I'm not okay.

di Passavopercaso
(/viewuser.php?uid=297157)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo. ***


Erano notti che Cloe non riusciva a dormire.
Si svegliava a orari improponibili dopo aver fatto sempre lo stesso incubo, si alzava, gironzolava nervosamente per tutta la casa e poi tornava a letto, dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua.
E questa sorta di sceneggiata notturna si ripeteva da circa cinque giorni ormai, senza un motivo apparente, senza un perché.
Cloe infatti non aveva mai avuto problemi di questo tipo, mai sofferto d'insonnia, mai fatto sogni ricorrenti, tantomeno incubi. Perché, allora questa persecuzione? Perché sempre le solite immagini che le passavano davanti, come un film mandato a ripetizione?
Ma soprattutto, ciò che più colpiva la povera ragazza era il contenuto di tali rivelazioni oniriche: un ragazzo, tanto bello quanto estremamente impressionante. La pelle diafana e perfetta, gli occhi scuri, profondissimi, come i capelli, lisci e di media lunghezza, dolcemente adagiati sulla fronte a mo' di frangia.
E poi ciò che rompeva l'equilibrio in tale magnificenza: cicatrici. Cicatrici rosse come il sangue, sotto il mento, lungo il collo, dietro le orecchie, sulle bianche guance. Come se qualcuno lo avesse strappato brutalmente come un foglio di carta, e poi avesse cercato di ricucirlo cercando di seguire attentamente ogni contorno originario.
Un'aureola rosea circondava quei due buchi neri che erano i suoi occhi, dentro i quali Cloe veniva risucchiata improvvisamente, dopo una corsa affannosa e pesante. E così lei si risvegliava, sudata, spaventata, con troppe domande in testa e senza neanche una risposta.


La settima notte, come di consueto, Cloe aprì improvvisamente gli occhi, diede un'occhiata al cellulare per vedere che ore fossero e si alzò di scatto.
Questa volta si recò in bagno. Accese la luce, si mise davanti allo specchio posto dietro il lavandino, fece scorrere un filo d'acqua e si sciacquò il viso, per prendere un po' più di coscienza.
Non appena guardò il suo riflesso allo specchio un brivido leggero le accarezzò la schiena, e accanto a lei si svelò la figura del suo sogno.
Avrebbe voluto gridare forte, tremava dal terrore, ma qualcosa le impediva di farlo. Il ragazzo, infatti, le teneva la bocca chiusa ermeticamente, e la invitava a non far rumore, a fidarsi di lui.
Quell'immagine evanescente, che tutto era meno che una persona in carne ed ossa, con la mano libera la sollevò lentamente e la avvolse del tutto, conducendola attraverso muri e porte, fino a portarla fuori dal suo appartamento, all'aria aperta.
Fluttuavano nel cielo buio e silenzioso, costellato da una miriade di punti luminosi, fino a che arrivarono in una grande distesa d'erba, su cui quello spirito sconosciuto fece atterrare Cloe.
Lei rimase ammutolita, attonita, incredula ai suoi stessi occhi, e cominciò a girare la testa intorno a sè per capire dove si trovasse, quando la voce di quell'essere la fece rabbrividire ancora una volta, e girare di scatto verso il suo volto.
"Non aver paura, per favore. So che è una rischiesta difficile, ma abbi fiducia."
Aver fiducia di quella creatura che l'aveva rapita dal suo letto, che la tormentava ogni notte, come avrebbe mai potuto farlo? Eppure qualcosa la rendeva tranquilla, probabilmente la sua voce inaspettatamente calda e soave, probabilmente, e su questo ne era più sicura, colpa di qualche strano potere magico.
"È da sei notti che appaio nei tuoi sogni. Da sei notti che cerco di comunicare con te, perché sei l'unica che puoi aiutarmi. Ti imploro, ascoltami. Aiutami."
Cloe non sapeva che pensare. Che aiuto gli avrebbe potuto dare? E perché proprio lei? Non le era mai successa una cosa simile in vita sua, non aveva mai avuto incontri fuori dal comune, non se lo spiegava in nessun modo. Ma rispose, decisa.
"Cosa posso fare per te?"
Magari avrebbe saziato il suo desiderio di sapere.
"Trova il mio corpo, riportami in vita."





*Spazio autrice*

È la prima volta che mi cimento in una storia del genere, con tanti capitoli, e una trama articolata, per questo vi chiedo di essere buone e di lasciare, se vi fa piacere, un parere.
So che come primo capitolo probabilmente è un po' corto, ma funge anche da prologo. Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo secondo. ***


Cloe sgranò gli occhi e iniziò a ridere fragorosamente, dandosi qualche pizzicotto qua e là sulle braccia, pensando che stesse ancora sognando.
"Non è possibile! Cioè, dai, no. Tutto questo non è reale. Io sto sognando ancora, è assurdo."
L'espressione sul volto dell'essere cambiò in un istante, diventando cupa e irriconoscibile, come se si stesse traformando in un demone infuriato, tanto che la ragazza iniziò a spaventarsi sul serio, pentendosi delle parole che aveva appena pronunciato.
"Ok, scusami, scusami, scusami!" - Implorò - "Mi rimangio quello che ho detto, ma per favore non fare questa faccia!"
Lo spirito tornò calmo nuovamente, si sistemò la voce con un colpo di tosse, e poi riprese il suo discorso.
"Perdonami, non volevo spaventarti, ma sai com'è, sono stato dotato di poteri particolari senza il mio volere né permesso, non so ancora gestirli alla perfezione."
Cloe rimase interdetta e cominciava a convincersi del fatto che, quello che stava facendo, non fosse affatto un sogno, ma la cruda realtà, e riprese a parlare.
"Sì ma adesso vorrei un po' capire, spiegami come posso fare e perché proprio io. Ti assicuro che non ho alcuna esperienza in merito!" - Balbettò cercando di sembrare rilassata.
Così il ragazzo riprese a parlare e raccontare.
"Partiamo intanto dalle presentazioni: il mio nome è Matthew Lancaster, ma puoi, anzi, devi, chiamarmi semplicemente Matt
Lei annuì e rispose con il suo nome e una stretta di mano. 
Quella mano, così trasparente, come un ologramma, si era fatta incredibilmente pesante, reale, e Cloe si sorprese nel sentire la sua stretta come se stesse toccando uno dei suoi amici.
"Adesso che sai come mi chiamo, dovrei raccontarti il resto. Ecco, vedi, io non so precisamente cosa sono, non sono un fantasma, ma neanche un umano. Non sono certamente uno zombie, e neanche uno spirito malvagio. So soltando che il mio corpo è disperso, da qualche parte della terra, privo di sensi, ma non morto, ed io devo trovarlo, devo ritornarci dentro ed uscire da questo limbo che mi ha accolto circa un mese e mezzo fa."
Un mese e mezzo è un gran bel lasso di tempo, e Cloe si domandava che cosa avesse fatto durante questo periodo.
"Per tutto questo tempo ho cercato di capirci qualcosa di più. Sai, non è semplice risvegliarsi davanti a tanti spettri che ti fissano con aria sospetta, e tu sei lì, inerme, a non sapere cosa ti è successo, né a ricordare dove fossi un attimo prima... prima di accorgerti di essere diverso."
Una sorta di singhiozzo bloccò il suo discorso, ma il ragazzo si riprese e continuò a rispondere alle perplessità di Cloe.
"Dunque io non so bene cosa abbia fatto in passato per diventare così, ma uno di quegli spettri mi spiegò dettagliatamente ciò che avrei dovuto fare, perché quelli come me sono quasi delle leggende, dei personaggi di fantasia, di cui però tutti sanno bene la storia. Mi disse che ero un trapassato a metà, un ibrido, insomma, né pienamente vivo, ma neanche spirato del tutto, e soltanto una persona avrebbe potuto salvarmi. Mi lasciò con poche parole prima di passare oltre, mi invitò a sbrigarmi, a guardare dentro di me, perché l'avrei trovata, dato che ognuno di noi nasce legato per il polso con un invisibile filo che ci collega ad un salvatore, e soltando scavando a fondo siamo in grado di trovarlo. Naturalmente, gli esseri umani sono quasi impossibilitati dal farlo, presi come sono da impegni, passioni futili e quant'altro, ma io, io non sono più un essere umano come gli altri, e dopo più di un mese ti ho trovata."
La ragazza ascoltava estasiata tutto ciò che diceva, e se quelle non erano bugie - e non lo erano, no, ci avrebbe giurato - l'idea di avere un salvatore, un qualcuno disposto e capace a salvarci, legato al proprio polso, l'affascinava immensamente. Sapeva che Matt contava su di lei, ma sapeva che anche lui ci sarebbe stato, in futuro, qualora ne avesse avuto bisogno.
"Sei nata il 18 marzo 1994 alle 16.50?"
Cloe si staccò per un attimo dalle proprie elucubrazioni mentali e rimase a bocca aperta.
"Allora? È così o no?"
Inziò a balbettare - "S-Sì, è così"
"Perfetto! Allora sei davvero tu! Allora ti ho trovata sul serio! Anche io, Cloe, sono nato lo stesso giorno dello stesso anno alla stessa ora."
Prese così ad abbracciarla con quel suo corpo freddo ed evanescente, che però aveva infuso calore in quello di Cloe, lasciatasi andare nell'abbraccio. 
Poi tolse le braccia da lui e chiese, mortificata - "Però, Matt, io non so come fare. Che mezzi ho? Come trovo il tuo corpo se non ricordi nulla della tua vita? Quanto tempo abbiamo?"
Matt ci riflettè un attimo e poi rispose - "Lucius, lo spettro guida di cui ti parlavo prima, mi ha intimato di sbrigarmi, perché gli spiriti del male non vogliono perdere, come dire, clienti, ma vorrebbero che tutti gli uomini si trasformassero in fantasmi il prima possibile. Perciò dobbiamo fare presto. Il come non lo so, Lucius credeva che avrei ritrovato la memoria con il passare dei giorni, per merito tuo, e poi noi siamo stati fortunati, io so dove sono nato, ed è Clayton, il paese proprio accanto a Pentown, il tuo."
Cloe annuì fiduciosa, e poi rispose - "Adesso riportami a letto. Domani è domenica, io non ho lezioni, potremmo metterci all'opera."

Il giorno seguente, Cloe si svegliò con un atroce mal di testa, probabilmente perché non aveva dormito per quasi tutta la notte, ma da un lato ciò che era accaduto, e che era sicura fosse reale, le sembrava solo il frutto della sua immaginazione.
Erano le dieci del mattino, i suoi genitori erano usciti per andare a messa e l'avevano lasciata riposare a letto, e sua sorella Katy era partita in gita scolastica due giorni prima, e non sarebbe tornata prima di giovedì.
Era sola, dunque, così inizio a chiamare un nome, quello di Matt, sperando di ricevere risposta.
Tutto taceva, nessuno rispose.
Forse aveva davvero sognato tutto.
Si diresse in bagno, si sciacquò il viso e lo vide, riflesso nello specchio, come la notte prima.
"Ben svegliata!" - Le disse ragiante.
"Fammi capire, devo ripetere questa cosetta qua ogni volta per poterti, uhm, evocare?" - Rispose quasi stizzita, ma divertita.
"No, tranquilla! Non succederà più, anche se è abbastanza d'effetto come apparizione."
Risero entrambi per qualche secondo, poi Cloe lo invitò a farsi serio e a mettersi all'opera.
Da dove avrebbe iniziato la ricerca? Ci sarebbe riuscita?
Non avrebbe mai potuto sopportare una sconfitta, perché Matt non sarebbe più tornato in vita.
Matt, già.
Chissà cosa nascondeva il suo passato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo. ***


Si era messa in una situazione più grande di lei e ne doveva uscire a testa alta.
Cose del genere le aveva viste solo nei film, e tra l'altro neanche adorava il genere.
Cloe non era quel tipo di persona da film horror con mostri e fantasmi, anzi, per quanto l'argomento potesse interessarle non aveva mai avuto un briciolo di coraggio nel guardarne uno tutto intero, da sola, nella sua camera. Le era capitato solo una volta, in compagnia di amici, e a distanza di due anni aveva ancora paura che qualche essere malefico uscisse fuori dal televisore.
Dunque era davvero messa male per pensare una cosa simile.
Ma questa volta era diverso, questa volta non aveva paura. Forse perché di Matt si fidava davvero, o forse perché non aveva idea di quello che avrebbe scatenato accettando la sua richiesta d'aiuto.
Cloe però si era messa d'impegno, aveva iniziato a digitare nome e cognome del ragazzo su internet, mentre i suoi occhi scuri scrutavano tutto ciò che facesse e seguivano attentamente il movimento delle bianche dita.
D'un tratto si presentò un'immagine davanti a loro, e la scritta "disperso".
Era Matt, senza ombra di dubbio.
Lo spirito sussultò immediatamente, e Cloe poteva leggere paura, quella stessa che aveva provato lei la sera prima, sul suo volto e su tutto il suo corpo, che aveva iniziato a tremare piano.
"Sei tu" - disse.
E lui annuì.
Quella pelle, quella della foto, era perfetta, integra, mentre Matt portava su di sé i segni e le cicatrici di una violenza sconosciuta, che ancora non era riuscita ad identificare, e si rattristò pensando a cosa avesse realmente subito.
"Qui dice che sei disperso. Non ti trovano neanche loro. Io.. Io aprirei l'articolo, va bene?"
Il ragazzo continuava ad annuire come se lo spingesse una forza automatica, inconscia.
Cloe aprì quel documento e cominciò a cercare informazioni interessanti, quando sotto i suoi occhi si presentava l'atroce verità di quello che era successo.
Una sera di un mese e mezzo fa, quella fatidica sera, un gruppo di ladri si introdusse in casa di Matt, in cui lui viveva con il padre, noto negoziante del paese, per derubarli. Poiché entrambi opponevano resistenza, i ladri spararono al padre e rapirono il ragazzo, probabilmente dopo averlo sedato, portando via tutto il denaro trovato.
Due dei quattro ladri, però, furono trovati, fermati e arrestati, ma del ragazzo non ne sapevano niente. Uno dei due, dopo aver fatto la spia, svelò i nomi degli altri due mancanti, che confermarono la stessa versione dei fatti. Del ragazzo, però, neanche l'ombra. Uno dichiarò di essersene occupato personalmente, ed averlo fatto rotolare in un dirupo, avvolto in un lenzuolo, e che quindi pensava fosse ormai morto. La polizia, infatti, aveva iniziato la ricerca nella zona descritta da quel furfante omicida, ma il corpo del giovane non fu mai trovato.
Tratteneva a stento le lacrime mentre leggeva, poi Matt si alzò di scatto e iniziò a girare nervosamente in tondo nella stanza, con i pugni stretti e chiusi rivolti verso il basso.
Cloe assisteva a quella scena immobile, senza la benché minima idea di cosa avrebbe dovuto fare, ma si alzò anche lei, quasi per forza di cose, e si diresse verso il ragazzo, bloccandolo.
Il suo viso era cambiato, il contorno dei suoi occhi era più sanguigno del normale, e nel suo sguardo riconosceva l'odio, il dolore e la voglia di vendetta miscelati insieme a formare un insieme micidiale di emozioni, ma il tocco delle fredde dita della fanciulla sui suoi polsi lo svegliarono dal sonno in cui era quasi caduto e lo fecero tornare alla realtà.
Matt osservava gli occhi di Cloe, bassi e semi chiusi come se fosse stata sua la colpa di quello che era successo, mentre lei lo accompagnava sul divano della stanza, posto dietro il tavolino con il computer, e si sedettero, l'uno accanto all'altra.
Matt guardava fisso quegli occhi, che come i suoi erano scuri e profondi, grandi e dolci, e scoppiò a piangere teneramente quando lei prese ad abbracciarlo, sentendosi al sicuro tra le sue braccia.
"Io ti prometto che ti ritroverò, Matt. Io te lo prometto, ce la faremo. Tu vivrai e quegli stronzi se ne staranno in prigione a marcire per sempre."
Cloe singhiozzava ma le parole le trovò comunque, e mentre lo abbracciava gli accarezzava dolcemente la testa e i capelli. 
Era tutto così reale, tutto così fisico.
Toccava davvero i suoi capelli lisci, morbidi e incredibilmente puliti. Nessuna traccia di sporco, fango o quant'altro, neanche sul resto del corpo e sui vestiti.
Era come se quello spirito fosse rimasto illeso dall'orrore che aveva provato mentre era ancora in vita.
Era come se quello spirito fosse tutto ciò che di buono c'era in Matt, tutto ciò che gridava giustizia.
Lui si lasciava coccolare e consolare come fosse un pupazzo o un docile animale, poi lei gli prese il viso tra le mani e con le dita gli asciugò le lacrime, come se avesse davanti un amico di vecchia data in preda a problemi sentimentali, e lei fosse lì per farlo sentire meglio.
Matt si fece scappare un sentito "grazie" e poi le diede un bacio sulla guancia, per dimostrare anche con i fatti la sua gratitudine.
E lì Cloe sentì un brivido percorrerle tutto il corpo, dalla guancia rovente alla punta dei piedi, e arrossì.
Forse la situazione le stava scappando di mano, forse, ma era una situazione a dir poco incredibile.
Era impossibile.
Era tutto così diverso dal normale.

Dopo quel momento di sconforto, i due ragazzi ripresero le ricerche su internet, e Matt iniziò ad avere flash del suo passato.
Aveva ricordato dov'era casa sua, così Cloe gli propose di farci un salto, per poter racimolare più informazioni.
Il paese in cui viveva non era molto lontano dal suo, erano praticamente posti uno dopo l'altro, e per di più seguendo la litoranea sarebbero arrivati in meno di venti minuti.
Così la ragazza si mise addosso una sciarpa e un maglione più pesante per affrontare il tragitto, considerando che erano i primi giorni di aprile e non ci sarebbe stato molto freddo fuori, anche se quello era stato un inverno davvero rigidio, che ancora tardava a finire sul serio.
Matt aveva addosso una maglietta nera a maniche lunghe, ma Cloe non sapeva in effetti se potesse sentire freddo o ne fosse ormai immune, così gli porse una delle sue giacche felpate grigie, che sicuramente sarebbero state bene addosso sia ad una ragazza che ad un ragazzo.
Lui era magro, sì, ma anche alto, almeno dieci centimetri in più della ragazza, che sfiorava il metro e sessanta, però la giacca era larga, gli sarebbe stata decentemente.
Matt la guardò stranito, poi prese quella felpa in mano e la indossò.
Gli stava bene, era la sua misura, e aderiva perfettamente al suo corpo.
La felpa, però, stava assumendo un aspetto strano, stava diventando evanescente, proprio come il ragazzo.
Cloe sgranò gli occhi di fronte a quella trasformazione, poi ritornò in sé.
"Ma gli altri possono vederti?" - Lei gli chiese.
"Solo se lo voglio. E io voglio che mi veda solo tu."
Arrossì leggermente dopo la risposta che le aveva dato, poi scosse la testa e si mise a pensare alla missione che aveva.
Quando uscirono finalmente di casa, Cloe salì sulla sua bici posteggiata lì davanti, e si sporse in avanti per permettere anche a Matt di salire.
"Cloe, ma io posso volare, non è necessario andare in bici."
In effetti non sembrava una scelta totalmente sensata.
"No, fidati di me, va bene così. Magari ricordi qualcosa."
Non era una buona motivazione, lo sapeva anche lei, ma a Matt era bastata, e non si era premurata di trovarne un'altra.
Le piaceva l'idea di essere lei a condurre la spedizione, ad avere il comando, e lui stretto dietro di sé, con la testa piegata sulla sua schiena.
Era un posizione un po' buffa, più che altro lei credeva che stesse seduto nella parte di sellino che gli aveva lasciato libero, ma lui era per metà fluttuante in aria, con le gambe in alto, e per metà abbracciato a Cloe.
Non aveva peso sulla ragazza, e lei non si accorgeva di niente, intenta com'era a seguire la giusta direzione.
"Ok, siamo arrivati a Clayton. Adesso io però non so dove sia casa tua.."
Matt allora si rimise seduto sulla bici, e poi esclamò: "La collina. Io ricordo una collina."
Ed in effetti una casa in collina c'era, ed il luogo in cui i due ragazzi si erano fermati offriva una buona visuale del paese, e della collinetta che lo sovrastava alle spalle, con una casetta proprio sulla cima.
Cloe sapeva che entrare in quella casa sarebbe stato un duro colpo per Matt, ma ormai erano arrivati fin lì e non gli avrebbe mai permesso di tirarsi indietro per paura di affrontare ciò che vi avrebbero trovato dentro.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quarto. ***


Arrivarono in cima alla collina e davanti a loro si presentò una villetta piuttosto grande, con i muri esterni totalmente bianchi ed il tetto a punta di un grigio molto scuro.
La villetta era circondata da uno steccato di legno, facile da scavalcare, ma era protetta da un sistema d'allarme, come si poteva notare da una cassetta di metallo posta all'estremità di un balconcino posizionato poco sopra la porta d'ingresso.
Cloe aveva una cassetta simile in casa sua, per questo l'aveva riconosciuta.
La porticina in legno dello steccato era semi aperta, e l'intera villa era transennata dai nastri della polizia, che certamente l'avevano tenuta sott'occhio per trovarci dentro qualche  indizio.
"Se mi prendi in braccio e ti sollevi un po' riusciamo a passare lo steccato senza che mi rompa una gamba. Che dici?"
Cloe non era pratica di queste cose, e l'idea di potersi fare del male nel vano tentativo di scavalcare neanche mezzo metro di steccato di certo non l'allettava minimamente.
Matt, senza farselo ripetere due volte, infilò le braccia all'altezza delle ascelle della ragazza, poi con un balzo si levò per aria e valicò l'ostacolo, per poi ritornare con i piedi per terra.
Appena si trovarono dentro il giardino, camminarono verso la porta d'ingresso che, come previsto, era bloccata.
La ragazza si tolse un ferretto dai capelli per cercare di scassinare la serratura, con scarsi risultati, ma ad un tratto si sentì braccata e totalmente avvolta dal fantasma, che le fece attraversare quel blocco di ferro e legno come fosse composto d'aria.
"So fare tante cose, sai.." - Si scusò Matt.
La stanza in cui erano entrati era quasi totalmente buia, anche perché tutte le imposte erano state chiuse e sigillate, perciò Cloe cercò con la mano, battendola sul muro, un interruttore che potesse accendere la luce del, presupponeva ci fosse, lampadario.
Quando lo trovò e lo premette, una scena raccapricciante si mostrò ai loro occhi: un grande tavolo era stato spostato ad un lato della stanza, il tessuto verde di un divano posto a bloccare una porta era stato strappato, vari libri della libreria che si poneva loro di fronte erano caduti per terra, altri oggetti messi alla rinfusa e poi, in centro, una pozza di sangue asciutto, transennato da strisce rosse.
Cloe si sentì mancare, anche per l'odore nauseabondo che si respirava là dentro, come se nessuno avesse voluto aprire le finestre per non farlo uscire fuori, quasi fosse stato anch'esso una prova.
Matt, intanto, stava ispezionando l'ambiente per cercare di ricordare qualcosa, così iniziò ad aprire una porta, quella che non era bloccata dal divano.
Accese la luce tramite un interruttore e si trovò in un lungo corridoio, a destra del quale c'erano cucina e camera da letto, presumibilmente del padre, e a sinistra un bagno.
Tutto era pulito, ordinato, come se i ladri sapessero che lì dentro non vi avrebbero trovato molto.
Sui muri del corridoio, invece, vi erano delle impronte, non troppo grandi, di color rosso scuro, e Matt vi avvicinò una mano, constatando il fatto che, quelle impronte, fossero proprio le sue.
Cloe si avvicinò lentamente, stava per aprire bocca quando il ragazzo la interruppe.
"Stavo scappando, volevo nascondermi. Ho lasciato delle impronte sul muro per farmi trovare dalla polizia, ma uno di loro uscì improvvisamente dal bagno e mi diede un colpo ben assestato sulla testa, tanto da farmi svenire. Infatti, guarda" - Disse aprendo la porta posta a fine corridoio, che dava sul retro del giardino - "Qui non c'è nulla, è tutto in ordine. Mi sarei nascosto in fondo al pozzo. Sapevo come entrarci, era una sorta di rifugio segreto, per me, da bambino, ma non è andata così. Non ricordo altro."
La ragazza lo guardava commossa.
"Matt, ci è rimasta una stanza sola, quella dietro il divano. Insomma, se è stata bloccata evidentemente un motivo ci sarà."
Lui annuì e insieme tornarono nel salone principale per spostare il divano.
Chissà perché era stato messo lì, che cosa nascondeva quella stanza?
In due riuscirono a spostare quel grosso macigno, almeno il necessario per far sì che la porta si potesse aprire.
Cloe cercò lo sguardo di Matt, come se aspettasse un segno d'approvazione, poi girò il pomello e aprì la porta.
Entrarono dentro e Cloe cercò nuovamente un interruttore che, dopo essere stato attivato, svelò loro ciò che l'oscurità nascondeva in quell'ambiente.
Era la camera di Matt.
Le pareti erano blu, come le coperte di un letto disfatto posto in un angolo, poi vi era una scrivania con un computer, una libreria, un armadio, e tutto quello che è normale trovare nella stanzetta di un ragazzo.
Tranne che per pochi particolari: un finto quadro sopra il letto, aperto, che svelava l'esistenza di una cassaforte, ormai vuota; un tappeto rotondo al centro della stanza, sporco di sangue e terra, e intorno pezzi di corda ed un coltellino insanguinato.
"Matt, forse dovremmo andarcene.."
Cloe cercava di non peggiorare la situazione. In quel luogo sicuramente era stato picchiato, torturato, gli avevano provocato quelle ferite terribili.
"No, è ok. Cioè, non tanto. Non è difficile capire quello che è successo qui dentro, quel coltello.. quel coltello mi ha fatto ricordare delle cose. Non belle. Io.. Era alto e robusto, gli occhi verdi e grandi e la barba rossa, mi ha immobilizzato sul tappeto mentre ero ancora incosciente, poi ha aspettato che mi svegliassi per vedermi soffrire. Con quel coltello.. io.. le vedi queste cicatrici?" - Fece per indicarsi il volto, il collo, e i lembi di pelle che i vestiti lasciavano scoperti - "Sì che le vedi, è ovvio. Ecco, le ha fatte lui, è stato lui. Io avevo la bocca tappata e non potevo urlare, e lui si divertiva a vedermi soffrire come un cane, ma per il dolore svenni. E adesso non so cosa mi sia successo dopo."
Cloe non riusciva a raccapezzarsi su cosa avesse spinto un uomo a provocare così tanto dolore ad un ragazzino che aveva appena assistito all'assassinio del padre - anche se questo Matt non l'aveva ancora ricordato - con tutta questa violenza, stremandolo ma non uccidendolo.
Il ragazzo si sdraiò sul letto, il viso rivolto verso il soffitto e le gambe piegate con i piedi sulle lenzuola, e Cloe si sedette di lato, accanto alle sue scarpe, in disparte, per non invadere il suo spazio e non impicciarsi nel suo triste ricordo.
Lui però le fece un cenno.
"Cosa fai lì? Vieni qua, dai."
Cloe non sapeva che fare, si sentiva di troppo, ma il ragazzo fantasma alzò il busto e la tirò su di sé, e lei cadde di scatto accanto a lui.
"Sei sempre stato così brusco con le ragazze?" - Aggiunse lei sogghignando, cercando di farlo distrarre un po' dopo lo shock che aveva appena subito.
"No, solitamente sono molto peggio!" - Ridacchiò, cogliendo l'occasione.
"In realtà, sai, non è che io abbia avuto chissà quali esperienze. Diciamo che sono un tipo strano, introverso, me ne sto sulle mie e non do confidenza facilmente. Ho pochi amici, ma il più importante è uno solo, Howard. Lo conosco da quando ero bambino, un tempo abitavamo nello stesso complesso. C'è una foto, lì sul muro, siamo noi due. L'ho notata appena siamo entrati, ancora prima del tappeto sporco del mio sangue. Questa stanza racchiude tanti ricordi della mia vita, e stanno tornando nella mia mente con velocità incredibile. E sei la prima ragazza che porto qui dentro, te lo posso assicurare!"
"Buono a sapersi!" - Rispose.
"Ma tu? Tu stai cercando di scoprire tutto di me, anche se ci siamo appena conosciuti, ma io.. io di te non so niente."
Matt sembrava realmente interessato, o forse semplicemente cercava un pretesto per parlare.
Cloe girò il suo viso verso di lui, e si lasciò andare.
"Non c'è molto da sapere, in effetti. Non siamo poi così diversi. Ho da poco iniziato l'università, come credo anche tu, ho un'amica fidata, Anne, che attualmente è a Londra per uno scambio culturare e tornerà tra circa due mesi, e mi manca molto. Per ora sono sola, io ed il mio studio, purtroppo non c'è molto."
Lui storse il naso, poi continuò a parlare.
"Sei più interessante di ciò che dai a vedere. Non hai un ragazzo?"
Che cosa gliene importava?
"No." - Sbuffò Cloe - "Tu?"
"Libero come il vento!
"Diciamo che sei anche invisibile come lui!" - Lo provocò divertita.
Matt abbozzò una finta risata di scherzo, poi iniziò a farle il solletico e lei rispose a sua volta, e continuarono per alcuni minuti fino a che, stanchi, si fermarono.
La fanciulla si girò verso di lui e posò un braccio sul suo torace, e lui ricambiò l'abbraccio stringendola a sé.
Rimasero così per un po', a guardarsi innocentemente, mentre con una mano Matt le accarezzava i capelli e il viso.
Stava accadendo di nuovo, le stava accadendo di nuovo.
Le sue carezze erano qualcosa di paradisiaco e Cloe avrebbe voluto ricambiare calorosamente, ma si tratteneva visibilmente, limitandosi a stringergli il torace con il braccio.
Non le era mai successo prima d'ora, ma tra loro c'era qualcosa di speciale.
D'altronde, erano indissolubilmente legati da una sorta di leggenda.
Lui aveva cercato lei, aveva chiesto il suo aiuto, aveva guardato dentro di sé e aveva scovato il suo nome.
"Secondo te, tra noi potrebbe mai funzionare?"
Cloe non si aspettava quella domanda.
Aveva allentato la stretta del suo braccio e si era staccata del tutto, alzando il busto e piegandolo leggermente verso il suo viso.
Voleva dirgli che sarebbe stata la storia migliore di sempre, voleva dirgli che aveva avuto un colpo di fulmine senza pari, ma lui era un fantasma. Che relazioni intrattengono i fantasmi?
"Io.. io non lo so. Cioè.. io.. tu.."
E mentre balbettava parole incomprensibili lui l'attirò a sé e la baciò, delicatamente.
Cloe aveva gli occhi ancora aperti, quasi sconvolta, poi si abbandonò al momento e rispose a quel bacio con tanta dolcezza, ma anche passione, come se lo aspettasse da una vita.

Si baciarono a lungo, e avrebbero continuato a farlo se non avessero sentito un rumore.
Si bloccarono di scatto, mentre una chiave girò nella serratura della porta di ingresso.
"Al, chi diavolo ha lasciato le luci accese?"
Era un uomo adulto, la voce non lasciava altra descrizione.
"Sarà stato quel coglione di Adam, è sempre colpa sua!"
Un altro uomo.
"Dai, mettiamoci al lavoro."
Matt e Cloe erano ancora lì, sul letto, abbracciati e impauriti.
Chi erano quegli uomini?
Di che lavoro parlavano?





*Spazio autrice*
Saaaalve a tutti, vi sta piacendo la storia? Per consigli e quant'altro io sono qui, aspetto voi! Recensite, recensite, recensite! :)
Grazie di cuore a chi ha messo la mia storia tra le seguite, e grazie a tutti voi che la leggete!
Stay tuned!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1546456