Il Sentiero degli Amanti

di SignorinaEffe87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se non uccide, fortifica ***
Capitolo 2: *** Per me si va... ***
Capitolo 3: *** Quella stella, lontana laggiù ***



Capitolo 1
*** Se non uccide, fortifica ***


In attesa che qualcuno si accorga che ho aggiornato "Cinque Lune", ho sentito il bisogno di rimediare ad una grave mancanza della sezione "CSI NY" di questo sito, ovvero la totale mancanza di fic dedicate al pairing Danny/Lindsay. Non avendone trovata nessuna degna di essere tradotta dall'inglese, ho deciso di cimentarmi io stessa, nella speranza di riuscire a rendere come si deve questi due stupendi personaggi.
La storia si colloca qualche mese dopo gli eventi narrati nell'episodio finale della terza stagione, "Snow Day", con riferimenti ad episodi precedenti che non oserei definire spoiler; la coppia stessa, in Italia, è uno spoiler!^^*



Atto primo
Se non uccide, fortifica


"La volpe biasima la trappola, non se stessa."
W. Blake, "Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno"




"Gentili signore e signori, quanti fra voi saprebbero dirmi cos'è il SaiPH?".
Lindsay diede un rapido e discreto sguardo al resto della sala, gremita di persone in abito da sera, per controllare se qualche animo impavido, o improvvido, avrebbe osato alzare la mano dinanzi a quella domanda, posta dal conferenziere impomatato per puro amore della retorica. Come prevedibile, nessuno si dimostrò tanto ingenuo da reputare vero quell'interrogativo, anzi, la maggior parte degli astanti assunse un'espressione inebetita che lasciava fin troppo eloquentemente intendere la loro pressochè totale ignoranza in materia; alcuni, addirittura, cercarono rifugio dietro le tende o i propri compagni di tavolo, quasi fossero appena stati catapultati al liceo, durante la lezione di un insegnante particolarmente propenso a sadiche domande-trabocchetto.
Inutile dire che lei conosceva la risposta e, forse, sarebbe riuscita ad illustrare la questione nel dettaglio meglio di quanto non potesse fare quel logorroico ometto con il microfono, ma preferì evitare di porsi al centro dell'attenzione ed atteggiarsi a prima della classe. Anche perchè ciò avrebbe significato, sciaguratamente, calamitare gli sguardi dei presenti su Danny, il quale, incurante della conferenza, delle affettazioni stilistiche del relatore e delle opinioni dell'uditorio, stava sonnecchiando senza il benchè minimo ritegno sulla sedia accanto alla sua.
D'accordo, un anonimo omicida avrebbe potuto evitare di uccidere in maniera efferata la futura moglie del candidato favorito alla carica di governatore, in un sordido motel di Harlem, proprio la sera del Congresso Annuale di Criminologia della Columbia University.
D'accordo, Mac avrebbe potuto essere un po' meno brusco nell'ordinare a lei e Danny di sostituire lui e Stella alla conferenza, per scongiurare qualsiasi diatriba con il supervisore dei piani alti di turno, in fremente attesa di un passo falso della squadra.
D'accordo, il negozio di abiti in affitto avrebbe potuto scegliere dei capi un po' meno vintage, cosicchè gli ospiti non avrebbero impegnato i tre quarti d'ora del buffet a segnarli a dito come "quelli saltati fuori da un film degli anni Trenta".
Nessuno di questi eventi, tuttavia, le sembrava fornire un valido pretesto al comportamento inqualificabile del suo collega e compagno: se proprio non voleva mantenere un atteggiamento composto per il bene della squadra, avrebbe potuto sforzarsi a farlo per lei.
"Si da' il caso che il SaiPH sia un polimero di recentissima invenzione, il quale è in grado di rilevare, se miscelato con un comune reagente e spruzzato su un qualsiasi tipo di superficie, tracce organiche anche a distanza di lunghi periodi di tempo...".
Wow, il prossimo peggiore incubo dei criminali e delle aziende di detergenti.
Danny avrebbe commentato le parole dell'oratore più o meno con una frase del genere, sussurrata in tono complice con le labbra che sfioravano il suo orecchio, se soltanto non si fosse trovato immerso in uno dei più bei sogni della propria vita, a giudicare dal sorrisetto compiaciuto che gli aleggiava sul volto.
Lindsay amava il suo peculiare senso dell'umorismo, insieme ad almeno un altro miliardo di insignificanti, imprescindibili dettagli della sua persona, ma, ultimamente, non aveva avuto molte occasioni per ridere delle sue battute.
Anzi, a dirla tutta, non aveva avuto molte occasioni per ridere. Punto.
Benchè agli occhi di tutti fossero ormai una coppia consolidata, benchè avesse scorto anche il meno smaliziato degli analisti di laboratorio lanciare loro occhiatine eloquenti ogniqualvolta entravano insieme in caffetteria, le cose fra lei e Danny non andavano così bene come entrambi si affannavano a far credere.
Certo, era perfettamente conscia del fatto che due persone mature e responsabili non possono e non devono crogiolarsi a lungo nell'ebbrezza sentimentale dei primi giorni, quando la testa vaga con allegra incoscienza sopra le nuvole, quando si vive d'aria e d'amore, quando si approfitta di ogni momento propizio per scambiarsi effusioni e sbaciucchiamenti, alla stregua di liceali infatuati. Però, non avrebbe mai immaginato che, al termine di quella parentesi di estatica, fantastica insania, il loro rapporto si sarebbe appiattito in maniera a dir poco avvilente, e che l'atmosfera di caloroso idillio sarebbe divenuta algida come una pianura alaskana battuta dai gelidi venti invernali.
Infatti, da quando era uscito, pesto e claudicante, da quello stramaledetto magazzino, nel quale, peraltro, avrebbe dovuto trovarsi lei, in Danny pareva essersi risvegliata la vecchia avversione per i legami sentimentali, la pervicace convinzione che avrebbe fatto meglio a tenere lontano da sè chiunque gli fosse stato a cuore, un odioso retaggio del suo passato che lei si era illusa di aver debellato.
Tutti portano una storia, più o meno dolorosa, sulle spalle e Danny, dopo averla aiutata a fare i conti con la sua, stava finendo per farsi marchiare dalla propria.
Il lato frustrante della vicenda stava nel fatto che lei, purtroppo, riusciva soltanto a stare a guardare l'uomo che amava ripiombare di nuovo negli abissi di se stesso, senza poter fare nulla per scongiurare questa odiosa, insostenibile eventualità.
Per quanto ancora poteva attendere, in silenzio ed in disparte, prima di espoldere e, inevitabilmente, pregiudicare in maniera irrecuperabile la situazione?
"E' fuor di dubbio che la rivoluzione della criminologia sia ormai imminente e che il SaiPH sia il primo piccolo, grande passo sul glorioso sentiero del progresso scientifico...".
Davvero toccante, pensò Lindsay con una smorfia ironica stampata su ogni singolo lineamento del volto, infischiandosene di ciò che avrebbero pensato di lei i vicini di tavolo, quando un russare soffuso, simile alle fusa di un gatto, le riportò alla mente l'indegna condizione del compagno. Per un breve, folle istante, meditò una serie di perfide e giocose angherie che avrebbe potuto infliggergli per svegliarlo nel modo più brusco possibile, mentre occhieggiava al profilo tentatore del vaso di fiori recisi poggiato fra il portatovaglioli ed il posacenere, quando il trillo inatteso del cellulare catturò la sua attenzione.
Subodorando qualcosa di ben più sgradevole ed urgente di quella noiosissima conferenza, rovesciò con malagrazia il contenuto della borsetta sul tavolino e scorse il numero del detective Flack pulsare sul display del telefono.
Sgradevole, urgente e criminoso: un ottimo modo per concludere quella serata degna dell'oblio perpetuo.
Prima ancora di avere il tempo di rispondere a parole, la voce dell'interlocutore le snocciolò in tono serio: "Abbiamo una bambina scomparsa al numero 142 di San Remo, in corrispondenza dell'incrocio fra la Settantaquattresima e Central Park West, e tu e Messer siete gli unici disponibili, Linds...".
Precisazione superflua: Flack sapeva benissimo che lei non avrebbe protestato dinanzi ad un caso del genere neppure se l'avesse scomodata durante un bagno di sole su un atollo corallino al centro esatto del Pacifico; non sarebbe riuscita a reprimere il brivido di disagio che l'aveva trapassata al solo udire "bambina" e "scomparsa" nella medesima frase fino a quando non avrebbe visto con i propri occhi la piccola, incolume, fra le braccia dei suoi genitori.
"Siamo già lì." replicò recisamente lei, riagganciando il telefono, quindi prese a raccogliere in fretta e furia tutto ciò che era stato rigurgitato dagli oscuri recessi della sua borsetta poco prima.
"Montana, cosa è successo? Chi era?" s'informò Danny con voce impastata dal sonno, svegliato di colpo dalla collisione fra uno specchietto tascabile e la sua fronte.
"Buongiorno, pulcino." fu sul punto di commentare sarcasticamente Lindsay, prima di stabilire che la gravità della situazione rendeva del tutto fuori luogo osservazioni pungenti e liti fra fidanzati, o presunti tali, e comunicargli, laconica: "Ce ne andiamo: Flack ha bisogno di noi per rintracciare una bambina al San Remo.".
"Brutto affare.".
"No, tesoro, decisamente orrendo.".



"La mia piccola Kitty...".
La signora Heywood si tamponò il volto, nel vano tentativo di asciugare le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi occhi gonfi e colmi di apprensione, quindi tacque e pregò il detective con un'occhiata silenziosa, affinchè proseguisse l'interrogatorio, senza tuttavia riuscire ad incrociare il suo sguardo. Appoggiata contro lo stipite della porta che collegava il salotto al disimpegno, Lindsay tentava di reprimere un palpabile fremito d'impazienza e l'irritante sensazione di essere del tutto inutile, risvegliati in lei dall'impossibilità di accompagnare Danny sulla scena del crimine: Flack le aveva cortesemente chiesto di assistere alla conversazione fra lui e la madre della bambina, in qualità di silenziosa e rassicurante presenza femminile, e lei teneva in sufficiente considerazione i buoni rapporti con il poliziotto e le capacità investigative del collega per non declinare la proposta. Tuttavia, entrambi sapevano che i singhiozzi di quella donna non si sarebbero placati soltanto perchè poteva aggrapparsi allo sguardo di empatica partecipazione emotiva di un'agente della Scientifica.
"Signora Heywood, quando si è accorta che sua figlia non era più nella sua stanza?".
Torturando il fazzolettino di carta che aveva fra le mani, la madre spiegò: "Ho accompagnato a letto Kitty alle nove e mezza, al termine della videochiamata giornaliera di suo padre. Vede, detective, mio marito Joseph lavora come ingegnere su una piattaforma petrolifera, al largo delle coste della Nigeria, da diversi mesi, ma ogni sera si mette in contatto con noi via web-cam per leggere a Kitty un capitolo di "Zanna Bianca"... E' il suo libro preferito.".
Esitò, mentre il pallido riflesso di un sorriso increspava le sue labbra, al pensiero di quel quadretto di perfetta armonia familiare; Flack, a disagio come Lindsay credeva di non averlo mai visto prima durante un'indagine, proseguì, seppur larvatamente titubante, con le domande di rito: "Signora Heywood, lei e suo marito avete dei nemici? Qualcuno che potrebbe aver rapito vostra figlia per rancore nei vostri confronti o per chiedere un riscatto?".
La donna sospirò, in tono mesto, prima di stringersi nelle spalle: "Ci siamo trasferiti a New York da poco, perchè i miei suoceri potessero darmi una mano ad occuparmi della bambina durante l'assenza di Joseph: abitano nell'appartamento di fronte, ma questa sera avevano la prima di un concerto di musica classica al Carnagie Hall... Beh, effettivamente, il padre di mio marito è un uomo facoltoso, ma non riesco ad immaginare chi potrebbe odiarci a tal punto da...".
"Montana, puoi venire un momento?".
Lindsay ebbe un sussulto di sorpresa, preferendo ignorare se questa reazione fosse stata causata in lei dall'inaspettato mormorio di Danny o dal tocco delle sue dita, ancora meno prevedibile, sulla pelle della propria spalla, lasciata scoperta dalla stola dell'abito da sera, quindi, dopo aver tacitamente comunicato a Flack che si sarebbe allontanata dal salotto, si lasciò scortare dal collega nella stanza di Kitty.
Non appena ebbe varcato la soglia della cameretta, il suo naso venne aggredito da un intenso, rivoltante aroma di chewing-gum alla fragola, di quello gommoso, filaccioso e tenace alla stregua di colla per carta da parati: quella bambina doveva essere una consumatrice industriale del prodotto in questione, se il profumo delle gomme impregnava l'ambiente anche in sua assenza. Poi, una prima, sommaria occhiata esaminatrice al resto della camera le tratteggiò un chiaro ritratto mentale della piccola, ancora prima che una bambina di circa sei anni, dai grandi occhi scuri ed una zazzera ribelle di corti capelli biondo cenere, le rivolgesse un sorriso un po' sdentato da una foto appesa sopra la testiera del lettino: una cesta per i giocattoli gremita di modellini di qualsiasi automezzo esistente sulla faccia della Terra, una palla da baseball autografata da un giocatore degli Yankees e un armadio di sole magliette e pantaloni, ad eccezione di un abitino da cerimonia di seta azzurro cielo, erano spie lampanti del fatto che Kitty fosse un maschiaccio con i fiocchi, e con un amore viscerale per i lupi. Quest'ultimo particolare Lindsay lo dedusse dalla miriade di foto, disegni e poster, di tutte le dimensioni, che occupavano ogni centimetro delle pareti lasciato libero dalla mobilia, raffiguranti quel nobile animale in una vasta gamma di livree ed espressioni facciali che non avevano nulla da invidiare a quelle umane.
"Ci si sente osservati, eh?" commentò Danny, occhieggiando ai musi dei lupi tutt'attorno a loro, prima che la freddezza distaccata con cui lei fece cadere quell'inopportuna uscita lo rimpiombasse in modo alquanto rude nei propri panni di investigatore.
A prescindere dal non trascurabile particolare che la situazione non era delle più adatte alle battute estemporanee del signor Messer, Lindsay detestava che lui buttasse lì un'asserzione divertente solo perchè era quello che lei si aspettava da lui, con una mancanza di convinzione tale da urtare i nervi, quasi che si trattasse di uno scomodo, ma dovuto, favore personale.
Tanto per mettere le cose in chiaro, lei adorava la sua vena comica, ma voleva che fosse qualcosa di spontaneo, di sincero, come quando erano solo colleghi e amici; se doveva essere un atteggiamento compassato ed insofferente, allora poteva esimersi dall'essere faceto in sua presenza.
"La stanza non presenta segni di colluttazioni, il letto è sfatto perchè la madre ha messo a letto la bambina, prima di spegnere la luce, chiudere la porta e tornare al pianterreno: ci sono diverse impronte, ma non mi stupirei più di tanto se fossero soltanto delle due; lo stesso dicasi per i capelli e le altre tracce organiche..." elencò diligentemente Danny, quindi, aggiunse in tono sibillino: "Ora, passiamo ai dettagli che non mi convincono.".
Indicò una delle due ante dell'armadio: "L'ho trovata aperta, esattamente come la vedi, e non ho idea di cosa reggesse l'unico appendiabiti vuoto, ma sono pronto a scommettere il mio prossimo, misero stipendio che si tratta di una felpa o di una giacca a vento. Questo perchè..." e, girando elegantemente sui tacchi, si volse in direzione della finestra: "... anche quella era già spalancata e, indovina un po'? Le tracce indicano che non è stata forzata e, soprattutto, che è stata aperta dall'interno.".
Tutti quegli elementi portavano ad una conclusione troppo assurda per corrispondere alla verità; tuttavia, dopo aver notato il corrimano della scala antincendio a neppure una spanna di distanza dal davanzale della finestrella, Lindsay azzardò, non più così incredula: "Credi che Kitty sia sgattaiolata fuori dalla stanza di propria volontà?".
"Da una marmocchia dei quartieri alti che riesce ad acchiappare un fuoricampo di Nat Frobisher mi aspetto anche di peggio..." sentenziò Danny in tono compunto, giocherellando con la palla da baseball, quando un sussiegoso colpo di tosse spostò le attenzioni di entrambi su Don Flack, materializzatosi sul vano della porta con un'espressione poco promettente.
"Questo non migliora di certo la situazione: ora abbiamo una bambina di sei anni, sola ed indifesa, a spasso di notte per le strade di una delle metropoli più estese e pericolose del globo, perdipiù del tutto ignorante della lingua...".
"In che senso?".
"Gli Heywood hanno vissuto in Romania, per motivi di lavoro, dalla nascita della bambina fino a sei mesi fa, quando il padre di Kitty è stato mandato a supervisionare la realizzazione di una nuova piattaforma petrolifera nel delta del Niger; è stato lui ad insistere perchè la moglie e la figlia, in sua assenza, risiedessero accanto alla sua famiglia. Per quanto si siano sforzati di renderla bilingue, però, la bambina ha sempre rifiutato di imparare l'inglese, o almeno, di parlarlo: sua madre sostiene che è in grado di capire quello che le viene detto, ma non sa formulare neppure frasi elementari... E' per questo che Kitty esce raramente di casa.".
Scese un silenzio greve sui tre, prima che lo stesso detective riprendesse: "Io mi occuperò di rintracciare tutte le persone che hanno avuto a che fare con la piccola nelle ultime ventiquattro ore, e di diramare una sua foto fra le pattuglie in circolazione. Voi due, invece, fareste meglio a tornare in laboratorio ad esaminare le prove che avete raccolto: magari, ne uscirà qualcosa di utile...".
Mentre marciavano fuori dall'appartamento, Lindsay evitò di incontrare lo sguardo della signora Heywood, perchè la donna non leggesse nei suoi occhi una tacita, rassegnata impotenza.



"Come siamo taciturni stasera, Montana!".
Diamine, l'ultima voce della lista interiore dei suoi desideri per quella serata disgustosamente indimenticabile contemplava la possibilità che Danny si mettesse a fare il pagliaccio nel bel mezzo di uno dei peggiori ingorghi stradali che avesse mai afflitto la città di New York. Bastavano le amare considerazioni sul fosco destino della loro relazione, l'angosciante prospettiva di una bambina introvabile quanto il proverbiale ago nel pagliaio e la snervante certezza che, attraversando Manhattan a causa dell'ennesima deviazione per lavori in corso, sarebbero giunti in laboratorio alla vigilia del pensionamento obbligatorio per precipitarla in un mutismo burbero e corrucciato. Pertanto, cercò di lasciar cadere la provocazione, rannicchiandosi nella stola e fingendo di provare uno sconfinato interesse per un punto imprecisato fra i grattacieli a lato della strada, oltre il vetro del finestrino, ma il collega non parve capire l'antifona ed insistette, ilare: "Taciturno è un aggettivo ricercato che si utilizza per indicare una persona silenziosa, poco propensa alla facondia; facondia è un nome comune che definisce...".
"Danny, io odio Lemony Snicket!" ringhiò soffusamente, mostrandosi più stizzita del necessario perchè la conversazione iniziasse e finisse sedutastante.
Di nuovo, il compagno affermò, imperterrito: "Oh, non sapevo che questo fosse il suo stile di scrittura: avevo sentito questa battuta in un film ed ho pensato di...".
"Riciclarla." concluse lei di rimando, in atteggiamento impietoso, quindi, intuendo che non lo avrebbe zittito con l'ostilità passiva, si sporse in avanti con l'intenzione di procurarsi un valido alleato nell'autoradio. Tuttavia, prima che le sue dita potessero sfiorare il tasto di accensione, lui esordì, ad un tratto serio e titubante: "Ahem, Montana...".
Il cuore di Lindsay compì una lugubre piroetta e precipitò inesorabilmente sotto la suola delle sue scarpe, mentre un'allerta simultanea di tutti i sensi tentava di prepararla alle più odiose ed impensate evenienze.
Perchè Danny aveva iniziato una frase con quell'interiezione, "Ahem", e lei aveva appreso, per esperienza, che un simile attacco non era mai foriero di buone nuove da parte del collega; nel frangente di stasi sentimentale in cui si erano arenati, non era necessaria una smisurata arguzia per indovinare dove sarebbe andato a parare il discorso.
Infatti, costui trasse un profondo respiro, come se fosse sul punto di gettarsi in nelle acque gelide e tumultuanti dell'Hudson, quindi decretò, malinconico: "Viste e considerate le circostanze, io direi che... forse... sarebbe meglio... prendersi una piccola... pausa di riflessione.".
Tre semplici, odiose, aberranti parole.
Se si fosse trovata accoccolata sul divano, dinanzi allo schermo della televisione a guardare il suo telefilm preferito, e il protagonista maschile avesse proferito quella frase rivolto al personaggio femminile che era palesemente stato creato per trascorrere tutta la vita al suo fianco insieme ad una frotta di graziosi pargoletti, avrebbe impiegato qualche secondo per bofonchiare un'imprecazione contrariata, impugnare il telecomando e cambiare canale.
Se.
Ma nella vita vera non esiste l'ipotesi, bensì unicamente la realtà, e quella, per quanto detestabile ed ingiusta, era vita vera, in cui non si poteva optare per stazioni da mutare o televisori da spegnere, solo adeguarsi al corso degli eventi e recitare la propria parte, per quanto insopportabile fosse.
Affranta, avvertì, senza avere la forza di appigliarvisi, ancora una volta, forse l'ultima, gli occhi blu di Danny posarsi su di lei, in attesa della risposta che avrebbe scritto l'epilogo di quella struggente, meravigliosa avventura.
Per inerzia la sua voce avrebbe formulato la replica attesa, per amore la sua mente gli avrebbe detto addio...
... prima che nell'abitacolo risuonasse un sonoro ed inatteso: "ETCI'!".





Argh, spero di non aver messo troppa me stessa in questa Montana!
Non avendo potuto seguire la seconda stagione perchè trasmessa la sera in cui ero in palestra per il tiro con l'arco, mi sono dovuta basare sull'impressione che del personaggio mi hanno dato le fanfiction americane e qualche AMV su YouTube. Ditemi che sono riuscita a renderla IC, vi scongiuro!
Ora, qualche noticina esplicativa di quanto scritto:
1) Saiph è il nome di una delle sette stelle che compongono la celeberrima costellazione di Orione e l'unico nome vagamente adatto per una molecola che la mia testolina bacata sia riuscita a trovare (questo la dice lunga sulla mia ignoranza totale di chimica organica e non...).
2) San Remo dovrebbe essere un quartiere di appartamenti eleganti, nei pressi di Central Park, preso dal libro di Judith Krantz "La Figlia di Mistral" (grazie, mamma!). Non essendo io mai stata a New York, mi trovo in grande imbarazzo a delinearne la geografia, quindi non aspettatevi alte vette d'ingegno.
3) In Romania dovrebbe esserci una nascente industria di estrazione petrolifera, dato che un ingegnere civile amico dei miei vi ha risieduto per diversi anni per occuparsi, appunto, di raffinerie e simili.
4) Nat Frobisher non ha mai giocato negli Yankee, dubito persino che esista una persona con quel nome in questo universo mondo.
5) La battuta su Lemony Snicket è presa da una puntata del telefilm "Giudice Amy".
6) Il magazzino da cui Danny sarebbe uscito pesto e dolorante, sorretto da Lindsay, sarebbe la scena del crimine dell'episodio "Snow Day", in cui succede un gran macello che non vi racconto per non spoilerare: vi basti sapere che Montana avrebbe dovuto essere al suo posto, se non avessero scambiato i turni di lavoro, dopo aver trascorso la notte insieme (la scena del risveglio è da puccioso-overdose!).
Ok, spero di non aver dimenticato nulla; in caso contrario, provvedete a farmelo notare e vi chiarirò ogni dubbio!
Grazie per aver letto (e, soprattutto, recensito), ci risentiamo al secondo atto!^^*

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Capitolo 2
*** Per me si va... ***


Eccomi qui con il secondo atto di questa fic: all'inizio doveva essere l'ultimo, ma poi ho preferito spezzare la storia in tre parti ed isolare l'epilogo. Spero che il mio humor britannico alla Jane Austen non combini troppi casini da qui in poi.
Grazie mille a ISI e Monella, che hanno recensito, e anche a quelli che hanno letto soltanto, ci risentiamo a fondo pagina!^^*

Atto secondo
Per me si va...



"Il lupo che insegue, il cerbiatto che fugge."
A. C. Swinburne, "Atalanta a Calidone"



"Salute, Montana.".
"Non sono stata io a starnutire.".
Le teste di Danny e Lindsay scongiurarono la collisione per un soffio, mentre i due si voltavano simultaneamente verso i sedili posteriori e reprimevano a stento un'esclamazione di attonito stupore.
Kitty Heywood, la bambina più ricercata di New York, sedeva con espressione serafica nel retro dell'auto, masticando uno dei suoi adorati chewing-gum alla fragola con i pochi denti da latte superstiti e tamponandosi in maniera molto poco aristocratica il nasino colante sulla manica della maglietta. Ad un tratto, accortasi di essere osservata dagli altri occupanti della macchina, troppo sorpresi persino per riuscire a formulare una frase dotata di senso compiuto, battè le mani con inspiegabile soddisfazione e proruppe in una festante esclamazione del tutto inintellegibile.
"Credo di essermi smarrito più o meno all'altezza della terza sillaba... Montana, secondo te il rumeno ha le sillabe?" commentò perplesso Danny, dopo aver temporaneamente distolto l'attenzione dalla guida per porgere alla piccola un pacchetto di fazzolettini di carta, che quest'ultima accettò contraccambiando con un sorriso radioso e mancante degli incisivi superiori.
Lindsay aggrottò le sopracciglia in un'espressione accigliata piuttosto eloquente: come se lei sapesse parlare il rumeno! Se volevano porsi una domanda intelligente e dotata di fondamento logico, dovevano chiedersi in che modo quella bambina era riuscita non solo a sgusciare fuori di casa, ma anche, e soprattutto, ad intrufolarsi su un'auto della polizia, senza che neppure uno dei numerosi agenti, trascinati da Flack sul luogo della scomparsa, la notasse.
Quasi che fosse stato capace di leggerle nel pensiero, e in passato lei era stata più volte convinta che lui possedesse davvero quella capacità, che non si trattasse di pura e semplice fortuna, ma di affiatamento, il compagno ipotizzò: "Quel nuovo arrivato, Chadwick, quello che ripete fino allo sfinimento "agli ordini, signore", come se non avesse imparato altro che quelle tre parole all'Accademia, deve aver lasciato la portiera aperta, quando l'ho mandato a recuperarmi altri guanti di lattice... Una tentazione molto forte per la nostra principessina degli zingari, probabilmente acquattata nei pressi della casa, in attesa di un buon espediente per movimentare la serata della sua famiglia e del dipartimento di polizia...".
La mente della donna riandò, per un istante, ad altre tre fatidiche parole, quelle che avrebbero dovuto darle la caccia soltanto nei peggiori incubi sull'avvenire della loro storia, e che invece aveva udito proprio quella stessa notte, proferite dalla voce dell'uomo che amava, improvvise e sconvolgenti alla stregua di un getto di acqua gelida in pieno viso, ma, anche se non si sarebbe mai risolta ad ammetterlo, in qualche modo prevedibili. Tuttavia, poichè, almeno per il momento, quella drammatica conversazione era stata archiviata, preferì lasciare il posto al sollievo per aver scoperto che, seppur in circostanze a dir poco bizzarre, Kitty Heywood era al sicuro, quindi decretò, ad alta voce: "Chiamo Flack e lo avviso di sospendere le ricerche della piccola.".
Quell'affermazione restò soltanto un proposito.
Infatti, con un gesto fulmineo ed assolutamente imprevedibile, la bambina s'insinuò fra i due investigatori, staccò le chiavi dal cruscotto dell'auto e, gettatasi fuori dall'abitacolo in atteggiamento abbastanza temerario, iniziò a percorrere il marciapiede semideserto a balzi leggiadri e svagati. Dopo un comprensibile attimo di confusa irresolutezza, necessario per realizzare appieno la vergognosa gravità dell'essere stati giocati da una mocciosetta con poco più di un sesto dei loro anni, Danny e Lindsay agirono di nuovo come una sola persona: abbandonato il mezzo nell'ingorgo, incuranti delle strombazzanti e poco signorili proteste degli altri automobilisti, si lanciarono all'inseguimento di Kitty. Percorsero un lungo tratto alle sue calcagna, prima di fermarsi a riprendere fiato e riordinare le idee, non appena la persero di vista a metà della Sesta Strada.
"Si sarà nascosta da qualche parte qui attorno, non può essere andata molto lontana..." suppose l'investigatrice, augurandoselo vivamente per la sicurezza della fuggiasca e la salute delle proprie caviglie, che iniziavano a manifestare in maniera dolorosa e vivace il loro disappunto per essere costrette in scomode scarpe dai tacchi a spillo, cui non erano affatto abituate. Il collega non rispose, impegnato com'era a tossire ed ansimare, appoggiato ad un parchimetro, ma, a giudicare dalla scettica occhiata obliqua che le scoccò, non sembrava condividere il suo ottimismo al riguardo, anche prima di osservare, una volta recuperato un po' di fiato ed una certa regolarità delle pulsazioni cardiache: "Per quanto ne so, quel demonietto dei Carpazi potrebbe anche trovarsi a tre isolati da qui... Mac ci degraderà a lucidare i vetrini per i microscopi, quando scoprirà che ci siamo fatti mettere nel sacco da una marmocchia!".
Per quanto fosse uno dei più dotati ed arguti criminologi del reparto scientifico cittadino, il signor Messer aveva, di tanto in tanto, la deprecabile capacità di annaspare in un bicchiere d'acqua mezzo vuoto, metaforicamente parlando: tipico di qualsiasi uomo, perdersi senza rimedio nelle piccolezze infinitesimali.
Per questo, e per molti altri motivi più o meno trascurabili, Dio aveva inventato la donna.
Sfoderando un sorrisetto saputo, la compagna lo rassicurò con una pacchetta amichevole sulla spalla, il massimo di contatto fisico benevolente che poteva concedergli in una situazione di sottesa belligeranza, quindi, accompagnata dall'espressione interrogativa dell'uomo, marciò a passo spedito all'interno di una pasticceria discretamente affollata, poco lontano dal punto in cui avevano smarrito le tracce di Kitty.
"Una coppetta di gelato alla fragola, grazie." ordinò in tono cordiale al primo cameriere che le si parò dinanzi; costui si affrettò ad eseguire il cortese comando, non prima di aver scrutato per qualche momento, comprensibilmente imbambolato, il curioso abbigliamento alla Marlene Dietrich della nuova cliente, soprattutto nel tentativo di intuire, dando una fugace occhiata alle sue spalle, se si trattasse di una candid-camera o dell'ennesimo, fantasioso espediente per dare inizio ad una rapina.
Quando lei ritornò in strada con il dolce, Danny assunse un'aria mesta da cucciolo annoiato e malinconico, protestando: "Avresti potuto optare per qualcosa di più appetitoso, tipo cocco e cioccolato! Io detesto la fragola!".
"Detto da uno che mi ha convinta a sbocconcellare ragni fritti suona quasi come una pietosa bugia, e, comunque, non è per te." lo mise a tacere recisamente la donna, prima di posargli, non senza una velata titubanza, la mano libera sul braccio ed intimargli, con un'inflessione che non ammetteva repliche: "Simula un'aria distratta e cammina!".
Quindi, dal momento che il compagno non si dimostrava pronto e reattivo quanto sarebbe stato necessario, lo trascinò di malagrazia per qualche metro, prima che l'esca alimentare desse i suoi frutti: infatti, dribblando un gruppetto di passanti fermi a chiacchierare dinanzi alla vetrina di un grande magazzino, Kitty si materializzò dinanzi a loro e, con un sorriso implorante che avrebbe intenerito persino un sasso, tese le manine verso il gelato.
"Lascia che ti insegni qualcosa sul nostro paese, principessa degli zingari...": ignorando la sconfinata soddisfazione scorta sul volto della collega, Danny le tolse di mano la coppetta, poi, rivolgendosi alla bambina in tono compunto, prese a spiegare: "Scommetto che ora tu vorresti mettere le tue piccole, graziose grinfie da lupacchiotto valacchiano su questo invitante dolcetto, ma sappi che ciò non accadrà finchè non avrai restituito allo zio Danny, che sarei io, le chiavi della sua auto nuova, acquistata grazie a mesi di duro lavoro ed ammirevole parsimonia...".
Messer melodrammatico e saccente era quasi più disgustosamente insopportabile della sua controparte buffonesca; Lindsay, emettendo un sonoro sospiro scocciato, tentò di mettere fine a quella squallida pantomima, la quale stava attirando gli sguardi e le attenzioni della gente circostante su quel poliziotto molto, molto cattivo che teneva sermoni di economia liberale ad una malcapitata piccina, intenta, tramite saltelli ed inutili tensioni sulle punte dei piedi, a recuperare l'ambito gelato, sospeso pochi, incolmabili centimetri oltre la sua limitata portata.
"Danny, perchè non ci dai un taglio? E' solo una bambina!".
"Montana, fino a prova contraria, questa è anche la ladra delle chiavi della mia macchina! E poi, se i suoi genitori non le hanno mai spiegato la legge della domanda e dell'offerta, qualcuno dovrà pur farlo..." polemizzò, piccato, l'investigatore, prima di udire le veementi proteste della piccola in rumeno e domandarsi, ad alta voce: "Cosa starà dicendo?".
"Nessuna definizione onorifica riguardante la tua persona che ti farebbe piacere ascoltare in inglese, soprattutto in bocca ad una bambina di sei anni e di buona famiglia!" ribattè acida l'investigatrice, sul punto di perdere le staffe, schiaffeggiare l'infantile compagno e remunerare con il dolce la più assennata fuggitiva.
Tuttavia, di nuovo Kitty si premurò di sbloccare la situazione stagnante con una reazione del tutto imprevedibile: visibilmente adirata, rifilò un poderoso calcio alla rotula di Danny e, dopo aver malignamente goduto del suo gemito sofferente, s'infilò di corsa nella stretta strada secondaria più vicina. Sospesa fra il riso, la preoccupazione e lo stupore, Lindsay obbedì al primo impulso istintivo, che la spinse a chinarsi sul collega per prestargli sostegno, fisico e morale; questi, però, la scostò rudemente e si gettò sulla pista della bambina, ululando: "Questa me la paghi, piccola bastarda!".
Sarebbe finita, quella notte eterna ed estenuante?
Supplicando intimamente le proprie caviglie di non cedere in un momento tanto cruciale, la donna imboccò correndo la via, per poi fermarsi un istante prima di sbattere con violenza contro la schiena del compagno, bloccatosi senza preavviso dinanzi all'ingresso di servizio di un locale notturno. Appesa alla maniglia della porta, eloquente e sfrontata come un guanto di sfida, la giacca a vento di Kitty oscillava lieve nel placido vento della sera, invitandoli a continuare il gioco.



"Danny, saresti così gentile da smetterla?".
Il tuo insensato e continuo andirivieni mi da' sui nervi, seguito ideale della cortese richiesta formulata appena prima, risuonò soltanto nella testa di Lindsay, la quale, seduta sui gradini d'ingresso di una palazzina sfitta dall'altro lato della stradina, spostava alternativamente uno sguardo di attesa non del tutto paziente dall'insegna intermittente del Devil's Nest, il locale dall'aria equivoca in cui pareva essere sgattaiolata la bambina, al compagno, il quale non aveva smesso di marciare avanti ed indietro, alla stregua di una tigre in gabbia, lambiccandosi il cervello sul da farsi.
"E se fosse un tentativo di depistaggio?" sbottò ad un tratto l'investigatore, dopo aver interrotto la frenetica camminata ed aver rivolto alla collega un'occhiata desiderosa di approvazione.
Tutt'altro che intenzionata a concedergli un simile, incondizionato appoggio, peraltro del tutto contrario alla logica della situazione contingente, la donna lo contraddisse con spietata, zuccherosa pacatezza: "Può darsi, ma in quel caso dovresti aggiungere al novero di supposizioni plausibili il fatto che possa teletrasportarsi o che sia stata vittima di un rapimento da parte di una pattuglia di alieni...".
"Montana, il tuo sarcasmo gratuito mi è utile come una pallottola nella tempia, in questo momento..." ribattè Danny, prima di riprendere a trotterellare lungo la strada, infastidito dalla caustica replica della compagna, ma non abbastanza da cedere all'apertura delle ostilità che, con sagace cautela, lei stava approntando e, nascostamente, sobillando. Se Kitty non avesse compiuto quella brusca intrusione nella loro auto e nel loro dialogo, lui era sul punto di sbatterle in faccia senza tante cerimonie la porta della propria vita sentimentale, ed ora pretendeva un aiuto concreto per cavarsi da una situazione d'impaccio in cui si era cacciato per colpa della propria indomabile, molesta logorrea? Che si arrangiasse, il signor Messer, il brillante criminologo, scelto da Mac Taylor in persona, ancora fresco di accademia, per far parte della sua squadra, pestato e gabbato da una marmocchia del San Remo!
Il perdono non è un valore di questo mondo, esiste soltanto nelle pagine più patetiche dei romanzi e negli appassionati sermoni dei predicatori, pertanto, non si sentiva affatto obbligata ad essere comprensiva con il prossimo, soprattutto se il prossimo in questione non lo era minimamente stato con lei, almeno in quell'ultimo, logorante periodo. Superata la fase della resa avvilita ed impotente, alla disperazione della perdita era subentrata una rabbia sorda, latente, in attesa di un qualsiasi innesco, anche banale, per scoppiare in un vasto e devastante incendio.
Inoltre, qualora fosse riuscita a trascinare il collega in un acceso litigio, forse sarebbe riuscita ad estorcergli la ragione, all'apparenza inspiegabile, per cui tradiva una palpabile inquietudine al solo incontrare con una fugace occhiata l'insegna del night-club: pareva disposto alle imprese più estreme ed ingrate, piuttosto che accettare l'idea di dover entrare nel locale per recuperare la piccola.
Tuttavia, intuendo che un silenzio offeso non avrebbe portato ad alcun progresso in quella strana sorta di indagine, si concesse un moto di magnanimità ed indagò, discreta: "C'è qualcosa che devo sapere riguardo al Devil's Nest?".
Messo alle strette, Danny si fermò di nuovo, deglutì sonoramente e si umettò il labbro superiore, in un gesto distratto ed adorabile che, in un'altra situazione, senza i gravami di una storia al capolinea, avrebbe risvegliato in lei gradevoli fantasie sopite ed inconfessabili, con buona pace della sua ingannevole espressione da ragazza innocente. Prima che avesse il tempo di rispondere, però, l'insistente trillo del cellulare s'insinuò nel loro abbozzo di conversazione, troncandolo di netto sul suo imminente nascere: per la seconda volta in quella infinita nottata, il numero di Flack brillò sul display del telefono.
"Posso sapere dove vi siete cacciati, dannazione?!" tuonò il detective dall'altra parte del ricevitore, in un tono di voce così nervoso ed elevato che Lindsay dovette allontanare l'apparecchio dall'orecchio per scongiurare una temporanea sordità. "Avete lasciato casa Heywood da una vita, non vi siete messi in contatto con nessuna delle pattuglie in circolazione e al laboratorio non hanno saputo darmi alcuna notizia di voi! Vorresti usarmi la cortesia di dirmelo tu stessa, Linds?".
La donna esitò, indecisa sul da farsi, poi, spinta da un sussulto emotivo etichettabile unicamente come pazzia allo stato puro, mentì, in maniera neppure molto convincente: "Siamo stati costretti a deviare verso Manhattan a causa di alcuni cantieri ed ora ci troviamo imbottigliati nel traffico.".
Nonostante si trattasse della mezza menzogna peggio architettata della sua vita, Flack parve lasciarsi persuadere, poichè concluse la conversazione con un laconico: "Beh, vedete di sbrigarvi e chiamatemi, se ci sono novità.".
Mentre faceva scivolare il cellulare nella borsetta, cercando di autoconvincersi a non richiamare il poliziotto e spifferargli tutta la verità, magari supplicando per un aiuto concreto, Danny mise polemicamente l'accento sul particolare della scena che lei aveva deliberatamente ignorato: "Sei impazzita, Montana? Avrebbe potuto mandarci dei rinforzi e Dio sa se non ne abbiamo bisogno per fronteggiare quel demonietto dei Carpazi!".
La protesta del compagno la rese, se possibile, ancora più salda nel proprio proposito: infatti, lo pungolò con simulato distacco: "Credevo non ti andasse a genio la prospettiva di lucidare vetrini fino alla pensione. O devo dedurre che hai abdicato al tuo orgoglio maschile schernito?".
Almeno quella provocazione minore colpì nel segno: accantonata l'inquieta riottosità, il compagno concesse, suo malgrado: "D'accordo, Montana, hai vinto tu: andiamo a riprenderci la principessa degli zingari.".



"Sembra grosso.".
"E poco incline alle carinerie.".
Appostati sull'angolo dell'edificio, Danny e Lindsay esaminavano mole e profilo psicologico del buttafuori del Devil's Nest, il quale, colossale e ringhiante alla stregua di Cerbero sputato fuori dai più bui recessi dell'inferno, pattugliava l'ingresso del locale.
"Che si fa?" chiese l'investigatore, senza staccare gli occhi dal guardiano, in quel momento intento ad allontanare un roccolo di adolescenti dalla porta semplicemente con un'occhiata in tralice che lasciava intendere le peggiori intenzioni.
In tono di ovvietà, la collega rispose: "Niente di così complesso: gli domandiamo gentilmente il permesso di entrare. Le buone maniere innanzitutto, ma non dovrebbe essere una montanara come me ad insegnarle ad un signorino di città come te, semmai il contrario...".
Credeva forse che non fosse in grado di sfidarlo sul suo stesso terreno? Sapeva essere detestabilmente ciarliera, quando ci si metteva d'impegno. Forse per non permetterle di volgere contro di lui le sue stesse armi della retorica, forse per tacitare le proteste del suo amor proprio vilipeso, il compagno la prese a braccetto con goffa cautela ed insieme percorsero il breve tratto di strada che ancora li separava dall'ingresso del night-club. Qui, la manona grassa e pelosa del buttafuori li bloccò sul primo gradino, preannunciata da un'apostrofe tutt'altro che amichevole: "E' in corso una festa privata a cui voi due, di certo, non siete stati invitati; quindi, vedete di smammare e trovarvi un altro locale per la vostra serata revival.".
Per tutta risposta, entrambi non si mossero di un millimetro, mentre Danny chiariva, quieto: "Oh, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di disturbare gli avventori: dobbiamo soltanto accertarci che una bambina, sospettata di furto d'auto e resistenza a pubblico ufficiale, non si trovi da qualche parte dentro il locale. Sarà una questione di pochi, discreti minuti, te lo assicuro.".
Trapassandolo con uno sguardo annichilatorio che avrebbe persuaso individui molto più temerari di lui a tagliare la corda in tutta fretta, il guardiano ruggì, furente: "Ti stai prendendo gioco di me, quattrocchi? La tua massima ambizione per questa serata è che io ti schiacci come una pulce?".
Prima che Lindsay, velatamente preoccupata per la sorte del collega, tentasse di sedare la nascente rissa, l'investigatore estrasse dalla tasca il distintivo e lo premette sul naso adunco del buttafuori, sentenziando di rimando: "La tua massima ambizione per questa serata è che io ti sbatta in un confortevole sgabuzzino con le finestre a scacchi? Perciò, vedi di smammare tu, se non vuoi che la pulce ribadisca il concetto con una pistola d'ordinanza!".
L'eclettica personalità multipla di Messer, questa volta, si era prodotta in una delle sue svariate interpretazioni dello sbirro viscido e tracotante: un bluff alquanto mediocre ed azzardato, in quella circostanza, visto e considerato che entrambi avevano dimenticato le armi a bordo dell'auto, insieme a quant'altro potesse fungere a quello scopo, ad eccezione della capiente e ponderosa borsetta di Lindsay. Nonostante questa pecca, però, la messinscena di Danny si rivelò efficace, poichè l'omone si scostò dall'ingresso con un certo timore e bofonchiò a denti stretti quelle che, non senza una dovuta dose di immaginazione, avrebbero potuto essere interpretate come scuse contrite.
"La rudezza innanzitutto, Montana, ma non dovrebbe essere un signorino di città come me ad insegnarlo ad una montanara come te..." la ripagò con la medesima moneta il collega, quando la porta del locale si richiuse alle loro spalle.
Punta sul vivo, ma tutt'altro che intenzionata a concedergli soddisfazione per quella bassa rivincita, la donna fece spallucce, fingendo indifferenza, poi rivolse la propria attenzione all'interno del Devil's Nest. Una volta in cui i suoi occhi si furono abituati alla luce soffusa che ammantava di una sonnolenta semioscurità la sala, trovare la fuggitiva fu un gioco da ragazzi: in mezzo allo sparuto numero di clienti, riversi sui divanetti in vari punti della stanza, storditi dall'alcol e dai bassi della musica a tutto volume, i movimenti svelti ed aggraziati di Kitty non potevano non catturare l'attenzione. Issatasi su di un alto sgabello in corrispondenza del tavolo degli aperitivi, la piccola aveva spazzolato il piatto delle tartine salate fino all'ultima briciola ed ora pareva indecisa se sgranocchiare le patatine o piluccare qualche arachide. Prima di avere il tempo di risolvere quel considerevole dilemma, tuttavia, Danny piombò su di lei con la guizzante ed infallibile prontezza di un rapace e le cinse il busto sottile con entrambe le braccia, esultando: "Fine della corsa, principessa degli zingari! Ed ora, leviamo subito le tende...".
"Non così in fretta, detective Messer.".
Una voce maschile melliflua e suadente, sgradevole come un gelido brivido di paura lungo la spina dorsale, fece trasalire Lindsay, la quale, istintivamente, si accostò al compagno, incitandolo con un fugace cenno a sospingere la bambina dietro di loro, al sicuro.
Ancora prima che la musica sfumasse in un silenzio carico di tensione.
Ancora prima che un nutrito gruppo di individui dalle facce patibolari si radunasse in ranghi serrati attorno a loro, ostruendo qualsiasi via di fuga.
Ancora prima che un giovanotto ben vestito e di bell'aspetto, ma con un perverso scintillio serpentino nelle iridi smeraldine, si materializzasse al loro cospetto, emergendo dal branco di loschi figuri.
Ancora prima di leggere negli occhi di Danny il panico misto ad un disperato desiderio di autoconservazione, tipico dell'animale braccato, mentre esalava in un sussurro stupefatto: "Marcus Harlan...".





Ah, ah, come sono perfida! *si bea della sua sconfinata malignità nell'interrompere il capitolo nel punto cruciale della suspence*.
Ok, bando alle idiozie, ora lasciamo spazio alle (dolenti) note:
1) L'agente Chadwick, ovviamente, è un'invenzione della sottoscritta, così come il misterioso (per il momento) Marcus Harlan.
2) Come ho già avuto occasione di scrivere, non ho mai visitato New York, dunque non ho idea di cosa vi sia davvero sulla Sesta Strada; quindi, siccome mi servivano dei negozi, ho deciso di metterli: considerateli una licenza narrativa.
3) Non so se Danny Messer ami il gelato al cocco e cioccolato, ma sono i primi due gusti un po' appetitosi che mi sono saltati in mente.
4) In un video su YouTube ho visto M&M (Messer e Monroe, per intenderci) mangiare ragni fritti, ma non saprei dirvi a quale episodio e/o stagione appartiene la clip.
5) Potrei aver sentito il nome "Devil's Nest" in una puntata qualsiasi dei centomila telefilm che seguo; in questo capitolo, le mie fonti non sono ricostruibili!


L'invito, come al solito, è a leggere e recensire; intanto, vi do appuntamento al prossimo (ed ultimo) atto!^^*

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Capitolo 3
*** Quella stella, lontana laggiù ***


Pronti per il gran finale? Solo per i vostri occhi, il terzo ed ultimo atto di questa short-fic; la raccomandazione, come al solito, è di leggere e recensire!
Ci risentiamo a fondo pagina!^^



Atto terzo
Quella stella, lontana laggiù




"E dov'è la fine lo scoprirai quando vi sarai giunto.".
La Ballata del Vecchio di Leningrado



"Il solo ed unico, detective Messer.".
Chi era Marcus Harlan?
Perchè un suo solo cenno bastava ad aizzare o rendere docile una masnada di delinquenti emersa dai più loschi anfratti dei bassifondi cittadini?
Perchè la sua sola presenza riusciva ad incutere un insolito, stupefacente timore in Danny?
Assillata da questi intimi interrogativi senza risposta, Lindsay smise per qualche attimo di curarsi della stretta apprensiva delle dita di Kitty attorno al proprio polso, in cerca di un solido e sicuro baluardo difensivo, dell'atterrito gemito di sorpresa con cui il collega aveva reagito alla presa del buttafuori, che era stata seguita da uno scricchiolio di giunture maltrattate e da un lamento soffocato, dell'imminente, tragica conclusione di quell'infelice sortita notturna. A quel punto, fu in grado di concentrare la propria attenzione sul nuovo venuto, di posare uno sguardo discreto, ma indagatore, sullo sconosciuto, e ciò che apprese non tardò a farle condividere l'angoscia del compagno.
Ambiguità.
Quella fu la prima ed unica parola che aleggiò nella sua mente, appiccicandosi all'immagine di Harlan alla stregua di un'etichetta: un sostantivo piuttosto semplice, all'apparenza, il quale tuttavia si attagliava pressochè alla perfezione alla descrizione di un personaggio così complicato, così sinistramente complicato.
Un esame sommario, distaccato tratteggiava l'immagine, stereotipata e rassicurante, del tipico giovanotto di buona famiglia: abiti di squisita fattura, gesti eleganti affinati da una rigida disciplina, una bellezza curata quanto basta perchè continuasse a sembrare un dono di natura. Una persona con la quale non ti sarebbe dispiaciuto dividere lo scompartimento, altrimenti deserto, della metropolitana, un individuo che non avrebbe di certo sfigurato ad un ricevimento di beneficenza come fra le pagine di un fotoromanzo particolarmente zuccheroso.
Tuttavia, bisognava attendere una seconda occhiata, dopo un fugace battito di ciglia, per poter cogliere appieno la congerie di particolari, più o meno insignificanti, più o meno inquietanti, che tradivano la reale natura di quel ragazzo: un'aura di magnetico carisma, venata dalla spregiudicatezza dell'abile manipolatore, la perfidia che riluceva nei suoi sguardi rapaci, la crudeltà che adombrava le sue smorfie divertite. Un angelo caduto compiaciuto del proprio fato di dannazione eterna, un giovane che non avrebbe mai conquistato la fiducia del prossimo, se non per mezzo della menzogna e delle lusinghe.
C'era qualcosa di contorto, in quelle gentili, ingannevoli sembianze.
Anzi no, peggio: qualcosa di deviato.
"Mi riempie di gioia notare che il mio ricordo è ancora così vivido in lei, detective...".
Aveva parlato di nuovo, in una sorta di monologo, con quel tono di falsa cordialità, incapace di celare del tutto quanto lo avrebbe reso molto più felice poter contemplare il cadavere straziato dell'investigatore, magari dopo avergli strappato la vita di propria mano. Prima di riuscire a proseguire la propria recita, però, venne interrotto da un singulto sorpreso di Danny, il quale si dimenò nella stretta del buttafuori, non appena un ventaglio chiuso si abbattè, senza preavviso e senza la benchè minima delicatezza, fra le sue scapole.
"Ti ricordi anche di me, vero?".
Una vocetta squillante e molesta, di quelle che ti torturano i nervi e ti trapanano il cervello, alla stregua dello stridio di un gessetto sulla superficie della lavagna: un'irritante peculiarità, un indimenticabile biglietto da visita che diceva tutto, o quasi, dell'adolescente armata di ventaglio, materializzatasi al centro della scena in cerca di qualche briciola di attenzione, le poche che Harlan era disposto a concederle nel corso della messinscena del proprio dramma della vendetta.
"Iniziavo a domandarmi quando ci avresti deliziati con la tua presenza, Regina: non riuscivo a capacitarmi di questa assenza, data la tua deprecabile attrazione per le luci della ribalta...".
Lindsay spostò la propria attenzione dal collega, il quale aveva appena finito di apostrofare ironicamente la nuova venuta, alla ragazzina, i cui lineamenti rivelavano in modo fin troppo chiaro la stretta parentela che la legava a Marcus, ancora prima che squittisse una frase a bassa voce nella direzione di quest'ultimo, del tutto incomprensibile ad eccezione della parola conclusiva, fratellone. Nonostante le somiglianze fisiche, però, la Natura aveva stabilito di adoperarsi con impietosa alacrità, affinchè i due fratelli Harlan fossero distinguibili per altri elementi che non fossero il sesso e l'età: quanto il giovane era malignamente complesso, tanto l'adolescente era desolatamente semplice, per non dire fatua. Marcus poteva essere amato alla follia, o odiato all'eccesso; Regina non sarebbe mai stata in grado di suscitare qualcosa di più intenso e roboante di un moderato interesse o di una blanda insofferenza.
Le riflessioni di Lindsay riguardo alla pigolante sorellina s'interruppero di colpo, quando il giovane Harlan, in un gesto stizzito ed ostile, innaffiò il volto di Danny con il contenuto del bicchiere di cristallo che reggeva in mano, mentre osservava, ghignando sprezzante: "Non mi risulta di averla autorizzata a parlare, detective.".
Regina battè le mani ed emise una risatina chioccia e galvanizzata; l'investigatrice, invece, era troppo disgustata persino per riuscire a formulare un pensiero coerente; Kitty soffiò qualcosa di molto simile ad un insulto nella sua incomprensibile lingua madre; Danny, dal canto proprio, parve rinfrancato da quell'offesa, poichè ribattè, sardonico: "Molto carino da parte tua, avevo davvero bisogno di una rinfrescata; tuttavia, dubito che sia stata una mossa assennata sprecare dell'ottimo champagne per un sudicio sbirro della mia risma.".
L'ira mal repressa che storse i lineamenti dell'avversario a quella rilassata replica non aveva alcunchè di demoniaco, bensì condivideva ogni squallida bassezza dei più meschini sentimenti umani: Marcus Harlan stava diventando, suo malgrado, un nemico alla loro portata. Per questo, l'investigatore decise di approfittare del momento propizio, riprendendo il discorso interrotto, nel proprio peculiare tono di scanzonata tranquillità: "Prima che qualcuno dei gentiluomini qui riuniti decida di accanirsi sulla mia faccia o sulla mia dentatura, lascia che ti illustri il motivo per cui questo giovanotto prova tanta acredine nei miei confronti, Montana.
La nostra storia ha inizio nel periodo in cui mi stavo massacrando di doppi turni per dimenticare l'immotivata partenza di qualcuno e, fra i vari casi capitatici fra le mani, io e Mac abbiamo dovuto far luce sull'omicidio della signorina Beverly Douglas, amante neppure troppo segreta del signor Edward Harlan, padre dei nostri cortesi ospiti. La malcapitata giovane, in cerca di informazioni compromettenti con cui ricattare il compagno e costringerlo a lasciare la moglie e regolarizzare la relazione con lei, ha avuto la colossale sfortuna di trovare le prove del fatto che l'azienda di import-export del signor Harlan, in realtà, era una copertura per il riciclaggio dei proventi di un redditizio traffico di armi, in combutta con la mafia dell'Europa dell'Est, e la sconsiderata ingenuità di scoprire queste scottanti carte vincenti dinanzi all'amante, il quale non ha esitato a toglierla di mezzo, inscenando una rapina finita male.
In breve, il colpevole è stato assicurato alla giustizia e, come piccolo, spiacevole effetto collaterale, le quotazioni della famiglia Harlan alla borsa del prestigio sociale hanno subito una vertiginosa ed inarrestabile parabola discendente.".
Al termine del resoconto, Lindsay annuì con scarsa convinzione: doveva cercare di concentrarsi sulla critica situazione contingente, sulla minaccia incombente, invece di soffermarsi sui doppi turni, sull'immotivata partenza, su tutto ciò che le parole omesse, le sfumature del silenzio del compagno avevano lasciato intendere, avevano voluto gridare, tacendo. Ora la priorità era lì, in carne, ossa e malvagi propositi, li fissava con un sorrisetto sanguigno ed occhi guizzanti, non c'era spazio, nè tempo, per le beghe sentimentali, per le recriminazioni e le accuse; ora dovevano uscire dall'antro del demonio, alla svelta.
"Ho perso il mio denaro, la mia posizione sociale, gli onori ed i benefici del mio rango, la mia rispettabilità, la mia vita, tutto per colpa di un branco di piedipiatti frustrati, che hanno deciso di sprecare le loro insignificanti esistenze ad inseguire uno sciocco ideale chiamato giustizia...": Harlan biascicò con furia quell'esordio, prima di avventarsi su Danny e strattonarlo violentemente per il bavero della giacca, ringhiando: "Dammi una buona ragione per cui non dovrei farti a pezzi!".
"Quale ardente intemperanza giovanile!" constatò l'investigatore, in un tono allegro e composto che non potè fare a meno di suscitare un sospiro avvilito e nervoso nella collega: buon Dio, quell'uomo sarebbe riuscito a snocciolare abominevoli scemenze anche in punto di morte certa?
Tuttavia, se temeva e sperava che quello fosse il punto più infimo raggiungibile in quella orripilante nottata, fu costretta immediatamente a ricredersi; infatti, il compagno non esitò ad aggiungere, con folle serietà: "Validi motivi per risparmiare la mia inutile vita, su due piedi e sotto la minaccia di un gorilla, non me ne vengono in mente. Tuttavia, posso proporti un accordo.".
"Dove accidenti vorresti arrivare, Danny?!" si chiese Lindsay, prima di accorgersi che lo sguardo del collega, acceso di un'ammiccante, enigmatica vivacità, si era appuntato su di lei.
"Dove accidenti vorresti arrivare, Messer?!" gli chiese Harlan, prima che le sue iridi serpentine si lasciassero guidare sull'investigatrice dagli occhi dell'avversario. Allora, scoprì i denti candidi in una smorfietta di compiaciuta consapevolezza, dichiarando ad alta voce ciò che lei aveva intuito, ma non avrebbe osato, non avrebbe tollerato affermare a chiare lettere: "La tua donna in cambio della tua pelle? Per essere uno sbirro, hai un certo fiuto per gli affari...".
Forse fu per il fremito di paura di Kitty, ancora premuta contro la sua schiena, per le risate sguaiate ed i commenti lascivi dei presenti, per l'esclamazione sorpresa, ed anche un po' risentita, di Regina, per la dissennata pacatezza del compagno e per la contentezza spregevole di Marcus.
No, non fu per quello.
Forse fu per il fastidio di aver scoperto, per caso e per una serie di circostanze più o meno scalognate, che due sadici fratellini dell'alta borghesia covavano il fermo proposito di annientare l'intera squadra investigativa di Mac Taylor, e che l'uomo che amava, invece di fare carte false perchè lei uscisse indenne da quella situazione di pericolo, la stava offrendo al nemico su un piatto d'argento, in modo molto poco galante e consenziente, pur di conservare la propria incolumità.
No, non fu nemmeno per quello.
Forse fu per la bruciante rabbia, per l'ineffabile tristezza che la invasero nel momento in cui udì Harlan definirla come la tua donna, quando lei ormai stava fronteggiando la desolante certezza che non sarebbe mai stata nè l'amica, nè la compagna, nè la fidanzata, nè la moglie di Danny Messer, neppure se lo desiderava tanto da farsi male, neppure se si fossero reincontrati nelle prossime chissà quante altre vite.
Sì, a pensarci bene fu proprio quella l'ultima goccia che fece traboccare violentemente il limitato vaso della sua pazienza messa alla prova.
Dando libero sfogo al livore troppo a lungo represso, scattò verso il collega con un ululato belluino che non mancò di sorprendere e spaventare i presenti, lei stessa compresa.
"SEI UN VIGLIACCO, OTTUSO IDIOTA, DANNY MESSER!".
All'ultimo secondo, tuttavia, il pugno apparentemente destinato ad infierire sul volto dell'investigatore deviò di qualche centimetro, sfiorò la guancia dell'uomo e si abbattè senza pietà sul setto nasale di Harlan, il quale, in un sinistro scricchiolio di ossa danneggiate, caracollò sotto il peso dell'urto e rovinò a terra in uno gnaulio sofferente.
"Marcus!" frignò Regina, precipitandosi a sostenere, moralmente e fisicamente, il fratello, mentre Danny, volgendo a proprio vantaggio lo sgomento generale, colse il buttafuori di sorpresa e si liberò dalla sua stretta con una gomitata sullo sterno a tradimento.
"Tu sarai anche una contadinotta manesca, ma persino i ragazzi di città possono imparare a farsi valere, soprattutto quando hanno un fratello maggiore che ama usarli come punching-ball!".
"Zitto e fila!".
Era ancora sufficientemente adirata con lui da poter replicare ad una battuta idiota con qualcosa di peggio di un'offesa verbale, pertanto gl'intimò di tacere in maniera recisa e, dopo aver impedito a Kitty di pestare il piede di un delinquente tre volte più grosso e cattivo di lei, si gettò fuori dal locale. Non avrebbe saputo dire quanto a lungo corsero senza fermarsi, nè voltarsi indietro, zigzagando volutamente alla cieca nel dedalo delle strade limitrofe allo scopo di far perdere le proprie tracce agli eventuali inseguitori, nè tantomento sarebbe stata in grado di quantificare il tempo che trascorsero, immobili e silenziosi, appiattiti contro il muro umido e nascosti tra le scatole di cartone ammassate sul retro di un edificio fra tanti.
Nel momento in cui Danny pronunciò il fatidico: "Li abbiamo seminati.", che avrebbe dovuto far tirar loro il proverbiale sospiro di sollievo, tuttavia, non vi fu alcun motivo per rallegrarsi dello scampato pericolo.
"Dov'è la bambina?".
Ebbero a malapena il tempo di inorridire e volgere lo sguardo in direzione del frusciante scalpiccio infantile, prima che la testolina bionda della piccola svanisse, inghiottita dalle tenebre dell'ingresso di Central Park.



"Lilly, non esci a guardare le stelle cadenti?".
Erano due le cose che Lindsay Monroe odiava di più al mondo, almeno, nel ristretto mondo che può circondare una bambina di cinque anni e mezzo.
La prima era essere chiamata "Lilly", un soprannome detestabile e vezzoso, più adatto ad una mocciosa tutta moine e fiocchetti nei capelli che ad un incorreggibile maschiaccio, impegnato a scalare alberi, pestare i coetanei dell'altro sesso e tirare sassi nel fiume dalla mattina alla sera.
La seconda erano le stelle cadenti.
Poi, c'era un'altra infinita sequela di cose insopportabili, tipo essere sprimacciata in faccia da chi voleva rivolgerle qualche smanceria, oppure venir scambiata per un maschio solo perchè portava i capelli corti, ma queste, di tanto in tanto, potevano essere tollerate; le prime due, invece, avevano il potere di metterla di pessimo umore e di farle perdere le staffe con estrema semplicità, come se la sua pazienza da gattino esagitato fosse in grado di mostrare una notevole sopportazione, pur senza sollecitazioni di quel tipo.
Pertanto, quando suo padre, reo di aver evocato quei due anatemi innominabili in sua presenza, rientrò in casa con un'espressione gioviale del tutto fuori luogo, Lindsay lo ignorò, riprendendo a contare i lombrichi, catturati a mani nude nel terreno bagnato dall'acquazzone pomeridiano, con cui sarebbe andata a pesca la mattina dopo insieme allo zio Freddie. Tuttavia, il signor Monroe, non meno testardo ed insistente della sua piccola figlia, non si sarebbe di certo lasciato scoraggiare da una faccia scura e da un algido mutismo: nonostante le veementi proteste della bambina, non esitò ad afferrarla sotto le ascelle e sollevarla da terra, in modo da costringerla a guardarlo negli occhi, mentre indagava, indiscreto: "Il mio fiorellino stepposo non ama la notte di S. Lorenzo?".
"Non ha nessun senso starsene a guardare il cielo per ore con il naso all'insu: lo fanno soltanto le mucche, perchè sono animali stupidi!" obiettò la piccola, nel tono di chi sta sottolineando un concetto decisamente ovvio e logicamente inattaccabile; doveva ostentare una baldanza adamantina, se non voleva che il padre s'insospettisse e la costringesse a dichiarare il vero motivo per cui avversava tanto quella nottata.
"Sicura che sia davvero tutto qui?".
Una nuvoletta nera di tempestoso disappunto si materializzò sulla testolina di Lindsay, al momento della scontrosa capitolazione: poteva anche avere una faccia tosta non indifferente, ma suo padre era pur sempre venuto al mondo diversi anni prima di lei, e l'esperienza, come la classe, non è acqua: "Io non riesco mai a vederle.".
Quanto tempo aveva sprecato, di anno in anno, sdraiata supina sull'erba umida senza riuscire a scorgere neppure un fugace barbaglio luminoso, mentre, tutt'attorno a lei, parenti, amici e vicini seguitavano a confabulare con urtante entusiasmo di quanto fosse brillante quella, di quanto fosse grande quell'altra? Beh, quell'estate non sarebbe stata così ingenua, non avrebbe buttato una notte a farsi venire la bile sotto un cielo a lei ostile: se le stelle gliel'avevano giurata, allora lei avrebbe fatto altrettanto con loro.
"Non c'è niente di divertente!" sbuffò, dopo essersi accorta del sorrisetto beffardo comparso sul volto del genitore; costui, però, non si lasciò intimidire dai denti digrignati della figlia e chiese, in tono sibillino: "Ti fidi del tuo papà, Lilly?".
La bambina aggrottò le sopracciglia, perplessa; sorvolò persino sul fastidioso particolare dell'appellativo, troppo rosa dalla curiosità: "Sì, perchè?".
"Perchè ti prometto che stanotte vedrai una stella cadente, anche a costo di dover andare di persona a strapparla dal cielo, Lilly!" giurò in atteggiamento semiserio l'uomo, prima di rifilare un giocoso scappellotto alla figlia e scappare verso la veranda.
"Non chiamarmi Lilly!".

"Montana, questo è l'ultimo.".
L'immagine di un padre ed una figlia che lottavano giocosamente sul terrazzo sfocò nelle indistinte nebbie del ricordo, quando Danny, accovacciato accanto ad un cestino, sventolò l'ennesimo involto spiegazzato di un chewing-gum alla fragola, con i quali Kitty aveva guidato i propri inseguitori fin nel cuore del parco; da lì in poi, sembrava voler intendere, avrebbe potuto essere dovunque, ed il dovunque di Central Park non era affatto quello che avrebbe definito come un pensiero rassicurante.
"Al diavolo i vetrini e le opinioni di Mac, a questo punto l'aiuto di Flack sarebbe alquanto gradito, se solo non avessimo perso la tua borsetta dentro al Devil's Nest!" asserì il collega, infilando la carta della gomma in tasca e spostandosi ad ispezionare la zona circostante in cerca di altre eventuali tracce, seppur quasi del tutto certo che non ne avrebbe trovate. Quindi, dopo aver notato che la compagna, invece di aiutarlo, stava fissando il nero cielo notturno sopra di loro con sguardo remoto, osservò: "Dubito che la Stella Polare o l'Orsa Maggiore possano esserci di qualche aiuto in questa ricerca...".
Per tutta risposta, Lindsay constatò, distaccata, riferendosi alla volta celeste priva di luci tremolanti, con una frase che non aveva nulla a che vedere con la conversazione precedente e, probabilmente, anche con quella successiva: "Non ci sono stelle che brillano sopra New York.".
"Ti sbagli, Montana: sulla bandiera che sventola dinanzi al palazzo delle Nazioni Unite ce ne sono ben cinquanta." la contraddisse l'uomo, con ironia, mentre si fermava al suo fianco e la imitava, alzando gli occhi verso l'alto.
Eccolo lì, Danny Messer, la sua stella cadente, la rapida scia lucente che non avrebbe mai solcato il cielo per lei, neppure se avesse pestato i piedi e supplicato in lacrime e fatto i capricci, perchè gli astri non obbediscono alle egoistiche pretese di una bambina, di una donna, perchè ci sono promesse che un genitore, per quanto amorevole, non può mantenere.
Eppure, forse, non tutto era ancora perduto: perchè al Devil's Nest, oltre all'impeto d'ira, oltre ai brividi d'inquietudine, aveva avvertito una vibrante percezione, sopita da tempo, appartenente al dolceamaro periodo in cui tutto, fra loro, era solo una questione di sguardi, una schermaglia di cenni, un'intesa di silenzi dialogati. Voleva dare una speranza a quella sensazione, voleva dare una speranza a se stessa, a loro due insieme, scacciando l'angoscioso presagio che si potesse trattare soltanto di un ultimo barlume d'illusione, scongiurando la nefasta eventualità di dover rimanere, sola, a raccogliere cocci infranti di un irrealizzato futuro.
Per questo, non appena Danny fece per allontanarsi ed imboccare uno dei viali che si diramavano dinanzi a loro, osò un contatto terribilmente ravvicinato, quale premergli sull'avambraccio con la mano, e lo fermò, con eccessivo trasporto: "Ti prego, non andartene.".
C'erano tutta la malinconia e la trepidazione di una donna innamorata, nelle parole non dette di quell'accorata richiesta.
A quel punto, il collega ebbe una reazione molto poco incline al suo carattere: Lindsay tremava al pensiero che il compagno liquidasse l'affermazione per mezzo di una delle sue peculiari battutine sarcastiche; invece, l'investigatore non sdrammatizzò, anzi, s'incupì e ribattè, insospettabilmente freddo: "Fa male, vero, Montana?".
Poteva zittirlo, o attaccarlo a parole, e tutto sarebbe ritornato alla desolante normalità della conversazione avuta in macchina, ore prima; oppure poteva restare ad ascoltarlo, a guardare mentre si toglieva la maschera e smetteva di nascondersi, a costo di vedersi sbattere in faccia un lato dell'evidenza che si affannava a negare, nel tentativo, forse un po' cinico, di autoassolversi dalle proprie innegabili responsabilità al riguardo. Optò per questa seconda scelta, più difficile, più giusta.
"Come ci si sente a dover restare a guardare, a doversi arrendere ad una frustrante inazione, mentre la sola ed unica persona che amiamo più della nostra stessa, inutile vita fugge, sparisce, scivola via dalle nostre dita come sabbia in un pugno dischiuso, ci abbandona senza una parola di congedo, senza una rassicurazione, senza la speranza di un domani, di un ritorno? Chi è il più vigliacco dei due, Montana, chi va via o chi rimane?".
Non gli permise d'infierire oltre, sebbene fosse nel giusto, nè tantomento lui aveva intenzione di proseguire nella propria reprimenda: ora era il suo turno di gettare fuori gli scheletri dall'armadio: "Credi forse che per me sia stato facile? Potrà esserti sembrata una fuga, ma non lo era: era una battaglia, la mia battaglia contro il mio passato, perchè dovevo saldare il debito, chiudere i conti con la vita precedente, prima di poterne iniziare una nuova, al tuo fianco. Ed il solo pensiero a sorreggermi durante quell'interminabile tuffo negli anni peggiori della mia vita era che, una volta tornata, avrei trovato te ad aspettarmi. Per questo non ti concederò una pausa di riflessione, per questo non ti permetterò di allontanarti, di allontanarmi: non abbiamo bisogno di accuse e di recriminazioni, solo che siamo troppo orgogliosi per ammetterlo.".
Aveva sproloquiato ed urlato, due atteggiamenti che non le erano del tutto consoni, ma perfettamente giustificati dalla situazione; pressochè prostrata, fisicamente ed emotivamente, concluse in un sussurro flebile e quasi impercettibile: "Quando siamo usciti da quel dannato magazzino, ho giurato a me stessa che il solo altro posto da cui ti avrei trascinato fuori claudicante e a braccetto sarebbe stata la sala del nostro pranzo di nozze. Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare nessuna valida ragione per cui tu debba obbligarmi ad essere spergiura.".
Non lo sentì ridere subito, ma si avvide che era sul punto di farlo nel momento in cui un tremito divertito attraversò, sotto la giacca attillata, la linea delle sue spalle; quindi, il collega proruppe in una risata liberatoria, che lei avrebbe voluto poter condividere e che, al contrario di altri suoi disinvolti ed irresponsabili comportamenti nel corso della serata, non riuscì ad irritarla. L'accesso d'ilarità durò poco, poi il compagno si voltò e posò le sue iridi blu su di lei, accese dalla scodinzolante sfrontatezza dei bei tempi andati, prima di sillabare, nel modo più limpido e telegrafico possibile: "Montana, mi vuoi sposare?".
In un film, a quella topica asserzione avrebbe fatto seguito uno scrosciante tripudio di violini, oppure i rintocchi della campana di una chiesa, nascosta nell'oscurità del circondario; invece, nella banale, modesta realtà, si udirono soltanto un discreto fruscio di fronde sfiorate dalla brezza notturna ed un mugugno esterrefatto di Lindsay, troppo impegnata a ripetersi quelle quattro sorprendenti parole nella mente per mettere insieme persino un'esclamazione decente di stupore.
Danny, ormai irrefrenabile nel proprio recuperato ruolo di ironico a tempo perso, aggiunse, con serietà compunta e terribilmente comica: "Beh, è ovvio che la mia proposta non implica un'accettazione passiva e scontata; tuttavia, sappi che se mi dirai di no, andrò difilato al Devil's Nest e mi farò infliggere colpi di ventaglio da Regina Harlan finchè morte non sopraggiunga. Vuoi avere la mia giovane, promettente vita sulla coscienza, Montana?".
Recuperando una parvenza di tranquillità, la collega ribattè, sullo stesso tono: "Danny, sono semplicemente estasiata. Estasiato è un aggettivo ricercato che si utilizza per definire chi prova un'esperienza trascendente; trascendente è...".
"Montana, tu odi Lemony Snicket!" sbigottì l'investigatore, con simulata sorpresa.
"Baciami, stupido.".
Senza esitare e, nonostante le grida strazianti delle articolazioni delle proprie caviglie, Lindsay si issò sulle punte dei piedi, passò le braccia attorno al collo del compagno ed incontrò le sue labbra in un tenero bacio, un dolce, languido ritrovarsi dopo essersi a lungo smarriti e rocambolescamente cercati. E non c'erano figli di papà folli e vendicativi, pestifere principesse degli zingari in fuga, nè minacce di degrado ad avvilenti mansioni a turbare la paradisiaca beatitudine di quell'attimo. O, forse, nell'eterno fluire del cosmo, qualcosa poteva esserci.
Mentre naufragava placidamente in quell'edenico idillio, Danny Messer ricevette un'inattesa, insperata illuminazione, Nostra Signora del Cinematografo si rammentò di lui, il suo più fervente e devoto adoratore, e si palesò alla sua mente in tutto il proprio fulgido splendore celeste. Ritraendosi di malavoglia, ma con una certa concitazione agitata, domandò alla collega: "Kitty Heywood ha una passione sfrenata per i lupi, vero?".
Ancor meno entusiasta di lui per quella sgradita interruzione e senza capire dove avesse intenzione di andare a parare, Lindsay annuì, seppur con una lampante espressione interrogativa stampata sul volto, insieme ad un non indifferente scorno.
"Allora c'è un solo luogo in tutto Central Park in cui può essersi cacciata!".



"Come diamine avrà fatto a trovarlo da sola?".
"Montana, è una principessa degli zingari, non dimenticarlo.".
Dopo aver imboccato miriadi di viali sbagliati ed essersi persi svariate volte, Danny e Lindsay si ritrovarono dinanzi i due obiettivi della loro ricerca, rischiarati dai tenui bagliori di un lampione sul punto di spegnersi. Kitty, accoccolata sui talloni, stava leggendo ad alta voce, con un marcato accento rumeno e qualche comprensibile esitazione, le parole incise su una targa di metallo, tenendo il segno con un ditino.

"Dedicata all'indomabile spirito dei cani da slitta che trasportarono sul ghiaccio accidentato, attraverso acque pericolose e tormente artiche l'antitossina per seicento miglia da Nenana per il sollievo della ferita Nome nell'inverno del 1925. Resistenza -- Fedeltà -- Intelligenza."

"La statua di Balto." spiegò l'investigatore, indicando l'husky di bronzo che svettava sopra una roccia, "Mi chiedo come ho fatto a non pensarci prima.".
La collega, con un sorriso indulgente, gli concesse: "Avevi altro per la testa... Ad esempio, trovare un ottimo pretesto per farmi prendere a pugni Marcus Harlan!".
"Oh, quello non ha richiesto uno sforzo sovrumano di fantasia, anche se per un istante ho davvero temuto che mi avresti deviato il setto nasale." ridacchiò, prima che la serafica, raccapricciante confessione della compagna gli levasse il ghigno dalla faccia: "Oh, ma per un istante ho davvero pensato di farlo, tesoro.".
Come se si fosse accorta soltanto allora della loro presenza, Kitty smise di fissare con sguardo adorante la scultura del cane da slitta più famoso del mondo e si gettò a rotta di collo verso i due investigatori, aggrappandosi alle loro mani e trillando, in un inglese quasi impeccabile: "Zio Danny, Montana, leggo!".
Questo strappò loro un'affettuosa risata, poi, mentre Lindsay osservava, carezzando la testolina della piccola per complimentarsi: "Beh, allora questa orrenda serata è servita a qualcosa... A qualcos'altro...", Danny le bisbigliò, in tono sibillino: "Montana, ha i tuoi occhi.".
Sapeva cosa voleva intendere il collega con quell'affermazione: non condividevano solo il colore delle iridi, ma anche la medesima intensità dello sguardo, il medesimo fiero cipiglio; se, sull'onda delle emozioni della serata, gli avesse confessato che Kitty era pressochè la sua copia alla stessa età, sospettava che lui l'avrebbe trascinata senza esitazioni nella cappella più vicina e, a costo di buttar già dal letto il cappellano, l'avrebbe sposata sedutastante. Perciò, siccome desiderava una cerimonia un po' più animata e detestava le risoluzioni impulsive, si limitò a ribattere: "Se è per questo, ha anche il tuo modo poco ortodosso di porsi nei confronti degli estranei.".
Stavano per scadere nello squallido patetismo da epilogo di Harmony, assediati da riflessioni riguardo a quanto poteva essere promettente il presagio di aver incontrato una bambina che li riassumeva entrambi la sera in cui la crisi sentimentale si era, fortunosamente e fortunatamente, evoluta in una proposta di matrimonio, quando il tema musicale di "Profondo Rosso", unito ad un inequivocabile tremito nella tasca della giacca di Danny, annunciò lo squillo di un telefono, che il proprietario aveva indubitabilmente dimenticato di avere con sè.
"Io ti ucciderò, Messer!" borbottò semiseria Lindsay, prima di togliergli il cellulare di mano e rispondere, riconoscendo l'onnipresente numero di Don Flack.
"Linds, puoi spiegarmi per quale motivo una specie di fresatrice elettrica ha insultato tutte le donne della mia famiglia, a partire dallo sbarco della Mayflower, per la loro piccola virtù, accusando una rozza mungitrice, proprietaria del numero che avevo composto, di aver sbriciolato il naso del suo adorato fratellino?" indagò, alquanto infuriato, il detective, dando segno di placarsi soltanto quando l'investigatrice, dopo aver fatto ricorso alla propria miglior voce suadente, lo blandì: "Flack, abbiamo avuto qualche disavventura e ti giuro che, se mandi una pattuglia a recuperarci a Central Park, ti daremo montagne di spiegazioni, a partire dal modo in cui siamo riusciti a trovare Kitty Heywood sana e salva.".
"Avete trovato Kitty Heywood?!": Flack incassò il colpo, quindi bofonchiò nel ricevitore alcune assicurazioni sul fatto che presto i suoi uomini sarebbero arrivati a prenderli e riappese.
Forse quell'interminabile notte era finalmente giunta al termine, e non solo perchè deboli bagliori azzurro e arancio dell'alba incipiente iniziavano a stagliarsi attorno al profilo dei grattacieli, là dove in quella città si stabiliva la linea dell'orizzonte. Tuttavia, perchè fosse davvero il principio di una nuova giornata, bisognava che l'eclettico detective Danny Messer sfoderasse l'ultima sfaccettatura della sua poliedrica personalità, l'espressione gelosa. E così fu, quando, reimpossessandosi del telefono e guidando la compagna e la bambina lungo il viale alberato, protestò: "Montagne di spiegazioni, noi?! Lui, piuttosto, da quando è autorizzato a chiamarti impunemente Linds?".



FINE




Ok, siamo giunti proprio al termine, vedete di non piangere troppo!
Questo terzo atto è stato sofferto come la tela di Penelope, anche perchè io sono semplicemente negata a descrivere le scene romantiche (allora perchè ti ostini a ficcarne dappertutto, cretina?!).
So che vi mancheranno anche le mie care note, quindi non esito a regalarvi le ultime:
1) Marcus, Regina e Edward Harlan, insieme a Beverly Douglas, sono una mia invenzione; nel telefilm non è stato mai presentato un caso con loro come protagonisti, consideratelo una sorta di missing moment molto dilatato;
2) Ignoro il nome del signor Monroe, così come non so se Montana da piccola fosse un maschiaccio, ma, l'ho già detto, c'è molta me stessa in questo personaggio;
3) L'esistenza di uno zio Freddie è stata suggerita da Wikipedia. Se non è vero, peste colga chi ha osato scrivere una bufala del genere!
4) La scenetta delle stelle cadenti mi è stata suggerita dal mio adorato padre (e lui da piccola mi chiamava "piccolo fiore stepposo" per il mio pessimo carattere); l'avversione per il fenomeno, invece, è tutta mia, perchè non le vedo mai!
5) Tengo a chiarire che non ho alcun pregiudizio verso le mucche; invece, odio chi mi sprimaccia la faccia, chi mi ha scambiato per un maschio perchè avevo i capelli corti e chi mi chiama "Lilly";
6) Il Devil's Nest è stato recuperato dall'anime/manga FullMetal Alchemist (sapevo che mi sarei ricordata la fonte, prima o poi);
7) Sempre su Wikipedia ho letto della passione di Danny per i film; valga la maledizione di prima per l'autore dell'articolo se ciò non fosse vero.
8) L'iscrizione sulla targa della statua è stata tratta da Wikipedia ed è una traduzione più precisa di quella fornita nelle scene finali del film "Balto";
9) Non ho bisogno di spiegarvi cos'è un Harmony, vero?!


Grazie ancora a Monella e Isi, che hanno recensito, grazie a Isi e EyeOfRa, che hanno messo questa storia nei loro preferiti, grazie ha chi ha letto soltanto e a chi, magari, recensirà durante le mie ferie (o anche dopo!); tenete d'occhio questo chap per eventuali risposte ai commenti. Grazie per aver avuto la pazienza di sopportare le mie romanticherie da quattro soldi, la mia ironia british alla Jane Austen ed i miei personaggi inventati, pazzi come me, ma questi due puccini si meritano questo e altro!



Alla prossima, che prima o poi potrebbe esserci!^^*

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