.°*Du Bist Nicht Alleine*°.

di ChelseaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Untitled Document

Importante: I Tokio Hotel non mi appartengono e questa è una storia di pura finzione che non intende dare rappresentazione reale dei loro caratteri/azioni. Anche se non mi spiacerebbe possedere i gemelli *.* cuccioli loro <3

.°*Du Bist Nicht Alleine*°.

Capitolo 1

Magdeburg, 03 settembre 1989

“Signori Kaulitz mi dispiace” furono le parole con cui l'agente a capo delle indagini si congedò da una giovane coppia che aveva appena perso il suo bene più prezioso. I Kaulitz erano una delle due famiglie che avevano pagato a caro prezzo le azioni di uno psicopatico che si era introdotto nel reparto maternità dell'ospedale di Leipzig il giorno prima, rapendo due neonati e minacciando di ucciderli se non riceveva una somma improponibile come riscatto. Rendendosi conto che nessuno era in grado di pagare quella somma e non volendo tornare sui suoi passi ne tantomeno costituirsi, l'uomo scappò verso Berlino ma nel giro di poche ore venne localizzato. Preso dal panico e dalla paura della galera a vita decise di farsi saltare in aria insieme alla macchina e ai due neonati.
Quella mattina all'agente capo era toccato dare la brutta notizia alle due famiglie. La signora Kaulitz, Simone, aveva partorito due giorni prima due bellissimi gemelli, nei nove mesi di gravidanza aveva passato le sue giornate facendo progetti e fantasticando su come sarebbero cresciuti insieme, su quali strade avrebbero intrapreso, su che tipo di persone sarebbero diventati. Ora tutti questi pensieri le parevano così futili e lontani nel tempo… nulla di tutto ciò che aveva desiderato per loro si sarebbe realizzato, non sarebbero potuti crescere insieme sostenendosi a vicenda, Bill non avrebbe mai condiviso nulla con la creaturina con la quale aveva passato nove mesi nella pancia della madre.
Non se la sarebbe nemmeno ricordata.
Sulla strada di casa rivisse minuto dopo minuto tutto il parto.
Le pareva di morire dal dolore, le dicevano di spingere e lei spingeva ma non succedeva nulla. Poi d'un tratto, quando ormai iniziava a perdere le speranze di farcela, Tom decise che era ora di venire al mondo.
Il primo dei due gemelli.
Quello che le era stato tolto.
Appena lo vide dimenticò il dolore e il cuore le si riempì di un calore mai sperimentato prima. Bramava più di ogni altra cosa tenerlo fra le sue braccia ma non glielo permisero perché doveva concentrarsi sull'altro bimbo in arrivo. Dieci minuti più tardi finalmente anche Bill si degnò di cacciare la testa fuori dalla pancia della mamma e a Simone parve quasi di morire dalla gioia.
Era bello quanto Tom, e insieme formavano la cosa più bella che i suoi occhi avessero mai visto. Quando glieli misero entrambi in braccio passò i cinque minuti più belli della sua intera esistenza.
Perché un pazzo aveva dovuto rovinare tutto?
Perché le avevano tolto Tom?
Non riusciva a darsi pace e probabilmente se non fosse stato per il fatto che doveva essere forte per stare vicina a Bill, sarebbe finita col fare qualche sciocchezza.
Arrivata a casa mandò via in malo modo la baby sitter che aveva chiamato per tenerle il piccolo mentre lei era al commissariato e si sedette su una sedia vicino alla culla del bimbo iniziando a parlargli di Tom.
Aveva deciso che se non potevano crescere insieme almeno lui doveva diventare grande con la consapevolezza di aver avuto un fratello gemello.
Non avrebbe permesso che Tom venisse dimenticato.

Berlino, stessa sera

In un vicolo a fondo chiuso dietro un minimarket una signora si era messa a frugare fra i cartoni in attesa di essere smaltiti attirata da un rumore che pareva molto quello di un bambino piangente. Dopo aver spostato l'ennesimo scatolone disfato finalmente lo vide: un bimbo nato da poco, con qualche ciuffo biondo in testa che piangeva disperatamente. Era avvolto in una copertina azzurrina sulla quale erano ricamate a mano alcune lettere “T & B” e addosso non aveva altro che un pannolone e una magliettina, oltre al classico braccialetto al polso che mettono in maternità sul quale c'era scritto solo il nome “Tom”, un po' poco per dargli un'identità. Tremava per il freddo e la fame e la signora lo raccolse portandolo al più vicino posto di polizia dove subito si prodigarono per scaldarlo e per vedere se riuscivano a risalire ai genitori. Dopo due ore di ricerche infruttuose e dopo aver controllato le denunce di scomparsa, giunsero alla conclusione che il piccolo probabilmente era stato abbandonato e contattarono i servizi sociali per dargli una sistemazione. Così Tom venne affidato ad un orfanotrofio nel centro di Berlino, del tutto ignaro del fatto di avere una famiglia che piangeva la sua scomparsa e di avere un fratello gemello di nome Bill.

NOTE: I know, I know, ho mille fic in sospeso fra qui e il forum dei McFly ma.. è più forte di me >.< Tanto questa è corta, sono pochi capitoli *sisi* E intanto continuo a postare Angels of the Silences :)
E' un po' particolare come storia, i protagonisti sono i gemelli (per una volta niente twincest però ^^) e mi sono ispirata allo specialissimo rapporto che c'è fra di loro. Spero possa piacervi :)

Le recensioni le gradisco molto *.*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Importante: I Tokio Hotel non mi appartengono e questa è una storia di pura finzione che non intende dare rappresentazione reale dei loro caratteri/azioni. Anche se non mi spiacerebbe possedere i gemelli *.* cuccioli loro <3

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Capitolo 2

17 anni dopo

Magdeburg

Bill giocherellava distrattamente con la matita mentre il professore di matematica riempiva la lavagna di numeri e simboli che a lui non dicevano assolutamente nulla. La scuola era una vera agonia, odiava le lezioni e odiava i suoi compagni sempre pronti a sfotterlo per qualunque cosa. Il suo look particolare era ciò che prendevano più di mira, fin da piccolo si tingeva i capelli di nero per nascondere il suo biondo naturale che odiava e li aveva fatti crescere, in seguito aveva aggiunto delle ciocche bionde qua e la, spesso li teneva sparati per aria fissandoli con la lacca e già questo lo rendeva facilmente identificabile… aveva inoltre la mania di truccarsi pesantemente gli occhi con matita e ombretto rigorosamente neri, adorava smaltarsi le unghie di nero e provava un amore sconfinato per qualunque cosa avesse sopra un teschio: maglie, bracciali, collarini… Curava tantissimo la parte accessori del suo guardaroba, aveva un numero infinito di cinture, polsini, collane e altre cose del genere e anche per quanto riguardava l'abbigliamento vero e proprio portava una cura maniacale per i dettagli. Non era raro che comprasse un paio di comunissimi jeans tinta unita (ma rigorosamente di marca) e in due giorni li trasformasse con le sue mani in un capo unico al mondo aggiungendoci toppe, disegni e altra roba fai da te. Lo stesso accadeva per le maglie, adorava disegnarsele da solo così nel suo armadio accanto alle mille maglie comprate qua e la, ma prevalentemente della Diesel e della Fallen, ne aveva altrettante firmate Bill Kaulitz. Un'altra mania radicata in lui era quella per le giacche di pelle, ne aveva di ogni tipo e colore e anche queste ogni tanto le personalizzava con le sue manine. Ovviamente tutti i suoi capi erano taglia extra small, parevano fatti apposta per valorizzare il suo fisico magro e slanciato. Stessa cura dedicava alla scelta delle scarpe anche se sostanzialmente era fossilizzato su due tipi di calzature: le sue inseparabili adidas bianche oppure vari tipi di stivali con un po' di tacco che lo rendevano ancora più alto di quanto già non fosse di suo. Per finire si era fatto un piercing al sopracciglio e uno alla lingua e aveva due tatuaggi, una tripla stella concentrica sull'addome spostata di lato e il logo della sua band dietro al collo. Ok non erano propriamente una band ma i Tokio Hotel erano a tutti gli effetti il suo mondo. Per dirla tutta non si chiamavano nemmeno Tokio Hotel ma Devilish… il primo era il nome che avevano deciso avrebbero adottato se mai fossero riusciti a sfondare ed uscire dal garage delle loro case.

I suoi unici due amici erano di qualche anno più grandi e avevano finito le scuole ed infatti ogni giorno non vedeva l'ora che la campanella suonasse per correre da loro. Condividevano la passione per la musica e quasi tutti i pomeriggi si trovavano per buttare giù qualche testo o qualche accordo. In realtà lui se ne intendeva ben poco di spartiti e roba simile ma aveva un talento naturale nello scrivere i testi e immaginarsi le possibile melodie che poi gli altri due, Georg e Gustav, tentavano di trasporre in note. Bill non aveva mai capito da dove gli provenisse esattamente l'ispirazione, era chiaro che i suoi testi fossero tutti dedicati a qualcuno ma gli era impossibile capire chi. Ad essere del tutto sinceri, una mezza idea ce l'aveva ma era talmente assurda che non ne aveva mai fatto parola con nessuno.

Non c'era mai stata una ragazza particolarmente importante nella sua vita ma c'era una persona astratta a cui si sentiva particolarmente legato.

Un sogno.

Si, detto così poteva suonare da psicolabili ma a lui capitava da anni di sognare una persona, un volto indistinto per dirla tutta ma era questo che probabilmente lo ispirava. Questi sogni erano iniziati quando aveva sei o sette anni, magari anche prima, ma lui ne aveva memoria da quel periodo. A quei tempi questa persona era un bimbo della sua stessa età dai lineamenti non bene accennati ma molto simile a lui, man mano che cresceva anche il bimbo del suo sogno lo faceva ma la sua immagine, per quanto sfocata, diventava sempre più dissimile a lui. Si faceva crescere i capelli, li raccoglieva in rasta, adottava un look assolutamente orrido fatto di taglie extra large, pantaloni a cavallo basso, cappellini assurdi… tutto molto hip hop. Bill detestava l'hip hop e tutti i suoi seguaci con tutto se stesso ma il sogno persisteva e con esso l'ispirazione.

Più volte aveva tentato di spiegarsi questo fenomeno ed era giunto alla conclusione che tutta la faccenda doveva avere a che fare con Tom, il fratello gemello che non aveva mai conosciuto perché morto a soli due giorni di vita in circostanze tragicissime. Questo episodio aveva portato anche il disgregamento della sua famiglia, il padre aveva abbandonato lui e la madre quando lui aveva pochi mesi e quest'ultima l'aveva cresciuto da sola infarcendogli la testa di mille storie su Tom dalla mattina alla sera.

Si, doveva essere per questo che ogni santissima notte lo sognava.

O per meglio dire si era convinto di sognarlo.

Aveva deciso a tavolino che quella era l'immagine del gemello defunto, come se lui avesse voluto che crescessero insieme anche se la sorte l'aveva reso impossibile.

Ma se quello era davvero Tom, allora perché era così diverso da lui?

E soprattutto perché il suo volto rimaneva sempre offuscato?

Non doveva essere poi tanto difficile dare un volto ad una persona che teoricamente era la propria immagine riflessa nello specchio…

Scrollò la testa scacciando quei pensieri, odiava imbarcarsi in simili ragionamenti, gli sembrava di essere pazzo! Ma la cosa che lo preoccupava di più era che a furia di farci castelli per aria era finito con l'affezionarsi a questo “sogno”. E, peggio ancora, aveva iniziato a convincersi che Tom esistesse davvero, anche se la sua lapide testimoniava chiaramente che era morto il 3 settembre del 1989.

Berlino

Tom aprì gli occhi pochi minuti prima che suonasse la sveglia, aveva fatto il solito sogno, quello in cui c'era uno strano ragazzo senza volto, senza nome, il cui unico dettaglio rimarcabile erano i lunghi capelli neri. Lo sognava pressoché ogni notte da quando ne aveva memoria ma la cosa più buffa era che quando era più piccolo lo sognava bambino e man mano che cresceva anche il sogno cresceva con lui. Era come se il ragazzo sognato fosse una specie di suo alter ego o roba simile, ma questo non era tutto… spesso gli capitava di percepire le emozioni di questo “sogno” anche ad occhi aperti. Gli capitava di captare la sua tristezza, la sua gioia, la sua indifferenza, come se quel ragazzo moro esistesse realmente, come se fosse qualcuno che in qualche maniera era legato a lui da un filo invisibile.

La sveglia suonò e il ragazzo si decise ad alzarsi ben sapendo che la colazione sarebbe stata servita a breve nella sala comune. Si fece rapidamente una doccia e poi indossò un paio di jeans larghissimi a cavallo basso, una maglia stile hip hop di quattro o cinque taglie più grande con sopra una felpa anch'essa enorme. Il suo corpo magrissimo e slanciato ballava amabilmente dentro quei capi ma lui ci si sentiva a suo agio. Per finire raccolse i lunghi rasta biondi in una coda e si infilò in testa una fascia e un cappellino per contenerli meglio. Una rapida occhiata allo specchio decretò che era perfetto e così si avviò a fare colazione dove trovò i suoi amici già tutti seduti al solito tavolo.

Viveva ancora in orfanotrofio e non si era mai dato troppa pena per cercare i suoi veri genitori convinto com'era che se l'avevano abbandonato era perché evidentemente non erano interessati a lui. L'unica cosa che vagamente lo legava a loro era la copertina nella quale era avvolto quando era stato trovato e sulla quale erano ricamate le iniziali “T & B”. “T” di Tom, ma la “B”? Si era chiesto più volte che significato potesse avere ma era sempre giunto alla conclusione che non sempre vale la pena scavare nel passato. Non aveva idea di quale fosse il suo cognome o la sua effettiva data di nascita, per comodità festeggiavano il suo compleanno il 3 settembre, giorno del ritrovamento.

Era stato affidato almeno ad una quindicina di famiglie diverse ma non era mai arrivato alla fine del periodo di prova. Non perché fosse un cattivo ragazzo ma semplicemente perché gli riusciva impossibile integrarsi, era sempre a disagio, come se il suo posto non dovesse assolutamente essere lì ma altrove. A quel punto preferiva starsene in orfanotrofio dove i ragazzi più piccoli lo adoravano e quelli della sua età lo avevano eletto a “capobanda” e soprannominato “sex gott” per via del suo successo con le ragazze. Gli erano tutti amici, la sua capacità di socializzazione era pressoché infinita e grazie al suo carattere aperto non aveva alcun nemico. Inoltre la vita lì non era poi tanto male, le camere erano pulite, il cibo mangiabile, il personale simpaticissimo e le uniche cose che gli venivano richieste erano una buona condotta, dei buoni voti a scuola e non rientrare troppo tardi la sera, per il resto era libero di fare ciò che meglio riteneva opportuno, come ad esempio imbarcarsi nei lavoretti part time più improbabili pur di pagarsi le lezioni di chitarra e per l'appunto le chitarre. Aveva un amore inconsulto per quello strumento, quasi più che per le belle ragazze, ogni suo momento libero lo passava suonando e inventandosi melodie sperando che un giorno qualcuno fosse in grado di scriverci sopra un testo adeguato. Jan, un ragazzo di un anno più giovane di lui nonché suo migliore amico e ospite come lui dell'orfanotrofio dalla nascita, era un poeta nato ma nonostante ciò non era mai riuscito a comporre qualcosa che lo soddisfacesse. Era bravissimo ma il punto era che non riusciva ad esplicitare a parole quello che nella sua mente avrebbe dovuto essere il senso della canzone.

Il fatto più strano di tutti era la netta sensazione che quando componeva musica la sua principale fonte di ispirazione fosse il ragazzo dei sogni. Era assurdo, lo sapeva bene, ma più passavano i giorni e più si convinceva del fatto che in qualche maniera lui e quel ragazzo erano strettamente connessi l'uno all'altro.

NOTE: E rieccomi *.* Credo che andrò abbastanza spedita nel postare questa fic^^
Volevo ringraziare immensamente Elettra, Keloryn, Castalia, Auty91, Elychan, Gufo, Naysha13, Darkness, Judeau, Leara89. MissZombie, gleen, mY LadY oF SoRRoW per le recensioni *.*
Ma un ringraziamento generale a tutti quelli che hanno letto ed apprezzato :)
Per quanto non molto impegnata come trama devo ammettere di essermi affezionata a questa storia mentre la scrivevo *.*

Le recensioni le gradisco molto *.*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Importante: I Tokio Hotel non mi appartengono e questa è una storia di pura finzione che non intende dare rappresentazione reale dei loro caratteri/azioni. Anche se non mi spiacerebbe possedere i gemelli *.* cuccioli loro <3

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Capitolo 3

“Bill dire che sei impossibile è riduttivo”

“Non è colpa mia se voi vi impegnate troppo poco”

“Magari fosse questo il problema, il punto è che tu sei incontentabile!”

“Non è verooooo!!!!”

“E' da un mese che tentiamo di trovare una melodia a questo testo e a te non va bene nulla!”

“A me va bene quello che ho in testa, cosa c'entro se non siete in grado di tradurlo in musica?”

“Sai… sarebbe ora ci trovassimo un chitarrista, magari le cose sarebbero più semplici”

Georg e Bill stavano discutendo riguardo all'impostazione musicale di un testo che portava il titolo di “Rette Mich” e sul quale il ragazzo sembrava a dir poco incontentabile.

“Appoggio la mozione di cercare un chitarrista” si intromise Gustav che fino a quel momento era rimasto zitto dietro alla sua batteria.

“Io no” si intestardì Bill

“Mi spieghi per quanto andrà avanti questa storia signorino Kaulitz?” lo apostrofò Georg che nel mentre si era messo ad accordare il suo basso.

“Senti è stato scientificamente dimostrato che non esiste un chitarrista adatto ai Devilish! Abbiamo cercato per mesi! Risultati? Nessuno!”

“Casomai è stato scientificamente dimostrato che non esiste un chitarrista disposto a sopportarti per più di cinque minuti dato che tutti quelli che abbiamo provato sono scappati a gambe levate grazie alle tue lamentele, ai tuoi piagnistei e alla tua filosofia di vita stile “o fai a modo mio o fai a modo mio”

“Trovamene uno che sappia tradurre in note la melodia che ho in testa per Rette Mich e ti giuro che non lo farò scappare”

“Perché non impari tu a suonare? Così ti arrangi a fare tutto da solo e forse sarai soddisfatto!” sospirò Georg

“Io canto” si sentì rispondere come se lo sforzo di cantare eliminasse automaticamente l'ipotesi di mettersi a suonare.

“Ok ci rinuncio! Facciamo a modo tuo tanto per cambiare… ma ricorda che hai giurato! Il primo che ti butta giù due accordi per questa canzone diventerà il nostro chitarrista”

“Ok…”

“Ovviamente sta a te mettere in giro l'annuncio che ne cerchiamo NUOVAMENTE uno”

“Sarà fatto…”

******

Tom e Jan stavano seduti sui gradini di una scalinata che portava in cima ad un vecchio capannone abbandonato da tempo, era il loro piccolo rifugio, un posto nel quale potevano stare tranquilli ed indisturbati a chiacchierare, suonare o fare qualunque altra cosa. Fra le altre cose, il bello di quel capannone era che aveva delle pareti a dir poco perfette per essere graffittate e loro due adoravano usare le bombolette!

Quel pomeriggio Tom stava tentando di perfezionare ulteriormente una melodia che aveva scritto un mesetto e mezzo prima, voleva renderla a tutti i costi perfetta.

“Riuscirò mai a scrivere delle parole all'altezza di questa tua fissazione?” gli chiese Jan

“Quale fissazione?”

“Questa musica… ormai è più di un mese che non fai che provarla e riprovarla cercandole difetti che non ha!”

“C'è sempre qualcosa che può essere migliorato” gli rispose sorridendo Tom

“Sarà… comunque è un po' triste… anzi, MOLTO triste! Non dirmi che il tuo sogno è depresso ultimamente”

Jan era l'unico al quale Tom avesse mai raccontato del ragazzo misterioso dei suoi sogni.

“Un po' giù di corda forse… non saprei”

Scoppiarono a ridere entrambi e poi Jan sembrò ricordarsi di qualcosa e si mise a frugare nel portafoglio estraendone un pezzo di giornale.

“A proposito! Guarda qua, cercano un chitarrista!”

“Dai Jan, è inutile! Non ce la farò mai a stare in un gruppo già esistente e con delle canzoni proprie. Io ho bisogno di creare da me la mia musica”

“Almeno prova! Non si può mai sapere nella vita!”

Per far felice l'amico Tom gli prese il ritaglio di giornale dalle mani e lesse l'annuncio cerchiato con una penna blu: “Devilish (futuri Tokio Hotel *.*) di Magdeburg cercano chitarrista in grado di comporre musica decente. Per informazioni chiamare…”

“Ma che razza di annuncio è? Sembra scritto da un bambino dell'asilo” osservò il rasta guardando dubbioso l'amico.

“Bisogna sempre bussare a tutte le porte caro mio!”

“E poi che significa “futuri Tokio Hotel”? E… Magdeburg! Insomma, no!”

“Eddai, almeno prova a chiamare, che ti costa? C'è di buono che cercano uno che la musica la sappia comporre quindi non ti metteranno in mano roba già fatta e finita da suonare”

Su questo aveva ragione… e comunque chiamare non costava nulla. Prese il cellulare e compose il numero.

“Pronto?”

“Ehm… salve! Chiamo perché ho trovato un annuncio in cui si diceva che cercate un chitarrista…”

“Si esatto! Io sono Georg, il bassista, ti prego dimmi che sei interessato!”

“Si abbastanza… però prima vorrei sapere un paio di cose, tipo che musica suonate, chi siete e simili”

“Mi pare giusto! Ora ti spiego”

“Chi è?” si sentì una voce di sottofondo

“Un aspirante chitarrista - gli rispose Georg prima di tornare a focalizzare la sua attenzione sulla chiamata – dicevo… noi siamo in tre per ora, io suono il basso, poi c'è Gustav che suona la batteria e infine…”

“La sa fare Rette Mich?” la voce di prima

“Bill stammi su di dosso e lasciami parlare!”

“Ma la sa fare?”

“Come può saper fare una canzone della quale solo tu conosci l'esistenza?!”

“Uffi… allora non lo voglio”

“…scusami. Dicevo che infine c'è per l'appunto Bill che canta e in genere scrive le canzoni”

“Ecco su questo punto io avrei una piccola… diciamo pretesa. Non mi piace molto suonare roba preconfezionata da altri, amo essere parte attiva della stesura di un pezzo”

“Per questo non c'è problema, Bill scrive solo i testi, con gli strumenti non ci prende molto, credo non sappia suonare nemmeno il triangolo”

“Geeeeeoooorrrg!!!! - udì la solita voce di sottofondo lamentarsi – e comunque io non saprò scrivere la musica ma me la so immaginare mentalmente”

“Bene allora fai un concerto da solo e chiedi al pubblico di mettersi in collegamento telepatico con la tua mente”

“Ehm…” Tom pensò fosse il caso di ricordare a questo Georg che lui era ancora in linea.

“Oddio perdonami. E' che Bill è un tantino… diciamo che ha manie d protagonismo, se c'è lui nella stanza e tu parli con qualcun altro deve mettersi in mezzo per forza”

“Capisco – fra l'annuncio e la telefonata Tom iniziava a pensare che quella fosse una band di spostati ma decise di andare avanti – ma come vi chiamate? Sull'annuncio c'è scritto Devilish futuri Tokio Hotel…”

“Cosa?! Bill ma che razza di annuncio hai messo in giro?!”

“Che cerchiamo un tizio che suoni una chitarra” gli rispose l'ormai familiare voce di sottofondo. Era irritante ma allo stesso tempo… non sapeva spiegare bene cosa avesse di particolare ma portava qualcosa di magnetico dentro di se, era calda, avvolgente… per un istante desiderò poter parlare direttamente con quel Bill nonostante le sue pretese non avessero ne capo ne coda.

“Ok, scusami per l'ennesima volta! Ti va di trovarci? Perché ho idea che così non verremo a capo di niente”

“Mi piacerebbe ma io ho un piccolo problema, abito a Berlino e al momento non ho la possibilità di spostarmi…”

“Uh, questo è un problema, noi siamo di Magdeburg”

“Lo so ma speravo che magari faceste le prove in qualche altro posto, almeno a metà strada…”

“No mi spiace…”

“Che succede?” solita voce

“E' di Berlino, non riesce a venire fin qua”

“E allora che ha chiamato a fare?”

“Bill!”

“Uffi… chiedigli se ha idee per Rette Mich, se le ha andiamo noi a Berlino”

“E come ci andiamo?”

“Boh… in qualche maniera, guarda che sono meno di due ore di macchina”

“Ma mi spiegate cos'è Rette Mich?” li interruppe Tom

“Una stupida canzone che Bill ha scritto e della quale ha la melodia in testa e che noi poveri comuni mortali non riusciamo a rendere in musica”

“Capisco… va beh niente allora!”

“Mi spiace!”

“Ma figurati… ciao!”

“Ciao”

******

“Allora? Niente?” gli chiese Jan speranzoso

“Macchè! Quella è una band di squilibrati secondo me”

L'amico ridacchiò e Tom tornò alla sua chitarra e alla sua canzone da perfezionare.

******

“Allora? Niente?” chiese Bill contrariato

“Se tu evitassi di farci passare sempre per una band di pazzi magari…”

“Stavolta non ho fatto nulla!”

“Guarda non voglio nemmeno sapere cosa hai scritto nell'annuncio!” gli disse Georg incenerendolo con lo sguardo.

“Va beh ma tanto se non riesce a suonare Rette Mich era inutile!”

Il bassista scosse la testa chiedendosi se sarebbero mai riusciti a formare una vera e propria band con quel soggettone come cantante e leader.

******

Quella notte, nel solito sogno, il ragazzo senza volto stava cantando una canzone. Tom non riusciva a distinguerne le parole ma era malinconica e come ritmo somigliava vagamente alla melodia che aveva composto in quei giorni ma era migliore. Rispetto alla sua era modificata esattamente nei punti che a lui non soddisfacevano.

La voce del ragazzo era calda, densa di emozioni, perfino attraverso il sogno riuscì a fargli venire i brividi lungo la schiena. Quando finì di cantare fece una specie di inchino e l'attenzione di Tom venne attirata da un braccialetto d'argento che l'altro portava al polso sinistro. Come se fosse stato in un film una cinepresa immaginaria strinse il campo della sua visuale facendo un primo piano su quel bracciale sul quale erano incise quattro lettere, un nome: Bill.

Il ragazzo si svegliò di soprassalto nel cuore della notte assordato dai battiti del suo stesso cuore che viaggiava alla velocità della luce mentre la sua mente cercava di dare una spiegazione logica a tutto ciò senza riuscirci.

******

Bill non faceva altro che girarsi e rigirarsi nel sonno, voleva svegliarsi, voleva porre fine a quel sogno ma non ci riusciva. Tentava disperatamente di aprire gli occhi, di tornare alla realtà, ma qualcosa, o per meglio dire qualcuno, lo teneva intrappolato nel suo mondo onirico. Il soggetto era sempre lo stesso, ovvero il ragazzo dai lunghi rasta biondi che presumibilmente era identificabile con il gemello defunto, però questa volta non si limitava a popolare il suo sogno in maniera passiva, no. Per la prima volta era intento in qualche attività e per la precisione stava suonando una chitarra. Le sue dita si muovevano sicure sulle corde dello strumento e la musica che ne usciva era dolce e malinconica al tempo stesso. Era stupenda, una melodia perfetta che commosse Bill fin nel più profondo della sua anima.

Alla fine della canzone il ragazzo si svegliò di soprassalto del tutto ignaro del fatto che nello stesso identico istante era successa la stessa cosa al suo gemello. La consapevolezza che le note che uscivano dalla chitarra di Tom avevano dato vita ad una melodia che corrispondeva esattamente a quella che lui aveva in testa per Rette Mich, lo fecero sudare freddo.

Cosa significava tutto ciò?

******

NOTE: Ed eccoci al terzo capitolo, ne mancano solo due alla fine, come avevo detto già all'inizio (credo xD) è stata proprio un'ispirazione lampo per una fic lampo anch'essa (rispetto alle mie lunghezze standard intendo, di solito sono logorroica anche via fic xD)
Come sempre DANKE di cuore a tutti voi che mi date una soddisfazione incredibile con le vostre recensioni e i vostri commenti, ma anche soltanto leggendo :)
Judeau: ma daaaai povero Bill!!! Perchè una barzelletta? xD in realtà nemmeno io ce lo vedo molto fra i banchi di scuola ehehe, non è proprio il suo mondo xD
Elettra: ma grazie *.*
lal23: oddo grazie *.* anche per i complimenti ad Angels *.* Ovvio che si vede a Roma, io sono già li con la mente *.*
Castalia: ma sai che quando mi è venuta l'idea avevo pensato di metterci Bill in orfanotrofio? Solo che poi ho pensato che lui ha una spiccata tendenza al melodrammatico quando ci si mette e mi si sarebbe depresso troppo ù_ù invece Tom prende le cose "più alla leggera" (oddio non è esattamente questa l'espressione + giusta ma non me ne viene un'altra), cmq grazie *.*
mY LadY oF SoRRoW: " cm descrivi tu Bill,nn lo descrive proprio nessuno" --> ti giuro che stavo per mettermi a piangere da quanto mi sono commossa leggendo questa frase *.* grazie... davvero... <3
AOInoMIZU: innanzitutto grazie per la recensione :) poi... ma sai che sono abbastanza convinta che questa cosa sui gemelli sia una leggenda metropolitana? nel senso... ok i Kaulitz è evidente che non sanno stare lontani e da quello che ho capito lo stesso vale per il tuo ragazzo e il suo twin ma... io conosco parecchie coppie di gemelli e fra alcune c'è un odio assurdo O__o e negli altri casi c'è un normale rapporto fra fratelli non qualcosa di più stretto... nel senso che vivono benissimo anche stando lontani per settimane O_o oddio che discorso contorto O_o mi sta andando in pappa il cervello >.<
Per il resto andiamo con ordine^^
1. su questo hai abbastanza ragione, mi sono un po' arrampicata sui vetri ma da un lato Tom doveva crescere per i fatti suoi e dall'altro Bill essere convinto che lui fosse morto (potevo fare anche al contrario ma conoscendo le tendenze al melodrammatico di Billo mi sa che non avrebbe preso molto bene 17 anni di orfanotrofio >.<), cmq... Tom è dato per morto, non si sa bene perchè il pazzo psicopatico l'abbia abbandonato ma l'ha fatto concedendogli di vivere e sul bracciale del neonato c'era scritto solo Tom e non il cognome (ok un po' impossibile anche questo ma va beh xD) ed essendo Tom ritenuto morto nessuno ha sporto denuncia per la sua scomparsa ecco ._. si lo so è contorto e fila male ma suvvia, è una fic, concedetemelo *elsa si arrampica sempre + sullo specchio scivoloso* ù_ù
2. una band senza chitarrista non fa ed infatti se noti quando la descrivo ho scritto " Ok non erano propriamente una band ma i Tokio Hotel erano a tutti gli effetti il suo mondo. Per dirla tutta non si chiamavano nemmeno Tokio Hotel ma Devilish… il primo era il nome che avevano deciso avrebbero adottato se mai fossero riusciti a sfondare ed uscire dal garage delle loro case " il che secondo me rende abbastanza la situazione "precaria" del gruppo xD E ho lasciato sottinteso il fatto che "non erano propriamente una band" perchè appunto sono senza chitarrista, nel senso che mi sembrava talmente ovvio da non aver bisogno die ssere esplicitato a parole *sisi*
3. la mamma gli racconta mille storie non nel senso "storie di vita vissuta" ma nel senso che la povera donna passa tanto tempo parlando di Tom e immaginandosi come sarebbe stato, come sarebbe cresciuto e cose simili... insomma, per tenere la sua memoria sempre viva ecco *.*
Auty91: sono contenta che l'idea ti sia piaciuta, a me personalmente affascinava molto *.*
MissZombie: grazie millissime *.* " l rapporto tra quei due,quel legame UNICO,è.. awww mi viene da piangere dall'emozione " -->quei due un gg mi faranno morire me lo sento ç_ç sono TROPPO... il mio cuore non reggerà ancora a lungo ù_ù
Elychan: si lo so che la parte sul suo abbigliamento è un po' "eccessiva" ma non ce la faccio ._. cioè..è più forte di me, io AMO quel ragazzo, come canta, come si veste, come si comporta, come si muove, come si atteggia, come ragiona...oddio *.* ci scriverei sopra un enciclopedia se potessi *.* insomma quando inizio non mi riesco più a fermare >.<
Si si hai capito bene, loro a tutti gli effetti non si conoscono (e Tom non sa nemmeno dell'esistenza di Bill) ma hanno una specie di connessione attraverso i sogni *.*
Naysha13: ma grazie *.*

Le recensioni le gradisco molto *.*

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Importante: I Tokio Hotel non mi appartengono e questa è una storia di pura finzione che non intende dare rappresentazione reale dei loro caratteri/azioni. Anche se non mi spiacerebbe possedere i gemelli *.* cuccioli loro <3

.°*Du Bist Nicht Alleine*°.

Capitolo 4

“Insomma, tu mi stai dicendo che il ragazzo del tuo sogno si chiama Bill…” Jan lo fissava scettico con la bomboletta a mezz'aria, i due erano tutti intenti a fare qualche graffito in un angolo della parete del solito capannone.

“Si, ma c'è di più… ora sono sicurissimo che esista sul serio!”

“Non puoi esserne sicuro solo perché sei riuscito a dargli un nome! Dai Tom ragiona, in fondo rimane pur sempre un sogno”

“Ti ricordi il gruppo che ho contattato ieri? Devilish o come si chiamavano?”

“Si, la band di squilibrati…”

“Ecco, credo che il mio sogno sia il cantante di quella band”

“Ok, frena. Su che base?”

“Io stavo parlando con il bassista e c'era questo tizio di sottofondo che continuava a fare domande stupide facendoci perdere il filo del discorso”

“E quindi?”

“Era il cantante! E si chiamava Bill, e nel mio sogno per l'appunto cantava”

“Tom Tom Tom… capisco che quei sogni per te siano diventati un'ossessione ma ci può essere una spiegazione razionale”

“Tipo?”

“Sei così smanioso di dare un nome e un perché a quel ragazzo che il tuo subconscio gli ha affibbiato l'identità di una delle ultime persone con cui hai interagito”

“Si ma… ok adesso non prendermi per pazzo…”

“Tanto ormai… spara”

“Al telefono lui era soltanto una voce di sottofondo e a dirla tutta il suo atteggiamento era pure irritante ma… si insomma… era come se lo conoscessi e non so, credo di aver provato una simpatia istintiva nei suoi confronti”

“Nei confronti della voce?”

“Si lo so che tutto questo è assurdo ma sono convinto che sia lui la persona con la quale sono rimasto in collegamento onirico per tutti questi anni”

“Bill… inizia per B” osservò Jan cripticamente

“E quindi?”

“T&B ti ricorda niente?”

Tom sgranò gli occhi, non aveva pensato alle iniziali sulla sua copertina!

“Ecco questa è una prova!”

“Si, è una prova del fatto che ti sei lasciato influenzare da più cose e le hai rimescolate tutte insieme in un sogno. Tom è un sogno, sono secoli che te lo ripeto”

“Ma…”

“Posso capire che tu voglia credere di avere qualcuno da qualche parte, ma siamo realisti”

“E se lo richiamassi?”

“Per dirgli cosa? Ciao, tu non hai la più pallida idea di chi io sia ma sai, io ti sogno ogni notte”

Detto così suonava troppo assurdo anche per Tom che scosse la testa rassegnato e tornò alle sue bombolette accorgendosi solo in quel momento che la scritta che gli stava venendo fuori era “Rette Mich”.

******

Bill stava facendo colazione senza riuscire realmente a concentrarsi sul cibo che aveva di fronte. Quel dannatissimo sogno si stava facendo troppo reale per i suoi gusti e la cosa che lo infastidiva di più era che non poteva parlarne con nessuno dato che chiunque l'avrebbe preso per pazzo.

“Bill che succede?” la madre, seduta di fronte a lui con una tazza fumante di caffè in mano, interruppe il filo dei suoi pensieri

“Niente”

“Sei preoccupato”

“Interrogazione” tagliò corto prima di lasciarsi sfuggire qualcosa ma lei non aveva intenzione di demordere

“In questo periodo mi sembri inquieto, più del solito intendo”

“Non ho niente davvero”

Se solo i suoi sogni avessero smesso di essere così monotematici.

“Senti, settimana prossima devo andare a Berlino per alcune commissioni, ti va di venire?”

“No”

“Dai non fare il difficile, mi terresti compagnia in macchina – lo vide sbuffare e aggiunse – e potresti fare shopping mentre io sbrigo le mie faccende” l'attenzione del ragazzo si focalizzo immediatamente su di lei, “shopping” era la parola chiave per ottenere qualunque cosa da lui.

“Budget illimitato?”

“Libero accesso alla mia carta di credito” sospirò lei sperando che una giornata shopping lo tirasse fuori dallo stato di perenne insoddisfazione nel quale si trovava ultimamente e la fece ben sperare il fatto che il ragazzo si illuminò all'istante e prese a divorare la colazione con gusto.

******

Era passata circa una settimana da quando aveva avuto l'ultima conversazione con Jan sui suoi sogni e nonostante il ragionamento dell'amico filasse fin troppo lui non riusciva a metterci una pietra sopra. Perché l'immagine di quel ragazzo non se ne andava dalla sua mente? Perché si doveva chiamare proprio “Bill”? Perché la voce di quel Bill l'aveva colpito così profondamente? Perché quel nome iniziava per “B” e la “B” era una delle due iniziali che c'erano sulla sua copertina? Erano troppi i “perché” ai quali non riusciva a dare risposta e quella storia lo stava facendo impazzire.

“Tom va bene così?”

Uno dei ragazzi più piccoli gli stava mostrando un esercizio di grammatica nella speranza che Tom glielo correggesse

“Perfetto” rispose lui facendo finta di dargli un'occhiata e il bambino tornò tutto contento al suo tavolo. Si trovavano nella stanza adibita ad aula studio dell'orfanotrofio e Tom guardandosi intorno si rese conto che delle persone cresciute con lui ne erano rimaste ben poche. Tutti prima o poi riuscivano a trovarsi una sistemazione in qualche famiglia ed invece lui, per colpa del suo stupidissimo sogno, sarebbe finito col rimanere lì fino al compimento dei diciotto anni, data alla quale non mancava poi molto. Si, era decisamente colpa di “Bill”! Negli anni gli si era affezionato così tanto da non riuscire ad ambientarsi da nessuna parte se lui non c'era. Il punto problematico della situazione era che forse, come sosteneva Jan, il “Bill” del suo sogno non esisteva. Chiuse stizzito il libro che aveva di fronte dato che gli era impossibile concentrarsi e uscì a prendere una boccata d'aria e fumarsi una sigaretta. Su Berlino quel giorno c'era una spessa coltre di nuvole che impediva ai raggi del sole di raggiungerla e quell'atmosfera grigia ben si sposava con il suo stato d'animo degli ultimi giorni. La cosa più assurda era che secondo le sue sensazioni anche “Bill” si trovava nella stessa identica situazione emotiva anche se quel pomeriggio percepiva che il suo umore fosse un po' migliorato, beato lui…

“Sono ore che ti cerco, dov'eri finito?” la voce di Jan lo riportò alla realtà.

“Ero in aula studio”

“Stasera hai da fare?”

“Non credo”

“Usciamo?”

“Ok…”

“Vado a chiedere anche agli altri se vogliono venire, tu che fai ora?”

“Penso che andrò un po' al capannone a suonare”

“Magari ti raggiungo più tardi”

“Non ce n'è bisogno”

“Come vuoi” il bello di Jan era che sapeva rispettare alla grande gli spazi altrui

I due si salutarono e una volta finita la sigaretta Tom andò in camera sua a prendere la chitarra, aveva bisogno di stare un po' da solo a raccogliere le idee.

******

Bill quella mattina si era alzato euforico, l'idea di arricchire un altro po' il suo guardaroba già straripante di vestiti e accessori l'aveva messo di ottimo umore. Si spense un po' quando scoprì che Simone non aveva intenzione alcuna di fargli saltare scuola, sarebbero partiti non appena lui avesse finito le lezioni ma poco importava. Lo shopping era rimandato di poche ore, tutto sommato poteva sopravvivere.

Durante il tragitto in macchina riuscì a parlare anche più del solito, cosa che Simone riteneva impossibile dato che il figlio era la logorroicità fatta persona e iniziò quasi a meditare di iscriverlo al guinness dei primati come la persona in grado di parlare a raffica per più tempo senza prendere nemmeno una pausa. Era convintissima che Bill avrebbe vinto senza il minimo sforzo e rise fra se e se di quel pensiero ma evitò accuratamente di tradurlo a voce conoscendo l'animo permaloso del ragazzo.

Una volta giunti a Berlino gli raccomandò di contenersi nelle spese, già sapendo che era fiato sprecato, e poi si separarono lei verso le sue commissioni e Bill verso il suo paradiso personale. Il ragazzo si era fatto una lista mentale di tutti i negozi che voleva saccheggiare e decise di partire da uno dei suoi preferiti, ovvero quello della Tazuma. Da lì in poi fu un salasso unico per la povera carta di credito di mamma Kaulitz che ebbe tregua solo quando il ragazzo si accorse di aver accumulato più borse di quante riusciva a portarne da solo ed era solo metà pomeriggio. Chiamò la madre per scoprire che lei stava ancora in alto mare con le sue faccende e così prese a girare senza meta per la città per ingannare il tempo. Un'oretta più tardi si rese conto di essere uscito dal centro e di trovarsi in una zona di periferia, forse non estrema periferia, ma era comunque deserta. Nei dintorni c'erano solo vecchi capannoni abbandonati, residui di chissà quale attività commerciale, sembrava quasi uno di quei set che si usano nei film per le scene di traffici loschi o risse fra bande. Non era mai stato in quella zona di Berlino e preso dalla curiosità e dall'atmosfera da film prese a girovagare fra i vari capannoni. Ad un tratto fu attirato dal suono di una chitarra, gli sembrava paradossale che in quel luogo un po' degradato potesse esserci qualcuno in grado di suonare così bene, e senza accorgersene iniziò a seguire quel suono ma non fece a tempo a raggiungerlo che questo si interruppe di colpo. Ora si trovava di fronte ad un capannone che si distingueva dagli altri per dei graffiti fatti a regola d'arte sulla sua parete, prese ad osservarli affascinato pensando che chiunque li avesse fatti avrebbe avuto la sua ammirazione incondizionata quando l'occhio gli cade su una scritta un po' più piccola delle altre ma fatta mille volte meglio. Era blu e rossa e il suo contenuto lo colpì come un pugno sullo stomaco: “Rette Mich”, sotto una piccola firma “Sex Gott” che aveva notato anche sotto altre scritte. Rette Mich come la sua canzone, Rette Mich come ciò che cantava rivolgendosi al suo sogno, Rette Mich come la canzone alla quale il suo sogno aveva dato gli accordi esatti per accompagnare le parole.

Posò in terra le borse, passò la mano lungo il contorno della scritta ed inconsciamente iniziò a cantare quella canzone seguendo alla perfezione gli accordi del sogno che combaciavano alla perfezione con la melodia della sua mente.

******

Tom era seduto come al solito sulle scale sul lato del capannone e pizzicava le corde della sua chitarra senza seguire una traccia precisa, per dirla tutta stava suonando a casaccio anche se gli accordi messi uno di fianco all'altro parevano avere un senso. Ad un tratto smise di suonare di colpo, gli stava scoppiando la testa e sentiva che doveva porre fine a quella storia prima di perdere completamente la cognizione della realtà. Prese a rigirarsi il cellulare fra le mani tentato di richiamare Georg dei Devilish per riuscire a contattare Bill, si rendeva conto che l'avrebbero preso per pazzo ma almeno si sarebbe potuto mettere il cuore in pace. Mentre cercava il numero l'immagine del ragazzo alto, snello e moro si radicò ancora di più nella sua mente e prese coscienza della voglia inconsulta che aveva di dargli un volto. Finalmente trovò il numero e stava per portarsi il cellulare all'orecchio quando il cuore smise di battergli.

Qualcuno, dietro l'angolo, stava cantando. La voce gli era familiarissima e la canzone anche, era la stessa del sogno ma ora riusciva a distinguerne le parole.

Zum ersten Mal alleine
In unserem Versteck.
Ich seh noch unseren Namen an der Wand
Und wisch sie wieder weg.

Stava cantando basandosi sulla melodia che lui aveva scritto, esattamente come nel sogno.

Ich wollt dir alles anvertrauen.
Warum bist du abgehauen?
Komm zurück
Nimm mich mit

La voce era calda e avvolgente come al telefono, come nel sogno.

Komm und rette mich,
Ich verbrenne innerlich.
Komm und rette mich
Ich schaff's nicht ohne dich.
Komm und rette mich
Rette mich
Rette mich

Si decise ad alzarsi e facendo meno rumore possibile scese dalla scale e girò l'angolo. Un ragazzo stava accarezzando con la mano il suo graffito e cantava a pieni polmoni.

Unsere Träume waren gelogen
Und keine Träne echt.

Era alto e magro quanto lui.

Aveva dei lunghi capelli neri con delle ciocche bionde che gli ricadevano sulle spalle.

Sag das das nicht wahr ist,
Sag's mir jetzt.

Portava dei grandi occhiali da sole anche se il cielo era ricoperto di nuvole, e da quel poco del viso che riusciva a vedergli aveva dei lineamenti delicatissimi.

Vielleicht hörst du irgendwo,
Mein SOS im Radio!

La mano che toccava la parete era perfetta e aveva le unghie smaltate di nero.

Hörst du mich? Hörst du mich nicht?

Lo stomaco gli si stava contorcendo in una maniera pazzesca.

Quel ragazzo era… etereo. Non aveva mai visto nulla di simile nella sua vita, emanava un'aura unica, brillava di luce propria.

La voce era la stessa che aveva sentito al telefono.

Ed era identico a quello del sogno.

Komm und rette mich
Ich verbrenne innerlich.

“Bill…” non voleva interromperlo ma le sue corde vocali emisero quel suono inconsciamente.

Il ragazzo smise subito di cantare voltandosi verso di lui e non appena lo vide si pietrificò.

******

“Bill…”

Qualcuno lo chiamò interrompendolo sul più bello della canzone. Si voltò e si ritrovò di fronte un ragazzo dalle sembianze fin troppo familiari.

Il sangue gli si gelò nelle vene e per qualche istante rimase come pietrificato chiedendosi se non si fosse addormentato senza accorgersene perchè quello pareva tanto uno dei suoi sogni.

Tom.

Stava di fronte a lui in carne ed ossa.

Aveva un abbigliamento assurdo, stile hip hop.

Dei lunghi rasta biondi raccolti sotto ad un cappellino.

Il suo stesso viso.

Era identico a come l'aveva sognato notte dopo notte per anni.

“Tomi?” chiese con la voce rotta dall'emozione e dall'incredulità.

******

Era la prima volta che qualcuno lo chiamava “Tomi” e gli si rivolgeva con un tono di voce così denso di affetto. Non capiva esattamente cosa stesse succedendo ma era chiaro che il ragazzo che aveva di fronte era vittima come lui di strani sogni.

“Tu… tu sei Bill vero?”

Il moro fece cenno di si con la testa mentre delle lacrime calde prendevano a scorrergli incontrollate lungo le guance. Tom le notò sbucare da sotto gli occhiali e gli si avvicinò. Più si avvicinava e più si rendeva conto che i lineamenti di quel ragazzo erano simili all'inverosimile ai suoi. Seguendo solo l'istinto gli tolse gli occhiali scoprendogli completamente il volto.

Sotto a qualche chilo di eye-liner ed ombretto che ora stavano colando insieme alle lacrime, gli occhi di Bill erano identici ai suoi.

Loro due erano uguali.

Il suo sogno finalmente aveva un volto e quel volto non era altro che la sua stessa immagine riflessa in uno specchio.

******

NOTE: E siamo a - 1 dalla fine. Non so, sarà anche banale sotto certi punti di vista ma mi sono troppo affezionata a questa ficcie <3
Grazie infinite a tutti voi che leggete e/o recensite, mi date veramente soddisfazione :)

Un grazie particolare a:
Naysha13, Elettra, MissZombie, Auty91, gleen, Anima Bianca, Castalia, purple angel, Judeau, Daisy Potter : grazieeeeee *.*
mY LadY oF SoRRoW: " Ma è vero cmq,cm lo descrivi tu il Bill nn lo descrive nessuno!!Sembra quasi ke tu lo conosca,davvero..:) " --> un giorno o l'altro mi farai morire con queste frasi *____* Buon campeggio ^^
AOInoMIZU: ma figurati, non me la sono presa^^ le critiche costruttive sono sempre ben accette (anche se ammetto di essere parecchio permalosa ahah xD). Cmq.. non lo so come l'annuncio sia finito a berlino O_o magari Bill e le sue manie di grandezza l'hanno pubblicato sui giornali a tiratura nazionale eheh xD
th 4ever: davvero esiste un film così? O_o che storia *.* mi piacerebbe vederlo, ora me lo cerco *.*
Agi: no non è twincest (strano ma vero conoscendomi xD)
Gufo: essì! mancano due capitoli alla fine... cioè.. ora ne manca uno xD è stata proprio la storiella scritta in fretta fretta presa da un'ispirazione venuta così :)
Animor: anche secondo me una twincest avrebbe stonato... io mi sono emozionata tanto a scriverla proprio perchè parla solo e soltanto del loro fortissimo legame fraterno... sono troppo cucciolosi quei due *.*

Le recensioni le gradisco molto *.*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


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Importante: I Tokio Hotel non mi appartengono e questa è una storia di pura finzione che non intende dare rappresentazione reale dei loro caratteri/azioni. Anche se non mi spiacerebbe possedere i gemelli *.* cuccioli loro <3

.°*Du Bist Nicht Alleine*°.

Capitolo 5

Due anni dopo

“Questa è l'ultima canzone per stasera, grazie a tutti!!!!”

Gli occhi di Bill brillavano di gioia di fronte a quel palazzetto stracolmo di gente accorsa solo per loro. Mentre le note di una chitarra si spandevano nell'aria si voltò alla sua destra per condividere quel momento di assoluta felicità con Tom che era tutto assorto nel suonare il suo strumento.

Tom dal canto suo non stava guardando il gemello ma era consapevolissimo di avere i suoi occhi puntati addosso e si immaginava mentalmente il suo sguardo, il suo sorriso, i suoi pensieri, i suoi gesti mentre agitava impercettibilmente il microfono aspettando di attaccare a cantare. Chiuse gli occhi e lo vide chiaramente mentre avvicinava il microfono alla bocca e un secondo dopo le sue orecchie furono invase da quella voce così melodica e così calda che aveva amato ancora prima di conoscerne la provenienza. Quando riaprì gli occhi Bill era a due centimetri neanche di distanza e gli stava cantando la canzone praticamente in faccia. Si voltò verso di lui e gli sorrise notando che le sue immagini mentali corrispondevano alla perfezione con quelle reali.

Bill cantava a pieni polmoni rivolgendosi soltanto a Tom, quella canzone era per lui e lui soltanto e non gli importava nulla delle centinaia e centinaia di fan che cantavano a squarciagola sotto al palco, lui cantava per Tom.

Ich bin da, wenn Du willst.
Schua Dich um, dann siehst du Mich.
Ganz egal, wo Du bist.
Wenn Du nach mir greifst, dann halt ich Dich.

Quello era un giorno speciale per i gemelli, erano trascorsi due anni esatti dal giorno in cui si erano incontrati per la prima volta fuori da un sogno. In quei due anni erano successe tantissime cose e una di queste era che i Tokio Hotel, ex Devilish e finalmente provvisti di chitarrista, erano diventati una band conosciuta non solo in Germania ma in tutta Europa. Bill e Tom formavano un team formidabile nella stesura di una canzone, il primo aveva sempre le parole giuste da abbinare alla musica del secondo e viceversa. C'era un intesa assurda fra di loro, nove volte su dieci non avevano nemmeno bisogno di aprire bocca per capirsi e questo capitava spesso anche mentre buttavano giù le bozze delle canzoni. Se la stampa non avesse scavato a fondo nelle loro vite scoprendone ogni più piccolo particolare e divulgandolo, nessuno al mondo avrebbe mai sospettato che i due avessero passato diciassette anni della propria esistenza separati. Quando erano insieme parevano quasi una cosa sola.

Bill si era stupito di se stesso quando aveva realizzato che dividere le attenzioni della madre, il budget shopping, la stanza e tutto il resto non gli costava nessuna fatica. Essendo cresciuto da solo era abituato ad avere sempre tutto per se e se a questo si aggiungevano il suo egoismo e il suo egocentrismo naturali non c'era alcuna prospettiva perché il ragazzo potesse sopportare la convivenza con qualcun altro. Invece aveva sbalordito tutti accogliendo Tom nella sua vita e dividendo con lui qualunque cosa con gioia. Adorava la vita con Tom… con lui c'era una tale intesa che gli permetteva di sfogarsi e aprirsi a 360° con la consapevolezza che non sarebbe stato giudicato o ripreso o nulla di simile. Il gemello era in grado di passare ore ad ascoltare i suoi discorsi senza ne capo ne coda e la cosa più bella era che trovava sempre una soluzione per tutto, anche per le cose più insensate. Tom era sempre accanto a lui, pronto a tendergli una mano quando si trovava in difficoltà, a porgergli una spalla sulla quale piangere quando era triste e depresso, a dividere i momenti di felicità e le cose belle e a sorreggerlo durante i momenti di crisi. Tom era sempre lì e lui sapeva che non l'avrebbe mai abbandonato.

Tom al contrario era sempre stato abituato a dover dividere tutto con chiunque e quindi la convivenza con Bill fu quasi una liberazione, se non altro ora aveva una persona sola intorno invece di mille. Scoprì presto che però stare dietro a Bill comportava più fatica che seguire dieci bambini contemporaneamente all'orfanotrofio. Il fratello era la quint'essenza dell'eccentricità e dell'egocentrismo, aveva un attaccamento morboso per tutte le sue cose e quando Tom se ne rese conto ormai era già rimasto intrappolato nella rete di possessività del gemello. Nonostante fosse cresciuto in mezzo a tante altre persone, non aveva mai sopportato la gente incapace di rispettare gli spazi altrui e decisamente Bill era una persona che rientrava in quella categoria. Invadente al massimo gli stava sempre addosso e si metteva a fare i capricci come i bambini piccoli se Tom tralasciava di renderlo partecipe anche del più piccolo particolare della sua esistenza; un simile comportamento da parte di chiunque altro avrebbe fatto scattare la rissa ma da Bill… si, non si sarebbe mai aspettato di arrivare a pensare una cosa simile ma letteralmente adorava l'invasività del fratello. Lo faceva sentire amato, protetto, sempre circondato dal calore di un affetto che non aveva confini. E comunque, nonostante i suoi vizi e capricci, Bill non si era mai tirato indietro quando c'erano di mezzo questioni serie o quando si accorgeva che Tom era un po' giù di corda. Bill c'era sempre stato, prima nei sogni ed ora fisicamente. Non l'aveva mai abbandonato nemmeno per un istante.

Ich bin da,
Ich bin da, wenn Du willst.
Ich bin da, ganz egal wo Du bist.
Ich bin da, schau in Dich rein dann siehst Du mich.
Ganz egal wo Du bist.
Wenn Du nach mir greifst dann halt ich Dich.
Ich bin da wenn Du willst, ganz egal wo Du bist.

I loro sguardi si incrociarono nuovamente, così uguali eppure così diversi. Non c'era nulla ad accumunarli a parte l'aspetto fisico ed il dna, stavano su due poli opposti su ogni fronte: stile, carattere, modi di fare; non avevano nemmeno diviso una vita insieme. Eppure nell'universo non esistevano altre due persone legate da un legame così forte e profondo come il loro. Come dicevano in una delle loro canzoni, poteva benissimo essere l'ultimo giorno della loro esistenza, il mondo sarebbe potuto finire ma non importava finchè rimanevano insieme. Quella era la loro forza, la loro linfa vitale.

Bill e Tom.

Tom e Bill.

Insieme.

An Deiner Seite, nur eine Weile.
Du bist nicht alleine.

******THE END******

NOTE: Waaaaaa e ce l'ho fatta a mantenere i miei propositi di postare entro oggi pure questa *-* Can't believe it *-*
E siamo giunti alla fine... questa conclusione forse è un po' banale e scontata ma è così che mi è venuta e nonostante tutto mi piace^^ Grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia fino alla fine, danke, danke, danke!


Grazie in particolare a Naysha13, Judeau, Animor, Gufo, AOInoMIZU, Ginny002, Auty91, Purple Angel, Darkness, Castalia, Gleen e MissZombie per i commenti al quarto capitolo *.*
Ma un grazie più generale a tutti, chi ha letto, chi ha recensito, chi leggerà... insomma, non sono brava a fare i discorsi di chiusura, grazie e basta <3

Un grazie un po' più speciale ai Tokio Hotel, Georg, Gustav,Tom ma soprattutto a Bill. Grazie anche solo per il fatto di esistere, per quanto banale possa suonare. Mi avete donato (e continuate giorno dopo giorno a farlo), tante emozioni uniche ed irripetibili, mi avete ispirato, mi tirate su nei momenti di depressione e mi elevate alle stelle in quelli di gioia, mi date la forza di tornare a galla ogni volta che stò per affogare, E Bill... grazie per essere ciò che sei. Con tutti i tuoi difetti e i tuoi pregi, semplicemente grazie.

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