Azzurro come il ghiaccio

di dBzSayagirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** lui ***
Capitolo 2: *** imperfetta ***
Capitolo 3: *** Musica ***
Capitolo 4: *** piccoli gesti ***
Capitolo 5: *** solo noi ***



Capitolo 1
*** lui ***


Si può stare così male per dei semplici occhi? Fino a un anno fa ero convinta di no, ma ho dovuto ricredermi.



Marco. Questo semplice nome mi ronza in testa ogni ora del giorno, è ciò che non mi permette di dormire la notte. Certo, quando si è innamorata credo sia una cosa normale, ma non penso che la mia sia una qualunque cotta; non sono stati l’aspetto, il carattere, i modi bensì un azzurro a farmi innamorare. L’azzurro dei suoi occhi perfetti. Un azzurro puro come il più inalterato dei ghiacci posto sulle acque più cristalline, incorniciati da una carnagione così trasparente da sembrare porcellana e da due perfetti archi di sopracciglio biondi come il grano di giugno. Erano il mio perenne tormento.

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Capitolo 2
*** imperfetta ***


Dopo un’altra notte passata in bianco, sono costretta ad alzarmi per la scuola; o meglio, per vedere lui. Ho sempre odiato la scuola, sono sempre stata una ragazza con dei voti bassi che mi rendevano impossibile uscire dalla classe senza qualche predica di un qualche professore e, data la mia timidezza, non posso dire di essermi legata molto ai miei compagni se non a due o tre così, sono obbligata a passare le ore con quelle persone alle quali sono riuscita ad approcciarmi. Ma non è sempre stato così. È iniziato tutto dal mio primo anno di liceo: come tutti, abitando in un paese distante, prendevo il pullman, esattamente come lui. Vederlo ogni mattina mi dava una felicità incredibile, parlargli, vederlo, toccarlo, mi mandava in ecstasy. Tutto ciò si trasformava però in tristezza quando arrivava la sua fidanzata,una ragazza mora, alta, con un fisico perfetto e con un carattere altrettanto solare ed allegro. Era bellissima e la invidiavo tantissimo; d’altronde, io, non sono esattamente la ‘’bella ragazza’’, non ho un fisico perfetto, non ho un bel viso, né bei capelli e, purtroppo, sono anche molto chiusa, malfidente e fin troppo sognatrice, questo era ciò che la mia mente ripeteva durante le ore scolastiche, con conseguenza di orrendi voti. Ogni giorno, ero costretta a vederli insieme, a baciarsi, a scherzare, ed io non potevo fare altro che guardare, mi sentivo così inferiore e mi arrabbiavo sempre più con me stessa. Nonostante mi impegnassi, non riuscivo a cambiare, e soprattutto  a dimenticarlo, era come una droga: ero assuefatta della sua voce, della sua immagine, della sua risata e dei suoi splendidi occhi.  “ Arrenditi”, “resisti”, “non hai speranze”, ”puoi farcela”. Mi facevano impazzire, quelle voci, erano così contrastanti che non sapevo che fare, arrendermi o continuare a sperare? Mi stancavo e m’infilavo le cuffiette con la mia musica preferita a palla; erano la mia ancora di salvezza e non pensavo di certo che due semplici oggetti di plastica e circuiti avrebbero cambiato la mia vita.

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Capitolo 3
*** Musica ***


Era una normalissima mattina di primavera: sveglia, colazione, doccia, zaino, i pod e via verso la fermata del pullman. Quella mattina, però, qualcosa d’insolito attirò la mia attenzione: i suoi occhi, quell’azzurro prima brillante e vitale era ora spento, rabbuiato; le sopracciglia ricurve, gli angoli della bocca rivolti giu e, cosa più importante, LEI non era con lui. Era una tortura vederlo così. “ ciao” dissi prendendo coraggio “ ho notato che stamattina sei solo … è successo qualcosa?” mi guardò con quei suoi occhi che, anche ridotti a due fessure buie, erano belli da star male “ mi ha lasciato” rispose con voce fioca.  Spalancai gli occhi sorpresa, felice e triste allo stesso tempo.  Volevo prendere quell’oca per i capelli, urlarle contro la mia rabbia, volevo picchiarla e farla soffrire come lei aveva fatto soffrire lui, ma per fortuna mi trattenni “ Oddio … mi dispiace davvero, posso fare qualcosa?”  arrivò il pullman e, con mia grande sorpresa , si sedette di fianco a me “la tua gentilezza mi fa gia stare meglio, grazie” disse abbozzando un falso sorriso. Era tipico, non voleva far preoccupare gli altri, voleva essere forte, insofferente; d’impulso presi l’i pod con le cuffiette e gli porsi quella destra “tieni” dissi “quando sono triste la musica mi aiuta a risollevarmi” la prese e se la porse all’orecchio e Never Surrender degli Skillet scivolò via dal produttore musicale. “never surrender” gli ripetei con il mio miglior sorriso, ricevendo in cambio uno sguardo di riconoscenza . Arrivati a destinazione, spensi la canzone e sentii un suono ancor più bello: la sua voce che mi chiamava, chiedendomi se nel pomeriggio fossi stata libera “ sai, vorrei che mi aiutassi a scaricare qualche canzone, le tue mi piacciono molto. Ci stai?” felice come non mai, annuii e ci dammo appuntamento da lui alle 15. Quella mattinata fu la più lunga della mia vita e, appena suonò l’ultima campanella, mi precipitai verso il pullman, impazientemente felice di vivere la giornata che mi sarebbe toccata.

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Capitolo 4
*** piccoli gesti ***


Arrivai a casa sua alle 15 in punto. Col cuore in gola, puntai il dito e premetti il suo campanello. Le gambe mi tremavano, faticavo a respirare, il cuore palpitava forte nel mio petto ma ero felice, immensamente felice. Dopo secondi che mi sembrarono interminabili, la porta si aprì e una visione celestiale rapì il mio sguardo: i jeans blu a metà ginocchio, la maglietta a maniche corte bianca coperta da una felpa verde, lo rendevano ancora più bello, se ciò era possibile. ‘’entra’’ mi disse con un sorriso; la mia felicità era tanta che non badai al gradino e, puntualmente, inciampai. Chiusi gli occhi per prepararmi all’impatto, ma sentii qualcosa di molto diverso dal cemento: non una superficie ruvida, ma un profumo dolce mi colpì, il calore di qualcosa che sembrava un corpo estraneo al mio. Appena aprii gli occhi, mi ritrovai quel dannato azzurro piantato nei miei occhi nocciola, le mani sui miei fianchi e le labbra a pochi centimetri di distanza. ‘’certo che sei proprio imbranata’’ disse socchiudendo gli occhi e stringendo la presa sul mio corpo. Ero nel paradiso, la mia imbranataggine aveva portato a qualcosa di buono finalmente. Entrai e ci sedemmo io su una poltrona, lui su una sedia davanti al computer. Iniziai ad elencargli tutti i titoli che conoscevo ma dovevo sforzarmi di non notare il contatto delle nostre spalle, l’una di fianco all’altra. Quella semplice vicinanza scatenava in me un turbine di emozioni: felicità, passione, paura, timore, voglia di baciarlo, di farlo mio. Dopo 5 ore finimmo le nostre ‘’ricerche’’ fra scherzi e risate e, mentre stavo per andarmene, mi chiese di accompagnarlo in camera a prendere il suo giubbino, non si fidava a lasciarmi andare da sola a quell’ora. Quel letto scatenò strane fantasie in me: avevo una grande voglia di fare l’amore con lui, di sentirlo dentro di me. Esitai ad entrare, non volevo commettere sciocchezze, ma lui mi spinse dentro e per poco non caddi a terra. La sua camera era fantastica: un angolo di videogame, uno di manga, uno di libri, uno di cd musicali; ‘’questa è la stanza dei miei sogni! Tutte le mie passioni racchiuse in quattro mura!’’ urlai con occhi sognanti. ‘’ ti va di ritornare domani? Così magari posso mostrartela meglio’’. Forse fu solo una mia impressione, ma mi parve di intravedere del rossore sulle sue guance mentre mi disse ciò. Io, ovviamente, acconsentii e ci dammo appuntamento alle 14. Arrivati sulla mia soglia, ci fissammo per attivi che mi parvero interminabili, quello splendido mare immerso nella terra marrone, sembrava dovesse dire tante cose che non riuscii a capire. ‘’pranza da me domani, ti va? Così avremo un po’ più di tempo! Porta pure i compiti, così ci aiuteremo a vicenda.’’ Quella richiesta mi fece quasi svenire dall’emozione e gli dissi che gli avrei fatto sapere domani. Inaspettatamente mi salutò abbraciandomi e baciandomi sulla guancia. Rientrata in casa, mi sfiorai quella parte che aveva toccato le sue labbra, quella parte diventata così preziosa in solo pochi secondi. La stessa notte sognai lui, che giocava, scherzava, e baciava me e, per una volta, la mia mente fu piena di gioia e passai una notte tranquilla, in attesa del giorno dopo. 

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Capitolo 5
*** solo noi ***


Finalmente l’ultima campanella della scuola suonò e potei andare incontro al pranzo migliore della mia breve vita.  La mia sfortuna, ovviamente, non poteva restarsene a guardare: PROPRIO quel giorno, la radiale tardò di molto e persi il pullman per il ritorno a casa. La mia tristezza fu grande, quel semplice gesto, aveva distrutto la mia perfetta giornata. Mi sedetti in attesa del prossimo pullman che sarebbe passato dopo due ore quando mi squillò il telefono. MARCO fu il nome che spuntò sul display. Con le mani tremanti, risposi: ‘’ehi ma dove sei finita?’’ con una voce a metà fra l’imbarazzo e il disprezzo gli raccontai la storia, convinta che tutto si sarebbe annullato ‘’mmh ok ho capito, che sfortuna, facciamo così, prendi il pullman per ***, ti vengo a prendere alla fermata!’’ non ci potei credere. Pur di stare con me decise di venire in un altro paese a raccattarmi. ‘’GRAZIE!’’ urlai col cuore gonfio di gioia. Il viaggio fu veramente lungo ma vedere il suo viso, la mano che agitava per mostrarmi dove fosse scacciò quell’impazienza. Ci scambiammo un lungo sguardo e, mannaggia a lui, mi persi per la centesima volta in quei due laghi profondi. Non parlammo, ci scambiammo solo sguardi in quel breve viaggio. Arrivai a casa sua alle 15 del pomeriggio e, dopo aver fatto molta attenzione a non ri-inciampare sul gradino, m’invitò ad entrare; poco dopo, sua madre uscì, lasciandoci soli. Ci dirigemmo in cucina per mangiare una pizza presa per strada. Scoppiò in una fragorosa risata improvvisamente. ‘’c-cosa c’è da ridere?’’ ‘’bhe’’ disse ‘’che io sappia le persone non hanno il naso rosso’’ennesima figuraccia. Quello stramaledetto pomodoro finì proprio sulla punta del mio naso. ‘’lascia, faccio io.’’ Mi disse avvicinandosi e  pulendomi con un tovagliolo. Ci trovammo nuovamente a poca distanza l’uno dall’altra ‘’a quanto vedo, non è solo il pomodoro a renderti rossa’’ mi disse con fare malizioso, inghiottii un groppo di saliva e lui si rimise a ridere. Dopo queste vicende, andammo in camera. Per quei metri stette zitto e muto e non spiaccicò una parola, uno sguardo ‘’marco…sei silenzioso...cosa c’è?’’ ‘’non ti ho mai ringraziata per tutto’’ disse ‘’perché lo hai fatto?’’ avevo il cuore a mille ‘’ehm perché vedi..’’ dirglielo, non dirglielo ci trovammo davanti al letto a parlare e lui, inciampò di nuovo sulle sue stringhe slacciate. Un contatto. Caldo. Ruvido. Le sue labbra. Sulle mie. Cadde proprio li. Arrossito, si allontanò e mi fisso. ‘’ sai’’ disse mettendomi una mano sul viso per farmi riprendere dalla trance ‘’cosa?’’’io non lascio mai le cose a metà’’ detto questo si avvicino a me e ci ribacciammo ancora, e ancora. Io non ero, percosìdire, esperta nel baciare, quindi fu lui a dare inizio a quella danza nelle nostre bocche. Seguivo ogni suo movimento della lingua, delle mani, del corpo e ci trovammo sdraiati l’uno sulla’altra. ‘’marco’’ sospirai tra un bacio e l’altro. Era aggressivo e forte, ma dolce e passionale allo stesso tempo nei suoi movimenti. Mi mise le mani sulla coscia e tentò di salire. Sentii qualcosa dentro di me, un istinto animale quasi. Quella sensazione di farlo mio. Non di nuovo. Non adesso.
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spazio autrice

salveee :) ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo, davvero :D . ora, mi rendo conto della schifezza di questo capito e dell'inverosimilità. scusatemi ^^''

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