Quando cerchi di studiare diritto...

di jasonhugsme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando cerchi di studiare diritto... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. It's Only Us ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Take That and Party ***



Capitolo 1
*** Quando cerchi di studiare diritto... ***


Quando cerchi di studiare diritto…

  



Sto studiando in camera mia, ci sto mettendo tutta la mia buona volontà ma, studiare diritto è una cosa che proprio non sopporto. Tutti quei termini strani e complicati che mi fanno solamente incasinare e ogni volta che ne incontro uno mi tocca sempre tornare indietro e vedere il suo significato. Lo trovo veramente snervante.  
E poi a complicarmi la vita, anzi lo studio, è quello stupido del mio coinquilino che ha invitato qui a casa alcuni amici e stanno facendo un casino della madonna.
Mi tappo le orecchie provando a concentrarmi di più. Leggo lentamente le prime frasi del paragrafo e le ripeto tra me e me: Il Parlamento è l’organo costituzionale al quale compete la funzione legislativa, che si realizza con l’emanazione di leggi”.
“Ok questo è facile” penso prima di continuare la lettura.
Chiudo gli occhi e ripeto nuovamente la funzione del parlamento e proseguo, le parole scorrono sotto i miei occhi, sto iniziando a capire qualcosa. Ma proprio quando stavo per rileggere la modalità in cui si emanano le leggi la maniglia della porta di camera mia gira facendo aprire la porta. Sulla soglia c’è un ragazzo che entra sorridendo.
-Sto studiando se non vedi- dico senza alzare gli occhi dal libro.
Le mie parole non lo fermano, avanza per la stanza fino al mio letto dove si siede appoggiando il suo braccio intorno alle mie spalle.
-Seriamente Howard, devo studiare! Se domani mi interroga sono spacciato- dico questa volta guardandolo negli occhi.
Lui continua a sorridere. Inclina la testa facendo penzolare i capelli ricci prima di baciarmi la guancia.
-E se tu non andassi a scuola domani?- chiede a un centimetro di distanza dal mio orecchio.
Il suo naso mi sfiora e io vengo percosso da un fremito lungo la spina dorsale.
-Howard!- mi libero dal suo braccio allontanandolo da me.
-Dai Jay!- dice guardandomi con quegli occhi azzurro cielo, nei quali mi perdo sempre. Sorride, e quel sorriso gli provoca delle fossette sotto gli occhi che lo fanno sembrare un bambino. Quando mi guarda così mi è difficile dire di no.
-Ci penso- rispondo indicandogli la porta e tornando a guardare il libro.
-No, tu domani non vai a scuola! Vieni con me, che ci divertiamo un po’. E’ da tanto che non stiamo solo noi due da soli- lo guardo, sul suo volto è ancora dipinto un sorriso, ma questa volta è più determinato.
“Forse una pausa non mi farà male” penso, ma sono preoccupato. Non sono ancora maggiorenne, e i miei genitori non vogliono che io stia a casa da scuola quando ci sono delle verifiche o delle interrogazioni.
-Ma chi mi fa la giustifica? I miei no di sicuro!- dico mentre Howard rimette il suo braccio intorno alle mie spalle.
-Io, dopotutto ho 20 anni- sorride mostrando i suoi denti perfetti.
Scuoto la testa –Tu non hai 20 anni Howard, ne hai 19-.
-Li compio tra un mese! E poi sono comunque maggiorenne!-dice passandosi una mano nei capelli per cambiargli posizione.
Lo guardo, ho un’altra preoccupazione –Ma Nigel, lui…sai che lui non vuole che saltiamo la scuola-.
-Oh, al diavolo Nigel e le sue regole!- sbuffa contrariato.
Andare contro Nigel è una cosa che mi ha sempre intrigato, ma non ho mai avuto il coraggio di farlo. Forse questa sarebbe stata una buona occasione per trasgredire le regole.
Chiudo il libro facendolo scivolare giù dal letto. Howard mi guarda sorpreso –E’ un si?- .
-Si- rispondo prima di baciarlo.
Mi prende il viso tra le mani e mi chiede –Ti va di venire di là a divertirti con noi?-
Annuisco, anche se guardare le partita di calcio non è mai stato uno dei miei passatempi preferiti. Scendiamo in salotto mano nella mano e, varcata la soglia vedo tre ragazzi seduti sul tappeto che seguono animatamente la partita. Robbie è arrabbiato, la sua squadra sta perdendo. Mark è più tranquillo, sorride e ogni tanto sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchia. Gary invece non sta seguendo il match, è seduto vicino a Mark e ha la mano posata sulla gamba di quest’ultimo. Lo guarda mordendosi il labbro e annuisce ogni volta che dice qualcosa.
Io e Howard ci accoccoliamo sul divano sempre tenendoci la mano. Appoggio la testa sulla sua spalla di e guardo la partita alla televisione.
Il fischio dell’arbitro segna la fine del gioco. Robbie è arrabbiato, si siede sul divano lontano da tutti incrociando le braccia e facendo un piccolo broncio. Mark applaude la sua squadra sorridendo. Gary non smette un secondo di guardare il più basso, lo scruta, lo osserva in ogni suo centimetro rimanendo sempre più abbagliato dalla bellezza del suo amico.
-Hai studiato Jay?- chiede Mark inclinando la testa verso sinistra per guardarmi negli occhi.
Annuisco –Si, credo anche di aver capito-.
Howard ride –Crede solamente, non ne è sicuro!-
-Che ore sono ragazzi?- chiede Gary togliendo per un attimo gli occhi di dosso a Mark.
Guardo l’orologio sopra il televisore, segna le 22:43. Lo indico e Gary vista l’ora si alza e va a prendere la sua giacca e quelle di Howard e Robbie.
Gliele porge –Su ragazzi, è ora di andare a letto-.
Robbie afferra la sua giacca borbottando ancora qualcosa sulla partita, è ancora arrabbiato. Howard mi bacia la fronte e si alza dal divano.
Io e Mark accompagniamo i nostri ospiti alla porta e li salutiamo. Howard mi da un bacio e mi augura la buona notte facendomi l’occhiolino. Robbie ci saluta con un gesto del capo e Mark saluta Gary con un timido bacio sulla guancia, facendo diventare il biondo tutto rosso dalla vergogna.
Prima che Mark chiudesse la porta Howard mi mima con la bocca “a domani Jay” e poi scompare inghiottito dal buio della notte.


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Ciao a tutti, come ho già scritto nell’introduzione questa è la mia prima fan fiction.
L’ispirazione mi è venuta mentre stavo studiando diritto e subito mi è venuta la voglia di scriverla su un pezzo di carta.
Spero seriamente che vi piaccia e che non sia una schifezza.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno. Mi raccomando fatemi sapere che ne pensate :)
l’Orangee

 





  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. It's Only Us ***


It’s Only Us

 
 
La mattina seguente mi svegliai di soprassalto, qualcuno mi aveva scoperto e aveva aperto la finestra facendo entrare un freddo tipico di tutte le giornate di inizio febbraio.
Aprii gli occhi e mi trovai davanti Mark, con il suo solito sorriso a 36 denti.
-Ti è piaciuta la sveglia Jay?- sghignazza il piccoletto uscendo dalla mia stanza.
Faccio una smorfia mentre mi metto i calzini –Sei proprio simpatico signora Barlow!-.
Mark rientra in camera mia agitando il pugno –Come mi hai chiamato?-.
-Mark, ti ho chiamato Mark. Scherzavo- lo spingo via e lui se ne va dopo aver dato un calcio ad uno dei tanti fogli pieni di appunti che avevo accartocciato e gettato per terra.
Sospiro e cerco nell’armadio qualcosa di decente da mettermi e appena lo trovo scendo di corsa giù per le scale.
-Jay, se vuoi la colazione è pronta- urla Mark dalla cucina.
-Non ho tempo Mark, devo andare- dico mentre mi infilo frettolosamente le scarpe.
La sua testa sbuca dalla cucina e finge di piangere –Ma io l’avevo preparato con tanto amore-.
-Mi dispiace Mark, la mangerò stasera! Non aspettarmi per pranzo, sono impegnato. Ciao- metto la giacca, afferro le chiavi e mi precipito fuori di casa.
Prima che chiuda la porta sento Mark che risponde –Ok- seguito da alcuni insulti rivolti a me.
Manca un quarto alle nove e io sono in ritardo come al solito.
Apro il cancello del grande palazzo in cui io e Mark viviamo e corro fuori. Giro l’angolo e vado a sbattere contro una persona, gli rimbalzo addosso e questa prontamente mi prende per i fianchi evitando di farmi cadere.
-Hey Orange, perché tanta fretta?- riconosco quella voce, alzo lo sguardo sorridendo. La persona che avevo urtato era Howard, e ora era li, davanti a me, mi stringeva a lui tenendomi per la vita e rivolgendomi uno dei suoi stupendi sorrisi.
-Stavo venendo da te, pensavo di essere in ritardo- dico prima di baciargli la guancia –e non chiamarmi Orange, sai che lo odio!-.
Mi lascia e si infila le mani in tasca –Piccolo ti va bene?-.
Scuoto la testa energicamente.
-Come diavolo devo chiamarti allora?- chiede guardandomi negli occhi. Odio quando lo fa, non riesco a resistere più di dieci secondi quando mi guarda così intensamente, distolgo sempre lo sguardo. Lui è troppo bello.
-Chiamami semplicemente Jay- dico facendo spallucce.
Lui ride, adoro la sua risata, così rumorosa e…unica –Va bene Jay, andiamo?-.
-Dove?- chiedo curioso.
-Non lo so, a me basta stare insieme a te- sorride e mi prende per mano intrecciando le sue dita con le mie e ci incamminammo verso il parco.
Passammo tutta la mattina li, girando mano nella mano e stando anche semplicemente seduti sulle panchine, abbracciati per riscaldarci.
-Howard, io ho freddo- mi lamento dopo che sono stato percorso da un brivido per l’ennesima volta.
-Anche io, ho le mani congelate. Che ne dici se andiamo a casa mia, ci beviamo una belle cioccolata calda per scaldarci e poi ti riaccompagno a casa in macchina- porta il suo braccio intorno alle mie spalle e sorride.
Annuisco e lo bacio, sento il suo respiro pesante sulla mia pelle e questo mi riscalda un pochino.
Andiamo a casa sua, non abita molto lontano, solo al di là del parco.
Anche lui come me e Mark abita in un appartamento di un grande palazzo.
Appena ci arriviamo mi fa accomodare in salotto e lui va in cucina dove lo sento armeggiare con pentole e padella.
Dopo dieci minuti di lui ancora non c’è traccia, decido di raggiungerlo. Lo abbraccio dal dietro appoggiando la testa sulla sua spalla –Che stai facendo Howard?-.
-Stavo cercando di preparare qualcosa di buono per te, ma come vedi non ci sono riuscito- si gira verso di me, ha la faccia tutta sporca di cioccolata.
Ne tiro via un po’ dalla sua guancia con il dito e la provo –Tu e la cucina non andate proprio d’accordo- rido.
-Ah, perché tu invece sei un cuoco professionista- prende della farina e me la tira addosso.
Io contraccambio lanciandogli parte dell’impasto che aveva preparato, e così inizia una vera e propria guerra di cibo dove vola di tutto, perfino uova e panna montata.
Alla fine ci ritroviamo entrambi sporchi da capo a piedi che ridiamo seduti sul pavimento, Howard è una delle persone più divertenti che conosco, qualsiasi cosa può diventare un argomento su cui scherzare quando sono con lui e questa “battaglia del cibo” ne è  un esempio.
Mi bacia tenendomi una mano sulla guancia –Sai che sei più bello da sporco?-.
Sbuffo –Sai che sei più simpatico mentre dormi?-.
-Jay stavo scherzando. Vieni qui dal tuo Howard- mi abbraccia e poi mi bacia la guancia.
Guardo l’orologio, è già ora di tornare a casa –Devo andare, Donald prendi le chiavi della macchina- dico mentre mi alzo mi pulisco un po’ i vestiti.
-Ai suoi ordini- balza in piedi e scendiamo nel garage a prendere la macchina.
Mi riaccompagna a casa e il tragitto è talmente breve che non abbiamo nemmeno il tempo di parlare.
Arrivati davanti al cancello mi bacia –Ah Jay, mi son dimenticato di dirti che sabato Bob ha organizzato una festa, cioè, non è proprio una festa è solo un ritrovo di noi cinque per parlare un po’ e stare insieme. Che dici ci andiamo?-.
Annuisco –Certo, ciao Howard-.
-Ok, ciao a domani- risponde prima che chiudessi la portiera.
Salgo le scale ed entro in casa, in salotto trovo Gary seduto comodamente sul divano.
-Hey Gaz, che ci fai qui?- chiedo poggiando le chiavi sul tavolino all’entrata.
-Mark mi ha chiesto di dargli una mano con i compiti- dice il biondo facendomi vedere il quaderno che aveva tra le mani.
-I compiti eh? E Mark dov’è?- chiedo.
-In bagno- indica la porta vicino alla cucina.
-Ok, se avete bisogno di aiuto io sono in camera mia- mi tolgo le scarpe e vado verso la mia stanza.
Il biondo annuisce e io mi ritiro nella mia stanza.


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Finalmente ce l’ho fatta a scrivere il secondo capitolo!
Spero vi piaccia J
Ringrazio ancora chi ha recensito e chi ha letto il primo capitolo J
 
l’Orangee
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Take That and Party ***


Take That and Party

 
 

*sabato sera a casa Williams*

 
Eravamo tutti e cinque lì, seduti per terra, su quel freddo pavimento di marmo formando un cerchio.
Robbie aveva deciso di invitarci a casa sua, così, per conoscerci un po’ di più.
Ognuno di noi raccontava qualcosa, qualcosa che gli altri non sapevano perché era successo prima ancora di leggere quell’annuncio sul giornale, prima di presentarci a quell’audizione, prima di diventare i Take That.
Robbie era il protagonista, raccontava le sue disavventure facendoci ridere tutti. Il modo in cui ti racconta le cose, anche le più banali è fantastico. E’ un vero intrattenitore.
Al centro del nostro cerchio c’era un grande contenitore pieno di popcorn, ormai freddi, fatti dalla madre del padrone di casa qualche ora prima.
La mezzanotte era passata già un da un bel pezzo, ma noi eravamo ancora lì a divertirci.
Io, tra le braccia di Howard, che ogni tanto mi baciava il collo o la testa, alla mia destra Mark, non smetteva un attimo di sorridere. Lanciava delle occhiatine a Gary, che troppo impegnato a mangiare, non se ne rendeva conto.
Alla mia sinistra c’era il biondo, l’unico ancora interessato ai popcorn, ogni tanto ne afferrava una manciata, li poggiava in grembo e iniziava a sgranocchiarseli uno ad uno con gusto.
E infine proprio di fronte a me c’era Robbie, l’anima della serata che non stava zitto un attimo.
Eravamo nella soffitta di casa Williams, l’unico luogo in cui la madre di Robbie si sentiva sicura di lasciare cinque ragazzi nel pieno della loro adolescenza. Almeno qui non potevamo rompere niente!
Il padre del più giovane ci aveva rimediato quattro materassi, di cui uno matrimoniale, del quale io ed Howard ci eravamo impossessati subito tra le risatine di Robbie.
Non che volessimo fare chissà che cosa, ma a me piaceva dormire insieme ad Howard. Sentire il suo respiro, il suo profumo, il suo cuore battere mi rendeva immensamente felice e poi quando mi avvolgeva con le sue potenti braccia mi sentivo al sicuro, al sicuro da tutto e da tutti.
Il nostro materasso era nascosto dietro ad una pila di scatoloni in cui la famiglia Williams aveva raccolto gli oggetti che non utilizzava più, su uno c’era scritto ‘Football’ e probabilmente conteneva tutti i trofei vinti da Robbie quando era ancora un bambino.
Quel luogo mi piaceva, io ed Howard saremmo stati più intimi.
Gli atri tre si erano sistemati lungo tutto il resto della stanza. Robbie si era messo sotto la grande finestra circolare in fondo alla soffitta, diceva che li avrebbe dormito meglio perché sarebbe stato protetto dalla luna…’teoria Williams’.
Mark e Gary si erano sistemati in un angolino buio, avevano unito i letti con la scusa di voler parlare tra di loro senza disturbare chi stava dormendo, ma tutti noi sappiamo che non è così.
-Jay, andiamo a letto?- mi sussurra Howard in un orecchio sfiorandomi con il naso.
Annuisco e lui mi aiuta ad alzarmi.
-Aspettate, prima di andare. Ho una cosa da darvi- estrae dalla tasca un preservativo e lo lancia ad Howard, che sbuffa e lo lascia cadere.
Io faccio una smorfia e seguo Howard dietro gli scatoloni.
-Se succede qualcosa, io non ho colpa!- urla Robbie scoppiando poi i una fragorosa risata.
-ZITTO!- ringhia il più grande sdraiandosi sul grande materasso.
Con la mano picchietta lo spazio vuoto vicino a se e io mi sdraio vicino a lui, guardandolo negli occhi.
Inizia a baciarmi il collo, ma io lo fermo allontanandolo da me –Che hai intenzione di fare?-.
-Voglio solamente dormire con il mio ragazzo, però prima volevo un po’ di coccole- sorride.
Gli bacio la guancia –Howard, dormiamo abbracciati?-.
Annuisce –Si piccolino, vieni qui- allarga le sue grandi braccia e io mi ci intrufolo dentro, appoggiando la testa contro il suo petto.
Potevo percepire il suo torace che si alzava e si abbassava regolarmente.
Mi baciò la fronte sussurrandomi ‘buonanotte Jay’ e poi mi addormentai, cullato dai suoi respiri.
 
Gli altri continuarono a parlare ancora a lungo, fino a quando Mark riuscì ad incontrare lo sguardo del biondo e facendogli un piccolo gesto con la testa lo invitò a seguirlo al suo letto.
Qui i due parlarono, si raccontarono molte cose l’uno dell’altro conoscendosi sempre di più e piacendosi anche sempre di più. Mark adorava sentire Gary parlare, lo guardava ammaliato perdendosi nell’ammirare i tratti perfetti del cantante. Il piccoletto sorrideva, facendo morire Gary, aveva amato quel sorriso sin dalla prima volta che l’aveva visto.
Continuarono per molto, fino a quando gli occhi di Mark iniziarono a chiudersi seguiti da quelli di Gary. Si addormentarono così, con le dita della loro mani intrecciate e i loro visi così vicini che quasi potevano toccarsi.
 

 
 
 
 
Ed eccomi di nuovo qui. Spero vi piaccia questo capitolo!
Ho inserito un piccolo riferimento Barlowen :) so che ne siete felici ;)
Ringrazio chi ha recensito (Cause i m thatter e CheNeSo_) e anche tutte le persone che hanno letto e non hanno recensito, vi voglio bene XD
Fatemi zapere coza ne penzate :)
l’Orangee
 

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