Il Giorno

di Bei e Feng
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mattino ***
Capitolo 2: *** Mezzogiorno ***
Capitolo 3: *** Vespro ***
Capitolo 4: *** Notte ***



Capitolo 1
*** Mattino ***



Questa fanfic è ispirata (solo per il nome, ovviamente) al poemetto di Giuseppe Parini, ma la trama è ben diversa. La struttura della è la stessa del poemetto, quindi sarà divisa in Mattino, Mezzogiorno, Vespro e Notte. In ognuno di questi capitoli saranno descritte scene di vita quotidiana dei servi e dei padroni. Il ritmo della storia evolverà dal primo all'ultimo capitolo, e questo, essendo l'inizio, non è molto veloce. Però vi chiedo di avere un po'di pazienza: credo ne valga la pena :)
credo... =|


Martedì, ore 7:30.
Le tende di velluto nero erano tirate davanti alla finestra, e a stento si distinguevano le ombre degli oggetti nella stanza e la sagoma di quell'uomo, comodamente assopito su una bella poltrona, dietro una lucida scrivania d'ebano.
Ma non avrebbe dormito a lungo...
- SVEGLIA! SVEGLIA! SVEGLIA! -
Il proprietario di casa si destò improvvisamente, disturbato da quella voce allegra. I suoi feroci occhi rossi si guardarono attorno in cerca dell'intruso, ma improvvisamente qualcuno spalancò le tende, sollevando una marea di polvere, e il tiepido sole del mattino inoltrato inondò l'intera stanza.
- Godiamoci questa meravigliosa mattinata! - continuò l'intruso, voltandosi verso l'altro.
Xanxus lo riconobbe e si infuriò. Come aveva osato svegliarlo a quell'ora?
- Si svegli, Xanxus-kun: oggi è una bellissima giornata! - continuò il maggiordomo, sprizzante di energia. - Il cielo è limpido, splende il sole e l'aria è tiepida: un tempo perfetto per giocare a baseball!... -
- FECCIA!!! CHIAMA LA CAMERIERA!!! - urlò il padrone di casa, irritato da quel volto sorridente, lanciando un bicchiere di cristallo nella direzione del maggiordomo.
Ma Yamamoto lo prese al volo. I suoi riflessi erano ottimi, e gli oggetti che Xanxus gli scagliava sempre contro non lo spaventavano affatto. Nulla di quel nuovo gioco del padrone e dei servi lo spaventava, ed era divertente quasi quanto quello della mafia.
- Agli ordini, signore! - rispose, entusiasta, affacciandosi poi alla finestra. - IL PADRONE SI E' SVEGLIATO!!! PORTATEGLI DEL CAFFE'! - poi si rivolse di nuovo al capo, con la sua solita faccia solare e l'accenno di un inchino. - Con permesso, signore, vado a fare qualche tiro a baseball. - e, appoggiato il bicchiere sulla scrivania, uscì dalla stanza, fischiettando, mentre Xanxus tamburellava nervosamente sulla superficie scura della scrivania, senza prestare la minima attenzione al congedo del maggiordomo.
Ripensò a tutto quello che era successo lo scorso Natale:
Il Nono aveva ordinato che i festeggiamenti si svolgessero a casa Varia: pessima scelta! Tutti i Vongola riuniti in quella casa... una cosa che Xanxus non sopportava. E non era riuscito a trattenersi dalla tentazione istintiva di sparare in mezzo agli occhi di quel tonno del Decimo Vongola. Ma prima che potesse anche solo pensare di tirare fuori dalle fondine le pistole, quel diavolo di braccio destro kamikaze aveva iniziato a tirare dinamite a casaccio per colpire quel bambino cornuto col costume da mucca; questo aveva usato il bazooka per diventare adulto, Bianchi aveva iniziato a lanciargli piatti all'acido muriatico, ecc. In seguito Hibari aveva fatto il suo ingresso a sorpresa, I-Pin era esplosa dall'imbarazzo, poi, come se non bastasse già tutto il resto, Mukuro & Co. si erano infiltrati, e subito si era scatenato il putiferio. Per risolvere la questione (o peggiorarla?) Reborn aveva sparato a Tsuna il Proiettile dell'Ultima Volontà, e quindi c'era anche un pazzo con gli occhi da schizzato grossi come una ciambella e una fiamma sulla fronte, che andava correndo per casa in mutande, cercando di mettere pace "a costo della vita!"...
Insomma, avevano distrutto mezza casa. Poi si era scatenata una lite tra Varia, Kokuyo e Vongola che aveva portato ad un cumulo di macerie e un nulla di fatto. Solo Xanxus non aveva fatto niente, come al solito.
Venuto a sapere di ciò, il Nono aveva pagato la ricostruzione dell'intera casa, e poi ordinato che la famiglia del Decimo e la gang di Kokuyo lavorassero alle dipendenze dei Varia per una settimana, per ripagare i danni fatti. Onde evitare maltrattamenti, l'attuale boss dei Vongola aveva nominato tre controllori, che sarebbero potuti entrare in qualsiasi momento per tenere d'occhio la situazione. Se questi avessero scoperto dei maltrattamenti nei confronti dei lavoratori, avrebbero potuto far pagare un risarcimento ai Varia e licenziare Vongola e Kokuyo. Xanxus quasi si augurava che questo succedesse, giusto per levarsi quelle fecce dai piedi, ma Mammon era troppo spaventata per l'integrità dei suoi spiccioli per permetterglielo.
Erano già quattro giorni che quelle fecce gli svolazzavano in casa come tanti moscerini. E lui non poteva schiacciarli, anche se in suo potere. Tutto per salvare la sanità mentale del suo Guardiano della Nebbia...
Improvvisamente la porta si aprì, e un'adorabile cameriera in grembiule nero, con pannella e cuffietta bianche merlettate, calze e scarpette col tacco, rispondente al nome di Tsuna, fece il suo impacciato ingresso nella stanza con un vassoio d'argento tra le mani.
Xanxus reprimette a stento un forte istinto omicida nei confronti di quello che considerava più patetico dei moscerini al suo servizio.
- DAMMI DA BERE! HO SETE!!! -
Tsuna non riuscì a nascondere la sua faccia terrorizzata e un "HIIIIIII!" di orrore. Preso coraggio, si avvicinò al leone con passo tanto sicuro da far ondeggiare pericolosamente la tazzina di caffè.
- E... Ecco. - disse la cameriera, esitante, appoggiando il vassoio sul scrivania.
- Ora vattene! - Xanxus represse anche l'istinto di sparare a quel tonno fuor d'acqua. E Tsuna ubbidì subito, cercando di correre nonostante i tacchi.
Il boss dei Varia bevve tutto d'un fiato il caffè, poi stappò la bottiglia di whisky che stava sulla scrivania, e vuotò pure quella.
- DELL'ALTRO CAFFE'!!! - urlò.
- No, capo! Troppo caffè le fa male, e oggi dobbiamo allenarci ALL'ESTREMOOO!!! La giornata che ha davanti sarà faticosa, ma io so che lei darà IL MASSIMOOO!!! -
Il personal trainer entrò nella stanza senza bussare, già in tuta da ginnastica, con tanto di asciugamamo sul collo. Come ogni mattina, molto similmente al maggiordomo, era di ottimo umore.
Xanxus grugnì.
- Su, capo! Non faccia il pigro! Si deve tenere in forma! - continuò Ryohei, tirando il capo dei Varia per un braccio. - Oggi allenamento soft! Soltanto cento serie di mille su e giù per le scale di corsa invece delle solite millecento!... Non faccia quella faccia indifferente! So che le piace molto fare su e giù per le scale: è così veloce che quando finisco la prima serie, lei è già seduto in poltrona per riposarsi! Un allievo modello! Vedrà, alla fine di questa settimana sarà pronto per apprendere i rudimenti della boxe! - gli occhi di Ryohei brillarono. Afferrò saldamente la manica della giacca di Xanxus. - ANDIAMO ALL'ESTREMOOO!!! -
Il boss riuscì a sfilarsi la giacca pochi attimi prima che il personal trainer iniziasse a correre, uscisse fuori dalla stanza e poi si precipitasse giù per le scale, portando con sé solo la giacca del suo padrone.
- FECCIA! GIUSTO CHE CI SEI, PORTA LA GIACCA IN LAVANDERIA! - urlò il padrone di casa.
- ALL'ESTREMO, capo! Lei intanto si metta la tuta da ginnastica: sarò qui in un attimo! - Ryohei si fiondò giù per le scale che conducevano in lavanderia.
Non appena il personal trainer sparì dalla sua vista, Xanxus raggiunse il citofono sulla scrivania con la mano e premette un bottone.
- Desidera, Boss? - chiese una voce, con un aulico tono di devozione eccessiva.
- Mandami dell'altro caffè. -
- Subito, capo! - rispose Levi dall'altro capo del citofono.
- E una bistecca per l'ora di pranzo. -
- Immediatamente! -
- E una bottiglia di burbon. -
- Ai suoi ordini, Boss! -
-Ah, una cosa urgente: -
- Sono tutto orecchi, Boss. -
- Rinchiudi subito il personal trainer da qualche parte. -
E chiuse il citofono, senza attendere risposta.

Levi restò per un attimo interdetto, ricapitolando ciò che doveva fare, e si diresse subito in cucina. Quando aprì la porta (precisiamo: la spalancò senza riuscire a scardinarla) Lambo e I-Pin si rincorrevano, litigando per un biscotto, mentre Gokudera stava seduto al tavolo, cercando di calmarsi i nervi fumando la sua solita sigaretta, trattenendosi dall'impulso di pestarli entrambi.
- Il Boss vuole del caffè e una bistecca per pranzo, sbrigatevi! - disse Levi, uscendo subito dopo.
Gokudera iniziò a tranciare con i denti la parte della sigaretta che teneva in bocca, nervoso. Quando si accorse di che fine aveva fatto la sua sigaretta, la sputò nel posacenere, ne accese un'altra e si alzò, facendo il verso a Levi e borbottando: - "Il Boss vuole una bistecca, sbrigatevi!" Ma chi si crede di essere? Dannato scemo con i parafulmini! Guarda a cosa ci siamo ridotti! Oh, Decimo, non sa quanto mi dispiace! -
Hayato si alzò e andò ad accendere la macchina del caffè. Una volta pronto il caffè, appoggiò la tazzina sul tavolo e prese una padella, poi aprì il frigo per cercare una bistecca.
- Coraggio, è solo per una settimana. - si disse, in tono consolatorio. - Ci sono cose peggiori di queste... -
E guardò I-Pin e Lambo che scorrazzavano.
- Non posso lavorare con tutto questo casino... - borbottò, furioso.
Poi afferrò la testa di Lambo e lo sollevò di peso.
- USCITEEE!!! - urlò.
Lambo si divincolò dalla stretta di Hayato, liberandosi. Poi si affrettò ad uscire, seguito da I-Pin.
Allora Gokudera scartò la bistecca e la lasciò scongelare.
- Ora devo pure cucinare! - borbottò, imprecando e legandosi la pannella attorno alla vita. - Non vedo l'ora che finisca!... -

Ore 9:00, qualche piano più su...
- TU!!! RANA RACHITICA! TORNA QUI! -
E un coltello si conficcò nella parete (Fran si era nascosto nell'armadio appena in tempo).
- Fatina... -
- Ooji! - lo interruppe Belphegor. - Devi chiamarmi OOJIII! -
Fran aprì cautamente un'anta dell'armadio e sbirciò leggermente nella stanza.
- Fatina-ooji... -
Un altro coltello volò nella direzione del ragazzo e nuovamente Fran si nascose nell'armadio, così che la lama argentea andò a conficcarsi nell'anta del povero mobile. Bephegor si abbandonò su una poltrona. Perché quel ragazzo era così stupido? No no... il problema era un altro: perché a Natale lui si era messo a rincorrere quell'inutile popolano?? Che cosa gli era saltato in mente??? Se non lo avesse fatto, ora non sarebbe stato costretto a fare il paggio per il boss. E tantomeno avrebbe avuto tra i piedi quello sguattero con quella schifosa faccia apatica, quegli orrdendi occhi acquamarina e quegli inerti capelli verdi!...
Un'espressione di rabbia si stampò sul volto del principe, che, in preda all'ira, lanciò (senza dargli una precisa direzione) l'ennesimo coltello, che si conficcò a poca distanza dall'armadio, nel petto del ritratto, in giacca e cravatta, di un pacato Vongola IX dallo sguardo amichevole e rassicurante.
Si sentiva già meglio. Conficcare coltelli gli alleviava lo stress. Ma conficcarli nel cappello di Fran sarebbe stato il massimo!...
- Rospaccio! Esci fuori di lì! - urlò al marmocchio nascosto nell'armadio.
- Fatina! - la voce atona di Fran quasi precedette quella fin troppo espressiva di Bel.
- Ancora con questa fatina!... - borbottò il principe, a denti stretti.
- Perché mi chiami "Rana"? - chiese l'armadio.
- Perché è il tuo nome. -
- Mi chiamo Fran! Stupido diavoletto delle carie!!! -
- Bada a come parli, tu! Io sono un principe! -
- Un principe? Il principe delle carie? Adesso capisco perché sei così brutto!... -
- Sarai bello tu...! -
- Per non parlare della tua fratina, di quei tuoi dentacci e di quel ferraccio che ti ritrovi tra i capelli! -
- Non ti azzardare a parlare così della corona del principe, ameba! -
- Principe snaturato! -
- Piccolo anfibio amorfo! -
L'anta dell'armadio si chiuse di nuovo, onde evitare coltelli. Ma il principe li aveva ormai finiti, e doveva passare alle mani. Si alzò con molta pigrizia dalla poltrona, e si avvicinò all'armadio. Spalancò le ante e...

Chrome arrossì. Arrossì e basta. MM la trattava sempre così, era normale. Avrebbe voluto dirle tanto, ma non voleva farlo per non oltraggiare Mukuro-sama: in fondo, anche quella ragazza faceva parte dei Kokuyo, e se Mukuro l'aveva scelta, la ragazzina era sicura che l'illusionista aveva un motivo valido per una scelta come quella (povera Chrome!). Ma MM non aveva la stessa prudenza nei suoi riguardi, e la scherniva in ogni modo, anche sui vestiti, nonostante le due ragazze avessero gli stessi, medesimi abiti da sguattere.
Chrome si sedette in un angolo della stanza, cercando inutilmente di confondersi con il muro. Si era allontanata apposta da MM, ma l'altra continuava a guardarla. Per fortuna, la clarinettista si voltò pochissimi secondi dopo dall'altra parte.
- Sbrigati con quel pavimento, sguattero! Quel leccapiedi tornerà presto! -
Con maggior vigoreTsuna riprese a strofinare con uno straccio il pavimento dello studio di Levi.
- Parlando di stracci, d'ora in poi toccherà a Fran pulire lo studio del capo: l'ultima volta, per colpa di questo qui, - MM accennò a Tsuna, rivolgendosi probabilmente a sé stessa. - Ci è mancato poco che lo raggiungesse un proiettile in faccia! Peccato che non l'abbia beccato...! E dò piena ragione al capo. Una faccia del genere fa venire voglia anche a me di spaccarla!!! -
- Perché la tua no, eh? - borbottò Tsuna.
- Cosa hai detto?? - urlò MM, furiosa.
- Non trattare così il boss! -
La voce di Chrome si alzò flebile dall'angolo della stanza. MM si voltò.
- Tu, sta zitta e renditi utile: - disse la ragazza a Chrome. - Va'a cercare quel bamboccio di Fran! -
Chrome ubbidì e uscì immediatamente.



Non so se potrei farlo (semmai avvertitemi):

VARIANTE (con omake)


Martedì, ore 7:30.
Le tende di velluto nero erano tirate davanti alla finestra, e a stento si distinguevano le ombre degli oggetti nella stanza e la sagoma di quell'uomo, comodamente assopito su una bella poltrona, dietro una lucida scrivania d'ebano.
Ma non avrebbe dormito a lungo...
- SVEGLIA! SVEGLIA! SVEGLIA! -
Il proprietario di casa si destò improvvisamente, disturbato da quella voce allegra. I suoi feroci occhi rossi si guardarono attorno in cerca dell'intruso, ma improvvisamente qualcuno spalancò le tende, sollevando una marea di polvere, e il tiepido sole del mattino inoltrato inondò l'intera stanza.
- Godiamoci questa meravigliosa mattinata! - continuò l'intruso, voltandosi verso l'altro.
Xanxus lo riconobbe e si infuriò. Come aveva osato svegliarlo a quell'ora?
- Si svegli, Xanxus-kun: oggi è una bellissima giornata! - continuò il maggiordomo, sprizzante di energia. - Il cielo è limpido, splende il sole e l'aria è tiepida: un tempo perfetto per giocare a baseball!...

Buongiorno a questa casa che
non piace troppo a te!
Buongiorno al litro di caffè
che portan tutti a te!... -*

- FECCIA!!! CHIAMA LA CAMERIERA!!! - urlò il padrone di casa, irritato da quel volto sorridente, lanciando un bicchiere di cristallo nella direzione del maggiordomo.

* (parte di ''Buongiorno a te'', Luciano Pavarotti)

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Capitolo 2
*** Mezzogiorno ***


Mi dispiace di aver fatto attendere tanto questo capitolo, ma ho voluto assicurarmi che non fosse più indecente di quanto non lo sia già. Non è il climax della storia, però contiene (insieme al prossimo) alcune piccole anticipazioni. Qui compaiono altri personaggi e, per quanto mi sarà possibile, proverò ad inserirli tutti nel corso della storia. Spero che questo capitolo vi soddisfi quanto il primo.
Buona lettura!

(ore 9:00, camera del paggio)
Belphegor si trovò faccia a faccia con un perfetto babou di sé stesso in miniatura, e Fran approfittò della perplessità del principe per sgattaiolare fuori dall'armadio. Ma Bel si accorse di lui e gli assestò un calcio nel sedere, facendolo volare qualche metro più in là.
- Che diavoleria è quella?? - urlò il principe, inorridito, indicando il babou.
Fran si mise a sedere, aggiustandosi il cappello. - Sei tu. - disse. - L'ho fatto io. -
- Non mi assomiglia affatto! E poi perché ne hai fatto uno? -
Fran si strinse nelle spalle. - Non lo so. Me l'ho dimenticato quando ho sbattuto la testa sulla forma di formaggio a casa della nonna. -
- Tu pensa che idiota!... - sospirò il principe.
- Però adesso lo uso per tenere occupato Ken: - spiegò Fran, illustrando il meccanismo del giocattolo al Sempai. - Se gli schiacci la testa, il babou fischia, proprio come quei pupetti di gomma che... -
- IO NON SONO UN GIOCATTOLO PER CANI! - urlò Belphegor, furioso.
- Non ti azzardare a lanciarmi quei cosi! -
- Smetterò solo quando ti avrò ammazzato, contento? -
- Niente affatto: non è vantaggioso per me. - disse Fran, scuotendo il capo.
- Ti va di fare una scommessa, marmocchio? - rispose il principe, giocherellando con un altro dei suoi coltelli.
- Dipende... che cosa si vince? -
- La tua testa, Fran. -

Chrome si fermò davanti alla porta della camera del paggio, identificata da una targhetta dorata, piena di segni rosso scuro, incomprensibili, che forse nella mente contorta e agli occhi dell'"artista" volevano dire: "Belphegor, Prince The Ripper".
La ragazza si fece coraggio e bussò.
- Belphegor-sama! Sono venuta a prendere Fran. - disse.
Ma nessuno le fece caso.
- Fran! - chiamò ancora. - Abbiamo bisogno di te, basta giocare! -
Nessuna risposta.
- Fran! -
Chrome restò di fronte alla porta chiusa, troppo timida per alzare la voce e bussare appena più forte. Restò lì, chiedendosi se non ci fosse nessuno nella stanza, e, accreditando quell'ipotesi come la più probabile, stava per andarserne, quando udì la voce di Bel dietro la porta.
- Belphegor-sama! Fran deve lavorare! - disse.
Non appena pronunciò quelle parole, la voce non si fece più udire, e Chrome si chiese se Belphegor non le aprisse perché non voleva farla entrare. Ma perché? Anche lei sapeva dell'odio che il paggio nutriva verso il bambino... Perché non aveva sentito anche la voce di Fran? Improvvisamente la ragazza ebbe un brutto presentimento. Preoccupata, Chrome provò ad aprire la porta, e, contro ogni sua previsione la trovò aperta. Abbassò la maniglia, esitante, sbirciando con timidezza. Lo spettacolo che si trovò davanti la fece rabbrividire: coltelli, stralci di stoffa, pezzi di legno,... sparsi per tutta l'anticamera (sì, quella era solo l'anticamera. Ma del resto è la stanza del Principe!).
In preda all'idea che fosse successo qualcosa a Fran, la ragazzina si fece avanti rapidamente, percorrendo un tortuoso sentiero tra quella robaccia, verso la porta che conduceva alla camera vera e propria. Iniziò a sentire delle urla, che si facevano più forti, e presto Chrome riuscì a distinguere gli insulti che il paggio lanciava al bambino, e anche la voce atonale di Fran, quasi completamente soffocata dall'altra.
- FRAN!!! - ulrò Chrome, sperando di arrivare in tempo.
Spalancò un'altra porta. Gelò, e in quello stesso momento Bel si voltò verso di lei.
- Che vuoi, donna? - chiese, visibilmente disturbato dalla sua presenza. - Non vedi che stiamo recitando? -
Chrome annuì lentamente, incapace di fare qualsiasi altra cosa, timorosa di innervosire il principe più di quanto non lo fosse già. Si limitò solamente a guardare verso Fran, che, legato ad una sedia, ricambiò quegli occhi preoccupati con il suo solito sguardo vacuo.
- Stiamo rappresentando il Guglielmo Tell. - spiegò il ragazzino, accennando alla mela che aveva in testa e ai coltelli conficcati nel legno della finestra dietro di lui, come se volesse dissipare l'espressione che la ragazza aveva stampata in faccia. - Se centra la mela, ho vinto io; altrimenti... -
La ragazza sbiancò.
- Belphegor-sama, sono venuta a prendere Fran... - cercò di dire Chrome, ancora più imbarazzata e con l'accenno di un inchino di scusa.
- Ancora un attimo... - rispose Bel, prendendo accuratamente la mira per centrare la testa di Fran con un coltello. - Abbiamo quasi finito... -
Chrome si sentì quasi svenire, ma sapeva anche di dover fare qualcosa. E d'impulso imprigionò il principe in un'illusione. Era una mossa che le sarebbe costata notevoli energie, e per questo aveva poco tempo per agire: slegò Fran, lo prese per mano e corse fuori dalla stanza.
Quando Belphegor riuscì a liberarsi da quell'illusione (con sommo dispiacere, perché era piena di atrocità e sangue), i due erano già fuggiti.
Il principe non se la prese: avrebbe avuto altri momenti per tormentare quella pulce dai capelli verdi, e si abbandonò pigramente sul divano.
Poi, però, si accorse di qualcosa che stava per terra, ai piedi del divano. Incuriosito, la raccolse. Era una scatola di legno dipinta di vari colori, con una predominanza di verde, e chiusa con un piccolo gancio. Il principe l'aprì, e il babou schizzò fuori rapidamente, cogliendolo quasi di sorpresa. Superata la perplessità e l'indignazione iniziale, Belphegor guardò il pupazzetto di pezza. Era Fran. Un babou perfetto di quell'odiosa rana. Così perfetto che a Bel bastava guardarlo per provare una sensazione di pizzicore fastidioso alle braccia.
Il suo primo impulso fu quello di gettarlo fuori dalla finestra, poi però si rese conto che quell'oggetto poteva avere una certa utilità... Ma solo dopo pranzo.

Intanto Chrome e Fran raggiunsero Tsuna e MM. Non appena quest'ultima vide il bambino scaricò tutta la sua frustrazione su di lui.
- Fran! - esclamò, assestandogli un scapaccione sulla nuca. - Siamo qui per lavorare! Non per giocare! -
- Vorresti dire siete qui per lavorare. - osservò il ragazzino.
- Mi dai della scansafatiche? - rispose lei, preparandosi ad un altro colpo, ma preferì evidentemente non rovinare le sue vellutate mani. - Vai di sotto ad apparecchiare con quegli altri due poppanti, subito! - poi si rivolse a Tsuna. - E anche tu! -
Il boss dei Vongola lasciò lo spazzolone e il secchio alla ragazza, poi seguì il ragazzino, brontolando tra sé e sé.
- Noi invece ci occuperemo dello studio del contabile. - disse MM con tono di comando a Chrome, consegnandole gli oggetti che le aveva dato Tsuna.
- Ho finito di pulire il salotto. -
Le due ragazze si voltarono e riconobbero Bianchi.
- Ah, bene. Allora puoi anche andare. Noi finiamo quest'ultima stanza e per oggi basta. - disse MM.
Bianchi se ne andò al piano di sotto, mentre le altre due ragazze percorsero il lungo corridoio fino alla fine, dove era la stanza del contabile. MM  bussò, e dall'interno una voce le invitò ad entrare.
Lo studio del contabile era piccolo e angusto, con pochissimi oggetti essenziali: un camino rigorosamente spento, una sola finestra abbastanza grande da poterci infilare la testa e un braccio, una mensola con pochi libri e una scrivania di legno di scarsa qualità, dietro alla quale stava una di quelle sedie girevoli economiche di plastica. Seduto su una pila di libri appoggiati sulla sedia, c'era il contabile, incappucciato come al solito e intento a contare gli spiccioli.
- Siamo venute a pulire lo studio. - annunciò MM.
- Prego. - rispose Mammon, senza alzare lo sguardo dalle monetine dorate appoggiate sul tavolo.
MM fece cenno a Chrome di entrare, e la ragazza si mise a passare lo straccio, sotto lo sguardo indifferente della clarinettista. Improvvisamente, come se l'effetto del sonno ipnotico che il denaro esercitava sul contabile avesse perso potere, Mammon si rivolse alla ragazza che batteva la fiacca.
- Se non ti metti a lavoro non sperare di avere da mangiare oggi! - disse. - Non voglio mica sfamarti perché tu non faccia niente! -
- E io non posso mandare all'aria una manicure da 140 euro per fare le pulizie! - ribatté l'altra, distogliendo lo sguardo dalle sue mani.
- Ma quei soldi sono i tuoi, non i miei. -
- Potrei dirti lo stesso per quanto riguarda i pasti. -
Mammon non rispose. E MM non dette un altro affondo. Si stavano rendendo conto entrambe di aver a che fare con una persona con i loro stessi difetti, e sapendo che il fuoco non si combatte con il fuoco né l'avarizia con l'avarizia, riflettevano. Poi ebbero tutt'e due la stessa idea, e lo capirono al volo.
- Oggi pomeriggio. - disse MM.
- Alle quattro? - propose Mammon.
MM accennò ad un sorrisetto furbo, poi uscì. Mammon non proferì più parola, riprendendo i suoi conti e lasciando la povera Chrome perplessa da quel curioso discorso quasi muto.

Cucina, ore 10:00.
- Possiamo entrare? -
- DECIMO! - esclamò Gokudera, spalancando la porta e inchinandosi fino a sfiorare il pavimento con la fronte. - Come sono felice di vederLa! -
- Wow! C'è uno zerbino nuovo! - esclamò Lambo, saltando sulla testa di Gokudera e poi in cucina verso il frigo.
- Anche il ruminante...! - borbottò Hayato, guardando con sguardo omicida il bambino. Poi tornò a rivolgersi a Tsuna. - Comunque questo non è posto per Lei, Decimo! Perché è qui? -
- Devo apparecchiare, e sono venuto qui per prendere le posate. -
- Mi permetta di aiutarLa! - esclamò il braccio destro, accennando a un inchino meno esagerato del precedente.
- Grazie... -
- I coltelli tagliano, Decimo, e non voglio che Lei si faccia male. - disse Gokudera, sorridente, svuotando il cassetto delle posate.
- Ma... -
- Vogliamo fare anche noi i disastri in cucina! - urlarono Lambo e I-Pin, saltellando allegramente, dopo aver visto la bistecca appoggiata sul ripiano della cucina.
- COL CAVOLO!!! - urlò Gokudera ai due bambini, preparandosi a lanciare loro tutte le posate che aveva in mano.
- No, Gokudera! No! Fermati! - disse Tsuna, trattenendolo per le braccia fino a quando non si fu calmato. - Devi cucinare: è meglio di no. E poi ho i bambini che mi aiutano. - e gli prese le posate di mano.
Fran, Lambo e I-Pin presero la tovaglia, i bicchieri, i tovaglioli e i piatti, mentre Gokudera implorava in ginocchio il boss di farlo partecipare al ''nobile atto di apparecchiare la tavola'', come diceva lui. Ma il Vongola non aveva la minima intenzione di voler saltare in aria con la casa perché il suo braccio destro voleva aiutarlo lasciando i fornelli incustoditi, e con calma cercò di convincerlo, mentre Hayato imprecava tra sé e sé. Poi però si rese conto che lì, in cucina, lui non era soggetto ad alcun controllo, e avrebbe potuto avvelenare i padroni senza che nessuno tranne lui lo sapesse, in modo da essere utile al Decimo per uscire da quella situazione umiliante.
- Ha ragione. Di me c'è più bisogno qui. - concluse, con un altro inchino profondo.
- Allora buon lavoro! - lo salutò la cameriera, uscendo seguito dai bambini. - Ci si vede dopo! -

Tsuna stava mettendo le ultime posate, quando un brutto presentimento si insediò nella sua mente, accentuato dall'ipersensibilità del suo iperintuito. Un presentimento che inizialmente restò quasi un vago pensiero passeggero nella sua immaginazione, ma che poi si fece concreto, e che lo spinse sempre di più ad andare a verificare se ciò che avvertiva era vero. Così mise l'ultima forchetta e disse ai bambini di che potevano andare a giocare, poi si diresse rapidamente in cucina. Ma proprio mentre stava per aprire la porta, un'antipatica voce lo chiamò dal piano di sopra:
- Ehi, pesce lesso! Vieni su, che il "principe" ha macchiato le tende delle finestre del corridoio! - urlò MM dal piano di sopra. - E ti ricordo che le finestre sono venti, quindi, se vuoi pranzare, DATTI UNA MOSSA! -
Tsuna, sospirando, si avviò verso le scale. Passando davanti all'ingresso, però, incontrò Yamamoto che rientrava dal suo allenamento di baseball quotidiano in giardino.
- Ehi, Yamamoto! - lo chiamò il Vongola.
- Sì, Tsuna? - esclamò Takeshi, solare come al solito.
- Dovresti farmi un piacere: - disse Tsuna. - Temo che sia successo qualcosa in cucina, puoi andare a controllare che sia tutto OK? -
- Certo! - accettò Yamamoto. - Vado subito! -
- Grazie! - lo ringraziò Tsuna, con il cuore più leggero, salendo le scale.
Il maggiordomo, come detto, si diresse subito in cucina. Ma ad appena due metri dalla porta, questa si spalancò, e udì una voce di fronte a lui.
- Prendine un po'. -
Yamamoto si trovò di fronte Bianchi che gli porgeva un vassoio pieno di "biscotti" rettangolari blu e gialli che si muovevano in modo poco rassicurante. Ma  lui non si preoccupò affatto.
- Mi piacerebbe molto, sorella di Gokudera, ma di solito non mangio dopo gli allenamenti. - rispose il ragazzo, sorridente.
- Allora cosa ci facevi qui? In questa direzione c'è solo la cucina. - osservò lei.
- E' che ho sentito... uno strano odore. - mentì.
- Ah, sì. - disse lei, scuotendo il capo. - Mio fratello: aveva lasciato i fornelli accesi e la carne si stava bruciando. Ora va tutto bene. -
Yamamoto cercò di sbirciare in cucina, con poco successo.
- E Gokudera? Non è qui? - chiese. - Non lo vedo da ieri sera. -
- No, quando sono entrata qui è svenuto. Così l'ho portato in camera. -
- Ah, capisco. Bene, a dopo! - disse, andandosene, fischiettando. - Devo andare a comprare una cosa. -

L'orologiò suonò le undici. Un orologio da una strana melodia.
Gokudera aprì lentamente gli occhi. Si ritrovò supino sul materasso più morbido che avesse trovato in quella casa da quando era arrivato, e coperto da un piumino caldo come una stufa. Sicuramente non era il letto che gli avevano dato i suoi "datori di lavoro", che era poco più di un lenzuolo ingrigito imbottito di paglia. Quando la nebbia del sonno si allontanò dai suoi occhi, Hayato poté vedere il soffitto, dal quale pendeva una lampadario di ferro battuto, rigorosamente nero. Che stanza era quella? Cercò di alzarsi, ma dallo stomaco sentiva un fortissimo conato di vomito. Allora provò a ricordare cosa fosse successo.
Non appena la porta si era chiusa, Gokudera si era subito fiondato sui fornelli e aveva affogato la bistecca del capo con quante più sostanze nocive aveva potuto trovare lì intorno. Poi, quando aveva creduto di aver fatto abbastanza, era andato a fare una passeggiata in giardino.
Ma una volta rientrato, si era subito accorto che nulla era andato a fuoco. Si era precipitato in cucina, e aveva trovato ciò che di peggio poteva trovare: sua sorella che aveva spento il fornello e si era messa a cucinare a modo suo.
Un'improvvisa fitta allo stomaco lo aveva costretto ad "accartocciarsi" a terra, gemente, mentre la sagoma, intenta a cucinare, si voltava verso di lui e gli rimproverava il suo metodo di scongelare le bistecche. Poi lo aveva rassicurato che da quel momento in poi ci avrebbe pensato lei. Ma Gokudera non l'ascoltava neanche più, e si sentiva svenire. Sua sorella lo aveva allora preso in braccio, e pochi secondi dopo il ragazzo aveva perso i sensi.
- Maledizione, devo fermarla prima che avveleni tutti! - esclamò, cercando di alzarsi, e venendo nuovamente soffocato dal conato.
Allora si arrese a restare qualche minuto sul letto per riprendersi dallo schock di aver visto sua sorella. Intanto, si chiese di chi potesse essere quella stanza. Non l'aveva mai vista, né gli altri gliene avevano parlato, né gliel'avevano mostrata quando erano stati mandati lì per lavorare. Poteva essere una stanza inutilizzata, ipotizzò. Ma subito dopo si corresse, constatando che non c'era un solo dito di polvere né sulle coperte né sulla testiera del letto. Qualcuno ci doveva pur dormire, ma chi? Non rispecchiava i gusti di nessuno dei Varia, e non poteva certo appartenere ad uno dei Vongola o dei Kokuyo, perché era troppo raffinata. Guardò alla sua sinistra, dove c'era una grande porta finestra dalla quale proveniva la luce che illuminava la stanza. Ma era impossibile guardare di fuori, perché le tende di seta bianche erano tirate davanti ai vetri. A giudicare dall'ora e dalla quantità di luce che entrava Gokudera riuscì, nonostante tutto, a capire che la stanza era esposta a sud.
L'orologiò suonò le undici e un quarto. Un raffinato orologio da camino (non a caso era posizionato sulla mensola del camino di marmo che stava di fronte al letto) con una strana melodia. Aveva già sentito quel suono, ne era sicuro... ma dove?... Dove?...
Saltò sul letto, riconoscendo la melodia, e in quello stesso momento la porta si aprì.
Hayato sbarrò gli occhi.
- Tu, qui?! - disse, sbalordito, senza essere in grado di articolare altre parole.
Con la mano ancora sul pomello dorato della porta, la slanciata sagoma in nero lo guardò, minacciosa, ed estrasse qualcosa da sotto la giacca.
- Di regola non si entra nelle stanze altrui senza un permesso del proprietario. - osservò, con un'inquietante voce pacata. - E non credo proprio che tu l'abbia. -
In risposta, Hayato sfilò tre candelotti di dinamite da una tasca dei pantaloni.
- Se avessi saputo che questa era la tua stanza, - spiegò, ringhiando. - non ci avrei messo piede neanche per sogno! -
Un sorriso malizioso comparve sul volto del Presidente del Comitato Disciplinare.
- Allora non ti dispiace se ti sbatto fuori di qui a modo mio, vero? -
Gokudera si alzò, senza rispondere. Poi accese il primo candelotto e lo lanciò contro Hibari. Kyoya lo schivò senza problemi. E così per altri quattro-cinque candelotti. Poi il cuoco si fermò, accorgendosi che il suo avversario non aveva mai cercato di colpirlo. Allora si rese conto di aver lanciato troppa dinamite, e di aver riempito la stanza di fumo, impedendo sia a lui che all'altro di vedere. E poi aveva ben altro da fare, e non poteva perdere tempo a combattere: doveva andarsene. Cercò di ricordare la posizione della finestra della stanza e la raggiunse, ma proprio mentre scostava la tenda, scoprì una sagoma scura nascosta tra il vetro e la tenda. Hibari lo aveva preceduto.
Poi Gokudera sentì una forte botta tra il collo e la spalla. E poi nulla.

Hayato fu svegliato da un'improvvisa fitta alla spalla. Aprì gli occhi, ritrovandosi in uno stanzino buio e piccolo. Hibari doveva averlo messo lì per levarselo dai piedi. Cercò di alzarsi, ma non appena spostò un piede, udì un verso che aveva tutta l'aria di essere un gemito.
- Che cavolo...? - Gokudera si scosse improvvisamente, rendendosi conto di dove fosse seduto. - COOOSA?? Sono seduto su Testa a Prato??? -
- Eh?? Testa a Polipo?? -
- Ma che ci fai qui? -
- Adesso ti racconto: verso le otto di stamattina il capo mi incaricò di portagli la giacca in lavanderia, al piano -1. Ho fatto la mia consegna e poi sono uscito. Stavo risalendo le scale quando Levi mi ha fermato, e io gli ho chiesto cosa volesse ALL'ESTREMO, e che avevo fretta di tornare dal capo per l'allenamento quotidiano; ma lui mi ha detto che il capo mi mandava una barretta energetica, e me l'ha data... -
- E tu ovviamente l'hai mangiata. -
- No: l'ho proprio di.vo.ra.ta! Allora mi sono sentito stanco e dopo mi sono svegliato qui, con te sulla schiena. E' stata un'esperienza estrema!... E tu? -
- Mia sorella voleva cucinare... - borbottò Hayato, rendendosi improvvisamente conto del pericolo. - E rischia di avvelenare non solo il pranzo di quegli assassini senza cervello, ma anche di tutti gli altri, se non usciamo da qui in tempo! - cercò di aprire la porta, inutilmente. - Dannazione! Ci hanno chiuso dentro a chiave!... Hai qualche idea? -
- ... -

12:00 (cioè mezzogiorno).
Cucina.
- Et voilà! - esclamò Bianchi, appoggiando sul tavolo un piatto che, secondo il suo sguardo, sarebbe dovuto essere un capolavoro, ma non sembrava altro che un pasticcio con i vermi. - Hayato ha ancora molto da imparare. -
Poi andò nella sala da pranzo per ordinare ai camerieri di riferire a tutti che il pranzo era pronto.
Di lì a poco arrivarono tutti (Hibari no:  colpa dell' ''agora-orticaria''): i servi in cucina e i padroni nella sala da pranzo. Ma mancava ancora qualcuno.
- Dove sono gli altri? - chiese Bianchi. - Mancano ben quattro persone! - pronunciò quel "quattro" con un tono inquietante.
- Però è strano che Gokudera, che è il cuoco, non sia qui. - osservò Tsuna.
- Non mi importa di sapere chi manca, vi basti sapere che, se non saranno qui entro cinque minuti... - minacciò Bianchi, lasciando volontariamente la frase in sospeso. - E non si mangerà fino ad allora, né qui né di là. - sentenziò infine, sedendosi.

Intanto, nello sgabuzzino...
- Testa a Polipo, tira fuori qualcosa per uscire da qui!!! - esclamò Ryohei, agitato. - Mi comincia a mancare l'aria! -
- Cosa ti aspetti che faccia? La porta è chiusa a chiave e non ho nulla per forzarla! - ringhiò Gokudera, dando un cazzotto sulla testa del compagno.
- E che ne so?... Buttaci della dinamite! -
- Perché tu non dai un cazzotto al pomello, allora? -
- Hai ragione! Non ci avevo pensato! -
Senza esitare, Ryohei lanciò un cazzotto alla porta (inutile dire che la mano si ingrossò per tre giorni e che non riuscì a muoverla per una settimana).
- Ora hai capito, Testa a Prato? Io non ho voglia di saltare in aria con la porta!... Ma come farò ad aiutare il Decimo, se sono chiuso qui con te?? -
Gokudera chinò il capo, abbattuto e cercando allo stesso tempo di farsi venire un'idea. Poi, improvvisamente, come se qualcuno avesse ascoltato la sua richiesta, udì qualcuno cantare.
- Ehi! Ehi, tu! Vieni qui!... - esclamò Gokudera, urlando contro la porta. - Mi senti? -
- Stupidera? - rispose la voce, fermandosi di fronte allo sgabuzzino. - Che ci fai nel muro? E' pronto il pranzo. -
- Oh, no! Ci mancava solo lui! - borbottò Hayato, disperato. Poi aggiunse, con voce più alta, allarmato. - Facci uscire di qui!!! -
- Perché? -
- Perché altrimenti Bianchi vi avvelenerà tutti! Apri la porta, subito! -
- No. -
- Ti ho detto: APRI!!! Quando esco da qui ti faccio diventare un arrosto!!! -
- Sì, sì... prima la pasta e poi l'arrosto! Ciao ciao! -
- ASPETTA!!! - urlarono Gokudera e Ryohei, all'unisono.
Ma fu tutto inutile, e Lambo se ne andò.

In sala da pranzo...
- Allora? Si mangia o no? - esclamò Squalo.
- Che fai, capitano, ti comporti come il boss? Ushishishishishi! - ridacchiò il principe, seduto di fronte a lui con le gambe sul tavolo.
- VOOOOI!!! Io come quel gorilla?? MAI! - ribatté Squalo, cercando di colpire Bel con la spada.
- Che cos'hai contro il Boss? - grugnì Levi, sentendosi chiamato in causa in difesa di Xanxus.
- In efetti il cuoco è in ritardo. - osservò Luss, guardando l'orologio a pendolo dall'altra parte della stanza, nel tentativo di alleviare la tensione. - E il boss non è ancora qui... Sembra tutto così strano... -
- VOGLIO LA MIA BISTECCA!!! - urlò una voce dal piano di sopra.
Squalo sbuffò.
- Meno male, cominciavo ad essere in pensiero! - bofonchiò a denti stretti, ironico.
- Vado io a prendere il boss! - esclamò Levi, alzandosi di soprassalto e correndo al piano di sopra. Ma tornò giù pochi attimi dopo, scuro in volto e lanciando sguardi fiammeggianti a Squalo. - Il capo vuole il suo cavallo. -
- VOOOOOI! E' la terza volta che devo portarlo a cavalcioni fino a qui! Mi rifiuto! - urlò lo spadaccino, irremovibile.
- Vuoi far morire di fame il Boss??? - Levi era furioso.
Lo sguardo che Squalo mostrò all'altro faceva capire che non gli sembrava una brutta idea.
- FECCIA!!! SBRIGATI, HO FAME!!! - continuò l'urlo al piano di sopra.
E Squalo si avviò, imprecando.

- DOV'E' LA MIA POLTRONA? - tuonò Xanxus, una volta in cucina, dall'alto della sua cavalcatura bianca dalla lunga criniera argentea.
- Eccola, boss! - esclamò prontamente Levi, mettendo la poltrona del boss a capotavola.
Squalo lasciò cadere il suo cavaliere sulla poltrona con tutta la grazia che gli si addice.
- Ehi, e la bistecca? - fece notare il boss a Levi.
- Ehm,... il cuoco non vuole portarla... - cercò di spiegare Luss.
- COSA?? Feccia, portami in cucina! - ordinò il boss, rivolgendosi ovviamente al suo vice.
Di lì a poco Xanxus fece il suo ingresso in cucina su una poltrona spinta da Squalo.
- Che succede oggi? Si digiuna? - chiese il boss. - Voglio la mia bistecca!!! -
- Allora prendila! - rispose Bianchi.
E così fece.

Sgabuzzino...
Ryohei e Gokudera avevano ormai perso le speranze di uscire da lì in tempo, quando passò...
- Ehi, EHI! Scemo del baseball! Takeshi, apri la porta! - i due prigionieri dello sgabuzzino si avventarono sulla porta.
- Gokudera?! Ryohei?! - il maggiordomo si fermò. - Dove siete? -
- Siamo nello sgabuzzino! Apri, svelto! -
E finalmente la porta si aprì, così che i due rotolarono a terra, sotto gli occhi perplessi del maggiordomo.
Gokudera si tirò su in una frazione di secondo.
- Sbrighiamoci! Forse siamo ancora in tempo! - disse, affrettandosi verso le scale che portavano al piano di sopra. - Voi andate in cucina, io andrò nella sala da pranzo! -

- Feccia, tagliala! - ordinò Xanxus, indicando il piatto.
Levi afferrò la forchetta e il coltello, come se avesse paura che Squalo si mettesse a litigare con lui per chi avesse l'onore di tagliare la carne per il boss.
Improvvisamente Gokudera fece il suo ingresso a sorpresa nella sala da pranzo.
- FERMI TUTTI! IL PRANZO E'... - Gokudera si interruppe: Xanxus aveva già dimezzato il contenuto del piatto.
 Il boss, gli occhi fiammeggianti, fece cenno al cuoco di avvicinarsi. Sorpreso, Gokudera ubbidì, e una volta che gli fu vicino, Xanxus lo afferrò per il colletto della camicia, costringendolo a chinare la testa allo stesso livello della sua.
- Feccia, - ringhiò. - Perché non cucini così bene più spesso? -
Gokudera non rispose, perplesso. Lanciò un'occhiata al piatto, e... quella non era carne.
Allora udì qualcuno che fischiettava, e poco dopo Yamamoto fece il suo ingresso nella stanza, sorridente.
- La ringrazio dei complimenti, Xanxus-kun. Non credevo che il mio sushi potesse fare questo effetto! -
- Sushi?? - esclamò Gokudera, sbigottito.
- Sì, - rispose il maggiordomo e, rivolgendosi poi al cuoco sottovoce, gli raccontò del favore che aveva fatto a Tsuna. Poi aggiunse. - Quando Bianchi aveva detto di aver cucinato, ho pensato che fosse bene sostituire il cibo di nascosto. Sono andato a comprare del pesce e mi sono messo a lavoro. -
Hayato si lasciò sfuggire un'espressione soddisfatta.
- Scemo del baseball, per una buona volta ti ammiro. - disse Gokudera, appoggiando una mano sulla spalla di Yamamoto. E poi aggiunse, stringendo la presa: - Ma non credere che ti permetterò di avere un'altra occasione come questa per minare la mia carica di braccio destro! -
Yamamoto rise di cuore.



VARIANTE (con omake)

[...]
- Eh?? Testa a Polipo?? -
- Ma che ci fai qui? -
- Adessi ti racconto:... -

Ore 8:00 di quella mattina.
Ryohei, appena incaricato da Xanxus di andare a portare la giacca in lavanderia, raggiunse una porta al piano -1, sulla quale era appesa una targhetta decorata con fiorellini, dove era scritto con una calligrafia impeccabile: "Lavanderia". Stava per aprire la porta quando qualcuno lo salutò.
- Yo, Sasagawa! - disse Yamamoto, agitando la mano in segno di saluto.
- Ehi, Takeshi, che ci fai da queste parti? - chiese Ryohei.
- Passavo dalla veggente perché ero curioso di sapere del mio futuro. - rispose il ragazzo, sorridendo.
- Sono sicuro che ti andrà tutto bene anche oggi, ci si rivede! -
- A presto! -
Yamamoto entrò nella porta che conduceva alla stanza della veggente, che era quella accanto alla lavanderia.
L'antro era quasi completamente buio. Sottili fasci di luce azzurrina o violacea penetravano da diverse fessure e illuminavano libri corposi rivestiti in pelle, barattoli di vetro dal contenuto imprecisato e altri oggetti dalle forme bizzarre o inquietanti che riempivano mensole, ripiani di scaffali e un grande tavolo.
Non sembrava esserci nessuno. Yamamoto chiamò. Ma la sua voce echeggiò nella stanza senza risposta. Poi, alla fine, una mano si appoggiò sulla sua spalla.
- Hai una prenotazione? - chiese una voce dietro di lui.
- No. - rispose Yamamoto.
- Allora non saresti dovuto entrare. -
- E perché no? Del resto sei pagato per starci ad ascoltare! - rispose il maggiordomo, levando quella mano dalla spalla e sorridendo.
Un'ombra ammantellata passò accanto al ragazzo, poi prese posto, seduta, dietro al grande tavolo, accendendo una candela.
- Cosa desideri sapere? - chiese.
Yamamoto alzò gli occhi al cielo, pensieroso. - Sinceramente non lo so... -
- Non starai dubitando delle mie capacità, vero? -
- Per niente. E' solo che non so cosa chiedere, ci sono così tante cose che nessuno sa... -
- Ma io so tutto, kufufufu... - interruppe la voce, con una breve risata pacata, prendendo da sotto il tavolo qualcosa che aveva tutta l'aria di essere una sfera di cristallo. La veggente ci appoggiò le mani, e la sfera divenne rapidamente color blu elettrico venato di nero. - Oggi farai la conoscenza di una ragazza bionda, carina, simpatica, intelligente, solare,... -
- Ma questo è successo ieri. - osservò Yamamoto, sorridendo.
La veggente sobbalzò, e alzò il volto incappucciato verso il suo interlocutore.
- Cosa hai detto? - chiese.
- Questo è successo ieri! - ripeté Yamamoto, ridendo.
- Ah sì? E come si chiama la ragazza? -
- Marta. -
- Dannazione! E' proprio così! - mugugnò la veggente tra i denti, agitando la sfera di cristallo e osservandola alla fievole e opaca luce della candela. - Ti pareva! Questa maledetta sfera si è fermata di nuovo!... Senti, dammi il tuo nome: ti faccio richiamare appena sarò riuscito ad aggiustarla. - disse, porgendo a Yamamoto un blocchetto per gli appunti e una penna.
Il maggiordomo scrisse il suo nome. Poi si alzò e uscì fischiettando allegramente.
- Muku-chan, mi dai una mano? - chiese poco dopo una voce petulante dalla stanza accanto. - Ci sono un paio di macchie particolarmente difficili da mandar via! <3 -
- Ti ho detto di non chiamarmi ''Muku-chan''! E poi te lo scordi! - rispose l'illusionista, bofonchiando poi: - Pervertito! -
- Guarda che se non vieni subito, vengo lì io, eh! - lo avvertì Luss, dalla stanza accanto.
Mukuro non lo prese seriamente, e continuò a lavorare sulla sfera da chiromante.
Bisogna sapere che, inizialmente, Mukuro era stato assegnato alla lavanderia insieme a Luss. Ma per gentile concessione del suo collega, gli era stato permesso di aprire un antro da veggente nella stanza accanto. Sfortunatamente, però, il Guardiano del Sole dei Varia non si privava del piacere di chiamare il suo vicino di attività ogni qualvolta credesse di averne il bisogno.
Improvvisamente Mukuro udì dei passi cadenzati e una canzone farsi sempre più vicini:

- La bella lavanderina che lava gl'indumenti
a quegli angioletti
dei Varia. -

Rokudo sbiancò, e cercò disperatamente qualcosa per difendersi non appena l'altro fosse entrato, e impedirgli di finire la canzone. Inutilmente.

- Lava un calzino,
strofina il polsino
sfrega col sapone
questo pantalone. -

La porta era ormai aperta.

- Stendi su,
tira giù,
dai un... - *

- Dai un po'una lavata a questo! - ordinò Mukuro, porgendo a Luss, ormai a pochi passi dal tavolo, il mantello che la sua professione lo costringeva ad indossare.
- Uffa! Proprio al verso che mi piace di più! - esclamò Luss, dispiaciuto, tornando in lavanderia per lavare il mantello. - Sei proprio un diavolo! -
Mukuro si lasciò cadere sulla sedia, sospirando di sollievo per aver evitato un bacio poco piacevole.
[...]

* (modifica "lussesca" de ''La bella lavanderina'')

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Capitolo 3
*** Vespro ***


Prima di tutto, voglio scusarmi per il ritardo, e spero che non mi capiti più.
Ok, ora torniamo alla storia: (^^) siamo ormai al penultimo capitolo. Nell'arco del Vespro (un semplice "capitolo-cuscinetto"), che comprenderà un orario dalle 14 alle 20, sarà descritto l'affaccendarsi dei padroni e dei servi di casa Varia per un arrivo inaspettato. Nel prossimo capitolo seguiranno cena e, soprattutto, dopocena (perché si sa, la Notte porta consiglio... e anche tante scelleratezze).

Ore 14:20.
Servi e padroni avevano già finito di mangiare da almeno un'ora, quando qualcuno suonò il campanello. Il maggiordomo si alzò in piedi di scatto, e con il sorriso sul volto andò ad aprire. Quando riconbbe i tre visitatori il suo viso s'illuminò ancora di più.
 - Ben arrivati, ragazzi! - salutò allegramente. - Accomodatevi pure! Vado subito ad annunciarvi! -
Il maggiordomo entrò nel salotto, dove i padroni trascorrevano proficuamente il dopopranzo cazzeggiando con aria annoiata e assonnata. E l'ingresso di Yamamoto non cambiò la situazione. Ma quando i padroni videro i tre visitatori che lo seguivano s'irrigidirono, scattando in piedi sorpresi (fatta eccezione per Xanxus che, ovviamente, non abbandonò la sua poltrona).
- Ah, benvenuti! - disse Luss, teso, indicando la parete alla loro destra. - Avete notato il nuovo ritratto di Xanxino? -
I tre arrivati (e anche Yamamoto) si voltarono a guardare il ritratto, appeso lì da almeno cinque anni, che i tre visitatori non avevano mai notato in quanto non erano mai entrati in casa Varia.
- Ci sono voluti venti filetti di manzo per tenerlo fermo, quella faccia di bronzo! - aggiunse Squalo, facendo cenno a Mammon di uscire.
Il contabile passò rapidamente alle spalle dei tre e se ne andò dalla stanza senza essere notato. Non appena uscì, la tensione dei padroni sparì, e Bel si distese sul divano.
- Qual buon vento vi porta da queste parti? - chiese.
- Oh, be'... siamo venuti qui per un'emerita formalità, - rispose Dino, sorridente. - Controllare che tutto vada bene. -

- Mi raccomando, idioti! Voi vi trovate bene qui, e non provate ad esprimere le vostre vere opinioni! - sibilò Mammon ai servi in fila uno accanto all'altro nell'ingresso della villa, guardandoli attentamente. - E se Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro non vengono qui entro... -
- Kyoya è in camera sua e non vuole essere disturbato. - rispose Yamamoto, solare. - Me l'ha detto quell'uccellino giallo che di solito sta sulla sua spalla.-
Gokudera, malauguratamente al suo fianco, assunse un'espressione esasperata.
- Il maestro, invece, dice che non uscirà per vedere le vostre brutte facce. - riferì Fran.
- In particolare quella di Kyoya. - precisò Ken.
Mammon stava già per avviarsi verso l'antro della veggente con fare minaccioso, quando Chrome aggiunse timidamente:
- Mukuro-sama dice di avere molto da fare con la sfera di cristallo. E' questo il vero motivo per cui non verrà. -
L'illusionista dei Varia li guardò attentamente un'ultima volta.
- E quella faccia di tonno? - continuò Mammon, accorgendosi dell'assenza di Tsuna.
- Il Decimo, tappo, è a cambiarsi, in questo momento. - Gokudera ribolliva di rabbia, e pronunciò quel "tappo" con un'ira contenuta a stento.
Mammon lo ignorò. - Ricordatevi ciò che vi ho detto. - disse, con tono di minaccia.
In quel momento i restanti Varia e i tre controllori entrarono nell'ingresso.
- Salve ragazzi! - esclamò Dino, sorridente. - Come ve la passate? -
Di fronte a quel volto così rilassato, a quel sorriso amichevole, a quello sguardo calmo e a quel tono di voce pacato, tutti i servi presenti sentirono un forte bisogno di dire come stavano veramente le cose, ma in quel momento Gokudera scorse Tsuna aggirarsi per la stanza accanto, come se non sapesse dove andare. Anche Belphegor si accorse di lui, e si avvicinò alla porta che conduceva nell'altra stanza, rivolgendo uno sguardo poco rassicurante ad Hayato e mostrandogli un coltello.
- Il Grande Lambo non ha la minima intenzione di restare qui un minuto di più! - urlò Lambo, sbattendo i piedi per terra. - Voglio tornare... -
Gokudera gli tappò la bocca appena prima che potesse proferire il suo desiderio: - Al lavoro! Vuoi tornare al lavoro, vero? - domandò a Lambo, scompigliandogli (chissà più di quanto) i capelli. Poi si rivolse a Dino, Basil e Romario, spiegando: - Gli piace così tanto lavorare qui, che non può sopportare il pensiero di restare fermo per un attimo, e non può nemmeno pensare all'idea di tornare a casa! -
Ma Dino non era troppo convinto, e si rivolse direttamente a Lambo: - Vuoi davvero restare qui? -
Hayato portò le mani dietro la schiena, e lasciò scivolare dalla manica della camicia una caramella, che porse al bambino quanto bastava perché non potesse essere visto da Dino.
- La vuoi, eh? - mormorò a bassissima voce.
- Certo! - esclamò Lambo, afferrando la caramella e divorandola senza nemmeno scartarla.
- Anche I-Pin vuole! - esclamò la bambina, avendo visto la caramella.
- Se è così, allora va benissimo! - disse il boss dei Cavallone, interpretando quella risposta come se fosse rivolta alla sua domanda. - Per me è sufficiente, potete tornare ai vostri lavori. -
I servi sparirono di lì a pochi secondi, e i Varia tornarono nel salotto.
- Ora, capo, cosa ha intenzione di fare? - chiese Romario al boss.
- Parleremo con i padroni di casa, poi verso le cinque ce ne andremo. - rispose lui, sorridente. - Voi aspettatemi in salotto con gli altri, io vi raggiungo tra poco. -
Basil e Romario ubbidirono, lasciando Dino solo nell'ingresso deserto. Il boss dei Cavallone fece il punto della situazione: quello che i servi avevano detto era sicuramente una menzogna (Lambo era troppo pigro e casareccio per manifestare allegria davanti a una proposta di lavoro), ma non ne aveva le prove, e voleva vederci chiaro, e poi...
Dino aprì una porta, e trovò Tsuna che, colto alla sprovvista, si voltò verso di lui.
- Tsuna! Cosa stavi facendo andando avanti e indietro tra la cucina e lo sgabuzzino? -
- E' imbarazzante ammetterlo, ma in una casa così grande è difficile ricordarsi quale porta conduce in quale stanza! -
- Non mentire, dimmi perché non eri nell'ingresso con gli altri. - insistette Dino, per nulla convinto ma senza mutare tono di voce.
- Non trovo le scarpe. -  ammise Tsuna, imbarazzato.
- Scarpe?... -
Tsuna sbiancò. Non si aspettava che Dino approfondisse la questione. - Sì, sto cercando quelle con i tacchi a spillo. -
Il Cavallone strabuzzò gli occhi, sconvolto.
- Tacchi... a spillo? - balbettò.
- Fanno parte della mia divisa da cameriera. - spiegò Tsuna, sempre più imbarazzato.
Ma per fortuna Dino decise di approfondire la questione in un secondo momento: - Gli altri mi hanno detto che si trovano bene qui, vale lo stesso per te? -
Nemmeno Tsuna, come del resto tutti gli altri servi, resistette al carisma di Dino: - Non ti hanno detto la verità, sicuramente sono stati costretti. Non ci trattano bene qui. Devi credermi, Dino, è insostenibile! -
- Ti credo, fratellino, ma senza prove non posso fare niente. Resterò qui con Basil e Romario fino all'ora di cena, e spero di trovare delle prove valide che possano portarvi via di qui. Ma voi dovrete darmi tutto l'aiuto possibile, se volete andarvene; e questa storia delle scarpe può essere considerata come un atto denigratorio nei tuoi confronti. - concluse Dino. - Dimmi un orario che ti fa comodo: ne parleremo con calma. -
- Le sette. -
- Perfetto! Dove? -
- In cucina, i padroni non ci vanno mai. -
- Allora alle sette, e mi raccomando: porta le scarpe! - disse il Cavallone, entrando rapidamente nel salotto dove gli altri lo attendevano.
- Lo farò! - rispose Tsuna, seguendo con lo sguardo la porta del salotto che si chiudeva dietro Dino.

Il capo dei controllori rivolse ai padroni di casa e ai suoi colleghi il sorriso migliore che gli riuscì.
- Bene! Ora che sappiamo il parere dei vostri lavoratori, sentiamo cosa ne pensate voi di loro. - disse, accomodandosi sulla poltrona libera accanto al camino.
L'entusiasmo smorto dei padroni di casa era prevedibile, ma gli ospiti lo ignorarono.
- Oh, be'... sono molto vivaci, proprio come i miei bambini! - esclamò Luss, entusiasta.
- Mah... sì... un po'capricciosi ma ubbidienti... - borbottò Squalo, trattenendo, ovviamente, una quantità industriale di insulti.
- Ushishishishi! - ridacchiò Bel. - Concordo con te, capellone. -
- VOOOOI!!! - urlò il capitano, sfogando la sua rabbia sul principe. - Non osare parlarmi così!!! -
- Boss, lei cosa ne pensa? - chiese Levi.
Xanxus tacque, gli occhi annoiati. E alla fine borbottò: - Inutili fecce! - (non è ben chiaro se si riferisse ai suoi dipendenti o ai controllori)
- Perfetto! Ora, con il vostro permesso, vorremmo vedere i vostri uomini mentre lavorano. - disse Dino, alzandosi dalla poltrona.
- TE LO SCORDI! -
Dino rivolse uno sguardo volutamente perplesso a Squalo. - Perché, Squalo? - chiese.
- Perché è pieno di fango. - azzardò Levi di colpo.
- Dentro casa? - domandò Dino, perplesso.
- No, in giardino. - rispose l'altro.
- Ma noi non abbiamo visto nessuno in giardino! - esclamò Basil, anche lui con aria sorpresa. - E, di grazia, che genere di mansioni vengono compiute? -
- Custode, giardiniere e... guardiano. - Mammon disse quel "guardiano" con non troppa convinzione.
- Romario, Basil! Andiamo! - esclamò Dino, precedendo i suoi colleghi fuori dalla stanza, nonostante i Varia tirassero fuori dei pretesti per farli restare lì.
Ma solo Squalo riuscì a fermarli: - A che ora avete intenzione di andare via? -
- Saremo di troppo per trattenerci fino all'ora di cena? - sorrise Dino.
E così detto uscì, seguito dagli altri due.
- Ehi, VOOOI! Dobbiamo fare qualcosa per tenerli occupati! - disse Squalo, rivolto agli altri. - Bisogna evitare che scoprano la verità. -
- Ben detto, feccia! - esclamò Xanxus, facendo cenno a Levi di spingere la poltrona (su cui stava seduto) fuori. - Pensaci tu. -
- CHE COSA??? - urlò lo spadaccino, indignato.
Ma Xanxus e Levi erano già usciti.
- Non ti preoccupare, Squ-chan: saremo a tua completa disposizione. - lo rassicurò Luss, dando un buffetto sulla guancia a Squalo e sedendosi poi sul divano a lavorare a maglia.
- Ma non il principe, ovviamente. - precisò Bel, uscendo.
- Mammon, almeno tu...! - Squalo, disperato, si rivolse all'illusionista.
- Mi dispiace, ma devo prepararmi per un piccolo affare che ho da sbrigare tra un'ora. - rispose lei, andandosene come gli altri tre.
Squalo capì che, come al solito, avrebbe dovuto fare tutto da solo.

Ore 14:45, giardino.
Nel giardino di casa Varia, il lavoro ricominciava...
- Chikusa, sei matto o cosa?! Che ti salta in mente con quelle cesoie? - Ken abbaiò al suo collega.
Il giardiniere non rispose, ma continuò a potare tranquillamente le rose del giardino. Non era colpa sua, del resto, se Ken si era messo a sonnecchiare sotto quel cespuglio proprio quando lui aveva deciso di potarlo.
- Ken, non dovresti dormire. - disse Chikusa. - Stanotte ho sentito qualcuno tentare di scavalcare il cancello. -
- Cosa? - urlò Ken. - E perché non me l'hai detto? -
L'altro smise di potare i cespugli di rose. - Non sei tu il cane da guardia e io il giardiniere? -
- Va bene, Kaki-pi: tu sarai pure il giardiniere, ma quell'allodola del guardiano dov'è? - chiese. - Non è compito suo occuparsi degli intrusi? -
Chikusa rirpese a potare il cespuglio, senza rispondere.
- Probabilmente se n'è andato. - azzardò Ken.
- Non credo: non è certo il tipo da farsi mettere i piedi sulla testa, ma ho sentito dire che i Vongola sono dovuti scendere a patti con lui, per convincerlo a lavorare qui. E secondo quanto ho sentito dire, sembra un patto fin troppo vantaggioso per lui. -
- E tu che ne sai? -
- Dicerie tra i servi. -
Chikusa aveva appena finito di potare quel cespuglio quando lui e il suo compagno scorsero una sagoma venire verso di loro.
- Lupus in fabula! Hibari Kyoya ci degna della sua presenza! - disse Ken.
Hibari lo fulminò con un'occhiataccia.
- E' questa forse l'ora di presentarsi? Dovresti essere al lavoro già da un pezzo! -
- Non voglio fare neanche un commento su questo. - sospirò Chikusa tra sé e sé.
Hibari ignorò Ken ancora una volta.
- Qualcuno merita una punizione per il suo ritardo... -
- Hai detto le tue ultime parole! - Hibari gli mostrò i tonfa con aria minacciosa.
- Chikusa, picchialo! - ordinò Ken, rifugiandosi dietro le spalle del compagno.
Il giardiniere, per tutta risposta, tirò fuori dalla giacca una pallina da tennis e la lanciò a Ken, che, senza riuscire a resistere al suo istinto, subito iniziò a rincorrerla, abbaiando.
- Che schifo! - commentò Kyoya, disgustato.
Chikusa si strinse nelle spalle, potando l'ennesimo cespuglio. - Lascia stare, Kyoya: Ken che abbaia non morde. Lo sanno tutti: a quello ci pensi tu. -
Hibari non rispose. Si voltò e se ne andò con passo lento e terribilmente calmo. Scomparve dalla vista di Chikusa poco prima che i controllori facessero la loro apparizione.
- Ehi, giardiniere! Stiamo cercando Kyoya. - disse Dino a Chikusa. - E' passato di qua? Volevo solo fargli qualche domanda, dato che non si è presentato all'ingresso al nostro arrivo. -
In quel momento la pallina di Ken rotolò ai piedi di Romario, che la raccolse.
- Dammi la palla! Dammi la palla! Dammi la palla! Dammi la palla! Dammi la palla! - il cane da guardia implorò l'uomo, saltellandogli attorno.
Romario la lanciò, e Ken corse a riprenderla.
- Da bravo, ora riportala qui! - disse Dino, con tono affettuoso.
Ken si tolse la palla di bocca, la osservò un attimo, come per chiedersi cosa fare, e poi la lanciò a Dino, colpendolo in testa.
- VOOOOI!!! - l'inconfondibile voce di Squalo, che uscì in quel momento dalla porta di casa, squarciò i timpani dei presenti. - Cavallone, ti avevamo avvertito di non andare in giardino! - aggiunse, indirizzandolo a spinte verso la casa. - Adesso ti siedi, da bravo, e smetti di andare a zonzo... - Improvvisamente si voltò e si accorse dell'assenza di Basil.
- Dov'è quell'altro? - chiese, continuando a guardarsi attorno, sentendosi come una tata che gioca a nascondino con dei bambini irrequieti, senza però percepire uno stipendio.
- Basil? E' andato a controllare l'interno della casa. - rispose il capo dei Cavallone.
Superbi non disse nulla (e se lo avesse fatto sarebbe stato con un insulto a volume supersonico). Restò per un attimo immobile, poi riprese a spingere Dino fino a quando non furono nel salotto di casa, dove Luss stava ancora lavorando a maglia.
- Ora voi restate qui con la tata, e io vado a prendere quell'altro. - disse Squalo, uscendo e chiudendo la porta dietro di sé.
- Chi vuole farmi da modello? - chiese Luss, entusiasta, mostrando un maglione attillato viola e arancione.

Ore 15:00 (circa)
Chrome correva giù per le scale. Nonostante fosse debole di natura, sembrava molto agitata, così tanto che quella sensazione di turbamento sembrava essere la fonte di energia che la spingeva a correre e a correre oltre le sue normali capacità.
Alla fine invase l'ingresso, si guardò attorno, come per cercare qualcuno, e quando vide Basil uscire dalla cucina, lo raggiunse.
- Basil-sama! Basil-sama! Venga subito, la prego! - disse, gli occhi stravolti.
- Cos'è successo? - chiese lui, allarmato. Lo sguardo della ragazza esprimeva chiaramente una preoccupazione e una paura non vane, e senza attendere una risposta (che comunque Chrome non avrebbe dato, tanto era agitata) si lasciò guidare da lei lungo le scale.
Lei camminava con agitazione, e Basil adattava il suo passo a quello della ragazza che lo precedeva, senza domandare spiegazioni, anche se molti interrogativi si stavano affollando nella sua mente.
Percorsero il lungo corridoio del secondo piano. Il controllore si accorse di non aver ancora preso in esame quella parte della casa, e decise che lo avrebbe fatto appena avesse finito di ascoltare ciò che Chrome aveva da dirgli.
- Presto! Entri! - disse lei, ancora agitata, indicando una porta chiusa.
 Basil l'aprì, e rimase, più che sconvolto, confuso. Mammon e MM stavano l'una di fronte all'altra, a una distanza di dieci o undici passi. E si puntavano a vicenda due pistole.
- Quattro. - contò MM.
- Tre. - rispose Mammon.
- Due. -
- Signore! Signore! Vi prego!... Smettetela! - esclamò Basil, interponendosi tra le due.
- Levati, bamboccio! - cercava di scanzarlo MM, continuando a puntare la pistola contro Mammon.
- Abbiamo questa piccola faccenda da sbrigare! - aggiungeva Mammon, senza abbassare l'arma. - Esci, ti richiamerò tra un paio di minuti, e non ci sarà più questa mangia-risparmi a rompere le scatole. -
- Ehi, pedalino, qui l'unica che non ci sarà tra due minuti sarai tu! -
- Basta! Basta! Cercate di calmarvi! -  s'intromise Basil. - Non è certo questo il modo di risolvere una questione in modo civile! -
- Non c'è spazio in questa casa per due avare! - esclamarono le due contendenti, all'unisono. E si guardarono, imbarazzate. - Ehi, tu! Non mi fare il verso! Hai pure cercato di imbrogliarmi presentandoti un'ora prima! - quasi senza rendersene conto, abbassarono le pistole contemporaneamente. - Smettila di farmi il verso! -
Basil si rivolse a Chrome e le sorrise, facendole capire che era tutto sistemato.
- Signore, con permesso, quali mansioni vi sono state affidate? - chiese, stavolta rivolto alle due.
- Cameriera. -
- Contabile. -
- Oh, il contabile! Potrei vedere il vostro studio? - il controllore sorrise.
- Ma certamente! - esclamò MM, ricambiando il sorriso. - Mi permetta di essere il suo cicerone in questo tour degli studi del secondo piano! - e accennò ad un inchino, lanciando un'occhiata canzonatoria a Mammon, che a stento si tratteneva dall'incenerirla. - Mi segua! -
Così Basil, guidato da MM e seguito dal Guardiano della Nebbia dei Varia, raggiunse l'ultima porta del corridoio. La guida si fermò e li introdusse nella stanza.
- Questo è lo studio del contaballe. - disse MM,  con disinvoltura.
- Contaballe? - ripeté Basil, confuso.
- Oh, scusi, volevo dire contabile. - disse la ragazza sorridendo e voltandosi verso Mammon. - Lo sai che non ti direi mai una cosa del genere! -
Mammon rispose a quel sorriso con una smorfia.

Ore 15:00, salotto.
Dino e Romario si scambiarono uno sguardo nauseato.
- Perché non facciamo qualcos'altro? - propose Romario, lanciando l'ennesima occhiata disgustata al maglione che Luss lo aveva costretto ad indossare.
- Una sciarpa all'uncinetto? - propose il Varia, allegro.
- Ma non hai qualche altro passatempo oltre al lavoro a maglia? - gli chiese Dino, guardando, poco convinto, i guanti a strisce rosse e verdi che gli erano stati messi addosso.
- Oh, certamente! Però ho così tanto da fare!... - appoggiò sulle ginocchia la sciarpa che aveva cominciato a cucire. - I miei bambini partono per le loro missioni con le divise pulite e profumate, e tornano con dei cenci logori e maleodoranti! - sospirò, guardando in aria. - Non ho un attimo per me! -
- Per l'appunto! Questa dovrebbe essere la tua occasione! - esclamò Dino, sollevato di aver trovato un motivo per togliersi quei guanti. - E cosa ti piace fare? -
- Oh, be'... -
- Non avevi qualche passatempo tipo... che ne so... gli scacchi? - lo interruppe il Cavallone.
- No, gli scacchi no. Però avevo una passione per le carte: briscola e scopa, in particolare. - improvvisamente i suoi occhi si illuminarono di uno sguardo intraprendente, che preannunciava una trovata, bella o brutta che fosse. - Perché non organizziamo una partita di scopone scientifico? -
- Non male come idea! - il capo dei controllori sorrise, levandosi rapidamente i guanti. - Romario, va' a chiamare quanta più gente riesci a trovare. Di'loro che abbiamo finito e che li aspettiamo in salotto per una tranquilla partita a scopone scientifico. -
E Romario, levatosi di dosso il maglione, uscì.


- Va bene, tesori: ora facciamo le coppie! <3 - Luss saltellerò davanti alla fila di "vittime" che Romario era riuscito a trovare e a convincere a partecipare, e mostrò loro una tabella colorata con toni vivaci, agitandola. - Questa tabella è stata riempita con i vostri nomi da Dino, a seconda delle vostre capacità. Siete stati messi in squadre da due. Potete consultarla adesso per sapere chi è il vostro compagno, e allora decideremo con quale ordine le squadre si affronteranno in questa entusiasmante partita di scopone! - spiegò.
- La tabella è truccata! - si oppose Squalo. - Propongo la selezione delle squadre per estrazione! -
- Come, Squ-chan? Non sei contento di giocare con Xanxino? - domandò Luss, un po'deluso.
Il capo dei controllori si avvicinò rapidamente allo spadaccino.
- Preferisci stare in coppia con quello lì? - mormorò all'orecchio dell'ex compagno di scuola, accennando a Luss.
- Stai scherzando! Non può giocare anche lui... vero? -
- E poi, lo sai, quando lui dice "coppia"... - continuò Dino, lasciando volontariamente la frase in sospeso.
- Va bene così. - si affrettò a correggersi Squalo. - Va bene così! -
- Sono contento. - disse Luss, sorridendo.
- Ohi, Sempai, ci hanno messo in coppia. - esclamò Fran, rivolto a Belphegor. - Non mi piace. -
- Neanche a me, rana. - rispose il principe, premendo il cappellone del bambino fino a quando il copricapo non sprofondò fino al mento.
Yamamoto dette un'occhiata al tabellone.
- Ehi, - disse, allegro. - Ci hanno messo in coppia, Gokudera! -
Il cuoco grugnì, maledicendo il momento in cui era uscito dalla cucina incappando in Romario.
- ESTREEEEEMO!!! - esclamò Ryohei, il pugno in aria, eccitato. Poi si guardò intorno, abbassando il braccio. - Ma dov'è il mio compagno? -
Gli altri si guardarono attorno e, in effetti, mancava l'ultimo giocatore (Hibari), che sicuramente non si sarebbe presentato.
- Non ti preoccupare, giocherò io con te! - Luss si affiancò a Ryohei, che lo guardò, non troppo convinto. - Ora possiamo iniziare! -
Secondo il risultato dell'estrazione che fecero subito dopo, avrebbero giocato Xanxus e Squalo contro Gokudera e Yamamoto, e Luss e Ryohei contro Belphegor e Fran. Avendo nel salotto solamente un tavolo lungo, Luss ordinò che ne venisse portato un altro quadrato. Romario e Dino restarono a guardare.
Mi permetto di riportare un breve sunto del resoconto delle varie partite...
- Sai giocare, vero? - chiese Gokudera a Yamamoto, poco convinto di una risposta positiva.
- Certamente no! - rise il maggiordomo. - Perché non me lo spieghi? -
- Non starai dicendo sul serio, vero? -
- Certo che sì! Allora? Come si gioca? -
- Per prima cosa, tieni le carte coperte. -
- Certo! - esclamò il maggiordomo, coprendo finalmente le proprie carte.
Gokudera sospirò. Sarebbe stata una partita dura.
- Vi ricordo, amori, che non si parla durante la prima mano. - li avvertì Luss. - Detto questo, buon divertimento! <3 -
- Ascoltami! - boccheggiò Gokudera a Yamamoto, senza emettere alcun suono. - Quando faccio così - e alzò la spalla destra. - Tu - e incrociò i polsi, imitando un uomo a cavallo che tiene le redini, cioè un cavaliere (il nove, per intenderci).
Yamamoto annuì, in segno d'intesa.
- Se invece faccio così - e gli fece l'occhiolino. - Tu - e imitò un soldato che impugna una lancia: un fante, in pratica.
L'altro annuì.
- Poi, se io faccio così - e si morse il labbro. - Tu, allora - e si portò le mani alla testa, imitando una corona: un re.
Quest'ultima parte doveva essere sfuggita al suo compagno di squadra, che lo guardò, perplesso.
Allora Gokudera indicò Belphegor, e Yamamoto sorrise, annuendo.
Squalo lanciò un'occhiata a Xanxus, seduto sulla poltrona dall'altra parte del tavolo lungo. Il boss non lo degnava di uno sguardo, ovviamente. Squalo cercò di attirare la sua attenzione su di sé, prima tamburellando sul tavolo, poi sbattendo il palmo e infine agitando le braccia e gesticolando.
Alla fine Xanxus alzò lo sguardo e posò i suoi occhi fiammeggianti sul vice.
- Si può sapere che vuoi? - gli chiese, annoiato.
Squalo si batté una mano sulla fronte.
- Xanxino, ho detto che non si parla! - lo rimproverò Luss. - Squ, non provocarlo! -
Lo spadaccino smise di agitarsi, imprecando a bassa voce. Intanto Gokudera buttò la prima carta. Poi Squalo mise sul tavolo la sua e poi fu la volta di Yamamoto.
Il maggiordomo guardò il suo insegnante di scopa, aspettando un ordine. Gokudera si morse ripetutamente il labbro. Yamamoto annuì e si alzò. Sotto lo sguardo allibito di Gokudera, si avvicinò all'altro tavolo e allungò le mani sulla testa di Bel.
- Che cosa vuoi fare con la corona del principe? - gli chiese Bel, puntandogli un coltello alla gola prima ancora che il maggiordomo potesse sfiorare la sua regale testa.
- Non lo so: me l'ha chiesta lui. - e accennò a Gokudera.
- Deficiente! Torna qui! Non hai capito niente! - intervenne il cuoco, facendo cenno a Yamamoto di rimettersi a sedere.
- Allora? Che carta butto? - chiese Takeshi una volta rimessosi a sedere.
- Quella che ti pare. - gli disse Gokudera, borbottando. Il suo compagno di squadra era così sveglio che ormai una carta valeva l'altra.
Yamamoto ubbidì, e allora venne il turno di Xanxus. Squalo guardò il suo boss, speranzoso: se il capo dei Varia avesse preso, avrebbero ottenuto un bel po'di punti.
Xanxus alzò lo sguardo sul suo vice, come per chiedergli pigramente cosa fare. Squalo gli boccheggiò qualcosa, che Xanxus afferrò in pieno.
E proprio per questo fece l'esatto contrario.
- VOOOOI!!! Ti avevo detto di buttare la carta più alta di denari che avevi! - urlò Squalo, furioso. - Perché hai buttato un asso di coppe e hai regalato a questi due tutti quei punti??? -
- Perché mi piace vederti furioso, feccia! - gli rispose l'altro, dalla parte opposta del tavolo.
Squalo alzò gli occhi al cielo. Gokudera gli dette un colpetto sulla spalla, e lo spadaccino si voltò.
- E' una consolazione il pensiero di non essere l'unico stressato in questa casa. - gli disse il dinamitardo, alludendo ai loro capelli bianchi. - Tu impazzisci con lui, e io con questo scemo del baseball. -
Superbi annuì, più rassegnato che sollevato.
Intanto, nel tavolo accanto...
Fran guardò le carte a tavola, poi si rivolse al suo compagno di squadra.
- Sempai, che carta metto a tavola? - chiese.
Belphegor gli disse che una carta di bastoni sarebbe stata perfetta per fare un'ottima presa.
- Bastoni? Peccato! - rispose Fran, dispiaciuto. - Bastoni è proprio quella che non ho! -
E scoprì tutte e tre le sue carte: un tre di coppe, un asse di spade e un asse di denari.
- Copri subito quelle carte!!! - ordinò il Sempai, furioso.
In breve, la squadra che risultò alla fine vincitrice fu quella di Luss e Ryohei. Quest'ultimo, in particolare, aveva in testa la sigla di Rocky, e si comportava di conseguenza, ignorando il silenzio scettico che lo circondava.
- Chi vi ha dato il permesso di far confusione? -
Quella voce calma, modulata e inattesa colse tutti alla sprovvista, costringendoli a voltarsi di scatto verso l'arco della porta. Appoggiato agli stipiti, Hibari Kyoya, difensore dell'ordine e dell'armonia scolastiche ed extrascolastiche, li guardava con disprezzo, con una mano nella giacca.
- Non vi sprecate in scuse, - continuò il Presidente del Comitato Disciplinare, estraendo il solito tonfa. - Non sarò clemente con nessuno. -
Come l'orologio del salotto scoccò le 19:00, Hibari si lanciò su di loro, accentuando quel pandemonio che tanto stava cercando di sopprimere: chi cercò di rispondere ai suoi colpi, chi si affrettò a raggiungere la finestra nella speranza di non essere visto, nonostante il suo riconoscibilissimo copricapo; chi cercò di calmarli appellandosi al loro buonsenso, chi cercò per un attimo di capire cosa stesse succedendo, ma quando dedusse che non c'era niente da capire, si gettò allegramente ed entusiasta nella mischia; e chi restò immobile sulla sua poltrona, osservando la scena con aria annoiata.
Dino, dal canto suo, si ricordò dell'appuntamento che aveva preso con Tsuna. Aguzzò la vista per cercare Romario tra tutta quella polvere e quel fumo che lo scontro stava facendo alzare. Non appena lo vide, gli fece cenno di seguirlo e, approfittando della confusione, sgattaiolò via attraverso la porta.
- Dove credi di andare? -
Improvvisamente avvertì qualcosa sul collo e si voltò, incrociando gli occhi freddi di Hibari.
- Ehm... - balbettò Dino, colto alla sprovvista. - Devo andare. -
- Ah, sì? - domandò il Presidente del Comitato Disciplinare, togliendo il tonfa dalla gola di Dino. - Così presto? -

- Sa come sono i ragazzi alla loro età!... - si giustificò Mammon, imbarazzata e tesissima, vedendo i suoi risparmi di una vita volatilizzarsi in poco meno di una frazione di secondo.
Basil la guardava, perplesso, mostrandole ancora il disegno stilizzato che aveva trovato nella camera di Belphegor, appeso alla parete e pieno di tagli. A giudicare dallo strano cappello scuro, sembrava in tutto e per tutto una primitiva rappresentazione di Fran.
Il controllore lo staccò dal muro, lo arrotolò e lo infilò sotto la giacca, insieme agli altri due esemplari (raffiguranti però Tsuna e Squalo), trovati nello studio del padrone di casa.
- Lo esaminerò più attentamente con i miei colleghi. - spiegò. Mammon rispose a quell'affermazione con un sorriso nervoso, maledicendo le manie dei suoi colleghi e fulminando MM che ridacchiava sotto i baffi.
In quel momento entrò Romario.
- Basil, Dino è al piano di sotto: ti sta aspettando. - disse.
- Arrivo subito, Romario-dono. - rispose il ragazzo, uscendo, seguito da Romario.

Dino entrò in cucina barcollando e raggiunse quasi per miracolo la sedia che Tsuna gli aveva predisposto, di fronte a lui.
- Dino, cos'è successo? - chiese Tsuna, trasalendo alla vista del ragazzo, che zoppicava, pieno di lividi e graffi.
- Kyoya mi ha salutato. - rispose semplicemente, abbandonandosi sulla sedia. Chiuse per un breve attimo gli occhi, poi, come se avvertisse la presenza di qualcuno, si riprese, si voltò e...
- Rokudo Mukuro, come mai qui? - chiese all'illusionista, seduto alla sua destra.
- Non farti strane idee, Cavallone, sono qui perché me ne voglio andare il prima possibile. - rispose l'altro.
- Non importa il motivo per cui è qui. In questo momento è un alleato, credo... - intervenne Tsuna. - Parliamo di affari, adesso. -
- Certo. - disse Dino. - Le hai portate? -
- Sicuro: eccole. - rispose il Decimo Vongola, appoggiando un sacchetto sul tavolo.
- Cos'è? - chiese Mukuro, all'oscuro di tutto.
- Sono le mie scarpe di servizio. - rispose Tsuna.
Dino prese il sacco e lo aprì.
- Bene. - commentò. - Molto bene. -
In quel momento la porta della cucina si aprì, ed entrarono Basil e Romario.
- Buona sera! - esclamarono, entrando.
- Grazie di averlo chiamato, Romario. - disse Dino, prima rivolto al suo sottoposto e poi a Basil. - Hai trovato qualcosa, Basil? -
- Certamente! - rispose lui, mostrando il disegnino che aveva trovato nella camera di Bel. - L'ho trovato nella camera di Belphegor-sama. E ne ho altri con me. -
Dino rise. - Interessante. - commentò.
Mukuro lanciò un'occhiata al disegno, e si domandò perché non avesse avuto la stessa idea.
- Fratellino, di qui a un giorno sarete di nuovo ognuno a casa vostra. - commentò Dino, sorridendo.
Anche Tsuna ricambiò quel sorriso, soddisfatto ed entusiasta di poter tornare alla sua vita normale.
- Ti ringrazio. - disse Tsuna.
- Non sarei riuscito a fare niente senza la tua complicità e quella degli altri. A proposito, - e si voltò verso Rokudo. - Grazie. MM ha fatto un ottimo lavoro per distrarre il più pericoloso dei Varia. -
Mukuro sorrise senza rispondere. Si alzò, e sparì così com'era apparso.
- Ora è meglio andare. - disse Dino, alzandosi anche lui. - Ci vediamo presto, Tsuna. -
I controllori si congedarono da Tsuna, poi tornarono all'ingresso per salutare gli altri, e alla fine uscirono dalla casa.

Non appena i controllori se ne andarono, la vita tornò a scorrere normalmente.
- FECCIA! QUANDO SI FA CENA??? -
L'urlo, dal piano superiore, arrivò in cucina, fino alle orecchie di Gokudera, che stava seduto a fumare la sua sigaretta serale. Non appena lo raggiunse quel messaggio, spense con un gesto pigro la sigaretta sul posacenere, poi si rivolse a Yamamoto, seduto di fronte a lui, che giocava con una moneta.
- Ehi, Takeshi! Vai a comprare qualche bistecca! -
- Sissignore! - rispose il maggiordomo, alzandosi in piedi di scatto e uscendo.
Di lì a cinque minuti...
- Eccomi qui! - esclamò Yamamoto, entrando sorridente nella cucina con un involucro sottobraccio.
- Ottimo lavoro! - rispose Gokudera, prendendo il pacco e appoggiandosi sul tavolo per scartarlo.
- Ok, ora vado a fare un giro. - si congedò nuovamente Takeshi, uscendo.
Hayato rispose con un breve cenno della mano, aprendo l'involucro. Ma non appena lo aprì del tutto...
- COSA??? - ulrò. - YAMAMOTO TAKESHI!!! TORNA QUI IMMEDIATAMENTE!!! -
Yamamoto entrò subito, perplesso.
- Dimmi: dove hai comprato, esattamente, questa roba? - gli chiese Hayato, con rabbia a stento trattenuta.
- Oh, be'! Al mio negozio di alimentari di fiducia: quello del pescivendolo! -
Gokudera lanciò un'occhiata rassegnata alle sogliole che il maggiordomo aveva comprato.
- Come puoi pensare che in una pescheria si possano trovare delle bistecche? -
- Bistecche? - rispose il maggiordomo, passandosi una mano tra i capelli con aria imbarazzata. - E' vero! Me l'avevo completamente dimenticato!... Cioè... ero andanto a comprare le bistecche,... ma poi sono entrato in pescheria per vedere se avevano del sushi e... scusami! -
- Non fa niente! - esclamò Gokudera, sorridendo e tirandogli un candelotto di dinamite.
Prontamente, Yamamoto lo prese al volo e lo lanciò fuori dalla finestra.
- Va bene, io vado! - esclamò il maggiordomo, uscendo rapidamente. - Ciao! -
E lo straccio che Gokudera gli aveva lanciato urtò la porta ormai chiusa.
L'orologiò scoccò le 20:00, ed ebbe inizio la Notte...



Variante! (con omake)

[...]
Chikusa si strinse nelle spalle, potando l'ennesimo cespuglio. - Lascia stare, Ken che abbaia non morde. Lo sanno tutti: a quello ci pensi tu. -
Hibari non rispose. Si voltò e se ne andò con passo lento e terribilmente calmo, mentre dal ramo di un albero poco distante una vocina stridula intonava una melodia a tema:

                                                                                                      "Sono già le otto ormai
                                                                                                     e sei già in ritardo, sai?
                                                                                                    Quando a scuola arriverai
                                                                                                    una grossa sorpresa avrai.
                                                                                                    Lui è il guardiano della notte
                                                                                               che ti accoglie con tantissime botte.
                                                                                                     Sulla spalla ha un uccellino
                                                                                                         e gli occhi da felino
                                                                                                         O-o-o occhi di gatto
                                                                                                        O-o-o occhi di gatto
                                                                                                 Degli studenti reclute ha fatto
                                                                                                e nuove regole ha messo in atto."*

*(parodia estratta dalla sigla ''Occhi di Gatto'' dell'omonima serie cantata da Cristina D'Avena)
P.S. Per ringraziarmi di questo, Hibari-san mi ha lasciato un grosso bernoccolo.

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Capitolo 4
*** Notte ***



Voilà l'ultimo capitolo di questo delirio!
Cena, dopocena e, soprattutto, Notte dei Vongola, dei Varia e dei Kokuyo. Non posso dire altro, se non che spero che questo epilogo sia di vostro gradimento, come credo sia stato il resto della storia.
Buona lettura e, soprattutto, buon divertimento!

La serata procedette con la solita tranquillità che caratterizzava gli inquilini di quella quieta dimora, mentre Yamamoto era stato spedito da Gokudera a calci nel sedere in macelleria per comprare delle bistecche esclusivamente per Xanxus, e stavolta il maggiordomo non si sbagliò.
Durante la cena tutto si volse come ogni giorno: Hibari non si presentò e pretese che il suo desinare venisse lasciato dietro la porta, e così Mukuro. Ken, Fran e Lambo, al contrario, preferirono l'azione, e s'ingegnarono per sgattagliolare furtivamente di tanto in tanto nella sala dei padroni per rubare qualcosa di genere mangereccio ogni volta che Mammon non prestava loro attenzione.
Nel bel mezzo della seconda portata, Belphegor si alzò senza preavviso dal tavolo e si diresse verso la porta della stanza. Alla domanda di Mamma Luss su dove andasse, il principe rispose semplicemente con un sogghigno e una risatina, chiudendo la porta alle sue spalle.
Fran intuì subito che lo psicopatico stava tramando qualcosa di losco, ma rendendosi conto che le portate di quel giorno erano più buone del solito, seguì il principio del carpe diem; e poi, anche se avesse provato a seguire il principe, sarebbe stato inutile: il genio era sgattaiolato attraverso uno di quei passaggi segreti utilizzati dalla servitù. Aveva sceso poi due rampe di scale e aveva raggiunto il piano -2: quello della lavanderia e della veggente, per intenderci. Sbucò a pochi passi dalla pesante porta di legno dello studio, si guardò attorno furtivamente e poi si avvicinò alla porta e l'aprì senza nemmeno bussare. Ovviamente, era tutto buio.
- Veggente! - chiamò ad alta voce.
Non avendo voglia di chiamare Mukuro una seconda volta, dette per certo che l'altro non era lì. Appoggiò pigramente un dito sull'interruttore della luce e la lampadina si accese sprigionando un colore giallognolo che sapeva di una lampadina che non veniva accesa da anni. Belphegor attraversò la stanza con passo sicuro e saltò sulla scrivania dietro la quale c'era un gigantesco scaffale pieno di libri voluminosi e impolverati. Il principe iniziò a scorrerne rapidamente i titoli. Sembravano ordinati secondo un criterio non troppo definito, ci sarebbe voluta un'infinità di tempo per trovare ciò che gli serviva... Eppure il principe era certo che quel dannato popolano dovesse avere un libro simile: in fondo erano stati colpiti dalla stessa disgrazia...
- "Disgrazia"? - ripeté una voce indefinita alle sue spalle.
Con un gesto quasi istintivo, Belphegor afferrò un coltello e lo scagliò allo sconosciuto appena entrato. Ma Mukuro si era già scanzato di lato, evitando l'arma, che sbatté contro la parete di pietra, sferragliando a terra con un suono quasi cristallino.
- Che cosa porta il Principe De'Pigris da queste parti? - continuò l'illusionista, con un sogghigno.
- Ushishishishishi... Nulla di che, mezzacartuccia: cercavo una cosa. - disse Belphegor, allungando una mano per prendere il libro che aveva finalmente trovato. - E l'ho trovata. -
Saltò giù dalla scrivania e si avviò verso l'uscita, superando Mukuro. Se n'era appena andato quando ebbe l'impressione di avere tra le mani una nube di fumo. Quando chinò il capo per controllare se le sue percezioni principesche avevano ragione, il libro era scomparso.
- Mmmmm... interessante. - commentò Mukuro, sedendosi dietro la stessa scrivania dalla quale Bel era sceso poco prima.
- "Interessante" cosa? - domandò il principe a denti stretti, voltandosi e avanzando fin sotto l'arco della porta, indispettito di essere stato ingannato tanto facilmente.
Prima di rispondere, la veggente appoggiò i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani semiaperti, in un gesto di pura presa in giro.
- Kufufu... - disse, pacato. - Non sapevo sapessi leggere. -
In quel momento un coltello s'infilzò sulla scrivania poco più avanti di dove il ragazzo aveva appoggiato i gomiti.
- Non sapevo fossi un tipo così spiritoso. - disse il principe, ironico.
Mukuro restò immobile, poi si sciolse un po', appoggiandosi contro lo schienale della sedia, ma si raddrizzò quasi subito, percependo la punta di una lama di coltello dietro di lui.
- Ushishishi... Ma sottovalutare un genio! - lo mise in guardia Bel, ridacchiando, ad una decina di passi di fronte a lui.
- E siamo pari. - concluse Mukuro, ricominciando poi il discorso con un gesto quasi teatrale. - Non mi hai ancora risposto: quale disgrazia ti affligge... anzi: ci affligge tanto da spingerti qui, sfidando tutta la fatica di quelle due infinite rampe di scale e prendere uno stupido libro di magia nera nel mio studio senza il mio permesso? -
- Cara la mia veggente-occhio-policroma, mi sorprende il fatto che tu non ci sia arrivato. -
Mukuro non rispose, riflettendo. Sembrava cominciare ad interessarsi all'argomento.
Belphegor non attese risposta - Si tratta di quello schifoso rospaccio putrefatto, ovviamente! -
L'occhio rosso di Mukuro brillò, mentre il libro che Belphegor aveva creduto di aver preso poco prima dallo scaffale ricompariva sulla scrivania. Il principe allungò una mano per prenderlo, ma la voce dell'illusionista lo fermò.
- Non è abbastanza quel libro. - disse, voltandosi verso lo scaffale e prendendone uno notevolmente più impolverato. - A mali estremi estremi rimedi. - concluse, porgendo il volume a Bel con un sorriso. - Usalo anche da parte mia,... e non lo sgualcire troppo! -
Il principe prese il libro con un gigantesco ghigno, senza nemmeno leggerne il titolo.
- Non vorresti darmi una mano? - chiese Belphegor.
Mukuro accennò ad un breve sorriso malandrino, poi si alzò e precedette Bel fuori dalla porta. Il principe lo seguì e, finalmente, lesse il titolo del libro:
"Guida al Voodoo"

Al piano di sopra, intanto, si era già finito di mangiare, e i servi sparecchiavano e lavavano i piatti. Avevano quasi finito, quando Chrome si accorse che a Hibari e a Mukuro non era stata portata la cena.
- Portare la cena?? A loro? - rispose furioso Gokudera alla timida osservazione della ragazzina. - E per chi ci hanno preso, per dei servi? -
- Ma Gokudera, in questo gioco siamo i servi dei Varia. - osservò Yamamoto, perplesso.
- No, allocco, - intervenne MM. - Ci hanno proprio preso per degli schiavi! Ed è già di per sé umiliante sgobbare per quei cinque scemi senza essere pagati! Ci mancavano pure quei due! -
Gokudera gettò a terra il grembiule, esasperato: - Al diavolo i servi e pure gli schiavi! Mi sono rotto le scatole! - e si diresse verso la cucina. Appoggiò la mano sul pomello della porta e si voltò. - Se il Cavallone non si dà una mossa, ci penserò io a sistemare la situazione! -
- Gokudera, calmati! - intervenne Tsuna, sapendo che solo la sua voce poteva placare la rabbia del suo braccio destro. - Dino sa quello che fa. - fece una pausa, durante la quale si trattenne dal lasciarsi sfuggire un "credo" che avrebbe affondato la certezza con cui aveva pronunciato le frasi precedenti. -Bisogna avere pazienza: ci ha promesso che domani saremo stati fuori di qui, quindi teniamo duro ancora per un po'... Non ci vorrà molto. -
Il cuoco ascoltò in religioso silenzio quelle parole, ma per la prima volta non ne sembrò troppo convinto. Rapidamente aprì la porta, entrò nella cucina e si chiuse dentro senza pronunciare parola.
- Io vado a portare la cena a Mukuro-sama e a Hibari-sama. - la voce piccola piccola di Chrome risvegliò Tsuna dalle sue profonde riflessioni.
- I piatti sono in cucina. - disse il boss dei Vongola, pensieroso.
La ragazzina entrò rapidamente in cucina per prendere i due piatti e scese le scale per raggiungere l'antro.
Visto che ormai non c'era più niente di interessante da fare, ognuno tornò ai suoi soliti svaghi quando aveva qualche ora libera: Yamamoto, Ryohei e Bianchi uscirono nel gigantesco giardino che circondava la casa, l'uno per fare una passeggiata tranquilla, l'altro per fare una corsetta estrema e l'altra per raccogliere qualche fungo per il pranzo del giorno dopo (funghi accuratamente velenosi); Lambo e I-Pin scorrazzavano in giro per la casa. Tsuna restò sull'uscio della porta a guardare di fuori, mentre Gokudera osservava le spirali biancastre del fumo della sua sigaretta salire verso l'alto sullo sfondo dell'oscurità che avvolgeva il giardino.

- Sono le undici. - li avvisò Bianchi, entrando in cucina con un cesto di funghi dall'aspetto poco convincente, che appoggiò sul tavolo prima di uscire. - Buona notte. -
Mezz'ora prima i padroni erano entrati nelle loro camere, mentre i servi erano rimasti svegli e, più o meno venti minuti prima, si erano ritrovati tutti in cucina più per stare insieme a guardarsi l'un l'altro, che non condotti da qualche scopo preciso.
Non appena Bianchi uscì, i servi si alzarono dalle sedie per andare a letto, quando Gokudera annunciò, quasi infastidito da quella stessa idea: - Io resterò qui ad aspettare i comodi di Rokudo e Hibari, cioè a lavare i loro piatti. -
- Ok, io penserò a mandare i bambini a dormire. - rispose Yamamoto, rivolgendosi poi a Sawada, mezzo addormentato di fronte a lui. - Mi vuoi dare una mano, Tsuna? -
- Ma come ti puoi permettere di rivolgerti così al Decimo?? "Mano"? Altro che mano! Non ti dovrebbe dare nemmeno la punta dei suoi guanti! - rispose Gokudera, irritato.
- Non fa niente, Gokudera. - rispose Tsuna, stanco. - Perché non dovrei aiutarlo? - e si alzò per seguire Takeshi e i bambini al piano di sopra.
- Lei è troppo buono, Decimo! - esclamò Gokudera, mentre la porta si chiudeva.
MM e Bianchi si ritirarono nelle loro camere, Ken e Chikusa tornarono in giardino in quanto, essendo Ken il cane da guardia, doveva lavorare anche di notte, e aveva costretto Chikusa a fargli compagnia.
Poi la casa piombò nel silenzio più assoluto. Dalle camere dei padroni non proveniva alcun rumore, mentre dal giardino le voci di Ken e Chikusa che parlavano per ammazzare il tempo e quelle di Yamamoto e Tsuna che provavano a far dormire i bambini venivano soffocate dall'immensità dello spazio che li circondava e attutiva le loro voci, basse per paura di svegliare qualcuno. I passi rapidi di Ryohei, impegnato nella sua ultima corsetta del giorno sparivano del tutto, attutiti dall'erba del giardino. Il fumo della sigaretta di Gokudera continuava a salire lento verso l'alto, sotto gli occhi pensierosi e assenti del ragazzo.
Tutto sembrava tranquillo: le ombre e i pallidi raggi di luna che filtravano appena dalle pesanti tende di broccato, chiuse con poca attenzione, creavano sinistri giochi di marcati chiaroscuri, e tutti gli oggetti che nella giornata erano stati scagliati, afferrati, infilzati, strappati e trattenuti, ora restavano immobili nel silenzio assoluto e irreale.
Nessuno si accorse di quell'ombra che attraversò il giardino alle spalle del cane da guardia e del giardiniere distratti.
E nessuno sapeva di ciò che stava avvenendo qualche piano più sotto, proprio in quella stanza che i Varia non avevano mai mostrato né ai Vongola né ai Kokuyo, ma che non era sfuggita allo sguardo attento di Mukuro, il quale aveva subito pensato bene di occuparla per i suoi scopi. Non era un nulla di che: un tavolo, qualche sedia, una candela, nessuna finestra e tante scatole di fiammiferi.
L'illusionista accese una candela e fece cenno al principe di entrare. Bel fece quattro passi nella stanza, la osservò attentamente, poi si rivolse a Mukuro, confuso: - Ehi, mi sa che hai sbagliato stanza. -
Mukuro rivolse uno sguardo attonito all'altro.
- Perché? - chiese l'illusionista.
- Perché è angusta, sporca e buia. - elencò il principe.
Rokudo lo fissò intensamente.
- Stai parlando della tua camera? -
Bel avvampò. Si avvicinò di scatto a Mukuro e gli puntò un coltello al collo.
- Cosa stai insinuando, Occhipolicromi? - sibilò, minaccioso. Ma quando si accorse che Mukuro non era affatto preoccupato, abbassò lentamente il coltello e si voltò con un gesto che voleva essere naturale ma che risultò del tutto teatrale. - La mia camera è ordinata secondo il criterio del principe! -
Rokudo mascherò la sua risata di presa in giro con un finto attacco di tosse.
- Bene, mettiamoci al lavoro! - disse Bel, sedendosi, per farlo smettere di ridere.
Mukuro, riacquistato il suo contegno, si accomodò su una sedia di fronte all'altro, e cominciarono a sfogliare il grosso libro di voodoo.
- Prima di tutto, ci serve una ciocca di capelli... - iniziò l'illusionista.
- Ehi, non ti azzardare a tagliarmi la frangetta regale, - ribatté Bel, subito sulla difensiva. - Tagliati piuttosto quel ridicolo ciuffo blu a punta che hai sulla nuca! -
- Non sto parlando dei tuoi capelli - disse Mukuro, aggiungendo nei suoi pensieri "che però avrebbero veramente bisogno di una spuntatina". - Ma di quelli del bamboccio. -
- Ah, non ce l'ho. -
- Cominciamo bene, - sospirò Mukuro, appoggiando il mento sulla mano. - Ce l'hai almeno un bambolina con le sembianze di quel diavolo? -
- Dubiti forse della mia astuzia? - rispose Bel, trionfante, appoggiando sul tavolo la scatola che era caduta a Fran mentre fuggiva dalla sua camera.
Mukuro la osservò, poco convinto. La prese in mano e l'aprì. Il babou schizzò fuori facendo sobbalzare Rokudo così com'era sobbalzato Bel, poi l'illusionista osservò il babou e un ghigno si stampò sul suo volto.
- E' perfetto! Kufufufu... - commentò con voce estasiata.
- Ushishishishi... - rispose Bel.
L'illusionista guardò ancora più attentamente il pupetto e scosse il capo, diniego, appoggiandolo sul tavolo.
- No, non va bene. -
Il principe smise di ridere immediatamente. - E perché? -
- Non lo vedi? - rispose Rokudo, mostrando a Bel il babou. - Questo coso ha le sembianze di quel moccioso tra dieci anni. -
- E con ciò? - Bel non capiva.
- Non sono sicuro che possa funzionare. - rifletté Rokudo. - La situazione potrebbe sfuggirci di controllo. -
- E allora? - il principe sorrise nuovamente, con un tono di voce poco rassicurante, sporgendosi verso l'altro. - Non trovi che sia ancora più entusiasmante? -
Mukuro ricambiò quel sorriso: - Certamente. - poi si alzò. - Peccato che io debba andare. -
- Dove? -
- Ho anchi'io i miei affari, sai? - disse l'illusionista, aprendo la porta per uscire. - Fammi sapere quando hai finito, e non esitare a chiamarmi se hai bisogno di una mano. -
- Eh?! -
- A più tardi... - lo salutò l'illusionista, sparendo dietro la porta.
- E poi danno a me dello scansafatiche! - borbottò Bel, incominciando a leggere.

Mukuro avanzò nel buio completo del corridoio. Non aveva bisogno di alcuna luce: conosceva perfettamente quel luogo angusto, visto che lo percorreva tutti i giorni. Improvvisamente scorse una luce dal fondo del corridoio. Si fermò bruscamente, in attesa. La luce si faceva sempre più vicina, e ora il ragazzo poteva scorgere anche chi portava quella torcia dal chiarore penetrante.
- Mukuro-sama! Mukuro-sama! - accorse Chrome, terrorizzata.
Povera Chrome! Sempre con quel volto spiritato!
La ragazza si fermò a meno di un metro dal ragazzo.
- Mukuro-sama, la sua cena... - balbettò la ragazzina.
- Oh, Chrome, brava! Avevo proprio fame. - disse Mukuro, battendole delicatamente una mano sul capo. - E dove hai portato la mia cena? -
- Nello studio... - cercò di spiegare Chrome, ma il maestro non sembrava aver voglia di ascoltarla in quel momento.
- Non è che andresti a chiamare il maggiordomo? - la interruppe lui. - Ho quasi finito di accomodare la sfera. -
- Ma... - cercò di spiegare la ragazzina, ancora impaurita. Fece una breve pausa, come per chiedersi se sarebbe mai stata ascoltata, e si dette una risposta da sola. Sospirò, si voltò e poi se ne andò. Fece sì e no dieci passi, poi si voltò, ancora più preoccupata di prima. - Però faccia attenzione, la prego! -
Mukuro non capiva, ma sorrise, in risposta. La ragazzina abbassò lo sguardo e arrossì, correndo al piano di sopra.
Rokudo restò a guardarla finché non sparì, e con lei la luce della torcia. Poi si diresse verso il suo studio, chiedendosi che cosa volesse dire Chrome con quelle parole.
Stava giusto aprendo la porta del suo antro, dicendosi che lo avrebbe scoperto da solo, quando avvertì uno strano presentimento, come se... no, impossibile. Non poteva... non lo sapeva nemmeno... Mukuro si strinse nelle spalle, aprendo la porta.
Quando la richiuse e accese la luce, quella sensazione spiacevole si fece ancora più insopportabile, così tanto che quasi lo spingeva ad andarsene. Era come se fosse lì...
Combattendo contro il suo stesso istinto, si sforzò di sedersi al tavolo. Prese dal cassetto la sfera di cristallo e riprese a lavorare, cercando di allontanare quei pensieri dalla testa, senza successo.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta in modo quasi imperioso. Poco probabile che fosse il maggiordomo; ma se non lui, chi altri?
- Avanti. - disse Mukuro, con tono neutro, mentre quell'inquietudine cresceva e cresceva, diventando sempre più opprimente.
L'illusionista non ne poteva più. Allungò una mano sullo scaffale per prendere quel barattolo. Inizialmente si era chiesto per quale stupido motivo l'avesse portato con sé, ma in quel momento si rese conto che gli avrebbe potuto salvare la vita, se quel che temeva era vero. Ma non appena afferrò il barattolo, avvertì qualcosa premere contro la sua schiena... un bastone... una manganello, anzi: un tonfa.
Mukuro rise sommessamente.
- Sei venuto a portarmi la cena o forse vuoi sapere il tuo futuro come il maggiordomo? -
- Diciamo che sono venuto a portarti un assaggio dei miei tonfa. -
Lo avrebbe colpito, adesso. Mukuro lo sapeva. Si voltò, fulmineo, il barattolo già aperto. L'intero contenuto dell'oggetto di vetro si riversò su Hibari. Centinaia di piccoli, delicati petali di ciliegio caddero sul volto e sui vestiti del ragazzo, che si affrettò a levarseli di dosso, mentre l'illusionista approfittava della sua distrazione per fuggire da quella posizione critica ed evocare il suo tridente.
- Sapevo che eri qui, da quando mi hanno portato di forza in questo antro. - disse Mukuro.
- Vale lo stesso per me. - rispose Hibari, voltadosi verso di lui.
- Come hai fatto a trovarmi? -
Hibari sorrise. Un sorriso divertito ma inquietante.

Quando Chrome era sbucata dallo stesso passaggio che poco prima Bel aveva utilizzato per raggiungere lo studio di Mukuro, anche lei, come il principe, si era guardata attorno con circospezione, prima di fare un passo in avanti. Ma tutta la sua accortezza non era bastata per evitare di urtare una sagoma che proveniva dalla sua destra. Era sobbalzata, e per poco non le erano caduti i piatti di mano.
- Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo!... - si era scusata, terrorizzata come un cameriere che avesse rovesciato involontariamente il contenuto di un piatto addosso al proprietario del ristorante per cui lavora.
L'altro non aveva risposto. Chrome aveva alzato timidamente lo sguardo per vedere chi fosse, ma il corridoio era talmente buio che la ragazza non era nemmeno riuscita a distinguere i contorni del suo volto.
- Ero venuta a portare la cena a Hibari-sama e Mukuro-sama. - si era giustificata lei, come per interrompere quell'imbarazzante silenzio che si era creato.
- Lascia che porti io la cena a Rokudo Mukuro. - aveva detto finalmente lo sconosciuto, prendendo i due piatti dalle mani della ragazza.
- Ma... - aveva cercato di rispondere la cameriera, imbarazzata da quel gesto improvviso.
- L'altro lo prendo io. -
Chrome era trasalita, riconoscendo quella voce. Aveva cercato lo stesso di convincere l'altro a lasciarle almeno il piatto di Mukuro-sama, e che avrebbe provveduto lei a portarlo nell'antro del ragazzo. Ma il suo interlocutore era stato irremovibile.
- Non ti preoccupare - aveva detto lui. - Riposati: ne hai bisogno. Al tuo amichetto penserò io. -
Ancora confusa, Chrome aveva ascoltato i passi regolari di Hibari allontanarsi lentamente nell'oscurità, incapace di fare altro se non pensare a come avvertire Mukuro.

- La ragazzina. - rispose finalmente Hibari.
Mukuro rise nuovamente. - Povera, ingenua! -
- Allora, cosa aspetti? Fatti sotto! -
L'illusionista sbuffò, appoggiando l'asta del tridente sulla spalla destra. - Ma tu non ti stanchi mai? -
Sul volto di Hibari comparve un sorriso maligno, mentre i suoi occhi erano rossi a causa dei petali di ciliegio.
- Se si tratta di te, - rispose. - No! -
E Kyoya si fiondò sull'altro, che schivò quell'assalto con maestria, rispondendo a tono.

Intanto, al piano di sopra...
Fran non aveva mai avuto il sonno pensante, ma quella confusione di certo non poteva non svegliarlo. Il pavimento della sua stanza (la più precaria dell'edificio) rimbombava e sussultava, disturbando il suo sonno. Evidentemente il principe aveva stabilito per lui quella camera apposta per non fargli chiudere occhio la notte, rifletté il ragazzino, infilando le pantofole e alzandosi. Era da almeno un quarto d'ora che quel rumore continuava ininterrottamente, e non ne poteva più. Non sapendo che cosa fosse, Fran volle andare a controllare.
Uscì dalla sua stanza nel più assoluto silenzio. Scese le scale come uno spettro nella notte, e passando per il solito passaggio segreto (ormai non più così tanto segreto) raggiunse il famigerato piano -2, dove il rumore era più forte.
Camminando nel buio tese l'orecchio, ascoltando attentamente: sembravano i rumori di uno scontro. Molto strano...
Improvvisamente udì una risata proveniente dalla sua destra, ma credette di essersi sbagliato, dato che da quella parte doveva esserci solo il muro. Allungò una mano per controllare, e la sua costatazione non fu errata. Rincuorato di essere ancora in sé, Fran stava per proseguire, quando udì distintamente Belphegor sghignazzare. S'irrigidì improvvisamente. Per un breve attimo credette di essere diventato pazzo, ma poi si ricordò che l'unico vero pazzo era proprio il principe, e iniziò a cercare a tentoni qualche passaggio che lo conducesse dall'altra parte del muro. Alla fine le sue dita percepirono un piccolo avvallamento che sarebbe sicuramente sfuggito a qualsiasi passante distratto. All'interno di quell'avvallamento, il bambino trovò una maniglia. L'abbassò e spinse la porta.
Quando vide ciò che gli stava davanti sbarrò gli occhi.
- Sempai, che cosa stai facendo? -
Belphegor gelò. Non si sarebbe mai aspettato di poter sentire quella voce lì. Alzò lentamente il capo e rivolse a Fran una faccia stravolta, che lentamente mutò in un ghigno.
- Hai mai pensato di tagliarti i capelli, Fran? - gli chiese, tirando fuori il solito coltello.
- Sempai, non sarò mai cliente della sua parrucchieria: il suo genere di capelli casual non mi pia... -
Il coltello si conficcò nel cappello del ragazzino, accompagnato dalla voce rabbiosa del principe: - Il mio genere è "regale", capito? RE.GA.LE. - e altri tre coltelli accompagnarono le altrettante sillabe della parola. Poi il genio si calmò. - O al limite "principesco", IGNORANTE! - e l'ultimò coltello sfiorò la guancia del ragazzino.
- Sempai, fai progressi: - commentò Fran, con un rivolo di sangue che usciva da una ferita superficiale sulla sua guancia. - Mi hai quasi preso. -
- Sono solo fuori allenamento. - si giustificò il sempai, rimettendosi a lavoro. - Ora levati dalle scatole. - Infatti la lama del coltello era macchiata del sangue del ragazzino, che poteva essere un ottimo sostituto del lavoro che avrebbe dovuto fare un ciuffo di capelli in quello strano e articolato rito.
- Mmmhhh... non ne ho voglia. - rispose Fran, sedendosi a terra.
- Fa'un po'come ti pare, ma non ti garantisco di uscire da qui vivo. - disse il Sempai, recuperando il coltello e tornando per l'ennesima volta a lavoro.
- Come al solito. - commentò il ragazzino. - Che stai facendo? -
- Spendo il mio tempo in modo utile per la società. -
Fran ci pensò su un attimo, poi azzardò: - Stai studiando un nuovo taglio di capelli che non ti faccia più confondere con la scopa? -
- Ti do tre secondi per uscire di qui senza un taglio più pronfondo di quello. Uno, due,... -
- No. -
Bel alzò nuovamente il capo, indignato. Fran ricambiò quello sguardo con le sue pupille dall'espressione indefinita.

Un'ombra scivolò rapidamente all'interno dell'antro della veggente. La sagoma si nascose nell'oscurità, sotto un tavolo economico piegato e lasciato nell'angolo, e osservava.
Lo scontro tra Hibari e Mukuro andava avanti da almeno dieci minuti, quando improvvisamente i due combattenti si fermarono.
- C'è qualche patetico erbivoro in questa stanza. - osservò Hibari, senza abbassare il tonfa.
Rokudo gettò il forcone a terra, esasperato. - Ma li vedi ovunque, questi dannati erbivori! - si avvicinò allo scaffale, cercando di trovare qualche altro barattolo di petali di ciliegio di riserva approfittando dell'attenzione che Hibari aveva rivolto altrove. - Adesso ci penso io a farli sparire... Gli erbivori! -
Hibari si voltò verso l'angolo in cui era nascosto l'intruso, lanciandogli un'occhiata che voleva quasi dire: "inutile che ti nascondi: so bene che sei lì". Ma la reazione che scatenò non fu di semplice inquietudine: era di puro e vero terrore...
Forse fu proprio a causa del rosso degli occhi di Hibari, provocato dalla sua allergia ai petali di ciliegio che Mukuro gli aveva tirato addosso poco prima, dai suoi capelli corvini, dalla carnagione chiara e dai vestiti neri... che fu scambiato per tutt'altra persona.
- AAAAAAAHHHH!!! - urlò lo sconosciuto, spiritato, saltando fuori dal suo nascondiglio e correndo a gambe levate verso la porta. - DRAAACULA!!! -
Mukuro e Hibari guardarono il fuggiasco e restarono confusi fino a quando la porta non si chiuse, sbattendo. Allora Kyoya si voltò verso l'altro.
- Per stavolta finisce qui, - e gli mostrò un tonfa con aria minacciosa. - La prossima volta non ci saranno erbivori a salvarti. - e si lanciò all'inseguimento della sua preda.
- Anche stavolta me lo sono levato dalle scatole, per fortuna. - pensò Rokudo, guardando la confusione che lo circondava. - Ma la prossima volta ci pensa lui a mettere a posto! -

Undici e tre quarti. Piani nobili...
- FECCIAAA!!! -
-  E' la 394esima volta... Non è possibile!... - borbottò Squalo, sprofondando la faccia nel cuscino e soffocando un "VOOOI!" pieno di disperazione nella federa. Sollevò la testa, infuriato. - CHE VUOI ORA??? -
- HO SETE! - rispose Xanxus, dalla stanza accanto.
- NON C'E' QUEL DEFICIENTE ACCANTO A TE? -
Xanxus non rispose.
- ALLORA? - insistetté Squalo, sentendo che stavolta non sarebbe dovuto scendere nuovamente dal letto per correre dal boss.
- STA DORMENDO. - disse infine il capo dei Varia.
- E IO COSA CREDI CHE STESSI FACENDO?? PENSAVI CHE FOSSI QUI CON LE MANI IN MANO AD ASPETTARE I TUOI COMODI??? - Squalo gettò via le coperte dal letto per l'ennesima volta, infilò le pantofole e si alzò. Chissà se avrebbe mai dormito senza interruzioni, quella notte...
- Ma Boss, io sono sveglis... - tentò di dire Levi.
- Sta'zitto e dormi! - sibilò Xanxus al suo leccapiedi.
Riconoscendo la voce di Levi, Squalo s'infuriò ancora di più. Entrò nella camera del suo capo, adiacente alla sua, e spalancò la porta senza la minima pietà per quel povero oggetto di legno, trovando il suo capo sotto le coperte e con l'aria impaziente di chi non ha niente da fare ma pretende che tutti lo servano immediatamente.
- Feccia, - iniziò il boss, indispettito. - Ho detto che ho sete! -
- VOOOOI!!! NON STO QUI AD ASPETTARE I TUOI ORDINI! Se vuoi uno così, chiedi a quel deficente che sta dormendo sullo zerbino! - e indicò Levi. -Non fa niente dalla mattina alla sera, proprio come te! -
- Non mi importa cosa faccia questo qui: ho detto a te che volevo da bere, e tu andrai a prendermi una bottiglia! -
- Sono stufo di entrare e uscire dalla mia camera a distanza di pochi minuti: VOGLIO DORMIRE, CAPITO??? -
- FA' QUELLO CHE TI PARE: MA PRIMA VOGLIO UNA BOTTIGLIA! -
- Boss, vado io! - intervenne Levi, scattando in piedi.
- HO DETTO A LUI, FECCIA!!! NON A TE! - gli rispose Xanxus, rivolgendosi poi allo spadaccino. - Spicciati, o potrei perdere la pazienza. -
- NON ME NE PUO' IMPORTARE DI MENO!!! - urlò Squalo, uscendo dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Superbi rientrò nella sua stanza borbottando, e sbatté nuovamente la porta, poi si buttò nuovamente sotto le coperte, si ficcò un paio di auricolari nelle orecchie, scelse una musica tranquilla e rilassante e alzò il volume del lettore MP3 tanto da coprire il suono della voce di Xanxus che veniva dalla stanza accanto.

Nello stesso momento, nella lontananza, nell'isolamento e nella sicurezza della sua cameretta, Mammon venne turbata da un rumore per il quale era stata sveglia ogni notte, nella speranza di non sentirlo, e che aveva tanto temuto, ma che non avrebbe mai pensato di udire veramente in tutta la sua vita: quello di un arnese che forza una finestra. In realtà non lo aveva sentito in quel momento, ma qualche minuto prima. Inizialmente, però, non ci aveva fatto caso (o forse aveva voluto ignorarlo). Invece, poi, il timore l'aveva assalita, e nonostante avesse provato a scacciarla con tutte le forze dalla sua testa, quella parola penetrò nel suo pensiero e raggiunse la parte più profonda della sua mente, inquinandone il pieno ragionamento: "ladri".
Per il bene dei risparmi di un'intera carriera, balzò giù dal letto e uscì dalla stanza (assicurandosi, ovviamente, di aver chiuso bene la porta) e corse nella stanza dell'addetto a questioni di questo genere...
- Capitano! Capitano! - lo chiamò ad alta voce, allarmata, sbattendo il pugno contro la porta della camera di Squalo. - Ci sono i ladri! I ladri! -
- Mammon, - rispose lo spadaccino, placatosi dall'ira scatenata contro il boss  e avendo spento l'MP3 da appena pochi secondi. - Secondo te questo è un mondo di ladri. -
- Ma ho sentito qualcuno forzare la finestra del pianterreno!... -
- Non ti preoccupare: sarà sicuramente il maggiordomo che si è chiuso di fuori un'altra volta. -
- Sono sicura di no! Capitano, lanci l'allarme! Solo per stavolta! -
- Se lo faccio, mi promettete di lasciarmi dormire in pace? -
- Tutto quello che vuole! (Tranne il denaro, ovviamente!) -
Squalo aprì finalmente la porta.
- D'accordo. - sospirò dirigendosi verso le scale, seguito dall'apprensivo Arcobaleno.
Lo spadaccino si fermò di fronte alla rampa senza scendere alcun gradino, fece un profondo respiro, e Mammon si attappò prontamente le orecchie.
- VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... -
Ai piani inferiori, non appena l'urlo penetrò nelle varie stanze, si scatenò il putiferio:
- Ma che fa quel deficente??? - urlò Gokudera sobbalzando e imprecando perché, colto alla sprovvista, aveva fatto cadere a terra la sua sigaretta appena accesa.
- Perché proprio adesso??? - piagnucolò Tsuna, strappandosi i capelli, mentre Lambo e I-Pin (che lui e Yamamoto erano appena riusciti a far addormentare) iniziavano a saltare sul letto, e Yamamoto si metteva a ridere.
- Sempai, è l'allarme: bisogna andare. - disse Fran, atono.
- Lo so, - rispose Belphegor, continuando a lavorare sul pupazzetto. - Al capellone piace urlare nel cuore della notte. -
- Ma ci stanno chiamando. - osservò il ragazzino, cercando per l'ennesima volta di sbirciare ciò che stava facendo il Sempai, senza successo.
- Il principe non si fa chiamare: è lui a chiamare gli altri perché facciano quello che vuole! -
Fran restò per un attimo a riflettere, poi si alzò e si diresse verso la porta.
- Va bene, io vado. -
- Non ci pensare nemmeno! Tu resti qui! -
- Ma non voleva che me ne andassi a tutti i costi? - rispose il ragazzino, voltandosi.
Un coltello raggiunse la porta ancora chiusa.
- Adesso no. Siediti e sta'zitto! - rispose il Sempai.

Di lì a poco tutti gli inquilini della casa (esclusi Bel, Fran e Hibari) si riversarono in cima alle scale, protestando per quell'urlo supersonico e inaspettato. Inutile dire che a loro non importava nulla del ladro e delle conseguenze che la sua presenza avrebbe potuto portare sugli spiccioli di Mammon.
Ma Squalo aveva avuto la saggia intuizione di prepararsi un bel discorsetto per convincerli a rendersi utili, quindi lanciò un altro urlo per zittirli: - VOOOOOOI!!! STATE ZITTI!!! Ho un annuncio da fare: chi di voi troverà per primo il ladro sarà libero e così il suo gruppo di appartenenza, Vongola o Kokuyo che sia. -
Un vociare di approvazione tra i servi gli fece capire che aveva toccato il bottone giusto. E in men che non si dica, tutti sparirono così com'erano apparsi, così che Squalo poté tirare un sospiro di sollievo, anche se per poco. Infatti una mano lo afferrò per l'orlo dei pantaloni, strattonandolo.
- Ma sei matto??? - esclamò Mammon. - Scateneranno una guerra di fazioni!... Oh, se penso a questa povera casa che è stata arredata con i miei soldi! -
- Non ti preoccupare, non succederà nulla stavolta. - la rassicurò Squalo, non troppo convinto, tornando nella sua stanza.
- E come fai ad esserne sicuro? -
Lo spadaccino si fermò e si voltò: - Ti faccio notare che c'è un ladro in casa, e che i tuoi risparmi sono incustoditi nella tua stanza. -
L'illusionista sbiancò e si avviò rapidamente verso la sua stanza senza chiedere ulteriori spiegazioni.

In cucina...
- Se vogliamo andarcene di qui bisogna rimboccarsi le maniche e trovare quel ladro prima di Rokudo. - disse Gokudera, con fare di capogruppo.
- Lambo-san lo prenderà come solo lui sa fare. - urlò Lambo, entusiasta.
- Scemo del baseball, - Hayato sospirò, volgendosi verso Yamamoto. - Fammi un favore, per piacere: zittiscilo al posto mio! - poi riprese, parlando a tutti gli altri. - Propongo di dividerci in squadre! - fece una pausa di riflessione. - Io con il Decimo! -
Ma Tsuna era dubbioso, e sperava ancora in un tempestivo intervento di Dino: - Gokudera, non sono affatto certo di voler partecipare a... -
- Di che cosa state discutendo? - chiese Bianchi, entrando in cucina.
Gokudera incrociò lo sguardo della sorella e provò a dire qualcosa che però risultò solo un insieme confuso di gemiti e imprecazioni. Poi si accasciò a terra e perse i sensi.
- Si discuteva di come prendere il ladro. - intervenne Yamamoto, allegro.
- Ladro? Ecco perché quell'allarme. - rifletté Bianchi. - Potremo esservi utili? -
- Potremo? - ripeté Tsuna, perplesso.
- Sì, Chrome ed io. - rispose la ragazza.
- Non credo ce ne sia alcun bisogno: - rispose Tsuna. - Io non ho alcuna intenzione di partecipare a... -
- Ah! E' così allora, vero? - lo interruppe Bianchi, indispettita. - I soliti maschilisti! Noi ragazze faremo da sole! Chrome, I-Pin, venite con me. -
- Eccomi. - rispose timidamente Chrome dalla stanza accanto, seguendo Bianchi e I-Pin verso le scale.
Yamamoto era perplesso: - La sorella di Gokudera è davvero precipitosa: non avevi neanche finito di spiegarle la situazione. -
- Credo che avesse in mente questo già da un po'. - disse il boss dei Vongola, pensieroso. - Forse ha ragione Gokudera: in attesa di Dino dobbiamo cercare di tirarci fuori da questa situazione con le nostre forze. Non penso sia necessario formare dei gruppi fissi: qualsiasi genere di collaborazione tra di noi sarà sufficiente. -
- Stai dicendo di cercare ognuno in una direzione diversa? - chiese Takeshi.
- E in caso collaborare. - annuì il Vongola.
Il maggiordomo sorrise: - Sembra divertente! -
- Ehi, ragazzi, cos'era quel rumore di prima? Stavo facendo la mia corsetta estrema quando ho sentito qualcosa penetrante come il fischio di una pentola a pressione! - Sasagawa fece la sua improvvisa apparizione.
- Quello che hai sentito era l'allarme. - gli spiegò Tsuna. - Ci deve essere un ladro in casa. -
- E i padroni hanno proposto di dividerci in squadre (Vongola e Kokuyo) per prenderlo. - concluse Yamamoto. - E la squadra che lo prende per prima viene premiata con la libertà. -
- E' entusiasmante! Cominciamo subito ALL'ESTREMOOO!!! - commentò Ryohei, il pugno in aria.
- Prima però bisogna portare Gokudera in camera. - disse Tsuna. - Lambo, tu se vuoi resta pure qui. -
- Non vi preoccupate - li rassicurò il bambino. - Lambo-san prenderà il ladro così come prende le caramelle dai capelli! -
- Speriamo bene... - sospirò il Decimo boss dei Vongola.

Intanto, qualche piano più sotto.
- Si può sapere che stai facendo? -
- Affari miei! - borbottò Bel, iniziando a perdere la pazienza, perché, a dirla tutta, non capiva niente di ciò che era scritto in quel maledetto libro.
- Con i fantocci? - chiese Fran, allungando il collo nel tentativo di sbirciare sul tavolo.
- Sì, con i fantocci. -
Il bambino inarcò le sopracciglia con aria oltremodo sorpresa. - Infantile. -
- Vedrai quanto sarà infantile quando avrò finito! -
- Fammi dare un'occhiata... -
Improvvisamente Belphegor alzò il capo, e si accorse che Fran non era più seduto per terra davanti a lui, ma...
- Incantesimi voodoo? - esclamò il bambino, pur mantenendo un'espressione immutata, leggendo il libro da sopra la spalla del Sempai. - Ecco il perché dei fantocci... Ma che razza di formula è questa?... Addabar... -
Una colonna di fumo giallo avvolse Fran da capo a piedi, nascondendolo allo sguardo sbigottito del principe. Quando poi la nube iniziò a diradarsi, Bel rimase ancora più sorpreso. Scorse rapidamente le righe del libro, e divenne imbestialito: aveva passato due ore nella speranza di trovare un incantesimo per distruggere quell'anfibio, e ora, invece...
- Sempai! - esclamò il ragazzo, con una voce ora non più infantile, mentre gli ultimi residui di fumo sparivano.
Per un errore di lettura, e forse anche per un errore di babou, il principe se lo trovava davanti più grande di dieci anni!
- COOOSA??? - in preda al panico, il principe afferrò il grosso volume e lo scagliò contro la sagoma impassibile alle sue spalle. - VATTENE! -
Fran sgranò gli occhi e si accovacciò appena in tempo, prima che il libro lo colpisse in fronte. Il ragazzo si tirò in piedi e sorrise. Lentamente quel sorriso mutò in una sonora risata, e in una frazione di secondo il ragazzo tornò il bambino di pochi minuti prima.
Bel avvampò di rabbia. Si alzò di scatto e afferrò il bambino per il colletto della camicia.
- Senti, illusionista dei miei stivali, non fare lo spiritoso! - sussurrò, minaccioso e arrabbiato.
- Mi sembra un incantesimo inutile. - commentò Fran, ridacchiando.
- Dici? -
- Certo! -
- In effetti io mi sono scocciato di fare questi dannati tutorial, quindi fai quello che dico io, altrimenti... -
- Come al solito, del resto. -
- Appunto. - confermò il principe con un sogghigno.

Gokudera aprì lentamente gli occhi. Si guardò attorno rapidamente e scattò a sedere, chiedendosi se non fosse di nuovo nella camera di Kyoya. Una volta accertatosi di essere in quella sottospecie di sgabuzzino che era la sua camera in quella gigantesca casa, si abbandonò nuovamente tra le coperte, sospirando di sollievo. Almeno stavolta l'avevano portato nella stanza giusta, ma... Perché era lì? In breve tutto fu chiaro.
- I GRUPPI! IL LADRO! - balzò in piedi, e raggiunta la porta e si precipitò al piano di sotto.
Provò ad accendere la luce, ma l'interruttore non sembrava rispondere ai suoi comandi, e il ragazzo si gettò giù per le scale sperando di non inciampare nel buio.
In cucina quel rumore di passi rapidi lungo le scale arrivò subito, e il guardiano del frigo non perse tempo ad organizzarsi: una padella, una sedia, la porta già aperta, la luce spenta; e quando i passi raggiunsero la soglia...
DENG!!!
- L'ho preso! Lambo-san ha preso il ladro! -
In quel momento passava nei dintorni Ryohei, che, sentendo Lambo urlare trionfante, corse in cucina.

Yamamoto aveva appena completato il suo giro di ispezione, senza aver trovato nulla, e stava giusto andando a cercare Sasagawa e Tsuna per fare loro un rapporto su quell'infruttuosa ricerca, quando vide venirgli incontro Ryohei e Lambo con il tappeto arrotolato.
- Yo, ragazzi! Che fate con quel tappeto? - chiese.
- Il grande Lambo ha preso il ladro! - esclamò orgoglioso il bambino. - E lo ha messo nel tappeto! -
- E ora lo portiamo nello sgabuzzino! - aggiunse Ryohei, alzando il pugno in aria in segno di vittoria.
- Bravissimi! Complimenti a tutti e due! Io andrò di sopra ad avvertire Squalo. - disse Yamamoto. - Ci si vede dopo! -

La lampadina che Gokudera aveva provato ad accendere poco prima non era affatto fulminata: al contrario, la corrente era stata staccata volutamente, facendo sprofondare la casa intera nel buio. Un chiaro tentativo da parte del ladro di non essere visto. L'intruso stava giusto per lasciare lo stanzino dov'era, quando un improvviso chiarore, simile a quello di una fiamma, lo gelò. Che lo avessero scoperto? Lentamente il chiarore si fece più intenso, e il ladro poté associarlo a quello di una candela. E ora riusciva anche a distinguere la sagoma che la reggeva.
- AIUTO! UNA STREGA!!! - urlò, tentando di cercare la porta e poi bloccandosi, quando si rese conto che l'unica porta era alle spalle di chi gli stava davanti.
- Preso! - mormorò lei, soffiando sulla candela e facendo sprofondare la stanza nel buio più assoluto.

Di lì a pochi minuti la luce tornò, e poco dopo un nuovo urlo di Squalo richiamò tutti al piano di sopra. Si presentarono gli stessi che accorsero al suono dell'allarme, con l'aggiunta di Fran e Bel, ma non di Gokudera, Ryohei e Hibari.
- Il ladro è stato trovato. - annunciò lo spadaccino. - Dai Vongola. Ora levatevi dai piedi e lasciatemi dormire. -
- Non ci sarà liquidazione. - aggiunse Mammon.
Tutti stavano per andarsene, quando una voce autoritaria li fermò.
- Fermi! - esclamò Bianchi, apparendo da chissàdove con passo sicuro. - Il ladro lo abbiamo preso noi! -
- Noi? - chiese Ken, confuso.
- Sì, noi. - esclamò I-Pin, raggiungendo Bianchi con MM.
- Ecco dove ti eri cacciata! - urlò Ken, imprecando verso Chikusa che, alle sue spalle, lo tratteneva per le braccia, impedendogli di azzannare la ragazza.
- Sono andata dove c'era più possibilità di guadagno. - rispose la clarinettista, con un sorriso malizioso. - E poi mi ha detto Mukuro di fare così. -
- Eh? - Ken si voltò attonito verso Rokudo.
- Ovviamente. - rispose l'illusionista. - Se il gruppo vincente sarebbe stato liberato, e questo gruppo fosse stato formato da Vongola e Kokuyo, sarebbero stati liberati entrambi. -
- Esattamente. - rispose MM, voltandosi. - Vieni avanti! -
Lentamente, Chrome emerse dal buio del corridoio di destra, trascinando con sé un individuo con una borsa di tela rovesciata sulla testa, che si dibatteva come un'anguilla.
- Non ci riesco... non riesco a tenerlo!... - ansimò Chrome, esausta.
- Come non ci riesci?? - esclamò MM, avvicinandosi. - Adesso ti faccio vedere io come si fa:... I-Pin, dammi uno di quei cosi là... su! quei cosi lì! -
Immediatamente la bambina prese un gyoza-ken e lo consegnò alla ragazza, che lo infilò nel "cappuccio" che copriva la testa dell'uomo. Immediatamente quello svenne.
- Ecco il ladro. - concluse Bianchi. - Ora portatelo via. Ci dovrebbe essere Kyoya qui intorno: lasciatelo a lui. -
I-Pin e Chrome se ne andarono portando con loro il ladro.
Gli altri tacquero per un breve momento. Non era chiaro se la sensazione che si era venuta a creare in ognuno di loro fosse di sorpresa  o di totale indifferenza. Forse era un po'una e un po' l'altra.
Fran era più per la seconda. Tirò la giacca del Sempai, attirando la sua attenzione.
- Sempai, - disse quando l'altro si voltò. - Torniamo a giocare con le bambole? -
Bel gli tappò la bocca, troppo tardi.
- 'Bambole'? - ripeté Squalo con aria maliziosa. - Principe scemo, non ti credevo capace di cose simili. -
- Sta'zitto! - sibilò Bel, furioso.
- Dimmi un po', ragazzino, che cosa intendi dire con 'bambole'? - chiese lo spadaccino a Fran, sottolineando con la voce quell'ultima parola.
Il bambino si frugò nella giacca alla ricerca di qualcosa.
- Queste - disse, tirando fuori il babou di Bel e quello di sé stesso. - Ne abbiamo cuciti di simili. Ci servono per i riti voodoo. -
- E il principe si è divertito? - continuò Squalo.
- Sì. - e si frugò nuovamente nella giacca. - La preferita del Sempai è questa. - e tirò fuori un babou di Squalo infilzato di aghi da capo a piedi.
Squalo lanciò un'occhiataccia a Bel, che rispose con uno dei suoi soliti sogghigni.
- Dovresti provare, capitano: è rilassante! - spiegò Belphegor, per nulla intimorito.
- VOOOOOOI!!! -
Il capitano si lanciò a rincorrere il principe, che scappava promettendo a Fran una morte lenta e dolorosa. Il bambino rimise i babou nella giacca.
- Kufufu, sei proprio maligno come il tuo maestro. - commentò Mukuro, battendo affettuosamente una mano sul capo del bambino. - Bene. -
- Peccato! - pensò subito dopo. - Quello scemo con la frangetta aveva un'ottima occasione per liberarsi di questo poppante! Non dovevo lasciarlo da solo... -
- Sai, maestro, ho fatto un babou anche per te. - disse Fran, frugando nuovamente nella giacca. - Eccolo. - e gli mostrò una bambola deforme, logora e semiscucita, con un occhio più grande ed uno più piccolo. - Sfortunatamente si è rovinato un po' e avevamo finito la stoffa. Del resto i vestiti di MM non sono tutti adatti per fare babou... -
- Hai usato i miei vestiti??? - urlò la ragazza, furiosa. - Piccolo demonio, se ti prendo ti stacco la testa dal corpo! -
Il bambino si affrettò a sparire, mentre MM iniziò a cercarlo a destra e a manca.
Yamamoto sbatté le palpebre, perplesso.
- Ma se quello è il ladro... - osservò, confuso. - Allora chi era quello che Sasagawa e Lambo hanno portato di sotto? -

- Fammi uscire di qui, deficiente! - urlava Gokudera, sbattendo i pugni contro il legno della porta dello sgabuzzino. Cercò disperatamente i suoi candelotti di dinamite, ma non c'erano più. - Se solo avessi i miei candelotti!... - borbottò.
- Per fortuna te li ho levati prima di metterti dentro. - rispose Ryohei, orgoglioso, le spalle contro la porta, a guardia del prigioniero. - Sei armato quasi quanto Testa a Polipo! -
- Forse perché lo sono, idiota? -
- E no, ladruncolo! Lo conosco Testa a Polipo, io! E tu non gli somigli affatto. Lui non parla nemmeno così. -
- Stupido, apri questa porta! -
- Per nulla al mondo! Resterai qui dentro fino alla consumazione degli estremi! -
- Si dice 'secoli', ignorante! -
- Secoli estremi, allora, contento? -

Gokudera dovette aspettare l'arrivo di Dino e Romario per essere liberato (cioè poco dopo l'alba). Quando il Cavallone arrivò portando con sé  l'autorizzazione del Nono per liberare i servi, li trovò già con le valige in mano, pronti per andarsene, e li ricondusse subito a casa.
Mentre se ne andavano, tutti i Varia si erano schierati davanti al cancello di casa in segno di tacito saluto. Xanxus non li degnava di uno sguardo, e punzecchiava Squalo per essere riportato in casa. Lo spadaccino, ovviamente, gli rispondeva urlando. Mammon sospirava e baciava i suoi risparmi finalmente al sicuro da ladri e Vongola. Luss, il più emotivo di tutti, piangeva e soffiava il naso in un fazzoletto, continuando a ripetere:
- Bambini, tornate a trovarci! Mamma Luss vi aspetta a braccia aperte! -
Levi, accanto a lui, fece un passo di lato.
- Certo che torneremo! - esclamò Yamamoto, convinto, agitando animatamente la mano in segno di saluto.
Gokudera cercò di fargli abbassare la mano, imprecando e rimprovelandolo.
- Capo, continui ad allenarsi ALL'ESTREMO! Quando tornerò dovrà aver smesso di bere alcolici! - esclamò Ryohei, entusiasta.
Xanxus annuì, volutamente ironico.
Lambo e I-Pin giocavano e si punzecchiavano, ridendo e strillando. Fran, invece, per decisione di Mukuro, era rimasto con i Varia, e ora era chissàdove a sfuggire alle grinfie del Sempai. Hibari non era con loro. Sicuramente si era sbarazzato del ladro e poi se ne era andato per conto suo. Ma gli altri erano tutti lì, che si incamminavano a piedi, valige in mano, verso il furgoncino che Dino aveva affittato, parcheggiato in fondo al viale che conduceva a casa Varia.
Tsuna notò con piacere la leggerezza con cui percorreva ora quella strada. Percorrerla dalla parte opposta era come percorrerla verso un carcere.
- Per fortuna che sei arrivato, Dino, non ce la facevamo più! - esclamò Tsuna, rivolto al Cavallone.
- Sono contento, fratellino. - sorrise Dino.
- Non ci tornerei per tutto l'oro del mondo! -  

La scusa del camposcuola fu sufficiente per rispondere alle domande di Nana, e Tsuna passò i due giorni successivi alla partenza da casa Varia nell'ozio assoluto e nella completa contemplazione della libertà. Reborn non parlò affatto dell'esperienza appena trascorsa, e questo non contribuì affatto a tranquillizzare Tsuna. Passate due settimane, il ragazzo si rese conto che i suoi timori erano infondati; almeno fino a quando...
- Tsuna, - disse il bambino, mentre tornavano a casa dopo la scuola. - Non mi hai ancora detto come ti è sembrata la vita in casa Varia. -
- Se devo dire le verità, Reborn, la considero come l'esperienza peggiore che io abbia mai fatto in tutta la mia vita di futuro boss dei Vongola. - rispose il ragazzo, un po'esitante.
Reborn non rispose. E Tsuna si insospettì e gelò.
- Perché mi chiedi questo? - chiese, temendo quella risposta che sentiva potesse essere l'unica.
- Beh, ieri ha chiamato il Nono chiedendomi di te, e io ho detto quello che pensavo fosse vero. - disse il bambino, volutamente vago.
- Cioè? - incalzò il Vongola, vedendo la speranza andarsene via di corsa.
- Gli ho detto che vi siete trovati tutti bene, e lui ha stabilito che lavorerete là per tutta l'estate, - rispose il katekyo. - E senza paga. -
- NON E' POSSIBILE!!! - piagnucolò Tsuna, strappandosi i capelli.
Reborn abbozzò un sorriso.



Variante (con omake)

[...]
- Feccia, - iniziò il boss, indispettito. - Ho detto che ho sete! -
- VOOOOI!!! NON STO QUI AD ASPETTARE I TUOI ORDINI! Se vuoi uno così, chiedi a quel deficente che sta dormendo sullo zerbino! - e indicò Levi. -Non fa niente dalla mattina alla sera, proprio come te! -
- Non mi importa cosa faccia questo qui: ho detto a te che volevo da bere, e tu andrai a prendermi una bottiglia! -
- Sono stufo di entrare e uscire dalla mia camera a distanza di pochi minuti: VOGLIO DORMIRE, CAPITO??? -
- FA', QUELLO CHE TI PARE: MA PRIMA VOGLIO UNA BOTTIGLIA! -
- Boss, vado io! - intervenne Levi, scattando in piedi.
- HO DETTO A LUI, FECCIA!!! NON A TE! - gli rispose Xanxus, rivolgendosi poi allo spadaccino. - Spicciati, o potrei perdere la pazienza. -
- NON ME NE PUO' IMPORTARE DI MENO!!! - urlò Squalo, uscendo dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Superbi rientrò nella sua stanza borbottando, e sbatté nuovamente la porta, poi si buttò nuovamente sotto le coperte, si ficcò un paio di auricolari nelle orecchie, scelse una musica tranquilla e rilassante e alzò il volume del lettore MP3 tanto da coprire il suono della voce di Xanxus che veniva dalla stanza accanto.
E quasi a rafforzare il volume della musica, si mise a cantare:

                                                                                                      - Urlare... "VOOOI!",
                                                                                                      Sbraitare "VOOOOI!",
                                                                                                      al boss che odio di più
                                                                                                      finché non divento blu.
                                                                        Mi sgolavo, scleravo, strillavo e la voce mandavo ancora più su
                                                                              fino a quando anche i vetri tremando non cadevan giù;
                                                                               quindi il boss mi rispose lanciando un bicchier: ... -

E il bicchiere arrivò sul serio, stavolta. Squalo alzò lo sguardo indispettito, e chi vide davanti a sé, se non Xanxus in persona, con un altro bicchiere pieno in mano?
Il boss fece un passo in avanti:

                                                                                                     - Puoi andare, se vuoi,
                                                                                                     questi sono affari tuoi,
                                                                                                   ma prima hai un po'da far:
                                                                                                    il whisky mi devi stappar,
                                                                                                        Levi, no non ce la fa.
                                                                                                    E poi, voglio un po'strillar
                                                                                                                  con te! -*

* (Parodia di "Nel blu dipinto di blu", alias "Volare" di Domenico Modugno)


Adesso è finita sul serio, purtroppo! ^^
A questo punto devo ringraziarvi, a voi che avete letto e commentato: ogni recensione e qualsiasi altro segno di apprezzamento e/o interesse da parte vostra, oltre ad essere stati cause di eccessive e pazze manifestazioni di gioia da parte dell'autrice, sono stati sostegno della mia ispirazione, e mi hanno aiutato a capire cosa e come migliorare per farvi divertire divertendomi.
Grazie e a presto!,

Bei_An 7

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