Nel buio un angelo bianco

di SeverusPitonFanForum
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non sentivo niente, erano ore che non riuscivo a captare il ben che minimo rumore dietro a quella porta.
L’odore del mordente mi era entrato nelle narici a tal punto da arrivare a pensare che non ne esistessero più altri; era buio fuori e la pioggia batteva forte contro le grandi vetrate gotiche, non riuscivo a sentire il suono del mio respiro.
Solo legno, caldo e dorato che mi permetteva di continuare a desiderare di essere li, in quegli attimi interminabili ad aspettare una risposta.
Pensavo e ripensavo a quella strana lettera apparsa sulla mia porta quelli che ora sembravano secoli prima, figuravo nella mente la pergamena ingiallita che odorava di vecchio e le scritte che sembravano risplendere sotto la luce calda del sole di settembre, e poi quelle parole che avevo letto e riletto per giorni sforzandomi di capire, una calligrafia elegante e leggermente allungata, sicura e bellissima, in effetti sembrava proprio che avesse qualcosa di magico………


CAPITOLO 1

Ero immersa in quei profondi pensieri quando ad un tratto il pesante portone si aprì. Cigolava e raschiava a tal punto che fui sorpresa di non vedere decine di uomini con argani ed ingranaggi a cercare di smuoverlo.
Una distesa infinita di persone sedute a lunghi tavoli di legno rozzamente intagliato si voltarono come se un’enorme calamita le avesse improvvisamente attirate, mi fissarono, in quel modo in cui si fissa un animale mai visto, affascinante, pericoloso, sconosciuto.
Su un palco, sul fondo, sedevano una manciata di persone vestite in modo perlomeno singolare, anch’esse intente a rimirarmi intensamente, tutte, tranne una.
Attraversai la grande navata col peso di quelli che potevano essere un migliaio di occhi puntati su di me, camminavo lenta, come se avessi paura di arrivare al fondo e di sentire quel verdetto. In ogni caso la mia vita sarebbe cambiata per sempre, sia che fossi rimasta in quel folle mondo che sembrava essersi dimenticato di vivere gli ultimi mille anni, sia che fossi tornata a casa passando il resto della mia esistenza a chiedermi come sarebbe stato.
Provavo disperatamente ad accelerare il passo, ma sembrava che le mie gambe stessero seguendo ordini superiori, che non rispondessero più alla mia volontà; gli occhi incollati ai miei bei sandali di pelle ed all’orlo del mio abito bianco.
È strano come la mente vaghi libera quando la situazione è particolarmente tesa, in quel momento mi resi conto che in tutta la mia vita non avevo mai indossato nulla che non fosse bianco, mai, neanche per fare ginnastica a scuola o per scendere di casa a comprare il latte, e di colpo mi sembrò assurdo non averci mai pensato prima.
Quasi inaspettati, come se per tutto quel tempo l’idea di arrivare alla fine non mi avesse neppure sfiorato, arrivarono i tre gradini che precedevano il palco. Alzai lo sguardo con una fatica che mi parve sproporzionata allo sforzo e capii per la prima volta che non c’era modo di tornare indietro.
Due grandi e acquosi occhi azzurri mi guardarono con una benevolenza che poche volte mi era stata rivolta nella mia vita, e con un impercettibile gesto del capo, quasi come se non volessero farsi vedere da altri che da me, dissero “SI”, semplicemente “SI”.
Avevo affrontato un viaggio interminabile, pieno di domande senza senso, riuscendo solo a trovare risposte che ne avevano ancora meno, avevo aspettato per ore alla stazione qualcuno che mi indicasse la strada, avevo passato una serata intera davanti ad uno smisurato portone di noce per sentirmi dire : “SI”.
Due lettere, miscelate in modo neanche troppo interessante, mi sorpresi a pensare, dovevano dare un senso a tutto quello che avevo passato da quell’assurdo sette settembre.
I due occhi azzurri mi guardarono nuovamente, quasi avessero intuito la mia perplessità e il mio malcontento, e questa volta mi resi conto che appartenevano ad un uomo alto e molto, molto anziano, sembrava che il tempo su di lui avesse avuto un effetto diverso da quello che aveva sugli altri, sembrava che gli avesse invecchiato il corpo, ma non fosse riuscito minimamente ad intaccare la sua spensieratezza e la sua allegria di fanciullo, eppure, una saggezza enorme emanava dal suo corpo, mi sembrava quasi di sentirne il calore.
- “ Dopo lunghe riflessioni” disse ad un tratto “il corpo insegnante ha deciso di ammetterla a questa scuola. Abbiamo esaminato il suo caso a fondo e siamo giunti alla conclusione, malgrado alcune titubanze, che è idonea a prendere parte alle lezioni e ad imparare la nobile arte che da millenni viene tramandata all’interno di queste mura. Benvenuta ad Hogwarts, signorina Huoot!”
Hogwarts, era questo che avevo letto sull’intestazione della lettera: “signorina Keira Helena Huoot, 6 Oxford street, Londra” sotto un blasone dorato inciso sulla carta sul quale troneggiava la scritta “Hogwarts”.
“E ora sono qui” pensai, in un mondo fantastico fino a ieri sconosciuto e mi è stato detto “SI”, come se fossi stata io a chiedere di venire, mi contattano e mi fanno seriamente pensare di essere completamente impazzita, e poi arrivata qui dietro loro “cortese” richiesta mi dicono “SI” come se avessi insistito e battuto i piedi tipo una bambina pianiucolante per farmi catapultare fino qui!”
- “Questi saranno i corsi che seguirà, signorina Huoot” L’anziano mago, con le sue parole, mi riscosse dai miei protestanti pensieri, nel resto della sala regnava il silenzio più assoluto.
- “Storia della magia, con il professor Ruf”
Quello che aveva tutta l’aria di essere un fantasma mi rivolse un sorriso e un accennato movimento del capo, feci lo stesso tradendo forse la mia curiosità per l’interlocutore.
- “Trasfigurazione, con la professoressa Mc Granit, anche se, naturalmente, non ci aspettiamo che lei faccia progressi da subito”
Una signora di una certa età con piccoli occhiali a mezza luna calati sul viso severo e uno scignon di capelli grigi sulla nuca mi sorrise, un sorriso aperto e rassicurante che strideva con l’impatto iniziale, ma che sicuramente mi fece sentire più a mio agio. Sorrisi di rimando.
- “Erbologia, con la professoressa Sprite”
Una strega dal viso paffuto e gioioso sorrise e io mi affrettai a fare altrettanto; ma quante altre materie dovevo seguire?
- “Ed infine pozioni, con il professor Piton” Mi voltai verso l’uomo vestito di nero che l’anziano mago mi indicava, aveva la pelle diafana e i capelli lunghi fino poco sopra le spalle neri come l’ametista e lisci, così lisci da sembrare fatti di seta. Stava chino su quella che poteva essere una pergamena, sembrava non gli importasse della mia presenza, anzi sembrava addirittura che lo infastidisse.
Improvvisamente due occhi neri profondi come la notte mi guardarono, sembravano privi di calore come se non vedessero la luce da tanto, troppo tempo, ma in fondo, quasi impercettibile, una fiamma nera divampava senza sosta, un fuoco che per un attimo mi parve fuori controllo, bellissimo nella sua pericolosità, ripreso immediatamente dal proprietario di quello sguardo di ghiaccio incandescente che ora mi fissava negli occhi, i miei grandi, enormi occhi verdi, che nessuno, mai, aveva guardato così.
Era lì, immobile davanti a me con i suoi occhi fissi nei miei, volevo distogliere lo sguardo, dovevo farlo, ma qualcosa di più forte della mia volontà stava parlando ai miei sensi, qualcosa, sono sicura, celato dietro i profondi abissi di quello sguardo nero.
Un brivido inaspettato mi percorse veloce la schiena, sentii il vento delle vaste praterie del Colorado spettinarmi i capelli, il sole del Giappone appena sorto riscaldarmi il viso e le onde prorompenti del freddo mare del nord carezzare il mio corpo, vidi la mia vita, il mio amore per i posti perduti, il mio ricordo di terre lontane, fondersi e intrecciarsi con le immense profondità di quegli splendidi occhi neri.


*****


- “Ed infine pozioni, con il professor Piton”
La voce calda di Silente annuncia con la sua solita, fastidiosa ilarità, quello che probabilmente sarà il mio supplizio per i prossimi anni: una babbana, un’ odiosa ragazzina babbana, dotata di chissà quali “mirabolanti poteri” a frequentare il mio corso, come se la mia situazione attuale non fosse già sufficientemente complessa.
Alzo lo sguardo controvoglia, pronto a gelare il sangue di quest’insopportabile sorridente novità, pronto a vedere il viso paffuto ed eccitato di una ragazzina saccente, resa ancor più insopportabile dall’ormai innegabile consapevolezza dei suoi “poteri”, pronto a………………..Due grandi, enormi occhi verdi mi guardano, senza paura, senza curiosità, senza insolenza, mi guardano e basta, profondi e infiniti in quel verde smeraldo che cela in se sconfinate praterie, raggi di sole e acqua cristallina. Un brivido mi percorre la schiena, veloce, inaspettato, voglio distogliere lo sguardo, devo farlo, ma qualcosa di più forte della mia volontà sta parlando ai miei sensi, inebriandoli, facendomi sentire vivo dopo tanto, troppo tempo da quando i miei occhi hanno visto la luce.
Continuo a guardarla, perso nel suo sguardo di cristallo così diverso dal mio, intravedo il suo corpo perfetto velato di bianco, i suoi lunghi capelli biondi e sciolti ricadere morbidamente sulle spalle e poi giù, fino alle gambe, bellissime, che l’abito lascia scorgere, le sue labbra di rugiada leggermente dischiuse, il suo viso, il suo bellissimo viso, che sembra quello di un angelo.
Lei mi guarda, io la guardo e sembra, per un attimo infinito, che non ci sia più nulla al mondo che valga la pena di dire.


*****


Poco distante gli occhi dell’anziano mago si incrociarono con quelli della professoressa Mc Granit. Lo seppi solo molto tempo dopo, ma quello sguardo e probabilmente una minima parte del suo contenuto, non erano passati inosservati.


- “Si accomodi pure al tavolo alla sua sinistra, signorina Huoot, il tavolo di Grifondoro”
La voce del mago bianco tornò a riscuotermi. - “Per lei, signorina, non verrà seguita la normale procedura di smistamento, in quanto, il cappello parlante che decreta l’assegnazione alle case, non è in grado di giudicare i non maghi, o “babbani”, come siamo soliti chiamarvi, abbiamo di conseguenza valutato la sua situazione con il corpo insegnante e Grifondoro ci è sembrata la scelta più appropriata, la professoressa Mc Granit sarà la sua capocasa.”
Mi sembrava di non capire assolutamente nulla, cappelli parlanti? Case? Grifondoro?
“Qualcuno vuole degnarsi di spiegarmi qualcosa?! Maledizione, ma date tutto per scontato?”. La sete di risposte si fece di colpo insostenibile, così, presa da un impulso improvviso feci quello che per rispetto cercavo sempre di evitare: lessi nella mente della professoressa Mc Granit, era la mia capocasa no? Chi meglio di lei poteva fornirmi spiegazioni?
Ma qualcosa di strano accadde: non appena mi intrufolai nella sua mente l’anziana strega si girò di scatto verso di me, non mi era mai successo, le volte in cui, per necessità o involontariamente, mi era capitato di leggere nei pensieri altrui, ero sempre passata del tutto inosservata, ma questa volta, no.
La professoressa mi sorrise benevola intuendo il mio stupore, si alzò da quello che avevo capito essere il tavolo delle “celebrità” e si diresse velocemente verso di me mentre l’anziano mago impartiva quelle che sembravano regole e disposizioni per il nuovo anno.
Si avvicinò fino quasi a raggiungermi, poi con un cenno del capo, mi chiese di seguirla.
Attraversammo a ritroso la sala, di nuovo addosso gli sguardi di tutti, ma questa volta ne sentivo sulla schiena uno in più, mi voltai indietro e colsi gli occhi incandescenti del tenebroso professore di pozioni osservarmi mentre mi allontanavo tra la folla, lo guardai un istante ancora, era bellissimo, prima di sparire dietro il pesante portone.
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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Affrontammo miriadi di corridoi e scale, finchè, davanti al ritratto di una signora grassa, ci fermammo
-“Caput Draconis”
Ordinò la Mc Granit, e il ritratto, sorridendo, si aprì, rivelando un angusto corridoio di pietra che sfociava in un accogliente stanza dall’altissimo soffitto e dalle pareti foderate di rosso, interrotte, qua e la, da bifore e trifore di proporzioni enormi.
Mi guardai intorno finchè la professoressa non mi invitò ad accomodarmi su una poltrona davanti al camino che sembrava essere li da almeno quattrocento anni.
-“Ora ti spiegherò tutto!” disse dopo una lunga pausa in cui mi osservò profondamente.
-“Cos’ è questa scuola già lo sai, quindi non mi dilungherò sulla sua storia e sulle sue tradizioni, le scoprirai stando qui. Per quanto riguarda le case, sono quattro, come i tavoli che hai visto nella grande sala: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ognuna di esse fa capo ad alcune delle fondamentali virtù che un mago deve possedere, una delle principali di Grifondoro, la mia e da oggi anche la tua casa, è il coraggio. Abbiamo dedotto, non sapendo assolutamente nulla di te, che una ragazza appena ventenne che molla tutto per recarsi in un mondo fantastico sconosciuto fino a poco prima, deve averne da vendere.”
Annuii sorridendo
-“ Questa che vedi è la sala comune, sopra a destra ci sono i dormitori delle ragazze dove troverai sistemate tutte le tue cose. Come ben sai ti abbiamo inserito al sesto anno, di conseguenza il lavoro da fare sarà tanto, ma considerata la tua intelligenza, e la tua “dote” suppongo non ci saranno troppi problemi. Tutti gli insegnanti, comunque, si sono offerti di impartirti lezioni speciali per farti recuperare il programma…..o meglio, quasi tutti, ma vedrai, rimedieremo anche a questo.
Ti devo anche informare che alcuni maghi non vedono di buon occhio la presenza di babbani a Hogwarts, di conseguenza, soprattutto i primi tempi, potresti non avere vita tanto facile, ma sei forte, lo so!”
Mi sorrise apertamente, si alzò e si diresse verso di me, poi del tutto inaspettatamente, si chinò e mi diede un bacio sulla fronte dicendo:
-“Benvenuta tra noi Keira!” e se ne andò attraversando il buco del ritratto.
Compresi immediatamente che la mia espressione doveva essere più terrorizzata di quel che volevo far vedere se anche una donna la cui severità era certo innegabile si era lasciata andare in un tale slancio d’affetto.
Mi accoccolai nella poltrona e continuai a guardarmi intorno, mobili di ogni tipo ed epoca si susseguivano sulle pareti purpuree, libri, che pensai di testo, sparsi qua e la tradivano la presenza di decine di studenti e poi l’enorme stemma di Grifondoro che troneggiava sopra il gigantesco camino medievale.
“Non male come casa”, pensai.
L’aria profumava di cenere e il calore del fuoco mi accarezzava dolcemente il viso, la pioggia, fuori, continuava la sua picchiettante canzone interrotta ogni tanto dal boato del tuono. Era bello, si era davvero bello. Lasciai cadere la testa all’indietro e chiusi gli occhi per un attimo inspirando profondamente l’aria calda del camino.


Un rumore mi svegliò di soprassalto. “Maledizione! Mi sono addormentata.” d'altronde dopo le emozioni e il poco sonno degli ultimi giorni era quasi impossibile continuare a restare sveglia!
Un fiume di ragazzi e ragazze di ogni età stava invadendo la sala, alcuni sembravano bambini, altri dovevano avere più o meno la mia età. “Ecco perché non sono stata inserita al primo anno…sono troppo vecchia!!”
Erano tutti impegnatissimi a non tradire alcun interesse nei miei confronti, le loro emozioni forti, però, travolgevano la mia mente che riusciva a tratti, a percepire distintamente i loro pensieri.
Una ragazza sui sedici anni dai capelli arruffati si avvicinò con un grande sorriso
-“Ciao, io sono Hermione, Hermione Granger! Tu sei Keira vero?
Annuii.
-“ Io sono del sesto anno, quindi sarai in classe con me. Posso lasciarti i miei appunti se vuoi, soprattutto per quanto riguarda pozioni”
Il mio cuore mancò un battito, il professore dagli occhi di fuoco! Hermione se ne accorse e continuò
-“ Lo so, Piton fa paura a tutti e poi con questa storia del non volerti dare ripetizioni….ma non preoccuparti, ci siamo noi.”
E dicendo questo mi indicò una ragazza dalla faccia simpatica e dai capelli rosso fuoco.
-“ Lei è Ginny, è la mia più cara amica”
Ginny mi sorrise e mi salutò con calore.
-“ E poi ci sono Ron ed Harry” continuò Hermione “ ma al solo nominarti diventano rossi come due peperoni, figurati a venire qui a presentarsi, sai, non sei passata inosservata stasera. Dagli tempo, sono simpatici, ma idioti, sono uomini!”
Sorrisi apertamente con uno sguardo complice e cercai di tornare sull’argomento che più mi interessava.
-“ Perché dici che Piton fa paura? E poi perché non vuole darmi ripetizioni?”
Hermione e Ginny sgranarono gli occhi
-“ Perché fa paura??!! Dico, ma non l’hai visto? Non so come hai fatto a sostenere il suo sguardo per tutto quel tempo stasera, mi viene la pelle d’oca solo a pensarci! Vedrai te la farà pagare, è un uomo perfido e vendicativo e soprattutto ama terrorizzare gli studenti, in particolar modo quelli di Grifondoro. Sei la prima che sostiene il suo sguardo di ghiaccio e questo non gli andrà giù, stanne certa!”
Evitai di dire ad Hermione cosa avevo visto nello sguardo enigmatico di quell’uomo che ai miei occhi, ed evidentemente solo ai miei, appariva così maledettamente bello.
-“ Per quanto riguarda le lezioni , ha detto a Silente che era troppo impegnato con il suo lavoro per l’Ord……per la scuola” si corresse prontamente Ginny che aveva preso la parola “ ma tutti sappiamo che è perché odia i babbani! Sarà un osso duro, ma ci siamo noi!”
Evitai di continuare la conversazione su Piton vedendo che non portava da nessuna parte.
-“ E’ bello qui, e voi siete davvero simpatiche. La Mc Granit mi ha detto che a molti di voi non avrebbe fatto piacere avermi qui, ma credo si sbagliasse, o siete davvero attrici da oscar o…”
-“Oh, ma non è a noi che darai fastidio” mi interruppe Hermione “ è vero qualcuno è ancora titubante, ma vedrai li conquisterai subito. E Serpeverde il problema! Loro odiano i babbani e i mezzosangue, vorrebbero che Hogwards fosse frequentata esclusivamente da maghi purosangue per non macchiare il buon nome della scuola. E indovina un po’ chi è il loro capocasa…? Comunque per quanto riguarda l’altro sesso credo che non avrai problemi!” fece un cenno d’intesa a Ginny “ hai visto come la guardava Malfoy, sembrava gli avessero infilato una patata lessa in bocca!”
Mi unii alla loro sonora risata, e sentii un calore intenso che non proveniva dal camino. Era l’idea di trovarmi li, con persone che conoscevano il mio potere e non mi guardavano come se fossi un mostro, che ridevano insieme a me noncuranti del fatto che potevo leggere nelle loro menti a piacimento, mi consideravano un’amica ed io iniziavo seriamente a considerare loro come tali. Forse, dopo aver cambiato casa tante volte nella mia vita, dopo aver vagato per il mondo in cerca di qualcuno che non volesse essermi amico solo per sfruttare a fini di lucro il mio dono, dopo aver conosciuto e imparato decine di culture in cerca di qualcosa che mi somigliasse, forse, questa volta, avevo davvero trovato il mio posto.
Trascorremmo il resto della serata a ridere e scherzare su tutto ciò che ci veniva in mente, Hermione e Geeny mi facevano un milione di domande e io ne facevo a loro, poi quando cominciai a raccontare della mia vita un altro gruppetto di studenti si unì a noi.
Parlai degli alberi di neve del Giappone, della cultura dei samurai e della nobile arte della loro spada che dopo anni avevo perfettamente imparato, parlai delle immense praterie del Colorado dove correvano cavalli selvaggi che, insieme al vento, per tante notti avevo cavalcato, parlai dell’Africa, dove però avevo vissuto solo per pochi mesi, e parlai infine del grande nord, la terra in cui ero nata, ricca di leggende e di storie incantate, dove il mare si infrange sugli scogli con una tale forza da non permetterti di udire nient’altro, la terra da cui ero scappata, ancora piccola, dopo la morte dei miei genitori che non riuscivo neanche a ricordare, la terra dove mi avevano affidata ad una famiglia, allora, che non pensava ad altro che a programmare il mio matrimonio con chi di più ricco veniva loro in mente, una famiglia che sentivo ancora ogni tanto per far loro gli auguri di Natale e che tutte le volte mi rammentavano quanto io fossi stata ingrata nei loro confronti, loro che desideravano solo il mio bene. Figuriamoci! Tornai lì, qualche anno fa e in meno di due giorni mi presentarono un uomo di settant’anni, estremamente ricco, che, secondo loro, avrei dovuto sposare!
Ad ogni mia parola vedevo le bocche dei miei compagni che si allargavano sempre di più in un’ espressione stupita, percepivo nelle loro menti lo sdegno per quello che persone viscide e ciniche volevano farmi fare, e ancora una volta mi sentii davvero a casa.
Restammo li, davanti al fuoco, finchè non si spense, poi eccitati dalle novità che aspettavano tutti andammo a letto dove effettivamente trovai tutte le mie cose proprio come aveva detto l’anziana professoressa.
Mi infilai tra le candide e morbide lenzuola respirandone il profumo, non volevo addormentarmi subito, volevo fantasticare ancora per un po’ su quel mondo incantato, volevo rivedere ancora gli occhi di fuoco nero che poche ore prima mi avevano così piacevolmente turbata, volevo sentire lo scrosciare della pioggia sui vetri, volevo pensare alle mie nuove amiche, volevo………. e mi addormentai.

La sveglia suonò puntuale alle 6.00, mi alzai dal letto e come ero solita fare mi infilai tuta e scarpe e scesi nella fredda nebbia mattutina.
La giornata prometteva bene, la rugiada copriva ogni cosa come una trasparente coperta ed io mi sentivo davvero felice.
Iniziai a correre ispirando quanta più aria potevo, anche quella sembrava essere magica, costeggiai un fitto bosco, solcai le rive di un lago cristallino lasciando che gli spruzzi generati dai miei passi mi accarezzassero il viso, corsi e corsi, sentendo che ad ogni metro il mio spirito si liberava un po’ di più.
Dopo una mezz’oretta decisi di tornare verso il castello, dovevo prepararmi per la colazione.
Imboccai il viale che conduceva al portone principale, era bagnato e leggermente scivoloso, mi fermai e, come se fossi stata richiamata da qualcosa, alzai lo sguardo. Un’ elegante figura nera mi osservava dietro un’alta finestra, immobile.
Riconobbi quello sguardo magnetico e, senza pensarci, dischiusi le labbra in un grande sorriso.
Restammo a guardarci per qualche istante, il sudore rigava il mio volto e la fatica della corsa costringeva il mio petto ad alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, ma il freddo della mattina sembrava essersi immediatamente dissolto. Passò qualche secondo ancora, poi la sagome nera si girò di scatto e si allontanò dalla finestra, ma io giurai di aver visto un accenno di sorriso.


******


“ E’ tutta la mattina che ti osservo correre, qui nascosto dietro quest’enorme finestra, guardo i tuoi capelli ondeggiare nel vento come se danzassero su una musica incantata, osservo il tuo tragitto incerto e sicuro allo stesso tempo che ti sta portando di nuovo verso questo castello, osservo i tuoi occhi resi ancor più lucidi dalla fatica e le tue labbra di rugiada ansimare leggermente. Ti sei fermata, e ora mi stai guardando, sono sicuro che mi hai visto anche dietro questo spesso vetro, vorrei scappare, ma non riesco a farlo.
I tuoi occhi nei miei, ancora una volta. Mi sorridi e il cielo si apre, la fitta coltre di nuvole mattutine lascia spazio ai raggi del sole che benevoli vengono ad asciugare il tuo volto rigato dal sudore.
Nessuno mai mi aveva sorriso così!
Devo andarmene, non posso continuare ad osservarti, devo girarmi ed andarmene da qui.Lo faccio, ma un sorriso sfugge dalle mie labbra, è appena accennato, ma sono sicuro che lo hai visto, non dovevi vederlo, erano anni che non sorridevo veramente, non sono neanche sicuro di essere ancora capace di farlo, non dovevo farlo!
Eppure tu, Keira, sei riuscita a strapparmelo, un sorriso, mia bellissima ragazza babbana.”

******


Dopo una doccia veloce indossai la divisa, che, dovetti ammetterlo, mi stava proprio bene nonostante non fosse rigorosamente bianca, e scesi per la colazione.
Per le scale incontrai Hermione tutta intenta a rivedere quelli che pensai fossero i compiti delle vacanze, la salutai distogliendola dal suo frenetico lavoro e ci incamminammo insieme verso la sala grande.
-“ Dove sei andata sta mattina?” chiese ad un tratto.
-“ Sono andata a correre, lo faccio da sempre, mi fa sentire bene.”
Stavo per aggiungere del fortunato “incontro”, ma pensai che fosse meglio tacere.
-“ Io faccio già fatica con la sveglia alle sette, figuriamoci se dovessi metterla un’ora prima!” aggiunse Hermione ridendo.
Arrivati nella grande sala la trovammo già piena di studenti, intenti a servirsi porzioni smisurate di dolciumi di ogni genere. Prendemmo posto verso la fine del tavolo di Grifondoro e iniziammo a mangiare con molto appetito, a pensarci bene la sera prima non avevo toccato cibo.
Sentivo sulla schiena gli occhi e i commenti maligni dell’intero tavolo di Serpeverde, fortunatamente attutiti dal vociare gioioso di Tassorosso e Corvonero. Decisi di riderci su e ad Hermione e Ginny, che ci aveva raggiunte trafelata, parve una buona idea.
Per tutta la colazione mi ero sforzata di non guardare per nessuna ragione il tavolo degli insegnanti o le mie due amiche avrebbero ripreso a terrorizzarmi con il famoso sguardo omicida di Piton. Se solo avessero saputo che cercavo proprio lui!
Finito di mangiare ci alzammo allegramente dirette verso il nuovo orario delle lezioni appeso nella bacheca del corridoio del primo piano, prima di lasciare la sala mi voltai sperando di incrociare di nuovo il suo sguardo come avevo fatto la sera prima, ma girandomi notai il suo posto vuoto.


La folla si era accumulata davanti al nuovo orario, c’era chi gioiva, chi si lamentava, chi addirittura imprecava, tutti con lo sguardo che correva veloce dalla bacheca al foglio su cui stavano annotando scrupolosamente le lezioni. Quando finalmente giunse il nostro turno di visionare il prezioso documento ad Hermione sfuggi un lamento soffocato, mi chiesi cosa poteva aver provocato un tale malcontento nella mia innegabilmente secchiona amica, mi avvicinai e capii immediatamente:
LUNEDI’ 1° ora: POZIONI
Il resto dell’ orario si annebbio istantaneamente, l’avrei rivisto di li a pochi minuti, il cuore prese a battermi all’impazzata.
Cercando in tutti i modi di nascondere il mio entusiasmo mi avvicinai ad Hermione che, come un cane bastonato, si accingeva ad imboccare le scale che conducevano al sotterraneo.
Passi veloci e pesanti si avvicinavano alle nostre spalle.
-“ Hermione, i nostri temi, se ce li dai in classe e Piton se ne accorge per noi è la fine!!!”
Un ragazzo dai capelli rossi come quelli di Geeny e dall’aria trafelata guardava Hermione con occhi imploranti, pronto a supplicare pur di ricevere il “suo” tema. Al suo fianco un altro ragazzo mi guardava con evidente imbarazzo dietro un paio di occhiali tondi dalla montatura fine, aveva i capelli neri spettinati in modo davvero coreografico, sembrava che li tenesse in quel modo con quintali di gel, non potevano davvero essere normali a meno che non fosse stato reduce dallo scoppio ravvicinato di un petardo.
-“Ciao, io sono Keira!” dissi tendendogli la mano.
Il ragazzo dalla chioma rossa si riscosse dalla sua supplichevole richiesta solo per guardarmi e diventare dello stesso colore dei suoi infuocati capelli.
-“ Ciao” dissi anche a lui.
-“ Loro sono Ron ed Harry” intervenne Hermione vedendo che i suoi due amici erano padroni di una loquacità degna di uno stoccafisso “ e ribadisco ciò che ti ho detto riguardo a loro ieri sera” aggiunse alzando gli occhi al cielo.
-“Che facciamo, entriamo?” dagli sguardi dei miei compagni mi resi conto immediatamente di aver tradito un po’ troppa impazienza e mi affrettai ad aggiungere “ non vorrete che venga ripresa il mio primo giorno?”.
Evidentemente sembrò loro una buona spiegazione perché si affrettarono ad entrare e a prendere posto quanto più lontano dalla cattedra fosse possibile.
La stanza era illuminata dalla debole luce che proveniva delle piccole finestre poste in alto, quasi a ridosso del soffitto a botte che troneggiava sul grande ambiente di pietra grigia, sulle mensole alle pareti si susseguivano file e file di barattoli di vetro dai ributtanti e viscidi contenuti, sul fondo dell’aula c’era una cattedra di legno scuro alla quale era affiancata una vecchia poltrona di logora pelle nera, accanto una lavagna immacolata e un armadio dalla pesante serratura in ferro.
In fondo sulla destra si apriva una porta, anch’essa chiusa con una grossa chiave, che doveva condurre ad una parte più privata dell’aula, forse lo studio di Piton.
Presi posto accanto ad Hermione che continuava a guardarmi come se fossi stata una condannata a morte, sembrava soffrire veramente per il mio imminente destino.
Una ragazza grassoccia si fece strada a spintoni tra la folla, aveva i capelli neri legati in una strettissima coda che tuttavia non riusciva a trattenere i ciuffi ribelli che svolazzavano al ritmo della sua pesante andatura, mi raggiunse e appoggiando le mani sul mio banco sibilò con aria di sfida:
-“Ti renderemo la vita impossibile sporca babbana, non farai un passo senza avere me alle calcagna, te lo pos…..”
La porta sbattè di colpo e, chiudendosi, testò decisamente la resistenza dei suoi cardini.
-“ Torni al suo posto signorina Parkinson” sentenziò una voce profonda e gelida.
Mi voltai di scatto e lo vidi, avvolto nel suo mantello nero dirigersi a passo deciso verso la cattedra, non avevo mai sentito la sua voce che senza troppo stupore avevo appreso essere magnifica, lo guardai sistemare alcuni fogli sul tavolo, ogni suo movimento era pervaso di un’eleganza infinita. Alzò lo sguardo e freddamente ordinò:
- “Pozione antilupo!”.
Decine di calderoni apparvero per magia sui tavoli.
Guardai il mio con aria interdetta, cosa dovevo farci? Mi voltai per chiedere aiuto ad Hermione e notai che l’espressione compassionevole sul suo volto aveva lasciato posto ad un lieve stupore.
- “ Ha zittito la Parkinson!” disse a voce bassa facendo attenzione a non farsi sentire dal professore.
- “ E che c’è di strano, doveva iniziare la lezione.”
- “Piton che si perde l’occasione di dire cattiverie? Non risparmia neanche noi mezzosangue, figurati una babbana!”
- “ Probabilmente è malato!” aggiunse Ron da dietro.
- “ Speriamo che sia qualcosa di serio!” gli fece eco Harry Un’ altro brusco colpo interruppe la conversazione.
- “ Non sarà il caso che cominci a lavorare signor Potter, quest’anno gradirei essere risparmiato dai suoi continui, deludenti, artefatti. E, signor Wesley, come pensa di riuscire a non far esplodere la sua pozione non avendo più la signorina Granger che si affretta a salvarci dai suoi intrugli infernali?”
Il suono della sua voce pervadeva i miei sensi, mi sforzai di non guardarlo ancora negli occhi o avrei perso definitivamente la ragione, il suo sarcasmo pungente, il suo modo di accentuare i vocaboli, i movimenti eleganti delle sue mani, tutto di quell’ uomo mi faceva impazzire. Con una gomitata la mia compagna di banco mi riscosse dai miei sognanti pensieri.
- “Fai quello che faccio io, ma cerca di non farti vedere”
- “ Hermione se gli presento un intruglio perfetto qualche dubbio gli viene comunque, non trovi?”
Un paio di bianche e curatissime mani si poggiarono sull’orlo del mio banco, sentii Hermione tremare impercettibilmente.
-“ Esatto signorina Huoot, qualche dubbio mi verrebbe.”
Alzai lo sguardo e incontrai di nuovo i suoi occhi, era come se stessero lottando contro una forza invisibile per trattenere le fiamme che, comunque, a tratti divampavano in quelle infinite perle nere.
Restai a guardarlo sperando che fosse lui a parlare, cominciavo a temere di non essere più capace di farlo.
Attesi, attesi ancora, continuava a guardarmi. Maledizione quant’era bello!
- “ Può insegnarmi lei professore?”
Le parole erano sfuggite dalle mie labbra, avvertii il volto impaurito di Hermione girarsi di scatto verso di me, avvertii i suoi pensieri terrorizzati all’ idea della reazione che Piton avrebbe avuto a quella mia richiesta, sentii gli occhi di Harry e Ron, e della classe intera osservarmi attendendo la mia disfatta.
Ma cosa diavolo avevo detto di male? Era il mio Professore no? A chi toccava insegnarmi se non a lui?
Ripresi il controllo sulle mie sensazioni, alzai lo sguardo ed accennai un sorriso.
Piton si girò di scatto, si diresse a passo veloce verso l’armadio e una volta aperto ne estrasse un libro vecchio di secoli dalla copertina in pelle marrone, o meglio quel che restava della copertina, richiuse l’armadio con un tonfo e tornò lentamente verso di me.
- “ Legga a pagina 196, troverà tutti gli ingredienti e le istruzioni necessarie, il coltello e altri attrezzi che eventualmente dovessero servirle sono nel cassetto sotto il suo banco, se qualcosa non le è chiaro chieda aiuto alla signorina Granger che, immagino, sarà ben lieta di fornirle assistenza.”
Si voltò di scatto e tornò a sedersi alla cattedra.
Cominciai a leggere e a chiedere alla mia compagna di banco a quali degli oggetti che vedevo sul tavolo corrispondessero i nomi che vedevo scritti nel libro, non volevo disturbarla e cercavo di cavarmela da sola quanto più mi era possibile, ma Hermione, da buona amica, sembrava più che contenta di aiutarmi.
Finii la pozione con non poche peripezie, il libro recitava chiaramente che l’intruglio avrebbe dovuto avere un colore tendente all’arancione ed il mio, con una buona dose di fantasia, poteva assomigliarci, “ non male, per essere la prima volta!” pensai.
Presi un etichetta e, copiando apertamente ciò che faceva la mia amica scrissi: Keira Huoot, sesto anno, pozione antilupo. 13 settembre. La incollai sull’ampolla nella quale versai il viscido liquido, chiusi il tutto e mi misi in fila per la consegna.
Piton non risparmiava nessuno dai suoi commenti sarcastici, neppure Hermione, davanti a me, la cui pozione sembrava essere perfetta, venne esonerata dalla maligna frecciata.
Mi preparai a riceverne una peggiore considerando il colore poco realistico della mia pozione, mi avvicinai e poggiai l’ampolla accanto alle altre. Il professore non disse nulla, ne alzò lo sguardo. Poggiai allora accanto al mio lavoro il libro che mi aveva prestato e allora alzò la testa, mi guardò per un attimo e disse:
- “ Lo tenga lei, ci sono quasi tutte le pozioni che affronteremo quest’anno e gran parte di quelle degli anni passati. E’ scritto in modo piuttosto semplice di conseguenza suppongo che non avrà problemi di comprensione, me lo restituirà quando sarà al passo con il programma.”
Ripresi il libro tra le mani e mi avviai verso l’uscita, mi girai di scatto.
- “ Grazie!” sussurrai, e uscii nel freddo dei sotterranei.


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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


Le lezioni della mattinata trascorsero piuttosto veloci tra i continui “ Non ti ha sbranata!”, o “ Eh si! Piton dev’essere malato, speriamo che sia la volta buona!”, o ancora “ Ma come diavolo hai fatto, chiunque altro sarebbe in punizione per un mese!”.
Mi convinsi che i miei compagni avessero un’idea distorta della realtà, a me non era sembrato così tremendo, freddo è vero, ma non mi pareva fosse così terribile.
Nel tardo pomeriggio arrivò la lezione della professoressa Mc Granit, che fu davvero interessante. I miei amici erano ormai abilissimi, eccezion fatta per Ron che si era rivelato poco sopra le mie capacità, a trasformare oggetti vari in animali, anche se qualche volta, qua e la per l’aula saltellavano topi con i manici di una teiera o cucchiaini con il becco.
Fu davvero una lezione divertente resa ancora più bella dall’anziana strega che di tanto in tanto veniva ad accomodarsi al mio fianco, raccontandomi aneddoti o spiegandomi ciò che riteneva non riuscissi a capire. Ben presto imparai che dietro l’aspetto austero della professoressa si nascondeva un gran cuore, che forse ero riuscita, almeno in parte, a conquistare.


L’ora di cena arrivò prestissimo, forse aiutata dalla fame che attanagliava il mio stomaco, il pranzo era stato veloce e troppo vicino alla lezione di pozioni per poter veramente mangiare qualcosa.
Ci ritrovammo con Ginny, quasi non mi ero accorta che per tutta la giornata non era stata con noi, mi spiegò che aveva un anno in meno di Hermione e degli altri e che di conseguenza frequentava solo il quinto.
Magicamente il tavolo si riempì di squisite prelibatezze che mi affrettai ad assaggiare nel maggior numero possibile.
- “ Mi ha detto Hermione che hai conosciuto la Parkinson. Simpatica eh?”
Bofonchiò Ginny intenta ad addentare una coscia di pollo. - “ Oh si, un tesoro! Posso finalmente affermare di aver conosciuto la famosa, calda accoglienza dei Serpeverde!”
-“ Vedrai, nei prossimi giorni ti mostrerà il meglio di se” disse di rimando Ron con la bocca piena come quella della sorella “ senza Piton a fermarla sarà davvero ospitale.”
- “ Cosa, cosa cosa? Piton che ferma una Serpeverde intenta ad infastidire una Grifondoro babbana??!! Dai mi state prendendo in giro!”
In quel momento un fruscio di mantello passò alle mie spalle, mi voltai per osservare quel passo veloce che tanto mi piaceva, inspirai profondamente, quasi volessi sentire il suo profumo, Piton girò il suo sguardo nero e per un attimo lo fissò nel mio, ancora una volta, e ancora una volta il resto del mondo si annullò, prima di proseguire, lento ma deciso verso il grande tavolo degli insegnanti.
- “ Come si chiama di nome?” chiesi impulsivamente.
- “ Chi?” rispose Hermione.
- “ Il professor Piton, qual’ è il suo nome di battesimo?”
- “ Severus!” fece Harry titubante con un leggero accento di disgusto nella voce “Perchè?”
- “ Oh niente! Così, per sapere.” Mi affrettai a rispondere.
Ma il viso leggermente incupito di Hermione, alla quale non erano sfuggiti gli ultimi sguardi tra me e il tenebroso professore, mi fece capire che probabilmente mi ero tradita.
La serata finì come quella precedente, tra risate e racconti davanti al camino, e quando fu troppo tardi anche per i più intrepidi nottambuli, ognuno tornò nel suo dormitorio.
Mi misi a letto pronta ad un buon sonno ristoratore quando vidi la mia amica dai capelli arruffati sedersi sul bordo del mio letto.
- “ Non so perché si sia comportato così con te Keira, ma Severus Piton è un uomo pericoloso, non dargli corda, non permettergli di illuderti. Ho gia visto lo sguardo che hai negli occhi quando parli di lui, e spero di sbagliarmi, ti conosco da poco eppure sento di volerti un bene immenso, evidentemente fai questo effetto su tutti, persino la Mc Granit è affettuosa con te! Non voglio vederti soffrire.”
- “ Hermione, ma che dici?! Cerco solo di essere gentile con lui, magari riuscirò a farlo essere gentile con me. Sai che me ne importa di Piton!” ma stavo mentendo e lo sapevo.
- “ D’accordo, allora scusa, mi sono sbagliata. Comunque sul fatto che ti voglio bene non c’è dubbio….buonanotte Keira” e con un enorme sorriso raggiunse il suo letto
- “ Buonanotte, ti voglio bene anch’io!” mi girai dall’altra parte e chiusi gli occhi.
Hermione Granger si sbagliava sul conto di Piton, ne ero sicura, lei non aveva visto i suoi occhi, non come li avevo visti io! Lei conosceva solo l’esterno di Severus Piton, la corazza durissima che ricopriva qualcosa di diverso. Un uomo con quegli occhi non poteva essere davvero malvagio.
Hermione però aveva ragione su un’altra cosa, stupidamente, scioccamente, immensamente, io, mi stavo innamorando di lui.


******


“Sono qui nel mio sotterraneo da ore ormai, mi hai consegnato la tua pozione oggi, è stupefacente quanto tu sia brava. Hai guardato quel libro una sola volta, eppure hai creato qualcosa di maledettamente somigliante alle mie richieste. Sei brava piccola babbana, e sei anche dannatamente bella.
Ma non è solo questo, c’è qualcosa nei tuoi occhi, qualcosa che mi fa venire voglia di essere felice.
Sono uno stupido, sto pensando di nuovo a te! Ti ho incontrata solo ieri e già sei protagonista indiscussa dei miei pensieri, non mi capitava da tanto, troppo tempo.
Sono uno stupido! Penso a te quando tu, da qualche parte in questo castello, starai cercando di dimenticare l’odioso fantasma nero che ha osato guardare nei tuoi occhi. E’ giusto che sia così!
Sei tutto quello che io non sono mai stato, sei pura come la neve appena caduta, sei bella come l’alba d’autunno e sai sorridere, maledizione se sai sorridere, nel modo più incantevole che mai essere umano sia riuscito a fare.
Cosa Diavolo mi sta succedendo?! Fino a ieri volevo solo veder scorrere la mia vita in questo sotterraneo umido, ma ora il ricordo di te mi rende felice come penso di non esserlo mai stato. Stupidamente, scioccamente, immensamente, io, mi sto innamorando di te.
Continuerò a farlo da lontano, in disparte, vivendo del calore che la luce dei tuoi occhi, così inaspettata, sa donarmi. Ti guarderò sorridere e gioire della vita, ti guarderò crescere ed infine andare via, felice, come meriti di essere.
Ti guarderò e basta e non saprai mai di tutto questo fuoco che invade il mio corpo al tuo pensiero, ti meriti tutto ed io non sono niente.
Cosa mi hai fatto mia piccola babbana? Cosa mi hai fatto?

Buonanotte, mio perfetto, stupido, folle, indiscusso amore.”

******

Mi svegliai la mattina seguente alle sei in punto, come al solito, piovviginava.
Scesi nella nebbia e corsi, in mente gli assurdi pensieri della sera prima e negli occhi la voglia di rivederlo. Tornai al castello e alzai lo sguardo, di nuovo, nella speranza di poterlo “incontrare” un’altra volta, non c’era. Delusa entrai nel castello e subito l’aria calda pervase il mio corpo, sfilai in silenzio davanti alla grande sala vuota, salii le scale e attraversai i corridoi, lentamente, “dove sei Severus?”, mi sporgevo ad ogni angolo sperando di incontrare il suo sguardo, ma niente.
Da un corridoio laterale sbucò ad un tratto la professoressa Mc Granit.
- “Ciao Keira, come mai già in giro a quest’ora? - “ Sono andata a correre, il parco è splendido la mattina presto, mi fa sentire bene. L’ho faccio da quando ricordo.”
- “ Sono contenta di averti incontrata, dovevo dirti alcune cose. Ho parlato con il professor Piton.”
Il mio cuore, i cui battiti erano accelerati dalla corsa, si fermò di colpo.
- “ Mi ha detto che te la sei cavata piuttosto bene alla sua prima lezione, e così ha accettato di darti lezioni private in caso non riuscissi a comprendere qualcosa del libro che ti ha dato. E’ un bel successo Keira, te lo assicuro! Comunque se posso darti un consiglio, cerca di capire il più possibile da sola, sai, Severus non è un uomo paziente, e poi, in questo, momento è davvero molto impegnato con un lavoro per Silente che è della massima segretezza.”
Mi ricordai della sera in cui avevo conosciuto le mie due amiche, Ginny si era lasciata sfuggire qualcosa riguardo ad un lavoro di Piton, capii comunque che era meglio non indagare, il tono della professoressa non lasciava adito ad alcun dubbio.
- “D’accordo professoressa, la ringrazio per il suo interessamento. Farò del mio meglio!”
- “ Ne sono sicura, Keira. Da oggi comincerai i corsi di recupero con gli altri insegnanti, me compresa. Le lezioni finiscono alle 16.00, avrai un’ora di pausa e poi riprenderai con il recupero. Se sei d’accordo ti aspetto alle 17.00 nel mio ufficio.”
- “ Ci sarò! Buona giornata, professoressa Mc Granit.”
- “ Buonagiornata Keira!”
Ripresi il mio percorso, questa volta diretta in camera, mi era rimasto davvero poco tempo per prepararmi e scendere a colazione.
Mi infilai velocemente nel buco del ritratto, e sfrecciai nel dormitorio femminile.
Trovai Hermione e Ginny sulle scale pronte a scendere, qualcosa mi diceva che avrei saltato la colazione, ma se non mi sbrigavo sarei arrivata tardi anche a storia della magia!
Salutai trafelata e dissi loro di non aspettarmi, salii in camera e come un fulmine mi levai di dosso i vestiti e mi infilai sotto la doccia. Era calda e piacevole, sarei rimasta li per ore, ma la lezione era veramente troppo vicina. Mi infilai la divisa e guardai l’ora, ero rimasta troppo sotto la doccia!
Inforcai i libri e senza neanche asciugarmi i capelli mi lanciai in una frenetica corsa giù per la scala fino alla sala comune, imboccai il corridoio e mi trovai sulla scalinata per l’atrio. Arrivai a metà dove un’ ingorgo mostruoso causato dalla caduta fragorosa di un ragazzino del primo anno che, volando per le scale, si era preoccupato di inondarle con la cioccolata calda che teneva in mano, mi bloccava la strada. Di lì non si passava! Decisi di fare il percorso secondario che avevo fatto la prima sera con la professoressa Mc Granit, era libera, presi a correre all’impazzata, la doccia era stata inutile, mi trovavo nell’esatta condizione di mezz’ora prima, svoltai un angolo, poi un altro, poi un altro ancora, mancava solo un’ ultimo corridoio e poi sarei stata davanti all’aula del professor Ruf, girai stretta l’ultimo angolo e……………………………mi ritrovai per terra in una distesa di libri malamente aperti, avevo sbattuto violentemente contro qualcosa, anzi qualcuno. Alzai lo sguardo pronta a ingiuriare il mio malcapitato intoppo, ma qualcosa bloccò di colpo le parole che si stavano formando sulle mie labbra. Un lungo mantello nero carezzava elegante la pietra fredda del pavimento, un paio di stivali, neri anch’essi, lucidi come uno specchio erano immobili davanti ai miei occhi, sapevo esattamente chi fosse il proprietario! Mi rialzai tenendo lo sguardo a terra, se anche poco di quel che dicevano i miei compagni riguardo a Piton fosse stato vero, questa volta mi avrebbe sbranata!
- “Mi scusi, io ero in ritardo e………ho girato, non l’ho proprio vista. Mi dispiace!”
- “ Sarebbe stato peggio se mi avesse visto e mi avesse travolto di proposito, non crede, signorina Huoot’”
- “ Si, direi di si.” Risposi accennando un sorriso.
- “ Faccia più attenzione la prossima volta o rischierà di fare seriamente male a qualcuno!”
Le sue parole erano fredde, ma la sua voce non tradiva alcun accento di fastidio, sembrava non fosse neanche arrabbiato!
Mi chinai per raccogliere i libri, pronta a salutare educatamente e ad andarmene a lezione, ormai irrimediabilmente in ritardo.
Raccolsi i più vicini in fretta, poi alzai lo sguardo allungando la mano verso quello più lontano. Severus Piton era chinato per terra, proprio davanti a me, come avevo fatto a non accorgermene? Allungai ancora la mano per raggiungere il pesante libro, ma il professore fece lo stesso in quell’esatto momento, le nostre mani si sfiorarono.
Alzai lo sguardo e trovai i suoi occhi di ametista che mi fissavano, vicini, dannatamente vicini, ritrassi la mano delicatamente continuando a guardarlo.
Il mago prese il libro, si alzò, mi alzai, me lo porse, poi senza dire una sola parola, si voltò e sparì nell’oscurità del corridoio facendo ondeggiare elegantemente il suo lungo mantello nero.
Rimasi lì, ferma, con il libro stretto fra le braccia a guardarlo andare via, forse avrei dovuto dirgli “grazie”, ma le parole restavano imprigionate tra le mie labbra…ormai era già troppo lontano. Inspirai profondamente, e questa volta mi parve di sentire il suo profumo.


******


Sto camminando in questo corridoio buio, so che mi stai guardando.
Mi hai travolto, poco fa, se solo sapessi quanto ho desiderato tutto questo.
Sei caduta ai miei piedi in un mare di libri, maledizione quanto sei bella.
Te ne stavi li, per terra, ed io a guardarti. Avrei voluto sollevarti tra le braccia, non lo fatto, quella parte di me, sempre più piccola, che ti vuole lontana, per oggi ha vinto ancora, non so per quanto altro tempo potrà riuscire a farlo.
Ti sei alzata e mi hai chiesto scusa, maledizione piccola babbana, scusa di cosa?
Ho mantenuto il mio tono gelido, ma tu hai capito, tu hai sempre capito, nei tuoi occhi non c’era paura; hai riso, avrei voluto farlo anch’io, ma temo di non esserne più capace.
Ti sei inchinata ancora ai miei piedi e stupidamente ti ho seguita, mi hai sfiorato la mano, ti ho guardata e tu hai alzato gli occhi, siamo stati vicini, dannatamente troppo vicini.
Ti ho porto il libro che ho raccolto e sono scappato, dovevo farlo.
Nei tuoi occhi non c’era paura mia piccola babbana, non c’era imbarazzo, non c’era vergogna, solo luce, tanta, troppa luce, e un sorriso che mai nessuno mi aveva rivolto, forse non avresti dovuto farlo neanche tu.
Ora sparirò dietro questo angolo e tu riprenderai la tua vita, io apparterrò a un fugace momento, sarò solo un intoppo tra te e una lezione alla quale sei arrivata in ritardo, è giusto che sia così!
Eppure io, stupido mago, continuerò a pensarti al di la di quest’angolo e poi di quello dopo, e di quello dopo ancora, finchè non ti vedrò tra la folla ridere e gioire della vita, sei stupenda quando lo fai, un’altra cena e poi un’altra, e un’altra ancora, desiderando scioccamente che il tempo si fermi cogliendoti così.
Mi allontano ancora, ispiro profondamente e sento, nell’aria, il tuo inebriante profumo.





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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4 La giornata passò velocemente tra le risate con Harry e Ron, che ormai la timidezza iniziale aveva quasi del tutto abbandonato, e le chiacchiere con Hermione che, sempre più, si rivelava essere un’ottima amica.
Nel cuore il ricordo di lui e tra le labbra la voglia insopprimibile di raccontare alla mia nuova compagna, che sempre più sospettosa sedeva al mio fianco, il magico incontro di quella mattina.
Arrivò il pomeriggio e con lui la lezione di recupero della professoressa Mc Granit, che iniziò il complesso programma che mi attendeva dalle basi della trasfigurazione.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a concentrarmi.
Il suo profumo mi turbava piacevolmente le membra e un’emozione che mi stringeva lo stomaco faceva capolino ogni qual volta ripensavo alla sua mano sulla mia.
- “E’ tutto a posto Keira?”
- “ Si, si è solo che la materia è molto complessa, mi sembra di non capire.”
- “ Più che altro mi sembri distratta, c’è qualcosa che ti turba? Voglio che tu sappia che puoi parlare con me di qualsiasi cosa ti preoccupi.”
Disse in tono materno la professoressa.
Si sbagliava, non potevo assolutamente parlargliene.
Ero arrivata a scuola da tre giorni e già mi ero innamorata del professore, avrebbe pensato ad una stupida ragazzina, e forse su questo aveva ragione, o per lo meno da fuori sarebbe sembrato, ma Piton non era un insegnante qualsiasi, non era un uomo qualsiasi, aveva il fuoco negli occhi, un fuoco che ormai era diventato la mia ossessione.
- “ No professoressa, è solo che sta mattina mi ha parlato del professor Piton dicendomi che sarebbe stato disponibile a darmi ripetizioni, ecco, io….”
- “ Si, il professor Piton è stato piacevolmente sorpreso dal risultato della tua prima pozione, anche se, naturalmente mi ha pregato di non riferirtelo….”
- “ Davvero?” la interruppi con un po’ troppo entusiasmo
- “ Si, davvero.”
Rispose la professoressa socchiudendo gli occhi come per studiarmi.
- “ Sono contenta, insomma, non me l’aspettavo, mi ha dato un libro, ma vorrei studiare anche su qualche altro testo, vorrei imparare perfettamente”
dissi marcando l’ultima parola
“il programma dei primi anni, lei può consigliarmi qualche libro in biblioteca, qualcosa con cui posso stu….”
mi fermai, presa dall’entusiasmo della notizia avevo quasi perso il controllo delle mie parole, rischiando di rivelare ciò che mai si sarebbe dovuto sapere.
La professoressa Mc Granit era una donna anziana, è vero, ma non così anziana da non riconoscere uno sguardo sognante quando né vedeva uno, e il mio, quella sera lo era fin troppo. Non disse nulla, mi guardò, poi carezzandomi una guancia sussurrò:
- “ Per questa sera basta così. Vai a riposarti Keira, sei stanca e tante novità ti aspettano in questa scuola. Sei una ragazza speciale, non si può non accorgersene, hai una tenerezza travolgente e susciti affetto in chiunque ti guardi, ti meriti il meglio dalla vita, ma dovrai sudare per averlo, purtroppo, a volte, non è tutto facile come dovrebbe essere.
Io sono qui Keira, per qualsiasi cosa.”
Poi sorrise, si girò e tornò verso la sua scrivania.
Non l’avevo mai vista così, se avessi voluto non sarei riuscita neanche ad immaginarmela, sembrava affettuosa e apprensiva, mi faceva sentire a casa.
Tornai nel mio dormitorio, ero stanca, davvero, le lezioni diventavano sempre più difficili, ed io volevo stare al passo, dovevo farlo. Non avrei dato a quella vipera della Parkinson e alla sua “affettuosa” combriccola la soddisfazione di poter affermare, a ragione, che fossi un’incapace! Dovevo studiare, e studiare tanto, dovevo farcela!
Arrivata alla sala comune di Grifondoro incontrai Hermione e Geeny che mi stavano aspettando per scendere a cena.
- “ Come è andata? La Mc Granit è tremenda, ma è una brava insegnante!”
Ma perché a me sembravano tutti così diversi dalle descrizioni comuni che mi fornivano i miei compagni? La Mc Granit era stata davvero carina quella sera, come tutte le volte che avevo avuto il piacere di incontrarla,
“forse sono io”, pensai, o forse mi vedono così in difficoltà che si sforzano di essere gentili….
- “ Allora?” mi incitò Ginny vedendomi persa tra valanghe di pensieri.
Decisi che almeno della professoressa avrei potuto parlargliene, in fin dei conti con lei non era come con Piton.
- “ E’ stata davvero carina”, ripetei loro ciò che avevo appena pensato, e continuai raccontando il resto della nostra conversazione evitando accuratamente di inserire l’argomento “Piton”.
Le mie due amiche sgranarono leggermente gli occhi al termine del racconto, poi in coro aggiunsero:
- “ Ma che gli fai a questi insegnanti, persino Piton” Hermione mi lanciò una fugace occhiata “ sembra essere quasi accettabile quando si rivolge a te.”
Sorrisi, effettivamente era vero.
- “ Hermione, volevo chiederti un favore.”
Dissi cambiando discorso, quello attuale era pericolosamente vicino ad un argomento che mai, in quella sede, avrei voluto affrontare
“ mi daresti una mano con il recupero del programma? Ovviamente solo nei momenti in cui sei libera, così, per sbloccarmi, vorrei mettermi in pari nel più breve tempo possibile.”
Gli occhi della mia arruffata amica si illuminarono, con uno scatto felino si diresse verso la scrivania dove erano disposti i suoi numerosi libri in ordine sparso, cercò qualcosa velocemente, poi, presi cinque o sei volumi, si diresse con la pericolosa, traballante torre di sapere verso di me.
- “ Cominciamo?” esclamò con un sorriso.
Accettai, la cena, capivo dagli occhi eccitati di Hermione, per sta sera si sarebbe saltata, certo, mi dispiaceva per ormai conosciuti motivi, ma l’entusiasmo della mia amica mi lusingò e decisi che avrei dato il massimo.
Passammo la serata a studiare, recuperai gran parte del programma di erbologia, era piuttosto semplice per me che conoscevo perfettamente quasi tutte le piante babbane, quelle magiche erano molto simili, semplicemente un po’ più coreografiche.
Hermione, che stava dando tutta se stessa per la causa, mi parve piacevolmente colpita dalla mia velocità di apprendimento.
Finiti i programmi dei primi due anni erano ormai le due passate, decidemmo di andare a dormire, avremmo proseguito l’indomani.
I giorni successivi passarono veloci, altre travolgenti lezioni di pozioni mi diedero l’opportunità di creare altri agghiaccianti intrugli rimirando, a tratti, i profondi occhi neri di Piton che talvolta si fondevano nel verde smeraldo dei miei.
Le serate nella sala comune erano ormai dedite allo studio, e, a noi, si era unito un gruppetto di diligenti scolari che colse l’occasione per un ripasso gratuito del programma.
In poco più di due settimane avevo recuperato completamente erbologia, storia della magia, gran parte della teoria di trasfigurazione, la pratica mi era impossibile, e i primi quattro anni del programma di pozioni.
Ero al settimo cielo, e lo era anche Hermione che non si risparmiava mai di ricordarmi quanto fosse orgogliosa di me.
Le lezioni di recupero dei professori continuavano dando anch’esse brillanti risultati, tutti sembravano soddisfatti del mio strabiliante recupero, in particolare la professoressa Mc Granit che ormai provava, con pessimi risultati, a farmi passare alla pratica. La forza della mia mente ancora non riusciva a trasfigurare alcunchè.
Non avevo mai usufruito delle lezioni di recupero di pozioni, come mi era stato consigliato, ma quando giunsi alla pozione polisucco, vedendo che l’aiuto di Hermione non riusciva a farmi fare alcun progresso, decisi che era giunto il momento di prendere il coraggio a due mani e di chiedere a Piton di aiutarmi.
Lo feci alla fine di una sua lezione consegnando l'ampolla con il putrescente liquido richiesto.
- “ Professore, avrei bisogno di parlarle.”
Lo sguardo del mago si alzò ed entrò travolgente nel mio, restammo a guardarci per qualche istante e di nuovo le fiamme nere riempirono prorompenti i suoi occhi.
- “Mi segua.” Disse freddo, si alzò e si diresse verso quello che, avevo indovinato tempo prima, era il suo studio privato.
Si accomodò ad una scrivania simile in tutto per tutto a quella dell’aula, eccezion fatta per il piano di pelle verde bordato in argento. Le pareti della stanza erano interamente ricoperte da una fitta libreria di legno scuro utilizzata per tenere migliaia di libri e provette in un ordine apparentemente maniacale, sulla parete di fondo troneggiava un enorme camino dalla cornice scolpita nel marmo bianco, davanti al quale erano sistemati un divano in pelle marrone e un tavolino basso ricoperto da vecchi e logori libri aperti. Un enorme tappeto verde scaldava il freddo pavimento di pietra.
- “ Mi dica.”
La sua voce profonda mi distolse dalla accurata analisi dell’ambiente che stavo effettuando riportandomi al motivo per il quale avevo chiesto di parlargli.
- “ Ho studiato tutto il programma dei primi quattro anni incontrando, grazie all’aiuto della signorina Granger, pochissime difficoltà”
una leggera espressione di sorpresa si disegnò per un istante sul volto del professore, soddisfatta proseguii
“ ma tra i primi argomenti del quinto anno ho incontrato la pozione polisucco della quale, anche con generosi aiuti, non riesco a venire a capo. Mi chiedevo se lei potesse darmi una mano sulla teoria di quest’ultima ed eventualmente verificare l’effettiva riuscita pratica delle precedenti.” Dissi tutto d’un fiato.
Piton non mi faceva paura, ma la forte emozione che mi suscitava il parlare con lui spesso mi impediva di mantenere la mia solita calma.
Il professore mi osservò un istante, sembrava sorpreso dalla mia richiesta, non era infastidito, avrei detto anzi che nel suo sguardo ci fosse una punta d’orgoglio.
- “ Per questa settimana sarò estremamente impegnato” disse in fine “ se per lei non è troppo tardi potremmo organizzare per una sera della settimana prossima, quando è più comoda. Porti il libro che le ho dato all’inizio dell’anno, apprendo piacevolmente che non le è più utile, verificherò la sua preparazione e cercherò di farle capire la pozione che non riesce a comprendere. Siamo d’accordo?”
- “ Perfetto!” risposi con un enorme sorriso “facciamo per lunedì? E’ l’unica serata che ho libera dagli altri corsi di recupero, per le nove ve bene?”
Il mio entusiasmo era palpabile e la mia voce eccitata aveva fatto il resto, il professore sollevò un sopraciglio, poi con un minuscolo accenno di sorriso, ma con quella che sembrava proprio essere gioia nella voce disse:
- “ Perfetto!”
Gli sorrisi apertamente ed uscii dalla stanza, risi tra me e me, se qualcuno avesse ascoltato la nostra conversazione avrebbe avuto tutta l’aria di un appuntamento.


******


Sei appena uscita da questo studio.
Hai recuperato il programma, sei stupefacente piccola babbana.
Mi hai chiesto di aiutarti, ho accettato con gioia immensa, non dovevi saperlo, ma sei straordinaria Keira, tu hai capito anche questo.
Sei andata via sorridendo, nessuno era mai uscito da questa stanza così.
Eppure questa volta ho colto qualcosa nella tua voce, so che non era paura, i tuoi occhi non lasciano dubbi, ma allora cosa, cos’è che ad un tratto ha incrinato la tua voce cristallina?
Ti darò quelle ripetizioni, sembravi felice, quasi eccitata all’idea.
Sono contento che sia così.
Te le meriti, e lo sai. Ti adoro per questo. La consapevolezza del suo essere stupenda sotto ogni aspetto mitigata dalla tua modestia nel accostarti alla vita, il tuo chiedere aiuto, anche quando non né avresti bisogno,….. il tuo sorriso, i tuoi occhi, i tuoi lunghi capelli color miele, il tuo corpo perfetto…
Cosa mi hai fatto piccola babbana?…………………Grazie, per quello che mi hai fatto!>


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La mattina successiva, dopo la mia solita corsa nel parco, rientrai in sala comune e trovai una montagna di ragazzi accalcati davanti alla bacheca, tutti eccitati ed intenti, soprattutto le ragazze, in virtuali preparativi di un ipotetico abito.
Dopo cinque minuti buoni e continue domande che non trovavano risposta nella follia generale Geeny, che vedendomi vittima di quel pandemonio si era avvicinata, mi riferì che il gran baccano era generato dalla festa di Halloween che si sarebbe tenuta sabato sera nella sala grande.
Ogni anno, la scuola organizzava questa festa, e ogni anno un mare di ragazzine urlanti si disperava sulla scelta dell’abito che avrebbe fatto più colpo su quello o sull’altro bellimbusto in voga.
- “Una tragedia!” sbuffò Ginny la quale, avevo scoperto, moriva dietro ad Harry da anni.
Il trambusto durò fino all’ora della colazione, quando, essendo tutti occupati ad ingurgitare più cibo possibile, la famosa serata era passata momentaneamente in secondo piano.
Ci unimmo, affamate, all'auforia generale che divampava ogni qual volta il cibo faceva la sua magica apparizione sulla tavola, quando ad un tratto mi mi sentii toccare la spalla, mi voltai e vidi Albus Silente in persona che con un elegante gesto della mano mi fece segno di seguirlo. Attraversammo la sala e, superata la porta che dava sul corridoio, l’anziano preside mi porse con un grande sorriso una manciata di quelli che sembravano essere dischetti di zucchero di proporzioni enormi. Accettai sorridendo di rimando.
- “ E’ poco più di un mese che frequenti questa scuola Keira… posso darti del tu vero?”
Accennai un si con la testa, la mia bocca era completamente occupata, rivolgendogli un altro sorriso. - “ E in così poco tempo mi sono giunte notizie incredibili sul conto.
Sai ho avuto molto da fare con una questione della quale verrai informata al più presto, ma non ho mai smesso nemmeno per un attimo di interessarmi alla mia….diciamo….scommessa!
Sai, erano in pochi, inizialmente, a volerti qui. Come ben sai questa scuola educa giovani maghi e streghe da duemila anni, e mai, ripeto, mai, un babbano vi aveva messo piede. Ho dovuto fare non poche pressioni per averti qui, e, man mano che passano i giorni, sono sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta.
Hai conquistato tutti Keira, lascia perdere la Parkinson e la sua combriccola, sei riuscita a farti voler bene da tutto il corpo insegnante, e credimi quando ti dico che non è un’impresa facile. Hai recuperato quasi interamente il programma di cinque anni in poco più di un mese, io stesso non avrei sputo fare di meglio!
Eppure, continui ad essere curiosa e riconoscente verso chiunque cerchi di aiutarti, non fai pesare a nessuno la tua innegabile, stupefacente bellezza ne tanto meno la tua strabiliante intelligenza e capacità, sei carina con tutti, anche con quelli che, per invidia o gelosia, ti dimostrano soltanto odio.
Sei una persona speciale Keira Huoot, e sono onorato di averti nella mia scuola!…Ecco, solo questo volevo dirti, e aggiungere che per qualsiasi cosa tu abbia bisogno io sarò qui ad aiutarti, ricordati SORBETTO AL LIMONE è la parola per aprire la scala che porta al mio studio, pronunciala ogni qual volta avrai bisogno di me o sentirai semplicemente la voglia di parlare con un vecchio, proprio vecchio, amico.”
Ero diventata completamente rossa, sentivo le guance andare a fuoco. Il mago più potente del mondo mi aveva appena rivolto una valanga di complimenti e, cosa assai più importante, mi aveva offerto la sua amicizia.
Colta da un impulso irrefrenabile gli lanciai le braccia al collo e gli baciai con slancio la guancia.
- “ Grazie….io….non so cosa dire!” sussurrai in fine.
Silente rise di gusto e io risi con lui, ero felice, davvero felice, e, soprattutto, ero sempre più convinta di aver trovato il mio mondo.
- “ Ci vediamo sabato sera!” mi rispose con un grande sorriso prima di girarsi e sparire lentamente dietro un angolo del corridoio.

Il sabato, tra un impegno e l’altro giunse in fretta, Herry si era finalmente deciso a chiedere a Ginny, che ormai era al settimo cielo e sembrava avesse definitivamente perso la ragione, di accompagnarlo alla festa, Hermione aveva accettato l’invito di un aitante ragazzone del settimo anno e Ron, giunto a venerdì sera senza una compagna, aveva preso il coraggio a due mani e lo aveva chiesto a me. Accettai con entusiasmo.
Prestai a Ginny un vestito, dopo un’intera giornata passata dalla mia amica a scaraventare a terra abiti di ogni genere imprecando per questo o quell’altro invisibile difetto che facevano sul suo bel corpo asciutto. Ne scelse uno lungo fino sopra al ginocchio con la scollatura a barchetta e la spalline sottili, che si affrettò a tingere di blu con un colpo di bacchetta.
- “ Io il bianco non lo metto!”
Fu la sua risposta al mio sguardo interrogativo.
Verso le sette Hermione sbucò dal bagno con i capelli insolitamente pettinati e un grazioso abitino rosso con la gonna leggermente scampanata.
- “ Allora? Come sto?”
Disse facendo un giro su se stessa.
Ci prodigammo in numerosi complimenti che effettivamente meritava, poi, incitata dalle mie amiche, fui costretta a vestirmi con mezz’ora di anticipo, odiavo le feste, ma non volevo mancare per paura di offendere il vecchio preside.
Scelsi un vestitino corto, morbido in vita e attillato sui fianchi, con una fascia, anch’essa strettissima che cingeva la vita all’altezza delle anche, la gonna, che finiva davvero poco sotto, lasciava che le gambe nude si vedessero generosamente, uno scialle, bianco come il vestito, copriva le spalle che l’abitino lasciava nude, terminavano l’opera un paio di sandali alla schiava, legati fino a metà polpaccio, di pelle marrone, io non portavo mai scarpe col tacco.
Mi osservai allo specchio, poteva andare, e così parvero pensarla anche Ginny ed Hermione che si lanciarono in audaci e coreografici apprezzamenti.
Arrivarono le otto e con loro si fece imminente l’appuntamento in sala comune con i nostri cavalieri.
Ancora non capivo, di solito si cerca un cavaliere per un ballo, non per una festa di Halloween, ma sembrava che nessuno si fosse posto il mio stesso problema. “ Proprio strani questi maghi.” Pensai.
Raggiungemmo Ron ed Harry e il ragazzo che scoprimmo chiamarsi Thomas, che ci avevano guardate scendere le scale con aria incredibilmente ebete, presi il braccio del mio accompagnatore e ci incamminammo alla festa. - “ Miseriaccia!!!” fu l’unica cosa che a tratti uscì dalla bocca di Ron per quasi tutto il tragitto.
Arrivammo alla sala grande piuttosto lentamente per le continue soste che gli altissimi tacchi di Ginny ci imponevano, era per questo che odiavo le scarpe alte!! Quando entrammo ci trovammo di fronte uno scenario diverso da quello a cui eravamo abituati, i tavoli erano stati spostati a ridosso delle pareti lasciando così libera la parte centrale della sala, al centro, verso la zona dei professori era stato imbandito un tavolo con ogni sorta di piatto servito in vassoi ottenuti da zucche intagliate, le candele che solitamente “galleggiavano” sul soffitto, da bianche erano divenute nere ed arancioni. L’atmosfera di festa si respirava nell’aria.
Mi accinsi a raggiungere il tavolo imbandito, la fame cominciava a farsi sentire, quando un violento colpo alla spalla mi fece quasi perdere l’equilibrio, mi voltai e Pansy Parkinson, a pochi centimetri dal mio viso, mi sibilò in faccia con aria di sfida:
- “ Questa festa è per i maghi, sporca babbana! Gia tolleriamo a fatica quella sudicia mezzo sangue della tua amica, con te qui alla festa l’odore di sangue sporco sarà insopportabile!!”
Era davvero odiosa, riusciva a farmi venire la pelle d’oca con la sua voce che sibilava di continuo parole stupide e maligne. Decisi che non le avrei dato alcuna soddisfazione arrabbiandomi.
La guardai e sorrisi dolcemente: - “ Anche questa scuola era solo per i maghi, o sbaglio Pansy? Eppure, come vedi….le cose cambiano!”
Vidi i suoi occhi accendersi di odio, mi guardò con una velata follia, intenta, lo percepii chiaramente, a far lavorare la mente il più velocemente possibile per trovare una risposta che potesse zittirmi. Non la trovò, o per lo meno non la trovò in tempo, perché la professoressa Mc Granit mi passò accanto salutandomi con calore.
Se né andò infastidita e arrabbiata per la battaglia persa voltandomi le spalle di scatto.
- “ Lascia perdere.” Fu il commento infastidito dell’anziana strega.
Alzai leggermente le spalle e le sorrisi apertamente prima che mi salutasse per raggiungere il tavolo degli insegnanti.
La serata trascorse senza altri spiacevoli incontri, risi e parlai con Ron che scoprii essere davvero simpatico, mangiai con gusto l’ottima cena e assaporai la meravigliosa burrobirra.
Entrando non avevo visto il mio tenebroso professore di pozioni, così pensai, iniziando a conoscerlo, che non sarebbe venuto. Mi sbagliavo.
Ad un tratto, da una porta dietro al tavolo degli insegnanti, apparve.
Bello, bellissimo nel suo vestito nero. Si avvicinò a Silente e cominciò a parlargli fittamente, le sue mani sottili e forti si muovevano in gesti di un’eleganza senza pari, mi incantai a guardarle.
I miei amici erano impegnati a prendere in giro quanto più potevano gli orrendi vestiti con i quali alcune Serpeverde avevano deciso di presentarsi alla festa, così rimasi indisturbata ad ammirare i suoi movimenti leggeri e sicuri. Rimasi lì per un tempo infinito a guardare il suo bel profilo stagliarsi imponente sulla lucente vetrata, rimasi lì ancora e ancora, finchè si voltò e il suo sguardo, veloce e inaspettato, incrociò il mio.
Si fermò di scatto, quasi come se l’avessi colto di sorpresa, era lontano, un mare di persone ci dividevano, un’infinità di teste che a tratti, passando tra lui e me, interrompevano il nostro contatto, ma lui era lì, dopo ogni passaggio, e ancora mi guardava. La musica prese a suonare una nostalgica canzone e i suoi occhi, ancora, sempre, nei miei si accesero di fuoco nero, mi guardava ancora, continuava a farlo, continuavo a farlo, non c’era paura, non c’era imbarazzo, non c’era nessuno! Solo i nostri sguardi uniti in un abbraccio infinito che danzava al ritmo delle fiamme che invadevano i suoi occhi di ghiaccio.
- “ Vuoi da mangiare?” mi interruppe Ron con la bocca ancora una volta piena.
Distolsi lo sguardo, sorrisi al mio cavaliere ringraziandolo e dicendogli che per il momento ero a posto così, gli dissi che l’avrei raggiunto subito.
Mi voltai ancora verso di lui sapendo che quell’attimo magico bruscamente interrotto era finito, avrei voluto durasse per sempre.
Mi voltai e inaspettatamente i suoi occhi erano ancora lì, ad attendere i miei.
Il cuore prese a battermi all’impazzata, non riuscivo più a controllare il respiro che sollevava freneticamente il mio petto, le mani tremavano e un sudore freddo fece capolino agli angoli della mia fronte, e lui, sempre, inesorabilmente era ancora lì e mi guardava, mi guardava come se non volesse mai smettere di farlo.
Sorrisi, volevo sorridergli, era bello, dannatamente bello. Mi guardò ancora un istante, poi, inaspettatamente, quasi senza accorgersene, sorrise anche lui.
L’onda di un fiume in piena travolse il mio petto, Severus Piton stava sorridendo, e stava sorridendo a me.
Risi, risi di gioia guardando i suoi occhi che continuavano ad invadere i miei, e lui capì.
- “ Non sai cosa ti stai perdendo! La Parckinson e le sue agghiaccianti amiche si sono date alle danze!”
Questa volta fu Ginny ad infrangere quel magico momento.
“ Ma allora è un vizio di famiglia!” pensai.
- “ Vi raggiungo subito!” dissi con un sorriso.
Mi voltai ancora, ma questa volta Severus era sparito lasciandosi dietro il ricordo di un sogno.
Raggiunsi il tavolo degli insegnanti sgomitando tra la folla, forse era solo nascosto dietro qualche studente un po’ troppo corpulento, guardai ovunque, ma di lui non c’era traccia.
- “ E’ andato via!” la voce della professoressa Mc Granit mi sorprese alle spalle.
Mi colse alla sprovvista, e se avesse notato qualcosa? Non poteva averci visto, non doveva averlo fatto, o la mia permanenza ad Hogwarts sarebbe durata assai meno del previsto.
- “ Chi?” dissi con aria più stupefatta possibile.
- “ Il professor Piton è fatto così Keira, non è abituato a farsi travolgere dagli eventi.” Aggiunse lei come se non avesse sentito la mia stupida domanda.
Aveva capito, maledizione, aveva capito tutto! Non c’era rimprovero nella sua voce, e non ce n’era nel suo cuore, ma non riuscii a restare lì un minuto di più, la guardai negli occhi per un istante, poi corsi via.
Salutai Hermione, Ron, Harry e Geeny e, con la scusa di un tremendo mal di testa, corsi in camera tra contrastanti sentimenti.


******


“ Mi sono voltato e tu eri lì, bella come la luna che si riflette sull’acqua, i tuoi lunghissimi capelli sciolti ti incorniciavano il viso, il tuo viso di angelo dagli occhi di mare e dalle labbra di fresca rugiada, maledizione quant’eri bella. Il tuo corpo, troppo fasciato per riuscire a non guardarlo, le tue gambe perfette che a tratti, tra la folla si lasciavano scoprire dai miei occhi rispettosamente innamorati, sei bella Keira, sei dannatamente, immensamente, incontrollabilmente bella. Mi stavi guardando, lo stavi facendo da un po’, lo so. Mi sono voltato e ho incrociato i tuoi occhi, non sono riuscito più a separarmene.
Centinaia di persone erano in mezzo a noi, eppure, in quel momento, nel mondo eravamo soli.
Ho visto i tuoi occhi cercarmi ancora, mi hai trovato lì ad aspettarti, non ho potuto fare altrimenti.
Ho visto il tuo cuore accelerare i battiti, ho visto il tuo petto alzarsi ed abbassarsi al suo ritmo impazzito. Sei stata felice, hai sorriso ed io ho riso con te, non dovevo farlo.
E’ stato bello, terribilmente bello.
Mi hai visto e hai riso, hai riso felice, sei ancora più bella così.
Ti hanno interrotta ancora, hai sbattuto i tuoi grandi occhi ed ho capito, ho percepito il tuo fastidio, non avresti voluto che finisse, non l’avrei voluto neanch’io. E’ stato meglio così.
Sono fuggito, non potevo espormi di più, non potevo straziare oltre quel limite il mio cuore che ad ogni scintilla dei tuoi occhi si innamorava un po’ di più. Non potevo, non dovevo, non volevo continuare a guardarti così.
Che cosa mi hai fatto mia piccola, dolce, bellissima babbana?>


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La domenica passò lentamente, volevo uscire e urlare al mondo la mia gioia per gli attimi infiniti che un uomo enigmatico e meraviglioso aveva saputo regalarmi, volevo prendere Hermione e Ginny per mano e correre sulle rive del lago raccontando loro il mio sogno d’amore, volevo scendere nei sotterranei, spalancare la porta del suo studio e baciare quelle labbra sottili che ormai da tempo turbavano piacevolmente ogni mia notte, volevo guardarlo negli occhi ancora una volta e dirgli ciò che da troppo tempo mi premeva nel petto. Lo amavo, immensamente, sopra ogni ragione, oltre ogni limite, io lo amavo, lo amavo davvero.
Il giorno dopo lo avrei rivisto, a lezione, la mattina, e poi la sera, nel suo studio, saremo stati soli. Un brivido mi percorse la schiena.
Di slancio, come folgorata da un idea, scesi dal letto e mi buttai sul libro di pozioni, il suo glielo avevo restituito tempo fa, avrei fatto con quello!
Passai la giornata ad imparare a memoria ogni dose e ogni singolo ingrediente della pozione polisucco, ripassai la sua esecuzione migliaia di volte, anche quelle parti che proprio non riuscivo a capire, lessi e rilessi ogni cosa potesse tornarmi utile la sera successiva. “Che stupida!” mi sorpresi a pensare, “ sono proprio una ragazzina innamorata!”.
Hermione e Ginny mi lasciarono sola, dietro mia richiesta, per tutto il pomeriggio, ma verso sera, preoccupate per la mia salute che era stata la scusa dell’allontanamento, vennero a farmi visita nel dormitorio.
- “ Domani sera ho il corso di recupero con Piton per la pozione polisucco.” Dissi tutto d’un fiato, prima o poi dovevo farlo.
Le mie due amiche mi guardarono come se stessi andando al patibolo, anche se ad Hermione, ancora una volta, non sfuggi il troppo entusiasmo della mia voce.
- “ Per tutta la giornata di domani potrai chiederci qualsiasi cosa! Ti lucideremo le scarpe, ti taglieremo la colazione, e domani sera faremo i tuoi compiti!!” disse Ginny con la voce fintamente rotta dal pianto. Poi scoppiò a ridere e aggiunse:
- “ Non ti invidio affatto, Piton è tremendo nelle lezioni di recupero, certo che con te……” aggiunse rivolgendo al cielo gli occhi sognanti.
Scoppiammo a ridere, ma ero emozionata davvero per quel primo solitario incontro.
Il resto della serata passò velocemente e all’ora di cena ci abbuffammo il più possibile di ogni sorta di cibo che compariva sulla tavola.
Severus non c’era, il suo posto vuoto, mi metteva tristezza, avrei voluto guardarlo parlare, mangiare e sorseggiare elegantemente il suo vino, avrei voluto vederlo per poterlo sognare meglio, ancora una volta.
Feci forti pressioni per tornare nella torre di Grifondoro, volevo solo addormentarmi e far arrivare veloce l’indomani e così feci, appena varcato il quadro della signora grassa imboccai le scale che conducevano al dormitorio, raggiunsi il mio letto e mi infilai sotto le coperte tentando di prendere un sonno che non tardò ad arrivare.

Mi svegliai con largo anticipo e scesi a correre, sicuramente mi avrebbe schiarito le idee.
Era da quella prima mattina ad Hogwarts che Severus non si affacciava alla finestra, eppure, alla fine di ogni allentamento, mi fermavo sulla strada che portava al castello e alzavo lo sguardo nella speranza di intravedere la sua elegante sagoma nera dietro il vetro piombato della bifora gotica. Non c’era.
Tornai al castello, mi preparai e scesi a colazione con i miei compagni.
La prima ora di pozioni la passammo a rimestare un putrescente liquido verdastro dal nome impronunciabile, o meglio, gli altri la passarono così, io ero intenta ad osservare ogni movimento di Severus che sembrava facesse di tutto per non incrociare il mio sguardo.
All’uscita, prima di imboccare il corridoio, mi girai per potere, almeno una volta incrociare i suoi occhi. Non ci riuscii, delusa mi diressi con i miei compagni alla lezione della professoressa Mc Granit che trascorse, come al solito, tra incantesimi non del tutto riusciti e rimproveri severi della anziana strega.
Non fu una mattinata semplice, nelle successive tre ore di storia della magia affrontammo un compito in classe a sorpresa dopo lunghe trattative per l’annullamento di quest’ultimo che, naturalmente, non andarono a buon fine. Ero brava in storia e, con l' aiuto di Hermione, che aveva tutte le carte in regola per dare ripetizioni a Ruf in persona, me la cavai piuttosto bene, ero molto soddisfatta.
Le ore di erbologia furono tutt’altro che divertenti, l’estrazione del succo delle mandragole si rivelò complesso e molto, molto rumoroso.
Giunta la sera ero davvero esausta e, per quanto l’emozione mi caricasse di adrenalina, non riuscivo a non sentire la grande stanchezza che mi procurava un gran mal di testa.
Scesi a cena con il più efficace rimedio babbano contro una fastidiosa emicrania, mangiai quel poco che il mio stomaco, atrocemente contratto, mi permetteva e risalii nel dormitorio a prepararmi.

- “ Come sto?” chiesi ad Hermione che aveva appena superato la porta di legno del dormitorio.
- “ Bene, fin troppo bene per una serata di ripetizioni!” disse socchiudendo gli occhi “ comunque penso che dovresti indossare la divisa, Piton è tremendamente fiscale su questo argomento!” aggiunse in fine.
- “ Bhè penso proprio che non avrà nulla da ridire!” le parole mi sfuggirono di bocca, il pensiero dei suoi occhi alla festa aveva completamente annullato il filtro tra il cervello e la bocca.
Hermione sorrise, mi guardò ancora e poi, sedendosi pesantemente sul letto disse:
- “ Sei bellissima, vedrai, andrà tutto bene, solo, ti prego, non farti illusioni!”
Corsi verso di lei e le stampai un bacio sulla guancia.
- “ Grazie!! Ora devo andare o arriverò in ritardo.” Presi un pesante scialle di grossa lana bianca e uscii dalla porta.

Il cuore mi batteva all’impazzata, ero lì, ferma davanti all’aula di pozioni da almeno un minuto, ogni volta che alzavo la mano per bussare alla porta un nodo all’altezza del petto bloccava il mio braccio che, sconsolatamente, tornava al suo posto.
Il sotterraneo era freddo, riscaldato e illuminato tenuemente delle fiaccole appese alle pareti, l’odore, che ormai tanto mi era familiare invadeva l’aria umida della sera.
Ormai era ora, se non mi fossi decisa sarei entrata in ritardo e questo Piton non lo avrebbe gradito. Chiusi gli occhi e, senza permettere al mio cervello di pensarci ancora, bussai.
- “ Avanti.” Rispose calda e profonda la voce di lui in lontananza, dietro la porta.
Entrai e gli sorrisi.
- “ Buonasera professore.”
Mi guardò un istante, come se dentro di lui fosse in corso una battaglia tra ciò che voleva e ciò che doveva fare, avrei dato qualsiasi cosa per conoscere i suoi pensieri in quel momento, ma, con Severus Piton, non ero mai neanche riuscita a scalfire la superficie di quei segreti tanto protetti.
Distolse lo sguardo, quasi avesse intuito il mio desiderio, si alzò velocemente dalla scrivania e mi fece cenno di accomodarmi ad un banco in prima fila.
Sul tavolo erano già disposti in ordine tutti gli ingredienti, ormai perfettamente conosciuti, della pozione polisucco, un enorme calderone, un cucchiaio di legno e un grosso coltello erano poggiati poco distanti. Mi accomodai e alzai gli occhi cercando il suo sguardo che trovai tempestivamente.
- “ Posso cominciare?” chiesi sorridendo.
- “ Pensavo che avesse bisogno del mio aiuto signorina Huoot, non è per questo che siamo qui questa sera?” mi domandò in tono accigliato.
- “ Il problema, in realtà, è più avanti, ma se mi sta vicino dall’inizio mi fa piacere.” Sorrisi ancora, più ampiamente questa volta, il cuore mi batteva forte, volevo solo averlo vicino.
Severus mi guardò un istante, poi con passo lento si avvicinò al mio banco, prese una sedia e la depose proprio davanti alla mia, dal lato opposto del tavolo.
- “D’accordo, starò qui.” Disse guardandomi fissa negli occhi.
Sorrisi ancora, felice, mi tolsi lo scialle dalle spalle, lo appoggiai sul banco accanto, chinai la testa e cominciai a lavorare. Le mie mani tremavano impercettibilmente, ma lo sguardo attento di Severus, fisso sui miei movimenti, non poteva non essersene accorto, sentivo il suo respiro, nel silenzio del sotterraneo, interrotto solo dallo scoppiettare del fuoco nel camino e dal suono metallico della lama del mio coltello sul tagliere, intravedevo il suo petto, coperto dalla casacca nera, alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, vedevo le sue mani ferme, immobili, elegantemente incrociate sull’orlo del banco, e sentivo i suoi occhi fissi su di me, accendersi di fiamme nere.
La stanza era grande, e il camino non riusciva a scaldarla interamente, le mie mani, a contatto con i freddi ingredienti, facevano fatica a muoversi, avrei voluto avvicinarmi al fuoco, ma avevo paura di chiederlo, avevo paura che si allontanasse e che non tornasse più, così vicino, così bello, così dannatamente raggiungibile.
Quasi come se avesse udito i miei pensieri si alzò dalla sedia, lo guardai un istante, ma lui non ricambiò il mio sguardo, lo vidi girare dietro il banco e in un attimo mi fu alle spalle, la testa china sulla pozione non mi permetteva di vedere quello che stava facendo, ma sentivo il fruscio del suo mantello e i suoi passi leggeri sul pavimento di pietra.
Fu un istante, sentii qualcosa coprirmi le spalle, poi il caldo delle sue mani attraverso la lana dello scialle e del vestito riscaldarmi la schiena. Il cuore cominciò a battere come un martello nel mio petto, faceva quasi male, dovevo fermarlo, dovevo farlo subito o anche lui lo avrebbe sentito.
Sollevai il capo e mi voltai a guardarlo, era li dietro di me, alto, nero e bellissimo, i capelli gli cadevano morbidamente ai lati del volto, i suoi occhi riflettevano la calda luce del camino e la sua bocca, la sua bellissima bocca, era increspata dall’ombra di un sorriso, le sue mani ancora sulle mie spalle a tenere lo scialle che, senza il suo aiuto, sarebbe caduto a terra. Avrei voluto restare così per sempre.
- “ Come posso farle preparare una buona pozione con questo freddo?” sussurrò sorridendo.
La sua voce era calda, dolce, diversa da quella che conoscevo, sembrava preoccupato del mio malessere, sembrava che volesse farmi stare bene. Se solo avesse saputo quanto ci era riuscito sfiorandomi il corpo con le sue mani.
Non c’era sarcasmo nelle sue parole, sembrava che la battaglia con se stesso fosse stata vinta, sembrava che fosse riuscito a concedersi il lusso, almeno per una volta, di togliersi quella maschera di freddezza e crudeltà che ogni giorno indossava.
Sistemò meglio lo scialle sulle mie spalle, poi si allontanò e con un elegante gesto della mano attizzò il fuoco che prese a bruciare alto e caldissimo nel camino.
Mi alzai per sistemare meglio lo scialle che si ostinava a scivolare.
- “ Grazie, come sto andando? Chiesi sorridendo e rimescolando la pozione.
- “ Benissimo” rispose con un sorriso, poi avvicinandosi e tornando alle mie spalle aggiunse piano “Solo, che per essere perfetta deve correggere il movimento del braccio”
e così dicendo afferrò la mia mano, delicatamente, indicandomi l’esatto modo di rimestare la pozione.
Restai così, con la mano nella sua per qualche istante, sentii la sua pelle morbida e calda accarezzare la mia, sentii le sue lunghe e affusolate dita cingere le mie in un abbraccio delicato, sentii il suo corpo dietro al mio, vicino, fino quasi a toccarlo e sentii ancora il suo respiro sul mio collo inebriarmi i sensi, chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
Fu un istante, spinta da un impulso incontrollabile lasciai cadere il cucchiaio nel calderone e afferrai la sua mano.
L’intreccio delle nostre dita luccicò nelle fiamme del camino, il tempo si fermò, sentii il suo cuore che aumentava impercettibilmente i battiti, sentii il suo respiro farsi più profondo.
MI voltai.
Il suo viso davanti al mio, i suoi occhi fissi nei miei, le sue labbra pericolosamente vicine. Un centimetro, o poco più separavano i nostri sguardi, il suo, nero e magico come la notte, e il mio verde e trasparente come l’acqua.
Mi strinse leggermente la mano, guardai le sue labbra sottili, lui guardò le mie. Il mio cuore aveva perso il controllo, i suoi battiti impazziti si confondevano con quelli del cuore di Severus che seguiva il mio in una musica tribale che invase la stanza zittendo ogni altro rumore.
Tornai a guardare i suoi occhi che reclamavano i miei e vidi danzare in loro fiamme incontrollabili, sentii la sua mano stringersi ancora attorno alla mia, sentii il suo corpo caldo alle mie spalle che si avvicinava, lentamente.
Un uomo fantastico si nascondeva dietro quello sguardo incandescente, un uomo che, quella sera, lottava per emergere dalle tenebre in cui si era rinchiuso, per chissà quale motivo, da ormai troppo tempo, un uomo il cui cuore sentivo esplodere di passione a pochi centimetri dalla mia schiena, un uomo che mi stringeva la mano con un amore incontrollabile, un uomo che rispettosamente continuava a guardarmi senza parlare, senza sfiorare le mie labbra che, lo percepivo chiaramente, stava desiderando sopra ogni altra cosa.
Guardai ancora i suoi occhi, mi stavo avvicinando, l’avrei baciato, ancora pochi millimetri e le mie labbra sarebbero state sulle sue, stavo per farlo.
Un lampo di terrore attraversò gli occhi di Severus. Mi fermai di scatto, lo guardai. Il suo volto si era indurito, le sue labbra, dischiuse fino ad un attimo prima, erano serrate, rese bianche dalla sua stretta, i suoi occhi, socchiusi, lampeggiavano di una luce che, per un istante mi fece paura.
Gli strinsi la mano, forte, più forte che potevo. Si riscosse.
Mi guardò ancora un attimo con un’infinita tristezza che traboccava dai suoi profondi occhi neri leggermente lucidi. Sorrise, un sorriso velato che tradiva una malinconia che, probabilmente, non avrebbe voluto che intuissi.
Lasciò la mia mano, si allontanò dal mio volto, poi con lentezza infinita mi accarezzò delicatamente il viso, chiuse gli occhi un istante, si voltò e con passo veloce raggiunse il suo studio, entrò e chiuse la porta alle sue spalle.
Rimasi ferma a guardare il vuoto per quelle che mi parvero ore, avrei voluto seguirlo, ma il comportamento di Severus non lasciava alcun dubbio, era meglio che andassi via. Raccolsi la borsa e, accarezzandomi la guancia con un sorriso, uscii dall’aula di pozioni lasciando al fuoco il ricordo di noi.


******


Mi stai guardando andare via, ti stai chiedendo perché. Lo so.
Entro nel mio studio e mi chiudo la porta alle spalle, sto morendo.

Sei entrata sorridendo questa sera, bellissima nel tuo vestito di lana bianca. Avrei voluto stringerti a me, forte, con tutta la forza che avevo in corpo.
Non l'ho fatto, fortunatamente non l’ho fatto. Tu hai capito, però, hai letto nei miei occhi straziati dalla battaglia contro me stesso, e hai capito.
Ho provato ad essere freddo, crudele, come sempre. Ci ho provato Keira, te lo giuro, ci ho provato.
Ma tu eri lì, sorridente e bellissima, come sempre. Ho perso il mio tono di ghiaccio, mi sono seduto davanti a te, avrei voluto che non finisse mai.
Hai tremato di freddo, mi sono alzato e ti ho coperto la schiena, il tuo corpo caldo sotto le mie mani, un brivido ha attraversato il tuo collo, l’ho visto.
Ho attizzato il fuoco per te, mi hai ringraziato, mi hai chiesto se stavi andando bene.
Eri perfetta, ma il desiderio di sfiorare la tua mano, così piccola, morbida, calda, è stato più forte di ogni mia ragione, ti ho raggiunta, ho impugnato con te quel mestolo di legno, hai tremato. Era emozione, non paura, tu non ne hai mai avuta, lo so.
Mi hai preso la mano, perché lo hai fatto? Mi hai preso la mano ed ogni briciolo di autocontrollo è caduto miseramente al tocco soffice della tua pelle. Mi sono voltato per guardarti, l’hai fatto anche tu.
I tuoi occhi nei miei, ancora. I tuoi occhi bellissimi, limpidi e pieni di vita. I tuoi occhi, troppo, troppo vicini. Ti ho stretto la mano, ti ho guardato le labbra, non dovevo farlo. Hai guardato le mie, non dovevi farlo. Ho ripreso a guardare i tuoi occhi con quel briciolo di ragione ripescata a forza in fondo, troppo infondo, al mio cuore. Hai fatto lo stesso.
Il tuo cuore ha perso il controllo, i tuoi battiti impazziti, il tuo respiro leggermente affannato, i tuoi occhi lucidi, ho perso il controllo insieme a te, il mio cuore non aveva mai battuto così.
Lo hai sentito, so che lo hai sentito, come io ho sentito il tuo.
Ti ho stretto la mano ancora, forte. Il mio corpo non ha più risposto alle urla strazianti che il mio cervello, annebbiato dai tuoi occhi, lanciava nella notte. L’ho premuto contro il tuo, ho sentito il tuo calore.
Ho sentito il tuo cuore impazzire di passione, ho visto i tuoi occhi riempirsi di un amore incontrollabile, ho visto le tue labbra desiderare le mie. Non dovevi farlo Keira, non dovevi.
Ti sei avvicinata, mi sono avvicinato, stavo per baciarti. Non potevo farti questo, non a te.
Non voglio trascinarti nel buio della mia vita, non voglio farti questo. Hai capito, ancora una volta hai capito, mi hai stretto la mano fino a farmi male. Ti ho carezzato il viso, sarà l’ultima volta. Sono scappato.
Le mie mani hanno toccato le tue sta sera, perdonami, non avrei dovuto permetterlo.
E ora sono qui, ad aspettare un perdono che non arriverà mai, ad aspettare un perdono che non sa di essere desiderato, ad aspettare il tuo perdono Keira, il tuo perdono per l’uomo che sono e che non può permettersi di amarti.
Devi odiarmi mia piccola babbana, anche tu, come tutti gli altri, devi odiarmi perché è quello che merito, devi odiarmi per salvarti, devi odiarmi perché ti amo troppo.
Lo farai, ti giuro che lo farai. Da domani il fantasma nero che tutti conoscono e temono scaglierà su di te una cattiveria straziante. Ti sputerò in faccia veleno, e tu mi odierai. Devi farlo!
Come posso spiegarti tutto questo Keira, come? Come posso spiegarti che mi costringerò ad odiarti perché ti amo troppo?
Corri via da qui, corri da qualcuno che sappia amarti come meriti, qualcuno che abbia le mani pulite e ancora luce negli occhi, corri via da me.
Dimenticami Keira, dimentica i miei occhi che ti hanno detto troppo, le mie labbra che impunemente ti hanno desiderata, le mie mani che ti hanno sfiorata, dimentica tutto Keira, dimentica me.
Corri nel vento come quella mattina di settembre, felice come meriti di essere.
Odiami Keira, odiami perché mi sono permesso di amarti. Che cosa ti ho fatto mia piccola babbana? Che cosa ti ho fatto?>


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mi svegliai di soprassalto, il corpo completamente sudato, e il terrore che ancora attanagliava la mia mente.
Un cerchio di demoni vestiti di nero si stringevano intorno ad un uomo implorante, lampi di fuoco uscivano dalle loro bacchette e urla strazianti inondavano la notte.
Una mente diabolica gioiva di questo, una mente potente, troppo potente da riuscire a controllare. Una mente che viveva del dolore, del terrore e delle urla delle sue vittime.
Stava succedendo, lo sapevo. Da qualche parte nel mondo, un crimine atroce si stava consumando tra grida di gioia e risate di scherno.
Non potevo impedirlo, urlai.
Gli occhi annebbiati dalle lacrime che si confondevano con il sudore sul mio volto.
Vidi Hermione guardarmi spaventata, le implorai aiuto poi, stremata, svenni.

Mi svegliai molte ore dopo, fuori era già pomeriggio inoltrato, la professoressa Mc Granit era seduta al fondo del mio letto, intenta a leggere un pesante libro.
La guardai un istante, mi fidavo di lei.
- “ Ho visto i pensieri di una mente diabolica, lui era odio, disperazione, violenza, non aveva nulla di umano.” la voce usciva dalle mie labbra come un fruscio sommesso. - “ Hai visto i pensieri di Lord Voldemort, Keira.
Sapevamo, Albus ed io, che sarebbe successo, ma non ci aspettavamo così presto. Avrei voluto avere il tempo di prepararti.
Ora ti dirò tutto.” Disse in tono dolce.
Si alzò dalla poltrona e venne a sedersi sul bordo del mio letto. Mi tirai su, a sedere anch’io.
- “ Molti anni fa, un mago estremamente potente e malvagio iniziò una guerra contro il nostro mondo. La sua sete di potere e la sua follia omicida, uniti alla sua grande forza, attrassero a lui numerosi seguaci. La sua mente malata stermino intere famiglie di maghi e babbani per saziare la sua personale, assurda fame di sangue. Voleva conquistare il mondo, il nostro e quello dei babbani, che voleva sterminare uno dopo l’altro. Voleva creare il suo regno di terrore e morte, sul quale avrebbe avuto potere assoluto.
Furono tempi difficili, segnati da tante, troppe perdite, furono i tempi in cui, un gruppo di maghi giusti e coraggiosi, si opposero alla follia distruttiva che affliggeva questo mondo. Furono i tempi di Lord Voldemort, e furono i tempi della fondazione dell’Ordine della Fenice. Diciassette anni fa, dopo numerose lotte e piani segreti, il signore oscuro fu sconfitto. Si dice che sia stato il tuo amico Harry Potter a compiere il miracolo, a rispedire verso quel demonio l’anatema infernale che gli aveva scagliato contro.
Non fu così, o meglio, non fu solo questo.
Ti dirò una cosa ora Keira che nessuno al mondo conosce, ti rivelerò un segreto per cui troppe persone sono morte, ti dirò ciò che è realmente successo quella notte in cui persone innocenti pagarono un prezzo troppo alto per un errore non loro.
Furono gli elfi Keira a sconfiggere Voldemort, popolo di creature magnifiche e leggendarie nascoste nei boschi dall’inizio del mondo, furono loro a fornire a quel bambino una protezione capace di annientare la maledizione e di scagliarla addosso al mago che l’avrebbe lanciata. Così fu. Nessuno seppe mai del patto segreto che Silente strinse con queste creature leggendarie per proteggere il bambino che l’oscuro signore riteneva, a torto, artefice della sua disfatta. Nessuno tranne egli stesso e altri tre fidati componenti dell’Ordine. Io sono una di quei componenti.
Gli elfi lasciarono il nostro mondo poco più tardi perché incapaci di sopportare l’odio e il dolore che ormai permeava la terra, nessuno li ha mai più rivisti.
Lord Voldemort cercò di uccidere Harry dopo aver udito una profezia nella quale era scritto che un bambino, nato nel mese di luglio, sarebbe stato la causa della disfatta del mago più malvagio di tutti i tempi. Pensò di risolvere il problema ritrovandosi invece intrappolato in un limbo di finta vita, dal quale, speravamo, non sarebbe mai ritornato.
Ma la profezia non diceva solo questo, una lunga parte di essa, conosciuta solo da Silente e da pochi altri, narra di quale sarà la vera, definitiva disfatta di Lord Voldemort, e chiarisce perfettamente il fatto che questa causa non è Harry.”
- “ Io non sono in grado di sentire i pensieri dei defunti.” Sussurrai con il dubbio che aleggiava sulle mie labbra aride.
La Mc Granit mi sorrise dolcemente.
- “ Lord Voldemort è tornato dal limbo, non sto ora a spiegarti come avesse spezzettato la sua anima per potere, un giorno aiutato da qualcuno, tornare in vita. Ti confonderei ancora di più le idee.
Ti dirò soltanto che lui è tornato e sta ricostruendo il suo regno di terrore. Molti mangiamorte, i suoi vecchi seguaci, sono tornati da lui, ed egli, di giorno in giorno, diventa sempre più potente.
Per questo tu sei qui Keira, per questo Silente, conosciuti i tuoi poteri, ti ha fatta entrare nel nostro mondo. Solo tu sei in grado di percepire i pensieri in questo modo, il tuo è un dono che va oltre la lettura della mente, tu senti i pensieri senza guardare le persone negli occhi, li percepisci chiaramente, senti i loro sentimenti, solo un occlumante straordinariamente dotato può nasconderteli almeno in parte.”
- “ Io non riesco a vedere nella mente di Severus…” sussurrai a fil di labbra.
- “ Esatto, Severus Piton è il miglior occlumante che abbia mai solcato questa terra, nessuno, neanche Lord Voldemort in persona, o Silente, possono vedere i suoi pensieri. Ma con te è diverso.
Tu non hai visto i suoi pensieri, è vero ma più di una volta ti ho visto percepire le sue emozioni. Nessuno è mai riuscito a farlo.” Mi spiegò la professoressa sorridendo. Poi proseguì.
- “ Questa notte hai visto nella mente di Voldemort, hai visto i suoi pensieri.
Dovrai allenarti, dovrai faticare, per riuscire a dominare la sua mente senza farti travolgere come è successo questa notte. Vuoi farlo Keira? Vuoi aiutarci a salvare i nostri mondi? Non siamo stati onesti con te, è vero. Ma non ti conoscevamo, non potevamo rivelarti un segreto così grande finchè non fossimo stati sicuri che tu fossi stata la persona giusta.
Il terrore, lo sdegno, lo strazio che ho visto nel tuo cuore questa notte me ne hanno dato la conferma, tu non potrai cedere al potere di Voldemort, non avrà mai alcun fascino per te. Sei una persona pura, forse addirittura troppo.
Ti insegnerò se sarai con noi, ti insegnerò tutto ciò che devi sapere, e insieme ricacceremo quel demone nell’inferno dal quale è uscito. Diventerai un membro dell’Ordine, con noi, insieme, in una grande, unica guerra che riporterà la pace in questo e nell’altro mondo.
Sarà pericoloso, pauroso, ma saremo insieme.
Una sola tua parola Keira e ti faremo tornare nel tuo mondo, ti faremo dimenticare questi mesi passati ad Hogwarts e la tua vita ritornerà ad essere quella che era prima di ricevere la lettera di Albus.
Devi essere tu a decidere Keira, prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno.”
E così dicendo fece per alzarsi.
Mi passarono davanti in un istante tutta la mia vita prima di Hogwarts, il mio arrivo in questo mondo, i miei nuovi amici che non mi guardavano come se fossi un mostro e che mi regalavano il loro affetto sincero, mi tornò in mente Severus, le sue mani, le sue labbra, i suoi occhi, sarebbe valsa la pena di morire anche solo per salvare i suoi magnifici, profondi, incandescenti occhi neri.
Afferrai la mano della professoressa.
- “ Accetto!” le dissi.
L’anziana strega si girò lentamente, era stupita, ma non riuscì trattenere un sorriso.
- “ Hai tutto il tempo che vu……”
- “ Siete la mia famiglia” la interruppi “ le uniche persone che non abbiano visto in me soltanto bellezza o possibili guadagni, le uniche persone che mi hanno capito, amato, accettato, così, senza chiedere niente, è questo il mio mondo, e io voglio salvarlo!”
Mi abbracciò stretta, sentivo un affetto immenso tra le sue braccia, si allontanò leggermente, mi guardò negli occhi e mi disse:
- “ Sei davvero una persona speciale Keira, ed io ti voglio bene come penso di non averne mai voluto a nessuno. Grazie, grazie per quello che sei.”
Si allontanò ancora, mi tese una mano e affermò:
- “ Piacere, io sono Minerva. Da oggi considerami come un’amica riconoscente, non come la tua professoressa di trasfigurazione, considerami, se vuoi, come la mamma che non hai avuto, considerami come una confidente nei tuoi momenti difficili, considerami come preferisci, ricordandoti che io ti considero tutto questo.
- “ Sono onorata di averti come mia amica; Minerva!” dissi sorridendo.
Ci stringemmo le mani un attimo continuando a guardarci, poi mi alzai e seguii la professoressa in sala grande per un tè.


Arrivate a destinazione incontrai Ginny, Hermione, Ron ed Harry che mi aspettavano preoccupati.
Minerva mi aveva riferito che tutti e quattro erano a conoscenza dell’esistenza dell’Ordine della Fenice, mi disse che erano persone fidate e che con loro avrei potuto parlare di tutto, ovviamente questo privilegio non spettava a nessun’altro studente e a pochi altri professori.
Li raggiunsi, Hermione saltò in piedi e mi abbracciò stretta.
- “ Ho avuto paura sta notte!” disse affondandomi il viso tra i capelli.
- “ Ho avuto paura anch’io!”
Il suo viso si incupì un poco.
- “ Ma resto ad aiutarvi!!” aggiunsi sorridendo.
La mia amica si mise a saltellare di gioia e con lei Ginny Ron ed Herry che avevano sentito la notizia.
Erano davvero dei buoni amici, la loro gioia, così pura mi commosse, specialmente quella di Hermione alla quale, per la contentezza scese qualche lacrima a rigarle le guance.
Decisi che le avrei detto tutto, volevo parlarle di Severus, era una persona intelligente, avrebbe capito, e, malgrado le sue opinioni mi avrebbe aiutata, ne ero sicura.
La presi in disparte e le raccontai tutto cos’era successo dal mio arrivo a scuola. Ogni tanto vedevo la sua bocca spalancarsi dallo stupore, ogni tanto invece vedevo il suo capo scuotere in un gesto affermativo come se stesse dicendo “ Lo so, lo so”. Dopo qualche minuto arrivai agli avvenimenti della sera prima.
Quando finii di raccontare la mia amica mi guardava allibita.
- “ Lo amo Hermione, lo amo davvero!”
- “ Keira, io sono felicissima per te, te lo giuro. Ma devo dirti una cosa.”
Abbassò lo sguardo, poi con un sussurro aggiunse:
- “ Severus Piton è stato un mangiamorte. Silente si fida ciecamente di lui, dice che è una spia al suo servizio, ma io non sono sicura.
Ho dovuto dirtelo Keira, ti prego, sta attenta!”
Uno schiaffo mi colpì in piena faccia. Il cerchio degli uomini neri tornò nella mia mente, nitido.
Non poteva essere vero, Severus, l’uomo che con tanto rispetto si era allontanato da me la sera prima, l’uomo che con i suoi occhi di fuoco mi aveva fatta innamorare. No, non ci credevo! Hermione si sbagliava, era solo una delle tante voci che correvano sul suo conto, ne ero sicura!
Corsi via, volevo delle risposte, le volevo subito.
Salii le scale che portavano al secondo piano, attraversai i corridoi e quando fui davanti all’ufficio di Minerva, che era salita poco prima, spalancai la porta con un tonfo. - “ Severus Piton non è un mangiamorte! Dimmelo Minerva, dimmi che non è un mangiamorte!”
La Mc Granit mi guardò, si alzò dalla sua scrivania e con un sorriso triste mi raggiunse.
- “ Non posso dirtelo Keira.”
Mi sentii morire, le urla strazianti dell’uomo in mezzo a quel macabro cerchio tornavano a risuonare atroci nella mia mente, le risate di scherno, le violenze.
- “ Severus è stato un mengiamorte” prosegui la Mc Granit “era giovane, troppo giovane, ed era solo, troppo solo e a lui, come a tanti altri la ascesa al potere di Lord Voldemort sembrò una strada per una liberazione che non sarebbe mai arrivata. E’ passato dalla nostra parte 18 anni fa, prima dell’omicidio dei Potter, e ha lavorato a fianco di Silente a rischio della sua stessa vita.
Ora Lord Voldemort è tornato, Albus si fida di Severus, e gli ha fatto riprendere il suo lavoro di spia.
Che dire Keira? Io mi fido di Albus, se dice che Piton è con noi, allora è così. Non è una persona facile, non lo è mai stato, odia il mondo e il mondo odia lui, è cattivo, sarcastico e non sopporta nessuno al di fuori di Silente, ma è fedele, fedele più di ogni altro.
Severus Piton è stato uno dei più potenti maghi oscuri del nostro tempo, le sue capacità formidabili, le sue conoscenze e la sua intelligenza fuori dal comune lo hanno fatto diventare in poco tempo il braccio destro del signore oscuro, non so cosa sia successo, solo Silente lo sa, ma un giorno è passato dalla nostra parte portandosi dietro la sua cattiveria, il suo cinismo e il suo sarcasmo. E’ fedele ad Albus e solo a lui.
Voldemort lo crede tuttora un suo servo fadele e questa è la nostra carta vincente.
Di più non posso dirti Keira, nessuno può.
Ho visto come lo guardano i tuoi occhi, ho riconosciuto il sentimento che, nascosto tanto in profondità, ti porti dentro, ma non posso aiutarti.
Posso solo dirti che Severus Piton non aveva mai guardato nessuno come ha guardato te.”
L’abbracciai stretta. Ero sconvolta, non potevo negarlo, Severus, il mio Severus era stato parte di quel cerchio macabro che, quella notte, aveva così profondamente turbato il mio cuore. Cosa poteva averlo spinto a fare una scelta tanto tremenda, cosa? Severus aveva sbagliato, è vero, ma ora era pronto a pagare i suoi errori, questo faceva di lui un uomo, un uomo molto più di chi, perennemente nel giusto, non ha mai dovuto misurarsi con i propri sbagli.
Salutai Minerva e, correndo a perdifiato, raggiunsi nuovamente Hermione per raccontarle tutto.>


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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La notizia del mio folle amore raggiunse presto anche Ginny, Harry e Ron che di questo mio sentimento proprio non volevano darsi pace.
- “ Piton? Ma sei proprio sicura Keira? Tu potresti avere qualunque uomo sulla faccia della terra, perché proprio lui? Da un certo punto di vista potrebbe anche essere affascinante, non lo nego, ma appena passa, intorno a lui si forma il gelo. Non lo conquisterai mai!” disse Ginny sconsolata.
- “ Che idiota” si fece scappare Ron che, rendendosi conto di ciò che aveva detto, divenne dello stesso identico colore dei suoi capelli.
- “ Eppure ieri sera ci siamo quasi baciati” dissi soddisfatta.
- “ Keira, è un uomo cattivo, se può farti soffrire stai sicura che lo farà, e illuderti mi sembra un’ ottima punizione!”
Cambiai discorso, la loro opinione non si poteva cambiare. Era ormai arrivato il mercoledì tanto atteso, dopo la lezione di recupero non lo avevo più rivisto, e oggi, allo scoccare dell’ora sarei scesa per la prima volta nei sotterranei dopo quella sera.
Percorremmo la tromba delle scale che portavano all’aula di pozioni di corsa, con Ron vicino era quasi impossibile arrivare in orario. L’odore del corridoio mi fece tornare in mente l’emozione di due sere prima e, arrivati davanti alla porta il cuore prese a battermi come un martello nel petto.
Entrammo, tutto era come lo avevo lasciato, eccezion fatta per il fuoco che era spento e per il mio banco che era stato ripulito.
Mi sedetti accanto ad Hermione che, da brava secchiona, stava disponendo accuratamente tutti i suoi attrezzi sul tavolo.
La porta si aprì con un gran frastuono, Severus entrò di gran carriera nell’aula facendo sventolare il suo mantello nero.
- “ Pozione di restringimento” sentenziò freddo, poi si voltò di scatto e con sguardo torvo sibilò alla classe: - “ E’ una prova.”
Sentii Hermione avere un cedimento, era una pozione difficilissima, l’avevano accennata al secondo anno e quasi nessuno si ricordava gli ingredienti.
Io, dal canto mio, non l’avevo mai sentita nominare, sul libro che mi aveva dato Severus non era riportata, sicuramente se ne sarebbe accorto e mi avrebbe fornito il necessario.
Silenzio.
Piton dopo aver distanziato i banchi e i relativi proprietari con un colpo di bacchetta, non aveva più alzato il viso dalla pergamena sul suo tavolo.
Decisi che glielo avrei ricordato io.
- “Professore” dissi timidamente
Alzò gli occhi e mi fulminò con uno sguardo gelato. Mi fece paura.
- “ Non ho mai letto niente su questa pozione, mi potrebbe fornire gli ingredienti necessari?”
Si alzò dalla cattedra e con gli occhi socchiusi in uno sguardo minaccioso raggiunse il mio banco, vi appoggiò sopra le mani e si chinò leggermente verso di me.
- “ Questo non è un problema mio, giusto? Non sono stato io a volere una babbana in questa scuola. Se non sei capace di eseguire la mia richiesta puoi anche tornare da dove sei venuta, colmandoci tutti di un immenso piacere.” Sibilò.
Mi sentii mancare, le gambe mi stavano tremando, le mani sudate e negli occhi un’incredulità palpabile. Non riuscivo a credere a quello che avevo sentito.
Si girò di scatto e tornò a sedersi alla sua scrivania senza degnarmi più di uno sguardo.
Che cosa era successo all’uomo fantastico che mi aveva preso la mano quella sera?
Sentii il pianto salirmi nella gola, sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Che cosa era successo a quell’uomo meraviglioso?
Continuai la mia pozione mettendo dentro gli ingredienti che, da lontano mi sembravano più simili a quelli che utilizzava Hermione, ne uscì un disastro, evidentemente non ero riuscita a copiare bene.
Rovesciai l’intruglio nell’ampolla, vi appiccicai l’etichetta e, come tutti gli altri, al suono della campana, mi avviai verso la cattedra per consegnare il mio lavoro.
Mi ero sbagliata, sicuramente, avevo frainteso le sue parole, ora avrei appoggiato l’ampolla sulla cattedra, lui mi avrebbe guardata e mi avrebbe rivolto il suo solito, tirato sorriso.
- “ Può tenersela, non correggo porcherie del genere” disse con odio alzando lo sguardo.
Non era possibile, non volevo crederci, una tristezza densa invase il mio cuore, poi così com’era venuta, lasciò posto ad una rabbia incontrollabile che saliva irrefrenabile su dallo stomaco fino a raggiungere la gola, sentii il sangue ribollire, ma come si permetteva di parlarmi in quel modo.
- “ Se si fosse degnato di aiutarmi avrei sicuramente potuto consegnare qualcosa di meglio, non trova?
Vidi Hermione indietreggiare, stavo rispondendo a tono a Piton, di li a poco sarebbe successa una catastrofe. - “ No, non trovo affatto” disse lui mellifluo “ tu non saresti in grado di preparare la ben che minima pozione, neanche se aiutata, e comunque, sicuramente non saresti aiutata da me!”
Gli sbattei la pozione sul tavolo con forza trattenendola con la mano.
- “ Lei correggerà questa pozione professore, glielo posso garantire!”
Stavo praticamente urlando, tutti i miei compagni ascoltavano terrorizzati, a debita distanza, salire il tono della discussione.
- “ Le ho detto di portarsela via, adesso” mi urlò praticamente in faccia “ io non correggo e non correggerò più nessuna sua pozione che non sia almeno decente, e stando a quello che vedo, direi che mi fornirà davvero poco lavoro, signorina Huoot” sibilò in fine.
Persi il controllo, sentivo la rabbia salirmi nel petto, sentivo la bocca fremere per lo sforzo di trattenermi.
Risi, una risata leggermente accennata, un lampo di incredulità attraversò gli occhi di Piton.
- “ Lunedì sera non sembrava pensarla così” gli sussurrai maligna, facendo molta attenzione a farmi sentire solo da lui.
I suoi occhi si riempirono di fiamme pericolose, capii immediatamente di aver commesso un grave errore, avevo superato la soglia, e lo sapevo.
- “Esca immediatamente dalla mia aula!” mi urlò strappandomi la pozione dalle mani e gettandola a terra.
L’ampolla si infranse rovesciando il liquido giallognolo sul pavimento di pietra. Guardai i suoi occhi, erano pieni di rabbia, mi fece paura, di nuovo.
Mi girai e uscii dall’aula per scoppiare a piangere tra le braccia di Hermione appena raggiunto il corridoio.


******


Sei appena uscita da questa stanza, hai superato la porta, hai imboccato il corridoio, ma io ti ho vista piangere, ti ho vista comunque, non avresti voluto che lo facessi, lo so.
Sei orgogliosa, piccola babbana, e sei anche forte, dannatamente forte.
Non mi aspettavo di trovare un avversaria tanto capace. Ora però sei li, al di la di questo spesso muro di pietra e stai piangendo. Vorrei farlo anch’io, ma non ne sono più capace.
Ho il cuore straziato dalle parole schifose che la mia bocca ha pronunciato, ho il cuore straziato al ricordo dei tuoi enormi occhi verdi increduli davanti ai miei sibili velenosi, ho il cuore straziato al ricordo di te.
Sei brava, mia piccola babbana, ma come hai fatto a creare quella pozione? Ti ho mentito, era dannatamente simile a ciò che doveva essere, volevo metterti in difficoltà, e tu, con la tua solita semplicità, ci hai messo me.
Ti ho gridato parole in cui non credo più da tempo, da quando ti ho vista, per la prima volta, bellissima nel tuo abito bianco. Ma forse non ci ho mai creduto davvero, tu me lo hai solo fatto capire.
Vorrei che non soffrissi per me, perché lo stai facendo? Vorrei che tu capissi, ma come puoi? Come puoi capire che ti sto amando di più adesso, facendomi odiare, di quella sera in cui ho perso il controllo e ti ho sfiorato la mano? O forse lo capiresti, capiresti anche questo, ed io non avrei più appigli per salvarti.
Non saprai mai del mio cuore straziato d’amore per te, mai! Non saprai del mio tormento nel vederti dimenticare i miei occhi, non lo saprai mai!
Perché tu dimenticherai i miei occhi Keira, te lo prometto, e vivrai, felice, lontano da me e dall’ombra che mi porto addosso.
Ti amo mio angelo bianco, ti amo enormemente, infinitamente, dannatamente, ti amo con tutto me stesso.


******


Non riuscivo nemmeno a parlare, e i miei amici lo avevano capito. Mi lasciavano li, a soffrire in silenzio, come io volevo. Erano fantastici. Non una domanda, non un commento, niente. Pronti a farmi piangere e a consolarmi quando ne avessi avuto bisogno.
Avevo passato il resto della giornata nel parco, sulle sponde del lago, lì, dove tante volte, correndo, avevo fantasticato di essere fra le sue braccia, lì dove l’acqua cristallina mi ricordava la mia terra, dove sentivo il rumore che i pesci, curiosi, facevano urtando dolcemente la superficie. Rimasi lì per ore, a pensare, a riflettere, a piangere.
I giorni che seguirono furono tremendi, non vedevo Severus da quella mattina, e come una stupida speravo di incontrarlo casualmente in un corridoio, come quel giorno di tanto tempo fa. Mi mancava terribilmente, nonostante tutto.
Hermione aveva sempre avuto ragione, mi aveva ingannata per poi ferirmi più profondamente, ma allora perché diavolo mi mancava così?
Passò una settimana, poi un’altra. Le lezioni di pozioni diventavano sempre peggiori, Piton infieriva su di me con una cattiveria e un sarcasmo tale da farmi chiedere, sempre più spesso, perché, stupidamente, ostinatamente, io fossi ancora immensamente innamorata di lui.
Non c’era giorno in cui non mi deridesse, non mi offendesse, e io lo amavo, ancora e ancora.
Arrivarono giorni bui, in cui le sue frecciate si facevano così frequenti da straziare come una lama il mio povero cuore innamorato, mi sputava in faccia veleno e io gli rispondevo con altrettanto.
Era diventata una guerra, una battaglia nella quale combattevo strenuamente, faticosamente, per alzare ancora una volta lo sguardo e sfidarlo, non mi avrebbe distrutta, non lo avrei permesso.
Al suo cospetto ero fredda, decisa, orgogliosa, ma ogni sera tornavo in camera e piangevo su quello che avevo sognato e non era stato.
I miei amici e Minerva erano seriamente preoccupati per me che, giorno dopo giorno, perdevo il mio sorriso per lasciare spazio ad una malinconia latente che ormai mi accompagnava.
Assurdamente mi nutrivo di quella battaglia, vivevo per ciò che sarebbe successo, vivevo per tenergli testa, per metterlo in difficoltà, per vincere. Avevo perso la mia dolcezza.
Poi un lunedì mattina accadde.
La lezione di pozioni era iniziata da un pezzo, anzi, stava quasi per finire, stavo terminando, osteggiata non poco da Piton e dai suoi amati Serpeverde, una pozione assai complessa che, non si sa per quale buona sorte, mi stava venendo davvero perfetta.
Passò accanto a me, con il suo solito fastidiosissimo, bellissimo sguardo di superiorità dipinto sul volto, un velo di incredulità coprì i suoi occhi neri vedendo il perfetto risultato della mia pozione.
Ce l’avevo fatta! Alzai lo sguardo trionfante e lo fissai nel suo.
- “ Oggi sarà costretto a correggerla, professore!”
Vidi la sua certezza vacillare per un istante, vidi i suoi occhi vagare sul mio tavolo in cerca di un qualunque altro stupido motivo per evitare di darmela vinta, non lo trovò.
Vidi la cattiveria invadere il suo sguardo di ghiaccio.
Poi lo fece.
Si sfilò dalla tasca interna del mantello una fialetta, mi guardò, sorrise beffardo, poi con un gesto non curante della mano vuotò l’intero contenuto dell’ampolla nel mio calderone.
- “ Questa pozione è totalmente sbagliata signorina Huoot” poi si avvicinò fino a pochi centimetri dal mio viso e sibilò maligno “ come vede, io vinco sempre!”
Era troppo, mi alzai di scatto e lo spinsi indietro con un mano.
- “ Ma che cosa ti ho fatto, eh?”
Piton indietreggiò di un passo, lo avevo preso alla sprovvista, sul suo viso tirato si dipinse nitida un’espressione di stupore. Con lo sguardo volò a cercare gli occhi dei miei compagni che raggelò.
- “ La lezione è finita, uscite immediatamente” sentenziò freddo a denti stretti.
Gli studenti si affrettarono ad uscire dall’aula leggendo nelle parole di Piton una minaccia non troppo velata.
- “ Oh certo, mandali via” dissi continuando ad avanzare verso di lui “ cos’è non sai più come ribattere, non avrai perso il tuo rinomato sarcasmo, Severus!”
Continuavo ad avvicinarmi minacciosa al suo corpo che restava fermo con aria di sfida, lo toccai con la mano tesa davanti a me.
- “ Mi tolga le mani di dosso!”
- “ Perché, altrimenti cosa fai, non credi di avere già fatto abbastanza?” Gli urlai con quanto fiato avevo in corpo spingendolo con le mani che si erano fatte due a contatto con il suo petto.
- “ Smettila di urlare, stupida ragazzina!”
Mi afferrò i polsi con le sue mani forti, mi fece male, lo strattonai per liberarmi mentre la sua stretta si faceva sempre più salda.
- “ Lasciami!” gli urlai ancora.
Si bloccò di colpo terminando la breve lotta che avevamo combattuto, mi guardò.
Aveva il respiro affannato, i capelli leggermente scomposti sul viso, era bellissimo.
Persi il controllo, definitivamente.
Fu un attimo e le mie labbra furono sulle sue, avide, si aprirono cercando la sua lingua, che, contro ogni aspettativa non si fece desiderare a lungo.
Fu un bacio lungo, passionale, quasi violento.
Lentamente lasciò i miei polsi e travolto da una passione incontenibile mi strinse a se, con forza, la sua bocca che cercava la mia, smaniosa, sempre più smaniosa, sentivo il suo petto alzarsi ed abbassarsi sempre più velocemente, sentivo il suo respiro sempre più affannoso. Mi strinse di più. Mi baciò ancora più a fondo.
Le nostra bocche, l’una dentro l’altra, quasi non ci bastasse, quasi volessimo avvicinarci ancora di più, il suo cuore che batteva con il mio, la sua lingua che danzava con la mia.
Non ero più in me, fu un secondo o furono ore, la terra mi mancava sotto i piedi, e la stanza, intorno a noi sembrava girare convulsamente, avevo le vertigini, le mani sudate, sentivo il respiro mancare.
Di colpo mi afferrò per le spalle, sentii le sue mani stringere la mia carne e mettendo fine a quel sogno incantato mi allontanò.
Mi guardò per un istante, la sua bocca sottile leggermente arrossata della foga di quel bacio, chiuse gli occhi, un velo di tristezza solcò il suo volto. Quando li riaprì le fiamme erano svanite e una lucida malinconia annebbiava il suo sguardo. Non capivo.
- “ Vattene via.” Sussurrò in fine.
La sua voce minacciosa mi parve forzata.
Si voltò su se stesso, ancora una volta, e io ancora una volta rimasi a guardarlo svanire dietro la pesante porta di legno del suo studio, rimasi lì incredula, emozionata e infinitamente triste. Perché era tutto così difficile?
Perché, maledizione perché non riuscivo a smettere di amarlo?


******


Sono uno stupido, maledizione perché, perché ho risposto a quel tuo assurdo, inaspettato bacio?
Avrei dovuto respingerti, avrei dovuto cacciarti via con il mio solito, famoso disprezzo nella voce, non ce l’ho fatta, non volevo farcela.
Hai creato una pozione perfetta oggi, brava. Ho dovuto rovinarla, ho voluto farmi odiare ancora, un po’ di più. Hai reagito, maledizione se hai reagito, non me lo aspettavo.
Mi hai spinto, mi hai urlato in faccia la tua rabbia. Hai fegato mia piccola babbana.
Mi hai spinto ancora, ho dovuto fermarti, ti ho preso i polsi, penso di averti fatto male, mi dispiace, ma tu non smettevi di divincolarti.v “ Lasciami” mi hai urlato. Hai ragione, dovevo farlo, ma il contatto con la tua pelle annebbia la mia mente. Ho allentato la presa e mi hai guardato.
Avevi gli occhi accecati da una rabbia troppo a lungo repressa, le labbra che si dischiudevano leggermente al ritmo del tuo respiro affannato, i capelli scomposti sul tuo bel viso. Eri bellissima.
E’ stato un attimo, non me ne sono neanche reso conto e le tue labbra erano sulle mie, si dischiudevano cercando il mio bacio.
Ho ceduto, maledizione, ho ceduto.
Ti ho baciata con tutta la passione che mi esplodeva nel petto, ti ho baciata e ti ho baciata ancora, sempre più in profondità, ho afferrato il tuo corpo e l’ho stretto al mio. Eri così piccola tra le mie braccia.
Sentivo il dolce sapore della tua lingua intrecciare la mia, sentivo le tue mani contro il mio petto, sentivo i tuoi capelli di seta carezzare le mie che, forti, cingevano i tuoi fianchi, sentivo il tuo cuore impazzire, e il tuo respiro farsi sempre più affannato. Avrei voluto che non finisse mai. Mi hai voluto come io ho voluto te. Non dovevi farlo Keira, non dovevi.
Ti ho allontanata, ho provato a sibilarti parole cattive, ancora. Se solo tu sapessi la gioia che mi hai regalato, se solo tu sapessi per quanti giorni e quante notti ho desiderato le tue labbra, ho desiderato te.
E ora sono qui su una poltrona che gli anni hanno reso logora, ancora, e tu sei ancora lì a guardarmi andare via.
Perché mi hai baciato mia piccola babbana, perché? Come potrò vivere ora che ho assaggiato le tue labbra? Come potrò vivere sapendo che non le avrò mai più?
Hai fatto esplodere dì amore il mio cuore, ancora una volta, hai fatto esplodere d’amore il mio cuore che della parola amore aveva dimenticato il significato.
Perché l’ho fatto, perché?
Scappa amore mio, scappa lontano da me. Fuggi e non voltarti indietro mai, dimentica le mie labbra che impunemente hanno violato le tue, dimentica i miei occhi che innamorati hanno sognato i tuoi, dimentica il mio cuore che gonfio di passione ha battuto all’unisono con il tuo, dimentica tutto, dimentica me!
Ti amo Keira, ti amo.>


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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


La porta dell’aula di trasfigurazione era aperta, dentro la voce acuta della professoressa Mc Granit decantava l’efficacia di un’antica formula a un pubblico di studenti poco interessati.
Incrociai gli occhi di Minerva che, dolcemente, mi sorrise e mi fece cenno di entrare.
Mi sentivo soffocare, dovevo uscire da quel castello, dovevo respirare l’aria fresca dell’inverno, dovevo riportare il mio cuore ad un ritmo accettabile, mi sentivo morire, sentivo sulle labbra il suo sapore e sul corpo il calore delle sue mani. Lo amavo, lo amavo immensamente.
Corsi fuori seguita dagli occhi preoccupati dell’anziana strega, mi diressi verso il lago, ancora, quel lago che tante volte aveva ascoltato il mio dolore e che ora volevo rendere partecipe della mia gioia.
Mi aveva baciata, come io avevo baciato lui, con passione, una passione travolgente. Volevo urlare, saltare, correre. Rimasi ferma, con l’acqua a lambire le mie scarpe, per ore, finchè non fu notte e il cielo si tinse di nero, profondo, come i suoi occhi.
Apparvero le prime stelle, e con loro si fece nitido il ricordo della mia vita.
Ripensai a tutti gli anni passati in Giappone, ripensai agli allenamenti massacranti, al dolore, al sangue delle mie stesse vene che scorreva sul mio corpo sotto i fendenti dei miei maestri. Ripensai al mio Colorado e ad Aquila Grigia che tante volte, insieme a me, aveva cavalcato cavalli selvaggi, ripensai ai suoi occhi che tanto si sforzavano di capire il mio malcontento, i suoi occhi gonfi di lacrime nel vedermi partire, il mio unico, vero, amico che non aveva capito, ma aveva accettato il mio dolore, e con affetto immenso mi aveva lasciata andare via. Ripensai a quella pergamena, solcata da lettere d’oro, che mi aveva condotta fino a lì, ripensai al suo sguardo, quella sera in sala grande, ripensai alla sua voce, alle sue labbra, al suo corpo, ripensai al suo mantello nero che ondeggiava lento al ritmo elegante del suo passo sicuro, alle sue mani sottili e curate, all’odore della sua pelle che era diventato ossigeno, ripensai a quel bacio strappato con forza al quale aveva risposto con così tanta infuocata passione, ripensai a lui, a quanto lo amavo, a quanto dannatamente, ostinatamente, immensamente lo amavo.
“ Perché fai cosi Severus, perché? Perché mi seduci con i tuoi occhi di ghiaccio e fuoco? Perché mi insulti, mi deridi, mi offendi? Perché mi baci? Perché, maledizione perché ti amo così tanto?”
Sentii un brivido di freddo e mi riscossi dai miei pensieri.
Mi voltai a guardare il castello, era bellissimo, si stagliava alto nel cielo, con le sue torri, le sue gullie, tempestato di diamanti gialli splendenti che le luci delle stanze facevano brillare.
“ Dove sarai adesso, amore mio?”
Mi incamminai lenta verso un dormitorio che mi parve troppo lontano, volevo dormire, volevo sognare quel bacio, ancora, e ancora, volevo sognare il mio Severus, quello che con tenerezza una sera d’inverno mi aveva appoggiato lo scialle sulle spalle, quello che mi aveva accarezzato la mano, quello che mi aveva sorriso.
Arrivai e trovai i miei amici ad aspettarmi, era tutto il giorno che non mi vedevano.
Dopo la litigata furiosa con Piton erano usciti come lui aveva ordinato, poi avevano assistito alle lezioni che io, troppo scossa, avevo saltato, mi avevano cercata, ma, fortunatamente, senza successo. Volevo stare sola.
Ora erano lì, davanti a me, con le bocche piene di domande che si costringevano a non fare uscire, sorrisi.
- “ Tutto a posto.” Dissi con un sorriso “ Ora vado a letto, sono stanchissima.”
Imboccai le scale che portavano alla nostra stanza con i loro occhi increduli puntati sulle mie spalle, sentii alcuni passi veloci e vidi Hermione raggiungermi.
- “ Che cosa è successo? Piton sembrava una furia quando ci ha mandati via. Non dovresti provocarlo così Keira, è un uomo pericoloso, lo sai.”
La presi per un braccio e la spinsi su dalle scale velocemente.
- “ L’ho baciato!” le dissi tutto d’un fiato.
Gli occhi di Hermione divennero enormi, la bocca leggermente aperta, sembrava che avesse visto un fantasma, anche se a ripensarci di fantasmi ne vedeva spesso.
- “ E………?” sussurrò con un fil di voce, sembrava terrorizzata all’idea.
- “ E lui ha baciato me, o meglio, mi ha quasi mangiata. E’ stato un bacio travolgente, passionale, non avevo mai baciato nessuno così. E’ stato….fantastico!”
La mia amica si portò una mano alla testa come per cercare di non farla esplodere.
- “ E poi?” disse timorosa.
- “ Poi mi ha guardata, mi ha detto di andarmene e si è rintanato nel suo studio. Non lo capisco Hermione, prima sembra l’uomo perfetto, poi tutt’a un tratto diventa un demonio, e poi, poi mi bacia così. Non so più cosa pensare, so solo che lo amo, lo amo da morire.”
Mi prese la mano, mi guardò negli occhi, poi mi abbracciò stretta a sé e sussurrò:
- “ Non so come andrà a finire, so solo che posso dirti mille volte cosa penso di lui, ma tu continuerai ad amarlo, so solo che un’amica deve aiutare, confortare, ascoltare. Bhè Keira, io ci sarò! Non posso dirti di smettere di amarlo, ti posso dire che se vorrai amarlo, io sarò con te.”
La abbracciai più forte, era quello che volevo, solo un’ amica, un’amica vera.
Andammo a dormire entrambe, evidentemente anche la giornata di Hermione era stata pesante. Mi misi nel letto e decisi che, a come risolvere le problematiche che avevano causato le mie assenze dalle lezioni, ci avrei pensato il giorno successivo.
Mi addormentai quasi subito sognando di lui.

Mi svegliai sotto gli scossoni di Hermione.
- “ Sta mattina vengo a correre con te!”
“ Che carina” pensai “ non vuole proprio lasciarmi sola”.
Ci preparammo e scendemmo nella mattina che, di giorno in giorno, diventava sempre più fredda, corremmo per poco perché Hermione, fuori allenamento, non riusciva a mantenere il mio ritmo. Decidemmo che avremmo finito camminando.
Passeggiammo a lungo davanti alla foresta e sulle rive del lago, poi, infreddolite, tornammo al castello per prepararci per la lezione di erbologia.
Scendemmo alle serre con notevole anticipo poiché dovevo dare giustificazione della mia assenza del giorno precedente, la professoressa Sprite non c’era. Ci accomodammo al nostro posto terrorizzate all’idea di dover, ancora una volta, estirpare il succo dalle mandragole urlanti.
Aspettammo per un quarto d’ora buono, poi vedendo che non arrivava nessuno cominciammo a preoccuparci.
La porta sbattè violentemente non dandoci il tempo di farci troppe domande.
- “ Figurati” disse una voce tristemente conosciuta “ dove volevi che fossero due secchione di Grifondoro? La Sprite è ammalata, la sostituisce Piton. Non vedendovi arrivare e sapendo che -sotuttoio- non si sarebbe mai persa una lezione mi ha mandato a cercarvi, ma voi non li leggete gli annunci?”
E si rinfilò nel buco della porta da cui era entrata. Da dietro Parsy Parkinson sembrava un pugile pronto a sferrare il suo attacco, aveva le spalle larghe e leggermente piegate verso l’avanti, non era bassa, ma la sua corporatura tutt’altro che snella la faceva apparire tale. Hermione sembrò capire i miei pensieri e rise sommessamente.
- “ Stai tremendo eh, sudicia babbana? Ieri devi aver passato davvero un brutto quarto d’ora con Piton alterato a quel modo!” disse sghignazzando.
Guardai la mia amica e non riuscii a trattenere una risata. L’idea di vederlo effettivamente mi faceva tremare, solo non proprio nel modo che intendeva la Parkinson.
Raggiungemmo l’aula di pozioni, ormai la conoscevo perfettamente, ogni suo angolo, l’avevo sognata non so più quante volte, la porta era chiusa, Pansy bussò.
- “ Avanti” rispose la sua voce calda dall’interno. Entrammo, la mia nemica in testa, Hermione ed io dietro.
- “ Immagino che gli avvisi vengano ritenuti superflui” biascicò mellifluo il professore “ venti punti in meno a Grifondoro per ognuna di voi” proseguì soddisfatto con il suo solito sorriso obliquo.
Ci sedemmo senza ribattere, questa volta non aveva torto, per la fretta di arrivare in anticipo avevamo saltato a piè pari la bacheca.
- “ Visti i risultati a dir poco inquietanti delle vostre prove suppongo che ripetere l’esperimento possa dimostrarsi assai divertente, perlomeno dal mio punto di vista.
Signorina Huoot” disse voltandosi verso di me “ la sua prova è stata la peggiore, non che me ne sia stupito, ma vorrei in ogni modo distanziarla dal resto della classe per evitare una sua spudorata copiatura.”
Mi spostò il banco con un cenno della bacchetta e mi rivolse un sorriso beffardo.
- “ Pensa di riuscire almeno a trovare gli ingredienti da sola o vuole che le mandi la sua amichetta sotuttoio a darle una mano? Suppongo che, da questa distanza, non riuscirà a copiare. Questa volta.”
C’era un sarcasmo cattivo che traboccava dalle sue parole, sentii il sangue gelare pronta ad un suo prossimo attacco. “ Perché? Perché fai così, maledizione!?” pensai. - “ Pozione disintossicante.” Annunciò freddo.
Non avevo mai sentito nominare quella pozione, non me ne stupii.
Presi il calderone e lanciai uno sguardo allarmato ad Hermione che scosse la testa capendo che non avrebbe potuto aiutarmi. Guardai sul suo banco, Piton si sbagliava, riuscivo a vedere qualcosa, perlomeno ero riuscita a distinguere gli ingredienti, iniziai a disporli sul mio banco.
Uno sguardo stupito si fermò sul piano di legno, Piton mi stava guardando, sembrava non darsi pace del fatto che ero riuscita a trovare gli ingredienti, gli sorrisi con aria di sfida e lui si voltò di scatto. Quella battaglia l’avevo vinta.
Copiai i movimenti di Hermione che, capite le mie intenzioni, si muoveva lenta.
Alcuni Serpeverde avevano nascosto sotto il banco il libro di pozioni, non riuscivo a credere che Piton non lo vedesse, poi capii che probabilmente non aveva nessuna intenzione di farlo.
Anche i miei compagni lo notarono e, consolati dal silenzio del professore, fecero altrettanto.
In meno di un’ora e mezza quasi tutti i libri della classe erano aperti sul tavolo, Piton teneva la testa china sulla scrivania, forse non si era davvero accorto di niente, tentai il tutto per tutto visto che da Hermione non riuscivo a copiare quasi più nulla essendo diventati i movimenti assai difficili da distinguere, tirai fuori il libro.
In meno di un secondo Piton fu su di me, mi strappò il volume dalle mani e lo gettò a terra.
- “ Capisco che tu non riesca a comprendere esattamente le mie parole, ma PROVA mi è sembrato un concetto piuttosto facile, persino per te!” mi ringhiò maligno.
Poi gettò lo sguardo sulla mia pozione, qualcosa di indecifrabile passò sul suo volto.
- “ Ah, dimenticavo, il tuo voto è irrecuperabile, potresti consegnarmi una pozione perfetta, e ti assicuro che non è questo il caso, ma la tua rimarrebbe un’insufficienza!”
- “ Ne è davvero sicuro professore? Vede la figura del libro? Mi sembra perfettamente identica. Capisco che lei non riesca a comprendere esattamente le mie parole, ma il significato di IDENTICA mi sembra piuttosto semplice. Non trova?”
Vidi i suoi occhi riempirsi di lampi, forse avevo esagerato, era vero, ma non tolleravo più la sua ingiustizia, non dopo quello che era successo.
Si chinò sul mio banco con gli occhi che lampeggiavano pericolosamente.
- “ Puoi portarmi tutte le pozioni esatte che vuoi, babbana, io non ti concederò mai neanche l’ombra di una sufficienza. Vuoi stare in questa scuola? D’accordo, ti renderò la vita impossibile, stanne certa, come tu l’hai resa a me e a tutti i maghi che a pieno diritto frequentano i suoi corsi. Non avrei mai pensato che Hogwarts potesse cadere così in basso.”
Si alzò di scatto e con un cenno veloce della bacchetta rovesciò l’intero contenuto del mio calderone sul pavimento. Mi guardò e mi rivolse un sorriso obliquo. - “ Cinquanta punti in meno a Grifondoro. Pulisci il disastro che hai fatto, subito!” sbraitò.
Hermione, traboccante di odio per l’ingiustizia che mi veniva rivolta, si alzò dal suo banco e si diresse con passo deciso verso di me, si chinò, prese uno straccio e cominciò ad asciugare il viscido liquido rossastro della mia pozione praticamente perfetta che continuava ad espandersi sul pavimento.
- “ Non mi sembra di aver richiesto il tuo intervento signorina Granger, torna immediatamente al tuo banco! Voglio che questa ragazzina capisca qual è il suo posto!”
disse indicando il pavimento con un cenno del capo.
La sua voce era pervasa da una rabbia incontrollabile, sembrava che si sforzasse di dire parole il più cattive possibile, sembrava che stesse facendo di tutto per farsi odiare.
Feci un cenno ad Hermione indicandole di andare a posto, non era proprio il caso che le sue vittime diventassero due.
Gli avrei tenuto testa, ancora una volta, dovevo solo ripescare in fondo al mio cuore un briciolo di dignità, quella dignità fatta a brandelli dalle parole velenose dell’uomo che amavo sopra ogni altra cosa.
Ripulii il pavimento, mi alzai e gli rivolsi uno sguardo di sfida. Gettai lo straccio a terra, con quanta forza avevo in corpo, proprio davanti ai suoi piedi.
- “ Sei contento? Ora il pavimento è perfettamente pulito” poi abbassai la voce e mi avvicinai a lui “ è sulla tua anima che nutro qualche dubbio!”.
Vidi i suoi occhi velarsi per un istante, non poteva essere ma in quel momento mi parve tristezza. Si riscosse immediatamente, fece un cenno della mano e mi sorrise maligno.
- “ Non direi!”
Mi voltai, il pavimento era nuovamente pieno di melma rossastra.
Sentii le tempie pulsare, mi voltai e vidi il suo volto soddisfatto guardarmi con l’aria di chi ha appena dimostrato che non esiste guerra.
- “ Te l’ho gia detto ragazzina, io vinco sempre!”
Mi chinai a terra, pulii nuovamente quel disastro, le mani mi bruciavano a contatto con la sostanza che doveva essere leggermente corrosiva, divennero rosse e screpolate, ma finii, restai a terra ugualmente finchè il pavimento non fu completamente pulito, di nuovo.
La classe era ammutolita, i miei amici mi guardavano con compassione e rivolgevano al professore sguardi carichi di disprezzo, i Serpeverde ridevano allegramente e mi lanciavano a voce alta parole ignobili, Piton non faceva nulla per fermarli.
Mi alzai, mi diressi verso il mio banco, mi sedetti e feci per riprendere da capo la mia pozione, non avevo nessuna intenzione di dargliela vinta.
In un attimo mi raggiunse, mi si avvicinò.
- “ Hai capito qual è il tuo posto in questa scuola, babbana?”
Non risposi, lo fissai con gli occhi che si sforzavano di far trafelare odio, trattenendo ormai a stento le lacrime.
- “ Sei un essere ripugnante” gli dissi a voce alta.
- “ Davvero? Eppure ieri non sembravi pensarla così ragazzina. Ho ancora il tuo sporco odore addosso!”
Lo avevano sentito tutti, ne ero certa, aveva voluto farsi sentire da tutti.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, non riuscivo più a fermarle, il mio cuore distrutto non riusciva più a trattenerle, la rabbia salì, incontrollabile, ancora una volta, salì fino a non poter essere più trattenuta, salì fino a farmi esplodere.
- “ Sei un bastardo!” gli urlai con tutto il fiato che avevo in corpo alzandomi e rovesciandogli violentemente il calderone, con ciò che era rimasto del suo contenuto, addosso.
Mi avviai verso la porta quasi correndo urtandolo violentemente con la spalla passando al suo fianco.
- “ Torna subito al tuo posto ragazzina, ho detto al tuo posto!” mi ringhiò.
Ormai avevo raggiunto l’uscita, aprii con forza.
- “ Sibila i tuoi fottuti ordini a qualcun altro, io me ne vado!”
Gli urlai ancora, poi varcai la soglia facendo sbattere violentemente la porta.
Corsi fuori, con tutta la forza che avevo.
Avrei dovuto odiarlo, perché, maledizione perché non ci riuscivo?
Avevo il cuore gonfio di pianto di tristezza e di amore quando avrei dovuto averlo pieno di rabbia e disprezzo.
“Perché Severus, perché?”
Non potevo restare in quel castello, dovevo andare via. La guerra era diventata straziante, mi stava uccidendo.
Dov’erano finiti il mio sorriso, la mia allegria, il mio ottimismo? Vivevo per lui, e lui mi uccideva giorno dopo giorno, sempre un po’ di più.
Aveva ragione Hermione, quella sera lontana nella quale ci eravamo incontrate, aveva ragione su tutto.
“ Non riesco a smettere di amarti Severus, me ne andrò cercando di conservare il ricordo di te al quale mi appiglio per non morire, me ne andrò e ti libererò della mia presenza. Forse hai ragione tu, neanche questo è il mio posto. Ti amo, ti amo, infinitamente ti amo.”


******


Sono qui seduto alla mia scrivania.
La classe che mi sono sempre divertito a spaventare mi osserva con il terrore dipinto negli occhi.
Solo la Granger mi guarda con odio, se solo tu potessi sapere, Hermione, quanto in questo momento io condivida lo sguardo che mi stai rivolgendo.
Mi disprezzo, mi disprezzo per quello che ti ho detto, per quello che ho fatto. Perdonami Keira, perdonami, ti prego. Se solo conoscessi un altro modo per salvarti, se solo potessi evitarti tutta questa sofferenza.
Ho visto i tuoi occhi che non riuscivano quasi più a trattenere le lacrime, ho visto il tuo cuore puro infrangersi sotto il peso delle mie schifose parole, ho visto il tuo sorriso spegnersi, ancora una volta, affogato dalla mia forzata cattiveria. Perdonami, ti prego.
Sei uscita insultandomi, sbattendo la porta, non sono riuscito a farti avere paura di me, non ci riuscirò mai, sei troppo forte, troppo ostinatamente, dannatamente forte. Perché ancora mi ami Keira, perché?
Non riesco più a sopportare il peso che comporta questa guerra. Non ci riesco, non riesco più a vedere i tuoi occhi gonfi di tristezza a causa mia, non ce la faccio più. Odiami amore mio, ti prego, odiami.


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