Shadow-Le ombre dell'anima.

di Elena Breezy Gilbert
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A volte anche solo una carezza può scaldare il freddo che hai dentro. Ma questo lei non l’ha mai capito. ***
Capitolo 2: *** L’abbraccio di un’amica riesce a domare la tua tempesta interiore. E se non ci riesce la condivide con te ***
Capitolo 3: *** Quando qualcuno di speciale se ne va per sempre lascia a noi una parte di lui, ma porta con lui una parte di noi ***
Capitolo 4: *** Quasi tutto ciò che è sbagliato all'inizio ci provoca piacere e ci allevia quasi dal dolore ***
Capitolo 5: *** La pioggia è l'unica cosa che riesce veramente a nascondere il pianto. ***
Capitolo 6: *** Non amare per paura di soffrire è come non vivere per paura di morire. ***
Capitolo 7: *** C'è sempre qualcosa per cui vale la pena andare avanti..Il mio qualcosa sì chiamava Robert.. ***
Capitolo 8: *** Perché tutto quello che ci rende felici, ad un certo punto ci fa stare male? ***
Capitolo 9: *** Eh, ti viene da vivere, ti viene da piangere, ti viene di crederci ancora provare a lottare e dare li meglio di te. Qui non è facile ti senti fragile, qui dove tutto quello che conta è quello che sent ***
Capitolo 10: *** La perdita di qualcuno che per te è fondamentale, porta inevitabilmente alla perdita di te stessa. ***



Capitolo 1
*** A volte anche solo una carezza può scaldare il freddo che hai dentro. Ma questo lei non l’ha mai capito. ***


Sono nata in un freddo e ventoso giorno di novembre, precisamente il 24 novembre, correva l’anno  1990. Mia nonna mi racconta sempre che quando sono nata son cadute tante lacrime. Mia madre non riusciva a portare avanti le gravidanze quindi quando sono nata io è stato quasi ‘miracoloso’. Non ricordo moltissimo, ho qualche ricordo confuso di mio padre che mi coccolava… Ricordo l’amore immenso dei miei nonni.. Ma soprattutto ricordo le grida dei miei genitori che litigavano. Poi in un gelido giorno di dicembre mia madre prende tutta la nostra roba ha strappato me dalle braccia di mio padre ed è scappata da casa nostra per viversi il suo amore con un altro uomo. Ricordo le lacrime e la disperazione di mio padre e i miei strilli. Ma mia madre se ne è fregata non sì è fermata ad ascoltare il mio dolore o quella di mio padre. Ha ascoltato solo i suoi assurdi sentimenti. Sono passati lentamente 11 anni tra perenne dolori e una lontananza forzata da mio padre. L’uomo che ha risposato mia madre era un vero e proprio orco. Non ho mai avuto un rapporto civile con lui. Liti su liti insulti, umiliazione. Ma fortunatamente tra tanto dolore c’era qualcosa che mi consolava… La dolcezza amorevole di mia nonna e l’immenso affetto di mio nonno. Non mi hanno mai fatto mancare nulla. Fin quando ero con loro mi sembrava che il mio dolore e la mia situazione erano inesistenti. Ma quando tornavo a casa di mia madre tutto crollava… Urla, grida e continui litigi con lei che faceva scaturire tanta rabbia in me per il male che aveva fatto a mio padre (e indirettamente a me). Non sì preoccupava mai di chiedermi cosa provavo, di farmi una carezza, di darmi un bacio. Pensava solo per lei e per la sua nuova famiglia. Ed io mi rifugiavo nella mia stanzetta, accendevo lo stereo con le canzoni del mio cantante preferito,  al buio con le lacrime che mi bagnavano il viso per ore. Mi addormentavo quasi tutte le sere così, sfinita dal pianto.

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Capitolo 2
*** L’abbraccio di un’amica riesce a domare la tua tempesta interiore. E se non ci riesce la condivide con te ***


Sì dice che l’adolescenza è la fase più bella ma anche la più critica.. Ricordo che la mia professoressa di italiano mi diceva sempre che non riuscivamo a capire se eravamo carne o pesce ed eravamo perennemente confusi, scontrosi.;

La mia adolescenza sì alternava tra alti e bassi. Ma i miei bassi erano davvero molto bassi.  Le mie giornate scorrevano lente tra studio, pomeriggi dai nonni e con le mie due amiche di infanzia : Claud e Mary.

Le conobbi quando ero pressappoco una bambina. Vivevamo nello stesso quartiere e ci inventavamo giochi assurdi. I pomeriggi con loro erano lo svago che preferivo di più in assoluto. Passavamo le giornate nel mondo che ci eravamo create con la nostra immaginazione, chiuse nella nostra casetta sull’albero. Amavamo leggere storie dell’orrore, amavamo le giornate piovose e amavamo stringerci l’una all’altra sotto la nostra coperta che affettuosamente chiamavamo “Winnie” nei giorni più freddi. La coperta ce l’aveva cucita la mamma di Mary ed era l’unione delle nostre 3 copertine da bambine. Loro sono state le mie più care amiche d’infanzia;

Un pomeriggio di settembre eravamo tutte e 3 tristi, l’autunno era alle porte e con esso anche l’inizio del nuovo anno scolastico… Sapevamo che il tempo per vederci sarebbe diminuito e la paura che la nostra amicizia potesse svanire nel nulla ci faceva letteralmente tremare. Così all’unisono e di comune accordo prendemmo una decisione… Salimmo sul nostro amato rifugio e prendemmo un piccolo coltellino svizzero iniziai io. Lo portai sul palmo della mia mano e incisi un piccolo taglio :
“Giuro che la nostra amicizia non finirà mai, potranno passare anni, secoli, ma io sarò sempre pronta a proteggervi.”
Alzai la mano verso l’alto e passai il coltellino a Claud che fece la mia stessa promessa. Mary ci seguì a ruota con le lacrime agli occhi e le parole spezzate dal pianto. Lei era la più fragile, la più tenera ed era quella che aveva più paura di tutte noi. La paura era conseguenza della sua insicurezza.. Stringemmo le nostre mani in una stretta fortissima e scoppiammo a piangere tutte legandoci in un abbraccio… Iniziò a piovere sorridemmo tra le lacrime e ci coprimmo con la nostra “Winnie” addormentandoci l’una sull’altra. Credo che quella sia stata una delle notti più belle della mia vita.

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Capitolo 3
*** Quando qualcuno di speciale se ne va per sempre lascia a noi una parte di lui, ma porta con lui una parte di noi ***


La scuola mi portava via molto tempo.. D’altronde si sa il primo liceo per un’adolescente è un grande cambiamento. Mi impegnavo molto nello studio, mi lasciavo coinvolgere in progetti extra-scolastici e mi piaceva frequentare le mie compagne di scuola. Il tempo per stare con le mie amiche era sempre poco e non ci bastava mai. Passavo molti pomeriggi con mio nonno a passeggiare nel nostro parco preferito… Ricordo il rumore delle foglie secche sotto le nostre scarpe era musica per me. La mia piccola mano intrecciata a quella grande e ruvida di lui mi donava un senso di protezione infinita, i miei problemi sparivano in men che non sì dica quando ero in sua compagnia. Un pomeriggio decisi di andare dalle mie amiche e come al solito salimmo sulla nostra casa sull’albero. Eravamo tutte cambiate, il liceo ci aveva scombussolato un po’ , non riuscivamo a parlare e divertirci come facevamo sempre, quel giorno abbiamo diviso sigarette e bevuto una birra tutte assieme… Mi ricordo che guardai fuori dalla piccola finestrella e sospirai chiudendo gli occhi.. Tutte e 3 sapevamo cosa era successo ma nessuna aveva il coraggio di dirlo. Mi alzai velocemente e le salutai stringendo entrambe in un forte abbraccio… Baciai le loro guance e sussurrai
“Abbiate cura di voi.. Ci vediamo presto”.
Quella fu l’ultimo pomeriggio che passai con loro, dopo quel giorno solo qualche rara telefonata e qualche incontro casuale… Ma ben presto finì anche quello;

Ero cresciuta, avevo bisogno d’altro pur sapendo che quello di cui credevo di avere bisogno era del tutto sbagliato.. Passavo i miei pomeriggi in un piccolo bar di studenti “lo chevalier”  era pieno di ragazzi della mia età o poco più vedevo litri di birra scorrere sotto il mio naso ma me ne restavo sempre buona al mio posto fumando qualche sigaretta. Non bevevo mai! Non volendolo avevo preso le distanze da mio nonno e quando lui mi chiamava per avere spiegazioni mi giustificavo sempre dicendo che dovevo studiare. Odiavo dire bugie soprattutto a lui;

Era un mite pomeriggio di aprile, uscii di casa e mi diressi al solito bar prima di entrare sentii il mio telefono squillare –era mia madre- rifiutai la chiamata ed entrai. Avevo una strana sensazione addosso ma non riuscivo a capire cosa fosse. Controllai il telefono e vidi più di una chiamata senza risposta la maggior parte erano di mia madre ma tra quelle chiamate ce ne era una di mio padre, mi alzai di scatto dal tavolo ed uscii fuori a richiamarlo.. Le sue parole mi colpirono come un grande masso… Mi arrivarono come una doccia gelata improvvisa.. Sentii la testa girarmi e un dolore incredibile che mi attraversava ogni singola parte del corpo.. Sbattei il telefono a terra e iniziai a gridare sotto gli occhi increduli di tutti i miei amici che non riuscivano a capire cosa mi prendesse… Scappai senza dare spiegazioni e mi diressi verso l’ospedale arrivandoci poco dopo.. Salii tutte le scale con le lacrime che mi scivolavano violente sul volto  e il fiato completamente spezzato.. Raggiunsi la camera, erano tutti fuori. Mio padre sì avvicinò ma lo scansai bruscamente entrai di botto nella stanza e vidi mio nonno steso sul letto che stringeva la mano di mia nonna.. Corsi subito vicino al letto e mi inginocchiai…
“Perdonami nonno”
sussurrai portando la fronte sulla sua mano… Lui fece un flebile sorriso e mi accarezzò i capelli con estrema dolcezza..
“Non ho nulla da perdonarti scricciola”
sussurrò a voce bassa. Morì dopo qualche ora con i miei pianti sommessi in sottofondo… Il dolore mio e di mia nonna era palpabile. Quando i dottori ci cacciarono dalla stanza ci stringemmo forte l’una all’altra… Passammo la notte abbracciate ad asciugarci le lacrime.. Una grande parte di noi sì era spenta con lui. Il giorno del funerale ero completamente distrutta non avevo neanche la voglia di respirare ma l’idea che le mie cugine (che non erano mai state vicine a mio nonno) dovessero leggere alcune cose per lui mi inorridiva, mi provocava il vomito. Lui non avrebbe approvato mai. Così presi coraggio e salii su quel palchetto a leggere una mia lettera.  Il pianto acuto di mia nonna paralizzò tutto il ‘pubblico’. Quella sera non tornai a casa.. Andai nella casa sull’albero e mi raggomitolai con ‘Winnie’ addosso.. Piansi tutta la notte senza riuscire a chiudere occhio. Avevo un enorme voragine nel petto ed ero consapevole che mai niente e nessuno avrebbe potuto colmare quel vuoto nel petto.

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Capitolo 4
*** Quasi tutto ciò che è sbagliato all'inizio ci provoca piacere e ci allevia quasi dal dolore ***


Dopo la morte di mio nonno le cose sì complicarono, non avevo voglia di vedere nessuno e tutto mi annoiava. Passavo le giornate chiusa in camera perdendomi con la mente in qualche libro con musica di sottofondo. Alcune volte passava anche la voglia di leggere così mettevo le cuffie alle orecchie, mi buttavo sul letto e abbandonavo ogni singola parte di me a pensieri e ricordi passati piacevoli. Lo studio lo avevo completamente messo da parte, me ne importava davvero pochissimo e non era da me. I -come stai?- della gente mi suonavano così spudoratamente falsi che diventavano false anche le mie risposte : -sto bene grazie-  sfoderavo finti sorrisi, sperando che le conversazioni potessero avere presto fine. I miei insegnanti erano preoccupati non facevano altro che convocarmi per chiedermi spiegazioni del mio assurdo e radicale cambiamento. Ma purtroppo il mio carattere chiuso non aiutava per niente. Nessuno riusciva a comprendere il dolore che avevo dentro. Per un adoloscente perdere il suo punto di riferimento è devastante. Sì mio nonno era il mio punto di riferimento, era colui che sì occupava e preoccupava di me. Mi insegnava ogni singola cosa, dalla più banale alla più importate. Mi consigliava ed era l'unica persona che riusciva a farmi aprire realmente. Riusciva a far uscire il meglio ed il peggio di me. Alcune volte mi spingeva ad arrabbiarmi per farmi sfogare perché diceva che i sentimenti repressi causavano dolore e rancore, ricordo che la sensanzione di appagamento che provavo dopo era impagabile, meravigliosa. Dopo la morte di mio nonno nessuno è riuscito a farmi aprire. Dopo la sua morte nessuno si è più interessato a me in quel modo effimero;In quel periodo avevo stretto amicizia con una nuova compagna di classe : Susy, una ragazza graziosa e gentile. Un pomeriggio mi propose un uscita con lei ed il suo gruppo, accettai con poco entusiasmo.

Ci incontrammo alle 16 davanti alla biblioteca, era un caldo pomeriggio di maggio e mentre aspettavamo il resto dei suoi amici parlammo del più e del meno. Mi disse che era dispiaciuta del periodo che stavo passando e che lo aveva saputo dalle solite voci di corridoio. Senza dire una parola sì avvicinò a me e mi abbracciò silenziosamente, io rimasi immobile e non risposi a quell'abbraccio dal quale lei sì stacco con imbarazzo, io abbassai lo sguardo dispiaciuta per non essere riuscita a dirle neanche un semplice -grazie-. 

Arrivarono i suoi amici erano un notevole gruppo di ragazzi e ragazze visibilmente 'trasandati' mi sentii un po' a disagio ma abbozzai un sorriso di circostanza e mi presentai educatamente. Ci dirigemmo in un vecchio garage dove erano soliti andare, all'interno c'era uno sgradevole odore di chiuso che mi diede alla nausea ma trattenni il respiro e promisi a me stessa che mi sarei divertita e avrei cercato di non pensare a niente. Quel pomeriggio fumai il mio primo spinello e mi ubriacai per la prima volta in vita mia. Quando tornai a casa ero ancora del tutto intontita ma finalmente avevo trovato il modo di non pensare. Aprii la vetrinetta degli alcolici e presi una bottiglia, la portai in camera. La sorseggiavo un po' alternando sorsi a qualche sigaretta. Il sapore era amaro, scendeva nella gola facendola bruciare ma tiravo un forte respiro e sorseggiavo ancora. Mi addormentai quando la bottiglia fu finalmente finita, avevo la consapevolezza ch era tutto sbagliato ma non riuscivo e non volevo smettere. Quella notte sognai mio nonno.

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Capitolo 5
*** La pioggia è l'unica cosa che riesce veramente a nascondere il pianto. ***


Era ormai diverso tempo che frequentavo il gruppo di ragazzi che mi aveva presentato Lucy. Io e lei avevamo stretto un bel rapporto sì confidava con me, passavamo nottate insieme, sembravamo quasi sorelle..Ma bensì io mi fidassi abbastanza di lei non riuscivo a dirle le mie cose, non riuscivo a farle conoscere ogni singola parte di me, così mi limitavo a raccontare superflue banalità non scendendo nei dettagli, non riuscivo raccontarle le mie paure, non riuscivo a parlarle del vuoto che sentivo dentro causato dalla perdita di mio nonno. Quindi cercavo di mostrarmi sempre in forma, sorridente, anche se i miei sorrisi e le mie risate erano tremendamente falsi perché mentre ridevo avrei voluto spaccare tutto dalla rabbia;

Le giornate passavano all'insegna di spinelli nel garage e di bevute di alcolici, qualche volta passavamo i pomeriggi nel parco ed eravamo etichettati come i tossici alcolizzati, ma ce ne fregavamo davvero tutti anche se per un adolescente non è molto bello avere quel tipo di etichetta. Io odio le etichette, nessuno ha il diritto di giudicare nessuno quindi le etichette non avevano alcun valore..Il rapporto con mia madre e suo marito era sempre lo stesso, riuscivo ad assaporare qualche piccola gioia dai sorrisi innocenti di mio fratello. Lo studio l'avevo abbandonato del tutto, marinavo la scuola quasi tutti i giorni e non mi interessava sapere il parere dei miei genitori e professori, ormai avevo trovato un modo per non badare al mio dolore, mi ero costruita una corazza indistruttibile. Ero sicura che bevendo e fumando avrei smesso di pensare prima o poi;

Un pomeriggio come tanti, era freddissimo ci radunammo tutti nel vecchio garage per stare tutti assieme, erano tutti emozionati perché a momenti sarebbe dovuto tornare un loro vecchio amico che era stato per un lungo periodo a studiare in un collegio e non avevano avuto la possibilità di vederlo..Sentii la porta aprirsi, mi voltai e lo vidi : bello come il sole, moro occhi di ghiaccio che mi paralizzarono il cuore e il respiro e poi le sue labbra, avevano il colore di una fragola..Salutò tutti calorosamente e poi mi vide nel mio angolino, mi rivolse un sorriso smagliante, mi tese la mano e sì presentò : 

-Io sono Robert piacere-

Imbarazzata e intimidita buttai la sigaretta nel fuoco e gli strinsi la mano in modo impacciato : -Io sono Crystal piacere mio- sorrisi lievemente e girai lo sguardo.. Sentivo i suoi occhi scrutarmi, ispezionarmi, mi sentivo come se fossi nuda così mi allontanai e andai da Lucy..Mi raccontò un po' di lui, mi disse che era stato spedito in collegio perché era stato cacciato da due diverse scuole a causa del suo comportamento un po' irruente. Ero affascinata da quel misterioso ragazzo, ero sicura che anche lui avesse un dolore nascosto.. Decisi di andare via, volevo passare a trovare mio nonno prima che chiudesse il cimitero così salutai tutti e dissi a Lucy che andavo a casa e ci saremo sentite telefonicamente. Il ragazzo sì offrì di accompagnarmi con la sua moto, io rifiutai più volte ma con i suoi occhi che ormai mi avevano stregata mi convinse a dire di sì. Mi parlò del suo periodo di lontananza dicendomi che non era stato per niente facile e mi disse che ero era diverso che aveva voglia di cambiare e ricominciare, rimasi ancora più incantata. Ero attratta dal suo coraggio e invidiosa della sua grande forza d'animo, non era come me che restavo eclissata sul mio dolore e cercavo in tutti i modi di cancellarlo, rimuoverlo. Un dolore non sì cancella, rimane lì, sì cicatrizza ma quando la mente lo sfiora il male è sempre forte. Sì fermò in un piccolo vicolo prima di casa e spense la moto, scendemmo e ci sedemmo su dei gradini, era freddo io tremavo e stava per piovere sentivamo i tuoni in lontanza.. Parlammo per un mezz'ora, gli raccontai qualcosa di me senza dire nulla di quello che realmente provavo ad un certo punto come una doccia gelata d'improvviso mi baciò..Sentii le sue labbra calde e morbide accarezzare con delicatezza le mie che erano così fredde e screpolate..In quel momento mi vergognai dei miei difetti, come poteva tanta bellezza degnarmi di uno sguardo? Mi staccai bruscamente dal bacio e scappai sotto la pioggia con l'acqua che si mischiava alle mie lacrime e  mi appannava gli occhi, sentivo la sua voce chiamarmi in lontananza. Non vidi più niente, sentii solo un forte dolore alla testa e un urlo...E buio tanto buio..

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Capitolo 6
*** Non amare per paura di soffrire è come non vivere per paura di morire. ***


Non so' per quanto tempo avevo perso i sensi. Quando finalmente riaprii gli occhi mi ritrovai una piccola stanza fredda e umida, su un piccolo divanetto di pelle, ruvido e consumato...La prima cosa che vidi furono i suoi occhi, i suoi profondi occhi che mi scrutavano..Ero confusa non ricordavo nulla ma soprattutto non sapevo per quale motivo mi trovassi lì.

-Che diavolo è successo?-
Chiesi cercando di alzarmi senza però riuscirci. Sentivo un forte dolore alla testa, le sue parole mi arrivarono confuse e disordinate. Mi spiegò che ero scappata dopo che lui mi aveva baciata e che una macchina mi aveva investita, colpendomi però piano. Mi aveva portato a casa sua e subito mi preparò qualcosa di caldo..Cercai di orientarmi in quella piccola stanza e capii che doveva trattarsi di un garage sotterraneo, mi vergognai tremendamente di quel che era successo, dovevo essere risultata ridicola ai suoi occhi..Mi alzai lentamente e mi diressi verso di lui..

-Ti ringrazio davvero per avermi soccorsa, ma sì è fatto tardi e devo tornare a casa.-
Abbozzai un sorriso e mi diressi verso la porta, ma le sue mani fredde presero le mie e mi fermò per poi farmi voltare verso i suoi occhi..

-Non devi ringraziarmi, è il minimo che io potessi fare..-
La sua voce calda e profonda mi fece provare un grande senso di protezione, non riuscivo a capire come potesse riuscire a farlo seppure lo conoscessi appena. Le sue mani sì posarono delicatamente sul mio volto, il suo viso era sempre più vicino al mio e la sua perfezione sì faceva sempre più chiara ai miei occhi..

-Sei bellissima..-
sussurrò mentre le sue labbra sì posarono sulle mie con delicatezza. Risposi al bacio mentre le mie mani percorrevano la sua schiena, tremando.. Ci abbandonammo alla passione, non sapemmo resistere all'attrazione che ci attirava come se fossimo due calamite. In poco tempo ci ritrovammo nudi, su quel divano e il suo corpo era steso sul mio.

Ero imbarazzata, non avevo mai fatto cose del genere, i pochi ragazzi che avevo avuto erano stati dei semplici bacetti senza seguito, non avevo mai provato un attrazione così forte. Facemmo l'amore, scaldando quella piccola stanza, i nostri respiri riempivano la stanza..I suoi sorrisi scaldavano il mio corpo, lo facevano vibrare facendomi dimenticare completamente del dolore..Ci addormentammo stretti l'uno all'altra;

Quando mi svegliai mi alzai lentamente dal letto per paura di svegliarlo..Ero ancora del tutto confusa da tutto quello che era successo, ero stata una sciocca, non avevo ragionato lucidamente..Raccolsi i miei vestiti sparsi nella stanza e li indossai..Uscii da quel magazzino piano, per paura di svegliarlo. Stavo fuggendo. Fuggivo nuovamente da qualcosa che mi spaventava.

Di cosa avevo paura? Avevo paura di essere felice, paura di essere felice e di soffrire nuovamente.

Quando tornai a casa trovai mia madre stesa sul divano, non mi rivolse neanche una parola salii nella mia stanza e andai a fare una doccia calda. Mi sentivo sporca, colpevole. Colpevole di essere stata serena anche solo per brevi attimi. Piansi tutto il tempo, l'acqua sì mescolava alle mie lacrime portandole via. Non avrei più rivisto Robert.

Nei giorni seguenti non uscii dalla mia stanza se non per bere o prendere qualcosa da mangiare..Passavo tutto il tempo ad ascoltare musica, a fumare e ad ubriacarmi, ma nulla riusciva a tirarmi su di morale. Lucy mi cercava in continuazione ma io non rispondevo alle sue chiamate. Le mandai un sms per dirle che stavo poco bene.

Bensì avevo scelto di mia spontanea volontà di andare via da casa di Robert, la cosa mi faceva stare male. L'istinto di andarlo a cercare e di parlargli e porgergli le mie scuse era fortissimo, ma la paura che avevo sovrastava qualsiasi altro tipo di emozione. Dovevo evitare di avere gioie, avrei evitato inutili sofferenze. Eppure mille domande mi passavano per la testa : "cosa pensa ora di me? sarà arrabbiato? mi starà pensando? avrà chiesto di me? ha raccontato a tutti quel che abbiamo fatto?" erano domande alle quali avrei voluto ottenere risposte, ma decisi di non cercarle, erano come un arma a doppia lama, qualunque fosse stata la risposta mi avrebbe ferita.

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Capitolo 7
*** C'è sempre qualcosa per cui vale la pena andare avanti..Il mio qualcosa sì chiamava Robert.. ***


Erano passati diversi giorni dalla sera in cui avevo fatto l'amore con Robert, ma la mia mente sì proiettava sempre a quell'evento. Cercavo in tutti i modi di non pensarci, ma ogni cosa, ogni odore mi riportava con la mente a quella sera. 

Le mie giornate scorevano lente e monotone, accompagnate dal suono deprimente di qualche vecchia canzone, dal fumo delle sigarette o di qualche spinello e dall'odore dell'alcool che iniziava a darmi la nausea.

Ero stata perenemmente al buio, non avevo più visto la luce del sole, era come se mi fossi autoesclusa dal mondo, mi ero chiusa in me stessa ermeticamente e non permettevo a niente e a nessuno di filtrare la corazza che mi ero costruita attorno.

Lucy dopo le varie telefonate sì era ormai rassegnata, mi mandava di rado qualche sms in cui mi pregava di farle sapere come stessi, ma non l'avevo mai fatto. Capii che non era giusto comportarmi così..Presi il telefono e tremando composi il suo numero. La sua voce squillante rimbombò subito nelle mie orecchie facendomi sorridere leggermente..

-Crystal, dannazione che fine hai fatto? Ti prego dimmi che stai bene-
Era visibilmente scossa e preoccupata..

-Ehy Lucy scusami ma ho passato qualche giorno decisamente 'NO' e avevo bisogno di starmene un po' sola..-
Sapevo che di lei mi potevo fidare, ma nonostante tutto non riuscivo a chiederle aiuto..La mia anima gridava disperata ma la mia corazza invisibile impediva al grido di essere sentito. Parlammo del più e del meno per qualche minuto e le promisi che non sarei sparita nuovamente...

-Hai voglia di venire a casa mia? Sono sola e..Beh insomma potremmo sballarci e parlare un po'..-
Le parole che dissi stupirono anche me, in qualche modo la mia anima era riuscita a filtrare la corazza e a farsi sentire.. Lucy accettò il mio invito entusiasta ed io scesi al piano di sotto per aspettarla.. La sala da pranzo era in completo caos e iniziai a riordinare, mia madre mancava da qualche giorno, era partita per una vacanza insieme a suo marito affidando mio fratello ai nonni paterni..Lucy arrivò poco dopo e mi strinse in un forte abbraccio non appena aprii la porta, la strinsi forte a me, avevo bisogno di stare un po' in compagnia.. Salimmo in camera mia e mi raccontò tutto quello che era successo durante la mia assenza. Nulla di eclatante, scene viste e riviste in ogni singola giornata che avevo passato con loro. Cercai di mostrarmi il più serena possibile, ma la voglia di sapere qualcosa su Robert mi stava logorando..

-Robert che fine ha fatto?-
Chiesi velocemente cercando di non farle capire che mi interessasse..Mi raccontò che Robert c'era stato poco e che probabilmente era stato in giro a cercare lavoro e a rimorchiare giovani ragazze. L'ultima affermazione mi fece provare una strana sensazione di fastidio, ma mascherai il tutto con uno dei miei tanti finti sorrisi;

La serata trascorse velocemente, tra bottiglie di alcolici, spinelli, cibo e anche qualche risata..Era davvero molto tempo che non mi sentivo così poco triste. Le immagini di me e Robert che facevamo l'amore sì proiettavano nella mia mente ogni qualvolta io chiudevo gli occhi, ma non appena gli spinelli e l'alcool iniziarono a fare effetto tutto svanì. Quella notte Lucy sì fermò da me, dopo che sì era addormentata sul divano. Io non riuscivo a dormire ed uscii in veranda a fumare una sigaretta. Quella sera c'era un cielo splendido, le stelle sembravano tante lucciole appese ad un ramo, mi raggomitolai e iniziai a ripensare a quel che avevo fatto. Non ero stata leale, probabilmente avevo ferito una persona che aveva già sofferto abbastanza..Presi coraggio e mi diressi nel garage sotterraneo dove abitava Robert, bussai con poca sicurezza e in men che non sì dica mi ritrovai i suoi splendidi occhi davanti a me..La sua aria sorpresa mi fece abbassare istintivamente lo sguardo..

-Pensavo non volessi più vedermi-
Disse acidamente mentre mi fece cenno di entrare..

-Mi dispiace-
Riuscii a dire solo questo, con il fiato spezzato..Che male c'era se mi concedevo un po' di gioia? Che male c'era se mi davo un occasione? Respirai forte e lo bloccai proprio come lui aveva fatto con me, girai il suo volto e lo baciai con passione..E anche quella notte ci ritrovammo a fare l'amore. Lo facemmo per tutta la notte, riempimmo la stanza delle nostre essenze, dei nostri respiri, sospiri e gemiti per tutto il tempo, il piacere che riusciva a darmi era estremo e iniziavo a provare una forte attrazione per il sesso con lui. Ci addormentammo stretti l'uno all'altro dopo che io ebbi avvertito Lucy e dopo che lui fumò la sua ultima sigaretta per quella notte. I suoi occhi mi facevano sentire viva.

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Capitolo 8
*** Perché tutto quello che ci rende felici, ad un certo punto ci fa stare male? ***


Le mie giornate sì alternavano tra momenti di euforia a momenti di completa tristezza. I momenti di euforia e serenità erano dovuti alla presenza di Robert che allietava le mie giornate e a volte anche le mie nottate. Era un ragazzo fantastico e ogni singolo istante passato con lui permetteva alla mia anima di viaggiare libera, sentivo che tutto il peso del dolore che mi portavo dietro da tempo poteva affievolirsi, ma quando me ne tornavo a casa tutto mi ripiombava addosso..Solite grida con mia madre, i soliti litigi con suo marito e l'enorme senso di insoddisfazione che provava mio padre quando ci sentivamo per telefono. La scuola per me era diventata solo un miraggio;

Io e Robert amavamo passare le giornate al parco a leggere qualche poesia e ad ascoltare musica, cullati dal vento e accompagnati dalle nostre carezze, ormai tutti sapevano della nostra storia. Lui era sempre premuroso con me, ma restava molto sulle sue. Era un piacevole giorno di giugno, il sole brillava alto e l'aria dell'estate alle porte iniziava a farsi sentire, uscii di casa per andare da Robert, ci incontrammo nel mio parco preferito. Lo raggiunsi in poco tempo, lui mi venne incontro baciandomi sulle labbra con quella dolcezza che apparteneva solo a lui. Ci sedemmo a terra come sempre e lui guardandomi negli occhi mi chiese:
-Raccontami la tua storia, percepisco la sofferenza ad ogni tuo respiro..-

Ad un tratto tutto sì fece più difficile, la voglia di scappare era forte..Avrei voluto correre lontana da lui, ma respirai a fondo e guardandolo negli occhi gli raccontai tutto il dolore che mi divorava l'anima..Lui rimase immobile, non disse una parola per tutto il tempo, i suoi occhi erano lucidi e le sue mani stringevano le mie per farmi forza e coraggio..Quando finii di raccontargli tutto qualche piccola lacrima scivolò sul mio volto accarezzando le mie gote arrossate per l'imbarazzo lui mi strinse forte tra le sue braccia..

-Ci sono io con te adesso, e ti prometto che niente e nessuno ti ferirà. Curerò il tuo dolore e custodirò il tuo cuore.-

Erano le parole che probabilmente aspettavo da tutta una vita, sorrisi affondando il volto nel suo petto e lo strinsi più forte a me per fargli sentire che gli ero grata. Quel giorno rimanemmo stretti l'uno all'altra per la maggior parte del tempo, era come se lo spazio per le parole era finito rimanevano solo i gesti da compiere.

Finalmente mi sentivo leggera, ero riuscita a fidarmi nuovamente di qualcuno, ma soprattutto ero riuscita ad aprire il mio cuore ad una persona. Quando tornai a casa era come se camminasse tre passi da terra, il mio volto era completamente rilassato e non badai neanche alle parole di mia madre, sentivo che tutto era più semplice, sentivo che per me ci poteva essere un altra occasione..Sistemai la mia stanza dandole un tocco di luce, rimisi sul letto i miei amati peluche e sistemai la mia libreria, ma nulla mi riusciva a tenere lontana da Robert, nulla riusciva a tenermi inchiodata a quella casa..

Corsi da lui e bussai più volte ma non ebbi nessuna risposta così aprii la porta e lo spettacolo che sì presentò ai miei occhi fu una scena che mai e poi mai sì cancellerà dalla mia mente..Indietreggiai di molti passi respirando a fatica..Robert era nel suo letto stretto tra le braccia di Lucy, la persona che credevo fosse la mia migliore amica..Lanciai un grido di rabbia mista al dolore e corsi via senza sapere quello che successe dopo..Corsi via così forte che mi sembrava di volare e andai nell'unico posto in cui riuscivo a sentirmi me stessa..

La tomba di mio nonno!

Scavalcai la recincinsione del cimitero e corsi fino alla sua tomba, con le lacrime agli occhi che non cessavano di scendere, mi buttai su quella lastra di marmo e piansi fino allo sfinimento..

-Prendimi con te..Ho bisogno di te, di stare con te..-
Sussurrai più volte, ma non ottenevo risposta! Rimasi aggomitolata su quella lastra di marmo fredda per tutta la notte;

Il dolore era tornato a galla, il dolore che tanto avevo cercato di affondare era tornato, ma questa volta ne era molto di più, era come se fosse tornato arrabbiato e più forte. Avevo una ragione in più per stare male e una in meno per sorridere. Dovevo riniziare un altra volta da capo, ma questa volta da sola..Senza Robert e senza Lucy..Sarei tornata a guardare la vita che scorreva, a guardarla esternamente.

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Capitolo 9
*** Eh, ti viene da vivere, ti viene da piangere, ti viene di crederci ancora provare a lottare e dare li meglio di te. Qui non è facile ti senti fragile, qui dove tutto quello che conta è quello che sent ***


Ero ricaduta nel profondo vortice di tristezza in cui ero affondata mesi prima. Nulla riusciva a farmi sorridere, nulla mia faceva provare il minimo accenno di gioia o serenità. Trascorrevo le mie giornate in camera mia, ad ascoltare musica e a fumare sul mio letto...Mia madre aveva chiesto aiuto alla psicologa della scuola, che puntualmente mi convocava ogni mercoledì mattina alle 11;
Non parlavo neanche con lei, trascorrevo l'ora a ascoltare quello che avesse da dirmi senza prestare realmente attenzione, ne approfittavo solo per saltare l'ora di lezione e non avevo assolutamente intenzione di raccontare i fatti miei ad una perfetta estranea. Lei provava a forzarmi, sì comportava anche carinamente ma io me ne fregavo di tutti i suoi tentativi. Era una donna sulla quarantina, capelli corti, rotonda con qualche neo di troppo. Passava tutto il tempo a sgranocchiare biscotti e ad asciugarsi il sudore con un fazzoletto di stoffa consumato;Era un freddo mercoledì di novembre, la bidella venne a chiamarmi in classe per accompagnarmi dalla psicologa, sbuffai e lasciai la matita sul foglio in cui stavo disegnando scarabocchi senza senso e mi lasciai condurre a quel supplizio a cui dovevo prendere parte ogni santa settimana. Entrai nel piccolo ufficio dopo aver bussato e salutai a mezza voce, mi fece accomodare ed iniziò a parlarmi, ma con un tono diverso, quasi rassegnato:

-Cara, questa è l'ultima volta che ci vedremo. Non posso aiutare chi non sì lascia aiutare, mi dispiace-

Abbassò lo sguardo tristemente ed io annuii alzandomi dalla sedia:

-La ringrazio ma non ritengo opportuno il suo intervento nella mia vita, cazzo è talmente incasinata che nemmeno io riesco a capirla. Mi sta stretta, ma voglio vivermela così-

Parlai arrogantemente, ingiustamente me la stavo prendendo con lei che non aveva nessuna colpa dei miei dolori, aveva solo cercato di aiutarmi ma aveva ragione lei, io non volevo lasciarmi aiutare. La salutai con un cenno del capo ed uscii dal suo ufficio..La bidella mi guardò sbalordita, doveva aver sentito l'intera conversazione, scosse il capo e mi accompagnò con lo sguardo per qualche metro, mi soffermai a lanciarle un occhiataccia e lei voltò il capo dal lato opposto e me ne tornai in classe;Dopo la fine delle lezioni tornai a casa passando per il parco, l'ipood sparato nelle orecchie, era la mia stagione preferita, respiravo l'odore dell'autunno, l'odore delle foglie cadute e amavo sentire il rumore di esse scricchiolare sotto i miei piedi. Piansi per tutto il tragitto verso casa, il mio telefono continuava a squillare da giorni. Era Robert, non l'avevo più visto da quel pomeriggio in cui aveva frantumato il mio cuore, non facevo altro che rifiutare le sue chiamate ed eliminare i suoi messaggi senza neanche leggerli. Nonostante cercavo di cancellare ogni sua traccia, non riuscivo a cancellare lui dalla mia vita, mi aveva spezzata, uccisa, torturata eppure io soffrivo perché ero innamorata. Gli avevo dato tutta me stessa..Quando finalmente arrivai a casa, sospirai sollevata nel vedere che ero sola, perlomeno potevo starmene in camera mia senza i continui richiami di mia mamma..Andai in cucina e presi la mia fedele bottiglia di vodka e notai un mazzo di rose sul tavolo, erano bellissime ed emanavano un odore sublime, mi avvicinai ad esse e lessi il mio nome sulla bustina del biglietto.. Lo aprii incuriosita..
"PERDONAMI, MA HO UN SACCO DI COSE DA SPIEGARTI. CON AMORE ROBERT..." 
stracciai il biglietto e buttai i resti a terra, gridando e piangendo dalla rabbia. Come poteva proprio lui parlare d'amore? Come poteva prendersi il lusso di nominare un tale sentimento, dopo avermi tramortito il cuore? Corsi in camera mia e buttandomi sul letto mi persi nel fumo delle mie sigarette e nella vodka che subito annebbiò la mia mente, facendomi viaggiare leggera e senza pensieri, fino a condurmi al sonno.

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Capitolo 10
*** La perdita di qualcuno che per te è fondamentale, porta inevitabilmente alla perdita di te stessa. ***


Il tempo scorreva lento, non accadeva nulla di eclatante e nulla che riuscisse ad entusiasmarmi..
L'unica cosa che riusciva a farmi sorridere di rado era mio fratello, l'unico che a quanto pare sì ricordasse della mia esistenza.. Mi sentivo vuota, non riuscivo più a trovare il coraggio di andare avanti, non avevo motivo per sorridere né per alzarmi dal letto la mattina..
Iniziai pian piano ad abbandonarmi, a non prendermi più cura di me stessa, trascorrevo le mie giornate buttata sul letto.. Anche piangere, era diventata un'immane fatica per me. Osservavo il soffitto della mia stanza come se stessi guardando la mia vita scorrere su uno schermo gigante del cinema..
Avevo tagliato i contatti con il mondo esterno, mia nonna continuava a chiamarmi invano ogni giorno, la notte gli incubi mi seguivano come cacciatori che inseguono le loro prede.. Mi sentivo quasi risucchiata da quel dolore sempre più forte, sempre più intenso..
Sapevo bene che non potevo continuare così, anche se mi sentivo morta dentro, non potevo lasciare che la mia vita scivolasse via dalle mie dita.. Così, una mattina decisi di affrontare il mio dolore.. Mi alzai dal letto e dopo aver fatto una doccia uscii di casa, diretta verso la fonte del mio immenso dolore.. Quando misi piede fuori casa ebbi l'istinto di correre in camera mia e rifugiarmi sotto le coperte, mi spaventava anche il sole, come se in qualche modo anche lui potesse ferirmi ma, presi un profondo respiro e mi diressi verso casa di Robert.
E' incredibile come un singolo posto possa procurarti tanto dolore.. Arrivata davanti l'enorme porta di ferro di quel garage sentii la rabbia prendere possesso di ogni cellula che mi componeva.. Quella rabbia sovrastò anche il dolore, bussai ripetutamente, con violenza.
 
-APRI QUESTA DANNATA PORTA, LO SO CHE CI SEI.-
 
Mi sembrava quasi di poter sentire il suo respiro, il respiro affannoso di chi sa di essere colpevole.. Passò qualche minuto, prima che la sua immagine sfuocata comparì da dietro quella porta. Sentii i miei occhi gonfiarsi, la voglia di piangere e gridargli in faccia tutto quello che sentivo era così forte da straziarmi.. I suoi occhi guizzarono nei miei con prepotenza.
 
-Crys..-
 
Non riuscì a dire altro, rimase lì impalato a guardarmi, con quegli occhi per cui avevo perso la testa, quegli occhi che avevano dapprima cullato il mio cuore per poi spezzarlo senza pietà. Lo guardai per un breve istante, dopodiché con arroganza aprii la porta e lo scansai bruscamente entrando in quel garage che aveva accolto la mia anima nelle notti gelide. Quel posto carico di emozioni, di ricordi, di cose che un tempo mi avevano resa felice ma, che poi con la stessa velocità mi avevano distrutta, annientata, uccisa.
 
-ADESSO TU MI STAI A SENTIRE. NON AZZARDARTI MAI PIU' A CERCARMI, NON AZZARDARTI MAI PIU' A MANDARMI DEI FIORI O A PARLARMI D'AMORE. SPARISCI DALLA MIA VITA. SPARISCI DAI MIEI PENSIERI.-
 
E le lacrime che tanto avevo cercato di trattenere, vennero fuori silenziosamente, graffiando le mie gote arrossate.. Scendevano violentemente, spezzandomi il respiro.. Sì avvicinò a me silenziosamente ed io feci qualche passo indietro, non sopportavo l'idea che mi sfiorasse.
 
-Devi perdonarmi, io non volevo, è stato solo un momento..Non ho mai conosciuto una come te, mi hai fatto sentire speciale come non mi sono mai sentito in vita mia.-
 
Mi avvicinai a lui scuotendo il capo, per poi voltarmi di spalle..
 
-TU NON MI HAI MAI CONOSCIUTA, SE DAVVERO LO AVRESTI FATTO NON TI SARESTI MAI COMPORTATO IN QUEL MODO. IO MI FIDAVO DI TE, IO MI SONO APERTA CON TE RIVELANDOTI TUTTI I MIEI TORMENTI E TU MI HAI UCCISA ROBERT, HAI FATTO SI CHE IO NON AVESSI PIU' UN MOTIVO PER SVEGLIARMI AL MATTINO, NON TI PERDONERO' MAI. MAI.-
 
Gridai ancora, la rabbia stava svanendo, riuscivo ancora a sentire quel dolore che martellava il mio cuore, come se battesse su enormi chiodi per perforarlo. Lo guardai per un'ultima volta e poi mi avvicinai alla porta per andarmene.
 
 
-ODIO I FIORI, ODIO IL TUO ODORE, ODIO ME STESSA. ADDIO..-
 
Abbassai lo sguardo per nascondere il volto tra i capelli e sbattei la porta correndo lontana da quel posto che mi lesionava, mi feriva, mi infliggeva torture atroci. Corsi via a perdifiato, nell'unico posto dove riuscivo a sentirmi ancora io.. Mi ero persa, avevo smarrito me stessa.. Entrai nel cimitero senza neanche guardare dove andassi, sapevo arrivarci anche ad occhi chiusi.. Raggiunsi quella lapide ed accarezzai il nome che vi era inciso sopra..
 
-Perché te ne sei andato? Perché permetti che mi succeda tutto questo? Non ce la faccio senza di te.. Nessuno pensa a me nonno..-
 
Piansi e parlai per ore, immaginando di tanto in tanto la sua mano che mi arruffava i capelli, quella mano ruvida di cui ricordavo perfettamente il tocco.. Avevo bisogno di un suo abbraccio, di una sua parola, di udire la sua voce.. Mi sentivo dannatamente sola, tremendamente smarrita.. 
Quando tornai a casa il senso di vuoto tornò ad invadermi, mia madre, mio fratello ed il mio patrigno, sedevano felici a tavola, loro erano una famiglia. Neanche sì accorsero di me, sentivo le loro risate felice e per un breve momento provai una sorta di invidia, per loro ero solo un fantasma, iniziavo a sentirmici davvero, invisibile a tutti, ma troppo pesante per me stessa.
Me ne tornai in camera, lasciandomi alle spalle quell'aria di serenità che non mi apparteneva e mai mi sarebbe appartenuta.. Sprofondai nel mio letto, rannicchiandomi ad osservare il muro difronte a me, lo sguardo fisso nel vuoto e le lacrime, mie fedeli compagne che bagnavano il cuscino, come sempre.

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