Le Ali del Cuore

di Follemente Me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le Ali del Cuore [1] ***
Capitolo 2: *** Le Ali del Cuore [2] ***



Capitolo 1
*** Le Ali del Cuore [1] ***


- Ognuno vede quel che tu pari, ma pochi sentono quello che sei -


Accompagnai la canzone fino agli ultimi, dolcissimi accordi. Poi lanciai un'occhiata a Jasly, mia sorella minore. Si era addormentata sui primi accordi, come sempre, ma per nulla al mondo avrei smesso di suonare quella canzone.
La canzone della buonanotte. La canzone della mamma.
Mi alzai e raggiunsi il divano, dove Jasly si era addormentata stretta addosso alla mia coperta color crema. Le sciolsi la treccia il più delicatamente possibile, lasciandole i capelli biondi un po' ondulati ricaderle poco più giù delle spalle, poi la presi in braccio senza farla svegliare e aprii la porta della nostra camera. Tirai giù le coperte del letto e la adagiai piano la testa sul cuscino, poi le rimboccai il lenzuolo fino alle spalle e posai le labbra sulla sua fronte tiepida e profumata di bagnoschiuma alla mela verde. Dopo aver acceso la lampada sul mio comodino, per non lasciarla al buio nel caso si svegliasse, e uscii accostando la porta.
La badante/babysitter aveva appena finito di avviare la lavastoviglie quando feci capolino sulla porta della cucina.
-Jasly sta dormendo, Iva- la avvisai intimandola a fare poco rumore. Attraversai la stanza per sedermi sulla sedia avvanto alla finestra. Riuscivo a vedere la schiuma del mare infrangersi tra le imponenti e indefinite forme scure tra le onde, gli scogli.
-Come si chiama la canzone che stavi suonando prima?- chiese voltandosi per sorridermi. Mi irrigidii sulla sedia.
-Non so...l'abbiamo sempre chiamata canzone della buonanotte. Anche sullo spartito il titolo è quello - cercai di rendere esplicito il fatto di voler chiudere il discorso.
Iva annuì e si asciugò le mani su uno strofinaccio. -Ha chiamato tuo padre oggi pomeriggio, voleva avvisare che sarà qui fra pochi giorni -.
Annuii, anche se dentro di me il cuore aveva perso un battito. Ogni volta che papà veniva da noi, Jasly cercava di stare sempre con lui ma, purtroppo, lui non era dello stesso parere.
Odiavo questa cosa; se veniva per stare con noi perché non ci degnava di uno sguardo? Io ci ero abituata da così tanto tempo, ma Jasly...lei è ancora una bambina di cinque anni, diamine, cinque anni! 
-Cos'è quella faccia? Non sei felice? - Iva era perplessa. Di solito, quelle rare volte in cui era lei a darmi la notizia, ne ero sempre entusiasta, ma ora che ero cresciuta, essendo più consapevole e in grado di capire la situazione, sapevo che papà non era degno delle mie attenzioni, con tutto il male e il sentimento di rifiuto che aveva impresso in me quando ero ancora piccola. 
Come Jasly.
Se ripenso a tutte quelle volte in cui mi chiedeva di lui. Cosa si può rispondere davanti a quegli innocenti occhi verdi? A quella tenera anima già privata di una madre e delle attenzioni amorevoli di un padre.
Ricordo che le accarezzavo la testa, facendogliela appoggiare sul cuscino, per poi sussurrarle: -presto, Jas, ha detto che arriva presto.
Poi chiudevo gli occhi con lei, e insieme piangevamo abbracciate nel buio.

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Capitolo 2
*** Le Ali del Cuore [2] ***


- A chi più amiamo, meno dire sappiamo - Quando ho detto a Jasly che papà sarebbe venuto da noi tra pochi giorni, lei ha cominciato a saltare per tutta casa dicendo :- Arriva! Arriva il papà!-, e ne sono stata prima contenta, vedendo quanto la notizia la rendeva felice, ma poi mi è piombata addosso la consapevolezza. Jasly avrebbe fatto milioni di disegni ben colorati, senza pieghe ai bordi, o sbavature, avrebbe cercato di scrivere bene il nome di papà, come le avevo insegnato io, e avrebbe fatto milioni di cuoricini nel cielo; si sarebbe messa i vestiti più belli, gli avrebbe tolto il piatto sporco dopo cena per non farlo alzare, gli avrebbe tenuto la mano ogni volta. Io riuscivo a vedere il luccichio nei suoi occhi mentre aspettava un bel gesto o una bella parola da papà, in risposta a tutte le sue attenzioni. Ma poi quel luccichio si sarebbe spento, deluso e rifiutato. Ma, conoscendo mia sorella, avrebbe ricominciato tutto da capo, diventando ancora più perfezionista. E so solo io quante volte tornava in camera a testa bassa e mi diceva che il papà aveva perso il disegno che gli aveva fatto. Jasly era alla continua ricerca di suo padre. Di sua mamma conosceva solo il nome; Rosalie. Sapeva che aveva i suoi stessi occhi, uguali poi anche ai miei, che amava suonare il pianoforte come me. Mentre le raccontavo qualcosa di lei, piccoli frammenti di ricordi che custodivo nella mia mente da molti anni, vedevo nei suoi occhi ancora quella scintilla curiosa e speranzosa. Mi osservava attenta, faceva domande. L'unica cosa che non le avevo mai detto è stata come la mamma sia morta. Non lo avevo ancora mai descritto a nessuno come era successo, perché quando ci provavo mi morivano le parole in gola e sentivo soffocare. ****** La mattina in cui era previsto l'arrivo di papà, mi svegliai ma non trovai Jasly nel suo letto. Anzi, guardandomi bene intorno, mi accorsi che la stanza era uno specchio, escludendo il mio letto. Scalciai le coperte e aprii la finestra, uscendo sul balcone. Era una bella giornata, il mare era placido e la risacca risuonava ritmica riempendo le cavità nella scogliera. Dopo essermi vestita, mi dedicai alla ricerca di Jasly. Iva stava spazzando nella mia stanza, quella con il pianoforte e il divano. - Dov'è mia sorella? Iva si voltò sorprese e mi diede il buongiorno. -E' con suo padre, che domande! Spalancai gli occhi. Papà era già qui? -Jasly!- gridai. Lei accorse dopo un po', con il fiatone. Come immaginavo; indossava il vestitino bianco che, non ricordo quando, papà aveva detto che le donava. Le accarezzai la guancia, ma lei era troppo eccitata per gustare la carezza così mi afferrò la mano e cominciò a tirarmi verso il giardino. -E' arrivato papà!- mi sorrise, -lo sai che ha detto che sono cresciuta?- disse. Era così entusiasmata. Arrivammo in giardino. Papà sedeva al tavolino con il computer portatile davanti. Quando arrivai, mi rivolse un saluto impacciato. E' così papà? Dopo settimane di assenza, è così che saluti tua figlia? Con un gesto della mano. Ora, chissà perché, non ho voglia più di di abbracciarti forte o farti vedere cosa faccio o come lo faccio. A me quel saluto va bene. Perché ormai l'ho capito, e sono passata in rassegna, papà. Tu sei fatto così, non lo fai di proposito a ignorarci, sta nel tuo DNA l'indifferenza verso le donne più importanti della tua vita? Ciao papà, come stai papà? Ti basta questo? DEVE BASTARTI. Accontentati. Io è una vita che lo faccio.

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