Il Ronaldo in difficoltà

di Annette85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nota: Storia basata sul cliché strabusato dei genitori per caso e ovviamente chi poteva mai essere la mia vittima sacrificale per questa ff se non Ron Weasley? In questi quattro anni gli ho fatto fare di tutto e di più e non poteva certo mancare una piccola long (non saranno più di 5 capitoli, spero) in cui se la deve vedere con una bambina, più nello specifico con... no, non vi voglio rovinare la sorpresa =D
Questo è solo il prologo, ma nei prossimi giorni posterò anche gli altri capitoli ;D
Buona lettura^^


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Il Ronaldo in difficoltà

Prologo

«Non se ne parla neanche!» sentenziò Ron in direzione del camino.

«Andiamo, Ron, sei l’unico che possa aiutarmi» lo supplicò la testa di Bill solleticata dalle fiamme. «Mamma e papà sono fuori città per qualche giorno; Charlie è troppo impegnato con Norberta e i suoi nuovi cuccioli; Percy ha messo radici in ufficio e non intende schiodarsi da là neanche dietro lauta ricompensa; George ha un appuntamento con Angelina, penso voglia finalmente chiederle di sposarlo, quindi non mi sembra giusto fargli rimandare la cosa, mamma non me lo perdonerebbe mai; Ginny ha una partita domani e sai bene quanto sia irascibile quando è tesa... Sei la mia ultima spiaggia».

«Be’ grazie per aver chiesto prima a tutti gli altri» disse Ron incrociando le braccia al petto, offeso.

«E dai, non fare così» continuò la supplica il fratello. «Ti ricambierò il favore non appena tu e Hermione...» lasciò in sospeso la frase con malizia.

Ron arrossì fino alla punta dei capelli, alzò gli occhi al cielo, sbuffò e imprecò tra sé e sé, odiava quando veniva messo alle strette. «Ma voglio anche la lauta ricompensa che avevi proposto a Percy» acconsentì.

«Grazie, fratellino» urlò di giubilo Bill, ritirando la testa dal camino e materializzandosi dopo pochi secondi nel salotto di Ron.

Su una spalla c’era l’inconfondibile tracolla di una borsa con la fantasia di orsacchiotti con pannolini rosa e azzurri, mentre sull’altra ricadeva una cascata di capelli biondi.

«Sta dormendo» sussurrò Bill alludendo alla bambina che teneva stretta al petto, come se Ron non si fosse accorto della cosa. «Dovrebbe svegliarsi tra un’ora, minuto più, minuto meno».

Il fratello lo guardò terrorizzato mentre l’altro gli metteva la bambina tra le braccia e lasciava la borsa sul divano. «Grazie ancora per la disponibilità, ora vado, Fleur mi aspetta. Buon divertimento».

«Bill, aspetta un attimo...» ma qualsiasi domanda Ron volesse fare al fratello fu interrotta dal “Pop” della smaterializzazione.

Si rese conto in quell’istante che la casa era vuota.

Lui e Victoire erano rimasti soli.

O meglio: lui era rimasto solo con Victoire.

Ma in fondo lei era piccola, dormiva e non sarebbe stato poi così difficile accudirla per qualche ora.

O no?


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So che è da tantissimo che non posto qualcosa qui, e non ero neanche sicura di voler postare ancora qualcosa su questo sito, ma come sempre ho ceduto =D
Passando alla storia, so che questo prologo è molto corto, sto scrivendo gli altri capitoli e mi sto divertendo a mettere in difficoltà Ron, come mio solito... spero comunque che vi sia piaciuto, per il momento, e che vorrete continuare la lettura quando posterò gli altri capitoli.

Dimenticavo, se tra qualche giorno (si spera) doveste trovare un altro nick name, non spaventatevi: con l'anno nuovo ho deciso di cambiare nick e di passare a Miss Anne Lynn (in altri posti, infatti, ora mi trovate sotto questo nick) =)
Grazie per aver letto ed essere passati di qui,
Ciao ciao


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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Nota: Rullino i tamburi e suonino le trombe, perché finalmente sono riuscita a concludere il primo capitolo di questa long (che spero di portare a termine in tempi più decenti).
Mi sono come sempre divertita a mettere in difficoltà il nostro Ronald, perché lui si presta molto a questo genere di cose. Un po' mi dispiace, invece, per quello che gli succede in questo capitolo, ma devo pur mantenere una piccola vena sadica, no? =D
Non vi anticipo altro e non vi trattengo oltre, altrimenti mi dilungo troppo e poi vi annoio e basta. Spero vi piaccia e che l'attesa sia stata ampiamente ripagata!
Buona lettura^^


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Il Ronaldo in difficoltà


Capitolo 1


Ron fissò il punto in cui era sparito suo fratello ancora per qualche istante, come se fosse rimasto vittima di un incantesimo di congelamento.

Poi si ridestò da quell’attimo di torpore e di sbigottimento e si ricordò di Victoire, ancora tra le sue braccia, che dormiva beata.

Notò quanto fosse dolce in quel frangente e si domandò se una piccola copia di Hermione potesse avere la stessa espressione beata mentre dormiva, magari coi capelli ricci e rossi – perché un po’ di Weasley doveva esserci per forza! – che le incorniciavano il viso.

Sospirò pensando a tale immagine, perché non era molto sicuro si sarebbe realizzata troppo presto: in fondo lui era lui e Hermione era Hermione, non c’erano altre possibilità.

Il peso di Victoire sulla spalla era abbastanza piacevole, ma doveva finire di preparare la cena o Hermione l’avrebbe davvero ucciso stavolta.

Appoggiò di malavoglia la nipotina sul divano, facendo attenzione a metterla in un punto da cui non potesse cadere: aveva, infatti, la pessima abitudine di girarsi e rigirarsi nel sonno, col rischio di cadere e svegliarsi all’improvviso. E Ron ricordava fin troppo bene le urla disumane che lei aveva lanciato alla Tana l’ultima volta e di come si era meravigliato della potenza di due polmoni così piccoli.

Guardò soddisfatto la strana opera d’arte che aveva fatto con i cuscini del sofà: ora sì che la piccola poteva stare tranquilla e al sicuro mentre lui era impegnato.

Si diresse in cucina e iniziò a tirare fuori dalla dispensa quanto gli occorreva. Agitò la bacchetta e le patate si sbucciarono da sole e si tuffarono nella pentola con l’acqua bollente già pronta sul fuoco, l’arrosto zampettò verso la teglia e panna e cioccolato si mischiarono alla perfezione nel pentolino.

Sua madre sarebbe stata senz’altro fiera di lui nello scoprire quanto fosse diventato bravo negli incantesimi di cucina... e Fred e George l’avrebbero preso in giro fino all’ultimo dei suoi giorni.

«Ron, ci sei?» la voce di Hermione riempì la casa e per un piccolo interminabile istante tutto restò fermo, come bloccato.

Poi la potenza dei polmoni di Victoire si fece sentire e fu la fine.

La piccola iniziò a piangere perché svegliata all’improvviso dalla soave voce della quasi zia.

Ron si accovacciò sulla sedia più vicina, impotente e maledì la fidanzata, che di solito era così attenta a non far rumore, tanto che molte volte lui aveva rischiato l’infarto perché non la sentiva rincasare.

Hermione entrò in cucina con Victoire tra le braccia, cercando di farla smettere di piangere, ma sembrava che qualsiasi tentativo fosse vano, perché continuava sempre più forte.

«Scusa, Ron» iniziò la strega, cercando di sovrastare le urla disumane della piccola. «Non sapevo ci fosse anche lei. Perché non mi hai mandato un gufo?»

«Non ho avuto tempo di mandarti un bel nulla, Victoire mi è capitata tra capo e collo poco fa!» rispose il mago adirato.

«Ok, non c’è bisogno di arrabbiarsi» disse Hermione.

«E dovrei stare calmo?» chiese Ron. «Di solito entri senza fare il minimo rumore, oggi invece hai voluto fare l’entrata trionfale e così hai svegliato Victoire, per chissà quanto tempo dovremo sorbirci i suoi pianti».

«Scusa tanto se non vedevo l’ora di essere a casa e darti una bella notizia» e anche Hermione aveva iniziato a urlare arrabbiata. «Non sapevo ci fosse Victoire perché nessuno si è preso la briga di avvisarmi, quindi, o saggio Ronald, come potevo pensare di farti arrabbiare col mio comportamento?»

«Sai sempre tutto, mi sorprende che non sapessi che mia nipote fosse qui» rispose il mago con acredine.

Hermione lo fissò per qualche secondo a bocca spalancata prima di sparire senza dire una sola parola. Ron avrebbe giurato di vedere una lacrima solcare il volto della fidanzata, ma la sua smaterializzazione fu così rapida che non ci avrebbe certo messo la mano sul fuoco.

Un silenzio irreale avvolse la cucina, mentre Ron si accasciava sulla sedia e si prendeva la testa tra le mani.

Col senno di poi, si rese conto che accusare Hermione di non sapere che Victoire fosse lì era stata una mossa non solo stupida, ma anche infantile, perché la strega aveva ragione: lui non le aveva mandato nessun gufo, quindi perché avrebbe dovuto sapere che avevano quella piccola ospite a cena? E, un attimo, cos’aveva detto Hermione? Che non vedeva l’ora di tornare a casa per dargli una bella notizia? In fondo non c’era altro motivo per fare tale entrata se non il non vedere l’ora di parlare con la persona che si ama e metterla a parte di qualcosa di bello ed entusiasmante.

“Che idiota, scemo, stupido, insensibile,...” iniziò a dirsi Ron, come se questo potesse far tornare indietro Hermione.

Il rumore di qualcuno che si materializzava lo riportò bruscamente alla realtà: sollevò la testa e vide Hermione davanti a sé.

«Tieni» disse solo, ancora visivamente scossa e arrabbiata, porgendogli una Victoire calma e serena. «Nella fretta l’avevo portata via con me».

Ron non fece in tempo a dire nulla, che la fidanzata era già sparita di nuovo. Guardò la bambina che aveva tra le braccia e lo fissava.

«Ben svegliata» cercò di sdrammatizzare.

«Pappa!» disse solo la piccola indicando le pentole sul fuoco.

Ron si girò al rallentatore e vide le padelle che borbottavano e bollivano, mentre acqua e cioccolato avevano invaso i fornelli.

«Per le mutande rosse di Merlino!» esclamò prima di agguantare la bacchetta e cercare di far sparire quell’orrore.

Victoire applaudì quando finalmente lo zio riuscì a domare le patate che cercavano di sfuggire dalla presa dei cucchiai appellati per l’occasione; per la crema di cioccolato non c’era più nulla da fare, invece, nel pentolino ne era rimasta pochissima, mentre il resto era colato giù dal fornello, aveva lasciato una scia sul forno sottostante e si era adagiata sul pavimento, formando una piccola pozzanghera marrone scuro.

«Almeno l’arrosto si sarà salvato, no?» domandò Ron più a se stesso che alla piccola, ancora divertita.

Si spostò Victoire sul fianco e, con la mano libera, aprì il forno: scoprì che dell’arrosto non restava altro che un piccolo pezzo di carne bruciacchiata e la teglia era completamente da buttare.

«Decisamente non è la mia serata», sospirò il mago affranto per tutto quel disastro. Gli sarebbero servite le magie di pulizia migliori per rimettere tutto a posto, ma lui non era poi così bravo in quelle. Quindi l’unica soluzione era fare tutto alla maniera Babbana.

Victoire, vedendo lo sconforto sul volto dello zio, iniziò ad accarezzarlo sulla testa con la manina per cercare di tirarlo su di morale, dargli coraggio e fargli capire che lei gli era vicina.

Continua...


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Lo spazio commenti è a vostra disposizione, grazie per aver dedicato del tempo a leggere questo capitolo! ;)

Ciao ciao


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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Nota: Ehm... dopo 6 anni ecco finalmente il 2° capitolo di questa mini long.
Sono pessima, lo so, perché avevo promesso che non ci avrei messo tanto a scriverla, in fondo erano solo pochi capitoli, eppure...
Spero che l'attesa ne sia valsa la pena e stavolta davvero cercherò di finirla, perché anch'io sono curiosa di vedere cosa potrei mai far fare al povero Ronald =D
Ma basta cianciare, vi lascio alla lettura del capitolo!
Buona lettura^^

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Il Ronaldo in difficoltà


Capitolo 2


Ormai la serata romantica che aveva progettato era andata, bruciata come l’arrosto nel forno.

Trasformò una sedia in seggiolone, per tenere d’occhio Victoire mentre lui si dedicava alla pulizia della cucina.

La bambina guardò lo zio interrogativa, prima di dire di nuovo: «Pappa! Pappa!»

Ron la fissò qualche secondo come se non avesse capito cosa volesse, e appellò la borsa che gli aveva lasciato Bill. «Sono sicuro che papà ha messo qui dentro qualcosa di buono da mangiare», le disse.

Iniziò a tirare fuori pannolini, salviettine, vestitini di ricambio,… la borsa sembrava senza fondo, come quella che aveva usato Hermione quando erano in fuga. Sparpagliò il contenuto sul tavolo.

Nulla, neanche un biberon. Anche se ormai Victoire era grande per usare il biberon.

L’unica cosa vagamente commestibile era una confezione di gelatine a forma di unicorni che le aveva regalato George durante l’ultima visita ai Tiri Vispi.

Ron sorrise un po’ incerto alla nipotina: «Piccola, mi dai qualche minuto per sistemare questo disastro e poi preparo qualcosa?»

Victoire per tutta risposta lo guardò in modo ancora più interrogativo e poi, avendo capito che non avrebbe mangiato tanto presto, iniziò a piangere.

Di nuovo i vetri rischiarono di andare in frantumi, mentre Ron cercava di tapparsi le orecchie come meglio poteva.

Dire a una bimba di quasi due anni che non avrebbe mangiato di lì a poco decisamente non era stata una brillante idea. Anzi.

Ron aveva affrontato cose ben peggiori, tra ragni giganti, schiopodi sparacoda, draghi, eppure gli sembrava di avere il cervello completamente vuoto.

Ma perché aveva trattato male Hermione? A quell’ora lui avrebbe ultimato la cena, mentre lei avrebbe giocato con la piccola. Quell’immagine gli mandò una strana sensazione.

Ron si diede uno schiaffo sulla testa, ricacciando la sensazione di pace che aveva avuto pensando a lui, Hermione e Victoire tutti insieme felici, ecco l’idea: giocare!

Prese la coperta con le puffole pigmee che aveva trovato nel fondo della borsa, un paio di peluches di Victoire e sistemò il tutto in salotto, in un punto che avrebbe controllato facilmente dalla cucina.

«Ok, piccola, mentre io finisco di pulire qui e preparo la cena per entrambi, che ne diresti di giocare un po’ con i tuoi peluches?» chiese Ron senza voler ottenere davvero una risposta dalla nipotina.

Victoire ridusse almeno un po’ le urla, quel tanto che bastava per farsi prendere in braccio dallo zio, che intanto aveva iniziato a simulare il volo su un ippogrifo. Ron la adagiò con grazia sulla coperta preparata e per qualche istante animò i peluches con le mani.

«Torno subito», le disse prima di animare davvero con la magia i pupazzi.

La bimba smise di piangere e iniziò a ridere e battere le manine, mentre i peluches si esibivano in salti e capriole.

Ron emise un sospiro di sollievo: era riuscito nell’impresa di distrarla dalla fame. Essendo sua parente e conoscendo l’ingordigia dei Weasley, però, non sarebbe durata ancora a lungo, quindi doveva sbrigarsi.

Appellò secchio, stracci e detersivo e iniziò a pulire il disastro che aveva lasciato in cucina. Odiava dover fare tutto alla maniera Babbana.

Stava cercando di scrostare lo strato di cioccolato che si era solidificato tra i fornelli, quando l’orsacchiotto di peluche gli arrivò dritto dritto sulla nuca.

«Ehi! Ma cos…?» non riuscì a finire la frase che anche il gattino gli arrivò addosso, stavolta in pieno viso, visto che si era girato per controllare che fosse tutto a posto.

La bimba lo fissava con uno strano sguardo, come quando si concentrava per fare… Ron capì al volo: stava facendo la sua prima magia!

Bill gli aveva accennato al fatto che Victoire stesse iniziando a sviluppare i poteri, ma che ancora non riusciva a fare niente di grosso. Ma stavolta, a quanto pareva, ci era riuscita.

I peluches caddero sul pavimento della cucina e la piccola cadde come addormentata.

Ron la fissò ancora qualche istante, prima di precipitarsi da lei, prenderla in braccio e cercare di farla riprendere.

Non si era mai trovato in una situazione del genere e non aveva la più pallida idea di cosa fare.

Ma perché Victoire aveva deciso proprio quella sera di sperimentare la magia? E perché lui non era per nulla preparato a un’evenienza del genere?

Pensa… pensa, Ron, non puoi essere così idiota!, si disse cercando di far funzionare il cervello nuovamente.

L’unica cosa che gli venne in mente fu, ancora una volta, che aveva estremo bisogno di Hermione.

Adagiò la piccola sul divano, tra i cuscini che aveva allestito quando dormiva, si assicurò che stesse respirando ancora e poi prese carta, piuma e chiamò Leo, l’unico che avrebbe potuto trovare Hermione in quel frangente.

Scrisse un messaggio alla fidanzata, lo arrotolò e lo consegnò al gufetto, che partì di corsa.

Ron si sedette sul divano di fianco a Victoire e attese.

Si sentiva così impotente.

Continua...


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Devo dire che questa quarantena è molto ispirante, soprattutto oggi, perché nel pomeriggio ho scritto anche una piccola ff su Gilmore Girls, ma questa è tutt'altra cosa.
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se forse sono un po' arrugginita. In ogni caso fatemi sapere come vi è sembrato e cosa ne pensate, io intanto vado a cercare di continuare la storia, dovrebbe avere ancora un paio di capitoli ;)
Ciao ciao

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Nota: Sorprendentemente sono riuscita a scrivere questo capitolo quasi di seguito all'altro, ieri sera.
Spero vivamente vi piaccia, anche se ci sono alcune cosucce che non mi convincono del tutto, ma so che se ci lavorassi ancora butterei tutto, quindi meglio pubblicarlo e via =D
Buona lettura^^

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Il Ronaldo in difficoltà


Capitolo 3


Hermione si materializzò in salotto pochi istanti dopo aver letto il messaggio di Ron.

«Prima che tu dica qualsiasi cosa, sono qui solo perché sono preoccupata per Victoire», esordì la strega interrompendo sul nascere qualsiasi possibile reazione entusiastica da parte di Ron.

Dal canto suo, il mago si era solo alzato non appena era apparsa la fidanzata e aveva fatto per abbracciarla, ma era stato gelato dalle sue parole.

Hermione si avvicinò alla piccola e le toccò amorevole la fronte: «Dev’essere stata una magia molto al di sopra delle sue capacità», disse alla fine con dolcezza.

«Be’, mi ha schiaffeggiato coi peluches», spiegò Ron. «Ed era la sua prima vera magia».

«Brava piccola!» ghignò Hermione sentendo che il fidanzato era stato preso a peluchate.

Ron sbuffò, mise il broncio e se ne tornò in cucina a finire di pulire il disastro che aveva combinato.

Hermione intanto si sedette accanto a Victoire, fece comparire un paio di libri e iniziò a leggere cos’avrebbe potuto fare perché la piccola riprendesse i sensi in poco. Ma fin tanto che riposava tranquilla era un buon segno.

Ron tra una scalpellata e l’altra al cioccolato incrostato osservava di sottecchi Hermione intenta a leggere tranquilla sul divano. Era bello vederla lì, in pace e rilassata. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vederla sempre così, anche con uno o due bambini al posto di Victoire.

«Aha!» esultò a un tratto Hermione, sapeva che i libri non l’avrebbero abbandonata neanche in quel frangente.

Ron per tutta risposta imprecò perché, per l’esclamazione improvvisa di Hermione, aveva sbattuto la testa contro la cappa del fornello.

«Che hai trovato?» chiese entrando in salotto mentre si massaggiava la nuca. Prima il peluche, adesso la cappa, non è decisamente serata.

«Qui c’è scritto che più il bambino che fa la magia è piccolo, più tempo gli ci vorrà per riprendersi», disse Hermione con un sorriso. «Ma non c’è da preoccuparsi, sta semplicemente dormendo, quindi basta aspettare un po’ e si sveglierà da sola».

Ron tirò un sospiro di sollievo: Victoire stava bene.

Sorrise a Hermione, ma quella cambiò espressione in un attimo e tornò a essere arrabbiata con lui.

«Bene», esordì seria. «Visto che Victoire sta bene, non c’è motivo che rimanga».

Ron boccheggiò e fece qualche passo in avanti: «No, aspetta», cercò di trattenerla.

Hermione fece sparire i libri e incrociò le braccia al petto, in attesa.

«A-avevo preparato la cena», iniziò a dire Ron. «Ma si è bruciata o è spiaccicata tra i fornelli».

«Ron…».

«Mi dispiace, sono stato un vero idiota. Come sempre, d’altra parte, no?» fece una risatina nervosa ben poco da lui.

«Tu non sei un idiota», sospirò lei. Era la milionesima volta che lo sentiva ripetere sempre la stessa storia, e lei gli rispondeva sempre così. A dire il vero era anche un po’ stufa di dirglielo, ma l’amore fa accettare qualsiasi cosa.

«È colpa mia se abbiamo litigato. È colpa mia se te ne sei andata arrabbiata perché ti ho accusata di aver svegliato Victoire, quando non potevi sapere che lei era qui. È colpa mia se per tutto il tempo che ho passato di là a pulire – alla maniera Babbana, perché non sono minimamente bravo e dotato negli incantesimi di pulizia – non ho fatto altro che maledirmi, perché non avrei più potuto vederti come prima, seduta accanto a un bambino, intenta a leggere mentre dorme».

Ron sembrava un fiume in piena ed era anche difficile seguire il filo dei suoi pensieri.

Ma Hermione aveva capito benissimo. Oh, se aveva capito, soprattutto l’ultima affermazione. Ed era diventata tutta rossa.

La strega si sedette di nuovo sul divano e fece sedere Ron sul tavolino davanti a sé.

«Ron», iniziò prendendogli la mano e guardandolo fisso negli occhi. «Tu pensi che non ci abbia mai pensato? Che anch’io voglia… avere-dei-bambini-con-te», disse tutto d’un fiato.

Ron cercò di mantenere il contatto visivo, ma non era facile, sentiva le orecchie andare a fuoco ed era sicuro che anche tutto il resto del corpo fosse diventato dello stesso colore dei capelli.

«Tu… vuoi davvero?» chiese incerto quando riuscì a recuperare la facoltà della parola.

Hermione sorrise imbarazzata e abbassò gli occhi. «È anche normale pensarci ogni tanto, no?» aggiunse come se fosse ovvio. «Voglio dire… non siamo più in pericolo mortale, abbiamo tutta la vita davanti, viviamo praticamente insieme, i tuoi fratelli pensano a sposarsi e ad avere dei figli. Sì, io e te litighiamo sempre, ma ciò non vuol dire che io non ti ami e non voglia avere una famiglia con te».

Ron si alzò, prese in braccio Hermione e le fece fare una giravolta.

La strega, presa alla sprovvista, non poté fare a meno di sorridere della sua intraprendenza.

Ron, dopo averla rimessa a terra, cercò di baciarla, ma lei lo fermò.

«Ah, non funziona proprio così, Ronald», disse appoggiandogli una mano sulle labbra. «Sono ancora arrabbiata, perché prima mi hai fatto quella scenata».

Ron si afflosciò su se stesso. Sapeva che non sarebbe bastato quel discorso che aveva toccato corde non ancora del tutto visibili, ma sperava che si fosse ammorbidita almeno un po’.

«Ok, che punizione mi aspetta, signorina Granger?» chiese sconsolato, pur sapendo che se la meritava per come si era comportato.

«Ci devo pensare, ancora, intanto finisci di pulire di là», disse lei indicando la cucina, che aveva un aspetto davvero orribile. «Io vado a cambiarmi».

Non era un buon segno se lei doveva pensarci. Ma il fatto che non l’avesse affatturato era già qualcosa di positivo.

Continua...


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Ben arrivati in fondo a un altro capitolo, spero che la storia vi piaccia ancora, anche se ha preso una piega un po'... strana.
Ho già in mente cosa succederà alla fine, ma sono indecisa se il prossimo sarà un altro capitolo o l'epilogo. Vediamo come prosegue la stesura.
Lo spazio commenti è tutto vostro, anche per lanciarmi dei pomodori virtuali ;D
Ciao ciao

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Nota: Nuovo giorno, nuovo capitolo.
Sì, sto scrivendo come un treno per poter finire almeno una delle mie tante long incomplete.
Quindi ecco qui un nuovo capitolo...
Buona lettura^^

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Il Ronaldo in difficoltà


Capitolo 4


Ron si diresse in cucina con passo lento e testa bassa. Quando entrò nella stanza diede un’occhiata in giro e si rattristò ancora di più vedendo il disastro che vi regnava.

Agguantò di nuovo la spugna, la immerse nel secchio di acqua saponata e la strizzò.

Prima finiva quel lavoro, prima avrebbe potuto preparare qualcos’altro per cena con gli avanzi che aveva in dispensa e mangiare, finalmente.

Eppure, più puliva, più lo sporco sembrava riformarsi: aveva già tolto molto cioccolato dai fornelli, più di quello che ce n’era nel pentolino che aveva messo sul fuoco un’ora prima.

Alzò la testa dal fornello e si guardò in giro: Victoire riposava ancora sul divano e dalla camera da letto provenivano rumori sommessi, segno che Hermione si stava cambiando. Nessun altro era presente in casa.

E allora perché diavolo il cioccolato – e ci avrebbe scommesso anche il fondo bruciato dell’arrosto nella teglia avrebbe fatto lo stesso – non voleva saperne di andare via?

Provò a imprimere più forza sulla spugna contro il piano e la cosa sembrava funzionare.

«Ok, caro cioccolato, vuoi la guerra?» mugugnò continuando a grattare la superficie del fornello.

Finalmente, dopo quelli che parvero moltissimi minuti, Ron guardò il fornello pulito e splendente. Buttò la spugna nel secchio ed esultò vittorioso.

Il fornello era lì, forse non era mai stato pulito con così tanto impegno e vigore, ma dopo due secondi ecco ricomparire un’altra chiazza di cioccolato.

Ron ringhiò.

Afferrò la spugna, di nuovo, e grattò la macchia con molta più forza della volta precedente.

Di nuovo il fornello apparve pulito e splendente. E di nuovo un’altra macchia si formò.

«Miseriaccia!» ringhiò Ron stufo di quel gioco per nulla divertente.

Hermione comparve sulla soglia della cucina e notò quanto il fidanzato stesse pulendo con impegno. Troppo impegno.

«Ron, ma che stai facendo?» chiese stupita guardando il viso tutto rosso dell’altro.

«Sto. Provando. A. Pulire. Questa. Dannata. Macchia», rispose lui sempre più arrabbiato.

Hermione alzò gli occhi al cielo.

«Oh, spostati», disse lei spazientita con la bacchetta in mano, in fondo anche lei iniziava ad avere fame e non voleva che Ron ci mettesse troppo. «Gratta e netta».

In un attimo la macchia svanì.

Hermione sorrise soddisfatta.

Ron la guardò corrucciato.

«Che c’è?» chiese lei alzando le spalle.

E in quell’istante la macchia ricomparve.

Hermione restò allibita: i suoi incantesimi di pulizia erano impeccabili, non era possibile che la macchia fosse ricomparsa.

«Se è un tuo scherzo, Ron, non è divertente», disse Hermione sibillina.

«Ti assicuro che non lo è», rispose l’altro con estrema calma, assolutamente non da lui, ma voleva capire quale fosse il problema. «È mezz’ora che ci sto provando e ogni volta che sembra pulito, ricompare la macchia».

«Non credo che la cucina sia posseduta», constatò lei con logica. «Hai fatto qualche magia che non ti è riuscita?»

«Sai che non sono bravo con gli incantesimi di pulizia, quindi non li uso», iniziò a elencare Ron soprappensiero. «L’unica cosa strana che c’è stata stasera è…».

«Victoire!» risposero in coro guardandosi.

Contemporaneamente si diressero verso il divano, dove la bambina stava ancora riposando, tranquilla e beata tra i cuscini.

«C-che facciamo?» chiese Ron con una lieve nota isterica nella voce.

«Lasciami riflettere», rispose Hermione assorta, mentre il suo cervello si metteva in moto per trovare una possibile soluzione.

Non potevano svegliare la bambina, avrebbe dovuto riprendersi da sola.

Ma erano proprio sicuri che stesse dormendo e non stesse facendo… finta?

Ok, era piccola e in genere i bambini tanto piccoli non lo fanno, perché non sono del tutto consapevoli, ma quella sera oltre a far levitare i peluches aveva anche imposto un qualche incantesimo al fornello, che non voleva saperne di farsi pulire. In più era per un ottavo veela, quindi tutto era possibile.

«Victoire», Hermione iniziò a chiamarla con voce estremamente dolce accovacciandosi davanti al divano.

Ron la guardò sorpreso: «Ma non hai appena detto che non dobbiamo svegliarla?» chiese a voce bassa.

«Sh, Ronald, lasciami fare», rispose Hermione tra i denti. «Victoire, tesoro», continuò rivolta alla bambina, accarezzandole piano i capelli. «Lo zio Ron ti ha preparato una buona cenetta».

Victoire era un ottavo veela, vero, ma era anche metà Weasley, quindi non avrebbe saputo resistere al cibo. E lei lo sapeva fin troppo bene.

Le palpebre della piccola iniziarono a muoversi, segno che il metodo di Hermione stava funzionando.

«Ti conviene inventare qualcosa di là, perché se non vedrà qualcosa sul tavolo, non farà volare solo i peluches, stavolta», suggerì la strega al fidanzato.

Ron non se lo fece ripetere due volte, si diresse in cucina e appellò gli avanzi che aveva in dispensa, dopodiché questi si disposero ordinatamente in fila sul tavolo e il mago non fece altro che agitare la bacchetta.

Le carote si sbucciarono e affettarono da sole prima di ricadere in un piatto, gli hamburger si tuffarono nella padella sistemata sul fornello – ancora sporco – e iniziarono a sfrigolare felici. Alcune coppe si riempirono di gelato alla panna con tanto di ciliegina sulla cima.

Piatti e posate presero ben presto posto sul tavolo e sul seggiolone che Ron aveva trasfigurato quando preparava la prima cena.

Victoire finalmente aprì gli occhietti, si guardò un attimo in giro e vide la sua quasi zia che le sorrideva. Sbadigliò sonoramente. Era proprio una Weasley.

«Pappa?» chiese ricambiando lo sguardo di Hermione.

«Ma certo, piccola», rispose lei prendendola in braccio e portandola in cucina. «Sai, ci hai fatto prendere un bello spavento».

Hermione posizionò Victoire sul seggiolone e Ron le servì l’hamburger con le carote, che per l’occasione era stato decorato a dovere a mo’ di faccia sorridente.

La bimba batté le mani felice finalmente di poter mangiare qualcosa, dopo quella giornata alquanto movimentata.

Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata: il problema “sveglia Victoire” era stato risolto, bisognava solo capire come fare per riuscire a pulire il fornello.

Continua...


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Bene, Victoire ne ha combinata un'altra delle sue =D
Devo dire che sono molto soddisfatta di com'è venuto questo capitolo e un po' mi dispiace che il prossimo sarà l'ultimo, ma in fondo l'avevo detto che non sarebbe stata una long lunghissima.
Spero che sia piaciuto anche a voi ;)
Buona serata!
Ciao ciao

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Nota: Ed eccoci arrivati alla conclusione di questa ff.
Ci ho messo anni per riprenderla in mano, e poi in meno di una settimana è conclusa. Mi fa sentire un po' strana, questa cosa. Ma sono felice di aver concluso almeno una della miriade di long che affollano il mio computer.
Non mi dilungo oltre e vi lascio alla lettura!
Buona lettura^^

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Il Ronaldo in difficoltà


Epilogo


Hermione tagliò amorevolmente l’hamburger di Victoire, mentre la piccola non la finiva di toccare e giocare con le carote che avevano composto la faccina sorridente.

Ron guardò quella scena con attenzione, volendo imprimere nella memoria ogni singolo movimento della fidanzata.

«Ecco qui, Victoire», disse Hermione, riportando alla realtà il mago. «Ora puoi mangiare tranquillamente».

Poi si girò verso il proprio piatto e iniziò a tagliare l’hamburger con precisione chirurgica. Ron si schiarì leggermente la gola.

«Che c’è?» chiese Hermione senza alzare gli occhi dal piatto.

«N-nulla», mentì Ron. C’era molto di cui voleva parlare, soprattutto riguardo alla notizia che lei era così impaziente di dargli, ma che era stata relegata in un angolino lontano.

Hermione conosceva Ron fin troppo bene e sapeva perfettamente che non era “N-nulla”. Poggiò con delicatezza le posate sul bordo del piatto e lo guardò attentamente.

«Ron», lo richiamò. «Dobbiamo parlare», sapeva che quella tattica l’avrebbe fatto mettere sull’attenti.

Ron si raddrizzò sulla sedia impettito, odiava sentire quelle due parole, soprattutto se pronunciate da Hermione. Il volto si fece serio e la guardò dritto negli occhi, pronto a sentirsi dire qualsiasi cosa.

Nella sua mente iniziarono a farsi strada vari scenari: lei che lo lasciava e lui che la implorava di non andarsene; lei che gli diceva che sarebbe dovuta partire per chissà dove e lui era sicurissimo che sarebbe stato un viaggio di piacere con Krum – lo odiava, nonostante non si vedessero da anni –; oppure lei che gli diceva di essere incinta, in quel caso Molly Weasley sarebbe arrivata di gran carriera e, se da un lato sarebbe stata felice, dall’altro l’avrebbe affatturato seduta stante perché non erano sposati.

In ogni suo scenario lui faceva la parte dell’idiota.

«… e così mi hanno offerto il posto», disse Hermione sorridente, ma lui non l’aveva minimamente ascoltata, impegnato com’era a farsi le solite fantasie più disparate. E lei se ne accorse. «Non mi stavi ascoltando, vero?» non era un’accusa, ma una semplice constatazione.

«S-scusa», abbassò la testa Ron.

Hermione sospirò, alzò gli occhi al cielo. «Eh no, caro, questa volta non te lo dico di nuovo», ghignò lei, ben sapendo che la curiosità del fidanzato avrebbe avuto la meglio, ma voleva godersi per un attimo la soddisfazione di lasciarlo nel dubbio.

Ron non si lasciò intimorire e, dopo qualche istante, rilanciò: «Ok, ti hanno offerto il posto, il che vuol dire che si tratta di lavoro», iniziò analizzando i dati che aveva in suo possesso come avrebbe fatto lei per arrivare alla soluzione dell’enigma.

«Fin lì ci sarebbe arrivata anche Victoire», disse Hermione facendo una smorfia annoiata e incrociando le braccia al petto.

«Non distrarmi», la rimproverò. «Attualmente stai lavorando al Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche e hai già una posizione di rilievo, con tutto il lavoro del CR… Ehm, C.R.E.P.A., quindi deduco che si tratta di altro. Di un altro posto al Ministero. Ci sono vicino, eh?»

Hermione parve sorpresa e ammirata che Ron si stesse applicando per trovare la soluzione più corretta.

«C’entra per caso il gufo che è arrivato stamattina e per cui sei corsa via quasi in pigiama?» chiese ripensando a quando il gufo del Ministero, tutto impettito, aveva becchettato la finestra fino a farsi aprire.

«Potrebbe…» rispose lei, restando sul vago.

«Ma certo che c’entra», ricominciò Ron rispondendo più a sé stesso che a lei. «Accio lettera!» disse poi appellando la lettera che era rimasta sul tavolino in salotto tutto il giorno.

«Ehi, così non vale», protestò Hermione.

Ron afferrò la lettera che gli arrivò come un proiettile tra le mani, l’aprì e lesse solo l’intestazione in alto: Dipartimento per l’Applicazione della Legge Magica.

Sorrise soddisfatto per aver svelato il mistero e poi si rivolse a Hermione: «Congratulazioni!» disse contento alzando il bicchiere col succo di zucca.

La strega lo guardò soddisfatta e arrossì. Si era aspettata di dargli la notizia in tutt’altro modo, ma la litigata e tutto il resto avevano fatto sfumare i suoi piani. Però era contenta che lui si fosse applicato e avesse trovato la soluzione, segno che l’addestramento Auror aveva dato i suoi frutti.

Victoire emise un gridolino felice dal seggiolone e solo allora i due si accorsero che Bill era tornato a prendere la figlioletta.

«D-da quanto sei lì?» chiese Ron guardando il fratello allarmato.

«Da un po’» ammise lui ghignando. «Congratulazioni, Hermione, sono contento che tu abbia avuto una promozione», disse rivolto alla strega. «Bene, vi libero dell’incombenza della piccola e vi lascio festeggiare in pace. Mi racconterete domani com’è andata e se ha fatto la brava».

Ron e Hermione arrossirono talmente tanto che il rosso scarlatto di Grifondoro in confronto era una sfumatura di rosa pallido.

«Ah, per il fornello, vi basta un Finite incantatem ben assestato», concluse Bill prima di sparire nel camino.

A quell’ultima affermazione di Bill, Hermione inghiottì l’aria e si mosse sulla sedia nervosa. Ron la guardò e capì.

«Hermione», iniziò con calma. «Sei stata tu a stregare il fornello?»

La strega gli sorrise sfacciata: «Ma certo che no, ti pare che ti farei una cosa del genere?»

«Oh, sì, ne sono più che convinto», rispose lui nascondendo un sorriso mentre beveva il succo di zucca e guardava la fidanzata arrossire un po’.


Fine


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È difficile scrivere qualcosa, perché non pensavo ci volesse così poco per concludere una ff – spesso me lo dimentico =D – e quindi adesso non sono sufficientemente preparata.
Sono contenta che molte persone abbiano letto la storia, anche se a distanza di tanti anni, e ringrazio chi si è fermato a commentare ogni singolo capitolo. Mi avete resa molto felice.
Spero di continuare a scrivere anche altro (ho già un po' di idee e prompt che non sono stati ancora mai usati), quindi devo solo ritrovare il tempo, perché l'entusiasmo c'è. Vorrei anche dedicarmi a qualcosa di originale.
Per quanto riguarda questa ff, spero di non aver deluso le aspettative di nessuno e di aver svelato ciò che era rimasto in sospeso.
Vi ringrazio ancora per l'attenzione ;)
Alla prossima!
Ciao ciao

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