Questa è la mia normalità

di _Lakshmi_
(/viewuser.php?uid=69307)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Città vecchia ***
Capitolo 2: *** Insonnia ***



Capitolo 1
*** Città vecchia ***


L'arrivo in una sera di inizio estate

Questa è la mia normalità

Primo Capitolo:

Città vecchia...

 

La cittadina era come dormiente, nessuno ormai parlava più dell’arrivo di quei strani ragazzi dai capelli dai colori sgargianti e bizzarri, del loro modo di parlare ( infatti il Bepi, chiamato anche nonno da bar, nonché “Ahooo, Lello! N’altra bottiglia de grappa!”, aveva addirittura biascicato qualche parola al riguardo, eccessivamente impastata di alcool e quindi incomprensibile) e per non parlare del loro modo di vestire: in un paese dove la gente indossava abiti piuttosto banali, a tinte unite o fiori psichedelici, vedere dei ragazzi con una bizzarra camicia da notte bianca dai bordi viola (secondo Cospitù, l’anziano più anziano di tutti) oppure con indosso un singolare accappatoio bianco e blu rubato ad una bancarella dei cinesi (altra perla di saggezza del sopraccitato veterano del paese, famoso per la sua incredibile vista) e ragazze che indossavano delle divise fuori dal comune o un abito nero con una spaccatura insignificante (per i vecchi) o da rinchiudere ad Auschwitz con l'accusa di oltraggio alla decenza, (per le vecchie) davano molto nell’occhio.
Ormai era sera inoltrata per la cittadina (ovvero all’incirca le nove) e alla televisione si disputava la partita di calcio decisiva fra Milan e Juventus, quindi nessuno si azzardava a staccarsi dallo schermo ipnotico, seguendo con attenzione ogni sbaglio, ogni movimento, ogni tensione di muscoli dei vari calciatori. Più di una volta si udivano i commenti non molto... ehm... diciamo che più di una volta veniva nominato Dio, oppure la Madonna.
Persino Lello, storico proprietario del bar Da Lello era concentrato  ad osservare  le immagini in movimento annuendo oppure imprecando o insultando il giocatore di turno muovendo straccio e bicchiare in ampi e ben comprensibili gesti.
Fu allora che la porta del locale si aprì e fece capolino il giovane in camicia da notte.
Nessuno lo degnò di uno sguardo, finché la partita non s’interruppe per una lunga pausa, dove veniva mostrata ogni sorta di pubblicità, dalla lattina cancerogena alla medicina che curava ogni male.
Lello osservò lo straniero: aveva dei lunghissimi capelli di un viola intenso, del medesimo colore degli occhi dai tratti tipicamente orientali, come il viso del resto; non era eccessivamente alto ed era anche ben proporzionato... insomma, le classiche braccia levate all’agricoltura.

<< Che vuoi?>> domandò il proprietario, appoggiando il boccale lindo sul bancone non altrettanto pulito.

<< Buonasera, volevo delle informazioni...>> disse in un inglese molto maccheronico.

Gli anziani cominciarono a scambiarsi sguardi dubbiosi.

<< In che lingua borbota chesto che?>> domandò Vecio Seduto, chiamato così perché non si muoveva mai dallo sgabello del bar.

<< Assolutamente greco>> gli rispose Cospitù, annuendo più volte << Ho sentito il nipote di Lello parlare così...>>

<< Quello non è altro che un bastardo tedesco, te lo dico io! >> esclamò Lampiù, famoso per aver disintegrato un Ciao contro l’ultimo lampione funzionante davanti al locale << Alle armi!>> detto ciò prese il deambulatore e, a velocità di un bradipo morto, cominciò ad andare incontro al ragazzo.

Lello, l’unico sano di mente, fece segno all’estraneo di aspettare e poi raggiunse l’appartamento sopra alla locanda. Diede un colpo di chiave ed entrò, trovando il nipote quindicenne intento a giocare al computer. Il modesto salotto  era nel buio più totale, soltanto la spettrale luce del monitor illuminava appena il viso occhialuto del ragazzo. I capelli castani erano corti alla lunghezza delle spalle, bagnati fradici, segno che era appena uscito dalla doccia, mentre gli occhi erano grigi con qualche striatura verde smeraldo. Era mingherlino e non molto alto, a stento raggiungeva il metro e sessanta, mentre la carnagione era piuttosto abbronzata, visto che passava le vacanze estive sempre in spiaggia.

<< Francesco, devi aiutarmi con il bar>> disse Lello.

<< Sì, nonno... aspé che devo fare il cinque percento del boss>>

<< No, tu scendi ADESSO>> gli rispose il nonno, staccando la ciabatta alla quale erano collegate la maggior parte delle prese del computer.

Il giovane osservò con orrore lo schermo divenuto nero, poi posò lo sguardo sul parente. Tuttavia, appena stava per aprir bocca, venne percosso più volte con la scopa appoggiata al muro.

<< Ho capito, ho capito! >> sbuffò allora l’adolescente, scendendo le scale quattro a quattro.

Appena vide il nuovo cliente, rimase a fissarlo per qualche minuto. Dove l’aveva già visto?
Fece mente locale, poi un’immagine alquanto inquietante gli balzò nella testa: la camera di sua sorella. Già, perché lei adorava tutto ciò che riguardasse il Giappone e fra le migliaia di immagini di personaggi reali o surreali che le tappezzavano le pareti, sovrastava il poster di un gruppo chiamato Vocaloid. E fra i cantanti dai capelli dalle tinte allucinogene, si trovava anche un certo Gakupo, ovvero il tizio che stava combattendo contro Lampiù.
Il vecchio infatti per qualche arcano motivo l’aveva confuso per un tedesco, quindi, non avendo per niente in simpatia quella razza a causa delle due Guerre Mondiali, ogni volta che incontrava un turista iniziava a urlare come posseduto, oppure a lanciare oggetti ad una velocità pari ad una mitragliatrice.

<< Lampiù, Lampiù! Finiscila! Non è tedesco, se mai è giapponese!>>

<< Era un alleato dei tedeschi! A morte!>> purtroppo l’anziano pronunciò l’ultima parola con troppa enfasi, così la sua dentiera venne sparata, colpendo in pieno Francesco, il quale la raccolse da terra e la rilanciò al mittente.

<< Primo: la guerra è finita. Secondo... POSA SUBITO QUEL FUCILE!>>

A calmare le acque fu il termine della pubblicità, così tutti ritornarono nuovamente davanti alla televisione e si dimenticarono facilmente dell’accaduto. Tutti, tranne Francesco, Gakupo e Lello, il quale era finalmente riuscito a scendere le scale. Il primo, dopo un profondo sospiro di rassegnazione, portò fuori dal bar il cantante giapponese alquanto traumatizzato.
Si fermarono davanti al lampione distrutto, poi il ragazzo italiano dovette scavare nei suoi anni precedenti di inglese, per cercare di formulare una frase di senso compiuto.

<< Scusa, nel nord Italia i vecchi non sono famosi per l’ospitalità>> rise, poi aggiunse << Che ci fa un famoso cantante giapponese in un paese sperduto?>>

<< Eravamo in tour, ma alla fine per...>>

Francesco ormai non ascoltava più. Era troppo concentrato sulla figura femminile che si stava avvicinando. A dir la verità erano tre, ma lui si concentrò soltanto sulla prima. Aveva i capelli verdi, lunghi poco prima delle spalle, con le due ciocche che le incorniciavano il viso dai tratti dolci erano qualche centimetro più lunghe e gli occhi erano grandi, tondi e del medesimo colore.
Come un ebete il giovane restò a guardarla, mentre Gakupo continuava imperterrito il racconto. Quest’ultimo si fermò unicamente quando arrivarono le tre ragazze ed una di queste lo percosse con un pesce.

<< Ciao!>> disse la fanciulla dai capelli verdi.

<< C... c... ciao>> Francesco cercò in tutti i modi di sistemarsi i capelli umidicci e di nascondere la fantasia del suo pigiama, ma con insuccesso, poiché i suoi ciuffi ribelli non riuscivano a stare dritti, preferendo invece seguire una piega ad onda e poi era praticamente impossibile nascondere un grande orso sulla maglia e centinaia sui pantaloni.
Assunse un colorito sempre più rosato, fino a raggiungere il rosso più acceso quando lei si presentò: si chiamava Gumi. Lui invece non era nemmeno riuscito a balbettare la prima sillaba del suo nome.
Quando la giovane venne trascinata via da una ragazza dalle lunghe code turchesi, Francesco cominciò a torturarsi, dandosi mentalmente dello stupido, più e più volte.

<< Conosci magari un albergo?>> domandò la terza fanciulla, quella con i capelli rosa. Al contrario degli altri, il suo inglese si poteva reputare persino decente!

<< Beh, quasi tutti quelli più belli ed esclusivi si trovano nella parte moderna della città, a cinque minuti di macchina da qui. Se però volete un albergo vicino, io vi consiglio quello di Pina, anche se la scelta delle camere è piuttosto ristretta: ha principalmente camere matrimoniali e cam...>>

<< Accettiamo!>> esclamò entusiasta Gakupo, ricevendo ancora una volta il tonno sulla testa.

 

Pina spolverava il bancone della reception, prestando minuziosa cura al più piccolo granello di polvere. Era una di quelle sere tranquille, dove non sarebbero giunti dei clienti nemmeno per sbaglio.
Poteva guardare la partita come tutti gli altri, ma in sessant’anni non era mai riuscita a capire lo scopo del gioco. Così restava lì, sola, perché i suoi dipendenti erano troppo presi dalla televisione, quindi spolverava o rimaneva ad osservare le pale del ventilatore girare senza sosta.
Un tempo quel luogo era sempre pieno di clienti, ora si era adattato al resto del paese vecchio, diventando incredibilmente vuoto e desolato. Ma anche con ciò lei non demordeva: prestava sempre attenzione alle camere, che tutto fosse in perfetto ordine e ben accogliente, nella speranza di un arrivo di una famiglia numerosa, la quale avrebbe dato una botta di vita alle sue finanze.
La modernizzazione di una parte della centro abitato aveva fatto sparire i clienti, perché se una volta cercavano un posto tranquillo con bei paesaggi, ora soltanto alberghi di lusso, discoteche e bar nuovissimi.
Mentre stava per prendere l’aspirapolvere e pulire il caldo parquet, sentì il trillo della porta, segno che era entrato qualcuno. Sorrise dolcemente: doveva trattarsi di uno dei nipoti di Lello o del Bepi, venuti lì per fare quattro chiacchiere. Già, perché Pina era famosa per essere pettegola, ma amava anche ascoltare i problemi altrui.

<< Sei tu Lucia?>> domandò, riemergendo dallo sgabuzzino.

Quando vide chi era entrato quasi le cascò il pesante aspirapolvere. Erano... erano... clienti!

Si sistemò gli occhiali più volte sul naso, perché non credeva ai suoi occhi. Quasi scoppiò in lacrime, ma si trattenne, preferendo dare un’aria più seria possibile.

<< Buonasera!>> disse, facendo un ampio sorriso.

<< Buonasera, io sono Luka Megurine, mentre loro sono: Gakupo, Miku, Rin, Len, Kaito, Gumi, Kaito e Meiko. Siamo qui per prenotare delle camere...>>

La signora fece un ampio sorriso: grazie a loro, finalmente avrebbe potuto permettersi la crociera che aveva da sempre sognato.

 

Fine Primo Capitolo!

 

Voi vi domanderete: che cos’è un Cospettone? Beh, dev'essere un pesce di lago, tuttavia è spesso usato per insultare una persona. Infatti dev’essere un pesce con -50 diottrie, visto che si dice appunto “orbo come un cospettone”.

Volevo fare un piccolo appunto: per chi non avesse capito, quando i dialoghi sono scritti in grassetto, vuol dire che stanno parlando in inglese, mentre se c'è sia il grassetto che il corsivo stanno comunicando in giapponese.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

Un bacio da _ Lakshmi_ !

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Insonnia ***


Secondo Capitolo

Secondo capitolo:

Insonnia

 

Gakupo sospirò, seccato: in meno di un’ora era passato dal letto al divano, per poi spostarsi sulla poltrona ed infine finire relegato su una scomodissima sedia ed era già la sesta volta che, rigirandosi, era caduto sul parquet, ricevendo le maledizioni degli altri Vocaloid perché faceva troppo rumore.
Aveva pianificato la serata in un modo perfetto, ovvero avrebbe dovuto vedere un film strappalacrime con Luka per intenerirla, poi avrebbe agito di conseguenza. Invece ciò non avvenne, perché Gumi, Rin, Len e Miku, ai quali si erano aggiunti anche Kaito e Meiko, avevano deciso di passare un po’ di tempo assieme.
Poi naturalmente, non avevano minimamente pensato di tornare alle proprie stanze, preferendo restare tutti in compagnia, per la felicità di Kamui.
Purtroppo i posti non erano infiniti, così per accontentare le esigenze dei colleghi, il nostro samurai aveva continuato a scalare dal posto più comodo al più scomodo, finendo sulla seggiola in legno con appena una coperta e un cuscino.
Dopo l'ennesima ribellione delle sedie Ikea, il cantante giapponese si alzò e, silenziosamente, sgusciò fuori dalla camera; decise di andare in cucina per prepararsi un litro di camomilla, così riuscire a raggiungere il sonno con facilità.
Salì due piani di scale arrivando nella grande sala da pranzo deserta; il pavimento scricchiolava sotto i piedi creando un’atmosfera inquietante. Sui muri candidi venivano proiettate le distorte ombre degli oggetti; persino il ticchettio dell’orologio sembrava appartenere alla colonna sonora  d'un film horror.
Tuttavia quelle fantasie scomparvero non appena Gakupo accese la luce e si diresse velocemente nella stanza adiacente; qui mise a bollire un pentolino di acqua, poi frugò fra i ripiani in cerca dell’infuso. Non riuscì a trovarlo, nemmeno ricontrollando più volte, finché non sentì una mano che gli picchiettò la spalla.

<< Cercavi questa?>> chiese Luka in giapponese, lanciandogli una scatola di tisane << Era lì >> aggiunse poi, indicando l’isola che si trovava poco distante da loro.

<< Luka... come mai sei sveglia?>>

<< Avevi lasciato la porta aperta>> lo rimproverò lei, mettendosi le mani sui fianchi << E poi... di che cosa parlava quel film che volevi farmi vedere?>>

<< Ah, quello? Niente di speciale>> sospirò lui.

Erano bastate quattro persone per fargli saltare i piani di un’intera serata. Invece di stare da solo con Luka, aveva dovuto giocare a Just Dance 4 e al fantastico gioco Trivial Pursuit Vocaloid, nel quale le domande variavano tra le più ovvie alle più particolari, dove Gakupo scoprì cose di sé di cui era completamente all’oscuro.
Fece scorrere gli occhi sulla figura della ragazza, poi sì avvicinò, passandole una mano fra la lunga chioma rosata. Lei arrossì, tuttavia non si mosse.
Allora le labbra di Gakupo toccarono quelle di Luka, in un dolce bacio che la ragazza non tardò a ricambiare. Persino quando, a forza di bollire, l’acqua iniziò a fuoriuscire, i due non si fermarono. Dovette arrivare Pina che, con un preciso lancio di padella, colpì in pieno il giapponese.

<< Niente effusioni nella mia cucina>> sbuffò.

La ragazza diventò rossa come un pomodoro lasciando immediatamente Gakupo, il quale appariva visibilmente stizzito. Era pronto per fare una crociata contro la proprietaria dell’albergo, ma la mano di Megurine gli si posò sulla spalla in un muto tentativo di calmarlo.
Pina sospirò, poi frugò nelle tasche della veste fino a trovare una chiave di una delle stanze più sfarzose. La rigirò un paio di volte fra le mani, poi la lanciò a Kamui, il quale l’afferrò al volo.

<< Non riesci a dormire, giusto? Certe volte può essere un problema della stanza. E noi dell’albergo "La Costellazione" non vogliamo di certo un cliente malcontento>> recitò Pina, facendo un occhiolino << Quindi ora va’! Non voglio scocciatori mentre preparo la colazione>> aggiunse infine.

Quando i due si dileguarono, la donna raccolse in una coda i lunghi capelli lisci e neri, poi cominciò a sfogliare un vecchio ricettario. Si sistemò più volte gli occhiali sul naso, forse per nervoso, e iniziò a girare le pagine con fin troppa forza, fino a scagliare l’intero libro contro la parete; si lasciò cadere sullo sgabello dalla seduta imbottita e rimase lì, ferma ed in preda allo sconforto.

<< Ah, ragazza, goditelo finché puoi... perché un giorno aprirà un bar, si sposerà, avrà dei figli e nipoti degeneri e si ricorderà di te soltanto a Natale, quando ti consegnerà un misero panettone comprato all’ultimo momento, tra l’altro duro come il cemento>> disse fra sé e sé, osservando il suo riflesso sul piano di lavoro: le sue rughe, perlopiù coperte da una base di correttore, segnavano il tempo che scorreva incessante e i suoi occhi spenti quasi corvini, non avrebbero di certo più brillato come una volta.

Ormai aveva passato i cinquant'anni e la sua vita sembrava sempre più desolata. Il suo unico sollievo era quello di parlare con le altre donne del paese, sentire i pettegolezzi e raccontarne di nuovi; le sue amiche spesso la schernivano, perché loro erano sposate, mentre lei viveva da sola con un coniglio nero, infernale, che tempo prima le aveva regalato Francesco per il compleanno. Infernale perché riusciva sempre a fuggire dalla gabbia, seppur fosse ben sigillata, e girovagava con noncuranza nella cittadina.
Un coniglio diabolico, tanto da ricevere il nome di Belial quando Lampiù gli sparò per sbaglio senza riuscire ad ucciderlo, come se fosse immune ai proiettili d'un fucile da caccia.
Pina si alzò e raccolse il libro sorridendo leggermente: leggenda vuole che chi ha la fortuna di recuperare il coniglio troverà con esso anche l’amore.
Non esisteva niente di più falso.

 

Nel frattempo Francesco stava dormendo beatamente. Un leggero rivolo di bava gli colava dalle labbra sottili e rosate, curve in un sorriso soddisfatto; il suo sonno venne interrotto da un battito frenetico alla finestra, come se qualcuno stesse colpendo le ante con dei sassi.
Aprì un occhio e, stancamente si alzò per andare a vedere cosa stesse succedendo.
Purtroppo però, appena aprì le tapparelle ed i vetri, ricevette un macigno diritto in fronte; si risollevò dal pavimento pochi attimi dopo imprecando a denti stretti, affacciandosi al balconcino per vedere chi era il poco sano di mente che si divertiva a svegliare le persone in piena notte.
L’unica persona che si trovava in mezzo alla via era Miku, la cantante dai capelli azzurri.

<< Ciao!>> disse raggiante la fanciulla.

<< Miku... sono le cinque del mattino...>> brontolò Francesco, sfregandosi l’occhio sinistro.

<< Mi canteresti una canzone? Mi sono svegliata e non riesco più a riaddormentarmi perché Kaito russa...>>

Miku infatti era abituata ad addormentarsi con una canzone, ma a causa dell’ora non poteva di certo svegliare gli altri componenti del gruppo per un capriccio personale.
L’italiano si maledì ripensando alla cortesia mostrata nel dire: Se avete qualche problema, non esitate a chiamarmi. Evidentemente l’avevano preso fin troppo alla lettera.

<< Sono stonato, stanco e sinceramente se inizio a cantare adesso riceverei soltanto insulti>>

Tuttavia la ragazza non si mosse di un centimetro, anzi, rimase a guardarlo con i grandi occhi turchesi tendenti al verde e con un sorriso angelico dipinto in volto.

<< Aspettami lì>> sospirò allora lui, chiudendo la finestra.

Indossò una maglia lunga e nera a mezze maniche comprata ad un concerto di Ligabue, poi, gettando i pantaloni del pigiama sulla sedia davanti al piccolo televisore, s’infilò un paio di jeans lunghi fino al ginocchio; scese nel bar, decidendo di uscire in infradito perché con le Converse avrebbe avuto fin troppo caldo.
Guardò Vecio Seduto, il quale stava dormendo seduto sullo sgabello: aveva la bocca aperta e russava beatamente. Era un sonno profondo il suo, infatti non si svegliò nemmeno quando Francesco, per prendere un mazzo di chiavi, cadde per terra ribaltando un tavolo.
Il ragazzo aprì la porta del locale e la richiuse dopo essere uscito.

<< Va bene se ti suono qualcosa con il pianoforte?>> il giovane non attese nemmeno la risposta, iniziando a camminare verso il teatro della scuola media.

<< Hai visto che tenero?>> domandò Miku, stringendo ancor di più il coniglio nero che aveva trovato pochi minuti prima.

<< Miku... non potevi bere una camomilla come tutte le persone normali?>>

<< Ma... non volevo disturbare nessuno>>

Francesco sospirò: non solo era stato svegliato ad un’ora improbabile, ma non veniva neppure preso in considerazione. Non si potevano infastidire i colleghi di lavoro, però i perfetti estranei sì?
Mentre i due camminavano per le vie desolate della cittadina, qualcuno li stava osservando dalla finestra con un fucile stretto in una mano, mentre con l’altra pigiava i tasti di un vecchissimo telefono.
Alzò lentamente la cornetta, attento a non fare il benché minimo rumore.

<< Cospitù, Cospitù! Sì, sono io! Il nipote di Lello sta fuggendo con la ragazza tedesca... >> poi aggiunse in tono indignato << lo sai che io non scherzo mai su queste cose... non mi stupirei se domani Lello diventasse bisnonno... cosa?! Ma lo sano tutti che i tedeschi si riproducono peggio dei conigli! >> infine s’infuriò, diventando anche rosso in volto << Come lascialo in pace? Quell’essere sta tradendo la Patria! Quella che IO ho difeso sputando sangue e finendo quasi accecato>>

Riagganciò il telefono, sedendosi sul bordo del letto per riflettere sull’accaduto: ovviamente il buon Cospitù non avrebbe mai mosso un dito, perché infatti seguiva la linea di pensiero sono ragazzi, tuttavia lui, Lampiù, non avrebbe fatto lo stesso. Ci voleva una giusta punizione.

 
Miku osservò entusiasta il teatro. Certo non era molto grande, però aveva delle poltroncine blu assai graziose e un palcoscenico spazioso su cui troneggiava un pianoforte a mezza coda.
Francesco la fece accomodare in prima fila poi raggiunse lo strumento musicale, mascherando a stento il nervosismo: pur essendo l’addetto alle pulizie, non avrebbe dovuto trovarsi lì a quell'ora; se l’avessero scoperto sarebbe finito in guai seri. Allora perché stava correndo questo rischio? Per accontentare una cantante esigente? Non lo sapeva nemmeno lui e le uniche cose che l’avevano spinto ad acconsentire alla stramba richiesta di Miku erano state quelle bellissime iridi e la dolce voce della ragazza, unite ad un visetto stupendo...
La luce fioca illuminava a malapena i tasti.
Il ragazzo provò un paio d'accordi, deglutendo un bolo di saliva mista a paura. Non avendo nessun spartito dovette lavorare di fantasia per poter creare una melodia orecchiabile, ma al contempo dolce e calma, come le onde del mare in uno di quei film romantici noleggiati al Blockbuster da sua sorella.
Diede un veloce sguardo alla fanciulla, la quale lo guardava incuriosita, con gli occhi brillanti come quelli di un bambino che pian piano scopriva il mondo.
Fu in quell’attimo che, seppur lieve, percepì un suono che ben presto si tramutò in una musica.
Fece scorrere la mano sulla tastiera, producendo un brano incredibilmente gradevole all’orecchio. Scivolava dalle note alte a quelle più gravi con delicatezza, incalzando sempre di più il ritmo, finché, quando guardò la platea, notò Miku stava dormendo profondamente. Allora rallentò fino a fermarsi.
Le si avvicinò, sorridendo nel vedere la sua espressione calma, rilassata.

<< Buonanotte Miku>> sussurrò, mentre cercava con un posto dove dormire.

La ragazza, nel sonno, gli afferrò la mano.

<< Ok... hai vinto>> aggiunse infine, sedendosi sulla poltrona affianco.

 

Fine Secondo Capitolo!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1542571