The A Team

di sheeranj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - Senso di colpa. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo - Hello. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo - I need to change. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo - Senso di colpa. ***


The A Team.

"e dicono che lei sia nella squadra di serie A 
bloccata nei suoi sogni ad occhi aperti 
è così da quando aveva 18 anni 
ma ultimamente il suo viso sembra 
si stia lentamente scavando, logorando 
sgretolandosi come pasticcini 
e urlano che le peggiori cose nella vita 
arrivano da noi gratuitamente 
perchè siamo sotto le mani del Signore 
e impazzisco per un paio di grammi 
e lei non vuole uscire stanotte 
e improvvisamente vola verso la patria 
o vende l'amore ad un altro uomo 
fa troppo freddo fuori 
perchè gli angeli possano volare 
gli angeli possano volare "

Ed Sheeran, The A Team


Capitolo primo. – sense of guilt.

“Meredith” sembrava che dicesse, “svegliati” si strusciava contro il mio braccio, sperando che l’alzassi per fargli le coccole.
“Ciao bella, chi ti ha fatto entrare?” gli chiesi, pur sapendo che non avrei mai ricevuto risposta, allungai le braccia verso di lei urtandole la pancia, “scusami” mi soffiò addosso, saltando giù dal letto “che suscettibile” feci una piccola smorfia e portandomi le mani agli occhi lì strofinai.
Mi sedetti in ginocchio, prevedendo un’altra lugubre giornata, faceva freddo e dall’acero che vedevo dalla mia finestra, le foglie cadevano come neve a dicembre, che si stava avvicinando.
Mi alzai dirigendomi verso il bagno, con la gatta alle calcagna.
“dev’essere dura per te, micia” dopo che mi fui lavata, m’infilai i vestiti e percorrendo il piccolo corridoio aprì la porta della stanzetta blu: “Peter, fai veloce” sussurrai e si smosse bofonchiando qualcosa d’incomprensibile con la bocca ancora impastata di saliva.
Scesi le scale, il mostro era già giù.
“Meredith, sto aspettano da venti minuti, cazzo!” la sua voce era bassa e spezzata da burberi colpi di tosse dovuti al catarro.
“sto arrivando” “eh bene” batté il pugno sul tavolo, scuotendomi “scusa, cosa vuoi?” “uova e pancetta, fai veloce aspetto da tanto” “si”.
Gliele preparai, senza tralasciare la pasticca che prendeva ogni mattina contro il mal di testa e il tranquillante che per mia sfortuna non bastava mai.
Gettai lo straccio nel lavandino e lo strofinai, cercando di lavare anche la frustrazione.
Dopo che ebbi finito di ‘lavorare’ salii tirando già da letto Peter, lo feci vestire e lo accompagnai a scuola.
Passai a casa di Samantha e citofonai “arrivo, eccomi” sorrisi vedendola come poche volte, già pronta.
La feci entrare e allacciai la cintura, cercando di non farci sfregare il fianco.
Guardai dietro dopo di che partì.
“com’è andata?” mi chiese poi osservando la mia espressione “superabile” deglutii “oggi stai da me” “no, sai che non posso” svoltai a destra “non voglio che ti succeda ancora qualcosa, non puoi rimanere lì a vita” “non ne ho l’intenzione, spostati non vedo” guardai lo specchietto retrovisore e accelerai.
“Meredith” svoltai una seconda volta a destra e imboccai per il parcheggio della scuola.
Frenai, tenendo il volante stretto tra le mani facendoci una leggera pressione “Samantha” mi voltai verso di lei “ho capito, non voglio che ti faccia ancora del male, solo questo” uscimmo dall’auto e la chiusi, per poi stringere la mia migliore amica tra le braccia.
Sorrisi ed entrammo a scuola.
Aprii l’armadietto, leggendo piano l’orario stampato sull’anta. Avevo fisica alla prima, diciamocelo non avevo proprio voglia di farla e non volevo nemmeno mostrare i lividi sulle cosce.
“Io vado” Samantha chiuse il suo armadietto sorridendomi “ci vediamo dopo” mi sorpassò, probabilmente andava a parlare col suo ragazzo.
Entrai nei bagni e mi ci chiusi dentro.
Per quanto la puzza potesse essere fastidiosa, riuscì a ripassare storia per l’ultima ora, nella quale fui interrogata.
“una bella B-” sbattei l’armadietto infastidita, “non è possibile!” appoggiai la testa ad esso guardando a terra “cosa faccio?” mi chiedevo, “beh, che fai oggi?” Samantha arrivò nella mia direzione sorridente, alzai la testa e le sorrisi “credo che andrò a studiare, se ci riesco” dissi riferita alle botte che mi avrebbe dato mio padre appena tornata a casa “stai da me” “Sam, dai non ricominciare, sopporterò è quello che faccio da anni ormai” infilai le braccia nelle maniche della giacca e l’allacciai per poi avviarci insieme fuori.
“ci vediamo domani” “Meredith, ci puoi comunque ripen” “ti ho detto no, Sam!” sorrisi per incoraggiarla ma dentro fremevo perché mi obbligasse “ciao” “ciao” mi guardò ripartire fino a che girai l’angolo ed entrò in casa.
Appena arrivata, tirai un sospiro e aprendo la porta sentii il mio nome dal soggiorno.
“Meredith, pasta al sugo, ma dove cazzo sei stata?” i muscoli mi s’irrigidirono “ero a parlare con Samantha, ora faccio subito” tolsi il cappotto e lo misi sull’appendiabiti cercando di non attirare l’attenzione su di me ulteriormente “Meredith” mi chiamò di nuovo con tono più pacato. Deglutii “si papà?” “com’è andata a scuola?” il suo sguardo era fisso, una smorfia di malvagia sulle sue labbra, e sentivo già le lacrime del senso di colpa. “com’è andata a scuola?” ripeté impaziente “una B papà” “cosa, non ho sentito bene” si alzò avvicinandosi al mio viso e deglutendo ripetei.
“che voto è?” urlò, prendendomi i capelli per poi sbattermi al muro, cominciai a singhiozzare “ahi” le parole spezzate dal pianto, e i lividi viola che si formavano sulle braccia, le gambe e la pancia.
“e non piangere puttana!” urlò.
“papà, che fai?” la sua voce, le sue parole serene uscirono dalla sua bocca. Non potevo farmi vedere da lui in quel modo.
“Meredith, che hai fatto?” si avvicinò a me poggiandomi le mani sulla coscia con la bocca semi aperta “s-sono caduta, ho battuto solo il ginocchio” lo sguardo fermo di mio padre andò sul mio viso “che stupida, guarda dove metti i piedi la prossima volta” sorrise arricciando il naso “e non piangere” sorrisi della sua dolcezza e gli accarezzai il viso, alzandomi.
“ora mangiamo, va bene?” salii, senza mostrargli i lividi e lui corse in camera saltellando.
L’avrei mandato via da quella casa, a tutti i costi.
Dandogli il tempo di crescere e l’avrebbe trattato allo stesso modo.
E’ uno stronzo, un bastardo.
L’avrei salvato da quella vita orrenda.
Pensare che avrei potuto portarlo lontano. Avevo cibo, acqua e abbastanza soldi, solo non ne avevo la forza. Il senso di colpa mi uccideva, quell’uomo orrendo era comunque mio padre, sangue del mio sangue.
Il senso di colpa, non ero abbastanza forte da proteggermi, non ero abbastanza da riuscire a portarlo via, non ero abbastanza da fargli da madre, non ero abbastanza per mio fratello.
Se Peter non riuscisse a uscire vivo da quella casa, mi sentirei uno schifo, come se non mi sentissi così già abbastanza.

 

o'brien.
Buonsalve bellissime! asjg
Inizio col dire che questa è la mia prima ff e se l'impaginazione fa schifo è per questo c':
Sono nuova quindi se non rispondo alle recensioni, (che non so nemmeno se ce ne saranno, ma spero ewe) non offendetevi c':
Spero che piaccia almeno a qualcuno, sono ad un liceo scientifico e ho una marea di cose da studiare. appena trovo del tempo libero spero di riuscire a collegarmi c:
per chi non l'avesse capito, dylan o'biren è il mio attore preferito. stiles stilinki in teen wolf sjvgdc
scuso eventuali errori c:
sbdhjs detto ciò, mi dileguo.
@sheeranj 
follow me on twittah.
#viamobelle

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo - Hello. ***


Capitolo secondo. – Hello.
La stanza sembrava più calda, e mi lasciai cadere sul letto sentendo le vene nella testa che pulsavano. Le lacrime ormai bloccate sulle gote, mi avevano inumidito i polsi, con i quali aveva cercato di asciugarmi invano.
Massaggiai piano le gambe, mentre mi portavo una mano al braccio destro, un dolore fortissimo, mentre lo toccavo.
Respirai a fondo, alzandomi per andare al bagno. Il cuore ancora batteva fortissimo e le gambe tremavano ad ogni piccolo passo.
Peter è il mio angelo. mi ripetevo, perché lo era davvero.
Mio padre non aveva il coraggio di picchiarmi davanti a lui, era il suo anello debole, ma sapevo anche che quello ‘stato’ sarebbe cambiato presto. Il tempo di compiere i tredici anni e sarebbe finito come me.
Il telefono vibrava, lo presi e lessi il messaggio da Samantha: “amore, dopo vieni a studiare da me?” pensai, che forse era meglio stare il più lontano possibile da mio padre. !certo” risposi, e dopo aver sentito l’urlo da parte di mio padre scesi e iniziai a preparare il pranzo.
Tenevo d’occhio tutto, qualunque minima cosa. Se mi stava guardando, se bisbigliava qualcosa al telefono o se prendeva una birra.
Era tutto pronto, chiamai Peter e lo feci sedere a tavola, dopo di che mi sedetti a fianco a lui.
Iniziai a mangiare, e sentii un affievolirsi del mal di testa.
Peter sorrideva e in un certo senso, riuscì a rallegrarmi.
Dopo aver pranzato avvisai mio padre che dovevo rimediare la B. Scusa plausibile.
Riuscì a finire i compiti di grammatica e ad aiutare Peter in matematica, dopo di che lo accompagnai a football e io andai da Samantha.
Parcheggiai davanti a casa e la chiamai “vieni dentro, sto mettendo a posto” eravamo solite andare a studiare in biblioteca, evitando che sua sorella ci potesse disturbare.
Entrai in casa e la raggiunsi in camera “ciao bellissima, allora?” mi chiese, riferita a mio padre.
Le mostrai il livido sul braccio e senza fare la vittima ironizzai che il mio fratellino, era venuto a salvarmi.
Sorrise mentre mi abbracciava “vorrei salvarti io, devi scappare da quel mostro” la sentii stringermi a sé, “Sam, Sam!” la chiamai, mentre iniziava a singhiozzare “no,ti prego” e vederla così faceva stare peggio anche me.
La strinsi nuovamente a me, mentre cercavo di farla un po’ ridere.
Cercai le parole nella mia testa, per descrivere quanto fosse per me, ma le parole si spezzavano quando ritornava il pensiero di mio padre.
“sei tu che mi rendi felice, mi salvi ogni giorno, così sei perfetta” e vedevo che le sue labbra si allungavano in un sorriso e le sue guance colorarsi di un rosso leggero.
Era davvero perfetta. Era perfetta perché quando stavo male era la prima a notarlo, era perfetta perché mi supportava anche quando non volevo vederla, era perfetta perché nonostante le mie condizioni mi accettava. E io avevo bisogno di lei, perché per me era più che tutto.
Mi cinse con le braccia in un nuovo abbraccio lo sciolsi prendendo le sue mani e guardandola negli occhi: “sei tu quella di cui ho bisogno, ogni giorno, sei tu quella che mi fa sentire bene, sei tu che sei tutto per me” sorrisi, “ok?” gli chiesi staccandomi per poi alzargli il volto “ok”.
“bene, ora è meglio che studiamo biologia, o finisco male” sorridemmo poi il suo sguardo cambiò “tu pensavi veramente di studiare?” si alzò ridendo, ancora con le guance umide “la parola studiare per me ha un solo significato” mi alzai divertita, quando sentì un clacson e mi avvicinai alla finestra.
Un enorme macchinone scuro “ma che” non mi fece finire, “tranquilla, è solo il mio ragazzo” fece la faccia sorridente e cercò di pulirsi, momento compassione finito.
“studiare eh?” “dai la tua vita è sempre la monotona palla, ha portato degli amici” mi fece l’occhiolino “non sono in cerca di amore, ma grazie per avermi avvisato” mi guardai, una maglietta larga e dei leggins presi a caso.
Sospirai e la seguii da basso, “Amore mio!” quasi urlò abbracciando il moro che la strinse mentre mi lanciava un sorriso come saluto e feci un cenno col capo sorridendo a mia volta.
Era come al solito, la barba corta che gli dava un tocco sexy e i capelli tenuti in piedi dal gel con un ciuffetto sul biondo.
Lo salutai con un bacio sulla guancia e lasciai che entrasse l’altro ragazzo.
“dov’è la festa?” un ragazzo poco più basso di lui, con degli occhi verde smeraldo cantava qualcosa sottovoce.
“hey” sorrisi, “tu sei Meredith?” mi chiese dopo avermi baciato la guancia, “esattamente” arrossii dall’imbarazzo mentre lasciai che il mio sguardo cadesse sull’ultimo ragazzo entrato.
Non era uno, bensì quattro.
Quel suo sguardo timido mi fece rabbrividire, mentre un sorriso gli si formava sulle labbra.
I miei battiti si facevano sempre più distaccati, lo sentivo, sentivo il tremolio alle punta delle mie dita, e mi accorsi solo dopo di aver balbettato un piccolo ‘ciao’ tra le labbra.
ciao” si era avvicinato, balbettai qualcosa d’incomprensibile. E Niall intervenne “tranquilla, prenditi tutto il tempo che vuoi” suggerì.
Eppure quello sguardo color nocciola, i capelli scuri e quel naso a patata avevano qualcosa che mi intimoriva, un qualcosa che non avevo mai provato, qualcosa di inaspettato che mi metteva a disagio. “Meredith” mi scansò Niall nuovamente, “lui è Liam”.

 

o'brien.
ciao belle!
ho visto le quattro recensioni e 144 visiti più i preferiti , seguite e ricordate, siete fantastiche, dico davvero sbdvhsgdv
se tutte queste eprsone mi lasciassero una recensione mi farebbe un piacere immenso!
grazie davvero a tutte, aggiornerò rpesto spero c:
@sheeranj on twittah.
#viamobelle

 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo - I need to change. ***


Capitolo terzo– I need to change.
Me lo sentivo dentro che probabilmente ero di un colore paragonabile al porpora.
Risi del mio pensiero, “io sono Meredith” strinsi la mano che mi aveva porso: “bene ora che vi siete conosciuti, se volete accomodarvi” Samantha ci fece segno di entrare in soggiorno e le mandai un’occhiataccia. Un piccolo sorriso le parve sulle labbra e non feci in tempo a trattenere il mio che Liam già mi guardava.
Lasciai che passasse prima lui, e lo osservai mentre cercava di trovare qualcosa con cui cominciare a parlare. Conoscevo quello sguardo confuso, pieno di domande ma con la paura di farle, io stessa ne ero protagonista ogni giorno.
“beh, vivi qui da molto?” parlare di casa non era proprio quello che desideravo. “si, da quando sono nata” risposi piano ripensando a Peter e a mio padre “tu invece?” gli chiesi non volendo che l’attenzione si soffermasse su di me.
Niall aveva già una lattina in mano e si era svaccato sul divano mentre Samantha giocherellava già con la lingua di Zayn.
“sono qui da poco, mi sono trasferito con questi quattro animali” mi venne da ridere. Quel ridere spontaneo che non si riesce mai a controllare e che finisce con l’essere in imbarazzo. Lo era anche lui, e questo mi metteva più a mio agio. “e dove andrai a scuola?” mi venne da chiedere, “in quella di Zayn, nella tua quindi” “si, credo di sì” lo rivedrò quindi.
Louis trascinò Harry, il nuovo arrivato, davanti alla play e fui costretta a sentirli mentre gridavano. Mi ricominciava il mal di testa.
L’imbarazzo tra di noi, nonostante la compagnia non diminuiva, e il mio cuore martellava ad ogni suo sguardo. Chissà che pensa, magari mi trova carina. Pensavo, e poi mi smentivo io stessa lasciando che il pensiero fosse sovrastato da altri. La timidezza era una mia caratteristica che odiavo. Samantha ci guardava mentre spiccicavamo parole tra di noi, facendomi sentire ancora peggio.
“che vuoi fare da grande?” la domanda più inaspettata che potessi ricevere, ma allo stesso tempo che mi facevo da una vita.
“non ne ho idea, magari tutto” alzai le mani dubbiosa con un sorriso che mi tradiva “o niente, sai, è difficile se non si hanno molte possibilità o non si possono avere” abbassai le mani, mentre sentivo già gli occhi che pizzicavano. Sapevo che non potevo avere altro dalla vita oltre al fare da serva a mio padre e occuparmi di mio fratello, perché era quello che facevo e quello che avrei fatto fino al giorno della morte del mostro. Il destino era dannatamente stronzo.
“Scusa, scusami” mi alzai senza riuscire a trattenere le lacrime, camminai velocemente il bagno e mi ci chiusi dentro.
Io non potevo avere altro, non ero capace desiderare nulla dalla vita perché tanto sapevo che non si sarebbe realizzato, che non ci sarei riuscita, che sarei rimasta sempre uno schifo.
Le lacrime incominciarono a scendere lente, solcandomi il viso poco struccato.
Avevo bisogno di cambiare. Voglia di non essere più quello che ero, andarmene via da qui e non tornare più. Avrei iniziato da capo e mi sarei lasciata alle spalle il passato. Avrei scordato i lividi sul mio corpo, avrei dimenticato le parole con cui ero descritta tutti i giorni, il ricordo del viso di mio ‘padre’ l’avrei cancellato dalla testa, e avrei fatto vivere Peter in un mondo senza tristezza e depressione, senza rabbia e rancori, poteva essere libero e io volevo dargli quella possibilità.
Quel pensiero mi faceva sorridere, ma allo stesso tempo sapevo che sarebbe stato irrealizzabile.
Mi sentivo sporca, sporca di una cosa di cui non avevo colpa. Togliere la libertà a qualcuno era la cosa più brutta al mondo e io ne ero vittima.
Stretta alle mie gambe alzai la testa guardando il soffitto pensando che così il bussare alla porta sarebbe sparito e mi sarei svegliata, magari più felice.
“Meredith” da dietro la porta la sua voce suonava preoccupata. “Mi dispiace, non sapevo che potesse farti così quel” aprì la porta “come potevi saperlo?Non ne potevi sapere niente, tu non mi consoci, tu non puoi capirmi” lo guardai, e prendendo un respiro mi svuotai “senti, lascia stare ok?Non è colpa tua, qui sono io di troppo” benché riuscissi a trattenere le lacrime, facevo sentire in colpa lui ma dovevo tacere e avrei fatto stare bene tutti gli altri. Andai verso la porta e con un gesto lento mi bloccai, girandomi e lo guardai negli occhi “scusa”. Vattene e basta mi ripetevo, e aprii la porta chiudendomela poi alle spalle. Infilai il cappotto, aprì la portiera e mi sedetti sul sedile. Lanciai un ultimo sguardo alla casa e mordendomi la lingua dal rimorso partii per casa.
Buttai le chiavi sul tavolo e appesi il cappotto trascinandomi fin su camera mia.
“Meredith, sei arrivata!” benché la sua voce riuscisse a rendermi felice, non bastava per farmi sorridere. “guarda cosa ho fatto” mi trascinò fino in camera sua e mi fece vedere un piccolo disegno.
“sono io?” chiesi, sull’orlo di far uscire un’altra marea di lacrime “si, la mia sorellona, non è bello?” il labbro mi tremava e il naso pizzicava per colpa del mio sforzo di trattenere le lacrime.
“è bellissimo” sussurrai mentre qualcosa iniziava a fermarsi in gola.
Mi alzai e correndo verso la mia camera scoppiai a piangere. Mi chiusi la porta alle spalle e buttai sul letto.
Mi ero riconosciuta, ero mano nella mano con lui e appariva un grande ‘i love you’ in blu nella sua vignetta.
“Mamma, perché quando ho bisogno di te non ci sei?Io ti voglio qui accanto a me, io ho bisogno di te perché sola non ce la faccio, sei tutto ciò che mi renderebbe felice in questo momento, sei tutto” singhiozzai tra le labbra, avevo paura, tanta paura di non poter rendere felice Peter.
Ormai erano passati quarantacinque minuti di pianto interrotto. Ero decisa a cambiare questo stesso giorno.
Si erano fatte le nove, preparai la cena per tutti e tre e dopo sistemai Peter nel letto, che si era addormentato davanti alla tv.
Lasciai la medicina sul tavolo a mio padre e mi assicurai che la prendesse dopo di che salii e iniziai a scombinare tutti i cassetti da cima a fondo, trovando venti dollari.
Mi stesi nel letto, sicura di quello che volevo fare con il cuore che batteva ogni mezzo secondo.
La porta della stanza accanto si chiuse, con un clic della chiave che girava nella serratura.
Passarono le nove e trenta, le dieci e undici.
Stesi le gambe fuori dal letto e mi alzai “shh” feci alla micia che mi tormentava girandomi addosso, presi la borsetta con venti dollari e senza fare rumore mi accertai che Peter dormisse già.
Sentivo il cuore martellarmi nel letto, la paura di essere non solo molestata ma anche violentata mi angosciava.
Vacillavo sulle punta dei piedi mentre scendevo le scale, con ancora addosso i jeans e la felpa, presi il cappotto e salii nuovamente.
Mi chiusi la porta alle spalle girando la chiave e aprì il chiavistello della finestra, per poi richiuderla.
All’atterraggio non so con quale fortuna non mi feci male.
Non so quante ave Maria dissi prima di arrivare al locale in periferia, uscii dal taxi e gli diedi i soli soldi che avevo. Guardandomi attorno per scappare da sguardi indiscreti, aprii la porta scura. Un’acre puzza di fumo mi avvolse, la porta si chiuse in un suono sordo, che fece voltare qualche donna poco vestita.
Mi avvicinai al banco, dove un uomo reggeva un giornale, ma dal suo sguardo sembrava non stesse nemmeno leggendo.
“s-salve” il suo sguardo cadde su di me “sono qui per, ehm lavorare” strinsi i pugni “Ho diciotto anni, mi chiamo Meredith” il suo sguardo ritornò sul giornale “sono qui per ballare, dicono che io sia molto sensuale” sciocchezza, ma riuscì a catturare la sua attenzionee cosa vorresti fare, lap dance, strip o” “no, no!” lo bloccai, “solo ballare” le donne ridacchiarono qualcosa “ballare non è niente” mi maledii “va bene, solamente non lo strip” “bene, di là ci sono i camerini” m’indicò una porta sulla destra e sussurrai un grazie.
Le ragazze parevano tutte diciannovenni, mi sentivo talmente piccola.
“questo è tuo” una donna mi lasciò un abitino succinto sullo sgabello, mentre vedevo gli sguardi avidi delle altre.
Pochi minuti dopo, avevo quel piccolo costume viola addosso. “scusa, hai p-per caso una maschera o qualcosa del genere?” la stessa dona mora mi passò una mascherina di pizzo finto e la ringraziai.
I lividi anche se poco visibili mi mettevano a disagio.
“tieni, rilassati” una voce fioca mi arrivo da dietro, mentre la mora mi sorrideva “g-grazie, non è che c’è dentro qualcosa di strano vero?” rise “nulla, tranquilla” presi la boccetta e indugiando la portai alla bocca bevendone un sorso. Feci una smorfia disgustata “sei nuova, vero?” mi chiese poi sorridente “si nota così tanto?” “finché non sali su quel palco si, poi si vedrà” riuscì a ricambiare un sorriso “piacere, io sono Ronny” “io Meredith” “non far caso alle altre, fanno sempre così con le nuove” “nuova o no, non resto a lungo” “così dicevo anche io, hey tocca te!” mi spinse poi “cosa, io non sono pronta!”.
Ero lì, nel bel mezzo del palco con sguardi divertiti di decine di uomini di cui la maggior parte ubriachi.
Mi tirai un pizzicotto, l’alcolico iniziava a fare effetto, l’unica cosa che feci fu di muovermi, come avevo detto, molto sensualmente. Iniziai a muovere i fianchi, le braccia e la testa lentamente, sfregando il bacino contro l’intero palo. Mi sentivo libera, leggera felice che nessuno potesse sapere come soffrivo in realtà dentro, mi sentivo bene.
“cavolo Meredith!” Ronny mi fece spazio in camerino, trascinandomi un po’ più infondo “cielo, lo sapevo” incominciai a svestirmi scocciata “sei stata una favola!” mi voltai guardando quel suo viso, incorniciato da lunghi ricci mori “davvero?” non negai un sorriso, mentre mi riempiva di complimenti inaspettati ma piacevoli “ehm, grazie”.
Il primo pensiero che mi passò alla mente, mentre l’autista accendeva il motore dell’auto fu mio padre, “e se mi scoprisse?”.
Ronny mi guardava, mentre la tensione si propagava in tutto il mio corpo “ci vediamo domani?” “quando scusa?” i pensieri si dissolsero “domani, ehi svegliati è solo l’una!” mi scusai, “già domani?” chiesi stupita “certo, fai il turno con me” mi fece l’occhiolino mentre aprivo la portiera “ehi scusami, io non ho più soldi, non è che lo pagheresti tu?” mi scusai con un sorriso “certo, mi devi venti dollari però” sorrise scherzando “un caffè?” “a fare fatto, a domani!”.
Chiusi la portiera mentre guardavo il taxi allontanarsi, “dio, so che esisti” indugiai sulla finestra di camera mia, e guardai all’interno senza farmi notare quando all’improvviso comparve la gatta e balzai in aria “dio mio!”. Sembrava sorridesse, miagolò e cercai di farla stare zitta. Svitai il chiavistello che avevo lasciato aperto ed entrai senza fare rumore.
“Mi svestii nuovamente e dopo aver infilato il pigiama ed essere andata a lavarmi mi infilai nel letto.
ce la posso fare, potrò finalmente essere felice”.
 

 
 

O’brien.
Zzzalve pelle pampine! dfbxn
Questo capitolo l’ho fatto più lungo perchè credo di non esserci per alcuni giorni (come prima di questo çç) e non volevo lasciarvi senza nulla, che dolce vero? Sghxvnn
Sono felicissima per tutte le dodici recensioni che mi avete lasciato, siete davvero tutte carinissime c’:
ho un sacco di cose da fare, e scusatemi se non riesco a recensire nelle altre ff, dopo che carico questo capitolo ci provo.
Mi fa molto piacere che vi interessi la mia storia, comunque preciso che:
Meredith conosceva sia Niall, che Louis che Zayn. Preciso che Niall e Meredith erano stati –un tempo- fidanzati (mlmlmlml), e che lei è una ragazza complicatissima.
Zayn e Samantha sinceramente non ho pensato a come si fossero incontrati lol potete pensarla come volete c:
Poi ehm, i ragazzi non sono famosi quindi va beh non gireranno il mondo, lol
Mi fa molto piacere che ci siano molte visite e spero che ci saranno altrettante recensioni dkfjhvkf e sarò felice anche nel rispondere!
Ora mi dileguo e vado a studiare scienze, ccccccccciao dolcezze! skjdfjfds
Io sono anche @sheeranj in twitter quindi se mi seguite ricambio!
se spargeste al voce sulla mia ff mi farebbe un piacere immenso c:
Much love babe.

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