Of Finding Innocence (Traduzione di Sara Izzie) di FanficwriterGHC (/viewuser.php?uid=168066)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CHAPTER 1 ***
Capitolo 2: *** CHAPTER 2 ***
Capitolo 3: *** CHAPTER 3 ***
Capitolo 4: *** CHAPTER 4 ***
Capitolo 5: *** CHAPTER 5 ***
Capitolo 6: *** CHAPTER 6 ***
Capitolo 7: *** CHAPTER 7 ***
Capitolo 1 *** CHAPTER 1 ***
OF
FINDING INNOCENCE
di
FanficwriterGHC
Traduzione
di Sara Izzie
CHAPTER 1
“Hai intenzione di lasciarmi qui?! Kate, io non li
leggo nemmeno
quei libri!” protestò Madison.
“Maddy, tu mi hai trascinato qui
per far autografare
questo libro. Devo andare al bagno. Torno subito”.
Madison le lanciò un’occhiataccia ma
annuì, e Kate passò
sotto il nastro che delimitava la fila verso Richard Castle, il
quale, convenientemente, si stava prendendo una pausa. Lei e Madison
erano in fila da quarantacinque minuti e Madison stava diventando
insopportabile. Kate non aveva veramente bisogno di andare al bagno,
ma era una buona scusa per scappare dai racconti di Madison riguardo
al suo ultimo ragazzo. Le voleva veramente bene, ma a volte.. per
carità.. la sua vita era troppo.. no, decisamente
poco carino.
Non dovrebbe invidiare la vita normale di Madison.
Kate attraversò il corridoio sul retro, si
infilò in bagno e fu
sollevata quando vide che era vuoto. Non aveva bisogno di una lunga
pausa, ma solo di una pausa. Dopo aver usato la toilette, si
fermò
davanti al lavandino e si lavò le mani, osservando il
proprio riflesso.
Le occhiaie stavano finalmente svanendo; aveva messo su un
po’ di
peso ed era molto meno pallida. La sua terapista aveva detto che le
cose stavano andando bene.
Sospirò e frettolosamente afferrò della
carta per asciugarsi,
distogliendo lo sguardo dallo specchio. Non voleva pensare al perché
fosse così bello che lei sembrasse più un essere
umano che un
cadavere vivente quel giorno: l’aveva udito fin troppo dagli
tutti
gli altri.
Spinse la porta per aprirla e stava per tornare in coda quando
si
scontrò con una massa di treccine arancioni e Mary Janes.
“Alexis!”. Udì la risata di una
voce maschile. “Stai
attenta a dove vai tesoro!”
“Scusa..” mormorò la bambina,
alzando la testa verso Kate.
“Non fa niente. Ti sei fatta male,
piccola?” chiese, guardando
l’esile figura della bambina, che pareva molto pentita.
“Sto bene, grazie” rispose lei, proprio
mentre un uomo alto
apparve.
“Mi dispiace” sorrise lui, abbassandosi
per prendere in
braccio la bambina “E’ un po’ su di giri
oggi”
“Oh, non c’è alcun..”
Kate si bloccò non appena si ritrovò
faccia a faccia con Richard Castle “.. problema..”
concluse
lentamente.
“Siamo appena tornati dalla California e
qualcuno..” fece il
solletico alla bambina e lei ridacchiò, nascondendo la testa
nella
sua spalla “..è un po’ scosso dal fuso
orario”.
“E tu mi hai dato un biscotto”
osservò lei.
“Anche quello” sorrise lui “Ti
sei comportata bene mentre
papà firmava gli autografi, meritavi una
ricompensa”.
“Ma adesso sono agitata..”
mormorò lei sbadigliando.
“Non per molto ancora, a quanto pare”
disse Kate. Aveva
davvero parlato? Richard Castle era davvero lì con sua
figlia in
braccio, discutendo degli eccessi di zucchero?
“Già, sta per crollare..”.
Richard Castle scrutò la fila di
gente “E ne avrò ancora per almeno tre
ore”. Kate lanciò a sua
volta un’occhiata e ridacchiò vedendo Madison
chiacchierare con un
ragazzo carino poco più indietro. Ovviamente. “Da
quanto lei è
qui?”
“Un paio d’ore” rispose lui,
voltandosi di nuovo
“Probabilmente sembrerò più
impertinente di quello che sono ma..”
“..speravo potesse autografarmi un libro, si” lo
interruppe Kate
sorridendo, mentre lui la guardò un po' impacciato.
Poi rise. “Beh, ho un pennarello. Lo firmo subito,
così puoi
andare a soccorrere la tua amica”.
“La mia amica?”
“Siete dietro a una trentina di persone giusto? La
bionda..?”
“Uh.. si” rispose Kate sconcertata.
Tutto ciò era
lusinghiero – stranamente lusinghiero, e non avrebbe
dovuto esserlo.
Castle sorrise e guardò sua figlia che si stava
pian piano
addormentando sulla sua spalla.
“Lex, puoi scendere un secondo?”. Lei
scosse la testa e posò
di nuovo la testa sulla sua spalla, mentre Rick le accarezzò
la
schiena. “E’ esausta”. “Andare
avanti e indietro dalla
California sarebbe faticoso per chiunque” convenne Kate. Stava
davvero chiacchierando con Richard Castle riguardo a sua figlia?
“Hai portato un libro o volevi prenderne uno dal
tavolo?”
chiese lui. Kate frugò nella borsa ed estrasse una copia di Storm
Season. “Ne ho portato uno”. Certamente
l'aveva; fingeva che fosse stata Madison a trascinarla lì
per quella
cosa così ridicola, ma segretamente non stava più
nella pelle.
Lui sorrise. “Puoi tenerlo fermo per favore? Non
voglio metterla
giù” aggiunse, alludendo ad Alexis.
“Certo. Grazie mille” disse lei.
Aprì il libro sulla prima
pagina e lo tenne sollevato per permettergli di firmarlo.
“Non c’è
problema” esclamò lui, la penna ferma sulla
pagina. “Me ne sono
completamente dimenticato.. come ti chiami?”. “Kate
Beckett”
rispose lei tranquilla. Dove
era finita la ragazza ammaliata e senza
parole che pensava sarebbe diventata di fronte a lui? E, cosa
più
importante, dov'era lo scrittore playboy che si aspettava di
incontrare?
“Gran bel nome” mormorò lui
scrivendo “Buona consonanza”.
“Grazie?” chiese lei mentre Castle
richiudeva la sua penna, e
strinse il libro a sé.
“Oh, è un complimento”
ammiccò lui.
“Papà, sono stanca..”
borbottò Alexis.
“Lo so tesoro. Tra poco avremo finito”
“Perché mamma non poteva tornare con
noi?”
Kate vide Castle corrugare la fronte e accarezzare la schiena
della figlia. “La mamma è dovuta rimanere in
California per girare
il suo film”
“Con quell'uomo?”
Il suo cipiglio si fece più profondo.
“Si. Alexis, tesoro..
quando tempo hai trascorso con 'quell'uomo'?”
“Mamma mi ha lasciata da sola con lui per un po'..
è noioso.”
Castle si accigliò e sbatté le palpebre,
come se avesse appena
realizzato che Kate era ancora lì. “Mi
dispiace” bofonchiò.
“Non c'è problema”. Il quadro
della situazione che si era
fatta non era dei migliori, e rimase colpita dall'idea che una donna
potesse volere qualcun altro quando aveva quest'uomo. E' vero, non
lo conosceva, ma lui era Richard Castle. E dato che non sembrava
rappresentare in alcun modo l'immagine di playboy che gli era stata
attribuita, perché lasciarlo? Perché lasciare la
bambina?
Lui lanciò di nuovo un'occhiata alla coda e Kate
notò che la sua
guardia del corpo l'aveva intravisto e gli stava facendo segno di
avvicinarsi, indicando l'orologio. “Pare che mi stiano
richiamando
all'appello”.
“Grazie per l'autografo”
“Grazie per non aver urlato contro mia
figlia” rispose lui.
“Chi potrebbe mai urlarle contro? E' così
carina..” sorrise
Kate. Dubitava che sarebbe stata capace di farlo dopo aver realizzato
che Alexis era sua figlia. Anche ammesso che non lo
fosse, non
avrebbe potuto urlare comunque contro quel piccolo viso sorridente.
“Ti dirò, è difficile
odiarla” rise lui. “Ma io.. dobbiamo
smetterla di pianificare tutti questi eventi dopo un viaggio”
mormorò, sistemando meglio Alexis in braccio a lui.
“Papà?”
“Si tesoro?”
“Devo andare al bagno..”
Sospirò. “Alexis, perché non
me l'hai detto prima?”
“Non ne avevo bisogno” rispose lei
staccandosi per guardarlo.
“Uhm.. ti farò accompagnare da Paula
mentre firmo gli
autografi, okay?”
Alexis scosse freneticamente la testa. “No, ti
prego”.
I suoi occhi si allargarono, e Kate improvvisamente si
sentì come
se stesse facendo molto di più che intravedere di sfuggita
qualcosa
della loro vita.
“Perchè?” chiese Castle.
“Parla di mamma..” sussurrò la
bambina.
“Oh”. Sospirò e le
accarezzò la schiena. “Lexi, non so chi
altro potrebbe..”
“La accompagnerò io”. L'aveva
davvero detto? Oh merda.
L'aveva fatto, non è vero?
Lui la guardò. “Davvero?”
“Sono un poliziotto” balbettò,
mostrandogli il distintivo che
teneva sempre all'interno della giacca. “Dicono che
diventerò
Detective molto presto. Perciò.. si può fidare.
Wow” rise
nervosamente “Non è esattamente il modo in cui
avevo in mente di
dirlo..”. In verità non le era mai nemmeno
lontanamente passato
per la mente. La sua bocca aveva deciso di fare l'offerta prima che
il cervello potesse realizzarlo, ma lui sorrideva, e ciò le
suggerì
che forse, dopo tutto, non si stava rendendo così
ridicola.
Lui rise di gusto. “Okay.. un poliziotto eh?
Sarebbe.. cavolo..
sarebbe grandioso”
“Non c'è alcun problema”
“Alexis..”. Le diede un colpetto
affettuoso sulla schiena per
richiamare la sua attenzione. “Posso farti accompagnare al
bagno da
Kate?”
Alexis spostò lo sguardo da lui a Kate e viceversa.
“Okay”.
Castle la fece scendere e Kate le tese la mano. Aveva fatto la
sua
offerta; l'unica cosa rimasta da fare era portarla a termine. E
davvero, con quella piccola mano tra la sua, quanto orribile poteva
essere?
“Posso portarla al tavolo quando è
pronta?”. Lui annuì e
sollevò una mano in direzione della guardia, che li stava
guardando
torvo. “Grazie infinite”
Kate poté solo sorridere, la mano calda di Alexis
stretta nella
sua. “Non è affatto un problema, davvero”
“Fantastico” si inginocchiò
all'altezza di Alexis “Sarò là
al tavolo, d'accordo?”
“D'accordo” rispose lei, muovendo avanti e
indietro la mano di
Kate.
Si alzò e rivolse a Kate un sorriso pieno di
gratitudine. “Okay..
beh, ci vediamo tra poco allora”
“Non si preoccupi. Andiamo Alexis” sorrise
lei, voltandosi per
guardare la bambina “Ci sono appena stata, al bagno. E'
carino. Sei pronta?”
“Si” sorrise lei “A dopo
papà”.
Presero direzioni opposte e Kate portò Alexis in
bagno. La
bambina la seguì tranquilla, guardandosi intorno e
osservando gli
immensi scaffali di libri che si innalzavano anche oltre Kate.
“Non
c'è nessuno. Hai scelto un buon momento” disse lei
quando
entrarono.
“Papà non è
d'accordo..” disse Alexis a bassa voce,
lasciando la mano di Kate ed entrando in una delle cabine.
Kate si appoggiò alla parete di fronte.
“Tuo padre è solo
molto impegnato, non è arrabbiato”. Non riusciva a spiegarsi il
bisogno di confortare la bambina, ma qualcosa.. qualcosa l'aveva
colpita nel profondo, ascoltando Alexis parlare di sua madre e della
donna che apparentemente parlava di sua madre..
Sentì Alexis dare una risposta evasiva, e decise di
mettere via
il libro in attesa della bambina. Un minuto dopo Alexis riapparve e
Kate la accompagnò al lavandino. “Ce la fai da
sola?”
Alexis arrossì. “Papà di
solito mi tiene sollevata”
Kate sorrise e si piegò in avanti, issandola su una
gamba e
tenendola in equilibrio. “Vedi? Non c'è
problema”. Sembrava
tutto così facile. Quando
era stata l'ultima volta che aveva avuto a
che fare con una bambina?
Alexis ridacchiò e si lavò le mani.
“Da grande voglio essere
alta”
“Lo sarai. Nemmeno io ero alta alla tua
età” disse Kate, e
vide il suo volto illuminarsi.
“Ma tu sei così grande!”
esclamò Alexis spalancando gli
occhi. Kate rise e la poggiò a terra, passandole della carta
per
asciugarsi. “Porto i tacchi” spiegò,
sollevando un piede
cosicché Alexis potesse vedere le sue scarpe tacco dieci
“E sono
molto più vecchia di te”.
“Quanti anni hai?” chiese Alexis. Era la
perfetta immagine
dell'innocenza.
“Ho solo ventitré anni” rispose
Kate “E tu?”
“Ho sette anni” sussurrò Alexis
“Da quattro giorni”
Kate sorrise. “Per questo eri in California dalla
tua mamma?”.
Era troppo invadente?
Alexis annuì.
“Lei e papà mi hanno
portato allo zoo”.
“Sembra
divertente” sorrise
Kate; la prese per mano e insieme uscirono dal bagno, dirette verso
la zona dei libri per bambini. “Ti sei divertita?”
la incitò
Kate sperando di vedere il sorriso sul volto della bambina, dato che
il solo menzionare la madre sembrava averle strappato tutta la
felicità. Lei annuì, poi alzò lo
sguardo verso Kate con un vago
cipiglio. “Litigavano tanto”.
Kate strinse la
sua mano.
Apparentemente era la domanda sbagliata. “Qualche volta i
genitori
litigano” le disse, sorpresa dalla sua stessa risposta. Era
onesta,
ma non eccessivamente schietta, e si chiese cosa l'avesse fatta
sentire a suo agio abbastanza da parlare in questo modo a una bambina
che quasi non conosceva.
“Lo
so..” sospirò Alexis “Lo
fanno sempre..”
Kate
abbassò lo sguardo su di
lei e sentì il suo cuore stringersi. Questa era senza ombra
di
dubbio la bambina più dolce che avesse incontrato da un
pezzo, e
sembrava così senza speranze..
Kate non era
pratica in fatto di
bambini, ma sapeva che nessuno a sette anni dovrebbe sentirsi
così
rassegnato.
“Sono
sicura che tutto
funzionerà, Alexis” le disse Kate mentre
raggiungevano il tavolo e
la rumorosa fila di donne esaltate. Le lanciarono sguardi incuriositi
quando passò con Alexis e non sapeva se sentirsi un po'
compiaciuta o totalmente disorientata dalla loro attenzione.
“Anche
papà dice così”
rispose Alexis, e guidò Kate. “Da questa
parte”.
“Okay”.
Kate alzò le spalle,
lasciando che Alexis la trascinasse verso il tavolo dove Castle
sedeva. Doveva averlo detto agli assistenti, perché a
nessuno sembrò
strano che la figlia di Richard Castle stesse portando una donna
sconosciuta al tavolo. Indubbiamente Kate trovò la
situazione bizzarra. Era
davvero in piedi dietro a Richard Castle mentre autografava libri?
“Siamo tornate
papà!” annunciò
Alexis arrampicandosi su una sedia accanto a lui.
“Ciao
tesoro” la salutò lui,
sporgendosi per darle un tenero bacio sulla guancia mentre
autografava il libro di un'impaziente donna bruna che guardava Alexis
come fosse la peste. Qual era il suo problema? Alexis era adorabile!
“Grazie”
mormorò quando lui le
riconsegnò il libro.
Kate osservò
Castle lanciare alla
donna uno sguardo prima di voltarsi verso.. oh, merda. Quella
era
Madison.
“Kate?”
“Uh.. hey,
Maddy” rispose Kate
muovendosi leggermente, a disagio, mentre Alexis spostava lo sguardo
dall'una all'altra.
“E' una tua
amica?” chiese.
Kate annuì. Non
aveva una buona
spiegazione questa volta, e percepì esattamente come Madison
si
sentiva -scioccata, silenziosamente compiaciuta, e confusa.
“Lei è
una tua amica?!”
chiese Madison con gli occhi sgranati. “Oh, uh.. salve, sono
Madison” aggiunse, guardando Castle
“Uhm..”
“Sei con Kate
giusto?” ridacchiò
lui “Sei la benvenuta qui se lo desideri”
“Uhm..”.
Madison li guardò.
“Veramente Kate, devo andare al lavoro, ma.. tu divertiti. E
chiamami dopo”.
Kate annuì e la
guardò uscire. Le
avrebbe fatto il terzo grado più tardi, e probabilmente
anche un
quarto e un quinto. Alexis la guardò. “Non si
è fatta autografare il libro”.
“Non credo che
Madison fosse qui per
questo” rispose Castle prendendo il libro di una giovane
ragazza
“Come ti chiami?”
Lei sembrava sul punto di
svenire. Kate
sarebbe stata così, se la bambina accanto a lei non si fosse
scontrata con le sue gambe?
“Mi chiamo
Stacey”.
“Grazie per
essere venuta, Stacey”
disse lui, lanciandole uno dei suoi seducenti sorrisi
che facevano arricciare i suoi brillanti occhi blu. Per
essere corretti, era abbastanza per far andare in estasi chiunque.
“Amo i tuoi
libri!” disse lei
emozionata. Sul punto di svenire o no, Kate non si sarebbe mai
comportata così. “E sai, sei
ancora più attraente di come
appari in copertina!”.
Kate sentì una
mano tirarle la giacca
e abbassò lo sguardo su Alexis, che le faceva segno di
avvicinarsi.
Kate si abbassò e pose l'orecchio accanto alle labbra di
Alexis.
“Lo fanno
sempre” sussurrò.
“Che
cosa?” chiese Kate guardando
la ragazza decisamente troppo estasiata, che osservava Castle come se
stesse per sporgersi sul tavolo per baciarla. Lui non ne aveva la
minima intenzione.
“Dire che
papà è attraente”.
Kate ridacchiò e
si inginocchiò così
da essere parzialmente accovacciata dietro il tavolo; in quel modo la
giovane ragazza non si sarebbe resa conto che Alexis parlava male di
lei. Dovette però concordare. “Il tuo
papà è attraente”
le disse Kate con onestà.
“Beh,
ovvio!” replicò Alexis “Ma..
perché glielo dicono? Sono qui per far autografare i
libri”.
Kate era sconcertata.
Quella bambina
era abbastanza perspicace da capire che i libri di Castle e la sua
persona erano due entità completamente diverse. Ne sapeva
forse
anche di più di Kate riguardo a ciò, dato che
anche lei li aveva
ritenuti una cosa sola fino a circa dieci minuti prima. Cosa poteva
rispondere? “Qualche volta le persone hanno un comportamento
inappropriato” decise di dirle, dopo un attimo di pausa. Sua
madre.. sua madre le aveva sempre detto che la verità non
può
ferirti.
“Già..”
convenne Alexis,
risvegliandola da quell'improvvisa spirale colma di offuscati ricordi
delle sue stesse lezioni di vita. “Non mi piace”
“Va bene
così, Alexis” disse Kate
battendole con gentilezza una mano sul ginocchio “Non sei
obbligata”
“Di solito non
vengo” spiegò lei
lanciando uno sguardo a suo padre che stava diligentemente autografando
e lanciando sorrisi seducenti. “Ma la nonna era
impegnata”
“Hai qualcosa da
fare quando vieni?”
chiese Kate guardandosi intorno. La maggior parte delle persone
era totalmente ignara che lei fosse lì; tutto ciò
doveva
essere di una noia a dir poco mortale per una bambina.
“Colorare libri e
leggere storie” rispose
Alexis “Ma Paula ha lasciato la borsa in macchina”
continuò,
arricciando il naso.
“Beh, questo
posto è pieno di
storie” disse Kate. Un attimo.. stava davvero
considerando di
rinunciare a metà del suo unico giorno libero solo per
portarla nella sezione per bambini? Non conosceva nemmeno
quelle persone.
Poi, però, gli
occhi di Alexis si
illuminarono. “Mi porteresti?”
Castle si voltò,
apparentemente non
così preso dall'autografare libri come Kate aveva pensato.
“Alexis,
cosa stai chiedendo a Kate?”
“Ha detto che mi
porterebbe a vedere
dei libri” rispose Alexis.
In verità Kate
non l'aveva fatto, ma
era stata sul punto di farlo, no?
“Alexis, non puoi
aspettarti che Kate
passi tutto il giorno con te” disse gentilmente.
Il sorriso di Alexis
svanì, ma annuì
comunque. “Non fa niente. Scusa papà..”
“Non devi
scusarti tesoro” replicò
lui, passandole una mano tra i capelli e guardandola un po' triste
per un secondo prima che una donna con i capelli neri raccolti in una
coda gli desse un colpetto sulla spalla. “Per quanto carina
tua
figlia possa essere, Rick” sussurrò, la voce
abbastanza bassa per
non essere udita dalla coda, che si era trattenuta, ma non da Kate.
“Queste persone non sono qui per vederti fare il
papà”. Wow.
Quelle si che erano parole aspre.
“Paula”
sibilò Castle “Hai
organizzato questa cosa un'ora dopo il nostro viaggio di ritorno. Ho
dovuto portarla, e se hai intenzione di parlare di mia figlia, fallo
dove non ti può sentire”
“Se portassi
Alexis a vedere i libri
per un po', e lei venisse da noi quando ha finito?”
suggerì Kate.
La sua voce era uscita prima che potesse fermarla. Non voleva vedere
Alexis rannicchiarsi ancora di più sulla sedia; la faceva
stare
male, e non aveva mai incontrato quella bambina prima. Come poteva
qualcuno essere così insensibile nei confronti di un
bambino,
specialmente di una così carina ed educata?
Castle si voltò
di scatto. “Kate,
non.. ci hai appena conosciuti, non posso chiederti una cosa
simile”
“Hai intenzione
di lasciare che una
sconosciuta si prenda cura di Alexis? Non lasci nemmeno che io
mi prenda cura di lei!” replicò Paula.
“Kate
è un agente di polizia”
intervenne Alexis.
Kate annuì e si
alzò in piedi,
aprendo la giacca furtivamente in modo che solo Paula potesse vedere
il distintivo. “Sono contenta di poterlo fare. Ho il giorno
libero”. Non le piaceva quella donna, e ciò era
totalmente
irrazionale, ma erano lì, e lei doveva aiutare Alexis. Non
aveva
bisogno di essere in nessun altro luogo.
“Che è
probabilmente il tuo unico
giorno libero” aggiunse Castle “Onestamente Kate,
è molto
gentile da parte tua, ma..”
“Ma
niente” lo interruppe lei
“Saremo nella sezione per bambini. Venga da noi quando ha
finito”.
Tese la sua mano ad Alexis e la bambina saltò subito in
piedi
afferrandola.
“Posso,
papà?”
Castle sembrava perplesso,
ma alla fine
annuì. “Okay, divertiti pumpkin. E
vieni a cercarmi se
qualcosa va storto” aggiunse, guardando Kate.
“Non è
un problema, signor Castle”
sorrise lei “Sua figlia è divertente. Ho bisogno
di divertirmi”.
Oh, ecco.. ancor più onestà.
L'interruttore che le faceva tenere
la bocca chiusa si era magicamente spento?
“Chiamami Rick. E
grazie infinite
Kate, davvero”.
Lei sorrise. Rick.
“Andiamo
Alexis, cerchiamo qualcosa da leggere”.
Guidò
la bambina fuori dalla
zona autografi, verso la sezione per bambini, sorridendo mentre Alexis
muoveva le loro mani intrecciate avanti e indietro. C'era
qualcosa di stranamente confortante in quel gesto, e Kate
realizzò
che l'ansia che l'aveva pervasa dal momento in cui aveva messo piede
in quel posto stava svanendo.
“Grazie”
disse la bambina a
bassa voce quando raggiunsero l'entrata della colorata sezione dei
bambini, con il suo accogliente pavimento di legno e gli scaffali
più
bassi. Kate aveva sempre pensato che Barnes and Noble facesse un gran
bel lavoro nel rendere i libri invitanti per i bambini piccoli, e
ora, trovandosi lì con una di loro, si sentì
spinta a cercare la
storia perfetta.
“E'
un piacere Alexis. Come ho
detto, sei simpatica” disse alla bambina, rivolgendole un
piccolo
sorriso.
Alexis sorrise
a sua volta.
“Anche tu sei simpatica”.
Kate le strinse
la mano. “Forza,
cerchiamo un libro”.
Alexis
saltellò e la trascinò
dentro alla sezione per bambini, chiacchierando eccitata, lo
sfinimento di poco prima ormai dimenticato. Kate si sentì
più
leggera, più giovane. L'intero incontro era surreale, e il
suo
comportamento di certo rientrava nella categoria. Ma la bambina che
esaminava ogni scaffale trascinandola qua e là era dolce, e
vivace e
innocente. E dopo aver
inseguito ladri e criminali per tutta la settimana, c'era qualcosa di
stranamente confortante nell'essere la persona più
fantastica per
quella piccola creatura.
Alexis si
fermò davanti ad una
collezione di Shel Silverstein
e prese in mano un libro. “Possiamo leggere questo?”
“Certo”
rispose Kate “Dove
vuoi sederti?”
“Le beanbags*
sono
le mie preferite” disse timidamente.
Kate sorrise.
“Anche le mie”
Trovarono
una
beanbag abbastanza
ampia per entrambe sul retro della sezione. Kate si sedette e Alexis,
felicemente, si lasciò cadere sulle sue gambe, appoggiandosi
contro
di lei, completamente a suo agio. Kate aprì il libro e lo
tenne
aperto di fronte a loro.
“Me
lo leggeresti?” Alexis
chiese a bassa voce, con timidezza.
“Certamente”
rispose Kate, e
sentì Alexis rilassarsi alla sua risposta “Questi
sono da leggere
ad alta voce. Puoi aiutarmi”
Alexis
annuì e lessero una
storia dopo l'altra; Kate era deliziata dalle risate e dai commenti
della bambina seduta in braccio a lei. Era contenta e divertente, e
seguiva Kate pagina dopo pagina. Aveva amato questi libri da bambina,
e c'era qualcosa di.. nostalgico.. nel riscoprirli quel giorno,
lì,
con quella bambinetta che si fidava di lei tanto da volere che la
tenesse al sicuro e felice per tutto il pomeriggio.
Alla fine gli
interventi di
Alexis si fecero meno frequenti e si addormentò, la testa
ciondolante contro il suo torace. Kate la guardò e
sospirò,
rilassandosi nella beanbag.
Era seduta a Barnes and Noble con la figlia di Richard Castle
addormentata tra le sue braccia. Distrattamente passò una
mano tra i
capelli della bambina e osservò gli scaffali che le
circondavano.
Lei e sua madre l'avevano mai fatto quando era
piccola?
Erano spesso andate in biblioteca, se lo ricordava. Ma si era mai
addormentata in una libreria? Certamente
non l'aveva mai fatto con qualcuno che conosceva a malapena, ma i
suoi genitori, felicemente sposati, non erano scrittori famosi.
Kate
lanciò uno sguardo ad
Alexis. Era giovane, spensierata e innocente. Tutto ciò che
Kate non
provava da un pezzo. Era a malapena in grado di camminare lungo la
strada senza la sensazione che qualcuno la stesse seguendo. Ma questa
bambina aveva trascorso solo dieci minuti con lei e già la
riteneva
sicura. Anche suo padre però, e questo era forse merito del
distintivo. Avrebbe dovuto dirgli di non credere sempre alle persone
con un distintivo. Alexis si mosse su di lei e la sua mano si
aggrappò ai jeans di Kate.
Lei sorrise e
dondolò un po'
avanti e indietro. Si sarebbe preoccupata di tutto questo
più tardi,
quando Castle -Rick-
avrebbe finito di autografare libri. In quel momento voleva solo
godersi il tempo con quella bambina. Non sapeva cosa sarebbe
successo, ma aveva trovato una sorta di conforto in Alexis, un
conforto che era mancato.
Il suo
cellulare suonò e lei si
mosse per estrarlo dalla borsa. Guardò lo schermo e
trovò un
messaggio di Madison.
Okay, quello che cavolo era?
Note dell'autore (FanficwriterGHC)
*Beanbags: grossi cuscini imbottiti di polistirolo.
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo
autore è straniero e a gestire questo
account è la persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se
vuoi pubblicare su questo sito una
traduzione di questo autore, e hai il suo permesso, inviami almeno il
primo capitolo della traduzione completa (nel caso di fanfic one-shot,
tutta la one-shot tradotta). Allora ti fornirò la password
per accedere a questo account'
Note della
traduttrice (Sara Izzie):
Salve a tutti :) Sono certa che molti di voi
conoscono la fanfiction "Of Finding Innocence". Io me ne sono
innamorata sin dal primo capitolo, e mi è venuta la pazza
idea di tradurla. Dopo aver contattato Emma, l'autrice della storia, ed
avere ottenuto la sua approvazione, eccomi qui.
Ho cercato di attenermi il più possibile
all'originale, benchè ritengo sia impossibile tradurre
letteralmente molte espressioni senza alterarne la sfumatura. Come
avrete notato, ho mantenuto l'appellativo "pumpkin" che
Castle attribuisce ad Alexis, così come le beanbags, di cui ho
fornito una brevissima spiegazione nella nota.
Vorrei sapere cosa ne pensate della traduzione e ovviamente
sono ben accette le critiche!
Sara
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Capitolo 2 *** CHAPTER 2 ***
CHAPTER
2
Kate sospirò.
Madison si sarebbe
divertita un mondo con questa storia.
Li ho incontrati fuori dal bagno. Lunga storia. Ti
chiamo dopo.
Scrisse goffamente il
messaggio, non
ancora abituata a cercare le parole già memorizzate, e
premette
'invio'. Poi si rilassò, togliendo il libro dalle mani di
Alexis. Lo
posò su uno scaffale vicino e fece scivolare il cellulare
nella
borsa. Madison sarebbe stata insopportabile, e Will.. oh,
wow.
Come l'avrebbe spiegato a Will? Batteva già abbastanza sul
fatto che
lei leggesse quei libri, e l'aveva punzecchiata spietatamente per
giorni quando aveva saputo che anche lei voleva farsi autografare il
libro.
In realtà, in retrospettiva, da un po' di
tempo ormai stava
prendendo le distanze. Kate si stava preparando per diventare
Detective, riusciva a cogliere al volo i dettagli. Royce le aveva
sempre detto che lei era la migliore che avesse mai addestrato in
queste cose. Mordicchiò una delle sue cuticole.
Royce.
Scosse la testa. Royce
era finito
chiuso in un cassetto con sua madre – quel cassetto a cui lei
cercava di non pensare.
Un'ombra si
avvicinò. Kate alzò gli
occhi e vide Rick lì in piedi che sorrideva; pareva stanco
ma
stranamente compiaciuto della visione che gli era capitata davanti. E
questo non aveva forse causato una strana sensazione nello stomaco di
Kate?
“Finalmente
è crollata eh?”
“Si, siamo quasi
arrivate a metà di
Where the Sidewalk Ends e si è
appisolata” ridacchiò Kate,
muovendosi leggermente così da poter parlare con lui senza
disturbare Alexis.
Lui si sedette e
appoggiò la schiena
contro uno scaffale, passandosi una mano tra i capelli. “Non
so
come ringraziarti” mormorò.
“Non è
stato affatto un problema. E'
una bambina fantastica, C-.. Rick” rispose lei incespicandosi
sul
suo nome, e lui sorrise. Ma cos'altro poteva aspettarsi? Lui
era
il suo scrittore preferito. Grazie al cielo non era necessario che lo
venisse a sapere.
“Non è
stata la giornata degli
autografi che ti eri immaginata, suppongo?” chiese.
Lei scosse la testa.
Nemmeno
lontanamente. “No, decisamente no. Ma ho trascorso un buon
giorno
libero”
“Quindi.. sei un
agente di polizia?”
“Mi sto
preparando a diventare
Detective, in realtà” lo corresse lei con un
pizzico d'orgoglio.
“E' incredibile.
Non sei giovane per
diventare Detective? Estremamente, estremamente giovane?”
Arrossì. Lo
era. Ma Roy Montgomery
aveva visto qualcosa di particolare in lei e le aveva offerto il
posto la settimana prima. Ci sarebbero voluti altri due anni prima di
diventarlo ufficialmente, ma tutti già ne parlavano alla
Omicidi -la
ragazza che avrebbe lasciato tutti stupefatti. Sperava
di poter essere all'altezza delle aspettative.
“Si, sono
giovane, ma il Capitano è
convinto che io sia brava” rispose con un'alzata di spalle,
un po'
imbarazzata per averglielo detto e per il fatto che lui la stesse
osservando con così tanta curiosità.
“Ti ci vedo nei
panni di Detective”
disse lui prendendola in considerazione “Probabilmente
saresti
brava anche negli interrogatori”
“Pensi questo
solo guardandomi mentre
tengo in braccio tua figlia? Santo cielo, voi scrittori siete
strani”
Lui rise. Aveva una bella
risata. “Touché. A proposito
della bambina, devi.. non
posso chiederti di..”
“Posso rimanere
qui ancora per un
po'” lo interruppe lei. Era comoda e rilassata, molto
più di
quanto era riuscita ad ottenere dopo aver trascorso settimane
camminando e costringendosi a dormire più del dovuto.
“Ho il tuo
libro. Farei lo stesso a casa, ma senza la coperta”
Lui le fece un timido
sorriso. “Non
avevo intenzione di portarla qui”
“Sembra che tu
non abbia avuto molta
scelta. Alexis ha detto che la nonna era impegnata..?”. Che
cosa
c'era di così speciale in quei due da convincerla a fare
domande?
Non intratteneva mai una conversazione a meno che non fosse
costretta; non era una persona loquace ma si sentiva a proprio agio
con lui. Perché?
“Mia madre
è un'attrice e ora è ad
uno spettacolo pomeridiano”
“Martha Rodgers,
giusto?”
Lui incontrò i
suoi occhi. “Giusto”
“Ha ricevuto
delle recensioni
positive”. Lei e suo padre seguivano il teatro, e lui aveva
sempre
ammirato il lavoro di Martha Rodgers. Ma ora.. no, quel
giorno non
era il giorno adatto per pensarci.
Rick sorrise.
“Si, sta andando bene”
“Ottimo”
disse lei piano.
“Già..”.
Calò il silenzio, e lui
lanciò un'occhiata all'orologio. “Ancora cinque
minuti”.
“Sembri
esausto” osservò lei,
anche se ciò che l'aveva fatta parlare andava oltre il suo
controllo.
“Ha!
Grazie” rise lui “Mi fa
piacere sapere che sono presentabile oggi”
Lei scosse la testa.
“No, non... in
senso negativo, solo.. senza quel sorriso e il talento artistico,
sembri un padre che ha trascinato la sua bambina in giro per il paese
e ha speso metà del suo tempo lavorando”. Perché
quello
non era per niente inappropriato..
“Detective,
eh?” chiese con calma,
sorridendo. “Però si, sono sfinito. Voglio solo
andare a casa,
darle da mangiare e andarmene a dormire per sempre”
“Ne hai altri
questa settimana?”
“Quattro”
sospirò lui “In tutte
le librerie più grandi della città”
“Lo sai, per
quello che ho letto su
di te.. non ne sembri molto entusiasta”. Le feste,
il fascino –
Richard Castle era apparentemente uno scapolo in cerca di una preda.
Ma quest'uomo non pareva assolutamente come il playboy che il
'Ledger' presentava. Pareva soltanto Rick,
un
uomo con una figlia e molto a cui pensare.
“Abbiamo
trascorso alcuni mesi
difficili..” disse a bassa voce, guardando Alexis.
Kate annuì con
apprensione. Ma
questa volta non avrebbe curiosato. Non importava quanto si sentisse
a suo agio con lui in quel momento.. non poteva chiedergli del suo
divorzio o di complicate procedure legali. “Forse
dovresti
andare” disse lei qualche minuto dopo, dando un'occhiata al
suo
orologio.
Fece un breve cenno col
capo. “Grazie
davvero, non hai idea di quanto tu mi stia aiutando”
Kate si limitò a
sorridere. “Non c'è
problema. Torna quando hai finito”
“Soltanto
quarantacinque minuti, lo
prometto”. Lei poteva persino vederlo rimettersi la maschera
da
spavaldo.
Intrigante.
Non avrebbe dovuto
pensarlo.
“Io sono a posto.
Vai ad
autografare”.
Lui le strinse il piede e
poi si alzò,
si passò le mani sulla giacca sistemandola e uscì
a grandi passi dalla sezione per bambini. Kate lo osservò
camminare, incerta su
cosa pensare. Ecco quest'uomo, dipinto come il playboy tra
gli
scrittori di gialli; era solo un uomo normale con una figlia, che
cercava di fare del suo meglio come genitore single. Il suo
piede
era ancora caldo nel punto in cui lui l'aveva toccata, sulla
caviglia, e un sorrisetto le apparve sul volto. Non era un
playboy
-o almeno non era uno stronzo-, ma era.. qualcosa
che non poteva definire con precisione.
Kate si strinse nelle
spalle ed
estrasse dalla borsa Storm Season, aprendolo sul
retro della
copertina per leggere la sua dedica:
A Kate,
Sorridi. Il mondo dovrebbe vederlo. E ridi, hai una
risata
bellissima.
Rick
Sorrise e si
mordicchiò il labbro
inferiore, le guance in fiamme. Avrebbe conservato quel libro per
sempre. Alexis si mosse leggermente su di lei e sospirò,
girando la
testa. Kate voltò pagina, reimmergendosi nuovamente nella
storia.
Quei libri l'avevano salvata tre anni prima, quando la situazione era
diventata così negativa che pensava non ne sarebbe mai
uscita.
Quegli omicidi che venivano risolti, che avevano una motivazione e
che ottenevano giustizia.. le davano speranza.
E ora, presto, avrebbe
potuto aiutare
altre persone a sperare di nuovo. E aveva la figlia del suo scrittore
preferito addormentata in braccio a lei. La vita era strana.
Scosse
la testa e si perse nell'ultima avventura di Derrick non accorgendosi
nemmeno del tempo che era passato, fino a quando un'ombra si
avvicinò
di nuovo a loro. Sbatté le palpebre e alzò lo
sguardo, ritrovandosi
faccia a faccia con Richard Castle.
“Hey”
mormorò lei, piegando la copertina all'interno del libro e
lasciandolo scivolare rapidamente dentro la borsa.
“Hey”
rispose lui sorridendo “La prendo io”.
“Forse
dovresti svegliarla così può andare di nuovo al
bagno” suggerì
Kate mentre lui si chinava “Ci vorrà molto per
arrivare a casa con
questo traffico”. La prospettiva di ciò non la
entusiasmava. Una
delle parti migliori dell'essere un poliziotto era sfilare in mezzo
al traffico, e non le
importava quanto questo la rendesse infantile. Ma non poteva farlo
per alcun motivo; aveva degli obblighi morali.
Lui
annuì. “Hai ragione. Hey,
Lex..” disse lentamente, accarezzando il volto della bambina
“Alexis, tesoro, svegliati”
“Papà?”
“Hey,
dormigliona..” sorrise
lui, mentre lei sbatteva le palpebre e si stropicciava gli occhi.
“Io
e Kate stavamo leggendo
una storia..” gli disse lei, la voce incerta a causa del
sonno.
“L'ho
notato. Pronta per
andare a casa?”
“Devo
andare al bagno..”
mormorò.
“Te
l'avevo detto” sorrise
Kate.
Rick
scoppiò in una risata
fragorosa. “Si, sei veramente brillante! Andiamo
tesoro”. Si alzò
e le tese una mano tirandola verso di sé, mentre Kate la
sostenne
per la schiena fino a quando non fu in piedi.
Kate si
alzò a sua volta e
raccolse la sua borsa, seguendoli fuori dalla sezione per bambini.
Erano proprio vicino ai bagni; vide Rick dare ad Alexis una pacca sul
sedere e mandarla in bagno.
“Sono
qui fuori, chiamami se
hai bisogno”.
“Si
papà” sospirò Alexis.
Entrò
in bagno, e lui si voltò
verso Kate. “Non mi permette più di portarla nel
bagno degli
uomini”.
“La
dolce età
dell'indipendenza, eh? Come fa a lavarsi le mani da sola?”.
Kate
cercò di immaginarselo ma non ci riuscì. Come
aveva fatto lei da piccola?
Lui
spalancò gli occhi. “Immagino salti sul ripiano
del lavandino”.
Esattamente
così. E le
piaceva.
“Vuoi
che vada a controllare?” chiese lei; perché -anche
se Kate si era
divertita a lottare per l'indipendenza nel lavarsi le mani- Rick non
sembrava molto entusiasta all'idea.
Sospirò.
“No, no. Devo lasciarle spiccare il volo, giusto?”
“Se
la caverà”
Lui
annuì. “Raramente mi dà
problemi”.
“E'
una bambina deliziosa, Rick” gli disse, spostando il peso da
un
piede all'altro.
Lui
le sorrise. Un sorriso diverso, questa volta. Invece del sorriso a
trentadue denti che riservava alle sue fan questo era più
calmo ed
esprimeva gratitudine, e lei non sapeva cosa pensare, soprattutto
perché aveva un ragazzo e quelle
farfalle nello stomaco non ci sarebbero dovute essere..
“Grazie.
Sembra più felice.. voglio dire.. quasi non ci conosciamo
ma.. è
solo.. questa settimana è stata particolarmente dura, ed
è
fantastico vederla sorridere”
Kate
allungò una mano e strinse il braccio di lui. Lei
cosa? “Andrà
tutto
bene”.
Lui
sospirò e le prese la mano quando lei la lasciò
cadere. “Ti
ringrazio”.
Rimasero
lì per un interminabile momento, fissandosi a vicenda. Kate
non
avrebbe potuto descrivere quello che stava succedendo, ma significava
qualcosa. Quella
mano era
grande, calda, accogliente. Teneva la sua in modo familiare, ma non
romantico. Erano solo.. due amici? Lo erano, dopotutto? Conoscenti
che si prendevano cura a vicenda dei loro -o meglio, di sua- figlia?
Alexis spuntò fuori dal bagno, interrompendo quella lunga
serie di
domande confuse.
“Fatto,
papà” cinguettò.
“Fantastico,
pumpkin”
disse Rick lasciando cadere la mano di Kate per accovacciarsi.
“Salta
sulle mie spalle, scimmietta!”
Alexis
ridacchiò e si arrampicò sulle sue spalle,
ridendo quando Rick
emise un grugnito e si alzò.
“Non
sono pesante papà!”
“Se
lo dici tu” sbuffò lui drammaticamente
“Pronta per andare?”
“Viene
anche Kate?”
Kate
sgranò gli occhi e l'espressione sorpresa di Rick
incontrò la sua.
“Io.. ah.. non lo so, tesoro”
Aveva
dei piani con Will
quella sera. “Non
posso Alexis, ma ti ringrazio” sorrise lei. Cos'era
quel senso di delusione che percepiva nello stomaco? Per cosa? Per
non poter seguire quella graziosa bambina a casa e continuare a
parlare con il suo misterioso padre?
“Okay,
ma.. presto?”
Kate
spostò lo sguardo da Alexis, che era speranzosa, a Rick, che
pareva
confuso. “Io..”
“Ecco”.
Cercò qualcosa nella tasca ed estrasse due foglietti di
carta e un
pennarello. “Mi lasci il tuo numero e io ti lascio il
mio?”
Era
passata da ottenere il suo autografo ad ottenere il suo numero di
telefono. La giornata aveva preso una direzione totalmente diversa da
quella che lei si era immaginata. Afferrò il foglio e
buttò giù il
suo numero, porgendoglielo insieme al pennarello ed intascando il
suo. Santo
cielo.
“Così
possiamo invitarti a cena?” chiese Alexis felice.
Aveva
il numero personale di
Richard Castle e sua figlia voleva che andasse a cena da loro. E lei
voleva andarci. “Si”
annuì Kate sorprendendo persino sé stessa
“Mi piacerebbe,
Alexis”. Le
sarebbe veramente piaciuto.
Una
voce che ambiguamente pareva quella di Madison rideva a crepapelle
dentro la sua testa.
“Faremo
in modo che accada allora” sorrise Rick.
“Oh..” il suo sorriso
svanì all'improvviso “Sono fuori tutte le sere
questa settimana
per firmare autografi e per i gala della stampa”
“Vuoi
dire che non sarai a casa per portarmi a letto?” chiese
Alexis, la
voce cadendo insieme al suo sorriso.
“Oh,
pumpkin..” sospirò Rick “Solo per
qualche notte questa
settimana. Ma la prossima sarò tutto tuo”
“Okay
papà..”
Kate
sorrise ad entrambi e fu colta di sorpresa dal suono del suo
cellulare. “Scusatemi” disse cercandolo nella
borsa. “Pronto?”
“Kate,
baby! Dove sei?”
Giusto.
Will. Il suo ragazzo.
Dovrebbe tornare a casa da lui. “Sono
ancora in libreria, sarò a casa tra poco, okay?”.
Ci fu un sospiro
dall'altra parte. “D'accordo. Sarà meglio che tu
sia riuscita ad
avere quell'autografo..”
“Oh,
non ne hai idea” ridacchiò lei “A
dopo”. Riagganciò il
telefono e alzò la testa incontrando i loro occhi.
“Scusate”
“Nessun
problema” sorrise Rick “Quindi.. magari la
settimana prossima..?”
“E'
perfetto” rispose lei mentre camminavano verso l'uscita della
libreria.
“Hai
giorni di preferenza?”
Kate
alzò le spalle. “Fammi sapere quando va bene per
te, e vedrò cosa
posso fare”. Lui aveva la bambina e lei lavorava decisamente
troppo; o almeno, era quello che pensavano tutti.
“Fino
alla settimana prossima?” chiese Alexis impaziente, e
indugiarono
sulla porta.
“Mi
dispiace Lex” replicò il padre “Ma non
è poi tanto lontano”
“E'
tantissimo invece..” sospirò lei
“Prometti che verrai da me la
settimana prossima?”
Kate
annuì. Non
avrebbe potuto deludere questa bambina. Non l'avrebbe sopportato.
Come si poteva abbandonarla? “Te
lo prometto Alexis”.
“Piacere
di averti incontrata, Kate Beckett” disse Rick, porgendole la
mano.
Lei la strinse, e le loro mani rimasero unite probabilmente
più a
lungo di quanto fosse socialmente accettabile. “La nostra
macchina
è qui fuori Alexis”.
“Ciao
Kate!” sorrise la bambina “E' stato un piacere
conoscerti”
“Anche
per me Alexis” rispose Kate sorridendo a sua volta.
“Altrettanto”
aggiunse Rick.
“A
presto” disse lei. Un attimo dopo si erano lanciati sotto la
pioggia. Stava
piovendo?
Li
guardò salire in macchina, il volto di Alexis che spuntava
dal
finestrino per salutarla mentre l'auto si allontanava.
Respirò
profondamente. Il libro pesava dentro la sua borsa e il pezzo di
carta con il suo
numero premeva contro la gamba di Kate. Aveva
davvero trascorso la giornata con Alexis Castle? Si, l'aveva fatto.
Lasciò
la libreria e attese sotto la tenda, sorridendo mentre chiamava un
taxi. Diede all'autista il suo indirizzo e si sedette sul sedile
posteriore, guardando attraverso il finestrino la città che
le
passava accanto. Si
sentiva libera da qualunque preoccupazione. Si sentiva felice
per
la prima volta da
molto tempo. L'improvviso rimorso che sembrava sempre voler smorzare
la sua felicità o la sua risata non arrivò mai.
Si sentiva invece
soltanto leggera e speranzosa. Era strano.
Arrivarono
al suo
palazzo,
e pagò l'autista prima di salire le scale. Fece un cenno al
portiere
quando entrò e si infilò nell'ascensore,
asciugandosi i capelli
bagnati. Stavano
diventando lunghi. Doveva forse tagliarli?
Giunse
alla porta d'ingresso e la aprì, sorridendo non appena
percepì
l'aroma di cibo cinese che riempiva l'appartamento.
“Hey”
esclamò, appendendo la giacca.
“Hey”
la accolse Will avvicinandosi a lei con la spatola tra le mani.
“Sto
facendo riscaldare gli spaghetti e cucinando la mia salsa”
“Mmm..”
rispose lei sporgendosi per baciarlo. “Ha un profumo
delizioso”
Lui
alzò le spalle. “Niente di speciale”
rispose con un piccolo
sorriso. Gli
piaceva
così, a proprio agio nella sua cucina.
“Lo
è comunque”. Lo seguì in salotto e si
fermò per estrarre Storm
Season
dalla borsa.
Passò le dita sopra la copertina del libro. Che
giornata..
“Hai
avuto l'autografo, quindi?” chiese Will guardandola mentre
riponeva
il libro sullo scaffale.
“Si”
rispose lei passandosi una mano sulla schiena. L'aveva
fatto autografare, aveva trovato una piccola amica e incontrato un
uomo che era riuscito a calmarla, che aveva placato la confusione
nella sua testa..
“Ci
sei rimasta a lungo. Cosa ti ha trattenuta? Non mi dire che sei
rimasta in fila per più di quattro ore!”. La voce
di Will la
riportò alla realtà. Anche
lui riusciva a calmarla, ma in maniera diversa.
Il suo sorriso era scherzoso e lei scosse la testa; riusciva
a calmarla con i suoi sguardi e le sue labbra.
Kate
alzò gli occhi al cielo e si avvicinò alla
bacheca vicino alla
cucina, senza la minima intenzione di venire stuzzicata. Estrasse il
foglio di carta di Rick e lo appese. “L'ho conosciuto, in
realtà”.
“Intendi
che hai avuto l'autografo?” chiese Will voltandosi di nuovo
verso
la salsa che cuoceva sul fornello, lanciando un'occhiata inquisitoria
al foglio.
“No,
mi sono imbattuta in lui e sua figlia dopo essere uscita dal bagno.
Anzi, lei si è imbattuta in me” si corresse Kate
posando i piatti
sulla tavola e cominciando ad aprire i contenitori del cibo.
“Sul
serio?”
“Sul
serio” ripeté lei con una risata di fronte alla
sua espressione
incredula.
“Quindi..
hai incontrato questa bambina, e poi che hai fatto? Dato un'occhiata
in giro?”
“No,
io.. heh, qui arriva la parte divertente.. diciamo che.. le ho fatto
da babysitter per il pomeriggio..?”. Giusto.
Si era dimenticata quanto sarebbe stato imbarazzante spiegare questo.
“Doveva
andare al bagno e lui doveva tornare al tavolo per autografare i
libri, quindi l'ho presa io, no? Cercavo di essere gentile. E poi,
lui e la sua.. Paula? Non ho idea di quale sia il suo ruolo. Ma
comunque, stavano litigando per lei ed era così triste, ed
era il
mio giorno libero.. quindi, per dirla tutta, si è
addormentata in
braccio a me su una beanbag
e
sono rimasta lì fino
alla fine”.
Già,
quella spiegazione a ruota libera non le avrebbe fatto ottenere alcun
punto. Doveva
vincere
punti? Quanto era strano?
Kate si concentrò sul riso nel suo piatto, mentre Will
ripensava a
tutto ancora una volta. Sentire
se stessa spiegarlo.. era stato davvero così strano come
pensava
sarebbe stato.
“Fammi
capire” esordì Will, guardandola da sopra la
propria birra “Hai
trascorso l'intera giornata con una bambina che non hai mai
conosciuto prima che per caso è proprio la figlia di uno
scrittore
di cui dovrei probabilmente essere geloso?”
“Will..”
rise Kate.
“Oh,
andiamo. Vai a letto con i suoi libri più di quanto tu non
faccia
con me”
“Ora,
questo non è corretto” ridacchiò lei
“Tu sei qui decisamente
meno di loro!”
Anche
lui rise. “Sul serio, Kate.. era suo il foglio che hai
appeso?”
Lei
annuì, all'improvviso divenuta molto più timida.
“Mi hanno
invitato a cena da loro la prossima settimana”.
Lui
era confuso. “Cosa?”
“Non
è difficile da capire, Mr. FBI” scherzò
lei.
“Vai
a cena da loro?”
“Si,
quindi?” chiese, trangugiando anche la seconda
metà del suo egg
roll.
“Alexis mi ha
invitata”.
Decise
che non c'era nulla di strano. Era un innocuo invito di una bambina.
E anche se Rick era attraente e in un certo modo affascinante, lei
aveva Will e lo amava. E il tradimento, anche solo provare qualcosa
per qualcun altro, non era quello che lei aveva in mente.
“Alexis
è la bambina?”
“Si”
“Non..
sto cercando di immaginarmi tu, legata così tanto ad una
ragazzina
in meno di un giorno, che sei persino disposta ad andare a cena a
casa di un uomo qualsiasi..”
Kate
roteò gli occhi. “Non è un
uomo
qualsiasi, Will.
E' Richard Castle, e sua figlia è la creatura più
dolce del
pianeta”. Tra tutte le
cose a cui poteva pensare..
“Kate,
tu non cammini nemmeno per strada guardando avanti”
Kate
era adirata. Era la
verità ma.. doveva proprio sollevare la questione in quel
momento?
“Will
andiamo, non è la stessa cosa”.
“Lo
so. Sono solo sorpreso che tu voglia fare questo”.
“Will..”
sospirò lei, stanca ed irritata, e lo era sempre quando gli
altri
cercavano di intromettersi nei suoi problemi. Lui aveva cercato di
essere diretto all'inizio, ma poi, con il tempo, avevano sviluppato
questa sorta di danza e qualcosa di ciò la sfiniva sempre.
“Davvero
Kate. Anzi, lo vuoi sapere?” bevve un sorso e le sorrise.
“E' una
cosa buona”
“Cosa?”.
Aveva
cambiato
atteggiamento.
“Sembra
che tu stia meglio, lo sai?”
“Will,
il cambiamento improvviso d'umore? Non è
divertente”.
Lui
rise e lei si accigliò. “Niente cambiamenti
d'umore, solo.. sembri
più contenta oggi, Kate. Magari la bambina ti fa davvero
bene”.
Kate
annuì e tornò a concentrarsi sul suo piatto,
troppo frustrata dalla
giornata e dal suo comportamento per preoccuparsi di discutere. Anche
lui non aveva lavorato tutta la settimana. E a proposito di questo..
“Hey,
Will..”
“Si?”
“Perché
mangiamo qui?”
“Hmm?”
“Perché
stiamo mangiando qui, invece di andare fuori? Pensavo volessi
uscire”. Lei alzò lo sguardo ed
incontrò i suoi occhi. Oh.
Oh no. Conosceva quello sguardo e non voleva vederlo, perché
non
prometteva nulla di buono e a lei piacevano
loro due.
“Kate,
ho ricevuto quell'offerta oggi”.
“L'hai
avuta” ripeté lei piatta.
“Già.
Dai, Boston sarebbe magnifica, lo sai”.
“Will..”
Lui
posò la forchetta. “Sarebbe perfetto per te a
Boston, Kate. E chi
lo sa, forse ti promuoverebbero Detective anche
lì”.
“Will”.
Lo sapeva. Sapeva che se accettato l'offerta, lei avrebbe detto di
no. Lo sapeva. Ed erano lì, proprio dove lei sapeva che
prima o poi
sarebbero finiti. Ma
aveva sperato così tanto, forse egoisticamente, che quel
momento non
arrivasse.
“Per
favore? So che hai detto che ci avresti pensato. Dimmi che l'hai
fatto” la pregò lui, con gli occhi spalancati,
cercando i suoi.
Kate
annuì lentamente. Ma sapeva quale sarebbe stata la sua
decisione sin
dalla prima volta che avevano toccato l'argomento. “Ci ho
pensato”.
“E?”
Scosse
la testa. “No, Will. Non.. io ho la mia vita qui. E sono
appena
entrata nel Dodicesimo Distretto. Mi piace lì. Mi piace
Montgomery.
E ancora.. Will, non posso”. E
sua madre, e suo padre, e il totale caos che c'era nella sua vita.
Non poteva alzarsi ed andarsene. Non poteva.
“Kate”
la implorò lui, alzandosi e muovendosi intorno al tavolo
verso di
lei. “Per favore. Io.. devo farlo, per la mia
carriera”.
“Pensavo
ti piacesse il lavoro che avevi” mormorò Kate
“Pensavo ti
piacesse il tuo partner e New York. Perché hai bisogno di
cambiare?”. Stupide,
futili, egoistiche ragioni: ecco tutto quello che lei aveva.
“Questa
è un'enorme opportunità Kate”
“Lo
so” sospirò lei.
“E
sarebbe importantissimo per la mia carriera”
“Lo
so” annuì, e le mani di lui si posarono sulle sue
guance “Lo so
benissimo”.
“Quindi
devo andare. Ma Katie, potresti venire con me”.
“Non
posso”. E le spezzò il cuore, e anche quello di
lui, giudicando
dal suo tono di voce. Ma sapevano che lei non avrebbe mai accettato.
Lei sperava che, essendone cosciente, avrebbe sofferto di meno. Non
era successo. L'aveva colpita dritta al cuore.
“Per
favore, Kate?” sussurrò lui.
Lei
fece un grande respiro e incontrò di nuovo i suoi occhi, che
erano
stati il suo rifugio per sei mesi. “No”.
Lui
lasciò cadere le mani e rimase lì fermo, le
ginocchia contro le
gambe di lei, la testa piegata.
“Questo..
è tutto?”
“Potremmo
tentare una relazione a distanza” mormorò Kate.
“E
odiarci a vicenda ancora di più per questo?”
“Hai
ragione”. Lo sguardo di lei percorse il suo volto, il suo
torace,
le sue gambe. Era l'uomo
che aveva amato più di chiunque altro avesse mai incontrato.
E
stavano così bene insieme. Lui era accogliente e forte, e
sapeva
quando insistere e quando concedere spazio. E non erano perfetti, e
non trascorrevano tutto il tempo insieme, ma lui c'era stato. E lei
sapeva che le sarebbe mancato terribilmente una volta andato via.
“Non
voglio che le cose finiscano tra noi Kate”
“Nemmeno
io”. Posò una mano sulla sua gamba.
“Nemmeno io”.
“Allora?”
“Non
posso andarmene, Will. E non ti posso chiedere di rimanere per
me”.
La
prese per mano e la fece alzare, attirandola a sé.
“Ti amo”
sussurrò lui.
“Ti
amo anch'io” mormorò lei appoggiata alla sua
spalla, respirando il
suo profumo.
“Mi
mancherai da morire”.
“Lo
so”.
“Kate,
io..” si staccò da lei “Io non.. voglio
che tu sappia.. che io
non voglio andare, non voglio lasciarti”.
“Will”
sorrise lei passando una mano sui suoi capelli “Tu vuoi
questo più
di qualunque altra cosa, più di me. Va bene. Lo capisco.
Vorrei che
tu mi avessi chiesto veramente cosa intendessi fare, invece di dirmi
che te ne saresti andato. Ma è così”. I
suoi occhi divennero più
tristi e lei si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo
dolcemente
sulle labbra. Non
l'avrebbe invidiato. E avrebbe fatto lo stesso se la sua carriera
fosse giunta a quel bivio.
“Kate”
sospirò lui tirandosi indietro. Il dolore nella sua voce era
troppo
da sopportare.
“Quando
parti?” chiese lei.
“Tra
una settimana”.
Lei
respirò profondamente ed inspirò lentamente,
reprimendo le lacrime
che sentiva già nei suoi occhi. “Divertiti. Mi
scriverai?”
chiese lei cercando di sorridere, perché non voleva rendere
le cose
più dolorose.
“Quindi..
è finita?”. Sembrava sconfitto.
“Will,
io.. io non posso trascorrere una settimana così lunga, non
posso
darti l'addio interminabile. Facciamolo subito, okay?”
mormorò
lei.
Lui
annuì e si sporse in avanti per baciarla, attirandola
completamente
contro di sé e avvolgendo le sue braccia attorno a lei. Kate
sentì
la tristezza e il rimorso in quel bacio, e strinse tra le mani la sua
maglietta. Quando si staccarono per riprendere aria, lui
appoggiò la
propria fronte sulla sua.
“Sei
fantastica, Katherine Beckett”
“Anche
tu, Sorenson”. Si scambiarono un sorriso triste. Erano stati
amici
prima di tutto, veramente- due persone che capivano le
necessità
della vita al servizio degli altri e che si divertivano insieme anche
dopo molte ore.
“Ci
terremo in contatto?”
“Dipende
da te. Io sarò qui” disse Kate lentamente. Lui
la stava lasciando, e per quanto lei cercasse di accettarlo, faceva
male.
“Kate..”
“No,
Will. Non sono.. non sono arrabbiata”. Era
una menzogna?
“Lo
prometti?”
No.
“Si”.
Lui
fece un profondo respiro. “Dovrei.. dovrei andare. Mi
spedisci le
mie cose?”
“Si..”
annuì lei, mentre lui faceva un passo indietro e infilava
una mano
in tasca. Ne estrasse il suo portachiavi e entrambi osservarono le
sue dita togliere la chiave.
Lei
tese la mano e lui gliela porse.
Pareva
pesante sul palmo della sua mano.
Aveva
pensato, stupidamente,
che forse lui l'avrebbe tenuta per sempre.
“Ci
vediamo allora”.
“Sarò
qui” sussurrò lei, e sentì il dolore
nei suoi occhi diventare
sempre più forte.
Lui
afferrò la sua giacca e andò verso la porta.
“Ciao
Kate”
“Ciao
Will”.
E se
ne andò. La porta si chiuse e lei rimase lì da
sola in cucina,
ferma, a fissarla.
--Note dell'autore (FanficwriterGHC)---
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo
autore è straniero e a gestire questo
account è la persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se
vuoi pubblicare su questo sito una
traduzione di questo autore, e hai il suo permesso, inviami almeno il
primo capitolo della traduzione completa (nel caso di fanfic one-shot,
tutta la one-shot tradotta). Allora ti fornirò la password
per accedere a questo account'
--Note della traduttrice (SaraIzzie)---
Eccomi con il secondo capitolo, spero la traduzione vi sia piaciuta! E,
per quelli di voi che leggono questa storia per la prima volta,
ovviamente spero di essere all'altezza delle aspettative :)
Devo dire che, nonostante io abbia vissuto per un anno intero negli
States, molte espressioni risultano comunque parecchio difficili da
rendere in italiano, e richiedono una buona dose di pazienza e
creatività, ovviamente senza storpiare il significato
originale della frase.
Il terzo capitolo è già in fase di traduzione;
questa settimana sarà un po' impegnativa quindi non sono
sicura di riuscire a postarlo nel prossimo weekend, ma sicuramente lo
avrete entro un paio di settimane!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e come al solito fatemi
sapere cosa ne pensate ;)
Bye guys!
Sara
|
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Capitolo 3 *** CHAPTER 3 ***
CHAPTER
3:
“No
Madison, mi
dispiace”
“Ti
dispiace!?
Ti dispiace?! Kate, mi hai lasciata sola per quasi mezz'ora e poi
all'improvviso ti trovo dietro al tavolo a fare la carina con sua
figlia?! Aggiornami. Non m'importa che tu non abbia chiamato, solo..
santo cielo Becks, aggiornami!”
Kate
si lasciò
cadere sul divano e abbracciò un cuscino. Era rimasta
immobile in
cucina per molto tempo dopo che Will se n'era andato, e si era mossa
solo quando aveva notato che il suo cellulare vibrava. Aveva ricevuto
dieci messaggi da Madison. Così si era fatta forza e l'aveva
richiamata; le sue orecchie se ne stavano pentendo amaramente,
così
come il suo fragile stato emotivo. Era abituata alle delusioni; dopo
aver perso sua madre, il resto non pareva poi così male. Ma
lui
aveva significato molto per lei.
“Okay,
uhm..”
si passò una mano sul volto, il ricordo della giornata in
quel
momento era confuso. “Mi sono scontrata con Alexis, la
bambina,
fuori dai bagni. E poi Rick era.. lì.. abbiamo chiacchierato
per un
po'..”
“Aspetta..
Rick?”
Kate
arrossì.
Giusto, riguardo a quello.. “Quello viene dopo
ma.. si, ci
chiamiamo per nome”.
“Ho
così tante
domande! Così tante!”
Kate
alzò gli
occhi al cielo. “Vuoi farle tutte ora, o ascoltare prima
tutta la
storia?”
“Tutta
la storia. Vai avanti, per favore”.
“Okay,
dunque..
stiamo chiacchierando e la guardia della fila gli sta lanciando
un'occhiataccia indicando l'orologio quando Alexis dice che ha
bisogno di andare al bagno”
“Tempismo
perfetto”
“Hey”
rise Kate “Ha solo sette anni. Solo”.
“Quanto
sei
legata a questa bambina?”
Kate
arrossì di
nuovo, ma Madison non poteva vederla. Kate non aveva una risposta
adatta nemmeno a questo, non si era mai sentita tanto a suo agio con
qualcuno fin dal primo momento. “Comunque.. mi sono offerta
di
accompagnarla al bagno, così lui sarebbe potuto tornare al
tavolo”.
“E
te l'ha
permesso?”
“Il
distintivo aiuta. Anche se dovremo parlare di questo”. Si
mordicchiò il labbro. Forse non era sempre così
confidente;
sembrava un bravo padre. Ma
ripensandoci.. chi manda il proprio figlio in bagno con una donna
sconosciuta? Ma ancora..
“Okay,
paranoid
Polly.
Più
sicurezza dopo, più chiacchiere ora” intervenne
Madison
interrompendo i suoi pensieri.
Kate
rise. “Ecco..
io e Alexis abbiamo parlato. Le piacciono le mie scarpe, vorrebbe
essere alta come me.. poi siamo tornati al tavolo passando dal retro,
più o meno quando sei arrivata tu”.
“Wow,
Becks. Hai
avuto la giornata da sogno..! Ti ha autografato il libro?”
“Oh,
si. L'ha fatto prima che portassi Alexis in bagno”. E
poi le aveva sorriso e scritto il messaggio più bello..
“Carino
da parte
sua”
Kate
sorrise. “Ha
detto che era il minimo che potesse fare per non aver urlato contro
sua figlia”.
“Sembra
che lui
ti piaccia, e anche sua figlia”.
“La
bambina è
adorabile, e Rick.. è interessante”. Non
stava più con Will.
Lui poteva essere attraente ed affascinante; ma lei non era ancora
pronta. Cavolo, non era nemmeno pronta a piangere per il fatto di
essere di nuovo sola.
“Quindi,
dopo
averla riportata indietro, cosa ti ha impedito di contattarmi per
un'ora?”. Il tono di Madison era accusatorio, ma Kate poteva
percepire anche il suo stupore.
“Ecco,
Paula..
la sua.. non so di preciso cosa faccia. Ma questa donna con l'accento
nasale comincia a stroncarlo per avere portato Alexis all'evento che
aveva programmato proprio dopo il loro volo di ritorno dalla
California. E Alexis è sul punto di sprofondare nella sedia,
sembra
così piccola e ferita e io..”
“Becks,
che hai
fatto?”
“Mi
sono offerta di leggerle qualcosa per le tre ore seguenti?”
disse
lei con tono innocente. E
tre, due, uno..
“Hai
fatto cosa!?”.
Kate dovette staccare il telefono dall'orecchio.
“Madison”
brontolò lei “Un po' di rispetto per le mie
orecchie, per favore”
“Scusa.
Cosa?
Hai fatto cosa!?” strillò attraverso il telefono,
con più calma,
ma non con meno entusiasmo della volta in cui Kate aveva dato il suo
primo bacio durante il primo anno di liceo.
“Sono
andata a leggere con una bambina triste che è appena tornata
dalla
California dove hanno avuto una visita intensa, e da quello che ho
capito, con sua madre, che non è più sposata con
il padre” disse
lei con calma. Aveva
fatto un bel gesto, e le aveva fatto bene.
“Katie..
sul
serio?”
“Non
è stato un
problema. Ho.. è stato divertente, Maddy. Lei è
veramente adorabile
e io.. ero felice? Non riesco davvero a spiegarlo”
Sentì
Madison
trascinarsi verso l'altro lato del divano e mettersi comoda.
“Okay.
Quindi
hai letto con la bambina.. per tre ore? Davvero?”
“Si
è
addormentata dopo la prima, quando ti ho scritto il
messaggio”
raccontò lei.
“Sei
rimasta
seduta con la bambina in braccio per due ore?”
“Ho
chiacchierato con Rick per un po', mentre era in pausa, e poi mi sono
messa a leggere”
“Comoda
nella
sezione per bambini eh?”
Kate
scosse la
testa. “E' stato bello. Non stroncarmi”. Non
voleva essere
presa in giro per quel pomeriggio. Aver rotto con Will certamente
aveva smorzato la felicità provata nella libreria, ma era
ancora lì
da qualche parte, e non aveva intenzione di rovinare quel ricordo.
“Non
ti sto
stroncando Becks”. Poteva praticamente sentire il sorriso di
Maddy
nella sua voce. “E com'è andata a finire? L'avrai
lasciata andare
prima o poi, a meno che tu non l'abbia portata via con te. Cosa che
dubito, dato che sei così dedita alla giustizia..”
Kate
rise.
“Grazie. L'ho restituita. E' andata al bagno mentre io e Rick
chiacchieravamo e poi.. uhm.. lui mi ha dato il suo numero e io gli
ho dato il mio. Ceniamo insieme la prossima settimana”. Non
credeva
proprio che la voce di Madison potesse essere più acuta di
quello
che era.
“Hai
un
appuntamento con Richard Castle!?”. Allontanò il
cellulare
dall'orecchio. Era totalmente fuori strada.
“Madison!
Abbassa il volume, diamine!”
“Scusa.
Ma.. sul
serio?”
“Non
ho un
appuntamento, Madison. Mi hanno invitato a cena da
loro- lui e
l'adorabile bambina con cui ho trascorso la giornata”. Era
solo
una cena, non un appuntamento. Non c'era nulla di squallido in tutto
ciò. E se avesse continuato a ripeterselo, sarebbe andato
tutto
bene. A quel punto, le sue emozioni non sapevano comunque come
comportarsi, e la prospettiva di una tranquilla e platonica cena era
stranamente confortante.
“Oh,
quindi
giocherai all'allegra famigliola”.
“Madison”
la
ammonì lei.
“Come
la
prenderà Will?”
Kate
sentì il
proprio sorriso svanire; si stava allontanando dalla
felicità per
avvicinarsi alla depressione. “Non importa
più” disse con calma.
“Oh,
Kate. Non
dirmi che..?”
“Ha
avuto
l'offerta”.
“E
ci andrà”.
Kate
annuì ed
esalò un breve respiro. “Già”.
“E
tu no”.
“No”
sospirò
lei. Non voleva piangere per lui. Erano stati benissimo
insieme e
avrebbe dovuto essere felice. Piangere non l'avrebbe fatto tornare:
l'avrebbe solo sconvolta di più. Anche se il suo terapista
l'aveva
rimproverata riguardo al fatto di tenersi tutto dentro, diceva che
prima o poi le sarebbe venuta un'ulcera. Ma stava bene. Aveva persino
cenato..
“Stai
bene?”
chiese Madison un minuto dopo con tono leggero e preoccupato.
“No,
ma.. lo
sarò. Supererò questo momento”. L'aveva
sempre fatto.
“Vuoi
che venga
lì? Che ti porti qualcosa da bere? Che faccia una bambola
voodoo?”
Kate
rise. “No,
io.. farò un bagno e poi me ne andrò a dormire,
andrò al lavoro..
passerà”.
“Kate,
non si
tratta di un raffreddore”.
“Lo
so!”.
Respirò profondamente cercando di controllare la voce.
“Lo so,
Maddy. Ma non posso fargli cambiare idea, e io non ho intenzione di
andarmene da qui. Quindi..”
“Già.
Mi
dispiace tesoro. E tutto questo dopo una giornata così
particolare..”
“Vero?”
Kate
ridacchiò debolmente “Ti chiamo questa
settimana?”
“Va
bene. Fammi
sapere se hai bisogno di qualunque cosa”
“Sto
bene Maddy.
Grazie per essere venuta con me oggi”.
Madison
scoppiò
in una risata: “Non è servito ad un bel niente. Ma
sono contenta
che tu li abbia incontrati, sembravi felice parlando di loro”.
Kate
alzò le
spalle. “Sono simpatici, vedremo”. Sperava
di potersi sentire
bene come si era sentita uscendo dalla libreria, quando li avrebbe
rivisti la volta successiva. Era stato bello e relativamente strano
camminare senza preoccupazioni, anche se per i soli venti minuti del
tragitto verso casa.
“Beh,
ora sei
single. Dovresti approfittarne”.
Kate
rise. “Uh,
no. Questa cosa riguarda la figlia, non il padre”. Rick
era una
parte di ciò, ma era Alexis quella che voleva vedere, e
Alexis era
colei che voleva vederla.
“Lui
è molto
attraente però”.
“Lo
è, ma ora?
Penso che abbia bisogno di un'amica, non di una ragazza. Non
è molto
entusiasta riguardo alla faccenda della madre”. Ricordava
la sua
espressione stanca e il modo in cui guardava la figlia; pensava che
non fosse un uomo pronto per una relazione in quel momento, e
certamente nemmeno lei lo era.
Madison
sospirò.
“Qualche volta sei troppo perspicace per il tuo bene,
Becks”.
“E'
così che si
diventa Detective” ridacchiò Kate “Ti
devo lasciare. Buona
serata Mads”
“Okay,
anche a
te. E fatti un bicchiere di vino, o qualcosa..”
“Buonanotte”
“'Notte
anche a
te, tesoro”.
Riattaccarono,
e
Kate lasciò cadere il cellulare sul divano. Si
guardò intorno, un
po' intontita. Dopo un po' si alzò in piedi e
andò a pulire i
piatti che avevano lasciato sul tavolo, gettando via tutto. Non
voleva mangiare avanzi di quella cena. Versò il vino e il
resto
della birra nel lavabo. Non aveva problemi a bere, non era
preoccupata che potesse diventare come suo padre, ma si rifiutarla di
usarlo come un mezzo per rifugiarsi dai propri sentimenti. Quello
era pericoloso.
Si
diresse in
camera e poi in bagno.
Poteva entrare
nella vasca. Ma poi
sarebbe rimasta lì ferma nell'acqua calda, a bere, e avrebbe
ricordato i bagni che aveva fatto con Will e come lui amasse la sua
vasca da bagno..
Si
levò i vestiti ed aprì l'acqua nella doccia, si
struccò e si lavò
i denti. La
doccia era
veloce, sarebbe stata pronta per il lavoro il giorno seguente. Dieci
minuti dopo aveva finito e in quindici minuti era già a
letto, con
la mente che lavorava febbrile ma allo stesso tempo vuota.
Passò
molto tempo
prima che riuscisse ad addormentarsi, l'altro lato del letto era
freddo. Sarebbe rimasto freddo per un po'. Il giorno dopo, forse,
avrebbe provato a dormire nel mezzo.
(…)
“Siamo
i più
fortunati!” brontolò Esposito “Immersi
nei cassonetti per
l'immondizia, cercando gioielli..”
“Sii
felice che
siamo nei cassonetti e non nelle fognature”
replicò Kate
guardandolo mentre si asciugava il sudore dalla fronte con la manica
della giacca, le guance scure di un forte colorito rosa per il clima
rigido e per il calore provocato dal rovistare in un maleodorante,
stretto bidone della spazzatura.
Esposito
si era
unito a loro circa sei mesi dopo di lei, trasferito dal 54esimo
distretto. Era bravo nel suo lavoro e talvolta lei lo trovava
divertente. Non erano migliori amici ma andavano d'accordo tanto
quanto due poliziotti costretti a lavorare insieme.
“Come
vuoi tu,
ma ad ogni modo.. cavolo, non vedo l'ora di diventare Detective e non
fare più tutto questo..”.
“Hai
ancora tre
anni davanti” sbuffò Kate “E non puoi
essere certo che non lo
farai anche allora”. La cosa non la infastidiva
particolarmente;
erano abbastanza coperti per restare liberi dai germi, e forse il
loro noioso lavoro sarebbe diventato la chiave per risolvere il caso.
Kate viveva di quei momenti. Facevano in modo che ne valesse la pena.
“Sarò
felice di
guardarti fare il tirapiedi per una volta, allora”
sogghignò lui
“Solo due anni per te”.
“Lo
so”. Due
anni a rovistare nella spazzatura, ma sarebbe valso a qualcosa.
“Ma..”
sospirò
e spostò un'altra borsa “Fino a quel giorno,
eccoci qui..”
“...a
rovistare
nei cassonetti dell'immondizia” concluse lei “Non
è poi così
lontano, no?”
Lui
tolse una
buccia di banana dalla giacca. “Se lo dici tu,
Becks”
“Non
chiamarmi
Becks, Espo”.
“Non
chiamarmi
Espo”.
Kate
alzò gli
occhi al cielo alle loro stravaganze, e continuò a
rovistare. “Ho
trovato qualcosa” esclamò, frugando in una borsa
che sembrava
essere stata infilata a forza nella spazzatura invece che gettata
lì.
Il luccichio di una catena metallica aveva attirato la sua
attenzione; infilò una mano ricoperta dal guanto all'interno
della
borsa di plastica, rifiutandosi di pensare alla viscida sostanza che
le era colata sul dorso della mano sinistra.
Le sue
dita si
chiusero attorno alla catenella di metallo e la estrasse dalla borsa
trattenendo il respiro. Qualsiasi cosa fosse, quella sostanza marrone
e fangosa stava marcendo e aveva un pessimo odore. Velocemente
infilò
la collana in una delle buste degli indizi e consegnò il
resto ad un
altro poliziotto, Karpowski, che lo portò via. Poi
saltò fuori dal
cassonetto, respirò per un attimo la fresca e rigenerante
aria
d'autunno e rapidamente si tolse i guanti, stando attenta a non
toccare il sinistro.
“Bel
lavoro”
sorrise Esposito “Sempre tu, eh?”
“Devi
mostrare
le tue migliori attitudini” ammiccò Kate.
“Piantala”
borbottò lui saltando fuori a sua volta e avvicinandosi a
lei. Si
levò i guanti ed entrambi li gettarono nel cestino dei
rifiuti
mentre tornavano alla macchina.
“Com'è
stato il
tuo giorno libero?”
“Piacevole.
Il
tuo?”
“Come
al solito”
rispose lui alzando le spalle “Ho incontrato una
ragazza”.
“E
non è
scappata?”. Esposito era conosciuto per il suo atteggiamento
'amale-e-lasciale', anche se lei era abbastanza sicura che lui le
facesse divertire prima di sparire. Non provava nulla di più
che
semplice affetto familiare per quell'uomo, ma aveva un bel fisico. E
alcune donne adoravano il suo “latin
lovin'”, come l'aveva
definito lui qualche giorno prima.
“Abbi
fede
Beckett” sbuffò lui “Le ho preparato la
colazione”.
“E
cosa le hai
preparato?”
“Pancakes”
“Ah..”.
Kate
rise mentre entravano nella macchina “Quindi,
bell'appuntamento?”.
Aveva imparato molto riguardo alla visione degli uomini sul sesso e
su ciò che accadeva dopo. E i pancakes erano sempre segno di
una
buona notte.
“Meglio
del tuo
bagno con libro” ghignò lui.
Kate
sorrise. Non parlava della sua vita privata al Distretto. Era troppo
complicato, e quel posto era comunque pieno di uomini.
“A ognuno il suo, Espo”
“Non chiamarmi Espo”.
(…)
Il resto della settimana passò in fretta, con
enorme sollievo di
Kate. Avevano avuto a che fare con tre omicidi che li avevano
impegnati a correre sulla scena del crimine e fare il solito noioso
lavoro. A Kate non importava, ma Esposito si lamentava abbastanza
spesso. Era in un certo senso calmante.. frugare
nei cassonetti, cercare indizi, essere parte della squadra. La
letteratura russa sembrava ormai lontana quando lei pensava alla sua
vita in quel momento.
Il suo
cellulare squillò proprio
mentre usciva dal Distretto la sera del sabato, avvolgendosi la
sciarpa intorno al collo. “Beckett” rispose.
“Kate?”
“Sono
io. Chi parla?” chiese
Kate entrando in macchina.
“Rick
Castle”
“Oh,
Rick.. ciao” rispose
Kate lentamente, senza prendersi la briga di mettere in moto la
macchina. “Come.. come stai?”. Perfetto,
balbettare era
fantastico. Andiamo.. era soltanto un uomo.
“Bene. Sono
appena tornato da un
evento stampa e ho una bambina molto ansiosa qui con me che non
desidera altro che invitarti a cena”
Kate rise e
sentì Alexis esclamare
“Si!” in sottofondo. La sua risposta fu immediata.
“Mi farebbe
molto piacere. Quando?”
“I tuoi giorni
liberi sono sempre di
martedì?” chiese lui.
“Lo
sono”
“Quindi.. che ne
dici di lunedì
sera?”
“Va bene,
si”. Pareva un bel
modo di cominciare la sua giornata libera. E dopo quella settimana
infernale avrebbe accolto qualunque momento di tregua i Castle le
avrebbero potuto dare. Sperava
che fosse un
momento di tregua.
“Sei a casa
ora?”
“In
verità sto tornando a casa dal
lavoro” rispose lei sistemandosi sul sedile e dimenandosi per
cercare di trovare la posizione più comoda. Qualche volta
c'era una
molla che le premeva contro la schiena: avrebbe dovuto cercare di
aggiustarla prima o poi.
“Sono le sette di
sabato sera” le
disse lui, come se lei non lo sapesse.
“Alcuni di noi
hanno un vero
lavoro, signor Castle” lo provocò lei.
Lo sentì ridere
dall'altra parte del
telefono. “Oh. Ouch, Detective Beckett. Mi hai
ferito”.
“Puoi piangere
quanto vuoi”. E
questa da dove le era uscita?
“Potrei. Kate
è cattiva” sussurrò
ad Alexis.
“Non dirle
così!” obbiettò Kate,
ridendo quando udì Alexis esclamare: “No che non
lo è!”
“Ottimo. Ho la
sensazione che non
vincerò mai con voi due intorno”
“Molto
probabilmente” sorrise Kate
“Perciò.. lunedì? A che ora?”
“A che ora esci
dal lavoro?”
“Beh,
non sono obbligata
a rimanere
dopo le cinque”
ammise. Non c'era nulla di sbagliato nel lavorare sodo. Tutto
ciò
che aveva affrontato per arrivare a quel punto avrebbe impressionato
per quanto era inusuale, ma lei non era mai stata brava ad
accettare suggerimenti sul fare le cose con calma.
“Ma di solito lo fai?”
Kate alzò le spalle. Era la cosa su cui tutti la
prendevano in
giro, ma era anche la ragione per cui Montgomery aveva già
deciso di
farla salire di grado. “Si, ma posso fare un'eccezione per
questa
volta”.
“Se non è un problema, intorno alle
cinque e trenta?”
“Buona idea, Rick” disse lei, cercando di
trattenere un
piccolo sorriso.
“Fantastico!”. Poteva percepire il suo
entusiasmo. “Lo dirò
ad Alexis. Aspetta, aspetta..”. Ci fu un'indistinta
conversazione
dall'altra parte. “Può salutarti?”
“Certamente” rise Kate.
“Ciao Kate!”
“Ciao Alexis! Come stai?”
“Bene, e tu?”
“Anche io tesoro. Stai passando un buon
weekend?”. Al telefono
sembrava così adorabile ed entusiasta come lei l'aveva
conosciuta, e
Kate realizzò che la sua voce aveva la capacità
di scrollare via la
tensione dalle sue spalle.
“Si! Papà ha detto che domani andiamo al
museo!”
“Sembra divertente”. Da quanto
tempo non andava in un museo
per qualcosa che non fosse un omicidio o inseguire un sospettato.
“Puoi venire?”
Kate sbatté le palpebre. “Oh, no. Tesoro
mi dispiace, ma devo
lavorare” Tesoro?
“Oh,
okay..”
“Ma
verrò per cena lunedì. Mancano
solo due giorni” la rassicurò velocemente. Quanto
era coinvolta
esattamente?
“Evviva! Okay,
papà rivuole il
telefono. A presto?”
“A
presto” rispose Kate.
Ci fu ancora movimento
dall'altra
parte. “Hey, perdonala. Tu le piaci”
“E' reciproco. Mi
dispiace di non
farcela, il museo sarebbe divertente”. Il museo
sarebbe
divertente?
“Devi lavorare,
al tuo vero
lavoro. Ho capito” disse lui con un falso sospiro.
“Hey! Non vale!
Ora tu sei
cattivo” rise lei.
“Tutto
è lecito. Tu l'hai fatto
prima”.
“Non ho
intenzione di cominciare una
discussione sul 'no, non l'ho fatto' con te, Rick
Castle”
affermò lei, anche se la cosa suonava decisamente
divertente.
“Allora sei una
donna intelligente.
Ho fatto molta pratica con questa che è qui con
me”
Kate rise nuovamente.
“Ne sono certa.
Ma sfortunatamente devo tornare a casa, i ragazzi mi stanno
fissando”
aggiunse, realizzando che la sua pausa prolungata sul marciapiede era
destinata ad attirare attenzioni indesiderate. Una volta resosi conto
che non sarebbero riusciti a portarla fuori a cena, e che nessun
incitamento l'avrebbe portata a letto, gli uomini del Dodicesimo
Distretto avevano cominciato a guardarla con interesse. Lei voleva
esserne lusingata, ma ogni volta finiva solo per esserne irritata.
“Cosa?”
“Sono nella mia
macchina”. Alzò lo
sguardo verso il Dodicesimo ed era abbastanza sicura che la squadra
notturna la stesse osservando dalla finestra. Che razza di
ficcanaso. “E tutti mi stanno guardando. Di solito
parto a
tutta velocità. Sto creando un'immagine abbastanza
curiosa”.
“Il Distretto
è tipo una boccia per
pesci rossi?”
“Per me? Si,
sfortunatamente. Ma..
ci.. ci vediamo lunedì?” annaspò lei
cercando le parole.
“Si. Oh, aspetta.
Hai bisogno del mio
indirizzo”
“Già”
annuì lei afferrando la
piccola agenda che teneva per gli indirizzi. “Dimmi”
“425 Broome Street in SoHo. Appartamento
504”
“Okay. Ci vediamo lunedì alle cinque e
trenta, allora” disse
Kate mentre scriveva l'indirizzo. Il suo appartamento doveva
essere favoloso, certamente quella era una parte molto bella della
città.
“Non vediamo
l'ora” rispose lui
“Passa una buona serata, Kate”
“Anche tu.
Salutami Alexis?”. Da
dove veniva questo? Che cosa le aveva ricordato di salutare anche la
figlia?
“Sarà
fatto”
“Ciao,
Rick”
“Ciao,
Kate”
Riagganciò e
rimase lì seduta per un
momento, cercando di trovare una spiegazione, prima di ricordarsi che
la stavano osservando. Alzò gli occhi al cielo e si
inserì nel
traffico.
Stava per andare a cena a casa di Richard Castle.
Aveva
chiamato sua figlia 'tesoro' e aveva battibeccato con lui. E, se non
andava errando, si sarebbe divertita con loro. Che diavolo stava
succedendo?
Tornò al suo
condominio e parcheggiò.
Si strinse nella giacca contro il freddo del vento di fine novembre e
si affrettò ad entrare, facendo un cenno a Barry mentre
passava. Lui
aveva sempre un sorriso per lei. Non poteva lamentarsi; c'erano stati
giorni in cui quel sorriso l'aveva trattenuta dal piangere mentre
saliva con l'ascensore.
Il suo appartamento era
freddo. Non
avrebbero acceso il riscaldamento finché non avrebbe
cominciato a
fare freddo, uno degli infiniti vantaggi del vivere a Manhattan. Si
tolse la giacca ed estrasse dalla fondina la pistola mettendola nel
cassetto, come sempre. Poi entrò in camera e si
cambiò, infilandosi
i pantaloni della tuta e la sua felpa -decisamente troppo grande-
dell'NYPD. Andò in salotto e si guardò intorno.
Aveva messo in uno
scatolone le cose di
Will e le aveva spedite il giorno prima; ora i tavoli sembravano
vuoti, così come gli scaffali. E nemmeno aveva poi
così tante cose.
Sospirò e aprì il frigorifero. Vuoto.
Fantastico.
Aveva due opzioni: andare
al
supermercato o mangiare popcorn per cena. Si accigliò mentre
si
guardava intorno. Non doveva mangiare popcorn per cena. Non
era
più accettabile. Erano tutti felici di vederla mettere su un
po' di
peso ed essere più sana; non voleva davvero tornare a fare
test
settimanali con il medico del Distretto ed essere assillata
quotidianamente dai suoi superiori. Si trovava bene nella Omicidi e
non aveva bisogno di tornare esattamente come ai tempi
dell'addestramento, quando le cose erano state terribili.
Estremamente terribili.
Il supermercato era appena
lungo la
strada, poteva andarci anche vestita così. Si
infilò un paio di
scarpe, afferrò le chiavi e il portafogli ed
uscì. La camminata fu
breve, ed era riuscita a guardare avanti come una persona normale
anche dopo aver attraversato due vicoli. Poteva farcela. Le
stava per venire il torcicollo, ma riuscì a controllarsi.
Comprò insalata
e verdure, patate e
qualche pacchetto di pollo e pesce. Avrebbe fatto qualcosa di fritto
a casa, cucinato qualche pasto semplice, cercato di mangiare come un
essere umano invece che essere un sistema di smaltimento rifiuti.
Comprò addirittura del gelato, solo per sfizio. Poteva
farcela.
Poteva farcela da sola. Quella fitta nello stomaco che la
colpiva
ogni volta che pensava a Will si fece risentire. Cercò di
non
pensarci e pagò, sorridendo alla cassiera. Lei sorrise a sua
volta.
Kate tornò a
casa, mantenendo lo
sguardo costantemente fisso davanti a sé tutto il tempo.
Finalmente
riuscì ad arrivare all'ascensore e sospirò. Non
avrebbe
richiesto poi così tanta fatica. Ma il suo terapista non
aveva detto
il contrario? Trauma.
Quella parola orribile che
lei odiava. Aveva avuto un trauma, e superarlo non avrebbe richiesto
solo sei mesi, o forse pochi anni. Sarebbe dovuto passare molto tempo
prima di poter ritenere la sua vita di nuovo normale.
Normale come poteva esserlo
quella di
una poliziotta ventitreenne. Sbuffò. Già.
Una vita normale non
era esattamente quella che aveva scelto, no?
--Note dell'autore
(FanficwriterGHC)---
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo
autore è straniero e a gestire questo
account è la persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se
vuoi pubblicare su questo sito una
traduzione di questo autore, e hai il suo permesso, inviami almeno il
primo capitolo della traduzione completa (nel caso di fanfic one-shot,
tutta la one-shot tradotta). Allora ti fornirò la password
per accedere a questo account'
--Note della traduttrice (SaraIzzie)---
Ehilà! Perdonate l'enorme ritardo, sono stata molto
impegnata ultimamente! Non ho molto da dire, se non che spero, come
sempre, che la storia vi piaccia e che la traduzione sia di vostro
gradimento :)
Grazie a tutti per aver recensito!
Alla prossima!
Sara
|
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Capitolo 4 *** CHAPTER 4 ***
CHAPTER 4:
Il lunedì era stato
infernale. Un doppio omicidio e due
sospettati molto combattivi avevano dato vita ad una giornata
decisamente
tumultuosa e una grande quantità di scartoffie da riempire.
Kate lanciò
un'occhiata all'orologio, la testa abbandonata nella mano sinistra, la
penna
chiusa nella mano destra contratta, e sospirò. Erano le
cinque e dieci del
pomeriggio. Doveva andarsene. Guardò i documenti sulla sua
scrivania e si
strinse nelle spalle. Li avrebbe finiti il mercoledì; erano
tutti rapporti
personali, non quelli dipartimentali che dovevano essere pronti per il
giorno
dopo.
Cominciò a riordinare la
scrivania, ed Esposito si sporse di
lato. “Che succede? Katherine Beckett che
stacca prima delle sei?”
“Posso farlo,
Esposito” borbottò lei “Sai, alcuni di
noi
hanno una vita sociale”. Ficcanaso, sconsiderato
idiota.
“Oh, lo so”. La
guardò di traverso, e Kate scosse la testa.
“Non sapevo che tu ne avessi una,
però”
“Non sai molte cose di me,
Esposito” replicò Kate alzandosi e
indossando la giacca “Ci vediamo
mercoledì”.
Kate si allontanò dalla
scrivania, salutando i Detective
radunati intorno alla lavagna degli omicidi. Dirigendosi verso
l'ascensore
passò accanto ad Egrin e si scambiarono uno sguardo
amichevole. Era un bravo
ragazzo- il suo cambio nel turno di notte. Se era di buonumore e la
notte non
impegnativa, poteva persino finire di compilare qualche documento per
lei. Lo
facevano l'uno per l'altra, a volte.
L'ascensore scese fino al garage e
Kate entrò in macchina,
cercando l'indirizzo. Il traffico era intenso e ci impiegò
venti minuti buoni
per raggiungere SoHo, dimenandosi nervosamente per tutto il tragitto.
Era
entusiasta ma anche nervosa, e si sentì sciocca per la prima
cosa, e ridicola
per la seconda. Ma il traffico stava mettendo alla prova la sua
concentrazione,
e si arrese felicemente ad una guida vigile e noncurante.
Quando finalmente ebbe raggiunto il
suo isolato e trovato un
parcheggio (uno dei benefici del guidare la sua Crown Vic), si tolse la
divisa
dell'NYPD ed indossò una leggera giacca scura sopra la sua
maglietta grigia.
Non era perfetta, ma era comunque meglio che presentarsi in uniforme.
Uscì dalla macchina ed
entrò nell'edificio. Nessuno la guardò
due volte mentre entrava. Era davvero così
negligente in fatto di sicurezza?
Oh, no, il portiere sapeva chi fosse; le aveva sorriso fatto un cenno
con il
capo. Rick doveva averglielo detto. Essere riconosciuta da persone che
non
aveva mai visto prima era strano. Entrò
nell'ascensore e scosse la testa.
Era stravagante- dorato e ricoperto di specchi. L'intero edificio
sapeva di
sobria, raffinata ricchezza.
Si fermò al quinto piano e
si guardò intorno, vedendo il
numero 504 qualche porta più in là. Si
avvicinò e respirò profondamente. Stava
davvero per cenare con Richard Castle e sua figlia? Ci fu un
vocio
all'interno e le risate di una ragazzina. Una volta sua madre le aveva
accennato al fatto che i bambini spesso potevano illuminare
l’oscurità; mentre
stava lì in piedi e sorrideva alle risate di Alexis, Kate
pensò che forse aveva
capito cosa ciò significasse, almeno in parte.
Bussò.
“Vado io!”
Udì lo scivolare di piedi,
poi la porta si aprì, rivelando il
volto radioso di Alexis. “Ciao Kate!”
“Ciao Alexis”
sorrise lei lasciandosi trascinare dentro
l'appartamento. “Come stai?”
“Bene!” rispose
Alexis eccitata “Mangiamo la pizza!”
Stava saltellando su e giù,
con i jeans che frusciavano
intorno alle piccole gambe. Kate era stata talmente attenta alla
bambina da non
essersi nemmeno guardata intorno.
“E' perfetto!” le
rispose, e Rick si avvicinò per
accoglierla.
“Ciao” disse lei
alzando lo sguardo verso di lui.
“Ciao. Grazie per essere
venuta” disse lui, sorridendo
dolcemente. Era rilassato; indossava un paio di jeans e una camicia blu
sbottonata che faceva risaltare i suoi occhi. Richard Castle
nel suo habitat
naturale.
“Sono felice di essere
qui..”. Spostò il peso da una gamba
all'altra, e realizzò che portava ancora con sé
la pistola. “Uhm..”
“Alexis, tesoro, potresti
portare l'insalata sul tavolo?”
suggerì Rick.
“Certo
papà!”. E scivolò via.
“Qualcosa non va?”
Kate gli rivolse un sorriso di
gratitudine. “Ho ancora
addosso la pistola, e.. dove dovrei metterla? Non posso lasciarla in
macchina”.
Fra tutte le cose più stupide che avesse potuto fare, aveva
portato una pistola
in una casa dove c'era una bambina. Come aveva fatto a non
pensarci? Era un
poliziotto. Avrebbe dovuto essere un'esperta in fatto di sicurezza.
Sicuramente
doveva avere pensato..
“Fantastico”
sorrise lui.
“Scusa?”. Cosa?
“Voglio dire.. uhm..
bambina. Figlia. Sicurezza. Pistola.
Giusto! Vieni con me”. Nonostante tutto lei rise e lo
seguì attraverso l'ampio
salotto. Un enorme divano nero in pelle occupava il centro della
stanza,
ricoperto di cuscini dai colori vivaci. Due poltrone erano disposte ai
lati del
tavolo da caffè, e i muri erano interamente ricoperti da
scaffali. E lei
aveva persino pensato che i suoi genitori avessero molti libri!
Evidentemente
si era sbagliata.
“Torniamo subito, pumpkin”
disse Rick ad Alexis,
facendo cenno a Kate di seguirlo attraverso una porta, verso quello che
sembrava essere uno studio.
“Okay!” rispose
tranquillamente Alexis.
Lui chiuse la porta e la
guidò verso un altro scaffale
gigantesco, dove si inginocchiò e aprì una
cassaforte. “La tieni per
sicurezza?”
“Sempre, quando non sono in
servizio” replicò lei,
estraendola dalla fondina e passandogliela insieme al distintivo.
“Ti
ringrazio. Non ci ho pensato, di solito non faccio caso al fatto di
averla
addosso”.
“Non c'è
problema” disse lui, e ripose gli oggetti
all'interno della cassetta.
L'ufficio era bello quanto il salotto.
Copertine autografate
dei suoi libri erano disposte lungo il cassettone che ricopriva il muro
in
fondo all'ufficio, sopra il quale vi era l'immagine di un'interminabile
scala a
spirale. La stanza era di buon gusto, con le stesse poltrone nere che
c'erano
in salotto e una grande scrivania di mogano al centro, adornato con
tutti i
gingilli possibili e il suo computer.
Santo cielo. Era nell'ufficio
di Richard Castle, dove
scriveva i suoi libri..!
“Penso sia
grandioso!”
Lo fissò per un attimo e
lui le indicò la cassetta di
sicurezza, distogliendola dalla sua meraviglia per il luogo e
perché fosse lì.
“Ti piacerà il fatto che lavoro nelle
forze di polizia, non è vero?”
“Piacerà?
Ho appena messo via una pistola per sicurezza.
E' grandioso”
“Quanti anni hai,
dodici..?!” rise lei divertita.
“A volte” rispose
lui alzando le spalle “Ora usciamo di qui,
prima che il sale diventi il principale condimento della
serata”.
Pareva avere a che fare con
l'infanzia. “Lo dici per
esperienza?”
Lui annuì e aprì
la porta, facendole segno di passare. “E'
molto avventurosa in cucina, ma le manca una certa.. finezza,
diciamo”.
“Sbrigatevi!” li
incitò Alexis dal suo posto “Ho fame!”
Rick le indicò il posto di
fronte ad Alexis e si voltò per
estrarre la pizza dal forno. Lei si sedette e lo guardò
portare il piatto con
un gesto enfatico, regalandole un sorriso.
“E' pizza fatta in
casa?” chiese Kate mentre lui
appoggiava il piatto di fronte a loro. Sapeva fare la pizza?
Richard Castle
aveva fatto una pizza che profumava come se fosse stata appena tolta
dal forno
di Authentic Nick's?
“Certamente”
rispose lui con disinvoltura “Mangiamo solo
pizza fatta in casa nelle serate della
pizza”
“Mi piace più di
quella normale” aggiunse Alexis “Il
formaggio è filante”
“Lasceremo giudicare a
Kate” rise Rick tagliandola in
spicchi; per cominciare ne diede uno a ciascuno.
Rimasero pazientemente lì
seduti mentre Kate prendeva in mano
il suo. “Avete intenzione di guardarmi mentre la
mangio?”. Era sicura che le
sarebbe piaciuto, ma non era un po' inquietante, almeno per Rick?
“Dobbiamo vedere la tua
reazione” disse Alexis seria.
“Concordo”
ghignò Rick.
Kate assottigliò gli occhi
ma ne assaggiò un pezzo. Era
croccante e filante in modo perfetto, e la salsa era fatta di qualcosa
di
fantastico che le faceva venire voglia di gemere. Era buona. “E'
deliziosa” annunciò deglutendo. “Hai
aiutato tuo padre a prepararla, Alexis?”
chiese trattenendo una risata, mentre Rick si pavoneggiava.
“Ho steso la pasta e
preparato la salsa”
“Abbiamo grembiuli e
altro” spiegò Rick “Oh, e ci sono anche
insalata e bruschette”
“Tutto questo è
pazzesco” sorrise Kate “Magnifico. Grazie”
“Partecipi a cene di
famiglia Kate?” chiese Alexis.
Come rispondere a quella
domanda? L'ultima cena di
famiglia a cui aveva partecipato si era conclusa con un omicidio e
aveva
completamente distrutto il suo mondo. Ma quella non era la cosa giusta
da dire
in quel momento. Kate masticò un altro pezzo e
respirò profondamente.
“Direi di no” disse cauta, sperando di riuscire a
mantenere la propria voce
sotto controllo. “Il mio papà è molto
impegnato”
“E la tua mamma?”
Kate sbatté le palpebre e
respirò insicura. Per qualche
strana ragione non aveva considerato l'idea che avrebbe dovuto parlarne
quella
notte. Ma i bambini fanno domande, e quelle di Alexis erano innocenti
per tutti
tranne che per Kate. “Uhm.. mia madre.. mia madre non
è più con noi..”
“Oh” disse la
bambina in un sussurro.
Cadde il silenzio. Alexis pareva un
po' confusa ma non
commentò, e Rick sembrava.. sembrava stranamente triste.
“Mi dispiace” mormorò
lui.
Kate alzò le spalle.
“Non importa”. Si scosse mentalmente;
non era il momento di affogare di nuovo in quella storia. Era
lì per trovare un
po' di felicità e far ridere una bambina, giusto?
“Cosa hai imparato oggi a
scuola, Alexis?
Alexis si rianimò, e Kate
notò che Rick la stava guardando di
sottecchi. “Abbiamo parlato dell'Oceano” le disse
Alexis eccitata “E dobbiamo
scegliere un animale per un progetto. Io voglio le tartarughe
marine”
“Alexis è
una fan delle tartarughe marine” intervenne
Rick, con lo sguardo ancora contemplativo ma con un grande sorriso
rivolto alla
figlia.
“Papà dice che
andremo a vederle allo zoo questa settimana e
faremo le fotografie”
“Sembra una buona idea. Ma
dimmi, perché le tartarughe
marine?” chiese Kate, costringendosi a mangiare un altro
pezzo di pizza e a far
scomparire sua madre dietro il muro che si era costruita nella mente.
Alexis restò a bocca
aperta. “Perché?
Perché sono
mitiche!”
Kate rise. “L'ho capito, ma perché
sono mitiche?”
Alexis per un momento parve perplessa
e Kate vide Rick
prendere un enorme boccone di pizza. Alexis masticò il suo a
bocca piena, poi
si voltò verso Kate.
“Sono vecchie; vivono fino a
quando sono molto vecchie. E..
nuotano nelle correnti per spostarsi, vanno molto lontano per deporre
le uova.
E si prendono cura delle uova finché non si schiudono, come
delle brave mamme.
E.. uhm.. sono rettili ma vivono nell'oceano e nuotano velocissimo,
anche se
sono lente sulla terra?”
“Sembrano dei validi motivi
per ritenerle mitiche” replicò
Kate impressionata. All'età di Alexis si sarebbe
fermata al 'vivono fino a
quando sono molto vecchie'.
“Anche a me”
aggiunse Rick.
“Qual è il tuo
animale marino preferito Kate?” chiese Alexis
“E perché?”
Oh, era una bambina
intelligente, non è vero? “Pinguini”
rispose Kate tranquilla, sorpresa per la sua stessa risposta. Si
fermò un
momento per riordinare i pensieri e sorrise. Da bambina le piacevano
molto i
pinguini. “Sono veloci in acqua, come le tartarughe marine, e
anche loro vanno
molto lontano a deporre le uova. Sono intelligenti e trattengono il
calore
durante l'inverno. E il papà si prende cura delle uova una
volta che la mamma
le depone. E rimangono insieme tutta la vita” aggiunse, dopo
averci pensato un
attimo.
“Stare insieme tutta la vita
è importante per il tuo animale
preferito?” chiese Rick.
Kate incrociò il suo
sguardo. Ci fu qualcosa che non
riusciva esattamente a definire. “Direi di si”
“Hmm” fece lui.
“Hmm”
ripeté lei. Alexis ridacchiò. “Cosa
c'è di così divertente?”
“Voi due siete
sciocchi” spiegò Alexis “Borbottare a
cena..”
“Cosa c'è di
sbagliato nel borbottare?” chiese Rick prima di
cominciare a canterellare la
canzone di
Star Wars.
“Papà! Non di
nuovo!” esclamò Alexis drammaticamente
“Lo fa sempre”
“Canticchiare la canzone di
Star Wars?” rise lei, spostando
lo sguardo dall'uno all'altra.
“Si. E'
ossessionato”.
“E tu non lo
sei?”. Pensava che Richard Castle, il quale
apparentemente era un fanatico, avesse fatto il lavaggio del cervello a
sua
figlia per convincerla ad amare qualsiasi saga fantascientifica.
Alexis alzò le spalle.
“Sono dei bei film”
“Li hai visti
tutti?”. Cavolo, quando era stata l'ultima
volta che aveva guardato quei film?
“L'educazione a Star Wars
comincia presto nella famiglia
Castle” si intromise Rick, interrompendo il suo intervento
solo per prendere un
altro trancio di pizza.
“Lo vedo”
annuì Kate “Qual è il tuo film
preferito, Alexis?”
“Me ne piacciono molti, ma
non vedo l'ora di vedere il film
di Harry Potter” rispose lei “Hai letto i libri?
Papà ed io abbiamo finito il
quarto”
“In realtà
si” sorrise Kate. Aveva ignorato l'essere presa in
giro per questo; amava quei libri. “Non vedo l'ora che esca
il quinto”
“Anche io!”. Era
davvero impressionante per una bambina di
sette anni. Quei libri erano complicati e lunghi.
“Leggi Harry
Potter?” chiese Rick, osservandola con
interesse.
Kate si voltò verso l'uomo
borbottante. “L'ho appena
detto a tua figlia. Non ascolti?”
“Solo quando lo reputo
necessario” sogghignò lui “Allora, ti
piacciono?”
“Sono dipendente. Lo sono da
quando il primo è stato
pubblicato” ammise lei. Non ricordava perché
avesse deciso di comprare il
primo, ma dopo quella volta doveva sapere cosa
sarebbe successo al
ragazzino con la cicatrice a forma di saetta.
“A me piace
Hermione” disse Alexis.
“Anche a me”
rispose Kate “E' molto intelligente”. In quella
ragazza vedeva un po' della sé stessa legata ai libri, e
immaginava che per
Alexis fosse lo stesso.
“Più intelligente
dei ragazzi” concordò Alexis.
“Posso dirti un
segreto?” le chiese Kate. La bambina annuì
entusiasta. “Le ragazze sono più intelligenti dei
ragazzi. Punto.”
“Hey!”
esclamò Rick “Non dirle così! Questo
non è vero,
Alexis”
“Quindi i ragazzi sono
più intelligenti delle ragazze?” gli
chiese lei.
Hah! Prova a uscirne ora,
Rick Castle! “No, intendevo
solo.. ecco.. le ragazze non sono sempre
più intelligenti dei ragazzi.
Qualche volta i ragazzi sono più intelligenti”
affermò lui.
“Raramente”
mormorò Kate mentre beveva.
“Non mi sei
d'aiuto”
“Perché non sono
d'accordo. Sto cercando di dare a tua figlia
vere lezioni di vita” lo rassicurò lei, facendo
l'occhiolino ad Alexis.
“Esatto papà. Vere
lezioni di vita” annuì Alexis
sorridendo.
Lui alzò le mani al cielo.
“Volete il dessert? Perché sono un
po' riluttante a darvelo, ora come ora”
“No! No! Io lo
voglio!” lo pregò Alexis “Mi dispiace
papà!”
“A me non dispiace, ma mi
piacerebbe il dessert, se è
un'offerta aperta a tutti” gli disse Kate “Era
tutto buonissimo”. Si sentiva
confortevolmente piena e soddisfatta, che era molto più di
ciò che poteva dire
per la maggior parte dei pasti che cucinava da sola. Sapeva cucinare,
ma non le
piaceva.
Lo sguardo minaccioso di lui si
addolcì, e sorrise. “Mi fa
piacere. Sei sempre la benvenuta”.
Lei sorrise a sua volta, osservandolo
mentre si avvicinava al
frigorifero e tornava con una piccola cheesecake. Avrebbe
dovuto fare
il doppio di esercizi il giorno dopo per smaltirla.
“Cheesecake!”
squittì Alexis “La mia preferita!”
“Come se non lo
sapessi..!” rise Rick, tagliando tre fette e
mettendole nei piatti “A te va bene la cheesecake,
Kate?”
“Si da il caso che sia anche
la mia preferita” rise lei. Non
mangiava una fetta di quella torta da secoli.
Alexis le sorrise radiosamente; Rick
passò loro i piatti e
andò a riporre il resto della torta in frigorifero. Mentre
Alexis si lanciava
all'assalto della sua fetta, Kate ne assaggiò un pezzo e
chiuse gli occhi in
segno di approvazione. Avrebbe dovuto scoprire dove l'aveva presa.
Anzi, no,
non l'avrebbe fatto. Se l'avesse saputo avrebbe messo su un centinaio
di chili.
Sarebbe stato meglio godersi l'unico pezzo di quella torta cremosa,
friabile e
deliziosamente liscia e poi andarsene.
“Allora.. quali sono i tuoi
piani per il Ringraziamento?”
chiese Rick qualche minuto dopo.
“Lavoro” rispose
Kate.
“Devi lavorare il giorno del
Ringraziamento?!” chiese Alexis
senza fiato.
Kate spostò lo sguardo
dall'uno all'altra, entrambi
ugualmente inorriditi. “Facciamo a turno. Quest'anno sono
libera a Natale, ma
non al Ringraziamento”. Qualche volta dimenticava che non era
normale
rinunciare alle vacanze per girovagare cercando assassini e
raccogliendo parti
di corpo smembrato.
“Oh..”
annuì Alexis pensierosa.
Rick sbatté le palpebre.
“E' terribile”.
Kate alzò le spalle.
“Capita”. Preferiva fosse così. Il
lavoro le permetteva di evitare la solitudine delle feste,
perché senza sua
madre, lei e suo padre non festeggiavano- non che lui fosse in buono
stato
negli ultimi tempi. E lavorare rendeva tutto più facile, non
doveva pensarci..
“Kate?” chiese
Alexis qualche minuto dopo.
“Si?” sorrise lei
tornando alla realtà.
“Cosa fai al
lavoro?”
Kate deglutì e bevve un
sorso d'acqua. Come doveva
rispondere? Lanciò un'occhiata a Rick in cerca d'aiuto, ma
lui pareva tanto
intrigato quanto Alexis. “Aiuto a catturare i
criminali” disse lentamente.
“Ma come?”
“Raccolgo indizi e vado
sulla scena del crimine prima che i
Detective arrivino”.
“Come uno scout?”
“Si” sorrise Kate.
Era una buona analogia. “Esatto. E qualche
volta devo rovistare per cercare oggetti”
“Rovistare?”
chiese Rick.
“Ho passato quasi tutto
mercoledì in un cassonetto, ad essere
sincera” rispose Kate ridendo alla vista dei suoi occhi
sbarrati.
Alexis arricciò il naso.
“Non sembra molto divertente!”
“Non lo è stato.
Ma la collana che ho trovato si è rivelata
molto importante per l'indagine” le disse lei. Alexis scosse
la testa e
contrasse il volto in una smorfia, disgustata. Con il vivo ricordo di
quel
sacco della spazzatura, Kate si rese conto di non voler più
quell'ultimo
piccolo pezzo di cheesecake.
“In che modo?”
intervenne Rick.
Kate si voltò verso di lui.
“Perché lo vuoi sapere?”
“Sono interessato”
rispose lui tranquillo “Il crimine mi
affascina”.
“Qualche volta
papà si lega da solo” le disse Alexis.
“Davvero?” le
chiese Kate guardando Rick con le sopracciglia
alzate. Lui arrossì. “E perché
mai?”
Oh, si stava muovendo sulla
sedia. Questa si che doveva
essere bella.
“Vuole assicurarsi che
Derrick riesca a risolvere una..
situazione scomoda?” rispose Alexis cercando conferma nel
padre.
“Si. Una situazione scomoda.
Buona memoria, pumpkin”
le sorrise Rick evitando lo sguardo di Kate “Mi piace fare
ricerche”.
“Legandoti ad una
sedia?” chiese lei incredula.
“E dentro un
armadio” aggiunse Alexis.
Kate lo fissò e poi
guardò Alexis. “E cosa fai mentre papà
è
legato?”
“Oh, la nonna mi porta fuori
a fare shopping” ridacchiò
Alexis “E se non è uscito prima del nostro arrivo
lo slega lei.. ma solo dopo
la ramanzina”.
“Già, quelli sono
i giorni divertenti” affermò Rick alzandosi e
raccogliendo i piatti. “Perché
voi due non andate in sala mentre pulisco?”
“Kate può
rimanere a guardare un film?” chiese Alexis
eccitata.
“Non lo so tesoro. Dobbiamo
chiederlo a lei”.
Alexis si voltò verso di
lei e la guardò con i suoi grandi
occhioni blu. “Puoi restare?”
“Sicuro” sorrise
Kate. Si stava divertendo e non aveva alcuna
fretta di tornare al suo desolato e freddo appartamento.
“Andiamo a sceglierne
uno mentre tuo padre riordina la cucina”.
“Okay”
Si lasciò portare da Alexis
verso l'ala del salotto dove
un'impressionante collezione di pellicole sotto gli scaffali attendeva
la loro
accurata scelta. Alexis setacciò commentando i vari film con
Kate e chiedendo
la sua opinione. Alla fine decisero per L'Incantesimo del
Lago; erano
passati anni dall'ultima volta che Kate l'aveva visto. Alexis lo fece
partire e
trascinò Kate con sé sul divano; si
lasciò cadere e indicò il posto accanto a
lei.
Kate si sedette e subito Alexis si
accoccolò al suo fianco.
Rimase per un attimo sbigottita ma poi si rilassò,
accarezzandole i capelli. La
bambina emanava calore contro di lei e Kate si sentì
più leggera. Il suo giorno
libero sarebbe stato il successivo, e a differenza della maggior parte
dei
lunedì -quando ci impiegava ore a rilassarsi- si trovava
lì, già tranquilla e
beata.
“Sbrigati papà!
Devo essere a letto per le nove!” lo chiamò
Alexis.
Kate udì Rick ridere mentre
si avvicinava loro e sedeva
accanto a Kate, lanciando un'occhiata a sua figlia. “Non ti
dimentichi mai
l'ora della nanna eh, piccola?”
“No. Perché se io
non me lo ricordo, tu te lo
dimentichi”
Lui ridacchiò e
incontrò lo sguardo di Kate. “E' okay?”
chiese alludendo alla posizione in cui si trovava Alexis. Kate
annuì e Rick
afferrò il telecomando, facendo partire il film.
“L'Incantesimo del
Lago. Di nuovo?”
“Hey, a me piace questo
film” obbiettò Kate dandogli un
piccolo colpo con il gomito.
“Esatto!”
concordò Alexis.
“Non vincerò mai
più” brontolò lui sprofondando nei
cuscini.
Lei non riuscì a trattenere il piccolo sorriso apparso sul
suo volto: quello
era davvero un duo particolare.
Kate lo osservò con la coda
dell'occhio nel corso del film e,
anche se all'inizio le era sembrato annoiato, lo aveva sorpreso a
mormorare
sottovoce le canzoni e i dialoghi. Alexis fece la stessa cosa per un
po',
finché Kate la sentì lasciarsi andare contro il
suo fianco.
“Qualcuno si sta
addormentando qui, piccola miss” disse lei
dopo circa due-terzi del film.
“Uh-huh”
borbottò Alexis.
“E' ora di andare a
letto” sorrise Rick “Ora sei contenta di
aver fatto il bagno dopo scuola, eh?” chiese lui alzandosi e
prendendola in
braccio.
“Si”
sussurrò lei mezza addormentata.
Rick guardò Kate mentre lei
afferrava il telecomando per
fermare il film. “Io.. uh..”
“Kate?” chiese
Alexis.
“Si tesoro?”
“Mi accompagni anche
tu?”
Kate sbarrò gli occhi e
scambiò uno sguardo sorpreso con
Rick. Lui annuì, quasi a dirle “Decidi
tu”. L'intera serata era stata
bellissima e aveva provato quella strana sensazione di
normalità che non si
sarebbe mai aspettata, come se li conoscesse da molto più
che qualche giorno.
Ma sarebbe stato sbagliato accompagnarla a letto? Era una cosa
innocente, come
la cena. No?
“Certo” rispose
Kate dopo un attimo. Rick sorrise e lei li
seguì su per le scale. Svoltarono l'angolo e Rick
aprì una porta rivelando una
camera di colore viola che conteneva più giochi di quanti
Kate avesse mai
potuto usare. La libreria nell'angolo, però, conteneva
più libri che giochi.
Quello era esattamente ciò che avrebbe amato da bambina.
Rick posò Alexis sul letto
ricoperto da cuscini e pupazzi.
“Devi lavarti i denti, pumpkin”
Alexis annuì e
saltò giù, sgusciando via nel bagno adiacente
e chiudendo la porta. Rick si voltò verso Kate mentre lei si
guardava intorno.
“Grazie, io..”
“Non c'è
problema” lo interruppe lei incontrando i suoi occhi
e sorridendo.
“No, intendo.. lo so. E'
solo che.. lei.. di solito.. non si
fa prendere così facilmente. Voglio dire.. non fraintendere;
tu sei fantastica,
ma..”
Il suo divagare fece ridere Kate.
“Tranquillo, ho capito. E
non è un problema. Mi sono divertita stasera”. Si
era davvero divertita, e
percepì un piccolo fremito nello stomaco alla vista del
sorriso riconoscente
dipinto sul suo volto.
“Si?”
“Si”
Alexis uscì dal bagno
indossando una camicia da notte blu,
asciugandosi la bocca sulla manica. “Fatto!”
sorrise.
Rick la issò sul letto e la
infilò sotto una pila di coperte,
mentre Kate li guardava un po' malinconica. Suo padre l'aveva fatto con
lei
quando era una bambina. Ora.. no, non quella sera. Non ci avrebbe
pensato
quella sera. “Caldo abbastanza?” chiese Rick.
“Si”
ridacchiò Alexis.
“Vuoi che ti legga una
storia stasera?”
Alexis scosse la testa e fece segno a
Kate di avvicinarsi.
Kate si mosse lentamente e rimase in piedi accanto al letto, mentre
Rick si
sedette sul bordo a fianco della figlia.
“Grazie per essere venuta
Kate” disse Alexis chiudendo gli
occhi.
“E' stato un
piacere” le disse Kate spostandole delicatamente
una ciocca di capelli dalla fronte, quasi distrattamente.
“Tornerai la settimana
prossima?” il sussurro fu flebile, ma
percepibile.
“Io..”
guardò Rick, che alzò le spalle. “Sei
assolutamente la
benvenuta”.
Kate fece un respiro profondo. Era
quello che voleva? Si era
divertita davvero molto. E lì, in quella casa.. non c'erano
omicidi o
criminali, solo maghi cattivi e risate. “Certamente Alexis,
mi piacerebbe”.
“Bene”
Il suo respiro rallentò e
la guardarono addormentarsi.
Rimasero lì per un attimo ad osservarla. Poi entrambi
realizzarono cosa stavano
facendo e Rick si alzò, facendo segno a Kate di seguirla
fuori dalla stanza.
Premette l'interruttore mentre uscivano, e Kate sorrise vedendo alcune
piccole
lucine illuminare la stanza non appena la lampada si fu spenta.
“Carine le luci”
sussurrò lei quando lui chiuse la porta.
“Non le è mai
piaciuto il buio e, beh.. mi piace rendere il
tutto speciale” rispose lui con un'alzata di spalle mentre
scendevano le scale.
Rimasero in piedi nell'atrio l'uno di
fronte all'altra. “Mi
sono divertita” disse lei dopo un minuto imbarazzante,
facendo dondolare le
braccia lungo i fianchi.
“Anche io”
concordò lui.
“Tutto questo
è..”. Si interruppe, incapace di trovare le parole
adatte.
“.. strano? Non sembra
strano in sé” disse lui.
“No, è solo..
insolito?”
Lui annuì. “Vada
per insolito. Vuoi sederti? O devi andare a
casa?”
Kate scosse la testa. Non doveva
andarsene, e realizzò che
effettivamente non ne aveva ancora voglia. “Non devo andare
da nessuna parte.
Possiamo sederci”.
Lo seguì in salotto e si
accomodò sul divano dopo di lui.
Sedevano l'uno di fronte all'altra con le gambe sollevate per
rannicchiarsi sui
cuscini. Dopo un altro minuto di silenzio, Rick tese la mano.
“Ciao. Mi chiamo
Rick”
Kate rise ma gli diede la mano,
rincuorata dal fatto che
avesse trovato un modo per rompere il ghiaccio. Non voleva sentirsi
imbarazzata
con lui. “Kate”.
“E’ un piacere
conoscerti.. non ad una giornata di autografi”
“Anche per me”
sorrise lei “Tua figlia è adorabile”
“E’ totalmente
presa” rise lui “Non riusciva a smettere di
parlare di te”
“Diciamo che sono presa
anche io, se non è troppo.. strano”. Presa in realtà non rendeva onore; aveva
completamente perso la testa per quella bambina. Chi non
l’avrebbe fatto?
Lui scosse la testa.
“E’ difficile staccarsi da lei. Solo..
beh, è bello che sia..”
“Che sia?” lo
incalzò lei quando si interruppe bruscamente.
Sospirò e si
passò una mano sul volto. “Sua madre.. fermami
pure se stiamo andando oltre, ma.. sua madre non è molto
presente, capisci?”
Kate annuì.
“L’avevo intuito” disse tranquillamente,
preparandosi per quella che pareva essere una confessione difficile.
“E quindi.. torniamo da
questa vacanza orribile, e incontra
te. Una donna fantastica, gentile e dolce, che le ha letto una storia e
ha
lasciato che si addormentasse in braccio a lei, ed è
innamorata di te. E tu sei
venuta per cena, e sei adorabile, capisci?”
Kate fece un timido sorriso. Era
preoccupato che lei
lasciasse cadere sua figlia come una pietra.
“E’ fantastica,
Rick”.
“Sono contento che lo pensi.
E’ solo che.. non so nemmeno
come dirlo. Normalmente non faccio conoscere ad Alexis persone con cui
esco. Ma
noi due non usciamo insieme”.
Kate rise nervosamente. “No,
infatti”. Non riguardava loro. Ma
non poteva ignorare la piccola vocina che le
sussurrava ‘non ancora’ nel profondo del suo
subconscio. Cacciò via
in fretta quel pensiero,
impedendogli di tornare; aveva sempre funzionato.
“Perciò, non ho
idea di quale sia il protocollo..” disse lui
calmo, alzando lo sguardo per incontrare il suo “E tu non
sembri il genere di
persona che si prenderebbe gioco dei sentimenti di una
bambina”.
“Non lo sono”
rispose subito Kate.
“Già, ottengo
vibrazioni positive da te”.
Kate sbuffò. “In
realtà dobbiamo parlare proprio di questo,
prima o poi”. La “vibrazione
positiva”
non era una buona ragione per permettere a qualcuno di avvicinarsi a
sua
figlia.
“Sei una
criminale?” chiese lui con vivo desiderio.
“No! Ma dobbiamo anche
parlare della ragione per cui persino
questo ti fa esaltare” rise lei “Al negozio, quando
ti ho fatto vedere il mio
distintivo.. è vero. Ma ci sono molte persone che ne
userebbero uno falso, lo
sai?” aggiunse con tranquillità, cercando di
essere d’aiuto ma non pedante. Odiava
essere trattata con condiscendenza più di qualunque altra
cosa, e faceva lo
sforzo di risparmiarlo anche agli altri.
Lui sogghignò.
“Ti ho fatta monitorare”.
“Cosa?”
boccheggiò lei.
“Ci sono telecamere ovunque
in quella libreria. Sapevano di
dover tenere d’occhio Alexis”.
Kate sbatté le palpebre. Beh,
quello.. migliorava decisamente le cose, e forse rendeva anche il tutto
un po’
strano.. “Oh”.
“Non preoccuparti, sono
incredibilmente affabile, non
ingenuo” sorrise lui.
“E vanitoso”
replicò lei.
“Qualche volta”
ridacchiò Rick. “Ma grazie” aggiunse
serio
“E’ carino da parte tua coinvolgerla”
“Ne vale la pena”
gli disse onestamente. Quella bambina ne
valeva la pena, e non ci aveva impiegato molto per capirlo.
“Il che ci riporta di nuovo
al protocollo” sospirò lui “Sono
veramente felice di poterti conoscere. Sei intelligente, e
interessante, e mia
figlia pensa che tu sia fantastica. E.. tu sei fantastica con mia
figlia. La
cosa del ‘perché’ a cena?
Geniale”.
“Grazie”
arrossì lei. Le era semplicemente venuto in mente.
“Comunque, io..”
“Puoi chiederlo, se
vuoi” disse lei calma, realizzando che
lui si sentiva tanto spaesato quanto lei.
“Hai intenzione di dare buca
alla mia bambina? Perché.. non
fraintendermi, penso che tu sia fantastica almeno quanto lo pensa lei,
ma non
posso.. non posso lasciare che si leghi a te per poi vederti andare
via. E..
voglio dire.. capisco che questa cosa è abbastanza seria
considerando che è la
tua prima cena qui, specialmente dal momento che ti abbiamo appena
conosciuta,
ma lei.. comincerà ad essere un po’ appiccicosa, e
non lo sopporterei se si
affezionasse e tu te ne andassi”. L’aveva detto
velocemente, vergognandosi,
come se fosse qualcosa di cui sentirsi male.
Kate non sapeva esattamente cosa
pensare. Era lì per quella
bellissima cena con
quell’uomo così carino e con sua figlia, e tutto
ad un tratto stava stringendo un
patto per restare nella vita della bambina? Era quello che voleva?
Sarebbe
corsa via e avrebbe risparmiato loro la sofferenza se tutto fosse
diventato
troppo per lei? Sarebbe diventato troppo? Quanto le sarebbe costato
cenare con
loro qualche volta al mese, o andare al museo nel weekend? Le avrebbe
fatto
male avere quel tipo di innocenza nella sua vita, l’amore di
una bambina e
l’amicizia di un uomo così gentile?
Perché poteva decisamente dire che lei e
Rick sarebbero andati d’accordo.
“Voglio dire.. non dico che
tu debba firmare un contratto per
essere la sua nuova madre” . Rick la distolse dai suoi
pensieri.
“Lo so” sorrise
Kate. Respirò profondamente e riordinò la
mente. Sarebbe potuto essere un bene per lei,
sarebbe stato un bene. “Sai cosa? Ci
sto”.
“Ci stai?”
“Cenare e passare un
po’ di tempo con tua figlia ogni
settimana o una volta ogni tanto? Posso farlo, Rick. Mi farebbe
bene”.
“Tende a farti stare
bene” annuì lui. “Quindi, siamo a
posto?”
“A posto”
“Okay. Bene. Uhm.. vuoi del
vino, o qualcos’altro?”
“In realtà sto
bene così” sorrise Kate. Non
le piaceva nemmeno bere per evitare certe cose. Avrebbe cercato di
lavorare sui suoi problemi con l’alcool.
Lui alzò le spalle.
“Okay”. Rimasero seduti in silenzio per
un minuto. “Um.. sai, per essere uno scrittore, mi ritrovo
beffato in questo
momento”.
“Perché?”
“Non sono bravo a
chiacchierare”.
Lei sbuffò. “Mi
prendi in giro”. Richard Castle, il
re dei tabloid, non era in grado di chiacchierare?
Per favore.
“Chiacchierare per provarci
con qualcuno? Ci sono.
Chiacchierata pubblicitaria? Ci sono. Chiacchierare nel vero senso
della parola
riguardo a cose reali con una
persona reale che è fatta
di più di semplice
silicone? Non direi”.
Kate strabuzzò gli occhi.
“Oh, ecco.. te la stai cavando
bene”. Se la stava cavando
decisamente
meglio di lei.
Lui sollevò la testa.
“Scusami, sono odiosamente
imbarazzante”.
Kate rise. “Non
preoccuparti. È rinvigorente”.
“Rinvigorente?”
“E’ meglio che
avere gente che cerca di far colpo su di te o
che ti prende in giro tutto il giorno”. Rispetto alla squadra
al Dodicesimo,
avere quella conversazione leggermente imbarazzante con Rick era come
tuffarsi
in una piscina fresca e pulita.
“La vita al Distretto di una
bella donna in uniforme,
immagino?”
Bella.
Pensava che lei
fosse bella? “Già. Essere una donna non
è la cosa più semplice del mondo
lì. Non è male, solo.. è un mondo
maschile, non so se mi spiego”.
“Sono certo che tu sia
all’altezza”
“Grazie”. Non
arrossì, né percepì farfalle nello
stomaco, e
se ne sarebbe andata da lì con la sua dignità
intatta. Ci sarebbe riuscita.
“Dunque, Katherine Beckett.
Cosa fai quando non sei al
Distretto?”
Lei scoppiò a ridere. Era
una conversazione imbarazzante, ma
funzionava. “Non molto. Leggo. Mi piace stare
all’aperto, andare al parco.
Onestamente, non molto..”
“Sembra sia abbastanza per
rilassarsi” disse lui tranquillo,
mettendosi comodo sul divano, appoggiando la testa sulla mano.
“Lo è”
annuì lei “Qualche volta vado a farmi autografare
i
libri”.
Lui sorrise. “Ora.. quello
è divertente”.
“Interessante,
almeno” concordò lei “Cosa fai tu quando
non
sei accerchiato dalla stampa?”
Lui alzò le spalle.
“Scrivo. Mi prendo cura di mia figlia, e
gioco ai videogames”.
“Videogames?”. Sul
serio? Beh, non si sarebbe dovuta stupire più di tanto,
considerando quel
barlume di mania che era riuscita a cogliere in precedenza.
“Hey, sono giovane. Sono un
uomo. Posso giocare ai
videogames” protestò lui.
“Non ti sto
giudicando” ridacchiò lei. Oh,
ma lo stava facendo, giusto un pochino.
“Si che lo stai
facendo”
“No”
“Si”
“Questo è
divertente” disse lei per interrompere la
discussione. “Quindi, videogames e scrittura? Nessuna cena
formale, nessun
appuntamento galante?”. Dove
diavolo era
il playboy? E se non esisteva, come aveva fatto il Ledger ad
immortalarlo
sempre fuori ed in giro? Però, ora che ci pensava, non era
stato molto in giro
negli ultimi tempi.
Lui scosse la testa. “No,
non molto. Lo faccio per pubblicità
qualche volta durante l’anno, ma di solito mi piace starmene
tranquillo a casa.
Ad Alexis.. non piacciono molto queste occasioni”.
“Molte serate
fuori?” chiese Kate.
“Esatto.
All’inizio le andava bene, quando eravamo io e sua
madre a farlo insieme, ma ora che sono solo io, a lei.. non piace che
io esca”.
Il suo volto perse improvvisamente un po’ di
giocosità e Kate sentì le sue dita
contrarsi, quasi volesse allungare la mano e afferrare la sua. Cosa c’era di così speciale in
quell’uomo?
Kate annuì tristemente.
“E’ comprensibile”.
“Già..”
“Sembri stanco”
osservò lei.
“Perché sei
l’unica persona che me lo dice oltre a mia
madre?” gli chiese lui “Sul serio. Tutti gli altri
pensano che io sia il come
il coniglio della Energizer”.
“Probabilmente
perché hai il sorriso a mille watt” rispose
Kate con una risata “Ma davvero, sembri stanco. Dovresti
andare a dormire”.
“Stai cercando di
svignartela dalla nostra deliziosa
non-imbarazzante conversazione, miss Beckett?”
Kate alzò gli occhi al
cielo. Nemmeno per sogno. “No, sto
solo cercando di fare in modo che tu ti svegli in tempo per portare
quella
bambina a scuola in tempo domani mattina”.
Lui sorrise.
“Touché. Okay, si, mi dispiace”.
Sbadigliò.
“Sono distrutto”.
“Anche io” ammise
lei, cominciando a sentire il peso
della settimana gravare su di lei.
“Andiamo a prendere la tua
pistola allora, Annie”.
“Bel riferimento”
rise lei seguendolo nello studio.
“Ah, una donna che conosce
il teatro!” sorrise lui consegnandole
la pistola e il distintivo, osservandola mentre li rimetteva via.
“E questo è
comunque grandioso”.
“E tu sei ancora abbastanza
inquietante per pensarlo” rispose
lei. Lui sembrava parecchio affascinato mentre lei infilava la pistola
nella
fondina, e se non fosse stato uno scrittore di gialli miliardario si
sarebbe
preoccupata. Ma, date le circostanze, ne era divertita.
“Eh..”. Lui si
strinse nelle spalle. “Quindi.. uhm.. sei
libera anche il prossimo lunedì?”
Kate annuì. Realizzare che
Richard Castle la voleva di nuovo
per cena avrebbe richiesto un po’ di tempo. Le farfalle nello
stomaco,
comunque, non ebbero bisogno di alcuna preparazione, ed esplosero
liberamente
dentro di lei mentre sorrideva. “Si, sono libera”.
“Vorresti venire
un’altra volta a cena?” chiese lui, e
sembrava esaltato.
Lei sorrise. Si
che lo
voleva. “Sarebbe fantastico”.
Lui si illuminò. Si
avvicinarono alla porta insieme.
“Bene. Uhm.. è
stato bello, grazie per essere venuta”.
“E’ stato un
piacere. Mi sono divertita molto” disse lei,
infilandosi di nuovo la giacca e togliendo i capelli dal colletto. Si
accorse
che aveva seguito i suoi movimenti e sbattuto le palpebre prima di
guardarla
negli occhi.
“Settimana prossima alla
stessa ora?”
“Si, perfetto”.
Cominciare un’altra giornata libera in quel
modo pareva stupendo.
Lui tese la mano e lei la strinse. E
rimasero lì, con le mani
saldamente unite, per un lungo attimo, studiandosi a vicenda. La mano
di lui
era calda e grande esattamente come la settimana prima, ma questa volta
Kate
percepì qualcosa di diverso tra di loro; non sapeva
però definire cosa fosse.
“Buonanotte Rick”
disse Kate infine, quando realizzò che non
stavano facendo nient’altro che ciondolare davanti alla porta
d’ingresso.
“Anche a te, Kate”
rispose lui lasciando andare la sua mano e
aprendole la porta. “Grazie per essere venuta”.
“Il piacere è
mio”.
Si sorrisero e lei uscì,
avviandosi verso l’ascensore. Entrò,
e mentre premeva il tasto per il piano terra udì il rumore
della sua serratura.
Le opulenti porte si chiusero e cominciò a scendere,
allontanandosi dal grande
appartamento dell’uomo e della sua adorabile figlia.
Sospirò e lasciò che un
sorriso le comparisse sul volto. Aveva trascorso una serata
meravigliosa.
Quanto lunga poteva essere una
settimana?
--Note dell'autore
(FanficwriterGHC)---
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo autore
è straniero e a gestire questo account è la
persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se vuoi
pubblicare su questo sito una traduzione di questo autore, e hai il suo
permesso, inviami almeno il primo capitolo della traduzione completa
(nel caso di fanfic one-shot, tutta la one-shot tradotta). Allora ti
fornirò la password per accedere a questo account'
--Note della traduttrice (SaraIzzie)---
Perdonate il ritardo vergognoso,
cari/e lettori/lettrici. Avevo tradotto questo lunghissimo capitolo che
poi è andato perso insieme ad altri documenti causa problemi
pc, l'ho riscritto e l'avevo pronto da qualche settimana ormai ma per
un motivo e per l'altro non l'ho più postato.
Per gli assidui lettori di questa fanfiction nella sua versione
originale: spero la mia traduzione sia soddisfacente!
Per coloro che la seguono qui: spero vi piaccia la storia! :)
Bye bye a tutti/e :)
Sara
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Capitolo 5 *** CHAPTER 5 ***
CHAPTER 5:
“I ragazzi mi hanno detto
che te ne sei andata presto
lunedì..?”
Kate si voltò e vide Lanie
Parish, la nuova assistente
medico, appoggiata alla sua scrivania. Avevano preso un
caffè insieme qualche
volta da quando lei era arrivata. Kate la trovava simpatica, anche se
un po’
sfacciata. Era bello avere un’altra ragazza intorno, qualcuno
che la
incoraggiasse ad essere anche femminile, una volta ogni tanto.
Karpowski
l’aveva preparata bene e insieme tenevano testa ai ragazzi,
ma certamente non
era il tipo da pettegolezzi.
“E se l’avessi
fatto?” replicò Kate pacatamente.
“Sono solo curiosa di sapere
come mai” rispose lei con
un’alzata di spalle, sistemandosi la divisa.
“Stando a quello che mi hai
raccontato, e che gli altri dicono, non stacchi mai
presto”.
“Non ho staccato presto, in
realtà” ribatté Kate, passando in
rassegna i documenti che Egrin aveva finito per lei. Avrebbe dovuto
comprargli
una bibita. “Per una volta me ne sono andata ad un orario
decente”.
“Non fa differenza per
te” insistette Lanie, lasciandosi
cadere sulla sedia che Kate ed Esposito tenevano in mezzo alle loro
scrivanie.
“Ed è una giornata tranquilla oggi, niente
cadaveri. Quindi.. sputa il rospo”.
“Perché pensi
sempre che ci sia dietro qualcosa?” chiese Kate
riordinando i documenti “Sarei potuta andare a casa a farmi
una dormita. E’
stata una settimana dura”. Era combattuta fra punzecchiare la
sua nuova amica e
voler mantenere la sua vita privata così com’era:
privata.
“Ma non l’hai
fatto. Sembri troppo rilassata per non aver
fatto altro che dormire per un giorno e mezzo”.
Kate scosse la testa. “Ti
rendi conto che non ha alcun senso,
vero?”
Lanie rise. “Zitta e sputa
il rospo”.
“Sono andata a cena da un
amico” rispose lei alzando le
spalle. Era vero, o almeno.. era la cosa che più si
avvicinava alla verità.
“Quale amico?”
“Perché
t’importa?”
“Perché non vuoi
dirmelo?”
Si lanciarono
un’occhiataccia. “Beckett, dì alla tua
amica
perché te ne sei andata presto così ce ne
possiamo tornare tutti al lavoro in
pace, eh? Queste chiacchiere femminili mi stanno facendo venire il mal
di
testa” brontolò Esposito.
“Chiudi il becco
Esposito” risposero Kate e Lanie
all’unisono.
“Suscettibili..”
mormorò lui.
“Comunque” sorrise
Lanie voltandosi di nuovo verso Kate e
facendole l’occhiolino. “Chi è il tuo
nuovo amico?”
Kate sospirò. Se avesse
resistito, Lanie l’avrebbe
punzecchiata ancora di più.
“Rick Castle”
rispose con calma.
“Scusa?!”
“Rick
Castle”
ripeté, lanciando un’occhiata a Lanie “E
non
ingigantire la cosa”. Per favore,
per
favore, stai calma e tranquilla e..
“Hai avuto un appuntamento
con Rick Castle?!” squittì Lanie.
Kate la incenerì con lo
sguardo non appena molti si furono
voltati verso di loro. “No” rispose ad alta voce,
girandosi verso gli altri
poliziotti, che velocemente si ritirarono sulle loro scrivanie.
“Davvero,
Lanie”.
“Perdonami”
sorrise lei “Ma.. sul serio? Hai cenato con lui?
Lo scrittore?”
“Ho cenato con lui e sua
figlia. E’ stata solo.. solo una cena”.
Era stata una cena bellissima che
le aveva regalato il sorriso sul volto per giorni. Ma era stata
comunque solo
una cena.
“Sua figlia? Castle ha una
figlia?”
“Si” rispose lei
calma “E’ adorabile”.
“E come è
successo?”
“Già, Beckett.
Per favore, raccontacelo. Muoriamo tutti dalla
voglia di saperlo” aggiunse Esposito sporgendosi verso di
lei.
“Vuoi che ti faccia le
treccine ai capelli mentre lo
racconta, o preferisci che ti molli un pugno prima,
Esposito?” sbottò Lanie.
Lui indietreggiò e Kate
ridacchiò vedendolo lanciare
un’occhiataccia a Lanie con trepidazione. “Dai
Lanie, andiamo in sala relax.
Non è necessario dare dell’altro cibo ai
pesci”.
Condusse l’assistente lungo
il corridoio fino alla sala
relax, e chiuse la porta. “Prima regola? Mai aprire loro una
porta. Prenderanno
delle pinze e la scardineranno per poter rientrare dopo che
l’hai chiusa” disse
con un piccolo sospiro.
“Scusa” rise Lanie
sedendosi sul divano “Ma dico sul serio,
come è successo?”
“Li ho incontrati quando
sono andata a farmi autografare il
suo libro e ho passato un po’ di tempo con sua figlia,
così mi hanno invitata a
cena. Ci sono andata, ed è stato bello” disse Kate
imbarazzata, in piedi al
centro della stanza, spostando lo sguardo dal tavolo scassato
all’abissale
macchina del caffè.
“Bello?”
“Si. Abbiamo cenato e
guardato un film”. Probabilmente
minimizzare avrebbe reso l’interrogatorio meno invadente, no?
“Quale film?”
“L’incantesimo
del lago”
rispose Kate, e un sorriso le comparve sul volto.
“Scherzi?” chiese
lei ridendo.
“Hey, l’ha scelto
una bambina di sette anni”.
Lanie si rilassò sul
divano. “Santo cielo, sono passati anni
dall’ultima volta che l’ho visto”.
“Vero?”. Kate si
lasciò cadere accanto a lei, sentendosi un
po’ più a suo agio. A questo servivano le amiche,
e doveva cercare di sentirsi
bene nel condividere quel genere di cose. Era davvero bello.
“E’ stato
divertente”.
“Li vedrai di
nuovo?”
Kate annuì, giocherellando
con le dita e guardando fuori
dalla finestra. “Il prossimo lunedì, sempre per
cena”.
“Ci andrai ogni
settimana?”
Kate incontrò il suo
sguardo. “Non lo so. Forse”. Lo sperava
davvero, e la giornata tra il lunedì e il
mercoledì l’aveva aiutata ad
accettarlo; si poteva concedere di essere in trepidante attesa per
serate
divertenti piene di risate: era una cosa buona per lei.
“Sembri così
felice!” le disse Lanie “E come sta il tuo
ragazzo, Will? Come l’ha presa?”
“Se n’è
andato a Boston” rispose lei, e il suo sorriso
svanì.
Infatti lui, guarda caso, era partito proprio il giorno prima, anche se
lei
fingeva di non aver tenuto il conto.
“Oh”
“Quindi.. non è
esattamente un problema” rise Kate
tristemente.
“Mi pareva ti piacesse
molto”.
Kate annuì.
“Già”. Era così, e il
pensiero le strinse il
cuore in una morsa.
“Mi dispiace”.
Lanie posò una mano sulla sua gamba, e Kate le
rivolse un debole sorriso. “E’ tutto okay.
Succede”. Le persone se ne andavano.
Era ciò che la vita le aveva insegnato, e nessun pensiero
positivo poteva
cambiarlo.
“E’ brutto
comunque”
“E’ vero.
Ma..”. Guardò Lanie. Parlarne non
l’avrebbe reso
meno brutto, era tempo di cambiare discorso. “Tu
piuttosto, come stai?”
Lanie si illuminò.
“Ho incontrato un ragazzo carino”
“Oh, davvero?”
“Anthony. Un
pompiere”
“Ooooh, era sul
calendario?” chiese lei, alzando un
sopracciglio con un sorriso malizioso.
“Maggio dello scorso
anno”
“Complimenti!”.
Kate le diede il cinque. Lanie era semplice,
divertente. “Dimmi di più”. I
cercapersone di entrambe suonarono nello stesso
momento. “Ripensandoci, che ne dici di bere qualcosa insieme
questa settimana?”
Lanie annuì.
“Domani? Una piccola, falsa festicciola del
Ringraziamento?”
Kate sorrise, le sarebbe piaciuto. Era
sincera: i sandwiches
al tacchino del Distretto non erano niente male. Non le sarebbe
importato
perdere la vera festa. E comunque non aveva nessuno da cui tornare,
specialmente ora che Will se n’era andato. Ma non era il
momento di lasciarsi
prendere da quello. “Perfetto Lanie. Alle sette
domani?”
“Ottimo. Una noia quando i
cadaveri si mettono in mezzo,
vero?”
“Se così non
fosse sarebbe troppo semplice” rise Kate alzando
le spalle. Era la loro vita, e sapeva benissimo che Lanie non
l’avrebbe
cambiata per nulla al mondo almeno quanto lei.
“Come vuoi tu”
ridacchiò Lanie mentre uscivano dalla sala
relax e si separavano.
Forse Kate poteva stare da sola. Non
aveva più Will, ma aveva
Lanie, e lunedì avrebbe avuto Rick e Alexis, e anche Madison
era sempre
disponibile.. poteva farcela.
(…)
“Vado io! Vado io!
Papà, no! Vado io!”
La porta si aprì davanti al
sorriso di Richard Castle. Era
bello tanto quanto lo era sulle copertine dei suoi libri, indossando
una
camicia a righe e un paio di jeans. Avrebbe fatto un quadretto niente
male, se non fosse stato per la bambina tenuta a testa in
giù sotto il braccio.
“Ciao Kate”
“Ciao” rise lei
mentre Alexis la salutava con la mano e
squittiva, le treccine svolazzanti.
“Papà! Mettimi
giù!”
“Scusa, che hai
detto?” chiese lui facendo un passo indietro
per far entrare Kate e poi chiudendo la porta. “Non ti ho
sentita..!”
“Mettimi
giù!” ripeté Alexis ridacchiando.
“Oh, questo
è
quello che hai detto! Perdonami”. La rimise dritta e la
posò per terra. “Va
meglio?”
Alexis sbuffò e
incrociò le braccia, guardandolo. “Volevo
solo aprire la porta, non dovevi catturarmi”.
Lui rise. “Mi perdoni,
signorina”.
“Grazie”. Lei si
voltò di nuovo verso Kate che li stava
osservando, sorridendo e mordendosi il labbro. Erano
così carini. “Come stai Kate?”
“Bene, Alexis”
disse Kate, ancora un po’ sorpresa dalla scena
“E tu, ora che sei di nuovo dritta?”
“Bene!”
esclamò lei “Papà ha portato me e Paige
al parco dopo
la scuola”
“Paige è una tua
amica?”
“E’ la mia
migliore amica” sorrise Alexis. Kate guardò Rick,
che muovendo le labbra stava silenziosamente specificando ‘inseparabili’.
“Facciamo quasi tutto insieme”.
“Beh, mi pare proprio che
sia la tua migliore amica” rispose
Kate. Anche lei e Maddy erano state così da bambine.
“Cosa avete fatto al
parco?”
“Abbiamo inseguito i
piccioni”
“Davvero?”.
L’aveva mai fatto? Non ricordava. Probabile. E’
quello che facevano i bambini che vivevano in città.
“Papà ne ha
inseguiti di più”
Oh, sul serio?
Kate
si voltò verso Rick che stava diligentemente mescolando
qualcosa in una
pentola. “L’ha fatto?”
“Si. Faceva molto rumore e
tutti lo guardavano divertiti. E’
stato imbarazzante” le disse Alexis, e sembrava infastidita.
“Immagino” rise
Kate. Quella scena impressa nella sua mente
era senza prezzo.
“Hai allestito un bello
spettacolo, non è vero?”
Lui la guardò tranquillo.
“Devi fermarti un attimo nel mio
studio?”
Kate sorrise: autodifesa mascherata da
preoccupazione,
com’era furbo. “In effetti si”
“Alexis, potresti per favore
tirare fuori l’argenteria?
Torniamo subito”.
Alexis obbedì felicemente e
Rick condusse Kate di nuovo nel
suo studio.
“Grazie per essertene
ricordato” disse Kate mentre lui apriva
la cassaforte e lei estraeva pistola e distintivo. La stanza era in
disordine
quel giorno, con fogli sparsi sulla scrivania e alcune strane pagine
appese con
mollette dello stendi abiti. Probabilmente Rick era troppo bravo per il
vecchio
stereotipo del pannello di sughero. Ma era strano comunque.
Prese la sua pistola e il suo
distintivo e li chiuse
all’interno. “Non c’è
problema. Mi divertirò a farlo”. Si
alzò e la guidò fuori
dalla stanza prima che potesse chiedere dei fogli.
Kate scosse la testa. “Tanto
quanto ti diverti a rincorrere i
piccioni?” chiese mentre entravano in cucina, decidendo di
concentrarsi
sull’obbiettivo a portata di mano: prendere in giro il
grande, cattivo Richard
Castle, lo straordinario cacciatore di piccioni.
Rick alzò le spalle e
andò a spegnere i fornelli. “La cena è
pronta. Oh, e non mi pento di nulla, le ragazze hanno riso per un sacco
di
tempo. Non capisco perché tu fossi imbarazzata”
“Perché era
stupido, papà” spiegò Alexis
prontamente mentre
prendevano posto e Rick cominciava a servire gli spaghetti.
“Spero che gli spaghetti ti
vadano bene” disse lui dando a
Kate una generosa porzione. “Abbiamo un numero limitato di
opzioni” aggiunse,
accennando ad Alexis.
Kate sorrise. “Il cibo fatto
in casa va sempre bene, e questo
sembra fantastico. Che sugo è?”. Aveva un profumo
assolutamente grandioso, e,
se la cena precedente era stata un indizio, allora avrebbe
probabilmente amato
qualsiasi cosa cucinata da lui.
“Quella vera”
rispose Alexis “Papà non usa sughi già
pronti”.
“Sei per caso un cuoco,
signor Castle?” chiese Kate alzandosi
e prendendo il sugo con il cucchiaio, mentre lui rimetteva la pentola
sui
fornelli. “Dimmi quando, Alexis”.
“Quando!”
Kate smise di versare e si
spostò sul suo piatto di
spaghetti. Sugo fatto in casa, che
sorpresa. Sapeva che l’avrebbe messa sulla pizza,
ma questa volta era
diverso. Aveva sempre ritenuto che il sugo fosse la cosa più
difficile, perché
si poteva rovinare facilmente- cosa che lei solitamente faceva.
“A tempo perso”
disse lui avvicinandosi di nuovo al tavolo.
“Oh, grazie, sono a posto così”
aggiunse, mentre ne versava anche per lui.
Si sedette e cominciarono a mangiare.
Il sugo era
spettacolare. Non aveva nulla del sapore piccante a cui era abituata. E
c’erano
anche pezzetti di pomodoro. Quando era stata l’ultima volta
che aveva mangiato
un pezzo di pomodoro? “Rick, è ottimo”
“Dici?”
“Si” rispose lei
prendendone un altro po’.
“Papà lo cucina
benissimo. La nonna no” aggiunse Alexis.
“Si, diciamo che la nonna
tende ad essere.. creativa, in
cucina” sorrise Rick.
“Puzzava di piedi,
papà. Non è creativo, è
disgustoso”
Rick scoppiò a ridere.
“Ha ragione”
“Io non sono capace di
preparare il sugo” disse Kate “Quindi
mi fido di voi. Ma questo è veramente delizioso”.
Rick la studiò attentamente
mentre si puliva una piccola
sbavatura di rosso sulla guancia. “Cucini molto?”
Lei alzò le spalle.
“Dipende da cosa intendi per molto”. Se
‘molto’ contava quanto ‘quasi
mai’,
allora si, cucinava.
Lui sorrise. “Regina
dell’asporto, eh?”
“A me piace
l’asporto” intervenne Alexis “Mi
piacciono i
pancakes del ristorante cinese”
“Pancakes cinesi?”
chiese Kate, troppo presa dall’idea per
preoccuparsi dell’occhiata che Rick le stava lanciando per
colpa della sua
mancata assunzione di cibo fatto in casa. Almeno era uscita e aveva
comprato
del cibo vero la settimana prima.
“Pancakes al
porro” spiegò Rick “Li adora”
“Quelli, e anche gli
spaghetti” annuì Alexis “Li prendiamo
tutte le settimane”
“Anche a me piacciono gli
spaghetti” rispose Kate “Ma anche
il maiale Mushu”. Le notti a base di cinese erano le sue
preferite, anche se la
lasciavano un po’ troppo piena e gonfia il giorno dopo.
“Disgustoso”
mormorò Alexis con una smorfia.
Rick fece una risata mentre Kate
sorrideva di fronte alla sua
onestà. “Non è carino Lexi. A Kate
potrebbero non piacere i tuoi cibi
preferiti, ma non penso che li definirebbe disgustosi”
“Scusa Kate” disse
subito Alexis.
“Non fa niente Alexis. Quali
sono i tuoi preferiti, Rick?”
chiese lei, voltandosi verso di lui mentre risucchiava uno spaghetto.
“Anche io sono un grande fan
del Mushu, e delle costolette”
disse, portandosi una mano davanti alla bocca. Kate si
domandò se le sue buone
maniere fossero altrettanto buone senza la figlia intorno.
“Andresti
d’accordo con Esposito” sorrise Kate “Lui
le inala,
quasi”
“Chi è
Esposito?” chiese Alexis.
“E’ il mio..
compagno di squadra? Facciamo insieme quasi
tutto al Distretto”. La terminologia era tanto vaga quanto la
loro relazione, a
metà tra amichevole e giocosamente litigiosa.
“Compagno di squadra, non
partner?” chiese Rick.
Kate arricciò il naso.
“Mi ucciderei piuttosto che avere
Esposito come partner. Ha bisogno di un amico, non di una
mamma”.
“Ha la tua età,
Kate?” chiese Alexis.
“Più giovane di
un anno” rispose Kate “Ma a volte sembra che
ne abbia cinque” aggiunse con un sospiro, in parte per
effetto, in parte perché
era vero.
“So cosa vuol
dire” annuì la bambina.
“Davvero?”
“Anche papà
è così”
A Rick andò di traverso il
suo drink e cominciò a tossire,
mentre Kate rideva. “Oh, Rick, non hai speranze con lei, non
è vero?”.
Sicuramente Alexis comandava in casa sua, e non sembrava che a lui
importasse
granché.
“No” sorrise
Alexis “La nonna dice che l’ho avuto sotto
controllo sin dal primo giorno”
Kate le sorrise. “Va bene
così, anche io mi comportavo allo
stesso modo con il mio papà”. Poteva solo
sorridere e suo padre ci sarebbe
cascato in pieno. Non aveva mai sfruttato
quell’abilità però, e quando avevano
cominciato a staccarsi nel periodo della sua adolescenza, le erano
mancati i
giorni in cui un sorriso aveva il potere di spazzare via tutto il resto.
“Sicuramente”
mormorò Rick.
“Zitto, uomo
piccione” lo ammonì Kate con un ghigno.
“Oh, dai. Quello no. Tutto,
ma non quello!” si lamentò con
un’impressionante dimostrazione di petulanza.
“Io penso che suoni bene, tu
che dici Alexis?” disse lei
facendo l’occhiolino alla bambina.
Alexis ridacchiò.
“Si, uomo piccione!”
“Non potete far comunella
contro di me, è completamente
ingiusto!”
“Perché?”
chiese Alexis dolcemente.
Rick spostò lo sguardo
dall’una all’altra.
“Perché… perché..
ti allei già con la nonna, non puoi avere anche Kate! Anche
io devo avere
qualcuno dalla mia parte”
“E pensi che io sarei dalla
tua parte?” chiese Kate prendendo
l’ultimo pezzo di pane all’aglio e offrendolo ad
Alexis, che annuì. “Le ragazze
stanno insieme, Rick” spiegò, spezzandolo e
passandone metà dall’altro lato del
tavolo.
“Anche io volevo il
pane!” piagnucolò lui.
Alexis sorrise. “Le ragazze
stanno insieme papà”
“E tu stai facendo il
bambino” aggiunse Kate con una risata,
mettendo in bocca un pezzo di pane. Punzecchiarlo era due volte
più divertente.
Rick le lanciò
un’occhiataccia. “Ti invito a casa mia, ti
nutro col mio cibo, e mi ripaghi così? Rubando
l’ultimo pezzo di pane e
alleandoti con mia figlia?”
Kate finse di pensarci su.
“Uh.. si, diciamo di si”
Lui strinse gli occhi. “Ti
riavrò indietro”
“Buona fortuna”
rispose Kate scoppiando a ridere, mentre
Alexis imitava i loro sguardi.
“Devo pulire”
annunciò lui ridacchiando alla vista di sua
figlia “Voi due trovatevi qualcosa da fare intanto che
preparo il dessert.
Anche se –di nuovo- non mi sento di dover premiare questo
tipo di
comportamento”
“Kate ha avuto
l’idea” disse subito Alexis.
“Visto come ti voltano le
spalle velocemente?” chiese Rick a
Kate, alzando un sopracciglio.
“Solo perché hai
giocato sporco con lo zucchero” replicò lei.
Oh, wow, quello era.. sporco.
Lui sbatté le palpebre.
“Avrei molte risposte pronte, e
nessuna di quelle è appropriata ora”
Kate rise. Non aveva avuto
l’intenzione di dargli
quell’opportunità. Ma sembrava proprio che stesse
vincendo quella sera, e
sicuramente le stava piacendo la competizione. E anche quelle piccole
occhiate
che lui le continuava a lanciare non erano poi tanto male.
“Andiamo Alexis,
lasciamo tuo padre in balìa dei piatti”.
Alexis annuì e
saltò in piedi, mentre Kate raccoglieva i
piatti e li portava sul mobile della cucina. Guardò Alexis
correre ed
abbracciare Rick da dietro, sbattendo la testa contro la sua schiena.
“Ti voglio bene
papà. Anche se Kate dice che le ragazze
stanno insieme” sussurrò, tanto flebilmente quanto
una bambina di sette anni
può sussurrare.
Rick sorrise ed incrociò lo
sguardo di Kate. Lei percepì un
sorriso dispiegarsi sulle sue labbra mentre Rick si voltava e sollevava
Alexis
per stamparle un bacio sulla guancia. Le
mancava tutto ciò- le mancava suo padre. Era
meraviglioso vedere Rick e
Alexis insieme, ma le si stringeva il cuore.
“Anche io pumpkin”
disse lui a bassa voce.
Alexis sorrise radiosa, e lui la
posò di nuovo per terra. Si
affrettò a raggiungere Kate e la prese per mano.
“Vuoi vedere il sistema solare
che io e papà stiamo costruendo?”
“State costruendo il sistema
solare?” chiese Kate sorpresa.
Alexis annuì e la
guidò su per le scale, la piccola mano
calda in quella di Kate. “Torniamo subito
papà”
“Fate con calma!”
rispose lui.
Kate si lasciò trascinare
da Alexis al secondo piano e in
fondo al corridoio in quello che pareva essere un altro studio. Non
aveva ben
compreso quanto grande fosse l’appartamento
l’ultima volta che era stata lì.
Era enorme. Il secondo piano doveva avere almeno cinque stanze; il suo
appartamento aveva solo una camera da letto, ed era considerato grande.
Il
salotto da solo era un primo reale possedimento, ed era stata fortunata
ad
averlo trovato ed acquistato con il blocco degli affitti.
Alexis la condusse nel suo studio e
Kate sorrise alla vista
della confusione che l’accoglieva. C’erano sfere di
carta sparse per tutta la
stanza, quotidiani ricoprivano il pavimento; c’erano secchi
di pittura contro
il muro più lontano, ammucchiati accanto alla scrivania di
mogano. Immagini dei
pianeti coprivano gli scaffali lungo le pareti e Kate scorse un manuale
di
istruzioni sulla scrivania stranamente pulita.
“Dove metterete questo
sistema solare? I pianeti sono grandi”
osservò, guardando i diversi pianeti, alcuni pitturati e
altri ruvidi e
bianchi, che stavano asciugando e attendevano il tocco artistico dei
due
ambiziosi Castle. Aveva costruito alcuni notevoli diorami da bambina,
ma niente
di tanto elaborato.
“Sono modellini in
scala” le disse Alexis. “Quella è la Terra”
aggiunse, additando
il terzo pianeta sulla destra “Anzi, sarà la Terra
una volta che l’avremo pitturata”
“Quando avete intenzione di
pitturare gli altri?” chiese Kate.
“Quando abbiamo
tempo” rispose lei con un’alzata di spalle
“E’ per divertimento”
“Voi due costruite modellini
in scala dell’intero sistema
solare solo per divertimento?”. Richard
Castle, straordinario cacciatore di piccioni e super papà..
doveva smetterla di
essere sorpresa, ma non poteva farne a meno. Quanti altri lati nascosti
aveva
quell’uomo?
Alexis le fece un sorriso.
“Li appenderemo in camera mia e
poi papà dice che potremo fare la Via
Lattea
sullo sfondo, con le stelle che si illuminano”.
Kate si ritrovò per un
attimo spiazzata. Certamente Rick era
un bravo papà: Alexis ne era la prova vivente. E anche le
lucine e
l’interminabile pazienza nel guardare film già
visti un milione di volte erano
dei buoni segnali. Ma stavano costruendo un sistema solare. Era.. era davvero.. al diavolo, Kate non era
troppo vecchia per dire che era fantastico.
“E’ fantastico
Alexis, da quanto tempo ci state lavorando?”
“Un paio di
settimane” rispose lei, rilasciando la mano di
Kate per camminare vivacemente sulle pagine dei quotidiani. Si
avvicinò ad una
delle sfere e la toccò lentamente. “Probabilmente
possiamo pitturarle tra un
giorno o due. Le ultime dovevano asciugare”.
“Sembra molto
divertente” esclamò Kate. Lo era; aveva amato i
progetti da bambina, e quello era il paradiso dei progetti.
“Infatti” disse
Alexis “Papà pensa sempre ai progetti
più
belli”
“Tipo?” chiese
Kate mentre Alexis le passava accanto ed
usciva dalla stanza. Kate spense le luci e la seguì lungo il
corridoio bianco
con appese copertine di libri incorniciate e posters autografati.
“Abbiamo fatto delle fate il
mese scorso e papà ha trovato
una ricetta per le torte così io e Paige siamo potute andare
al parco e ne
abbiamo lasciate un po’ per le fate”
raccontò felicemente Alexis.
Si avviò verso la sua
stanza e Kate la seguì, cercando di
immaginare il grande, virile Rick Castle con addosso una corona e ali
di fata.
Era un’immagine mentale piuttosto divertente.
Entrò nella stanza e guardò
Alexis mentre cercava qualcosa nel suo armadio, estraendo un set di ali
fatte
in casa e certamente fatte bene. Erano viola e fatte di qualcosa che
pareva
crinolino, e risplendevano alla luce, facendo brillare il tappeto
felpato color
lilla.
“Abbiamo messo la polvere di
fata e tutto il resto” spiegò,
portandole le ali e una corona “Papà ha messo i
brillantini, ma io ho fatto la
corona”
Kate allungò una mano e
passò le dita sopra le ali, mentre
Alexis gliele porgeva affinché le potesse vedere
più da vicino. “Sono
magnifiche Alexis. Hai visto le fate nel parco?”
Alexis strinse gli occhi.
“Le fate non esistono,
Kate”.
“Ma tu hai detto di aver
portato loro la torta” disse lei
innocentemente.
“L’abbiamo fatto,
ma fingevamo, no?”. Fece un sospiro
disturbato. “Papà cerca sempre di farmi credere a
tutto, ma alcune cose non
esistono” disse pazientemente “Anche tu sei come
papà?”
“Come papà in che
senso?” la incalzò lei, domandandosi dove
Alexis volesse arrivare.
Alexis ripose le ali
nell’armadio. “Credi nelle cose dei
bambini?”
“Quali di
preciso?”. Le cose dei bambini abbracciavano un
ampio numero di categorie.
“Come le fate e la magia e
il vivere per sempre felici e
contenti?”
Kate studiò la bambina di
fronte a sé. Teneva le mani sui
fianchi, le sue treccine le ricadevano davanti, e aveva uno sguardo
calcolatore. Era una bambina i cui genitori avevano divorziato
abbastanza
recentemente, e la cui madre era tutt’altro che perfetta, da
ogni punto di
vista.
Credeva nella
magia?
No.
Credeva nel
vivere per
sempre felici e contenti? No. Non esattamente.
Credeva nel
trovare una
via di ritorno dalla tragedia ed imparare ad essere felice? Si.
“Penso che ognuno si crei da
sé il proprio ‘vivere felici e
contenti’” rispose Kate con calma “Penso
che ognuno crei la propria magia, e
penso che qualunque cosa in cui crediamo sia vera, anche se gli altri
dicono
che non è così”.
Alexis la squadrò per un
attimo prima di sorridere e
saltellare avanti per avvolgerla in un abbraccio inaspettato.
“Grazie”.
“Per cosa?” chiese
Kate sbigottita, toccata e confusa da
tutto ciò.
“Per dirmi la
verità. Qualche volta papà non lo fa”.
Kate abbassò lo sguardo
verso la bambina e sorrise. “Ti dirò
sempre la verità, al meglio che posso fare”. La
promessa era uscita dalla sua
bocca senza ripensarci due volte. Era ciò che sua madre le
aveva sempre detto.
Non sapeva se Johanna avesse mai rotto quella promessa per proteggerla,
ma
l’aveva fatta sentire al sicuro per tutta
l’infanzia: perché la verità non
poteva davvero ferirti, poteva solo aiutare.
Alexis la strinse più forte
ancora per un attimo, e Kate si
sentì allo stesso tempo oppressa e confortata dalla fiducia
che la bambina le
dava. Terrificante e magnifica. Non era
ciò che sua madre le aveva sempre detto riguardo ai bambini?
La voce di Rick la distolse dai suoi
pensieri mentre gridava
verso le scale: “Ho fame!”
Kate rise e Alexis la
lasciò andare per prendere la sua mano
tesa. “Andiamo e facciamo mangiare il dessert a tuo padre, o
potrebbe non
sopravvivere”.
“Papà
è così drammatico” ridacchiò
Alexis mentre si avviavano
in cucina “Fa sempre rumore e fa finta di morire”.
“Non sempre”
controbatté Rick raggiungendole al tavolo, tre scodelle
preparate per loro insieme ad un bicchiere di latte. “Qualche
volta sono solo
ferito”
“O intrappolato in un
armadio” aggiunse Kate.
“Anche quello”
rise lui consciamente. “Ma, cambiando argomento..
spero ti piaccia la torta biscotto..?”
Kate guardò il miscuglio
davanti a lei e sbatté le palpebre.
Sembrava un gigantesco biscotto al cioccolato, ma era ovviamente un
po’ diverso
ed era ricoperto di panna montata. “Io.. uh.. non ho mai
mangiato una torta
biscotto prima d’ora”.
“Mai?”
esclamò Alexis senza fiato “Davvero?”
“Non mangio il dessert molto
spesso” rispose Kate “Ma questo
sembra buono, sotto la coperta di panna montata”. Avrebbe
dovuto cominciare ad
allenarsi di più se le serate con i Castle fossero state
tutte così.
“Ma la panna montata
è la parte migliore!” protestò Rick
“Non
puoi mai averne mai abbastanza”.
Kate gli lanciò
un’occhiata e i loro occhi si incontrarono.
Lei arrossì e Rick spalancò gli occhi, mentre le
loro menti andavano dritte a quello,
dimenticandosi dell’ignara
Alexis.
“Uh, sicuro. Come dici tu,
Rick” disse Kate dopo un attimo.
Guardò di nuovo la sua scodella e si fece coraggio,
agguantandone un pezzo con
la forchetta e portandolo alla bocca. “Oh, wow, è
fantastica!” disse,
mandandola giù. Il sapore era esattamente quello che aveva
immaginato
vedendola. Era a metà tra il disgustosamente dolce e il
deliziosamente
decadente, come un biscotto al cioccolato inzuppato in pastella per la
torta.
Ed era deliziosa.
“Ti piace?”
“Piace non rende
l’idea. La amo” disse allegra
“E’
spettacolare”.
“E’ una ricetta di
papà”.
“Saresti disposto a
condividere la suddetta ricetta?” chiese
Kate guardandolo. Lui aveva già fatto sparire
metà della sua.
“Potrei. Ma ti
costerà qualcosa”
“Che cosa?”
domandò Kate stringendo gli occhi.
“Alexis, hai qualche
suggerimento?” la interrogò Rick, e Kate
si accigliò.
Alexis rifletté per un
attimo, prendendo un pezzo della
propria torta. “Deve venire a pattinare con noi la settimana
prossima”.
Rick sorrise e si voltò
verso Kate. “Ecco la risposta”.
“Quando la prossima
settimana? Non sei a scuola, Alexis?”
chiese Kate. Non era totalmente contro
quell’idea, ma.. i suoi pattini erano.. imbarazzante- alla
pari con l’imbarazzo
della caccia ai piccioni. E avevano solo cenato insieme due volte.
“La prossima settimana ci
sono le vacanze di Natale, Kate”
disse Alexis lentamente, come se Kate fosse una completa idiota a non
saperlo.
“Già?”
chiese Kate voltandosi verso Rick “Così
presto?”. Lei era mai uscita tanto
presto? Non avrebbe
potuto; aveva frequentato le scuole pubbliche fino al liceo, e le
vacanze non
erano mai così lunghe.
“Scuola privata”
rispose lui “Paghi di più, ottieni di meno.
E’ strano. Ma significa che l’avrò per
più tempo tutta per me, quindi non mi
lamento”. Sorrise, tendendo la mano ad Alexis, che la
batté con la sua in una
strana stretta di mano.
“Quindi andremo a pattinare
la settimana prossima” disse
Alexis una volta finito quello strano gioco di mani “E se
vuoi la ricetta devi
venire”.
Quei due
ricattatori!
Kate guardò padre e figlia e improvvisamente non fu
più sicura di se stessa. Le
piaceva pattinare, non era tanto male. E non l’aveva
più fatto da un po’ di
tempo. Alexis era speranzosa e sembrava che Rick volesse veramente che
lei
andasse con loro, se poteva considerare come indizi il luccichio nei
suoi occhi
e il sorriso trionfante sul suo volto.
Cosa avrebbe ferito? Pattinare pareva divertente. Ed era comunque
sicura che
sarebbe valso la pena vedere Rick Castle cadere dritto sul proprio
fondoschiena.
“Sarei felice di venire a
pattinare con voi, Alexis. Però..
se tu.. intendo, io devo lavorare” disse lentamente.
“Il tuo giorno libero
è martedì giusto?” chiese Rick.
“Si”
“Perciò, che ne
dici se la settimana prossima andiamo a
pranzo e a pattinare, invece che cenare insieme?”
Sarebbe comunque andata lì
per cena il lunedì seguente. Avrebbe
dovuto preoccuparla? Aveva
accettato di diventare parte della vita di Alexis, ed era strano ogni
volta che
ricordava quella conversazione. Dunque realizzò che aveva
senso: lui aveva
pensato che lei ci sarebbe stata. A lei
andava bene?
“Possiamo andare a
Mars2112?” chiese Alexis “E’ troppo forte
Kate! E’ una nave spaziale e degli alieni servono da
mangiare!”
Kate sbatté le palpebre.
“Uh.. suppongo di si? Dove si trova?”
. Le era uscito dalla bocca prima che potesse fermarlo.
“Non sei mai stata a
Mars2112?” chiese Rick atterrito, e il
suo sorriso arrivava da un orecchio all’altro. Oh,
aveva accettato di andare, non è vero?
“Non ho mai visitato i punti di ristoro legati allo spazio
nella nostra leale
città, no” rispose lei. Apparentemente sarebbero
andati a pranzo e poi a
pattinare. Huh.
“Bene, allora dovremo
portarti lì. E’ fantastico”.
Kate lo squadrò.
“Perché ho la sensazione che tu sia più
entusiasta di lei?”
Lui sorrise. “Vieni a
mezzogiorno e poi ci avviamo insieme?”
Dire di no a quel punto non era
più un opzione, ed entrambi
sembravano così eccitati che non ne aveva comunque il
coraggio. Avrebbe avuto
la mattina per dormire e la sera per rilassarsi; non avrebbe perso
l’intera
giornata. E avrebbe avuto lunedì sera. I ragazzi al
Distretto l’avrebbero
tormentata per essersene andata ‘presto’. Quella
notte si sarebbe rilassata e
avrebbe fatto un bagno.
Martedì, a quanto pareva,
sarebbe andata dai Castle. “E’
perfetto”.
--Note dell'autore
(FanficwriterGHC)---
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo autore
è straniero e a gestire questo account è la
persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se vuoi
pubblicare su questo sito una traduzione di questo autore, e hai il suo
permesso, inviami almeno il primo capitolo della traduzione completa
(nel caso di fanfic one-shot, tutta la one-shot tradotta). Allora ti
fornirò la password per accedere a questo account
--Note della traduttrice (SaraIzzie)---
Heilà!
Per fortuna sono riuscita a terminare la revisione del capitolo, ci
tenevo a postarlo prima del weekend :)
Ho
ben poco da dire, se non un grazie a tutti coloro che hanno recensito e
che leggono questa traduzione. Sono veramente contenta che la storia vi
piaccia e sono felice di poterla condividere anche con coloro che non
la conoscono in lingua originale!
A
presto con il nuovo capitolo!
Buon
weekend a tutti :)
Sara
|
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Capitolo 6 *** CHAPTER 6 ***
CHAPTER
6:
“Beckett”
disse Kate al telefono mentre chiudeva la porta del suo appartamento.
“Ciao
Katie” fu la flebile risposta.
“Oh, ciao papà”
mormorò Kate fermandosi. Non lo sentiva da un mese; la sua
chiamata
nel giorno del Ringraziamento non aveva avuto risposta. Se
l’era
fatto scivolare addosso ed era andata avanti. Lui non era mai stato
particolarmente propenso a richiamare, cosa che aveva reso la sua
chiamata di due settimane dopo assolutamente normale. “Come
stai?”
“Io sto bene
Katie. Tu come stai?”
Kate sospirò
mentalmente e si sfilò la giacca. “Sto bene,
papà. Sono appena
tornata dal lavoro”
“E’ il tuo
giorno libero domani, vero? Dev’essere fantastico per
te”
commentò lui mentre lei si liberava della pistola e la
metteva via,
voltandosi per dare un’occhiata all’appartamento.
Era
totalmente disordinato. Era andata e tornata per tutta la settimana
trovando del tempo libero giusto per vedere Madison e Lanie, senza
preoccuparsi di casa sua. C’era del cibo d’asporto
nella
spazzatura e odorava di tailandese andato a male. Delizioso.
Il
tavolo era ricoperto dalla posta e da vari documenti che aveva
rubacchiato dal Distretto, cercando di mettere insieme i pezzi
dell'omicidio da sola. Ci era arrivata vicino.
“Il mio.. si, è
il mio giorno libero domani” rispose Kate. Camminò
verso la cucina
e tenne premuto il telefono contro l'orecchio con la spalla, in modo
da poter chiudere il sacco della spazzatura. Poi afferrò il
Lysol e
ne spruzzò un po' nell'aria per coprire il fetore,
aspettando che
suo padre parlasse. Non avrebbe preso lei l'iniziativa questa volta.
“Cosa farai di
bello?” chiese lui. Si
erano
ridotti a questo? Piccole conversazioni sul suo giorno libero?
Fantastico. Semplicemente fantastico.
“Io..”. Huh.
Avrebbe fatto bene a dirgli del pattinaggio? Voleva coinvolgerlo
nella propria vita in quel modo? Lui sapeva che lei avesse degli
amici. Sapeva che stava insieme a Will. Ma, con l'alcool, tutti gli
appuntamenti degli Alcolisti Anonimi a cui non era andato, e con
l'essersi presentato sbronzo alla loro ultima cena, lei non era
proprio incline ad aprirsi di nuovo. Non poteva continuare a
prendersi cura di lui, doveva essere lei la bambina qualche volta.
“Vado a
pattinare con degli amici” le disse. Era abbastanza generico.
“Ci sarà anche
Will?”
Kate si sedette
al tavolo e fissò la sedia su cui di solito sedeva Will. Non
riusciva ancora a considerarla solo una sedia qualunque. Aveva
cominciato a dormire di notte però, ed era già
qualcosa.
“Uh, no, non
verrà” disse Kate con calma.
“Va tutto bene
Katie?”. Sembrava preoccupato.
“Io..”. Ma
lui era suo padre, giusto? Era suo padre e poteva dirgli di aver
rotto con il suo ragazzo. Poteva farlo. Non si sarebbe esposta
troppo. “Will e io ci siamo lasciati,
papà”
“Oh Katie. Mi
dispiace tanto, tesoro”
Anche
a lei dispiaceva. “Grazie papà”
“Sei..
vuoi che ti raggiunga? Stai bene?”
Kate
percepì un sorriso sul suo volto, anche se piccolo. Si, era
ancora
suo padre. Era lì, da qualche parte, nascosto sotto l'alcool
e la
depressione. “No papà, sto bene. Grazie
comunque”
“Okay..
beh, fammi sapere se cambi idea..?”
Kate
annuì e giocherellò con il bordo di una bolletta
sul tavolo.
Avrebbe dovuto dedicarsi anche a quelle il giorno seguente, o il
mercoledì. “Lo farò,
papà”
“Devo
andare. Volevo solo controllare che stessi bene, ma io.. sarai fiero
di me Katie. Andrò ad un incontro degli Alcolisti
Anonimi”
“E'
fantastico papà!” rispose lei entusiasta, mentre
nella sua mente
alzava gli occhi al cielo. Lo faceva spesso- dirle fieramente di
voler cavalcare l'onda del successo, per poi cadere una settimana
dopo. “Sono contenta”
“Ho
anche uno sponsor. Non salto un incontro da settimane”
“Sono
fiera di te” gli disse lei. Era ciò che aveva
bisogno di sentire,
e non era importante che lo fosse davvero o meno, no? L'aveva detto
la terapista. Non doveva fare molto, solo.. supportarlo.
“Quindi..
devo andare. Ma sei sicura di stare bene, Katie?”
“Sto
bene papà. Vai all'incontro, passa una buona
serata”
“Okay.
Buonanotte Katie”
“Buonanotte
papà”
Il
telefono si spense e Kate si guardò intorno, cercando di
distogliere
la mente dalla preoccupazione per il padre; aveva bisogno di qualcosa
su cui concentrarsi. La cucina puzzava ancora; il Lysol non era così
efficace. Sospirò e si alzò in piedi,
sgranchendosi la schiena e
mettendo a posto la camicia. Raggiunse la cucina, estrasse il sacco
dell'immondizia dal cestino e si avviò verso la porta. Si
infilò un
paio di ciabatte, afferrò le chiavi e si avviò a
passo veloce lungo
il corridoio fino al condotto della spazzatura, dove lasciò
cadere
il sacco con un sorriso. Ecco fatto, era in grado di
prendersi
cura di sé stessa.
Tornò
al suo appartamento, ignorando la musica che proveniva dalla porta
accanto. Non gliene importava nulla, ma se fosse rimasta troppo a
lungo in corridoio, Gary, che abitava di fronte a lei, sarebbe uscito
e l'avrebbe trascinata in una lunga conversazione su quanto
sconsiderato fosse Jon ad ascoltare musica a così alto
volume. E
quel genere di conversazioni le facevano sempre venire il mal di
testa; quindi aprì la porta dell'appartamento ed
entrò.
Rimase
ferma per un attimo nella sala. La settimana era stata intensa. Le
vacanze stavano per cominciare e, come ogni anno, criminali e
assassini e malcontenti sarebbero comparsi all'improvviso per dare
all'NYPD il regolare bonus natalizio. Kate aveva arrancato tra
fanghiglia e ghiaccio, spazzatura e neve, centri commerciali e
negozi, raccogliendo indizi, cercando testimoni e seguendo piste non
troppo rilevanti. Avevano chiuso due casi, cosa alquanto fantastica.
Montgomery l'aveva personalmente ringraziata per aver notato delle
fibre di abbigliamento in cima alla ringhiera del vicolo,
venerdì.
Li aveva aiutati ad identificare il tipo di giacca che il killer
indossava, e da lì avevano ottenuto una sequenza sul
traffico che
aveva fornito loro l'immagine di parte del volto.
Kate
la considerò quindi una settimana prospera. Anche Jacobs, il
più
freddo del gruppo, che non era molto felice ad averla lì, a
trovare
indizi prima di lui, riuscì a rivolgerle un sorriso. Forse
sarebbe
riuscito a dire qualcosa prima della fine dell'anno. Kate
sbuffò e
tornò in cucina, e aprì il frigo per estrarre la
pasta che aveva
preparato qualche giorno prima. Il giorno in cui Jacob le avesse
detto “buongiorno” era quello in cui i maiali si
sarebbero messi
a volare. Era un grande misogino.
Infilò
il contenitore nel microonde e trovò un bicchiere,
riempiendolo di
succo. Non era decadente e non era salsa di pomodoro fatta in casa,
ma era cibo, e lei doveva pur mangiare ad un certo punto.
Versò
la pasta in una scodella non appena fu pronta e la portò con
sé sul
divano, mettendosi comoda e accendendo la televisione. Avrebbe
mangiato, guardato qualcosa di stupido e leggero, e poi fatto un
bagno. Lanie forse sarebbe stata in città, ma Kate voleva
passare
una serata tranquilla: il giorno seguente sarebbe già stato
sufficientemente intenso.
Guardò
un vecchio episodio di Friends distrattamente.
Pensieri su suo
padre tornavano di soppiatto come ragni in una crepa delle pareti.
Non sarebbe rimasto attaccato al muro come sua madre e Will. Poche
settimane, e forse ce l'avrebbe fatta questa volta. Forse avrebbe
davvero smesso di bere e lei avrebbe riavuto indietro suo padre.
Sospirò e posò la scodella vuota sul tavolino,
rannicchiandosi
sotto la sua coperta. Era una donna cresciuta. Si prendeva cura di
sé
stessa da qualche anno ormai. Non aveva bisogno di
suo padre.
Ma
le mancava. Le mancava chiacchierare con lui durante il brunch della
domenica, aspettando sua madre nel suo ristorante preferito. Le
mancava il modo in cui i suoi occhi si increspavano quando sorrideva.
Oramai sorrideva di rado. E quando lo faceva era un sorriso dovuto
alla sbornia, abbattuto e affondato. Lei era stata in terapia, si era
rimessa in riga, aveva ottenuto un buon lavoro. Perché lui
non
poteva fare lo stesso?
Rimase
lì sdraiata per un'ora intera, lasciando che il suono della
televisione irrompesse nella sua mente mentre metteva il broncio. Non
l'avrebbe negato. Era di cattivo umore. Non si aspettava che la
richiamasse il giorno del Ringraziamento, e il tempo trascorso con
Lanie era stato comunque piacevole. Ma lui era suo padre. Le feste
non sembravano più le stesse, non senza entrambi
i suoi
genitori.
Lo
capiva, davvero. Lei aveva perso sua madre, ma lui aveva perso sua
moglie, l'amore della sua vita, il suo tutto. E
lui non era
forte quanto lei; forse era proprio la parte più dura da
digerire, a
vent'anni non si sarebbe mai aspettata di diventare lei il genitore
di suo padre. La vita non funzionava in quel modo. Ma nemmeno sua
madre sarebbe dovuta essere uccisa, e persone mondane non diventavano
poliziotti.
Kate
scosse la testa e si alzò: era ora di fare un bagno. Aveva
bisogno
di rilassarsi e di uscire da quella depressione, o non avrebbe mai
avuto la forza di gironzolare con Rick e Alexis il giorno seguente.
Sorrise a quel pensiero e poi corrugò la fronte. Come poteva
essere
così facile sorridere al sol pensiero di quella bambina? Friends
era divertente, ma non la faceva sorridere in quel modo.
Ma
questo era esattamente il motivo per cui aveva accettato di farlo-
per essere loro amica; la facevano sorridere. Rick era spassoso e
divertente e.. beh, nemmeno il fatto che fosse bello era poi tanto
male. Kate si strinse nelle spalle. Non cercava quello da
Rick,
no?
Portò
i piatti in cucina e il suo sguardo cadde sulla sedia di Will. No,
non le serviva un ragazzo. E non importava quanto bello, affascinante
e attraente Rick Castle fosse, non era pronta a buttarsi a capofitto
in un'altra relazione, per poi uscirne con il cuore a pezzi.
Sarebbero stati amici. Erano anni che non aveva un amico maschio, e
questo era persino ben equipaggiato con una deliziosa bambina che lo
seguiva passo dopo passo, che era quasi più divertente
dell'uomo
stesso.
In
più, potevano comunque flirtare. Era lecito. Kate
posò i piatti nel
lavandino e poi si voltò per andare in bagno, dove si
sarebbe
rilassata nella vasca, e poi, forse, si sarebbe fatta una bella
dormita. Se ci fosse stato un modo per liberare la mente abbastanza
da farla appisolare, ci avrebbe provato. Ne aveva proprio bisogno.
---
Il
giorno seguente, Kate era in piedi in jeans e reggiseno, con le mani
sui fianchi. Il suo armadio era un mare di dolcevita e maglioni a
maniche lunghe. Andava bene, dato che era inverno, ma avrebbe dovuto
fare sicuramente un bel po' di shopping con l'arrivo della primavera.
Il problema, ora, era avere troppe opzioni. Una maglia con il collo a
V e una sciarpa? Dolcevita e giacca? Cosa era appropriato? Non era un
appuntamento, ma voleva comunque essere carina.
Maddy una
volta le aveva detto che il blu le donava.
Kate
allungò la mano e afferrò un dolcevita blu
cobalto. Lo indossò e
si sedette alla sua toilette da camera per farsi il trucco. Non
troppo pesante- non era un appuntamento- ma almeno
il
fondotinta e il correttore per nascondere le borse sotto gli occhi.
Alla fine non era riuscita a dormire così tanto. Okay. Non
ne aveva
bisogno. Ma non era necessario che R ick e Alexis lo sapessero.
Terminò
legandosi i capelli in una coda di cavallo, un lusso che non si
permetteva molto spesso. Era pericoloso lasciare i capelli sciolti;
qualcuno avrebbe potuto atterrarla facilmente semplicemente
afferrandole la coda. Ma pattinare con i capelli negli occhi era
altrettanto pericoloso, quindi se li legò felicemente.
Osservò il
suo riflesso e fu sorpresa da quanto giovane e quasi libera
sembrasse. Con del trucco leggero, una coda di cavallo e un sorriso,
le sembrava quasi di avere di nuovo vent'anni.
Si
alzò e si allontanò dallo specchio, verso
l'armadio, lontana da
qualsiasi cosa potesse rifletterla. Beh, la maggior parte delle cose,
almeno: i pattini al neon che aveva tolto dal fondo della sua
scarpiera certamente risplendevano alla luce. Kate li
sollevò e si
morse il labbro. Erano fantastici, davvero. Non erano imbarazzanti, o
verdi brillanti, o.. avrebbe davvero incontrato Rick e Alexis con
quelli?
Studiò
i pattini: erano usati ma non malridotti. Erano appariscenti, si, ma
anche forti. Alexis li avrebbe adorati, e Rick.. le avrebbe detto
qualcosa di più su fate e sull'inseguire piccioni, ma lei
sarebbe
uscita vincitrice; anche se l'elemento figlia gli faceva guadagnare
punti.
Kate
lanciò un'occhiata all'orologio e realizzò che
non aveva più
tempo. Lanciò i pattini in una borsa insieme alla sciarpa e
ad un
paio di mezzo-guanti. Poi afferrò le chiavi e il telefono,
indossò
un cappotto pesante nero, e si infilò un paraorecchie di
maglia
grigio. Chiuse a chiave la porta e chiamò l'ascensore,
scendendo
nella sala d'ingresso, con la gamba tremolante e le dita che
tormentavano la manica della giacca. Sarebbe stato
divertente, si
sarebbero divertiti.
Il
vento stava tirando mentre Kate usciva dall'edificio, e sorrise
alzando la testa. New York era bella d'inverno, quando lei non
arrancava
nei vicoli e non si trascinava nella fanghiglia. La città
brillava.
Non puzzava così tanto in inverno e tutti sembravano troppo
felici o
impegnati per preoccuparsi di essere belligeranti. O forse lo pensava
solo perché era il suo giorno libero: i criminali erano fin
troppo
belligeranti durante la normale settimana lavorativa.
Kate
chiamò un taxi ed entrò, non voleva guidare nel
traffico di
mezzogiorno. Diede al tassista l'indirizzo di Rick e poi si
rilassò
contro il sedile, osservando tutto passarle accanto, qualcosa che di
solito non faceva. Era felice di essere senza pensieri, di guardare
fuori dal finestrino fino all'arrivo. Pagò e
saltò fuori dal taxi,
lottando contro il vento per entrare nell'edificio. Era tutto
delizioso, innevato e bello, ma il vento era tremendo.
Nonostante
fosse tutto assai ricco, Kate ammirò quello che la
circondava mentre
entrava nel complesso e nell'ascensore. Erano normali, i Castle, ed
era difficile a volte ricordare che fossero ricchi sfondati, quando
Alexis le parlava dei suoi progetti speciali e Rick raccontava di una
sua vittoria ai videogames in modo concitato. Ma stava davvero per
trascorrere la giornata in compagnia di Richard Castle, scrittore di
bestsellers, e sua figlia. La sua vita era incredibile. Era tutto
ciò
che poteva dire.
Kate
raggiunse il loro piano e camminò verso la porta.
Suonò il
campanello e si sistemò la borsa sulla spalla, ascoltando il
chiacchiericcio dall'altra parte.
“Dai
papà! Sbrigati!” chiamò Alexis.
Kate
scosse la testa e cercò di nascondere un sorriso mentre un
intenzionalmente forte rumore di passi si avvicinava alla porta.
Erano ridicoli.
“Oh
salve, signorina Kate. Come sta oggi?” chiese Rick aprendo la
porta. Indossava un maglione rosso scuro e un paio di jeans, e le
rivolse un sorriso a trentadue denti, mentre Alexis faceva capolino
da dietro i suoi fianchi.
“Bene,
e voi?” chiese, salutando Alexis con la mano.
“Noi
stiamo bene! Ma papà ci ha impiegato un sacco a
prepararsi!”
Kate
ridacchiò e incontrò lo sguardo di Rick.
“Non è vero. Sta
ingigantendo la cosa”
“Ne
dubito” rispose Kate facendo un passo avanti, dopo che lui le
ebbe
fatto segno di entrare.
Alexis
era adorabile. Indossava un piumino viola, dei bei jeans con fiori
ricamati, e un piccolo berretto blu sulla testa. Era l'immagine
dell'infanzia d'inverno.
“Mi
piace il tuo giubbotto, Alexis” le disse Kate, mentre Rick
indossava il suo cappotto e prendeva a sua volta un berretto e
mezzo-guanti.
“Grazie”
sorrise Alexis eccitata “Anche a me piace il tuo!”
Kate
le rivolse un sorriso. “E' solo un cappotto nero”
“E'
un cappotto nero molto attraente” intervenne Rick afferrando
la
loro borsa “Andiamo? E' meglio se arriviamo lì
presto, così la
fila non sarà troppo lunga”
“Fila?”
chiese Kate mentre la facevano uscire velocemente dall'appartamento.
Si muovevano rapidamente, i Castle.
“C'è
sempre la fila a Mars2112” le disse Rick, e Alexis
afferrò la sua
mano.
“Vogliamo
fare il viaggio, giusto papà?”
“Giusto”
annuì lui, premendo il tasto per chiamare l'ascensore.
“Papà..
cosa vuol dire attraente?”
Kate
ridacchiò e guardò Rick, stringendo la mano di
Alexis. “Già,
Rick. Spiegacelo”
Per
un momento lui le lanciò un'occhiataccia. “Era un
complimento.
Attraente vuol dire bello, Alexis”
“Oh”.
Fece di si con la testa. “Pensi che Kate sia bella?”
Kate
spalancò gli occhi e il suo sorriso cadde all'improvviso,
mentre le
porte dell'ascensore si aprivano e loro entravano. Era dolce,
ma
oh, Alexis, non era proprio il momento per una cosa del genere.
“Certo”
rispose Rick tranquillo “Kate è molto
bella”
“Lo
penso anch'io” s'illuminò Alexis.
“Uh..
grazie ragazzi” balbettò Kate. Si muovevano
rapidamente e la
disorientavano, i Castle. “Aspettate”. Il suo
cervello si era
ripreso. “Viaggio?”
“Si”
disse Rick animatamente “Si può fare il viaggio su
uno space
shuttle all'interno del ristorante, è fantastico. Ti
piacerà un
sacco”
Le
porte dell'ascensore si aprirono e Alexis la condusse fuori mentre
seguivano Rick all'ingresso. Tutti li guardavano passare,
sorridendogli. Il portiere sorrise radiosamente mentre uscivano e
Rick si guardò intorno per un attimo. Kate stava ancora
cercando di
capire cosa implicasse un viaggio su uno space shuttle all'interno di
un ristorante e perché mai dovessero farne uno.
Ma
nel frattempo veniva trascinata in un'automobile da città.
Stavano
uscendo con l'automobile da città di Richard Castle. Rimase
lì
impalata a fissarla mentre Alexis saltava dentro.
“Dopo
di te” disse Rick gentilmente, facendole segno di entrare
prima di
lui.
“Io..”
“Non
c'è nessun problema” rispose lui ridendo
“Attireremo meno
l'attenzione in questo modo”
Sbattendo
le palpebre realizzò che lui indossava un paio di occhiali e
un
berretto. La stampa lo
prendeva di mira? Non l'aveva nemmeno
considerato.
“Oh,
beh.. già” balbettò, rivolgendogli un
timido sorriso, e si infilò
dentro dopo Alexis.
“Mi
piace l'automobile da città” le disse Alexis
mentre Kate si sedeva
accanto a lei “E' più comoda del taxi”
“Non
ne ho mai provata una” ammise Kate “La usate
spesso?”
Alexis
annuì: “A papà non piacciono molto i
taxi. Si fermano troppo
spesso, e qualche volta le persone fanno fotografie, o..” si
avvicinò e Kate si abbassò verso di lei
“qualche volta le donne
prendono d'assalto la macchina”
“Sul
serio?” chiese Kate, mentre Rick si infilava dentro a sua
volta.
“Uh-huh.
E' stupido” la informò Alexis.
“Cosa
è stupido?” chiese Rick mentre si allontanavano
dal cordone del
marciapiede e la mente di Kate frullava. Rick Castle era
famoso-davvero famoso.
“Quando
donne strane ti ronzano intorno” rispose Alexis.
Kate
sentì Rick irrigidirsi un attimo accanto a lei. Sedevano
abbastanza
vicini da sfiorarsi le spalle, ma non tanto vicini da essere
schiacciati nella spaziosa ma sorprendentemente sobria automobile da
città.
“Oh,
si tesoro, è stupido”.
“Per
questo mi piace l'automobile, perché non entrano
nell'automobile,
giusto?”
“Giusto
pumpkin”.
Kate
guardò Rick e lo trovò leggermente accigliato.
“E'
una macchina molto bella” disse lei.
Lui
incontrò il suo sguardo. “Già. Fa.. fa
il suo lavoro, no?”
“Sembra
proprio di si. Deduco che non dovremo preoccuparci di manipoli di
donne a questo Mars2112?”
Il
sorriso di lui tornò all'improvviso e le restituì
lo sguardo,
toccandole leggermente la spalla con la sua. “Hai ragione,
Detective Beckett”
Lei
scosse la testa. “Non sono ancora una Detective”
“Ma
lo sarai” disse Alexis confidente.
Kate
abbassò lo sguardo verso di lei. “Grazie per il
sostegno”
Alexis
alzò le spalle. “Non è mica una
sorpresa. Sei brava a notare
molte cose”
Kate
annuì e guardò la città scorrere
accanto a lei mentre Alexis e
Rick si stuzzicavano a vicenda sui diversi tipi di alieni che
vivevano su Marte. Rick optava per alieni blu, mentre Alexis riteneva
che ovviamente fossero verdi. Tutti i Marziani erano verdi, come
Marvin. Kate... Kate non fece altro che sorridere, cos'altro poteva
fare? L'avevano coinvolta e in qualche modo resa parte del loro
strano mondo. Il suo equilibrio era scombussolato e fu un po'
sorpresa di scoprire che erano già arrivati a Times Square
quando la
macchina accostò e Rick saltò fuori, porgendole
la mano.
“Lascia
qui le tue cose, non avrai bisogno della borsa lì
dentro” le
disse. Kate annuì e posò la borsa, lieta che il
suo portafoglio
fosse nella giacca.
Prese
la sua mano e uscì, facendo la stessa cosa con Alexis, che
afferrò
la sua mano felice e la trascinò su per le scale di un
piazzale che
si protendevano verso un alto edificio. C'era un'altra serie di scale
che conduceva in un cortile che Kate non aveva mai visto prima. E
lì,
a fissarla, c'era l'appariscente entrata di Mars2112, decorata con
alieni e navicelle spaziali e luci.
“Benvenuta
al ristorante più bizzarro che tu abbia mai visto”
le disse Rick.
Lei si voltò e lo trovò estremamente
vicino a lei mentre si
fermavano di fronte al ristorante.
“Non
preoccuparti, ti divertirai”
“Ne
sono sicura” rispose lei.
“Su,
dai!” esclamò Alexis, interrompendo il momento.
Avevano avuto un
momento? Kate non lo sapeva con precisione.
Rick,
dal canto suo, non fece alcun accenno alla loro mancanza di spazio
personale, e rimase incollato a loro mentre si mettevano in fila per
il “Viaggio nella navicella spaziale”. C'erano
parecchie famiglie
davanti a loro, con bambini che urlavano, che scavalcavano le
barriere e lottavano. Due ragazzini si stavano praticamente
scazzottando e i loro genitori li ignoravano bellamente.
Kate
abbassò lo sguardo verso Alexis e sorrise. Aspettava
pazientemente,
sembrava felice e ballava lentamente sul posto.
“Non
vedi l'ora?” chiese Kate.
“Già”
rispose Alexis, voltando la testa per guardarla “Ma questa
è la
tua prima
volta”.
“E'
vero” convenne lei “Devo preoccuparmi?”
“E'
un po' rumoroso la prima volta, vero
papà?”
Rick
annuì. “Ma non preoccuparti, ho come l'impressione
che Kate sia un
osso duro”
Kate
sbuffò. “Sul serio? Un osso duro?”
“Oh,
andiamo! Passi l'intera giornata a guardare cadaveri. Sei
temprata”
“Non
sono temprata!” protestò lei mentre avanzavano
nella fila,
osservando un ampio gruppo di circa sedici persone passare attraverso
le grandi porte spaziali sotto l'insegna. Era notevole: sembrava una
vera astronave, e Kate intravide di sfuggita alcune poltrone rosse
come quelle dei cinema all'interno, prima che la porta si chiudesse
con uno sbuffo di fumo.
“Okay,
forse temprata non è il termine giusto. Sei..
stoica”
“Richard
Castle..!”
“Shh!”
la zittirono loro in coro.
Kate
sbatté le palpebre. “Oh, mi.. dispiace?”
Rick
ridacchiò e le mise una mano sulla schiena mentre avanzavano
ancora.
“Non preoccuparti. E' solo che.. beh, non farlo se non vuoi
ritrovarti a Pagina Sei domani come 'la nuova mamma di Alexis
Castle'”.
Alexis
ridacchiò e Kate si irrigidì. “Non
è abbastanza vecchia per
essere la mia mamma!”
“Stai
dicendo che io sono vecchio?” chiese Rick
con finto orrore.
Kate
espirò. Era solo per dire, non significava nulla.
Non sarebbe
finita a Pagina Sei, giusto?
“Si,
papà” rispose Alexis.
“Hai
sentito?! Mia figlia ha detto che sono vecchio” si
lamentò Rick.
Giusto,
Rick e Alexis erano ancora lì. Non stavano avendo un attacco
di
panico, e lei doveva essere presente, non preoccuparsi della stampa.
“Beh”. Lei rimase un secondo in silenzio
“Tu.. sei più vecchio
di me”
“Di
quanto, sei anni?” chiese Rick indignato.
“Non
lo so. Quanti anni hai?” replicò Kate con aria
innocente.
Lui
strinse gli occhi. “Lo sai già, non è
vero?”
Lei
non leggeva la sua biografia tutte le volte che comprava un libro.
Era assurdo. Non lo faceva. Okay, invece lo faceva eccome, ma non era
necessario che lui lo sapesse. “Non
so per quale motivo tu possa sospettarlo”
Lui
la guardò per un attimo e aprì la bocca per
rispondere, ma un
grande alieno era appena uscito dalla porta, circondato da fumo, e
stava facendo loro segno di entrare.
“Vieni
Kate! Dobbiamo sederci davanti!” disse Alexis velocemente,
trascinandola verso la prima fila di quel piccolo teatro. Si sedette
e Kate prese posto accanto a lei in una delle poltrone rosse.
Si
muovevano- realizzò mentre si legava la cintura.
“Perché mi sto
legando la cintura?” chiese, aiutando Alexis ad allacciare la
sua
“Che viaggio sarebbe questo?”
“E
rovinarti la sorpresa?” sorrise Rick alla sua sinistra
“Nemmeno
per sogno”
“Alexis?”
chiese Kate.
“No
no. Sono d'accordo con papà. Devi aspettare”.
Kate
sbuffò e guardò la parete di fronte, su cui vi
era uno schermo
gigantesco. Pareva una sorta di incrocio tra un cinema privato e la
piattaforma di carico di una reale astronave. Era del colore della
latta e i muri avevano travi trasversali e finte saette; le poltrone
si trovavano su una sorta di piattaforma. Si sarebbe mossa e li
avrebbe sbattuti di qua e di là, giusto?
“Cittadini
del pianeta Terra!”. Una voce rimbombò attraverso
un altoparlante,
e le porte si chiusero. “Vi diamo il benvenuto al vostro
viaggio su
Marte. Vi suggeriamo di reggervi forte, a volte l'atterraggio
può
essere un po'.. bump.. bump..”. Ci fu
un'interferenza e la
voce all'improvviso non si udì più.
“Si
parte!” sussurrò Rick, mentre il pavimento sotto
di loro
cominciava a tremare.
Le
luci si spensero e lo schermo di fronte a loro si illuminò,
rivelando un'immagine del pianeta Marte che si stava avvicinando
sempre di più ad ogni secondo. Il pavimento
iniziò a muoversi più
violentemente, e la sedia di Kate si muoveva a destra e a manca;
l'immagine divenne più luminosa finché pareva che
fossero diventati
una sfera di fuoco in procinto di precipitare sul suolo.
“Per
favore rimanete calmi. Stiamo per schiantarci! Stringetevi ai vostri
cari e attenti alle creature!”
Kate
rise e si strinse ad Alexis e Rick mentre venivano sballottati qua e
là e sobbalzavano; le luci lampeggiarono e del fumo
penetrò dai
condotti agli angoli del soffitto. Dopo un minuto di rumoroso
rovesciamento, la piattaforma si fermò e le luci si accesero
lentamente.
Kate
guardò Alexis, che stava sorridendo, e poi Rick, il quale
-fu
sorpresa di scoprire- le teneva la mano. Oh, lei
l'aveva
afferrata. La mano di lui era grande sotto la sua, e stava
sorridendo.
“Ti
è piaciuto?”
“E'
stato fantastico” rise Kate. Tutto il suo disagio e le sue
preoccupazioni erano state spazzate via. Chi sapeva che esistesse
un posto del genere? E che modo bizzarro di entrare in un ristorante.
Alexis
si era tolta la cintura e aveva allungato la mano verso di lei prima
che Kate potesse riprendersi dalla sorpresa; si alzò,
tirando Rick
dietro di sé, mentre le porte si aprivano dalla parte
opposta del
piccolo teatro. Seguì Alexis di fuori e si trovarono
all'entrata di
un'enorme stanza.
Sembrava
Marte, davvero. Kate boccheggiò guardandosi intorno,
osservando i
grandi muri di “pietra”, luci verdi e viola molto
bizzarre che
illuminavano da alcune lampade 'spaziali' messe casualmente sul
pavimento, e separé dalla forma di affioramenti di rocce.
Fedeli al
resto, degli alieni camminavano tra i tavoli portando vassoi di cibo
servito su dischi spaziali, e i bambini correvano ovunque con bambole
aliene e elmetti spaziali.
“Cosa
ne pensi?” chiese Rick, e Kate percepì il suo
respiro caldo contro
il suo orecchio mentre lui si inciampava e finiva contro la sua
schiena, spinto dai bambini urlanti che avevano avuto davanti a loro.
“Quei
bambini sono maleducati” disse piano Alexis aspettando in
fila per
la cameriera.
“La
pagheranno, gli alieni mangiano i bambini come loro” le disse
Rick.
Alexis
rise e Kate si unì a lei. “Tutto questo
è surreale”
“Vero?
Ti domandi cosa hai fatto per perderti una cosa simile da
bambino”
sorrise lui.
“Intendi
nell'età della pietra?” scherzò lei.
Lui
la guardò torvo. “Ti rimane una sola vecchia
battuta oggi. Tienila
per quando andremo a pattinare”
“Perché?
Sai già che cascherai per terra?”
“Si”
rispose lui tranquillo “Ma prima mi riempirò lo
stomaco. Chiedi un
séparé tesoro”
Alexis
guardò la direttrice di sala con i suoi occhioni dolci e un
piccolo
ammaliante sorriso. “Potremmo per favore avere un
séparé per tre
persone?”
La
donna la guardò, chiaramente scioccata dalla calma, raccolta
e
gentile richiesta. “Certamente” sorrise
“Emily, puoi fare
strada a questa perfetta famiglia verso il séparé
nell'angolo? E
accertarti che Andrew li serva?”
Rick
ridacchiò, mentre la giovane cameriera bionda prendeva tre
menu e li
conduceva in fondo al ristorante, chiacchierando con Alexis riguardo
al suo 'viaggio' su Marte, con Rick e Kate che le seguivano.
“Penserai
che mi debba servire del mio nome, ma no: tutto quello che la bambina
deve fare è dire 'per favore' e otteniamo tutto. E'
strabiliante”.
“Beh,
lei è deliziosa. E la gente farebbe qualunque cosa per un
sorriso, a
New York” concordò Kate. Era adorabile-
abbastanza adorabile da
non averle fatto registrare il commento sulla famiglia.
“Ecco
a voi” disse loro Emily facendoli sedere attorno ad un grande
tavolo rotondo. “Andrew sarà da voi tra un minuto,
ed eccovi i
vostri menu”. Diede a ciascuno un largo e coloratissimo menu,
mentre Kate si infilava dopo Alexis, Rick in coda dietro di loro.
“Divertitevi”
“Grazie
Emily!” rispose Alexis.
La
cameriera sorrise e si allontanò, sussurrando qualcosa ad
una
collega e recandosi al piano principale. Entrambe guardarono indietro
verso il loro tavolo e Kate trattenne un sorriso mentre apriva il
grande menu. E tutto era in tema Marte- era scioccata.
Ridacchiò
leggendo le varie descrizioni del “Mars burger” e
delle “Martian
fries” con piante spaziali -lattuga-, e sangue dei
viaggiatori
-ketchup-. Sembrava fantastico.
“Gli
hamburgers sono buoni?”
Rick
incontrò il suo sguardo. “Alcuni dei migliori che
io conosca”
“Allora
per me va bene” sorrise Kate chiudendo il menu
“Cosa prendi
Alexis?”
“Martian
tenders” rispose lei “Hanno la forma di alieni e ti
portano anche
sangue dei viaggiatori e budella aliene”
“Mostarda”
spiegò Rick.
“E
non pensi sia disgustoso?” le chiese Kate.
“Disgustoso?”
biascicò lei “E' fantastico!”
Kate
rise. Temeraria e incredibile, ecco cosa era Alexis. Lei era
fantastica. “Batti il cinque” disse Kate allungando
una mano
verso di lei.
Alexis
la batté con gusto e le sorrise radiosa. “Quindi,
ti piace?”
“E'
grandioso” rispose onesta “E' divertente e strano e
semplicemente
così.. marziano”
“Alexis
era completamente disperata la prima volta che siamo venuti”
le
disse Rick.
“Papà!”
“E'
vero! Si nascondeva nella mia spalla”
“Avevo
tre anni, papà” sbuffò Alexis
“E c'era tanto rumore”
Rick
scoppiò a ridere. “Non ti sto prendendo in giro pumpkin”
“Si
invece”
“No”
“Si!”
lo incenerì lei con lo sguardo.
“Ragazzi”
li zittì Kate mentre un giovane con la faccia ricoperta di
brufoli
si avvicinava.
“Benvenuti
a Mars2112” disse gioviale. Era vestito con un'uniforme da
Capitano
e rivolse loro un largo sorriso, mostrando tutti i denti. “Il
mio
nome è Colonnello Andrew Carter, e sono qui per prendere le
vostre
ordinazioni in questo piacevole giorno marziano. Cosa posso portarvi
per rinfrescarvi?”
Rick
e Kate guardarono Alexis, che sorrise timidamente al ragazzo alto ed
allampanato. “Posso avere uno Starship Shake per
favore?”
“Ma
certamente, bella umana!” rispose lui “E per voi
due?”
“Per
me una Diet Coke, grazie” disse Kate.
“E
per me una Coca Cola Float” aggiunse Rick
“Bell'uniforme”
“Grazie”
sorrise il ragazzo “Ho appena ricevuto una
promozione”. Si voltò
verso Alexis “Ora faccio volare l'astronave”
Alexis
ridacchiò e Andrew estrasse un blocco appunti,
scribacchiando le
loro ordinazioni. “Siete pronti a darmi le vostre coordinate
di
sustentamento?”
“Posso
avere dei Martian Tenders per favore?” chiese Alexis.
“Ma
certo!”
“Io
prendo il Mars burger con patatine fritte, per favore, mediamente al
sangue” disse Kate quando il ragazzo si voltò
verso di lei.
“Per
me lo stesso, ma al sangue” aggiunse Rick.
“Saranno
da voi alla velocità della luce!” disse loro
Andrew “Beh, magari
a quella del suono. La velocità della luce è fin
troppo”
“E'
perfetto” rispose Rick.
“In
cucina!”. E il ragazzo corse via, un braccio teso davanti a
lui ad
imitazione di Superman.
“E'
divertente” annunciò Alexis una volta che si fu
allontanato “E
buffo. Non può davvero far volare
un'astronave”
“Tu
e la tua realtà” sospirò Rick
“Non mi permette mai di stare al
gioco!”, disse a Kate con un lamento.
“Beh,
perché lei è quella ragionevole. Non è
vero, Alexis?”
“Già!”
“Non
mi piace questa cosa di voi che fate comunella”
replicò Rick
“Quindi vi sfido a disegno”
“A
disegno?” chiese Kate, realizzando solo in quel momento che
la loro
tovaglia era fatta di carta e c'era una scatola di pastelli in centro
al tavolo. Alexis aveva già allungato le mani, e Kate la
tirò verso
di loro cosicché potesse prenderla.
“Il
primo che disegna la navicella più impressionante sceglie il
dessert
per tutti”
“Ci
sto” replicò Alexis “Tu ci stai,
Kate?”
Kate
spostò lo sguardo dall'uno all'altra; due paia di occhi
azzurri la
guardavano a loro volta, con un'espressione di sfida. “Oh, ci
sto”.
Ciascuno
di loro scelse un pastello. Spinsero i loro menu dall'altro lato del
tavolo -il grande cameriere li aveva dimenticati- e si misero dritti,
pronti a disegnare.
“Ai
vostri posti, pronti, disegnate finché arriva il
cibo!” annunciò
Rick.
Poi
ci fu una gran frenesia nel disegnare. Kate non riusciva a ricordare
l'ultima volta che aveva colorato qualcosa in un ristorante. Cavolo,
non riusciva a ricordare l'ultima volta che avesse fatto altro dallo
scrivere su un blocco degli indizi. Si trovò a ripensare al
suo
disegno originario qualche minuto dopo però, quando diede
un'occhiata alla sua sinistra e vide che Rick aveva già
disegnato
un'astronave e stava ora abbozzando una seconda navicella. Alexis,
alla sua destra, era ancora intenta a fare la sua astronave, ma aveva
otto ali e dettagliatissime leve e ombreggiature. Il modello di Kate,
triangolare e a due ali, sembrava proprio triste in confronto a
quello.
“Non
fermarti Kate” la incitò Alexis “Abbiamo
almeno altri cinque
minuti. Forse riesci a disegnare una pista di atterraggio”
Kate
le sorrise e tornò al suo disegno. Non avrebbe vinto, ma
tutto ciò
era stranamente divertente. Disegnarono e sospirarono e alzarono le
loro teste finché Andrew riapparve.
“Gara
di disegno?” chiese, tenendo facilmente in equilibrio i loro
piatti, un alieno dietro di lui con un cestino di fette di pane a
forma di astronave.
“Si”
rispose Rick guardandolo “Vuoi essere il giudice?
Così è
imparziale”
Andrew
alzò le spalle e posò tutti i piatti dall'altro
lato del tavolo;
poi si sporse in avanti. “Quello rosso. Sicuramente quello
rosso”
“Ha!”
esclamò Alexis, alzando un pugno in aria.
“Anche
se, devo dire signore, il vostro è abbastanza
intricato” riconobbe
Andrew, dando un'occhiata alla foresta di navicelle e aeroplani e
macchine volanti disegnata da Rick. “Il suo potrebbe essere
più
realistico, però” aggiunse Andrew rivolto a Kate
“Sembra la più
aerodinamica”
Quella
di Kate -pensò lei- sembrava più funzionale.
“Ma Alexis vince
comunque”
“Oh,
si, decisamente. Pronta per il cibo, vincitrice?”
Alexis
annuì, sorridendo, e ridacchiò quando Andrew
simulò i rumori di un
atterraggio e le passò il piatto. Rick e Kate non ottennero
lo
stesso trattamento, e Kate era divertita notando che Rick era un po'
imbronciato. Andrew si lasciò con un inchino e Kate si
voltò verso il suo piatto, meravigliata dall'enorme
dimensione.
“Una
persona non può mangiare così tanto”
disse. Alexis e Kate la
guardarono increduli, ed entrambi sollevarono un pezzo di cibo verso
le loro bocche. “Okay, mi correggo” concesse lei
ridendo; Rick le
fece un cenno di approvazione e Alexis mormorò
“Già” mentre
mangiava un alieno di pollo.
Alla
fine si era rivelato quasi troppo, ma decisamente troppo buono da
lasciare indietro. Kate mangiò l'intero hamburger (il quale,
nonostante il nome marziano, era normale e completamente delizioso) e
le patatine fritte, e aveva anche abbastanza spazio per uno di quei
Sundaes che Alexis aveva reclamato come premio per la sua vittoria.
Mangiò
tutto con gusto. Il fatto che sarebbero andati a pattinare e che
avrebbe potuto smaltirlo non faceva parte dei suoi piani, nemmeno un
po'. Alla fine del pasto Rick non le permise di dividere il conto, o
contribuire, o pagare nulla. Lei lo pregò, lo
pregò, ma lui
rifiutò.
“Pago
io l'entrata alla pista di pattinaggio allora” gli disse
quando lui
le condusse fuori dal ristorante con una mano sulla schiena di lei,
salutando Andrew, Alexis sgusciando davanti a loro.
“Kate,
siamo stati noi a convincerti a uscire” mormorò
lui, e Alexis si
guardò intorno mentre percorrevano la piattaforma di carico
che
portava all'uscita del ristorante. “Non dovresti
pagare”
“Ma
io voglio farlo. Metà e metà. Tu hai pagato il
pranzo, io il
pattinaggio. Niente discussioni”
Si
guardarono intensamente finché lui annuì.
“La prossima volta pago
io, però” brontolò, mentre Alexis li
incitava ad 'andare più
veloce'.
Kate
alzò distrattamente le spalle e si fece condurre su per le
scale e
di nuovo nell'automobile.
La
prossima volta- apparentemente ci sarebbe stata una prossima volta.
Si
infilò vicino ad Alexis, Rick dopo di lei.
“Sembra
che non andiamo a pattinare da una vita” disse Alexis mentre
si
immettevano nel traffico.
“Da
due sole settimane tesoro” rise Rick rovistando nella sua
borsa
“Aha!”
Estrasse
un secondo paio di occhiali da sole e li passò a Kate.
“Uh..
grazie?” rispose lei, rigirandoli tra le mani. Erano
bellissimi-
grandi e stilosi e certamente nascondevano buona parte del viso.
“Perché?”
Rick
si stava rimettendo il berretto e infilando i suoi occhiali.
“Anonimato. Alexis non ne ha bisogno, perché
è adorabile, ma tu
potresti averne bisogno in caso qualcuno ci notasse”
“Oh”
“Provali
Kate!” ridacchiò Alexis.
Kate
obbedì in modo quasi assente e infilò gli
occhiali sul volto,
voltandosi verso Alexis. “Come mi stanno?”
“Benissimo”
le sorrise lei radiosa “Sembri una star del cinema!”
“Davvero?”
rise Kate. Si voltò verso Rick. “E lei che ne
dice, signore?”
“Sono
d'accordo con lei. Sembri Audrey Hepburn, solo con un
paraorecchie”.
Kate
arrossì. “Grazie”. Vide il suo riflesso
negli occhiali di Rick e
doveva ammetterlo: non era affatto male. E, se fossero serviti a
tenerla lontano dalla Pagina Sei, li avrebbe indossati. Avrebbe
indossato una rete se fosse stato necessario.
La
macchina si arrestò e Rick si abbassò, afferrando
entrambe le loro
borse.
“Posso
portarla..” protestò Kate.
“Segui
la bambina in viola saltellante e lasciami fare il galante”
rispose
lui.
“Non
so se trovo la tua galanteria affascinante o irritante” gli
disse
lei uscendo dopo Alexis e prendendola per mano.
“Trovala
affascinante, così risparmierà dolore ad
entrambi” ghignò lui.
“Ora sbrighiamoci. Abbiamo un'altra fila da fare”.
Camminarono
verso Madison Square Garden e si misero in fila. Kate si
guardò
intorno, verso i giganteschi alberi e le luci scintillanti, e
percepì
una fitta. Era venuta lì con sua madre qualche settimana
prima
che.. e avevano pattinato, e lei era caduta dritta sul sedere
facendosi tanto male da rimanere seduta su un cuscino per una
settimana intera. Poteva ancora sentire sua madre ridere ma provare ad
essere gentile mentre cercava di riaccompagnarla al taxi che
avevano preso per tornare all'appartamento invece di camminare.
“Va
tutto bene?” chiese Rick a bassa voce. Alexis era troppo
presa a
guardare una coppia fare acrobazie sul ghiaccio per notare quanto
Kate fosse diventata silenziosa.
“Oh,
si” rispose lei, scuotendo leggermente la testa
“Solo.. ricordi”
“Belli,
brutti?” chiese lui con dolcezza, prendendola per mano.
Le
sembrò un gesto così naturale che lei gli strinse
la mano in segno
di ringraziamento. “Entrambi” sussurrò.
“Mi
dispiace”
Lei
incontrò il suo sguardo. O meglio, occhiali da sole
incontrarono
occhiali da sole. “Non fa niente. Ci sono già
tornata prima di
oggi. Non è.. non è così
terribile”
“Potremmo
fare qualcos'altro” suggerì lui.
Alexis
la tirò per l'altra mano. “Hai visto?!”
chiese meravigliata.
Kate lanciò un'occhiata alla pista e vide l'uomo sollevare
la sua
partner sopra la testa e farla girare, la donna sicura e allo stesso
tempo fluida tra le sue braccia.
“E
perdermi questo?” disse rivolta a Rick, annuendo ad Alexis
che
saltellava accanto a loro. “Nemmeno per idea”
Lui
sorrise. “Andiamo allora”. La fila si mosse ed
entrarono
nell'area di attesa. “Dai Alexis, cerchiamo una panchina e
mettiti
i pattini”
Kate
li seguì e si sedette accanto ad Alexis, mentre Rick si
inginocchiava ed estraeva i suoi pattini. Alexis si tolse gli stivali
e allungò un piede verso Rick, dimenando le dita davanti
alla sua
faccia.
“Non
voglio annusare i suoi piedi, Lexi” rise lui afferrandole un
piede
e tenendolo fermo “Sono puzzolenti”.
“Non
è vero!” replicò Alexis “I
tuoi lo sono!”
Kate
rise e si tolse i suoi stivali, esitando per un momento. Stava
davvero per tirar fuori i suoi pattini al neon, non è vero?
Ma poi
Rick fece il verso di una renna e Alexis rise e rise. Improvvisamente
non le importò molto. Se li allacciò e si
voltò verso di loro,
trovando Rick che le fissava i piedi, fermo a metà dei suoi,
mentre
Alexis si muoveva avanti e indietro.
“C'è
qualche problema?” chiese Kate tranquillamente, infilando gli
stivali nella borsa.
“No..
nessun problema” rispose lui guardandola negli occhi
“I tuoi
pattini sono luminosi”
“E?”
Lui
alzò le spalle. “E niente”.
“Andiamo,
Alexis” disse Kate, allungando una mano verso la bambina
“Mettiamo
questi in un armadietto e paghiamo mentre il tuo lento padre finisce
di mettersi i pattini”
“Ho
quasi finito!” protestò lui, e Alexis
saltò su afferrando la mano
di Kate.
“Chi
dorme non piglia pesci Rick” rispose lei mentre barcollavano
“Tuo
padre è ridicolo”
“Non
dirlo a me” annuì Alexis saggiamente.
Kate
rise e inserì alcune monete dentro un armadietto, rimosse la
chiave
e infilò dentro le loro cose, mettendo la chiave in tasca.
Camminarono verso la cassa e Kate comprò tre biglietti.
Poteva
permetterselo, era a malapena una spesa.
La
campanella suonò e l'ultimo gruppo iniziò a
sfilare sul ghiaccio
mentre loro stavano in piedi accanto all'ingresso. Kate non riusciva
a vedere Rick nella folla che si avvicinava, e Alexis stava quasi per
cadere in avanti, cercando di entrare in anticipo.
“Potrebbe
per favore tenere questo per l'uomo alto con un berretto bianco,
grossi occhiali da sole e un cappotto nero?” chiese
all'addetto con
un sorriso.
Il
giovane annuì prontamente. “Sicuro”.
“Grazie
mille”. Sembrava che gli avesse rallegrato la giornata. Forse
essere carini non era un'arma che solo Alexis poteva sfoderare,
dopotutto.
Quando
la campanella suonò di nuovo, fu trascinata sul ghiaccio.
Entrambe
furono scosse per un attimo cercando di trovare l'equilibrio, ma
presto Alexis stava tirando Kate con sé.
“Sei
molto brava Alexis” notò Kate vedendo la bambina
pattinare accanto
a lei con facilità. “Sei molto fluida per una
bambina della tua
età”
“Pattino
da una vita” sorrise Alexis “Mi piace tantissimo. A
te?”
Kate
sorrise. “Anche a me. Di solito lo facevo.. venivamo qui
spesso
quando ero piccola”
“Davvero?”
“Si”.
Kate intravide Rick inciamparsi nel venire verso di loro“E
mio
padre barcollava proprio come il tuo” rise lei mentre lui le
raggiungeva, sbuffando, le guance dipinte di rosa dal freddo.
“Avreste
potuto aspettarmi” disse loro afferrando l'altra mano di
Alexis
“Ero circa sette persone dietro di voi. Grazie per avere
affascinato l'addetto per me”
“Di
nulla” ridacchiò Kate.
“Ce
la fai a starle dietro?” chiese alzando il mento. Kate
annuì, ed
insieme sollevarono Alexis, facendola poi scendere; squittiva dal
divertimento.
“Beh,
starle dietro è una parola grossa” rispose Kate,
sorridendo ad Alexis “Diciamo che lei mi sta
trascinando”
“E
non sto nemmeno andando veloce!” disse tutta eccitata
“Vuoi
vedermi andare veloce?”
“Sicuro?”
chiese Kate.
“Okay.
Torno subito!” esclamò lei. Poi le
lasciò andare prontamente la
mano e sgusciò via, facendosi strada tra la folla con
un'accuratezza
che era insieme notevole e un po' agghiacciante.
“Spaventoso,
eh?” chiese Rick pattinando verso di lei in modo che fossero
fianco
a fianco.
“Si”
concordò Kate “Le hai insegnato tu?”
Lui
annuì. “Mia madre non deve pattinare se vuole
salvarsi la vita, e
sua madre.. beh, diciamo solo che ho del materiale
compromettente se mai ne avrò bisogno”
Kate
rise. “Sembri abbastanza bravo, una volta preso
l'equilibrio”
“Anche
tu, Lanterna Verde”
“Sul
serio?” commento lei sarcastica, e vide Alexis raggiungerli
da
dietro “Tra tutti i supereroi, devi proprio scegliere
quello?”
“I
tuoi pattini sono verdi al neon, Kate”
ghignò lui, tendendo
una mano per afferrare quella che Alexis aveva allungato alla sua
sinistra. Prese velocemente la mano di Kate quando la spinta di
Alexis lo trascinò in avanti, tirando Kate dietro di
sé.
“Preferisci che ti chiami Strega Cattiva?”
“Preferirei
che tu non prendessi in giro i miei bellissimi pattini” disse
lei
tirando su col naso.
“Io
penso siano proprio forti” le disse Alexis.
“E
io penso che tu sia velocissima” rispose Kate.
“Mi
piace andare veloce” spiegò lei con un sorriso
radioso “Posso
continuare ad andare papà?”
“Certo
pumpkin” disse lui “Ma fatti
vedere, okay?”
“Okay!”.
Ed era sgusciata via di nuovo.
“Qualche
volta pattina con me, ma di solito le piace volar via” disse
lui
mentre facevano un altro giro della pista, ancora mano nella mano.
“E'
magnifica” rispose Kate guardando quella piccola scia di
rosso che
spuntava in mezzo alla folla zigzagando qua e là.
“Già”
sorrise lui. Poi finì contro di lei quando un'orda di
bambini gli
sfrecciò accanto. Kate afferrò il suo braccio per
reggersi e
traballarono per un attimo, finché non trovarono nuovamente
l'equilibrio.
Rick
la prese sottobraccio. “Così non ci
separiamo” disse.
“Come
vuoi tu” rispose Kate. Il suo corpo era caldo e forte accanto
a
lei, ed era.. era bello.
“Allora,
venivi qui da bambina?” chiese.
“Ogni
domenica” rispose lei.
“Ti
sarai divertita un mondo”
Lei
annuì e si strinse leggermente a lui mentre una coppia
passava
accanto a loro. “Ai miei genitori piaceva tanto. E, beh.. io
ero un
po' come Alexis”
“Ti
ci vedo a saettare in giro in quel modo”
Kate
rise. “Ho fatto prendere un bello spavento ai miei
più volte”
“Precipitata
e distrutta huh?”
“Oh,
si” ridacchiò lei. Non aveva bisogno di dirgli che
la sua ultima
grande caduta risaliva a quando lei aveva diciannove anni.
“Ma
pensavano fosse divertente”
“Tu..”
si interruppe lui.
“Cosa?”
chiese lei.
“Vedi
spesso tuo padre?” domandò lui guardandola.
Kate
trattenne il respiro. “Oh”.
“Non
sei obbligata a rispondere” aggiunse in fretta
“Solo.. okay,
dimentica tutto. Scusami”
“No,
no”. Lei strinse il suo gomito. Poteva farle bene condividere
quelle cose con qualcuno, specialmente alla luce della conversazione
che lei e suo padre avevano avuto la sera prima. E Rick.. c'era
qualcosa di così confortante in lui, in un modo nel quale
nemmeno
Will lo era stato. E non era una cosa romantica, era solo.. che cosa
aveva quell'uomo da renderla propensa a parlare?
“Lui..
ha preso male la morte di mia madre. E noi.. non è
più stato lo
stesso”
“Mi
dispiace”
Lei
annuì. “Anche a me. Ma sai, le persone ritornano,
giusto? Ne
uscirà prima o poi”
“Ne
sono sicuro” le disse Rick “Se è forte
almeno la metà di quanto
sembri esserlo tu, allora ne sono certo”
Lei
lo guardò. “Sei affascinante, non è
vero?”
Lui
sorrise. “Stai pensando di prendermi, non è
così?”
“Oh,
vedrai quando ti prenderò, Richard Castle” disse
lei a bassa voce.
Improvvisamente era diventato troppo. Poi intravide Alexis sfrecciare
accanto a loro. “Ma prima, sarai tu a dovermi prendere,
vecchiaccio!”. Lasciò il suo braccio e
saettò accanto alla figlia
di lui, sentendolo ridere dietro di lei.
Piccoli
passi. Avrebbero fatto piccoli passi. E, non appena lui la
afferrò
per la vita e insieme caddero per terra in un intreccio di braccia e
gambe, con Alexis che ridacchiava sopra di loro, Kate capì
che
forse, solo forse, poteva farcela a piccoli passi.
--Note dell'autore
(FanficwriterGHC)---
Link della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo autore
è straniero e a gestire questo account è la
persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se vuoi
pubblicare su questo sito una traduzione di questo autore, e hai il suo
permesso, inviami almeno il primo capitolo della traduzione completa
(nel caso di fanfic one-shot, tutta la one-shot tradotta). Allora ti
fornirò la password per accedere a questo account
--Note della traduttrice (SaraIzzie)---
Come promesso, ecco il nuovo capitolo. Finalmente ce l'ho fatta,
nonostante tutti gli impegni! Farò del mio meglio per
postare in fretta il successivo! ;)
Buona domenica a tutti!
Sara
|
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Capitolo 7 *** CHAPTER 7 ***
CHAPTER
7:
“Okay, ripetimelo
un'altra volta.
Come puoi, esattamente, avere tempo di fare shopping con me?”
chiese Madison mentre svoltavano l'angolo sulla 5th
avenue, passando un gruppo di cantori di Natale.
Kate schivò un
uomo più anziano che
indossava una gonfia giacca rossa e strinse la sciarpa intorno al
collo. Il vento soffiò, increspando i fogli che i cantori
tenevano
in mano e portando con sé l'inconfondibile aroma di castagne
proveniente da un venditore ambulante in fondo al blocco.
“Egrin aveva
bisogno della serata
libera ieri per andare alla cena di gala di sua moglie, quindi l'ho
coperto io” spiegò lei storcendo il naso. Odiava
le castagne.
“Sei riuscita a
dormire almeno? Il
suo turno è di notte, no?”
Kate annuì.
Aveva dormito più o meno
sette ore quando era arrivata a casa alle sei quella mattina,
lasciandosi cadere distrutta sul suo letto, ancora in uniforme. Poi
si era alzata e aveva raggiunto Maddy alle quattordici e trenta, come
avevano pianificato. “Ho dormito. Più del solito,
in realtà”
aggiunse, cercando di farlo sembrare più sano di quel che
era.
Nessuno pareva approvare la sua abitudine di fare turni lunghi
un'intera giornata. Divertente.
“Già,
è quello che succede quando
stai in piedi tutta la notte. Pazza” rise Maddison,
afferrandole il
gomito e dirigendola verso un negozio per bambini in cui non erano
mai state prima. “Dai, devo prendere qualcosa a mia nipote
dato che
Brad insiste per riunire tutta la mia famiglia”.
Kate alzò un
sopracciglio. “Credevo
ti piacesse tua nipote”.
Madison si voltò
verso di lei con aria
colpevole mentre la trascinava in una zona dedicata alle bambole,
guidandole in un mondo rosa e violetto. Era quasi troppo luminoso,
troppo femminile. Anche da bambina, Kate non era mai stata il tipo da
bambole.
“Infatti mi
piace. E' mia cognata che
non sopporto, lo sai”
“Si”.
Aveva sentito parlare di
Kayla davvero troppo spesso, e in modi davvero troppo negativi da
potersene dimenticare. “Lo so”.
“Solo.. non
potevano far visita alla
sua famiglia?”
“Mi pare
l'abbiano fatto l'anno
scorso” commentò Kate prendendo una bambola dallo
scaffale. Questa
poteva partorire. Letteralmente. Si poteva rimuovere un piccolo
bebè
dalla pancia e rimettere il lembo, lasciando Barbie in perfetta forma
e con un piccolo, inquietante neonato di plastica. “Questa...
è
abbastanza terrificante”.
Madison le
lanciò un'occhiata e
sbuffò. “Oh, sono così
tentata..!”
“Madison! E'
orribile! La
spaventerai!”
“Brad dice che le
piacciono le
nascite e i bambini” rispose Madison con un'alzata di spalle,
allungando la mano verso la scatola.
Kate la
allontanò da lei. “Non posso
fartela comprare. Gli amici non lasciano che gli amici comprino
regali di Natale facendosi del male”.
Madison strinse gli occhi
ma lasciò
cadere la mano. Kate annuì e rimise la bambola, causa di
turbamento,
al suo posto, girando la scatola dall'altra parte. Era semplicemente
sbagliato. “Prendile la ballerina. Non
hai detto che a
Shelby piace ballare?”
“Come fai a
ricordartelo?” chiese
Madison esaminando la serie ininterrotta di scatole e nomi colorati
in cerca di una ballerina. “Io a malapena riesco a ricordare
quello
che ti ho detto di Michael un'ora fa”.
“Me la cavo con i
dettagli” fece
spallucce Kate, indicando una scatola cinque ripiani più in
alto
“Ecco la tua ballerina”.
Madison afferrò
la bambola e si voltò
di nuovo verso Kate. “Cosa farei senza di te,
Becks?”
Kate sorrise.
“Moriresti di fame e
feriresti i tuoi parenti”.
Madison le diede una
leggera spinta, e
presero a camminare verso l'uscita del negozio. Kate si
guardò
intorno, osservando genitori dall'aria smarrita volteggiare tra gli
scaffali, alcuni trascinando dietro di sé dei bambini, altri
rincorrendoli. Nel negozio c'era molto rumore, e la moltitudine di
colori, suoni, luci e fronzoli era un vero colpo agli occhi. Rendeva
Kate abbastanza sollevata di non avere figli suoi, e di non aver
bisogno di programmare decine di gite in negozi come questo per
trovare il regalo perfetto.
Si fecero largo a forza
verso la fila
dall'altra parte del negozio e si unirono alla calca. Kate
lanciò
un'occhiata verso il bancone e il suo sguardo fu catturato da una
vetrina di animali marini. La varietà era impressionante, ma
Kate si
ritrovò a fissare la parte più lontana del
gruppo. Sotto un'enorme
beluga era appesa una tartaruga marina.
“Mads, devo
prendere una cosa. Puoi
tenermi il posto?” chiese Kate, mentre le tornavano in mente
le
parole di Alexis.
“Becks?”
Ma Kate si era
già mossa verso la
vetrina e stava prendendo la tartaruga marina. Era graziosa; verde,
con il guscio blu e macchie color verde acqua. Era morbida -quasi in
un modo inimmaginabile- e a Kate ricordò un cane di peluche
che
aveva avuto da bambina e che era fatto dello stesso soffice
materiale. Sollevo l'etichetta e cercò il prezzo. Poteva
permettersi
di spendere venti dollari. Era fattibile, giusto? Quell'oggetto era
adorabile. Forse aveva una bambina per cui andare
in quei
negozi, dopotutto.
Infilò la
tartaruga sottobraccio e si
fece largo di nuovo verso la fila alla cassa, infilandosi dietro a
Madison. Ignorò tranquillamente i grugniti alle sue spalle.
Lei era
in fila.
“Cosa hai
preso?” chiese Madison
mentre avanzavano “E perché compri
qualcosa?”. Kate aprì la
bocca per rispondere, ma Madison fu più rapida.
“Aspetta.. è per
la figlia di Castle?”
“Alexis. E' il
suo nome” rispose
Kate “E si, è per lei”.
“E che
cos'è?”. Kate sollevò il
gioco in modo che lo vedesse. “Sarebbe quello il tuo regalo?
Una
tartaruga marina?”
“Hey”
protestò Kate, contenendo un
sorriso “Le tartarughe marine sono mitiche”.
Madison si strinse nelle
spalle. “E'
carina”
“E'
perfetta” replicò Kate
“Cercavo di capire cosa prenderle, ed eccola”.
“Perché
le compri qualcosa,
comunque?” chiese Madison mentre avanzavano ancora
“Li conosci da
tipo un mese”.
“E
allora?” chiese Kate. Alexis era
una bambina. Si comprano i regali ai bambini.
“Perché
è Natale” rispose Kate
“Anche a te faccio regali”.
“Mi conosci da
una vita”
controbatté Madison “E sarà meglio che
tu me ne faccia uno”
“Grazie Maddy,
come sei
affettuosa..”. Kate alzò gli occhi al cielo. Non
era
complicato. Voleva prendere un regalo di Natale ad Alexis
perché
voleva.. cosa voleva? Vederla sorridere? Farla felice? Sentirla
ridere ed abbracciarla forte? Importava davvero? Alexis era una
bambina, un'amica. Agli amici si fanno regali.
“Hai capito cosa
intendo” la
interruppe Madison con un gesto della mano “Noi siamo
amiche”.
“Anche Alexis
è un'amica”
“Alexis ha sette
anni”
“E tu sei a
metà strada verso i
cinquanta” replicò Kate. Questo dovrebbe
farla tacere..
“La pagherai
Beckett”
Kate rise. “Vai,
sei la prossima”
disse, spingendo Madison verso la cassa quando la persona davanti a
loro se ne andò. Non era ridicola. Ed erano solo
venti dollari.
Cos'erano venti dollari?
La parte realista di lei
diceva che
venti dollari equivalevano a tre pasti. La parte di lei che aveva
sorriso tutto il giorno mercoledì per essersi divertita
tanto a
pattinare il martedì con i Castle diceva che quei venti
dollari
avrebbero reso Alexis felice. E dato che aveva trascorso la notte
precedente a sorvegliare due drogati e un Babbo Natale che pensava di
poter volare, immaginò di poter dare ascolto al lato
ottimista di sé
stessa.
“Hai intenzione
di uscire con questo
tipo?” chiese Maddy mentre uscivano dal negozio qualche
minuto
dopo, entrambe stringendo le proprie borse verde fluorescente,
facendosi strada nel traffico dello shopping.
“Chi?”
domandò Kate, allungando il
collo per accertarsi che un taxi di passaggio non le centrasse in
pieno mentre attraversavano velocemente la strada, prima che il
semaforo diventasse rosso.
“Rick
Castle”
“No,
Maddy” rispose immediatamente
Kate.
“Perché
potresti avermi preso in
giro” continuò Madison “Compri un gioco
per sua figlia. E
martedì sei andata a pattinare con loro”.
“Sono
divertenti” replicò Kate
sospirando.
“Divertenti o divertenti?”
la punzecchiò Madison.
“Solo divertenti,
Mads. Non cerco una
relazione in questo momento”. Rick Castle e il suo grande,
buffo
sorriso erano grandiosi. Lui era divertente, scherzoso e spensierato.
Ma non significava che volesse andarci a letto.
“Perché,
sai, stai sorridendo mentre
pensi a lui ora” osservò Madison.
“Stai zitta
Maddy” brontolò Kate
“Io sorrido quando penso a te” aggiunse.
“Santo cielo,
spero non in quel
modo!” rise Madison.
Kate si accigliò
e accelerò il passo
verso la tavola calda più vicina, lasciando una ridacchiante
Madison
dietro di lei.
(…)
“Amico,
stai
scherzando!?”. Kate lanciò un'occhiata ad
Esposito, che stava
parlando animatamente al cellulare, sul volto un enorme sorriso
mentre picchiava un pugno sulla scrivania. “Hai due copie!?
No
amico, le prendo! Quando? Davvero? Ti sono debitore amico. Si, ci
vediamo tra poco. Grazie mille Dan.”.
Spense
il telefono e si
voltò verso di lei, sorridendo. “Che
succede?” chiese Kate
nascondendo un sorriso alla vista della sua esuberante
felicità.
“Era
il mio amico Dan. E'
un pezzo grosso dei videogame, e mi ha preso due copie di Halo. Sono
esaurite dappertutto”.
Kate
fece un breve cenno col
capo fingendo di capire. “E'.. fantastico?”
“Fantastico?!”.
La
guardò incredulo. “Beckett, questo è il
gioco del momento.
E non lo puoi prendere ovunque! E ora ne ho due!”
“Che
te ne fai di due?”
chiese lei.
Lui
alzò le spalle.
“Perché? Ha detto che me ne avrebbe dati due. Non
mi faccio
sfuggire quest'occasione”.
Kate
annuì e tornò ai suoi
documenti. Era stata una lenta giornata, e sperava di togliere di
mezzo quel cumulo in modo da poter trascorrere un sabato notte
rilassante. Karpowski stava battendo la penna sulla scrivania di
nuovo, e Kate fece una smorfia, concentrandosi sul suo obbiettivo.
Odiava quando Karpowski faceva così, il rumore la faceva
impazzire.
Perciò,
quando Esposito si
alzò, se ne andò e tornò venti minuti
dopo, Kate se n'era a
malapena accorta. Si era isolata dal mondo e velocizzato il lavoro,
usandolo come mezzo per sfuggire al ticchettio, ai brontolii e al
tossicchiare che la circondava. C'era poi un videogame in cima alla
pila di scartoffie.
“Scusami?”
disse lei
prendendo in mano il gioco.
“Quello
è per te” disse
lui convinto.
“Scusami?”
ripeté,
voltandosi per guardarlo. “Sei.. Esposito, perché
lo dai a me? Non
ce l'ho nemmeno una console per videogame!”
Lui
alzò un sopracciglio.
“Mi aspetto che tu ci giochi, lo ami e torni qui per parlarne
con
me” replicò lui.
Kate lo
fissò. “Cosa?”
Lui
sospirò. “Gesù,
cerchi di fare un regalo in anticipo a qualcuno e questi sono i
ringraziamenti?”. Si voltò nuovamente verso la
scrivania e afferrò
una cartella, aprendola.
Kate
rigirò il gioco tra le
mani. Sembrava violento e strano, e onestamente non era molto
propensa per i videogame. Ma... un attimo.. Rick non giocava
ai
videogame?
“Grazie,
Esposito” disse
a bassa voce.
Lui la
guardò e le fece un
piccolo sorriso. “Mi piacerebbe avere quei biscotti che hai
fatto a
settembre”.
Lei
annuì e infilò il
gioco nella borsa, prima di tornare ai documenti. Sentì un
sorriso
aprirsi sul volto e lanciò un'occhiata ad Esposito. Era un
rompiballe a volte, ma era anche un bravo ragazzo. Gli avrebbe fatto
una doppia porzione di biscotti, solo per quello.
(…)
“Beckett”
rispose, dopo
aver afferrato il telefono dal tavolino la domenica sera.
“Ciao,
Kate” risuonò la
voce serena di Rick.
“Hey,
Rick” rispose
Kate, rimettendosi comoda sul divano. Afferrò il telecomando
e
silenziò il televisore, lasciando Kramer a blaterare
silenziosamente
sullo schermo. “Che c'è?”
“Beh,
prima di tutto..
come stai?”
“Bene”
disse lentamente
“Uh.. tu come stai?”
“Anche
io sto bene”
rispose velocemente.
Lei
piegò la testa. Era
strano. Non che conoscesse le cadenze della sua voce al telefono, ma
sembrava... teso. “Che succede?” chiese di nuovo.
“Ecco..
mi chiedevo se
avessi per caso dato un'occhiata al giornale oggi..”
Kate
sbatté le palpebre.
Cosa? “Uh.. no, onestamente no. Sono tornata un'ora fa.
Perché?”
Lo
sentì muoversi
dall'altra parte. “Prendi il Ledger?”
“Si”
rispose lei
dubbiosa, alzandosi e andando verso il tavolo, dove aveva abbandonato
il giornale quella mattina. “Perché ho un cattivo
presentimento?”
“Beh..
non è una cosa
brutta” disse lui in fretta “Ma ho pensato di
fartelo sapere,
sai..”
“Farmi
sapere cosa, di
preciso?” domandò, guardando il giornale. Sembrava
tutto normale.
Un altro titolo sull'aumento della sicurezza negli aeroporti durante
le vacanze sotto la data, ricordandole che mancava solo una settimana
a Natale.
“Vai
a pagina sei”
rispose lui.
Kate
corrugò la fronte. In
qualche modo una chiamata da Rick Castle sulle news a pagina sei non
pareva una buona notizia. Sfogliò il giornale ed estrasse la
sezione
dei gossip. Una grande foto in bianco e nero la accolse. La
fissò.
Di fronte a lei c'era un'immagine di lei e Rick a gambe all'aria sul
ghiaccio, con Alexis che ridacchiava sopra di loro.
“E'
stato giorni fa” fu
la prima cosa che riuscì a dire. Che diavolo..?!
Perché quella
fotografia era lì? I suoi occhi furono attirati
dal titolo, e
grugnì. “Richard Castle fa shopping per
una nuova musa?”
“Mi
dispiace molto”
disse lui a bassa voce.
“Io..”
farfugliò lei
“Non.. davvero, perché è qui!? E' stato
giorni fa”
“Anche
al gossip piace
fare classifiche durante le feste” rispose lui
“Amano il
quadretto familiare, e, beh, la mia bambina è
adorabile”.
Kate
guardò furtivamente la
fotografia, sé stessa. Non era davvero possibile dire se
fosse lei.
Il corpo imponente di Rick oscurava gran parte del suo, e grazie al
cielo il colore non tradiva il fatto che i suoi pattini fossero
verdi. Gli occhiali da sole che indossava le nascondevano il volto e
il paraorecchie copriva la testa. Non era riconoscibile, sarebbe
potuta essere una qualunque donna senza un volto preciso.
“Mi
dispiace davvero”
aggiunse lui “Giuro che stavo guardando, ma non ho visto
nessuno
dei soliti e io..”
“E'
tutto a posto”
rispose Kate. Lo era, giusto? Poteva negarlo fino alla fine,
e chi
al Dodicesimo Distretto si sarebbe preoccupato di leggere qualcosa su
Richard Castle, a parte lei? Madison sarebbe stata tutta un'altra
storia, e Lanie.. oh cielo, Lanie.
“Sul
serio?” la sua voce
aprì un varco nel panico precedente in cui lei era caduta.
“Non
si capisce che sono
io” disse lei alzando le spalle. Le erano capitate cose ben
peggiori. “Mi sorprende che non abbiano cose migliori da
stampare”
Lui
rise. “Anche a me.
Sempre”
Lei
sentì la sua stretta di
ferro sul giornale allentarsi e si lasciò andare in una
risata che
la sorprese. Il titolo era ridicolo, ora che ci pensava. “Nuova
musa? Chiamano così tutte le tue donne?”
“E'
nuova, in realtà”
spiegò lui “Ma devo dire che mi piace. Vorresti
essere la mia
musa, Kate?”
“No”
sbuffò lei “Mi
piacerebbe essere la senza nome e senza volto Kate Beckett,
grazie”.
“Oh,
dai!” gemette lui
“Sarebbe magnifico. Potrei seguirti, prendere
appunti..”
“Nei
tuoi sogni, uomo
piccione”.
Rick si
lamentò e Kate rise
mentre si sedeva al tavolo, spostando su un lato la montagna di
bollette e documenti di cui si era preoccupata il mercoledì.
“Devi
smetterla di chiamarmi così”.
“E'
quello oppure
'vecchio', Rick. Scegli” sorrise lei. Non stava
impazzendo. No.
Che le prendeva?
“Ho
quasi trent'anni
Katherine, non sessanta”.
“Mi
sono meritata davvero
quel 'Katherine'?” chiese lei, alzando gli occhi al cielo.
Nessuno
la chiamava Katherine. L'unica volta che Will ci aveva provato lei
gli aveva piegato il braccio all'indietro così forte che lui
era
stato costretto a chiamare tregua.
“Se
te lo meriti..”
rispose Rick.
“Non
chiamarmi Katherine”
disse lei ferma.
“Non
chiamarmi uomo
piccione”
“Bene”
“Bene”.
Rimasero
in silenzio per un
minuto, e Kate cercò di riordinare i suoi stranamente calmi
pensieri. Non era sconvolta per l'articolo. Una piccola parte di lei
era persino contenta, ma dovette reprimerla. Richard Castle
era
solo un ragazzo con una dolce bambina, ecco tutto. Non era il suo
autore preferito, e non c'era nulla di eccitante nell'essere finita
sul giornale, ed essere chiamata la sua musa. Era un insulto,
in
realtà, essere paragonata a qualche sorta di oggetto di
affetto o
creatività. Ed era l'invasione di un senso di privacy che le
piaceva.
“Quegli
occhiali ti stanno
bene” disse lui.
Kate
scosse la testa
all'improvviso complimento. “Grazie?”
“Sto
solo guardando la
foto. Stanno bene sul tuo volto”
“Sono
contenta che mi
coprano così tanto” rispose lei chiudendo il
giornale e
lanciandolo a lato. Non l'avrebbe incorniciato. Magari
l'avrebbe
tagliato e infilato nel libro che lui aveva autografato; ma non c'era
bisogno che lui lo sapesse.
“Sono
tuoi, tutte le volte
che vuoi uscire con noi” le disse “Cosa che spero..
ecco perché
ho chiamato”
“Oh?”
“Volevo
assicurarmi che ti
andasse ancora di vederci per il brunch martedì. So che non
usciremo
a mangiare, ma volevo dirtelo, così ti saresti calmata.. ma
non
sembri infastidita”.
“Nessuno
saprà che sono
io” rispose Kate “E ne sarei felice”.
“Grandioso!”.
Lei riuscì
a sentire il sorriso nella sua voce. Il sorriso che di rimando si
aprì sul suo volto fu abbastanza imbarazzante.
“Grazie per non
essertela presa”
“Se
avessero scritto il
mio nome, mi avessero chiamato la nuova mamma di Alexis, e parlato
del mio passato, sarebbe stato diverso”
“Giusto”.
Kate si
morse il labbro e si
domandò se volesse davvero chiederglielo. Avrebbe dovuto.
Non
sarebbe stato giusto per nessuno di loro se non l'avesse fatto e poi
si fosse arrabbiata dopo. “Uhm.. quante
probabilità ci sono che
accada, comunque?” chiese, emettendo la domanda con un
respiro
veloce.
Lui
rimase in silenzio per
un attimo. “E'.. potrebbe succedere”
“Giusto”
rispose lei,
abbassando la testa. Proprio come aveva pensato.
“Dirò
a Paula di fare
quello che può per tenerti fuori da tutto questo
però. L'ho già
fatto, in realtà” le disse lui “Ha detto
che se ne sta
occupando”.
“Paula
cosa fa di
preciso?” chiese Kate, curiosa.
“E'
la mia agente, e si
occupa della stampa”
“E
organizza le tue
giornate di autografi, giusto?”
“Giusto”
rise lui “Buona
memoria. Sul serio però, faremo ciò che possiamo
per assicurarci
che tu non venga messa sui giornali”
“Grazie”
rispose lei.
Non era la promessa che non sarebbe successo prima o poi, ma almeno
lui si assicurava che qualcuno se ne occupasse. “Per fortuna
non
sei molto famoso” scherzò lei.
“Scusami?”.
Sembrava
altamente offeso.
“Intendo..
costantemente
seguito. Ti usano solo come rimpiazzo”.
“Rimpiazzo?
Rimpiazzo?! Io
sono famoso” protestò lui.
“Non
puoi essere così
famoso” lo derise lei, divertendosi. “Hanno tenuto
quella
fotografia per cinque giorni!”. Scherzarci sopra era meglio
che
pensare davvero a quello in cui si sarebbe andata a cacciare. Se ne
sarebbe preoccupata a tempo debito. La negazione poteva essere
davvero bella.
“Stavano
aspettando il
momento giusto” replicò lui “Io sono una
grande notizia”.
“Certo..
no, non lo sei”
ridacchiò lei alzandosi e ritornando sul divano
“L'avrei
sicuramente sentita se lo fossi, e l'immagine mostrerebbe chi
sono”.
“Possiamo
sistemarla in un
minuto martedì” ribatté lui
“Potrei prenderti, baciarti e farti
finire su tutti i giornali”.
Kate
aprì la bocca più
volte, cercando le parole. Aveva davvero insinuato che.. “Mi
assicurerò che Alexis sia figlia unica”
riuscì a dire dopo una
trentina di secondi.
Lui
scoppiò a ridere.
“D'accordo allora. Per il bene dei miei eredi, mi
tratterrò dal
baciarti appassionatamente a Times Square questa settimana”
“Grazie”
“Di
nulla”. Sentì
Alexis che lo chiamava in sottofondo mentre entrambi rimanevano in
silenzio, più che incerti sulla conversazione che avevano
appena
avuto. “Devo andare” le disse lui
“Qualcuno sta infrangendo il
coprifuoco. Ci vediamo martedì”
“A
martedì”.
Riagganciò,
e Kate rimase
lì seduta, incredula. Aveva davvero..? E lei..? E
poi..?
Scosse
la testa e riaccese
il televisore. Dimenticare che ciò fosse successo era
certamente la
soluzione migliore.
(…)
Kate
era in piedi di fronte
all'appartamento 504 quel martedì, spostandosi da una gamba
all'altra mentre reggeva la borsa e i regali tra le braccia.
Allungò
la mano libera e bussò, rimanendo in ascolto. Non riusciva a
sentirli chiacchierare dall'altra parte della porta come accadeva di
solito. Ma era in anticipo di qualche minuto, il traffico era stato
leggero.
Aveva
avuto un lunedì
infernale ed era felice di trascorrere il giorno libero con
l'innocenza fanciullesca dei Castle. Quando uno degli elfi di Babbo
Natale uccide tre collaboratori davanti a più di quaranta
bambini e
tu sei la prima ad arrivare sulla scena del crimine, sei sempre
più
che felice di lasciare il covo di matti il prima possibile. Si,
lunedì era stato un inferno. Rick lo avrebbe probabilmente
trovato
affascinante. Lei lo trovava semplicemente orribile.
Kate fu
distolta dai suoi
pensieri dal suono di tacchi sul pavimento verso l'ingresso. La porta
si aprì e si trovò faccia a faccia con l'attrice
di Broadway Martha
Rodgers.
Si
fissarono per un momento.
“Salve..” riuscì a dire Kate
“Sono qui per il brunch..?”.
Uscì più come una domanda che come
un'affermazione, e si domandò
come potesse essere così calma e composta con Rick, ma
balbettante
di fronte a sua madre.
“Tu
devi essere Kate” si
illuminò la donna “Certamente! Vieni
dentro”. La fece entrare e
chiuse la porta. “Sono nello studio a fare chissà
cosa” le disse
“Posso portarti qualcosa da bere?”
“Oh,
no. Grazie per
l'offerta, comunque” rispose Kate appendendo il cappotto e
mettendo
la borsa sul tavolino vicino all'ingresso. “Sono Kate
Beckett”
aggiunse seguendola verso il ripiano della cucina.
Martha
Rodgers annuì. “Ho
saputo”. Le tese la mano. “Martha Rodgers, ma
chiamami Martha”.
Lei la
strinse e fece un
sorriso. La stretta di mano di Martha era salda e molto simile a
quella di Rick. Avrebbe cercato un modo per dirglielo, prima o poi.
“Mia
nipote mi ha detto
tutto di te” continuò Martha “Sei un
poliziotto?”
“Si”
rispose Kate “Al
Dodicesimo Distretto, Omicidi”
“Ah,
ecco perché vai così
d'accordo con mio figlio” ridacchiò lei
“Alexis ha trascurato
quel dettaglio”.
“Non
le ho spiegato tutti
i dettagli” sorrise Kate “Credo sia compito di
Rick”.
Martha
la studiò. “Non ho
sentito molto su di te da mio figlio”.
Kate si
strinse nelle
spalle. Cosa avrebbe potuto dire? Non aveva idea
di come
rispondere a quello, o come comportarsi con Martha. Sembrava molto
gioiosa e accogliente, ma anche calcolatrice, in un modo che metteva
Kate leggermente a disagio.
“Ora,
questo non significa
nulla. Probabilmente è perché non abbiamo parlato
molto nelle
scorse settimane, siamo stati molto impegnati. Non dovrei nemmeno
essere qui oggi, ma hanno cancellato il nostro Matinee per un evento
di beneficenza”
“Ho
sentito che lo show
sta andando bene, però” intervenne Kate. Forse
potevano condurre
una conversazione senza parlare di Rick. Avrebbe preferito non essere
esaminata, se di questo si trattava.
Martha
le rivolse un grande
sorriso. “Già! Ti ringrazio. Vai spesso a
teatro?”
“Vorrei
poterlo fare”
rispose Kate onestamente “Ma mi piace andare quando ho tempo
e
possibilità”
“Beh,
quando vuoi dei
biglietti, non esitare a chiedere” le disse Martha
“Dillo a Rick,
e lui me lo farà sapere”.
“Grazie”
rispose lei,
attonita per la generosa offerta “E' molto gentile da parte
tua,
davvero”.
Martha
sventolò la mano
dalle unghie dipinte di rosso in segno di noncuranza.“Non
è niente
tesoro. E' bello vedere mia nipote sorridere di
più”.
Era
un'affermazione molto
importante. Kate sbatté le palpebre e cercò di
pensare ad una
risposta, ma ci fu un rumore dallo studio, la porta si
spalancò e
Alexis cadde di fuori.
“Nonna!”
gridò. Martha
si voltò ma l'attenzione di Alexis si era già
spostata su qualcun
altro. “Kate!” esclamò, slittando in
avanti per stringere le
braccia attorno a Kate. “Papà mi stava tenendo in
ostaggio! Devi
arrestarlo!”
Kate
abbassò lo sguardo
verso la bambina stretta a lei e rise. “E per quale motivo ti
stava
tenendo in ostaggio?”
“Perché
ho preso l'ultimo
biscotto” le disse lei “Ma poi mi ha legato alla
sedia e mi
faceva girare, anche se continuavo a dirgli di smetterla!”
Rick
emerse dallo studio;
sembrava calmo e composto. Sorrise quando vide Kate. “Ciao
Kate”
“Ciao”
rispose lei
“Davvero hai catturato tua figlia e l'hai costretta a forza a
girare per il tuo studio sulla sedia?”
Lui
alzò le spalle. “Mi
avvalgo del diritto di non rispondere” rispose lui
avvicinandosi
per dare un bacio sulla guancia a sua madre. “Ti
aspettavo?”
“Evento
di beneficenza”
spiegò Martha.
“Non
lo arresti?” chiese
Alexis tirando Kate per il maglione mentre si allontanava.
Kate le
rivolse uno sguardo
dispiaciuto e alzò le mani. “Non ho portato le
manette oggi, mi
dispiace”
Alexis
sbuffò e si voltò
verso il padre. “Fortunato”.
Lui
rise e si avvicinò a
loro, allungando la mano. “Tregua? Puoi avere la fetta di
torta più
grande stasera”.
Alexis
strinse gli occhi ma
allungò a sua volta la mano. Poi la sollevò,
mettendosela sulle
spalle. “Come stai Kate?” chiese, ignorando gli
squittii e le
risate di Alexis.
Kate lo
fissò. “Tutto
bene. Sono contenta che sia martedì. Tu?”
“Non
mi lamento” sorrise
lui “Hai conosciuto mia madre..?”
“Qualcuno
doveva pur farmi
entrare” rispose Kate “E apparentemente tu eri
troppo occupato a
torturare tua figlia”
“Esatto”
intervenne
Alexis.
“Richard,
davvero” disse
Martha dal bancone “Lasciala andare e vai ad aprire la
porta”.
Sentirono bussare. “E' arrivato il cibo!”
Kate
incontrò lo sguardo di
Martha, mentre Rick faceva scendere Alexis. “Ho chiamato per
ordinare e messo il timer” rise Martha “Ma mi piace
sembrare una
chiaroveggente di tanto in tanto. Puoi preparare il tavolo
Alexis?”
Alexis
annuì e oltrepassò
Kate per mettere al proprio posto i piatti, che erano già
impilati
sul tavolo. Rick andò ad aprire la porta e prese quattro
borse di
cibo mentre Martha prendeva i bicchieri, lasciando Kate imbarazzata,
in piedi nel salotto, che li guardava mentre preparavano tutto per il
brunch.
“Vieni
a sederti!” la
incitò Rick.
Kate si
sedette al solito
posto di fronte ad Alexis, accanto alla quale sedeva Martha. La
varietà di cibo era incredibile: c'era di tutto, da waffles
ad
hashbrowns a sandwiches.
“E'
tantissimo!” disse
Kate.
“Di
solito esageriamo con
il brunch” rispose Rick con un'alzata di spalle
“Puoi portare
qualcosa a casa, o al Distretto”
Kate
incontrò il suo
sguardo e afferrò un muffin. “Potrei, grazie.
Sarebbe un buono
snack per tutti”
“Brutte
cose al lavoro?”
chiese lui.
Non
poteva dirgli del
Tolkien Trauma, come lo chiamavano i ragazzi- un nome che non le
piaceva particolarmente. La loro propensione a scegliere nomi
sgradevoli peggiorava sempre più. Invece di dire qualcosa di
sostanziale, annuì. “Sono le feste”.
“Che
vuol dire?” spuntò
Alexis.
Kate la
guardò mentre Rick
e Martha acutamente prendevano bocconi più grandi per
nascondere il
sorriso. “Vuol dire che si è più
impegnati del solito”
“Ci
sono più uomini
cattivi a Natale?”
Kate si
sentì in trappola e
guardò Rick, ma lui la stava semplicemente fissando,
ovviamente in
attesa di una sua risposta. Martha sembrava quasi affascinata dallo
scambio di battute. Erano decisamente d'aiuto.
Non
voleva dire ad alta voce
che più persone venivano uccise nel periodo delle feste,
perché era
un po' macabro anche per la figlia di uno scrittore di gialli. Ma
doveva dire qualcosa. “C'è
più crimine durante le feste.
Non so se ci sono più uomini cattivi, solo.. gli uomini
cattivi sono
più impegnati”
Alexis
annuì
contemplativamente. “E' perché Babbo Natale ci
guarda e loro si
sono già comportati male? Come quando papà ha tre
biscotti invece
che due, perché ne ha mangiati tanti comunque?”
Kate la
guardò. Era una
teoria straordinariamente convincente per una bambina di sette anni,
e si ritrovò spiazzata per un secondo.
Rick
ridacchiò. “Si,
Alexis. Significa esattamente quello”
sorrise “Ma ti sarei
grato se non mi paragonassi ad un piccolo criminale”.
Lei si
girò per guardarlo
con un sorrisetto dolce “Se te lo meriti,
papà..”
Martha
scoppiò in una
fragorosa risata e posò una mano sulla testa di Alexis.
“Sei
troppo intelligente per lui, tesoro”. Alexis sorrise e
allungò la
mano per prendere altro bacon. “Quindi lavori alla Omicidi,
Kate?”
chiese Martha rivolgendosi a lei.
“Si”
rispose Kate.
Apparentemente era la giornata 'fai una domanda a Kate'.
“Lavoro
noioso?”
continuò Martha.
“A
volte” annuì Kate.
“Kate
entra nei cassonetti
della spazzatura” aggiunse Alexis.
Martha
alzò un
sopracciglio. “Davvero?”
“Qualche
volta” ripeté
Kate “Dipende. Ora stiamo facendo più ricerche nei
banchi di neve,
sfortunatamente”
“Parecchio
freddo”
commentò Rick.
“Lo
è. Ti dirò, è molto
meno divertente che fare pupazzi di neve” gli disse lei
“Ma è
parte del lavoro, quindi non è così
male”.
“Noi
abbiamo fatto dei
pupazzi di neve ieri” si intromise Alexis.
“Si?
Dove?”. Kate era
più che felice di deviare la conversazione su un altro
argomento che
non fosse lei.
Martha
continuò a lanciare
sguardi scrutatori e Rick aveva quel luccichio negli occhi che si era
risolto con una spiegazione di venti minuti sulla procedura delle
impronte digitali della settimana precedente. Tra loro due, Kate non
era sicura di essere a suo agio a parlare del proprio lavoro,
specialmente non di fronte ad Alexis. Perciò fu lieta di
chiedere
alla bambina della giornata che lei e Rick avevano trascorso al
parco, dove avevano costruito i loro pupazzi di neve, e cos'altro
avevano fatto. Era davvero interessata, ma
sfruttava le
incredibili abilità di racconto della bambina per deviare la
conversazione dal proprio lavoro, dalla pistola e dal distintivo.
Riuscì
a fare qualche
domanda sulla carriera di Martha a Broadway e l'ultima impresa di
Rick, ma tutti sembravano molto più interessati ad Alexis. E
a Kate
andava benissimo. Martha però pareva più
interessata alle domande
che Kate poneva e alle risposte che riceveva. Tutte le volte che
faceva spiegare qualcosa ad Alexis, Martha sorrideva. Tutte le volte
che Alexis rideva, Martha rideva. Kate era confusa, e alla fine del
pasto non era più sicura del motivo per cui fosse stata
messa sotto
esame, se per essere parte della vita di Rick o di Alexis.
Quando
ebbero finito di
mangiare, Alexis insistette affinché Kate la raggiungesse in
salotto
per guardare l'albero di Natale, mentre Rick sparecchiava. Martha le
seguì, osservando Kate che guidava Alexis verso il suo
regalo.
“Vieni
Kate! Voglio
fartelo vedere! E' grandissimo quest'anno!” le disse Alexis
mentre
entravano nella stanza.
L'albero
era enorme e il
salotto profumava di pino. Era un vero albero alto sette piedi, e si
trovava nell'angolo della stanza, contro lo scaffale dei libri. Era
decorato con fili d'argento e rossi, con luci multicolori che
brillavano da ogni angolo e fessura tra gli aghi. Gli ornamenti erano
un miscuglio di fronzoli di ogni tipo: fatti in casa, molto costosi,
molto economici e particolari. Kate ne intravide alcuni che dovevano
essere di vero cristallo, e altri fatti da spazzolini e colla e
ricoperti di brillantini.
“L'abbiamo
scelto e
trascinato fino a casa!” esclamò Alexis.
“E'
magnifico, Alexis”
mormorò Kate. Non prendeva un albero da un po' di
anni -tre, per
l'esattezza-, e suo padre.. c'era poco da festeggiare a Natale in
casa Beckett.
“A
Richard piace
esagerare” commentò Martha da dietro di loro.
Kate si
voltò verso di lei
e notò il resto della stanza. Era ornata con festoni e
agrifogli.
Delle calze erano attaccate ad una mensola e i muri erano ricoperti
da poster di Natale e altre cose che certamente non avevano l'ultima
volta che era stata lì.
“E'
bello” ammise Kate.
“Tu
decori?” chiese
Martha.
Kate
scosse la testa. “Vivo
da sola e mio padre non è molto.. ah.. interessato alle
festività”
rispose cautamente. Non voleva che Alexis le facesse domande, ma non
voleva neppure dare a Martha risposte criptiche.
“Bene,
sei la benvenuta a
condividere il nostro spirito natalizio quando vuoi” disse
Rick
entrando nella stanza e portando la sua borsa dei regali.
“Vogliamo
sederci?”
Kate
lasciò che Alexis la
conducesse sul divano e si sedette accanto alla bambina, lanciando
occhiate alla borsa di Rick con trepidazione. La sua fece qualche
crepitio quando la posò a terra, e realizzò con
un sobbalzo che non
aveva nulla per Martha. Ma non ebbe tempo di pensarci,
perché Alexis
si era alzata, aveva preso un pacchetto accuratamente incartato dalla
mano di Rick e l'aveva posato sulle sue gambe.
“Buon
Natale Kate” disse
timida. Si arrampicò di nuovo sul divano e guardò
le mani di Kate
prendere il pacchetto.
“Alexis,
non dovevi
prendermi nulla” le disse Kate.
“Ma
lo volevo” fu la
felice risposta.
“Beh,
ti ringrazio”
sorrise lei.
“Non
ringraziarmi finché
non l'hai aperto, sciocchina!”
Kate
fece una risata
tremante e guardò il regalo. Era piccolo e avvolto in carta
di
agrifoglio, e i segni che portava indicavano che era finita in
piccole mani. Kate lo scartò cautamente, insicura di cosa
sarebbe
successo. Alexis non avrebbe dovuto comprarle nulla, non aveva
bisogno di nulla.
L'incarto
si lasciò andare
ed ecco che sulle sue gambe c'era un braccialetto di perle fatte in
casa. Kate lo prese in mano e lo avvicinò per guardarlo
meglio. Il
laccio era elastico e le perle erano fatte di creta, alternate ad
altre di plastica d'argento che risplendevano alla luce.
“Alexis,
è bellissimo”
disse piano. Era ovvio che la bambina l'aveva fatto da sola e Kate si
ritrovò con meno aria nei polmoni del normale. Quella
bambina le
aveva fatto un regalo?
“Le
perle hanno anche
delle lettere” le disse Alexis.
Kate
guardò la bambina e
infilò il braccialetto sul polso. “Lo adoro.
Grazie mille,
tesoro”.
Alexis
sorrise radiosa e
poi, di comune accordo, si abbracciarono. “Sono contenta che
ti
piaccia!”
“Lo
adoro. Nessuno mi ha
mai fatto un braccialetto prima” le disse Kate. Non sapeva
cosa
pensare e nemmeno cosa dire, quindi aprì la sua borsa e
diede ad
Alexis il regalo che aveva incartato quella mattina. “Anche
io ti
ho preso qualcosa”.
Alexis
prese il pacchetto
dalle sue mani con gli occhi spalancati, e poi guardò il
padre per
un attimo. “Kate mi ha preso un regalo!”
“Lo
vedo, pumpkin”
rispose Rick sorridendo. Incontrò lo sguardo di Kate e lei
fu
sorpresa di vedere la gratitudine nei suoi occhi blu. Aveva
solo
preso un regalo ad Alexis, non era niente di che. E certamente non
era speciale come farne uno da sé.
Alexis le aveva fatto
un braccialetto.
Guardò
di nuovo Alexis e si
accorse che aveva quasi finito di scartare il suo regalo. Tolse di
mezzo l'ultimo pezzo di carta viola e squittì, portandosi la
tartaruga al cuore.
“E'
bellissima!”
proclamò “Grazie! Grazie!”. E poi stava
abbracciando di nuovo
Kate, con la tartaruga bloccata tra di loro.
Kate
rise alla sua vivacità
e sorrise quando incontrò il suo sguardo. “Prego.
Buon Natale”.
Alexis
fece un grande
sorriso e saltò giù dal divano, correndo intorno
al tavolo da caffè
per raggiungere Martha. “Guarda! Kate mi ha preso una
tartaruga
marina!”
“Vedo,
vedo!” sorrise a
sua volta Martha, afferrando il gioco che le veniva offerto
“E'
magnifica”.
“Si
chiama Hamilton” le
disse Alexis.
“E'
quello che dice
sull'etichetta?” chiese Rick.
“No”
rispose Alexis
indignata “E' solo il suo nome”
Hamilton
la tartaruga
marina. Alexis sapeva il fatto suo. Kate sorrideva mentre guardava
Alexis correre per la stanza con il giocattolo, relativamente
incurante del fatto che fossero tutti ancora lì. Fu distolta
dal suo
fantasticare quando Rick si alzò le porse un pacchetto.
“Rick,
non dovevi..”
disse, accettandolo. Lui alzò le spalle e lei lo
contemplò per un
secondo, prima di darsi una scossa mentalmente e aprire a sua volta
la borsa. “Anche io ho qualcosa per te”
“Non
avresti dovuto”
disse lui velocemente, ma accettandolo a sua volta.
“Siete
ridicoli” osservò
Martha mentre si sedevano, tutti e due fissando il regalo che non si
erano aspettati di ricevere.
Kate
lanciò un'occhiata a
Martha. “Scusa?”
“Niente”
sorrise Martha,
bevendo un sorso del suo drink “Niente di niente.
Apriteli”
Kate e
Rick si guardarono e
annuirono, aprendo i loro regali nello stesso momento. Kate tolse la
carta rossa e sollevò un libro rilegato. Lo girò
e sorrise. The
Thin Man era uno dei suoi preferiti. Rick stava ancora
scartando
il suo con notevole contenimento, quindi lei aprì il libro
dopo la
copertina e sussultò. Era autografato! Le aveva
regalato una
copia autografata del suo libro preferito! Come aveva fatto?
“Come..!?”
chiesero
entrambi nello stesso momento.
Si
fissarono, tra le mani i
loro regali, e le stesse espressioni di stupore dipinte sul volto.
“Io..”
“Questo
è fantastico!”
riuscì a dire Rick “Come hai fatto ad avere una
copia di Halo?
Nemmeno io sono riuscito a trovarne una!”
“Io..”.
Kate scosse la
testa cercando di venirne a capo. Le aveva procurato una
copia
autografata... “Conosco un tipo
che conosce un tipo..”
rispose lei.
Lui
sorrise radioso. “E'
grandioso! Grazie mille!”
“Grazie
a te” disse lei,
stringendo a sé il libro “Non riesco neanche ad
immaginare.. come
lo sapevi?”
“Quando
siamo andati a
pattinare hai detto che ti piacciono i gialli, e sei venuta alla mia
giornata degli autografi.. ho pensato che fosse un colpo
sicuro”
rispose lui tranquillo “Ti piace?”
“Da
morire” gli disse,
consapevole che in quel momento stava sorridendo come un'idiota.
“E'
uno dei miei preferiti in assoluto”.
Lui
sorrise di rimando.
“Sono contento”
Martha
si schiarì la voce e
Kate la guardò; Rick strinse gli occhi. “Hai
qualcosa da dire,
madre?”
Martha
scosse la testa
mentre Alexis ridacchiava in sottofondo, completamente presa dalla
sua tartaruga. “Niente. Sono felice che tu sia qui,
Kate”.
Kate
sbatté le palpebre e
passò le dita sul libro, con il braccialetto di Alexis che
si
muoveva sul suo polso. “Grazie, anche io sono felice di
essere qui”
rispose onestamente.
Martha
semplicemente
sorrise.
--Note
dell'autore (FanficwriterGHC)---
Link
della storia in lingua originale:
http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/
Questo
autore è straniero e a gestire questo account è
la persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è sara.bresciani@aol.com
Se
vuoi pubblicare su questo sito una traduzione di questo autore, e hai
il suo permesso, inviami almeno il primo capitolo della traduzione
completa (nel caso di fanfic one-shot, tutta la one-shot tradotta).
Allora ti fornirò la password per accedere a questo account
--Note
della traduttrice (SaraIzzie)---
Ebbene si, sono ancora viva XD Mi scuso per la mia mancata perseveranza
nella traduzione di questa storia. Purtroppo tra il non avere un
computer mio, l'università e altri impegni, il tempo per
tradurre mi manca. Non scrivevo nè traducevo da un bel po'
di tempo, ma sapevo che era ora di postare e nelle poche ore libere mi
sono data da fare. Non abbandonerò questa fanfiction per
nulla al mondo, ma non farò promesse su quando
posterò il capitolo successivo, perchè
sicuramente non le rispetterei XD
Vi ringrazio di essere stati così pazienti e spero che anche
la traduzione di questo capitolo sia stata di vostro gradimento :)
Mi impegnerò al massimo per tornare presto con l'ottavo
capitolo :)
Buona domenica a tutti!
Sara
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