio
problema sarebbe stato costretto ad andare spessissimo da un oculista a
farsi
visitare e avrebbe dovuto spendere un sacco di soldi, cosa che non
poteva
permettersi. Quindi Midorima-kun ha accantonato il proprio sogno di
diventare
chirurgo e ha studiato per diventare oculista, laureandosi in un tempo
record e
aprendo un piccolo studio privato con l’aiuto dei propri
genitori. A quel
punto, è diventato l’oculista di Takao-kun e, per
incoraggiarlo a mettere gli
occhiali e non peggiorare ulteriormente il proprio problema, ha
iniziato a
usare le lenti a contatto e gli ha regalato la propria
montatura.»
Fece
una spiegazione esauriente, che sorprese
molto Taiga.
«Ovviamente
Takao-kun non ha idea del fatto
che Midorima-kun non volesse affatto diventare oculista.»
«E tu come fai a sapere tutto questo?»
«Momoi-san è molto informata e mi racconta sempre
di tutto.»
Entrambi
si sorrisero, senza neanche sapere
perché.
Poi iniziarono a guardarsi intorno, giusto per vedere come procedeva la
festa.
Riko era imbarazzatissima perché Junpei l’aveva
baciata cogliendola di sorpresa,
Izuki conversava con Koganei e, per quanto possibile in un caso del
genere, con
Mitobe, Tsuchida sembrava scomparso perché probabilmente lui
e la fidanzata si
erano appartati da qualche parte, Murasakibara assaggiava tutti i dolci
disponibili accanto a un Himuro che lasciava si ingozzasse con aria
rassegnata.
Aomine e Kise discutevano come dei mocciosi su un argomento ignoto
tenendosi
però per mano, Momoi scattava foto a raffica.
Insomma,
sembrava che tutti si stessero
divertendo.
Incluso,
a differenza di quanto immaginava,
Kagami stesso.
Quel Kagami che odiava le feste e mettersi in tiro per vedere gente di
cui non
gli importava o con cui non aveva bisogno di presentarsi in maniera
tanto
elegante, quello che non voleva neanche una festa dedicata al proprio
ritorno
in Giappone e aveva considerato stupida l’idea di Kise fin
dal primo minuto,
quello che davvero avrebbe preferito passare la serata in pigiama
davanti alla
televisione in compagnia dei suoi figli che invece erano dovuti andare
a nanna
presto perché troppo piccoli per quell’ambiente.
E quel Kagami che aveva cambiato idea sulla festa appena si era trovato
davanti
il suo Kuroko, perché bastava quella lieve presenza
perché tutto diventasse più
bello e interessante per lui.
Si
passò una mano tra i capelli e guardò
l’orario, notando che si stava facendo fin troppo tardi.
Si vergognava ad ammetterlo, ma in condizioni normali dopo la
mezzanotte la sua
lucidità calava bruscamente, tanto che rischiava di
addormentarsi da un momento
all’altro.
Non era fatto per restare alzato fino a tardi, probabilmente proprio
perché
odiava le feste e evitava di parteciparvi quando possibile.
Ecco perché si era strofinato un occhio e aveva deciso che,
per quanto
piacevole fosse stato conversare con Kuroko -perché dopo un
iniziale imbarazzo
dovuto a ciò che era successo avevano ripreso a
chiacchierare come i vecchi
amici che erano, anche se con un po’ di rossore che ogni
tanto si palesava sul
volto dei due senza che vi fosse una spiegazione logica.
E
salutare fu proprio la cosa più triste,
perché se dire agli altri che la festa era finita era stato
relativamente
semplice, congedarsi con Tetsuya fu incredibilmente complicato.
«Ehm…
credo che questa serata sia finita… ci
vediamo domani?»
Il
tentativo di Taiga fu fin troppo timido,
quasi non sembrava lui. Era visibilmente dispiaciuto di non poter stare
insieme
all’altro ancora per un po’, ma non poteva avere
pretese assurde e lo sapeva
bene.
«Certo,
Kagami-kun. Sarà un piacere.»
E
si sorrisero ancora, perdendosi negli occhi
l’uno dell’altro. Forse lo sguardo che si stavano
rivolgendo in quell’istante
non riusciva a trasmettere ciò che ognuno dei due aveva nel
cuore, né si
stavano realmente sforzando perché fosse così.
Non si azzardarono nemmeno a
rovinare quel momento con le parole, nessuno voleva spezzare quel dolce
equilibrio con la propria voce.
Però
quell’equilibrio venne spezzato da
Kuroko, che si avvicinò al rosso per un solo istante,
lasciandogli un bacio
sulla guancia. Leggero e dolce, come la vaniglia di cui Taiga aveva
sentito il
profumo nei capelli di Kuroko quando questi si era avvicinato al suo
volto.
«Buonanotte
e sogni d’oro, Taiga-kun.»
-----
Tetsuya
odiava la solitudine, nonostante spesso sembrava
vi si rifugiasse dentro.
Tetsuya
odiava le sere d’estate, perché erano troppo
calde per dormire con una piccola coperta o un pigiama lungo e troppo
fredde
per passarle in pantaloncini e canottiera, almeno per lui.
Tetsuya
odiava i training camp, perché sopportare dei
pesanti allenamenti non era mai stato il suo punto forte e sentiva la
mancanza
della propria stanza e dei propri libri, perché non poteva
portarne.
Amava
invece la compagnia di Taiga, che si presentava
come uno spiraglio di luce nei momenti d’oscurità
assoluta.
Amava
il poter condividere la stanza con lui e dormire
nel futon accanto al suo, perché quel leggero tepore di cui
necessitava per non
avere freddo riusciva a trovarlo semplicemente avvicinandosi
all’altro.
E forse avrebbe anche amato i
training camp con il
Seirin, perché la stanchezza per l’intera
settimana d’intenso allenamento e la
nostalgia della lettura era svanita improvvisamente nel sentire quel
piacevole
tepore sulle proprie labbra, seppur per un solo istante.
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Capitolo 11 *** Chapter Ten. ***
Buonasera!
Quello di oggi è un altro capitolo tanto fluff, e... ODDIO
E' IL PRIMO CAPITOLO CHE PUBBLICO DALLA NUOVA CASA! <3
Perché ho finito il famoso trasloco, sì. E sono
felicissima.
By the way, vorrei ringraziare come sempre chi ha commentato e anche
chi ha solo letto, così come vorrei ringraziare chi mi ha
involontariamente ispirato e tutto.
E scusate la brevità del
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
La
prima volta che erano usciti insieme, e con tale
definizione si intende che si erano messi d’accordo per
vedersi loro due in un
determinato posto e passare il pomeriggio in compagnia l’uno
dell’altro nonostante
non fosse necessario e senza che capitasse per caso, era stato al
secondo anno
delle superiori, qualche mese dopo il compleanno di Kagami.
In
origine sarebbero semplicemente dovuti andare a
comprare del materiale da allenamento in un negozio sportivo che aveva
appena
messo gli sconti su tutta la merce in negozio, ma dopo aver passato
qualche ora
a fare i più svariati acquisti si erano ritrovati a prendere
un gelato insieme.
Uno solo.
In
due.
Perché Kuroko aveva troppa poca
fame per
mangiare un gelato intero ma voleva comunque mangiarne un
po’,e Taiga non
sapeva dire di no ad uno solo dei capricci di Tetsuya nemmeno a quei
tempi.
Poi
erano finiti al luna park, e il diciassettenne dall’aspetto
più adulto rispetto alla propria vera età aveva
lanciato urla strazianti e si
era stretto all’altro ragazzo per tutto il tempo in cui erano
stati nella “terrificante
casa dei fantasmi” che in realtà di terrificante
aveva solo le pareti che
sembravano intonacate da delle scimmie.
E
poi ancora in tanti altri posti, perché ogni volta che
sembrava che stessero per salutarsi uno dei due trovava qualcosa da
fare per
restare insieme ancora un pochino e alla fine si diedero
l’arrivederci solo
quando ormai era sera da un pezzo e la signora Kuroko aveva chiamato il
figlio
urlandogli di rientrare subito a casa con la minaccia di dimenticarsi
di uscire
da solo per i prossimi cent’anni e Kagami aveva dovuto
calmarla, rassicurarla
sulle condizioni del figlio e prendersi la colpa di tutto, per poi
scoppiare a
ridere insieme all’altro appena conclusa quella conversazione.
-----
Taiga-kun.
Per
Kagami, quel nome era diventato quasi
un’ossessione nel giro di pochi minuti e anche ora che era
mattina e si stava facendo
la doccia non riusciva ancora a toglierselo dalla testa.
Era abituato a essere chiamato per nome -era cresciuto in America!-,
eppure
stavolta la cosa l’aveva scosso molto.
Non
era solo il suo nome.
Era un suono dolce e pacato, piacevolissimo da ascoltare. La voce di
Tetsuya
era delicata e trasmetteva tranquillità, tuttavia era
abbastanza particolare da
catturare l’attenzione di chi si soffermava ad ascoltarla.
Kagami l’avrebbe
potuta ascoltare per ore senza stancarsi.
E sentire quella voce scandire la parola che costituiva quel nome per
il rosso
era la cosa più bella del mondo.
Il
ricordo di quel nome e quel saluto, così
come quello precedente del bacio accidentale che si erano dati, si
erano incisi
in maniera permanente nella sua mente, e non sentiva il minimo bisogno
di
scacciarli.
Prese
una ciotola di vetro, per poi versarvi
un po’ di latte e della farina e iniziare a mescolarli.
Quindi le uova e il
formaggio, e iniziò a sbattere il composto in maniera
più decisa per farlo
montare un po’ e non creare grumi. Infine un pizzico di sale
e un’ultima
mescolata, per poi versare tutto in padella.
Era
riuscito, contrariamente alle proprie
aspettative, a dormire davvero bene quella notte. Non ricordava se
aveva
sognato e cosa, ma si era svegliato con il sorriso sulle labbra. Si
sentiva
sereno, anche se rimaneva confuso aveva deciso di lasciare che le
incertezze
pian piano si risolvessero autonomamente e raccogliere solo le poche
certezze
che aveva.
La
prima, di chiamarsi Taiga Kagami e di
avere ventitré anni e due figli.
La seconda, di essere un ex giocatore di basket e di amare quello sport
con
tutto il cuore.
La terza, di provare qualcosa di forte all’altezza del cuore
al pensiero di
Tetsuya Kuroko.
La quarta, che tutto ciò che stava provando era naturale e
come tale andava
semplicemente accettato.
Finì
di strapazzare le uova per sé, quindi
iniziò a preparare le tazze di latte per i figli, che di
lì a poco sarebbero
stati in cucina e che lui aveva viziato infinitamente, tanto che erano
abituati
ad alzarsi dal letto e trovarsi la colazione pronta per come la
preferivano.
Hikari
esigeva un cornetto alla crema
pasticcera ogni mattina, accompagnato da del latte caldo poco
zuccherato.
Inoltre la piccola pretendeva che il cornetto fosse grande,
perché doveva
riempirle lo stomaco.
Mizu invece era decisamente più semplice, almeno alle
apparenze: un semplice
bicchiere di latte freddo zuccherato gli era sufficiente per riempirsi
e avere
le energie per tutta la mattina. Ma doveva essere rigorosamente latte
intero.
Fresco o al massimo pastorizzato, perché quello a lunga
conservazione dei
supermercati non gli piaceva.
«Good
morning!»
La
vocina squillante di Hikari fece capire a
Taiga di non essere più solo, quindi accolse i bambini con
un sorriso e servì
loro la colazione.
«Papà…
c’è poco zucchero.»
Anche
questa piccola lamentela di Mizu era
una consuetudine, perché per quanto zucchero il rosso
mettesse in quel latte il
bambino voleva per forza mettersene un cucchiaino lui.
E Taiga aveva imparato a lasciarglielo fare, perché la mano
di Mizu non tremava
nel tenere il cucchiaino e riusciva sempre a mettersi lo zucchero senza
sporcare il tavolo, quindi non aveva motivo per non concedergli quel
piccolo
capriccio.
Appena
i tre finirono di prepararsi, uscirono
tutti insieme.
Stavolta i bambini si limitavano a tenere ognuno una mano del padre, la
più
grande lo strattonava leggermente per qualsiasi motivo: da una foglia
dalla
forma strana alla vetrina di un negozio di dolci, tutto attirava
l’attenzione
della bimba.
Il più piccolo invece era molto tranquillo, si era perso
nella lettura di un
romanzo decisamente troppo impegnativo per un bimbo della sua
età e Taiga
doveva solo controllare che non sbattesse contro qualche palo della
luce perché
troppo assorto nella propria attività per notarlo.
Arrivati
all’asilo, l’unico adulto dei tre
Kagami iniziò a cercare con lo sguardo una testa azzurra,
scoprendo che l’altro
era di fronte a sé e quasi prendendosi un colpo.
«Buongiorno,
Kagami-kun. E buongiorno anche a
voi, Mizu-chan e Hikari-chan.»
Kuroko
li accolse con un lieve sorriso, per
poi mandare i bambini nell’aula di propria competenza a
giocare con i coetanei.
«Kagami-kun…»
«Sì, Kuroko?»
«Ciò che è successo
ieri…»
E
qui Kagami ebbe un tuffo al cuore. Il
timore che il ragazzo si fosse pentito di non avergli tirato subito uno
schiaffo appena si era verificato quell’incidente si stava
rafforzando
improvvisamente.
Non voleva sentirsi rifiutato proprio da lui.
«Se
vuoi possiamo far finta che non sia mai
successo…»
Mormorò,
incerto. Lui sicuramente non ci
sarebbe riuscito, ma in quel momento gli era sembrata la cosa
più sensata da
dire.
E venne sorpreso, perché sul volto dell’altro vide
un’espressione che sembrava
quasi volta a prenderlo in giro, come se avesse detto la cosa
più stupida del
mondo.
«Bakagami,
sei proprio un caso disperato a volte. Non stavo dicendo né
pensando una cosa
simile.»
Taiga
si ritrovò ad avvampare come una
ragazzina, perché se Tetsuya non stava per dire
ciò davvero non sapeva cosa
aspettarsi.
Insomma, si era preparato a almeno quarantasei
modi diversi di essere rifiutato, ma non aveva contemplato neanche per
un
secondo la possibilità che ci potesse essere anche solo una
sfocata ombra di
approvazione da parte dell’ex compagno di squadra.
Quindi
si era ritrovato con una non molto
gloriosa espressione definibile “da pesce lesso”,
o, più precisamente, “da
merluzzo essiccato”.
«Non
voglio far finta che non sia mai
successo, né forzare nulla. Non voglio iniziare una
relazione con te solo
perché ci siamo dati un bacio accidentale, ma neanche
rifiutarne a priori una
sua eventuale nascita.»
Nel
dire quelle parole, un leggero rossore si
diffuse sulle guance chiare di Tetsuya. Sembrava in imbarazzo, e lo
era: la
sola idea di una relazione con Kagami lo faceva arrossire, ma lui era
sempre
stato un tipo chiaro e diretto.
Il
più alto si ritrovò a sorridere come uno
scemo, felice. Non essere rifiutato era già per lui una
grandissima conquista, e
lo era ancora di più il fatto che Kuroko volesse quasi
dargli una possibilità.
E
fu proprio questa felicità a fargli venire
un’idea altamente stupida, che non avrebbe dovuto avere per
nessun motivo al
mondo.
Ma, arrivato a questo punto, voleva provare a rischiare.
«Posso
accettare… a una condizione.»
«Quale?»
«Per favore;
concedimi un appuntamento, Tetsuya.»
|
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Capitolo 12 *** Chapter Eleven. ***
Buonasera.
Innanzitutto,
scusatemi per la pessima frequenza. Davvero, la scuola è una
brutta bestia... pensate che io dovrei stare a studiare Diritto ed
Economia per l'interrogazione di domani, mica a pubblicare. Ma ho un
voto quantomeno decente, credo, quindi una brutta interrogazione non mi
rovinerà la media. Spero. Altrimenti la colpa non
è vostra, tranquilli.
Comunque in questo capitolo abbiamo ancora fluff e fluff, tanto fluff.
E mi sa che andrà avanti così per tutto
l'appuntamento, poi... preparatevi, perché non dico che ci
sarà angst ma qualche piccola complicazione
entrerà in scena di sicuro.
Il flashback a differenza delle altre volte ha un legame molto poco
importante con il capitolo, ma è ormai una tradizione quindi
lo mantengo.
E l'ultima scena del capitolo è fanservice personale,
perdonatemi XD Ma ce ne sarà altro nel prossimo capitolo.
Detto questo, ringrazio come sempre i lettori/recensori/follower e
auguro a tutti una buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Di
Taiga Kagami tutti sapevano poche essenziali cose:
diciassette anni, alto, bello -anche se il suo viso non esattamente
tranquillo
e affabile faceva spesso passare ciò in secondo piano
davanti alle ragazze-,
bravo a basket ma non a scuola, determinato e sicuro di sé.
Per
questo, gran parte delle persone sbagliava a
giudicarlo, perché sin da quand’era piccolo e
viveva nella bella Los Angeles i
pregiudizi altrui l’avevano sempre preceduto ed erano in
pochi che cercavano di
essere suoi amici, praticamente nessuno al di fuori
dell’asfalto tinto di
azzurro e verde di Venice Beach*.
Poi
si era trasferito in Giappone, dove nonostante la
situazione fosse addirittura peggiore essendo più grande non
lo considerava più
un problema.
E iniziate le scuole superiori, aveva incontrato Tetsuya.
Lentamente,
aveva iniziato ad amare il fatto che l’altro
lo considerasse proprio per il basket che sapeva giocare, era come se
il suo
dedicarsi costantemente a quello sport e in qualche modo ritrovarsi a
rinunciare
al resto lo avesse ripagato ampiamente.
E
si sentiva il diciassettenne più felice della Terra. O
almeno di tutta Tokyo.
-----
Kuroko
era avvampato alla proposta di Taiga,
per poi sorridere dolcemente.
Non immaginava che l’altro gli avrebbe davvero chiesto un
appuntamento, a dire
il vero non immaginava neanche che potesse farlo in maniera tanto
impacciata da
sembrare quasi… Tetsuya non voleva neanche pensarlo
perché credeva di illudersi
inutilmente, ma Taiga gli sembrava quasi innamorato.
Vedeva ardere nei suoi occhi un desiderio e una passione che non gli
erano
affatto sconosciuti, ma che non aveva mai visto brillare in quelle
iridi rosse
fuori da un campo da basket.
Il
ragazzo si limitò infine ad annuire, non
solo perché desiderava sul serio
quell’appuntamento, ma anche perché davanti a
quella determinazione tanto intensa da sembrare quasi tangibile non
sarebbe mai
riuscito a negarglielo.
«Quando
ci vediamo?»
«Sabato hai impegni?»
Quando
Tetsuya scosse la testa Kagami sentì
quasi l’impulso di saltare di gioia. Ma avrebbe sbattuto
sicuramente la testa
contro il soffitto, quindi si trattenne.
«Quindi
ci vediamo sabato… verso le 16?»
«Kagami-kun… solo gli adolescenti si danno
appuntamento di pomeriggio per
uscire insieme.»
Taiga
arrossì, improvvisamente imbarazzato,
mentre Tetsuya iniziò a ridacchiare
all’espressione alquanto comica che aveva
assunto il più alto.
«V-vuoi
cambiare orario, quindi?»
Chiese
timidamente il rosso, passandosi una mano tra i
capelli. L’altro scosse la testa.
«Va
benissimo vederci di pomeriggio,
tranquillo…»
E
si sorrisero dolcemente. Poi Kuroko iniziò
a guardare verso il basso in maniera insistente, come se stesse
osservando
qualcosa.
E Kagami stava davvero per abbassare lo sguardo per vedere di cosa si
trattava,
se solo la voce pacata dell’altro non avesse richiamato la
sua attenzione.
«Kagami-kun…»
«Sì?»
«Anche se lo trovo piacevole… perché mi
hai preso per mano?»
Solo
allora Taiga si accorse che la sua mano
destra aveva preso la sinistra di Tetsuya e la stava stringendo
delicatamente.
Al proprio tocco poteva sentire i polpastrelli ruvidi e la parte del
palmo più
vicina al polso leggermente rovinata dalle tante volte che la gomma del
pallone
da basket aveva strofinato contro la pelle chiara e liscia,
apparentemente più
delicata di ciò che era.
Aveva una mano morbida quel ragazzo, ma sorprendentemente forte. Una di
quelle
la cui presa ferrea non avrebbe mai fatto scappare nulla, una volta
preso.
E
Kagami non voleva assolutamente lasciarla,
ma dovette farlo.
«Scusa,
non me n’ero accorto…»
Ridusse
tutto a un’ammissione e incompleta ma
sincera, intrisa di una timidezza che solitamente non faceva parte di
lui.
Kuroko
non poté fare a meno di sorridere
ancora, perché con quel ragazzo era terribilmente semplice e
naturale
ritrovarsi a farlo, e questo non gli era successo con nessuno,
soprattutto nei
cinque anni in cui erano stati separati. Quasi non ricordava cosa si
provasse
nel dedicare un sorriso sincero a qualcuno, ma Taiga glielo aveva fatto
riscoprire con la semplicità che lo caratterizzava sin dagli
anni delle
superiori, con la sincerità che Tetsuya aveva visto nel suo
cuore sin da quando
si erano incontrati per la prima volta.
«Ora…
credo che sia meglio che vada in
caserma, non vorrei arrivare in ritardo…»
Kagami
si dileguò, anche se non avrebbe
voluto farlo, dopo aver sciolto la stretta delle loro mani.
Aveva
ottenuto un appuntamento, aveva la
possibilità di farlo innamorare.
Sentiva di potercela fare.
Ciò
che non sapeva, era che non avrebbe avuto
alcun bisogno di nulla, perché il cuore di Kuroko non aveva
mai smesso di
battere per lui, perché il ragazzo dai capelli azzurri si
era reso conto da
molto tempo dell’intensità dei sentimenti che
provava.
-----
E,
dopo che la sera stessa si era messo d’accordo
con Kuroko riguardo il luogo e l’orario preciso in cui
incontrarsi, il Sabato
era arrivato davvero velocemente.
Dopo che Atsushi si era generosamente offerto di fare da babysitter ai
suoi
figli -e lui si fidava di quel ragazzo, perché per quanto
non gli fosse
simpatico sapeva che era una brava persona e che era affezionato ai
due,
soprattutto a quella piccola peste di Hikari- e Tatsuya gli aveva detto
in
almeno tre lingue di stare tranquillo e non preoccuparsi per loro
nemmeno per
un istante ma di pensare solo al suo appuntamento, Taiga aveva deciso
di
affrontare la sfida maggiore, quella dell’abbigliamento.
Perché,
va detto, Taiga Kagami era
assolutamente incapace di abbinare due capi insieme. Soprattutto se si
sentiva
sotto pressione come in quel momento.
Himuro gli aveva offerto di prendere tutto quel che voleva dal suo
armadio,
visto che portavano più o meno la stessa taglia ed avevano
un rapporto molto
simile a quello tra consanguinei, quindi aveva decisamente troppa
scelta.
Dopo aver scartato un po’ di capi e abbinamenti
improponibili, che gli fecero
chiedere cosa ci facessero dei pantaloni
azzurri a pois o un’orrenda maglietta blu elettrico
con una stampa color giallo evidenziatore
-che avrebbe
puzzato d’esagerazione persino sulla Yamaha M1 più
nota nel mondo delle corse-
nell’armadio di un essere umano, scelse finalmente qualcosa
da mettere.
Ovviamente, il trauma dei precedenti ritrovamenti gli fece compiere la
saggia
scelta di affidarsi solo alle proprie cose.
Infine
prese le cose essenziali -portafogli,
chiavi, cellulare- e osservò il casco nero e argento in un
angolo: era da un po’
che non prendeva la moto, forse sarebbe stata ora di farlo per
un’occasione del
genere.
---------
*Venice Beach: playground
più famoso della
West Coast, è situato proprio a Los Angeles ed è
a pochi passi dalla spiaggia
omonima.
|
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Capitolo 13 *** Chapter Twelve. ***
Buonasera, e
scusate l'immenso ritardo.
Innanzitutto
ci tengo a spiegarne i motivi, ovvero la mia gastrite e il non avere
più un pc personale su cui mi è consentito
scrivere in santa pace. Nonostante ciò, prometto che non
abbandonerò questa fic fino alla sua conclusione, quindi
anche se mi vedete sparire per lunghi periodi non temete mai.
Ringrazio tutti coloro che sono rimasti nonostante tutto, e ringrazio
la Tetsu e Teal eyes (e anche la lettrice-fan che ho incontrato su
Facebook alcuni giorni fa. Sei amorevole <3) per avermi gentilmente
spronata a pubblicare e ringrazio anche chi ha recensito lo scorso
capitolo mostrandomi di esserci.
Anche io ci sono, anche se credete che sia scomparsa. Tengo a tutti voi
e tengo ai miei personaggi, non voglio abbandonarvi.
Passando al capitolo, c'è da dire che questo è un
concentrato di auto-fangirling, perché tra le altre cose ho
iniziato la scuola guida e il mio amore per le moto in questo periodo
è più vivo che mai. Infatti ho messo un sacco di
note esplicative che spero possano chiarire le cose difficili da
comprendere, ma se vi è sfuggito qualcosa o comunque non vi
è poco chiaro un qualunque riferimento (potrebbe essermi
sfuggito qualcosa, in fondo io parlo fluentemente di motori e moto da
quando ero piccola e per me tali riferimenti sono abitudinari) potete
tranquillamente chiedere :)
Per il resto... buona lettura!
►Kuroko No
Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Il
bello del vivere in California, per un ragazzo che
aveva appena conseguito la patente e possedeva una moto nuova di zecca,
era
poter girare a Laguna Seca[1].
Nonostante la fama del circuito di Montrey,
la curva 1 gli era sembrata semplice da affrontare. Ovviamente, dovette
ricredersi già alla Andretti-Hairpin, decisamente
più stretta da prendere.
Alla curva 5, iniziò a capire cosa rendeva davvero famoso
quel circuito, perché
Taiga non aveva mai visto una sola gara di MotoGP
o Superbike
né era un appassionato di Champ Car o A1[2],
e le panoramiche
dall’alto certo non gli avevano fatto intuire che quel
circuito non fosse piano
ma si sviluppasse in gran parte su una collina.
Affrontata la salita e il rettilineo Rahal,
la curva 7 sembrò quasi uno scherzo.
E poi arrivò alla chicane formata dalle curve 8 e 8A, il
celeberrimo Corkscrew
[3]. Quella
coppia di curve che non solo era complicata di per sé, ma
che veniva resa
ancora più difficile da affrontare dal fatto che
rappresentava una brusca
discesa dalla collina su cui si era articolato il circuito fino a quel
momento.
Quando si rese conto di ciò che doveva fare si
sentì salire il cuore in gola, e
fu quasi un miracolo che riuscì ad affrontare la situazione
senza perdere
l’anteriore e ritrovarsi sulla ghiaia.
Tanto che questo fece sembrare semplicissime la Rainey
e le due curve conclusive del tracciato, nonostante anche
loro fossero ardue.
Alla
fine del giro di pista, si sentì stranamente felice.
Non era come giocare a basket, ma era comunque divertentissimo. Quella
roba gli
era piaciuta più di quanto si aspettasse.
«Posso
fare un altro giro?»
-----
Alla
fine, Kagami si lasciò guidare da
quell’istinto che l’aveva fatto voltare.
Aveva preso il casco e sfilato le chiavi della moto dal cinturino in
cui le
aveva messe quando aveva deciso di toglierle dal portachiavi a forma di
fiamma
che usava tutti i giorni, sin dalle scuole medie. La fiamma arancione e
rossa
era ormai segnata da decine di graffi che avevano rovinato la vernice
colorata
in più punti lasciando risaltare l’acciaio dal
colore argenteo al di sotto di
essa, tuttavia Taiga non aveva intenzione di cambiare portachiavi per
così
poco. Anche perché semplicemente non vedeva una ragione
valida per fare ciò.
Si
era quindi diretto nel garage dove aveva
chiesto a Tatsuya di poter lasciare la sua Fireblade[4]
e aveva
messo il casco, dopo aver osservato per un attimo i due kanji sul retro[5].
“Questa
parola è usata per indicare un’emozione intensa,
come quella provata nel vedere qualcosa di esclusivo, profondamente
soddisfacente e intensamente eccitante.”
Se
quando aveva acquistato quell’oggetto
alcuni anni prima nemmeno ci aveva fatto caso, adesso quei due
caratteri
avevano assunto un significato nuovo e profondo.
Parlavano di Kuroko, di ciò che provava ogni volta che stava
con lui sin da
quando l’aveva incontrato.
Parlavano del loro modo di giocare a basket al liceo, speciale e
vincente, che
accelerava i battiti di entrambi per qualcosa di più intimo
della semplice
fatica dovuta a quaranta minuti di gioco.
Parlavano dell’eccitazione che sentiva crescersi dentro ogni
volta che pensava a
quel ragazzo o si trovava in sua compagnia, delle emozioni che provava
ogni
volta che sentiva la sua voce.
Ammirazione, ogni volta che dalle
sue
labbra usciva un discorso serio e preciso, seguendo il filo di un
ragionamento
perfetto che sfuggiva alla comprensione di Taiga ma di cui si fidava a
prescindere.
Soddisfazione, quando vedeva nascere
un piccolo sorriso sul volto dell’altro e sapeva che era
motivato da qualche
suo gesto più o meno volontario.
Dolcezza, quando sfiorava la sua
pelle anche per il motivo più stupido e si stupiva ogni
volta di quanto quella
semplice azione lo rendesse intimamente felice.
-----
Tetsuya
nel frattempo era arrivato sul luogo
dell’appuntamento con anticipo, si sentiva stranamente
entusiasta e su di giri.
Aveva avuto più di un’esperienza di appuntamento
prima di allora, dalla
disperata richiesta dell’amica Satsuki Momoi che alle medie
aveva una cotta per
lui ad alcune ragazze che si erano mostrate interessate ad uscire con
lui e a
cui Kuroko per cortesia nei confronti del gentil sesso non aveva mai
negato una
piccola possibilità, essendo comunque single seppur il suo
cuore fosse già
stato conquistato dal ragazzo dai capelli rossi che ora stava
attendendo con
una punta d’impazienza che gli faceva leggermente tremare le
mani ed osservare
lo schermo del cellulare che gli mostrava lo scorrere lento dei minuti.
Quando
lo riconobbe nel ragazzo a bordo di
una moto dalle tinte classiche dell’HRC[6],
sentì il suo cuore saltare un battito per lo stupore. Lo
trovava già attraente,
ma quell’entrata in scena lo aveva reso ancora più
affascinante ai suoi occhi.
Lo guardò con ammirazione mentre scendeva dal mezzo e
sfilava il casco,
dedicandogli un dolce sorriso e salutandolo con un cenno della mano.
«Kagami-kun,
sei arrivato con dodici minuti
d’anticipo.»
«Importa qualcosa? Tu eri già qui.»
Kuroko
arrossì e chinò appena lo sguardo, ma
si riscosse subito e sorrise dolcemente.
«Sono
arrivato in anticipo proprio per
questo. Volevo essere già qui e non farti aspettare, nel
caso tu fossi arrivato
prima di me.»
Taiga
fissò gli occhi cremisi nei suoi per un
attimo, poi si chinò alla sua altezza e sfoderò
un sorrisetto ironico.
«Eri
impaziente per caso, Tetsuya?»
Lo
disse con tono quasi canzonatorio, ma
senza l’intenzione di prenderlo davvero in giro.
In fondo tale pensiero non faceva che scaldargli il cuore e
riempirglielo
d’amore.
Poi
si sollevò porgendogli una mano e
guardandolo con dolcezza, perché era davvero felice e voleva
semplicemente
dimostrarlo e rendere partecipe di ciò anche
l’altro ragazzo.
«Dove
andiamo?»
«Beh» Taiga cercò di non far notare il
rossore voltando leggermente la testa. Le idee ce le aveva, il problema
era
esprimerle.
Kuroko
rise divertito, gli faceva quasi
tenerezza quell'imbarazzo di cui preferì non chiedersi la
ragione.
Da persona logica qual era, aveva già capito
che Kagami era innamorato di lui, anche perché l'altro aveva
sempre mostrato i
propri sentimenti in maniera così palese che chiunque si
fosse messo a cercare
un senso ai suoi gesti e ad ogni sua reazione sarebbe giunto alla
medesima
conclusione. Tuttavia voleva far finta di nulla, perché per
anni aveva ritenuto
quell'amore a senso unico e
aveva ormai accettato l'idea che non ci fossero speranze. Per quanto
fosse
bello, aveva bisogno di abituarsi al semplice fatto di essere
ricambiato.
Taiga
gli lanciò un'occhiataccia, e Tetsuya
gli prese le chiavi della moto dalla mano sinistra con una
semplicità
disarmante.
«Che
vuoi fare?»
«Mi prendo l'altro casco e ti porto a fare un
giro, ovviamente.»
“Innanzitutto,
cosa ti assicura che
io abbia un secondo casco? In secondo luogo, come hai fatto a prendermi
le
chiavi in maniera tanto semplice? E infine...”
«Perché
dovrei lasciarti guidare?»
«Perché non dovresti lasciarmelo fare,
piuttosto?»
A
dire il vero, Kagami aveva una buona serie
di motivi. A cominciare dal possessivo e semplice
“perché è
la mia moto!”,
passando in seguito per un sensato “non
so neanche se sai guidare né tantomeno se hai la
patente” e concludendo con
un infantile “perché
volevo essere io a
portare in giro te e non il contrario”.
Tuttavia,
non disse nulla e rimase a
guardarlo mentre infilava l’X-Lite
x-802[7]
che Kagami teneva sulla moto per eventuali passeggeri in testa e
avviava il
motore, per poi indossare anche lui il proprio casco e salire per la
prima
volta come passeggero su quella moto.
----------
[1]
Mazda Raceway Laguna
Seca: è
un circuito situato a circa 12 km da
Montrey, in California, che si sviluppa per 3610 metri e comprende 11
curve
(tecnicamente sono 12, ma la 8 e la 8A vengono considerate
un’unica curva). È
considerato “particolare” perché
comprende un brusco scollinamento che rende la
pista difficile da affrontare (quasi tutti i circuiti professionistici
sono in
piano, questo no).
È inoltre da segnalare la presenza di una laguna al centro
della linea curva
che costituisce la pista.
[2]
MotoGP,
Superbike,
Champ
Car
e A1:
sono quattro delle competizioni che si corrono sul circuito. La MotoGP
e la
Superbike, le due più note, sono campionati motociclistici.
[3]
Corkscrew
o Cavatappi: le curve 8 e 8A sono
il tratto più celebre della pista e
costituiscono il brusco scollinamento da percorrere alla
velocità di 80 km/h
circa che rende speciale Laguna Seca. E non sto a spiegare altro, vi
lascio
solo MotoGP Historic Battles (http://www.youtube.com/watch?v=JY9mrKR5SkA)
a farvi vedere cos’è Laguna Seca, cosa un pilota
può
fare su quella pista e come sia possibile vedere un uomo baciare un
Cavatappi.
[4]
Honda CBR1000RR
Fireblade: http://www.hondaitalia.com/moto/modello/cbr1000rrc/
La scheda tecnica parla da sola.
[5]
il casco in questione è il modello Corsa
della AGV,
in un’edizione limitata che riporta i kanji della parola
“kando”
di cui ho scritto la traduzione. Qui (http://static.blogo.it/twowheelsblog/agv-valentino-rossi-corsa-winter-edition-helmet/agv-corsa-limited-edition-2013-04.jpg) una foto del
retro del casco. Ho scelto questo casco perché rappresenta
un rapporto che, a
modo suo, è d’amore e ricorda quello tra Kuroko e
Kagami in questa fic, in cui
Kagami ha lasciato Kuroko per poi ritrovarlo nuovamente.
[6] Honda Racing Corporation:
solitamente viene abbreviato in HRC,
ed è il reparto corse dell’Honda. I suoi colori
caratteristici, ovvero quelli
del logo, sono il bianco, il blu e il rosso. Il fatto che le Honda
definite
“HRC” nella MotoGP possiedano invece come colori
principali l’arancione, il
rosso e il nero è dovuto allo sponsor principale del reparto
nel Campionato
di Velocità,
ovvero la Repsol.
[7]
X-Lite X-802:
è il modello di casco indossato da Jorge Lorenzo,
in netta contrapposizione con l’AGV Corsa di Kagami (modello
indossato da
Valentino Rossi). L’ho scelto sia per questo che
perché è comodissimo. A voi
un’immagine (http://www.x-lite.it/upload/warehouse/2011/X-802_11_19_600_.jpg).
|
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