Ed, he's like cold coffee in the morning.

di unadirezionenonbasta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si insomma, sono io. ***
Capitolo 2: *** Eeehi macarena. ***
Capitolo 3: *** Roba da vicini. ***
Capitolo 4: *** In the sofa, with you. ***



Capitolo 1
*** Si insomma, sono io. ***


Perché dovrei alzarmi e fare cose? Penso, e mi concedo ancora qualche stiracchiamento di gambe e braccia.
Ancora sotto il lenzuolo bianco mi rendo conto del cuscino sporco di rossetto rosso, sempre della sera prima. Impreco. Mi becca mia madre e come minimo non mi fa più uscire per un mese intero.
Metto una gamba fuori dal letto, poi l’atra. Rimango in quella scomoda posizione qualche minuto, poi spingo il mio peso con le braccia per alzarmi e riuscire ad essere seduta sul letto.
Sposto il capo verso destra e guardo l’ora: 15.28. Perfetto, oggi mi sono svegliata anche prima del solito. Vedo i vari messaggi su whatsapp dell’iPhone, sembrano molti, significa che avrò inviato qualche messaggio poco carino ieri sera, quando l’alcoll e il fumo hanno sovrastato il mio intelletto.
Mi alzo e trascino i piedi verso il bagno, sento quasi freddo indossando intimo ed una maglietta nera che usavo per fare educazione fisica a scuola qualche settimana fa. Davanti allo specchio mi sembra di vedere il retro di un frigorifero da quanto sono messa male.
Tranquillamente metto a lavare la maglietta maleodorante di alcoll e rimango in intimo. Mi raccolgo i capelli in una cipolla fatta male e scendo in cucina con il trucco della sera prima in faccia e i capelli mal tenuti.
Prendo un biscotto al cioccolato e vado a prendere il cellulare nel mio dormitorio, altre scale da salire. Che noia camminare, che noia dover salire le scale. Arrivata in camera lo prendo e scendo ancora per sedermi sul divano, controllando i messaggi inviati.
Ho vinto questa sera, mi meriterei un oscar come “migliori peggiori insulti”, insomma, sono brava e non sono per nulla sensibile, per quello del parere degli altri me ne fotto.
Stavo per sedermi sul divano, quando una voce maschile mi dice:”Aspetta che mi sposto, così ci stiamo entrambi.”
Di scatto butto a terra quello che avevo tra le mani, mi rialzo, prendo un cuscino e copro il mio la ciccia del mio corpo che sembra stia ballando la macarena.
Lui spostando leggermente il suo corpo con solo i boxer mi ribadisce il concetto. Non so cosa fare. Sto zitta e lo fisso, quando allunga la mano verso di me e gli tiro un cazzotto, facendogli perdere i sensi. O io ho troppa forza, o lui è un po’ troppo debole.
-“Ma che stiamo alla spiaggia?!” grido, non ha senso. Vado verso camera mia, mi vesto, mi tolgo il vecchi trucco e mi pettino velocemente, poi riscendo le scale, ma lo sconosciuto è ancora senza sensi.
Sono curiosa però, c’è un ragazzo semi nudo nel divano del salotto di casa mia, io ho 18 anni, e diciamo che non sono molto “aperta”, così alzo la coperta.
-“Merda.” Escalmo a bassa voce. Non ho il coraggio di alzare i boxer.
-“Che fai tocchi?” dice lui fissandomi con uno sguardo divertito e un sorriso malizioso.
-“io? Ma che scherzi? No! E chi saresti scusa?!” gli rispondo abbassando la coperta di getto e indietreggiando di qualche passo, quasi cadendo sul tavolino.
-“Lara ma stai bene? Sei ancora sbronza?”
-“No.” Dico ferma. –“Chi sei?” ribadisco.
-“Ma dimmi che scherzi.”
-“Non scherzo. Non so chi sei, non ricordo che ho fatto ieri sera, dimmelo!”
-“Ti lascerò nel dubbio, qua c’è il mio numero, scrivi.” Dice mentre si veste. Rimango sbigottita ripensando alla sera precedente, non ricordo nulla, vuoto. Non riesco a parlare, provo vergogna, e se avessi perso la verginità con uno sconosciuto? Oddio no, che vergogna, che orrore.
-“Ricordati di scrivermi, quando mi sentirò buono ti scriverò cosa è successo.” Rispondendo al mio sguardo perplesso.
-“Ti scriverò.” Gli rispondo, mentre sta per  varcare la soglia di casa mia.
-“Scusa, comunque” sussurro mentre esce. Non mi sente.
MERDA.

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Capitolo 2
*** Eeehi macarena. ***


Ma si, che importa di ‘sto qua, ho fame!
Vado in cucina e prendo i miei cheerios, chi preferirebbe dei deliziosi cereali cheerios ad uno sconosciuto, bellissimo, mezzo nudo sul divano? Io, per favore, mangiare è la cosa più bella che una persona puo’ fare. Ecco perché sono grassa. Ma si, viva le mie maniglie dell’amore che più amore danno odio.
Striscio i piedi pesanti sul pavimento freddo. Sono quasi scoperta e ho caldo, dopotutto è comunque estate. Estate, niente scuola.
Prendo i miei cereali e inizio a masticare rumorosamente canticchiando ‘Oh Love’ dei green day. Mi faccio prendere dalla musica e inizio a cantare sempre più forte, come se io e Billie Joe fossimo un’unica persona.
Ovviamente chi interrompe la mia perfetta esibizione? Il vicino sfigato che mette a tutto volume canzoni alquanto depresse di un tizio arancione di capelli, un tale Ed Sheeran.
Dimenticando i cereali nel latte, ormai affondati quasi a creare una pappina, prendo il cellulare e mi siedo sul tavolo guardando i messaggi.
Riccardo mi ha scritto. Rimango ferma qualche secondo poi mi affretto a rispondere al suo ‘Ciao bella!’ con un semplice ‘ciao’ scazzato.
Non so cosa mi prende quando parlo con lui. Mi piace no? Allora perché gli rispondo male? Bha, chi mi capisce è bravo.
Lascio il cellulare scivolare sul tavolo della cucina e mi affretto a controllare la casa, tutto in ordine.
Prendo il primo CD che mi capita e lo metto nello stereo, per sovrastare quel lamento che viene da casa del vicino.
J-Ax. Apposto, lui mi terrà compagnia questo pomeriggio, oggi non intendo uscire, la voglia di vivere è troppo poca.
Alzo il volume al massimo, quasi grido al ritornello ‘ERA MEGLIO PRIMAAA!’ e sento bussare alla porta.
Guardo dallo spioncino, chi è? Il vicino sfigato.
-“Cazzo vuoi Fra.”
-“Il volume. Abbassalo.”
-“No” gli rispondo secca tirando fuori un sorriso odioso.
-“Mi da fastidio, abbassa il volume.” Scandisce le ultime parole.
-“E a me?” Gli dico trattenendo una risata.
-“E a te non m’interessa, abbassa il volume, e ricordati che questa sera devi venire da me.”
-“Cazzo è vero, io oggi volevo uscire con Joe.” Mento.
-“Devi venire lo stesso, tua madre s’arrabbia se non vieni.”
-“Ok, non voglio farla incazzare ancora di più.” Dico seccata, mi brontola la pancia. “Non è che hai un po’ di pasta avanzata da mangiare?” chiedo.
-“Vieni da me no? Però non tolgo Ed solo per te.”
-“Si ma stai calmo.” Dico chiudendo la porta alle mie spalle, entrando in casa sua.
Il cellulare! Devo andare a prenderlo, devo rispondere a Riccardo.

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Capitolo 3
*** Roba da vicini. ***


"Siamo soli, cioè, c'è anche Ed ma relativamente." Mi dice cercando di essere simpatico.
"Ok, ci cibiamo?" Gli dico.
"Io ho già fatto, ma vieni che ti do una mano." Mi risponde sempre con tono gentile.
Siamo in cucina e inizia una canzone abbastanza ritimata, inizia con semplici parole che mi descrivono molto:' I wanna be drunk when i wake up, on the right side of the wrong bed." Quel ritmo gradevole si interrompe dal brontolio della mia pancia, anche se 10 minuti fa ero seduta al tavolo della mia cucina a mangiare cereali.
Sempre fame? Esatto. Questa sono io, tanti chili di troppo, sempre affamata e con pochissimi complessi, solo con il peso. 
"Pasta al pesto? Mangio con te che ho fame." Interrompe il mio affamato pensiero, facendomi affamare ancor di più.
"Direi che è perfetto amico." Dico. 
Oddio.
Gli ho risposto in modo gentile. Gentile. Io. Gentile. Io. Gentile. Io. IO. 
Per rimediare allo sbaglio me ne esco con:" Si ma muoviti." Freddo e duro.
Vado a sedermi in una sedia, anche se sapevo che sarei stata vicino a lui, ma che cambia? L'importante è mangiare. 
Sta scaldando la pasta con cura, lui fa tutto con cura. Lui si prende cura di sua madre come un vero uomo.
Non è così male come ragazzo dai, dovrei trattarlo meglio, dopotutto mi tratta sempre bene, fa tutto per far stare bene me e la mia famiglia.
Non è neanche bruttissimo, è un ragazzo normale, il classico 'ragazzo della porta accanto'. 
Scherzi a parte, è sfigato e abbastanza brutto, ma l'importante è che mi dia cibo. 
"Stasera cane?" Gli dico mentre osserva il microonde come se avesse l'apparizione della Madonna.
"Si si si, 19.30 come sempre?" Risponde distogliendo lo sguardo 'dall'oggetto divino'.
"Appò! Raccontami un po', con la fidanzata come va?" Gli chiedo cercando di farlo scendere dalle nuvole.
"Come sempre."
"Cioè? Possessiva, odiosa, antipatica e anoressica? Direi che non va molto bene." Dico ridendo, non la sopporto quella ragazza.
"Semplicemente è l'unica ragazza che mi vuole, che poi, detto tra di noi, ci siamo baciati solo tre volte in questi quattro mesi." Mi confessa fissando il pavimento piastrellato.
"Scherzi? Davvero, scherzi? Lasciala dai, c'è sempre qualcuna che ti vuole."
"Non è copa sua, è che non so baciare e che.." si interrompe perchè il 'magico microonde' ha emesso il suo 'magico suono' dicendo che è pronta la pasta. 
"Lascia la pasta la e vieni tu qua." Gli dico ferma mentre si sposa piano piano verso di me.
"Non sai baciare? Possiamo anche odiarci, ma il mio vicino dev'essere un playboy, capito?" "Ora ti bacio. Anzi, tu baci per primo me. Devi semplicemente fare 'la gioia' con la lingua, non l'amore, niente di sconcio, devi fare l'amicizia e la felicità, tutto chiaro?" Gli dico.
"Capito" Dice lentamente.
"Pronto?" Gli sorrido.

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Capitolo 4
*** In the sofa, with you. ***


"Si."
Così gli infilo la lingua in bocca come farei con quel cristodiodiperfezione di Francisco Lachowsky. 
Le nostre lingue iniziano a danzare un dolce valzer, mentre mi stringe sempre di più con le sue forti mani. Quel valzer si trasforma in un tango sensuale, e ci lasciamo prendere da quella musica perfetta avvolta dalle parole di Ed Sheeran.
Scherzo, fa schifo. 
Sembra di essermi infilata in bocca una di quelle caramelle a forma di verme tutte gommose e colorate che dopo un po' danno il volta stomaco. 
Davvero? Davvero l'ho fatto? Oh dio, ma come sto messa.
Sono schifata, e la sua 'mano forte' è lontana metri da me, okay che sono brutta, ma non così tanto figlio mio!
"Sono le sette e mezza del mattino!" mi grida con la voce di mia madre. "Alzati! Arrivi in ritardo!" grida ancora.
"Sei seria mamma? sei seria?" Bene, mi ero svegliata da quell'incubo orribile, finalmente. 
Mi alzo, mi metto dei vestiti a caso addosso, vado in bagno e mi trucco. 
Non mi posso neanche pettinare! Sono nata con questi capelli ricci smonchi che appena li pettini sembro un membro dei Cugini di Camopagna, e se mi spalmassi della nutella in faccia una ragazza afroamericana. 
Potrei morire dentro la nutella. 
Prendo lo zaino, esco di casa, sono le 7.45, perfetto, vado verso scuola. 
Ripenso al sogno e al vicino sfigato che in realtà è un figo paura non che mio migliore amico, e a quella voce, alla voce di Ed.
Non sono sua fan, so poche canzoni, ma non riesco a farmi uscire dalla testa quella sua canzone, ma non ricordo proprio il titolo, appena incontro Giada alla fermata glielo chiedo, lei è una sua fan super accanita.
Cammino con le mie vans super gnocche per il marciapiede ormai riscaldato dai primi raggi che appaiono, anche se un lieve filo di nebbia nasconde l'orizzonte.
L'erba è piena di brina, c'è un vento freddo, ma quei piccoli raggi di sole riscaldano la mia pelle come non mai, è come se realmente qualcuno mi stesse dando un abbraccio.
Mi sento così bene e sollevata da dimenticarmi del peso della scuola, e mi dedico un piccolo istante sulla fredda panchina color verde stantio, la stessa panchina dove nonno mi portava da piccola per fare due tiri a basket.
Mi siedo, chiudo gli occhi e un piccolo sorriso inalza le punte della mia bocca, stringe la mia unica fossetta, quella destra. 
Le palpebre non pesano, ma non vogliono riaprirsi, quel piccolo istante mi ricorda i pomeriggi passati a giocare con un pallone da basket più grande di me. 
Mi ricordo come facevo rotolare la palla per terra con le mie piccole superga blu notte, e i miei occhietti marroni capaci di sorridere. 
Quando riuscivo ad alzare la palla per me era un gran traguardo, mi sentivo meglio, volevo un premio. Il premio più bello era semplicemente il sorriso che nonno mi donava, amavo il suo sorrriso, teneva alla sua igene dentale, aveva i denti bianchi e lucenti. 
Tutto questo pensare mi fa scendere una piccola lacrima per il suo ricordo, l'asciugo velocemente e mi rialzo, camminando verso la fermata con passi decisi e veloci, oggi sarei andata bene a scuola, oggi. 
"Ue bella ziba, tutto bene?" dice Giada, con la sua solita attitudine scherzosa e comica.
"Si, ma dovrei farti una domanda!" rispondo.
"Prima io, Riccardo? Allora? Ti ha accettato l'amicizia su Facebook o non ancora?"
"Lasciamo stare, meglio." rispondo ridendo, anche se vorrei sedermi a terra e convertirmi in pera e smettere di respirare finchè Riccardo non veniva a salvarmi su una 500 vecchia dinun color antico e datato con una canzone sconosciuta ma adatta al momento.
"Eddai, sapere che tu dire tutto Giada a." 
"Se dai, saliamo sul tram che arriviamo in ritardo." 
Saliamo sul tram, strette come sardine. Mi appoggio a lei, anche se in realtà ci ero già appoggiata, anzi, compressa, ma diciamo che sono abbastanza stanca, anche se sono andata a dormire alle 21 ieri sera. 
Chi mi capisce è bravo.
"Sale Riccardo, tranquilla non hai il trucco sbavato, pancia in dentro, petto in fuori." Mi sussurra Giada, e io, come se mi avessero tirato una secchiata d'acqua gelida addosso, muovo i capelli e obbedisco ai suoi ordini, cercano di sembrare il meno camionista possibile.

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