A matter of blood

di Ayumu_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cose da vampira ***
Capitolo 2: *** L'inizio del gioco ***
Capitolo 3: *** Hallelujah ***
Capitolo 4: *** Stato di transizione ***
Capitolo 5: *** Cercasi indizi ***
Capitolo 6: *** Il caldo gusto della passione ***
Capitolo 7: *** Un po' come Jeremy Gilbert ***
Capitolo 8: *** Doveva essere un addio ***
Capitolo 9: *** La bellezza del corpo ***
Capitolo 10: *** Inconsueta realtà ***



Capitolo 1
*** Cose da vampira ***








Cose da vampira
 
 
Era morta l’unica mia ispirazione di vita.
Il mio cuore batteva all’impazzata, ed io non riuscivo a sentirlo. Non riuscivo a sentire nemmeno la pulsazione del sangue di un singolo essere vivente. Tutti i miei sensi erano occupati nel commuoversi, nel distruggersi, al pensiero che la mia vita fosse finita. Essere vampiri non ti da la forza di vivere come vuoi, non ti dice nemmeno cosa è giusto fare o cosa non lo sia. Purtroppo, come gli umani, possiamo amare, provare angoscia, ma possiamo anche sentire il rimorso di vivere per sempre, e di non dar fine a questo eterno dolore.
Appena uscii da quella fastidiosa caverna, corsi finché non furono le gambe a ribellarsi. Molte volte mi sono detta di ritornare indietro, per aiutarlo, o semplicemente solo per ripetergli “ti amo", ma se lo avessi fatto avrei messo a repentaglio la mia vita. Ne valeva la pena? Pensai che farsi uccidere dalla persona che più si ama non sia un atto d'amore, ma di pura follia.
Passarono tre giorni. Solo poche ore, quando io avevo trascorso un’eternità. 
Stavo cambiando. Capivo che qualcosa in me si stava evolvendo.
Spensi il cellulare e cercai di non dare attenzione nei luoghi dove pernottavo. La mia sofferenza si stava man mano diramando, per poi trasformarsi in angoscia e odio.
Il mio unico desiderio era quello di uccidermi: dovevo dar fine al mio dolore, alla mia esistenza.
 
- Vuole qualcosa da bere? – mi chiese la cameriera di un piccolo pub fuori città. Era vestita di rosa confetto, aveva capelli castani legati all’indietro, e trascinava con sé un profumo di fiori in primavera. Aveva un anello al dito, e la cosa mi irritava.
Avevo provato ad uccidermi, ma stranamente non ci ero riuscita. Una piccolissima cosa ancora mi legava a quest’inferno. Forse Bonnie aveva fatto un incantesimo affinché non mi accadesse nulla di male. Forse era soltanto la mia mente che voleva torturarmi ulteriormente. Se non potevo uccidermi, potevo scappare via, lontana da tutti. L’unica cosa che mi legasse a Mystic Falls era Tyler, ora che lui era scomparso per sempre rimanere lì, e vedere in ogni volto la sua faccia, sarebbe stato un atto masochista.
Ero talmente giù di morale che non avevo più voglia di fare niente, neanche di bere sangue. Quella pulsazione animale che prima mi travolgeva come fosse droga, ora mi stava man mano abbandonando: se mi fosse apparsa davanti agli occhi una persona ferita, non avrei avuto la voglia di ucciderla, non avrei avuto la voglia di fare niente. Se continuavo a non bere sangue sarei finita presto all’altro mondo, ma non era questa la mia principale preoccupazione.
Pronta per scappare vidi Elena abbracciare Stefan fuori casa. Erano una coppia invidiabile. Forse sarebbero stati insieme per l’eternità, se non fosse che Elena era ancora umana. Quell’invidia presto sì trasformò in odio. Non sapevo con chi prendermela. Tutti stavano vivendo la loro vita, la loro felicità, mentre io, che non avevo fatto niente di male, mi trovavo sola, senza Tyler.
Decisi di parlare con qualcuno, e l’unica persona che avesse potuto capirmi e darmi un consiglio sincero era Damon. Anche se non avevo mai avuto un buon rapporto con lui, sapevo che potevo fidarmi. Così lo chiamai e gli diedi appuntamento al Royal, un piccolo edificio che si trovava in mezzo a un gigantesco parcheggio.
Ero seduta all'inerno, aspettando con ansia l'arrivo di Damon. Mentre pensavo alla mia sfigata vita amorosa, la cameriera attendeva immobile una risposta alla sua domanda.
- No, grazie. – asserii senza rivolgerle neanche lo sguardo.
Impaziente mi giravo l’unico anello che avevo al dito in modo antiorario.
Damon entrò con disinvoltura, si girò intorno dando occhiate a destra e a manca. La maggior parte delle ragazzine lo fissarono incredule, attratte dal fisico da modello e dagli occhi di ghiaccio. Quando mi vide si avvicinò al tavolo e si sedette incurante degli occhi che gli puntavano addosso.
- Caroline – bisbigliò con un’espressione incredula, alzando un sopracciglio e chiudendo leggermente gli occhi.
- Damon, mi devi aiutare. – abbassai il capo, essendo troppo orgogliosa per guardarlo negli occhi.
- Mi dispiace per Tyelr…
- Non fa niente. – ci furono trenta secondi di un silenzio imbarazzante, quando continuai – Me ne vado. Restando a Mystic falls mi faccio solo del male. – la mia voce era monotona e il mio volto non dava nessun segno di sentimento. Mi sentivo frastornata. Quando evitavo il suo sguardo i miei occhi incontravano quelli della ragazza confetto, e inspiegabilmente cominciavo a non sentirmi bene. Non aveva fatto niente di male, ma la sua aria da perfettina e da fortunata umana mi irritava.
- Andartene? Tua madre, Elena e Bonnie stanno appiccando ovunque volantini... - lo fermai.
- Lo so, lo so. Ma restando i membri del “Consiglio dei fondatori” mi darebbero la caccia! Ho già troppi problemi per la testa che pensare a come salvarmi la vita. – pensai alle parole che avevo appena detto, e quasi mi convinsi di consegnarmi a loro e farla finita. Farsi uccidere dal Consiglio significava dar vita a controlli in tutta la città su eventuali vampiri, e non volevo che Damon ne dovesse subire le conseguenze.
- Ok, come vuoi. Devo dirlo a Elena?
- Non dirgli nulla, e se qualcuno volesse cercarmi convincilo a non farlo. – fissai per un momento il porta tovaglioli che avevo vicino alle mani, lo afferrai e nervosa cominciai a deformarlo. Quella chiacchierata non poteva durare ancora a lungo, così alzai leggermente la testa, lo vidi negli occhi e gli dissi addio. Un’unica parola che riuscì a farmi scivolare una lacrima sul viso.
Presi la mia borsetta, mi alzai e mentre stavo per andarmene, mi afferrò per un braccio.
- Abbi cura di te. – non si voltò, ma rimase fermo, fissando il vuoto.
"Grazie Damon". Abbandonai la presa e me ne andai.
Avevo sempre ammirato Damon: la sua sicurezza e la sua tenacia mi rassicuravano. Sapeva cosa fare, come fare e perché farlo, mentre io ero sempre stata indecisa ed impacciata.
  
Per la prima volta in tutta la mia vita sapevo di essere innamorata, di poter costruire la mia vita insieme ad un’altra persona, ma questi ormai erano solo sogni.
Camminai velocemente, facendo risuonare il ticchettio dei miei stivali per tutto il parcheggio, rubai una macchina e partii verso sud. A parte una valigetta con il trucco, non portai niente con me, ma sola per un nuovo inizio. Accesi la radio a tutto volume, e cercai di distogliere i miei pensieri. Sembravo la solita adolescente che dopo essersi drogata ad una festa ritorna a casa incurante di tutto, ma felice della sensazione di libertà. Dopo un paio di chilometri cominciai a sentirmi né felice né triste, e fui soddisfatta di questo nuovo modo di vivere, superficiale e masochista, fin quando non venne trasmessa dalla stazione radio il nuovo singolo di Rihanna "we found love". I miei occhi divennero nuvole in Aprile, e piansi dando pugni alla radio, che ormai si era infranta in mille pezzi. Accelerai con piede pesante, quando sentii un dolore allucinante alla pancia. Sbandai e uscii fuori strada, tirai il freno a mano e rimasi immobile, pietrificata dal dolore tagliente che stava percuotendo il mio corpo. Neanche un vampiro mi aveva mai fatto tanto male. Gridai con tutto il fiato che avevo in gola e una profonda sete travolse ogni mia minima pulsazione. Una donna si fermò, scese dalla macchina e bussò al finestrino del guidatore. Era una bionda quarantenne, e dal volto sembrava fosse molto spaventata.
- Si sente bene? È tutto apposto lì?
Mi fermai per un attimo. Volevo convincermi di non fare niente, di restare immobile il più possibile, ma qualcosa dentro di me voleva il contrario, e il desiderio sottomise la ragione.
Mi volsi di scatto, la fissai sorridente. Mi trasformai in un batter d’occhio, e la donna  scappò via strillando. Aprii la portiera con calma. Appoggiai prima il piede sinistro e poi quello destro, mi alzai, chiusi lo sportello e mi incamminai verso la nuova preda. Eravamo soli in mezzo a una distesa di montagne. La donna era troppo spaventata per pensare lucidamente, così, camminando lentamente, mi sforzai di colmare quella voglia irrefrenabile di sangue. Respirai profondamente, cercando di calmarmi il più possibile, ma ormai l'odore della donne aveva offuscato il mio cervello. Quando gli fui di fronte l'afferrai per un braccio, la volsi energicamente e la soggiogai. Disse che era una dottoressa e che aveva appena finito il suo turno. Non poteva capitarmi di meglio. Mi feci accompagnare all’ospedale, soggiogai i dottori che avevano i turni di notte, e in un istante fui circondata da malati di tutte le età. Uccisi ventisei persone, ma insaziata cercai altre prede.
Mi precipitai verso il pub più vicino. Sentivo ogni minima pulsazione. Sentivo le strida dei bambini impauriti dal buio, ragazzi che facevano l’amore in una macchina, ladri che si avvicinavano cautamente ad una villa.
Mentre correvo il più velocemente possibile, un uomo mi bloccò il passaggio. Era alto, aveva riccioli biondi che volavano nel vento e occhi verdi che gli illuminavano il viso.
Il dolore alla pancia si fece più fitto, strillai intimorita e caddi a terra in ginocchi. Appoggiai una mano sulla parte ombelicale e spingendo all’interno cercai di alleviare il dolore.
Caddi a terra, e sentii solo la mano del biondo fare d’appoggio alla mia testa. Lo vidi per un attimo e poi persi completamente i sensi.
 
 
 
 
@@@
 Angolo autuore:
Ciao! Sono Ayumu e questa è la mia prima fanfiction su “The vampire diaries”. Adoro questo telefilm e ultimamente sto leggendo anche i libri di Lisa Jane Smith, che a mio parere non sono un granché.
Questo primo capitolo ha come protagonista Caroline, il personaggio che amo di più in assoluto, mentre nei prossimi varierò il pov.
Spero vi piaccia e che continuerete a leggere la mia FF.
Mi scuso per i vari errori ortografici.
 Ayumu_

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Capitolo 2
*** L'inizio del gioco ***






L'inizio del gioco


Il suo viso era lucente, pallido. Sembrava una star del cinema, pronta per essere fotografata e intervistata da mille giornalisti. Non avevo mai visto una ragazza con tale bellezza, eppure c'era qualcosa che mi suggeriva di starle alla larga. Sembrava fosse stata creata con il solo scopo di suscitare una grande invidia nelle donne, e un travolgente desiderio negli uomini.

Avevo appena compiuto diciannove anni e stavo facendo una passeggiata per star lontano dai parenti troppo estroversi, che mi puntavano continuamente il dito contro. Ogni anno era la stessa storia, e così non esitavo un secondo a prendere la mia roba e a scappare da quella gabbia di matti. Ma non mi era mai successo di venir folgorato da una simile bellezza.
La presi in braccio, l’appoggiai con delicatezza nel sedile posteriore della macchina e la portai all'ospedale più vicino. Dopo una quarantina di minuti di attesa un'esile infermiera mi accennò di alzarmi e di seguirla. Mi portò nella camera dove la ragazza era distesa su un letto bianco. Disse che si sarebbe ripresa entro poche ore, ma che l’incidente avrebbe potuto causare problemi al bambino.
Stava bene, avrei dovuto essere felice, ma non riuscivo a smettere di pensare che la persona che avevo di fronte, la persona di cui mi ero innamorato con un colpo di fulmine, fosse fidanzata, se non, ancor peggio, sposata. Cosa dovevo fare? Aspettare su una scomoda poltrona vicino al letto finché non aprisse completamente gli occhi?
Uscii dalla stanza e con passo furtivo mi avvicinai al bancone dell’infermeria.
- Scusi? Scusi? – ripetei squillante una seconda volta.
- Sì?
- Volevo sapere se avete trovato il telefono della ragazza nella camera 108.
- E lei chi è? – classica domanda da film.
- Sono suo fratello. Volevo assicurarmi che non avesse perso il cellulare. – accennai con un lieve sorriso.
- Deve prima compilare vari moduli, e poi posso darle informazioni sulla vittima.
Vittima… era questa la parola giusta per una ragazza incinta che non poteva contare sull’appoggio del proprio compagno dopo aver fatto un duro incidente. E io, invece di preoccuparmi della sua salute, mi chiedevo se fosse fidanzata, quanti anni avesse e dove abitasse.  
Ritornai in camera, mi sedetti sulla scomoda poltrona e la fissai stupefatto. Il dottore aveva detto che si sarebbe ripresa entro poche ore. Aspettai con impazienza, ma felice di poter ammirarla per lungo tempo. Quando riaprì gli occhi mi ero già appisolato con la testa appoggiata su un bracciolo, e con le braccia conserte. Avevo fatto il turno di notte in un piccolo pub: ero esausto!
Non so se sia scappata per timidezza, se per paura o per altro; ero rimasto solo, con una strana posizione su una vecchia poltrona.
- Ma cosa fa? Sveglia! – urlò il medico scuotendomi energicamente. Saltai dalla poltrona, pronto per andare in battaglia, pronto per sopportare cinquanta bambini stridenti, pronto per ricercare la fuggiasca.
- Cosa… cosa è successo? – chiesi guardando una fila di agguerrite infermiere attente a servire il capo branco.
- La ragazza… dov’è?
Non ne avevo idea!
 
Dopo che i dottori si consultarono sul da farsi, riuscii a sgattaiolare fuori dall’edificio, con aria affranta e pienamente turbata.
Decisi di prendermi un bicchiere di vodka al bar di fronte. Ero stanco… avevo bisogno di qualcosa di forte, che potesse farmi riprendere dalla giornata insolita.
Entrai, ordinai il drink e mi sedetti su un massiccio sgabello di legno. I miei occhi erano immobili, rivolti nel vuoto. In quell'istante avrei potuto fissare molte persone, ma non ci feci caso. Quando arrivò il bicchiere di vodka, accennai un sorriso per ringraziare il barista. Lo finii subito, poi ne chiesi un altro e un altro ancora. Quando fu il momento di pagare, presi dalla tasca tutte banconote che mi avevano regalato il giorno stesso, ne presi alcune e le diedi alla commessa.
Misi le rimanenti nel portafogli che avevo nella giacca, e frugando in tasca trovai un foglio con un numero di telefono.
Non esitai nemmeno un secondo a chiamare quel numero.
Ero agitato. Mi faceva male la testa. Passarono secondi interminabili prima che rispondesse un'esile voce.
- Pronto?
Dovevo riattaccare o presentarmi? Non sapevo cosa fare.
- Ciao.. - dissi nervoso con un balbettio incomprensibile.
- Ci conosciamo?
- Sono Nathan. Ho trovato un biglietto con il tuo numero nella mia giacca. - Dopo alcuni secondi disse di non conoscermi.
- Non sei la ragazza che ho portato stanotte all'ospedale?
- No! Chi ti ha dato il mio numero? - dal telefono si poteva capire quanto fosse confusa.
- Una ragazza si sentiva male.. così l'ho portata all'ospedale. Quando mi sono svegliato ho trovato il tuo numero nella mia giacca.. quindi... credevo fossi lei.
Descrissi la meravigliosa bionda alla donna, e una voce maschile si sentì in sottofondo; mi disse di incontrarci al pub di Mystic Falls.
- Come ti chiami? - chiesi prima di chiudere la conversazione.
- Elena Gilbert.
 
Dopo aver riattaccato il telefono, sentivo la fronte bagnata dal sudore, e un fitto mal di testa. Stavo sicuramente prendendo l’influenza.
Ritornai a casa e, dopo aver ringraziato a respinto i parenti ritardatari, salii le scale per andare nella mia camera. L’appuntamento era previsto tra venti minuti, così mi feci una veloce doccia gelata, mi vestii senza dar importanza agli abbinamenti, e mi diressi verso il luogo prestabilito.
Un’aria afosa circondava Mystic Falls, eppure pochi rinunciavano a una serata tra alcol e risate.
Entrato nell’edificio mi girai intorno e mi sedetti lontano da occhi indiscreti. C’erano ragazzi di tutte le età, che scherzavano, ridevano e si ubriacavano senza alcun ritegno. Molte ragazze erano quasi svestite, e non potei non sentirmi in imbarazzo al loro posto. Cercai di rilassarmi e di sedermi comodamente sulla poltrona. Non mi sentivo a mio agio, così presi il telefono e richiamai il numero più di una volta; rispose continuamente la segreteria telefonica, e stavo per credere che fosse tutta una messa in scena. Dopo un quarto d’ora mi alzai e, spingendo ubriachi a destra e a manca, mi diressi verso l'uscita. Passò un quarto d’ ora esatto quando il barista biondo ricevette una telefonata e scappò furtivo.
 

@@@
Angolo autore: 
Ciao! Ecco il secondo capitolo!
Innanzi tutto volevo chiarire che il riccio biondo non è Klaus, anche se lui avrà un ruolo fondamentale in questa  fan fiction, ma è un nuovo personaggio, del tutto estraneo della realtà con cui si troverà a convivere.
Ringrazio Nimueh per il suo animo gentile e per aver riguardato questi capitoli, e ringrazio tutti per aver letto o recensito o messo tra i preferiti \ ricordate il capitolo precedente. 
Mi scuso per gli eventuali errori ortografici.
 
@Nimueh:  KlausXCaroline? Sì.. può essere :P Comunque grazie mille per tutto, :*_*
 
@Klaroline99: Grazie mille! Credo che farò altri pov di Caroline, perché la amo troppo *__*  Spero ti piaccia allo stesso modo questo nuovo capitolo ;)
 
@CherryMarti:  Nessun errore? Wow.. Ora mi sento realizzato :*  Comunque io amo Caroline.. Vedo “The vampire diaries”  principalmente per lei ù.ù Comunque grazie ancora per la recensione ;)
 
@AmoTVD98 Da quanto tempo! :D Spero che questo capitolo ti sia piaciuto quanto quello precedente. Non vorrei deluderti lol

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Capitolo 3
*** Hallelujah ***






Hallelujah


La luna splendeva nel cielo stellato. Ero seduto su un prato arato, e la fissavo, l’ammiravo come fosse il diamante più prezioso del mondo. Ed anche se non avevo alcun vestito addosso non sentivo né freddo, né caldo. Piegai leggermente le ginocchia e le avvicinai al petto. Ero in pace, lontano da tutti.
Volsi lo sguardo verso una lontana collina, e non pensavo a nulla, solo al desiderio di raggiungerla, e di farne la mia casa. Alle mie spalle c’era un fitto bosco, da dove piccoli animali emanavano deboli versi. Appoggiai la testa su una spalla, chiusi leggermente gli occhi. Sentii in sotto fondo “Hallelujah” di Buckley, e la melodia mi tranquillizzò maggiormente. Quello era il mondo che desideravo. Quella era la pace in cui volevo vivere.
Sentii dei leggeri passi schiacciare le piccole margherite che spuntavano dal prato. Mi girai con il timore nel cuore, credendo che qualcuno sarebbe venuto per portarmi via da quella calma, dal mio mondo. Era una donna, con aria misteriosa e con un’incredibile eleganza nei movimenti. Fissava il vuoto, e mentre camminava con le dita della mano destra si attorcigliava i capelli dorati. Era completamente nuda, ed aveva una bellezza fuori dall’ordinario.
Come quando un cane vede ritornare il suo padrone prima si agita e poi si acquieta, così feci anche io alla sua vista.
 Quando mi si sedette di fianco, si volse, dando maggior attenzione a un piccolo bambino che si stava agitando nel bosco tenebroso. Il sorriso della madre lo calmò improvvisamente, si avvicinò e si aggrappò al braccio della donna. Mi fissò con occhi tristi, come se gli avessi preso il suo gioco preferito.
Distolsi lo sguardo e mi sdraiai supino per fissare la maggior parte delle stelle, sorte per ammirare il corso della luna. Le ultime note di “Hallelujah” risuonarono nell’ aria, ed io potei chiudere gli occhi e riposare sulla terra ferma, anche se mi sentivo tanto leggero da credere di volare.


Sentii dei forti rumori, aprii gli occhi. Il denso blu del cielo si trasformò in un’inquietante grigio. Mi alzai di scatto. Tutto ciò che c’era sotto ai miei piedi si mutò in fredda roccia, e non potei fare a meno di accorgermi che quella verde collina era ormai scomparsa. La donna piangeva, e con le mani verso il cielo fissava incredula il bambino. Suo figlio si stava inoltrando sempre più nell'oscurità, stando mano nella mano con un uomo. Anche se la mia mente era occupata dal desiderio di raggiungere la vetta più alta della felicità, osai alzarmi, e dirigermi combattivo verso l’alta sagoma, anche se questo avrebbe causato una mia sconfitta. L’inseguimento sembrava non finire, e più mi avvicinavo più l’ombra si infittiva nell’oscurità. Ritornai indietro, mi sedetti vicino alla donna e l’abbracciai forte, riducendo il gelo che un forte vento emanava. Sentii i singhiozzi farsi sempre più forti, e non potei fermare una fredda lacrima scivolare sulla mia calda guancia.


Mi alzai ansimante nel cuore della notte. Avevo paura, e la figura della madre piangente non si scollava dalla testa. Misi le mani tra i capelli, e cominciai a piangere silenziosamente. Mi guardai intorno, e grazie al lampione vicino casa riuscii a distinguere gli oggetti. C’era un silenzio inquietante, che dava fastidio alle orecchie. Si sentiva solo il lamentoso pianto e il battito del mio cuore.
La donna era probabilmente quella che avevo visto giorni prima. Non riuscivo a pensare a nient’altro, se non alla sua bellezza, alla sua fragilità.

Mi vestii velocemente, presi le chiavi di casa e corsi sotto la luce artificiale dei lampioni. Dovevo pensare ad altro. Dovevo far in modo di togliermi dalla mente quella perfetta creatura.
La città era silenziosa, e non riuscivo a sentire altro se non il rumore dei miei passi. Per un po’ credei di essere rientrato in quell’incubo, e di far nuovamente parte dell’enorme amarezza. Cercai di pensare ad altro: alla scuola, alla famiglia, e a tutte le cose che un comune adolescente dovrebbe pensare.
Dopo aver fatto una cinquantina di passi, vidi in lontananza un ragazzo vestito di nero, con gli occhi tanto azzurri da accecare la vista. Quando capii che mi stava fissando mi sentii in pericolo, così, senza darlo a vedere, mi infiltrai spaventato nel sentiero alla mia destra.
Dopo aver fatto pochi metri mi ritrovai di fronte allo stesso ragazzo. Mi fermai per un istante a guardarlo; aveva dei capelli neri come la pece e il viso da modello. Non riuscivo a capire come avesse fatto a correre così velocemente, e non capivo neanche cosa potesse volere da uno come me.
- Chi sei? Perché mi segui? – chiesi tempestivo.
Non feci neanche in tempo a pronunciare queste poche parole che, con una velocità sovrumana, si avvicinò e mi ordinò di seguirlo. Anche se avessi voluto, non sarei stato in grado di disubbidire. Così fui costretto a seguirlo, dimenticandomi totalmente della ragazza bionda. Ora la mia prima priorità era quella di soddisfare i desideri del ragazzo-modello.
Si fermò di fronte un auto, occupò il posto di guida, e con un cenno mi ordinò di salire.
Rimasi in silenzio per tutto il viaggio, avendo paura di dire banalità o di irritarlo con il solo suono della mia voce.
Quando l’auto si fermò, vidi una vecchia casa illuminata da grandi torce sulla porta d’ingresso. Scese dalla macchina e mi fece cenno di seguirlo.
Entro poco tempo ci trovavamo già all'interno dell'edificio. Mentre mi giravo intorno per studiare  i particolari più minuziosi, il ragazzo bevve dell’alcol e chiamò qualcuno con il cellulare. Tutto senza dire una parola. Rimasi in piedi, fermo ad aspettare delle spiegazioni. Quando terminò la chiamata mi si avvicinò e disse svogliatamente: - Non devi temermi… Sono innocente! – e poi face una leggera smorfia, distogliendo lo sguardo altrove.
- Perché sono qui? – chiesi di nuovo con timore.
- Non perdiamo il tempo in chiacchiere! – sparì da sopra il divano, mi cinse da dietro le spalle, e mi morse il collo.
Svenni, e inerme caddi per terra.


Mi risvegliai trovandomi in una piccola prigione. Tutto ciò che sentivo e vedevo mi sembrava una novità: riuscivo a percepire cose che prima non avevo neanche mai pensato. Mi alzai di scatto dal vecchio letto e fissai la porta in cerca di una maniglia. Volevo aprirla e fuggire da quella cella.
Avevo fame. Non capivo perché mi trovassi in una prigione, e prima che potessi rendermene conto il ragazzo vestito di nero raggiunse l’entrata e disse: - è ora di mangiare!
In quell’istante cominciai a ricordare gli ordini che mi aveva impartito, ed anche se volevo scappare da quell’infimo posto, dovetti seguirlo, temendo di non trovar nulla da mettere sotto i denti.
Mi portò in città, di fronte alla scadente libreria di Mystic Falls. C’era un grande capannone che faceva da ingresso a un edificio dove probabilmente stavano festeggiando un evento. C’erano studentesse che indossavano mini vestiti e che non esitavano a mettersi al centro dell’attenzione. Fissarono sbigottite e con la bava alla bocca il misterioso ragazzo al mio fianco. Mi chiedevo perché mi avesse morso, e perché mi avesse portato in quel luogo, ma ormai ero troppo affamato per pensare lucidamente.
- Come ti chiami? – chiesi esitante.
- Damon.
Guardò in mal modo quelle troppo espansive, e raggiungemmo velocemente il bagno del locale. C’era un gruppo di tre ragazze. Si stavano specchiando, e stavano discutendo sul mascara migliore. Sembravano comuni adolescenti: sorridenti e con tanta voglia di divertirsi. Dopo pochi secondi una abbandonò il gruppo per inoltrarsi nella mischia, sotto il suono assordante delle grandi casse.
- Ladies… - accennò con un sorriso spavaldo – permettete… - le due si erano subito arrossite, e dopo che Damon le baciò le mani, le afferrò e le comandò di tacere e di fare ciò che gli si chiedeva.
Stavo cominciando a dare di matto, così feci per uscire, quando vidi il sangue scorrere dalla bocca dell’essere che credevo esistesse solo nelle storie horror. Aveva la testa di una ragazza tra le mani, e due profondi fori le segnavano il collo.
- Ma… cosa diavolo fai? – accennai imtimorito, sgranando più volte gli occhi alla vista di un essere così spietato. Usciva sempre più sangue dal collo della povera vittima, e lo sporco pavimento si ricoprì di rosso. Alla vista di quel liquido così denso cominciai ad avere un’irresistibile desiderio di berne un po’. Cinsi il corpo della ragazza e bevvi tutto il suo sangue. Mi sentivo potente, capace di potere far di tutto. Lo sguardo di Damon divenne stranamente più azzurro, e un grosso sorriso gli si stampò in faccia. Sentivo un tremolio ovunque, afferrai il braccio del vampiro che mi aveva condannato a vita e lo pregai di lasciarmi l’altra ragazza. Era pallida, terrorizzata, e piangeva pietrificata alla vista della compagna uccisa. Era cosciente di non poter far niente per evitare la morte imminente. Damon acconsentì facendo segno con le mani, e mi fissò con nuovi occhi.
Fissai per alcuni istanti la ragazza, gli afferrai un braccio e lo perforai con i miei nuovi, acuti canini. Feci una seconda vittima, la seconda di una lunga catena: il sangue diventò la mia nuova droga.
Mi vidi per un secondo allo specchio e capii che quel riccio ragazzo biondo, quel fifone che amava star da solo, lontano da occhi indiscreti e pieni di cattiveria, si era trasformato in un combattente, impaziente vampiro, pronto e desideroso di spegnere vite per la propria sopravvivenza.
Leccai il sangue che mi colava dal labbro inferiore e con Damon mi inoltrai fuori dal locale.



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Angolo autore:

Grazie a tutti, e scusate per aver postato in ritardo! ;)
Ringrazio con tutto l'affetto la fantastica Nimueh, che mi fa da Beta con la "b" maiuscola :3
Scusatemi per errori ortografici e di battitura.

@AmoTVD98: Come ti è sembrato questo chappy? Vuoi sapere dov'è Stefan? :3

@Nimueh: Grazie bella! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto tanto quanto er secondo :P

@Vampire_: Grazie per la recensione, spero seguirai la storia ;)

@Vallyjessi: Ecco postato! Scusami per il ritardo! Cumunque se seguirai la fanfiction troverai il Klaroline :3 Quindi devi avere solo un po' di pazienza :D Grazie di nuovo per la recensione.

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Capitolo 4
*** Stato di transizione ***






Stato di transizione


Una quantità enorme di ragazzi si spingeva con forza per entrare al più presto nel locale. 
Mentre Damon cercava di farsi spazio tra la folla, io lo seguii stupefatto: riuscivo a sentire il caldo sangue scorrere nelle vene di ognuno di loro, ed ero tormentato dai loro pensieri.
Usciti fuori dalla mischia camminammo per un breve tragitto; Damon mi sussurrò di seguirlo.
Correva velocemente, e più di una volta lo persi di vista.
Ero diventato un vampiro. Un essere spregevole, capace di mietere vittime su vittime. Mi sentivo totalmente diverso. Con un piccolo morso il ragazzo che stavo inseguendo aveva cambiato la mia vita.
Attraversammo una piccola foresta, dove gli animali selvaggi stavano riposando tranquillamente.
Stavo correndo alla velocità della luce, e mi sentivo come fossi rinato, capace di conquistare il mondo.
Quando si fermò scrutai per una seconda volta la sua vecchia casa. Questa volta però, dalla finestra vicino l’ entrata si potevano vedere due sagome muoversi lentamente.
Damon varcò la soglia con grande facilità, mentre io sbattei più volte il muso contro un’invisibile barriera. Era come se qualcosa mi bloccasse dall’interno, così cominciai a dare dei pugni con tutta la forza che avevo, credendo di rompere la barriera e di poter finalmente entrare, ma fu tutto inutile.
- Puoi entrare! – gridò una voce femminile all’interno. Facendo un passo più deciso in avanti, mi ritrovai senza alcuna difficoltà nel corridoio dell’ingresso. Mi girai attorno, per studiare l’edificio e per cercare Damon.  Mi voltai sulla sinistra, e vidi il vampiro appollaiato su un grosso sgabello, che sorseggiava da una bottiglietta d’acqua.
Nella cucina mi aspettavano un altro succhia sangue e una ragazza alquanto impaurita.
- Perché l’hai trasformato? – chiese l’umana rivolgendomi uno sguardo di compassione.
- Deve essere forte! – rispose Damon seccato.
- Ma che diavolo succede? – chiesi, incosciente del futuro che mi aspettasse.
La ragazza dalla carnagione scura mi fissò per un secondo, fece un cenno al vampiro e mi informò: - Dobbiamo fare un incantesimo! – Vampiri… streghe… Ormai facevo parte di quel mondo. Appena capii in che guaio mi ero cacciato, sentii una strana sensazione. Non avevo paura, ma cominciai a credere di non essere tanto forte come prima.
- I-Incantesimo? C-Che tipo di incantesimo?
Entrò un altro vampiro, con aria da saputello e con sguardo penetrante.  Mentre mi fissava dalla testa ai piedi, io gli rivolsi uno sguardo di disprezzo.
- Damon, non gli hai spiegato niente? – Sembrava irritato, stanco dalle azioni del vampiro dagli occhi di ghiaccio.
- E così sarebbe scappato a gambe levate? Potevo ipnotizzarlo, ma non l’ho fatto!
- Damon! – lo fermò fulminea la strega.
- C-Cosa volete farmi? – chiesi impaurito, cosciente che se avessi voluto affrontarli, sarei finito all’istante all’altro mondo.
- Fatemi restare da sola con lui, andate fuori! – ordinò la ragazza.
- Ma sei impazzita? Bonnie, non abbiamo tempo. – affermò perplesso Damon, scostandosi il più possibile dal vampiro misterioso.
- Facciamo come ci dice. – asserì l’altro. Damon non capì l’importanza della richiesta di Bonnie, ma poi uscì esclamando solo: - Fa come ti pare! - .
Capii che la voce della donna era diversa da quella che mi concesse di entrare. Era più cupa, più impaurita. Sembrava gli aspettasse di fare un compito alquanto spregevole. Era triste, lo si poteva capire dagli occhi lucidi e dalla voce strozzata.
Qualcosa mi diceva di potermi fidare di lei, di poter stare al sicuro.
Quando i due vampiri chiusero la porta d’entrata alle loro spalle, Bonnie non esitò un secondo: mi afferrò per  un braccio, e mi portò in una camera buia, dove non trapelava neanche un filo di luce dalle finestre serrate. Non si vedeva un granché, ma potei scorgere la sagoma di una donna, che sedeva su una scricchiolante sedia.
- Elena, l’abbiamo trovato. – disse Bonnie con una stridula voce. Accese la luce, e potei finalmente vedere il volto della ragazza che mi aveva parlato al telefono. Era legata. I suoi occhi mi guardavano con un filo di tristezza, di terrore. Aveva la faccia sfregiata, i capelli legati all’indietro e un viso pallido.
Appena la vidi mi venne un tremolio alle gambe, e le mani incominciarono a intorpidirsi.
- Nathan… - accennò la voce ferma e fioca di Elena. Rimasi per un istante immobile, e non riuscii a dire una sola parola.
- Cosa ti è successo? – chiesi dopo aver esitato per lungo tempo.
- Elena, - incominciò Bonnie rivolgendomi lo sguardo – è stata trasformata. Appena è entrata in stato di transizione, Damon l’ha portata a casa, e da un momento all’altro ha cominciato a dimenarsi e a lamentarsi.  Quando sono venuta l’ho trovata così. – si fermò fissando malinconica l’amica. Poi riprese: - Qualcuno ha fatto un potente incantesimo, bloccando il suo flusso sanguigno per lungo tempo. Devi aiutarci! Hai detto che Caroline ti ha lasciato il numero di Elena.  Devi trovarla! Devo fare un incantesimo per annullare quello che sta uccidendo Elena, e per realizzarlo ho bisogno di sangue di licantropo.
- Caroline è incinta, e suo figlio potrebbe salvarla. – appoggiò una mano sul viso della ragazza, e pianse a singhiozzi.
Licantropi?  Tutto quel sovrannaturale mi faceva sentire un estraneo.  
Pensai a Caroline. È così che si chiama la ragazza più bella al mondo, pensai. L’ idea di rivederla mi fece sorridere un po’, tanto poco da non darlo a vedere.
Per quanto mi sforzassi non riuscii a credere alle parole della strega. Tutto ciò mi sembrava troppo surreale. Credei di essere in un sogno, o di stare totalmente impazzendo. Mi appoggiai ad un mobile che avevo di fianco, e fissai incredulo il pavimento.
- So che tutto questo può sembrare assurdo… - Bonnie non potette finire la frase che urlai rocamente: - Tutto questo è assurdo!
Iniziai a pensare di dovermene andare, di dover ritornare al mondo normale che mi aspettava fuori da quella casa. I vampiri e i licantropi non fanno per me, pensai. Mi girai intorno per cercare una via d’uscita, e prima ancora che riuscissi a trovare la porta Elena fece per alzarsi. Soffriva, era debole. Si aggrappò a Bonnie  con forza e con determinazione riuscì ad alzarsi dalla scricchiolante sedia. Mi fissò. Non disse una parola, forse perché era troppo debole per parlare, ma così riuscii a scorgere l’amarezza dei suoi occhi neri, e furono quelli  a convincermi di aiutarla.
Poi Bonnie riprese : - Dobbiamo salvare Caroline!
Sa come convincermi, pensai.
Trovare quella ragazza era come dire “trovare un ago in un pagliaio”. Ero entusiasta all’idea di rivederla, e di condividere con lei la mia nuova natura, ma scoprire dove si trovasse era quasi impossibile.
Mi aveva dato il numero di Elena. Forse voleva che l’aiutassi, o forse aveva bisogno di lei.
Dopo alcuni secondi di riflessione chiesi con voce più sicura: - Come facciamo a trovarla?
- Non posso fare incantesimi di ricerca: devi trovarla da solo. So che negli ultimi periodi di tempo è stata con te, forse ti ha detto qualcosa… forse sai… - la bloccai: - No. Non mi ha detto niente.
Elena si sedette stanca, e dopo aver passato molto tempo in silenzio, decisi di credere in quelle parole. Promisi che mi sarei impegnato per ritrovare Caroline e riportarla a casa. Bonnie fu entusiasta, e mi diede un anello che mi permise di camminare alla luce del sole. La vidi fare un lieve e falso sorriso, prima di abbracciarmi e di congedarmi.
Uscii da quella casa inquietante molto di fretta,  e senza neanche salutare i due vampiri, corsi con velocità sovrumana oltre la foresta.
Per un momento l’infelicità che si stava espandendo in ogni parte del corpo, si mutò in orgoglio, malvagità.
Ripensai al fresco sangue che Damon mi aveva fatto bere quella stessa sera. Era.. estremamente buono, ed ebbi la necessità di succhiarne un altro po’. Mi ripromisi di andare in città e di fare solo una vittima, per poi ritornare a casa.
Mi recai nella parte periferica, dove un piccolo gruppo di nomadi viveva in miseria, sopravvivendo con i pochi spiccioli che gli davano i passanti.  Mi avvicinai silenzioso, leccando le labbra per il desiderio estenuante di riassaporare il denso liquido.
In totale erano cinque uomini e una donna. Tre di loro dormivano, altri tre si stavano riscaldando vicino a un piccolo fuoco. Buttai una pietra all’estremità opposta del loro echeggiare, in modo che tutti, attratti dal suono, mi rivolgessero le spalle. Corsi furtivo, avvinghiai un uomo con il braccio destro, e scappai nell’ oscurità. Lo uccisi prima che potesse urlare, prima che potesse chiedere aiuto. Mi sentivo forte e provai un’enorme godimento quando sentii il sangue scorrere veloce nel mio corpo.
La mia testa fu invasa dal desiderio di uccidere anche gli altri nomadi, e riuscii a controllarlo solo dopo alcuni secondi.
Mi risuonò in testa la parola “ipnotizzato”. Damon aveva detto di volermi ipnotizzare… ne sarei mai stato in grado anche io? Mi chiesi se fosse possibile comandare qualunque persona per il solo scopo personale.
Così, volendo studiare il più possibile i miei nuovi poteri, mi avvicinai ai nomadi sconvolti dalla sparizione del loro amico. Non fecero neanche in tempo a urlare, quando gli venni di fronte e gli ordinai di dimenticare tutto istantaneamente. Gli occhi dei due prima si socchiusero, poi si spalancarono di botto, quando dissero di voler soddisfare tutti i miei desideri.
Feci una grassa risata, facendo risuonare l’eco per tutta la città.
Ritornai a casa, con i sensi  maggiormente sviluppati, e finalmente contento del mio nuovo essere.
Giunsi sulla soglia d’ingresso, e mi accorsi che era tutto completamente buio.
L’odore di carne umana si fece sempre più forte, fino a quando con grande sforzo riuscii ad andare in camera da letto. Non volevo uccidere i miei genitori, non volevo far loro del male.
Mi buttai sullo scomodo letto e sprofondai in un lungo sonno.







@@@
Angolo autore:
Ringrazio chi ha deciso di mettere la storia tra i seguiti, i preferiti e le ricordate, e come sempre la mia Beta Nimueh, e la sua pazienza nei miei confronti.
Mi scuso per il ritardo e per i vari errori.

@  AmoTVD98: come ti sembra ora il povero Nathan? Ahahah, e beh.. Stefan.. sono assolutamente d'accordo con te!
@  Nimueh: Come ti sembra questo capitolo? E beh... stravolgere tutto il testo nel momento prima della pubblicazione è il mio stile :D Comunque sul precedente capitolo avevi più che ragione su alcuni aspetti. Quindi.. niente... ti dico solo che la pedofilia non è il mio genere (:3): egregi saluti.
@  vallyjessi: Mi sembra che del Klaroline si trovi nel capitolo seguente ;) Grazie per aver recensito, e spero che questo capitolo ti sia piaciuto come quello precedente.
 

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Capitolo 5
*** Cercasi indizi ***








Cercasi indizi


Mi trovavo in una casa d’epoca, ma non diedi importanza ai minuziosi particolari, concentrandomi solo sull’uomo che avevo di fronte.
Era seduto di spalle su una poltrona di vecchia data, ricca e piena di dettagli e si trovava di fronte a un gran camino, che emanava sufficiente luce per distinguere gli oggetti che mi circondavano. Sorreggeva con la mano destra un grande calice di vetro, da dove si poteva scorgere del vino rosso, e riuscivo a vedere a malapena i suoi ricci capelli biondi.
La stanza era silenziosa, e si sentivano solo gli scoppiettii irregolari del fuoco.
Dalla porta dietro alle mie spalle entrò Caroline, si sedette su una poltrona vicina a quella dell’uomo e disse : - Klaus, sono qui. – il suo volto era leggermente turbato, e in modo rispettoso attese una risposta dall’uomo.
- Caroline, - iniziò rivolgendogli lo sguardo – ti amo.
Lei esitò alcuni istanti, e mi sentii totalmente estraneo da quella conversazione. Non ero a mio agio: non avevo mai sopportato trovarmi nel bel mezzo di un dialogo privato.
Caroline rispose con tono aspro e tagliente: - Come puoi dire una cosa simile? Con la morte di Tyler sei riuscito a ritornare in vita… lo hai usato! Sfrutti chiunque ti stia intorno!
Cercando di rispondere alle accuse della ragazza, sbraitò delle frasi incomprensibili e divenne rosso dalla rabbia. Poi chiese: - Perché dubiti del mio amore?
- Se mi avessi amata davvero non avresti causato la morte di Tyler. Se mi avessi realmente amata non mi avresti rapita! Tu te ne freghi di tutti, e non è un caso che sei rimasto solo come un cane! – asserì Caroline. Si alzò, lo fissò in malo modo e uscì rapidamente dalla stanza. Klaus fece un piccolo sorso e rimase immobile nell’oscurità.
Rincorsi la ragazza bionda e la vidi dirigersi in una camera molto illuminata, dove un'anziana umana, sicuramente soggiogata, stava spolverando i mobili. La vidi sedersi sul letto a baldacchino e piangere sommessamente. Mi avvicinai, e ammirai quegli splendidi capelli dorati. Volevo parlarle, dirgli quanto era bella, cosa aveva suscitato nel mio cuore, ma non riuscii a dire una sola parola. Mi avvicinai e con un dito gli sfiorai i capelli, quando di scatto alzò il volto bagnato di lacrime, e la donna che stava pulendo precisamente ogni arredo, disse stupefatta: - Cosa è successo Miss Carol?
- Niente! – urlò spaventata la ragazza. Aveva le mani che le tremavano, e fissava il vuoto con gli occhi sgranati.
- Oh… non mi dica che è agitata per l’appuntamento di domani? Il signor Donovan sarà più che entusiasta del suo arrivo!




Ripetei nella mia mente più volte la parola “Donovan”, ma non mi ricordava nessuno.
Quando mi svegliai i raggi del sole che trapelavano dalle scure tende che avevo in camera, mi davano fastidio, mi sentivo pungere su tutto il corpo. Mi alzai di scatto e chiusi con forza i due teli.
Ora ero un vampiro… cosa dovevo fare?
Decisi di continuare la mia solita routine da umano: mi vestii a casaccio, preparai la borsa, accarezzai il mio grasso gatto e mi precipitai in cucina.
- Buon giorno Nate. – urlò mia madre entusiasta del suo primo giorno di lavoro.
- ‘Giorno. – risposi secco.
Vidi la tavola piena di biscotti e tazze con il latte. Mi chiesi se ora che ero vampiro potevo ancora assaporare il cibo. Mi sedetti muovendo la sedia energicamente, e poi faci tre o quattro sorsi. Era come se il liquido stesse dando a pugni le mie gengive: era pessimo, mi dava il voltastomaco! Così dissi di essere sazio e di non voler mangiare altro. Poiché da umano ero un ragazzo molto goloso, mia madre fu inizialmente sorpresa del mio rifiuto, ma poi si dedicò completamente alle attenzioni di mia sorella, Annabel. Aveva cinque anni, e per quanto potesse darmi fastidio, l'adoravo. Cominciai a pensare di non poter far più parte della sua vita: ero un vampiro, e se fossi rimasto in città per tanto tempo, qualcuno avrebbe cominciato a insospettirsi.
Pensai e ripensai al mio futuro, ma dopotutto non ero dispiaciuto: ero un essere immortale, con una forza straordinaria e con la velocità della luce, cosa volevo di più?
Qualcuno bussò alla porta, e il mio unico fratello andò ad aprire frettolosamente. Subito dopo ritornò in cucina e bisbigliò a bassa voce: - Nate è per te! –
Spostai la sedia, accarezzai i capelli di Annabel e andai all’ingresso.
Appena vidi Damon lo salutai con un ghigno e mi avvicinai alla porta.
- Dormito bene? – chiese ironico.
- Sì… non male.
Lo feci accomodare e senza dire niente a nessuno, lo portai in camera mia. Rimase in piedi, mentre io, stordito dall’inquietante sogno, mi appoggiai delicatamente sul letto. L’imbarazzo che c’era stato giorni prima tra me e Damon era ormai scomparso, e lo sentivo come un amico, una persona di cui fidarmi.
- Mi chiedevo come potremmo trovarla. Non abbiamo tracce, alcun indizio… - non mi lasciò finire la frese che rispose: - Bonnie sa un incantesimo che può farti ricordare cosa è successo quella sera in ospedale. Qualcuno è riuscito a soggiogarti senza farti ricordare niente, neanche dopo la trasformazione: è stato aiutato dalla magia. È l’unica soluzione che abbiamo.
Cercai di confortarmi e convincermi di quelle parole. Avrei fatto quest'incantesimo, avrei trovato Caroline sana e salva, e poi tutto sarebbe ritornato alla normalità.
Fissai il suo volto per alcuni istanti, e dagli occhi potei scorgere tristezza, odio. Tutti erano angosciati per la disgrazia che era capitata a Elena, ma lui non era semplicemente abbattuto, era disperato, tormentato.
- Damon, si risolverà tutto. - abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi.
- Lo spero. Giuro che staccherò la testa a quel fottuto vampiro! - strinse i pugni, e mi fissò con occhi pieni di odio. Feci un sobbalzo per la paura, abbassai il capo e rimasi in silenzio.
Vidi l'orario sulla sveglia appoggiata alla scrivania, e capii di essere tremendamente in ritardo, così misi sulle spalle lo zaino, e ritornammo al piano terra.
- Vengo a casa tua verso le due, ok? - chiesi tempestivo.
- Ai suoi ordini, assassino incallito. - rimasi un momento a bocca aperta, poi mi convinsi che uccidere era una cosa naturale per la mia specie, e che non dovevo vergognarmi o pentirmi delle mie azioni.
Con un sorriso abbagliante salutò educatamente mia madre, aprì la porta e fu ben presto fuori di casa. Ritornai in cucina, dove ormai la tavola era già stata sparecchiata, salutai mia madre e Annabel con un bacio sulla guancia, dissi un "ciao" ad alta voce e corsi fuori casa.
La mattinata passata a scuola fu davvero estenuante, e quando suonò la campanella dell'ultima ora mi sentii grato e sollevato. Non avevo molti amici, e quasi tutti mi consideravano solo un nerd psicopatico, così salutai quei pochi cervelli in classe ed uscii frettoloso dall'assordante edificio. Dovevo andare a casa Salvatore, partecipare a questo maledetto incantesimo e sperare di trovare un indizio sulla scomparsa di Caroline.
Mi passò in mente il volto sanguinante di Elena, e compresi che in ballo c'era la vita di due persone: dovevo assolutamente dar una mano per salvarle!
Non passai nemmeno per casa, e per non far preoccupare i miei lasciai un messaggio in segreteria. Entrai in macchina ed accelerai a tutto gas verso la dimora della mia nuova specie. Stranamente guidare alla velocità della luce mi faceva sentire... figo, e non avrei più voluto fermare quell'azione così pericolosa.
Passati quattro isolati, parcheggiai la macchina e oltrepassai il fitto bosco a grande velocità: volevo sfogare la voglia irrefrenabile di sfruttare i miei poteri.
Mi stava venendo un leggero languorino, e mi ripromisi che appena avessi finito l'incantesimo, sarei andato a cercare una vittima succulente. Forse avrei ucciso un altro nomade, o forse una fanciulla indifesa. L'idea di succhiare del sangue mi faceva sentire meglio, e il più delle volte il cuore cominciava a battermi velocemente e mi trasformavo in un vampiro affamato.
Quando arrivai a destinazione, bussai alla porta e fui subito all'interno.
Vidi Stefan aspettarmi sulla soglia di ingresso, e con uno sguardo da snob mi riferì che Bonnie stava preparando il materiale per l'incantesimo. Mi indicò la stanza dove la strega mi stava aspettando, e, bofonchiando solo un "grazie", gli diedi una leggera spallata e raggiunsi la camera. Odiavo quel vampiro con tutta la mia forza: il suo dolce sguardo, la sua risatina irritante, quel modo di parlare così grave e antiquato, erano tutte cose che mi davano un enorme fastidio.
Aprii lentamente la porta, quando emanai un verso per lo stupore.
La stanza era in penombra e candele accese insieme a vecchi libri erano appoggiati per terra. Nell'aria c'era un non so che di strano, di magico. Un ragazzo dai capelli castani stava parlando con Bonnie, e quando si accorse che lo stavo fissando curiosamente, si voltò e mi porse la mano.
- Sono Jeremy. Grazie per voler aiutare mia sorella.
- Non sto facendo niente di che...
Bonnie rovistò qualcosa in una grossa sacca, e il ragazzo si volse di scatto non appena sentì il suo nome.
- Jeremy, potresti prendermi un bicchiere d'acqua? - e così, in men che non si dica, uscì dalla stanza ubbidiente. Sembrava un bel ragazzo ricattato da una morsit, allerta per fare qualunque cosa.
Cominciai a sentirmi fuori luogo, così mi rannicchiai sulla poltrona sotto la finestra e aspettai comandi. Quella ragazza metteva in soggezione, sembrava una leader alle prime armi.
Jeremy ritornò poco dopo con l'oggetto desiderato, poi si mise in disparte, guardando attentamente l'incantesimo. Bonnie mi prese per un braccio e mi sedetti in mezzo ad un cerchio di candele accese. Prese il taglierino che aveva in tasca e mi procurò un sottile taglio sul palmo della mano, e fece colare delle piccole gocce di sangue nel bicchiere pieno d'acqua. Mescolò lentamente con un piccolo cucchiaino, mentre pronunciava a bassa voce delle parole incomprensibili. Aveva gli occhi semichiusi, ed io la fissavo in preda all'agitazione. Dopo aver posato il bicchiere per terra, mi cinse la testa con tutte e due le mani e mi sentii diverso, come se stesse succhiando la mia intera essenza; così, inerme di fronte alla strega, mi abbandonai completamente alla sua volontà. Chiusi gli occhi e vidi ondeggiare dei teli di taffetà leggera. Riaffiorarono alla mente ricordi di qualunque genere, e mi sentii per la prima volta nudo di fronte a un essere umano.
Poi, ad un tratto, Bonnie cominciò ad urlare e a pressarmi fortemente la testa.
Rividi la stanza d'ospedale, la ragazza stesa sul letto, ma c'era anche un'altra figura, una donna dai capelli biondi; stava parlando con Caroline, e più di una volta mi segnò a dito. Quando gli strinse un braccio e cacciò dalla tasca una siringa, l'ammalata cercò in tutti i modi di staccarsi dalla presa. Quella ragazza impugnava l'oggetto come fosse un pugnale, e con una forza sovrumana gli perforò il braccio e gli iniettò un liquido.
Dopodiché Caroline si dimenò, e cominciò ad urlare a squarciagola, si aggrappò al letto, e più di una volta si morse un labbro per il dolore. Nessuno entrò per soccorrerla, nessuno sentii le grida assordanti. Dopo pochi secondi la splendida ragazza dai capelli d’oro chiuse la bocca e lasciò cadere la schiena sul letto. Con ritmo serrato apriva e chiudeva gli occhi, fin quando gli scivolò lentamente una lacrima sul viso.
Feci per alzarmi, quando la sconosciuta con una velocità vampiresca mi si avvicinò, mi strinse il collo e mi ordinò di dimenticare tutto. Sì.. ero stato soggiogato.
Mentre mi ordinava cosa fare, Caroline alzò tremolante la schiena dal letto, e con gran difficoltà scrisse qualcosa su un biglietto. Lo infilò nella tasca della giacca che era appoggiata su un mobile al suo fianco, si mise supina, e poi lasciò le mani libere di pendolare all’estremità del letto. Dopo averla vista in pericolo, chiusi gli occhi e mi accasciai sulla poltrona.
Riaffiorò nella mente anche lo strano sogno che avevo fatto quella sera stessa. Caroline, Klaus... Donovan. Lo rividi tutto per intero, quando Bonnie smise di urlare e levò di scatto le mani dalla testa, poi si alzò tempestivamente da terra e mi fissò perplessa. Gli colò del sangue da una narice, poi cominciò a barcollare. Con una mano strinse il ciondolo che aveva al petto, e incominciò a guardarmi con occhi pieni di amarezza.
- Bonnie! - gridò Jeremy, sollevandola e facendole d'appoggio.
- Cos'era quella scena con Klaus? - chiese intimorita.
- Klaus? - ripeté Jeremy sbalordito. Mi rivolse di scatto il suo malefico sguardo, come se fossi stato io la causa della debolezza di Elena, come se fossi il complice di un serial killer.
- Era un sogno, l'ho fatto stanotte.
- Non era affatto un sogno! – cominciò con il capo chino -Perché hai fermato l'incantesimo? – era chiaro che la strega non credeva alle mie parole.
- Io non ho fermato un bel niente!
- Qualcosa non va... - pensò dubbiosa Bonnie. Si alzò, spense le candele e le infilò tutte nella grande sacca, poi, con voce rauca, quasi stesse per piangere, aggiunse: - Rebekah ha rapito Caroline. -


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Angolo autore:

Ringrazio chi ha deciso di mettere la storia tra i seguiti, i preferiti e le ricordate, e come sempre la mia Beta Nimueh, e il suo essere ritardataria nelle recenti giornate.
Mi scuso per il ritardo (che ormai è abitudine) e per i vari errori.
Ammetto che questo capitolo è venuto come è venuto, perchè stupidamente ho cancellato per sbaglio un pezzo di capitolo, quindi l'ho dovuto riscrivere arrangiandomi con le bozze che avevo preparato: SIATE CLEMENTI eheh.

@AmoTVD 98: Ecco un pizzico di Klaroline, fammi sapere cosa ne pensi! Stefan, a tuo piacimento, l'ho reso uno snob fastidioso eheh Allora, sei contenta? Grazie per aver recensito, spero che la storia continui ad interessarti ancor di più!

@CherryMarti: Ecco postato! Ora hai capito meglio la funzionalità dei sogni di Nathan? Non vorrei far impazzire i lettori con questi "strani sogni". Comunque grazie di tutto per i complimenti (eccessivi :P) che mi hai fatto, e spero che questo capitolo ti sia piaciuto come gli altri.

@_Vampire: Grazie! Sono contento che la mia breve storia stia piacendo anche ad un'altra persona :) Spero che continuerai a seguirla come stai facendo :)

@vallyjessi: Eccolo qui! :D Esatto! è proprio questo che voglio far capire a chi legge la storia: nessuno deve sentirsi in colpa per quello che è. In questo capitolo l'ho sottolineato maggiormente, e spero che tu l'abbia notato e apprezzato. Spero che ti sia piaciuto come tutti gli altri ;)

@Klaroline99: Non preoccuparti! Grazie per le tue parole, mi danno sollievo in mezzo a tanto strazio ( o.O cosa ho scritto?! Sarà perchè sto leggendo "Mille splendidi soli", ma la cosa mi fa paura). Comunque non temere, ci sarà a breve un pov della nostra amata Caroline ;)

@Nimueh: Te ce ringrazio (che italiano corretto!) per aver aiutato quest'individuo.

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Capitolo 6
*** Il caldo gusto della passione ***








Il caldo gusto della passione

 
Sentivo freddo, come se mi avessero inniettato del ghiaccio nelle vene.
Con il volto tra le mani pensavo alla mia debolezza, al perfetto viso di Tyler e alla crudele sfacciataggine di Klaus. Vidi la signora Grinc, la domestica di casa, fissarmi con un falso sorriso e degli occhi enormi. Sembrava l'incrocio tra un brutto pesce e una bambola assassina. 
Aspettava una risposta, anche se non avevo ben capito cosa c'entrasse la famiglia Donovan in tutto questo. Pensai a Matt, timido, distrutto per la morte dei suoi genitori, di sua sorella, con una vita così monotona e malinconica, ma allo stesso tempo forte, capace di  affrontare qualsiasi situazione a testa alta. Ero davvero stupita dalle sue incredibili doti.
Poi presi coraggio e risposi alla sua domanda: - Il signor Donovan? Di cosa parli? 
- Uh, non dovevo dirglielo! - fece una grassa risata, e mi stupii che i vetri fossero ancora tutti intatti dopo le urla così assordanti. Poi riprese - Mi deve scusare, signorina. - si volse di scatto e continuò a spolverare quei mobili antichi che circondavano la camera.
Aveva folti capelli a caschetto, robusta e infagottata da un vestitino grigio, che dava l'idea di sporco, di animale. Quella donna così spavalda, con quella risatina facile mi faceva salire il sangue al cervello. Ero stanca della mia debolezza, dovevo reagire! Non potevo più pensare e ripensare Tyler, dovevo costruirmi una nuova vita. Mi alzai, asciugai le lacrime sulle guance ed urlai a squarciagola: - Forse non mi hai sentito bene... - mi avvicinai alacre alle sue spalle, l'afferrai per il collo e gli sbattei il capo al muro - Cosa centra la famiglia Donovan? 
- Ma signorina, - rise beffarda - le ho già detto che non posso dirle niente a riguardo. Sono tremendamente dispiaciuta.
Mi sentii presa in giro, sottovalutata. Io, una vampira nel pieno delle forze, dovevo soccombere alle sue provocazioni? L'afferrai per il lurido vestito e la scaraventai in alto. Sentii le sue imprecazioni, i suoi risolini. Cadde a terra, e del denso sangue gli uscì dalla nuca.
- Rispondi, te lo ordino! 
A quanto pareva i miei poteri erano diventati inutili, e mi sentii come una comune adolescente. Le gambe cominciarono a tremare, e stare sui tacchi diventò un'impresa quasi impossibile. 
Camminai a tentoni ed imbrattai tutto il pavimento di un rosso vivo. Volevo concludere l'opera, ovvero uccidere senza alcuna pietà colei che non stava al mio comando, ma riuscii a contenermi, e per la debolezza dovetti accasciarmi sul letto a baldacchino. Cominciai ad avere paura, credetti di essere imprigionata in un mondo sconosciuto, dove tutti si erano coalizzati per rendermi la vita impossibile. Mi fissai i palmi delle mani, per controllare che tutto fosse al suo posto, che almeno il mio corpo non mi avrebbe mai abbandonata. Erano ruvide e potevano apparire brutte a prima vista, ma riuscivano a darmi sicurezza e un enorme conforto. Grazie a quelle mani ero riuscita a catturare prede per succhiarne la linfa vitale. 
Klaus entrò furtivo, con la faccia turbata e gli occhi sgranati, tanto da poter scrutare il blu oceano uscirgli dalle orbite. Grazie alla stanza illuminata potei finalmente vedere i suoi ricci capelli biondi, la sua bocca carnosa e il fisico mozzafiato. Per un attimo riuscii a distrarmi da Tyler e il pensiero dei miei amici divenne ormai lontano. 
- Miss Grinc... - sussurrò a bassa voce, mentre i suoi occhi mi fissavano impaurito. Aveva la bocca semiaperta, ed era incredulo alla vista di tutto quel sangue. Non sembrava essere preoccupato per la povera donna, ma un'aria malinconica, tormentata lo inondava bruscamente. 
- Klaus... voglio sapere la verità. - non dissi "Lasciami libera", neanche "Ti odierò per sempre perché hai ucciso Tyler", anzi, volevo rassicurarlo. In quel breve istante, grazie ai suoi occhi, al suo viso distrutto dal dolore, capii che non potevo farlo soffrire ulteriormente. Infondo voleva me, ed anche se aveva sbagliato il modo con cui approcciare un qualsiasi rapporto, ora era lì, pronto a difendermi da qualunque mostro, pronto ad amarmi per quella che ero.
- Caroline... - iniziò a mezza voce - ... ti dirò tutto. - Si avvicinò con velocità vampiresca e mi si sedette accanto. - Farò di tutto pur di renderti felice - mi prese da dietro la testa e stampò un suo bacio sulla mia fronte. 
Divenni rossa come la mela avvelenata di Biancaneve, sentii una vampata di calore salirmi su tutto il corpo. Quel bacio mi segnò a vita. Ormai ero del tutto presa da quel crudele vampiro. 
 
La signora Grinc non era un comune essere mortale, aveva un non so cosa che la rendeva speciale, fuori dal comune. Klaus non avrebbe mai osato farle del male, anche se la soggiogava da tempo. Era a conoscenza di molte cose sulla famiglia Mikaelson, e sapeva riconoscere l'odore di qualunque strega nell'arco di dieci chilometri: per Klaus quell'umana insopportabile era molto preziosa. La curò grazie al suo sangue, la soggiogò nuovamente, e mi portò nella sala da pranzo. In tutta la casa i divani erano grandi e ben disposti, mentre la tavola era piccola e piena di rifiniture, e i souvenir che poggiavano sui pochi mobili erano ingombranti e di poco gusto. La stanza era calda, anche se non vedevo neanche l'ombra di un caminetto o di una stufa, e le pareti erano tinte di un vivo rosso bordeaux. Seguii Klaus come un buon cane fa con il padrone, fino a quando si sedette su una poltrona e mi fece segno di accomodarmi. 
Cominciò il suo breve discorso con frasi senza senso, che iniziavano con interminabili "Em.. Eh..", poi, dopo costanti pause nervose, mi guardò negli occhi e strinse i pugni.
- Caroline, mi dispiace. Ciò che ho fatto è stato totalmente sbagliato. Io... provo qualcosa per te, e non sopportavo l'idea di vederti  con un altro. Hai il diritto di odiarmi, di provare rabbia nei miei confronti, e non oserei obbiettare ai tuoi sentimenti. Vuoi sapere cosa c'entra Matt Donovan... vuoi saperlo davvero? - assentii con il capo.
- Lui ti cerca, vuole vederti.
- Matt è un buon amico. - asserii laconica.
- Sì... un buon amico. Domani dovrai incontrarlo. - fece un breve gorgheggio, poi continuò -Voglio che tu sia felice, che un giorno potrai vivere in pace. Sei tutto per me. 
In quel discorso c'era qualcosa di losco, di subdolo. I suoi occhi lacrimanti sembravano dire la verità, mentre le sue parole erano troppo distanti dalla realtà dei fatti. 
Rimasi esterrefatta dalla notizia. Potevo rivedere Matt! Mi sembrava tutto così assurdo. Capii che in relatà Klaus non era così maligno come sembrava, ma nascondeva un lato di sè gentile e premuroso.
- Klaus, voglio tornare a casa. - implorai singhiozzando. Una sua mano mi asciugò le lacrime, e i nostri occhi si fissarono per un istante. Mi sentii denudata dal suo sguardo, e come una ragazzina innamorata cominciò a battermi forte il cuore. Quando si avvicinò persi totalmente la capacità di ragionare. Il mio cervello diceva di allontanarmi, mentre un desiderio incontrastabile mi proibiva di farlo. Mentre tutto quel disordine vagava nella mia mente, le sue labbra sfiorarono le mie. Sentii le ferfalle nello stomaco, un formicolio distribuirsi per tutto il corpo, potei assaporare il caldo gusto della passione. In quella frazione di secondo decisi di seguire la ragione, così lo allontanai e volsi il capo. 
- Baciarti è sbagliato. Mi dispiace, ma non posso. 
- Scusami. Non volevo. - Intimorito abbassò la testa. In realtà sapevo che quel bacio lo desiderava tanto, ma non potevo dargliela vinta. Dovevo ancora perdonargli il suo egoismo. - Vuoi che continui? 
- Sì. Voglio sapere. - gli rivolsi lo sguardo e mi concentrai sulle sue parole.
-  Quella sera potevamo morire tutti, io, tu, Tyler... Se io fossi morto, tutti quelli che ho trasformato sarebbero stati ridotti in polvere. - si fermò dopo aver fatto un eco di disprezzo - Io e Bonnie abbiamo fatto un accordo, lei per proteggere i suoi amici, io per puro egoismo. Dopo l'incantesimo una strega è riuscita a farmi riavere le mie originali sembianze, anche se tutt'ora vivo nel corpo di Tyler. Ti ho rapita perché non voglio ti succeda niente di male: lì fuori succederanno cose che nemmeno tu avrai mai immaginato. Probabilmente ora non mi crederai, mi disprezzerai, ma è la verità. Non pretendo che tu mi creda, ma lo spero con tutto me stesso. - Mi prese una mano e disse coinciso: - Caroline, io ti amo.
 
 
 
 
@@@
 
Angolo autore:
 
Ringrazio chi ha deciso di mettere la storia tra i seguiti, i preferiti e le ricordate, e come sempre la mia Beta Nimueh, che da tanto mi sopporta e mi dà delle dritte.
Mi scuso per l'enorme ritardo, ma, come si suol dire, è estate, potete ben capire.
 
@Nimueh: Eh eh, alla fine ce l'ho fatta a pubblicarlo ( Elogiami - A )
 
@ AmoTVD98: Grazie! Scommetto che hai aspettato trepidamente questo capitolo.. scusami per il ritardo, veramente!
 
@_Vampire: Grazie mille, le tue parole mi fanno veramente piacere. Spero continuerai a leggere questa FF.
 
@Symphoniies: Ecco a te! Scusami per il ritardo! Sono mortificato. Comunque per quanto riguarda il triangolo amoroso tra Stefan, Damon e Elena... non mi piace molto, anche perché odio profondamente il personaggio Stefan. Grazie per i vari complimenti (troppo gentile), spero che questo capitolo ti sia piaciuto :)

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Capitolo 7
*** Un po' come Jeremy Gilbert ***




Un po' come Jeremy Gilbert



 
 
Ero in piedi, mentre fissavo il viso sconcertato di Bonnie Bennet. Jeremy la sorreggeva con le braccia, guardando la ragazza con occhi preoccupati. Non capii cosa realmente stesse succedendo, mi sembrava tutto così assurdo, e il silenzio che fischiava nelle orecchie era assordante.
- Nathan... - stridulò la strega, con un viso pallido.
- Calmati, non ti sforzare. - le ordinò Jeremy, cercando in tutti i modi di tirarla su.
- Mi hai fermata. Hai annullato i miei poteri. Solo chi ha la magia può fermare gli incantesimi.. può rendermi debole. 
- Non volevo ferirti. - dissi coinciso. In realtà non mi importava del suo malore, ma volevo sapere tutto sul mio conto. 
- Non è colpa tua. - prese forza e scostò le braccia di Jeremy -Quello che tu hai chiamato sogno è una specie di predizione. Era reale... Caroline è stata rapita da Rebekah, ed ora è imprigionata da Klaus.
- Aspetta, - iniziò Jeremy - quindi lui è un mago?
- Non lo so. Sicuramente non è solo un semplice vampiro. - la strega sembrava stare meglio, o almeno non gli colava più il sangue dal naso. 
Ero titubante, e totalmente scioccato da quelle parole. Ora ero un mago... fantastico, e perché no, magari un giorno sarei diventato un licantropo. La mia vita stava diventando troppo strana per essere vera. Forse stavo partecipando a un programma comico, con le telecamere che mi spiavano da dietro i peluche e i microfoni attaccati al soffitto. Stavo per diventare pazzo, dovevo controllarmi.
- E chi sarebbe questo "Donovan"? - chiesi impacciato.
La strega non sembrava aver capito la domanda, mentre Jeremy mi guardava perplesso, come fa un adolescente nel comprendere i dialoghi platonici, e tutto ciò che disse fu solo un "Cosa?".
- Allora Bonnie? Chi è Donovan, lo conosci? - ripetei curioso.
- Matt Donovan è un nostro amico. - aveva le mani ai fianchi e mi fissava con uno sguardo di sfida. Sembrava avesse paura, ma allo stesso tempo era determinata e combattiva.
- Allora non è niente di grave... Se lui è vostro amico vorrà salvare Caroline. 
- Lo spero. - asserì laconica. 
Jeremy sembrava stordito, aveva ancora gli occhi semichiusi, come se sforzando l'orbita fosse in grado di capire meglio la situazione. La strega gli rivolse uno sguardo di compassione, poi mi afferrò un braccio e mi trascinò verso la sala da pranzo. Il ragazzo ci seguì con il capo chino, e i suoi movimenti erano goffi e svogliati. 
 Trovammo Damon intento a leggere un piccolo diario, e Stefan, seduto su un grosso sgabello, versava dello scotch in un bicchiere di vetro. Appena ci sentirono entrare Bonnie cominciò a raccontare tutto nei minimi dettagli.
Damon chiuse il diario con disinvoltura, e concentrò tutta la sua attenzione sulla strega, mentre Stefan, sorreggendo il bicchiere con la mano destra, mi fissava sorridente e con occhi da cane bastonato. Ma aveva una paralisi facciale, oppure lo faceva per farmi saltare il cervello?
Decidemmo di incontrare Matt il giorno successivo, e pregai Bonnie di fare ricerche sul mio conto. Anche se continuava a sembrarmi tutto assurdo, quelle attenzioni mi mettevano a disagio, e ora che si presumeva fossi un mago-vampiro mi sentivo più forte di chiunque, anche di uno come Damon. 
In quella stanza sembravano tutti degli avvocati, ovviamente tranne Jeremy, che continuava, con quegli occhi da bambino triste, a non capire cosa stesse accadendo. La sua vulnerabile umanità  cominciava a darmi sui nervi. Quando prese parola chiese se Elena si sentisse meglio.
- Jeremy, - iniziò Bonnie - non preoccuparti, Elena se la caverà. Ora è una vampira, ha sufficiente forza per cavarsela.
- Elena è una vampira? - chiesi sbalordito.
- Sì, lo è. - asserì Stefan diventando improvvisamente serio. In quella città c'erano una quantità sproporzionata di succhia-sangue, ed io in tutti quegli anni non avevo assolutamente capito niente! Era come se tutto fosse successo in una serie televisiva, ed io, per qualche misteriosa ragione, ne fossi entrato come uno dei personaggi principali. 
Continuarono a parlare del più e del meno, quando sentii una fitta allo stomaco. Cominciai ad essere debole, e a malapena riuscivo a seguire il filo logico del discorso. Era arrivata l'ora di caccia. 
- Io non posso più restare. -
- Dove vai? - chiese Bonnie nel pieno delle forze.
- Pensavo di mangiare... bere un po'. - mi fissò con uno sguardo assassino, come se avessi detto qualcosa di inappropriato. - Perché, non posso?
- Puoi fare quello che vuoi, ma non andare in giro e uccidere la gente.
- Uccidere la gente? Stai scherzando? Faccio solo quello che fa la mia specie.
- La "tua specie" non uccide gli umani, ma animali. - poi ritornò la solita Bonnie, con sguardo dolce e un viso totalmente rilassato. - Devi provare, forse ti stupiresti.
Magari il sangue di una lepre è più gustoso di quello di un nomade, pensai. 
Uscii da casa Salvatore e cercai un animale in zona. Era difficile trovarne uno con un buon odore e grossa corporatura, ma l'impresa non mi sembrò per niente impossibile. Un vampiro ha i sensi talmente sviluppati che cercare un animaletto sarebbe stato un gioco da ragazzi, o almeno lo pensavo. Mi girai spesso a destra e a manca, senza mai trovare una briciola di niente. Sì certo, c'erano scoiattoli a quantità, ma o erano troppo piccoli, o il loro odore mi disgustava. 
Infine optai per il sangue umano. Infondo trovare un uomo era molto più semplice che rintracciare un animale con tutti gli attributi. Così, come la notte precedente, mi recai nella zona periferica della città. 
La maggior parte dei nomadi era scomparsa, e qualcosa di tetro aleggiava nell'aria. Sembrava che fosse accaduto qualcosa di terribile, tanto da far scappare tutti a gambe levate. Riuscii a vedere solo alcune persone, che terrificate da qualcosa, o qualcuno, scappavano qua e là per trovare un rifugio. Dopo una frazione di secondo quel posto divenne un deserto.
La necessità di succhiare del sangue si fece sempre più forte, così, anche se con enorme difficoltà, sforzai tutti i sensi per sentire l'odore, il respiro di almeno un essere vivente.
Mi rannicchiai sul tetto di un vecchio edificio, chiusi gli occhi e cercai di capire da dove provenisse ogni singolo movimento. Sentii degli uccelli volare il più alto possibile, dei cani ritornare nella propria cuccia. Qualcosa di terribile racchiudeva quel posto. 
Stavo utilizzando tutta l'energia per percepire qualcosa di anomalo, ed ero così concentrato che per un momento mi dimenticai di Caroline, di Damon, del mago - vampiro, di tutto ciò che riguardava la mia vita.
- Tu dovresti essere Nathan. - Un uomo incappucciato di nero si avvicinò alle mie spalle e sentii il suono dei suoi passi farsi sempre più forte. Quando presi coraggio mi voltai di scatto, impaurito da quella voce calda e minacciosa. 
- Chi sei? - mi alzai in piedi, e feci per allontanarmi. Quel vampiro era diverso dagli altri, potei percepire una forza strabiliante. Ero da solo di fronte a un essere inquietante. Mi ripetei più volte di scappare, di correre il più veloce possibile in cerca di aiuto: qualcosa mi diceva di non poter competere con un essere del genere.
- Non aver paura, voglio aiutarti. - mentre si avvicinava lentamente, il cuore cominciò a battermi all'impazzata, caddi a terra e a tentoni cercai di allontanarmi il più possibile. 
- Sono Elijah, il fratello di Klaus. - capii di essere in una marea di guai. Cosa voleva da me il fratello del mio acerrimo nemico? Forse voleva uccidermi perché sapevo troppo, o forse era venuto lì in segno di pace...
- Smettila di tremare, non sono qui per te. Dà questo a Elena, le salverà la vita. - mi diede una boccetta con del liquido all'interno, probabilmente sangue di licantropo. 
- Perché vuoi aiutarci? 
- Non lo faccio per voi, ma per la mia famiglia. 
- Sì, è per questo che tuo fratello ha rapito Caroline e la tiene rinchiusa chissà dove.
- Tu non sai niente! Ed ora sparisci. -  non ebbi il tempo né di preparare un piano, né di rispondere alle sue minacce, che scappai via a gambe levate. Mi passò quasi del tutto la sete, e mentre fuggivo con velocità vampiresca non riuscii a capire cosa fosse appena successo, chi fosse quel "Elijah", cosa intendesse con "lo faccio per la mia famiglia"; per la prima volta mi sentii stupido, fuori da quel mondo contorto, un po' come Jeremy Gilbert. 
Mi fermai al parcheggio di un motel, stanco ed affannato. Non avevo la forza per correre fino a casa Salvatore, così entrai in una macchina e guidai lentamente verso sud. Non c'era nessuno in zona, la strada era completamente libera, e anche i gatti, che fino a poco prima saltavano da una macchina all'altra, erano ormai scomparsi. 
Quell'essere mi aveva spaventato a morte, e non riuscivo a capacitarmi che Klaus dovesse essere molto più forte. Dovevo davvero rischiare la vita per salvare una sconosciuta? Ma forse Klaus era buono, forse voleva solo il bene per Caroline, e quello che noi chiamavamo "prigione" poteva essere un rifugio.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore: 
Ringrazio chi ha deciso di mettere la storia tra i seguiti, i preferiti e le ricordate, coloro che hanno commentato il capitolo precedente, e come sempre la mia Beta Nimueh, che cerca di incoraggiarmi in questo mondo che non c'è. Per quanto riguarda il ritardo... beh... ho cercato di postare un po' prima, anche se sono passate ormai due settimane.
Inizialmente pensavo di concludere questa storia al quindicesimo, sedicesimo capitolo, ma da come stanno andando le cose, a causa dell'enormità di cose che devo ancora scrivere, non sono più sicuro delle mie idee. Quindi cercate di seguirmi e di sopportarmi ancora per molto. :)
 
@AmoTVD 98: Beh, come dire, le tue recensioni sono sempre molto gradite! Mi fa molto piacere che ti piace la storia, quest'eterno Klaroline, ma ti avverto, ci sono troppi contendenti per la nostra signorina Forbes. In questo capitolo ho saltato la maggior parte della situazione "romantica", ma ho voluto sviluppare meglio il personaggio di Nathan. Però in questi giorni mi sto accorgendo che nella parte "d'amore eterno" non sono poi così bravo, quindi volevo impagnarmi su questo aspetto, scrivere e riscrivere parti sdolcinate, per poi essere più sciolto e dinamico. Graize ancora per la recensione! Ps: grazie per aver consigliato la storia a winner_ te ne sono grato!
 
@Symphoniies:  Eheheh, l'hai scritto alla perfezione! Il più delle volte quando scrivo so quale capitolo andrà bene e quale andrà male, il precedente l'ho amato con tutto me stesso, anche se dovrei migliorare la parte romantica e di approfondimento. Sono molto contento che ti sia piaciuto, e spero che questo ritardo di SOLO due settimane non sia stato estenuante :) Caroline avrà molto a cui pensare, molti pericoli gli stanno praticamente girando attorno. Ma credo che lo svolgersi della storia ti gradirà molto. Grazie mille per i complimenti.
 
@lucy stoker: Ciao! Ho letto qualcosa, e non è per niente male! Grazie mille per aver voluto dare un'occhiata alla mia storia, sono molto felice che ti sia piaciuta. Spero che ti gradirà anche questo e i prossimi capitoli. Ps: non so se hai notato, ma tra me e Stefan c'è un odio profondo! Eheheh
 
@winner_ : Hey! Non ringrazierò mai abbastanza AmoTVD 98! I primi capitoli.. ebbene sì, non è che mi piacciono proprio tanto, ma il lavoro di revisione mi fa impazzire. Comunque mi fa MOLTO piacere che la storia sta ormai nelle tue seguite, e non vedo l'ora di continuare questo quadrato amoroso... emm.. non dovevo parlarne LOL Spero che questo capitolo pov Nathan ti sia piaciuto come il precedente, fammi sapere, a presto :)
 
@vallyjessi: Le tue recensioni sono sempre molto gradite. Sai estirpare alla perfezione ciò che voglio trasmettere! Grazie ancora per i tuoi complimenti, e spero con tutto me stesso che questo capitolo non sia di meno degli altri. Grazie ancora per la recensione, a presto :)
 
@Nimueh: Mister A LOL Così mi lusinghi troppo! Ebbene sì, fare scene d'amore non è per niente facile; è molto più semplice descrivere una scena di morte, tristezza, depressione, drammaticità.. insomma.. hai capito, no? E poi chiaro, se sei abituata alla Jane e poi leggi questo chappy... cioè... non confondiamo la me**a con la ciococlata! Klaus.. io lo reputo un personaggio-filosofo, ma allo stesso tempo una maschera di un essere buonista, "con il pollice verde". Quindi comunque lo si tratti rimarrà sempre un mistero! Sto facendo dei progressi stilisticamente parlando.. ne vado fiero! Grato grato Grato! Poi chi è il cattivo e chi il buono? In questo capitolo credo si sia capito maggiormente, anche se per capirlo bisogna che il lettore aspetti un po' di chappy ed è fatta. Ho voluto rendere la storia enigmatica proprio in questo punto, non so se mi riuscirà bene, ma lo spero! Sto cercando di delineare Nathan in tutto e per tutto, fino alla fine si scopriranno cose di lui, e della sua famiglia che non saranno tanto ovvie. Grazie mille per il supporto, alla prossima! Ps: my big nose is a great truth, but it's also a great quality. 
 
@_Vampire: Grazie| Una Caron? Ma.. non lo so, tutto da scoprire ;) Eccoti qui una Bonnie combattiva e un Nathan incuriosito.. cosa dire di più, segui la storia e saprai molto altro ;) Io Caroline l'adoro! Quindi ci sarà molto del suo personaggio, spero di non deluderti. Grazie ancora per la recensione, a presto!

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Capitolo 8
*** Doveva essere un addio ***








Doveva essere un addio
 
 
 
Mi amava, almeno così diceva. Le sue parole erano uniche, così dolci, travolgenti come una turbine in tempesta. E' inutile negarlo, ero pazza di lui; l'incontro dei nostri sguardi provocava il caos nello stomaco, le sue labbra carnose mi rendevano un'adolescente in piena fase ormonale, la sua candida pelle mi faceva sentire unica e protetta. Rimanemmo immobili, vagando l'uno negli occhi dell'altra. Era stato l'incubo per moltissimi innocenti, aveva provocato la morte di Tyler, ma in quel momento ebbi una voglia incontenibile di toccarlo, di baciarlo. Una voce nella mia testa mi esortava a disprezzarlo, a convincermi della sua crudeltà, della sua infantile doppiezza. Il mio cuore, i miei sensi, mi pregavano di toccare la sua pelle, di prenderlo tra le braccia e sentire il contatto del suo corpo. 
I nostri sguardi si scambiarono promesse nate per essere infrante.
- Non volevo metterti a disagio. - il suono della sua voce era una dolce melodia per le mie orecchie. 
- No, non preoccuparti. Scusami per quello che ho detto, di solito non sono così... crudele. Voglio solo capire perché ti sei pentito proprio ora. Perché non potevi pensarci prima? 
- Ti prego, Caroline. So che in questo momento dovrei darti delle spiegazioni, ma non posso fare niente, né porgerti delle scuse. - il silenzio assordante che circondava la stanza e le sue aspre confessioni davano l'idea di una commovente tragedia - Però ti prometto, ti giuro con tutto me stesso che non ti ferirei per nessuna ragione al mondo. 
- Klaus, ora come ora vorrei solo incontrare i miei amici, mia madre... mi staranno cercando ovunque. - in realtà poco mi interessava della gente di Mystic Falls, infondo Bonnie aveva pensato solo a salvare la gente che gli faceva comodo, se n'era fregata dei miei sentimenti! Avrei preferito morire, che vivere senza amore. Dopo tutto però, i miei sentimenti stavano mutando, e quell'odio che mi opprimeva da tempo stava man mano degenerando.
- Non sono io a decidere, mi dispiace. 
-Che significa? Non sei tu quello che vuole rendermi felice? 
- Sì, ma non sono io a volerti in ostaggio. Il fatto è che... - lo fermai all'istante.
- Matt? Anche lui è in ostaggio? - si alzò facendo il giro della stanza, mentre un lieve sorriso gli si stampò in faccia.
- No, lui sta bene. - si fermò per qualche istante, tenendo il mento verso l'alto e le mani nelle tasche. - Caroline, ascoltami. Non so cosa voglia questo Matt, e non so come, ma mi sta rendendo la vita impossibile. Non posso fare niente contro i suoi ordini, e forse per questa chiacchierata dovrò subire le pene dell'inferno. 
- Cosa? Matt? - mi alzai sfinita da quella giornata così insolita, gli andai contro e testimoniai l'attendibilità di tali parole - Kalus, ti stai per caso prendendo gioco di me? - i sogni pianificati poco prima si stavano sgretolando senza alcun ritegno.
- No Care... ok, vuoi la verità? - rimasi immobile, impaurita da quello che poteva uscire dalle rosse labbra - Matt ha ucciso Rebekah. La prima di tante altre vittime...-
- Klaus, basta prendermi in giro! Non credevo potessi essere tanto mellifluo; dire la verità, ti costa tanto farlo? Perché costruire castelli di menzogne quando puoi fidarti di me? - le mie urla risuonarono nell'ampia stanza, e il suo viso rimase impassibile a tutto quel rumore. - Matt? Ma dai... non potevi inventarti una scusa peggiore! Parli proprio tu che hai ucciso intere generazioni, ora vorresti fare il moralista e salvare il mondo da un assassino incallito? Scusa, ma la parte dell'eroe non ti si addice per niente! - stavo per scoppiare. E intanto non riuscivo a capacitarmi di essere la sfigata della situazione, quella che doveva soffrire per gli errori di altri. 
- Care... - iniziò con voce sottile.
- Fermati! Non voglio più ascoltare. - mi rannicchiai al mobile che avevo di fianco, poggiai la testa su una mano e mi sforzai a non piangere. - Dici di volere il mio bene, allora lasciami libera... allontanati dalla mia vita!
- Ok... Se è questo che vuoi... ma quando verrai ferita, quando il tuo cuore verrà strappato con cattiveria dal petto, sappi che io ero qui per proteggerti.-
Non dissi niente, asciugando le lacrime e formando a bassa voce un sensato discorso filosofico, ma quando sentii le sue parole, anzi, quando sentii il semplice e coinciso "Ok", fui immediatamente sollevata. Era come se mi fossi trovata in una prigione e mi avessero appena dato la mappa per evadere con sicurezza. Insomma, ero libera! 
Lasciare lì Klaus, da solo, non mi faceva impazzire, ma se lo meritava! Che avesse ragione? Questo non potevo certo saperlo! Però so quanto teneva alla nostra piccola relazione, e so che se avessi chiesto un favore lui avrebbe fatto di tutto pur di aiutarmi.
Sarebbe potuto essere l'uomo perfetto, ma, purtroppo, la falsità era la sua migliore amica.
 
Il giorno dopo ero talmente felice che le gambe non smettevano di tremare. Ero un po' insonnolita e una piacevole sensazione vagava nell'addome, come se qualcuno mi stesse picchiando dall'interno. Sdraiata sullo schienale, poggiai una mano sulla pancia, e mi sentii forte, come se stessi trasmettendo energia elettrica da un polo all'altro. 
Mentre vagavo tra un'infinità di pensieri la signora Grinc, nel pieno delle sue forze, aprì la porta e cominciò a spolverare quei pochi, lucidissimi mobili che accerchiavano la stanza. 
Era una donna buffa, con un carattere unico e stravagante. Non so per quale motivo, ma trasmetteva allegria e un profondo odio allo stesso tempo. 
Quel giorno era vestita con un piccolo abito da cameriera, tutto grigio, tanto scuro da trasmettere tristezza. I suoi capelli erano perfetti, impossibili da poter essere veri. Era diversa dall'ultima volta, anche se il suo sguardo famelico non era cambiato affatto. 
- Mi scuso, signorina Caroline. - si mise a piedi uniti e calò la testa verso il basso.
- Di che ti scusi? 
- Di averle mentito. - disse coincisa.
- Sai qualcosa? Che sta succedendo? - ero contenta; come dire, il buongiorno si vede dal mattino.
- So poche cose. So che lei potrebbe essere un perfetto, un prezioso oggetto del sapere. Non sono sicura che possa avere utili amicizie, ma sappia che ora è lei la possibile salvezza. - il suono di quella stridente voce era monotono, e aveva il viso costantemente rivolto verso il basso.
- Ma di cosa parli? -
- Lei è incinta. - alzò il volto con occhi colmi di sapienza. Sorrideva, era felice. 
- Cosa? Ma sei impazzita? Essere incinta significa essere mortale, te lo sei scordata? - adoravo l'idea di avere una famiglia, un marito, dei figli... delle persone molto care, che al momento della vigilia di Natale fossero state tutte lì, ad amarsi, a scambiare calore con forti abbracci. Sentendo quelle parole divenni triste, scoraggiata, la forza che avevo prima si disperse nell'aria.
- Non è tutto così scontato, miss Caroline. Anche i vampiri hanno avuto il desiderio di possedere questo diritto naturale, e non crede che con tutto il potere che circola in giro ci possa essere una soluzione a questo grande, enorme problema? - i suoi occhi si spalancarono e una grassa risata rimbombò nella stanza. 
Tutto si spiegava: gli sbalzi di umore, la nausea che non si scrollava da dosso, il desiderio di sangue umano. Comunque sia mi astenni dal discorso: non volevo rovinarmi l'eccitazione per l'imminente libertà, volevo solo spassarmela, riappropriarmi del diritto più importante della mia vita. 
- Grazie, davvero. - infondo ero contenta che avesse parlato, anche se mi aveva rivelato solo menzogne e fatti incomprensibili. Quella donna non poteva essere definita solo con la parola "strana", era qualcosa di più. Si inchinò come segno di rispetto, anche se più che una donna rispettosa mi sembrava una psicopatica in fase di autodistruzione, e se ne andò senza dire niente. Sembrava contenta, come se si fosse liberata di un grosso problema che le appesantiva l'esistenza. 
Le valige erano pronte, tutto era al proprio posto. Prima di alzarmi dal letto pensai a Klaus, alla nostra relazione. Si poteva parlare di relazione? Infondo cosa provavo per lui, odio? No... tutto sommato mi attraeva. Allora era amore? Non sapevo cosa fosse, sapevo che era qualcosa, che il nostro rapporto non era come molti altri, ma non riuscivo a darmi una spiegazione logica a quei sentimenti così contrastanti che provavo per lui. No... non era amore. Semplicemente mi dispiaceva di andarmene senza dirgli addio. Volevo salutarlo, anche se non sarei riuscita a guardarlo negli occhi. Così, senza alcun ripensamento, decisi di scrivergli una lettera. 
Mi alzai dal letto, presi carta e penna, e sperai che quest'ultima riuscisse a sciogliere quell'enigma che si stava diramando nel mio cervello.
 
Caro Klaus,
potrei sembrarti un' ipocrita, potresti odiarmi... Ma... non lo so. Voglio solo che tutti questi problemi finiscano, non ce la faccio più! Non ti giudico, anche se l'ho già fatto tante altre volte, e per questo ti chiedo scusa. 
Ultimamente ho pensato... a noi. Ho un peso allo stomaco che voglio togliermi all'istante, così ho deciso che in questa lettera scriverò tutto ciò che provo, tutto ciò che il mio cuore non ha il coraggio di dire. 
Qualcosa mi costringe a odiarti. Ma io non voglio... insomma... sei così... caspita, non so che scrivere. Ho tante di quelle cose che vorrei dirti, vorrei spiegarti la mia situazione, vorrei che mi capissi, anche se io non faccio alcuno sforzo per capire te. Ma insomma... voglio solo che tu sappia che non ti odio, non ti disprezzo. Mi dispiace per quello che ti ho detto, ma perdonami, ho trovato tutto così assurdo, così improbabile. Forse non lo è, come potrebbe essere il contrario, non lo so. Sento che tutto ciò che mi circonda sta mutando con costanza, ed io non riesco a sostenere niente di tutto questo. Ho bisogno di qualcuno che mi conosca a fondo, che mi sostenga e mi aiuti a capire cosa diavolo sta succedendo.
Sinceramente non vorrei lasciarti qui... così. Sto cercando di capirti, e spero tu farai lo stesso, scusami, tua Caroline.
 
 
 
 
Angolo autore:
Mi scuso per il ritardo... Insomma... e la scuola.. e poi incombono altri problemi.. Comunque ringrazio tutti coloro che hanno letto questo capitolo, che hanno aggiunto nelle preferite / seguite / ricordate questa storia, e perché no, che hanno commentato il capitolo precedente. Non ho voluto usufruire il potere della grande Beta perché ho voluto pubblicarlo al più presto, quindi vedete un po' com'è venuto e fatemi sapere :) Da oggi inverò la riposta dei commenti tramite messaggio, in modo che tutto resti più ordinato e comprensibile, grazie mille a tutti.   Ayumu_

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Capitolo 9
*** La bellezza del corpo ***



 





La bellezza del corpo


 
 
Piccole gocce che attestavano un brutto temporale raffreddarono la città. 
Era buio pesto, e facevo fatica a spingere i pedali su quello scomodo sedile. 
Non vedevo l'ora che tutto finisse, che tutto si sciogliesse, come se quella disgustosa situazione fosse un gelato immerso in un lago di lava. Certo, non pretendevo la soluzione bella e fatta, ma volevo cambiare vita. Da umano, come tutti gli adolescenti, avevo desiderato cambiare la mia solita routine, diventare qualcuno di importante, fare delle cose che sarebbero rimaste nella storia. Ora volevo il contrario. Desideravo ritornare quel ragazzo indiscreto, mal visto e messo da parte da chiunque. Volevo ritornare ad essere il solito sfigato di turno, senza amici e con un mondo tutto mio. Non disprezzavo la mia natura vampiresca, ma il contesto che essa aveva creato. 
Non avevo la forza necessaria per fare nulla. Giravo il manubrio  più del dovuto, e i miei occhi erano tanto appannati da non poter distinguere i veicoli. 
Un formicolio, unito a delle fitte laceranti qua e là, fu la causa del mio svenimento. La macchina urtò contro un alto albero, le cui radici abbracciavano il terreno già da molti anni. Nessuno si fermò anche solo per un secondo per "controllare" la situazione, né un essere umano, e tanto meno un vampiro. Niente e nessuno permise di interrompere un altro strano sogno. 
 
 
- Perché, non va bene? -.  Era un ragazzo biondo, con una divisa da barista; parlava con un uomo vestito di nero, difficile da riconoscere con il cappuccio che gli oscurava il volto. Si trovavano in un ripostiglio, dove scatole di birra coprivano  i muri. 
- No. - sbuffò lievemente, come se fosse infastidito dalla domanda. 
- Datti una calmata! Non sopravvalutarti, sei solo un fottuto vampiro!-
- Scusa, - rispose con un tono di voce grave e malinconico, alzò per un secondo il mento, e potei scorgere una parte di quelle rosse labbra carnose - hai ragione. - la voce e gli assenti movimenti non mi permisero di riconoscere l'incappucciato.
- Tutti sospettano di me... tutto per colpa di quel fottuto vampiro... "Nathan"... dobbiamo ucciderlo prima che spifferi cazzate. - quando sentii il mio nome riacquistai la sensibilità del corpo: stavo quasi per svegliarmi.  Riuscii a sentire tutta la battuta, quando una luce bianca occupò tutta la zona visibile. Mano a mano che ritornavo nella fase "relax" riuscivo meglio a intravedere delle strane ombre che giravano a destra e a manca.
 
- Caroline.. perché? Perché te ne vai?! - Era un uomo, forse Klaus.. non ne ero certo: qualunque cosa vedessi era sbiadita, come se fosse un lontano oggetto alla vista di un miope. 
- Che il diavolo mi porti con sé! - era accasciato su una sedia, con i gomiti appoggiati su una piccola scrivania. Era la stanza di una ragazza, o meglio, di una damigella di altri tempi. Il letto era sfatto, le ante dell'unico armadio erano aperte, e una figura intimorita, con le mani conserte, stava spiando la scena dall'uscio della porta. 
- Il cattivo si innamorò della buona.-
L'ombra rimaneva in silenzio, non dava cenni di vita. Cercai di avvicinare la visuale alla donna, per scorgere meglio i tratti del viso. Era una cinquantenne (o almeno lo credevo) con dei ciuffi di capelli spettinati che le imbruttivano il volto, degli occhi sgranati da far paura, e una bocca rosicchiata da affilati canini. Insomma, sembrava un mostro! Per non parlare della veste sporca di sangue, che dava l'idea di un'assassina incallita. 
- Devo farcela! Cercherò qualcuno... - intanto il biondo si stava disperando, lanciando acuti singhiozzi per tutta la stanza. - Non l'ho salvata. - il resto lo sussurrò come fa una pettegola ad un'oca in presenza di ospiti, in modo tale da non farmi capire nulla delle tante parole pronunciate. 
La donna mise una mano davanti alla bocca, gli occhi si arrossarono, e una pesante e concentrata lacrima le cadde da un occhio. Dopo un istante ritornò spavalda e sicura di sé come, da quanto potevo percepire, era stata fin da giovane. Si asciugò le lacrime, aggiustò i capelli e diede dei leggeri schiaffetti al vestito per stenderlo prontamente. Il ragazzo non si accorse di nulla, talmente era concentrato su quel discorso pronunciato a bisbigli. Sembrava un dannato, un detenuto che cercava assiduamente una via di fuga. 
La spiona guardò per un altro istante le spalle del ragazzo, poi scappò via con il naso all'insù e con aria da sfrontata. 
Dovevo decidermi alla svelta se seguire la donna o rimanere con il presunto nemico. Se avessi dato importanza alla prima, avrei sicuramente capito perché mai indossasse un abito macchiato di sangue, mentre se avessi studiato il secondo, avrei compreso il significato di tali brusii. Alla fine decisi di tornare al vampiro depresso che si stava affliggendo per un motivo a me oscuro. 
Dopo aver aspettato impazientemente, cercando un qualsiasi indizio che mi aiutasse a capire per quale diabolica causa quel tipo stava sbraitando come un pazzo, egli si alzò e fuggì via tutto di un botto. Rimasi lì, sconvolto dal repentino cambiamento di umore del giovane. 
Cambiai la visuale del sogno premonitore più e più volte, spostando il punto di vista una volta a destra, un'altra volta a sinistra. Era un sogno, e in quanto tale riuscivo con fatica a distinguere un oggetto dall'altro, e più di volta accadeva che un oggetto solido diventasse liquido, e uno liquido si trasformasse in uno spaventoso essere vivente.
Dopo aver dato uno sguardo a tutti gli oggetti della stanza, scorsi il foglio di carta che il giovane aveva bagnato con le lacrime.  Era una lettera. La lessi con prontezza. 
Rimasi stupefatto dalle parole della candida ragazza.
Vidi una luce bianca uscire dal logoro foglio, uno strano odore si disperse nell'aria e delle piacevoli melodie si fusero coi timpani. 
 
Questa volta mi trovavo in una camera di casa Salvatore, precisamente la stanza dove Elena veniva costantemente sorvegliata. A controllare la situazione c'era Stefan, e, anche se più che un sogno mi sembrava un incubo, cercai in tutti i modi di non provocare il mio risveglio. Quel buffo  vampiro stava girando attorno alla sedia su cui era seduta Elena, come fa un buon rapinatore che studia l'oggetto desiderato. La povera ragazza aveva gli occhi chiusi, le mani irrigidite e gli splendidi capelli che le ornavano il volto. 
Non feci in tempo ad osservare la scena, che rividi nuovamente quella accecante luce bianca. Questa volta sentii un terribile mal di testa invadere il corpo e il sogno stesso, ma posso ricordare con grande lucidità l'inspiegabile espressione del vampiro e il suo strano silenzio. Non fece molti gesti; solamente alla fine pronunciò un lieve sorriso per poi ritornare il serio e irritante vampiro di sempre. 
 
 
Dopo essermi svegliato mi guardai alle spalle, controllai che nessuno stesse osservando la scena. Una busta vuota, che molto probabilmente aveva contenuto del sangue, era appoggiata sul sedile posteriore, e i miei sensi erano inebriati da quel sangue umano così puro e denso, che colava all'estremità della bocca. 
Chi mi avesse donato quella busta di sangue non lo scoprii facilmente. Fatto sta chiunque fosse stato mi aveva salvato la vita.
Erano passate più di tre ore. Scrissi un messaggio a mia madre per non farla preoccupare della mia assenza, poi lasciai il veicolo incustodito e corsi con tutte le energie che avevo in corpo verso casa Salvatore. 
Questa volta niente e nessuno mi impedì di raggiungere la meta, e una volta di fronte quella casa così tetra e logora, sentii un tremolio salirmi alle gambe. Mi avvicinai con noncuranza, mi fermai all'uscio e bussai dolcemente alla porta. Era uno strano luogo dove costruire un edificio, e con tutta franchezza, anche se fossi stato un vecchio vampiro malconcio non avrei mai e poi mai optato per una casa del genere. Troppo vecchia, troppo dispersa nel nulla,  e poi era tetra, impauriva chiunque passasse per la zona. Mentre ero assorto nei pensieri che vagavano nella mente, sentii dei passi farsi sempre più vicini, finché non vidi Jeremy aprire la porta. 
- Ciao Nathan. - non sembrava realmente contento della mia visita, anche se un leggero sorrisetto gli marchiava il volto.
- Ho la cura per Elena! - cacciai dalla tasca la boccetta che mi aveva affidato Elijah.
- Dove l'hai presa? Cos'è? - non feci in tempo a rispondere che i fratelli Salvatore corsero subito a controllare. 
- Chi te l'ha data? Non sai che il dottore alla tua età è solamente un gioco? - Damon non era affatto il tipo da cominciare un discorso con "Ciao, come stai?".
Gli raccontai la stranissima visita notturna, mentre Stefan, avendo la mente totalmente altrove, stava lì, immobile, aspettando che qualcuno gli rivolgesse la parola. Damon non sembrò affatto stupito quando nominai il nome del donatore, mentre Jeremy impallidì all'istante, e mancò poco che non perdesse l'equilibrio e cadesse a terra. 
- Perché mai dovremmo fidarci di lui? - questa volta era Stefan a parlare. 
- Perché se non facciamo qualcosa Elena potrebbe morire da un momento all'altro! - Damon mise a tacere il fratello, afferrò l'oggetto prelibato e corse da Elena con velocità vampiresca. 
Quando Damon era attento a iniettare nel giusto modo il sangue di licantropo alla sfiorita vampira, delle voci femminili pervasero i miei sensi. I due vampiri non sembrarono sentire nulla, talmente erano accorti all'imminente risveglio. Ne ero sicuro, una di quelle era Bonnie Bennet, mentre l'altra.. non riuscivo a riconoscere il suono di quella voce, ma al solo udirlo mi sentivo totalmente sconfitto! Che dovesse essere un mostro? Un essere maligno? Non ne sapevo assolutamente niente. Abbandonai la stanza senza fare rumore - solo Jeremy mi scrutò con la coda dell'occhio - e raggiunsi alacremente l'uscio di casa. Dalla porta vetrata ebbi la conferma che si trattasse di due ragazze, e per giunta una della quali era la strega Bonnie Bennet. L'altra aveva dei capelli ricci, biondi platino, gli occhi di un verde-acqua ,vivo, profondo, che risaltavano ancora di più con il vestitino blu oceano, che le arrivava alle ginocchia. Sembrava la Laura di Petrarca, o meglio la Beatrice dantesca, e non era graziosa, non era bella, era qualcosa che andasse al di là di ogni possibile immaginazione. Era stupenda, la creatura più bella che avessi visto al mondo. Vicino a Bonnie, non che voglia sminuire la bellezza di quest'ultima, sembrava un essere innaturale, l'unico che potesse essere definito "perfetto". Era Caroline!







Angolo autore:

Em.. questa volta dovrei essere punito severamente, visto che ho fatto (credo) più di due mesi di ritardo. Per il prossimo capitolo vi prometto di essere più puntuale. 
Ringrazio come al solito tutti coloro che hanno messo la storia nelle seguite, ricordate, preferite, e che hanno recensito i precedenti capitoli. Questa volta va a un grazie di cuore alla mia Beta Nimueh, che ha eseguito il patto alle 23.01 - Grazie
Cosa dire, spero vi sia piaciuto, buon Natale, buone feste, felice anno nuovo, ecc. ecc. 
Vi esorto a commentare e a darmi un'idea su ciò che pensate stia uscendo fuori da questa piccola FF. 
Grazie ancora, alla prossima, Ayumu_


PS:   arrivati a questo punto vi chiedo di dare un'occhiata a questa (magnifica, strabiliante) (:3) opera: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1460513&i=1
Ho partecipato insieme ad altre scrittrici di EFP, e mi piacerebbe una vostra impressione. Grazie ancora. 














 

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Capitolo 10
*** Inconsueta realtà ***







Inconsueta realtà

 
 
Chiusi la valigia e mi recai alla porta d'entrata. Klaus era scomparso.
Sinceramente non sapevo né dove andare, e tanto meno dove mi trovassi, ma il desiderio di scappare, anche in un posto sconosciuto dal mondo, divenne tanto forte da essere la priorità in assoluto. 
Mentre camminavo sparata, convinta della mia decisione, intravidi la signora Grinc rovistare tra i coltelli in un cassetto in cucina. Me ne infischiai totalmente di lei e di tutto ciò che appartenesse a quella casa. Aprii la porta lentamente, in modo che nessuno dei vecchi coinquilini fosse certo della mia fuga. Mi girai a destra e a manca, come fossi una straniera appena scesa da un taxi, e corsi via, in cerca di un grasso spuntino.
 Fu un gioco da ragazzi trovare un animale nella solita foresta vicino Mystic Falls, ma la cosa che mi sorprese maggiormente non fu l'aria gelata che stava inondando la città, ma la scarsa quantità di cervi e scoiattoli di cui disponeva la foresta: che Stefan non uccidesse umani era scontato, ma non ricordavo che anche altri privilegiassero gli animali. 
Saltando da un albero all'altro, sentii le gambe appesantirsi, tanto da sembrare che mi pregassero di fermarmi. Fu così che mi ritornarono in mente le parole della pazza casalinga. Mi fermai, appoggiai una mano sull'addome. Che fossi realmente incinta di Tyler? Questa situazione mi faceva impazzire: come la maggior parte delle donne, anche io desideravo una famiglia, un bambino da crescere, da poter donargli amore e serenità. Ma chi mi assicurava che tutto questo fosse vero? La signora Grinc non era una fonte sicura da cui prendere informazioni, ma allora cosa stavano a testimoniare quelle inspiegabili fitte che quotidianamente mi pervadevano il ventre? Dovevo trovare una spiegazione, e cominciai a credere che i Salvatore potessero aiutarmi. Così, sforzandomi di sopportare il dolore alla pancia, corsi verso la casa di Elena: lei avrebbe sicuramente capito la situazione, e si sarebbe procurata informazioni sufficienti per rassicurarmi.
La casa dei Gilbert era molto grande, anche se incuteva terrore a tutte le abitanti del quartiere, che la ritenevano una dimora sfortunata. Infondo nessuno sapeva la vera storia della morte di Miranda e di suo marito, non sapevano nemmeno dove fosse finita la signorina Sommers, e non capivano come fosse possibile che quegli adolescenti, che una volta erano tanto felici e spensierati, ora fossero in continuo movimento, con volti sempre cupi e inespressivi. Dopotutto cercarono di comprendere la loro situazione, e quindi di rassicurarli ogni volta che fosse stato possibile.
 Infatti in quella presta mattinata, una fioca luce illuminava la cucina dei Gilbert. Ero certa di trovare fratello e sorella litigare come vampiro e licantropo, invece, dopo aver bussato assiduamente alla porta d'entrata, mi trovai di fronte la mia amica Bonnie.
- Caroline! - il suo volto si fece di un candore preoccupante, poi mi saltò addosso con un sorriso colmo di gioia. Volevo bene a Bonnie, ma sinceramente avevo dubitato del nostro rapporto di amicizia: da quando Damon strappò via la mia natura umana, e la cambiò con quella vampiresca, il nostro frivole legame aveva perso quel non so che di speciale. 
- Bonnie! - mi trovai di stucco, e dopo averla allontanata con le mani, aggiunsi: - Come stai? 
- Oh Caroline, - sembrò non avesse sentito, poi con sguardo lucido riprese: - dove eri finita? Ti abbiamo cercata ovunque! Come ti senti? È stato Klaus? Devi dirmi tutto! - e tutto questo senza mai prender fiato, tant'è che alla fine dovette fermarsi per forza.
- Calma Bonnie! Sto bene! - esclamai, sfoderando un sorriso a trentadue denti, mentre l'abbracciavo nuovamente. 
Grazie ai miei sensi sviluppati riuscii a sentire dei passi provenire dalla cucina, così, dopo che Bonnie smise di stringermi come un morbido peluche, avanzai e diedi uno sguardo all'interno. La casa era più silenziosa del solito e l'arredamento  del salone era stranamente luccicante.
- Elena si è data alle pulizie? - chiesi ironicamente, mentre una donna cupa, affetta da una leggera ipercifosi dorsale, si avvicinava alla strega. Era bassa, con i capelli corti di un grigio scuro. Sul naso portava un paio di occhiali con lenti rotonde, e indossava un vestitino dalla fantasia floreale con una spaccatura sul lato.
- Bonnie, credo sia ora di andare. - La donna prese le mani dell'amica, e dopo aver detto qualcosa di incomprensibile nell'orecchio di lei, alzò la mano come segno di saluto, e uscì fuori di casa. 
- Chi era? - la mia curiosità finì per rovinare quel momento di gioia.
- È una vicina; il più delle volte viene qui e ci porta qualcosa da mangiare. - mi accompagnò in cucina, neanche fosse la padrona di casa, mi fece accomodare e cominciò il monologo. 
- Meredith ha iniettato il sangue di Damon nel corpo di Elena. L'ha resa vampira, ma qualcosa è andato storto. Le sue condizioni erano disastrose, e il suo corpo non ha reagito come previsto. Stiamo cercando una soluzione, qualcosa che ci possa portare alla cura. - si fermò per un istante, fissando senza batter ciglio le sue dita intrecciarsi. 
- Bonnie, mi dispiace. - non sapevo cosa dire, o meglio, Elena era sempre stata una sorella, e perderla sarebbe stato doloroso, crudele. 
- Caroline, dobbiamo salvarla! - si alzò, prese una busta di patatine dalle credenza, e cominciò a masticarle rumorosamente. Che il cibo potesse portarle un'idea? Fatto sta sentii un certo bisogno di mangiare quel pasto umano. Allungai la mano e ne assaggiai una, indifferente dall'occhio di Bonnie puntato addosso. Dopo averla gustata lentamente, cercando di assaporarla nel modo migliore, mi sentii strana. Non provai quella sensazione sgradevole come spesso accadeva, ma non ebbi neanche il coraggio di assaggiarne un'altra.
- Ci sono! - il suo volto si illuminò di quell'estasi da scienziata realizzata, - Il sangue di un ibrido può di sicuro aiutarla. Si trasformerà, ma almeno sarà viva!
- Bonnie, se pensi che devo ritornare da Klaus per farci aiutare... - la strega avvicinò la sedia al tavolo e appoggiò una mano sulle mie. 
- Tuo figlio! - continuò a parlare con entusiasmo, ma quella frase mi bastò per andare in paranoia. Cominciai a farmi mille domande in un ristretto lasso di tempo: "Chi glielo ha detto?" "Forse una strega è capace di tutto questo?" "Cosa ne sa di Klaus, di me e del bambino?"
- Bonnie, tu credi realmente che io possa avere un figlio? - le chiesi con tono di sfida, distaccato e ferito. 
- Sì... Sai di essere incinta, vero? - si fermò per un secondo, guardandomi con un'espressione da ebete. 
- Non so niente, Bonnie! Come fa una vampira ad essere incinta?! - alzai il tono di voce, mi alzai appoggiando le mani nei capelli. - Non ci sto capendo niente.
- Caroline, calmati! - si alzò e mi venne di fronte. - Non so nemmeno io cosa possa essere successo, ma avere dei rapporti con un licantropo non è una cosa di tutti i giorni. 
- Come posso calmarmi?!
Che avesse ragione? Era tutto così assurdo. Cominciai a credere di essere una spettatrice con kili di pop-corn sulle gambe, attenta nel guardare l'esistenza di un'altra: non era più la mia vita. 
 Il pensiero di aspettare un bambino mi stava uccidendo. Avrei voluto urlarlo al mondo, dirlo alle persone a me care, ed avere una vita nuova. Ma ero una vampira! Tutto ciò che mi circondava non era altro che "l'assurdo". Ero destinata a uno schifo totale: accusai me stessa per non essere normale.
Dopo essermi calmata grazie l'aiuto di Bonnie, cominciai a non pensare più esclusivamente alla mia situazione, e mi sforzai di dare una mano alla persona che realmente stava soffrendo: Elena Gilbert. Non dissi nulla che riguardasse la mini-relazione con Klaus, né feci cenno ad un solo episodio della nostra convivenza. Cercammo un modo per salvarla, e alla fine, in assenza di idee realizzabili, optammo per quella più ovvia per la strega: iniettare un po' del mio sangue nel suo corpo. 
Dopo poco tempo decidemmo di mettere subito in atto il nostro piano, così prendemmo il necessario ed uscimmo velocemente da casa. Incamminandoci verso la macchina, vidi l'anziana donna, che avevo conosciuto sull'uscio di casa, fissare la strega con uno sguardo attento e tanto impassibile da far mettere i brividi. 
Entrammo in macchina e, non dando importanza alla scena di poc'anzi, mi sedetti con estrema eleganza sul sedile del passeggero. Il breve viaggio durò un attimo, quindi fummo ben presto a casa dei fatidici Slavatore. 
 Arrivammo subito a casa dei Salvatore, dove vidi avvicinarsi una fosca ombra all’entrata. La stessa aprii la porta e ci fece accomodare in casa. In realtà non disse una sola parola, e con una bocca semiaperta, le braccia irrigidite e gli occhi spalancati, balbettò qualcosa  facendo segno di entrare dentro. Sentivo di conoscerlo, anche se quella marea di ricci biondi mi ricordavano Matt, la sua amicizia, il suo coraggio, la sua... colpevolezza. 
Entrata in casa, girai lo sguardo a destra e a manca per scrutare conoscenti, e più di una volta mi chiesi se tra le tante cose che erano successe, i Salvatore non avessero cambiato dimora, vendendo questa vecchia villetta a un ricco giovane in cerca di un qualcosa ignoto al mondo intero.
- Caroline, ti ricordi di Nathan?- Bonnie si levò il giacchetto, emise un semplice "brrr", e il  'Nathan' chiuse la porta con un buffo movimento di precisione. Quando si girò e mi fissò negli occhi, ebbi paura di aver a che fare con un temuto stalker.
- No. Dovrei? - il volto dello sconosciuto si incupì tutto ad un tratto, poi prese fiato e riuscì a pronunciare delle frasi con senso compiuto.
- C-Caroline, t-ti ho portata io all'ospedale. T-ti ricordi di quel g-giorno? - La mente era offuscata dalle mille preoccupazioni che inondavano il mio cuore e mi riusciva difficile ricordare il suo volto nei miei ricordi. 
- Dai, levati la giacca. 
Abbandonò quella goffa timidezza, andò alle mie spalle e mi sfilò il cappotto. 
- Come sta Elena? 
Bonnie non diede alcuna importanza alla strana felicità del ragazzo, e con occhi da maestra cattiva incentivò Nathan a dare un'istantanea risposta.
- Sono nella solita stanza, le stanno iniettando del sangue. - senza neanche ascoltarlo, si avvicinò e mi pregò di restare con lui e di non coinvolgerlo in questa storia. 
Cominciai a sentirmi in imbarazzo, così, recandoci nel salotto, mi sedei sulla poltrona, occupando meno spazio possibile. Lui andava su e giù senza fermarsi un secondo, con le mani congiunte dietro la schiena, e gli occhi che ammiravano il vecchio parquet.
- Allora, - iniziai il discorso facendolo fermare all'istante - sei tu che mi hai portata all'ospedale? 
- Sì, sono stato io.  
Si sedette su l'altra estremità del divano, e ancora una volta il suo sguardo era lontano dal mio. 
- Mi dispiace, ma non ricordo niente. Ho la mente troppo confusa e... - fui fermata all'istante. 
- Non preoccuparti, non fa niente. Spero solo che non sia successo niente di male. - alzò lentamente il volto, e con sforzo immane riuscì a guardarmi negli occhi.
- Tutte cose risolvibili. - accennai un falso sorrisetto e mi concentrai nel contemplare quel bel fusto. In verità non mi ero accorta di quanto fosse carino. Era sicuramente il mio tipo, con quei capelli biondi e gli occhi da ingenuo adolescente. Sembrava un angioletto caduto per sbaglio nel triste inferno. Però era... come dire? Troppo piccolo per me. Non che fossi la solita ragazza pedofila, ma un ragazzo del genere non poteva darmi emozioni.
- Sono contento! - ancora una volta trascinò lo sguardo altrove; la gamba cominciò a muoversi con un imbarazzante ticchettio. 
Rimanemmo zitti per non so quanto tempo, quando un'insopportabile silenzio mi costrinse a parlare. 
- Eh... senti... sei di queste parti? 
- Mi sono trasferito da poco. - ricominciò il silenzio. 
Misi le mani sotto le gambe, mi morsi un po' il labbro superiore e volsi il capo per passare il tempo.
- Sai, quando ti ho avuto tra le braccia mi sono chiesto se non fosse un sogno. Ho cercato di svegliarmi, ma tu eri  lì. Un'allucinazione? No, ero lucido. Eppure non sembrava vero: troppo irreale. - si fermò un istante, mentre il mio viso era impassibile da tali parole.- So poco e niente dell'amore e sono abbastanza scettico sull'argomento, ma vorrei farti una domanda: tu credi nell'amore a prima vista?
 - Mm.. Credo che l'amore a prima vista sia una mera illusione, è per coloro che giudicano senza sapere: a pelle! É solo una scusa per non ammettere chiaramente che i ragazzi di oggi sono attratti esclusivamente dal fisico, e ciò che si ha dentro vale meno di zero. 
- Sì, forse è vero. Tuttavia quando ti ho avuta tra le braccia ho provato un'emozione fantastica: il cuore mi batteva a mille e tremavo come una foglia. Forse è attrazione fisica, forse sono solo un ragazzo viziato. 
 Quando tutto sembrava eclissarsi dalla ricercata normalità, sentii un urlo provenire dalla camera adiacente. I nostri sguardi si incontrarono un istante; i suoi erano lucidi, genuini, i miei severi e pietosi.  
Corsi verso le grida, mentre sentivo un vuoto nello stomaco. 
Rimasi in piedi, immobile sotto l'arco della porta. Il tempo sembrò fermarsi, gli sguardi increduli miravano la scena. 
Rividi Elena. Era sveglia, forte, capace di tutto. Era l'unica a muoversi, l'unica a provare gusto in tanta sofferenza. Sorreggeva il fratello con le braccia, tanto da sembrare un abbraccio mortale. Aveva la bocca insanguinata, mentre due piccoli rossi fori incidevano il collo del ragazzo. Sembrò non accorgersi di nulla, si leccava il prelibato sangue fraterno e con le mani sporche dallo stesso liquido si toccava il collo, il petto. Aveva i vestiti stracciati, logori, macchiati di un rosso vivo. Sembrava un diavolo, un essere estraneo dalla inconsueta realtà. 






Angolo autore:
eccomi ritornato. Scusatemi per i vari errori.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente.
Spero che vi piaccia e beh.. non amo tanto discorrere, quindi parlate voi: fatemi sapere! Non so, ditemi le vostre impressioni, cosa vorreste che accadesse, se tutto è troppo velocizzato, non lo so, qualunque cosa vi passi per la mente. 
Ringrazio la mia Beta Nimueh e le sue grandi perle di saggezza ahahah
Alla prossima :)

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