Valhöll di Kiki May (/viewuser.php?uid=72952)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio - Le lacrime degli dèi ***
Capitolo 2: *** 1- Il gioco degli dèi ***
Capitolo 3: *** 2- L'odio degli dèi ***
Capitolo 4: *** 3- L’inverno degli dèi ***
Capitolo 5: *** 4 - Le promesse degli dèi ***
Capitolo 6: *** 5- Intermezzo ***
Capitolo 7: *** 6- Le sale degli dèi ***
Capitolo 8: *** 7. I ricordi degli dèi ***
Capitolo 9: *** 8- Il trionfo degli dèi ***
Capitolo 10: *** 9- Lo scontro degli dèi ***
Capitolo 11: *** 10- La morte degli dèi ***
Capitolo 12: *** 11- Secondo Intermezzo ***
Capitolo 13: *** Epilogo ~ Gli Dèi Ritornano. ***
Capitolo 1 *** Inizio - Le lacrime degli dèi ***
Buonasera!
Ecco qui un nuovo esperimento fanfictionario dedicato a Loki e Thor.
Premetto che la colpa va data tutta a Zoisite, che mi
ha spinta a scrivere, imbizzarrita come un cavallo dall’interazione tra
i due asgardini. Anche io sono imbizzarrita e, se vorrete, potrò
proseguire questa fanfiction prendendomi un po’ di spazio per
analizzare il rapporto tra i personaggi, altrimenti lascerò il capitolo
come One-Shot.
Il rating vedrò di alzarlo, se i capitoli successivi ci saranno e
lo richiederanno.
Il titolo: c’è un’altra storia magnifica, proprio in questa sezione,
che porta lo stesso titolo della mia (Valhalla
di Stateira, andatela a leggere!). Ho tentato sino all’ultimo di
inventare un altro nome, ma non c’è stato niente da fare: sono una
fuffa coi titoli e il Valhalla mi
serve, decisamente. Intitolare “Paradiso” la storia dedicata a
due dèi norreni sarebbe stato improprio ed alquanto imbarazzante. Se
non altro ho scelto la trasposizione antica del termine. Sperando che
sia giusta.
Valhöll
Le lacrime degli dèi
Le celle di Asgard erano bianche, ombrose e spoglie, prive della
qualunque. Quando il condannato aveva bisogno di qualcosa – di urinare,
di vomitare o dormire – si attivava uno speciale meccanismo, nascosto
nel pavimento lucido, e comparivano in un istante oggetti,
suppellettili, fonti d’acqua potabile. Per il resto, le camere delle
prigioni erano un baratro di nulla puro, un vuoto costante nelle menti
dei condannati.
Loki aveva sempre detestato il vuoto.
Le sue stanze da principe di Asgard erano sempre state colme di libri,
specchi, strumenti magici di ogni genere. Loki amava riempire lo spazio
a sua disposizione; amava Thor, che era pieno di rabbia, passione,
ambizione.
Amava Thor.
“Mio re, desiderate seguirci?” domandò l’attendente, una volta entrato all’ingresso del carcere.
Thor fece un cenno del capo e si accodò alla guardia reale che avanzava
nel corridoio, tra le celle sigillate.
Il carcere di Asgard era grigio.
Giunti dinanzi alla camera prescelta, le guardie si bloccarono, eseguirono un breve saluto di rito ed aprirono la
porta chiusa da tempo immemore.
Loki era lì, nell’angolo più
vicino all’ingresso, piegato come una bestia ferita. Thor non poté
evitare uno scatto premuroso.
“Loki … fratello, Loki, sono
qui. Sono tornato per liberarti.” Mormorò, aggrappandosi alle spalle
ossute del principe perduto, dalla pelle blu e bianca allo stesso
tempo, memoria vivente di un’alleanza impossibile. “Sono io, Thor.”
Loki tremava senza sosta, gli occhi spalancati velati dai lunghi
capelli neri.
“Loki, ascoltami!” esclamò Thor, serrando la presa dolorosamente.
Le guardie si scambiarono un’occhiata imbarazzata.
“Dobbiamo tacitare il prigioniero, mio re.” Esalò un attendente
piuttosto coraggioso.
Thor digrignò i denti, minaccioso.
“Dobbiamo, signore: sono le regole.”
“Che sia, dunque. Fate in fretta.”
Le guardie si chinarono sul prigioniero terrorizzato, che tentava di
fuggire sfregando la schiena contro la parete impenetrabile,
applicarono una maschera metallica sulla sua bocca e lo costrinsero ad
alzarsi in piedi.
“In nome della legge e per volere di Thor, re e protettore della città,
Loki Laufeyson è di nuovo un uomo libero e potrà varcare la soglia di
questo carcere.”
Loki rabbrividiva e piangeva in silenzio.
Thor spinse via i carcerieri senza troppo riguardo e si spogliò del
mantello scarlatto, dono di Odino padre degli dèi, avvolgendolo attorno
alle spalle del fratello, che strinse a sé, protettivo.
Il giudizio ufficiale durò pochissimo eppure fu intollerabile.
Loki dovette chinarsi dinanzi al Consiglio di Asgard, a Thor che sedeva
sul trono e sembrava splendere nell’armatura regale di oro e
cristalli. Stabilita in via definitiva la scarcerazione, Loki poté
finalmente essere condotto alle stanze della famiglia reale, al bagno
fumante che lo attendeva. Il suo corpo, magro e debilitato, pareva
soffrire qualsiasi contatto fisico.
“Ah!” si lamentò, una volta che fu completamente immerso nell’acqua.
Thor guardò le domestiche come se si aspettasse da loro una spiegazione
al gemito improvviso del fratello.
“Forse l’acqua è troppo calda!” provò a dire una, osservando
con preoccupazione la pelle del principe, che viaggiava dal bianco al
blu pallido senza sosta.
“Fate portare del ghiaccio.” Comandò Thor e fece spazio alla regina
madre, Frigga, che tratteneva il pianto stoicamente.
“Bambino …” sussurrò lei,
china su Loki che nascondeva gli occhi ostinatamente rossi. “Bambino.”
Ripeté, baciandolo sulla fronte.
Infine suo figlio era tornato.
“Occorre immergere del ghiaccio nell’acqua: Loki potrebbe soffrire il
calore della vasca.”
“Ho già dato ordine di portarlo, madre. Riposate ora, vostro figlio è
di nuovo a casa.”
“A casa …” fece eco Frigga, carezzando il volto di Thor, prima di
allontanarsi commossa.
Il re si inginocchiò dinanzi alla vasca: le dita incerte tra i capelli
di Loki, le labbra premute contro il suo capo freddo, scosso dai
brividi.
“Bentornato.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 1- Il gioco degli dèi ***
Eccomi qui, scusate!
Ultimamente sto facendo un macello indegno su EFP! XD
Mi scuso in particolare con Edvige86
che, gentilmente, aveva già commentato il post e che ha visto sparire
l’entry. Come avevo già scritto, non mi convinceva affatto la resa del
capitolo e non ce l’ho fatta a tenerlo in linea, ho dovuto eliminarlo e
modificarlo. Ecco cosa succede a scrivere a tarda sera. >O<
Scusate ancora per l’inconveniente! Spero di leggere le vostre
considerazioni.
1
Il gioco degli dèi
Il cielo di Asgard era inondato da una luce calda, rosea, che pareva
risplendere anche nelle ore più buie della notte. Nell’isola
magicamente sospesa nel vuoto cosmico dell’albero del mondo, tenuta in
orbita da un fascio d’energia nucleare incontaminato e potente, il sole
pareva non tramontare mai.
Loki se ne era reso conto per la prima volta da bambino, dopo una
battuta di caccia particolarmente sfortunata, quando si era perduto nei
boschi assieme al fratello ed aveva speso lunghe ore a fissare gli
astri e le nuvole, magicamente dorate come i capelli di Thor.
Nell’innocenza dell’infanzia aveva immaginato al cielo di Asgard come
ad un fratello premuroso: impediva l’oscuramento totale della terra per
istinto di protezione nei confronti della sorella minore; in seguito,
quando anche l’ultimo velo di ingenuità era stato spazzato via dagli
eventi e Loki giaceva prigioniero nelle celle anonime del palazzo
reale, anche il sole costantemente presente all’orizzonte era sembrato
più una maledizione che una protezione di qualsiasi genere.
“A cosa pensi, fratello?”
Loki si voltò con grazia, inclinando il capo illuminato dal calore del
tramonto.
Si trovava nelle sue stanze, nel palazzo reale di Asgard, circondato da
nuovi libri, drappi e sete preziose, vicino a Thor, venuto a dialogare
con lui dopo una lunga giornata di governo.
Il re si era seduto al tavolo degli scacchi e beveva vino, studiando
con attenzione la posizione delle pedine.
“Al moto dei pianeti.” Replicò Loki, sobrio.
Abbottonò distrattamente la veste nera e carezzò i capelli lunghi,
pettinati indietro e intrecciati morbidamente.
“Stai bene.” Disse Thor, quasi arrossendo. I suoi occhi chiari non
abbandonavano la sagoma del fratello per più di qualche secondo, come
impegnati a rassicurare la mente che, sì, Loki era tornato, era
presenza tangibile e libera, finalmente. “Stai meglio.”
“Ti ringrazio.” Replicò il dio dell’Inganno, intrecciando le mani sul
grembo, accomodandosi sul sedile opposto a quello di Thor: le sue
pedine erano nere e Thor aveva appena mangiato una torre. “Interessante
…”
“La mia strategia è migliorata, fratello?” ironizzò il re, carezzando
la barba folta sul mento. “Regnare su Asgard mi ha forse istruito
nell’arte dell’attesa?” Aggiunse ancora, più sibillino.
Loki umettò le labbra rosse, sfiorando con attenzione il capo delle
pedine scure.
“Come ti senti?” domandò ancora Thor, con un tono più preoccupato,
onesto.
Loki rifletté attentamente.
“Gli incubi sono finiti.” Disse solamente, e le sue pedine volarono a
scontrarsi contro quelle di Thor: due vennero mangiate, una riuscì a
fare breccia nelle difese dell’avversario.
“Capisco.” Mormorò il re di Asgard, ingoiando la tensione come vino
amaro. “Capisco.”
Le dita di Loki si avvicinarono timidamente alle sue, in una carezza
accennata.
“Ti ringrazio per la tua ospitalità e per le cure che hai messo a mia
disposizione. Non riuscirò mai a sdebitarmi.”
“Sai perché lo faccio,” rispose il dio del Tuono, alzando lo sguardo
fiero, deciso. “Sei parte della famiglia nonostante tutto e ti voglio
al mio fianco. Ti voglio al mio
fianco, Loki.”
Lui non replicò.
Avanzò ancora con un alfiere.
“L’oro dei re ti dona,” esalò con un’onestà che lo fece quasi soffrire.
“È il tuo colore.”
Lo è sempre stato.
“In qualità di principe di Asgard potresti indossare l’oro che ti ho
donato: hai scelto di non farlo, invece.”
“Non sono più un principe, Thor. Sono solo un mago, l’ombra di un
passato perduto. Lasciami vivere in pace, al riparo dall’odio del tuo
popolo.”
Il re serrò la mascella, colmo d’ira e rimorso.
“Ho bisogno di te …” sussurrò, talmente piano da rivolgersi più a se
stesso che a Loki. “Non ritirerò la mia offerta, soprattutto ora che mi
hai assicurato di esserti rimesso in forze. Un mago potente come te è
prezioso nel Consiglio di Asgard e tutto ritornerebbe come … sarebbe
più giusto, più simile al passato.”
Le labbra del dio dell’Inganno si piegarono in una smorfia sarcastica,
sgradevole.
“Sono divenuto re,” riprese Thor, determinato. “In un modo che non
avrei mai immaginato. A prezzo della vita del padre e senza il fratello
amato al mio fianco, a guardare le mie spalle e tenere il mio scudo in
battaglia. Sono solo, Loki. Il
potere mi ha allontanato dagli altri.”
“Il potere è solitudine,” replicò lui, muovendo ancora l’alfiere. “E il
tuo potere è grande Thor, anche più grande di quello di Odino.”
L’espressione del re si colmò di dolore muto, inesprimibile.
“Vuoi che ti narri i suoi ultimi giorni?” mormorò, la voce rotta dalla
commozione.
“Non è necessario.” Fece Loki, frettoloso. “Ho saputo ogni cosa dai
domestici e … ho visto. L’ho
visto accadere, nei miei sogni. La barca sul fiume, le lacrime di
Frigga e il tuo braccio che reggeva
la torcia infuocata …”
La discussione s’interruppe brevemente, così come la partita.
Un silenzio insostenibile, carico di parole non dette, schiacciò i
giocatori sulle sedie. Thor dovette scuotere il mantello e alzarsi,
soffocato dal peso dei ricordi, della distanza forzata che Loki
riusciva ancora ad imporgli.
“Avrei dovuto averti al mio fianco …”
“Avresti potuto scarcerarmi.” Ribatté Loki, crudele.
“No, non avrei potuto. Non a prezzo di ignorare la legge di Asgard, di
infangare il ricordo delle vittime midgardiane con un’ingiustizia.
Dovevi scontare la tua pena.”
Il respiro lieve di Loki si spezzò percettibilmente.
Il dio dell’Inganno dovette espirare piano, a fondo.
“Un re giusto, Thor. Sei molto di più di quello che è stato Odino …”
“Nostro padre!” esclamò lui,
incapace di contenere l’ira e l’emozione. “Nostro padre, Loki! Un re giusto quanto
me!”
“Tuo padre.” Replicò l’altro,
a denti stretti. “Tuo padre. Non dimenticare che non siamo veramente fratelli.”
Sibilò orribilmente, deciso a infliggere sofferenza nel cuore di Thor.
Il re si era poggiato alla finestra che dava sui cortili interni, lo
sguardo perso nel chiarore del crepuscolo, l’armatura d’oro
scintillante.
“Sei mio fratello, Loki. Sangue del
mio sangue, nonostante tutto … e anche se non siamo nati dallo
stesso padre e dalla stessa madre – Non avrei potuto fare
diversamente.” Ammise poi, interrompendosi. “Non avrei potuto negare
giustizia ai corpi straziati sotto le macerie dei grattaceli
newyorkesi, agli agenti che avevano perso la vita per mano tua. L’unica
cosa che oso sperare ancora è riaverti accanto a me, dimenticare il
passato e ricominciare con una nuova vita. Non permetterò a nessuno di
ferirti, di farti del male. Ti proteggerò come il dono più prezioso
degli dèi.”
Loki aveva chiuso gli occhi, le dita sospese sul capo dell’alfiere
nero, pronto a sferrare lo scacco contro il re bianco.
“Non sono un dono,” disse. “Non sono neanche il fratello che hai
conosciuto e amato. Troppe cose sono successe e troppe notti si sono
alternate nella solitudine della prigione asgardiana. Non sono che
un’ombra, Thor, un’ombra danneggiata dal tempo e della solitudine. Non
ho più niente da offrirti.”
Thor batté un pugno contro la parete e si rassegnò ad accettare le
parole del fratello.
“Non mi arrenderò così facilmente.” Fece, accomodandosi nuovamente,
scrutando concentrato la sua posizione in campo: Loki era sul punto di
eliminare il re. “Non lo farò.” Aggiunse, ostacolando le mosse del
fratello.
Il dio dell’Inganno aggrottò la fronte, impensierito.
Continuò a sferrare attacchi contro le difese dell’avversario.
La mano di Thor, grande e forte, ruvida, aveva stretto la sua in una
morsa.
“Non mi arrenderò, Loki.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 2- L'odio degli dèi ***
Rieccomi.
Con questo caldo insopportabile, mettersi a scrivere è un’impresa. Si
suda, un sacco. Allo stesso tempo, però, sono stata assalita da
prepotenti Cherik feels. Non
so se tra voi qualcuno shippa Erik/Charles (X Men: First Class)
Io ho bisogno di tante fix it per superare il trauma del divorzio
cubano: li amo e voglio vederli per sempre felici e contenti, ecco!
Youtube deve finire di consigliarmi video angst, che poi soffro! çOç
A tal proposito potrei – e dico potrei
– aver pensato di dedicare una cosa (?) a Charles e al suo Metalbender
tedesco dell’amore. Non so se, effettivamente, tradurrò le mie parole
in scritti. Fa caldo ._.
Per adesso preoccupiamoci dei fratellini asgardiani.
2
L’odio degli dèi
Nel corridoio ombroso si rincorrevano le voci intimorite dei generali,
degli attendenti alla guardia, impegnati a seguire il re ferito,
diretto alle camere del Fabbricante di Menzogne.
“Signore, chiediamo solo accortezza nel giudizio …”
“La mia salute non è affar vostro!” Ringhiò Thor, reggendo il braccio
sinistro umido e caldo di sangue, che pesava sulla mano. La freccia del
traditore aveva mancato il cuore per puro miracolo, ma il veleno
cominciava ad annebbiargli la vista. “Lasciatemi!” esclamò ancora,
esausto.
Sif scosse il capo, preoccupata per l’umore del re suo amico.
“Andate.” Disse, ponendosi tra il corteo di dignitari e Thor, con
gentilezza e decisione. “Il re ha bisogno di riposo, ma è salvo. Gli
scrupoli che nutrite vi fanno onore, la salute del nostro re è quanto
di più importante; adesso, però, possiamo tirare un sospiro di sollievo
e lasciare che il guaritore faccia ciò per cui è –“
“Il guaritore è un traditore!” esclamò un generale,
impaziente.
Thor strinse la pelle sanguinante sino a provare dolore e socchiuse gli
occhi, sinistro.
“Non tollererò un’altra affermazione del genere.” Avvertì, laconico.
“Un insulto ancora all’indirizzo di mio fratello ed i vostri poteri, il
vostro rango saranno memoria perduta, nel nome di Thor, figlio di
Odino. Loki ha tradito, è vero, ma ha anche scontato la pena: il suo
debito è pagato. Mai più un insulto, al
principe mio fratello.”
Il corteo di dignitari sprofondò nel silenzio.
Un generale si fece avanti.
“Mio re, il traditore che ha osato colpirvi è stato confinato nelle
celle della prigione reale. Attenderemo la vostra venuta per celebrare
il giudizio. Vi lasciamo alle cure del guaritore.” Concluse,
inchinandosi con grazia, la mano poggiata all’altezza del cuore.
Thor ripeté il gesto, seppure con impercettibile fatica. Attese di
essere solo con Sif, prima di parlare nuovamente.
“Ti ringrazio.” Mormorò piano. “Un re non dovrebbe mai pronunciare
frasi infelici come la mia. Mi sono lasciato annebbiare dalla
stanchezza, dimenticando i miei doveri. Chiederò perdono al mio
ritorno.”
“Non rimproverarti, Thor.” Sussurrò lei, carezzandogli il braccio con
affetto sincero. “Il pallore del tuo volto tradisce il potere del
veleno. Hai bisogno di recuperare le forze ed espellere il male che
brucia nel sangue.”
“Grazie, amica mia.”
“Solo una cosa …” aggiunse Sif, prima di allontanarsi. “Sei sicuro che lui sia la persona adatta?” chiese,
senza malignità.
“Sì.” Rispose Thor, celando l’esitazione.
“Cosa ti è capitato?” domandò Loki, strattonando la maglia del fratello
nervosamente, togliendo mantello e armatura come meglio poteva. “Una
freccia avvelenata! E non prendi provvedimenti fulminei?! Sei pazzo,
Thor!”
Il dio del Tuono non poté impedirsi di sorridere segretamente,
intenerito dal pensiero che, sì, il fratello aveva tremato di paura, per lui.
“Chiudi gli occhi e cerca di non muoverti.” Intimò il principe perduto,
aprendo il palmo della mano bianca che emanava scintille di potere. “Ci
vorrà solo un istante.” Avvertì, prima di cominciare la purificazione
del sangue.
Thor trattenne un sibilo di dolore, abbandonandosi a lui.
Loki frenò un sobbalzo.
“Chi è stato?” chiese.
Thor respirava con lentezza contro il suo torace.
“Un traditore.” Replicò il dio, forzandosi a parlare. Il profumo di
Loki invadeva i sensi, la mente annebbiata dalla magia.
“Mira pessima, veleno efficace.”
“Così dicono. Hai finito?”
“Un attimo. Smetterai mai di comportarti da ragazzino impaziente?”
Thor ghignò divertito.
“Mai.” Disse, alzando gli occhi dilatati, lucidi. “Rimarrò per sempre
colui che si getta dalla rupe più alta di Asgard, contravvenendo agli
ordini del padre.”
“… Solo per impressionare i compagni.” Terminò Loki, sfiorando con
delicatezza la pelle nuova sotto i polpastrelli gelidi. “Ricordo quel
tuffo.”
“Ricorderai anche le conseguenze: una settimana di punizione in
biblioteca, tra i volumi che più detestavo. Per fortuna c’eri tu
accanto a me. Non mi hai abbandonato, neanche per un momento …” sospirò
Thor, le labbra premute contro il calice di vino offertogli, il capo
abbandonato tra i cuscini del letto di Loki. “Basta così.” Mormorò,
quando sentì di essersi dissetato. Il calice scomparve. “Posso restare?
Ho bisogno di far riposare gli occhi un istante soltanto …”
“Disse il re, prima di addormentarsi nelle camere del guaritore.
Riposa, il veleno ti ha rubato le forze.”
“Solo per un momento!” si affrettò a replicare il dio ferito, umettando
le labbra aspre.
Loki lo osservò silenziosamente, prima di alzarsi e tornare ai suoi
libri.
“Come hai pensato di giudicare questo traditore?” domandò con fare
casuale.
“Colpevole, naturalmente.”
“Lo destinerai alla prigione o alla –“ il principe perduto
s’interruppe, soffiò sulla superficie polverosa di un volume antico.
Thor tratteneva il fiato.
“Alla prigione.” Affermò il re, deciso.
“Avrebbe potuto ucciderti.” Replicò Loki. “Il composto letale era
frutto di un lavoro lungo e meticoloso. Ti sei imbattuto in un suddito
che ha progettato con cura la tua disfatta.”
“Non importa, non è riuscito nel suo piano.”
“Per un gioco del caso.”
“Dimmi, dunque,” ribatté Thor, mettendosi a sedere. “Cosa proporresti
di fare, se fossi nel mio Consiglio?”
Loki soppesò la questione, socchiudendo gli occhi felini.
“Lo manderei a morte.”
Sussurrò, candido. Vide Thor inclinare il capo in un’espressione di
sfida che conosceva bene. Scelse di assecondarlo “La natura del suo
odio …” provò a spiegare, mordendosi le labbra. “L’assassino mancato ha
speso lunghe ore nella preparazione di un siero mortale, che ha tentato
di somministrarti nel modo peggiore, scoprendosi e rischiando la vita.
Ha scelto di tentare perché l’odio che provava per te era molto più
grande, più importante della sua stessa incolumità. Quel genere di odio
non muore mai. È cibo per il cuore, ragione d’esistenza. Brucia nelle
vene come sale, è pari all’ardore che provano i guerrieri prima della
battaglia. Non finisce, non si spegne. Mai.” concluse, riflessivo.
Thor lo fissava, muto.
Il re si lasciò andare contro i cuscini, il capo pesante per la
stanchezza.
“Sei stato sincero.” Disse soltanto, chiudendo gli occhi.
Loki continuò a sfogliare il volume polveroso, anche nei sogni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3- L’inverno degli dèi ***
Me è qui, col nuovo capitolo. *C*
Spero tanto che vi piaccia e che, soprattutto, non contravvenga ad
alcun regolamento di EFP. Il richiamo alla tematica dell'incest è
fondamentale per comprendere la dinamica tra Loki e Thor, non è fatto
per pura voglia di provocare o scandalizzare. Tutto nasce, davvero, da
un'esigenza narrativa e dalla mia voglia di delineare i caratteri dei
personaggi e la loro psicologia, molto umana e comprensibile, ma anche
diversa, capace di distruggere determinate barriere sociali o anche
fisiche, se vogliamo, proprio perché si parla di dèi e non di uomini.
3
L’inverno degli dèi
Con l’inverno giunsero le campagne militari, le lotte continue contro i
popoli ribelli che avrebbero voluto alterare l’equilibrio cosmico,
spingendosi alla conquista della Terra tanto amata dal sovrano di
Asgard.
Il re riuscì a riportare una serie incredibile di vittorie,
impressionante persino per un guerriero della sua levatura, figlio di
Odino e padrone del cielo. Accanto a lui, nell’esercito degli eroi,
Loki guaritore e mago, avvolto nei pesanti drappi di seta nera
riservati agli stranieri.
“Proseguiremo ancora, ad Est. Ci accamperemo nella valle al sorgere del
sole.” Ordinò Thor, imponente e luminoso in sella al suo stallone
bianco.
La neve gelida gli sferzava il volto, la chioma bionda che ondeggiava
al vento; gli occhi chiari si perdevano nell’orizzonte lontano, nel
paesaggio tanto simile a quello di Jotunheim, più mite e insidioso.
In disparte, Loki sospirava, piacevolmente rapito dalla carezza del
ghiaccio contro la pelle.
“È deciso.” Stabilì il re, voltandosi in direzione dei generali.
“Voglio tre messaggeri, uno per ogni strada principale. Dovrete
precedere il resto delle truppe, studiare il sentiero e tracciare una
mappa. Se incontrerete il padrone di questo regno, ditegli queste
parole: Thor Odinson cavalca tra le colline, nei campi aridi vicini ai
monti dalla punta innevata, e distruggerà ogni cosa se qualcuno oserà
levare un dito contro i suoi soldati. Che il mio monito sia chiaro!
Andate adesso!”
I messaggeri scattarono al galoppo, disperdendosi per le strade oltre i
boschi imbiancati. Fandral si affiancò al re, con grazia studiata.
“Non ti fidi di questo popolo …” mormorò.
Il respiro caldo di Thor si disperse nel vento.
“Voglio proteggere i miei sudditi.” Rispose lui, pensoso. “Realizzare
il progetto di mio padre: una pace duratura e stabile. Inattaccabile.
Quando anche l’ultimo regno del Grande Albero sarà libero dal male, io
potrò riposare.”
“Allora preparati a non riposare mai, amico mio.” Sorrise Fandral,
saggio. “Dove c’è pace scoppierà la guerra e dove c’è riposo tornerà il
caos: è una legge divina.” Disse.
Thor si voltò a guardare gli occhi di Loki, luminosi di un verde che
aveva visto solo in certi veleni prodotti nelle cucine del Padre
Universale.
“Dai voce ad una grande verità a cui preferisco non pensare adesso,
amico mio. Mi dirigo alla tenda, lascio a te il compito di impartire le
ultime disposizioni.” Mormorò, congedandosi.
Loki lo seguì come un’ombra silenziosa.
Si arrestò a pochi passi dall’ingresso dell'accampamento.
“Non vuoi seguirmi anche qui?” domandò il re, la voce ridotta ad un
sussurro roco.
Loki valutò con attenzione la proposta velata e scelse di assecondare i
desideri del fratello.
Affidati i cavalli agli scudieri, il re e il mago si introdussero nella
tenda rivestita da pelli d’orso, metallo magico e velluto. Thor aveva
fatto installare una fonte di calore artificiale al centro della
stanza, poco affezionato al freddo del pianeta lontano, amante del
tepore e del fuoco.
“Puoi spogliarti, se vuoi.” Fece casuale, dirigendosi alla tavola
imbandita. “So quanto ami il gelo.”
Loki serrò le labbra sottili, piegandole in una smorfia di leggero
disappunto.
“Non amo il gelo,” specificò. “Ma il mio corpo lo sopporta con estrema
facilità. Conosci le mie origini, del resto.”
Thor preferì non replicare.
Si versò del vino rosso e ne offrì una coppa al fratello, che la prese
senza toccarlo.
Sedette sulla poltrona, le gambe aperte senza cura.
“Ti ringrazio, Loki. Il tuo aiuto ci ha permesso di raggiungere la
valle.”
“Non ringraziarmi. Sono un suddito e tu sei il mio re: sono obbligato a renderti servizio.”
Il sapore del vino non riuscì a cancellare il retrogusto amaro sul
palato di Thor.
Il re di Asgard esalò un sospiro sconfitto.
“Vorranno combattere …”
“Vorranno contrattare.” Corresse Loki, puntuale. “Almeno, lo faranno
dopo aver sentito quello che ho intenzione di proporre.” Concluse,
sorridendo enigmatico.
Thor tornò a studiare il suo volto incorniciato dai capelli lunghi, la
figura slanciata, fragile e minacciosa allo stesso tempo.
“Non so perché lo fai.” Disse pianissimo.
Loki inclinò il capo.
“L’ho appena detto: sei il mio re!” replicò l'altro, perplesso.
“Non so perché continui ad
allontanarmi.” Specificò il dio del Tuono, esausto. “Sapessi
quanto bisogno ho di te …”
“Ogni cosa si riduce a questo, eh?! Ciò di cui ha bisogno Thor, ciò che
serve a Thor! Il sovrano, il più grande, il più luminoso! L’erede legittimo di Odino!”
“Non ho detto niente di tutto questo.”
“Ma l’hai pensato! Come lo pensano gli altri! Il tuoi soldati, il tuo
esercito … per loro sono ancora il traditore, il gigante di ghiaccio
risparmiato per misericordia!”
“Smettila di usare queste parole!” esclamò Thor, alzandosi di scatto,
afferrando con forza il viso del fratello.
Questi lo allontanò bruscamente.
“Non toccarmi!” gridò, furioso.
“Smettila!” replicò lui, e strinse ancora gli zigomi di Loki, i capelli
lisci, il mento. “Non capisci quello che provo ad ogni rifiuto? Mi ferisci!”
“Bene!” ritorse il dio dell’Inganno, pieno di gioia cattiva. “Forse
riusciresti finalmente a capire un briciolo della sofferenza che ho
provato io! Ingabbiato e affamato come una bestia selvaggia, per colpa
di Odino!”
“Per colpa tua, fratello! A causa
delle azioni scellerate compiute sulla Terra!”
Loki digrignò i denti e scattò in avanti nel tentativo di liberarsi, ma
la presa di Thor era salda e non gli lasciava scampo.
“Non fuggirai ancora una volta!” urlò il dio del Tuono, fuori di sé
dalla rabbia.
Loki inclinò il capo, socchiudendo gli occhi fiammeggianti d’odio.
“Mi incatenerai anche questa volta?” chiese sarcastico, e gemette di
dolore inarcando la schiena contro la parete della tenda. I polsi
stretti da Thor tremavano. “Cosa farai?” aggiunse sprezzante. “Per
quanto cucirai le mie labbra, spaventato all’idea di sentire la mia
voce?”
“Io non ho paura!”
“Di mettere in discussione il comando del padre? Di pensare che, forse,
non sei così luminoso e giusto come vorresti essere?!”
Thor forzò la presa sino al limite.
“Non ho paura.” Ringhiò roco, e premette le labbra contro la guancia di
Loki. “Non ho paura, ho solo … sento tristezza, perché sei lontano.”
La determinazione di Loki vacillò come le sue gambe, premute contro
quelle del fratello divino.
“Il passato è lontano, Thor. Non possiamo più raggiungerlo.”
“Mi rifiuto di crederlo!”
“Non possiamo.”
La presa di Thor si allentò lievemente. Il re sfiorò la fronte del
mago, il naso, le labbra rosse; nascose il viso nell’incavo del suo
collo, assaporando il profumo dei capelli scuri, ansimò, tremante. Loki
percepì qualcosa sciogliersi dentro di lui e tentò un’ultima, disperata
difesa.
“Basta. Lasciami!” esclamò senza fiato.
Thor esaudì la sua richiesta, ma si mantenne vicinissimo.
“Non voglio farti del male.” Sussurrò, tornando a carezzare il viso di
Loki. “Sei mio fratello.”
“No.” Replicò lui, in lacrime.
“Non lo sono. Non lo sono mai stato.”
“Sei mio fratello!” insistette Thor baciandogli le labbra, ma come un
amante disperato. “Sei mio
fratello.” Ripeté, ostinato.
Loki si arrese.
Morse le labbra di Thor, affondando le unghie nella nuca scoperta,
strattonando i capelli biondi, ridicolmente morbidi per essere quelli
di un guerriero. Schiuse la bocca per incontrare la lingua di Thor, che
leccò assaporando il gusto del vino.
Le mani del re volarono a sondargli la schiena, i fianchi magri.
“Sei mio fratello …” ripeté
lui, ansimando oscenamente. “Sei mio
fratello.” Continuò, in una cantilena proibita, volutamente
peccaminosa.
Loki trattenne un grido e si aggrappò alla sua schiena, sollevandosi
leggero tra le braccia che lo reggevano.
“Niente potrà mai dividerci, Loki.”
Insistette il re, stendendolo tra i tappeti soffici, baciandolo. “Neanche il sangue.” Disse,
spogliandosi dell’armatura.
Per le prima volta dal suo ritorno, Loki sorrise di gioia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4 - Le promesse degli dèi ***
4
Le promesse degli dèi
In un tempo antico, quando i sovrani del mondo erigevano piramidi
capaci di sfiorare la volta del cielo infinito e gli uomini
combattevano e morivano per uno spiraglio di terra che si affacciasse
sul mare, che fosse lontana dal deserto sterile e crudele, Thor e Loki
erano dèi bambini, figli del re di Asgard, Odino.
Giocavano, Thor e Loki, sul promontorio più alto del regno, tuffandosi
tra le onde che s’infrangevano contro il Bifrost, sfidandosi a saltare
più velocemente, con più coraggio e più bravura dell’altro. Le gare ai
tuffi erano le preferite di Loki, che pur dimostrando una scarsa
propensione per la lotta fisica non si arrendeva facilmente e tentava in tutti i modi sopraffare il fratello.
Sul promontorio più alto di Asgard, col vento tra i capelli, gli dèi
bambini si erano giurati fedeltà eterna, versando il sangue e premendo
le labbra l’uno contro l’altro, in un gesto innocente e solenne, prima
di correre ad abbracciare la madre Frigga, bellissima dea celeste.
“Prometto, come gli dèi più antichi,
quelli che hanno creato nostro padre ed il padre di nostro padre …”
Prometto.
Col volto premuto contro il tappeto ruvido, le guance in fiamme come
pensava non sarebbe mai stato possibile e i fianchi tremanti,
incontrollabili nelle mani del dio del Tuono, Loki ascoltava i
giuramenti del passato, quelli sacri e inviolabili che aveva scambiato
col bambino che credeva suo fratello.
“Thor, smettila …”
Di sussurrare promesse, di ripetermi
che mi ami e che sono tuo.
“Smettila.” Ansimò Loki, strappando con le unghie il prezioso tessuto
che ornava la tenda del re.
Thor gemeva, in ginocchio dietro di lui, le dita strette ai fianchi
magri, i capelli umidi di sudore.
“Loki …”
“Smettila, non c’è bisogno.” Ripeté il dio dell’Inganno, più soave,
addolcito dal piacere.
Thor sibilò roco, staccandosi da lui, salutando la pelle morbida con un
bacio.
Loki si arrese alla stanchezza, voltandosi.
“Cosa ridi?” domandò offeso, minacciando di coprirsi con le pelli
d’orso.
Thor le scagliò all’altro capo della tenda, tanto per premunirsi.
“Rido perché sono felice.” Annunciò, soddisfatto. “Perché il mio amante
è il più bello dei Nove Regni.”
Loki sminuì la dichiarazione appassionata con un gesto vago.
Intrecciò le gambe lunghissime sul pavimento.
Il re si diresse alla tavola imbandita. Scelse dell’uva e del
formaggio, addentò un tozzo di pane con la furia propria di un
guerriero e versò del vino nella coppa per sé e il fratello.
“Non hai paura che i tuoi soldati scostino la tenda e ti scoprano nudo,
tra le braccia del Fabbricante di Menzogne?” lo provocò Loki, lo
sguardo incatenato alla sua schiena, possente e definita, illuminata
appena dal bagliore delle candele.
“Nessuno verrà a disturbarci e, comunque, non mi vergognerei affatto.”
Replicò lui, chinandosi a servire la cena, baciando le labbra di Loki
che avevano ancora il suo sapore. “Sei la cosa più preziosa che ho.”
Aggiunse in un sussurro.
Loki ricambiò il bacio con tenerezza.
Bevve il vino rosso e morse timidamente il boccone di formaggio.
Thor rise ancora.
“Cosa c’è adesso?”
“Guardo te, che mangi come un passerotto sperduto dimenticando di
essere un dio.”
“Mangiare con calma, senza ingozzarsi, mi rende molto più divino di te,
gigante asgardiano.”
Thor sorrise gioiosamente e tornò a selezionare carni e frutta da
consumare.
“Intendi veramente perseguire un progetto tanto ambizioso?”
“Cosa?” chiese il re, pulendosi le mani sporche.
“Lo sai … la pace dei Nove Regni e sciocchezze simili.”
“Non sono sciocchezze.” Rispose, serrando la mascella.
Loki sospirò, coprendo gli occhi con una mano.
“Sai cosa intendo. Non esisterà mai una pace duratura, un equilibrio
stabile tra i mondi. Fandral ha ragione a dissuaderti: non potrai
riposare se ti poni un ostacolo così lontano, così impossibile da
raggiungere. E, nel frattempo, chissà quanti tenteranno di farti del
male …”
“Hai paura per me, Loki?”
Il dio dell’Inganno serrò le labbra, opponendo alla domanda un silenzio
ostinato. Thor dovette chinarsi dinanzi a lui.
“Hai paura per me?” chiese
nuovamente, la voce velata di insicurezza.
Loki gli carezzò il volto e i capelli con la punta delle dita, come
fosse la più fragile delle creature, tacendo ancora.
Finirono nuovamente sul pavimento, tra i tappeti, rapiti in un moto di
passione insieme disperato e tenero.
“Quando ti credevo mio fratello … quando pensavo fossimo figli dello
stesso padre …” esalò Loki, senza fiato. “Giurai di rimanere per sempre
accanto a te.”
“E l’hai fatto: sei qui.”
Loki sorrise, amaro. Premette la fronte contro quella del suo amante.
“Ricordi cosa diceva Odino, sui matrimoni tra gli dèi?”
“Che sono sacri ed eterni e che superano ogni vincolo mortale.” Rispose
Thor, ricordando senza fatica le parole del padre. “Gli dèi si sposano
per adempiere al loro destino, per creare l’equilibrio tra gli opposti,
perché è nella loro natura.”
“Perché è nella loro natura …”
ripeté Loki, lo sguardo lontano, colmo di tristezza.
Thor lo scrutò a lungo e strinse i suoi fianchi ossuti.
“Trasformati.” Disse.
“Cosa?”
“In un gigante di ghiaccio, fammi
vedere.”
“No!”
“Ti prego, fidati.”
L’espressione contratta di Loki cedette dinanzi alla determinazione del
fratello. Il dio dell’Inganno prese un respiro, chiudendo gli occhi. Il
suo corpo, poteva sentirlo, era mutato. La sua pelle candida aveva
assunto un nuovo colore.
“Oh.” Esalò Thor, studiandolo stupito. “Oh …”
“Thor, posso tornare come –“
“Shhh. Taci.” Intimò il re, concentrato.
La pelle del dio era divenuta più spessa, più compatta, senza perdere
la morbidezza caratteristica. L’addome, il volto e le braccia erano ora
percorsi da linee scure, pronunciate, che s’interrompevano di colpo e
seguivano il respiro dell’amante. Le cosce, il torace all’altezza del
cuore risultavano più freddi, quasi gelidi al tatto.
Thor percorse le pieghe della pelle di Loki, indugiando sensualmente,
osservando con attenzione reazioni e scatti improvvisi, memorizzando
ogni centimetro di quel corpo tanto amato. Il respiro del dio si fece
più accelerato, Loki aprì gli occhi rossi.
“Sei bellissimo.” Udì, confusamente.
“Come?”
“Sei bellissimo.” Ribadì Thor, rivolgendogli uno sguardo affettuoso.
“Ti amo anche così. Non nasconderti mai quando sei insieme a me.”
La lingua d’argento dei Nove Regni non riuscì ad elaborare una replica
salace, dissacrante, che spezzasse la tensione che Thor aveva tanto
abilmente creato: la gola stretta dall’emozione non risultava
affatto d’aiuto.
Loki afferrò i capelli di Thor, senza delicatezza. Baciò le sue labbra
come se non ci fosse un domani.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 5- Intermezzo ***
Scusate il ritardo.
Pensavo sinceramente che avrei aggiornato prima, ma con questo caldo è
intollerabile mettersi al piccì. Per fortuna oggi sembra diminuita un
po' l'afa. *C*
Buona lettura, quindi. Questa storia si sta allungando drammaticamente.
Doveva essere una cosa breve e indolore e invece! >O<
5
Che Thor fosse
incapace di dissimulare i propri sentimenti Loki lo sapeva bene.
L’aveva imparato prestissimo, da bambino, quando aveva visto il
fratello piangere senza vergogna tra le braccia di Odino o ridere
coperto dal fango delle stalle, tendersi per un bacio furtivo o urlare
al cielo la sua rabbia di piccolo dio.
Thor non
nascondeva il suo cuore, lo reggeva tra le mani perché fosse visibile a
tutti, lasciava che gioie e dolori dell’esistenza lo ferissero, lo
cambiassero.
Per questo Loki
non si stupiva dell’entusiasmo del fratello, della felicità che aveva
apertamente dimostrato nelle settimane successive al ritorno ad Asgard;
non si stupiva neanche della passione, del costante bisogno di conferme
e tenerezza. Razionalmente, sentiva di doversi preoccupare per la
reputazione del re, per le deleterie chiacchiere di palazzo, solo non
riusciva ad forzarsi allo studio di tali sciocchezze.
L’unica cosa
che lo preoccupava davvero era l’effetto che Thor aveva su di lui, il
calore che gli donava e che lo trasformava, lo plasmava in qualcosa di
diverso dal famoso maestro di inganni che era divenuto.
Loki temeva
quel calore, le sue conseguenze.
Loki – aveva imparato anche questo – era
fatto di ghiaccio.
Il dio
dell’Inganno scansò la veste impigliata tra i rovi, avanzando verso un
cespuglio di rose selvatiche da addomesticare.
A ritorno dalle
campagne militari, Thor aveva deciso di mettergli a disposizione tre
ettari di terreno appartenenti alla famiglia reale, destinati a fungere
da giardino o laboratorio per esperimenti magici. Il dio dell’inganno
aveva accettato, felice di poter alimentare le proprie conoscenze
attraverso una pratica tanto nobile come quella della cura delle piante.
Il giardino si
era presto trasformato in un paradiso di specie rarissime, rigogliose
grazie all’esperienza del principe perduto.
“La tua opera è
ammirevole.” Sussurrò una voce femminile, dolce e profonda.
Dolorosamente familiare a Loki, che sospirava scrutando le rose.
“Dovresti dedicare molto più tempo agli ortaggi però, se vuoi il mio
parere.”
“Da bambino
usavo spendere i miei pomeriggi nel campo vicino alle stalle dove si
allenava Thor … cercavo di creare il cocomero più grande del mondo.”
“E cosa
successe quando il tuo esperimento si concluse con un’esplosione?”
domandò Frigga, ridacchiando.
Loki si voltò a
guardarla, esibendo un mezzo inchino reverenziale.
“Buongiorno, regina madre.” Disse, atono.
Frigga soffrì
la sua freddezza ma non lo diede a vedere.
Nel corso dei
mesi aveva imparato ad assecondare il bisogno di formalità del figlio
minore, deciso a considerarsi un estraneo nei confronti della famiglia
reale.
“Buongiorno,”
ripeté Loki. “Come mai siete uscita così presto dalle vostre stanze?”
Frigga agitò la
veste dorata, portando una mano al ventre.
“L’aria del
mattino mi fa bene.” Confessò, sincera. “Allevia i dolori e mi aiuta a
sopportare la fatica.”
“Potrei
aiutarvi io … qualora lo voleste, intendo. Potrei aiutarvi.”
Frigga studiò
l’espressione del figlio. Preoccupata,
si sarebbe potuto dire.
“Coltivi erbe
medicinali?” chiese, cambiando il registro del dialogo.
Loki deglutì,
ricacciando in gola l’emozione che per un attimo gli aveva fatto
perdere distacco e lucidità.
“Sono un mago.”
Rispose. “Le erbe medicinali sono quanto di più affascinante esista in
natura. Le piante, in genere, sono creature portentose: silenziose e
solitarie, sono capaci di influire anche sul destino degli dèi.”
“Come, Loki?”
Il dio
dell’Inganno sfoggiò un ghigno impertinente.
“Oh, lo
sapete.” Sussurrò soave, carezzando i fiori. “Queste rose sono le
migliori per profumi e oli da bagno, gli asgardiani le preferiscono per
la fragranza lievemente speziata che sprigionano; poi ci sono le foglie
di alloro. che vengono impiegate in un liquore che Thor ama tanto … e ci sono
anche i veleni, certo.”
“Produci
veleni?”
Loki aggrottò
le fronte, quasi turbato.
Raggiunse un
cespuglio di boccioli dal colore bluastro, livido. Ne prese uno.
“Con questi si
riesce a produrre un veleno potentissimo, letale per qualsiasi Aesir.
Ne bastano dieci gocce per indurre gli organi vitali della vittima ad
uno stato di collasso, con quindici si ottiene un siero talmente
potente da reagire in modo istantaneo …”
L’espressione
di Frigga era cambiata: il suo volto non era più luminoso di amore
materno e rimorso, ma scuro di timore.
“E c’è anche la
variante per i Jotun, è chiaro ...” Aggiunse il figlio, indifferente ai
suoi tormenti. “Le foglie di edera rossa.” Disse, indicandole. “Possono
uccidere un gigante di ghiaccio, infliggendogli sofferenze indicibili.”
“Anche il loro
aspetto è sgradevole.”
“Sono solo
piante. Non provano odio.”
Loki tacque e
Frigga sprofondò in un silenzio colmo di dubbi.
“Volevo
parlarti di lui …” esalò dopo lunghi minuti di riflessione tormentata.
“Di Thor …”
“È accaduto
qualcosa?”
“Assolutamente!
Volevo solo sapere se avevi udito i pettegolezzi di corte, se eri
preoccupato.”
“No. Dovrei
esserlo?”
“No, non devi.”
Disse Frigga, sorridendo. “Tu ami Thor, non è vero?”
“Vorrei tanto
non dover rispondere, ma sì. Sì, lo
amo.”
“È tutto ciò
che m’importa.”
Il principe
perduto si fece avanti, incerto. La regina lo carezzò.
“In cuor mio ho
sempre saputo che niente avrebbe potuto separarvi. Avrei voluto
spiegarlo ad Odino, ma … forse lui già sapeva, prima di me, sapeva, e
vi ha messi alla prova. Il vostro legame è forte, pieno di potere.”
““Madre
–“
“Non lasciate
che il male lo contamini.”
Frigga si fece
da parte. Dietro di lei, Thor attendeva, un sorriso stampato sul volto
e le spalle luminose d’oro e porpora regale. Madre e figlio si
salutarono, affettuosi, splendidi. Così
simili.
Loki chiuse gli
occhi.
“Le tue rose
sono bellissime.” Sussurrò poi Thor, carezzandogli il collo rigido per
la tensione.
Il dio gemette
di dolore.
“Vuoi mostrarmi
i nuovi arrivi?” domandò il fratello, curioso.
Loki offrì il
braccio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 6- Le sale degli dèi ***
Per scrivere questo post ho impiegato ore che sembravano
anni. Non c'è stato verso di buttarlo giù con scioltezza, senza
faticare.
Speriamo almeno che sia venuto benino, dai. >*<
6.
Le sale degli dèi
Valhöll era
una parola magica, misteriosa.
Thor l’aveva udita per la prima volta quando, ancora bambino, spendeva
lunghe ore ad ammirare le lande verdi oltre l’orizzonte del palazzo
reale, tra le braccia del padre capace di reggere insieme l’equilibrio
universale e il peso di Thor, che rideva col capo rivolto al cielo.
“Valhöll.” Diceva il Padre
Universale, la voce bassa e profonda di un re. “Il Valhalla,” ripeteva,
scompigliando i capelli del primogenito che lo fissava con grande
attenzione. “La sala degli eroi caduti in battaglia, dei guerrieri che
non temono la morte. Solo coloro che possiedono il cuore e la forza di
un leone arriveranno a vedere gli scudi d’oro e le lance acuminate che
splenderanno per l’eternità. Possiedi un cuore di leone, Thor?”
Il dio bambino aveva annuito solennemente.
Ad occhi chiusi, dentro sé, riusciva quasi a vedere la sala mitica
descrittagli da Odino, riusciva a sfiorarla con le dita.
“Quindi, cosa mi state proponendo? Ritirare le truppe, disonorando il
mio nome nei Nove Regni, o proseguire un’azione militare che potrebbe
costare la vita ai miei soldati?”
Thor si voltò, digrignando i denti di frustrazione.
Il Consiglio, da lui riunito nella sala del trono, non era stato in
grado di trovare una soluzione alla crisi militare che aveva bloccato
l’esercito asgardiano tra i monti di un pianeta lontano.
“Questo Consiglio è diviso perché divisa è la coscienza del suo
sovrano.” Dichiarò Sif, saggia. “Ci chiedi di trovare una via di mezzo
tra la morale degli dèi e quella dei mortali che ami tanto, che
reputano la vita più preziosa dell’onore e la prudenza più importante
del coraggio.”
Il re di Asgard affilò lo sguardo: Sif lo fronteggiava con fierezza.
“Hai ragione,” esalò, dopo un lungo istante. “I nostri padri non
avrebbero sollevato una questione del genere.”
“I nostri padri non hanno mai avuto il potere che possiedi tu, la tua
grandezza.” Fece Volstagg, sfoderando un sorriso generoso.
Thor dovette ricambiare, commosso dalla fedeltà dell’amico.
“Ed ecco che ci ritroviamo al punto di partenza!” esclamò Sif,
sconfitta. “Una scelta impossibile tra le nuove regole che abbiamo
imparato da te, Thor, e il costume dei padri, severo e immutabile. Non
possiamo pretendere dalla pietra la dolcezza del fiore o costringere il
fiore alla rigidità della pietra.”
“Oh, ma possiamo …” sussurrò Loki, in piedi ai limiti della sala.
Il principe perduto studiò i volti dei dignitari al servizio del
fratello. Avanzò di un passo, esortato dallo sguardo eloquente di Thor.
“Potremmo … costringere il fiore all’immobilità della pietra, come dice
Sif.” Ripeté più soave, già rapito dall’idea che gli balenava in mente.
Piegando le labbra in un ghigno compiaciuto, tese una mano pallida e,
con un gesto aggraziato, riuscì a materializzare la mappa del pianeta
lontano. Agitò le dita, quel tanto che bastava a rendere luminoso
l’accampamento asgardiano.
“I soldati stanziano ai piedi del vulcano, è corretto?” chiese,
roteando i polsi per muovere l’immagine. “Il villaggio dei ribelli si
trova al lato opposto della montagna ed è impossibile raggiungerlo
senza passare per la bocca del vulcano, terribile perché viva. Non
resta che cambiare le regole del gioco, lasciare che siano i ribelli
stessi ad attraversare la montagna.”
Sif scosse il capo, divertita.
“Non succederà mai! Non c’è lingua
d’argento che cambierà i propositi dei nostri nemici …”
Loki serrò le labbra, celando un lieve disappunto.
“Non sto proponendo una contrattazione.” Chiarì. “Per contrattare
dovremmo inviare un messo e non sarebbe prudente lo stesso. Sto
proponendo un inganno.”
Gli sguardi dei consiglieri si fecero incerti.
Solo Thor continuava a fissare il fratello con tenacia, intensamente.
“Volete ascoltare la menzogna
che propongo?” chiese Loki, scegliendo accuratamente le parole.
Nella sua voce Thor riusciva a percepire la provocazione mossa al
Consiglio, il dolore nascosto che il principe perduto riusciva sempre a
trasformare in arma.
“Vai avanti.” Tagliò corto, più severo di quanto volesse risultare.
“Con la magia possiamo risvegliare il vulcano.”
“Un’eruzione?!” sbottò Thor, sorpreso.
“Soltanto l’illusione di
una.” Rispose Loki, rapidissimo. “Un trucco per spaventare i nostri
avversari e costringerli ad uscire dal loro nascondiglio! La terra
comincerà a tremare, il fumo si sprigionerà della cima del vulcano: i
nemici non avranno altra scelta che riprendere il sentiero già percorso
o affrontare una traversata tra i ghiacci che potrebbe risultare fatale
ad un gruppo di guerrieri senza viveri e acqua. Sceglieranno di tornare
indietro, probabilmente rassicurati dal pensiero di una ritirata dei
loro inseguitori. Le nostre truppe non dovranno muovere neanche un
muscolo.”
Thor sprofondò in un silenzio pensoso, carico di dubbi.
“Un inganno …” mormorò Fandral, dando voce alle sue perplessità.
“Arriveremmo a tanto pur di non correre rischi?”
“Abbiamo già corso dei rischi, invadendo un pianeta ostile e remoto,
sacrificando ottimi soldati alla riuscita di un’impresa impossibile …”
“Minimizziamo i danni.” Suggerì ancora Loki, persuasivo nella veste di
stratega. “Riusciremo a terminare la missione con successo e a
risparmiare ulteriori perdite ad Asgard.”
Un brusio sommesso si levò nella sala del trono, Thor dovette prendere
una decisione.
“E così sia!” Annunciò, solenne. “Seguiremo le indicazioni di Loki e
riusciremo a concludere la faccenda prima della nuova luna.”
I consiglieri annuirono. Batterono una mano contro il petto,
congedandosi dal sovrano.
Loki fu l’unico a rimanere accanto a Thor, a seguirlo nelle camere
private.
“Ti odieranno per questo, lo sai?” sussurrò, chiudendosi la porta alle
spalle.
La stanza da letto dava sul giardino. Dalla finestra si potevano udire
il cinguettio degli uccelli, il nitrire dei cavalli.
“Per cosa mi odieranno: per aver acconsentito ad un inganno o per
averli tenuti in assemblea più di quanto usava fare Odino?” chiese
Thor, forzatamente ironico.
L’armatura risultava pesante sulle sue spalle già affaticate da
preoccupazioni e responsabilità.
Loki gli fu subito dietro, le mani nelle sue mani, alle prese con lacci
e cappe dorate.
“Per aver scelto il mio consiglio.” Specificò, liberando la schiena del
fratello dal fardello dei vestiti.
I muscoli di guerriero guizzarono sotto i polpastrelli. Il re si tese,
stirandosi come prima di un allenamento impegnativo.
“Il tuo animo è ancora afflitto dalla pena di saperti estraneo … non so
cosa fare per farti cambiare idea.” Ammise il sovrano, abbattendosi
sulla poltrona a gambe larghe per la stanchezza.
Il suo torace era percorso da leggerissime cicatrici, che scalfivano
appena la morbidezza della pelle nuda, rosea a perfetta come solo
quella di un dio. Le braccia forti, abbandonate sui fianchi, tradivano
un languore sensuale, il riposo di un leone a cui bastano pochi scatti
per raggiungere la preda.
“Siedi su di me, fratello.” Mormorò il dio, schiudendo le labbra umide.
Loki si ritrasse di scatto.
“Non mi prendi sul serio.” Esalò con disappunto.
“Preferisco non assecondare la tua rabbia.”
“Rabbia?!” esclamò lui, serrando i denti. “Non mi conosci affatto se
pensi che io sia arrabbiato!”
“Loki, io non –“
“Dannazione, vorrei non mi
conoscessi affatto!”
“Non dire così.” Tuonò Thor, attirando a sé il fratello, serrandolo in
una morsa che neanche un titano avrebbe potuto sciogliere. Le sue mani
indugiarono sui fianchi magri, sul grembo che piano si scopriva. “Mio
amato, amatissimo …”
Le mani del principe perduto volarono a coprirgli la schiena, a
massaggiare i muscoli tesi.
“Sei così stanco, mio re.”
“Non chiamarmi così.” Fece lui, seppellendo il volto nel torace del
fratello, baciandolo sino a farlo sprofondare in un abbraccio
appassionato.
Le labbra di Loki erano dolci e le sue carezze generose, nonostante la
freddezza che il dio dell’Inganno non cessava di ostentare agli occhi
della corte.
“In questa stanza … siamo solo tu ed io.” Sussurrò Thor, sincero. “Non
chiamarmi re, non quando sono tra le tue braccia. Io sono solo Thor, e sono tuo.”
Loki esitò un istante soltanto, prima di mordere le labbra del fratello
amante e stringerlo quasi con ferocia.
“Sono tuo, Loki.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 7. I ricordi degli dèi ***
7.
I ricordi degli dèi
Nel corso dell’adolescenza, le differenze fisiche tra Thor e Loki si
erano accentuate oltre ogni previsione.
Il primogenito di Odino, destinato al dominio dei cieli e alla
protezione della pace universale, si era irrobustito: il suo torace,
rimodellato dai lunghi allenamenti, aveva assunto la consistenza
compatta che si addiceva ad un guerriero, le spalle più ampie avevano
preso un colorito bronzeo, simile a quello delle statue che
circondavano il palazzo del sovrano. Thor aveva ereditato la forza del
padre e la bellezza della madre: le sue ciglia folte ombreggiavano uno
sguardo cristallino, capace di suscitare dolcissimi tormenti nell’animo
delle fanciulle arsgardiane; le labbra piene strappavano baci al miele
e sospiri innamorati.
Loki, al contrario, aveva assunto un’aura quasi lunare.
La sua figura era rimasta esile, sottile al confronto coi fisici
possenti degli dèi asgardiani; il secondogenito di Odino aveva scelto
di dedicare il proprio tempo allo studio della magia, di trascorrere le
giornate in biblioteca piuttosto che nell’arena riscaldata dal sole.
Il colorito della sua pelle ne aveva risentito: candido al limite dello
spettrale, era accentuato dal nero dei capelli, dal blu cangiante degli
occhi, affilati e curiosi come quelli di un gatto.
Alcuni sostenevano che la bellezza del principe fanciullo derivasse
dalle discendenze celesti della madre, altri riconoscevano nel volto di
Loki, nella sua espressione attenta e intelligente, l’espressione del
giovane Odino, impegnato nel consultare i testi di magia. I meglio
informati preferivano non esprimersi in merito ad eventuali somiglianze.
Rimaneva un fatto, noto ad ogni membro della corte reale: Loki e Thor
erano opposti, come il ghiaccio e il fuoco ardente, e, come il ghiaccio e il fuoco ardente,
non avrebbero mai potuto incontrarsi.
“Loki, mostrati.”
Il dio dell’Inganno soppresse il sorriso timido che gl’illuminava il
volto e si girò con un unico movimento lezioso.
Thor scoppiò a ridere.
Era disteso assieme al fratello, tra le coltri di seta che ricoprivano
l’enorme baldacchino nella sua camera da letto, e fissava Loki intendo
ad agitare le gambe, giocherellando con una corona di rubini che
scivolava dalle sue caviglie alle cosce.
“Dovresti indossarla sul capo, come si conviene.” Mormorò Thor, la voce
arrochita dal desiderio.
“A che pro?” replicò lui, agitando la corona rossa sul polpaccio. “Non
ti pare che io la stia già indossando?”
Con uno scatto Thor gli afferrò i piedi, bloccandoli.
Indugiò un istante, attratto dalla prospettiva di aprire le gambe di
Loki e terminare il gioco che avevano cominciato. Poggiò il mento sulle
ginocchia ossute, invece.
“Ti amo.” Disse, e vide Loki
trattenere il fiato per una dichiarazione che non era ancora pronto ad
accettare. “Il colore di queste pietre starebbe così bene coi tuoi
capelli scuri.”
“Avrei un aspetto ancora meno rassicurante, ancora più diverso.”
“Non m’importa! Io ti amo per quello che sei.”
Loki si lasciò baciare con dolcezza, sospirando.
Dimenticata la preziosa corona, il sovrano e il principe perduto
goderono della vicinanza dei corpi, studiandosi in silenzio.
Le mani di Thor premevano contro il ventre del fratello.
“È vero quello che dicono … ho sentito che – Puoi veramente generare un figlio?”
Loki aggrottò le sopracciglia, dubbioso.
“Riesco a controllarmi, non hai nulla di cui preoccuparti.” Disse poi,
facendo un gesto vago.
“No! Non … non mi preoccupo affatto! Vorrei solo sapere se è possibile,
se le leggende dicono il vero. Sarebbe una benedizione di cui non sono
sicuro se sentirmi degno.”
“Una benedizione!?”
Con uno scatto repentino, il dio dell’Inganno interruppe ogni contatto
fisico con l'amante. Lontano dal letto, prese a vestirsi, ad acconciare
i lunghi capelli che gli cadevano sulla schiena.
“Cosa ti aspettavi che dicessi?!” urlò Thor, che serrava pugni per la
rabbia.
“Mi aspettavo che tacessi!”
Un rombo sordo, come quello di un tuono, seguì l’affermazione di Loki.
Thor aveva sfondato la parete con un sinistro.
“È impossibile riuscire a cancellare l’odio che provi, eh?! La pazzia
che la prigione ha reso solo amplificata! Nonostante i miei sforzi, non
potrò mai riuscirci!”
“Non forzarti troppo, fratello!” esalò Loki, che nascondeva il volto
inumidito dalle lacrime.
Thor lo afferrò e lo premette contro il suo torace, immobilizzandolo
senza troppe cerimonie.
“Non piangere adesso!” intimò, furioso e dispiaciuto. Per quanto la
rabbia avesse preso il sopravvento, ancora non riusciva a sopportare la
vista delle lacrime di Loki. Sospettava che non ne sarebbe mai stato
capace. “Non piangere …” mormorò, più tenero.
E Loki si arrese, singhiozzando.
“Non dire mai più una cosa del genere! Non dirla, Thor!” pregò,
avvolgendo le dita affusolate nei capelli del re. “Non capisci che
disgrazia sarebbe, se succedesse veramente?! Non capisci quanto
soffrirei al pensiero di dovermene disfare?!”
“Perché disfare … perché?”
“Perché io sono il bastardo Jotun!”
sputò lui, tagliente. “Sono ancora la progenie sciagurata di Laufey! Il
cane di ghiaccio che Odino ha ospitato nella casa degli dèi, le Norne
gliel’avessero impedito quando era possibile!”
“Non dire così …”
“Io sono uno straniero.” Sussurrò Loki, piangendo. “Non confondere
pazienza con amore, mio re. Gli asgardiani tollerano la nostra
relazione perché sei un buon sovrano, perché non ostentiamo il legame
che ci unisce, ma non credere, neanche per un istante, che
accetterebbero il figlio di un traditore.”
Thor premette le labbra contro la fronte gelida del fratello,
accogliendo le ultime lacrime come fossero un dono prezioso. Seppellì
il volto nella spalla di Loki che, esile, sembrava avvolgerlo.
Non c’era unione più sacra, questo lo sapeva.
Nei primi giorni di prigionia, Loki aveva combattuto il silenzio a
colpi di urla e calci; esaltato, si aveva urlato bestemmie contro
Odino, traditore universale, mentitore senza vergogna. Poi la rabbia
aveva lasciato il posto allo sconforto, alla tristezza. Poi, alla colpa.
Chino nell’angolo più ombroso della cella, il dio aveva provato a
togliersi la vita più volte, utilizzando la poca magia che gli era
rimasta e che apparteneva alla discendenza Jotun, incontrollabile
persino per il Padre Universale.
Al terzo tentativo, più efficace e potenzialmente letale dei precedenti, Thor aveva
scostato la guardia con un ringhio e si era introdotto nella cella
spoglia, ignorando ogni divieto regale.
Disperato, si era inginocchiato sul pavimento freddo, stringendo tra le
braccia il corpo ancora più freddo del fratello, premendo le dita sulla
ferita perfettamente verticale che gli squarciava il polso
sinistro. Loki mormorava parole incomprensibili, ridendo senza
controllo.
Taci, aveva urlato il
primogenito di Odino, taci.
E Loki aveva tremato tra le sue braccia.
Timidamente l’aveva baciato e si era scusato – per la guerra scatenata
contro i terrestri, per le vittime innocenti che l’avevano maledetto
prima di morire, per non aver
tagliato il polso più a fondo, prima il destro e poi il sinistro …
Thor aveva pianto come un bambino. Pianissimo, gli aveva sussurrato
all’orecchio le promesse d’infanzia, i ricordi di un tempo lontanissimo.
L’aveva salvato, questo lo sapeva.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 8- Il trionfo degli dèi ***
8.
Il trionfo degli dèi
Velluto rosso e pelle di daino coprivano l’entrata laterale della tenda
di Thor, addossata alla collina che dominava l'accampamento
dell’esercito asgardiano. Con un semplice cenno del capo, Loki riuscì a
garantirsi l’ingresso: all’interno si stava svolgendo una cerimonia di
consegna dei doni da parte della popolazione locale, liberata da Thanos
e dal suo esercito di ombre grazie al coraggio del figlio di Odino.
Loki avanzò tra i dignitari di corte. Accorto, sagace, studiò i volti
dei generali, i gesti della servitù, sino a che non riuscì a trovare
una zona d’ombra nel mare d’oro e damasco che circondava Thor.
Il re sedeva sul trono, l'espressione orgogliosa, severa, addolcita dai
brevi sorrisi rivolti a bambini e donne che s’inginocchiavano per
omaggiarlo.
Non indossava calzari – Loki poteva
vederlo, dalla sua posizione privilegiata – e giocherellava col
manico del trono, attento a non farsi notare. Il suo volto splendeva:
la barba spuntata e i capelli lisci, morbidi sulla schiena, parevano
una corona donata dal Sole in persona. Solo una ciocca di capelli
bianchi ricadeva sulle tempie del re, il resto della chioma era
acconciato elegantemente indietro.
Il re di Asgard scorse il fratello amante nella folla e ghignò,
brindando a lui in silenzio. Loki si trovò a seguire il vibrare della
sua gola con languore insopportabile.
“Mio re,” fece un legato, in ginocchio dinanzi al trono, con lo sguardo
colmo di tristezza. “Il nostro popolo ti è riconoscente. La terra di
questo pianeta respira libera, finalmente. Hai posto fine alle nostre
torture, alla nostra prigionia, nessun omaggio sarà mai in grado di
ripagare tanta generosità.”
Thor si alzò, scuotendo la veste di seta.
“L’amicizia nei Nove Regni è un dono così grande da ripagare ogni
sacrificio.” Esordì, fiero. Si fece in avanti e strinse le mani del
legato nelle sue. Si accorse che tremavano: il corpo del vecchio
ambasciatore era scosso da una sofferenza profonda, incancellabile.
“Alzati, amico mio.” Mormorò
il sovrano, premuroso e forte. “Alzati!” ripeté, a voce più alta. “Che
i nostri nemici sappiano! Di non averti ucciso, di non averti
sconfitto! Comprendo il tuo dolore e quello del tuo popolo, ma vi
esorto a guardare con fiducia al futuro: si apre una nuova era, di pace.”
Un coro di voci si levò unanime: lunga
vita a Thor!
Loki affilò lo sguardo, fisso sul re in trionfo.
Loki mangiava dell’uva, poggiato ad una colonna di bronzo, mentre la
servitù si dileguava in un susseguirsi di inchini. La cerimonia era
stata un autentico successo per Thor che, ancora una volta, aveva
ricevuto legittimazione nel ruolo di capo supremo, liberatore di mondi
e guida degli eserciti.
“… Intendi superare Odino.” Sussurrò il fratello più giovane,
volutamente provocatorio, le labbra rosse schiuse in un sorriso
accennato.
Thor sedeva sul trono e lo scrutava, in un misto di arroganza e
compiacimento.
“Smettila!” Intimò il dio dell’Inganno, voltandosi a riempire le coppe.
Il fratello scattò in avanti e lo catturò in un abbraccio divertito,
tenero. Il ricci biondi solleticarono le guance di Loki.
“La Grande Pace diviene realtà! Ancora una campagna militare, ancora
una battaglia, e l’universo sarà finalmente libero dagli invasori.”
Loki carezzò la mano del re innamorato, che lo stringeva come fosse il
suo tesoro più prezioso. Chiuse gli occhi, sospirando.
“Altro sangue da versare.” Disse.
“Quello dei nostri nemici, però. Non ti facevo così preoccupato per
l’esercito.”
“Non lo sono, infatti.” Replicò lui, diretto.
La compassione che Thor provava per i popoli conquistati, per gli eroi
caduti e le vittime delle guerre risultava ancora estranea a Loki. Il
dio Ingannatore riusciva a comprendere la passione del fratello, le
emozioni che lo rendevano talvolta impulsivo, ma sempre giusto e
generoso, tuttavia sentiva di provare
in modo diverso. Continuava ad essere ghiaccio, anche tra le braccia di
un dio di fuoco e fulmini.
“Mi preoccupo per te, fratello.” Esordì Loki, voltandosi. “Mi preoccupo
delle chiacchiere che si diffondono a corte.”
“Quali chiacchiere?”
“Il sogno impossibile del sovrano, le campagne militari che si
susseguono … tutti trucchi del figlio di Odino per non crescere.”
“Per non crescere?!” esclamò
il re, stupefatto. “Da quando la guerra è paragonata al gioco?”
“Da quanto te ne servi per non adempiere ai tuoi doveri di sovrano, al
tuo obbligo di … generare un erede.”
L’espressione di Thor divenne indecifrabile, Loki dovette scrutarlo con
più attenzione del solito per comprenderne lo stato d’animo.
“Dovresti sposare una principessa dal sangue nobile.” Riprese, quando
fu certo che il fratello l’avrebbe ascoltato veramente. “Una dea del
cielo, come Frigga, o forse una valchiria dalla chioma bionda, che ti
dia figli forti e coraggiosi come te.”
Thor continuava a tacere. Loki detestava vederlo così capace di
autocontrollo, impenetrabile alle sue provocazioni.
“Una valchiria bionda …” insistette, sottile.
Il fratello lo premette contro la colonna, stringendo i suoi polsi,
massaggiandoli ruvidamente.
“Credi che sia questo il mio piano: ignorare i doveri di sovrano e
temporeggiare fin quando è possibile?”
“Come faccio a sapere –“
“Rispondi.”
Gli occhi verdi di Loki scintillarono.
“Forse.” Esalò pianissimo.
Thor premette l’indice contro le sue labbra.
“Come vieni ingannato facilmente, maestro di inganni! Dovresti sapere
che ho già in mente un candidato perfetto alla formazione della nuova
famiglia reale.”
“Non scherzare!”
“Non scherzo affatto, Loki.” Sorrise Thor e poi rise, trascinando il
fratello tra i tappeti damascati, sul pavimento. “Sai che lo desidero.”
Dichiarò felice, quasi intimidito.
Loki lo fissò sdegnato.
Continuava a bere estratto di edera rossa, per scongiurare il pericolo
di concepire una nuova vita. Tuttavia, col tempo, la sua opposizione a
Thor si era fatta più blanda: il fratello era riuscito a trasmettergli
il brivido di quel desiderio folle.
“Incosciente!” lo accusò, rabbioso.
Thor si chinò a baciarlo.
“E poi non vedo l’ora di ammirarti in forma di donna: i fianchi
morbidi, i seni grandi e pieni …”
Loki lo strattonò malamente e Thor rise ancora.
“Oh, ti amo fratello e ti amerei anche se diventassi una giumenta!”
“Non contarci, gigante asgardiano!”
“Permettimi di sognare,” mormorò lui, sfiorando i capelli neri del
fratello amante. “La tua pelle bianchissima e i miei occhi di re,
combinati in un unico essere.”
Loki lo colpì ancora, con pochissima convinzione.
“Lo desideri davvero?”
Un sussurro lieve, nella penombra.
Il respiro di Thor era bollente contro la tempia e il torace grande,
sudato, faceva da guanciale perfetto.
“Sì.”
Loki sospirò.
“Quanto o più della guerra?” chiese, insistendo.
“Sono il dio del tuono.” Gli ricordò Thor, nel tentativo di spiegare la
pericolosità delle sue passioni. “Ma potrei volerlo anche di più.”
Aggiunse, onesto.
Loki alzò lo sguardo, si lasciò baciare con lentezza.
Ricordava l’infanzia ad Asgard; il senso di solitudine, l’oscuro
presentimento di una differenza ancora segreta, che riuscivano ad
attanagliare la sua esistenza, a renderlo il più malinconico e pensoso
tra i bambini. Thor non aveva mai dovuto provare un tale senso di
straniamento. Thor, che era bello e legittimo,
apparteneva ad Asgard e alla famiglia reale.
“Ti fidi di me, Loki?” mormorò il re, con voce diversa, saggia.
“Sì.”
“Concedimi il tuo permesso, allora.” Disse, intrecciando le gambe in
quelle lunghe, incredibilmente calde dell’amato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** 9- Lo scontro degli dèi ***
9.
Lo scontro degli dèi
Le stelle di Crono splendevano, violacee e pulsanti al culmine della
volta celeste. Loki riusciva a vederle, nell’oscurità della notte, tra
le ombre dell’accampamento che pareva un’unica enorme tenda rossa in un
mare di sabbia e detriti; riusciva a sentirle, oltre il soffitto di
velluto, tra le braccia del re che lo stringeva forte, come
terrorizzato all’idea di perderlo.
Per questa ragione Thor voleva un
figlio, perché temeva di perdere Loki?, il dio s’interrogava,
pensoso.
Il lieve russare del re faceva vibrare l’aria che sapeva di vino,
spezie esotiche e sesso. Oltre la tenda, le guardie passeggiavano per
tenersi sveglie, per non cedere al gelo del pianeta lontano, arido e
spoglio come una tomba.
Loki s’interrogava senza pace.
Ad ogni tentativo di chiudere gli occhi, si palesava nella sua mente
l’immagine descritta da Thor: il bambino con gli occhi del re e la
pelle del fratello adottivo. Un’immagine che talvolta si accompagnava
al grido d’odio degli asgardiani, alle imprecazioni di Loki stesso,
rinchiuso in carcere per volere di Odino.
Loki non aveva provato che odio per Asgard, odio perfino per Thor, che
non aveva mai compreso le ragioni del suo dolore – Thor, che era l’unico ad averlo mai amato.
Scosso da un brivido, il dio dell’Inganno scostò le lenzuola,
allontanando le braccia dell'amante, coprendolo in modo da non farlo
svegliare. Scese dal letto, scalzo.
Oltre le pareti damascate riusciva a sentire il riso sommesso delle
guardie: una voce sottile continuava a sibilargli che ridevano di lui,
del suo amore insensato. Con sforzo, il dio si costrinse a sopprimere i
pensieri infelici.
Raggiunse la tavola dove giacevano i rimasugli della cena.
Distrattamente, sfiorò i grappoli d’uva gonfia e nera, le briciole del
formaggio spezzato da Thor e le fragole aspre, che il re faceva servire
solo per soddisfarlo. Leccò le dita, materializzando una boccetta di
liquido sanguigno nell’oscurità.
“Edera rossa.” Ricordò a se stesso, cauto.
Si voltò un istante, a rimirare la sagoma del sovrano più potente dei
Nove Regni, innocente e vulnerabile come un bambino. Poi aprì la
boccetta e versò due gocce di estratto nel vino torbido che riempiva la
sua coppa. Bevve.
La pozione avrebbe scongiurato il pericolo di concepimento di un
bastardo jotun, un figlio del gelo come lui. Mentre il vino riscaldava
lo stomaco ed una lacrima solitaria inumidiva il suo volto, Loki
pensava a quanto sarebbe stato semplice ingoiare l’intero contenuto
della boccetta, sprofondare in un sonno senza risveglio. Thor ne
avrebbe giovato sicuramente, libero dal fardello di dover giustificare
la presenza di quel fratello ormai estraneo alla corte.
“Lo desidereresti, Odino?”
chiese al vento, ridendo sommessamente della sua stoltezza.
Un grugnito lo distolse dai pensieri.
Loki lasciò svanire la pozione e si voltò a fronteggiare il fratello,
che lo cercava tra le lenzuola sfatte.
“Loki …”
“Sono qui, Thor. Mi sono alzato a bere.” Rassicurò, tornando a sedere
vicino a lui.
Le mani del dio guerriero lo cercarono, lo individuarono e lo strinsero
ruvidamente. Loki si arrese ad un bacio smanioso, che lo catapultò tra
i cuscini tiepidi.
“Sai di vino.” Disse Thor, leccando con sapienza la curva interna delle
sue labbra.
Per un istante, Loki provò il desiderio inconfessabile di essere
scoperto, poi la lucidità dell’intelletto ebbe il sopravvento sui sensi.
“Dovrei andare …” annunciò.
“No, è così presto! L’alba è lontana e il corno di guerra non ha ancora
suonato.”
“Se i tuoi uomini vedessero –“
“Gli uomini già sanno.” Tagliò
corto Thor, con una fermezza che non ammetteva repliche. “Voglio solo
stringerti tra le mie braccia, prima di scendere in campo a conquistare
l’ennesima vittoria.” Aggiunse, con un sorriso strafottente.
Loki non aveva mai amato l’arroganza dei cavalieri descritti nei poemi
antichi. Sin da ragazzino aveva provato un’indifferenza sdegnosa per i
racconti di guerra che entusiasmavano così tanto il fratello maggiore.
Adesso, a distanza di millenni, col cuore legato a quello di Thor, Loki
provava timore per il futuro incerto e sottile piacere: il suo re
avrebbe vinto ancora, rischiando la vita.
“Thor …” esalò rapito, abbandonandosi ad un abbraccio più intenso,
inarcando il collo che si offriva ai baci dell’amante.
La battaglia di Ragnarok
avrebbe suggellato la fine della guerra.
“Sellate il mio cavallo! Dite a Volstagg di attendermi al limite della
collina.”
I dignitari di corte si allontanarono col pugno stretto al petto. Thor
concesse le braccia al servitore, che allacciava l’armatura dorata al
suo corpo.
“Lo schema sarà simile a quello dell’ultimo scontro?” chiese Loki,
attentissimo dietro di lui.
“È così, fratello. Dovrai seguire le retrovie sul versante orientale e
fare da scudo a Sif e Fandral. L’esercito di Thanos sarà annientato una
volta per tutte.”
Loki chinò il capo, assillato dal timore della sconfitta. Thor sembrò
leggergli nel pensiero.
“Non temere.” Disse soltanto, premendo una mano contro il suo collo, in
un gesto di protezione sincero, affettuoso.
Sif entrò nella tenda del sovrano.
“Mio re,” disse, portando il pugno all’altezza del cuore. “È tutto
pronto. Aspettiamo il tuo segnale.”
“Disponetevi in linea.”
Lo scontro fu violento al limite delle possibilità. L’esercito
asgardiano fronteggiò da un solo lato le truppe di Thanos,
comprimendole tra i monti di ghiaccio e le retrovie, dove Loki
scatenava il suo potere per impedire a chiunque di scappare. Nelle
avanguardie, Thor aveva forzato il blocco nemico, sbaragliando le linee
di difesa di Thanos, avvicinandosi pericolosamente al comandante
oscuro. L’eco dei tuoni, il bagliore improvviso dei fulmini riempivano
l’aria fredda e impetuosa.
“A me, Thanos!” urlò Thor, scagliandosi in avanti con un solo balzo.
Il campo di battaglia intorno a lui era fango e uomini che si
aggredivano. “Sei mio!” avvertì, agitando il martello.
Thanos riuscì ad evitare il primo, potentissimo affondo e si preparò al
duello in solitaria.
“Loki non ti permetterà di scappare!” gridò Thor, colpendolo. “È giunta
l’ora della resa dei conti!”
L’eterno sogghignò, divertito.
“Lo stesso Loki che mi era alleato e che ho posseduto tra le rocce di
questo pianeta, proprio qui, a Ragnarok!”
“Frena la lingua!”
Mjolnir disegnò un cerchio elettrico nell’aria e Thanos subì la furia
del fulmine che si abbatteva alle sue spalle.
“Ti dico, in guardia!” ruggì il dio del tuono, ingaggiando un corpo a
corpo feroce, animalesco. Il sangue dell’avversario si mescolò a quello
sulle sue labbra. Thor sembrò bruciare, nel clamore della battaglia.
“Speri di redimere i peccati del tuo
amato fratello con la pace nei Nove Regni?! Speri di cancellare le sue
colpe?!” Mjolnir venne evitato, Thanos riuscì ad assestare un
destro micidiale. “Non potrai mai!”
“Taci!”
Thanos perse l’equilibrio e Thor riuscì ad assicurarlo al suolo, prima
di sferrare il colpo fatale.
Il cielo scintillò.
“La vittoria è nostra!” urlò Sif, montando in groppa al destriero nero.
“Thor ha ucciso Thanos!”
Un grido si levò nelle retrovie dell’esercito asgardiano. Volstagg si
affiancò a Loki, sbarrando la strada ai primi fuggiaschi.
“Il re ha dato un ordine!” tuonò l’asi, colmo di entusiasmo e potere.
“Che sia vittoria!”
“Vittoria!” echeggiarono i
soldati, galvanizzati.
Loki abbandonò la posizione per raggiungere il fratello.
Il volto di Thor splendeva di gioia e la tempesta lasciava il posto al
sereno. Loki sorrise solo un istante, prima di tendersi ad urlare: un
soldato semplice si era alzato e, con una lama insozzata dal fango,
aveva colpito il re alla schiena.
~
Gah,
sì, note!
Cosa diamine sono le stelle di Crono? Niente, costellazioni che mi sono
inventata nella sola mini fic che ho dedicato a Torchwood. Mi sono affezionata e
dovevo descrivere qualcosa, no?
Spero che non vorrete uccidermi dopo questo cliffhanger! XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 10- La morte degli dèi ***
10.
La morte degli dèi
Un tremore continuo percorreva le belle mani di Loki, che si
stringevano e tormentavano di graffi, nel tentativo di dominare una
sofferenza irriducibile. Mani pallide, fredde, come la lapide di marmo
che rendeva omaggio a Thor Odinson, martello degli dèi, fulmine in
battaglia, re saggio e luce di Asgard.
Luce di Loki, il bastardo,
fabbricante di menzogne immobile, esangue, dinanzi al tributo
monumentale.
“L’hanno realizzata a Midgard.” Sussurrò Sif, con voce rotta dalla
commozione. I passi lievi di eterna fanciulla echeggiavano nella sala
del trono. “Le statue esterne … sono state commissionate agli artisti
del regno, ma questa lapide è arrivata da Midgard, rimarrà per sempre
qui.”
Loki non replicò.
Continuò a graffiarsi i palmi delle mani, incurante del sangue che
lordava le unghie. Una voce dentro di lui – ferale, remota – gli imponeva di
distruggere il marmo, spezzare il collo di Sif; di annegare Asgard
intera in un mare di lacrime e morire ai piedi del fiume che aveva
lambito l’imbarcazione del re.
Ad occhi chiusi, riusciva ancora a sentire il tepore delle fiamme alte
che bruciavano la carne del fratello. Il fumo aspro, il vento tra i
capelli.
“Vermi infami.” Mormorò, rabbiosamente. “Anche loro sono responsabili
della sua morte! Per averlo chiamato al loro servizio, schierato nelle
loro inutili battaglie. Che muoiano, i dannati! Che muoiano tutti!”
“LOKI!” gridò Sif, lo sguardo fiammeggiante d’ira. “Se Thor potesse
sentirti si vergognerebbe di te!”
Il dio dell’Inganno si voltò di scatto, inclinando il capo come un
felino incuriosito.
Strinse gli occhi, fronteggiando quelli di Sif che lo fissavano con
nobile superiorità. Trattenne una battuta di spregio, improvvisamente
provato dalla vicinanza dell’antica amica del fratello.
“Ti ammirava molto …” esalò, assente. “Ammirava la tua caparbietà, la
tua indipendenza.” Aggiunse, portando una mano al capo per lo
sfinimento.
Sif lo avvicinò senza esitare.
Lo fece accomodare sul trono dorato e strinse le sue braccia
brevemente, con forza. Loki poté scorgere il segno delle lacrime che le
avevano rigato il volto.
“È stato un onore combattere al suo fianco.”
“Combattere!” ringhiò il fabbricante di menzogne, esasperato. “Non ha
fatto altro che combattere! Ed è stato uno scellerato, un cieco!
Avrebbe dovuto prevedere un inganno finale di Thanos! Avrebbe dovuto
tenere l’armatura allacciata sino all’arrivo in tenda e sgozzare con
gusto i traditori che l’avrebbero accompagnato! Dannato gigante!”
Lo schiaffo della dea guerriera interruppe il monologo amaro.
Loki non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Perché non sono morto assieme a
lui?” domandò, più dolce.
“Thor è stato un generale eccellente ed un re lungimirante. Si è
guadagnato l’ingresso nella sala degli dèi, nel Valhalla che ha accolto suo padre.
E ti ha protetto, perché tu potessi continuare la sua opera.”
“Sciocchezze!” sbraitò il dio, allontanandosi dal trono che pareva
scottare sotto le membra. “Io sono portatore di caos! Sono creatore di
menzogne e distruttore di regole! Pensare a me come continuatore
dell’opera di Thor è pura follia!”
Sif prese fiato, calma.
“Eppure ci sono stati giorni in cui avresti dato tutto ciò che
possedevi per essere come Thor, per sedere al suo posto.”
“Come osi?!” urlò Loki, senza controllo.
E si sentì quasi soffocare nella veste nera che lo avvolgeva. Dovette
cadere sulle ginocchia, premere le mani contro lo stomaco, per
impedirsi di piangere ancora.
Sif provò pena.
Si chinò accanto a lui e prese le mani lacerate dai graffi.
“Il mio amato … il mio amato …”
“È caduto in battaglia.”
“Oh Odino, ti prego! Portami da lui!”
Loki e Sif non si abbracciavano da millenni, da quando erano entrambi
dèi bambini e Sif portava lunghe trecce bionde sulla schiena. I
singhiozzi li piegarono insieme.
La dea guerriera scacciò le lacrime, vergognosamente.
“Lui ti amava, ti amava tanto. Se scegliessi di continuare la sua
opera, sarebbe il più grande omaggio che –“
“Loki è Loki.” Replicò il dio,
amaramente. “Ed ora è solo, solo per sempre.” Aggiunse, rialzandosi a
stento.
Volse lo sguardo al trono che aveva tanto bramato, alle sue mani
bluastre, incancellabile segno delle sue origini mostruose, alla lapide
dedicata a Thor.
“Addio, Sif.” Mormorò poi,
con fermezza sofferta. “Il mio posto non è qui e il governo di Asgard
non mi appartiene.” Disse, combattendo l’avido desiderio che ancora
sentiva nel cuore, distruggendo se stesso. “Farai un ottimo lavoro nel
seguire le orme di mio fratello e governerai, combatterai – morirai – con grande onore, come
lui. Io partirò al tramonto, dopo l’ultimo rogo funebre. Mi perderò nei
Nove Regni come un vagabondo, poiché questo è il destino di un dio che
non appartiene a nessun luogo.”
Sif portò il pugno al cuore un’ultima volta.
Il letto di Thor era ancora un mare d’oro e porpora. Tra le lenzuola
ricche che solleticavano il corpo, Loki aveva sospirato di piacere e
sognato sogni impossibili, assieme a Thor che desiderava la pace
duratura e dei figli.
Una felicità intoccabile.
“Sapevo che saresti passato di qui …” esalò Frigga, pallida e tremante
dinanzi al baldacchino. “Lo amavi più di tutti.”
Loki serrò i pugni. Volse lo sguardo altrove, distante.
“Non devi andare.” Lo pregò Frigga, senza fiato. “Sei mio figlio e non
voglio perdere anche te. Non devi
andare!”
“Non posso restare.”
La dea madre prese il volto del figlio perduto, mai rinnegato. Lo baciò
sulle guance che sapevano ancora di lacrime, salutandolo in silenzio.
Loki chiuse gli occhi, raggiunse il terrazzo che dava sul mare.
“Poiché mi ami resterai sempre al mio
fianco, fratello.”
Loki premette il volto contro i
cuscini e celò un sorriso segreto, che divertì Thor e compiacque il suo
ego.
“Tu mi ami, vero?”
Un tempo aveva giurato d’amarlo, nonostante i contrasti. – Non dubitare mai del mio amore –
Poi l’aveva insultato, tradito con le stesse labbra che avevano
pronunciato voti di fedeltà eterna, con le stesse labbra che l’avevano
baciato. Erano seguite lotte sanguinose, coltellate a tradimento. La
luce affettuosa negli occhi di Thor aveva vacillato e la follia in
quelli di Loki aveva raggiunto il culmine.
La prigione aveva eretto nuove barriere, eppure la tenerezza di Thor,
la sua preoccupazione costante ed il solo pensiero della sua pelle,
delle sue braccia, avevano salvato Loki dalla perdizione.
Non dubitare mai, fratello.
Unico amore dell’esistenza, unico alleato.
Per sempre lontano, nella Sala degli
Eroi.
~
Note
E siamo quasi giunti al termine della storia. Spero l'abbiate
apprezzata. Non disperate, cercherò di fare prestissimo col seguito!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** 11- Secondo Intermezzo ***
Ed eccomi col penultimo capitolo. Dopo questo, solo
l'epilogo e spero proprio che vi piaccia!
Questa coppia è davvero un amore, non escludo di tornarci in futuro
(Magari Thor 2 offrirà spunti
ancora migliori per il Thunderfrost! Fingers crossed, caro fandom! *w*)
Nel frattempo concludo con questa e mi dedico nuovamente alla
Buffyverse che ho in corso. Impegni da fangirl!
Btw, ho notato che un sacco di persone hanno inserito la storia tra i
Preferiti/Seguiti/Ricordati: grazie mille! Spero di leggere anche i
vostri commenti.
Ecco il capitolo.
11.
Oltre le verdi colline, passato il torrente fangoso che separava la
giungla dai villaggi dei contadini, sorgeva un grande tempio
abbandonato, dimora di dèi antichi e potenti, capaci di trasformare il
sangue dei nemici in oro e miele e salvare gli uomini dalla carestia.
Irri doveva raggiungerlo in pieno giorno, così aveva detto la veggente
che tutto sapeva, e doveva portare con sé un coniglio sgozzato e tre
monete di rame, tributo necessario al sacerdote nero.
Con forza, il bambino strappò le fronde di un albero che gli offuscava
la visuale e si fece largo tra le pietre del percorso segreto, tra
scorpioni e serpenti che strisciavano indifferenti al suo passaggio.
Irri era molto veloce. Più veloce di un serpente d’acqua, a detta della
madre, e agile, leggero come una piuma al vento. Avrebbe raggiunto la
cima del tempio in un batter d’occhio e sarebbe ritornato al villaggio
prima di sera, in tempo per cenare assieme ai fratelli e alle sorelle
del gruppo.
Attento a non ferirsi, Irri s’aggrappò ad una roccia appuntita, che
pareva sbucare dal suolo come un artiglio nero, spiccò un salto e
riuscì ad atterrare sulla parete verticale del tempio, che dall’alto
dominava l’intera valle. Cominciò la scalata impervia.
Giunto a metà del percorso, Irri dovette arrestarsi bruscamente, ché le
monete stavano scivolando dalla sua tasca. Afferrò malamente un blocco
di pietra e si vide cadere in un attimo. Il ramo di un albero gli
impedì di schiantarsi al suolo: Irri prese un respiro profondo e
ringraziò gli dèi che avevano scelto di risparmiare la sua giovane
vita. Raggiunse la porta del tempio e vi entrò, coraggioso.
L’interno del santuario era buio, spoglio, molto più grande di quanto
appariva dall’esterno.
Irri spalancò i grandi occhi scuri, meravigliato.
“Sei arrivato.” Sussurrò una
voce maschile, vicina.
Irri si aggrappò alla saccoccia sdrucita e fece un giro su se stesso,
nel tentativo di individuare l’uomo che aveva parlato, il sacerdote.
“Sapevo che ce l’avresti fatta.” Aggiunse questi, rivelandosi.
Era un uomo alto e ossuto, interamente coperto da lunghi panni di seta
nera che si intrecciavano sul suo grembo. Sedeva accanto all’altare
illuminato da candele di cera e il suo viso era pallido come quello di
una statua di gesso, gli occhi verdi come il mare.
“Mio signore.” Esalò Irri,
spaventato e affascinato al tempo stesso, intento a porgere il tributo
richiesto.
Loki chiuse gli occhi e fece un cenno della mano.
“Avvicinati, bambino.” Disse solamente, assaporando l’odore del sangue
che si fondeva con quello delle candele. “Sei stato bravo.”
“Ho fatto come mi è stato detto.” Replicò Irri, nel suo dialetto
stentato.
Loki raccolse le monete e le nascose nel pugno, sino a farle sparire.
Carezzò il pelo rigido del coniglio, donandogli nuova vita.
“Portalo nel letto dell’uomo che opprime te e la tua famiglia, stasera.
Vedrai, non dovrai più temere nulla.”
Irri sorrise fiducioso. Baciò la mano gelida del sacerdote,
affrettandosi verso l’uscita. Loki esalò un sospiro stanco.
“Quando la finirai con questa storia?” mormorò una voce acuta alle sue
spalle.
Il dio dell’Inganno serrò le labbra, indispettito.
“Sto aiutando gli indifesi, proprio come tu vorresti, Sif!”
La dea guerriera si mosse nelle ombre, bella nel suo vestito chiaro.
Proiezione magica che pareva quasi solida, tangibile.
“Ingannando un uomo, spingendo un bambino a commettere un omicidio!”
esclamò, allargando le braccia.
“Non m’interesso di morale e regole.”
“Dovresti!” ribatté lei, severa. “Thor è morto per far trionfare una
legge superiore!”
Loki serrò i pugni e affilò lo sguardo felino: l’espressione di Sif si
era fatta più comprensiva.
“Dovresti tornare ad Asgard, dalla tua famiglia. Questa lontananza
forzata ti sta uccidendo e tua madre piange per te. Torna a casa, ti
prego.”
“Non è nel tuo stile implorarmi, Sif. Come se potessero cambiare le
cose … io non ho più una casa, lo sai bene.”
“Oh dannazione!” esclamò lei, vibrando per la rabbia.
Loki usò un po’ della sua magia per rendere la proiezione stabile.
“Mi dispiace per Frigga, davvero, ma io non posso tornare. Non sono
forte abbastanza.”
“Questo perché ti stai lasciando affamare in una foresta sperduta di
Midgard! Neanche le preghiere dei tuoi fedeli saranno in grado di
ridarti forza, se continui così. Torna a casa, Loki!”
Il dio dell’Inganno accennò un sorriso triste, sfrontato.
“Non riesco.” Sussurrò poi, senza fiato. “Non riesco a dimenticarlo.
Per tutta l’eternità ho ucciso, e tradito, e ordito inganni … ho desiderato la sua morte così
fortemente, così a lungo … perché adesso non riesco a fare a
meno di lui?”
L’ombra di Sif vacillò.
“Perché lo ami.” Disse. “Perché ti sei unito a lui in un vincolo sacro.” Spiegò, prima di
svanire.
Nuovamente solo, Loki si lasciò andare ad una risata amara.
Le preghiere dei villaggi vicini al tempio lo sostentavano appena, il
suo corpo divino aveva preso a soffrire una fragilità del tutto umana,
mortale, e il ricordo di Thor non bastava più a scaldarlo.
“Ho aspettato questo giorno tanto quanto te …” cominciò dolce,
lasciando roteare le monete sopra il capo. “Fratello mio, amico mio … qualche volta sono invidioso, ma non
dubitare … non –“
Una moneta cadde e Loki gemette di dolore.
“Il Valhalla non vuole accogliermi?” chiese, serrando i denti. “Nel
Valhalla ci sarà mai posto per uno come me?!” urlò, lasciandosi andare
al suolo.
Neanche la morte, che tanto aveva invocato, avrebbe potuto colmare la
distanza insuperabile che lo separava da Thor, dio giusto degli Asi.
Per Loki non restava che l’agonia eterna, il martirio.
“Oh fratello, ti amo come non ho mai
amato nulla in questa esistenza e nell’altra, ma ti prego: smettila
di drammatizzare!”
In un istante, Loki balzò a sedere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Epilogo ~ Gli Dèi Ritornano. ***
Eccomi con l’epilogo di questa storia.
Chiedo venia per il ritardo abissale che separa questo capitolo dal
resto della storia – vi consiglio di rileggere almeno gli ultimi
capitoli, dato che potrebbe risultarvi difficile ricordare tutti gli
accadimenti!
È che mi ero messa in mente di pubblicare l’epilogo per un’occasione
speciale. Alla conoscenza di qualche informazione succosa sul plot di
Thor 2 oppure alla vista della nuova acconciatura di Loki! (Bramo di
vedere come gli faranno i capelli e sono una grande fan del “lungo e
liscio” per il nostro trickster.)
Purtroppo niente di tutto questo ma, ehi!,
abbiamo le foto di Chris Hemsworth sul set e sfoggia delle bellissime
treccine! Thor con le trecce è una cosa meravigliosa ed io l’avevo
descritto con un’acconciatura simile in questa fic, quindi sono
contenta.
Intanto, per elaborare tutti i miei feels
su questa coppia, ho scritto un epilogo felice e lo dico già da ora.
Sì, perché sono dèi e WTF se sconfiggono ogni legge naturale.
Quest’OTP può.
Ringrazio quanti hanno seguito, piacciato e preferito.
Loyrala, ELE106, miry1410, Trinkara, il mio tomoyo Zoisite e poi TsunadeShirahime, Efy, Raphus Cucullatus, BlackRaven, Beckystark e, davvero, tutti quelli
che hanno speso del tempo per commentare. Grazie mille, di cuore!
E poi niente. Voglio il secondo Thor. E voglio questi due, se riuscite
a procurarmeli. :3
Alla prossima!
Epilogo .
Gli Dèi Ritornano
“Oh fratello, ti amo come non ho mai
amato nulla in questa esistenza e nell’altra, ma ti prego: smettila di
drammatizzare!”
Loki serrò i pugni, gli occhi spalancati e freddi, lo stomaco stretto
in una morsa. Con coraggio, si trattenne dal voltarsi e comandò a se
stesso fermezza e razionalità: tante volte aveva sognato di udire la
voce di Thor, di sentire il suo respiro caldo e le sue dita sulla
pelle. La follia, che l’aveva accompagnato nei giorni in prigione, era
tornata a tormentarlo dopo morte dell’amato fratello. I sensi avevano
preso ad ingannare il dio Ingannatore.
Ironia amara.
“Loki,” sussurrò ancora la presenza alle sue spalle. Tenera, agognata –
oh così amata … “Voltati e
guardami. Sono io, Thor.”
“Certo che sei tu,” pianse il dio dell’Inganno. “Sei sempre tu. Sempre. Nei
sogni, nel delirio e nelle visioni …”
Un sospiro pesante.
“Guardami, ti prego. Ho richiuso le porte del Valhalla alle mie spalle
… se non mi credi, niente avrà senso. Resterò intrappolato in un limbo
sino alla fine del tempo.”
Il dio dell’Inganno si voltò di scatto, preoccupato.
Strinse la veste di seta nera e mosse qualche passo esitante
nell’oscurità.
La pelle nuda del fratello splendeva come il sole del meriggio, i suoi
capelli dorati, luminosi sembravano riflettere i colori della luce.
Ogni dettaglio del volto era perfetto: le ciglia folte e lunghe, la
curva del sorriso, la fronte … Il corpo dell’ombra era forte e robusto,
libero dalle cicatrici che lo avevano segnato in secoli di regno,
eternamente baciato da una giovinezza miracolosa.
“Come …” esalò Loki, la mano scheletrica che si tendeva verso il torace
possente senza osare sfiorarlo.
Thor sorrise e replicò con una parola: “Leggenda.”
Gli occhi di Loki lo percorsero ancora, avidi. Studiarono con
concentrazione ogni centimetro. Le gambe, i piedi grandi, il sesso,
l’addome …
“Oh.” Singhiozzò il dio,
scorgendo il segno della ferita che aveva ucciso il re in battaglia.
“Oh …”
“Sì,” mormorò lui, quasi imbarazzato. “Questa è l’unica eccezione.”
Loki si inginocchiò e si rialzò e lo circondò, in un esame senza fine.
“Fratello, potresti smettere di essere tanto diffident –“
“Taci! Devo capire se sei
veramente tu.”
Thor chinò il capo paziente e Loki ebbe la prova finale.
“Sei davvero qui,” disse ancora, trattenendo nuove lacrime. “Dannato,
come mi hai fatto soffrire!” aggiunse, vendicativo.
Il dio del Tuono sfoderò una malefica espressione indifesa.
“Ho bisogno che mi tocchi,” confessò, col capo inclinato e gli occhi
chiari che brillavano di tenerezza e vulnerabilità. “Ho bisogno che tu
mi renda di nuovo reale.”
Loki strinse i pugni.
“Come faccio a sapere che non sei un incantesimo dei miei nemici? Una
crudele illusione che si rivelerà mortale una volta che avrò eseguito
il tuo comando?”
“Sai già chi sono …”
“Sei freddo!” esclamò Loki,
rabbioso. “Sei freddo e morto! Non sei per niente come il mio Thor! Lui era … vivo come
l’estate e mi proteggeva, mi
riscaldava.”
“Toccami e potrò farlo ancora.”
Il dio dell’Inganno si morse le labbra.
Fissò l’ombra che gli chiedeva di tendere la mano e rise, sgradevole,
all’idea di morire per mezzo di un trucco tanto elementare quanto bene
congeniato. Avvicinò il palmo aperto al torace di Thor – e al diavolo la morte, l’inganno e le
Norne stesse ... – lo sfiorò con dolcezza, beandosi del tepore
della pelle che si fece più intenso, bruciante.
Thor divenne materiale e lo afferrò per i fianchi, reclamò le sue
labbra in un bacio violento e rabbioso e caldo e tutte le cose che Thor
era.
Loki si arrese, socchiuse gli occhi tra le braccia dell’amato fratello.
La morte gli sembrò un dettaglio insignificante.
“Se sei un inganno, un’ombra traditrice … uccidimi adesso. Spirerò
felice.” Mormorò senza fiato.
Thor scosse il capo, quasi incredulo, enormemente divertito.
Il principe perduto lo baciò ancora e ripromise a se stesso che,
stavolta, non gli avrebbe negato nulla: avrebbe concesso a Thor anche
dieci figli, se questi riteneva opportuno divenire capobranco di una
cucciolata di semidei. Gli avrebbe dato tutto.
“Perché?” chiese soltanto, assillato dall’interrogativo più importante.
Eri alle porte del Valhalla, nel
paradiso a cui sempre hai sognato di ascendere.
Thor sorrise.
“Non potevo lasciarti,” ammise semplicemente. “Godere della beatitudine
sapendoti solo e sofferente, incline al male … ciò che le Norne mi
hanno concesso è prezioso e unico, non intendo sprecarlo. Devo starti
accanto, Loki. Dopotutto, cos’è Loki
senza Thor?”
Il principe perduto gli carezzò il volto.
“E cosa Thor senza Loki?”
chiese ancora il re dorato.
C’era tempo per ristabilire gli equilibri, per combattere con ardore e
stringersi ancora di più.
C’era tempo, finalmente.
Oh baby, can’t you see?
I’m shining just for you
Loneliness is over
Dark days are through
(The Black Keys)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1113283
|