True love, or not?

di JaneA
(/viewuser.php?uid=129064)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Obsession ***
Capitolo 2: *** Give me love ***
Capitolo 3: *** The Party ***
Capitolo 4: *** Temptation ***
Capitolo 5: *** Sad Eyes ***
Capitolo 6: *** Choises ***



Capitolo 1
*** Obsession ***


“Forse bisogna anche un po’ imparare a stare con le persone,

e non aspettarsi gli incastri perfetti.”
—Fabio Volo;

 

 

 

 

 

 

 

Hermione Jean Granger sedeva comoda sulla sua poltrona. Attorno i suoi amati libri. Tra le mani stringeva una tazza di thè bollente, vedeva quel vapore uscire e disegnare figure fragili e tremolanti. Fragili e tremolanti come lei. Accarezzava la liscia tazza, tracciando con le dita quelle lettere in rilievo. “I love you.” Ecco cosa c’era scritto su quella tazza. Uno degli infiniti regali del suo fdanzato: Ronald Weasley. L’epico amore di Hermione Jean Granger. Portò una mano tra i capelli, mentre le dita dell’altra s’incastravano frettolose nel manico della tazza. Lasciò che il suo sguardo scivolasse prima sui suoi piedi, avvolti in calde pantofole, e poi risalisse lungo il tavolino che le sostava dinanzi. Lì, tra quei fascicoli, l’ultimo e il più importante regalo di Ron: un anello di fidanzamento.

Socchiuse gli occhi, ancora incredula. Rivedeva nella sua mente l’uomo inginocchiarsi dinanzi a tutta la famiglia Weasley radunata per il Natale. Ginny e Harry abbracciati e in trepidante attesa, Molly Weasley con le lacrime agli occhi. Si rivide sorridere e annuire freneticamente e poi lasciarsi stringere e baciare dal rosso.

Riaprì gli occhi. La sua stanza al buio era ancora lì. I pacchi contro le pareti, i suoi libri pronti per essere rinchiusi dentro quelle scatole. La sua vecchia vita stava per lasciare il posto ad una nuova meravigliosa vita.

Ma allora perché lei, da sempre innamorata del rosso, suo migliore amico, non ne era entusiasta? Perché nascondeva quell’anello nel suo scatolino quando era a lavoro?

Lui.

La risposta correva ogni attimo alla sua mente. Ma la strega più brillante del Mondo Magico la scostava puntualmente, incapace di accettarla, incapace di accettare la verità.

Il tuo amore per Ronald è scomparso. Si ripeteva.

Lui, ha conquistato il tuo cuore.

Hermione scosse ancora la testa, cercando di abbattere quel diavolo che la tentava.

Non poteva amare lui. Non poteva amarlo perché lui era Draco Malfoy.

 

 

 

 

 

 

-

 

 

 

 

 

I piedi percorrevano quel freddo pavimento, come ogni mattino. Scese le scale facendo toccare il lembo dei pantaloni del pigiama per terra. Una mano scivolava elegantemente lungo lo scorrimano. La sala da pranzo risultava troppo luminosa ai suoi occhi grigi ancora semi-addormentati. La tavola era pronta in perfetto orario, come sempre, per la colazione. Ai lati della stanza degli elfi attendevano un suo cenno per versare il caffè all’interno della sua tazza. Gli occhi grigi dell’uomo incontrarono quelli azzurri della donna che era lui seduta dinanzi. Sorrisero quegli occhi, ricambiando quello sguardo.

“Buongiorno, madre.” Proferì l’uomo prestando poi attenzione al riempire il suo piatto con una brioche.

La donna lo osservava, i segni della guerra ormai conclusa da cinque anni sul volto del suo ometto erano ancora ben visibili. Avevano pagato entrambi un prezzo per l’essersi affidati ad un pazzo con la mania del sangue puro. Avevano pagato con la morte del padre e dell’amore della loro vita.

Narcissa Malfoy posò lo sguardo sul fazzoletto elegantemente rifinito che aveva poggiato sulle gambe. Poi accarezzò con l’indice l’anello di fidanzamento che ancora portava alla mano sinistra. Sussultò non appena vi passò quelle dita, attirando nuovamente l’attenzione del figlio.

“Tutto bene, madre?” domandò questo pulendo un lato della bocca con il fazzoletto.

La donna annuì sorridendo all’uomo.

“Sì, Draco. Mi chiedevo..”

“Cosa?” chiese frettoloso il biondo.

“Mi chiedevo come procedessero le cose tra te e Astoria.”

Lo sguardo dell’uomo si fece scuro.

“Madre, queste sono cose che non vi riguardano.”

“Con tutto il rispetto, Draco, mi riguardano eccome. La tua felicità mi sta a cuore.” Proferì seriamente ma al tempo stesso dolcemente, la donna.

“Io e Astoria stiamo bene.”

“Ne sei sicuro?”

“Sì, madre.”

“Bene – disse annuendo la donna- allora credo che sarai d’accordo con la proposta che intendo farti.”

Il biondo sollevò nuovamente lo sguardo verso la madre, posando la tazza di ceramica nel suo piattino.

“Quale proposta?” domandò atono.

“Credo dovresti chiedere la sua mano al party di questa sera.”

Draco Malfoy rise, portando una mano a coprire le sue labbra socchiuse. Poi dopo essersi ricomposto e aver bevuto un altro sorso di caffè, sollevò lo sguardo incrociandolo con quello della donna che amava più di qualunque altra cosa.

“No.” sibilò.

“Draco, siete ormai compagni da cinque anni, non credere che io sia sciocca. So della vostra intimità. So che la ami. So che lei aspira a divenire la nuova Lady Malfoy. Quale migliore occasione del party in tuo onore?”

“No.” ripetè l’uomo non distogliendo lo sguardo da quello della madre.

“E’ per colpa di quella ragazza, vero?” sussurò la donna.

“Non sono affari che ti riguardano, madre.” Proferì il biondo sollevandosi, senza curarsi dell’aver fatto scivolare il fazzoletto sul pavimento.

“Forse dovresti riflettere Draco. Quella donna è fidanzata. L’ho letto pochi giorni fa sulla Gazzetta del Profeta. Lei e Weasley sono innamorati da anni. Tu hai Astoria. Non perderla per una che nemmeno ti guarda. E’ solo una tua collega. Nient’altro.”

Draco Malfoy si avviò verso la porta, giunto dinanzi a questa si fermò.

“Stanne fuori, madre.” E uscì dalla stanza.

 

 

 

 

 

-

 

 

 

 

Era in ritardo, come ogni giorno in quell’ultimo periodo. Sentiva un peso gravarle sulla mano sinistra. La guardò prima di afferrare e abbassare la maniglia del suo ufficio. Quell’anello. Quel bellissimo anello pesava più dello sguardo del suo collega. Pesava più del giudizio dei suoi amici.

Aveva passato tutta la notte a fissarlo. A cercare un perché alla sua fobia, alla sua follia.

Nessuna risposta. Tranne una.

Tu ami Ronald. Lo sposerai. Avrete dei bambini. Sarete felici, e..

E continuerai a lavorare con lui. A stargli accanto. Ad osservare i suoi occhi di nascosto in tribunale. A vederlo sconfiggere con le sue parole sibilline i suoi, vostri avversari.

“Granger.”

Quella voce. La sua voce. Forse aveva ragione Ronald. Accettare tre anni fa di lavorare con Malfoy era stato come darsi ‘la zappa sui piedi da sola’.

“Malfoy, buongiorno.” Rispose senza voltarsi ma facendo leva sulla maniglia ed entrando nel loro ufficio.

Sentiva gli occhi dell’uomo su di sé. Accarezzarla, torturarla. Oh sì, quella era una vera e propria tortura.

Si fece coraggio e si voltò verso l’uomo che stava elegantemente prendendo posto dietro la sua scrivania.

Gli occhi grigi erano concentrati sui fascicoli che stava sistemando. La mani accarezzavano quelle pagine bianche.

Quelle mani su di te, sulla tua pelle.

Scosse il capo. Era davvero matta.

Notò ciocche bionde cadere sulla fronte di lui. Il suo profilo spigoloso. Poi, quegli occhi grigi guardarla.

Sentì le guance avvamparsi, come la prima volta, tre anni prima.

“Allora, Granger. Ho sentito che in questo week-end hai deciso di sposarti.” Ghignò soddisfatto guardandola.

Lui sa. Lui sa e si prende gioco di te.

“Ehm, sì. Proprio così, Malfoy. Dovresti fare anche tu il grande passo con quella pomposa della tua ragazza.”

Si morse il labbro. Stupida, come le era saltato in mente di dire quelle cose? Di parlare di lei?

La odiava. Odiava quando veniva nel loro ufficio, con i suoi abiti perfetti, i suoi capelli perfetti, e baciava il suo ragazzo perfetto.

Cosa?

Stava diventando matta.

Doveva porre fine a quell’ossessione. Subito.

Aveva bloccato l’uomo che stava per ribatterle.

“Scusa, Malfoy, non posso sentire le tue pene d’amore con la tua Lady. Ho un impegno.”

Afferrando borsa e fascicoli si sollevò e scappò fuori dalla stanza.

Si fermò qualche attimo contro la porta, inspirò a fondo, guardando poi l’anello che portava all’anulare.

Iniziò a rovistare nella borsa e sorrise quando trovò ciò che cercava.

Afferrò il cellulare con entrambe le mani, sorridendo pensando a cosa avrebbe detto Malfoy se l’avesse vista.

Lui, ancora lui.

Scosse livida in viso la testa e digitò dei numeri sull’aggeggio babbano.

“Ronald? Sì, sono io. Ci possiamo vedere al cottage? Ho bisogno di te.”

Chiuse la telefonata pigiando l’indice sul tasto rosso. Si portò con una mano una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio.

Avrebbe dimenticato Malfoy e la sua ossessione per quest’ultimo grazie al suo futuro marito.

Perché era Ronald che amava. Era lui che avrebbe sposato.

Non sapeva invece, quanto si sbagliasse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice:

Nuova ff, scritta tutta d’un getto. Non pochi problemi ma soprattutto pensieri per i nostri amati Draco ed Hermione. Molti punti non sono ancora chiari. Li chiarirò nei prossimi capitoli anche se sinceramente non so se proseguirò con la storia, dipenderà dalle vostre reazioni e recensioni. Mi affido a voi. Grazie a chi legge in silenzio, a chi metterà questa storia tra le seguite e a chi invece passerà qualche attimo a recensirla e a lasciarmi il proprio parere. Un abbraccio,

JaneA

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Give me love ***


Know I'll fight my corner,
And that tonight I'll call ya,
After my blood is 

Drowning in alcohol,
No I just wanna hold ya
.”
Ed Sheeran, Give me love

 

 

 

 

 

 

Era scappata via. Troppo, troppo presto. Non aveva avuto il tempo di osservarla, di sfiorarla senza farsene accorgere.

Scappava dove poi? Non avevano nessun appuntamento di lavoro quel mattino.

E chi ti dice che riguardi il lavoro? Rispose la sua mente.

Certo, avrebbe potuto essere in giro a cercare l’abito giusto, la giusta chiesetta, le giuste fedi.

Un nodo gli si formò in gola, un peso sullo stomaco.

Con un gesto secco chiuse tutti i fascicoli e si passò una mano tra quei capelli biondissimi.

Dinanzi a lui quella scrivania vuota. In perfetto ordine. Tipico della Granger.

Sorrise.

Sua madre non poteva nemmeno immaginare cosa scaturiva in lui quella donna. Il suo corpo, quelle curve perfette. Quegli occhi detestabili e amabili. Quei capelli cespugliosi. Quelle labbra perfette da baciare.

Scosse il capo.

Ripensò alla proposta di sua madre, proporsi ad Astoria quella sera, al suo party. Non sapeva nemmeno se Astoria ci sarebbe stata a quel party,  non sapevo nemmeno se Astoria era ancora nella sua vita.

Ci sarà lei al tuo party.

La mente, sibillina, suggeriva quelle parole. Quelle parole così vere, così affilate, così detestabili.

Lui non voleva amarla. Lui avrebbe voluto amare follemente Astoria come cinque anni prima, all’inizio della loro relazione.

Un Malfoy non poteva amare una mezzosangue.

Eppure lei l’aveva reso possibile. Lei con la sua intelligenza, la caparbietà. Si era insinuata nella sua vita, come un fulmine a ciel sereno, ricordava ancora il primo giorno di lavoro assieme. Il disgusto, l’odio reciproco..

 

 

[flashback]

Draco Malfoy sedeva nel suo studio come ogni giorno. Era intento a sfogliar fascicoli e a sorseggiare del caffè rigorosamente offerto dal suo amico d’infanzia: Blaise Zabini.

“Così oggi conoscerai il tuo nuovo collega. Sai come si chiama?”

Il biondo sollevò il capo fissando il suo sguardo glaciale in quello azzurro dell’amico.

“No. Non so chi sia. Potrebbe anche essere una donna, per quanto ne so.”

“Se davvero fosse così, dovresti sperare sia una super gnocca.”

Il biondo rise.

“No, Blaise, lo sai.”

“Non dirmi che da quando esci con Astoria sei diventato un puritano.”

Il rampollo di casa Malfoy scosse il capo.

“Voglio che le cose funzionino. Sono cambiato. E lo devo ad Astoria.”

“Le cose funzionerebbero anche se tu te la spassassi un po’. Ormai sei solo lavoro, casa, Astoria. Qualora volessi, questa sera io e i ragazzi ci incontriamo al campo per una partita a Quidditch e poi per un bicchierino tutti insieme. Pensaci e fammi sapere se ti unisci a noi.” Proferì Zabini sollevandosi e salutando con un gesto del capo l’amico, uscì.

Qualche attimo dopo un forte bussare richiamò la sua attenzione.

“Avanti.” Pronunciò secco senza sollevare il capo dai fascicoli.

“Signor Malfoy, mi scusi per il disturbo, ma il Ministro mi ha chiesto di fare le sue veci e presentarle la signorina Granger.”

Il biondo sbarrò gli occhi aggirando la scrivania e fermandosi dinanzi la porta.

La segretaria del Ministro era dinanzi a lui, ma fu la figura alle sue spalle ad attirare la sua attenzione.

Imbronciata, con le braccia strette al petto, c’era Hermione Granger. L’odiosa sotuttoio, castoro, la sua nemesi per eccellenza.

Era lì, a pochi passi da lui, che batteva un piede frenetica e nervosa.

“E’ uno scherzo.” Sussurrò il biondo.

La Granger sbuffò e avanzò all’interno della stanza.

“No, Malfoy. Magari lo fosse. Ma a quanto pare da oggi lavoriamo, purtroppo, insieme.”

La segretaria tossì richiamando l’attenzione dei due su di sé.

“Se volete scusarmi, tornerei al mio lavoro. A quanto pare non è necessaria la mia presenza. Signorina Granger, per qualsiasi cosa lei abbia bisogno, sappia che può rivolgersi a me. Arrivederci. Arrivederci, signor Malfoy.”

Il biondo salutò la giovane ragazza con un cenno del capo e la porta si richiuse.

“Non è possibile.” ripetè.

“Oh, Malfoy. Per favore, stà zitto.”

“Dovrei star zitto? Granger sono inorridito. Noi due non possiamo lavorare insieme. Non esiste. Io disprezzo te. Tu disprezzi me. Come potremmo mai lavorare insieme? Non riusciremmo a stare un secondo senza affatturarci a vicenda.”

“A quanto sembra, il Ministro ci ritiene i migliori MagiAvvocati e vuole che lavoriamo per lui. Non so tu mai io desidero questo lavoro e quindi resterò qui. Se per te ci sono problemi, quella è la porta.”

“Sei sempre la solita Granger. Sotuttoio maleducata, schifosa.”

“Taci, Malfoy e passami quei fascicoli. Lavoriamo, ci sarà tempo per discutere e soprattutto per lanciarti mille Avada.”

[fine flashback]

 

 

Ricordava ancora quel giorno, quelli seguenti, quando la Granger aveva tentato davvero d’ammazzarlo dopo una notte passata a lavorare.

Ricordava quando l’aveva vista addormentarsi su uno dei divanetti del loro ufficio.

Ricordava, come se lei fosse lì dinanzi in quell’attimo, il suo mordersi il labbro inferiore.

Se solo lei avesse potuto darle il suo amore.

 

Si sollevò e prese dalla libreria alle sue spalle un foglio di pergamena bianco. Intinse la penna nel calamaio e iniziò a scrivere.

 

 

Granger,

non so cosa ti sia saltato in mente questa mattina. Ti ricordo che il nostro ufficio si chiama ‘M&G’, ma sembra che qui a lavorare sia solo io. Capisco che la gioia per il tuo futuro matrimonio con Lenticchia ti abbia annebbiato il cervello (mi chiedo ancora come Weasley abbia trovato il coraggio di chiederti in moglie), ma dovresti liberarti dei casi ancora in corso prima di partire mentalmente per il tuo umile viaggio di nozze. Detto questo, ti invito questa sera a Malfoy Manor per un party in mio onore. L’invito arreca un +1 accanto al tuo nome, spero sceglierai di non portare quel buzzurro del tuo fidanzato con te. Cerca di essere presentabile. Ore 19. A questa sera.

DM.

 

 

Finito di scrivere, il biondo s’incamminò verso la guferia. Lì, legò la lettera alla zampa di uno dei gufi del Ministero.

“Hermione Granger” sussurrò al gufo e quando quest’ultimo fu uscito dalla finestra e si fu librato nel cielo, fece ritorno nel suo ufficio.

 

 

 

 

 

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione si era smaterializzata nel suo ‘rifugio’. Anzi nel rifugio suo e di Ronald. Quello che ‘amava’chiamare, nido d’amore.

Una piccola baita in montagna, lontana dalla Londra frenetica e rumorosa. Circondata dal verde e da un piccolo lago.

Quella casa le era stata regalata dai suoi genitori dopo la MagiLaurea in MagiAvvocatura.

Era lì che si era concessa per la prima volta a Ron, durante le vacanze dagli studi. Era lì dove avevano passato i loro migliori momenti assieme, andando a pesca, raccogliendo frutti selvatici, stando a letto tutto il giorno.

Ora, quella baita, le sembrava così piena di ricordi, ma al tempo stesso così lontana da lei.

Aveva pensato che avrebbe regalato, con Ron, quella baita ai suoi figli. Tutti con i capelli rossi, le lentiggini. Aveva sempre pensato che lì avrebbe vissuto la sua vecchiaia con l’amore della sua vita. Ma era cambiato tutto, in primis lei.

Era cambiato l’oggetto del suo amore.

No, non riusciva ad accettarlo. Non voleva questo. Lei non voleva Malfoy.

Bugiarda.

Scosse il capo e prese la teiera. Vi mise dell’acqua all’interno e la mise a riscaldare.

Levò le decolté, lasciandole inermi sul parquet.

Si sedette su uno sgabello in attesa che l’acqua iniziasse a bollire.

Era scappata dal lavoro. Di sicuro l’indomani il suo ‘collega’ l’avrebbe strapazzata per bene. Se solo avesse saputo il motivo del suo continuo assentarsi.

Un sonoro pop la riscosse.

“Hermione!”

Dinanzi  a lei, l’uomo con i capelli rossi che all’età di undici anni le aveva letteralmente rubato il cuore. Quello che l’aveva vista crescere, piangere. Il ragazzo che l’aveva difesa trascinandola via dalla mani di quella pazza di Bellatrix Lestrange.

Lui c’era sempre stato. Lui ci sarebbe sempre stato.

Sorrise, guardandolo ancora.

Le si era avvicinato.

Le aveva afferrato il mento e l’aveva sollevato con delicatezza.

“Ciao.” Le sussurrò.

“Ciao.” Rispose lei di rimando.

“Cos’hai? Come mai non sei a lavoro?” domandò lui iniziando a lasciare dei baci sulla sua chiara pelle.

Incavo del collo. Orecchie. Palpebre. Naso. Capelli.

Stava tracciando quel confine risvegliando la donna che inerme sostava dinanzi a lui.

“Volevo vederti.”

A quelle parole, il rosso la fece sollevare e iniziò a sbottonarle la camicia bianca, aveva abbassato le coppe del reggiseno, lasciando liberi quei due boccioli che erano i suoi seni.

Proseguì lasciando dei baci su di essi, leccandoli, succhiandoli.

Una mano dell’uomo scese sino alla gonna, abbassando la zip e poi correndo sulle cosce, sfiorando le autoreggenti e risalendo sino agli slip.

Hermione sentiva l’erezione dell’uomo premere contro il suo ventre. Sollevò lo sguardo in cerca di quello dell’uomo.

Lo vedeva, capelli biondi, occhi grigi che la scrutavano.

Urlò, distaccandosi da quel corpo caldo.

Ron la sorresse.

“Hermione? Stai bene?”

La donna si allontanò, sedendosi poi sul divano, con solo gli slip, la camicia sbottonata.

Si sistemò il reggiseno e rinchiuse i bottoni della camicia nelle loro asole.

L’uomo le si fece accanto mentre la teiera iniziava a fischiare.

“Cosa è successo?”

“Nulla. E’ solo che non mi sento bene.”

“Hermione –l’uomo l’attirò a sé, baciandole il capo- sai che io ci sono sempre, per qualunque cosa, vero?”

La donna annuì contro il petto dell’uomo mentre lacrime calde scendevano lungo il suo volto.

“Ho bisogno del tuo amore, Hermione. Ultimamente mi respingi troppo, troppo spesso. Ho bisogno di te, di quello che eravamo. Dammi il tuo amore.”

 

Lui ti ama. E tu pensi ad un altro anche quando state per fare l’amore.

Hermione asciugò una nuova lacrima, stringendo le braccia al petto, circondandosi, come se le braccia dell’uomo che doveva sposare non bastassero.

Non bastano quelle braccia.

Non è del suo amore che hai bisogno.

Se solo Malfoy potesse darmi il suo amore. Pensò la donna.

 

 

All’improvviso un ticchettio alla finestra.

Hermione si sollevò per guardare il gufo.

“E’ un gufo del Ministero.” Proferì aprendo la finestra e lasciando entrare il volatile.

Estrasse la lettera. E dopo averla aperta iniziò a leggere con avidità il contenuto.

“Stronzo.” Sibilò a denti stretti.

“Chi?” le domandò il rosso avvicinandosi alla donna.

“Malfoy.”

L’uomo sbuffò abbracciando la donna alle sue spalle.

“Cosa vuole?”

“Sembra che siamo stati invitati ad un party.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice.

Eccomi qui con il nuovo capitolo. Ehm..chiarito un po’ il primo incontro tra Draco ed Hermione. Ora quest’ultima tenta di porre fine alla sua ossessione passando del tempo con il suo fidanzato, ma questo non sembra funzionare.

Grazie a chi legge in silenzio, a chi recensisce, a chi metterà la storia tra le seguite. Alla prossima.

JaneA

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The Party ***



3. The Party

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Try to tell you no, but my body keeps on telling you yes

Try to tell you stop, but your lipstick’s got me so out of breath

I’ll be waking up in the morning, probably hating myself

I’ll be waking up inner satisfied, guilty as hell.

    One More Night, Maroon 5;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avrebbe dovuto presenziare a quel party. Avrebbe dovuto vederlo. L’avrebbe di sicuro coinvolta nel suo epico discorso di ringraziamento. Avrebbe brindato a lei, alla loro carriera, alla fortuna futura e presente del loro ufficio legale.

Non ci sarebbe andata. Avrebbe finto un’influenza, un virus letale, la peste. Qualsiasi cosa pur di non vederlo.

Pur di non vederlo accanto a lei. Aveva sibilato demoniaca la sua mente.

Si era smaterializzata a casa sua, dopo aver frettolosamente congedato Ron con un bacio sulla guancia. Ennesimo segnale di quanto l’amore per il futuro marito fosse diventato quasi inesistente.

“Andremo a questo party?” le aveva chiesto il rosso con capo chino, senza realmente esserne interessato.

“Vuoi andarci?”

“E’ il tuo collega, non il mio.”

“Credo dovremmo andarci.” Aveva sussurrato la donna torturando le dita.

“Bene. Passo a prenderti alle 18.45.”

“Oh, d’accordo.”

Poi l’aveva visto sparire.

Era questo che davvero voleva? Un matrimonio freddo, inutile, privo d’amore?

Sapeva benissimo quale fosse la risposta. Lo sapeva benissimo.

 

 

Si era seduta sul bordo del suo letto. Le mani poggiate sulle gambe. Non aveva nulla da indossare a quel maledetto party. Maledetto come la persona a cui era dedicato.

Malfoy e le sue manie di protagonismo.

Si alzò quasi urlando contro se stessa e si avvicinò all’armadio.

Nulla.

I soliti abiti, scontati, privi di fascino, i soliti abiti che indossava a lavoro.

Non ti noterà ugualmente.

Come avrebbe potuto farlo, era logico. Lui avrebbe avuto solo occhi per Astoria.

La stessa storia, la stessa delusione. Ci aveva ormai fatto il callo.

Poi lo vide. Bellissimo. Meraviglioso.

Non ricordava più di averlo acquistato, di averlo conservato in attesa del grande giorno.

O meglio il grande giorno era arrivato ma senza che lei davvero vi prestasse attenzione, lo aspettasse.

Giaceva lì, in un angolo dell’armadio, abbandonato.

Come l’amore per l’uomo per cui l’hai acquistato.

Lo prese e dopo essersi spogliata, delicatamente lo indossò.

Ricordò il giorno in cui lo aveva acquistato, era costato un mucchio di galeoni, ma li valeva tutti. L’aveva preso per la ‘grande occasione’, quella che aspettava da quattro lunghi anni. La proposta di Ron. Si era fiondata in quel negozietto e l’aveva provato.

Ora, ricadeva sul suo corpo perfetto, come se non fosse passato un giorno dall’acquisto.

L’abito nero fasciava interamente il suo corpo, un corpetto predominava, rilasciando poi una gonna di seta che arrivava sino ai piedi. Delle spalline, ricoperte di perline e swarovski, fissavano il corpetto al suo corpo. La schiena era totalmente scoperta.

Eccolo, avrebbe indossato quello. Perfetto.

Si fissò ancora un attimo nell’ampio specchio che campeggiava nella sua camera.

Era l’abito che aveva acquistato per Ron.

Chi era diventata?

Perché stava permettendo che Ronald scivolasse lento dalle sue mani sino a scomparire?

Scosse il capo, non scostando lo sguardo dal suo riflesso.

“Io amo Ron.” Disse ad alta voce.

Lo disse più volte, imprimendo quelle lettere, quelle parole nella sua mente, poi iniziò a prepararsi.

 

 

 

 

 

 

                                                                 ***

 

Era ancora seduto nel suo ufficio, nonostante mancasse solo un’ora al party. Tra le mani stringeva le due missive. Quella della Granger e quella della sua fidanzata.

Rilesse ancora una volta quella della Granger.

 

Malfoy,

come al solito gentilissimo. Perdonami per esser scappata via, ma avevo un incontro importante con il mio fidanzato. (Sei pregato di risparmiarti le tue inutili e schifose battute al riguardo). Sarò contenta di sostituirti quando avrai il tuo matrimonio da preparare. Anzi, no. Lo sappiamo tutti che lascerai fare tutti ai tuoi elfi. Stasera dovrei far loro un bel discorso. A proposito del tuo party (sei il solito egocentrico), ci sarò e con me verrà ovviamente il mio fidanzato. Grazie per l’invito. A questa sera.

Ah, dimenticavo. Io sono sempre presentabile.

 

HG

 

Aveva sorriso rileggendo quella lettera. Come poteva essere così odiosa anche quando scriveva? La immaginava intingere la penna nel calamaio, scostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Mordersi il labbro per la concentrazione.

Oh, avrebbe davvero dovuto smetterla.

 

Passò lo sguardo sulla missiva che gli era appena stata consegnata da parte della sua fidanzata.

 

Draco,

ho ricevuto questa mattina una missiva da tua madre, nella quale mi invitava gentilmente a presenziare ad un party in tuo onore. Son delusa, mi aspettavo un invito da parte tua. Gradirei parlarti questa sera. Abbiamo delle cose da chiarire.

Sempre tua.

AG

 

Parlarle. Chiarire. Cosa c’era da chiarire?

Devi dirle che non la ami più.

Come avrebbe potuto? Lei l’aveva riportato alla vita. Lei l’aveva salvato.

Non come la Granger.

La Granger, maledetta Granger. Maledetto il giorno in cui le era stata assegnata come collega.

Bevve l’ultimo sorso di firewhisky e dopo essersi passato una mano tra i biondi capelli, si smaterializzò al Manor.

 

 

 

                                                          ***

 

 

Era pronta. In perfetto orario. Aveva alzato i capelli raccogliendoli in uno chignon alto. Aveva indossato due punti luce come orecchini e una piccola collana in coordinato con le spalline dell’abito.

Un filo di eyeliner, una lieve spolverata di fard. Un lucido sulle labbra.

Pronta.

Era ferma dinanzi allo specchio.

Due braccia la cinsero alle spalle.

Capelli rossi. Un abito elegante. Una camicia bianca fasciava quel corpo reso muscoloso dagli addestramenti come Auror. Premevano contro la sua schiena quegli addominali.

“Sei splendida.” Sussurrò l’uomo al suo orecchio.

Lei sorrise.

L’uomo che l’aveva sempre fatta sentire desiderata, amata.

Io amo Ron. Disse ancora la sua mente, ripetendolo ancora, e ancora mentre l’uomo la faceva voltare e posava delicatamente le labbra su quelle della donna.

“Sarà meglio che io mi stacchi da te. Non voglio farti far tardi. E so come andrà a finire se non mi stacco ora dalle tue labbra.”

La donna rise ancora, posando i palmi sul petto dell’uomo. Sistemò la cravatta e allisciò la giacca.

“Sei perfetto.”

Lui le indicò il braccio e dopo essersi attaccata, la donna sussurrò

“Malfoy Manor.”

 

 

 

 

 

 

 

                                                          ***

 

 

Malfoy Manor si stagliava dinanzi loro perfetta e imponente. Dalle vetrate luci si irradiavano nel giardino. Una dolce musica arrivava sino alle orecchie di Hermione che percorreva il sentiero mano nella mano con il suo fidanzato.

Sentiva sassolini premere contro la pienta delle decolté. Il lungo vestito nero svolazzava leggermente guidato dai dolci sospiri del vento e cullato dai movimenti della donna.

Ben presto si ritrovarono dinanzi alla porta d’ingresso.

Negli ultimi anni Hermione si era recata spesso a casa Malfoy. Per lavoro e per presenziare agli inutili party che Lady Narcissa organizzava. Dal detestare quella casa era pian piano passata all’amarla. Ad amare l’enorme biblioteca nella quale cercava sempre di far tenere gli incontri di lavoro con il rampollo di casa Malfoy.

Strinse ancor più la mano di Ron non appena i suoi occhi si incontrarono con quelli del suo collega.

Questi, si avvicinò con grazia ed eleganza alla donna e al compagno.

“Buona sera, Granger.” Enunciò afferrando la mano della strega e ponendovi sul dorso un leggero bacio.

Il cuore della donna perse un battito, ma s’impose di non reagire, di non lasciarsi provocare da quel biondo terrificante.

“Malfoy. Grazie per l’invito. Complimenti, il Manor è meraviglioso.”

L’uomo annuì,  passò ad osservare prima le mani dei due intrecciate e poi si soffermò sul biondo riservandogli uno sguardo truce.

“Weasley.” Proferì secco.

Il rosso fece un gesto del capo.

Alle loro spalle un lieve colpo di tosse attirò l’attenzione.

In tutta la sua eleganza, Narcissa Malfoy scrutava la donna e il suo accompagnatore.

“Buonsera Lady Malfoy” sussurrò Hermione sorridendo alla donna.

“Signorina Granger. Devo ammettere che quell’abito le sta d’incanto.”

Hermione sentì le guance imporporarsi.

“Grazie, Lady.”

La donna annuì.

“Potete accomodarvi, nel salone centrale stanno servendo da bere. Buona serata e divertitevi.”

I due annuirono e ringraziarono ancora una volta, poi si diressero dove aveva loro indicato la padrona di casa.

“Sembrano una splendida coppia.” Aveva enunciato fiera la Lady.

“Madre..”

“In biblioteca c’è Astoria. Va da lei, mi occupo io degli ospiti.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                        ***

 

 

Incontrare Astoria era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento. Ma fare scenate a sua madre dinanzi a tutti quegli invitati era assolutamente da escludere.

Così, a passo cadenzato, sorridendo a tutti gli invitati che incontrava lungo il suo cammino, Draco si diresse verso la biblioteca.

Scostò lentamente la porta e la vide.

Bellissima, aggraziata. La sua Astoria.

“Draco.” La sua voce, ricolma di speranza, d’amore.

“Astoria” sussurrò lui avvicinandosi.

Sfiorò le sue braccia e posò un delicato bacio sulla tempia della donna.

Vide quell’abito blu fasciarla interamente, lasciando poco all’immaginazione. Le sue curve delineate dalla stoffa. Quei capelli corvini lasciati sciolti ricadevano sulle nude spalle.

Era la sua donna.

E tu pensi ad un’altra.

“C’è una festa, Astoria.”

La donna chinò il capo.

“Lo so. Ma mi sei mancato.”

Si avvicinò all’uomo e posò le sue labbra su quelle sottili del biondo.

L’uomo ricambiò il bacio, privato ormai di qualsiasi emozione.

“Potremmo parlare quando il party sarà concluso?”

Il biondo annuì e dopo aver afferrato la donna per i fianchi la condusse nel salotto.

 

 

 

 

                                                          ***

 

Sentiva ancora il cuore battere all’impazzata. Aveva mandato giù tutto d’un sorso un bicchiere di champagne, scaturendo la reazione di Ron.

“Tutto bene, tesoro?”

Aveva annuito esageratamente, mentre il calore dell’alcool iniziava a pervaderla.

“Sì. Lo sai l’effetto che ha su di me questa casa.”

“Lo so. Prima finisce questa serata, meglio è.” Aveva sentenziato il rosso non smettendo di guardare la sua donna.

“Eccoli.” Sussurrò l’uomo fissando un punto alle spalle della donna.

“Chi?”

Hermione si era voltata immediatamente. I suoi occhi si erano posati su due figure perfettamente in sintonia.

Draco Malfoy e la futura Lady.

Perfetti.

Lei, era perfetta. Astoria, la purosangue, egocentrica, era perfetta per lui.

Non tu.

Sentì mancarle l’aria. Fissò il bicchiere ormai vuoto. Dov’erano i camerieri quando servivano?

Sollevò ancora lo sguardo, incrociando i suoi occhi dorati con quelli grigi del padrone di casa.

La stava fissando, la stava scrutando, le stava leggendo dentro.

“Devo uscire un attimo.” Sussurrò al fidanzato.

“Vengo con te.”

“No. Resta –sorrise fintamente- dopo mi riferirai l’epico discorso di Malfoy.”

Il rosso ghignò a quelle parole e annuì lasciando andare la donna che si divincolò a passo svelto tra la folla.

Due occhi grigi seguirono quel movimento. Scosse il capo e notando l’attenzione su di sé si schiarì la voce.

“Buona sera a tutti voi, grazie di esser venuti qui, questa sera. Ringrazio in primis mia madre per la splendida festa che ha organizzato in mio onore. Che dirvi, mi lusinga la vostra presenza e soprattutto la fiducia che ogni giorni riponete in me e nella signorina Granger, che in questo istante non so dove sia. Vi auguro una buona serata. Bevete e divertitevi.”

Un sonoro applauso aveva fatto da epilogo al discorso del biondo che dopo essersi scusato e svincolato da alcuni ospiti era andato alla ricerca di lei.

 

                                                             ***

 

 

 

“Sei qui.” Quella voce alle sue spalle, la sua voce.

“Ti ho cercata ovunque. Era bene ci fossi durante il discorso. Gli invitati, sono anche tuoi clienti.”

Egocentrico.

Idiota.

Maleducato.

Cosa poteva importarle del suo discorso, dei suoi ospiti, del loro lavoro?

Asciugò una lacrima prima che questa potesse scivolare lungo il suo volto e si voltò verso l’uomo che era alle sue spalle.

“Spero il discorso sia andato bene.”

“Certo. Avrei voluto ci fossi anche tu.”

Perché? Perché? Avrebbe voluto domandarlo, ma improvvisamente tutto il coraggio grifondoro le era finito sotto i piedi. Il petto di sollevava frenetico. Doveva avere un aspetto orrendo.

Lo vide avvicinarsi e fece un passo indietro.

Perché la stava tormentando in questo modo?

“Mia madre ha ragione.”

Deglutì a fatica e si fece forza.

“Su cosa?” domandò.

“Sul fatto che..”

“Che?” lo incalzò.

“Sul fatto che quell’abito ti sta d’incanto.”

Vide il petto dell’uomo sollevarsi ed abbassarsi dolcemente. Mentre i suoi occhi grigi si posavano sul giardino loro sottostante. Dirle quella cosa doveva essergli costato fatica e ribrezzo.

“Grazie, Draco.”

Lo vide sussultare e voltarsi a guardarla.

“Mi hai chiamato Draco.”

Sorrise rivolto alla donna, questa annuì.

Le si avvicinò, incastrandola contro il muretto del terrazzino.

Sentiva il suo fiato sulla pelle. Candida. Profumo di vaniglia lo invadeva.

Il petto si alzava frenetico sotto quel corpetto nero.

Quanto la desiderava.

“Malfoy cosa vuoi?”

“Dillo.” Aveva sussurrato l’uomo senza staccare lo sguardo dal suo.

“Dire cosa?”

“Dillo, Granger.”

“Malfoy, lasciami andare. C’è Ron. Devo tornare da lui.”

“Lenticchia. Quel pezzente non ti merita.”

Sgomento. Aveva davvero, Draco Malfoy pronunciato quelle parole?

“Dillo, Hermione.”

Vide quelle labbra sottili pronunciare con dolcezza il suo nome, incurvarsi, accarezzare quelle lettere. Deglutì ancora.

“Dillo. Lascialo. Dillo che anche tu provi qualcosa.”

Hermione sentì la testa girarle. Non avrebbe dovuto bere quello champagne. Era indifesa. E lui stava facendo cadere tutte le maschere.

“Dillo Granger!”

“Io amo Ron.”

Draco si discostò dalla donna scottato dalle sue parole.

Si allontanò da lei e rientrò nel Manor.

Hermione inspirò a fondo ancora una volta, mentre una lacrima scivolava sul suo viso.

“Hermione? Stai bene?”

Ronald. Aveva il volto paonazzo. Di sicuro aveva bevuto.

La donna annuì. Era diventato così semplice mentirgli.

“Vieni. Malfoy ha appena detto di voler fare un annuncio.”

Hermione si sistemò il corpetto e afferrando la mano del rosso rientrò nella sala.

 

 

 

 

 

 

                                                            ***

 

 

L’aveva rifiutato. Sentiva il peso di quelle parole sul suo petto. Il suo profumo invitante annebbiarlo.

Le mani erano strette in pugni.

Si fece vicino a sua madre.

“Madre. Ho bisogno del vostro anello.”

La donna sorrise e annuendo sfilò dall’anulare l’anello della casata Malfoy.

 

 

“Signori, perdonatemi se interrompo questa serata, ma ho un annuncio da fare. Prego la signorina Astoria Greengrass di avvicinarsi.”

La gente era ammutolita.

Hermione era appena arrivata in sala. Ancora una volta i suoi occhi s’incontrarono con quelli grigi del biondo.

Questo continuò a parlare alla folla non smettendo di osservarla.

La strega deglutì.

“Tutti ormai saprete dai giornali di gossip che io e la signorina Astoria ci frequentiamo da anni. Beh, credo sia giunto il momento di rendere ufficiale la cosa.”

Hermione perse un battito mentre quegli occhi si posavano sulla figura alta che aveva accanto.

Draco afferrò le mani della giovane purosangue e s’inginocchiò.

“Astoria Greengrass, vuoi tu diventare mia moglie?”

Dalla folla si sollevò un piccolo sussurro in attesa della risposta della giovane.

“Sì.” Sussurrò quest’ultima portandosi poi ad abbracciare l’uomo che le aveva infilato l’anello al dito.

Il biondo strinse a sé la donna, guardando Hermione. Sul suo volto un ghigno vi era stampato

La strega sentì ancora mancare il fiato e afferrando la manica della giacca del rosso, sussurrò:

“Ti prego, portami via di qui.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice:

Eccomi qui con un nuovo capitolo ricco di sorprese. Le cose non sembrano andare bene per la nostra Hermione. Fatemi sapere cosa ne pensate.

Un grazie a chi recensisce, a chi legge in silenzio e a chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e da ricordare.

Alla prossima, JaneA

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Temptation ***


 

4. Temptation

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

And I never met anyone quite like you before
Up, down, turn around; please don't let me hit the ground
Tonight I think I walk alone, to find my soul desire to go home
—Moby, Temptation.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aveva passato tutta la notte piangendo. Si era lasciata cullare da Ron, aveva evitato di rispondere alle sue domande, fingendo di non sentirle.

Perché piangi? Hermione? Perché piangi?

Parlami.

Spiegami.

Amami.

L’aveva sentito arrendersi contro la sua schiena. Aveva sentito il suo cuore prima battere frenetico, poi rilassarsi e infine l’aveva sentito addormentarsi.

Come avrebbe voluto addormentarsi, dimenticare.

Sentiva il suo cuore battere frenetico al ricordo del profumo del biondo.

Aveva lasciato che l’acqua cancellasse dal suo corpo quella sensazione, quel tocco sulla sua pelle.

Inutile.

Le dita premevano lì dove erano state le sue di dita.

Le lacrime scendevano ancora, annidandosi tutte nell’incavo del collo.

Aveva smesso di singhiozzare, non voleva svegliare il suo fidanzato.

Non voleva dover fingere ancora.

Sarai costretta a fingere per sempre. Si disse.

Le mani di Ron la stringevano.

Come aveva permesso che accadesse tutto questo?

Come aveva potuto restarsene lì, mentre lui chiedeva la mano alla sua compagna?

Come aveva potuto lasciar che quelle demoniache illusioni si facessero spazio nella sua mente?

L’aveva solo illusa. L’aveva presa in giro.

Draco Malfoy non può amare una come te.

Una sangue sporco.

Una lurida sangue sporco.

Ti ha toccata.

Ti ha chiesto di umiliarti.

Draco Malfoy non potrà mai amarti.

Lacrime nuove corsero lungo il suo volto, inarrestabili.

Lui non ti ama.

 

 

 

 

 

 

                                                                                          ***

 

 

 

Aveva lasciato che la Granger scappasse, che si portasse dietro quello sfigato di Lenticchia.

Cosa gli era saltato in mente? Proporsi così ad Astoria, dinanzi a tutta quella gente, dinanzi a lei.

Di sicuro l’indomani tutti i giornali avrebbero parlato di lui, della proposta, dell’anello, del party.

L’aveva fatta scappare.

Non ti ama. Ricordò prontamente la sua mente, ecco perché aveva reagito in quella maniera.

Aveva assaporato il suo profumo, e poi aveva lasciato che lei lo guardasse mentre s’inginocchiava dinanzi all’altra donna, dinanzi a quella che di lì a poco sarebbe diventata la nuova Lady Malfoy.

Sua madre sarebbe stata al settimo cielo.

Si voltò incapace di prender sonno.

I suoi occhi si infransero contro la figura snella e seminuda della donna con cui condivideva il letto, ma non il cuore.

Aveva ceduto alle avance di Astoria. Aveva lasciato che quelle mani affusolate esplorassero ancora una volta il suo corpo. Aveva lasciato che quelle unghie lacerassero la sua pelle al raggiungimento del piacere.

Aveva perso se stesso dentro quel corpo delizioso.

Non la ami.

E’ solo sesso.

Rivedeva la Granger avvolta in quell’abito nero. Il volto titubante dinanzi alla sua richiesta

“Dillo, Granger.”

La risentì rispondere,

“Io amo Ron.”

Inspirò a fondo, fissando il vuoto.

Sentì delle braccia avvolgerlo.

“Non dormi?”

Baci lascivi lungo il collo, un corpo disteso sul suo. Due seni contro il petto. Battito accelerato contro il suo lento.

“No.”

“Cos’hai Draco?”

Labbra contro labbra.

“Dormi Astoria.” Sibilò

“Non ti va?”

“No.”

“Un tempo eri insaziabile. Ora non più. Sei cambiato. A volte sento come se non mi amassi più.”

Lo sguardo ancora fisso nel vuoto.

“Guardami Draco. A breve sarò tua moglie. Parlami.”

Il biondo diede le spalle alla donna fingendo di non sentirla.

Io non ti amo più.

Io non voglio tu sia mia moglie.

Io voglio la Granger.

Maledetta Granger.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                  ***

 

 

 

 

 

Si era addormentata all’alba distesa sul pavimento del bagno. Aveva prima rigettato i drink bevuti nel corso della serata. Aveva gettato via l’anima. Ron non l’aveva nemmeno sentita.

Nessuno aveva sorretto la sua fronte umida, nessuno aveva asciugato le sue lacrime.

Aveva perso.

Aveva perso l’amore passato.

Aveva perso l’amore presente.

Aveva perso.

Si era addormentata così, una mano sotto il volto, le ginocchia strette al petto.

Fu così che la trovò Ron il mattino dopo.

“Hermione?”

La sollevò tra le braccia e la condusse in camera da letto, adagiandola delicatamente sul letto.

La donna si sentì accarezzare lentamente e richiamata più volte, piano aprì gli occhi.

“Oh grazie a Dio stai bene. Mi hai fatto prendere un colpo.”

“Scusa” biascicò la donna cercando di addrizzarsi e di poggiare la schiena alla testiera del letto, ma senza successo.

Il rosso le posò un bacio sulla fronte.

“Hai bisogno di bere. Torno subito con dell’acqua.”

La riccia sorrise forzatamente.

Un gran mal di testa le impediva di pensare, anche.

Per una volta lo ringraziò. Pensare era l’ultima cosa che voleva in quel momento.

Appena il rosso fu rientrò afferrò il bicchiere dalle sue mani e lo bevve tutto d’un sorso.

“Ti senti meglio?” domandò preoccupato.

La strega annuì.

“Un po’.”

“Hermione, cosa è successo?”

“Credo- inspirò- di aver bevuto un po’ troppo ieri sera.”

“Sì, vero. Ma per quale motivo? Non ti ho mai vista in queste condizioni. E ti conosco da sempre.”

“Stress suppongo.”

“Hermione, guardami.”

La donna fissò i suoi occhi in quelli azzurri dell’uomo.

“Non è per il matrimonio vero? Cioè, se ti pesasse, se ti sembrasse presto, anche se non lo è. Se tu volessi aspettare ancora. Se tu non fossi pronta, me lo diresti vero?”

La donna deglutì abbassando lo sguardo.

“Non è per il matrimonio.”

“E allora per cosa? Ti prego parlane con me.”

“Farai tardi.”

“Cosa?”

La strega sollevò lo sguardo ancora una volta.

“Farai tardi a lavoro.”

“Non me ne frega un accidenti del lavoro in questo momento, Hermione! M’importa di noi. Cosa che sembra esser di poca importanza per te invece.” Il rosso aveva alzato la voce e si era distaccato dalla donna. Le sue orecchie si erano arrossate così come anche il volto.

“Sai cosa ti dico? Che forse hai bisogno di tempo per riflettere sul tuo comportamento, anche se evidentemente non te ne rendi conto. Ci vediamo.”

“Ron, aspetta..”ma la donna non fece in tempo a terminare la frase che l’uomo che le era seduto accanto si era smaterializzato.

Aveva perso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                              ***

 

 

 

Il lunedì era arrivato troppo in fretta  per Draco Malfoy.

Aveva indossato rapidamente un completo elegante, una camicia bianca finissima, fatta su misura per lui.

Era uscito senza nemmeno far colazione.

Non aveva voglia di incontrare sua madre, non aveva voglia di sentire le sue solite battute contro la Granger e a favore di Astoria. Aveva passato un intero week-end ad ascoltare la stessa storia.

Astoria è perfetta.

La Granger è passabile.

Astoria non ti tradirà mai.

La Granger ama il suo fidanzato, mettitelo in testa.

Astoria è la perfetta Lady che ti si richiede. Elegante, fine, bella.

 

Ne aveva abbastanza. Ne aveva abbastanza di Astoria che gli stava con il fiato sul collo. Che pretendeva amore, solo amore e nient’altro.

Si era perso ancora tra le pieghe di quel corpo delicato, ma solo per non respingerla.

Le sue mani, nella mente,accarezzavano la pelle della Grifondoro.

Scostavano i suoi boccoli ribelli.

I polpastrelli accarezzavano quelle labbra rosse, carnose.

La desiderava, e l’idea di doverla vedere e stare a poca distanza da lei per tutta la giornata lo elettrizzava e lo spaventava.

E se non si fosse presentata?

Era ormai arrivato in ufficio. Il solito silenzio. La solita quiete del lunedì.

La scrivania sempre piena di fascicoli.

Aveva davvero bisogno della Granger. Non avrebbe permesso che lei se ne andasse.

Era un genio, ed insieme erano perfetti.

Si accomodò dietro la scrivania. La schiena premeva contro lo schienale morbido in pelle.

Non restava che attendere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                          ***

 

 

 

Lunedì.

Da due giorni non aveva notizie del suo fidanzato.

Aveva passato l’intero week-end seduta sul divano a leggere, a guardare la tv e a cantare ‘All by myself’ come in film babbano che aveva rivisto poco tempo prima.

Aveva versato tutte le lacrime, ora era tempo di reagire.

Così, quel lunedì mattino, aveva indossato un abito celeste a dolcevita, con un cardigan blu notte. Delle decolté ugualmente blu e aveva sistemato i capelli in una treccia laterale.

 

Era in perfetto orario, anzi quasi in anticipo.

Il suono dei suoi tacchi rimbombava all’interno del Ministero ancora semivuoto.

Un passo.

Coraggio.

Due passi.

Tremavano le mani.

Tre passi.

Ansia.

Era ormai giunta al suo ufficio.

L’etichetta in oro recitava ‘M&G’.

Che lui fosse già arrivato?

Non c’era altro modo di saperlo. Con decisione afferrò e abbassò la maniglia della porta.

Lui era lì. Intento ad osservarla.

Doveva averla sentita arrivare.

Maledetti tacchi.

“Buongiorno.” Sussurrò

Notò un brillio negli occhi dell’uomo.

“Buongiorno, Granger.”

La donna si sistemò dietro la sua scrivania.

Lentamente iniziò a sfogliare dei fascicoli.

“Oggi dobbiamo andare ad interrogare la signora Jones. Te lo ricordi vero?”

“Sì –annuì la strega- alle 10.30”

“Perfetto.” Sibilò il biondo riportando l’attenzione sui fascicoli.

“Credi sia possibile quello che ha scritto nella lettera, allegata al testamento, il signor Jones?” domandò la donna guardando attentamente il giovane.

Lavoro, discuti solo di lavoro.

Il biondo si sollevò e aggirò la scrivania, poi si sedette su di questa.

Portò una mano tra i capelli.

Vuole farmi morire. Ecco cosa vuole fare.

Questa è la sua punizione divina.

Pensa a Ron. Pensa al tuo fidanzato. Non lo senti da giorni.

Pensa a Ron.

Quei capelli biondi.

Pensa a Ron.

Quelle labbra sottili.

Pensa a Ron.

Quel profumo di menta.

 

“Granger? Mi stai ascoltando?”

“Ehm, sì. Scusa. Dimmi.”

“Stavo dicendo. È plausibile. Ma non abbiamo prove, lo sai. Nessun testimone. I figli della donna hanno un alibi di ferro anche per lei. Abbiamo solo la parola di quest’uomo.”

“Morto.”

“Esatto.”

“Hai in mente cosa chiederle?”

“Vagamente. Dipenderà da lei. Se sarà subito suscettibile e poco disponibile sapremo che ci nasconde qualcosa. Al contrario, non saprei davvero da dove iniziare.”

La strega annuì.

“Manca mezz’ora all’appuntamento.  Vado a prendermi un caffè. Macchiato per te, vero?”

Il biondo annuì guardandola uscire.

Le sue forme, i suoi capelli, le sue labbra.

Pensa ad Astoria. Recitava la sua mente, come una litania.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si erano smaterializzati a Villa Jones, nella Londra babbana. Hermione si era distaccata subito dall’abbraccio del biondo, pur volendo ancora godere di quel calore a cui anelava disperatamente.

Dinanzi a loro un’immensa ed elegante villetta.

Giardini di un verde smeraldo. Piante d’ogni tipo e roseti.

Draco da perfetto gentiluomo le indicò d’avanzare dinanzi a lui.

 

All’ingresso una donna bellissima li attendeva.

Indossava un tailleur stile Chanel. I capelli, biondissimi, erano raccolti in uno chignon basso. Gli occhi e le labbra erano truccati in modo eccessivo.

Hermione pensò che senza quel trucco sarebbe stata ancora più bella.

Che effetto farà su di lui? Si domandò, senza avere alcuna risposta.

“Buongiorno signora Jones.” Fu Draco a parlare.

“Salve, voi dovreste essere il signor Malfoy e la signorina Granger. Prego, accomodatevi.”

 

Villa Jones era immensa. All’interno vi era ogni sorta di mobilio e ricchi e splendidi quadri, dinanzi ai quali Hermione dovette lottare per non fermarsi ad ammirarli.

Draco sorrise nel vedere lo sguardo corrucciato della donna.

Era bellissima.

Lavoro, sei qui per lavoro.

La signora Jones fece accomodare i due ospiti.

“Prego. Ditemi tutto.”

“Signora Jones, può dirci dov’era quando è morto suo marito?”

“Accanto a lui, nella sua camera da letto.”

“Intorno a che ora è avvenuto il decesso?”

“Alle 22, signor Malfoy.”

“Bene. Una fonte, ci ha detto che lei è immischiata in un omicidio.”

La voce di Draco era tagliente, professionale.

Hermione era attenta ad analizzare le mosse della donna.

“Azzardato, signor Malfoy.”

“Lei dice?”

“Certo.”

“Può dirci dove si trovava il 21 aprile intorno alle 23 di sera.”

“Ero al party in onore del primogenito di mio figlio.”

“C’è qualcuno che può testimoniarlo?”

“Tutti. I miei figli, le loro mogli e i loro ospiti. E se fosse ancora in vita, mio marito.”

“Bene. Grazie signora Jones. Per ora è tutto.”

“Quando vuole signor Malfoy. Signorina Granger.” Proferì congedandoli la donna.

 

 

“Granger, afferra il mio braccio.”

“Cosa? Oh.”

Si smaterializzarono.

“Malfoy? Perché siamo nella guferia del Ministero?”

“Dobbiamo mandare un messaggio.”

“A chi?”

“Ai figli della signora Jones. Voglio vederli.”

“Bene.”

L’uomo scrisse velocemente, ma con eleganza la lettera. Hermione lo vide concentrato, affascinante, sexy.

Si passò una mano tra i capelli biondi prima di legare la lettera alla zampa del pennuto.

 

Uscì a passo cadenzato sino all’ascensore.

“Cosa ne pensi, Granger?”

“Mente.”

L’uomo la squadrò.

“Da cosa lo hai dedotto?”

“Le sue mani. Perfettamente rovinate. Non smetteva di torturarle. Aumentava la forza quando tu le chiedevi di rispondere ad una domanda. So che è un dettaglio irrilevante forse- continuò portandosi all’interno dell’ascensore- ma come può una donna ricca ed elegante, presenziare a delle feste con delle mani ridotte in quella maniera?”

“Ottimo ragionamento Granger.”

La donna sorrise di rimando all’uomo che non smetteva di fissarla.

Solo loro, l’ascensore era vuoto, stranamente.

“Al diavolo..” sussurrò l’uomo e le fu addosso.

Hermione si ritrovò stretta contro la parete dell’ascensore, il viso dell’uomo a poca distanza.

In un attimo le labbra del biondo furono sulle sue.

Delicate, fresche, morbide.

Vi oppose resistenza inizialmente, ma poi lasciò che lui assaporasse le pieghe della sua pelle, che accarezzasse i suoi capelli.

Aveva ceduto alla tentazione, la stava accarezzando, la stava solleticando. Stava lasciando che la portasse sul fondo, senza farla risalire.

Distaccarsi fu difficile per entrambi, ma avvenne giusto in tempo. L’ascensore si riempì in un secondo.

Hermione raccolse la sua borsa. Li occhi ancora puntati in quelli dell’uomo. Portò le mani sulle labbra. Scappò non appena l’ascensore si fermò.

Draco Malfoy si appoggiò contro la parete.

Il suo profumo nelle narici.

Aveva ceduto, finalmente, alla tentazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

Eccomi qui con un nuovo capitolo, una sorpresa finale per tutti voi. Attendo con ansia, come sempre, un vostro responso, sia questo positivo o negativo.

Vi lascio qui il link per ascoltare la canzone che ha ispirato questo capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=t-zs1n-4S0A

 

Un grazie speciale a chi commenta la storia, a chi la legge in silenzio, a chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate.

Un abbraccio, alla prossima.

JaneA

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Sad Eyes ***


 

Sad eyes never lie”
Sad Eyes, Bruce Springsteen

 

 

 

 

 

 

5. Sad eyes

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’aveva baciata. Draco Malfoy l’aveva baciata. Il suo collega, spocchioso, purosangue, ‘sono ricco e me ne vanto’ l’aveva baciata.

Con grande trasporto, per giunta.

Con ardore.

E le era piaciuto.

Oh, eccome se le era piaciuto.

Attendeva da anni quel momento.

Si fiondò all’interno del suo appartamento.

Buio. Fortunatamente Ron non era in casa.

Perché dovrebbe essere qui? Avete litigato.

Portò le dita a sfiorare le labbra. Menta. Lui profumava di menta. Ora, anche lei aveva su di sé quel profumo così fresco, così suo.

Si lasciò cadere contro la parete della porta, sino a sedersi sul freddo pavimento. Qualcosa di peloso le accarezzò i piedi che aveva liberato dalla stretta delle decolté.

Grattastinchi.

Attirò l’ormai anziano gatto arancione a sé e lo posò sul suo ventre.

“Mi ha baciata.” Sussurrò fissando gli occhi gialli del gatto.

Scosse il capo. Non poteva essere vero. No, non poteva assolutamente essere vero.

Provò a tirarsi un pizzico. Era sveglia, era la realtà. Draco Malfoy l’aveva bloccata contro una parete dell’ascensore e l’aveva baciata.

Scosse ancora il capo.

Un ticchettio alla finestra la ridestò

Leo, il gufo di Ron, si librava assonnato attendendo che lei gli permettesse di entrare.

Dopo aver spalancato la finestra, Hermione porse un biscottino al pennuto. Estrasse la lettera dalla zampina e avidamente l’aprì e la lesse.

 

Mia Hermione,

sono stato un vero stupido. Non avrei mai dovuto alzare la voce in quel modo con te. Spero potrai perdonarmi, questa sera, a cena.

Solito posto, ore 19.

Ti amo,

Ron

 

 

Hermione inspirò a fondo. Cosa avrebbe fatto?

Diglielo.

Dire cosa? Che Draco Malfoy l’aveva baciata? Non ci avrebbe visto più alla rabbia. L’avrebbe ucciso. Anzi no, si sarebbero uccisi a vicenda.

Sbuffò ancora.

Una cena era l’ultima cosa che voleva, eppure doveva andarvi.

Lo doveva a Ron.

Lui non meritava tutta quella sofferenza.

Mancavano ancora un paio d’ore alla cena, aveva tempo per preparare un accurato piano, un discorso, per dedicarsi un po’ a sé, ma soprattutto per cancellare dal suo corpo quel profumo così destabilizzante e affascinante.

Menta.

 

 

 

 

 

 

                                                                                     ***

 

 

L’aveva baciata. Aveva assaporato quelle labbra. Aveva passato le mani, le dita, attraverso quei riccioli ribelli. L’aveva fatta sua, anche se per pochi istanti. Aveva maschiato i loro sapori.

Le sue mani sulle forme corpose del suo corpo.

Le sua mani sulla schiena.

Stava impazzendo.

Un sorriso ebete gli si era dipinto sul volto non appena era uscito dall’ascensore.

L’aveva baciata.

La desiderava, ancora, sempre di più.

E’ scappata.

Non ti vuole.

L’hai umiliata.

No. Le sue mani subito sulle sue labbra, erano il segno che la Granger provava qualcosa. Se non fosse stato così l’avrebbe aggredito non appena le si fosse avvicinato. L’avrebbe schiantato, schiaffeggiato.

Lei sapeva difendersi, lei sapeva dire no.

La Granger provava qualcosa per lui.

Fissava il bicchiere pieno di Firewhiskey. Lentamente faceva ruotare il liquido ambrato nel bicchiere di cristallo.

L’immaginava ancora tra le sue braccia.

Il suo seno che premeva contro il suo petto. Il battito frenetico dei loro cuori. Il suo profumo di vaniglia invaderlo, annebbiarlo, torturarlo, incatenarlo.

La voleva.

Voleva tutto di lei. La rabbia, l’amore, la caparbietà, la passione.

L’avrebbe conquistata. L’avrebbe fatta sua, per sempre. L’avrebbe corteggiata, l’avrebbe fatta innamorare, sino ad arrivare al desiderio. Avrebbe fatto sì che anche lei avesse avuto bisogno di lui, ogni giorno. Piano, sarebbe stato facile.

Mentre si smaterializzò un nome invase la sua mente.

Astoria.

Forse, non sarebbe stato del tutto facile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                              ***

 

Si era concessa un lungo bagno caldo.

Aveva bisogno di dominare i suoi pensieri, i suoi dilemmi.

Cosa avrebbe detto a Ron?

La verità. Certo, forse non tutto nel dettaglio, ma sommariamente la verità.

Un piccolo passo per ripristinare il loro rapporto.

Aveva pensato ai pro e ai contro, ovviamente. Come sempre.

Ma non vi erano pro per la relazione, non dopo quello che era successo il mattino.

No, lei Hermione Granger non amava più il suo fidanzato, ma non aveva il coraggio di affrontare questa verità.

Era semplice fingere che tutto andasse bene.

Ron non soffrirà. Io sopporterò. Sono forte.

Fu con questa convinzione che la strega si preparò.

Indossò una camicia beige, una longuette marrone e delle decolté beige.

Lasciò i capelli sciolti.

Niente trucco. Sarebbe stata semplice.

Era così quando lei e Ron si erano innamorati.

Nessun trucco, solo verità.

Come puoi proclamare la verità, se fingi di amarlo?

Mise a tacere quell’ulteriore quesito e dopo aver afferrato la borsa si smaterializzò.

 

 

 

 

 

Si era smaterializzata all’interno del cottage. Un delizioso profumino le giungeva sino alle narici.

Luci soffuse, una deliziosa melodia in sottofondo.

Aveva fatto tutto quello per lei.

Due braccia forti la cinsero alle spalle.

“Eccoti.”

Aveva spostato i suoi capelli tutti sulla spalla sinistra, lasciando quella destra libera e scoperta.

Delicatamente Ron aveva iniziato a posare dei baci sulla pelle della sua compagna sino a giungere all’incavo del collo.

La borsa di Hermione era finita sul pavimento.

Le stava facendo perdere il senso di ogni cosa.

Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di perdersi.

Aveva bisogno di Malfoy.

Sbarrò gli occhi a quel pensiero. E dopo aver baciato il rosso si distaccò.

“Ceniamo? Ho una fame da matti.”

L’uomo annuì deluso, di certo non era nei piani cenare prima di aver portato a letto la sua donna.

La fece accomodare e le posò dinanzi il piatto.

Fece altrettanto con la sua porzione.

“Mmm- proferì la donna- risotto allo champagne! Il mio preferito!”

Il rosso sorrise.

E’ così bella.

“Hermione?” la richiamò lui

“Mmm?”

“Mi dispiace.”

“Per cosa?”

“Per essermi comportato in quella maniera l’altra sera. Ero fuori di me.”

La donna deglutì e si alzò, avvicinandosi all’uomo.

“Devo dirti una cosa.”

“Tutto.”

“Oggi è successa una cosa in ufficio.”

“Ovvero?”

La donna chinò il capo.

Diglielo.

Diglielo, ora.

“Un tizio mi ha baciata.”

Sollevò il capo per vedere il volto dell’uomo. Era privo di espressione.

Urla.

Ti prego, grida.

Fa qualcosa.

Urla!

“Chi?”

“Un fattorino. Ero in ascensore e ne ha approfittato.”

Un clap. Vuoto.

Era da sola.

Ron si era smaterializzato. Corse fuori dal cottage, urlò per tutto il bosco limitrofo.

Non c’era, era andato via. Senza urlare, senza prendersela con lei.

Lacrime rigavano il volto.

Quella era una magra interpretazione della verità.

Un fattorino.

Un fattorino al Ministero?

I maghi non sanno nemmeno cos’è un fattorino!

Senza curarsi di spegnere le candele e di sparecchiare si smaterializzò.

 

Sei una stupida. Ecco cosa sei.

Sfilò la gonna e le scarpe. Le lasciò ai piedi del letto e s’infilò sotto le coperte.

Era una povera illusa.

Sola e stupida.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo qualche ora, era riuscita finalmente ad addormentarsi.

Il respiro tranquillo. Il petto si alzava e si abbassava lentamente sotto le coperte.

Una presa per il volto.

Hermione si svegliò immediatamente. Qualcuno la teneva per il mento, e non delicatamente. Tentò d’urlare ma senza riuscirvi.

Il volto del suo aggressore era nascosto dall’oscurità.

Tentò ancora d’urlare, questa volta emettendo un lieve sussurro.

“Chi è stato?”

Quella voce. Non poteva essere. No. No. Non poteva essere lui a farle questo.

Gli occhi ormai iniziavano ad abituarsi al buio, la figura iniziava a stagliarsi in quell’oscurità.

Capelli in disordine. Braccia muscolose. Spalle larghe.

Non poteva essere, no. non ci avrebbe mai creduto.

Provò ad urlare ancora, mentre Ron la stringeva sempre più forte.

“Chi ti ha toccata?”

Tentò ancora d’urlare. Invano. Quelle mani che poche ore prima l’accarezzavano amorevolmente, ora premevano con forza sulla sua pelle.

“Rispondimi, maledetta.”

Era impazzito.

Sentiva lacrime bagnarle il viso.

Lui allentò per qualche attimo la presa.

“Ron, ti prego.” Sussurrò

“Dimmi chi ti ha toccata.”

“Te l’ho detto. Uno che, che..Ron mi fai male!”

L’uomo strinse più forte il mento della donna e poi l’afferrò con l’altra mano per un braccio, tirandola giù dal letto e facendola cadere con poca grazia sul pavimento.

“Ron, ti prego.”

“Dimmelo.”

“Sei ubriaco. Lasciami, ti prego.”

“No.” Un colpo sul volto. Deciso.

Hermione portò una mano sul viso, dove qualche istante prima di era posata con violenza la mano del suo fidanzato.

“Non te lo dirò mai.”

Un colpo al ventre.

“Puttana.” Urlò il rosso e dopo averla strattonata ancora si smaterializzò.

Hermione crollò sul pavimento inerme. Aveva portato le ginocchia al petto.

Lentamente cercò di raggiungere la bacchetta sul comodino.

Sentiva il petto pulsare per il dolore, come il ventre.

Riuscì ad afferrare la bacchetta dopo molti tentativi.

Con un incantesimo non verbale mandò un patronus.

“Ginny.” Sussurrò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                         ***

 

I coniugi Potter si erano appena coricati, erano stretti l’uno all’altro quando si mostrò loro il patronus di Hermione Granger.

“Ginny.”

“Ginny.”

Il moro sbarrò gli occhi, mentre la rossa si era già alzata.

“E’ successo qualcosa a Hermione.”

“Vado io.” Sussurrò il marito.

“No. Ha chiamato me. Resta qui. Ti avviso appena so qualcosa.”

Dopo aver indossato in fretta e furia degli stivali e un cappotto la donna posò un bacio sul capo del marito e si smaterializzò.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                    ***

 

L’appartamento della sua migliore amica era interamente al buio.

“Hermione?” chiamò.

Nessuna risposta. Fece luce con l’aiuto della bacchetta.

“Hermione?” pianò salì le scale che portavano alla stanza da letto.

Aprì lentamente la porta della camera di Hermione e la vide.

Riversa sul pavimento priva di sensi.

Le fu accanto in un attimo.

“Hermione? Hermione?” la richiamò scuotendola.

“Non port..a..rmi al San..”

Nuovamente la strega perse i sensi.

Ginny, preoccupata, inviò un patronus al marito.

“Vieni subito e chiama un medimago.”

Piano afferrò l’amica e l’aiutò a sistemarsi sul letto.

 

 

 

 

Un medimago la stava controllando da più di un’ora. Ginevra Potter percorreva in lungo e largo il salotto dell’appartamento di Hermione, mentre suo marito sedeva inerme sulla poltrona, grattandosi ogni tre secondi la cicatrice che era stata fonte di non pochi guai.

“Non ti ha detto nulla?”sussurrò rivolto alla donna.

“No. Solo di non portarla al San Murgo.”

“Non capisco. Chi può..”

L’uomo venne interrotto dall’arrivo del medimago.

“Signor Potter, signora Potter.” Disse salutandoli

“Come sta?”

“Non è messa bene. Ha due costole rotte. E lividi sul corpo e sul mento.”

La rossa si portò una mano al volto.

“Credo si tratti di aggressione, signor Potter. Ma la signorina non mi ha voluto dire nulla.”

“Posso vederla?” domandò la donna.

Il medimago annuì.

“Sì. È sveglia.”

La donna corse al piano di sopra.

“Signor Potter, qualcuno l’ha aggredita. Ne sono sicuro.”

Harry socchiuse gli occhi e inspirò.

Chi le aveva fatto questo?

 

 

 

 

 

 

                                                                                        ***

 

Hermione era distesa sul suo letto. Un affare babbano legato con una flebo al suo polso segnava il battito del suo cuore.

Lento.

Troppo lento.

Come i lenti erano stati i minuti che aveva passato su quel pavimento prima di perdere i sensi.

Sola.

Persa.

Era quello che meritava.

Lacrime iniziarono nuovamente a rigarle il volto. Sentì una mano raccoglierle e spazzarle via.

Aprì gli occhi.

Ginny.

Sorrise lievemente mentre ancora altre lacrime scorrevano.

“Tesoro, come stai?” disse la rossa sedendosi accanto a lei.

Hermione deglutì.

Come avrebbe fatto a dirle quello che era successo?

Non le avrebbe creduto.

L’avrebbe persa.

Avrebbe perso anche Harry.

Sarebbe stata ancora una volta da sola.

“Ron..” sussurrò

“Sì, lo avviserò appena starai meglio.” Enunciò la rossa.

“No!” urlò la riccia.

“No, ti prego.”

“Hermione? Cosa è successo?”

“Mi ha..picchiata.”

La rossa sbarrò gli occhi.

“Chi?”

“Ron.” Sussurrò Hermione portandosi le mani a coprire il viso.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                       ***

 

Era in ufficio. Non vedeva l’ora di incontrarla, di parlarle, di provocarla.

Aveva già programmato tutto.

Desiderava ancora mordere le sue labbra, assaporarle ancora e ancora e ancora.

Era in ritardo.

Sempre la solita.

8.30

Niente. Nessun rumore di tacchi nel corridoio ormai gremito di gente.

9.00

La scrivania ancora vuota.

9.30

Aveva cacciato in malo modo un cliente.

Dove sei Granger?

10.00

Maledetta Granger, dove diavolo sei?

10.30

L’attesa lo stava rendendo folle. Si sollevò dalla poltrona.

Questa volta mi senti, Granger.

Si era smaterializzato direttamente a casa della collega.

La porta in legno massiccio campeggiava lui dinanzi.

Bussa, no?

Sei venuto sin qui e non bussi nemmeno?

Facendosi coraggio accostò le dita affusolate alla porta e bussò.

Una volta.

Due volte.

Dei passi.

“Finalmente Grang..Potter? Che diavolo ci fai qui?”

“Malfoy? Potrei farti la stessa domanda.” Enunciò il moro.

“Sono venuto a vedere che fine ha fatto la mia collega.”

“Non può vederti adesso.”

“Perché?”

“Non..non sta molto bene..”

“Fammela vedere Potter o ti prendo a calci.”

Il moro dopo aver lanciato uno sguardo truce al biondo si fece da parte, lasciandolo entrare.

 

Non era la prima volta che andava a casa della Granger. Negli ultimi tre anni ci era stato, per lavoro, per chiacchierare.

Era così che si era innamorato di lei.

La casa ora era ricolma di scatoloni.

Trasloca.

Va a vivere con lui.

Non ti ha detto nulla.

“E’ di sopra.” La voce di Potter l’aveva richiamato.

“Grazie.”

Ad uno ad uno iniziò a salire i gradini sino ad arrivare dinanzi alla sua camera da letto.

Bussò.

“Avanti.”

La rossa era seduta su una poltrona accanto al letto. Ma fu altro ad attirare la sua attenzione.

Hermione giaceva pallida sotto le coperte. Un braccio era posato sopra di esse e a questo erano attaccate delle flebo sino ad un apparecchio babbano.

Cosa le avevano fatto?

Il cuore perse un battito.

La rossa poggiò un dito sulle labbra, segno di far silenzio.

Il suo volto era incavato, segno della notte passata in bianco e della preoccupazione.

“Cosa le è successo?”

La rossa deglutì.

“Se vorrà te ne parlerà lei, appena si sveglierà.”

“Rimango io con lei.”

“Malfoy, ma..”

“Lasciami con lei, per favore.”

La rossa annuì, incredula.

Draco Malfoy le aveva chiesto ‘per favore’?

Scosse il capo e uscì.

“Non farla agitare.”

L’uomo annuì e si accomodò sulla poltrona.

Si avvicinò al letto e prese le mani della donna tra le sue.

La sentì sussultare e lentamente la vide sbattere le palpebre sino ad aprirle del tutto.

“Granger. Buongiorno.”

La vide sbattere ancora le palpebre incredula e poi fissare la sua mano tra quelle dell’uomo.

“Malfoy, cosa..cosa ci fai qui?”

“Sono venuto a trovarti.”

“Come sapevi..?”

“Non sapevo. Anche se avrei voluto. Ero venuto per rimproverarti per il tuo millesimo ritardo.”

La donna sorrise leggermente.

Era bello averlo lì, accanto a sé.

Le sue mani avvolti nella sua.

I suoi occhi ricolmi di preoccupazione.

È preoccupato solo per il lavoro.

Illusa.

“Il lavoro?” sussurrò

“Non importa adesso. Ho avvisato Mégan di cancellare tutti i nostri impegni per i prossimi giorni.”

“Malfoy, non devi.”

“Voglio e devo.”

La donna chiuse gli occhi.

Sentì le mani del biondo sfiorarle il mento, delicate, attente a non farle del male lì dove vi era un enorme ematoma.

“Chi è stato?”

La donna riaprì gli occhi.

“Granger, dimmelo. Ti prego.”

Scosse il capo.

“Non posso.”

“E’ stato lui, vero?- si fermò- gli hai detto del..di quello che ho fatto?”

La donna inspirò

“Non ho detto che sei stato tu. Tranquillo.”

“Non mi preoccupo per me Granger. Mi preoccupo per te. Odio vedere i tuoi occhi tristi.”

“Non sono triste. Ho paura.”

“Giuro che non ti farà più del male.”

La donna inspirò ancora, mentre lacrime scivolavano sul suo viso.

L’uomo le fu accanto.

“Non permetterò che i tuoi occhi siano ancora così tristi. Non lo permetterò.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice:

Eccoci qui con un nuovo capitolo. Sì, lo so. Sono stata enormemente cattiva :D Potrete mai perdonarmi?

Grazie a chi lascia recensioni, a chi legge in silenzio, a chi ha messo la storia tra le seguite, preferite,ricordate.

Un abbraccio, JaneA

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Choises ***


 

Can’t spin in at your mouth.
—Tear down these houses, Skin

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. Choises

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’aveva osservata per tutta la notte, senza scostare gli occhi da quel fragile corpo avvolto in lenzuola morbide. Aveva visto i coniugi Potter scrutarlo sulla soglia, di certo si domandavano il motivo della sua presenza. Chi avrebbe mai immaginato che Draco Malfoy mollasse tutto per starsene ore a prendersi cura di una mezzosangue.

La tua mezzosangue, pronunciò la sua mente.

Vedeva i ricci ribelli della donna incorniciarle il volto, pallido. Sul mento campeggiava un enorme ematoma che riportava le impronte delle sudice mani dell’uomo che l’aveva aggredita.

Sotto le palpebre socchiuse e tremolanti, due occhiaie violacee.

Detestava vederla in quello stato.

Afferrò la mano della donna e la portò sino alle sue labbra.

Era gelida.

Inspirò a fondo e socchiuse gli occhi.

“Malfoy.”

La sua voce, il biondo sentì il cuore perdere un colpo.

Lentamente riaprì gli occhi e li fissò sul volto della donna che lo osservava scrupolosa.

“Bentornata Granger.” Ghignò

“Co-cosa ci fai qui?”

L’uomo sbuffò distaccando momentaneamente lo sguardo da quello della Grifondoro.

“E’ ovvio, no? Mi prendo cura di te.”

“Perché?”

La riccia si morse il labbro inferiore. Non era riuscita a bloccare quella domanda.

Perché lui era lì?

Perché continua a stringerti la mano?

Perché quegli occhi ti scrutano così, così intimamente?

“Perché è qui che devo stare.” Sussurrò l’uomo tornando a guardarla.

La riccia tentò di sollevarsi, pentendosene subito. Una fitta sotto il petto le aveva bloccato il respiro.

“Stà ferma Granger. Devi riposare.”

“Sto bene, Malfoy. Non ho bisogno di una balia.”

La solita Granger.

Quanto l’adorava, quanto la bramava.

Avvicinò le dita al volto della donna.

“Ne hai bisogno invece. E poi chi rifiuterebbe una balia come me?”

“Malfoy?”

L’uomo la fissava ancora, speranzoso, in attesa di una confessione, di un ringraziamento, del suo amore.

“Dov’è Ron?” enunciò la donna.

Lui.

Lei lo ama.

Lei non ti ama.

Lei non sa che farsene di un ex Mangiamorte come te.

Lei è Hermione Granger, la fidanzata storica di Ronald Weasley.

Lei non ti ama.

Tu la ami.

 

Staccò la mano da quella della donna, scottato.

“Devo andare, Granger.”               

 

L’aveva visto afferrare la giacca in fretta e correre verso la porta. Non un saluto, non un sorriso. Nulla. Aveva solo chiesto di Ron. Perché aveva reagito così?

La mano bruciava per l’assenza di quel calore a cui si era momentaneamente abituata.

Dov’era Ron? Perché non era accanto a lei?

Che Ron sapesse?

 

I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo della sua migliore amica.

“Tesoro!” aveva quasi urlato la rossa vedendola sveglia.

Hermione non fece altro che sorrise in rimando.

“Allora, come ti senti?”

“Potrei stare meglio, Ginny.” Sussurrò la riccia, mentre la signora Potter le stringeva le mani tra le sue.

Le avvicinò una mano alla fronte.

“Per fortuna la febbre è scesa.”

“Ginny?”

“Sì?”

“Perché Malfoy era qui?”

La rossa diventò paonazza.

“Beh, perché siete colleghi e amici e lui si è preoccupato per te.”

“Sì, ricordo che siamo colleghi, amici..ma..non avrebbe dovuto esserci Ron qui con me?”

 

Non ricorda, sussurrò la mente della rossa.

Tesoro, ricordi cosa ti è successo?”

“Ricordo solo..”

La rossa vide la riccia sforzarsi e poi portarsi rapida le mani alle labbra.

“Oh.. non può essere.”

“Cosa Hermione?”

“Malfoy.”

“Malfoy cosa?”

“Mi ha baciata.”

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                     ***

 

 

Aveva sbattuto con forza la porta dell’ufficio, lanciando con poca grazia la giacca sul divanetto posto al centro della stanza.

Lei non lo ama, e mai lo avrebbe fatto.

Si passò una mano tra i biondissimi capelli. Avrebbe voluto odiarla, cacciarla dal loro studio, anche adesso. Anche adesso che era distesa in un letto, avrebbe voluto dirle che la loro collaborazione terminava lì, che di certo sarebbe stato meglio senza le sue lamentele, senza i suoi battibecchi.

Ma non era vero. Avrebbe perso tutti i clienti senza di lei. Avrebbe perso se stesso.

Si avvicinò al mobile bar e afferrato un bicchiere di vetro finemente decorato vi versò un’abbondante quantità di whiskey all’interno. La buttò giù tutta d’un sorso, tornando subito a riempire il bicchiere momentaneamente vuoto. Andò avanti così per ore, sedendosi e rialzandosi. Facendo volare ora fascicoli ora penne e carte. Sino a quando distrutto dai pensieri non si accasciò sul divano e crollò addormentato.

 

 

 

 

 

 

                                 

 

 

***

 

 

 

 

Aveva dimenticato del loro bacio. Come aveva potuto? Ginny la fissava con occhi preoccupati.

“Hermione, ma cosa stai dicendo?”

Quella consapevolezza. La consapevolezza che qualcosa tra lei e il biondo finalmente fosse cambiata.

Finalmente? E l’amore per Ron? I momenti insieme?

Sentiva la testa pulsare frenetica, sotto le fragili dita che aveva portato alle tempie.

“Non me lo sto inventando, Ginny.”

Lo sguardo della rossa sempre più preoccupato.

“Ma certo tesoro, lo so. Ma forse è stato il colpo che hai subito. Harry sta cercando il colpevole. Vedrai, sarà solo un brutto ricordo tra qualche giorno. Ron sta arrivando, vedrai.”

All’improvviso la verità. La pura, semplice verità.

Lei sapeva chi l’avesse aggredita.

Lei sapeva a chi appartenevano le mani che l’avevano scaraventata sul pavimento.

Lei sapeva a chi appartenesse la voce di quell’uomo.

L’aveva detto a Malfoy, prima che fosse sedata.

 

“Malfoy..” enunciò

“Malfoy, cosa?” domandò sbrigativa Ginny

“Non vi ha detto nulla?”

“Riguardo cosa?”

“Riguardo quello che mi è successo.”

“No, e faresti bene a non far affidamento su quello che dice.”

“Ginny.”

La rossa sollevò lo sguardo sino a incontrare gli occhi della sua migliore amica.

“Io so chi è stato.”

“Chi?”

“Io..io..”

“Hermione, va tutto bene se non lo ricordi.”

“No. io lo ricordo. Non so semplicemente come la prenderai tu.”

“Hermione cosa stai blaterando?”

“Ron.”

Ginny sbuffò esasperata.

“Sì, sta arrivando. Harry sta cercando di rintracciarlo.”

“No, è stato Ron.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

L’aveva trovato così, addormentato sul divanetto del suo ufficio. L’ufficio che condivideva con la mezzosangue. La detestava. Detestava le occhiate che il suo ormai promesso sposo lanciata alla ex Grifondoro. Detestava i loro sorrisi, i commenti non enunciati che li legavano sempre, puntualmente estraniandola.

Poggiò le dita curate e laccate di rosso sul volto del biondo.

Aveva imparato ad amarlo, a superare i contrasti, solo per essere la nuova Lady Malfoy.

Lei era destinata ad esserlo.

Al costo anche di mentire, di soffrire, di non ricambiare l’amore di Draco.

Cosa poteva farsene poi dell’amore? Recava solo sofferenze.

Aveva finto, alla perfezione. Era riuscita ad entrare nelle grazie della Lady Malfoy, fingendo un amore per il suo amato figlio.

Ecco cos’era l’amore. Solo una stupida, inutile debolezza.

Vedeva le palpebre dell’uomo aprirsi al tocco delle sue mani, così lasciò che le sue labbra incontrassero quelle del biondo.

Due occhi grigi la fissavano.

“Buongiorno, amore.” Sussurrò

Il biondo si sollevò continuando a fissarla.

“Cosa ci fai qui?” domandò con voce impastata a causa del sonno.

“Volevo vederti.”

“Devo lavorare.”

“La tua segretaria mi ha detto che sei stato via tutto il giorno. Come mai?”

“Questioni di lavoro.”

“Ah. Quindi non c’entra nulla la mezzosangue?”

“Non osare.” Biascicò l’uomo sollevandosi rapido.

“Io posso tutto mio caro.” Pronunciò la donna, avvicinandosi all’erede di casa Malfoy e accarezzandolo lascivamente.

“Va via.”

“Non hai il diritto di cacciarmi.”

L’uomo livido in viso si voltò e afferrò la donna per un polso.

“Sai cosa ti dico, mia cara? Che posso e voglio, soprattutto. Ritiro la mia proposta. Non ti sposerò. E che io sia addirittura esiliato nel mondo babbano per questo. Non ti sposerò. Io non ti amo. Non ti ho mai amata. So che anche per te è lo stesso. Non sono un idiota, contrariamente a quanto tu pensi. Non sarai la nuova Lady Malfoy. Non sarai nulla. Eccetto una lurida, schifosa stupida, che pensa di poter comprare col sesso cose a chi non è assolutamente destinata.”

Il volto della donna era livido, privo di qualsiasi espressione, tramutato in una maschera d’odio.

“Ora. Va via dal mio ufficio. E non pensare di vendicarti. Non ci pensare nemmeno lontanamente. Se torcerai un capello alle persone a cui tengo..”

“Compresa la Granger?” domandò abbozzando un sadico sorriso la donna.

“Stai giocando col fuoco. Va, via. Ora.”

La donna afferrò la borsa e s’incamminò verso la porta.

“Te ne pentirai Draco.” Sussurrò e scomparve.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1559022