Eternity

di GiuliaFray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: L'amore rende perspicace anche chi è sciocco, valoroso chi è codardo. (Plutarco) ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo. L'istruzione è cosa ammirevole, ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare quel che veramente vale la pena di conoscere. Oscar Wilde ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo: La grande questione nella vita è il dolore che causiamo agli altri, e la metafisica più ingegnosa non giustifica l'uomo che ha lacerato il cuore che l'amava. Frederic Beigbeder ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto. Sei tu la parte migliore di me stesso, il limpido specchio dei miei occhi, il profondo del cuore, il nutrimento, la fortuna, l'oggetto di ogni mia speranza, il solo cielo della mia te ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto. Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito. Antoine de S ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto. Non dobbiamo abbandonare l'animo alle sventure: nessun vantaggio trarremo a tormentarci. Alceo ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo Aver coscienza delle proprie colpe è il primo passo verso la salvezza. Epicuro ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo L'amore è una cosa più meravigliosa dell'arte. Oscar Wilde. PARTE PRIMA ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nono. Consumati, consumati, corta candela! La vita è un'ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narr ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Nella prigione della città di Reading

c'è una fossa della vergogna,

dove giace un uomo sventurato,

divorato dai denti del fuoco,

giace avvolto in un rovente sudario,

e la sua tomba non ha nome.

E lì, finché Cristo chiamerà a sé i morti,

in silenzio lo lasceremo riposare:

senza sprecare l'insensata lacrima,

o emettere il vuoto sospiro,

l'uomo che aveva ucciso ciò che amava

e per questo è dovuto morire.

Ogni uomo uccide quel che ama,

che ognuno ascolti questo,

alcuni lo fanno con sguardo amaro,

altri con una parola mielosa,

il codardo uccide con un bacio,

l'audace con la spada!

Oscar Wilde, La Ballata del Carcere di Reading.

Prologo

-Allora, quando ti deciderai a chiederglielo?-

Cam estrasse il pugnale lungo e affilato dal ventre dell'umano con un sospiro, come se gli eventi che lo circondavano non lo toccassero minimamente. L'uomo cadde all'indietro a terra con un colpo sordo, gli occhi spalancati per il terrore e il petto sanguinante. Cam si voltò verso Alan. La luce della luna che brillava alle sue spalle oscurava il suo viso e gli occhi blu come il mare.

-Quando tu chiamerai Aileen.-

Il volto dell'amico si rabbuiò ulteriormente. Cam sapeva di aver toccato un tasto sbagliato, ma era l'unico modo per zittirlo su certi fatti imbarazzanti anche per un demone come lui.

-Cioè... mai?- Cam sorrise e prese l'umano steso sul ponticello nel porto di New York per le spalle.
Alan si avvicinò a lui e afferrò le gambe dell'assassino a cui legò una pesante ancora con una spessa corda, il viso distorto in una smorfia di disgusto.

Tra loro calò il silenzio e ne approfittarono per sollevare il tizio, farlo dondolare un po' e gettarlo con una spinta nelle acque fredde. Il cadavere fece un tonfo e il mare attorno a lui si increspò formando delle onde. Poi sparì sotto la superficie per non ritornare fuori mai più.

-Ben fatto, fratellino.- Cam era proprio soddisfatto. Un predatore in meno, anche se così giovane e privo di scrupoli, significava meno pericolo per Sara e questo bastava a renderlo felice. Alan incrociò le braccia sul petto con aria corrucciata.

-Non dirmi che ti sei offeso.-
Cam sapeva riconoscere quando il suo migliore amico era infuriato con lui e quello era uno dei momenti in cui non ci si poteva avvicinare. Quella regola però valeva per tutti escluso lui. Si erano sempre capiti a vicenda, tra loro esisteva un magnetismo che non si sarebbe mai estinto. Era molto più forte di un semplice legame tra fratelli, era quasi un giuramento di sangue che non sarebbe mai potuto essere tradito, a nessuna condizione.

Alan non si voltò nemmeno quando Cam gli appoggiò una mano sulla spalla e la strinse leggermente per fargli capire di avere buone intenzioni, dopotutto.

-E va bene, sarò io a fare il primo passo.-
Gli occhi di Alan si illuminarono e sorrise mettendo in mostra i denti perfetti e lucenti.

-Davvero?-

Cam annuì, rassegnato. Era uno dei migliaia di sacrifici che aveva fatto durante la sua esistenza e sarebbe stato disposto a farne molti altri per lui.

-Grazie, Cam. So quanto sia difficile per te.-

Cam lo guardò. -Ah, sì?-

Alan gli lanciò un'occhiataccia. -C'ero anch'io quando...-

Cam trasse un respiro profondo e Alan s'interruppe.

Era stato sempre chiaro con lui e gli altri: nessuno doveva permettersi di parlare di Lilith in sua presenza. Non riusciva a sopportare quel nome, figurarsi le critiche sulle sue scelte o sulla cotta che si era preso per la donna che gli aveva rovinato la vita.

Alan scosse il capo e i capelli gli svolazzarono attorno al capo, agitati anche dalla brezza marina di quella sera. -Scusami, Cam.-

Erano passati tre millenni da quell'episodio e non aveva ancora imparato ad essere più forte. Si sentì infuriato con sé stesso per un motivo particolare: non dimenticarla significava far del male a Sara e non poteva permetterselo, non ora che lei aveva più bisogno di lui. Fece una smorfia e diede una pacca sulla spalla di Alan. -Non importa, davvero.-

Ma dall'espressione di Alan, notò che non era ancora del tutto convinto. Così, decise di cambiare argomento.

-Che mi dici di Jessamine? Non vi sentite più?- Un brivido di freddo lo scosse e strinse le braccia al petto.

Alan sorrise. Era così facile cambiare il suo umore e Cam ne era immensamente lieto. -Mi ha sbattuto fuori da casa sua quando ha scoperto la mia passione per i manga vampireschi. A quanto pare odia ogni genere di fantasy. Dunque non è la ragazza giusta per me.-

Cam scoppiò a ridere. Spesso i racconti dell'amico erano una consolazione al suo cuore infranto. Sotto quella facciata da duro si nascondeva un'anima in pena e in cerca dell'amore eterno, cosa che non era sicuro di aver davvero trovato.

-Sei sempre il solito, Alan. Era una delle ragazze più carine che tu avessi mai conquistato.-

Alan fece spallucce e si chinò per raccogliere le stellesaette abbandonate per terra usate invano dall'umano per colpire i due demoni. -Non preoccuparti per me, Cam. Il mio fascino angelico è sempre pronto per essere sfruttato.-

Cam lo aiutò, non prima di essersi infilato un paio di guanti di pelle per il freddo che gli martoriava la pelle bianca. -Secondo me, però, dovresti chiamarla.-

Alan si raddrizzò e lo guardò con curiosità. -Tu dici?-

Cam annuì e si passò una mano guantata tra i capelli scuri. -È la donna perfetta per te. Se lo è davvero ti capirà.- Fissò il viso del compagno con intensità, sperando che capisse ciò che intendeva.

Alan sostenne la sua occhiata per un po' e infine disse: -Sara lo è per te, però. Quanto pensi di aspettare?-

Cam arricciò il naso e cominciò a camminare in direzione di casa sua, con Alan alle calcagna. -Glielo chiederò solo quando tutto questo sarà risolto- e con un ampio gesto della mano indicò il mare attorno al porto, alludendo al cadavere.

-Cioè, fino a quando non riuscirai a trovare Ian.-

-Esatto.- Calò il silenzio e Cam accelerò il passo quando una macchina da cui proveniva musica a palla passò loro di fianco, schizzandoli dell'acqua nelle pozzanghere accanto al marciapiede su cui camminavano. Meglio se non li avessero visti con armi luccicanti che fuoriuscivano dalle borse a tracolla o avrebbero sospettato qualcosa.

-Ti aiuterò, Cam, e con me ci sarà anche Roland, te lo prometto.- Cam passò un braccio attorno alle spalle di Alan accostando il viso al suo.

-Grazie per essermi sempre vicino.-

Alan sorrise e gli strinse una mano.

-È quello che si fa tra fratelli, no?-

Per il resto del tragitto chiaccherarono del più e del meno come veri amici e Cam si sentì immensamente grato per aver trovato Alan, un angelo su cui poter contare in qualunque momento. Era quel genere di persona sempre sorridente e incoraggiante, pronto a sorreggerti ed amarti. Il legame tra loro era sbocciato come un fiore in primavera in Paradiso, come tra tutti le creature divine dopotutto, ma si era rafforzato dopo la Caduta e consolidato quando Alan aveva seguito Cam senza indugio dopo che lui passò dalla parte di Satana. La sua natura era pura e sbarazzina ma aveva cambiato la sua anima e ogni aspetto della sua esistenza per lui e questo rendeva Cam pieno di fiducia nei suoi confronti.

Giunti davanti al viale che portava a casa di Cam si abbracciarono a lungo e Alan gli sussurrò che lo avrebbe aiutato se fosse stato necessario.

Cam si staccò e appoggiò le mani sulle sue spalle. -Saresti disposto a chiederle di sposarmi da parte mia?-

Alan annuì con impeto. -Certo. Però mi devi lasciare una parte del bottino.-

Cam aggrottò la fronte, pronto, nonostante tutto, a sferrargli un pugno in faccia se si fosse spinto troppo oltre i limiti. -Cioè?-

Alan indietreggiò di un passo, probabilmente prevenendo la sua reazione. -La partecipazione al viaggio di nozze. Non deve esser male vederla... -

Non fece in tempo a finire la frase che Cam gli si gettò addosso e lo buttò a terra con forza. Alan scoppiò a ridere quando lui gli strizzò il fianco più e più volte. Entrambi soffrivano il solletico ma per ora era Alan la vittima e lo sarebbe stata fino a quando Cam non avesse saziato la sua sete di vendetta. Continuarono a ridere e Cam gli serrò il corpo con le ginocchia strette attorno alla sua vita, stringendo forte.

Un rumore alle sue spalle lo riscosse da quella gioia momentanea e improvvisa. Si voltò, le guance arrossate per l'eccitazione e la bocca distesa in un sorriso. Scese dal corpo di Alan che non approfittò della distrazione per colpire Cam, non in quel momento.

Un gruppo di cinque Esclusi dall'anonimo trench marrone avanzavano verso di loro con passi uguali e cadenzati, un sorrisino beffardo dipinto in volto e le teste rasate illuminate dalla luce lunare. Cam era sempre stato irritato dalla loro presenza e al contempo incitato a battersi contro quelle orribili creature.

Così balzò in piedi, seguito da Alan.

-Pronto?-

Cam annuì e senza pensarci due volte atterrò un Escluso.

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Capitolo 2
*** Capitolo primo: L'amore rende perspicace anche chi è sciocco, valoroso chi è codardo. (Plutarco) ***


-Sono venticinque dollari- latrò il conducente del taxi, senza distogliere lo sguardo dalla collana di Sara, riflessa nel vetro del retrovisore.
La ragazza sussultò. Aveva passato il viaggio in un silenzio di tomba, con un unico pensiero per la testa: Cam, il suo angelo. Pensando a lui il tempo trascorreva più velocemente e le faceva dimenticare ogni sorta di dolore.
La voce roca e profonda del tassista l'aveva distolta dai suoi pensieri, quasi con violenza. Con una smorfia, frugò nella borsa di tela che portava a tracolla e dopo estenuanti ricerche ne ricavò il portafoglio, da cui estrasse una banconota da cinquanta dollari. Aveva soltanto quella e non aveva nessuna intenzione di aspettare che l'uomo le desse il residuo. Era ansiosa di abbracciarlo, stringerlo a sé, così gli disse: -Tenga il resto.-
L'autista le strappò i soldi dalle mani e ingranò la marcia prima ancora che Sara riuscisse a scendere del tutto dal mezzo.
Che tipo maleducato, pensò. Fece spallucce e si guardò intorno.
Quella mattina aveva ricevuto da Cam una lettera che le aveva infilato sotto la porta di casa. C'era scritto:
Ci vediamo nel vicolo di 1th Avenue. Ti aspetto.
Cam
Nient'altro, solo quelle poche e misere parole. Era strano che Cam la invitasse proprio lì: era un quartiere non proprio privilegiato di New York, pieno di gente non del tutto a posto, di quel genere di persone che non fanno altro che passare le giornate nei bar a scolarsi uno dietro l'altro infiniti boccali di birra o fumare sostanze non meglio identificate, per finire accasciati sul tavolino, gemendo o dicendo cose senza senso come: -Vieni qui, bella pollastrella.- Sara odiava quel genere di persone, e non riusciva proprio a capire come mai Cam l'avesse...
Un attimo.
E se non fosse stato Cam a mandarle quel messaggio? Se fosse stato un Escluso armato con l'intento di ucciderla? Per fortuna aveva sempre con sé una stellasaetta, in caso di bisogno, come le aveva raccomandato Cam svariate migliaia di volte. Continuava a ripeterle che quelli non erano i tempi giusti per passeggiare tranquillamente per le strade, sapendo che intere schiere di anime ti danno la caccia. Ciò che il mittente di quel messaggio voleva era la sua vita.
Ma Sara non era certo la persona che si tira indietro davanti alle difficoltà, così sospirò e si incamminò in direzione del vicolo di 1th Avenue, un vicolo cieco nel quale i due avevano passato molto tempo assieme. Fin troppo tempo.
Sara scosse la testa e senza badare a soliloqui degli ubriachi che uscivano dal bar O'Donovans Irish Pub stravolti dall'alcol, si ritrovò nella penombra di quel viottolo che le sembrava tanto familiare.
-Cam- chiamò.
Nessuna risposta. Un tremito la scosse e non per il freddo. Si portò d'istinto la mano alla tasca interna della giacca, sfiorando le spirali contorte della stellasaetta.
Pronunciò ancora il suo nome, questa volta con più convinzione ma non si sentiva proprio nulla. Nessuno si trovava nei paraggi in quel momento e si sentì terribilmente sola e infreddolita. Cominciò a camminare verso il muro che chiudeva il vicolo, a una decina di metri da lei. Sperava almeno che Cam le piombasse addosso, spuntasse da una rientranza nelle pareti, ma a quanto pareva era davvero l'unica a trovarsi lì, alle cinque del pomeriggio. Cam non le avrebbe mai dato buca, o almeno così aveva sempre pensato fino a quel momento. Ma in quel periodo molte certezze si riducevano in cenere come un pezzo di carta sul fuoco, e non era affatto una bella sensazione.

Si sentì strattonare da dietro e soffocò un urlo di terrore. Una mano calda e sicura le serrò la bocca e un braccio muscoloso le circondò il collo. Riconobbe immediatamente l'adorabile profumo di fresco di Cam, lo avrebbe potuto riconoscere tra centinaia di ogni genere. C'era lui accanto a lei, non doveva più aver paura.
La trascinò in una rientranza, davanti alla porta sconquassata di un vecchio negozio di CD musicali in funzione negli anni sessanta. Ora quel magazzino era completamente vuoto e Sara riusciva a stento a ricordare quante volte lei e Cam si erano infiltrati là dentro, godendosi dei momenti assieme. Lei si rilassò sotto la presa di Cam e gli baciò il palmo della mano. Lo sentì sghignazzare, ma non c'era traccia di allegria nella sua risata, piuttosto una certa tensione.
Giunti nel magazzino, Cam la lasciò e Sara si voltò subito verso di lui e gli gettò le braccia al collo. Affondò il viso nella sua pelle, seppellendo le labbra tra i capelli, assaporandosi ogni secondo di quegli attimi come se non si dovessero ma più vedere in futuro. Cam la strinse a sé, ricambiando ogni sua traccia d'amore, sussurrando il suo nome con dolcezza. Sara lo guardò negli occhi smeraldini che scintillavano, nonostante il buio pesto che li circondava. Lo baciò sulle labbra, ma lui non sembrò apprezzare molto il tentativo della ragazza di avvicinarlo e si scostò subito.
Prendendole il viso tra le mani le disse, fronte contro fronte e naso contro naso: -Siamo in pericolo, Sara. Dobbiamo scappare via.- La sua voce si spense con un fremito e Sara capì che era spaventato, come al solito più per lei che per lui.
Annuì, come se avesse capito subito ciò che stava succedendo. Ed era proprio così: tutto quel silenzio, quell'immutabilità le era sembrata fin troppo strana, una faccenda sconosciuta per lei. Ma dopotutto ci erano abituati: erano ormai secoli che venivano perseguitati, non solo dagli Esclusi che volevano ucciderla per spezzare il legame che intercorreva tra lei e Cam da quando la notizia del loro amore aveva fatto il giro delle schiere celesti, ma anche Ian, con il suo drappello di guerrieri, non aveva altro per la testa che rapire Sara, tenerla solo per sé e vendicarsi su Cam una volta per tutte.
Ian.
Sara chiuse gli occhi per scacciare l'immagine della sua chioma luminosa, dei suoi occhi grandi e profondi, del corpo slanciato e snello. I loro due principali nemici le davano la caccia per motivi diversi, ma avevano un punto in comune: volevano che Cam soffrisse, volevano infliggergli la tortura più atroce, la mancanza di lei.
Il flusso di pensieri di Sara venne interrotto da un rumore di schianto al di fuori del negozio malridotto. Spalancò gli occhi e subito, per puro istinto, la sua mano corse a quella di Cam. Lui gliela strinse con calore e l'attirò a sé, stringendola in un lungo abbraccio.
-Resta qui, Sara- le sussurrò tra i capelli castani, -Promettimi che non uscirai fino a quando non verrò a prenderti.-
La ragazza annuì, ma senza convinzione. Se c'era una cosa che proprio odiava era quella di veder Cam rischiare la vita senza che lei potesse far niente. Nonostante tutto, brontolò: -Sì, te lo prometto.-
-Non sei per niente convincente- disse lui. Poi le scoccò un rapido bacio sulla guancia e uscì, senza che lei potesse proferire parola. Cam si guardò intorno e senza esitazione estrasse una stellasaetta dalla borsa di tela blu che portava a tracolla. Assieme alla freccia letale tirò fuori uno splendente arco d'argento.
Il mio angelo vendicatore, pensò lei lasciandosi scappare un sospiro.
Cam fuori dal magazzino liberò le ali che si innalzarono alte nel cielo con uno schiocco, simile a quello di una frusta che viene scagliata addosso a qualcosa di duro, ma molto, molto più forte e assordante. Il ragazzo le restrinse un po', per non attirare troppo l'attenzione degli eventuali umani nei paraggi.
Sara, come le capitava sempre, restò a bocca aperta davanti a tanta magnificenza: le ali di Cam erano alte e sottili, tese, fulgide e auree. Erano frastagliate, attraversate da strisce nere, sopravvissute a centinaia di battaglie aspre e pericolose.
Il ragazzo si sollevò di alcuni metri da terra e salì verso il cielo, impedendo a Sara di seguire i suoi movimenti.
Si rigirò la collana d'oro che le aveva regalato Cam un anno prima. Al centro c'era un ciondolo a forma di C, scritta in un elegante corsivo con intagli dall'aria preziosa e antica. Il ragazzo le aveva detto che l'aveva comprata secoli fa durante l'età vittoriana e si era promesso che l'avrebbe regalata alla donna del suo cuore. Le lacrime le pizzicarono gli occhi.
Si udì un altro schianto, più forte del precedente e Sara sobbalzò. In caso di pericolo avrebbe liberato le sue ali per salvare Cam, avrebbe fatto qualunque cosa. Prese dalla giacca la stellasaetta, pronta all'uso e aspettò.
Aspettò.
Aspettò.
Non si sentì nulla per alcuni minuti, poi un urlo straziante lacerò l'aria. br>Sara non ebbe alcuna esitazione: scrollò le spalle come se si stesse sciogliendo i muscoli poi con un'energia che non provava da tempo buttò la giacca in un angolo della stanza e dal maglione bianco di lana spuntarono le ali, leggiadre e ammalianti, bianche e soffici, come nemmeno il più morbido dei piumoni. Lanciarono dei bagliori luminosi per tutta la stanza, illuminandola di una luce abbagliante e pura. L'angelo uscì a grandi passi dalla stanza e non appena ne fu fuori si librò nell'aria, lasciando una scia fulgente dietro di sé.
Per un attimo il sole impallidì davanti a tanta lucentezza. I suoi occhi scrutarono ogni angolo della strada alla ricerca di Cam, l'anima cercava la sua, ne era attratta come il ferro da una calamita con una determinazione misteriosa e invisibile a chi non conosce i misteri della natura. Per Sara la sua attrazione per Cam era sempre stata un enigma inspiegabile, impossibile da risolvere.
Lo trovò dopo alcune decine di metri. Aveva la maglietta nera chiazzata di sudore e sangue che Sara sperò con tutta sé stessa non appartenesse a lui.
Le sue speranze si avverarono. Cam stringeva per la gola un ragazzo di alcuni centimetri più basso di lui, lo strattonava con forza facendogli sbattere la testa contro il duro muro grigio violentemente. Aveva ancora le ali spiegate e Sara intuì che si trattasse di una creatura angelica. Era molto discreto riguardo alla sua natura e difficilmente avrebbe liberato le ali in presenza di un umano qualunque. Forse per ciò che gli era accaduto con Lilith, pensava Sara, ma non ne era del tutto sicura.
Si avvicinò ai due, atterrò accanto a Cam e gli posò una mano sulla spalla. Il ragazzo allentò la presa sul nemico e si voltò verso di lei, gli occhi fiammeggianti e rabbiosi.
-Ti avevo detto di restare lì dentro- le ringhiò a bassa voce, sputandole le parole con collera.
-Be', io non ti ho ascoltato- gli rispose con sicurezza Sara. La ragazza vide che la furia gli crebbe dentro con forza e per sfogarsi strinse la presa sul ragazzo.
Ora che gli era vicina, Sara notò che si trattava di un Escluso: portava un impermeabile marrone lungo fino ai piedi, gli occhi totalmente bianchi erano inquietanti persino per lei, così abituata a vederli che ormai non ci faceva più caso. La massa di capelli biondo chiaro si muovevano a causa delle scosse trasmesse da Cam.
-Uccidilo- mormorò a Sara senza smettere di fissare gli occhi terrorizzati dell'Escluso.
Quello si voltò verso di lei e i globi bianchi si dilatarono come se avesse riconosciuto il fulgore della sua anima. Sara distolse lo sguardo e lo posò sul viso infuriato di Cam, di certo una vista migliore di quella.
Senza pensarci due volte strinse tra le mani la stellasaetta e l'agitò come per bilanciare la temibile arma. Alzò la mano e avvicinò la freccia all'Escluso. Solitamente non si mostrava violenta nei confronti di nessuno, odiava uccidere, soprattutto chi era obbligato a compiere azioni ingiuriose. Era contro il maltrattamento, contro ogni genere di umiliazione e discrimazione. La sua anima risplendeva proprio perché la sua ultima intenzione in caso di pericolo era quella di spargere sangue. Ma tutto cambiava quando qualcuno minacciava la sicurezza di Cam: appena intravvedeva negli occhi di chiunque il desiderio di ucciderlo, Sara si trasformava in una furia omicida, non esitava ad armarsi di un pugnale o peggio di una stellasaetta.
Si guardò intorno: per terra erano sparse una decina di stellesaette, luminose e pericolose. Come aveva osato quel ridicolo e arrogante Escluso cercare di colpire Cam? Anche lei divenne adirata come il suo amore, forse anche di più.
Calò l'arma sull'Escluso ma prima che la punta smussata toccasse il petto del suo odiato nemico qualcosa la colpì alla testa. Urlò di dolore e si accasciò a terra, lasciando andare l'arma e facendo rientrare le ali. Il dolore la invase saettandole per tutto il corpo.
Sentì Cam urlare il suo nome con voce angosciata e spaventata. Sara avrebbe voluto consolarlo, dirgli che andava tutto bene, ma non era così. Dove si trovava? Cosa stava succedendo? Perché provava dolore?
L'ultima cosa che vide fu il viso di Cam sospeso sopra il suo, gli occhi verdi sbarrati e dietro di lui l'Escluso con la stellasaetta tra le mani, pronto a usarla per uccidere il suo angelo, un sorriso odioso e provocante.
Sara cercò di urlare per avvisare Cam di voltarsi e respingere il nemico, di non pensare a lei per un attimo, ma non le uscì un suono di bocca. La vista si oscurò del tutto e perse i sensi.

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo. L'istruzione è cosa ammirevole, ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare quel che veramente vale la pena di conoscere. Oscar Wilde ***


Capitolo Secondo

 

L'istruzione è cosa ammirevole,

ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare

quel che veramente vale la pena di conoscere.

Oscar Wilde 
 

 

Una mano calda le circondò la vita. Si voltò verso il ragazzo accanto a lei. Ian le sorrideva raggiante, mostrandole i suoi denti bianchi e perfetti. Il caldo la soffocava, c'era un'afa insostenibile che avvolgeva l'ambiente come un sudario.

Fortunatamente erano proprio sopra una cascata, più precisamente le cascate Bridal Veil nell'isola meridionale della Nuova Zelanda. Era il loro posto segreto, si recavano lì talmente spesso che ormai era diventata un'abitudine, un modo per distrarsi dalla realtà e passare dei momenti meravigliosi assieme. Sara era certa di sognare, anche se non era esattamente un sogno perché aveva già vissuto una volta tutto ciò, aveva già provato quella sensazione di calore al contatto con Ian. Era come se fosse ritornata indietro nel tempo ma era sicura di non aver aperto un Annunziatore. L'ambiente era come lo ricordava: la vegetazione pura e incontaminata li circondava, l'acqua limpida scorreva sotto i loro piedi per poi gettarsi giù dalla rupe lungo l'alveo verticale della cascata.

-Sei pronta?- le sussurrò Ian all'orecchio, senza preoccuparsi di superare il fragore delle cascate perché era certo che lei lo avrebbe sentito. La massa castana di capelli scintillava alla luce del sole, il suo petto nudo luccicava per l'infinità di goccioline d'acqua che lo solcavano. Portava un paio di pantaloncini da bagno arancioni attillati, che gli fasciavano le gambe muscolose. Sara invece indossava un ridicolo costume da bagno intero verde acqua: odiava quel costume, ma non aveva trovato altro da indossare per quell'escursione.

-Sì, e tu?- gli rispose, con un tono di voce basso come il suo. Per tutta risposta Ian scoppiò in una fragorosa risata, come se non avesse aspettato altro che quella domanda. Le afferrò una mano e si portò il dorso alle labbra, senza smetterla di fissarla negli occhi. Le strizzò un occhio e la strattonò davanti. Un secondo dopo erano sospesi in aria, come se stessero volando ma le ali non erano spiegate, stavano cadendo come semplici umani. Prima che i due entrassero in acqua, la vista della cascate scomparve e Sara venne catapultata in un luogo completamente diverso.

S

Lo avrebbe riconosciuto tra centinaia, migliaia, milioni...

Si trovava nel posto in cui da millenni desiderava tornare: il Bosco della Vita, in Paradiso. La foresta lussureggiante si stagliava contro le nuvole divine, un giardino ricco e rigoglioso, come nessun altro sulla terra. Lì le anime degli angeli venivano concepite, create, messe in vita come se fosse la cosa più semplice che si potesse fare, ma Sara sapeva quanto risultasse difficile per il Trono realizzare un'anima diversa da tutte le altre in modo che nessuna potesse somigliare ad un'altra, creando così un senso di continuità ma al contempo di dissonanza. Percepì la presenza di un'altra anima accanto alla sua, altrettanto splendente, amichevole e ospitale. La riconobbe all'istante: Arriane. Sara capì ogni cosa: si trovava in Paradiso, nel giorno della sua nascita. Con i suoi ricordi era finita lì. Che strano.

Lei e Arriane erano nate nello stesso giorno, nello stesso momento e fin dal primo momento avevano subito un'attrazione reciproca. Il loro legame di amicizia incondizionata era cominciato quel giorno, in quel posto, senza che nemmeno si conoscessero. Sara si voltò verso l'amica e le sorrise con calore. Arriane ricambiò e Sara ebbe l'impulso di piangere. L'anima non sapeva ancora quali dolori avrebbe patito in futuro, quali sofferenze fisiche e morali l'aspettavano frementi, non conosceva ancora Tess, che le avrebbe cambiato la vita. Prima che le lacrime le sgorgassero dagli occhi lo scenario cambiò di nuovo, tutto attorno a lei divenne sfocato e le turbinò attorno vorticosamente fino a svanire del tutto.

S

Maledetto caldo. Era stata catapultata di nuovo in un posto bruciante come il fuoco a contatto con la pelle. Ma c'era una differenza tra la Nuova Zelanda e l'ambiente nel quale era finita ora: si trovava in un deserto, infinito e arido. Le dolevano le spalle e apprese che il dolore proveniva dalle ali. Era un tormento sconfinato, come se gliele avessero strappate a forza. In una sola occasione si era sentita così straziata, ossia dopo aver terminato la Caduta, dopo aver attraversato dimensioni multiple e trilioni di miglia per ben nove giorni e nove notti. Possibile che dovesse rivivere quello spasimo che desiderava tanto scordare per sempre? Cadde in ginocchio e appoggiò le mani al suolo arido e rovente. Il sole batteva su quella distesa illimitata di sabbia non permettendo la nascita di qualsiasi forma di vita.

Ma la sua anima non era sola. Sentiva che c'era un altro angelo nei paraggi non molto lontano da lei. Lo riconobbe subito non appena scorse un profilo spigoloso all'orizzonte.

Cam.

Stava camminando verso di lei.

Sara ricordò. Era stato quello il posto nel quale si erano conosciuti davvero. Cioè, sapevano già dell'esistenza dell'altro in Paradiso ma forse per timidezza si erano limitati a scambiarsi qualche occhiata in tralice, a sfiorarsi quando si recavano nella Radura per qualche congresso solenne. Non si erano mai scambiati una parola. Di certo un deserto sconosciuto non è il luogo più romantico che esista per far conoscenza con la persona che amerai in eterno, ma almeno avevano avuto la possibilità di essere sé stessi per la prima volta in presenza dell'altro.

-Chi sei?- le chiese Cam. Sembrava distrutto: i suoi capelli erano sporchi e impastati, indossava una tunica ridotta a pochi stracci lacera e dall'odore nauseabondo, le labbra erano esangui e le guance sporche di sangue come il resto del viso coperto di lividi violacei. Era scalzo e barcollava come un bambino che muove i primi passi. Dopotutto Cam era come un bambino sulla Terra, non conosceva nulla a riguardo, scrutava tutto ciò che lo accerchiava con estrema curiosità, come un gattino di pochi giorni che apre gli occhi per la prima volta. Sara sorrise. Ricordava come Cam si era dimostrato ostile nei suoi confronti all'inizio. Alla fin fine era un'estranea per lui, spuntata all'improvviso in un deserto. Sara era la prima persona che Cam avesse incontrato dopo la Caduta e anche lui lo era stato per lei. Non si erano riconosciuti immediatamente dopo essersi incontrati. Era come se la Caduta avesse resettato le loro menti, avesse fatto ricominciare tutto daccapo.

La figura flessuosa del ragazzo cominciò a tremolare dapprima con delicatezza poi con più violenza. Di nuovo tutto scomparve.

S

Sara correva attraverso un sentiero in un giardino fiorito ma il vestito ingombrante le intralciava la corsa. Era vestita elegantemente: il suo abito, definito dalla moda barocca del tempo Andrienne, era di un color crema delicato e semplice, le scendeva vaporoso fino ai piedi che calzavano un paio di ballerine bianche intonate con l'abito. L'indumento scendeva fino a terra allargandosi in cerchi sempre più ampi, aderendo al busto con una profonda scollatura, dilatandosi infine in un amplissimo strascico.

I capelli, in teoria trattenuti da un'artificiosa acconciatura, erano stati liberati con furia dalla stessa Sara al termine del concertino organizzato in onore della figlia terribilmente stonata del duca di Brighton, alcune decine di chilometri di distanza da Londra. Ora la chioma fluttuava nell'aria con naturalezza.

Sara sapeva da chi stava fuggendo. Cam, all'epoca il grazioso e affascinante Sir. Cameron Briel, studioso dell'arte barocca, la stava inseguendo scherzosamente dopo aver sopportato a malapena la sua lontananza per ben tre ore. In realtà erano stati assieme nella stessa stanza per tutto il tempo ma non avevano potuto parlarsi né toccarsi o prendersi per mano come facevano sempre.

Era tardo pomeriggio e il banchetto per la smorfiosa Juliette era appena terminato dopo che lei aveva gettato in faccia a un maggiordomo una fetta di carne di maiale poco cotta per i suoi gusti. Il padre aveva interrotto il tutto con tono brusco, provocando le risatine sommesse degli ospiti invitati. Cam era scoppiato in una potente risata come se fosse la cosa più divertente che si potesse verificare, al che tutti gli ospitanti erano stati contagiati dalla sua ilarità. Il duca erano diventato rosso in viso e dopo aver afferrato Cam per il bavero gli aveva intimato di non avvicinarsi più alla sua abitazione, con quel suo orrendo accento francese. Cam con tutta la sfrontatezza possibile gli aveva risposto, esibendo il suo miglior accento inglese come umiliazione per quell'uomo odiosamente arrogante: -Questa non è la vostra casa, Sir. Aurélien. Voi siete solo un ospite.- Si era mors il labbro inferiore per cercare di smettere di ridere e comporre un discorso dignitoso. -Il conte Cavendish vi ha solo invitato. La vostra bella faccina appartiene alla France, centre du monde pour son... -

Prima che Cam avesse potuto esplodere in uno dei suoi famosi insulti, Sara lo aveva raggiunto con una falcata e gli aveva pizzicato il bicipite. Il ragazzo si era ripreso subito e si era liberato con sorprendente facilità dalla presa ferrea dell'omaccione puzzolente d'alcol.

Sara inciampò e cadde a terra sul sentiero di ciottoli, sbucciandosi i palmi delle mani. Venne subito raggiunta da Cam che la aiutò ad alzarsi porgendole una mano morbida ma forte al contempo. Lei accettò la proposta d'aiuto per poi gettarsi tra le sue braccia. Le loro labbra si trovarono e si unirono in un bacio che entrambi desiderarono non avesse mai fine. Sara provò una sensazione di vertigine allo stomaco, tutto attorno a lei sbiadì e capì che sarebbe presto diventata preda di un altro ricordo.

S

Un urlo infantile in lontananza le risuonò nelle orecchie. Sara aprì gli occhi, curiosa di sapere in quale altro luogo i suoi ricordi vividi e persistenti l'avessero portata.

Un sole estivo risplendeva su una distesa di grano rinsecchito dalla calura, il cielo chiaro e perfetto incombeva su di lei, gli alberi verdi e rigogliosi delimitavano il contorno del vasto campo nel quale si trovava. Si riscosse quando una mano piccola e paffuta le strattonò la veste da contadina. Sara abbassò lo sguardo e incrociò n paio di occhi azzurri e luminosi appartenenti a un volto grassottello e graziosi con le guance paffute e imperlate di sudore. Lo riconobbe subito: era Tavio, un bambino romano figlio di una nobile matrona trasferitasi in campagna alla morte del marito. Non riuscì subito a ricordare l'anno preciso, ma di certo era durante il dominio di Augusto sull'Impero Romano. La matrona Julia nutriva un profondo affetto per quel magnanimo imperatore ed era certa che chiamando suo figlio come lui, Augusto ne sarebbe stato fiero.

-Stanno arrivando- disse Tavio con voce stridula come se fosse spaventato. Sara ricordava che il bambino aveva avuto paura dei soldati dell'esercito che ogni tanto si allenavano nella cavalcata in campagna.

-Chi, Tavio?- Lo prese in braccio, accorgendosi di quanto fosse pesante per la sua età e accarezzandogli i capelli cercò di tranquillizzarlo. Il tentativo fu invano: il bambino fece una smorfia e si mordicchiò il labbro tremante. Sara aveva il compito assegnatole dalla stessa Julia, della quale era amica, di occuparsi di lui, quindi conosceva molto bene Tavio e sapeva che tra non molto sarebbe scoppiato in lacrime. Infatti, come se lo avesse invitato a farlo, quello cominciò a singhiozzare e affondò il viso nella sua spalla.

-I soldati... Ci uccideranno?- Parlava in un perfetto latino e a Sara sembrò di essere ritornata a scuola durante una lezione di lingue. -No, Tavio. Non ci uccideranno.-

Lo strinse forte a sé, baciandogli il collo cicciotello e arretrò fino a raggiungere l'ombra accogliente di un alto faggio. -Non ci faranno nulla. Cavalcheranno soltanto- gli intimò, stendendolo sul grano soffice. Si sedette accanto a lui e gli mise la testa in grembo.

Tavio emise un sospiro e non appena si adagiò cadde in un sonno profondo.

Sara rise. Tavio aveva la capacità di addormentarsi subito e in qualunque posto. Si mise comoda appoggiandosi al tronco dell'albero e aguzzando la vista. Sapeva che da un momento all'altro Cam e Alan sarebbero apparsi rispettivamente su uno stallone nero e un uno snello frisone bianco latte. Si rilassò pensando alle labbra di Cam sulle sue e chiuse gli occhi, godendosi il calore sulla pelle. Uno scalpitio glieli fece aprire e un sorriso le spuntò sulla bocca. Due sagome trotterellanti di maestosi e muscolosi cavalli apparsero all'orizzonte. Due giovani uomini a petto nudo e dai capelli scuri li conducevano sorridenti. I loro occhi erano visibili anche a distanza, verdi e blu, terra e cielo. Si avvicinavano rapidamente al punto in cui Sara si trovava e il ragazzo con gli occhi blu sventolò allegramente la mano in segno di saluto. Una fitta di delusione la pervase. Perché Cam non la salutava, anzi evitava di incrociare il suo sguardo? Sara ricambiò il saluto, sfoderando un sorriso forzato. Cam non sorrideva più e quando si trovarono a pochi metri dal faggio discese da cavallo e si inginocchiò accanto a lei. Il suo sguardo di smeraldo esprimeva preoccupazione, angoscia, paura e... amore. Sara si accorse con un sussulto che il suo petto scolpito era chiazzato di sangue che gli colava lentamente sul torace e gli sporcava il leggero gonnellino portato dai soldati che indossava.

-Cosa è successo?- La voce di Sara tradiva lo sconforto e il disgusto, ma cercò di mantenere moderato il tono per non svegliare il bambino dormiente. Cam inclinò la testa verso di lei e le scoccò un dolcissimo bacio sulla guancia. Alan scese subito dopo da cavallo, lasciando che i due animali meravigliosi pascolassero e si mise alle spalle dell'amico, senza smettere di sorridere. Anche lui era lurido di sangue raggrumato, come se fossero usciti a malapena vivi da un'aspra lotta.

-Il solito. Ian e i suoi.- Sara si voltò allarmata verso Cam che aveva strappato uno stelo di grano e se lo rigirava tra le mani. Il tatuaggio del sole nero sul collo risplendeva alla luce del sole. Senza guardarla rise di disapprovazione. -Avresti dovuto vederli: erano patetici e li abbiamo stesi nonostante fossimo stati in allarmante inferiorità numerica.-

Tavio si agitò tra le braccia di Sara. Alan sogghignò: -Si sta bene laggiù, vero, Tavio?-

Cam gli scoccò un'occhiata truce e Sara vide un muscolo della mascella guizzare di rabbia. Alan emise un grugnito per nascondere una risata.

Ian.

Dunque, le dava ancora la caccia utilizzando l'esercito che si era creato, un esercito di creature angeliche, i Soldati del Cielo. Cam le passò il dorso della mano sulla guancia. -Stai bene, tesoro?- Uno sfarfallio le scombussolò lo stomaco: perché non appena Cam la toccava, nonostante fosse sporco di sangue e quant'altro, si sentiva improvvisamente innamorata? Non fece in tempo a rispondere alla sua domanda che tutto cominciò a sbiadire, a tremolare con veemenza. Cam le mise le mani sulle braccia con delicatezza, Sara lo guardò parlare ma non sentì che cosa stava dicendo. L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi verdi, contrastanti sulla pelle vitrea. Venne scandagliata in un altro ricordo.

S

-Tutto questo è semplicemente ridicolo!-

Urla stridule e femminili risuonavano attutite a causa della porta intarsiata e sfarzosamente decorata alla moda orientale alla quale Sara era appoggiata. Si trovava in un corridoio illuminato da torce appese ai muri, l'aria era satura di profumo d'incenso e le pareti erano dipinte di un verde acceso che conferiva al tutto un'idea di antichità. Una sagoma di drago con la lingua biforcuta sporgente era appeso al soffitto e incombeva su di lei in modo inquietante. La sua coda era attorcigliata, ornata di stoffe sgargianti e pietre dall'aria preziosa, gli occhi dell'animale erano rosso fuoco.

Corea.

Ma certo, come avrebbe potuto dimenticare la sagoma che aveva tanto amato a quell'epoca?

-Non è possibile! Avrebbe la possibilità di sposarsi con il nobile più ambito della città e rifiuta la proposta per rotolarsi nel fieno con un garzone, nemmeno nato nella nostra nazione!- continuò la donna.

Oh, bene. Era finita in quell'epoca e in quel giorno, il giorno in cui l'affascinante Su Hyun aveva chiesto la mano davanti alla sua famiglia e lei lo aveva rifiutato in malo modo.

Sospirò. Quella non era nemmeno la sua vera famiglia, la sua vera casa, era solo una situazione temporanea per godersi le meraviglie della terra che aveva sempre adorato. Si era presentata come un sguattera in cerca di aiuto e di lavoro e la famiglia Choi l'aveva accolta. Sara era stata sempre ammirata, apprezzata, anche più delle figlie dei due nobili, Ji Yeon e Min A. Min A si era mostrata sempre amabile nei suoi confronti ed erano diventate molto più che amiche, delle vere sorelle. Ji Yeon era l'esatto opposto. La odiava, la giudicava sempre, come se lei fosse l'immagine dell'imperfezione. Ma Sara conosceva la causa di quell'avversione: Ji Yeon sapeva della sua relazione con il garzone di stalla, Cameron. Sapeva dove andava ogni notte uscendo furtivamente dall'abitazione, dove e soprattutto con chi trascorreva intere giornate. Ji Yeon, però, non poteva averlo come avrebbe desiderato: era stata promessa sposa prima della sua nascita a suo cugino, l'aggressivo Minho.

Sara non voleva più sentire le urla di Ji Yeon così, con un'alzata di spalle, si incamminò verso la stalla di cui conosceva ancora la posizione nonostante fosse passato un sacco di tempo dal 23 a.C. E quel castello fosse un'immensità.

Come un'automa attraversò immense stanze, corridoi, giardini e graziosi ponti lignei che attraversavano fiumiciattoli artificiali abitati da pesci di ogni colore e dimensione, con odorose orchidee galleggianti.

Cam. Pensava a lui soltanto mentre camminava con passo svelto e impaziente. Lo voleva raggiungere al più presto, farsi avvolgere dal suo dolce, forte e adorabile abbraccio, sentire la pelle premere sulla sua.

Sospirò di nuovo e a malapena si accorse di essersi fermata davanti a una stalla di legno d'ebano circondata da peschi odorosi da cui cadevano le foglie chiare e leggere, per posarsi sulla terra fiorita e calda. La porta della stalla si aprì con un cigolio e ne uscì fuori un ragazzo bellissimo dai capelli neri e gli occhi luminescenti.

Sara non riuscì a fare a meno di sorridere. Gli corse incontro e Cam spalancò le braccia ridendo. Non le importava che lui fosse un demone, non le importava del suo tatuaggio con cui Satana lo aveva marchiato, del fatto che non potessero stare assieme come avrebbero voluto, di Ian che le dava la caccia. L'unica cosa che entrambi desideravano era stare assieme e avrebbero lottato fino allo stremo per ottenerla.

-Sei splendida, amore mio.- Sara si allontanò un poco e lo baciò sule labbra, sentendo la passione che si accendeva nei loro corpi. Un rumore di passi risuonò dietro di loro. Si allontanò bruscamente da Cam, senza però districare le sue dita intrecciate a quelle di lui: chi si stava avvicinando sicuramente li aveva già scoperti.

-Cameron.- Sara si voltò e vide una giovane donna coreana vestita di panni laceri e fin troppo grandi per il suo corpo minuto e basso. Era Eun Ae, una graziosa contadina che lavorava nei campi di proprietà della famiglia Choi. Sara aveva capito dal modo con cui guardava Cam che era innamorata di lui. Avrebbero potuto formare una coppia, almeno temporanea: dopotutto appartenevano allo stesso stato sociale e Cam amava le ragazze semplici e timide. Era convinto che dietro quella corazza si celasse un fuoco ardente. L'angelo però pensava che se l'avesse amata lei sarebbe stata distrutta dal dolore quando lui l'avesse lasciata per tornare alla sua esistenza demoniaca.

Sara allontanò le mani da quelle di Cam per non spezzare ulteriormente il cuore a Eun Ae.

-Potresti aiutarmi a portare il fieno?- chiese Eun Ae timidamente indicando una balla a una decina di metri da loro. Cam annuì e le sorrise. Sara si sentì sciogliere e osservando Eun Ae, era sicura che anche lei provasse la sensazione di ghiaccio su una fiamma. Lui rivolse a Sara un'occhiata rapida ma significativa, che voleva dire: Aspettami lì. Torno subito.

Fu in quel momento che Sara notò per la prima volta i suoi abiti. Indossava un paio di pantaloni di seta leggera bianca pieni di toppe e una camicia lurida dello stesso colore. Al contrario lei, come se Cam fosse stato l'immagine della povertà e lei quella della ricchezza, portava un hanbok, il tradizionale abito coreano. Il chogon, la giacca che si indossava sopra l'abito vero e proprio, era viola scuro, mentre l'ampia gonna detta ch'ima, di un rosa pesco, le scendeva fino ai piedi, drappeggiata e sensazionale. I capelli di Sara erano raccolti in un'ampia crocchia, tenuti fermi da un gruppo di tre spilloni ttŏljam, uno dei principali accessori indossati un tempo dalle donne di classi elevate. Uno di loro svettava al centro della testa mentre gli altri due erano stati applicati con cura e un pizzico di pazienza ai lati della testa ed erano decorati con farfalle ornate di perline.

Era stata talmente occupata a fissare il viso di Cam da non rendersi conto di quanto risultassero diversi, una strana coppia per coloro che li osservavano stringersi. Eun Ae e Cam si allontanarono, con le spalle che si sfioravano e un braccio di lui attorno alla vita di lei. Sara sospirò e sussultò subito dopo quando una mano strinse la sua.

Si voltò e si ritrovò davanti ad un viso maschile con gli occhi a mandorla e le labbra carnose. Era Su Hyun, l'uomo a cui era stata promessa in matrimonio.

-Salve, cosa ci fate qui?- La voce di Su Hyun era profonda e incredibilmente affascinante. Il suo carisma era aumentato anche dal fatto che lui fosse il guerriero più giovane e valoroso dell'esercito di Seul. Sara capiva come mai così tante donne lo desiderassero ardentemente. -Potrei rivolgervi la stessa domanda- gli rispose, -dato che questa non è neppure casa vostra.- Sentì la freddezza nella sua voce e se ne pentì vedendo lo sguardo offeso del ragazzo innamorato di lei. Anche lui indossava un hanbok: la versione maschile era un'unica tunica lunga fino ai piedi e quello portato da Su Hyun era giallo, con un colletto bianco e un norigae appeso alla scollatura. Sara ricordava che quello era un suo dono. I norigae erano simboli di desiderio di ricchezza, onore, longevità e prosperità in famiglia. Il suo era blu, le frange si muovevano nella brezza delicata, il loro colore si accordava perfettamente con quello dell'abito. -Io... vi ho vista uscire e vi ho seguita.-

-E perché mai? Desiderate forse parlarmi?-

Su Hyun allungò la mano come se le volesse accarezzare una guancia, poi la abbassò e disse: -Ho sentito della vostra decisione. Dunque avete rifiutato la mia proposta.-

Gli occhi di Su Hyun si inumidirono e Sara si sentì stringere il cuore: lui l'amava sinceramente e, proprio come Eun Ae con Cam, non poteva averla perché il loro amore non sarebbe potuto durare molto a lungo. Così Sara decise di mostrargli almeno un minimo di umanità.

-Mi dispiace molto, Su Hyun. Ma ho una motivazione molto valida. Vi svelo un segreto che mai ho rivelato a nessuno.- Su Hyun si incuriosì e le prese le mani tra le sue, stringendole con dolcezza. -Ditemi, vi prego.- Sara chiuse gli occhi, pronta all'ennesima recitazione della sua lunga esistenza. -Quando ero più giovane mi recai da una profetessa per conoscere il mio futuro e... -

Si bloccò. Non voleva mentire a Su Hyun: lui era sempre sincero con lei, non le avrebbe mai mentito. Eppure doveva farlo o lui sarebbe stato dilaniato dalla consapevolezza di ciò che lei era veramente. Su Hyun annuì per incoraggiarla a parlare.

Fallo per Cam. Questo è un passo avanti per ciò che desiderate per il vostro futuro.

-Questa profetessa mi disse che l'uomo che avrei sposato e avrei amato incondizionatamente sarebbe morto durante la prima notte di luna piena dopo il matrimonio.-

Su Hyun sbiancò. Evidentemente era stato colpito dal tono serio e realistico che Sara sapeva sfoggiare per convincere qualcuno sulla veridicità di una cosa. Ma non si arrese, la forza dell'amore era così forte che riuscì a sconfiggere persino la paura della morte.

-Non mi importa. Io vi amo con tutto me stesso e rischierò la morte se è questo che il destino vuole.- Sara scoppiò in lacrime. Era ciò che desiderava sentire da Cam, una dichiarazione d'amore pura e semplice come quella, ma il suo cuore indurito da Lucifero e dalle sofferenze subite in passato glielo impediva. Fu colta dalle vertigini e tutto intorno a lei si annebbiò. Era proprio quello di cui aveva bisogno, sfuggire dal dolore che quel momento le aveva provocato. Il viso di Su Hyun si piegò in una smorfia di terrore e i suoi occhi meravigliosi furono l'ultima cosa che Sara vide.

S

Era sdraiata supina su un prato fiorito. Guardava il cielo azzurro incombere sopra di lei. Nemmeno una nuvola all'orizzonte, solo qualche uccello solitario ogni tanto si faceva strada attraverso l'aria sparendo subito dopo dalla sua vista. La veduta di quell'atmosfera splendente venne sostituita dal viso di Cam, spuntato dal nulla. I suoi occhi erano fulgidi come non mai, i capelli venivano illuminati dal sole basso nel cielo e le labbra la attiravano con crescente magnetismo.

Le sorrise per poi cominciare a parlare con velocità impressionante: -Vorrei sposarti un giorno, è il sogno più grande che ho e sono pronto ad affrontare qualunque cosa pur di metterlo in atto.-

Sara non resistette più e inclinando la testa lo baciò con passione. Lui ricambiò con altrettanto trasporto, le passò la mano tra i serici capelli lunghi, mentre con l'altra le accarezzava la coscia. Sara sapeva che a separare la mano di Cam dalla sua pelle nuda c'era solo un'irritante gonna di seta sottile. La ragazza grugnì e Cam fece lo stesso, ma non smisero di baciarsi, nemmeno per un secondo. Il desiderio crebbe in lei con prepotenza, il fuoco provocato dalla sua vicinanza la attraversò per intero, dalle doppie punte dei suoi capelli all'alluce a contatto con quello di Cam.

Cam. Cam. Cam.

In quel momento non sapeva pronunciare altro che il suo nome, semplice ed incredibilmente strabiliante. L'avrebbe potuto pronunciare in eterno, le riempiva l'anima, la faceva sentire bene, come una droga della quale più ne fai uso più ne vuoi.

La mano di Sara corse alle sue spalle fasciate da una leggera camicia bianca. Accarezzò le scapole, le cicatrici sottili dalle quali spuntavano le sue ali divine, paradisiache. La ragazza spostò la mano sul petto di Cam, gli slacciò uno dei grossi bottoni della camicia e infilò le dita sotto il tessuto, toccandogli il torace muscoloso. Il tutto senza che le loro labbra si separassero. Lo sentì rabbrividire, tremare di un fremito di immenso piacere.

Entrambi gemettero ma la loro pace venne interrotta quando Cam si staccò da lei. I suoi occhi si staccarono dal viso di Sara per scrutare la foresta circostante. Aveva percepito la presenza di qualcun altro, la ragazza ne era certa. Sbuffò, irritata. Possibile che ogni volta che cercavano di godersi dei bei momenti assieme venivano interrotti?

-C'è qualcuno qui.- Il suo tono di voce era contrariato.

Si volse verso di lei: -Chi stai aspettando?-

-Nessuno. Perché credi che abbia invitato qualcuno?-

Sara si sentì offesa. Cam pensava che lei avesse chiamato qualcuno quando aveva organizzato un loro incontro per starsene soli?

Il ragazzo si scostò da lei borbottando qualcosa sugli intrusi al momento sbagliato. Si tirò in piedi allacciandosi la camicia e scrutando il bosco che delimitava la radura con attenzione. Sara fece lo stesso, improvvisamente infuriata. Cam fece un giro su sé stesso e fermò gli occhi su un punto tra gli alberi, lontani da loro decine di metri. Sara osservò cercando di scorgere un movimento, ma non riusciva a captare proprio nulla in tutta quella vegetazione.

Sentì il ragazzo irrigidirsi al suo fianco. Cam strinse i pugni, serrò le mascelle, fletté le ginocchia in posizione di attacco.

-Che succede, Cam?- La voce di Sara era piena di angoscia: odiava dover temere il futuro quando non sapeva ciò di cui doveva aver paura. -Ian.- le rispose Cam con un ghigno.

Ian?

Lei capì subito: li aveva trovati, di nuovo. Sara e l'angelo si erano separati decenni prima di quel momento nel lontano 1874. La ragazza era scappata da lui sperando che non la trovasse più. Era diventato troppo protettivo nei suoi confronti, assumeva un atteggiamento di violenza nei confronti di chiunque le parlasse, la toccasse, la invitasse a bersi un caffè, alzando addirittura le mani su di lei per mantenere la sua autorità maschilista. Sara non aveva mai sopportato quel suo comportamento, non era libera neanche di passeggiare in un parco soleggiato che subito lui la rintracciava e la rimproverava per essersi allontanata. Lei aveva volato per giorni fino a rifugiarsi in un'isola al largo della Georgia, l'isola di Tybee dove aveva incontrato Cam. Lui le disse che la stava aspettando, come se sapesse del suo litigio con Ian, del posto in cui sarebbe atterrata. In quei giorni trascorsi con lui si era pentita di non essere restata con Cam, nonostante fosse un demone, motivo per cui le schiere del Paradiso davano loro la caccia.

Una sagoma spuntò dalle ombre dei faggi. Sara riconobbe l'andatura come fosse la sua, riconobbe il profilo spigoloso, l'aurea brillante dei capelli illuminati dal sole e qualcos'altro. Ian aveva in mano una stellasaetta.

Uno strillo acuto fuoriuscì dalla bocca di Sara. Quindi era quello ciò a cui Ian voleva arrivare dopo le sue infinite insistenze, voleva ottenere la morte di Cam. Per puro istinto la sua mano afferrò quella di Cam al suo fianco, il quale si rilassò un po'. Un sorriso malizioso apparve sulle labbra del demone, un sorriso che Sara conosceva benissimo perché lo sfoderava ogni volta che si presentava un pericolo, come se Cam non conoscesse paura ma solo una voglia matta di prendere in giro la morte.

Ian ormai li aveva raggiunti. Anche lui sorrideva, fissando insistentemente Sara come a dirle: Vedi? Ti ho trovata. Te l'avevo promesso. Ed era vero. Ian le aveva promesso, giurato che l'avrebbe ritrovata e portata via con sé.

Cam, piegato leggermente come un felino pronto a scattare per agguantare una preda per il collo, disse, con fare canzonatorio: -Ehilà, Ian. Qual buon vento ti porta da queste parti?-

L'altro inclinò la testa di lato e fissò il nemico negli occhi. Sara era sempre stata impaurita da quella sua espressione terribilmente minacciosa.

-Salve a te, Cameron. Sono venuto per riprendermi la mia proprietà, come di mio diritto- e indicò con un gesto pigro della mano Sara, in quel momento impaurita per la sorte di Cam. La stellasaetta nella mano di Ian luccicò, mandando bagliori inquietanti.

-Ebbene- replicò Cam con sicurezza, come se si fosse già preparato quelle battute, -prima dovrai passare sulle ceneri del mio cadavere.-

Ian si sfregò le mani, con un sorriso smagliante sulle labbra: -Non vedo l'ora.-

-Non pensare che sia un gioco da ragazzi.- Va bene, Cam sapeva essere parecchio intimidatorio. Sara stava per prenderlo per le spalle e scuoterlo, urlandogli: Ma sei pazzo? Non vedi che ha una stellasaetta tra le mani? Ma lui la precedette, come al solito.

-Ci batteremo ad armi pari, il che significa niente stellesaette.-

Ian fece un smorfia di disgusto. -Non possiamo batterci senza. Nessuno morirebbe.-

-Non è degno uccidersi davanti alla donna per cui si combatte.-

Sara si sentì esplodere di felicità. Anche questa volta Cam l'avrebbe scampata. Guardò Ian con un'espressione di sfida. Lui rispose al suo sguardo e annuì. Aprì il palmo della mano e la freccia gli cadde dalle mani, finendo per terra con un tonfo.

Sara si precipitò per prenderla. -Questa la prendo io, in caso che qualcuno di voi si azzardi a cambiare idea- disse. Non poteva evitare che i due si scontrassero, era come mettere a bada un cane e un gatto infuriati. Se Cam avesse evitato lo scontro, non avrebbe dormito più per chissà quanto tempo per essersi dimostrato codardo.

I due angeli, che in quel momento rappresentavano le schiere dell'Inferno e del Paradiso, si allontanarono tra loro, ponendosi uno di fronte all'altro. Sara si tirò in disparte, sicura che Cam avrebbe avuto la meglio. Lui e Ian si mossero in cerchio con lentezza e agilità, senza smettersi di guardare. Continuarono a girare per un tempo che parve interminabile, avvicinandosi sempre di più, poi Cam si scagliò contro Ian, colpendolo alle costole con un calcio laterale. Ian indietreggiò, stringendosi il petto con un braccio. Barcollò per un attimo ma si raddrizzò subito dopo. Scattò in avanti e tirò un pugno sul naso di Cam.

Sara gemette impaurita, con la tentazione di separare i due contendenti, ma resistette. Cam si portò la mano al naso e la ritirò sporca di sangue. Guardò Ian minacciosamente, come se lo invitasse a fare di più. Poi con un unico movimento fulmineo afferrò Ian per la testa e lo atterrò. Entrambi lottarono, l'uno per cercare di far restare fermo il nemico e l'altro per liberarsi dalla morsa di ferro. Rotolarono avvinghiati sull'erba, dibattendosi con energia. Cam prese Ian per i capelli e gli sbatté la testa sul prato, più e più volte. Sembrava che il demone stesse per prendere il sopravvento sull'altro quando Sara vide una lama luccicare e colpire il petto di Cam con violenza. La ragazza urlò e cominciò a correre verso di loro, i quali ormai avevano raggiunto il margine della radura. Vide Cam stramazzare a terra con un rantolo, il sangue scuro gli inzuppava la camicia espandendosi in una macchia sempre più grande. Il ragazzo roteò gli occhi, mollò la presa su Ian, il quale si gettò sopra di lui, pronto per accoltellarlo di nuovo con il pugnale.

Sara, però, fu più veloce: lo spinse da parte con forza e si inginocchiò accanto a Cam, accarezzandogli la testa.

-Codardo!- urlò a Ian con rabbia, -Non hai coraggio di affrontare il tuo nemico con onore!-

Cam gemeva accanto a lei, le mani di Sara tremavano per lo spavento che si era presa alla vista del sangue. Le venne voglia di colpire Ian e si scaraventò su di lui. Ian lasciò cadere il pugnale per la sorpresa, la cui lama era intrisa di un liquido viscido e grumoso, e cadde a terra sotto il peso di Sara. Lei gli afferrò il collo con forza. Voleva ucciderlo, strangolarlo per la sofferenza che aveva provocato a Cam. Ian sorrise maliziosamente, come se volesse deriderla per il vano tentativo di fargli del male. Ma Sara era forte, accesa da un'energia rabbiosa, furente...

Il buio l'avvolse con sua sorpresa. Non vide, non sentì più nulla, solo una voce amata e lontana.

Angolo autrice: dopo la mia lunga assenza, sono riuscita finalmente a pubblicare il secondo capitolo della storia. Ringrazio molto Vany, Barbara ed Anto per aver letto e commentato la storia per ora e spero tanto che voi riusciate a continuare la lettura del mio testo. 
Questo capitolo, come di certo avrete notato, è più lungo dei precedenti, ma per me è molto importante perché permette di comprendere il legame che esiste tra Sara e Cam, un legame forte e molto antico.
Nel prossimo capitolo, appariranno personaggi conosciuti dalla lettura della saga originale di Fallen e non.
Un bacione a tutti e grazie ancora! 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo: La grande questione nella vita è il dolore che causiamo agli altri, e la metafisica più ingegnosa non giustifica l'uomo che ha lacerato il cuore che l'amava. Frederic Beigbeder ***


Capitolo Terzo


La grande questione nella vita è il dolore che causiamo agli altri,

e la metafisica più ingegnosa non giustifica l'uomo

che ha lacerato il cuore che l'amava.

Frederic Beigbeder

 

Si svegliò in una stanza familiare. Il soffitto era alto e bianco, le pareti circostanti di un flebile verde acqua, la porta chiusa della camera era decorata da un poster degli Smiths, un cassettone addossato a un muro era aperto disordinatamente, c'era una sedia sepolta da vestiti neri e semplici accanto al letto morbido e comodo su cui Sara era sdraiata. Riconobbe la stanza prima ancora di registrare qualsiasi altro particolare. Si trovava nella stanza di Cam. A casa, finalmente.

Dalla finestra aperta entrava la luce accecante del sole, un venticello leggero e accogliente. Si sentì stringere la mano e si voltò. Accanto a lei c'era Cam, che le sorrideva in modo teso. Lei si sentì subito meglio, perché non c'era cosa che la facesse sentire meglio se non la vicinanza del suo angelo. Sara ricambiò la stretta di mano e si tirò su a sedere. Prese il viso del ragazzo tra le mani e premette le labbra contro le sue con delicatezza. Cam rispose al bacio dapprima con tenerezza poi con maggior convinzione, assaporandosi ogni centimetro delle sue labbra. Fece scendere la sua mano sulla vita di Sara, accarezzandogliela con amore. La strinse a sé e lei sentì il suo corpo infiammarsi di desiderio.

Qualcuno si schiarì la voce. Sara sobbalzò allontanandosi dall'amato come se l'avesse toccata con un pezzo di legno bruciante. Sentì Cam ridere sommessamente e una voce ruppe il silenzio. -Non c'è bisogno di riscaldarvi ogni volta che vi vedete.- Roland, il miglior amico di Cam. Sara si volse verso di lui, sentendosi le guance in fiamme.

Che figura.

I due ragazzi proruppero in una risata profonda, provocando un imbarazzo totale in Sara. Lei si voltò spazientita verso Cam. -Sei tu che mi hai stuzzicata.-

-Ma tu hai cominciato. Io ho semplicemente seguito il mio istinto.-

Avrebbero potuto continuare così per ore e Roland, conoscendoli, li interruppe sul nascere. -Okay, ho capito. E' colpa di entrambi, ma può capitare.-

Cam smise di ridere e assunse quel suo atteggiamento da sfacciato. -Vero, Ro?-

Ora toccò a Roland arrossire. Chinò la testa sul capo con sguardo vacuo, come se fosse in preda a terribili ricordi.

Ricordi.

Ma cosa era successo a Sara? Sapeva come era finito l'episodio della lotta tra Ian e Cam, con Ian sparito attraverso un Annunziatore aperto chissà come all'improvviso e un Cam sanguinante messo in salvo da Sara. Sara scosse la testa, cercando di non pensare più a quel terribile evento.

Sentì l'allegra risata di Cam risuonarle nelle orecchie e subito si sentì meglio. -Ti stai forse ricordando di quando tu ed Abbie vi siete rotolati sul mio divano, in casa mia?-

Anche Sara cominciò a sogghignare, coprendosi con una mano la bocca per non suscitare troppa vergogna nel povero Roland, in piedi appoggiato al muro con le braccia incrociate e uno sguardo d'odio puro indirizzato a Cam. Sara tirò una gomitata al ragazzo il quale abbandonò ogni traccia di ilarità e le sorrise dolcemente. Dopotutto, non voleva così male a Ro.

Qualcuno bussò piano alla porta. -Avanti- tuonò Cam.

La porta si aprì con insicurezza e da dietro spuntò una ragazza graziosa, con le guance lievemente arrossate e una massa di capelli neri corti raccolti in una piccola coda di cavallo.

Lucinda, pensò Sara. Riconosceva il bagliore della sua anima, nonostante in alcune vite passate lei avesse avuto un aspetto molto diverso da quello che possedeva in quel momento, quello di un'adolescente timida ma determinata, pronta ad affrontare qualsiasi cosa pur di amare Daniel in eterno.

-Ehm, posso entrare?- chiese debolmente.

Indossava una maglietta grigia troppo larga per lei, evidentemente appartenente a Daniel o a Cam, e un paio di jeans bisognosi di un bel lavaggio.

-Sei già dentro, inutile chiederlo.-

Cam, il solito scocciatore. Luce arrossì con violenza, entrando ugualmente nella stanza.

-Cam- sussurrò Sara, abbastanza piano perché solo lui potesse sentirla.

-Che c'è?- mimò lui con le labbra, con un'espressione snervante da vittima sacrificale. Sara alzò gli occhi al cielo poi si alzò per raggiungere Luce in mezzo alla stanza.

-Ciao- le disse il più gentilmente possibile. -Io sono Sara, piacere di conoscerti.-

Sfoderò un sorriso abbagliante, che Luce ricambiò. -Il piacere è anche mio. Sei un... angelo?- Evidentemente era ancora difficile per lei parlare in termini angelici. Sara le lanciò un'occhiata comprensiva. -Sì, proprio così.- Ci fu un momento di silenzio imbarazzante, durante il quale Sara si scervellò per trovare qualcosa da dire a Luce giusto per farla sentire a proprio agio. Ma, d'altronde, che cosa si poteva dire a una ragazza destinata a morire allo scadere dei diciassette anni per amore? Nelle altre vite non avevano avuto molti contatti, quindi non la conosceva molto bene, ma c'è sempre una prima volta per fare nuove amicizie, no?

Fu Cam a salvarla: la raggiunse silenziosamente da dietro e le posò le mani sulle spalle.

-Vi conoscerete meglio in un altro momento, ora dobbiamo parlare di una faccenda... importante.- Sara si girò verso di lui, allarmata In rare occasioni la voce di Cam era così preoccupata, demoralizzata. Lui le passò una mano tra i capelli. Non c'era traccia di spensieratezza sul suo volto mozzafiato. -E' successo qualcosa?-

-Sì, ho paura di sì.-

Okay, era giunto il momento di preoccuparsi davvero. Sara si irrigidì sotto la sua presa e a denti stretti disse: -Cosa? Cam, dimmelo. Non farmi stare in ansia.- Una mano titubante strinse la sua. Era Luce, che la guardava con un'espressione di compatimento. Sara si voltò verso Roland, ma anche il suo viso scuro non prometteva nulla di buono. -E' possibile che sia l'unica a non sapere niente?- si rabbuiò. Cam la spinse di nuovo verso il letto e Sara fu costretta a lasciare la mano di Luce. Si sedette accanto a lei, stringendole forte le mani. Chiuse gli occhi, come se la vista di lei gli facesse male, e cominciò. -Ciò che è successo ieri non deve più ripetersi. Hai rischiato la vita...-

Sara lo interruppe. -Abbiamo rischiato la vita.- Cam, imperterrito, continuò, come se lei non avesse parlato: -Ebbene, non voglio più che accada una cosa del genere. Mai, mai più. Quindi, io, Daniel, Ro e Alan partiremo questa sera stessa per un giro di perlustrazione.-

Il cuore di Sara si fermò per un attimo. Giro di perlustrazione? Quella sera stessa? Fece un respiro profondo. Per Cam “giro di perlustrazione” aveva sempre significato “stellesaette, sangue, morti, ferite, rischiare la vita, ridere davanti alla paura, odiare il nemico, eccetera”.

-E con questo cosa mi dai a intendere?- Finalmente Cam aprì gli occhi, improvvisamente esaltati, forse a ricordo di un'escursione organizzata in passato con Alan, suo fratello e migliore amico.

-Ti do a intendere che darò la caccia una volta per tutte a Ian e compagnia bella.- Un sorriso storto gli distese le labbra. Voleva uccidere Ian, per questo aveva chiamato a sé gli altri in modo che gli coprissero le spalle, ma alla fine avrebbe agito da solo, come sempre. Era in quei momenti che Sara si rendeva conto quanto Cam fosse diverso dagli angeli che stavano con il Trono. La vendetta era il suo vero amore, la sete di sangue era ciò che gli scorreva nelle vene, sempre pronto a battersi e far valere il suo onore. -Cam, non puoi.- replicò Sara con voce tremolante. -Io... è pericoloso! Hai visto quanti uomini ha al suo servizio? Voi sarete a malapena in quattro!- La sua voce era ormai salita di un'ottava.

-Sara, fidati di me. Non ci accadrà nulla. Io e i miei chiameremo anche gli Schierati. Vedrai, sarà un gioco da ragazzi.- Le strizzò un occhio, ma questo non servì affatto a tranquillizzare Sara.

-Io e i miei chiameremo anche gli Schierati!- tuonò, cercando di imitare la voce profonda di Cam e scattando in piedi per la tensione. -Ma come ti salta in mente organizzare tutto senza chiedere il mio permesso?- Cam rise di disapprovazione: -Il tuo permesso?-

-Ian vuole me, nessuno di voi. Dunque, devo essere io quella a decidere riguardo a ciò che si attua in mia difesa!- strillò Sara, istericamente.

-Tu? Se fosse per te saremmo qui a girarci i pollici! Non pensi mai a te stessa! Se non ci fossi io... non voglio neppure pensarci.- Anche Cam si era alzato in piedi, stagliandosi di fronte a lei in tutta la sua imponenza. Il suo tono di voce era così minaccioso che lei rabbrividì e indietreggiò. Inciampò in un ammasso di magliette buttate disordinatamente per terra per finire tra le braccia di qualcuno. Alzò il volto e si trovò a faccia a faccia con Alan. I suoi occhi blu scintillarono quando incontrarono i suoi, i capelli neri sembravano brillare come in un sogno. Le labbra di Alan erano a pochi centimetri dalle sue e Sara sentì uno strano formicolio alla pancia. Il suo istinto era quello di baciare il viso di Alan sospeso sopra il suo ma il volto di Cam le sfrecciò nella mente, come un'allucinazione. Accadeva sempre così quando incontrava altri ragazzi che la attiravano con magnetismo. Si raddrizzò goffamente, borbottando un “grazie” detto controvoglia. Cam li guardava infuriato. Le sue pupille si erano dilatate enormemente e una vena del collo gli pulsava visibilmente. Sara pensò che si sarebbe scagliato contro Alan e i due sarebbero scoppiati in una rissa, ma ne aveva abbastanza di ragazzi che lottavano per lei, così disse, rivolta a Luce rimasta in disparte osservando la scena imbarazzante: -Luce, questo è Alan, fratello di Roland e Cam.-

-Non dimenticare che lo sono anche per te, cioccolatino.- Le rivolse un sorriso ammiccante che non sfuggì a Cam. -Alan, giuro che se non la pianti ti sbatto fuori da casa mia a calci nel culo.- Lo disse con tutta tranquillità, stranamente. Alan lo ignorò e porse una mano a Luce per presentarsi. Lui conosceva i punti deboli di Cam come conosceva i suoi, per questo non faceva altro che stuzzicarlo corteggiando Sara a quel modo. Alan per lei era sempre stato un amico, non di più, ma Cam non voleva proprio capirlo. Lui si allontanò per raggiungere la finestra e appoggiare la testa sul vetro. Sara si impietosì. Dopotutto Cam era per lei la persona più importante, quindi gli si avvicinò e gli posò una mano sulla schiena. Accostò il viso a quello di Cam e gli strofinò il naso sul collo. -Tesoro, sai che Alan ama scherzare.- Lui non reagì. Sara passò al piano successivo. Gli tracciò una striscia di baci sulla pelle marmorea, sulla mascella, sulla guancia. Cam si rilassò e staccò la fronte dal vetro. La guardò dritta negli occhi e le disse: -Perché non ci provi con Alan quando io non ci sono? Mi devi per forza far infuriare a quel modo?-

La situazione era peggiore di quanto Sara avesse pensato. -Io non ho nessuna intenzione di provarci con Alan. Io amo te, Cam, nessun altro.-

-Ma non lo dimostri.-

Sara andò su tutte le furie. Le aveva proprio fatto perdere la pazienza.

-Come puoi dire una cosa del genere a me? Io che ti sono sempre stata vicina nonostante tu sappia essere la persona più snervante che ci sia a questo mondo. Io che mi sono sacrificata per te in svariate occasioni e in ogni singola volta non me ne sono mai pentita. Io che ti amo, che ti adoro per ogni cosa che fai. Io che non riuscirei a staccarmi da te per più di mezza giornata. Io che morirei per te, che mi ucciderei lentamente piuttosto che vederti cadere davanti ai miei occhi. Tu, Cameron Briel, osi dirmi che non ti amo?-

Si fermò perché non aveva più fiato in gola ma avrebbe potuto continuare ancora per molto. Sara si accorse solo in quel momento che Roland, Alan e Luce li stavano fissando con occhi sbarrati. Ma non le importava. Cam l'aveva fatta arrabbiare, molto più di quanto lei avesse fatto arrabbiare lui e meritava ciò che un ragazzo sicuro di sé, vanitoso ed egocentrico merita: una sana, legittima sfuriata. Anche Cam sembrò accorgersene solo ora perché si guardo intorno con aria sorpresa. -Non ho detto questo.-

-E allora cosa? Ti prego, illuminami perché sono troppo stupida per capirlo.-

Anche Cam sembrava infuriato ma si limitò a guardarla senza dire niente. Costruiva quel suo stupido muro di silenzio quando lei non riusciva a capire qualcosa di fondamentale e voleva che riflettesse per arrivarci. Solitamente amava quel suo lato di lui perché le permetteva di controllarsi da sola e conoscere sé stessa, ma ora era proprio adirata e non desiderava altro che assestargli uno schiaffo in faccia. Le mani già le fremevano per l'impazienza. -Ragazzi, raffreddate i vostri spiriti bollenti.-

Roland si pose in mezzo a loro posando una mano sulla spalla di Cam e una su quella di Sara. Gli occhi dei due però non si lasciarono nemmeno per un istante.

-Non siamo qui per litigare, dico bene, Cam?-

-Proprio così- rispose l'affascinante interpellato, senza smettere di fissare Sara che aveva incrociato le braccia per affrontare lo sguardo verde di Cam.

Alan lasciò la postazione accanto a Luce e sussurrò qualcosa nell'orecchio di Cam che Sara non riuscì a sentire. Lui gli rispose sempre nello stesso tono inudibile e le loro fronti si sfiorarono. Come poteva Sara essere gelosa persino del contatto che Alan poteva assaporare in quel momento? Sapeva di essere gelosa di Cam in modo ossessivo ma non aveva mai pensato di poter raggiungere quel livello. Cam scostò Roland e si mise davanti a lei.

-Dobbiamo andare.- Sara non disse nulla. l'avrebbe dovuto -anzi voluto- abbracciare, baciare, accarezzare, dirgli quanto le sarebbe mancato, quanta nostalgia avrebbe provato al pensiero di lui disperso in chissà quale luogo, che avrebbe preferito rischiare la sua vita piuttosto che sapere quanto lui osasse la sua. Ma Cam l'aveva ferita nel profondo nel cuore, aveva dubitato del suo amore eterno e incondizionato provocandole un'offesa difficilmente rimarginabile.

Così, animata da questi pensieri, non si mosse di un dito quando lui la fissò con quei suoi occhi imploranti, quando lui si chinò su di lei per mormorarle: -Ti amo, non dimenticartelo. Ora dimmelo anche tu, ti prego.- Ritirò la mano con la scusa di scostarsi i capelli dalla fronte quando lui se la avvicinò alle labbra e, cosa che lo scalfì di più, voltò il capo dalla parte opposta quando cercò di baciarla. Era sicura di avergli fatto del male, ma voleva vendicarsi di ciò che le aveva fatto. Non rispose ai saluti di Alan e Roland, men che meno a quelli di Cam.

Quando la porta della stanza si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle si ritrovò a piangere sommessamente, subito pentita delle parole aspre che aveva rivolto al suo amato. Non esisteva nulla di più doloroso che vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime che minacciavano di fuoriuscire come un fiume in piena durante un'alluvione.

Si rese conto della presenza di Lucinda quando le passò una mano attorno alle spalle.

-Ti capisco, ma non ti preoccupare. Passerà presto, Sara.-

Si appoggiò a lei e si trascinò sul letto morbido del suo angelo preferito dove si abbandonò a un pianto da stile adolescente con il cuore infranto. Luce le accarezzava i capelli ogni tanto e Sara capì subito che sarebbero diventate amiche. Dopotutto, anche lei, da quanto aveva sentito, aveva ceduto alle lusinghe di Cam, lo aveva baciato -o forse era stato Cam a baciare lei. Decisamente meglio non pensarci punto e basta.- , il suo cuore era volato a lui. Anche Luce era innamorata di un ragazzo altrettanto meraviglioso dal quale aveva subito torti, causa di sofferenze inaudite e indimenticabili. Il flusso di pensieri fu interrotto da un'ondata di stanchezza che la attraversò e la fece addormentare. Si abbandonò ad un sonno profondo durante il quale sognò per la milionesima volta il suo angelo dagli occhi verdi. Sperò di non risvegliarsi mai più ma anche questa volta non funzionò.

Angolo Autrice: eccomi qui con un nuovo capitolo! Innanzitutto, ringrazio molto le persone che seguono e commentano i miei testi, e chiedo alle persone che leggono i miei capitoli di lasciare una recensione, giusto per sapere che cosa ne pensate! Un bacio a tutti voi!

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto. Sei tu la parte migliore di me stesso, il limpido specchio dei miei occhi, il profondo del cuore, il nutrimento, la fortuna, l'oggetto di ogni mia speranza, il solo cielo della mia te ***


Capitolo quarto

 

Sei tu la parte migliore di me stesso, il limpido specchio
dei miei occhi, il profondo del cuore, il nutrimento,
la fortuna, l'oggetto di ogni mia speranza, il solo cielo
della mia terra, il paradiso cui aspiro.

William Shakespeare

 

-Bene, e adesso?-

-Adesso... Cam, che si fa?-

-Lasciatemi pensare un attimo.-

I quattro angeli, dopo un estenuante volo, erano infine atterrati a Manhattan sul tetto di un edificio di un nauseante marrone scuro ormai disabitato un tempo usato per la produzione di zucchero. Un odore dolciastro e disgustoso impregnava l'aria satura di quel fetore. Il cielo plumbeo incombeva su di loro come una cappa infinita, la notte era scura e non prometteva nulla di buono.

Cam era ancora infuriato con sé stesso per come aveva trattato Sara, ma sapeva che se si fosse comportato dolcemente con lei non lo avrebbe mai lasciato andare. Aveva visto il suo sguardo d'odio, la rabbia interiore che minacciava di sopraffarlo e devastarlo come era successo altre volte e preferiva di gran lunga evitare un momento come quello.

Sentì una mano amichevole posarsi sulla sua spalla destra e quel semplice contatto lo calmò come un sedativo.

Era Daniel. I suoi occhi grigi come il cielo d'autunno risultavano ancora più scuri nella notte, il suo viso era scavato come se stesse dimagrendo notevolmente. Era quello l'effetto che la mancanza di Luce gli provocava.

-Cam, sei sicuro che si trovi qui?- La sua voce era profonda ma si poteva bene intuire la preoccupazione.

-Si, Grigori, lo sento. Ian è qui.-

Daniel annuì e si girò verso Alan e Roland alle loro spalle. Anche gli altri due annuirono e Cam fu sicuro che lo avrebbero seguito fino alla morte. Si rivolse a loro con solennità.

-Dunque, ragazzi. Dobbiamo dividerci. Ognuno di noi agirà da solo e raggiungerà l'entrata che troverà per primo. Irromperemo nell'edificio e cercheremo Ian. Chi lo trova lo porti qui, ancora in vita.- Venne interrotto da Alan.

-Fratello, e se nessuno lo troverà?-

-Ci ricongiungeremo qui tra un'ora, in ogni caso. Se non troveremo nulla, ci uniremo.-

Roland assunse un'espressione soddisfatta, come se il piano di Cam fosse il migliore che avessero escogitato. -Io ci sto, amico.-

-Anche io- concordò Alan. Cam era sicuro che non avrebbe potuto trovare amici migliori di quelli. Si rivolse a Daniel, rimasto in silenzio.

-Tu, Dani?-

-Ci sono anche io, Cam.- Il suo cuore si riempì di orgoglio e di qualcos'altro: adrenalina. Ne sentiva sempre l'effetto ogni volta che intraprendeva missioni come quella.

-Bene, allora dividiamoci.-

Ognuno si incamminò in una direzione diversa, calandosi cautamente giù dal tetto e infiltrandosi nelle finestre dell'edificio appena sotto il tetto. Cam corse verso nord, o almeno quello che pensava fosse il nord, si calò giù e si dondolò per un attimo appeso ad un doccione, che, con sua grande sorpresa, resse il suo peso nonostante avesse avuto un aspetto piuttosto fragile. Si chiese per un momento se qualcuno lo stesse osservando dalle case di fronte ma non se ne preoccupò. Aveva un solo obbiettivo per la testa: trovare Ian, torturarlo per scoprire che cosa volesse davvero e ucciderlo, come aveva sempre desiderato. Sgusciò nella finestra stranamente aperta ed atterrò sul pavimento. Si raddrizzò e si guardò attorno. Grazie alla sua vista acuta riusciva a scorgere ogni cosa, persino nella penombra. La stanza era spoglia, non era decorata da nessun tipo di mobile, quadro, tappeto o quant'altro. Era come una stanza dopo il trasloco. Perfino le pareti sembravano essere state ripulite dalla vernice.

Raggiunse la porta socchiusa senza arrancare nel buio come avrebbe fatto un qualunque umano.

Si ritrovò in un corridoio basso e stretto le cui pareti erano tappezzate di porte.

Non poteva scegliere qualcosa di più avvincente?, pensò Cam irritato. Si incamminò lungo il corridoio il cui soffitto gli sfiorava quasi la testa, come se quell'edificio fosse stato costruito per bambini. Spalancava le porte con un calcio quando ci passava accanto ma non trovò nulla di interessante. Forni, bollitori e barili metallici occupavano quelle stanze tremendamente noiose e ogni volta che Cam scardinava una porta l'odore di zucchero bruciato aumentava.

Si sentì nauseato e gli venne un conato. Si fermò e si premette le mani sulle tempie per scacciare il disgusto. Un rumore lieve giunse dalla stanza accanto a lui, una stanza che non aveva ancora aperto. L'adrenalina aumentò e ricominciò a scorrere nelle sue vene con violenza. Questa volta, invece di aprire la porta con un calcio, appoggiò la mano sulla maniglia e l'abbassò piano.

Un dolore acuto gli pervase gli occhi quando, aperta la porta, il corridoio venne invaso da una luce accecante. Gemette ed entrò nella stanza.

Con gli occhi socchiusi riuscì ad intravvedere una sagoma accovacciata a terra, scossa da fremiti. Cam alzò gli occhi al soffitto e notò, con uno sforzo, un'infinità di sfere che inondavano tutto di una lucentezza insopportabile persino per un angelo come lui. Riconobbe all'istante quel bagliore, come se facesse parte di lui. Luce Angelica, si disse con un fremito. Era la luce che persisteva in Paradiso e che solo l'angelo Raziel era riuscito, migliaia di anni prima, ad ottenere, portare sulla Terra per donarla agli uomini in modo che fossero illuminati dall'aurea del Trono. Una volta ottenuta era facile da riprodurre ma il Trono punì Raziel per aver permesso agli uomini di vedere la sua luce e uccise l'angelo e tutti le creature terrestri che avevano avuto la possibilità di scorgerla. Lucifero, però, il solito guastafeste, era riuscito a tenerne un campione. La presenza della Luce Angelica significava solo una cosa: quell'edificio era diretto da Lui. Ian è passato...

I suoi pensieri vennero interrotti da un singhiozzo.

Cam si voltò verso la sagoma che aveva individuato appena entrato e la mise a fuoco. La Luce Angelica era naturale in Paradiso, ma per un angelo Caduto era molto difficile da sopportare. Si avvicinò all'individuo raggomitolato in posizione fetale.

Era una ragazza dai lunghi capelli rossi aggrovigliati sporchi di sangue rappreso. Cam riconobbe la sua anima: Tessriel. Si gettò al suo fianco cadendo in ginocchio e la sollevò per stringerla a sé. La ragazza, riconoscendo suo fratello, socchiuse gli occhi e gli passò una mano sui capelli, sul viso, sulle labbra, come se facesse fatica a riconoscere i suoi lineamenti.

-Cam... Cameron... Sei... sei tu?-

La sua voce era carica di sofferenza e Cam si ritrovò a pensare che avrebbe fatto qualunque cosa pur di farla sentire bene. Tess indossava una maglietta sudicia e strappata sulla spalla sinistra, sulla quale erano impresse delle cicatrici nere e screpolate dalle quali colava sangue e un fluido chiaro. Il suo viso era interamente sporco di sangue, le sue labbra spaccate ed esangui tremavano come una foglia scossa dal vento.

-Si, sono io.- la tranquillizzò Cam, passandole una mano tra i capelli con amore fraterno. Odiava vedere uno dei suoi ridotto a quel modo.

-Vieni, ti aiuto ad alzarti.- Cam la afferrò da sotto le ascelle e la sollevò un poco, ma venne interrotto da un urlo disumano di Tess che gli risuonò nell'orecchio. Con orrore ne intuì la causa dopo averle guardato le caviglie. Pesanti cavigliere unite a catene la tenevano ancorata al suolo, conficcate nel pavimento in profondità.

Le Catene, create apposta con materiale divino perché gli angeli non riuscissero a folzarle.

La pelle era dilaniata, sanguinante e pulsante. Entrambe le caviglie erano legate e Cam non aveva la forza necessaria per spezzare quel metallo angelico.

A meno che...

Ma certo. Perché non ci aveva pensato prima? Liberò Tess dalla sua presa adagiandola dolcemente sul suolo duro e freddo. La Luce continuava a brillare senza pietà accecando i due angeli caduti. Cam schioccò le dita. Vi sto chiamando, Schierati. Ho bisogno del vostro aiuto. Era l'angelo più abile per invocare Annunziatori, Schierati, Soldati e nessuno gli poteva opporre resistenza quando chiedeva loro aiuto. Così, non appena espresse il suo desiderio interiore, apparvero gli Schierati. Spuntarono ai suoi piedi, risalirono lungo le sue gambe, si attorcigliarono attorno al suo petto, lo avvolsero in un freddo abbraccio e il respiro di Cam accelerò. Odiava essere toccato a quel modo da loro. Sebbene stessero dalla sua parte, gli erano sempre parsi viscidi e disgustosi al contatto, capaci di malvagità repellenti senza che se ne rendessero conto. Quando si trattava di aiutare un demone, però, donavano tutto ciò che possedevano, la loro anima, se solo ne avessero avuto una.

Diteci, onorevole angelo. Perché ci avete chiamati? Gli Schierati erano incorporei, evanescenti e parlavano trasmettendo ciò che volevano dire nella mente dell'angelo invocatore, in modo che solo lui li potesse sentire. Un bel vantaggio in battaglia ma al contempo un disagio per chi ne veniva colpito.

-Liberatela- rispose loro Cam accennando a Tess, di nuovo stesa per terra, gemente.

Come desiderate.

Gli Schierati si allontanarono subito dal corpo di Cam e obbedienti si avvolsero con un sibilo attorno alle gambe di Tess. Quella chiuse gli occhi e serrò le mani a pugno come se le facesse male. Le ombre si attorcigliarono attorno alle catene assottigliandosi con forza. Si udì un suono di metallo che viene spezzato, un clangore assordante e gli Schierati allentarono la presa sulle caviglie per poi scivolare sul corpo di Tess e accarezzandole il corpo quasi con tenerezza. La ragazza espirò e Cam si rese conto di quanta sofferenza quelle catene le avessero provocato.

-Bel lavoro, Schierati.- Cam era davvero fiero di loro e gli sorrise.

Siamo e saremo sempre al vostro servizio e a quello di tutti i vostri fratelli. Siamo lieti di avervi soddisfatto. Le loro parole ancora una volta risuonarono nella mente di Cam come se le avesse pensate. Gli Schierati si dissolsero in una nube grigiastra e scomparvero.

Raggiunse subito Tess e la strinse tra le braccia. -Stai bene, Tessriel?-

Il suo tatuaggio a forma di stella luccicava di un bagliore ancora più intenso per la Luce Angelica. Lei annuì. -Andiamo via, Cam. Qui non è sicuro.- La sua voce era così bassa e rauca che se Cam non fosse stato un angelo non l'avrebbe sentita. La prese in braccio e insieme uscirono dalla stanza troppo illuminata. Se non avesse avuto Tess in braccio, Cam si sarebbe portato dietro un campione di Luce.

Si ritrovarono nel corridoio e cercò di camminare frettolosamente. Doveva trovare Ian, lo doveva fare per salvare Sara. Giurò a se stesso che non sarebbe uscito da quell'edificio senza prima averlo ucciso con le sue mani.

-Cam?- Era Tess tra le sue braccia.

-Si?-

Quella esitò, poi, raccolte le ultime energie che le rimanevano, disse: -Grazie. Sei un fratello.- Alzò il capo e gli baciò la base del collo. -Tess, io ti sono fratello. È un dovere per me.-

Svoltò ad un angolo per ritrovarsi in un altro noioso corridoio. Cosa stavano facendo gli altri in quel momento? Uno di loro aveva già trovato Ian? Un fremito gli percorse la schiena. Non vedeva l'ora di ritrovarselo davanti, di afferrarlo per il collo e ucciderlo, una volta per tutte.

-Come sta Arriane?-

Splendido. Doveva vedersela anche con le sue faccende di cuore. Ma era suo fratello, no?

-Arriane... sta bene. Credo.-

Tess si agitò e sollevò il capo fino a puntare gli occhi su di lui.

-Cosa significa quel “credo”?-

-Significa che non la vedo da un po' e che non si fa sentire molto. O almeno, dalle mie parti.- L'espressione di Tess si allarmò. Aprì la bocca e fece per parlare ma venne interrotta da Cam. -Dovresti chiedere a Roland. È qui e sicuramente ne sa più di me.-

La ragazza si rilassò e appoggiò di nuovo la testa sulla sua spalla.

Svoltò di nuovo. La monotonia di quel posto cominciava a stancarlo. Dove si era cacciato Ian? Non riusciva a percepire la presenza della sua anima da nessuna parte.

-A proposito, fratellino. Che cosa ci fate qui?-

-Sono venuto anche con Alan e Grigori per...-

Il pavimento, che fino ad ora gli era sembrato solido come ogni altro, cedette sotto i suoi piedi. Tess strillò mentre Cam cercava di mantenere l'equilibrio ma senza alcuna speranza.

Il buco sotto di lui continuò ad allargarsi e si ritrovò appeso per un pelo al suolo crepante e con Tess avvinghiata a lui per la vita. Lei cominciò a divincolarsi e a muovere le gambe nel vuoto che si apriva sotto di loro.

-Smettila di agitarti, sorellina.- ringhiò Cam.

Le sue braccia cercavano disperatamente di reggere i loro pesi. Guardò un attimo verso il basso, rendendosi conto di quanto fosse profondo lo spazio sotto di loro. Rabbrividì e si fece coraggio e con un ultimo sforzo, per amore di Sara e Tess, si spinse verso l'alto. Facendo leva sui gomiti si issò sul pavimento rimasto attorno a loro e riuscì a inginocchiarsi e rialzarsi.

Era salvo, almeno per il momento.

Tess, intanto, era rimasta appesa ad un appiglio, il viso contratto per lo sforzo e i denti digrignati. Cam si chinò subito su di lei per afferrarla quando sentì dei passi alle sue spalle. Riconobbe subito il ticchettare delle scarpe sul pavimento, l'ombra che si stagliava dietro di lui, il bagliore angelico dell'anima in avvicinamento: Ian. L'aveva trovato, finalmente.

Tess gemette ai suoi piedi, tenendosi su a fatica. Ma non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione, un attimo di distrazione come l'aiutarla a risalire sarebbe bastato a Ian per trafiggerlo con una stellasaetta.

Cam si voltò verso di lui. Ian era vestito sportivo, con un paio di jeans larghi e a vita bassa, una maglietta scura e aderente. I suoi occhi color nocciola lo fissavano e un sorriso arcaico gli donava un'espressione di malvagità.

-Bene, bene, bene. Guarda cosa abbiamo qui.-

La sua voce. Cam non l'aveva mai sopportata. Era dolce e gentile ma al contempo arrogante e assillante. Non aveva mai capito come una persona potesse esprimere tanti stati d'animo tutti assieme. Ian si avvicinò a lui per fronteggiarlo.

-Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Lasciami ricordare.- Con quella sua teatrale falsità si portò una mano alla testa, sfregandosi le tempie. Cam approfittò di quel momento per rifilargli un calcio nello stinco. Ian barcollò indietro ma si riscosse subito.

Con un movimento fulmineo lo sorpassò e assestò un calcio sulla faccia di Tess. Prima che Cam facesse in tempo a registrare il gesto, Tess abbandonò la presa lasciandosi cadere nella voragine apparentemente infinita.

Cam non ci vide più. Con uno scatto di furia, sbatté Ian contro la parete e lo ricoprì di pugni in faccia, sull'addome, sulle spalle. Ian non emise un lamento, anzi, incassò ogni suo colpo con facilità come se per lui fossero dei semplici buffetti. Cam concentrò tutta la sua rabbia nelle sue mani, una collera cieca coltivata per secoli che finalmente poteva essere sfogata sull'individuo che più odiava al mondo, che aveva fatto soffrire Sara come una bambina indifesa, che l'aveva fatta piangere notti intere tra le sue braccia, che le aveva fatto venire il desiderio amaro di uccidersi, come se al mondo non ci potesse mai essere una seconda possibilità. Tutto fino a quando aveva incontrato Cam.

Sotto i suoi colpi, Ian cominciò a indebolirsi e, quando sembrò che le forze gli venissero a mancare, spinse Cam. L'angelo indietreggiò pericolosamente, ritrovandosi con i talloni in cerca di appoggio e le braccia roteanti attorno al capo alla disperata ricerca di equilibrio. Ian sputò sangue per terra e si pulì la bocca con il dorso della mano. Si avvicinò a Cam. -Demone, oggi farai la fine che ti meriti.- Cam emise un ringhio profondo e con le mani cercò di trascinarlo con sé nella voragine.

-Imparerai così che non è consigliabile rubarmi la donna.-

Cam non riuscì più a reggersi e quando entrambe le gambe cedettero e persero l'equilibrio, l'ira aumentò e capì che per lui sarebbe stato più onorevole suicidarsi piuttosto che essere ucciso da un vile come Ian. Questo sventolò la mano come se lo volesse salutare e l'ultima cosa che sentì furono le parole pronunciate da Ian.

-Bye, bye, baby. Salutami la tua amichetta laggiù.-

La sua risata riecheggiò nelle orecchie di Cam anche mentre cadeva, quando il rumore venne sostituito dal silenzio greve della caduta. 


Angolo autrice: Ciao a tutti! Pubblico subito un nuovo capitolo, così da permettervi di seguire la storia rapidamente. Come al solito, ringrazio molto le persone che seguono la mia lunga storia e la commentano, e prego i lettori di recensire il testo, così da farmi un'idea di ciò che ne pensate. Vi annuncio che ho terminato da tempo Eternity e che ci sarà una seconda parte che ho da poco incominciato. Grazie di nuovo e buona lettura! Spero di non deludervi nel corso delle vicende! Un bacio

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto. Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito. Antoine de S ***


Capitolo quinto

 

Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna,

dividere i compiti e impartire ordini,

ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.

Antoine de Saint-Exupéry

 

Sara correva a perdifiato, i polmoni le bruciavano per la fatica, le gambe cedevano per il terreno scosceso e accidentato sotto di lei. Il sole inondava di luce la piana desolata, quasi accecandola con violenza. Continuava a correre, come se fosse la cosa più giusta da fare in quel momento. Sapeva che Cam era in serio pericolo, lo doveva salvare o tutte le speranze sarebbero andate perdute. Sara guardò in basso e si fermò poco prima di cadere giù per un profondo burrone. Ai piedi della roccia compatta si stendeva una piana fertile ,ma la caduta era troppo alta persino per un angelo e non era esattamente consigliabile cadere giù di li. -Sara!- Si voltò e vide Cam appeso in modo terribilmente precario ad un appiglio nella roccia. Ll suo viso era rosso e contratto per lo sforzo di mantenersi. Sara senza esitazione corse da lui e lo tirò su per la camicia. Non poteva lasciarlo cadere o il senso di colpa non sarebbe mai svanito dal suo cuore. Cam era stremato e a malapena riusciva a trattenere le mani di Sara, sudate per il caldo di quel posto e per lo sforzo. Il ragazzo la guardò negli occhi. Lo smeraldo non era più luminoso come pochi attimi prima, il suo viso perse ogni traccia di colore, le sue mani divennero fredde e il cuore smise di battere. Lasciò le mani di Sara e si lasciò cadere.

-No! Cam!-

-Tesoro, che cos'hai?- Due mani la presero per le spalle e la cominciarono a scuotere. Aprì gli occhi terrorizzata. Cam era morto. Per un attimo le sembrò che anche il suo cuore si fosse fermato e si portò le mani al petto. Di solito quando qualcosa non andava le doleva, come un presentimento per ciò che sarebbe accaduto a momenti. Ma non sentiva proprio nulla, tutto era perfettamente normale. Sollevò lo sguardo e riconobbe subito la ragazza che le stava davanti. Abigail. I suoi occhi scuri e grandi le scrutavano il viso e le sue mani le accarezzavano le guance come per rassicurarla.

-Va tutto bene, dolcezza. Era solo un sogno. Uno di quei tanti stupidi sogni che ci spaventano.- Sì, aveva ragione. Era stato solo un sogno. Gli angeli non potevano morire di crepacuore, o almeno non si era mai verificato un caso del genere.

Abigail la strinse a sé sussurrandole all'orecchio: -Va tutto bene, Sara. Non è nulla.- Sara scoppiò in lacrime. Le succedeva sempre così quando sognava Cam morire o farsi del male. Seppellì il viso nella maglietta nera di Abbie, bagnandola di lacrime. -Scusami tanto Abbie, io... - Ricominciarono i singhiozzi disperati. La sua reazione non era mai stata così sconvolgente e questo la fece preoccupare ulteriormente, riempendole il cuore di puro terrore. -Non importa, cara. Tanto prima o poi dovrò pur passare in lavanderia.-

Le prese il viso tra le mani e accostando la fronte alla sua le disse: -Mi sei tanto mancata, Sara. Ora che Roland è via mi sento così sola.- Sara si sentì in pena per lei. Entrambe soffrivano per amore a causa dei demoni di cui erano innamorate e spesso si consolavano a vicenda. Era il loro punto di massima unione, l'aspetto che più le legava.

-Anche tu mi sei mancata, Abbie.- Abigail le sorrise sincera e le baciò la guancia. Si alzò in piedi e proruppe in una risata. -Non hai idea di che colazione ti abbia preparato questa mattina.- Un lieve bagliore di speranza illuminò l'esistenza di Sara, così si alzò e sgattaiolò fuori dalla stanza di Cam, seguendo un odore dolce e invitante proveniente dalla cucina al piano di sotto. Sentì la risata allegra di Abigail dietro di lei e la sua voce squillante.

-Quando si tratta di cibo, ci trasformiamo in lupi mannari. Altro che angeli.- Anche Sara rise, felice di avere la sua migliore amica accanto. -Dov'è Luce? Ieri era qui.- Il cuore le si strinse di nuovo in petto al ricordo dell'inferno che era stata la giornata precedente: Cam infuriato e poi ferito, Alan che ci provava per l'ennesima volta con lei aumentando l'irritazione del suo amore, il pianto sconsolato tra le coperte di Cam con Luce che le accarezzava i capelli. Era stata gentile con lei, dolce come lo era stata in ogni vita passata. -Ora sta riposando nella stanza di Ro. A quanto pare non hai fatto altro che tenerla sveglia ieri sera, tesorina.- Sara cominciò a scendere le scale ma si fermò per girarsi verso Abbie che la seguiva, appoggiandosi al corrimano. -Mi dispiace per non averla fatta dormire. Non volevo, davvero.- Si portò le mani al petto. Ora sì che sentiva qualcosa. I crampi che provava ogni volta che Cam si allontanava da lei dapprima erano flebili, come un semplice dolore causato da un colpo di freddo, poi si trasformavano in veri e proprie contrazioni che la costringevano a restare a letto, rannicchiata sotto le coperte, a piangere di nostalgia.

-Ti senti bene?- Abbie l'aveva raggiunta e le aveva posato una mano sul braccio. Per non farla preoccupare le rispose: -Sì, non è nulla.- Scese le scale, Sara si fiondò al tavolo al centro della cucina semplice di Cam, sul quale svettavano due piatti entrambi pieni zeppi di pane morbido riempito di cioccolata. Il suo stomaco brontolò e lei per un attimo dimenticò i crampi. Si sedette su una sedia e afferrò un panino. Già dal primo delizioso morso si sentì in Paradiso. Abbie si sedette di fronte a lei, sorridendo per la sua ingordigia.

-Avanti, su. Un po' di buone maniere.- Sara non la stette ad ascoltare. Finì in un baleno un panino e ne agguantò un altro. La giornata precedente e la notte piena di sogni l'avevano ridotta allo stremo. Abigail, invece, mangiava tranquilla, tirando piccoli morsi come se non avesse la minima traccia di fame. -Sara, quando credi che torneranno?- La prima domanda di una lunga serie di quesiti identici a cui non sapeva mai dare una risposta.

Ingurgitò il boccone che stava masticando. -Non cominciare. Cam non mi ha detto nulla di preciso.- Abigail sbuffò e si alzò. Estrasse dal frigo una bottiglia di succo all'arancia e riempì un bicchiere. Appoggiandosi al lavello lo svuotò subito dopo e se ne preparò un altro. I succhi di frutta di Cam erano una droga per lei. Le due ragazze stettero in silenzio per un po'. Fu Sara a parlare per prima. -Non è giusto. Cam è così maschilista. Non vuole che vada con lui a dare la caccia a Ian. Perché? Insomma, mi so difendere molto bene e lui lo sa.-

Finì il secondo panino e ne prese un altro. La sua pancia sembrava non saziarsi più. -Smettila di mangiare, tesoro.- Sara la fissò addentando il pane. Il cibo era la sua migliore consolazione quando si sentiva stressata. -Fa' come vuoi.- Fece per bere dell'altro succo quando si sentì una porta aprirsi con un cigolio al piano di sopra. Dalle scale che conducevano alla cucina spuntò Luce. Aveva i capelli scompigliati e schiacciati da un lato come se fosse restata attaccata al cuscino tutta la notte. Indossava un pigiama nero ed enorme per lei. Era di Roland, probabilmente glielo aveva prestato.

-Guarda chi si vede, Mrs. Lazzaro.- Luce la guardò male e Sara riuscì a stento a trattenere una risata. Vedendo l'espressione offesa di Luce, Abbie la rassicurò.

-Ehi, sto scherzando. Se hai fame questa è l'occasione giusta per mettere qualcosa sotto i denti, bambolina- disse avvicinandosi al tavolo e scostando un piatto riempito di panini che Sara aveva davanti -prima che qualcuno svuoti il tavolo.-

Luce sembrò rasserenata e si sedette sulla sedia, guardandosi attorno curiosa. -Grazie, ragazze. Siete molto gentili ma non ho fame.- Questo non poté che rallegrare Sara, la quale allungò la mano per accaparrarsi un'altra di quella delizia. -Non preoccuparti, Lucinda. Mangio io per te.-

-Tu non mangi un bel niente.- Abbie le scostò la mano con un buffetto e la zittì con una delle sue occhiate truci. Luce le guardò divertite e scrollò le spalle.

-Davvero, non ho fame. Cioè, adoro la coppia pane e cioccolata ma non me la sento.- Abbie si chinò su di lei. I capelli biondi e lisci le ricaddero sulle spalle, sfiorando il legno scuro del tavolo. -Se è per Daniel non ti devi preoccupare. Sarà qui tra pochi giorni.- Gli occhi di Luce divennero lucidi come se fosse sul punto di piangere. Una fitta fece piegare Sara su sé stessa e gemere di dolore. Luce ed Abigail la guardarono preoccupate. Sara sorrise con una certa difficoltà per rassicurarle. -E' solo un colpo di freddo.- Ma dallo sguardo di Abbie capì che non le credeva. Le fece un cenno d'intesa, come a dire che dopo si sarebbero chiarite. Luce cedette alla fame e agguantò un panino. Abigail ritornò alla sua postazione vicino al succo e ricominciò a bere. Il cuore di Sara accelerò. Cosa stava succedendo ai ragazzi? Dov'era Cam? Si sentì sprofondare e un conato di vomito la scosse. Ottimo. Ci bastava solo quello. Si coprì la bocca con la mano e si precipitò verso il bagno più vicino.

-Sara!- Sentì i passi frettolosi di Abbie e Luce dietro di lei. Spalancò la porta del bagno nella stanza adiacente al salotto spazioso e alzò la tavoletta del water. Non appena si inginocchiò il vomito le uscì da solo di bocca, come se fosse stato un istinto. Le ragazze la raggiunsero e Abbie da dietro le sollevò i capelli sciolti. Luce prese la spugna della doccia e la bagnò d'acqua fresca. La passò sulla fronte di Sara che tremava e aveva freddo. Non era preoccupata per la sua salute che nell'arco di un solo giorno era peggiorata terribilmente, era preoccupata mortalmente per Cam. I crampi erano molto più forti del solito, non aveva mai vomitato e non aveva mai provato quella sensazione di totale malessere. Era sempre stata male per la sua assenza ma mai in quel modo. Questo significava solo una cosa, o almeno lei la pensava così: il sogno della notte passata stava per avverarsi in un modo o nell'altro. Questo pensiero le provocò un altro conato e sboccò di nuovo. Il fetore nauseante del vomito le fece girare la testa. -Tesoro, che ti succede?- Non trovò una risposta che fosse logica o pertinente alla domanda di Abbie, così si limitò a stare in silenzio.

-Forse hai mangiato troppo. Ho sempre detto a Cam di non riempire il frigo di cioccolata e questo è il risultato dei miei rimproveri.- Sbuffò e scostò di nuovo i capelli dalla fronte di Sara. Ma lei non la stava ad ascoltare. Se davvero voleva scoprire ciò che stava accadendo a Cam, l'unica ragione della sua esistenza, doveva trovarlo, in qualche modo. Non serviva a nulla starsene chini su una tazza. Così si sollevò un poco e con un gesto della mano allontano le due ragazze preoccupate.

-Sto bene, sto bene.- La tradì un altro conato che la fece di nuovo piegare in due. La testa le girava vertiginosamente come una trottola che non si riesce a fermare e Sara se ne stette immobile per un buon quarto d'ora con Luce che le rinfrescava la fronte. Le fu grata di quel gesto amichevole ma tutta la sua benevolenza scomparve quando le balenò davanti agli occhi l'immagine di Luce e Cam avvinghiati e con le labbra unite in un bacio senza fine. Questo le diede la forza di alzarsi una volta per tutte. Senza dire una parola e degnare di uno sguardo lo specchio per ammirare il suo terribile aspetto, si dileguò dal bagno, lasciando Abbie e Luce allibite. Raggiunse le scale che portavano al piano di sopra e con voce stizzita disse: -Vado di sopra a dormire.-

Abbie si avvicinò a lei e le circondò la vita con un braccio. -Ti devo accompagnare?-

-No, grazie.- Sara vide che questo non riusciva a consolare Abbie, così aggiunse: -Se c'è qualche problema ti chiamo.- Abigail le sorrise forzatamente e la guardò con il cuore pieno di tristezza e compassione salire la scalinata e scomparire nel corridoio.

 

Non appena mise piede nella stanza di Cam, Sara trovò l'ispirazione osservando il gatto dei vicini, Church, camminare lungo la balaustra del balconcino e scomparire con una rapida spinta verso il basso. Se avesse usato le ali, cosa che non sarebbe neppure stata capace di fare per le sue pessime condizioni di salute, sarebbe stata subito scoperta quindi doveva saltare, una cosa da nulla per un angelo come lei. Tuttavia, per chissà quale motivo ne era spaventata, come se fosse stata una semplice umana impaurita. Chiuse la porta con la chiave d'oro appoggiata sulla cassapanca, pronta all'azione. Nel suo cervello cominciarono a frullare miliardi di idee, così chiuse gli occhi e fece un bel respiro. Spalancò l'armadio di legno d'ebano e ne tirò fuori un suo jeans aderente e una maglietta pulita di Cam con la scritta “BE STUPID”. Buttò i vestiti sporchi in un angolo e afferrò la borsa di tela nera sul letto. La svuotò di tutte le cianfrusaglie possibili e immaginarie che Cam era capace di mettere in una borsa: libri tascabili, un paio di occhiali da sole rossi, pacchetti di fazzoletti, il portafoglio pieno di banconote da cinque dollari delle quali Sara fece una scorta in caso di necessità, alcuni plettri di tutte le forme e dimensioni, uno spartito della band e volantini. Provò una fitta di tenerezza. Cam sapeva essere molto, molto disordinato.

Con un sorriso stampato sulle labbra riempì la borsa con una bottiglietta d'acqua sul comodino, qualche spicciolo e una t-shirt e un paio di pantaloncini di ricambio. Si mise la borsa a tracolla e si raccolse i capelli castani in una morbida coda di cavallo. Non le serviva altro, non le restava che seguire il suo cuore. Diede un'ultima occhiata alla stanza sperando ardentemente che nessuno la venisse a cercare, di non far soffrire Abigail e soprattutto pregò di trovare Cam sano e salvo. Uscita sul balconcino, con un salto agile si mise in equilibrio sulla balaustra. Cam, sto arrivando. Scrutò con una certa nota di apprensione il salto che doveva compiere, scongiurando che non si sfracellasse le ossa. Che stupida che sei. Gli angeli non fanno fatica a compiere un salto del genere, si disse e si diede una calmata. Si fletté sulle ginocchia e pensando agli occhi smeraldini dell'angelo che doveva salvare, ignorando le fitte alla pancia che ricominciavano a farsi sentire, provando un amore sconfinato per Abigail che le stava sempre vicina, saltò fendendo l'aria. 


Angolo autrice: salve a tutti! Aggiorno velocemente così da permettervi di seguire fluidamente la storia. Allora, questo capitolo è concentrato su Sara e la sua migliore amica, Abigail, con la quale ha instaurato nel corso dei secoli un legame molto forte. Loro due si comprendono alla perfezione e con l'entrata in scena di Luce mantengono lo stesso la loro sintonia. Viene presentato, inoltre, un sintomo di cui Sara soffre quando Cam è lontano. Ebbene, non sono brava negli Angoli autrice, lo avrete capito già da tempo, ma questo è il massimo che posso fare. Spero di non avervi deluso e come al solito ringrazio le persone che leggono il mio testo! Vi chiedo, nuovamente, di recensire il mio testo, per favore. I vostri commenti sono importanti. Un bacio.
GiuliaFray

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto. Non dobbiamo abbandonare l'animo alle sventure: nessun vantaggio trarremo a tormentarci. Alceo ***


Capitolo sesto

 

Non dobbiamo abbandonare l'animo alle sventure:

nessun vantaggio trarremo a tormentarci.

Alceo

 

Cam venne svegliato da una mano leggera e sporca di qualcosa di viscido che gli accarezzò il viso. Aprì gli occhi e si ritrovò davanti ad un volto femminile sconosciuto con capelli biondi e arruffati in un unico groviglio indistricabile e sudicio, occhi grandi e scuri contornati da profonde occhiaie nere.La faccia era ricoperta di lividi violacei come se fosse stata picchiata e lasciata lì a morire. Gli si avvicinò con le labbra esangui socchiuse.

Cam pensava che fosse bella ma non possedeva quell'armonia e luminosità degli angeli. Era umana e lo stava per baciare. Indietreggiò ma andò a sbattere contro un muro. Gli doleva la testa e l'umana continuava ad avvicinarsi a lui a gattoni, gli occhi accesi di desiderio.

Cam pensò a Sara. Gli mancava e il suo cuore era distrutto per questo, freddo come le gelide foreste del nord in inverno. Solo l'estate può sciogliere il gelo. L'estate. Lei era la sua estate, nessun altra. La ragazza intanto era di fronte a lui e le sue mani gli sfioravano il collo, il petto, l'inguine. Un brivido lo scosse e la voce di lei, roca e tremante, lo sorprese.

-Sei bellissimo.- Lacrime grosse le rigarono le guance, pulendole la pelle.

-Cosa sei?- Cam non sapeva se rispondere a quella domanda, così fece spallucce e si alzò in piedi scrutando la stanza in cerca di Tess. L'ultima volta che l'aveva vista Ian le aveva sferrato un calcio in faccia, probabilmente rompendole il naso ed era caduta in quella voragine che sembrava infinita. Alzando lo sguardo non riuscì a vedere nulla se non buio e capì che Ian o uno dei suoi aveva coperto il buco. Cam non riuscì a capire subito con che cosa ma si sentì afferrare le ginocchia e vide la ragazza con occhi imploranti cercare di farlo finire a terra tirandolo verso il basso. Ma che diavolo ci faceva un'umana nell'edificio che costituiva la temporanea sede di Ian? Cam sospirò e chinandosi le prese il viso martoriato tra le mani. Le loro bocche erano così vicine che se si fosse sporto ancora un po' l'avrebbe facilmente baciata.

-Sono un angelo. Un angelo, capisci? Non puoi amarmi. Non illuderti di poterlo fare, ti prego.- Quella allungò il collo premette le labbra sulle sue. Fu un bacio lungo, durante il quale Cam cercò di pensare come trovare Tess e uscire di lì. La ragazza gli baciò le guance, le palpebre, il capo, il collo, gemeva mentre assaporava ogni centimetro di lui, come se le facesse male. Cam sentì il sapore metallico del sangue di cui la ragazza lo aveva sporcato in bocca. Era quello l'effetto che i demoni facevano sui semplici umani: venivano presi da un irrefrenabile desiderio d'amore e non gli potevano resistere a meno che fossero stati i demoni ad allontanarli. Ma Cam voleva che lei lo baciasse. Erano secoli che provava ad innamorarsi di altre donne, nell'invano tentativo di dimenticare Sara per non farle del male al momento in cui si sarebbero dovuti lasciare. Non aveva mai funzionato e Cam aveva il triste presentimento che non sarebbe mai successo.

Così si staccò dalla ragazza con una certa riluttanza. Lei gli gettò le braccia al collo e gli mormorò all'orecchio: -Non mi lasciare, angelo. No! Ti amo, ti amerò fino alla morte e se davvero esiste una seconda vita ti amerò anche allora.- Cam, scioccato da quelle parole che nessuna umana gli aveva mai detto durante i millenni della sua esistenza, la guardò negli occhi, commosso. -Come puoi dire questo? Non mi conosci nemmeno.- Lei per tutta risposta lo baciò di nuovo. Sapeva che non si sarebbe potuto staccare da quell'amabile ragazza se nessuno l'avrebbe staccato a forza e per il momento non aveva nessuna intenzione di farlo. Dunque, mentre la giovane lo stringeva sé assicurandogli di amarlo per l'eternità, Cam provava a immaginare cosa stessero facendo i suoi compagni.

 

Alan camminava annoiato nei corridoi. Possibile che gli umani avessero così poca dote artistica nel mettere su un edificio? Le mura avevano tutte lo stesso colore marroncino che lo aveva cominciato a stancare sul serio, le stanze erano della medesima larghezza, senza nessuna mobilia particolare di abbellimento, e i pavimenti erano coperti di una moquette scrostata che in alcuni punti lasciava intravvedere la costruzione in cemento. Gli occhi azzurri dell'angelo saettavano in ogni direzione alla ricerca di un movimento, ma nulla serviva a distogliere la sua attenzione. Non c'era alcuna traccia di Ian, a dirla tutta sembrava che la struttura fosse stata abbandonata e resa inabitabile.

Gli altri erano già riusciti a trovarlo? Dove si trovavano in quel momento Daniel, Roland e Cam? Alan svoltò a sinistra in un bivio e di nuovo gli si parò davanti un corridoio. Si fermò. In tutta la sua vita nessuna missione gli era parsa così noiosa. Eppure Cam aveva sempre organizzato imprese eccitanti a cui Alan aveva partecipato con entusiasmo.

La sua pazienza aveva raggiunto il limite. Raggiunse la finestra più vicina e aprì le imposte. L'aria fredda della notte lo colpì in piena faccia, provocandogli dei brividi di freddo. Si arrampicò sul davanzale e guardò in basso. Non era affatto consigliabile compiere un salto di una decina e più di metri. L'unica alternativa per sfuggire da quell'inferno artificiale era era di salire sul tetto. Afferrando una tegola fuoriuscente e con un movimento fulmineo uscì finalmente dal fabbricato e assaporò l'aria pura con un respiro profondo.

Era lì che si sarebbero dovuti ritrovare, così si mise a gironzolare canticchiando a bassa voce, sicuro che Cam avesse sbagliato destinazione per la sua ricerca di Ian.

Sara. Un tempo era stato seriamente innamorato di lei, l'aveva amata sempre da lontano, sapendo che non l'avrebbe mai potuta sottrarre a Cam,nemmeno se lo avesse voluto. Aveva lasciato perdere quando aveva incontrato Aileen, la Nephilim che gli aveva fatto perdere la testa anni prima. Poi lei lo lasciò quando scoprì chi era veramente.

Alan non aveva mai avuto il coraggio di dirle chi era veramente, un demone incapace di amare, e per questo lei era andata su tutte le furie quando aveva incontrato Cam e aveva visto il tatuaggio di Satana sul suo collo. Possibile che Cam dovesse sempre interpretare il ruolo del guastafeste? Aileen lo aveva accusato di essere un vile, di non riuscire ad affrontare le cose come si presentano nella vita davvero. Era quello che Alan aveva sempre pensato di sé stesso, ma da quando Sara lo aveva rifiutato apertamente era diventato via via meno sicuro di sé. Si tenne in perfetto equilibrio lungo il bordo del tetto aspettando che venisse qualcuno. Era così immerso nei propri pensieri riguardanti le sue avventure amorose, che non vide in tempo l'angelo che gli venne dietro silenziosamente e gli diede uno spintone con l'intento di farlo cadere giù. Alan si lasciò sfuggire un gridellino di sorpresa e mulinò le braccia nell'aria. Sentì qualcuno ghignare e alzando lo sguardo riconobbe subito il volto che lo sovrastava.

Daniel. Quello gli afferrò il braccio e lo rimise in piedi senza smettere di ridere. Alan si sentì offeso e volendo ricambiare il favore gli mise una gamba tra le sue proprio nell'attimo nel quale Daniel stava per muoversi con un passo in avanti. L'angelo, a suo contrario, si raddrizzò subito e Alan sentì un istinto vendicativo covarsi dentro di lui. La risata di Daniel divenne fragorosa e il demone si sentì sepolto dall'imbarazzo.

-Te la farò pagare, stronzo.- Gli occhi grigi dell'angelo luccicavano alla luce della luna, emettendo un bagliore sensazionale. -Dovrei aver paura?-

-Penso proprio di sì.- A quel punto tutte e due ridevano a perdifiato per le minacce che amavano rivolgersi senza che nulla si potesse realizzare. Dopotutto, avevano mantenuto il legame che avevano stabilito durante la permanenza in Paradiso, un legame indissolubile, ben più forte di quello di sangue che si crea tra due fratelli. Daniel divenne improvvisamente serio e Alan notò dalle occhiaie che gli contornavano gli occhi quanto fosse stanco o per le notti passate senza chiudere occhio o per la mancanza della sua Luce. -Alan, Ro ha trovato qualcosa.- La familiare sensazione di eccitazione per la prospettiva di uno scontro con un possibile corpo a corpo infiammò le vene di Alan.

-E me lo dici ora?-

 

Sara camminava sconsolata nella buia strada di Park Ave stringendosi convulsamente la pancia dolorante. Con la borsa di tela che le batteva sulla gamba mentre camminava seguendo la sensazione di calore nell'anima, un meccanismo di cui non aveva mai capito il funzionamento, si era diretta lì, in quella tenebrosa via di New York, tormentandosi per non aver indossato qualcos'altro oltre quella leggera maglietta di cotone.

Il freddo le pungeva la pelle facendole venire la pelle d'oca. Non riusciva a togliersi dalla mente la sensazione di sconvolgimento e malessere che aveva provato china sulla tazza.

Ma che le succedeva? Molte altre volte aveva dovuto sopportare la mancanza di Cam ma mai, mai la testa le aveva doluto in quel modo, mai i crampi erano stati così dolorosi, mai lo sguardo di Abigail era stato allarmato a tal modo.

Gli edifici scuri e vagamente illuminati dalla luna ogni tanto ricoperta da sprazzi di nuvole incombevano su Sara come mani che si protendessero verso di lei per afferrarla. Le strade erano stranamente silenziose e vuote senza il traffico giornaliero. I rumori dei passi risuonavano come un rullo di decine di tamburi perché nell'aria non si udiva nulla. Un taxi le sfrecciò di fianco e l'autista nemmeno la degnò di uno sguardo. Strinse tra le mani la collana che portava sempre al collo, come se le potesse trasmettere calore o un minimo di incoraggiamento a proseguire. All'incrocio tra Park Ave e 96th Street Sara svoltò a destra, ma non per sua spontanea volontà. I suoi piedi presero da soli quella direzione senza che lei ci potesse far nulla, il suo cuore era già volato via da Cam, pronto per trovare il suo completamento. Passò accanto alla libreria e al supermercato dove spesso Cam e lei andavano a far scorta di cibo. Il fiato le divenne corto inaspettatamente e senza alcun motivo  il cuore le martellò in gola con forza, facendola restare senza respiro.

Si fermò ansimando e le venne improvvisamente un urgente bisogno di sedersi. Nonostante l'asfalto fosse stato gelido, si sentì subito meglio e appoggiò la testa sulle ginocchia sfregandosi le tempie con le mani. Qualcosa era cambiato in lei ma non riusciva bene ancora a capire la causa del benessere che provava.

-Sara!- Per un attimo sperò che fosse stato Cam a chiamarlo, ma la voce non era profonda e ammaliante come la sua. Sara alzò lo sguardo e vide un ragazzo biondo correrle incontro. -Daniel?- mormorò ma non era completamente sicura che fosse lui. Quando lui si avvicinò, Sara riconobbe quegli occhi cordiali e familiari. Era Nathan, il commesso del supermercato “Associated Supermarket”, davanti al quale Sara era accasciata tremante. In quel momento capì come mai si sentiva tanto meglio: i crampi erano scomparsi, o almeno in parte.

Nathan era di fronte a lei e le porgeva una mano per aiutarla ad alzarsi. Accettò di buon grado e non appena si levò in piedi scoppiò in lacrime in un pianto lungo e liberatorio per il sollievo, la consapevolezza di essere ormai vicina a Cam.

Nathan si frugò nella tasca del pastrano nero che indossava e tirò fuori un fazzoletto di stoffa che porse a Sara con un sorriso. Anche lei gli sorrise e allungò la mano per prendere il

fazzoletto. Si soffiò il naso e gli disse con il tono più gentile che poté: -Grazie.-

Nathan sembrò rallegrato per averla fatta sentire meglio e le posò una mano sulla spalla. -Sara, cosa ci fai da queste parti? E non hai freddo con questa maglietta?- I suoi occhi azzurri e grandi irradiavano una calma e una tranquillità che ogni tanto anche Sara avrebbe voluto possedere. -Sono venuta per fare un salto da Monkey.- Lucky Monkey Pictures era il negozio di DVD della zona. Era una bugia credibile, dato che spesso Sara ci andava per comprare regali di compleanno. Una bugia credibile, sì, se solo fosse stato l'orario giusto. Pensò troppo tardi a questo piccolo dettaglio. Fece per smentirsi ma Nathan aggrottò la fronte e parlò prima che lei potesse aprir bocca. -Sara, non credi che sia un po' troppo tardi per andarci? Sai, a quest'ora è tutto chiuso.- Si sentì una stupida bugiarda.

Nathan si chinò su di lei e le disse, con un tono dolce e confidenziale: -Ti senti bene? Devo chiamare Cam?- Sara sentì il suo fiato stuzzicarle il viso e scosse la testa con convinzione. -No, torno subito a casa.- Non riuscì a convincere Nathan, che inarcò un sopracciglio. -Pensavo che di sabato restasse aperto fino a tardi.-

-Beh, sappi che non è così.- Lei e Nathan erano amici e con lui avrebbe potuto trascorrere ore a parlare ma si sentì in dovere di andarsene. Più tempo perdeva, peggio era per Cam e per lei. -Okay, grazie per l'informazione. Ora devo andare.- Si staccò da lui e corse via, senza badare al suo sguardo preoccupato e ferito.

Le sue gambe fremevano, volenterose di correre tra le braccia dell'angelo che amava Sara a nessuna condizione, senza alcun rimorso. Corse attraverso 96th Street, passò davanti alla fermata dell'autobus e svoltò a destra in Lexington Ave. Il cuore le pulsava così forte che la lasciò senza fiato e Sara fu costretta a fermarsi nuovamente e riempire i polmoni. Ora non provava nessun dolore, come se avesse preso degli antidolorifici. Alzò lo sguardo e restò sbalordita: i suoi piedi l'avevano guidata davanti allo zuccherificio ormai abbandonato di Manhattan.

 

-Sicuro di averlo visto qui? Mi sembra che non ci sia nessuno nei paraggi.-

Alan e Daniel, entrati nell'edificio da un lucernario, camminavano in un corridoio con le schiene radenti al muro per cercare di fare il meno rumore possibile.

-Sssh, Alan! Ci sentiranno!- Daniel, a differenza di Alan, aveva la capacità di parlare con un tono così basso in modo che nessuno, a eccezione del suo interlocutore, lo potesse sentire. Alan sospirò di esasperazione e ripeté la domanda con un mormorio inudibile all'orecchio umano. -Sì, ne sono certo. Poi è andato di là.- Daniel, con un gesto della mano, indicò il corridoio adiacente al loro. Le loro scarpe scricchiolavano sul pavimento di moquette sdrucita. Per il resto, non volava una mosca.

-Allora perché non lo hai fermato?- Mentre i due angeli camminavano alla ricerca di Ro, Alan era rimasto indietro, avendo visto una flebile luce proveniente dal vano di una porta socchiusa. Alan e Daniel avevano fatto irruzione, ma scoprendo soltanto che la luce proveniva dal bagliore lunare che illuminava la stanza dato che le tende rattoppate erano state scostate. Daniel era rimasto fuori e aveva accusato di vedere un'ombra passare per il corridoio.

Daniel alzò gli occhi al cielo. -Ti ho già detto centinaia di volte che era armato di ben due stellesaette. Cosa avremmo potuto fare? Affrontarlo a mani nude?-

-Io l'avrei fatto.- Alan era troppo audace e questo gli aveva provocato in passato troppe conseguenze. Daniel soffocò una risata ma il sorriso scomparve subito quando davanti a loro si parò uno spettacolo sconcertante: al centro del pavimento si apriva una voragine larga quanto il corridoio, con i bordi pericolanti. Il buio sotto di essa sembrava impenetrabile e al contempo irraggiungibile. Alan emise un fischio e Daniel si batté il palmo della mano sulla fronte e si passò le dita tra i capelli biondi. Avevano entrambi paura che qualcuno di loro ci fosse caduto dentro accidentalmente, e non avevano affatto tutti i torti.   -Fantastico. Ci caliamo dentro o chiamiamo i rinforzi?-

-Alan, non credo sia una buona idea chiamare gli altri.-

-Non voglio essere coinvolto dal tuo masochismo.-

Alan si avvicinò ai bordi del cratere, contemplando l'infinità al di sotto. Avevano bisogno di Cam, l'angelo più esperto in quel campo. Si grattò il mento con una mano e nell'attimo in cui chinò la testa vide qualcosa brillare sotto di sé. Non era esattamente una luce, ma un bagliore che accomunava tutti gli angeli, un riconoscimento inconfondibile: l'anima. Quindi, lì sotto c'era davvero un angelo. Si voltò per riferirlo a Daniel ma quello lo precedette. -Alan, prova a pensarci: se laggiù si nascondesse un pericolo o una minaccia di morte, non sarebbe meglio affrontarlo da soli, in modo che gli altri possano eventualmente vendicarci?- -Il tuo ottimismo rende la mia vita più serena.- Alan sbuffò e posò le mani sulle spalle di Daniel. I suoi occhi grigi, privi di un minimo spruzzo di viola, erano la cosa più triste che si possa immaginare. -Chiudi gli occhi e concentrati.- Daniel ubbidì senza esitazione e aggrottò la fronte, come faceva sempre quando un'attività richiedeva uno sforzo.

-Non vedi nulla?- Daniel sbarrò le palpebre dileguandosi da Alan e si inginocchiò accanto alla voragine. Alan sorrise, contento di avere con sé un compagno così intelligente. -Cam.-

-Proprio così.- La sua anima era riconoscibile anche tra migliaia: era unica, formidabile per la purezza e la complessità della tenacia che emanava, esprimeva una durezza e una fascino irraggiungibile da ogni altra. Non era un semplice angelo, era il demone più vicino e fedele a Lucifero, per lui era come un padre e non lo avrebbe mai tradito, nemmeno per amore, o almeno così Alan pensava. Anche il demone si avvicinò alla voragine e si inginocchiò. -Dobbiamo calarci, Daniel. In questo momento Cam potrebbe anche rischiare di grosso.-

Un sorriso sommesso stese le labbra rosee di Daniel. -E poi sarei io il pessimista.-

 

Sara, con il cuore in tumulto, fissava dubbiosa il portone di ferro dell'edificio che si stagliava davanti ai suoi occhi, come un ago che vuole bucare il cielo. Giocherellava nervosamente con la tracolla della borsa di tela pensando a come avrebbe dovuto agire. Si avvicinò all'inferriata posando le mani infreddolite e tremanti sulle sbarre.

Doveva trovarlo, ma non sapeva da dove cominciare. Dietro il cancello si faceva strada un sentiero terroso e malmesso, talvolta interrotto dalle erbacce ribelli. Conduceva alla facciata di marmo ormai rovinato e in parte ceduto a causa degli anni.

Da quella distanza, nonostante la sua formidabile vista angelica, Sara non riusciva a scorgere che ombre tenebrose che si facevano strada fino a lei. Rabbrividì e penso che il mezzo più semplice sarebbe stato quello di scavalcare il cancello, sostituendo le gambe alle ali frementi tra le sue scapole; se le avesse lasciate andare di certo sarebbe stata notata. Scrollò le spalle e infilò un piede tra un incrocio delle sbarre metalliche e congelate. Fece lo stesso con l'altro e cominciò a salire, usando ogni appiglio possibile. Giunta alla sommità del cancello, con un salto atterrò sul terreno dalla parte opposta. L'urto non turbò minimamente Sara, che, senza guardarsi indietro, cominciò a percorrere lo stretto vialetto. Ora riusciva a riconoscere meglio l'ambiente circostante. La vegetazione era completamente lasciata a sé stessa, molti ciottoli erano ormai sbalzati via e delle profonde buche ostacolavano il passo. Sara si portò la mano al collo e strinse in pugno il ciondolo che portava, come in cerca di una consolazione o un minimo di incoraggiamento.

Alti faggi ombrosi delimitavano il cortiletto, protendendo i rami raggrinziti e spogli verso il cielo. Sembrava un cimitero risalente a secoli addietro piuttosto che un zuccherificio disabitato da pochi decenni. Sara giunse alla porta sgangherata le cui assi di legno sporgevano verso l'interno, lasciando intravvedere un antro spazioso immerso nelle tenebre. Spinse delicatamente la porta, provocando un insopportabile cigolio dei cardini.

Qualcosa le frusciò tra le gambe e allarmata abbassò lo sguardo. Una sottile striscia d'ombra più densa delle altre le si attorcigliò attorno alla caviglia destra e le risalì lungo la coscia fasciata dai jeans. Sara lo riconobbe: era uno Schierato, una di quelle creature demoniache che Cam amava evocare. Lo scacciò con un gesto impaziente dalla mano e quello scomparve subito dissolvendosi nell'aria. Ma non era poi una presenza così negativa: significava che in quell'edificio c'era Cam, o almeno uno dei suoi a cui poteva chiedere qualcosa. Chiuse gli occhi ed entrò. La prima cosa che sentì fu una sensazione di freddo lancinante ancora più pungente di quello esterno. Sara aprì gli occhi ed aguzzò la vista, ma questo non la aiutò a scorgere qualcosa. Fece un respiro profondo e un odore dolciastro e nauseante le riempì le narici, provocandole un conato che la fece tossire.

-Finalmente sei tornata.-

Quella voce. Quella voce che Sara aveva sempre temuto di risentire, che aveva popolato i suoi incubi peggiori, quella voce che aveva tanto amato e odiato con la stessa intensità con cui l'aveva adorata. Sara sentì qualcosa sfiorarle il collo, un non so che di morbido e umido. Labbra. Si voltò, pronta al peggio. Due occhi lucenti balenarono nel buio, un paio di occhi scuri e grandi.

Ian. Anche se Sara non scorgeva altro, lo avrebbe riconosciuto dovunque.

Le sue labbra rosse e appetitose le sorridevano malignamente, il profilo tutto zigomi che tante volte Sara aveva baciato e assaporato in passato non era nulla per lei a confronto con quello di Cam, più puro e più semplice da amare.

-Io non sono tornata. Non mi vedrai mai più pronta ad amarti.-

L'odio che aveva covato per fin troppo tempo ora le sgorgava dal cuore e le usciva di bocca con naturalezza. L'amore per Ian che aveva illuminato le sue giornate era ormai terminato da tempo, da quando lui non faceva altro che costringerla a restargli accanto sempre senza che potesse dileguarsi dal suo abbraccio rovente, picchiandola e umiliandola quando le minacce non riuscivano a fermarla abbastanza. Le mani di Sara fremevano per il desiderio di vendicarsi.

-Eppure sei qui.- Il sorriso di Ian splendette e Sara si sentì stringere il cuore. L'unica cosa che di lui le era mancata era la sua bellezza formidabile. Deglutì e replicò, con un tono che desiderò risultasse il più minaccioso possibile: -Di certo non per te. Sono qui per Cam, so che tu sai dove si trovi.- Ian aggrottò la fronte e si passò una mano sul viso, come faceva sempre quando era stanco, ricordò Sara.

-Cam non è qui.- Sara lo conosceva meglio di chiunque altro e sapeva che stesse mentendo. Lo intuiva dal modo con cui aveva posato le mani sui fianchi e stringeva convulsamente le dita, scorgeva ogni sua minima mossa nonostante il buio. Fece per rispondere ma Ian l'avvolse in un abbraccio, le baciò la guancia e le accarezzò il viso con il dorso della mano. -Sì, sto mentendo. So che l'hai capito.- Le sue labbra le baciarono le palpebre socchiuse. -Ma cos'altro potrei fare per convincerti che ti amo ancora? Sono cambiato, amore mio.- Sara, facendo leva sul suo petto, si scostò da lui e allontanò il viso dal suo.

-Non chiamarmi così. Non mi hai mai amata. Mi hai solo usata con la consapevolezza che nessun'altra donna al mondo avrebbe sopportato le tue prepotenze maschiliste.-

Da quanto tempo Sara desiderava fargli un discorso del genere? Ma Ian non cedette, la strinse ancora di più e la baciò sulle labbra. Sara cercò di allontanarlo con tutte le sue forze, ma non lo mosse di un centimetro. Era come se le sue braccia non volessero davvero scacciarlo via, perché anziché spingere stringevano tra le dita il tessuto della maglietta e lo tiravano, come se desiderassero di più di quel semplice contatto.

Due smeraldi lampeggiarono davanti alle palpebre chiuse di Sara.

Questo le diede la forza di allontanare Ian una volta per tutte. Raccolse tutte le sue forze strabilianti sui palmi delle mani e diede uno spintone che fece mollare la presa su di lei a Ian e lo fece barcollare all'indietro. Sara sfruttò quel momento per scappare via, con ancora la sensazione di calore sulle labbra che aveva provato durante il bacio con l'angelo.

Raggiunse una parete dell'atrio e arrancando e muovendo le mani nell'aria toccò qualcosa. Seguì il profilo con le dita fino a intuire un susseguirsi di disegni rettangolari.

Scale, anche piuttosto polverose. Si arrampicò senza pensarci due volte e cominciò a salire, spesso inciampando per la mancanza di un minimo guizzo di luce.

-Sara, fermati!- Sentiva Ian correre verso di lei ma non gli badava. Sapeva che Cam era nelle vicinanze, e questo le dava la forza per accelerare. Cadde a terra sui palmi delle mani quando non si accorse in tempo che la rampa di scale era terminata.

Sara si sentì sollevare e tirarsi in piedi. Un braccio le circondò la vita e la nascose in un antro nascosto nel muro. Fece per strillare ma una mano le tappò la bocca.

-Sono io, Roland.- Il sollievo la pervase. Non doveva più temere per sé stessa, ma solo per la sorte di Cam.

 

Cam si staccò dalla ragazza quando quella afferrò la cinta dei suoi pantaloni.

-Non credi che sia un po' troppo presto?- scherzò il demone e finalmente trovò la forza di alzarsi in piedi e lasciare perdere l'umana.

Si rese conto di quanto fosse ridicola quella situazione. Invece di uccidere l'angelo che minacciava l'esistenza di Sara si trovava rinchiuso in una prigione di un edificio abbandonato assieme ad una ragazza vogliosa.

Le ali fremettero sotto la pelle quando Cam udì un tonfo al piano di sopra e subito dopo un silenzio straziante. Ma che stava succedendo? Perché gli altri non lo trovavano? La ragazza si rannicchiò in un angolino e cominciò a singhiozzare, coprendosi il viso con le mani. Perché l'aveva baciata? Cosa diavolo gli era saltato in mente? Cam cercò di non pensarci e camminò avanti e dietro per la stanza, alla ricerca di un modo per uscire fuori di lì.

Un rosone luminoso decorato con motivi a rombi infisso nella parete alla sua destra attirò la sua attenzione, ma si rese conto che era troppo in alto per arrivarci con un semplice salto.

E se avesse... No, non poteva di certo liberare le ali perché la stanzetta oscura sarebbe caduta in frantumi sotto la loro maestosità, seppellendo la giovane e probabilmente sé stesso. Considerò per un attimo la possibilità di scalare le mura. Cosa avrebbe incontrato in cima? Presumibilmente Ian con una stellasaetta a portata di mano, pronto a ucciderlo dopo aver spostato l'asse di legno o qualunque cosa ci fosse stata a coprire la voragine.

Cam pensò che l'unica cosa giusta da fare fosse quella di essere paziente ed aspettare, anche se non sopportava di restarsene lì impalato senza poter far nulla per risolvere la situazione. Così raggiunse la ragazza nell'angolo e le si inginocchiò accanto. -

Ehi, ti posso fare una domanda?- Cercò di parlare con il tono di voce più basso, così che lei non si spaventasse. La ragazza aprì un poco le dita, lasciando intravvedere un occhio. Lei allungò una mano consunta e gli sfiorò la guancia.

-Chiedimi, angelo mio.- Tutta questa possessività da dove salta fuori?

-Come ti chiami?-

Probabilmente si aspettava una domanda del tipo Come ti è saltato in mente di baciare un angelo? o Mi trovi davvero così carino?.

La ragazza abbassò la mano e la posò sul ginocchio. -Mi chiamo Elaheh.-

Cam sorrise. Da quanto tempo non sentiva una ragazza chiamarsi così? Secoli? Millenni? -Be', direi che è un nome piuttosto... antico.- Cam si sorprese quando Elaheh scattò su di lui e gli prese il mento con una mano, ficcandogli le unghie lunghe nella carne. Con l'altra gli puntava un dito sul petto. I suoi occhi, prima tanto innocenti, sembrarono animarsi da un'energia seppellita e ritornata in vita. Elaheh digrignò i denti e gli sputò in faccia.

Cam fece per pulirsi il viso con il dorso della mano ma quella l'afferrò e gli strinse il polso con forza, mentre con l'altra mano spingeva sempre più a fondo le unghie.

Cam sapeva che avrebbe potuto liberarsi con un semplice movimento della testa e stenderla al suolo per poi strangolarla con nessuna difficoltà, ma era proprio curioso di vedere dove la ragazza volesse andare a finire. Così se ne stette lì a guardarla, nel patetico tentativo di trattenerlo e di risultare minacciosa.

Ora che Cam la poteva guardare più da vicino, si rese conto di quanto la sua bellezza fosse minore rispetto a quella che lui aveva immaginato. La sua bocca era distorta in una smorfia, il naso era rivolto verso l'alto, gli occhi grandi e luminosi era contornati da piccole rughe, le ciglia erano sporche e incollate, gli angoli erano appiccicosi di un viscido liquido giallastro come se avesse avuto la congiuntivite. Cam rimpianse di averla baciata senza alcun ritegno. -Sì, angelo. Ora ho capito cosa sei veramente: un demone- rivelò Elaheh, pronunciando l'ultima parola con un tale disprezzo che Cam si sentì offeso.

-Prima sono stata accecata dal tuo fascino, ma ora non ci casco più, mostro.-

Cam sussultò di dolore quando Elaheh fece correre le sue unghie affilate sul collo, provocandogli graffi profondi. Subito ne uscirono infiniti rivoli di sangue che le macchiarono le dita. Quando se ne accorse strillò e gli tirò uno schiaffo. Cam non reagì, anzi la fissò con uno sguardo di sfida, come a invitarla a fare di più.

-Carina. Scommetto che con gli uomini non hai molto successo.-

Elaheh gli tirò un altro schiaffo e si pulì le dita sporche di sangue demoniaco sulla maglietta sudicia con un'aria di malcelato disgusto. -Come osi rivolgerti a me in questo modo, demone? Come osi sporcarmi del tuo sangue ripugnante? Preferirei morire dopo un'infinita tortura piuttosto che deturparmi di nuovo con il tuo sangue, cane.-

Cam non ne poté più. -Eccoti servita.- Come aveva previsto mosse il capo con un leggero movimento e le mani di Elaheh scivolarono via. La prese per le spalle e la scaraventò a terra di schiena, con tutta la forza che aveva. Sentì la clavicola spezzarsi sotto il suo vigore, un fastidioso scricchiolio che lo turbò minimamente.

Elaheh emise un urlo terrificante che risuonò per tutta la stanza e rimbombò rimbalzando sulle pareti. Poi Cam, senza mollare la presa, spostò la stretta sul collo. Gli occhi di Elaheh si riempirono di sangue, segno della rottura dei capillari, il suo viso divenne rosso fuoco e dopo poco tempo le mancò l'aria per urlare. Cam sentiva che stava per morire, ma non provò un briciolo di pietà. Uccidere era sempre stata una delle sue attività preferite da quando aveva cambiato schieramento. Non sentì più il battito del cuore della ragazza sotto i suoi palmi sudati. Era morta. Perfetto, proprio quello che voleva.

Il suo viso era bloccato per sempre in un'espressione di puro terrore e sofferenza.

Cam si staccò da lei con un sorrisino: come era facile uccidere gli umani! Notò uno scintillio sul fianco di Elaheh, che aveva già perso ogni traccia di colore.

Si avvicinò, alzando un lembo della maglietta, e restò a bocca aperta. Era un pugnale lungo e affilato, come gli erano sembrate le unghie della ragazza quando lo avevano graffiato. Sulla lama erano incisi centinaia di piccole spirali in bassorilievo colorate di nero e l'elsa di legno era puntellata di una decina di perle d'ambra luminescenti.

Non è possibile, pensò, pur sapendo che probabilmente ciò che pensava era la realtà. Girò Elaheh sul ventre senza esitazione e con il cuore in tumulto e le sollevò la maglietta fino alle scapole. Una spirale di un nero corvino era stata tracciata con un marchio a fuoco, come tradizione, al centro perfetto della schiena.

Cam deglutì. Una Serva.

Aveva sempre sentito parlare di quella setta di umani fanatici, nemici mortali di Lucifero e della sua schiera di demoni. I Servi avevano un solo obiettivo: catturare e uccidere i demoni, tutti quelli che riuscivano a trovare, senza alcuna eccezione. Cam abbassò la maglietta e si allontanò da lei, tirandosi in piedi. Non riusciva a credere di averla uccisa. Aveva avuto le sue ragioni per odiarlo così profondamente e lui apprezzava coloro che combattevano con onore e desiderio di far valere le proprie idee.

Un tonfo lo riscosse, seguito da un altro identico. Si guardò intorno allarmato, indeciso se nascondere il cadavere di Elaheh. Ma prima che potesse pensare ad altro, un viso familiare gli si parò davanti, un viso con grandi occhi blu, incantevoli.

-A...Alan?- Cam si sentiva ancora sottosopra per Elaheh. Poche volte gli era capitato di sentirsi in colpa dopo un omicidio.

-Cam! Stai bene?- Alan gli passò le mani sul volto e tra i capelli neri. Cam fece una smorfia e gli allontanò le mani con delicatezza.

-Sì, sì, sto bene, Alan.- Lo guardò negli occhi scrutabili perfino nel buio e gli sorrise debolmente, come per rassicurarlo. Un'ombra si fece strada alle spalle di Alan e Cam trasalì. Si tranquillizzò solo quando dal buio spuntarono un paio d'occhi grigi. Daniel Grigori.

Il sangue di Cam ribollì. Non era mai riuscito a capirlo, ma per qualche misterioso motivo covava per Daniel un misterioso rancore che non dava segno di attenuarsi nonostante la loro lunga amicizia e inimicizia. Daniel gli venne davanti e lo prese per le spalle, scuotendolo lievemente. -Hai le pupille dilatate. È successo qualcosa?- Alan sbuffò con impazienza. -Perché diavolo pensi che se si hanno le pupille dilatate c'è qualcosa che non va?-

Cam sorrise. Era così semplice far irritare Alan. -Daniel, sto bene. È che... -

S'interruppe e guardò i suoi salvatori. -Aspettate un attimo. Come avete fatto ad entrare? Il buco non è ricoperto? Pensavo che Ian avesse messo delle sicurezze più valide.-

Alan accostò il viso al suo e gli pulì il collo con il dorso della mano da un rivolo di sangue, aggrottando la fronte. -Ehi, fratello. Che hai combinato qui? Sembrano... graffi.-

Cam si allontanò un poco e lo guardò dritto negli occhi. -Rispondete prima alla mia domanda.- Daniel inarcò un sopracciglio e parlò. -Non c'è nessuna copertura. Solo ombre radunate e lasciate lì a darti l'impressione che il buco sia chiuso.-

Cam, alzando lo sguardo, diede un'occhiata verso l'alto. Dov'era Sara? Come stava? -Roland? Dov'è?- L'ultima volta che lo aveva visto era stato quando si erano divisi per l'esplorazione dell'edificio. Alan sogghignò e alzò una mano.

-No, no, fratello. Ora è il nostro turno.- Alzò il mento e si spostò un ciuffo di capelli neri caduto sulla fronte con un gesto frettoloso della mano. Cam sospirò. E adesso? -

C'è... c'era una ragazza, qui. Si chiama Elaheh.- Alan scoppiò in una risata tesa.

-Elena cosa?- Cam abbassò lo sguardo guardandosi la punta delle scarpe di cuoio. -Elaheh- rispose a bassa voce. Alan sorrise e fece un giretto per la stanza per cercare la donna. -Appena ti lasciamo solo ritornano le vecchie abitudini, vero Cam? Vero Gri...- S'interruppe e Cam lo sentì imprecare. Daniel incrociò il suo sguardo allarmato e si avvicinò ad Alan, chino sul pavimento, osservando qualcosa che non riusciva a vedere, per ora. Cam chinò il capo, pronto alla ramanzina degli amici. Ma non sentì nulla, solo un debole fischio di Alan. -Ma che cavolo...- Un tonfo e uno struscio riecheggiarono sulle pareti della stanza. Cam non si mosse. Il suo cuore era freddo come la pietra, privo di ogni consolazione, privo di un qualche calore che lo potesse rinvigorire, privo di Lei. Alzò lo sguardo e vide che Alan aveva girato il corpo di Elaheh sulla schiena e contemplava il viso logoro della ragazza, sfiorandole il collo, sul quale erano rimasti impressi i segni delle dita stritolanti del demone. Guardò Cam, poi Daniel, immobile e con le braccia tese lungo i fianchi, i pugni stretti, poi di nuovo Cam. -L'hai strangolata?- Cam sospirò ma non osò avvicinarsi. La vergogna dell'atto che aveva commesso era troppo grande in lui e non di certo rassicurante.

-Mi dispiace. Mi ha insultato dopo avermi baciato e mi ha graffiato il collo- cercò di spiegarsi con tono sommesso, sapendo comunque che le sue scuse non sarebbero valse a nulla. -Che avrei dovuto fare? Lasciarmi trattare in quel modo, come se fossi un animale da macello o...- Alan si alzò in piedi con il pugnale di Elaheh tra le mani che aveva sfilato dalla sua cintura. Cam smise di parlare e deglutì, come se fosse giunta la sua morte.

-Fratello, calmati, non voglio farti nulla.- Gli posò una mano sulla spalla e accostò la fronte alla sua come se fossero davvero fratelli, uniti da un legame di sangue indissolubile.

-È una Serva. O meglio, era una Serva. Ma non l'avresti dovuta uccidere, ci sarebbe stata d'aiuto.- Cam sentiva il suo fiato caldo stuzzicargli le guance, talmente erano vicini.

-E come?-  Prima che l'amico replicasse, la risposta si era già formulata da sola nella sua mente offuscata. Avrebbe potuto spiegare loro come raggiungere l'uscita di quell'edificio, il modo di trovare Ian e ucciderlo, finalmente. Alan aprì la bocca per parlare ma Daniel li raggiunse, lo sguardo vitreo e ancora più mesto del solito.

-La solita storia: Ian che imprigiona i Servi perché sanno troppo.- Alzò gli occhi al soffitto. -Dobbiamo trovare il modo di uscire di qui, piccioncini.- Bastò l'ultima parola di Daniel per far allontanare repentinamente Alan e Cam, districandoli dal loro intimo contatto. Cam spesso pensava ad Alan e alla loro amicizia, ma la relazione terminava lì, non c'era amore di quel genere. Però, riflettendoci, Cam non aveva mai chiesto ad Alan che cosa provava veramente per lui. Possibile che ci stesse pensando solo in quel momento? Alan arrossì e sfiorò le pareti della cella con le dita tremanti. -Già, comincia a pensarci tu, Grigori.-

Daniel sorrise, felice di aver trovato il punto debole di Alan.


Angolo autrice: Ciao, Falleniane/i! Ecco un nuovo capitolo della storia. In questa parte del testo, incontriamo più o meno tutti i personaggi delle vicende, o almeno i più importanti, dato che siamo giunti ad un punto di svolta.
Ringrazio tutti coloro che leggono, seguono, commentano le mie vicende! Vi ringrazio di cuore!
Un bacio!
GiuliaFray

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo Aver coscienza delle proprie colpe è il primo passo verso la salvezza. Epicuro ***


Capitolo settimo

 

Aver coscienza delle proprie colpe

è il primo passo verso la salvezza.

Epicuro

 

Abigail giocherellava nervosamente con le frange del cuscino che stringeva tra le mani, come in cerca di una consolazione. Non aveva mai visto Sara in condizioni tanto pessime come quella e di certo non era una cosa di cui non se ne doveva preoccupare.

Di tanto in tanto cambiava distrattamente canale alla televisione accesa, tanto per cercare una distrazione allo strazio che provava in cuore, ma non serviva a nulla. Nella maggior parte dei canali trasmettevano telenovelle narranti la storia di una coppietta felice o di una famiglia incasinata, cosa che le faceva ricordare Roland, cosa che non desiderava affatto. Sospirò e cambiò canale per l'ennesima volta. Vendita di gioielli con pietre talmente grandi e poco costose che nessuno avrebbe creduto per vere.

Luce sonnecchiava serenamente dall'altra parte del divano sul quale erano comodamente adagiate, spesso chiamando Daniel per poi rigirarsi e cadere in un sonno profondo.

Abigail sorrise. Luce era così pacifica quando dormiva che non riuscì a non provare per lei una fitta di tenerezza. Come stava Sara? Aveva ancora vomitato nel bagno della stanza di Cam? Contro ogni sua buona volontà di lasciarle un po' di pace e autonomia, Abigail si alzò, scostando i cuscini e il plaid con cui era coperta e raggiunse la scale salendole a due a due. Giunta nel corridoio e davanti alla porta della stanza di Cam, alla cui maniglia era appeso un cartellino con la scritta fosforescente “DO NOT DISTURB”, bussò lievemente, sperando che Sara fosse sveglia. Nessuna risposta. Abigail, lievemente preoccupata, ritentò, bussando con più energia per poi passare al piano B: scassinare la porta. Abbassò di colpo la maniglia, che cedette sotto la sua forza angelica, e la porta si spalancò di colpo. L'angelo entrò trafelata nella stanza guardandosi attorno allarmata, ma conoscendo già in cuor suo il motivo della non-risposta. Sara non c'era, era “misteriosamente” sparita, un'altra volta. Abigail sapeva che avrebbe dovuto arrabbiarsi sul serio, ma conosceva la causa della scomparsa dell'amica: era andata a cercare Cam, comprensibile. Anche lei lo avrebbe fatto per Roland, no? Così, con un'alzata di spalle ma senza che l'ansia si fosse placata del tutto, ridiscese in salotto, pregando che Cam si prendesse cura di lei.

 

-Roland, dov'è Cam?-

-Che fantasia... -

-Scusami è che mi preoccupo fin troppo per lui in questo periodo.-

-Veramente, è sempre stato così.- Il cuore di Sara era in tumulto per l'ansia di aver notizie di Cam. La sua audacia lo portava sempre a compiere azioni sfrontate ed eccessivamente spinte, cosa di certo non approvata da lei, che quando il suo angelo usciva non faceva altro che starsene impalata davanti alla finestra, nella vana speranza di un suo ritorno.

Roland sorrise. La sua pelle scura era ancora più in penombra nell'antro in cui erano rintanati e la sua corporatura massiccia incombeva su di lei con maestosità.

-Comunque, non lo so. Non vedo Cam da quando ci siamo divisi per la ricerca.-

Parlavano liberamente, senza più sussurrare concitatamente. Dopo essere sfuggiti per miracolo dalla rabbia di Ian, avevano trovato una porta socchiusa e vi si erano rifugiati, ritrovandosi in una stanzetta piccola e malamente odorosa.

Il cuore di Sara non diede segno di rallentare, anzi peggiorò.

-Dobbiamo andare a cercarlo, cioè, cercarli. Perdona il mio egocentrismo.-

Roland rise senza allegria. -Non preoccuparti, ti capisco. Anche per me è così, per Abbie.- Abigail. Sara si era quasi dimenticata di lei e Luce. Poteva a malapena immaginare che colpo lei avesse preso dopo la scoperta della sua fuga. Anche Sara cercò di sorridere ma le uscì una smorfia. Si voltò, incurante dello sguardo indagatore di Roland, e spalancò la porta alle sue spalle. Ma il suo tentativo di ribellione non durò molto. Roland l'afferrò da dietro e la tirò verso di sé. -Sei impazzita? Vuoi farti catturare da Ian?- Sara scrollò le spalle e si liberò dal demone. Ignorandolo, uscì nel corridoio poco illuminato guardandosi attorno con circospezione. Le labbra le pizzicavano ancora per il bacio di Ian, senza dare segno di volerlo dimenticare definitivamente. Bene, pensò, tra poco troverò Cam.

Ma questo non l'aiutò, così si ritrovò a pensare alla sensazione di calore che provava quando Cam la stringeva e la faceva sentire amata, protetta ed appartenente a qualcuno di semplicemente perfetto e meraviglioso. Roland imprecò e la raggiunse, guidandola per un gomito. Prima che lei potesse dirgli quanto fosse irritante con quel suo atteggiamento genitoriale, si parò davanti a loro, dopo una camminata che le parve spaventosamente breve, una voragine nel pavimento. Roland sgranò gli occhi per la sorpresa e mollò la presa con immediato piacere di Sara. Si chinò sul buco, osservando l'interno nel buio più totale.

Sara lo seguì, ma più che per il baratro senza fondo era sconvolta per un altro motivo.

Senza una ragione apparente le sue gambe si erano mosse in quella direzione, seguendo una forza invisibile e potente, l'Amore, un sentimento incrollabile e incondizionato che le riscaldava il cuore con fermezza. Roland l'aveva semplicemente seguita ed ora la foiba era così palese che sembrava fosse apparsa dal nulla.

Una luce debole illuminò il fondo dell'abisso timidamente. Altri bagliori si aggiunsero a questa. Tre torce erano presenti laggiù, segno di una qualche presenza, umana o non. -Anime.- Sara annuì per l'affermazione di Roland e senza pensarci due volte si sedette sul bordo con le gambe a penzoloni. Si lasciò scivolare fino a perdere ogni sorta di superficie d'appoggio e cadde. Roland la imitò e fluttuò nell'aria poco sopra di lei.

Cadere era per gli angeli una specie di impulso, in particolare per quelli caduti, dunque i due non ebbero alcun problema durante la caduta e atterrarono su due piedi elegantemente e senza fratturarsi nulla, come due gatti. Sara atterrò per prima, seguita subito dopo da Roland che le sorrise serenamente. L'ambiente era scuro e la sola luce che filtrava nella stanza era quella di un rosone alla sua sinistra di un colore verdastro. Lei fece saettare gli occhi attorno alla ricerca di Cam, pronta a stringerlo, a baciarlo e ad accarezzargli i capelli, rassicurandolo e dicendogli che presto si sarebbe tutto risolto. Ma non era Cam quello che con un pugno alla tempia la fece finire a terra e le assestò un calcio nelle costole. Cam non avrebbe mai fatto una cosa del genere, nemmeno se Lucifero in persona glielo avesse ordinato. Roland gridò e con una manata, spinse via l'uomo che li aveva accolti così benignamente.

Corse subito da Sara, accasciata a terra gemente, stringendosi la testa tra le mani.

Cam, dove sei? -Ehi, tutto bene?- Sara fece in tempo ad annuire lievemente che un altro omone si scagliò contro Roland e lo stese con una ginocchiata e un cazzotto. Sara strillò per lo spavento e cercò di tirarsi in ginocchio per soccorrere l'amico, ma la colsero le vertigini e fu costretta a sdraiarsi nuovamente. I due uomini fecero per ritornare alla carica ma una voce imperiosa li fermò. -Basta così. Bel lavoro, ragazzi.-

Sara ignorò deliberatamente i giramenti di testa o altro e riuscì addirittura ad alzarsi in piedi. Quella voce era stata la goccia che fa traboccare il vaso.

-Sei così vigliacco da far prendere a botte la gente comandando ad altri di farlo al posto tuo? Se fossi a in te, mi vergognerei a morte.- Ian uscì dall'ombra in un angolo della stanza e le si parò davanti, sorridendo con malvagità.

-Ci vediamo di nuovo. È splendido pensare a quanto tempo abbiamo passato senza incontrarci per mesi per poi ritrovarci così tante volte in un giorno.-

Inclinò la testa di lato curiosamente, scrutando con attenzione Sara.

-E pensare che non volevo più tornare quaggiù.- Sara non aspettava altro. Mollò un ceffone in piena faccia ad Ian. Lo schianto risuonò, giungendole alle orecchie come amplificato.

Ian voltò il capo per l'impatto e spalancò la bocca. Una goccia di sangue colò giù dal labbro inferiore. Mai Sara si era sentita così soddisfatta. Se Cam non era ancora riuscito a raggiungerlo, almeno ce l'aveva fatta lei. Sorrise angelicamente, provocando una maggiore rabbia in Ian. Quello fece un cenno ai due uomini pronti a prendere le sue difese, ma questi si scambiarono un'occhiata d'intesa e si voltarono. Sotto lo sguardo incredulo di Sara, scalarono abilmente le pareti rocciose, sfruttando ogni sorta di appiglio o appoggio.

Subito dopo, non c'era più traccia di loro. ora, in quella stanza, c'erano solo Sara fremente di adrenalina, Ian infuriato e Roland gemente e accasciato per terra. Dunque ora se la doveva vedere con lui. Solamente loro due, soli, potevano entrare in conflitto dato che non c'era nessun altro oltre Ro. O almeno così Sara pensava. Ci fu un guizzo alla sua sinistra, ma non gli diede molta retta. Ian, il suo nemico più odiato, era lì di fronte a lei. Non c'era Cam a proteggerla, quindi tutto ciò che avrebbe combinato sarebbe stato solo sua responsabilità. Ian fremette di fronte a lei e si passò una mano tra i capelli, lo sguardo famelico e irritante. -Perfetto, dolcezza. Dunque, il destino mi ha portato a te.- Sara si irrigidì e strinse i pugni. Alla sua destra, Roland gemeva ancora, dolorante e immobile, gli occhi serrati e la bocca socchiusa. Sara provò compassione per lui e le venne la tentazione di chinarsi al suo fianco e rassicurarlo, ma un'energia nuova si fece strada in lei, una forza fino ad ora sconosciuta che la tenne ferma lì, pronta a fronteggiarsi con Ian e fargli vedere di che pasta era fatta.

-Il destino. Non credi forse che sia stato un po' sadico, con te? Combattere contro una donna è da vili.- Ian fece una smorfia e sputò per terra. -Tu e il tuo Cam mi avete stancato, è giunto il momento di levarvi di torno.- Ora toccò a Sara fare una smorfia di disgusto.

-Come puoi dire questo? Tu ci hai perseguitati per secoli senza ritegno, ritenendoti degno di affrontarci per un motivo stupido. Non hai fatto altro che insultarci e farci soffrire e ora pretendi di... levarci di torno!- Sara inspirò rumorosamente dato che era a corto di fiato e strinse di nuovo i pugni. Ian inarcò un sopracciglio e scoppiò in una fragorosa risata. Rise così tanto e di gusto che gli occhi gli cominciarono a lacrimare. Sara sentì l'irritazione aumentare e saettarle su per il corpo. Quello era il momento giusto per vendicarsi.

Senza badare a Roland che le aveva afferrato una caviglia e la chiamava con voce implorante, si precipitò su Ian, afferrandogli la gola con le mani e stringendo.

Lui, colto alla sprovvista, barcollò indietro in equilibrio precario sulle gambe. Sara lo spinse fino a fargli sbattere la testa sul muro e allentò la presa sul suo collo, solo per sferrargli un pugno sullo stomaco. Ian tossicchiò e sputò sangue, ma Sara non ebbe pietà.

Si sentiva come se la rabbia che aveva covato per secoli ora ribollisse dentro di lei e scoppiasse con il solo intento di ucciderlo per farla franca. Sara gli diede un altro cazzotto in pieno viso, sentendosi infinitamente realizzata. Un sorriso di soddisfazione le stese le labbra ma non durò a lungo. Ian improvvisamente rafforzato afferrò al volo la sua mano, pronta per picchiarlo di nuovo, e le sorrise a sua volta, diabolico.

E questo sarebbe un angelo convinto?, pensò Sara. Lui la afferrò per le spalle e la spinse indietro, senza che lei ci potesse far nulla. Era troppo forte, la sua energia subitanea era sconvolgente. Le spalle di Sara sbatterono contro la parete opposta.

I ruoli si erano invertiti, e nonostante usasse tutta la sua potenza non riusciva a fermarlo. Sara urlò di dolore quando Ian le torse un braccio e le ruppe un osso. Ma lui, proprio come lei fino ad un minuto prima, non provava un briciolo di compassione, anzi, le strinse ancora più l'osso che ora fuoriusciva in modo disumano. Un dolore lancinante le saettò lungo il braccio e si estese in tutto il corpo stremato dalla fatica di quei giorni.

Ian sorrideva ancora e le mollò un manrovescio sulla guancia come se si divertisse.

Sara strinse i denti e chiuse gli occhi cercando di dimenticare il dolore profondo, di pensare a Cam, ai suoi occhi che amava, ma nulla le tornò utile quella volta, nemmeno i ricordi più belli. Non si arrese e incassò le botte come un pugile, come se fossero dei semplici buffetti. Ian si chinò su di lei con sua sorpresa e le accarezzò una guancia intrisa di sangue.

-Sai una cosa? Ho sempre avuto un debole per il tuo tentativo di sopprimere la sofferenza- le sussurrò all'orecchio. Non appena Sara mosse il braccio per rispondere fisicamente alle sue provocazioni irritanti, Ian glielo bloccò e con le mani le premette le braccia contro il muro. Il braccio rotto le faceva così male che Sara non riuscì a trattenere un altro strillo di dolore. Ian la baciò sulle labbra e Sara sussultò. Come si permetteva? Fino ad un secondo prima l'aveva malmenata senza un minimo di compassione! Lei sporse i denti e gli morse con furia il labbro inferiore nel momento in cui Ian le circondò la vita e le accarezzò i capelli. Lui saltò indietro e gemette, toccandosi con una mano il labbro ferito.

Sara fece per stenderlo a terra con un calcio alle costole ma Ian l'afferrò di nuovo con un sorrisino. Il sangue di un rosso vivido formava un lungo e nauseante rivolo.

-Pensavi di farcela, eh? Sappi che ora nulla potrà fermarmi dal portarti via per sempre.-

La ragazza si sentiva vulnerabile, una sensazione che aveva sempre odiato provare.

Ian alzò per un secondo una mano e schioccò le dita, per poi ritornare a torcerle il braccio. Un'ombra più densa delle altre si librò nell'aria pigramente, uscendo da un antro scuro nell'angolo della cella. Fluttuando lentamente, li raggiunse e con un forte senso di nausea per Sara si divise malamente in quattro parti, che con sicurezza, come obbedendo ad un comando inudibile, si mossero verso di lei, che guardò allarmata Ian. Lui le strizzò l'occhio e mimò con le labbra: Tranquilla. Come se lei ci potesse minimamente riuscire.

Due parti dell'ombra le avvolsero i polsi e due le caviglie, incollandola al muro e sostituendo le braccia e le gambe di Ian, raggiante.

-Ecco fatto, piccola. Ora non c'è pericolo che tu possa scappare.-

Sara si concesse di aver paura per una volta e cercò invano di liberarsi dalla presa ferrea di quelle creature disgustose, tanto somiglianti agli Schierati che lei aveva conosciuto con Cam. Dove diavolo si trovava in quel momento e perché Roland era ancora steso a terra? I suoi tempi di convalescenza non erano mai stati così lenti ed esasperanti e questo cominciò a preoccuparla. -Ian, te ne pentirai amaramente.- Ian sghignazzò e si chinò accanto a Roland che si stringeva pateticamente la testa tra le mani e blaterava parole incomprensibili. Un trauma celebrale, probabilmente. Quei due uomini lo avevano colpito alla parte giusta.

Poi inaspettatamente Ian gli diede un calcio pesante alla tempia e Sara si sentì davvero male. Odiava la sensazione di impotenza e al contempo di energia che vuole essere sprigionata ma viene impedita. Ma in tutta sincerità non aveva mai provato quell'esperienza veramente.

Le venne il voltastomaco e si sentì in colpa per aver coinvolto il povero Roland in tutta quella faccenda. Lui non meritava una sofferenza del genere.

Ian, apparentemente soddisfatto, si allontanò di un passo e posò il suo sguardo limpido e mortalmente affascinante -uno sguardo che l'aveva sempre attirata ma al contempo respinta, l'effetto contrario- su di lei. -Sei contenta? Ora che hai condotto i tuoi amichetti in questa missione omicida ti senti gratificata?- Ian si avvicinò e le sfiorò la guancia tremante con un dito. Sara lo guardò in cagnesco ed ebbe il forte impulso di picchiarlo come aveva fatto lui con Roland un attimo fa. Quando il dito di lui si posò sulle sue labbra le venne in mente Cam, il suo angelo. Si sentì in colpa per avergli fatto rischiare la vita ogni giorno, per averlo amato senza ritegno pur sapendo che la loro relazione non sarebbe mai potuta durare in eterno come loro desideravano, che prima o poi si sarebbero dovuti dire addio definitivamente e non rivedersi mai più, che uno di loro avrebbe dovuto uccidere l'altro nelle battaglie tra angeli e demoni. Dunque era quello ciò che Ian le voleva far capire, che loro due non si sarebbero dovuti mai amare? Ma come poteva resistergli? Aveva sempre avuto un debole per i suoi occhi smeraldini e i serici capelli corvini. Avrebbe mai potuto lasciarlo e non rivederlo più? Al solo pensiero le si spezzava al cuore.

Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce rauca di Ian.

-A cosa stai pensando?- Sara si voltò verso di lui con un fremito. Era così vicina a lui che se non fosse stata legata lo avrebbe potuto toccare allungando le dita. -A nulla.- Ci ripensò. -Anzi, no. Sto pensando a quanto sia stupido e da codardi il tuo ridicolo piano di incatenarmi a una parete per timore che io ti possa fare ciò che tu hai fatto a Roland.- Ian sorrise e staccò le mani dal suo viso. -Non ho di certo paura di te, bambolina. Cosa te lo fa pensare?- Sara cercò di sfoggiare il tono non curante e affabile di Cam, un vano tentativo. -Te lo devo ripetere? Hai per caso problemi di udito? Mi hai incatenata qui senza che io possa fare nulla e questo non lo reputi un comportamento da vigliacco? E non chiamarmi bambolina. Il mio nome è Sara, per tua informazione.- Ian rise e inclinò il capo, curioso.

-So perfettamente il tuo nome, tesoro. Non ho bisogno che tu me lo ripeta.-

Sara brontolò irritata: -A quanto pare, se continui a chiamarmi con quei tuoi nomignoli stupidi non lo conosci per niente.- Ma Ian non sorrise, come Sara si aspettava.

Si alzò un lembo della camicia scoprendo un cinturone che gli sorreggeva il paio di jeans, a cui erano legati diversi pugnali di ogni forma e dimensione. Ne sfilò uno, sotto lo sguardo terrorizzato di Sara, e lo sguainò dalla fodera in pelle scura. Aveva una lama lunga e scintillante, dall'aria affilata e tremendamente pericolosa. Avanzò verso Sara, tenendo alto il pugnale dall'elsa decorata con motivi in altorilievo di uccelli in volo. Quando fu a pochi centimetri da lei le sorrise, bramoso di sottoporla ad una nuova tortura. Il braccio le doleva ancora, ma la sofferenza non era nulla rispetto a quella che un semplice umano avrebbe patito se fosse stato in lei, data la sua essenza angelica e la cura rapida di ogni ferita. -E' venuto il momento, dolcezza, di farti capire a che gioco tu e il tuo stupido demone state giocando.- La rabbia le crebbe in corpo, sentendo l'insulto gratuito per Cam.

-Non lo conosci nemmeno! Non azzardarti a chiamarlo così, Ian, o non vedrai più il sole sorgere non appena mi libererai da tutto questo.- Ian arricciò le labbra, lo sguardo divertito. -Che razza di minaccia è questa? Sei così sicura di uscire viva da questo posto, tesoruccio?- Prima che Sara potesse rispondergli per le rime, Ian la zittì con un gesto della mano, sempre tenendo con l'altra l'arma letale. -Cosa sei disposta a dare per Cam?- Sara restò sbalordita da quella domanda. Qualcosa di più semplice no, eh? Deglutì e cercò di dare una risposta che gli facesse capire davvero quanto il loro amore fosse forte e indistruttibile.

-La vita.- Quella era la risposta giusta, la perfezione. Ian non sembrò sorpreso, come se se lo fosse già aspettato da una ragazza determinata come lei.

-Bene, perché credo proprio che sia giunto il momento di dimostrarti quanto tutto questo sia sbagliato.- Agì così fulmineamente che Sara, nonostante la vista acuta, non riuscì a cogliere ogni singolo movimento. In un millesimo di secondo la trafisse in pancia con il pugnale, spingendolo sempre più a fondo con quel suo sguardo diventato tutto ad un tratto omicida.

A Sara si mozzò il fiato, più che per il dolore che già l'attraversava con violenza per la sorpresa. Ian non aveva mai osato fare una cosa del genere, anche se in passato l'aveva picchiata e anche in modo sempre più frequente. Perché lo stava facendo? Era forse impazzito all'improvviso? Fece per formulare quella domanda ma si ricordò di avere un pugnale conficcato nello sterno. Un sapore caldo e metallico le invase la bocca e vomitò sangue, sporcando la camicia di Ian e aumentando la sua furia.

Quello le si accostò e le mormorò all'orecchio, con un orrendo falsetto da femminuccia -Cam? Dove sei, amorino? Perché non vieni a salvarmi ora che ho bisogno delle tue braccia possenti e sicure?- Dunque era questo che le voleva dimostrare, che Cam non la amava sul serio, che non aveva fatto altro che mentirle amaramente ed illuderla.

Sara disprezzò Ian per pensare così male di lui ma... E se avesse avuto ragione? Cam era un demone senza cuore e anima, incapace di amare e di innamorarsi sul serio di una donna, un tipo attraente e ricco di fascino che non faceva altro che spezzare il cuore alle ragazze che incrociavano il suo sguardo verde e cadevano ai suoi piedi.

Ian estrasse il pugnale dalla sua pancia, per poi affondarlo più in basso, appena sopra l'inguine. Sara urlò di dolore e si chiese davvero perché Cam non arrivasse. Possibile che non sentisse i suoi strilli? Non aveva mai dubitato di lui e del suo amore.

Ma c'è sempre una prima volta, no?

 

Molly volava tranquillamente sui tetti di New York, alla ricerca di una distrazione per passare la serata. Le sue ali color bronzo scuro si muovevano con grazia nel vento che le soffiava in faccia facendola sbandare, i vestiti aderenti non la riparavano molto dal freddo, dunque era costretta a stringersi per i gomiti.

La zona malandata della città era al buio, se non per qualche bagliore lunare o la luce dei fari che di tanto in tanto illuminava un incrocio. Per strada non c'era traccia di anima viva, nessuno che fosse andato con gli amici al cinema o alla pizzeria per una cena assieme. Molly sospirò rassegnata. A quanto pareva, il suo destino era quello di ritornarsene a casa senza far di meglio che restarsene riversa sul divano guardando un noioso telefilm alla televisione con un triste pacco di popcorn freddi tra le mani.

Stava già considerando la possibilità di passare da Alan in macchina, che un luccichio attirò la sua attenzione quando lo notò con la coda dell'occhio alla sua sinistra.

Pensò subito ad una festa di liceali e questo la spinse a restringere le ali attorno a sé e a scendere di quota. Quando fu abbastanza vicina, notò che si trattava di una specie di rosone decorato con motivi a rombi colorati in una parete di un edificio alto e imponente, di un nauseante color marroncino. Decisamente non una festa, pensò.

Giunta nei pressi dell'edificio che dallo strano odore dolciastro sospettò che si trattasse di un vecchio zuccherificio, appoggiò i piedi al davanzale stretto della finestra e cercando di non perdere l'equilibrio chiuse le ali, nascondendole sotto la giacca di pelle scura.

Il vento le scompigliò i capelli con la nuova tinta biondo platino e lei se li scostò dal viso, appoggiando la fronte al vetro freddo per vedere meglio l'interno.

Nonostante le sagome intarsiate rendessero la vista deformata e di un inverosimile colore verdastro, scorse due figure, di cui una le dava le spalle e muoveva un braccio con forza verso l'altra persona, unita al muro dietro di sé con delle specie di manette nere e ondulanti. Arricciò il naso e strinse gli occhi per riconoscere qualcosa in più. Dal profilo largo e robusto capì che la figura di spalle era un ragazzo, anche piuttosto carino per i suoi capelli bruni e mossi e la camicia con una manica alzata che lasciava intravvedere il bicipite muscoloso, e che l'altra figura era quella di una ragazza con la bocca socchiusa e contorta in una smorfia di dolore, dall'aspetto stranamente familiare. Il ragazzo alzò il braccio e Molly si accorse che aveva in mano un pugnale, lungo e affilato, che affondò tra le costole di lei con furia, facendola urlare di strazio.

La sua disperazione giunse alle orecchie di Molly. Di certo non era molto cordiale e amichevole a prima vista, ma se c'era una cosa che odiava con tutta sé stessa era vedere un uomo fare del male a una donna, soprattutto con così rabbia e crudeltà. Respirò a fondo per calmarsi e non permettere che la sua vera essenza si sprigionasse trasformandola in una macchina di morte, e con un calcio ruppe il vetro, per poi saltare, pronta a compiere giustizia.

 

Tess si sentì ribollire di rabbia alla vista di Ian che trafiggeva Sara senza minimamente badare alle sue urla disperate.

Perché la odiava così tanto? Da quanto le aveva raccontato Cam e da ciò che aveva visto nei secoli, aveva capito che era Ian a dare fastidio a loro e non viceversa. Ma cosa ne sapeva lei di amore? Arianne, la gioia più grande che avesse avuto nella sua vita, l'aveva abbandonata e da quel momento non aveva più desiderato nessun altro.

Roland era ancora accasciato a terra tremante, senza dare segno di una ripresa imminente. Senza farsi sentire da Ian concentrato su Sara, strisciò lungo le pareti umide e fredde della cella con il naso che le doleva ancora per il calcio da gentiluomo ricevuto da Ian, sfruttando il buio che la contornava delimitandone il perimetro, con il fiato corto per l'esasperazione nel sentire Sara così disperata. Ma perché Cam non era lì a salvarla? Di solito era lui quello che si occupava di tirarla fuori dai guai in cui si cacciava.

Ora era alle spalle di Ian e vedeva lo sguardo vacuo e dolente di Sara. Non aveva mai avuto molta simpatia per lei, a causa del fatto che da un momento all'altro avrebbe potuto abbandonare Cam e ritornare alla sua esistenza angelica e pura, non facendo altro che aumentare la sua sofferenza e la sua insicurezza in amore, cosa cominciata dopo l'allontanamento da Lilith. Ma ora la povera ragazza non faceva altro che ispirarle un moto di compassione e il suo unico desiderio era quello di liberarla da quella atroce tortura. Prima, però, doveva occuparsi di Roland. Era un giuramento che tutti i demoni erano tenuti a fare non appena entrati nelle schiere di Lucifero e lei ricordava perfettamente il momento in cui, senza esitazione, aveva pronunciato quelle parole sacre: Io, creatura della Notte e dell'ombra, giuro solennemente alla presenza di mio padre Satana e dei miei fratelli di occuparmi di loro fino a che la morte non stronchi la mia vita, fino a che la Freccia o maledizione mi coglierà, fino a quando non ci sarà per me più possibilità di intravvedere la luce. Penserò prima a loro che a me stesso, a loro che a ogni creatura vivente, a loro che al destino dell'universo. Dunque io, creatura della Notte e dell'ombra, compio questo giuramento e sarà morte per me se non manterrò la parola. E ora, a secoli di distanza da quel giorno, Tess, proprio come aveva giurato, pensava a suo fratello Roland piuttosto che a Sara, sicuramente in una situazione ben più peggiore della sua.

Lo raggiunse silenziosamente, sempre restando attenta ad agire nell'ombra, il suo elemento, e lo strattonò per la caviglia, immersa nelle tenebre. -Roland!-

Nessuna risposta, nemmeno un piccolo movimento che accennasse alla vita. Alzò un po' il tono di voce cercando di non destare l'attenzione di Ian, che nel frattempo aveva pugnalato Sara tra le costole. Scosse con più forza il piede di suo fratello, che per una volta, cosa che l'aveva lasciata molto sorpresa, non portava i dread, mettendo così in mostra i suoi soffici capelli neri e riccioluti. -Ro! Ti prego, Roland, ascoltami!-

Nulla. Se non fosse stato una creatura immortale, Tess avrebbe pensato che fosse morto. Così ricorse al metodo più conosciuto e usato. Con le dita risalì la sua gamba tonica e gli pizzicò il polpaccio con forza. Per un attimo se ne pentì, temendo che Roland sarebbe saltato in piedi e avrebbe cominciato a strillare, ma il demone si mosse lentamente, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno pacifico e ruotò lievemente il capo, squadrandola mollemente. Tess vide che mosse le labbra ma non riuscì ad udire le sue parole perché un altro urlo di Sara squarciò l'aria, traforandole i timpani e facendola sobbalzare. Ma il suo grido ora era più debole e arrendevole, e Tess capì che le forze le cominciavano a mancare. -Roland, devi spostarti da lì o Ian ti tempesterà di nuovo di calci!- Roland scosse il capo con aria afflitta come se avesse perso ogni speranza di riuscire a tirarsi in piedi per un ultima volta e si accasciò di nuovo. Tess ebbe il brutto presentimento che non lo avrebbe mai potuto convincere a nascondersi e ad attaccare Ian con lei, sperando ancora che non si fosse accorto della sua presenza. Un ombra oscurò per un attimo il rosone nella parete alla sua destra e lanciò un'occhiata ai due angeli. Ian aveva momentaneamente finito la sua tortura e si era allontanato un poco come per ammirare la sua triste opera nella quale Sara, con i capelli aggrovigliati e sporchi di sangue, ciondolava con la testa, muovendola avanti e indietro, gemendo indolenzita. Di nuovo Tess sentì quella fitta di pietà nei suoi confronti, sorpresa di essere capace di amare ancora, nonostante, a causa della sua esistenza demoniaca, il cuore le si fosse indurito, impietrito come marmo freddo.

Ma fu ancora più sbalordita quando qualcosa -o qualcuno- infranse il vetro colorato che lanciava i bagliori che illuminavano minimamente la stanza e vi piombò con un tonfo. I vetri caddero a terra, sfracellandosi in migliaia di pezzi taglienti e disseminando il pavimento. Tess si gettò su Roland per proteggerlo e lo strinse a sé con tenerezza guardando in alto, cercando di scoprire chi fosse l'intruso. Il suo cuore accelerò quando la ragazza al centro della stanza con un gesto della mano si scostò i capelli biondo platino dalla fronte, lasciando intravvedere un paio di occhi scuri e delle labbra rosso fuoco e decorate con un piercing al lato. Tess sorrise alla sua vista e accarezzò i capelli di Roland, sicura che da allora in poi nulla sarebbe andato più storto. Non con un demone così valoroso come lei.

 

Con un spasmo, Sara emise un altro urlo di tormento. Perché Ian era così crudele, sadico e terribilmente maligno nei suoi confronti? Pensò che avesse riflettuto per escogitare una simile tortura: procurarle tanto dolore quando lei non poteva sfuggirne con la morte, come invece avrebbe potuto fare un umano. Ian alzò di nuovo il pugnale, la lama intrisa di sangue scuro che gocciolava a terra con velocità costante, ma qualcosa alle sue spalle lo fece girare e distrarsi da lei. Per un attimo il sangue le offuscò la vista e le assordò le orecchie, tanto che non udì l'infrangersi dei vetri o il tonfo sordo di qualcuno che piombò nella stanza. Cam? Non riuscì a pronunciarne il nome, le sue labbra non riuscivano ad emettere alcun suono se non qualche gemito di tanto in tanto o un'implorazione a terminare quel martirio, ma se fosse stato lui lo avrebbe riconosciuto dal calore che le si sarebbe diffuso in corpo.

Di nuovo ebbe il presentimento che Ian non avesse tutti i torti riguardo all'amore che Cam provava nei suoi confronti. Davanti alle palpebre chiuse le balenò l'immagine di Cam sorridente davanti a lei, con il sole alle spalle come se lui ne fosse la rappresentazione terrestre. Era talmente intenta a non pensare che Cam in realtà non la amasse, che non riuscì ad udire le parole del misterioso liberatore. Strizzò gli occhi per vedere oltre il sangue e delle immagini sbiadite e ondeggianti le si pararono davanti alla vista.

Una ragazza alta e bionda di cui non riuscì a cogliere i lineamenti forti si ergeva nel centro della stanza con le mani puntate sui fianchi e le labbra digrignate che mettevano minacciosamente in mostra i canini luccicanti.

-... te la prendi con qualcuno alla pari, vigliacco?- La voce di Molly era riconoscibile ovunque, anche per Sara, che lottava contro il fischio che le era nato nelle orecchie per il sangue. Il suo tono malizioso e imperioso riusciva a mettere al tappeto anche il ragazzo più prepotente. Se c'era Molly, significava che Cam era nei paraggi, giusto?

Sara, non senza una certa difficoltà, notò che Molly si era tinta per l'ennesima volta i capelli, quel giorno di un biondo platino. -E saresti tu, demone?- Ian si guardò intorno con aria fintamente rilassata, sorridente. -Hai capito bene, zietto. Ora te la vedrai con me.-

Molly, con disinvoltura, si sbottonò la giacca scura e la gettò in un angolo della stanza, per poi tornare a fissare Ian con aria di superiorità. Anche Ian buttò da parte il pugnale intriso di sangue e si avvicinò a Molly, fronteggiandola, mandando occhiate di sfida.

-Se vinco io, lei- Molly indicò Sara con un cenno del capo -sarà mia. Cioè, se riesco a stenderti e spezzarti l'osso del collo, caro.- Ian sembrò non badare alle minacce, ma Sara, che lo conosceva meglio di chiunque altro per tutti quegli anni trascorsi assieme, notò che, impercettibilmente, il bicipite ebbe un sussulto. -Perfetto. Ma lo stesso è per me, Molly.-

Le strizzò l'occhio e si piegò leggermente in avanti per poi afferrare Molly per la gola e gettarla a terra, facendole sbattere la testa contro il pavimento duro. Molly si dileguò subito dalla sua presa con un movimento fluido e scivolò sotto di lui con una velocità sorprendente, per poi sferrargli un calcio in faccia. Ian urlò e si toccò il naso sanguinante, sorpreso di essere stato trattato in quel modo da una donna.

-Carogna- sibilò e, prima che lei potesse mettersi in piedi, la afferrò per una gamba e la distese di nuovo, questa volta assicurandosi che lei non potesse scappare e stringendola con le gambe in una morsa ferrea. Molly, ce la puoi fare. Ma, Sara notò con tristezza, non sembrava riuscire a muoversi più di tanto. Ian era troppo forte, persino per un demone addestrato come lei. L'unico che l'avrebbe potuto affrontare, come Sara ne aveva avuto la dimostrazione nel corso dei secoli, era...

-Sara!- Cam.

Lei riconobbe la sua voce melodiosa e ammaliante che non riusciva a smettere di ascoltare ogni volta che la udiva. Pensò che fosse uno dei tanti scherzi che le giocava la mente di tanto in tanto quando più ne sentiva la mancanza, quando i crampi erano più dolorosi.

Ma il Cam della sua immaginazione la strattonava per il gomito e capì che forse quella non era un'illusione. Con la speranza di vedere il suo volto un'ultima volta, si voltò, provocando una fitta alle clavicole dove Ian l'aveva colpita più di una volta, ma i suoi sforzi vennero ricompensati. Due smeraldi le riscaldarono il cuore riempendola di gioia, le sue labbra rosse e carnose erano così desiderabili alla sua vista che avrebbe potuto spezzare quelle stupide manette che la separavano da lui con la sola forza della mente, se solo si fosse minimamente concentrata sulla sua tragica situazione piuttosto che sul viso mozzafiato di Cam.

Cercò di chiamarlo, ma non le uscì un suono di bocca. Fece per tendere le sue dita verso di lui quando le ombre le si attorcigliarono con più forza attorno al suo polso, provocandole una ferita profonda. Ne aveva abbastanza di dolore, così cercò di restare ferma e aspettare che Cam la liberasse. Ma l'attesa non durò a lungo. Lui non fece fatica a districare le ombre e le cacciò via con uno scatto del polso, sotto lo sguardo incredulo di Sara che fissava sognante il suo profilo illuminato dalla luce che ora entrava libera nella stanza senza più l'intralcio del vetro. Sara si sentì riempire di sollievo quando le ombre sparirono, lasciandole libertà di movimento e soprattutto la possibilità di toccare Cam, che, invece, guardava allarmato e con una smorfia le ferite profonde e sanguinanti.

-Che diavolo...- Lei, senza badare ai suoi occhi intrisi di preoccupazione, gli sfiorò il contorno degli zigomi scolpiti, delle labbra rosee, del mento, per poi risalire alle palpebre, alla fronte e ai capelli corvini. Chiuse gli occhi, assaporandosi ogni centimetro di Cam, ogni curva del suo viso, ogni suo dettaglio, riflettendo su ciò che Ian le aveva detto.

Credo proprio che sia giunto il momento di dimostrarti quanto tutto questo sia sbagliato.

In quel momento, però, Cam le sembrava perfetto ed era sicura che in lui non ci fosse niente di sbagliato. Una mano fredda e sicura le sfiorò la guancia. Sara aprì gli occhi e si trovò davanti ad Alan, gli occhi blu spalancati per la paura, proprio come Cam che, a bocca aperta, fissava incredulo e con le mani tra i capelli i punti in cui Ian l'aveva pugnalata.

-Sara, cosa ti ha fatto?- La voce di Alan era tremante, senza espressione, come se gli mancassero le parole per ciò che vedeva. -Io...- Un groppo serrò la gola di Sara, minacciando di trasformarsi in pianto da un momento all'altro.

Un urlo soffocato li distrasse e li fece girare verso Molly e Ian che si dibattevano, ognuno cercando dileguarsi dall'altro. Molly si agitava convulsamente sotto di lui con gli occhi spalancati sgomitando a destra e a manca, mentre Ian tentava di stringerle la gola e la teneva ferma serrandola con le gambe. Alan, senza esitazione, balzò su di loro con grazia come un gatto e prese Ian da dietro tirandolo via da Molly con forza. Lo gettò a terra e gli colpì il viso ripetutamente a furia di pugni, imprecando e urlandogli contro rabbiosamente.

Molly, scioccata, li restò a guardare per un attimo appoggiandosi sui gomiti scuotendo il capo, poi si alzò barcollando e diede man forte ad Alan, tirando calci nelle costole all'angelo gemente. Anche Sara li stette a guardare con la bocca spalancata. Aveva sempre pensato che la faccenda di “Ian Vs Cam” riguardasse solo loro due, invece, in quel momento, due demoni si battevano contro l'angelo che li aveva perseguitati per millenni, con furia immane, come se quell'affare toccasse loro molto da vicino.

Cam le si avvicinò mormorando maledizioni contro Ian e la sua razza, come la chiamava lui, con gli occhi verdi sbarrati e le mani serrate a pugno lungo i fianchi. Sara si sentì in colpa. Sembrava più sofferente di lei e questo la fece stare male, infinitamente. Mai lo aveva visto così spaventato e rabbioso, cosa che non accadeva quasi mai dato che Cam cercava costantemente di mantenere la sua figura di ragazzo che non perde mai il controllo di sé. Di solito ci riusciva, ma non sempre e lei spesso ne aveva avuto la dimostrazione.

-Sara, è stato Ian, vero?- Sara deglutì, impaurita all'idea di sapere ciò che lui avrebbe fatto se avesse scoperto la verità. Ma non poteva impedirgli di sapere. Era giusto che lui sapesse. -Sì,è stato lui.- Ma Cam sembrò non infuriarsi, o almeno per il momento. Le prese la mano e se l'appoggiò alla guancia, strusciandocisi contro, come se volesse essere accarezzato.

E lei lo accontentò. Come aveva desiderato fin dal primo momento in cui Cam era partito, gli passò l'altra mano attorno al collo e lo strinse a sé, cullandolo dolcemente come se fosse un bambino, il suo bambino. Lui ricambiò la stretta con calore, ricoprendola di baci deliziosi dietro l'orecchio e sulla gola, dove la pelle era così sensibile da provocarle fremiti di piacere. -Cam.- Il suo nome le riempiva l'anima, facendola sentire completa e finalmente al sicuro tra le sue braccia che l'avevano sfiorata talmente tante volte che ne era sopraffatta. Anche Cam pronunciò il suo nome diverse volte e con dolcezza, ignorando il sangue che la ricopriva completamente e facendole passare la mani sul petto, sui fianchi, sulle cosce, godendosi ogni curva di lei e assaporandosi quel momento tanto desiderato. Proprio quando Sara stava per baciarlo sulle labbra, cosa che la faceva saltare di gioia, Alan lo chiamò.

Cam grugnì e si staccò da lei con una smorfia, strizzandole l'occhio e facendole un gesto malizioso. -Torno subito, cucciola.- Sara si sentì sciogliere quando incrociò i suoi occhi incantevoli, ma si irrigidì subito dopo quando lui sfilò dalla tasca posteriore dei jeans una stellasaetta che lei non aveva affatto notato. Cam si girò lentamente verso i due demoni che tenevano fermo Ian non senza una certa difficoltà e con un gesto della mano li congedò. Quelli si allontanarono subito e si appoggiarono a una parete della cella accanto a Roland steso a terra e a una ragazza che gli appoggiava la testa in grembo con dolcezza che prima non aveva notato, talmente distratta da Cam. Dai capelli rossi e gli occhi luminosi, Sara riconobbe Tess, il demone che un tempo aveva amato Arianne. Quando i loro sguardi si incrociarono, Sara le rivolse un cenno di saluto agitando debolmente la mano ma Tess non la ricambiò, anzi, le rivolse un'occhiata davvero truce. Sara non poté far altro che guardarla allo stesso modo e quando Tess guardò altrove lei si riconcentrò su Cam, che camminava con lentezza ma sicurezza verso Ian, che lo fissava terrorizzato cercando di indietreggiare facendo leva sui talloni, grondante di sudore. Ma Cam non sentiva più nulla, totalmente immerso nella sua versione di demone-assassino. Quando fu a un passo di distanza da lui, alzò la mano che stringeva la stellasaetta con un sorriso inespressivo sulle labbra.

-Ian, mio audace nemico. Sono tremendamente curioso di sapere quali saranno le tue ultime famose parole.- Il suo tono non tradiva nessuna emozione, cosa che Sara aveva sempre temuto. Ian, senza perdere un briciolo del suo orgoglio nonostante fosse stato disarmato e attorniato da demoni inferociti, rispose: -Non ho mai smesso di amarla. Che Sara lo sappia.- Cam rise amaramente. -E questa ne sarebbe la dimostrazione? Pugnalarla decine di volte solo per convincerla ad abbandonarmi? È questa la tua definizione di “amore”?-

Ian non cedette. -Come puoi tu parlarmi di amore, demone, creatura insulsa? Tu non ne sai proprio nulla. Non hai fatto altro che correrle dietro come un cagnolino solo per guadagnare punti ai suoi occhi. Ma che cosa hai fatto effettivamente per dirle che l'amavi?-

Anche Cam, dal canto suo, non alzò la voce. -L'ho difesa dalle tue ingiurie, ecco che cosa ho fatto. L'ho amata a tal punto da rischiare la vita ogni giorno e da restarle accanto per non permettere che lei facesse lo stesso.- S'interruppe un attimo, dosando le parole giuste.

-Tu, invece, l'hai fatta soffrire incommensurabilmente e te ne sei fregato. Dunque, come osi criticarmi e chiamarmi “creatura insulsa” quando tu ne sei il perfetto esempio?-

Ian restò ammutolito dal discorso di Cam, tanto che sbiancò, sicuro che la morte lo stesse per raggiungere. Attorno a loro, nessuno fiatò, concentrati su ciò che sarebbe accaduto ai due nemici mortali. Persino Sara lo era, con il cuore in tumulto. Tra poco avrebbe dovuto assistere alla morte della persona che aveva amato per secoli. Sarebbe riuscita a sopportare quella scena? Cam, evidentemente soddisfatto per aver messo a tacere Ian, gli si affiancò e con un movimento fulmineo, che nemmeno Sara riuscì a riconoscere del tutto, lo trafisse alla gola con l'arma argentea. Lo sguardo di Ian, che l'aveva amata e umiliata, picchiata ma al contempo adorata, fu l'ultima cosa che vide prima che scomparisse del tutto una frazione di secondo dopo, in una nuvoletta insignificante di polvere che si dissolse nell'aria, senza più lasciare traccia.

Non ci poteva credere. Ian era morto, ucciso da Cam.

Impiegò parecchi secondo ad immagazzinare quell'informazione cruciale e a rendersi conto che si trattasse della realtà. Se fosse stata ragionevole, avrebbe detto a sé stessa finalmente o non vedevo l'ora. Ma nulla di tutto questo le saltò alla mente. Il cuore le doleva come quando Cam era lontano da lei, ma con maggiore intensità perché Ian era morto e Cam no. Ci mancherebbe altro, si ritrovò a pensare con un'altra fitta di dolore. Lo aveva odiato, soprattutto quando aveva minacciato l'incolumità di Cam. Eppure, non era del tutto sicura che l'odio che aveva sentito con eccezionale intensità nei suoi confronti lo avesse provato veramente. Non avrebbe mai potuto dimenticare le giornate trascorse con lui, con le loro dita incrociate e le bocche incollate, le sue braccia che la stringevano promettendole che non l'avrebbe mai lasciata fino a quando sarebbe morto. E aveva mantenuto la promessa, pensò Sara con un infinito senso di tristezza. Non le aveva mentito, dopotutto. Anzi, era stata lei a lasciarlo, ma di certo per una buona ragione. Poi guardò Cam e ogni suo senso di colpa svanì. Lui era lì in piedi di fronte a lei con il fiato leggermente affannato e un'espressione eccitata negli occhi verdi, la maglietta sudata e i capelli scompigliati.

L'immagine di Ian sorridente venne bruscamente sostituita da quella di Cam a torso nudo pronto a buttarsi giù da una cascata nella mente di Sara. Mai, mai, mai una persona l'aveva resa tanto felice quanto aveva fatto Cam, che non aveva alzato le mani su di lei nemmeno nei momenti in cui era più arrabbiato, che l'aveva amata incondizionatamente, le aveva giurato che l'avrebbe sposata prima o poi, che aveva sfidato le potenze del Cielo per starsene con lei e che con quel suo fisico d'Adone le faceva girare la testa. Sara, che aveva sempre desiderato un amore eterno e che sfidasse ogni limite immaginario, trovando Cam aveva trovato il completamento della sua anima e della sua essenza e nulla, ora che niente poteva più ostacolare la loro relazione proibita, l'avrebbe potuta fermare dallo stringere Cam in un abbraccio che sperò che sarebbe durato in eterno.

-Fico.- Alan, sbalordito, sembrò approvare appieno l'impresa di Cam.

-Altroché- convenne Molly con un cenno d'assenso.

Ma Cam ormai non li stava più a sentire. Corse da Sara e la strinse a sé con tanta energia da farle male. M a lei non ci badava più, talmente sopraffatta dall'amore. Cam la sollevò leggermente da terra, provocando le sue risa e finalmente trovò le sue labbra. Il corpo di Sara si rilassò completamente sotto la sua presa, sentendosi a casa e presto il loro bacio divenne un ingarbuglio di braccia e gambe avvinghiate tra loro. Sara non sentiva nient'altro che le labbra morbide di Cam sulle sue, che il suo fiato caldo sul collo, che le sue mani attorno al viso e fu come se fosse ritornata in Paradiso, ad eccezione del braccio ancora dolorante ma già in via di guarigione e delle profonde ferite che le laceravano la pelle. Per il resto, il mondo le parve luminoso e perfetto, come se Cam fosse la luce del suo universo. Vennero di nuovo interrotti da un tonfo sordo accanto a loro che li distrasse e fece sobbalzare Sara, che si parò davanti a Cam pronta per difenderlo da un attacco.

Era Daniel, con i suoi occhi grigi e i capelli biondi che si stagliavano nel buio, che si guardava attorno smarrito avendo capito di aver interrotto qualcosa.

-Avete bisogno d'aiuto, ragazzi?- Il petto di Cam appoggiato sulla schiena di Sara rimbombò di una risata divertita e rilassata. Anche gli altri angeli risero, persino Tess, ancora intenta a consolare Roland con un sorriso sulle labbra, e Sara, che, più che essere divertita per la figuraccia di Daniel, era felice perché da fin troppo tempo non udiva Cam ridere tanto di gusto. Il suo malumore e il ricordo dei brutti avvenimenti della giornata sparirono del tutto quando Cam la girò verso di sé e l'avvolse di nuovo in uno dei suoi caldi abbracci per baciarla di nuovo, mormorandole sulle labbra che oramai era tutto finito.

 

Quando i ragazzi raggiunsero il tetto dell'edificio, una sensazione di libertà accolse Sara, che respirò profondamente per riempirsi i polmoni di aria pura. Cam, accanto a lei, le circondò la vita con un braccio e si fermò, lasciando andare avanti gli altri. Tutti ridevano e chiacchieravano tra loro, commentando l'eroismo di Cam e la paura negli occhi di Ian prima che lui venisse ucciso. Sara si voltò verso Cam, che le scoccò un rapido bacio sulla punta del naso facendola rabbrividire. E non per il freddo.

-Ti devo chiedere una cosa, per questo ho bisogno di un po' di privacy- ammise notando lo sguardo confuso di Sara e indicando con un cenno del capo i suoi fratelli che si allontanavano sul tetto piatto. -Deve essere importante, allora.- Sara, invece, lo baciò sulla guancia e gli sorrise, in parte temendo che si trattasse di qualcosa non del tutto buono.

-Sì, lo è.- Cam sembrava teso, ma non lo dava a vedere, guardandosi attorno come imbarazzato. -Sono secoli che ci sto pensando, Sara, e vorrei che tu mi dessi una tua opinione a riguardo.- Sara rise. -Sono curiosa.- Cam finalmente la guardò dritta negli occhi e le prese la mano, sollevandogliela a palmo in su. Un attimo dopo, Sara vide materializzarsi sulla sua mano una scatolina rettangolare di legno scuro intarsiato, decorato con motivi geometrici, tra cui delle stelle di Davide. Un strano presentimento le si formulò nella mente e lanciò spaventata un'occhiataccia a Cam, che le sorrideva raggiante.

-E... ?- Cam sbuffò per finta. -Devo proprio far tutto io?- Afferrò la scatolina, sfiorando la pelle di Sara con le dita affusolate e bianche, aprendola delicatamente. Un bagliore debole si riflesse negli occhi di Sara, che vi riconobbe un anello semplice e d'argento, probabilmente, con nessuna pietra incastonata sopra ma solo una Stella di Davide incisa al centro.

Le si mozzò il respiro. Parecchie volte aveva visto quell'anello, ogni volta tra le mani di una donna prossima a sposarsi, sorridente e bellissima nei semplici abiti da matrimonio.

Dunque Cam voleva... -Mi vuoi sposare?- La domanda fu così diretta e spontanea che se Cam avesse chiesto che ore erano lo avrebbe detto con lo stesso tono. Se al posto di Cam ci fosse stato qualcun altro, avrebbe pensato che il ragazzo le stesse mentendo, ma Sara conosceva Cam alla perfezione e sapeva che quello era il suo modo di fare quando era sicuro di sé. Sposarsi era una delle cose che Cam aveva inserito nella sua famosa lista de “LE 100 COSE DA FARE PRIMA DI MORIRE”, anche se non erano molte le esperienze che non aveva provato dopo millenni di vita, e Sara sapeva quanto lui ci tenesse alle cerimonie religiose in genere, soprattutto quelle riguardanti il matrimonio, cosa che lui aveva già sperimentato ma terribilmente fallito.

Se c'era un modo di farlo felice, era quello di promettergli di restargli fedelmente accanto per l'eternità. Così Sara, nonostante sapesse che lui fosse un demone e che un matrimonio da angeli e creature infernali non si era mai verificato nella storia del mondo, non ebbe esitazione a rispondergli: -Sì, ti voglio sposare, mio Cam.-

Cam esplose di felicità e gli si inumidirono gli occhi, cosa che fece scoppiare in lacrime anche Sara come una stupida. In tutto quel tempo non le era mai capitato di vedere Cam piangere, in particolare di gioia. In realtà non credeva che i demoni lo potessero fare, dato che, a quanto si diceva, erano senza cuore. Ma il verde degli occhi di Cam era ora ricoperto da un sottile strato acquoso che lo rendeva ancora più delizioso e indimenticabile.

Ormai Sara singhiozzava apertamente ed era impossibile fermarsi, tanto era palpabile la commozione. Quando una lacrima solcò il viso di Cam, lei glie l'asciugò con le labbra e lui l'abbracciò, facendola sentire forte e amata come non mai.

-Ti amo, Sara, non devi mai dimenticarlo. Grazie.- Sara bagnò la sua maglietta di lacrime e la stropicciò stringendola con i pugni chiusi. -Cam, grazie di che?- Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: -Per donarmi una ragione per vivere.- 


Angolo autrice: Ciao, ragazzi! Scusate l'assenza, ma non sono riuscita a pubblicare prima questo capitolo.
Ebbene, avete sicuramente letto, se siete arrivati fin qui, del prossimo matrimonio di Cam e Sara che si terrà nel prossimo capitolo, l'ottavo.
Le vicende si sono concluse con la morte di Ian, l'acerrimo nemico dei due amanti, ed una prospettiva di felicità per la loro vita matrimoniale.
Il prossimo capitolo sarà diviso in due parti, perché se non lo facessi risulterebbe troppo lungo, più di questo, quindi dovrò per forza farlo.
Ringrazio di cuore tutti i miei lettori che seguono la vicenda e vi prego di lasciare un commento!
Come vi avevo già detto, ci sarà una seconda parte, che sto lentamente preparando.
Un bacio!
GiuliaFray

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo L'amore è una cosa più meravigliosa dell'arte. Oscar Wilde. PARTE PRIMA ***


 

Capitolo ottavo

 

L'amore è una cosa

più meravigliosa dell'arte.

Oscar Wilde

 

Sara si rilassò completamente sentendo le dita di Abigail massaggiarle delicatamente la nuca, acconciandole i capelli in un modo che solo lei conosceva.

Canticchiando dolcemente e ispirandole il sonno, Abigail afferrò una peonia dal vaso di cristallo sul mobile di legno accanto allo specchio da parete davanti al quale erano appostate, Sara adagiata su una sedia di legno piuttosto scomoda ed Abbie intenta ad ordinarle i capelli. L'angelo incastrò con destrezza il fiore bianco e immacolato portato direttamente da Daniel attorno a una ciocca.

Sara era restata a fissare incantata per parecchio tempo quelle meraviglie, contemplando incantata i petali soffici e traslucidi, i pistilli fuoriuscenti e odorosi, grandi quanto un pugno di un bambino. Anche in quel momento fissava sognante le mani di Abigail muoversi con maestria nel riflesso del vetro, infilandole altre due peonie nei capelli. Le note della ninna nanna diventarono più angosciose ed elevate, provocando della tensione in Sara, che non faceva altro che pensare: Mi sposerò con Cam! Mi sposerò con lui!

Era da tre giorni un fascio di nervi e si irrigidiva terribilmente anche solo quando lo vedeva passeggiare dalla finestra ovale della sua stanza per il giardinetto che circondava la proprietà vicino Gerusalemme, comprata da Cam e adibita solo ed esclusivamente ai preparativi del matrimonio. La casetta graziosa e a due piani era accogliente e in quell'ultimo periodo era piena di gente che correva su e giù, solo per organizzare gli invitati e il banchetto che si sarebbe tenuto dopo la cerimonia in stile ebraico.

-Sara, ti rendi conto? Ti sposerai con Cam! Non voglio immaginare quanto sarà commovente vedervi abbracciati e veramente felici per una volta.-

Sara si irrigidì quanto Abigail le passò il pettine appuntito in un nodo tenace a non sciogliersi. -Già, non faccio altro che ripetermelo anche io.- Abigail le sorrise e Sara vide dal riflesso che anche lei era felicissima. Abbie era la persona più sensibile che lei avesse mai conosciuto, sempre pronta a gioire per altri e a preoccuparsi che tutti si godessero il loro attimo di serenità, senza badare troppo a sé stessa.

Qualcuno bussò alla porta e senza aspettare la risposta entrò.

Arriane. Sara fece per alzarsi e correre tra le braccia dell'amica ma Abigail le diede uno spintone verso il basso, mandandola di nuovo a sedere.

L'angelo era raggiante. Con i capelli scuri e acconciati in una lunga treccia, gli occhi chiari splendenti e le labbra piegate in un sorriso di pura beatitudine era bellissima, tanto che Sara fu invidiosa di lei. Arriane entrò a grandi passi e si piazzò davanti a Sara, con la veste bianca senza spalline fluttuante attorno a lei, coprendo la vista ad Abigail che si sbracciò per farla levare di torno. -Arrie, spostati!- Per tutta risposta, lei le fece la linguaccia e passò una mano sulla guancia di Sara. -Oh, Sara, sei splendida. Cam è così contento che se fosse una bomba a orologeria, farebbe esplodere l'intero universo.- Sara ridacchiò e Abigail le spostò la testa per farla restare ferma. Lei alzò gli occhi al cielo e tornò a guardare Arriane, davanti allo specchio imperterrita. -Hai portato la lista?- le chiese impaziente. Era proprio curiosa di sapere chi diavolo avesse invitato Cam, dato che lei non aveva particolari preferenze. -Sissignora.- Nella mano di Arriane apparve all'improvviso una pergamena arrotolata e tenuta ferma da un fiocco di velluto rosso che porse a Sara.

-Non posso aprirla, per la storia della pettinatura- si scusò, indicando con un gesto Abigail tutta concentrata sui suoi capelli. Sara non capiva come mai ci mettesse tanto impegno, dato che quella era solo una prova per vedere come si sarebbe presentata davanti al suo futuro marito. Alla sola parola “marito” le vennero i brividi.

Arriane ridacchiò e sfilò il nastro. La pergamena si rivelò molto più lunga di quanto Sara si fosse aspettata, arrivando quasi a terra. Notando la sua espressione sbalordita, Arriane fece spallucce. -Sai com'è fatto Cam. Quando deve fare una cosa, si deve assolutamente far notare, o se no non si chiamerebbe Cam.- Sara sorrise. Tanti aspetti di Cam erano infantili, tanto da farle tenerezza. -Dunque, dunque, dunque. Udite signore: Dalla cancelleria di Cam. Qui è presente l'elenco ufficiale degli invitati alla mia cerimonia: Alan Mitchell, Roland Sparks, Dakota Bennet, Daniel Grigori, Lucinda Price, Gabrielle Givens, Arriane Alter, Abigail Wilkinson, Mary Margaret Zane, Callaghan Davis, Annabelle Owen, Aileen Jenkins...

-Cosa? Aileen?- Sia Sara che Abigail la guardarono confusa.

-Ragazze, non posso farci nulla. C'è scritto qui.- Arriane mostrò loro la pergamena, scritta elegantemente a mano dallo stesso Cam, con i nomi elencati con ordine, ognuno preceduto da una Stella di Davide. La cerimoniosità di Cam aveva sempre colpito Sara, ma mai era stato così attento ai dettagli come quel giorno.

-Ma Aileen ha solo fatto soffrire Alan. Mi stupisco che l'abbia invitata- commentò Abigail con tono aspro. -Mi chiedo che cosa gli sia passato per la testa. Vai avanti, Arrie.-

La sua irritazione cominciava a farsi sentire ma raggiunse i massimi livelli quando sentì un nome: Lilith Clout. A quel punto, ignorando Abigail che aveva cercato di tenerla ferma invano per tutto il tempo, saltò in piedi e acciuffò la pergamena, incredula. Ebbe l'impulso di strapparla in centinaia di pezzi ma Arriane gliela strappò di mano appena in tempo.

-Ma cosa ha intenzione di fare, rovinarsi la festa? Lilith! È forse impazzito? Non ha ancora capito che il desiderio di farlo fuori è ancora vivo nelle antenate di quella strega? Non gli è bastato uccidere Ian. Desidera forse un altro pericolo?- Le finì il fiato che aveva in gola, poi ricominciò. -Se solo osa toccarlo, giuro che la uccido con le mie mani. Se solo osa... -

Jaden si materializzò al centro della stanza con un sorriso sulle labbra.

-Congratulazioni, Sara!- Spalancò le braccia e l'avvolse in un abbraccio. Jaden era uno di quei ragazzi sensibili e teneri che tutte vorrebbero come migliore amico, pronto a porgerti la spalla per piangerci sopra, a sorreggerti in ogni difficoltà e ad abbracciarti con calore senza mai spingersi oltre. C'era un'unica complicazione: era un demone, cosa che aveva sempre sorpreso Sara fin dal primo momento in cui Cam le aveva rivelato le sue alleanze.

Si era chiesta. Come può un ragazzo così dolce essere uno dei più fidati di Satana? Cam le aveva spiegato quanto lui avesse conservato del suo lato angelico e dolce e di quanto fosse capace di celarlo non appena Lucifero gli avesse dato un incarico.

Sara ricambiò la stretta e si sentì così bene tra le su braccia che quasi non volle più staccarsi. Jaden le accarezzò i capelli e la staccò da lui dolcemente. I suoi capelli biondi erano luminosi come gli occhi chiari tendenti al verde e il tatuaggio a forma di quarto di Luna impresso da Satana che gli spuntava sul collo. -Sono così contento che finalmente tu e Cam possiate sposarvi. Non hai idea di quanto lui tenga a te e alla cerimonia.- Sara gli sorrise e si allontanò da lui. -Già, non ne ho idea. Mi dispiace, ma ora devo andare.- Abbie fece per seguirla ma Arriane la trattenne per un braccio.

Sara uscì dalla stanza e si ritrovò nel pianerottolo davanti alla stanza. Corse giù per le scale a testa bassa e quasi non si scontrò con qualcuno che, a testa bassa come lei, saliva le stesse scale. Alan.

-Ciao.- Le si mise davanti sbarrandole il passo, incrociando le braccia sul petto in una posa che lo rese tanto somigliante a Cam per un momento. -Ciao. Hai visto Cam, per caso?-

Alan scosse il capo e un ciuffo di capelli neri gli cadde sugli occhi.

-L'ultima volta che l'ho visto era nella stanza di Maryse per aiutarla ad allacciarsi il reggiseno.- Sara gli diede un buffetto sulla spalla. -Molto divertente. Dov'è?-

Alan si scostò i capelli dalla fronte con la mano. -E' in giardino.- Sara, grata che Alan l'avesse ascoltata, cercò di superarlo, ma lui oppose resistenza prendendola per le spalle e accostando il viso al suo. -Sara, ti devo parlare.- Lei fece una smorfia.

-Non possiamo più tardi? Ho bisogno di vedere Cam, subito.-

-Avrete tante occasioni per parlarvi in futuro, ma noi due no.- La spinse verso la parete, senza mollare la presa. Respirò a fondo e socchiuse la bocca, come a cercare le parole giuste per il suo discorso. -Io mi fido ciecamente di te, Sara. Questo lo sai, vero?-

Sara annuì e Alan proseguì: -Bene. Anche tu conosci la faccenda della love-story finita male con Lilith.- Lei lo interruppe. -E' proprio di questo che volevo parlargli.-

Alan la ignorò e continuò come se non avesse parlato. -Cam ha reagito con il cambiamento di idee, ma se tu lo... abbandonassi come ha fatto Lilith io non… non saprei come potrebbe reagire. Mi capisci, vero?- Sara si sentì offesa. Dunque Alan dubitava del suo amore, credeva che lei fosse tentata a mollare Cam nel bel mezzo del matrimonio come se lui fosse una persona totalmente insignificante per lei. -Alan, io non potrei ma fare una cosa del genere. Cam è ogni cosa per me e io lo amo veramente e lo amerò in eterno.-

Alan non diede segno di allentare la presa sulle sue spalle, tanto che Sara fu tentata di spostargli le mani con la forza. -Anche Lilith diceva in questo modo, ma poi tutti sappiamo come finì tra di loro.- Alan le era così vicino che il suo fiato caldo le sfiorava il viso facendola rabbrividire. -E con questo cosa mi vuoi dire? Che Cam ha fatto male a farmi la proposta di matrimonio? Avresti dovuto dirglielo prima. Ora è troppo tardi.-

Cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma Alan la trattenne con forza e la guardò dritta negli occhi con determinazione. -Non ho detto questo, ma solo che dovresti pensarci prima di gettarti in una relazione fissa con lui.- Il suo tono sicuro e malizioso la fece irritare a tal punto che gli diede uno spintone e se lo levò di torno definitivamente.

-Ma come ti permetti? Credi forse che io e Cam non ci conosciamo? Non sono una bambina, Alan, e nemmeno lui lo è. Sappiamo entrambi a che cosa stiamo andando incontro. Vuoi forse ostacolare il nostro amore per cui abbiamo lottato così tanto?- Un pensiero le si affacciò alla mente, accompagnato da un'immagine: Alan che le si avvicinava furente con una stellasaetta tra le mani, pronta a trafiggerla.

-Aspetta un minuto. Tu sei... - Lasciò la frase in sospeso, sperando che lui capisse senza troppe precisazioni. Alan sbiancò. -Che cosa? Io... no! Insomma, voler proteggere un amico non significa essere... cioè... quello.- Sara gli si avvicinò e gli disse, nel tono più confidenziale che poté sfoggiare in quel momento: -Allora cosa vuoi dirmi, Alan? Perché ti preoccupi tanto di quello che accadrà domani?- Alan deglutì e le rispose: -Mi devi promettere che Cam con te non dovrà più soffrire. Non voglio più vederlo distrutto ed essere costretto a consolarlo in eterno.- Sara gli sfiorò il viso, bellissimo alla luce del sole che filtrava dalle tendine di pizzo. -Te lo prometto, Alan.- Il suo comportamento protettivo e responsabile era così commovente che un velo di lacrime le offuscò la vista.

-Alan!- Dei passi affrettati dietro di loro li distrassero. Quando Sara si voltò, riconobbe subito il viso ovale e dai lineamenti marcati di Aileen, la Nephilim che aveva abbandonato Alan dopo aver scoperto la sua vera essenza, e un sentimento di rancore nei confronti di quella ragazza l'avvolse. Lei la guardò e fece un sorriso forzato.

-Ciao, Sara. È questa la tua acconciatura?- Nessun Congratulazioni!, solo una domanda da ragazza smorfiosa. Spesso Sara si era chiesta che cosa ci trovasse Alan in lei di tanto attraente e non aveva mai trovato una risposta. -Veramente, è solo una prova. Ma comunque, sì, più o meno sarà questa.- Aileen fece una smorfia e prese la mano di Alan, con un sorriso finto stampato ancora sulla bocca. Quindi si erano ritrovati? La notizia del suo matrimonio con Cam aveva risvegliato ogni sorta di vecchio amore sepolto?

-Devo andare. Ciao, Alan.- Con un certo sforzo, biascicò: -Ciao, Aileen.- Aileen non la guardò neppure, concentrata ad ammirare il suo Alan che agitò la mano in segno di saluto. Sara si dileguò, alla ricerca di Cam, con una domanda fissa: Cam aveva bevuto qualcosa prima di scrivere la lista degli invitati?

 

Lo trovò nell'angolo più settentrionale del giardinetto fiorito, intento ad osservare la piana che circondava la proprietà con sguardo assorto, appoggiato ad un graticcio fissato su una parete della casetta. Sara, senza poter evitare di ammirare il suo profilo perfetto, si avvicinò a lui e gli si mise davanti, coprendogli la vista.

Cam sembrò sorpreso della sua comparsa, come se non si fosse accorto del suo arrivo e avesse pensieri totalmente diversi per la testa. Nonostante questo, le sorrise.

-Ehilà, come va?- Sara non gli rispose e restò impassibile. Cam si staccò dal graticcio e le passò una mano tra i capelli. -Qualcosa non va, mia futura sposa?-

Sara gli scostò la mano e lo guardò dritto negli occhi. -Ma che ti è saltato in mente, Cam? Perché hai invitato Lilith? Provi tanta nostalgia per la sposina rosso fuoco?-

Cam aggrottò la fronte. -Sposina rosso fuoco? Questa mi è nuova.-

Sara sbuffò e lo prese per il gomito. -Non prendermi in giro, Cam. Dimmi il perché.-

Lui sembrò rassegnarsi e gettò una rapida occhiata al sole in declino. -Questa maledizione mi perseguita da secoli. Ho passato ben tre millenni sapendo che le antenate di Lilith sarebbero ricomparse ogni volta nella mia esistenza rovinandomi le giornate. Voglio dimostrare loro che non ho più nessun rimpianto per averla lasciata, ma che trovando te ogni traccia di odio è scomparsa, sostituita dall'amore.- Le prese la mano e ne baciò il dorso. -Non è questo che vogliamo dimostrare? Che l'amore può nascere sempre?-

Sara sentì la rabbia che provava fino ad un secondo prima svanire del tutto. Le succedeva sempre così quando provava ad arrabbiarsi sinceramente con Cam.

-Ma, Cam, lei non farà altro che guardarci con ripugnanza e disprezzarti per tutto il tempo.- Cam le prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte contro la sua. Sara sentì il calore diffondersi per tutto il corpo ed ebbe la sensazione che le sarebbe accaduto anche dopo millenni dal loro matrimonio.

-Quando vedranno che il mio unico intento sarà quello di ignorarle, non ci daranno più alcun fastidio, Sara, davvero.-

Parlava al plurale, notò Sara, come se la Lilith Clout di quell'epoca reincarnasse tutte le altre che Cam aveva incontrato nella sua vita. Le si avvicinò ancora di più, fino a che le loro labbra non si trovarono a pochi centimetri di distanza. -Io conosco Lilith meglio di chiunque altro. So che adora perseguitarmi e questo è il momento per farle capire che non ho più nessun rimpianto per la sposina rosso fuoco, come dici tu.- Ridacchiò e finalmente la baciò. Sara ricambiò con foga, accarezzandolo e stringendolo come non mai, esplorando il suo corpo come se fosse sconosciuto. Fu un bacio lungo e ardente, tanto che Sara si toccò svariate volte le labbra ancora frementi quando lo lasciò per la prova del vestito.

 

-Ahi, mi fai male!- -

-Per bella apparire bisogna soffrire, mia cara.-

-A questo punto, preferisco non esserlo.-

-Piantala, Sara, e resta ferma.-

Sara grugnì e si appoggiò alla testiera di metallo intarsiato del letto a due piazze della sua stanza. Possibile che Gabbe sapesse essere così sadica? L'angelo le strinse ancora di più il nodo dell'abito, provocandole un altro strillo. L'abito che avevano scelto per la cerimonia si stava rivelando una vera tortura, se modificato secondo le preferenze di Gabbe.

-Ecco fatto, Sara,. Ora puoi ammirarti.-

-È finita?- le chiese Sara speranzosa prima di esultare. Gabbe inarcò un sopracciglio e assunse quella sua aria da maestrina che sapeva sfoggiare per far capire alle persone che si stavano rendendo ridicole. Senza aspettare una risposta, Sara saltò in aria come una molla e corse davanti allo specchio.

La storia dell'abito ebraico non era poi così male. Il vestito le arrivava fino ai piedi, di una seta leggera e bianca, con una profonda scollatura quadrata che le metteva in risalto il seno, cosa che lei non apprezzava molto, ma il tutto le stava davvero bene, si ritrovò ad ammettere. Il vestito era aderente sul petto, per via del nastro di velluto color panna, e si allargava lievemente sulle gambe. Gabbe le si affiancò e le posò una mano sul braccio, fasciato fino al gomito dalla manica stretta ma graziosa. -Allora, come ti sembri?-

-Diversa. Non indosserei mai un abito del genere se non per un matrimonio ebraico.- Gabbe sorrise.

-Tesoro, nessuna sposa indossa il suo abito di nozze nella vita quotidiana.-

Sara sollevò leggermente la gonna prendendola per due lembi. -Lo so, ma questo abito sembra così... differente dagli altri.- Gabbe le si mise davanti e le posò le mani sulle spalle.

-Sara, non badare alle diversità. Ti piace questo abito?- Gli occhi blu mare di Gabbe erano così aperti e confidenziali che Sara non poté fare a meno di ammettere quanto quell'abito le piacesse in realtà. Gabbe sembrò soddisfatta della risposta e si allontanò, raggiante.

Sara restò per un po' a contemplarsi allo specchio per poi ritentare. -Che cosa indosserà?- Gabbe alzò gli occhi al cielo e la raggiunse, posandole sulle spalle uno scalda-cuore chiaro che si intonava perfettamente con il resto dell'abbigliamento. -Sara, gli ho promesso, come ho promesso a te, che non ti avrei rivelato il suo abito.- Sara le prese una mano, implorante. Aveva cercato di tirarle fuori un briciolo in più di informazione per tutto il tempo, ma Gabbe non aveva mai ceduto. -Me lo hai già detto.-

-E tu mi hai già fatto questa domanda migliaia di volte.- Gabbe arricciò il naso e posò lo scalda-cuore sul comò, per prenderne un altro nero. -Questo dovrebbe starti meglio.- Quando glielo provò, cambio idea all'istante e ritentò con un altro rosa pesca. -Ti prego, Gabbe. Dimmi almeno che scarpe porterà.- Gabbe la guardò e abbandonò le braccia sui fianchi. -Nessuna.- Sara strabuzzò gli occhi.

-Cosa? Come nessuna?- Gabbe mantenne il suo tono serio.

-Davvero, nessuna. Sarete scalzi.-

-Anche questo fa parte del rituale? Non è possibile.- Si guardò i piedi, sconsolata. Non poteva rischiare di inciampare ad ogni passo. -E riguardo alla camicia? Non dirmi che andrà in giro a petto nudo.- Gabbe incrociò le braccia e la guardò irritata.

-Possibile che tu riesca sempre a ricavare qualche informazione nonostante le resistenze?- Sara sorrise. -Non ci posso far niente, sono fatta così.- Gabbe aprì la bocca per confessarle ogni dettaglio sui vestiti di Cam, ma la porta dietro Sara si spalancò con un tonfo e Arriane piombò nella stanza con un cesto di vimini che le copriva il viso per la grandezza, seguita da una figura titubante e bassina. Ma quanta gente ha invitato Cam? si chiese Sara. Arriane lasciò andare il cesto che cadde, sparpagliando per terra il contenuto: tovaglioli ricamati di un bianco latte. Gabbe si precipitò ad afferrarli, caricandosi le braccia.

-Arrie, ma che ti prende? Li farai sporcare tutti!- Arriane sorrise maliziosa e rovesciò il cesto per farli cadere del tutto. Gabbe la guardò frastornata ma Arriane prese la donna ancora dietro di lei per un braccio e la presentò a Sara. -Sara, questa è la nostra sarta, la signora Price, Doreen Price, madre di Lucinda. Doreen, questa è Sara, la futura sposa di Cam.- Doreen le sorrise timidamente e le porse la mano. Sara gliela strinse ricambiando il sorriso e notando quanto fosse somigliante alla figlia. La massa di capelli neri e riccioluti era adorabile e le guance rosee la facevano sembrare più giovane di quanto fosse in realtà. La sua mano era calda e piccola ed ispirava fiducia. Ma non fu quello ad incuriosire Sara. -Sarta? Che cosa serve una sarta?- Doreen le rispose con voce acuta: -Dobbiamo ricamare le vostre iniziali su cinquanta tovaglioli per ogni ospite.- Girandosi verso le due ragazze intente a bisticciare tra loro chiese: -Non ti hanno informato?- Arriane si voltò verso di loro, ignorando Gabbe che continuava a borbottare.

-In teoria, doveva essere una sorpresa per tutte e due, ma Sara in qualche modo riesce sempre a scoprire tutto. Quindi, è solo un regalo per Cam.- Doreen sorrise e prese dalla borsa a tracolla che portava, una scatolina rettangolare di metallo. Quando la aprì, Sara intravvide degli aghi da cucito e alcuni ditali. La donna si avvicinò a Gabbe e le prese di mano un tovagliolo, mostrandole con un gesto il punto in cui avrebbero dovuto ricamare. Sara chiuse la porta e vi si appoggiò, chiudendo gli occhi. Sentì i passi di Arriane venire verso di lei, mettendo le sue mani sui fianchi. -Il vestito ti sta molto bene, sai?-

Sara sorrise e aprì gli occhi. Arriane le era molto mancata in quei giorni senza di lei. Sembrava così serena, ma la sorpresa doveva ancora venire per l'angelo: non sapeva che alla cerimonia ci sarebbe stata anche Tess, nessuno glielo avrebbe rivelato. Non si vedevano da quando, durante la vita di Lucinda del Medioevo, si erano dette addio così dolorosamente e da quel momento ognuna aveva cercato di nascondere la sofferenza a modo proprio. Sara circondò Arriane con un abbraccio, stringendola forte per farle intendere in qualche modo che una parte della giornata delle nozze sarebbe stata anche per lei. Arriane ricambiò, stritolandola e scoccandole un bacio sulla guancia.

-Sara, sono così felice che tu e Cam possiate amarvi davvero. Non hai idea di quanto tu sia fortunata ad averlo.- Sara si staccò da lei e la guardò con curiosità.

-Avevo capito che non ti piacesse.- Arriane le sorrise e l'accarezzò dolcemente sui capelli. -Sa essere unico, nel suo genere.- Sara rise ed uscì dalla stanza, lasciando che le sarte improvvisate si mettessero all'opera.

 

Non appena Sara entrò nella stanza di Cam, scoppiò in lacrime per un motivo a lei sconosciuto. Possibile che dovesse piangere non appena entrava in tensione?

Si avvicinò al letto con le mani sul viso e vi si buttò sopra, singhiozzando.

Libera del vestito che si era levata di dosso con l'aiuto di una Abigail compassionevole, si sentì libera e si girò sulla schiena, sfogandosi in un bel pianto liberatorio. La storia del matrimonio la stava stressando sul serio, soprattutto pensando a Cam, esperto e sicuro di sé, mentre lei al contrario era indecisa e imbarazzata. Nonostante anche lei avesse millenni di esperienza alle spalle, la sua relazione le presentava ogni giorno novità che la portavano all'esasperazione. Con un singhiozzo, si pulì il viso dalle lacrime con la manica, cercando un modo per smetterla, pensando a Cam, come faceva sempre. Ma in quel momento non serviva, anzi, la faceva ricominciare e con più insistenza.

Sei una bambina, si disse, non ti meriti di sposarlo, non sei il tipo di ragazza adatta per lui. Doveva trovare un modo per cessare di rimproverarsi, per rendersi conto che piangere non era il modo giusto per affrontare le nozze. Pensare a un viaggio. Lei adorava viaggiare, anche se nella sua vita aveva visitato praticamente quasi tutti i posti del mondo, ma quella parola le fece ricordare la luna di miele.

Merda.

Cam aveva già organizzato il viaggio?

Non fece in tempo a pensarci, che Cam entrò nella stanza a testa bassa, tanto che non si accorse della sua presenza. Sara non si fece notare subito, ma lo stette ad ammirare per un po'. Sebbene portasse una t-shirt nera con la scritta “WAKE ME UP ONLY IF IT'S WORTH IT”, un paio di jeans strappati al ginocchio e sembrasse un ragazzo normalissimo, a Sara pareva l'angelo più sensazionale del Paradiso e non poté fare a meno di immaginarselo vestito elegantemente pronto per sposarsi e unirsi a lei. Sara si sedette e Cam si voltò verso di lei, sorpreso. -Che ci fai qui?- Un singhiozzo la scosse e si tirò le ginocchia al petto. -Avevo bisogno di distrarmi da tutto per un po' e dato che nella mia stanza ci sono Arrie, Gabbe e Mrs. Price che stanno... ehm, organizzando il banchetto... Spero di non darti fastidio.- Cam accennò un sorriso e si sedette di fronte a lei.

-No, affatto, è che dovrei farmi la doccia.- Sara non riuscì a scacciarsi dalla testa l'immagine di lui con l'acqua scrosciante sulle spalle e si portò di nuovo le mani al viso, con la testa che le scoppiava. Cam l'avvolse con un abbraccio e le baciò la nuca con tenerezza.

-Oh, tesoro.- Sara gli passò le mani dietro la schiena e ricominciò a piangere. Cam le faceva l'effetto di un calmante e questo la portò a sfogarsi ancora di più.

Stettero così per parecchio tempo, poi Cam la guardò negli occhi. Erano così vicini che Sara scorse il suo riflesso nelle iridi verdi di lui, i tratti leggermente orientalizzati e gli occhi arrossati per il pianto di poco prima. -Sei troppo tesa, Sara. Hai per caso cambiato idea riguardo alla decisione di sposarmi?- Lei vide Alan che le faceva promettere di non fare più soffrire Cam. Non voglio più vederlo distrutto ed essere costretto a consolarlo in eterno. Aveva giurato e lei era una donna di parola. Scosse la testa e trovò la mano di Cam, incrociando le dita alle sue. -No, non potrei mai ripensarci. Ti amo e non voglio ritornare indietro.- Ma lui non sembrò del tutto convinto, così Sara lo baciò sulle labbra, insinuando le mani al di sotto della sua maglietta e sfiorandogli la pelle che rabbrividì sotto il suo tocco. Cam sospirò e la tenne stretta, baciandola in quel suo modo adorabile e indimenticabile. Prendendola per la vita, la sdraiò di schiena sul letto che cigolò e con la mano corse alla cerniera dei suoi comodi jeans. Sara gemette e gli allontanò la mano con una smorfia, staccando le labbra dalle sue. L'espressione ferita di Cam la colpì ed ogni traccia di desiderio scomparve dalle sue iridi colorate. Lei si affrettò a spiegargli per non peggiorare la situazione, cercando di allontanare il rimpianto per averlo respinto.

-Cam, non credo sia una buona idea.- Gli accarezzò il tatuaggio di sole nero e glielo sfiorò con le labbra. -Perché no?- Sara abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi ma lui le sollevò il mento con le dita fredde fino a costringerla a guardarlo. I suoi capelli arruffati le solleticarono la fronte e se non fosse stata sdraiata sarebbe svenuta.

-È una regola del matrimonio, no? Restare casta fino al giorno delle nozze, che si terranno domani.- Cam, con suo più totale dispiacere, si sollevò e si staccò da lei, alzandosi in piedi e sfilandosi la maglietta, lasciando Sara a bocca aperta. -E poi sarei io quello attaccato alle tradizioni- borbottò Cam, entrando nel bagno della stanza e chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo. Sara si morse il labbro e per poco non riattaccò a piangere. Era così facile farlo arrabbiare. Si sedette sul letto, con il calore che si sprigionava dai polpastrelli delle dita con cui aveva toccato gli addominali di Cam. Poco dopo si diffuse il rumore dello scorrere dell'acqua e Sara si costrinse a non pensarlo, restando a contemplare il sole che calava all'orizzonte, tramontando sulle pianure di Gerusalemme. Era in quella città che Cam aveva tentato di sposarsi la prima volta ed era difficile per Sara comprendere il motivo per cui lui l'avesse condotta lì. Si portò le ginocchia al petto.

Ian.

Non riusciva ancora a credere che fosse morto e si chiese come sarebbe stato un matrimonio tra di loro, come sarebbe stata diversa la sua vita se Cam non l'avesse amata. Ma non riuscì ad immaginarsi senza di lui, lui che le aveva dimostrato quanto l'amore fosse fondamentale nella vita di una persona.

In meno tempo di quanto lei si fosse aspettata, Cam finì la doccia e uscì dal bagno già completamente vestito, con una canottiera grigio scuro e dei pantaloncini da corsa, un asciugamano umido sulle spalle e i capelli umidi e più spettinati del solito. Quando incrociò lo sguardo di Sara, si strofinò la testa con l'asciugamano senza lasciare i suoi occhi e si accovacciò sul letto, fronteggiandola. Sara non cedette e stette immobile, fissando la scollatura della canottiera. Improvvisamente, Cam cambiò umore, come era suo solito. -Domani è il grande giorno. Non riesco a credere che sia arrivato.- Ridacchiò e si sdraiò accanto a lei, dando dei colpetti al materasso per attirarla. Sara dimenticò ogni traccia di timidezza e si adagiò vicino a lui, con la mano sul suo cuore. Batteva con forza e regolarmente e lei quasi si addormentò con la ninna nanna dei battiti, del

respiro leggero e soave, del profumo delicato e fresco di Cam, il suo sposo. Faceva ancora fatica a pensarlo a quei termini e si rannicchiò più stretta a lui per cercare un appiglio.

Cam le baciò la fronte e cominciò a cantare a bassa voce:. Era una melodia cantilenante e armoniosa, con parole in ebraico che lei non capiva. La sua voce era così perfetta e profonda che si addormentò di colpo, con la mano posata sul suo cuore.

Cam sorrise. Gli faceva tenerezza, così piccola e indifesa. Ma solo in apparenza.

-Buona notte, mio amore.- Si addormentarono così, avvinghiati l'uno all'altra e in attesa del giorno seguente.


Angolo Autrice: Ecco qui la prima parte del penultimo capitolo del mio Eternity!
Innanzitutto, perdonatemi per l'attesa. Non avrei mai voluto assentarmi per questo arco di tempo che mi è parso davvero lungo un'eternità -tanto per sentirmi più collegata al mio testo-, ma ho dovuto farlo per questioni familiari.
Ebbene, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Vi vorrei chiedere una cosa che mi sta molto a cuore -è un pallino che ho, purtroppo-: che ve ne pare del personaggio di Alan Mitchell? Io, personalmente, lo adoro. Sto scrivendo molto, molto, molto lentamente una FanFiction su di lui. Spero di pubblicarla al più presto, quando sarà completata!
Okay, il prossimo capitolo sarà totalmente concetrato sul matrimonio dei due innamorati. Adoro la scena finale della prima parte di questo capitolo. Sono così dolci! 
Grazie, grazie davvero a tutti i miei lettori e a coloro che seguono la mia storia quasi terminata!
Spero di riuscire a pubblicare presto il resto, anche perché tra non molto comincerà la scuola!
Vi adoro. 
GiuliaFray

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Capitolo 10
*** Capitolo Nono. Consumati, consumati, corta candela! La vita è un'ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narr ***


Capitolo nono

 

 

 

Consumati, consumati, corta candela!

La vita è un'ombra che cammina,

un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco

e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota,

pieno di suoni e furore,

significante niente.

William Shakespeare

 

La voce soave di Cam era la sveglia più piacevole che lei avesse mai posseduto.

-Pronta a partire?- Sara aprì gli occhi con una smorfia per la luce del sole che entrava nella stanza senza pietà per i suoi occhi e il viso di Cam la salvò dallo strazio.

Il viaggio di nozze. Perfetto, il momento giusto per trascorrere assieme momenti mortalmente disagevoli. Cam, vestito solo con un paio di pantaloncini corti, le sfiorò il viso con il dorso della mano e un'espressione di gioia indiscussa.

Sara si alzò a sedere e gli baciò le labbra, il miglior modo per cominciare una giornata.

-Sì, più o meno- brontolò sulla sua bocca. -Che vuol dire più o meno?- Lei appoggiò la testa sul suo petto scolpito e ascoltò i battiti del suo cuore. -Vuol dire che mi devo dare una sistemata, prima di partire.- Cam sembrò rassicurato e si districò dal suo abbraccio, fiondandosi in bagno e chiudendosi la porta alle spalle. Sara restò a fissare il cuscino su cui Cam aveva dormito e toccò il tessuto morbido ancora caldo. Vi era ancora impressa la forma della sua testa e desiderò di ritornare indietro nel tempo e guardarlo dormire.

Quando Cam uscì dal bagno già completamente vestito, lei si sentì infinitamente lenta e con un sospiro scese dal letto e aprì le ante dell'armadio. La accolse un fiotto di puzzo stagnante di borotalco e una decina di insetti neri che le svolazzarono attorno per poi dileguarsi dalla finestra aperta. Con una smorfia disgustata, Sara afferrò un paio di jeans e non fece in tempo a chiedersi che cosa diavolo ci facessero dei jeans a Gerusalemme in una villetta sperduta, che Cam le si parò davanti con un piumino tra le mani. Vedendo la sua espressione curiosa, si spiegò: -Be', fa un po' freddo lassù.- Sara lo prese e se lo allacciò sotto lo sguardo di Cam. -Non pensavo che avremmo volato.- Cam sorrise e si voltò, ripescandone un altro dall'armadio. Sara lo affiancò e fece tanto d'occhi per convincerlo a rivelarle la destinazione del loro misterioso viaggio di nozze. -No, Sara, non cedo, non questa volta.-

Lei si mise le mani sui fianchi. -Ma perché? Insomma, tanto tra poco ci saremo arrivati. Cosa cambia?- Cam non rispose, come faceva quando reputava inutile continuare la discussione per evitare un litigio. Il nostro primo litigio da coppia sposata, pensò Sara rabbrividendo. Così, non parlarono più fino a quando Cam la guidò sul davanzale della finestra e aprì totalmente le imposte, portandola all'esterno. Sara si fece trascinare e, nonostante ci fosse abituata, non poté evitare di restare senza fiato quando Cam librò le ali, che si innalzarono dietro di lui come se volessero raggiungere il cielo limpido. Erano meravigliose come sempre e le venne un improvviso desiderio di spiegare le sue.

Ma Cam la fermò con un gesto secco della mano e senza alcuna difficoltà l'afferrò per la vita prendendola in braccio. Sara si sentì come ritornata in Paradiso. Cam era la perfezione e non desiderava altro che stargli accanto fino alla morte, se solo ci fosse stata.

Ridacchiò quando Cam spalancò del tutto le ali e le sbatté nell'aria fendendola con forza, salendo sempre più su, bucando le nuvole e il cielo stesso. Era bellissimo e Sara, che soffriva di vertigini nonostante fosse un angelo belle e pronto, si rannicchiò contro il suo petto, seppellendo il viso nel suo collo morbido. Sentì il petto massiccio di Cam rimbombare e capì che era scoppiato a ridere per il suo terrore dell'altezza. Sara lo guardò per tutto il tempo, contemplando, come un esperto di arte che studia una scultura, il suo profilo perfetto e mozzafiato, gli occhi stupendi che riflettevano la luce del sole, le labbra rosse come bacche. Più bello delle statue di Michelangelo, più bello della luna stessa, più bello di ogni altra cosa al mondo. Volarono per molto tempo e Sara capì che erano atterrati quando Cam si voltò verso di lei e le sorrise raggiante, segno che il suo entusiasmo aveva raggiunto livelli inimmaginabili. Lei scese dalle sue braccia non senza un certo rimpianto della sensazione di calore che aveva sconfitto il freddo della temperatura del cielo e lo baciò, buttandosi addosso a lui. Era un modo per ringraziarlo di amarla, averla sposata e di averla portata in un posto solo per stare con lei e nessun altro.

Si guardò attorno e la prima cosa che vide fu una casetta in lontananza, piccola e di legno con una porta spalancata e delle finestre a forma di cerchio sulla sommità vicino al tetto. -Dove siamo, maritino?- Cam sghignazzò e le circondò le spalle con un braccio.

-Quello è il posto in cui trascorreremo la prima, cioè la seconda, notte di nozze.- Sara si bloccò. Dovevano per forza? Lo desiderava, sì, ma era piuttosto timida riguardo a quelle faccende amorose e sinceramente non era sicura di riuscire a farlo. Era successo altre volte, ovviamente, ma non si erano mai messi d'accordo per ritrovarsi e... Oh, non ci voleva nemmeno pensare. -Non pensare male. Se non ti va non faremo nulla.-

Sara sperò di non averlo offeso. -Io... è che non vorrei sfruttare questa occasione solo per... - Cam annuì e la sospinse verso la casetta. -Ho capito. Allora resteremo casti come in un convento.- Sara aveva avvertito il tono freddo nella sua voce e la totale mancanza, se non negativa, di allegria e fermò i suoi passi mettendosi davanti a lui. -Cam, non devi offenderti. Io ti voglio, solo che... Tecnicamente, questa non è la prima volta per noi, quindi non abbiamo bisogno di venire in un posto isolato dal mondo solo per... -

Dannazione. Non riusciva a fare un discorso del genere con Cam senza cadere in preda all'imbarazzo più totale. Ma lui le appoggiò un indice sulle labbra. -Sara, davvero, non è importante per me. Abbiamo un'eternità davanti. Prima o poi... - Sara gli diede di gomito. -Piantala.- Cam rise e la prese di nuovo in braccio, correndo incontro alla casa. Sara sobbalzava sul terreno scosceso e ne approfittò per farsi un'idea di dove diavolo fossero finiti. Era una baia circolare affacciata sull'oceano di un blu incontaminato ed irresistibile, il suolo era sassoso e ogni tanto, come iceberg in mare aperto, spuntavano dei massi appuntiti e di un grigio scuro. Davanti alla spiaggia si ergevano degli scogli alti alcuni metri, attorno ai quali svolazzavano dei gabbiani e uccelli multicolori. Era incantevole, un paesaggio suggestivo che le sembrava vagamente familiare. Vagò con la mente alla ricerca di un'immagine simile a quella, scavando tra i suoi ricordi per trovare qualcosa che le potesse dire che erano in... -Nuova Zelanda!- strillò, abbracciando Cam con tutta la forza che aveva. Lui tossicchiò per liberarsi dalla sua presa, ma lei era così felice di esserci ritornata dopo tanto tempo passato a poltrire in America! -Mi hai portato in Nuova Zelanda! Oh, Cam, sei il marito che tutte vorrebbero.- Cam sorrise malizioso. -Lo so.-

Varcarono la soglia della casetta e il demone l'appoggiò delicatamente per terra.

-Eccoci qui. Che te ne pare?- La stanza in cui entrarono era abbellita da un letto a baldacchino enorme, drappeggiato da tende di velluto rosate, un mobile di legno scuro con uno specchio grande sospeso sopra, un tappeto persiano color porpora che soffocò i loro passi. -Carino. È stata adibita solo ed esclusivamente per passarci una notte di nozze? A quanto pare la cosa principale è il letto.- Cam scoppiò a ridere e con sua sorpresa e al contempo meraviglia, si tolse il cappotto e la maglietta nera aderente che indossava sotto, restando a petto nudo. -Ti va di fare un bagno con me?- Sara restò a fissare il corpo di Cam come incantata e si ritrovò ad annuire nonostante fosse certa che l'acqua fosse congelata e non proprio ideale per farsi un bagno. Cam andò in un angolo della stanza e prese una valigia arancione e anonima da terra, ripescandone fuori dei pantaloncini neri e un costume a due pezzi bianco che lanciò a Sara. -Ci vediamo fuori, allora- disse Cam avviandosi verso la porta. Sara lo raggiunse in tutta fretta, appoggiandogli una mano sul bicipite. Il tatuaggio nero spiccava sulla sua pelle perlacea e metallica. -No, non uscire.- Si sorprese per la sua audacia e fece per smentire ciò che aveva appena detto quando fu Cam a salvarla.

-Vuoi che ti guardi svestirti?- Cam era così sincero e diretto che Sara sorrise per il modo con cui l'aveva fatta ritornare in sé. In realtà, non voleva perdere la visione del suo fisico, ma ribatté: -No, allora vai fuori.- Cam, conoscendola abbastanza bene da distinguere la vera rabbia da un semplice attacco di ambiguità, se ne andò senza dire nient'altro e Sara continuò a guardargli la schiena fino a quando lui svoltò a sinistra, nascondendole la sua vista. Anche da quella distanza riuscì a vedere le piccole cicatrici in corrispondenza della scapole da dove uscivano le ali possenti. Sara, improvvisamente eccitata all'idea di entrare in acqua con Cam -Santo cielo, era suo marito! Perché era ancora timida quando si trattava di questioni di desiderio fisico?- si cambiò rapidamente, apprezzando il fatto che Cam conoscesse alla perfezione la sua taglia per il costume. Si diede un'occhiata allo specchio, pettinandosi i capelli con le dita e notando quanto le stesse da favola quel costume. Amava il bianco e adorava il modo con cui quel colore si intonava perfettamente con il colore ambrato della sua pelle. Si guardò ancora attorno prima di precipitarsi fuori, ansiosa di farsi avvolgere dalle braccia muscolose del suo Cam. Sara uscì dalla casetta e lo vide appollaiato sotto le fronde di una palma alta e flessuosa, lanciando sassi per terra e scrutando l'orizzonte in cerca di qualcosa che solo la sua mente poteva recepire.

Quando sentì i passi di Sara, che arrancava nel tentativo di non bucarsi i piedi per le pietre aguzze che le graffiavano la pelle liscia, si alzò in piedi e la soccorse, stringendola dolcemente a sé. -Ti sta bene. Sono felice che ti sia piaciuto- disse Cam, indicando il costume. Evidentemente lo aveva capito dalla sua espressione per una volta non imbronciata e Sara si sentì per l'ennesima volta raggiante di gioia per averlo trovato e amato.

-Già, è molto carino.- Cam le guardò il corpo esposto alla luce del sole con gli occhi improvvisamente bramosi e le prese il viso tra le mani. Le loro bocche erano vicinissime e Sara fissava la sua mentre lui diceva sommessamente: -Ti porto in un posto, amore mio. Non riusciresti mai a trovarne uno simile, te lo prometto.- Lei non riuscì a trattenersi e allungò il capo, tanto quanto bastò per baciarlo e per scioglierglisi addosso. Cam l'attirò a sé, tirandola per il fiocco che le teneva fermo il reggiseno e Sara gli passò una mano tra i capelli serici, gustando la sensazione celestiale della sua vicinanza. La schiena di Cam era così liscia e longilinea, che lei vi si strinse come se lo dovesse abbandonare da un momento all'altro. Cam si staccò quando le mani di Sara scesero fino al suo costume, il respiro leggermente accelerato e il battito del cuore che rimbombava sul petto di lei. -Non sei affatto coerente, moglie. Tutto quel discorso sulla mancanza di desiderio dove è andato a finire?- Sara aggrottò la fronte e lo fissò, finalmente negli occhi, con un'espressione contrita. -Non ho detto che non ti desidero, Cam. E non chiamarmi moglie. È umiliante.- Cam le diede un pizzicotto sul fianco facendola fremere. -È quello che tu sei per me, dico bene?- Sara alzò gli occhi al cielo e lo prese per mano, lasciandosi guidare da lui. Cam la condusse attraverso un boschetto fitto che circondava la spiaggia popolato da uccelli e creature animali di ogni varietà possibile e immaginaria, arricchito da alberi dalle fronde chiomate, i tronchi odorosi e frutti tipici di quelle zone, come il kiwi, per esempio. Tutto era lussureggiante, come se fossero stati i protagonisti di un libro fantasy, una natura pura e mai violata dall'essere umano, tanto che Sara sentì il sospetto che loro fossero i primi umani a metterci piede, talmente non c'era traccia di un sentiero o di legna lasciata lì dopo una battuta di caccia o un fuoco acceso. Avanzarono per alcuni minuti, fino a quando Cam svoltò bruscamente come suo solito a sinistra, aprendosi un varco tra le felci alte e cresciute senza controllo. Quando i due superarono un masso enorme, non senza una certa difficoltà, Sara vide il paesaggio più bello che avesse mai guardato. Era una cascata, una splendida e maestosa cascata che si apriva proprio sotto i loro piedi, scendendo giù con una rapida discesa di parecchi metri. Ma la cosa più spettacolare era la vegetazione protagonista di quel luogo assieme ad uccelli esotici di tutte le forme e dimensioni. Se la foresta era stata lussureggiante e nel complesso silenziosa, la cascata era tutto il contrario. I timpani di Sara venivano perforati dal fragore incessante dell'acqua limpida e nulla era più udibile oltre a quello e al battito del suo cuore agitato.

Non riusciresti mai a trovarne uno simile, te lo prometto. Cam aveva sempre ragione e quella ne era la dimostrazione. Sara si voltò verso di lui e per un attimo, invece dei consueti capelli corvini e degli occhi smeraldini, vide per un attimo il profilo di Ian e il suo fisico simile e diverso rispetto a quello di Cam. L'ultima volta che si era recata in Nuova Zelanda ci era stata con Ian e per un attimo sentì una fitta di nostalgia per l'uomo che per tanto tempo aveva popolato i suoi sogni. Lo dimenticò subito quando Cam le strizzò l'occhio, le mollò una mano, inarcò la schiena prendendo un respiro profondo e saltò nel vuoto, piegandosi in un perfetto tuffo ad angelo. Sara si precipitò verso il termine della cascata per vederlo cadere come un tuffatore professionista. Ma di una cosa era certa: Cam era professionista in tutto, niente discussioni. Senza esitare e cercando di non scivolare accidentalmente sguazzando nell'acqua che le arrivava a metà polpaccio, prese la rincorsa e si lanciò, sperando che l'acqua fosse abbastanza profonda da attutirne l'impatto. Per un attimo, le si mozzò il respiro e il cuore le salì in gola, facendole desiderare che Cam fosse accanto a lei. Le sembrò di essere ritornata indietro al momento della Caduta per il modo con cui l'aria le sferzò il viso con violenza e per la sensazione di vuoto che la circondava.

Cadde in acqua e il suo corpo venne sommerso dal fluido, entrandole in bocca e facendola sputacchiare. Era piuttosto inesperta come angelo nella vita quotidiana, fu costretta ad ammettere, ma tutto cambiava quando doveva difendere sé stessa o Cam con una tattica di taekwondo. Allora diventava insuperabile, come se avesse avuto un sangue diverso nelle vene, diverso da quello degli angeli normali, una sostanza adatta al combattimento.

Sentì le mani di Cam trovare la sua vita e stringerla, tirandola indietro fino a quando lui appoggiò la schiena contro la parete ruvida di una rientranza nella roccia possente dietro lo scrosciare della cascata. Sara si voltò e l'unica cosa che riuscì a fare fu baciarlo. Cam ricambiò l'impeto di gioia e presto le sue mani le esplorarono il corpo da cima a fondo, facendola rabbrividire e accendendole una passione in corpo che mai aveva provato.

Come Cam le aveva annunciato, il viaggio di nozze in quella località sperduta, ma che da ora in poi le sarebbe restata nel cuore come un tatuaggio indelebile, sarebbe durato tre settimane e Sara era certa che prima o poi sarebbe dovuta cedere alle lusinghe di quel demone tremendamente affascinante. Sara gli passò le gambe attorno alla vita e Cam si girò per metterla con le spalle al muro. Le loro labbra erano così avvinghiate che nemmeno se fosse apparso Lucifero in persona si sarebbero scollate, Sara ne era certa. Si baciarono e accarezzarono fino a quando l'ambiente attorno a loro si oscurò del tutto, segno che era calata la notte e nonostante avessero passato un tempo che parve loro infinito ad amarsi come non mai, il desiderio in loro non si era spento neanche di un briciolo, dandole l'impressione che avrebbero potuto passare l'eternità lì rintanati in quella cascata, ignorando il resto del mondo come se fossero finiti in un'altra dimensione.

Le venne in mente un verso di Saffo: Rapita nello specchio dei tuoi occhi, respiro il tuo respiro. Si sentiva proprio come lei, rapita dall'amore e da ciò che provoca, una fiamma ardente che sembra più non volersi spegnere. Sara spalancò gli occhi quando Cam le slacciò il reggiseno che cadde in acqua, perdendosi chissà dove. Non poteva più fermarsi, era più forte di lei. Ti amerò fino alla morte e oltre, fu l'ultima cosa che pensò Sara prima di cadere in preda a ciò che si era tenuta dentro fin da quando Cam aveva incrociato il suo sguardo la prima volta.

 

 

 

 

 

Epilogo

 

Dodici anni dopo

 

Sara si svegliò per il calore del sole che filtrava dalla finestra nella stanza. Con uno sbadiglio scese dal letto barcollando e si guardò attorno. Dov'era Cam? Probabilmente a un congresso dei demoni, si disse. Quando aprì la porta della camera da letto della loro nuova casa in periferia, un profumo squisito e delicato la colpì in pieno viso e scese le scale di corsa, sperando che almeno le avesse lasciato qualcosa da mettere sotto i denti data la sua fame da lupi. Ma annusando bene l'aria, capì che non si trattava di cibo e decise che era un odore floreale, come se qualcuno avesse piazzato delle piante per casa. Scendendo, passò di fianco alle foto appese alle pareti di lei e Cam in Nuova Zelanda, a Berlino sotto la Porta di Brandeburgo, a Mosca davanti alla piazza Rossa con Cam che sorrideva da orecchio a orecchio, a Verona sotto il balcone di Romeo e Giulietta, nella città di Firenze abbracciati nella piazza della Signoria con gli uccelli che svolazzavano loro attorno. Nonostante ogni foto fosse diversa dall'altra, c'era una cosa che le accomunava, un fatto che fece capire a Sara quanto Cam fosse fondamentale per lei: entrambi portavano l'anello al dito, il che significava che la loro unione sarebbe stata eterna. Avevano viaggiato talmente tanto in quegli ultimi dodici anni che nemmeno riusciva a ricordare tutte le tappe. Quando giunse in salotto, capì tutto. L'intero piano terra era stato riempito di peonie bianche e luminose dai lunghi petali che riempivano l'aria di un profumo squisito. Cam le aveva piazzate in ogni luogo, sulla maniglia della porta, attorno alla soglia di casa, sul divano sotto e sopra i cuscini morbidi che avevano comprato assieme dopo tanti scontri d'opinione sui colori perfetti, sul tavolo e persino nella libreria arricchita da tomi che solo lui conosceva.

Sara si portò una mano al cuore, sorridendo. Era la cosa più bella che qualcuno avesse fatto per lei e l'idea che fosse stato suo marito a procurarsi tutti quei fiori solo ed esclusivamente per farla felice la facevano sentire amata e desiderata. Si chinò e ne raccolse uno da terra. Cam sapeva essere così dolce che le lacrime le pizzicarono gli occhi. Quello era il segno che nulla avrebbe potuto sconfiggere il loro amore e che Cam, un demone, avrebbe amato per sempre lei, Sara, un angelo, e questo pensiero bastava a renderla la donna più felice al mondo.      

Angolo autrice: Salve a tutti! 
Innanzitutto, perdonatemi per la mia luuuuuuunga assenza. Non ho postato quest'ultimo capitolo per mesi e chiedo umilmente il vostro perdono. Cercavo sempre di ricordarmi del mio account su EFP, promettendomi di postare al più presto, MA, come mi capita spesso, me lo dimenticavo sempre. Oggi, con un colpo di genio, sono riuscita a collegarmi con calma e postare l'ultimo capitolo della mia storia scritta da mesi. 
Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno seguito, recensito, letto la mia storia. Grazie mille. La vostra presenza mi ha donato una grande dose di autostima che mi ha aiutata nel corso dei mesi per scrivere brevi OS. 
Un bacio!

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