“Sad eyes
never lie”
—Sad
Eyes, Bruce Springsteen
5.
Sad eyes
L’aveva
baciata. Draco Malfoy l’aveva baciata. Il suo collega,
spocchioso, purosangue,
‘sono ricco e me ne vanto’ l’aveva
baciata.
Con
grande
trasporto, per giunta.
Con
ardore.
E
le era
piaciuto.
Oh,
eccome
se le era piaciuto.
Attendeva
da
anni quel momento.
Si
fiondò
all’interno del suo appartamento.
Buio.
Fortunatamente Ron non era in casa.
Perché dovrebbe essere qui? Avete
litigato.
Portò
le
dita a sfiorare le labbra. Menta. Lui
profumava di menta. Ora, anche lei aveva su di sé quel
profumo così fresco,
così suo.
Si
lasciò
cadere contro la parete della porta, sino a sedersi sul freddo
pavimento.
Qualcosa di peloso le accarezzò i piedi che aveva liberato
dalla stretta delle
decolté.
Grattastinchi.
Attirò
l’ormai anziano gatto arancione a sé e lo
posò sul suo ventre.
“Mi
ha
baciata.” Sussurrò fissando gli occhi gialli del
gatto.
Scosse
il
capo. Non poteva essere vero. No, non poteva assolutamente essere vero.
Provò
a
tirarsi un pizzico. Era sveglia, era la realtà. Draco Malfoy
l’aveva bloccata
contro una parete dell’ascensore e l’aveva baciata.
Scosse
ancora il capo.
Un
ticchettio alla finestra la ridestò
Leo,
il gufo
di Ron, si librava assonnato attendendo che lei gli permettesse di
entrare.
Dopo
aver
spalancato la finestra, Hermione porse un biscottino al pennuto.
Estrasse la
lettera dalla zampina e avidamente l’aprì e la
lesse.
Mia Hermione,
sono stato un vero stupido. Non avrei mai
dovuto alzare la voce in quel modo con te. Spero potrai perdonarmi,
questa
sera, a cena.
Solito posto, ore 19.
Ti amo,
Ron
Hermione
inspirò a fondo. Cosa avrebbe fatto?
Diglielo.
Dire
cosa?
Che Draco Malfoy l’aveva baciata? Non ci avrebbe visto
più alla rabbia.
L’avrebbe ucciso. Anzi no, si sarebbero uccisi a vicenda.
Sbuffò
ancora.
Una
cena era
l’ultima cosa che voleva, eppure doveva andarvi.
Lo
doveva a
Ron.
Lui
non
meritava tutta quella sofferenza.
Mancavano
ancora un paio d’ore alla cena, aveva tempo per preparare un
accurato piano, un
discorso, per dedicarsi un po’ a sé, ma
soprattutto per cancellare dal suo
corpo quel profumo così destabilizzante e affascinante.
Menta.
***
L’aveva
baciata. Aveva assaporato quelle labbra. Aveva passato le mani, le
dita,
attraverso quei riccioli ribelli. L’aveva fatta sua, anche se
per pochi
istanti. Aveva maschiato i loro sapori.
Le
sue mani
sulle forme corpose del suo corpo.
Le
sua mani
sulla schiena.
Stava
impazzendo.
Un
sorriso
ebete gli si era dipinto sul volto non appena era uscito
dall’ascensore.
L’aveva
baciata.
La
desiderava, ancora, sempre di più.
E’ scappata.
Non ti vuole.
L’hai umiliata.
No.
Le sue
mani subito sulle sue labbra, erano il segno che la Granger provava
qualcosa. Se
non fosse stato così l’avrebbe aggredito non
appena le si fosse avvicinato.
L’avrebbe schiantato, schiaffeggiato.
Lei
sapeva
difendersi, lei sapeva dire no.
La Granger provava qualcosa per lui.
Fissava
il
bicchiere pieno di Firewhiskey. Lentamente faceva ruotare il liquido
ambrato
nel bicchiere di cristallo.
L’immaginava
ancora tra le sue braccia.
Il
suo seno
che premeva contro il suo petto. Il battito frenetico dei loro cuori.
Il suo
profumo di vaniglia invaderlo, annebbiarlo, torturarlo, incatenarlo.
La
voleva.
Voleva
tutto
di lei. La rabbia, l’amore, la caparbietà, la
passione.
L’avrebbe
conquistata. L’avrebbe fatta sua, per sempre.
L’avrebbe corteggiata, l’avrebbe
fatta innamorare, sino ad arrivare al desiderio. Avrebbe fatto
sì che anche lei
avesse avuto bisogno di lui, ogni giorno. Piano, sarebbe stato facile.
Mentre
si
smaterializzò un nome invase la sua mente.
Astoria.
Forse,
non
sarebbe stato del tutto facile.
***
Si
era
concessa un lungo bagno caldo.
Aveva
bisogno di dominare i suoi pensieri, i suoi dilemmi.
Cosa
avrebbe
detto a Ron?
La
verità.
Certo, forse non tutto nel dettaglio, ma sommariamente la
verità.
Un
piccolo
passo per ripristinare il loro rapporto.
Aveva
pensato ai pro e ai contro, ovviamente. Come sempre.
Ma
non vi
erano pro per la relazione, non dopo quello che era successo il mattino.
No,
lei
Hermione Granger non amava più il suo fidanzato, ma non
aveva il coraggio di
affrontare questa verità.
Era
semplice
fingere che tutto andasse bene.
Ron non soffrirà. Io
sopporterò. Sono forte.
Fu
con
questa convinzione che la strega si preparò.
Indossò
una
camicia beige, una longuette marrone e delle decolté beige.
Lasciò
i
capelli sciolti.
Niente
trucco. Sarebbe stata semplice.
Era
così
quando lei e Ron si erano innamorati.
Nessun
trucco, solo verità.
Come puoi proclamare la verità, se fingi
di
amarlo?
Mise
a
tacere quell’ulteriore quesito e dopo aver afferrato la borsa
si smaterializzò.
Si
era
smaterializzata all’interno del cottage. Un delizioso
profumino le giungeva
sino alle narici.
Luci
soffuse, una deliziosa melodia in sottofondo.
Aveva fatto tutto quello per lei.
Due
braccia
forti la cinsero alle spalle.
“Eccoti.”
Aveva
spostato i suoi capelli tutti sulla spalla sinistra, lasciando quella
destra
libera e scoperta.
Delicatamente
Ron aveva iniziato a posare dei baci sulla pelle della sua compagna
sino a
giungere all’incavo del collo.
La
borsa di
Hermione era finita sul pavimento.
Le
stava
facendo perdere il senso di ogni cosa.
Aveva
bisogno di lui. Aveva bisogno di perdersi.
Aveva bisogno di Malfoy.
Sbarrò
gli
occhi a quel pensiero. E dopo aver baciato il rosso si
distaccò.
“Ceniamo?
Ho
una fame da matti.”
L’uomo
annuì
deluso, di certo non era nei piani cenare prima di aver portato a letto
la sua
donna.
La
fece
accomodare e le posò dinanzi il piatto.
Fece
altrettanto con la sua porzione.
“Mmm-
proferì la donna- risotto allo champagne! Il mio
preferito!”
Il
rosso
sorrise.
E’ così bella.
“Hermione?”
la richiamò lui
“Mmm?”
“Mi
dispiace.”
“Per
cosa?”
“Per
essermi
comportato in quella maniera l’altra sera. Ero fuori di
me.”
La
donna
deglutì e si alzò, avvicinandosi
all’uomo.
“Devo
dirti
una cosa.”
“Tutto.”
“Oggi
è
successa una cosa in ufficio.”
“Ovvero?”
La
donna
chinò il capo.
Diglielo.
Diglielo, ora.
“Un
tizio mi
ha baciata.”
Sollevò
il
capo per vedere il volto dell’uomo. Era privo di espressione.
Urla.
Ti prego, grida.
Fa qualcosa.
Urla!
“Chi?”
“Un
fattorino. Ero in ascensore e ne ha approfittato.”
Un
clap.
Vuoto.
Era
da sola.
Ron
si era
smaterializzato. Corse fuori dal cottage, urlò per tutto il
bosco limitrofo.
Non
c’era,
era andato via. Senza urlare, senza prendersela con lei.
Lacrime
rigavano il volto.
Quella era una magra interpretazione della
verità.
Un fattorino.
Un fattorino al Ministero?
I maghi non sanno nemmeno
cos’è un
fattorino!
Senza
curarsi di spegnere le candele e di sparecchiare si
smaterializzò.
Sei una stupida. Ecco cosa sei.
Sfilò
la
gonna e le scarpe. Le lasciò ai piedi del letto e
s’infilò sotto le coperte.
Era
una
povera illusa.
Sola
e
stupida.
Dopo
qualche
ora, era riuscita finalmente ad addormentarsi.
Il
respiro
tranquillo. Il petto si alzava e si abbassava lentamente sotto le
coperte.
Una
presa
per il volto.
Hermione
si
svegliò immediatamente. Qualcuno la teneva per il mento, e
non delicatamente.
Tentò d’urlare ma senza riuscirvi.
Il
volto del
suo aggressore era nascosto dall’oscurità.
Tentò
ancora
d’urlare, questa volta emettendo un lieve sussurro.
“Chi
è
stato?”
Quella
voce.
Non poteva essere. No. No. Non poteva essere lui a farle questo.
Gli
occhi
ormai iniziavano ad abituarsi al buio, la figura iniziava a stagliarsi
in
quell’oscurità.
Capelli
in
disordine. Braccia muscolose. Spalle larghe.
Non
poteva
essere, no. non ci avrebbe mai creduto.
Provò
ad
urlare ancora, mentre Ron la stringeva sempre più forte.
“Chi
ti ha
toccata?”
Tentò
ancora
d’urlare. Invano. Quelle mani che poche ore prima
l’accarezzavano
amorevolmente, ora premevano con forza sulla sua pelle.
“Rispondimi,
maledetta.”
Era
impazzito.
Sentiva
lacrime bagnarle il viso.
Lui
allentò
per qualche attimo la presa.
“Ron,
ti
prego.” Sussurrò
“Dimmi
chi
ti ha toccata.”
“Te
l’ho
detto. Uno che, che..Ron mi fai male!”
L’uomo
strinse più forte il mento della donna e poi
l’afferrò con l’altra mano per un
braccio, tirandola giù dal letto e facendola cadere con poca
grazia sul
pavimento.
“Ron,
ti
prego.”
“Dimmelo.”
“Sei
ubriaco. Lasciami, ti prego.”
“No.”
Un
colpo sul volto. Deciso.
Hermione
portò una mano sul viso, dove qualche istante prima di era
posata con violenza
la mano del suo fidanzato.
“Non
te lo
dirò mai.”
Un
colpo al
ventre.
“Puttana.”
Urlò il rosso e dopo averla strattonata ancora si
smaterializzò.
Hermione
crollò sul pavimento inerme. Aveva portato le ginocchia al
petto.
Lentamente
cercò di raggiungere la bacchetta sul comodino.
Sentiva
il
petto pulsare per il dolore, come il ventre.
Riuscì
ad
afferrare la bacchetta dopo molti tentativi.
Con
un
incantesimo non verbale mandò un patronus.
“Ginny.”
Sussurrò.
***
I
coniugi
Potter si erano appena coricati, erano stretti l’uno
all’altro quando si mostrò
loro il patronus di Hermione Granger.
“Ginny.”
“Ginny.”
Il
moro
sbarrò gli occhi, mentre la rossa si era già
alzata.
“E’
successo
qualcosa a Hermione.”
“Vado
io.”
Sussurrò il marito.
“No.
Ha
chiamato me. Resta qui. Ti avviso appena so qualcosa.”
Dopo
aver
indossato in fretta e furia degli stivali e un cappotto la donna
posò un bacio
sul capo del marito e si smaterializzò.
***
L’appartamento
della sua migliore amica era interamente al buio.
“Hermione?”
chiamò.
Nessuna
risposta. Fece luce con l’aiuto della bacchetta.
“Hermione?”
pianò salì le scale che portavano alla stanza da
letto.
Aprì
lentamente la porta della camera di Hermione e la vide.
Riversa
sul
pavimento priva di sensi.
Le
fu
accanto in un attimo.
“Hermione?
Hermione?” la richiamò scuotendola.
“Non
port..a..rmi al San..”
Nuovamente
la
strega perse i sensi.
Ginny,
preoccupata, inviò un patronus al marito.
“Vieni
subito e chiama un medimago.”
Piano
afferrò l’amica e l’aiutò a
sistemarsi sul letto.
Un
medimago
la stava controllando da più di un’ora. Ginevra
Potter percorreva in lungo e
largo il salotto dell’appartamento di Hermione, mentre suo
marito sedeva inerme
sulla poltrona, grattandosi ogni tre secondi la cicatrice che era stata
fonte
di non pochi guai.
“Non
ti ha
detto nulla?”sussurrò rivolto alla donna.
“No.
Solo di
non portarla al San Murgo.”
“Non
capisco. Chi può..”
L’uomo
venne
interrotto dall’arrivo del medimago.
“Signor
Potter, signora Potter.” Disse salutandoli
“Come
sta?”
“Non
è messa
bene. Ha due costole rotte. E lividi sul corpo e sul mento.”
La
rossa si
portò una mano al volto.
“Credo
si
tratti di aggressione, signor Potter. Ma la signorina non mi ha voluto
dire
nulla.”
“Posso
vederla?” domandò la donna.
Il
medimago
annuì.
“Sì.
È
sveglia.”
La
donna
corse al piano di sopra.
“Signor
Potter, qualcuno l’ha aggredita. Ne sono sicuro.”
Harry
socchiuse gli occhi e inspirò.
Chi le aveva fatto questo?
***
Hermione
era
distesa sul suo letto. Un affare babbano legato con una flebo al suo
polso
segnava il battito del suo cuore.
Lento.
Troppo
lento.
Come
i lenti
erano stati i minuti che aveva passato su quel pavimento prima di
perdere i
sensi.
Sola.
Persa.
Era
quello
che meritava.
Lacrime
iniziarono nuovamente a rigarle il volto. Sentì una mano
raccoglierle e
spazzarle via.
Aprì
gli
occhi.
Ginny.
Sorrise
lievemente
mentre ancora altre lacrime scorrevano.
“Tesoro,
come stai?” disse la rossa sedendosi accanto a lei.
Hermione
deglutì.
Come
avrebbe
fatto a dirle quello che era successo?
Non
le
avrebbe creduto.
L’avrebbe
persa.
Avrebbe
perso
anche Harry.
Sarebbe
stata
ancora una volta da sola.
“Ron..”
sussurrò
“Sì,
lo
avviserò appena starai meglio.” Enunciò
la rossa.
“No!”
urlò
la riccia.
“No,
ti
prego.”
“Hermione?
Cosa
è successo?”
“Mi
ha..picchiata.”
La
rossa
sbarrò gli occhi.
“Chi?”
“Ron.”
Sussurrò
Hermione portandosi le mani a coprire il viso.
***
Era
in
ufficio. Non vedeva l’ora di incontrarla, di parlarle, di
provocarla.
Aveva
già
programmato tutto.
Desiderava
ancora
mordere le sue labbra, assaporarle ancora e ancora e ancora.
Era
in
ritardo.
Sempre la solita.
8.30
Niente.
Nessun
rumore di tacchi nel corridoio ormai gremito di gente.
9.00
La
scrivania
ancora vuota.
9.30
Aveva
cacciato
in malo modo un cliente.
Dove sei Granger?
10.00
Maledetta Granger, dove diavolo sei?
10.30
L’attesa
lo
stava rendendo folle. Si sollevò dalla poltrona.
Questa volta mi senti, Granger.
Si
era
smaterializzato direttamente a casa della collega.
La
porta in
legno massiccio campeggiava lui dinanzi.
Bussa, no?
Sei venuto sin qui e non bussi nemmeno?
Facendosi
coraggio
accostò le dita affusolate alla porta e bussò.
Una
volta.
Due
volte.
Dei
passi.
“Finalmente
Grang..Potter? Che diavolo ci fai qui?”
“Malfoy?
Potrei
farti la stessa domanda.” Enunciò il moro.
“Sono
venuto
a vedere che fine ha fatto la mia collega.”
“Non
può
vederti adesso.”
“Perché?”
“Non..non
sta molto bene..”
“Fammela
vedere Potter o ti prendo a calci.”
Il
moro dopo
aver lanciato uno sguardo truce al biondo si fece da parte, lasciandolo
entrare.
Non
era la
prima volta che andava a casa della Granger. Negli ultimi tre anni ci
era
stato, per lavoro, per chiacchierare.
Era
così che
si era innamorato di lei.
La
casa ora
era ricolma di scatoloni.
Trasloca.
Va a vivere con lui.
Non ti ha detto nulla.
“E’
di
sopra.” La voce di Potter l’aveva richiamato.
“Grazie.”
Ad
uno ad
uno iniziò a salire i gradini sino ad arrivare dinanzi alla
sua camera da
letto.
Bussò.
“Avanti.”
La
rossa era
seduta su una poltrona accanto al letto. Ma fu altro ad attirare la sua
attenzione.
Hermione
giaceva
pallida sotto le coperte. Un braccio era posato sopra di esse e a
questo erano
attaccate delle flebo sino ad un apparecchio babbano.
Cosa le avevano fatto?
Il
cuore
perse un battito.
La
rossa
poggiò un dito sulle labbra, segno di far silenzio.
Il
suo volto
era incavato, segno della notte passata in bianco e della
preoccupazione.
“Cosa
le è
successo?”
La
rossa
deglutì.
“Se
vorrà te
ne parlerà lei, appena si sveglierà.”
“Rimango
io
con lei.”
“Malfoy,
ma..”
“Lasciami
con lei, per favore.”
La
rossa
annuì, incredula.
Draco
Malfoy
le aveva chiesto ‘per favore’?
Scosse
il
capo e uscì.
“Non
farla
agitare.”
L’uomo
annuì
e si accomodò sulla poltrona.
Si
avvicinò
al letto e prese le mani della donna tra le sue.
La
sentì
sussultare e lentamente la vide sbattere le palpebre sino ad aprirle
del tutto.
“Granger.
Buongiorno.”
La
vide
sbattere ancora le palpebre incredula e poi fissare la sua mano tra
quelle dell’uomo.
“Malfoy,
cosa..cosa ci fai qui?”
“Sono
venuto
a trovarti.”
“Come
sapevi..?”
“Non
sapevo.
Anche se avrei voluto. Ero venuto per rimproverarti per il tuo
millesimo
ritardo.”
La
donna
sorrise leggermente.
Era bello averlo lì, accanto a
sé.
Le sue mani avvolti nella sua.
I suoi occhi ricolmi di preoccupazione.
È preoccupato solo per il lavoro.
Illusa.
“Il
lavoro?”
sussurrò
“Non
importa
adesso. Ho avvisato Mégan di cancellare tutti i nostri
impegni per i prossimi
giorni.”
“Malfoy,
non
devi.”
“Voglio
e
devo.”
La
donna
chiuse gli occhi.
Sentì
le
mani del biondo sfiorarle il mento, delicate, attente a non farle del
male lì
dove vi era un enorme ematoma.
“Chi
è
stato?”
La
donna
riaprì gli occhi.
“Granger,
dimmelo. Ti prego.”
Scosse
il
capo.
“Non
posso.”
“E’
stato
lui, vero?- si fermò- gli hai detto del..di quello che ho
fatto?”
La
donna
inspirò
“Non
ho
detto che sei stato tu. Tranquillo.”
“Non
mi
preoccupo per me Granger. Mi preoccupo per te. Odio vedere i tuoi occhi
tristi.”
“Non
sono
triste. Ho paura.”
“Giuro
che
non ti farà più del male.”
La
donna
inspirò ancora, mentre lacrime scivolavano sul suo viso.
L’uomo
le fu
accanto.
“Non
permetterò che i tuoi occhi siano ancora così
tristi. Non lo permetterò.”
Spazio Autrice:
Eccoci qui con
un nuovo capitolo. Sì,
lo so. Sono stata enormemente cattiva :D Potrete mai perdonarmi?
Grazie a chi
lascia recensioni, a chi
legge in silenzio, a chi ha messo la storia tra le seguite,
preferite,ricordate.
Un abbraccio,
JaneA
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