L'ultima avventura di Sherlock Holmes e Molly Hooper

di yllel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ed ecco il seguito di “Conseguenze”. Non sara’ niente di tragico ne’ di sfacciatamente romantico, lo prometto... se avrete la pazienza di leggere, il significato del titolo arrivera’ poco per volta.
Grazie a tutti coloro che mi hanno recensito nella storia precedente chiedendomi di continuare!
Cosi comincero’ di nuovo a divertirmi con i personaggi che assolutamente non mi appartengono.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
PROLOGO

 

“Va bene, diamo inizio alla riunione. Nessuno di voi e’ stato seguito, vero?”
“Ma dobbiamo proprio avere questo tono da cospiratori?” Greg Lestrade si tolse la giacca e la appese alla sedia del bar.
“Oh, cospiratori... che brutta parola. John, caro... sono sicura che tu abbia le tue buone ragioni per prendere tutte queste precauzioni, ma a questo punto insisto che dovremmo darci per lo meno un nome. Sarebbe tutto molto piu’ eccitante!” La signora Hudson fece un sorrisetto e si guardo’ intorno ammiccando.
John Watson scosse il capo.
“Niente nome. Meno diamo ufficialita’ alla cosa, meno rischiamo che lui lo scopra. Ora, siamo sicuri che nessuno vi abbia seguito?”
“Si” esclamo’ l’ispettore con un sospiro.
“Si?” chiese dubbiosa la signora Hudson, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di entrambi gli uomini.
“Ma insomma, giovanotti! Io ho una certa eta’ e non sono sicuramente abituata a far caso se qualcuno mi segue! Dovevamo seguire il mio suggerimento e trovarci nel mio appartamento!”
John scosse di nuovo il capo.
“Mi spiace, ma le ho gia’ spiegato che saremmo stati troppo allo scoperto, anche se lui non fosse stato a casa. Comunque... vediamo di cominciare.”
“Possiamo ordinare almeno un caffe’ prima?” chiese Lestrade con uno sbadiglio.
John si trattenne dallo sbuffare spazientito e sospiro’ rassegnato, poi fece cenno alla cameriera, che si avvicino’ per prendere le ordinazioni.
“Un caffe’ e ... un the’, signora Hudson? Perfetto. Un the’ per la signora e uno anche per me...  E una di quelle paste alla crema che avete in vetrina. E anche una fetta di torta. Grazie. Che c’e’?” aggiunse poi, cogliendo lo sguardo degli altri due.
“Io non ho detto niente” Lestrade si trincero’ dietro un giornale abbandonato sul tavolo.
“Non preoccuparti, John. E’ normale che tu senta il bisogno di compensare con i dolci lo stress degli ultimi mesi.” Gli disse la signora Hudson, battendogli amichevolmente una mano sul braccio.
“Compensare? E chi dice che sto compensando?”
“Beh, caro... ammetterai che ultimamente ti sei un po’ come dire...”
“Lasciato andare?” le venne in aiuto Lestrade, abbandonando il giornale con un sorrisetto ironico.
“Lasciato andare? Nel senso di ingrassato?”
“Ma non cosi tanto!” si affretto’ a commentare la Signora Hudson “sono certa che appena questa storia sara’ finita sarai un po’ piu’ rilassato e non sentirai piu’ il bisogno di consolarti con il cibo!”
John rinuncio’ a controbattere. In effetti, anche lui aveva notato che i pantaloni facevano un po’ fatica ad abbottonarsi, ma in certi momenti, i dolci erano l’unica cosa che riuscissero a tirargli su il morale e gli dessero la carica per affrontare le sue giornate.
Naturalmente, era tutta colpa di Sherlock.
Che negli ultimi due mesi era stato davvero impossibile.
Questo pensiero lo riporto’ allo scopo dell’incontro con i suoi amici.
“Lasciamo stare. Vediamo un po’ di fare il punto della situazione.”
Lestrade annui’ e prese il suo taccuino.
“Due casi negli ultimi quindici giorni, ma questo naturalmente lo sai anche tu. Entrambe le volte, Sherlock si e’ rifiutato di venire a vedere i corpi, nonostante avesse un’autorizzazione ufficiale. Il che conferma che non vuole piu’ tornare all’obitorio.”
“Quel dottore antipatico e’ ancora li?” chiese la signora Hudson.
Lestrade annui’.
“Si, purtroppo. E’ veramente un tipo irritante, l’ultima volta Sherlock se ne e’ andato sbattendo la porta dopo due minuti che quello parlava. Naturalmente, prima non ha mancato di fargli notare dove avesse sbagliato e se ricordo bene, l’ha definito un incompetente. Travis ha minacciato di non farlo piu’ entrare all’obitorio anche se fosse arrivato in compagnia della polizia, ma Sherlock ha risposto che non c’era nessun motivo di tornare, se doveva essere messo a confronto con un inutile e stupido – mi scusi Signora Hudson, ma il seguito non e’ adatto a una signora gentile come lei... comunque, non ci e’ piu’ tornato.
Il che lo rende ancora piu’ antipatico quando fa le sue analisi sui casi. Ora, brontola anche sulla qualita’ delle foto che gli sottoponiamo.
 Usa ancora il laboratorio di nascosto con il badge che gli ha lasciato Molly ?”
John confermo’ con un cenno della testa.
A ogni ora della notte.
Pretendendo spesso che lo accompagni.
“Bene” prosegui’ l’ispettore “il che ci fa pensare che il regalo che lei gli ha dato, abbia un significato speciale, per entrambi. Lei non era cosi arrabbiata da lasciarlo senza la possibilita’ dei suoi esperimenti e lui, non e’ cosi orgoglioso da rifiutare la sua gentilezza. Naturalmente, sarebbe stato molto meglio se Molly  avesse lasciato anche un recapito, il che ci renderebbe la vita un po’ piu’ semplice. Niente da fare invece sulle indagini per avere il suo nuovo indirizzo. Sembra scomparsa nel nulla, ma tenendo conto che se ne e’ occupato Mycroft, non c’e’ da stupirsi.”
Lestrade termino’ soddisfatto la sua analisi e richiuse il taccuino.
La signora Hudson fece una smorfia.
“Quel ragazzaccio pensa di essere tanto furbo e non si e’ piu’ fatto vedere a Baker Street, perche’ sa esattamente cosa gli direi, se lo incontrassi. Nascondere quella povera ragazza! Che modi!”
“Veramente, e’ la povera ragazza che ha scelto di andarsene” le spiego’ John per l’ennesima volta “ e naturalmente aveva delle buone ragioni, considerando quanto inetto e’ stato Sherlock nei suoi confronti. Ha trovato qualcosa nella posta?”
La sua padrona di casa fece un segno di diniego.
“No... e mi assicuro di sbirciare la provenienza di tutte le lettere prima di portarvele o prima che Sherlock le intercetti. Davvero non capisco... perche’ lui non usa tutta la sua intelligenza per trovarla?”
La cameriera arrivo’ con le ordinazioni e questo, diede modo a John di ragionare sulla risposta a quella lecita domanda.
Gia’, perche’?
“E’ uno stupido orgoglioso.” Comincio’ a ipotizzare “non si e’ accorto di nulla e questo gli brucia.
Oppure, si rende conto di quanto e’ stato idiota ma non vuole doversi scusare.  O non sa da dove cominciare. Non si puo’ mai dire, con Sherlock... in queste cose, ha sempre bisogno di essere accompagnato.
E non dimentichiamoci il fattore Mycroft: il fatto che c’entri lui, fa si che Sherlock regredisca a un’eta’ mentale di cinque anni.
Ma nonostante lui si rifiuti categoricamente di parlarne, sono davvero sicuro che Molly gli manchi.”
John prese la forchetta e comincio’ a mangiare la torta.
Sherlock era stato veramente odioso, nell’ultimo periodo. Quando non era sul divano a brontolare per la stupidita’ dell’umanita’ e la noiosita’ dell’esistenza in generale, era fuori a risolvere qualsiasi caso che gli venisse presentato, salvo poi lamentarsi della scarsita’ di crimini di buona qualita’ ai giorni odierni (parole sue).
John non era mai stato cosi contento di avere un lavoro regolare, che lo tenesse fuori casa per un buon numero di ore al giorno... ma quando era a Baker Street, era costantemente preoccupato dalle conseguenze della noia di Sherlock, o troppo impegnato a rincorrerlo per Londra.
Sembrava quasi che il consulente investigativo avesse paura di fermarsi.
Paura di affrontare cio’ che sentiva.
“Beh, non credi che ci sia la possibilita’ che Molly  torni spontaneamente?” chiese Lestrade sorseggiando il suo caffe’.
John scosse la testa.
“No... ho proprio paura di no. Non si e’ nemmeno fatta sentire per il compleanno di Sherlock, la settimana scorsa”
“Sherlock ha un compleanno?” commento’ incredulo l’ispettore.
“Oh... e non l’abbiamo nemmeno festeggiato!” si lamento’ la signora Hudson.
“Mi creda, e’ meglio cosi. Ha minacciato di drogare il mio caffe’, se avessi osato fargli un regalo. E sono sicuro parlasse sul serio! E certo che ha un compleanno!” termino’ John, rivolgendosi a Lestrade, che scosse le spalle con noncuranza.
“Pensavo che magari se lo fosse fatto cancellare, o che so io. Conoscendolo...”
“Chissa’ come era carino da bambino! Tutto riccioli e fossette!” la signora Hudson assunse un’espressione intenerita.
“Si certo... chissa’ che sorrisi, quando deduceva tutti i suoi compagni di asilo che se l’erano fatta addosso!”
“Ispettore! Che modo di parlare...”
“Per favore! Possiamo concentrarci?” John Watson appoggio’ la forchetta con un gesto irritato e gli altri si zittirono improvvisamente.
Lui fece un respiro profondo.
“Scusate... deve essere la mancanza di sonno. Ma davvero, dobbiamo farla tornare. Cosi non si puo’ continuare... Sherlock e’ intrattabile e mi sta facendo impazzire!”
Lestrade torno’ a sorseggiare il suo caffe’.
“Io sono il primo a dire che il ritorno di Molly Hooper sarebbe una benedizione, visto come stiamo lavorando con Travis. Ma sono davvero preoccupato per come Sherlock potrebbe gestire questa cosa... se lei torna e lui e’ di nuovo un idiota, che si fa poi?”
John appoggio’ piano la forchetta sul piatto vuoto e sospiro’.
Poi addento’ la pasta alla crema.
“Possiamo affrontare un problema alla volta, per favore?”
 

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Grazie a Bored94, EbeSposaDiErcole e IrregolarediBakerStreet che sono tornate a recensire le mie storie... e come al solito sono state entusiaste e gentili nei loro commenti.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 1
 

Nonostante tutti i problemi attuali, ritornare a vivere con Sherlock Holmes era stato per John Watson estremamente rinvigorente.
Una vera iniezione di fiducia.
Dopo tanti mesi di sofferenza e apatia, si sentiva di nuovo vivo e carico di energie e questo era un bene, perche’ altrimenti non avrebbe potuto affrontare le montagne russe che, attualmente, costituivano la base quotidiana della convivenza con il suo coinquilino.
Recuperare il loro vecchio rapporto era stato impossibile, ma anche questo era un bene, perche’ sarebbe stato davvero impossibile pretendere di tornare a vivere insieme e a collaborare come se non fosse successo nulla.
Era stato necessario costruire qualcosa di  nuovo, darsi delle nuove basi e dei nuovi modi di interagire in cui John si sentiva autorizzato ad esigere piu’ spiegazioni e piu’ comunicazione... riuscendo in casi estremi a giocarsi ancora la carta del “ti ho creduto morto per due anni, e ho sofferto tanto a causa tua”.
Non che cio’ scatenasse in Sherlock chissa’ quali sensi di colpa, ma di quando in quando lo induceva a moderare alcune sue reazioni o atteggiamenti.
Per lo meno qualche volta.
Questo, fino a che Molly Hooper non se ne era andata senza nessuna spiegazione o saluto: il fatto sembrava aver autorizzato Sherlock Holmes a tornare ad essere la stessa persona intrattabile dei primi tempi (anzi peggio, se possibile); John pensava che fosse perche’ in qualche modo, la patologa era stata l’unica tessera del puzzle della vita di Sherlock che non era rientrata al suo posto.
Questo l’aveva profondamente irritato e destabilizzato.
E il fatto che fosse lampante che fosse colpa sua, una sua responsabilita’, lo irritava ancora di piu’.
Gli faceva provare delle emozioni.
Per cui diventava ancora piu’ intrattabile.
Cosi, John aveva coinvolto Lestrade e la Signora Hudson nel tentativo di riportare Molly a casa: era di certo consapevole di quanto il loro tentativo fosse ben misero e che nonostante i loro sforzi, la loro riunione avesse piu’ che altro rappresentato un momento di sfogo, di confronto e condivisione;  loro erano le persone che dovevano a Sherlock Holmes la loro vita, letteralmente... non sembrava cosi ingiusto o strano desiderare che lui fosse felice.
O per lo meno tranquillo.
Il ritorno a Londra della patologa era qualcosa che andava al di la delle loro possibilita’, ma John era comunque deciso a non arrendersi.
Se fosse stato convinto del fatto che per lei e Sherlock sarebbe stato meglio non vedersi piu’, avrebbe lasciato perdere... ma sentiva che poteva valerne la pena.
Che Molly Hooper accanto a Sherlock Holmes poteva essere una cosa giusta.
Eh si, lo ammetteva: anche la prospettiva di tornare ad avere una vita vagamente normale senza dover sopportare uno Sherlock ancora piu’ disturbante del solito, era un buon incentivo.
John Watson era diventato anche un po’ piu’ egoista.
Oltre al fatto che la torta servita al bar era stata veramente eccezionale.

***

Una settimana dopo la “riunione” (senza che si fosse presentato il ben che minimo sviluppo), John rientro’ a casa dopo essersi fatto una passeggiata.
C’era silenzio...
Troppo.
Salendo le scale,  si preparo’ al peggio: per lo meno, quando lo sentiva suonare il violino, era segno che Sherlock si stava tenendo occupato in modo innocuo, anche se a volte davvero irritante.
Gli odori e i rumori erano gia’ piu’ allarmanti.
Ma il silenzio... il silenzio era davvero preoccupante ed era purtroppo sicuro che Sherlock fosse in casa, visto che il  suo cappotto era appeso all’entrata.
John si fermo’ sulla soglia e fece un profondo sospiro per prepararsi al peggio, poi si fece coraggio e apri’ la porta.
Si blocco’ stupito.
Mycroft Holmes sedeva su una delle poltrone, il solito vestito impeccabile e il solito ombrello in parte a lui.
Sherlock era seduto di fronte a lui, le gambe incrociate e le mani in grembo.
L’uno con lo sguardo fisso sull’altro, non diedero segni di essersi accorti dell’ingresso del Dottore.
Per un attimo, quest’ultimo considero’ davvero l’idea di girare sui tacchi e andarsene, poi pero’ si decise a entrare definitivamente nel soggiorno e si schiari’ la voce.
“Ah, John. Ben arrivato” Mycroft lo saluto’ senza distogliere gli occhi dal fratello minore. Sherlock non disse una parola, continuando a fissarlo con aria di sfida.
John chino’ il capo rassegnato.
Ma dove siamo, all’asilo?
Era la prima volta che incontrava Mycroft da quel giorno al club e naturalmente, era incuriosito dal fatto che fosse venuto fino a Baker Street, tuttavia non aveva proprio voglia di fare i conti con due adulti che si ostinavano a comportarsi invece come due bambini, uno piu’ ostinato dell’altro.
No davvero.
“Ehm, si. Buongiorno, Mycroft.
Bene, me ne vado in camera” esclamo’ quindi, dirigendosi verso le scale.
Era poco probabile che Mycroft fosse venuto per qualcosa che riguardava Molly, era stato ben chiaro quando aveva detto che secondo il suo parere, Sherlock non poteva gestire anche lei, in aggiunta a tutto quello che aveva affrontato al suo ritorno.
“Sherlock non vuole accettare un caso che gli ho proposto” esclamo’ infatti l’uomo che, qualche volta, era il governo in persona.
John gemette internamente: ecco il motivo che aveva fatto scomodare Mycroft, il che significava che avrebbe certamente -
“Sono sicuro che per il tuo blog, John, potrebbe essere veramente interessante. E, naturalmente, si tratta di un caso di sicurezza nazionale.”
Bingo.
Mycroft sperava
no, pretendeva
di avere il suo aiuto per convincere il fratello ad interessarsi alla faccenda.
Forse, se faccio finta di non aver sentito e continuo a salire le scale, non verro’ immischiato in questo braccio di ferro.
Incrociando mentalmente le dita, John abbordo’ il primo gradino.
“Hai un bel po’ di ferie arretrate, John. Sono sicuro che l’ospedale possa fare a meno di te per qualche giorno... Sherlock  non ha voluto neanche sapere di cosa si trattasse, ma confido nel fatto che il tuo spirito patriottico sia piu’ forte del suo” aggiunse Mycroft, provocandogli una smorfia e bloccandolo.
Si chiese distrattamente se ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa, che quell’uomo non sapesse.
Si volto’ per ribadire che non voleva essere coinvolto nelle scelte dei casi di Sherlock, quando questo si decise a parlare.
“Smettila. Non mi interessa lavorare per te, quante volte te lo devo dire?” si alzo’ e ando’ a prendere il  violino, evidentemente per cominciare a suonare e cacciare cosi il fratello dall’appartamento.
Anche Mycroft si alzo’ e afferro’ il suo ombrello.
“Uno potrebbe pensare che ci debba essere un po’ di riconoscenza, per il fatto di averti aiutato a nasconderti nell’ombra per quasi due anni” dichiaro’.
Sherlock fece una smorfia di insofferenza e afferro’ il suo strumento.
Uno potrebbe anche pensare che sia ora che tu trovi un’altra argomentazione, per poter ottenere qualcosa da me, fratello caro. Il che ti anticipo e’ impossibile, in questo momento.
In sostanza, addio Mycroft.
E sta sicuro... portero’ i tuoi saluti alla Signora Hudson. Molto conveniente, che tu abbia deciso di venire mentre lei non c’era.”
Mycroft ebbe la decenza di abbassare per un attimo lo sguardo, poi riprese la sua aria di superiorita’.
“Peccato” commento’  infine, dirigendosi verso la porta “dicono che il Sussex sia magnifico, in questo periodo”.
John osservo’ l’espressione di Sherlock cambiare, mentre spalancava gli occhi e riappoggiava volocemente il violino nella custodia per poi raggiungere Mycroft e pararglisi davanti, sbarrando di fatto l’accesso all’uscita.
“Hai detto Sussex?” gli chiese in tono inquisitorio.
L’altro fece un sorrisetto.
“Oh, non te l’avevo ancora accennato? Si... Sussex. Sono sicuro che troveresti il paesaggio e l’aria di mare molto piacevoli e naturalmente, credo proprio che il materiale del laboratorio sarebbe di tuo gradimento. Ma se non vuoi andare, dovro’ rivolgermi a qualcun altro.”
John aggrotto’ la fronte: si era evidentemente perso qualcosa di quell’assurdo scambio, perche’ ora Sherlock aveva abbandonato la sua aria sostenuta.
“Non ho nulla di urgente, per ora. Penso di potermi dedicare al tuo caso” dichiaro’ infatti, cacciandosi le mani in tasca e facendo vagare il suo sguardo per la stanza.
John corrugo’ la fronte a quell’improvvisa dimostrazione di arrendevolezza.
Mycroft sorrise di nuovo.
“Bene. Ti comunichero’ via mail i dettagli. Arrivederci, John. Fate buon viaggio”
Il Dottor Watson non si curo’ neanche di specificare, che lui non aveva accettato di andare proprio da nessuna parte.

***

Sherlock non aveva pronunciato una sola parola, non una, da quando gli aveva annunciato che sarebbero partiti con il treno delle sette.
E, naturalmente, all’ospedale non avevano fatto problemi per il poco preavviso della richiesta delle ferie. Sul serio, non avrebbe dovuto davvero stupirsi di questa cosa.
Ora che si trovavano sul suddetto treno, John pensava di avere diritto a delle spiegazioni.
“Perche’ sapere che saremmo andati nel Sussex ti ha fatto cambiare idea?”
Sherlock si limito’ a continuare a guardare fuori dal finestrino.
Il Dottore decise di non arrendersi.
“Hai detto che non volevi sapere di cosa si trattasse, poi invece hai accettato quando Mycroft ha detto che il caso era li...”
Il suo compagno non lo degno’ di uno sguardo.
Era davvero irritante, quando faceva cosi.
John provo’ a ripensare alla breve conversazione a cui aveva assistito: se la richiesta veniva da Mycroft, la faccenda era seria, tuttavia non c’era nessun accenno sui giornali di fatti accaduti in quella zona. Qualcosa di top secret, quindi.
E il maggiore degli Holmes aveva accennato al contenuto di un laboratorio che Sherlock avrebbe trovato di suo gradimento... qualche apparecchiatura di cui non poteva disporre al Bart’s? Improbabile, il laboratorio dell’ospedale era uno dei piu’ qualificati e avanzati del paese, ma ovviamente se c’era di mezzo il governo poteva trattarsi di qualcosa di nuovo ed estremamente appettibile, tanto da far smuovere Sherlock e indurlo a compiacere suo fratello.
Improvvisamente, qualcosa nella mente di John Watson fece clic.
Non qualcosa.
Qualcuno.
“Stiamo andando da Molly” commento’ incredulo, guadagnandosi finalmente l’attenzione del suo amico, che tuttavia si limito’ a dichiarare
“Naturalmente”.
John rimase per un attimo a bocca aperta, poi scosse la testa.
“Tu... tu hai sempre saputo dove fosse”
Sherlock strinse le labbra irritato e giro’ il viso verso di lui.
“Ovviamente”
Il Dottor Watson alzo’ gli occhi al cielo.
“Stai scherzando, vero?”
Il consulente investigativo piego’ la testa con fare irritato.
“No di certo” quando si accorse che John non riusciva ad abbandonare la sua aria stupita, fece un sospiro.
“E va bene! Non sempre. Ci ho messo trentasei ore per scoprirlo” non riusci’ a nascondere un certo disappunto per dover ammettere la sua difficolta’ “in fondo, non dimenticarti che se ne e’ occupato Mycroft”
“No, no... Non sono stupito per questo... TU lo sai da quasi due mesi” ribatte’ John “e mi hai reso impossibile la vita per tutto questo tempo!”
Sherlock incrocio’ le braccia al petto.
“Non capisco assolutamente di cosa tu stia parlando!”
John conto’ mentalmente fino a dieci. Inutile cercare di fargli ammettere qualcosa di tanto umano come il sentire la mancanza di qualcuno (non c’era riuscito in due lunghissimi mesi) e al momento, era un’altra la questione che voleva chiarire.
“Sapevi dove fosse... e la cerchi adesso, perche’ c’e’ un caso di mezzo”
“Non essere sciocco. Il caso non c’entra nulla, ma evidentemente lei e’ pronta a tornare, quindi andiamo a prenderla”
John lo osservo’ stupito.
“Aspetta un attimo... cosa vuol dire che lei e’ pronta a tornare?”
Sherlock roteo’ gli occhi con insofferenza.
“Analizza i fatti, per la miseria. C’e’ sicuramente un assurdo problema, trattandosi del governo, e lei mi manda a chiamare.”
Mycroft, ti ha chiamato... per un caso di sicurezza nazionale.” Puntualizzo’ John.
 “Oh, per favore...ho avuto le prime informazioni, si tratta di qualche strano e isolato incidente avvenuto nei dintorni, la polizia di quelle parti e’ composta da gente inetta che e’ abituata a gestire per lo piu’ liti fra vicini ed episodi di ubriachezza all’annuale sagra di qualche prodotto locale... avevano bisogno di un intervento esterno, ma non vogliono attirare troppo l’attenzione sul laboratorio in cui Molly sta lavorando a chissa’ quale progetto segreto di ricerca del governo.
Evidentemente, lei si e’ pentita di essersene andata, ma e’ troppo orgogliosa per poter tornare sui suoi passi, quindi ha fatto leva su Mycroft (che dopo tutto, ne fa sempre una questione di sicurezza nazionale) e adesso, aspetta che io vada li e le porga le mie scuse per il mio comportamento dopo il mio rientro nel mondo dei vivi.
Ovviamente, sono pronto a fare questa piccola concessione, ora che lei e’ rinsavita... cosi sara’ tranquilla e potra’ tornare di nuovo a Londra”
Rinsavita?”
“Ma certo. La sua stupida fuga e’ stato un momento di sbandamento che le posso perdonare, anche se potro’ utilizzarlo piu’ avanti per ottenere qualche favore extra. Si sente in colpa per avermi abbandonato e cacciato nelle mani di un idiota come Travis... riconosco che alcuni miei atteggiamenti possano averla indirizzata verso questa scelta, ma ora e’ davvero il momento che tutto torni come prima.”
John era sempre piu’ stupito, il che gli consenti’ di passare sopra alla parola abbandonato, per concentrarsi su qualcosa di molto piu’ urgente.
Alcuni tuoi atteggiamenti?? Sherlock, credevo avessi capito perche’ Molly se ne e’ andata a quel modo!”
Negli occhi dell’altro, passo’ per un breve attimo un lampo di incertezza, poi si riprese.
“Non sono rilevanti, visto che lei ha deciso di tornare. Ci lasceremo tutto alle spalle, sara’ come se non fosse mai successo”
John represse l’impulso di cacciare un grido di frustrazione.
Sherlock non aveva capito proprio nulla.
Ma soprattutto, era di nuovo pronto a dare Molly per scontata.
Idiota.
E lui che aveva pensato che avesse il cuore a pezzi.
Scosse la testa.
“Tu, Lestrade e la Signora Hudson potrete finirla con le vostre stupide riunioni” aggiunse Sherlock, cogliendolo di nuovo di sorpresa.
John decise di aver raggiunto il limite.
“Vado a prendere qualcosa da bere”
E anche un dolce al cioccolato, per lo meno.
Si alzo’ e si avvio’ lungo il corridoio del treno, salvo poi ricordarsi di aver lasciato il portafoglio nella giacca.
Torno’ indietro e trovo’ di nuovo Sherlock concentrato sul paesaggio.
Mentre metteva la mano nella tasca, lui ricomincio’ a parlare, questa volta con voce molto piu’ bassa.
“Tornera’ tutto come prima, John.
Deve tornare tutto come prima”
Il suo tono incerto e sofferente fece comprendere al suo amico, che forse c’era ancora una speranza.

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Grazie a Bored94, Efy e IrregolarediBakerStreet per i loro commenti positivi.
NOTA: i luoghi citati esistono realmente. Mai visti, ma in fotografia sembrano proprio belli.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 2
 

Non c’era stato piu’ nessun scambio di opinioni fino all’arrivo a Eastbourne.
John si era chiuso in un silenzio carico di protesta, rifiutandosi persino di chiedere dettagli sulla faccenda che stavano per andare ad affrontare.
Probabilmente, Sherlock  aveva gia’ la soluzione del caso e quindi il viaggio in se’ era inutile.
Se non fosse stato per il fatto, che stavano andando ad incontrare Molly Hooper.
Da un lato, era davvero contento che stesse succedendo (aveva mandato due entusiasti sms a Lestrade e alla Signora Hudson) ma dall’altro, era davvero preoccupato dai possibili sviluppi della situazione: Sherlock non sembrava aver presente il giusto approccio da usare e se anche Molly l’aveva chiamato e aspettava solo le sue scuse per poter tornare, lui doveva rendersi conto che riaverla con se’ forse non sarebbe stato cosi semplice.
Non avrebbe dovuto essere cosi semplice.
Questa volta, non sarebbero bastati un bacio sulla guancia o qualche complimento: con il suo comportamento l’aveva indotta a lasciare Londra senza salutarlo, lasciando intendere di essere troppo ferita o arrabbiata; si auguro’  che il suo amico dovesse per lo meno un po’ strisciare, per rientrare nelle grazie della patologa.
In che termini, poi, era ancora tutto da stabilire... non aveva ben capito se e come il rapporto tra i due fosse cambiato, dopo il ruolo di Molly nella “morte” di Sherlock.
Per la cronaca, non aveva ancora ben capito di preciso quale fosse stato, il ruolo di Molly nella morte di Sherlock.
E inoltre, aveva la sottile sensazione che qualcosa proprio non tornasse.
Alla fine, aveva mangiato due paste al cioccolato, rimuginando fra se’ che se il suo amico voleva fare la figura dello stupido testardo, rifiutandosi di parlare della situazione e proclamando di averla pienamente sotto controllo  lui, John Watson, non si sarebbe intromesso... nossignori.
Non fino a che le cose non fossero arrivate al limite del disastro, per lo meno... e conoscendo Sherlock, era altamente probabile.
Scesero quindi dal treno in silenzio e un uomo dall’aspetto serio e compassato fece loro un cenno con la mano, invitandoli a seguirlo verso una macchina scura.
John sapeva riconoscere a prima vista e senza ombra di dubbio un militare, e quello lo era sicuramente.
“In congedo. Ora si occupa di sicurezza” commento’ Sherlock, irrompendo nei suoi pensieri.
“Si, certo” rispose John a denti stretti, accomodandosi sul sedile (questa sua capacita’ di leggergli la mente, non gli era proprio mancata).
La prima sorpresa del loro viaggio si rivelo’ essere proprio la macchina: vetro divisorio a impedire qualsiasi conversazione con l’autista e finestrini oscurati, che toglievano ogni visuale dell’esterno.
“Oh per favore, Mycroft e’ sempre cosi melodrammatico!” si lamento’ Sherlock, sprofondando nel sedile.
John riusci’ a resistere altri trenta secondi, poi sbotto’.
“Va bene, dimmi pure dove stiamo andando”
Se non dovevano parlare di Molly, per lo meno che gli desse qualche particolare del caso che dovevano affrontare... nell’eventualita’ che ce ne fosse davvero uno degno di questo nome, naturalmente.
Il suo compagno gli rivolse uno sguardo stupito.
“Siamo nel Sussex” commento’, come se questo fosse sufficiente a soddisfare ogni altro dubbio.
John chiuse gli occhi alla ricerca di un po’ di pazienza.
“Si, giusto... fino a qui c’ero arrivato anche io. E questo significa?”
Sherlock lo osservo’ per qualche attimo, poi sembro’ comprendere.
“Oh, certo... non ci arrivi.
Naturalmente.
Qui sono dislocati alcuni centri di ricerca e sperimentazione del governo, con un livello di sicurezza e segretezza variabile... di qualcuno trovi perfino notizia su Internet con un qualsiasi motore di ricerca. Altri sono piu’ occultati, questo per lo meno per te e tutta quella popolazione che e’ cosi stupida da non riuscire a collegare alcuni fatti successi negli anni, con le statistiche di crescita demografica della zona e della distribuzione del reddito. In calo, per la cronaca. Ma lasciamo stare... non e’ importante, per ora.” Sherlock fece un cenno con la mano per evidenziare il suo disinteresse verso la questione e John valuto’ l’idea di sentirsi vagamente insultato.
La abbandono’.
“E’ evidente che ci stiamo recando in uno di questi centri” riprese Sherlock “la cui ubicazione e’ per lo meno difficile da verificare, ma non e’ cosi necessario nascondere... ecco il perche’ dei finestrini oscurati e del mio commento sulla melodrammaticita’ di mio fratello. Avrebbe potuto evitarci questo viaggio all’insegna del mistero.”
“Quindi Molly lavora in un centro di questo genere” commento’ John.
Sherlock alzo’ un sopracciglio.
“Ovviamente. Cosa ti aspettavi, che Mycroft l’avesse reclutata come spia?”
“Non lo so... non sono io, quello che sa dove si trova da quasi due mesi.” Il Dottor Watson non pote’ trattenere il suo tono ironico.
Sherlock si zitti’. A una prima occhiata, poteva sembrare semplicemente annoiato dalla situazione ma John lo conosceva bene.
Era inquieto.
E non quel tipo di inquietudine che lo prendeva a volte per qualche caso particolarmente noioso e scontato, no.
Sherlock Holmes era francamente preoccupato da cio’ che lo attendeva.
Forse, dopo tutto, non era cosi sicuro che riportare indietro Molly Hooper sarebbe stato cosi semplice.
Bene.
Il viaggio prosegui’ per circa una mezz’ora in totale silenzio, poi l’auto si fermo’ per un breve attimo, prima di riprendere il suo incedere a una velocita’ molto ridotta.
“Un controllo per l’accesso a una qualche struttura.  Dovremmo esserci, ormai.” Commento’ Sherlock e difatti, dopo un minuto il veicolo si arresto’ definitivamente.
John osservo’ il suo amico aprire la portiera con impazienza e lo segui’ all’istante.
Sbatte’ per un attimo gli occhi al contatto con la luce del sole e poi si guardo’ intorno con un’espressione stupefatta: aveva visto le famose scogliere di Seven Sisters solo alla TV o in fotografia, per anni si era ripromesso di visitare quei luoghi selvaggi e magnifici ma per un motivo o per l’altro, non vi si era mai recato ed ora, scopriva che la struttura a cui si erano arrivati era a poche centinaia di metri da un picco sul mare. L’aria era fresca e profumava di salsedine, la vista era splendida... per un attimo, rimase ad osservare affascinato i gabbiani che volteggiavano sopra di lui.
Era sicuro che se si fosse avvicinato di qualche passo allo strapiombo, avrebbe potuto scorgere le spiagge sotto al promontorio e le onde che si infrangevano rumorosamente sulla battigia.
Sorrise involontariamente alla maestosita’ dello spettacolo che gli si parava davanti.
Finche’ si ritrovo’  bloccato da due guardie, che lo perquisirono scrupolosamente.
“Oh, a costo di sembrare ripetitivo... per favore!” protesto’ Sherlock con aria annoiata roteando gli occhi, mentre subiva lo stesso trattamento.
John si limito’ ad alcune occhiate storte, prima che li rilasciassero e si facesse loro incontro un uomo sulla trentina, che tese la mano con fare amichevole.
“Sherlock Holmes e John Watson! E’ davvero un piacere conoscervi! Sono Luke Statson, il responsabile della sicurezza. Vogliate scusare l’accoglienza, ma dobbiamo assicurarci di non dare accesso al centro di ricerca a potenziali pericoli, anche se hanno due nomi famosi come i vostri!”
“Ehm, si. Tanto piacere” John tese la sua  mano e strinse quella del nuovo arrivato, aspettando con ansia qualche commento acido di Sherlock sul trattamento che era stato loro riservato.
Il consulente investigativo, tuttavia, si limito’ ad un cenno del capo, anche se ignoro’ la mano tesa di Statson.
L’altro gli rivolse uno sguardo divertito, per nulla impressionato dai suoi modi.
“Bene. Benvenuti, sono contento che siate arrivati. Francamente, non ci stiamo capendo molto e quando mi hanno detto che avevate accettato di venire a dare un’occhiata, ho tirato un sospiro di sollievo... di qualsiasi cosa abbiate bisogno, sono a vostra completa disposizione. Volete vedere il luogo del primo attacco?”
“Attacco?” ripete’ John, ricordando improvvisamente che non sapeva nulla sul motivo per cui erano stati convocati.
Statson lo guardo’ con un’espressione curiosa.
“Si, certo. Il prato dove e’ avvenuto il primo-”
“Voglio vedere Molly Hooper” la voce profonda e sicura di Sherlock interruppe l’addetto alla sicurezza, che gli getto’ un’occhiata stupefatta.
“Chiedo scusa?”
“La dottoressa Molly Hooper. Lavora qui” ripete’ con calma Sherlock.
Statson rimase per un attimo in silenzio.
“Si, certo. So chi e’ Molly, solo non capisco cosa c’entri con il caso. La conoscete?”
Dopo una lieve smorfia di sorpresa, l’espressione di Sherlock si incupi’.
“Naturalmente. Voglio vederla. Subito.”
Statson assunse uno sguardo perplesso, poi scosse le spalle e fece segno di seguirlo attraverso una grande porta a vetri.
Evidentemente, era stato istruito sul soddisfare qualsiasi richiesta che potesse venirgli fatta.
John comincio’ a rendersi conto della vastita’ della costruzione in cui stavano entrando: l’ingresso aveva una luminosa hall di accoglienza che si divideva su tre corridoi, indicanti almeno una ventina di laboratori diversi (e a una prima occhiata ai nomi sulla segnaletica, sembravano occuparsi tutti di qualche sofisticata tecnologia di ricerca e analisi), tuttavia il moderno ambiente era molto silenzioso e gli ricordava quelle cliniche lussuose ed estremamente discrete, di cui aveva sentito parlare da qualche vecchio compagno di universita’ che aveva deciso di dedicarsi alla carriera medica con la sola intenzione di fare un mucchio di soldi.
Le poche persone con il camice bianco presenti nei corridoi procedevano in modo concentrato e silenzioso, ma si poteva tuttavia notare la presenza di un buon numero di guardie che garantivano la sicurezza ai vari accessi e John si chiese distrattamente, che tipo di esperimenti si tenessero li dentro.
Statson fece loro cenno verso un ascensore e tutti e tre vi si infilarono.
“Cosi conoscete Molly” commento’ in modo casuale.
John noto’ la smorfia di Sherlock al tono amichevole e personale, con cui l’uomo aveva pronunciato il nome della patologa.
“Si, conosciamo la Dottoressa Hooper” specifico’ infatti il consulente investigativo per nulla compiaciuto.
Il Dottor Watson decise di intervenire per stemperare la tensione.
“Lei viveva a Londra, fino a poco tempo fa” dichiaro’.
Statson annui’.
“Si, lo so. Me lo ha detto, naturalmente. Le ho anche chiesto se vi conosceva, visto che ha lavorato al St. Bart’s... ho letto abbastanza di lei, signor Holmes.  Pero’ Molly mi ha risposto che vi siete solo incrociati qualche volta, a causa della sua collaborazione con la polizia. Nient’altro. Non mi e’ sembrato di capire che foste in rapporti amichevoli... solo una semplice conoscenza, ecco tutto.”
Sherlock strinse la mascella e continuo’ a guardare davanti a se’, evitando di commentare.
Semplice conoscenza?
Quell’uomo stava scherzando, vero?
Si potevano dire molte cose, sul suo rapporto con Molly Hooper ma sicuramente, non che la loro fosse una semplice conoscenza. Non si aspettava certo che lei andasse in giro a vantarsi per averlo aiutato a inscenare la sua morte, ma quello era per lo meno un eufemismo bello e buono... semplice conoscenza!
Le mani nelle tasche del cappotto si chiusero e si riaprirono alla ricerca di un modo per combattere l’improvvisa inquietudine che stava cominciando ad avvertire: non poteva permettersi di essere nervoso, assolutamente. 
Il nervosismo non era una sensazione che gli apparteneva molto spesso e naturalmente, era impossibile che lo potesse assalire in quel momento. Non c’era nulla per cui essere nervosi, si ripete’.
Nulla.
Era invece prioritario arrivare da Molly, valutare il suo livello di stress e insoddisfazione, scegliere l’approccio migliore per scusarsi e riportarla a Londra.
Se necessario, farle le valigie di persona.
Non gli importava di niente altro, men che meno di quel tizio che lo scrutava con curiosita’.
Era gia’ passato troppo tempo e lui aveva bisogno di riprendere a pieno la sua vita come prima, il che comportava avere al suo fianco la sua patologa.
Al diavolo Mycroft e le sue questioni di sicurezza nazionale: il caso era sicuramente insulso e l’avrebbe risolto nel giro di poco.
L’ascensore arrivo’ a destinazione e le porte si spalancarono.
Sherlock lascio’ che Statson facesse strada: l’uomo li guido’ per un lungo corridoio fino a che non arrivarono in prossimita’ di una stanza protetta da una serie di pareti a vetro e per un attimo, e il consulente investigativo si fermo’ per osservare la piccola figura mescolata alle altre nella stanza.
Molly era concentrata su un microscopio, i lunghi capelli raccolti come al solito in una coda di cavallo, gli occhi socchiusi per scrutare qualsiasi cosa ci fosse sotto il vetrino.
Si scosto’ leggermente per prendere un appunto su un foglio vicino, poi torno’ ad osservare il campione.
Sembrava un procedimento molto importante ma naturalmente, lei avrebbe dovuto abbandonarlo per dare la priorita’ al loro colloquio e, naturalmente, sarebbe stato utile portarla fuori di li ed evitare che la loro conversazione si svolgesse alla presenza di troppe persone...
L’opzione piu’ auspicabile, sarebbe stata non avere alcun testimone (men che meno John, anche se doveva ammettere che la sua presenza avrebbe potuto essere di aiuto, in caso di estrema necessita’).
Sherlock Holmes era pronto a far uso di tutto il suo repertorio di buone maniere e di sincero, profondo dispiacere, ma questo non significava che dovesse umiliarsi di fronte ad un pubblico anche se alla fine, mandandolo a chiamare, era stata Molly quella che aveva ceduto per prima.
Non che lui l’avesse considerata una gara, ovviamente... non del tutto, no.
Dopo l’iniziale sbigottimento in seguito alla sua partenza,
(fuga)
aveva deciso di aspettare il momento giusto in cui Molly si sarebbe resa conto di aver compiuto un gesto molto stupido (e si, era cosciente che non sarebbe stato comunque saggio farglielo notare in modo palese).
John sbagliava, se pensava che lui non si fosse preparato a sufficienza.
Di cosa hai bisogno?
Le parole che Molly aveva pronunciato quella notte, offrendosi in un singolo attimo di aiutarlo in tutto e per tutto, risuonarono nella sua testa.
Era stato uno sciocco errore di valutazione, pensare che la sua disponibilita’ sarebbe durata all’infinito ma in qualche modo, quello era stato un pensiero confortante per tutto il tempo in cui era rimasto via, lontano da casa e lontano dalla sua vita.
Improvvisamente, fu preso dalla frenesia: afferro’ con decisione la maniglia della porta ed entro’ prepotentemente nel laboratorio, sollevando piu’ di uno sguardo curioso.
L’unico che gli interessava, tuttavia, non si mosse dall’apparecchiatura su cui stava lavorando.
Davvero concentrata.
“Molly?”
Il tono della sua voce usci’ piu’ incerto di quanto avrebbe desiderato, ma non se ne curo’ piu’ di tanto perche’ in quel momento, lei sollevo’ la testa dal microscopio e la rivolse verso di lui.
Sherlock le sorrise.
Un sorriso vero.
John si rese conto di star trattenendo il fiato, non sapendo bene che cosa aspettarsi da quell’incontro.
Certamente, non l’esclamazione che Molly Hooper riusci’ a formulare dopo un breve momento di assoluto stupore.
“E voi che cosa ci fate, qui?”
Il sorriso di Sherlock Holmes svani’ miseramente dalla sua faccia.
 
 

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


Bored94, EbeSposaDiErcole, Efy e IrregolarediBakerStreet hanno recensito il precedente capitolo con tanti complimenti... impossibile lasciarle troppo tempo senza un aggiornamento. Grazie!

 
L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 3

 

Quando John Watson aveva conosciuto Sherlock Holmes, era stato subito oggetto di una sua devastante, e al tempo stesso affascinante, deduzione: in pochi minuti, si era sentito raccontare di molte cose che lo riguardavano nei minimi particolari (l’Afghanistan e il suo ferimento, la sua famiglia... il suo telefonino) e si era detto, che quell’uomo era fondamentalmente un genio.
(Naturalmente, sarebbe arrivato ben presto il momento in cui avrebbe riconsiderato la sua opinione, per cui in molti frangenti avrebbe continuato a considerarlo un genio, aggiungendo pero’ anche la definizione di  vero rompiscatole).
Sherlock  ci aveva azzeccato praticamente in tutto, tranne ovviamente per il piccolo particolare che Harry era la sorella di John e non suo fratello... Come lui stesso aveva ammesso, c’era sempre qualcosa.
Qualcosa che sfuggiva, qualcosa di oltremodo nascosto.
A quanto pareva, questa volta il qualcosa sfuggito non era propriamente piccolo.
Non era necessario essere un genio, infatti, per capire che Molly Hooper non aveva assolutamente richiesto la presenza di Sherlock Holmes nel Sussex.
Bastava guardare la sua espressione stupita e il rossore diffuso che le stava inondando il viso, per giungere alla conclusione che l’apparizione dell’unico consulente investigativo al mondo era stata totalmente inattesa.
E probabilmente, non proprio motivo di grande felicita’.
Lo sguardo di Molly era uno sguardo di pura confusione.
E non stava affatto sorridendo.
Per circa trenta secondi, nel laboratorio calo’ un silenzio assoluto. Poi, tutti i tecnici ripresero il loro lavoro, incuranti dell’uomo e della donna che continuavano a fissarsi.
John rilascio’ piano il respiro che aveva trattenuto e scosse impercettibilmente la testa... questo, perche’ Sherlock stava ancora fissando Molly e aveva perso tutta l’apparente sicurezza e baldanza di qualche attimo prima, sostituendole velocemente con una spietata occhiata indagarice.
John era certo che se non fosse intervenuto subito, il suo stupido, stupido amico avrebbe cominciato un’impietosa analisi della situazione per reagire allo scorno di essersi sbagliato, arrivando sicuramente a pronunciare parole di cui poi avrebbe dovuto pentirsi.
“Ehm... ciao, Molly” esclamo’ quindi, dirottando l’attenzione della patologa su di se’.
Lei sembro’ improvvisamente rendersi conto della situazione e del fatto che stava ancora fissando Sherlock e volse il viso verso John.
“Oh.
Buongiorno, Dottor Watson”
Ora, non che Molly  avesse mai salutato John saltandogli con le braccia al collo, tuttavia di solito lo accoglieva sempre con un sorriso cordiale e sincero, non con quel modo di fare incerto e formale.
Poi lui si rese conto di una cosa.
Non si vedevano da piu’ di due anni.
Lei gli aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo il fatto che Sherlock Holmes fosse ancora vivo.
Lui non l’aveva mai cercata o contattata, neanche quando il suo amico era ritornato... anche solo per discutere di cio’ che era successo. O ringraziarla.
Giusto. Bene.
No, anzi.
Un totale disastro.
John senti’ improvvisamente di non essere la persona piu’ adatta per cominciare ne’ tantomeno portare avanti una conversazione normale con quella donna che in effetti, lui non conosceva piu’: l’idea di Molly Hooper che era rimasta nella sua mente era quella di due anni prima (la dolce, gentile Molly con una cotta stratosferica per un uomo che non esitava a manipolarla e al quale, era disposta a perdonare tutto) e lui l’aveva coltivata e conservata, nella speranza di riannnodare il legame fra lei e Sherlock; della bonta’ di questa cosa era ancora assolutamente convinto, tuttavia per la prima volta si trovo’ di fronte alla concreta, reale possibilita’, che le cose (e lei stessa) fossero talmente cambiate, da non poter funzionare piu’ allo stesso modo.
In qualche modo, a quanto pareva, aveva fatto lo stesso errore di Sherlock.
“Hanno chiesto di incontrarti, Molly” Statson si fece avanti, interrompendo finalmente il grande momento di imbarazzo “sono qui per quel problema che abbiamo avuto su nei pascoli e quando sono arrivati, lui” indico’ Sherlock con una smorfia “ha detto che doveva vederti. Se ti danno fastidio, ce ne andiamo subito”. Il tono della sua voce era duro e deciso.
Molly sembro’ riprendersi dal suo sgomento e scosse piano la testa.
“Lascia stare, Luke... io, io sono sicura che il signor Holmes e il Dottor Watson abbiano solo pensato che la mia attivita’ qui fosse ancora di carattere forense. Non...” la ragazza sembro’ per un attimo in difficolta’ e poi fece un respiro profondo, quasi fosse alla ricerca delle parole giuste “non sono la persona giusta per voi, mi dispiace. Di certo il laboratorio di patologia nell’ala est potra’ aiutarvi” Molly termino’ il suo discorso e rimase a fissare Sherlock contorcendo le mani.
Il signor Holmes e il Dottor Watson.
John gemette internamente: la cosa rischiava di diventare veramente imbarazzante. Osservo’ il consulente investigativo stringere gli occhi e prego’ silenziosamente che, per il momento, accettase il fatto di essersi sbagliato e non intendesse umiliare Molly davanti a tutti i suoi colleghi, gettandosi a capofitto in chissa’ quale deduzione o rivelando i loro trascorsi, per il solo gusto di smentirla o smascherare il suo tentativo di sminuire la loro conoscenza.
Sherlock rimase qualche secondo ancora in silenzio, poi si mosse deciso verso il banco di lavoro di Molly, mantenendo fermo il contatto dei loro occhi: lei fece un piccolo passo indietro, senza tuttavia riuscire a distogliere lo sguardo.
Si  morse il labbro inferiore e le sue mani si artigliarono in una stretta nervosa.
Lui le arrivo’ vicino e lentamente si chino’ verso di lei.
 “Tu permetti, vero?” le sussurro’, prima di chinarsi sul microscopio per dare un’occhiata al campione sotto il vetrino, senza tuttavia aspettare la sua risposta affermativa.
Sherlock resto’ concentrato per qualche attimo, poi rialzo’ lo sguardo.
“Cellule cancerogene” dichiaro’.
Nel suo tono, una lieve sfumatura di sorpresa.
Molly annui’ piano.
“Quindi tu” riprese il consulente investigativo facendo ritornare i suoi occhi sulla figura della donna di fronte a lui “hai lasciato Londra
(hai lasciato me)
 e un’invidiabile posizione lavorativa in uno dei maggiori ospedali del Regno Unito per venire a seppellirti qui, a fare ricerca sul cancro”
Molly sobbalzo’ leggermente e John avverti’ una punta di inquietudine.
“Oh, naturalmente per te questo ha un significato particolare, visto la tua storia familiare e la morte in giovane eta’ di entrambi i tuoi genitori” riprese Sherlock con tono secco “e trattandosi di questi laboratori, trattandosi del governo, suppongo che tu abbia a disposizione tecnologie e metodologie per lo meno innovative. Non dimentichiamoci che la vostra struttura non e’ esattamente alla portata di tutti, giusto?” Sherlock aveva alzato il tono della voce, attirando nuovamente qualche sguardo su di se’.
“Sherlock...” cerco’ di interromperlo John.
“Un cambio di vita estremamente radicale, visto l’isolamento di questo posto e la pochezza dei dintorni... sei passata da una citta’ cosmopolita al... nulla.
Dove, naturalmente, stai sprecando il tuo tempo e le tue capacita’”
“Sherlock!” esclamo’ di nuovo John, questa volta in tono piu’ deciso.
“Che c’e’?” il suo amico si volto’ verso di lui, negli occhi uno sguardo furioso “ha un’aria stanca e ha perso peso, sta lavorando troppo e questa ricerca richiedera’ anni, per dare i primi risultati... non puoi esserne soddisfatta!” si volto’ di nuovo verso Molly “hai ricominciato a mangiarti le unghie e dormi poco e male e i tuoi vestiti...”
“Sherlock...” si ritrovo’ John quasi a implorare.
Ma il consulente investigativo non aveva piu’ freni.
Non era stata Molly, a chiamarlo.
Molly, che non sembrava contenta di vederlo.
Molly, che aveva minimizzato il loro rapporto, come se fosse una cosa da nascondere, da dimenticare.
Molly, che l’aveva chiamato signor Holmes.
“... sono trascurati.” Continuo’ imperterrito “Niente colori o gli assurdi disegni  che ti piaceva usare quando eri di buon umore... e lavoravi in un obitorio! Niente trucco e i capelli... hai anche smesso di usare il tuo balsamo alla vaniglia. Hai preso casa in uno di quegli assurdi villaggi piu’ vicini alla costa, alcuni giorni arrivi quassu’ a piedi, si capisce dall’orlo dei tuoi pantaloni... vivi una vita isolata senza troppe interazioni sociali e - oh, ma fammi il piacere... giardinaggio?
“Adesso basta!” Statson lo interruppe con irritazione.
Sherlock si zitti’ di colpo non tanto per l’esclamazione di quell’idiota, quanto per l’espressione negli occhi di Molly, che erano ancora fissi su di lui e si erano incupiti.
Come un tempo.
Quando lui la feriva con i suoi commenti.
Non era cosi, che sarebbe dovuta andare.
Sherlock fu preso da un’improvvisa rabbia verso se’ stesso e verso la situazione: aveva perso di vista il suo obiettivo e si era lasciato trascinare da tutte le sensazioni  che quel viaggio e gli ultimi mesi avevano scatenato in lui.
Era riuscito a convincere John ad avere ancora a che fare con lui.
Aveva ritrovato un compromesso con Lestrade.
Aveva rassicurato la signora Hudson.
Ma sembrava destinato a non riuscire a venire a capo della questione Molly Hooper.
Aveva esagerato, come quella volta a Natale.
Se c’era una cosa che Sherlock Holmes odiava, era sbagliare.
E commettere due volte lo stesso errore era inaccettabile.
Davvero, davvero irritatante.
“Devi tornare a Londra. E’ quello il tuo posto.” Si ritrovo’ a dire con un tono duro e infuriato “la tua fuga e’ stata una vera dimostrazione di stupidita’”.
John emise un gemito e abbasso’ il capo, aspettando rassegnato la risposta di Molly.
(Era assai improbabile che lei dichiarasse che le sue brillanti deduzioni le erano mancate, vero?)
Ma quello che segui’ fu solo silenzio.
John torno’ a guardarla e realizzo’ subito cio’ che anche il suo amico stava osservando.
Lei non stava reagendo, non sembrava interessata a far notare a Sherlock se e quanto l’avesse ferita:  il debole sorriso che gli stava rivolgendo era un sorriso... rassegnato.
Come se non ci fosse altro modo, in cui Sherlock Holmes potesse trattarla.
Come se fosse inevitabile e lei l’avesse accettato e fosse passata oltre, come se il fatto che lei contasse non avesse piu’ nessuna importanza
Come se lui l’avesse definitivamente persa.
No.
Sherlock  avanzo’ di un passo, arrivandole ancora piu’ vicino. Pote’ vedere le  pupille di Molly dilatarsi leggermente per lo shock della loro vicinanza e vide il suo respiro farsi un po’ piu’ veloce. Si morse di nuovo il labbro inferiore.
Reagiva ancora allo stesso modo alla sua presenza... questo non era cambiato.
Senza riflettere troppo, Sherlock alzo’ una mano e le tocco’ piano il braccio.
Lei non arretro’ a quel lieve contatto fisico ma fece un respiro profondo, come a prepararsi a dire qualcosa.
Sherlock rinforzo’ leggermente la presa.
Fuori.
Dovevano uscire da quel laboratorio e parlare prima che lei riprendesse a pieno il controllo delle sue emozioni... era sicuro che la reazione di Molly significasse che non l’aveva del tutto eliminato dalla sua vita.
Era ancora vulnerabile, poteva convincerla.
Sherlock fece un sospiro, questa volta non poteva permettersi di sbagliare.
“Andiamo via di-”
Una voce proveniente dalla porta a vetri sulla soglia lo interruppe.
“Che cosa sta succedendo, qui?”
Molly spalanco’ gli occhi come a risvegliarsi da un sogno e si stacco’ improvvisamente e velocemente da lui.
La sua mano rimase per un attimo sospesa a mezz’aria e lui la fece ricadere piano, stringendo il pugno.
Si volto’ verso l’entrata del laboratorio.
Un uomo in camice bianco sui settant’anni lo stava fissando incuriosito: in pochi secondi, Sherlock registro’ la sua pelle abbronzata e il fisico asciutto, segno di una vita passata all’aria aperta e in condizioni poco agevoli.
Sherlock registro’ anche lo sguardo protettivo che rivolse a Molly.
“Buongiorno, Professor Drewer. I signori sono Sherlock Holmes e John Watson. Sono venuti da Londra per aiutarci con il caso delle pecore” Statson parve in lieve imbarazzo.
John aggrotto’ la fronte.
Pecore?
Erano venuti per un caso che riguardava delle pecore?
Si ricordo’ che qualche minuto prima Statson aveva parlato di pascoli.
Poi un’altra informazione prese il sopravvento.
“Professor Drewer? Professor Eric Drewer?” chiese con un tono stupito.
L’uomo si giro’ verso di lui.
“Si?”
John scosse la testa stupito.
“Wow... e’ davvero lei. Mi perdoni, ma sono un suo grande ammiratore... sono il Dottor Watson e ho letto tutti i suoi studi. E’ un onore conoscerla, non sapevo fosse ritornato in Gran Bretagna” gli tese la mano e l’uomo piu’ anziano la prese con una stretta forte sorridendogli.
“La ringrazio, Dottore. La vita nella giungla Sud Americana era diventata troppo impegnativa, per un vecchio come me. Mi era parso pero’ di capire che lei fosse un investigatore” nei suoi occhi torno’ un lampo di perplessita’ e si giro’ di nuovo verso Molly.
“Stai bene, cara? Non capisco perche’ i signori siano qui nel nostro laboratorio”
Lei gli rivolse un sorriso.
“Si, tutto bene. C’e’ solo stato un errore di... valutazione. Pensavano di doversi rivolgere a me, ecco tutto”
“Mi chiedo il perche’...” ragiono’ Drewer “questo non e’ il laboratorio di patologia. Perche’ dovresti occupartene tu?”
Sherlock represse un’esclamazione irritata
(lui aveva ogni diritto di parlare con Molly Hooper!)
e decise di chiarire le cose una volta per tutte. 
“Molly ed io ci siamo conosciuti a Londra. Quando lei lavorava all’obitorio del St. Bart’s. Abbiamo collaborato spesso.
Sherlock Holmes”
Tese la mano al professore per presentarsi e al contempo, sfodero’ il migliore dei suoi sorrisi cordiali collaudati.
A giudicare dal suo tono protettivo, evidentemente quell’uomo aveva un rapporto ben piu che professionale con Molly... in qualche modo paterno.
Drewer lo fisso’ per un attimo, poi gli strinse la mano.
“Mi deve perdonare” aggiunse subito dopo “purtroppo non sono rimasto in contatto con Molly per molto tempo, quindi non sono aggiornato sulle sue conoscenze, ne’ sulla sua vita precedente a Londra. Quindi e’ lei il detective?”
“Consulente investigativo” specifico’ Molly istintivamente.
Sherlock non pote’ trattenere un sorriso di soddisfazione alla precisazione che lei aveva fatto.
“Oh” Drewer aggrotto’ la fronte “che strana definizione. Comunque, sono sicuro che troverete tutto l’aiuto necessario nell’ala est.”
Statson si mosse in fretta.
“Si, signori. Ne sono sicuro anche io. Forse e’ meglio cominciare da li, piuttosto che dai pascoli. Se volete seguirmi...” la sua espressione indicava chiaramente che piu’ che un invito, a questo punto si trattava di una calda raccomandazione.
Sherlock getto’ un’ultima occhiata a Molly. Evidentemente, il momento opportuno per chiarirsi era ormai archiviato, avrebbe dovuto procurarsene un altro.
Al piu’ presto.
“Ma certo.” Esclamo’ quindi “di quante pecore stiamo parlando?”
John Watson lo segui’ fuori dal laboratorio.
Decisamente confuso.
 
 
Eh si, nel prossimo capitolo... un po’ di Molly e il mistero che comincia. Era ora!
 
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


Uff... capitolo che stentava ad arrivare... credo proprio sia colpa delle pecore. Comunque!
Grazie a Bored94, Efy e IrregolarediBakerStreet per le loro recensioni e la loro curiosita’ e a tutti quelli che seguono e leggono questa storia.
Ogni tanto e’ meglio ripeterlo: i personaggi non mi appartengono.
Buona lettura!
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 4

 
Molly Hooper scaccio’ rabbiosamente le lacrime dal viso e appoggio’ piano la schiena alle fredde mattonelle del muro dietro di lei.
Cerco’ di riguadagnare un po’ di compostezza e fece due profondi sospiri, prima di cominciare a ridere tra i singhiozzi.
Era proprio una stupida.
Sherlock era tornato e lei subito sentiva il bisogno di andare a nascondersi in bagno, per dare sfogo alla marea di emozioni che avevano cominciato a riemergere tutti insieme.
Un disastro emotivo, la freddezza di poco prima definitivamente andata.
Strinse le braccia attorno al corpo alla ricerca di un po’ di calore e scosse la testa.
Non era giusto.
Lei stava davvero cercando di dare una svolta alla sua vita, per questo aveva deciso di lasciare Londra... certo, neanche per un momento, un solo istante, si era illusa di poter dimenticare Sherlock: non l’aveva fatto per tutto il tempo in cui lui era stato chissa’ dove, per cercare di riconquistarsi la possibilita’ di riprendersi la sua vita...
Non l’aveva fatto neanche quando era tornato e per settimane non l’aveva cercata...
E non l’aveva fatto dopo che era arrivata nel Sussex.
A  un certo punto, si era resa conto che doveva per forza andarsene; era stata una scelta molto difficile, ma in qualche modo obbligata; Mycroft le aveva offerto piu’ volte la possibilita’ di cambiare e Molly aveva sempre rifiutato, perche’ una parte di lei sapeva che il maggiore dei fratelli Holmes non si fidava abbastanza della sua risolutezza nel mantenere il segreto di Sherlock (e lei voleva assolutamente dimostrargli il contrario) ma soprattutto, perche’ non voleva andarsene dalla citta’ prima del suo ritorno... sarebbe stato come tradirlo, come dare l’impressione di aver smesso di credere in lui (e in cuor suo, sperava che se lui avesse avuto bisogno ancora di aiuto, avrebbe saputo che lei era pronta a fornirglielo, sempre), quando invece Molly aveva piena fiducia che lui sarebbe tornato, che sarebbe riuscito nel suo compito e avrebbe ripreso la sua vita accanto alle persone che contavano: John, Lestrade e la signora Hudson.
Le persone a lui care che aveva salvato.
Molly contava, ma non nel modo giusto, nel modo in cui avrebbe desiderato e averlo aiutato nella sua morte era stata la definitiva prova di affetto e devozione.
L’ultima.
Lo amava, questo non avrebbe mai potuto cambiarlo... ma non poteva permettere che questo amore la distruggesse e l’aveva capito, nel momento in cui si era conto di come il fatto che Sherlock non l’avesse cercata per lei fosse stato assolutamente normale. Se lo era aspettato  (ma non per questo aveva fatto meno male, o lei aveva sofferto meno), perche’ Molly  sapeva che niente avrebbe potuto essere come prima. Lei aveva visto il suo lato debole, la sua difficolta’ ed era stata in grado di aiutarlo: dubitava fortemente che Sherlock le avrebbe permesso con la sua sola vicinanza di ricordargli questa cosa, di ricordargli che era stato debole.
Di ricordargli che era stato l’amore di Molly, a salvarlo.
Amare una persona, dovrebbe renderti felice.
Altre lacrime fecero capolino dai suoi occhi e questa volta le lascio’ cadere senza piu’ preoccuparsi di scacciarle dal volto o trattenerle.
Non era stata felice, negli ultimi anni: aveva passato un periodo bruttissimo, dove avevano dominato lo stress e l’ansia per mantenere il segreto di Sherlock, ma soprattutto per l’impossibilita’ di avere sue notizie, per la costante paura che lui fosse ferito e solo da qualche parte, senza nessuno a prendersi cura di lui. Era stata dura, durissima... e poteva solo immaginare come per Sherlock  fosse stato mille volte peggio. Gli augurava tutto il bene del mondo, ma lei aveva bisogno di lasciarsi tutto alle spalle e Mycroft le aveva dato la possibilita’ di farlo in modo netto e deciso.
Era stato doloroso, ma necessario.
Poi lui era apparso sulla soglia del laboratorio, e Molly si era sentita trasportata indietro nel tempo, come se quegli ultimi due mesi
quegli ultimi anni
non fossero mai esistiti e stare insieme a lui fosse ancora inevitabile.
Dopo lo shock iniziale, l’aveva guardato bene per scoprire i cambiamenti che erano avvenuti in lui e i suoi occhi, il suo sguardo, le avevano rivelato molto: c’era un fondo di malinconia, come se avesse dovuto affrontare molte situazioni spiacevoli (e lei sapeva, che era esattamente cosi), mascherato dalla solita aria sicura e pretenziosa.
E un accenno di insicurezza.
E Molly aveva scoperto che quell’insicurezza riguardava lei.
Sherlock la rivoleva indietro, o per  lo meno era convinto che quella fosse la soluzione unica e giusta a quella che aveva definito... una stupida fuga.
In questo non era cambiato: era sempre convinto, che il suo fosse l’unico modo giusto in cui le cose potessero funzionare.
Ma su una cosa Sherlock si sbagliava assolutamente: Molly non stava sprecando la sua vita. Non poteva sapere che all’universita’ lei era stata a lungo indecisa se dedicarsi alla ricerca o alla patologia, campi in cui eccelleva in egual misura. Fin da bambina era stata una mente curiosa che aveva voluto scoprire il perche’ delle cose, come il corpo si formava e viveva. Come moriva.
Per lei non erano mai state due strade cosi separate e il professore Drewer l’aveva a lungo spronata e stimolata in modo particolare, nella speranza di portare la sua migliore studente in Sud America con lui, per studiare malattie e rimedi da un punto di vista assolutamente nuovo e innovativo.
Molly aveva fatto il passaporto e tutte le vaccinazioni necessarie, poi era arrivata la notizia che aveva cambiato totalmente la sua esistenza: suo padre si era ammalato e lei non aveva potuto abbandonarlo. Gli era rimasta accanto per i pochi mesi che la malattia aveva impiegato a piegare il suo corpo, un tempo cosi forte e sano.
Cosi Molly Hooper aveva scelto l’altra strada per la quale era stata sempre portata, ed era diventata una patologa: non aveva mai rimpianto la sua scelta e aveva accettato l’offerta di Mycroft,  solo quando lui le aveva assicurato che non avrebbe dovuto fare ricerche militari o per creare armi, ma che nel laboratorio c’era spazio anche per gli studi sul cancro e che il professor Drewer aveva accettato di partecipare, avendo deciso di smettere con la sua vita nomade.
Lei non era felice, qui, ma non era neanche triste: aveva scelto volontariamente di cambiare la sua vita e di non aspettarsi altro che avere uno scopo, fare un buon lavoro e dare un significato alle sue capacita’ di analisi e ricerca.
Cosa piu’ importante, stava preservando il suo cuore dall’essere definitivamente spezzato.
Per questo, Sherlock Holmes e la sua vita a Londra dovevano diventare solo un ricordo sfumato.

***

“Pecore?”
John  si affianco’ a  Sherlock lungo il corridoio nell’attesa che Statson li facesse entrare in un altro laboratorio e cerco’ nel contempo di valutarne l’umore.
Niente era andato come previsto, quindi si aspettava che il suo amico fosse sulla soglia dell’irritazione all’ennesima potenza, tuttavia Sherlock fece un mezzo sorriso.
“Si, pecore. Te l’avevo detto, che il caso sarebbe stato di un’assurdita’ disarmante... ormai siamo qui, tanto vale dare un’occhiata intanto che aspetto di parlare di nuovo con Molly.”
John spalanco’ gli occhi.
“Vuoi di nuovo parlare a Molly?” chiese stupito.
“Ma certo. Anche se ora e’ indubbio che non e’ stata lei a chiamarci” e questa, penso’ John, sarebbe stata quanto di piu’ vicino a un’ammissione di essersi sbagliato “la sua reazione e il suo stato attuale denotano chiaramente che ha solo bisogno di essere convinta che tornare a Londra e’ la soluzione migliore.”
John scosse la testa.
“Sherlock... ha praticamente negato di conoscerti.”
Il consulente investigativo si irrigidi’. Questo, l’aveva infastidito piu’ di ogni altra cosa.
“Ha praticamente negato di conoscere anche te, Dottor Watson” esclamo’ quindi per ripicca.
John fece una smorfia.
“Ok, hai ragione. Anche io non l’ho cercata o vista per tutto questo tempo... ma ammetterai che tu hai delle colpe maggiori! Ha dei buoni motivi, per essere arrabbiata!”
Sherlock serro’ le labbra.
“Il suo e’ un comportamento irrazionale... ha stravolto la sua vita e si ostina a sprecare il suo tempo, ma il suo corpo non mente, John. Le sue reazioni alla mia vicinanza, non mentono. Lei vuole tornare”
Il suo amico scosse la testa.
“Sherlock, credo che dovresti cominciare a considerare l’idea che Molly invece non voglia tornare”
“Ridicolo. Perche’ non dovrebbe?”
Prima che John potesse ribattere, nel corridoio apparve un uomo corpulento e dall’aria bonaria, che sorrise loro in modo cortese.
“Il signor Holmes e il Dottor Watson, giusto?” rimase un attimo a guardarli, poi annui’.
“Sono il capitano Glaves, il capo della polizia della contea di Birling... sono davvero contento che siate venuti. Qui siamo abituati ad avere a che fare con risse tra vicini e coniugi ed episodi di ubriachezza molesti... tutta questa situazione e’ per lo meno strana, cavolo!”
John si ritrovo’ a sorridere e ad annuire al tono simpatico dell’uomo, mentre Sherlock si limito’ ad assumere un’espressione annoiata: in fondo, erano parole che confermavano il suo parere espresso ore prima sul treno.
Caso banale, forze di polizia inette.
“Potete entrare” la voce di Statson attiro’ l’attenzione di tutti e tre gli uomini, che varcarono la soglia del laboratorio.
Sul tavolo dell’autopsia, una pecora.
John spalanco’ gli occhi.
Una vera pecora.
Sherlock si avvicino’ e osservo’ da vicino l’animale.
“Causa della morte?”
“Sconosciuta” rispose una voce dietro di lui.
Un uomo con il camice si avvicino’ e si tolse la mascherina che gli copriva il viso.
“Sono il Dottor Jones, ho eseguito l’autopsia... non ho rilevato nulla che possa spiegare lo stato degli organi interni”
Sherlock corrugo’ la fronte.
“Che intende dire? Le informazioni che ho ricevuto parlavano di una mattanza di animali nei pascoli vicino al laboratorio...  qualche screzio fra allevatori per l’uso dei pascoli che si e’ spinto troppo oltre”
Glaves si avvicino’ al tavolo.
“Lo pensavamo anche noi, quando abbiamo trovato le mucche tre settimane fa” dichiaro’, evitando di guardare troppo l’animale morto.
“Mucche?” non pote’ far a meno di esclamare John.
Il capitano annui’ serio.
“Si. Dieci mucche morte in un pascolo piu’ giu’... un veterinario di Eastbourne ha fatto delle analisi e ha concluso che erano state avvelenate, anche se non e’ riuscito a definire la sostanza utilizzata. A volte capita che ci siano screzi tra gli allevatori dei dintorni, cosi abbiamo deciso di alzare un po’ la guardia e fargli sapere che li stavamo tenendo d’occhio.”
“Poi pero’ due giorni fa abbiamo trovato le pecore” intervenne Statson “in un pascolo che solitamente non viene mai utilizzato qui nei dintorni. Erano tutte nelle stesse condizioni, conciate  molto peggio delle mucce, pero’”
“Organi interni spappolati” il Dottor Jones mise delle fotografie sul tavolo e Sherlock si avvicino’ per guardarle meglio “nessuna possibilita’ di identificare sostanze esterne, mai visto niente del genere.”
L’espressione di Sherlock si fece piu’ attenta.
“Ha escluso ogni possibile malattia ovina?” chiese, ancora concentrato sulle immagini.
“Non sono un esperto, ma le posso assicurare che nessuna malattia animale puo’ fare questo”
“Di chi erano le pecore?”
“E’ questa la cosa strana” intervenne di nuovo Glaves “non avevano il marchio di nessun allevamento dei dintorni e questo e’ obbligatorio, ogni allevatore lo sa. Nessuno ne ha reclamato la proprieta’ e un’altra cosa strana e’ il loro numero”
“In che senso?” chiese John.
“Erano una quindicina. Troppo poche per essere un gregge e come gia’ detto, si trovavano in un pascolo che di solito e’ poco utilizzato, troppo scomodo da raggiungere”
“Voglio vedere il pascolo!” esclamo’ Sherlock, gli occhi che brillavano. Evidentemente, il caso aveva appena raggiunto una nuova soglia di interesse.
“Che era quello che le avevo proposto io quando siete arrivati” commento’ secco Statson, prima di fare un ghigno soddisfatto “spero che abbiate delle scarpe comode”.

***

Le scarpe di John non erano affatto comode e i suoi piedi cominciavano a lamentarsene. Sherlock aveva in viso la solita aria concentrata e impassibile di quando affrontava un caso, per cui non poteva sapere se fosse lo stesso per lui: di certo, le sue eleganti scarpe non erano adatte al ripido (seppur breve) tragitto che fecero dopo aver lasciato la macchina per raggiungere il luogo dove le pecore erano state ritrovate.
Statson da parte sua procedeva spedito con i suoi scarponi e sembrava trovar gusto nel non rallentare, quasi a voler mettere alla prova la tenuta di Sherlock.
John decise di non curarsi di quell’assurda prova di volonta’ e rallento’ fino a fermarsi per riprendere fiato, rendendosi conto di trovarsi su un sentiero molto bello. L’aria era fresca e il cielo azzurro.
Certo, ben diverso da Londra.
“Le piace, vero?” Glaves gli si avvicino’ asciugandosi il sudore con un fazzoletto, che poi rimise in tasca.
John annui’.
“Davvero bello”
“Quando si vive in citta’ si tende a dimenticare che esistono posti cosi, non crede?”
John lo guardo’ con curiosita’.
“Lei non e’ di qui?”
Glaves fece una risata.
“Nossignore! Ero nella polizia a Manchester, mia moglie e’ originaria di qui ma si era trasferita la’ per lavoro. Un giorno mi ha guardato e mi ha detto: Clarence, o ci trasferiamo o ti lascio! Non ne poteva piu’ della vita urbana e cosi ci siamo spostati qui. Sa, potra’ non essere eccitante come la vita’ di citta’... ma e’ una decisione che non ho mai rimpianto. Mi piace, vivere qui. E se lei e il suo amico alloggiate al “Tre Colline”, l’unico albergo decente della zona, piu’ tardi vi aiutero’ a procurarvi degli scarponi piu’ adatti!” si mise di nuovo a ridere e John non pote’ fare a meno di unirsi a lui.
“Si, siamo mal equipaggiati” commento’ “ma pensavamo di fermarci veramente poco, per la verita’. Beh, piu’che altro lo pensava Sherlock”
Glaves annui’.
“Se il suo amico e’ bravo la meta’ di quanto scrive lei nel suo blog, spero andra’ proprio cosi”
“Lei legge il mio blog?” chiese John stupito (aveva ripreso da poco ad aggiornarlo).
Glaves gli si avvicino’ con aria cospiratoria.
“Le rivelero’ un segreto, Dottor Watson...” sussurro’ “anche noi abbiamo la connessione Internet!” scoppio’ di nuovo a ridere all’espressione imbarazzata di John “non si preoccupi! A parte gli scherzi, spero davvero che il signor Holmes risolva questa cosa alla svelta. Le voci hanno gia’ cominciato a circolare e non ci fa bene, della pubblicita’ negativa. Il prossimo fine settimana comincia la sagra del pesciolino fritto, e’ un evento che attira un sacco di gente dalla costa e non solo. Sarebbe un peccato se i turisti fossero scoraggiati da qualche brutta notizia”
“JOHN!” la voce insofferente di Sherlock Holmes interruppe la conversazione, e i due si affrettarono a raggiungere la radura dove il consulente investigativo e Statson li stavano aspettando.
“Spiace interrompere la tua passeggiata bucolica, ma abbiamo cose piu’ importanti di cui occuparci” Sherlock comincio’ a muoversi sul prato e John noto’ una leggera smorfia sul suo viso.
Bene, per lo meno i piedi non facevano male solo a lui.
“Le pecore erano qui, sparpagliate nel raggio di duecento metri. Tutte morte” comincio’ a spiegare Statson “le ha trovate uno dei miei uomini nel solito giro di ricognizione per il controllo della sicurezza del  centro di ricerca”
“Mi stupisco che abbiate coinvolto la polizia” commento’ Sherlock.
“Al contrario di quanto possa pensare lei, Signor Holmes, noi collaboriamo con le forze dell’ordine locale” rispose acido Statson.
“Non siamo cosi inetti come lei puo’ pensare” si intromise Glaves, questa volta un tono di voce serio “solo, sappiamo riconoscere i nostri limiti e lei ci e’ stato caldamente consigliato”
“Non dalla dottoressa Hooper, naturalmente” concluse Statson con un sorriso soddisfatto.
Sherlock stava per ribattere, quando qualcosa attiro’ la sua attenzione.
“Mi permetto di dissentire sulla vostra inettitudine” commento’ allegro e John si preparo’ mentalmente a dover rimediare al comportamente maleducato del suo amico.
“Chiedo scusa?” ribatte’ Statson, questa volta senza sorriso.
“Mi chiedo come altrimenti si possa spiegare il fatto che non abbiate ritrovato l’ultimo cadavere” disse Sherlock.
“C’e’ un’altra pecora morta?” chiese Glaves con curiosita’.
“Non il cadavere di una pecora. Il cadavere di un uomo”
 
 

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


Wow... un anno iscritta a EFP!
Ok, mi do un’ipotetica pacca sulla spalla e proseguo ringraziando Bored94, Efy e IrregolareDiBakerStreet per le loro recensioni puntualissime... grande soddisfazione.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 5

 
“Il cadavere di un uomo?” Statson spalanco’ gli occhi, poi scosse la testa “No, non c’e’ nessun cadavere, l’avremmo trovato… dove diavolo sta andando?” esclamo’ irritato alla vista di Sherlock che si muoveva velocemente verso alcuni alberi.
“A rimediare alla vostra inefficienza” rispose il consulente investigativo, fermandosi un attimo per inspirare profondamente “non ditemi che non lo sentite... il caro, vecchio odore inconfondibile di un cadavere in decomposizione” esclamo’ con un sorriso, riprendendo a muoversi.
Il caro...” ripete’ perplesso Glaves.
John sorrise a labbra strette.
“Lasci stare, davvero” disse al poliziotto con tono rassegnato “limitiamoci a seguirlo”.
Statson e i due raggiunsero quindi Sherlock dietro a un albero.
Lo trovarono chino sul cadavere di un uomo.
“Maschio, circa quarant’anni” comincio’ ad analizzare al pieno dell’eccitazione “un colpo di pistola al petto. Ovviamente non del posto: ha la stessa marca di scarponi del signor Statson e del capitano Glaves, ma e’ vestito con abiti non suoi, sono di una taglia piu’ grande e chiaramente adibiti ad un lavoro manuale e all’aperto, come quello dell’allevatore... che pero quest’uomo non faceva, guardate le sue mani, sono curate e senza callosita’.  Ha un orologio di marca, non si indossa una cosa cosi’ se si e’ abituati a lavorare con gli animali. Questo era un travestimento, il che spiega le pecore. Beh, questo e la traccia di escrementi sotto le sue scarpe”
“In che senso?” chiese John, storcendo il naso alla vista di Sherlock che annusava le scarpe della vittima.
“Erano una copertura. Qualunque cosa stesse facendo qui quest’uomo, non era legale. Voleva essere sicuro di avere un motivo plausibile per trovarsi da queste parti, se qualcuno l’avesse visto... ma i vestiti della misura sbagliata e l’esiguo numero di animali fanno pensare che sia stato un travestimento messo insieme all’ultimo minuto, dopo un necessario e improvviso cambio di programma. Doveva incontrarsi con qualcuno, guardate i rifiuti”
Statson si guardo’ intorno.
“I rifiuti?”
Sherlock si alzo’ in piedi spazientito.
“Si! Ma non vedete? Carte di caramelle e cioccolata, un sacchetto per alimenti che conteneva...” alzo’ dal suolo un oggetto bianco, studiandone l’etichetta “due panini al prosciutto. Ti aspetteresti una bottiglia di birra, guardate il suo stomaco gonfio da bevitore e invece... acqua” giro’ su se’ stesso e indico’ con il piede una bottiglia vuota di plastica “evidentemente l’incontro che doveva fare era importante, non poteva permettersi di farsi distrarre dal benche’ minimo quantitativo di alcol. Ha passato qui  per lo meno una notte, quella di tre giorni fa a giudicare dallo scontrino sul sacchetto dei panini. Una gastronomia di Eastbourne” si chino’ e frugo’ nelle tasche del morto, incurante dell’esclamazione contrariata di Statson.
“Ehi! Ci vuole il lavoro della scientifica!”
Sherlock si rialzo’ sbuffando.
“Per favore... quale scientifica?” agito’ con soddisfazione un pezzo di carta.
“Biglietto del treno da Londra a Eastbourne e ritorno, datato tre giorni fa! Adesso abbiamo una linea temporale: l’uomo e’ arrivato, si e’ procurato il travestimento, e’ salito fino a qui dove e’ rimasto per tutta la notte in attesa di qualcosa o qualcuno. La stessa notte in cui sono morte le pecore”
“Questo e’ il momento in cui ci dira’ che pero’ non e’ morto qui?” esclamo’ piano Glaves, che fino a quel momento era rimasto zitto ad ascoltare.
Sherlock si giro’ stupito verso di lui e lo guardo’ fisso per un attimo, poi lo invito’ a continuare con un breve cenno del capo.
“Lo stato di decomposizione non e’ cosi avanzato; due giorni fa ha piovuto, ma i vestiti non sono cosi’ inzuppati da far pensare che sia rimasto qui per tutto questo tempo. Inoltre sul terreno ci sono segni di trascinamento, e’ stato posizionato qui da qualcuno”
Sherlock fece un mezzo sorriso.
“Brillante” confermo’.
Glaves scosse le spalle con noncuranza.
“Grazie” rispose con fare modesto “lo prendero’ come un complimento per tutta l’inetta polizia di Birling, signor Holmes... perche’ le assicuro, che avremmo trovato il cadavere quando abbiamo fatto i sopralluoghi, se fosse gia’ stato qui. E per la cronaca, anche noi abbiamo un piccolo laboratorio per la scientifica... niente di straordinario, naturalmente, quindi ancora una volta sono contento di poter dire di essere felice che lei sia qui”
John rimase a bocca aperta: non aveva  mai sentito nessuno rispondere alle osservazioni di Sherlock in modo tanto pacato, quanto deciso.
Anche il suo amico sembrava colpito dal poliziotto, perche’ gli rivolse un altro sorriso.
“Bene!” esclamo’ quindi battendo le mani “ora non ci resta che effettuare l’autopsia per determinare la causa della morte!”
“Certo!’ ribatte’ sarcastico Statson “il fatto che abbia un buco di pallottola in petto non ci aiuta proprio, vero?”
Sherlock chiuse gli occhi un attimo e inspiro’ a fondo, come faceva sempre quando era sul punto di rilevare l’estrema idiozia di qualcuno, cosi’ John decise di intervenire prima che la discussione prendesse toni ancora meno amichevoli.
“L’autopsia determinera’ con certezza che e’ stato un colpo di pistola ad uccidere l’uomo” dichiaro’ con tono professionale “e forse potrebbe fare piu’ chiarezza sul perche’ chi l’ha assassinato si sia preso la briga di riportarlo qui. Inoltre, c’e’ ancora da determinare la causa della morte delle pecore, a cui quest’uomo sembra collegato.”
John si complimento’ internamente con se’ stesso per aver evitato una battuta al vetriolo di Sherlock, che pero’, decise di non lasciar correre.
“Naturalmente, se proprio vuole, puo’ passare la notte a cercare un bossolo di pallottola che non c’e’” dichiaro’ infatti il consulente investigativo a Statson, che assunse un’aria arrabbiata.
“Non sono un idiota! Interessa anche a me capire quello che sta succedendo! Non si dimentichi che sono il responsabile della sicurezza del centro di ricerca che si trova qui!”
Sherlock apri’ di nuovo la bocca per replicare, ma Glaves si intromise
“Dovremo far  venire un patologo da Eastbourne”
John gli rivolse uno sguardo grato per il cambio di argomento, che infatti attiro’ tutta l’attenzione di Sherlock.
“E perche’ mai?” domando’ con fare perplesso.
“Finche’ si e’ trattato delle pecore, ci siamo appoggiati al centro di ricerca e di questo li ringraziamo” dichiaro’ il poliziotto con tono fermo “ma ora si tratta di omicidio, compete a noi”
“E io sono qui in qualita’ di consulente” puntualizzo’ Sherlock, come se questo determinasse tutto il da fare.
“E di questo l’ho gia’ ringraziata” gli rispose Glaves “le assicuro che avra’ la possibilita’ di seguire l’autopsia e di avere accesso ai risultati prima di”
“Inutile” Sherlock agito’ una mano per aria “si da’ il caso che ci sia a disposizione la miglior patologa che conosca... non vedo perche’ dovrei lavorare con un estraneo che sicuramente non sara’ conforme agli standard richiesti”
John gemette internamente.
“Non capisco perche’ Molly dovrebbe farsi coinvolgere da questa storia!” si intromise Statson.
Sherlock si giro’ verso di lui.
“La Dottoressa Hooper e’ una professionista qualificata e conosce il mio modo di lavorare, non accettero’ di lavorare con nessun altro” torno’ a rivolgersi a Glaves “il patologo da Eastbourne potrebbe impiegare almeno due giorni, prima di essere disponibile e suppongo che abbiate una certa fretta di chiarire il mistero, vista l’imminenza della vostra sagra annuale, della quale se non sbaglio lei e’ uno degli organizzatori principali, basta guardare il suo cappello. Le assicuro, che ha a disposizione il meglio, non se lo lasci scappare”
Glaves sorrise.
“A lei non sfugge nulla, vero? Va bene, facciamo a modo suo... non conosco questa Dottoressa Hooper, ma se lei dice che e’ in gamba faro’ in modo di contattarla e”
“Lo faro’ io!” esclamo’ Sherlock, prendendo automaticamente il telefono dalla tasca, per poi fermarsi interdetto.
Non poteva chiamare Molly per convocarla per l’autopsia, non aveva il suo numero di telefono.
“Dovremo comunque aspettare fino a domani mattina... la Dottoressa Hooper sara’ gia’ tornata a casa” esclamo’ Statson e prima che Sherlock potesse protestare, continuo’ “inoltre, dobbiamo rimuovere il cadavere e a meno che non voglia farlo lei, signor Holmes, il capitano dovra’ organizzare una squadra e fare le cose per bene, giusto? Qui abbiamo dei tempi un po’ diversi... comunque avvertiro’ Molly”
“Lo faro’ io!” ripete’ deciso Sherlock, prima di aggiungere “credo invece che lei debba avvertire il mio caro fratello che qualcosa sta succedendo intorno a uno dei suoi preziosi centri di ricerca, non crede?”
Statson strinse gli occhi ma non replico’.
Glaves invece  fece un sospiro.
“E io avvertiro’ mia moglie...quando le diro’ che non torno a cena perche’ ho un cadavere fra le mani, pensera’ che sia la scusa piu’ assurda al mondo che potessi inventarmi per giustificare una bevuta con gli amici! Organizzo il recupero e poi vi accompagno al vostro albergo. La avvertiro’ non appena saremo pronti con il cadavere, signor Holmes.”
Si allontano’ con il cellulare fra le mani e Statson fece lo stesso. John ne approfitto’ per avvicinarsi a Sherlock.
“Che c’e’?” gli chiese quest’ultimo, notando il suo sguardo di biasimo.
John scosse la testa.
“Solo tu, Sherlock” commento’ “solo tu, saresti capace di aver bisogno un omicidio per avere ancora la scusa di avvicinare Molly”
Sherlock strinse le labbra offeso.
“Non ho bisogno di nessuna scusa! Capita semplicemente che le due cose si incrocino! Vorresti forse negare le qualita’ di Molly come patologa?”
John si limito’ a squadrarlo ancora per qualche secondo, poi annui’.
“Va bene, questo te lo concedo. Ma non hai detto nulla sul lavoro del tizio che ha fatto l’autopsia alle pecore, quindi suppongo che avrebbe potuto andare bene anche lui”
“Fino a che si trattava di animali” ribatte’ piccato Sherlock.
John sospiro’.
“Bene, allora dimmi che avevi gia’ deciso quale strategia utilizzare per approcciare di nuovo Molly, nell’eventualita’ che questo caso fosse stato davvero noioso come avevi preventivato e non ci fosse stato nessun motivo per fermarsi qui”
“Ti ho gia’ detto che ha semplicemente bisogno di essere convinta che”
“SHERLOCK! Neanche tu puoi essere cosi inetto da non capire che non puoi bellamente pretendere da lei che torni indietro cosi, su due piedi!” sbotto’ John al colmo della frustrazione.
Il suo amico ebbe la decenza di zittirsi.
Per quasi un intero minuto.
“Lavorare insieme le fara’ ricordare la totale positivita’ della sua precedente carriera e dell’assistermi nel mio lavoro. Non appena hai accettato di tornare a Baker Street, ha funzionato anche con te, dopotutto”
John chino’ il capo rassegnato.
Non c’era proprio verso.
“Io sono tornato perche’ mi facevi pena e perche’ l’appartamento e’ molto piu’ comodo, nonostante ci sia tu” dichiaro’ quindi, osservando con soddisfazione la smorfia di Sherlock.
“Fondamentalmente, non riesci a stare da solo,  nonostante me e nonostante un’esperienza coniugale infruttuosa” ribatte’ infine il consulente investigativo con tono di sfida.
I due si guardarono per un attimo e poi si scoppiarono a ridere (guadagnandosi un’occhiataccia di Statson, che era ancora al telefono).
John si avvio’ verso la macchina che li aveva portati fino a li.
“Non ti picchiero’ neanche stavolta, Sherlock. Ho troppo voglia di una doccia e di una buona cena”
“John?”
Il Dottor Watson si giro’ verso la voce lamentosa che l’aveva appena chiamato.
“Che c’e’???”
“Mi fanno male i piedi”

***

Glaves aveva mantenuto la parola.
Aveva fatto rimuovere il cadavere e l’aveva fatto portare al centro di ricerca.
Poi aveva procurato a John e Sherlock degli scarponi comodi.
L’aria del mattino era fresca e piacevole, mentre il possessore di un paio dei suddetti scarponi se ne stava impaziente ad aspettare fuori da un piccolo villino, che la sua inquilina ne uscisse per la sua passeggiata quotidiana.
Era una costruzione ad un piano, circondata da un piccolo giardino in fase di definizione, con qualche cespuglio di rose ancora da piantare.
Cucina, salottino, due bagni e due camere, catalogo’ brevemente Sherlock.
Sul retro, una piccola veranda con vista sul mare.
Molly Hooper apparve sulla soglia e chiuse piano la porta dietro di se’, poi si avvio’ lungo un sentiero.
“Mi sono sbagliato”
La ragazza fece un mezzo salto al suono improvviso della voce dietro di lei.
“Sherlock! Mi hai spaventata!”
“Oh, adesso sono di nuovo Sherlock? Non piu’ il Signor Holmes?” le chiese lui, avvicinandosi un po’.
Non era riuscito a trattenersi, tuttavia noto’ subito lo sguardo ferito di Molly e si diede dello stupido.
Non era davvero il caso di cominciare la loro conversazione facendola irritare: aveva passato la notte a catalogare tutti gli elementi del caso e poi, verso l’alba, il suo pensiero era tornato irrimediabilmente a Molly Hooper e al modo migliore per riportarla indietro.
L’unica soluzione possibile a quel viaggio.
Aveva aspettato anche troppo di riaverla al suo fianco, ora aveva la possibilita’ di ricordarle come fosse bello lavorare
(stare)
insieme e non avrebbe sprecato l’occasione.
Perche’ Molly Hooper gli... mancava.
Era stata una presa di consapevolezza abbastanza sconvolgente che Sherlock non aveva voluto approfondire piu’ di tanto con se’ stesso: all’inizio si era tuffato nel lavoro per cercare di combattere quella sensazione, ma ora che l’aveva rivista sapeva di rivolerla con se’ e nonostante continuasse a ripetere a John che Molly  aveva solo bisogno di essere convinta, una parte di lui aveva davvero paura che non volesse piu’ tornare.
“Le mie scuse.” Le rivolse un cenno del capo “non avrei dovuto spaventarti”
Lei si morse il labbro e abbasso’ lo sguardo, poi improvvisamente sorrise.
“Begli scarponi” commento’.
Sherlock si guardo’ i piedi e sorrise di rimando.
“Sono una calzatura piu’ adeguata per l’ambiente circostante. Posso?”
All’espressione confusa di Molly, lui le si avvicino’ ulteriormente.
“Ho sbagliato, ieri, deducendo che tu arrivassi al laboratorio a piedi... la strada e’ troppo irta per una camminata da qui. L’ho verificato di persona” fece una smorfia “Tuttavia, tu esci a fare una passeggiata tutti i giorni prima di andare al lavoro e cacci l’orlo dei tuoi pantaloni negli scarponi, quando ti ricordi di farlo. Ecco perche’ sono piu’ consumati sul fondo. Quello che ti stavo chiedendo, e’ se posso accompagnarti nel tuo giro, questa mattina. Vorrei... parlare”
Con Sherlock cosi vicino e i suoi occhi chiari a fissarla intensamente, tutta la risolutezza di Molly svani’ in un colpo: era semplicemente troppo bello, pensare di stargli vicino ancora un po’.
Annui’ piano e si avvio’ lungo il sentiero, lasciando che lui le si affiancasse senza parlare.
Per un po’ continuarono cosi, entrambi troppo indecisi su cosa dire.
Il sentiero fece una curva e si ritrovarono vicino alla spiaggia: Molly non si era ancora abituata alla diversita’ di quei luoghi rispetto alla citta’ e si meravigliava sempre del paesaggio intorno a se’, quando faceva le sue passeggiate. Era un’abitudine a cui non rinunciava neanche quando pioveva, le sembrava di cominciare la sua giornata in modo migliore e la aiutava a schiarirsi la mente.
Tuttavia, quella mattina c’era Sherlock Holmes con lei, per cui si sentiva molto meno serena.
Lui le si affianco’ e guardo’ il paesaggio, sorridendo involontariamente al profumo del mare.
“Da piccoli la governante ci portava al mare, in estate. Io e Mycroft facevamo immensi castelli di sabbia”.
Molly si giro’ a guardarlo, sorpresa per quell’improvviso ricordo condiviso e lui stesso si meraviglio’ di averlo ritrovato nella sua mente ed averlo verbalizzato.
Lei torno’ a guardare il mare.
Si fece coraggio e fece un profondo sospiro.
“Mi piace, qui” comincio’ convinta, ricordando i commenti di Sherlock del giorno prima “e’ vero, non conosco molta gente ma sono appena arrivata e il lavoro mi sta prendendo molto. Ma sto facendo qualcosa di importante, il professor Drewer e’ un genio, nel suo campo... ho studiato con lui all’universita’ e non posso pensare a qualcuno di diverso che possa coordinare il progetto. E’ un onore, collaborare con lui. Sento che posso essere davvero utile.”
Sherlock si giro’ finalmente a guardarla.
“Se io ti avessi contattata prima quando sono tornato, le cose sarebbero state diverse?”
Molly scosse piano la testa.
“Non lo so... mi spiace essermene andata senza salutare nessuno ma... tu dovevi ricostruire la tua vita, dovevi ritrovare un equilibrio e io... io non sapevo che posto avrei avuto in tutto cio’. Ero stanca, Sherlock. Non oso nemmeno immaginare come debba essere stato per te essere via per tutto quel tempo senza nessuno al tuo fianco, senza poter mai tornare...”
A quelle parole, Sherlock senti’ un nodo allo stomaco. Non era andata esattamente cosi.
“Io...” comincio’, ma Molly alzo’ una mano.
“No, aspetta... io voglio spiegarti. Non sono affatta pentita di averti aiutato, lo rifarei ancora ed ancora, se fosse necessario, ma e’ stata dura. E mi dispiace, mi dispiace tanto che ti ci sia voluto cosi tanto tempo”
Sul viso di Sherlock apparve un accenno di sorpresa: lei gli stava dicendo quanto fosse stato duro tenere il suo segreto e affrontarne le conseguenze, ma alla fine era dispiaciuta per lui, per tutto il tempo in cui aveva dovuto combattere per riavere la sua vita.
Non era arrabbiata, era solo convinta che non ci fosse altra soluzione che il suo allontanamento, anche se lui le aveva detto che lei contava.
Senti’ una sottile irritazione: perche’ lei non poteva capire quanto le parole che aveva pronunciato quella notte di due anni prima fossero importanti, per lui?
“Pero’ sono tornato. E ho bisogno di riaverti al Bart’s” replico’ d’impulso, rendendosi subito conto del suo errore.
L’espressione di Molly si fece triste.
“Il mio rimpiazzo non ti rende la vita facile, vero?” esclamo’ con tono rassegnato, convinta che fosse solo quello il motivo per cui Sherlock la rivoleva a Londra.
A lui sembro’ di sentire la voce di John che faceva capolino nella sua mente.
Non buono, amico... decisamente non buono.
Accidenti.
“Molly, ascolta...”
La suoneria del cellulare della ragazza arrivo’ improvvisa ad interromperlo.
Lei lo recupero’ dalla tasca.
“E’ il laboratorio” mormoro’, accettando la chiamata.
“Buongiorno, professore. Si, sono ancora a casa ma sono pronta... cosa? No, non sapevo nulla di questa autopsia” alzo’ brevemente lo sguardo su Sherlock “si, certo, sara’ importante... ma sono sicura che il Dottor Jones possa occuparsene piu’ che... oh. Proprio io.
In questo caso, va bene. No, le assicuro che non mi ci vorra’ piu’ della mattinata, saro’ in grado di continuare le colture questo pomeriggio. Sto arrivando, grazie” Molly chiuse la telefonata, la mano che tremava leggermente.
“Sembra che io sia stata richiesta per effettuare un’autopsia, ma suppongo che questo tu lo sappia gia’” dal suo viso era scomparsa l’espressione triste, rimpiazzata da una piu’ decisa.
Sherlock fece un sospiro.
“Te ne avrei parlato tra poco, prima volevo...”
“Non c’era bisogno che tu ti sorbissi questa passeggiata, bastava un sms, come sempre” commento’ lei, avviandosi di nuovo verso casa sua.
“Non ho piu’ il tuo numero di telefono” replico’ automaticamente Sherlock, facendo subito una smorfia per la sua  nuova gaffe.
Di male in peggio, cosi sembrava proprio che la passeggiata se la fosse dovuta sorbire sul serio.
Molly si blocco’ per un attimo, poi riprese a camminare con passo deciso.
Anche il telefono di Sherlock squillo’: una delle cose che erano cambiate con John dopo il suo ritorno, era che, qualche volta, quando lui lo chiamava sul cellulare gli rispondeva.
“Pronto?” esclamo’ rassegnato.
“Sherlock? Glaves ha mandato una macchina a prenderci, dice che il cadavere e’ pronto per l’autopsia. Adesso dobbiamo pensare a come chiedere a Molly di occuparsene, senza che pensi che sia l’unico motivo per cui sei ancora qui”
“Ah davvero? Credo che... potrebbe essere troppo tardi”
“Che significa? Un momento... dove sei?”
“Nel posto sbagliato, a quanto pare” Sherlock si avvio’ verso il suo albergo, mentre John emetteva un gemito.
Riattacco’ prima di cominciare a sentire i suoi rimproveri.
Non aveva bisogno di John Watson, per capire di aver commesso un errore.
Di nuovo.
Sherlock Holmes si ficco’ le mani in tasca e diede un calcio ad un sasso.

***

John si infilo’ gli scarponi e prese la giacca.
Il cellulare segnalo’ un sms.

ALLORA, COME STA ANDANDO? GL

John sospiro’ e digito’ velocemente la risposta.

UN VERO DISASTRO. JW
 
 

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Un abbraccio virtuale a Bored94, Efy e IrregolareDiBakerStreet per aver recensito anche l’ultimo capitolo. Grazie mille a miserere che e’ tornata a commentare le mie storie.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 6

 
“Non ho piu’ il tuo numero di telefono?? NON HO PIU’ IL TUO NUMERO DI TELEFONO???” John pronuncio’ queste parole con tono sbalordito, poi reclino’ il capo contro il poggiatesta del sedile, scuotendolo con rassegnazione.
“Lo sapevo, che non dovevo perderti d’occhio” esclamo’ infine, tornando a fissare Sherlock Holmes.
“Ti sarei grato se smettessi di parlarmi con questo atteggiamento condiscendente” sbotto’ lui, tenendo lo sguardo dritto avanti a se’ “posso sostenere una conversazione anche senza di te, si da’ il caso che abbia fatto un piccolo errore a cui porro’ presto rimedio”
“Come no” esclamo’ il Dottore “in fondo, fino ad ora hai condotto le cose in modo davvero magistrale”
“Non c’e’ nemmeno bisogno di fare dell’ironia!” ribatte’ Sherlock “Sul serio, non capisco perche’ questa mia constatazione dovrebbe essere cosi grave: corrisponde al vero, che non ho piu’ il numero di telefono di Molly, l’ha cambiato quando ha lasciato Londra.”
John sgrano’ gli occhi.
“Davvero non capisci? Si da’ il caso che tu sia Sherlock Holmes!”
Il suo amico si limito’ ad alzare un sopracciglio, incapace di cogliere il significato di quell’ovvia osservazione.
John sospiro’.
“Hai detto tu stesso che ci hai messo solo trentasei ore per scoprire dove si fosse diretta Molly, ma non ti sei dato la pena di scoprire il suo nuovo numero di cellulare, e con le tue conoscenze non avresti fatto nemmeno un po’ di fatica... cosa puo’ indurre a pensare questo?”
Ancora silenzio.
“Che non ti importava!” esclamo’ John agitando le mani “Che non ritenevi importante darti da fare per averlo! Questo e’ quello che ha pensato Molly! Unisci a tutto cio’ il fatto che ti sei presentato da lei senza dirle dell’autopsia, lasciando che fosse qualcun altro a parlargliene,  facendole immaginare che avevi solo bisogno di un favore e capirai, come la tua constatazione sia un po’ grave!”
Gli occhi di Sherlock si spalancarono un po’.
Oh.
“Gia’” annui’ John, notando la sua espressione.
Per un po’, il viaggio verso il centro di ricerca si svolse in silenzio. Glaves li stava gia’ aspettando e aveva mandato uno dei volontari del traffico davanti alle scuole ad accompagnarli.
Il tizio procedeva lentamente lungo la strada a curve che portava alla struttura, senza dar segno di essere colpito dalla conversazione che si stava svolgendo sui sedili posteriori.
In prossimita’ dell’ultima curva, Sherlock si decise a parlare.
“Io le stavo solo lasciando un po’ di tempo, come ho fatto con te e Lestrade...” mormoro’.
John lo guardo’ rammaricato.
“No, Sherlock... sai bene che non e’ vero. E sai qual e’ il punto? Lo sa anche Molly, perche’ lei non ne aveva bisogno”.

***

“Come sarebbe a dire, che non posso assistere all’autopsia?”
Il tono indignato di Sherlock rimbombo’ per il corridoio e il Dottor Jones si fece un po’ piu’ piccolo, pero’ trovo’ la forza di rispondere.
“La dottoressa Hooper ha cominciato circa mezz’ora fa, ma ho avuto disposizioni di non far accedere nessuno al laboratorio”
Sherlock assunse un’aria molto scontenta.
“Perche’ ho l’impressione che potrebbe mettersi le mani ai fianchi e pestare un piede per terra?” domando’ sottovoce Glaves a John.
“Perche’ lei e’ un ottimo osservatore e lo ha inquadrato bene...” mormoro’ il Dottor Watson, prima di fare un sospiro rassegnato ed avvicinarsi al suo amico.
“Su  Sherlock, sono sicuro che avrai i risultati non appena Molly avra’ finito”.
Il consulente investigativo si giro’ verso di lui.
“Non capisco perche’ questa assurda disposizione, io sto investigando sul caso! E chi diavolo e’ stato a deciderlo?”
“Sono stato io”
Sherlock si volto’ verso la voce profonda che gli aveva risposto e Jones ne approfitto’ per eclissarsi.
Il professor Drewer avanzo’ nel corridoio.
“Molly lavora nel mio dipartimento, signor Holmes... e’ assegnata a delle ricerche molto importanti che questa mattina dovra’ trascurare, perche’ lei ha richiesto la sua assistenza”
“E’ una patologa molto competente” ribatte’ Sherlock.
L’uomo piu’ anziano annui’.
“Ne sono consapevole, sono stato il suo insegnante. Ma ora, e’ una ricercatrice e mi scoccia molto che sia distolta dal suo lavoro”
“Un uomo e’ stato ucciso”
Drewer annui’ di nuovo.
“E di questo mi dispiace. Se Molly puo’ aiutare a far luce sulla faccenda, ben venga, ma non voglio che sia distratta piu’ del necessario dai suoi compiti... e lei, signor Holmes, sembra essere una fonte di distrazione molto forte. Se provera’ ad entrare prima che sia finita l’autopsia, la faro’ sbattere fuori, non mi interessa chi e’ lei e chi l’ha mandata qui. ”
Sherlock strinse le labbra, ma non replico’.
Il ricercatore sembro’ soddisfatto di aver espresso la sua posizione, perche’ subito dopo fece un cenno del capo a John e Glaves e se ne ando’.
“Ho perso un passaggio, vero?” chiese perplesso il capitano della polizia.
Dopo aver gettato un ultimo sguardo all’entrata del laboratorio, Sherlock  si giro’ a guardarlo
“Aspetteremo i risultati dell’autopsia” affermo’ con irritazione “nel frattempo, concentriamoci sul traffico di droga”
“Quale traffico di droga?” chiese stupito John.
“Quello per il quale David Crossing era qui, naturalmente” rispose il consulente, avviandosi verso il corridoio.
“Ehi, io non le avevo ancora detto il nome della vittima! Abbiamo avuto i riscontri dalle impronte solo stamattina, visto che non aveva documenti!” esclamo’ stupefatto Glaves.
Sherlock roteo’ su se’ stesso per guardarlo, continuando a camminare.
“Oh, per favore, capitano... non cominci a deludermi proprio adesso! E’ bastato solo qualche controllo incrociato da Scotland Yard, per  quale altro motivo un uomo avrebbe dovuto trovarsi in un posto sperduto con un travestimento chiaramente improvvisato?”
Glaves gli sorrise, suo malgrado affascinato dalle capacita’ del consulente investigativo.
“Gia’, per quale motivo?”
Anche Sherlock sorrise.
“Le mucche, capitano. Le mucche”

***

“Dunque, fammi ricapitolare.” Esclamo’ John “Crossing a Londra e’ uno spacciatore di medio livello, niente di cosi grosso ma comunque un buon giro. Improvvisamente, decide di allargare gli affari e si sposta sulla costa”
“Esatto.” Sherlock si mise a passeggiare avanti e indietro nel piccolo ufficio che era stato messo a loro disposizione. “Arriva a Eastbuorne tre giorni fa, dove deve incontrare i suoi compratori... i pascoli sono un posto ottimale per trovarsi ed effettuare lo scambio, ma e’ successo qualcosa che li costringe a cambiare i loro piani”
“Le mucche sono morte” disse Glaves.
Sherlock annui’.
“Esatto. E questo ha fatto aumentare in modo sensibile la presenza della polizia. Niente di grave, ma comunque non vogliono rischiare, per cui Crossing si procura alla svelta il suo travestimento e non fa troppo lo schizzinoso: i vestiti non sono perfetti e le pecore sono poche, ma dovrebbero bastare a un’occhiata non troppo attenta di chi lo vede. Non dimentichiamoci che doveva essere una cosa veloce”
“Doveva essere un tipo di droga facilmente trasportabile, anche se non si sarebbe mosso da Londra per qualcosa di piccolo” aggiunse John.
“Si, probabilmente erano pasticche, uno zaino sarebbe bastato a trasportarne un quantitativo appetibile e l’abbiamo detto, Crossing era qui per allargare il suo giro, forse aveva portato un piccolo campione, nella speranza che poi gli affari sarebbero potuti continuare”
“Quindi l’hanno ucciso per prendersi la droga senza pagare?”
“No, perche’ prendersi la briga di portarlo via per ucciderlo e poi riportarlo nel pascolo? Potevano abbandonarlo li, deve essere successo qualcosa che li ha costretti a trattenerlo per almeno due giorni, prima di assassinarlo. Secondo me, per qualche motivo lui non e’ piu’ stato in grado o non ha piu’ voluto consegnare la droga, loro lo hanno preso per costringerlo e quando non hanno ottenuto quello che volevano, si sono fatti prendere dal panico e gli hanno sparato:  punterei sul fatto che non fossero grandi professionisti e l’avessero gia’ promessa a qualcuno di piu’ in alto, non potevano permettersi di presentarsi a mani vuote”
“Quindi prendono Crossing per costringerlo a mantenere gli accordi, ma non ha senso... Crossing avrebbe avuto tutto da guadagnare, a fornire la roba. Perche’ improvvisamente non voleva piu’ venderla?”
“E’ successo qualcosa, mentre era nel pascolo da solo. Qualcosa legato alla morte delle pecore.” Mormoro’ Sherlock.
“Vuole mettere giu’ le mani, per favore?” una voce nel corridoio, una voce conosciuta, li interruppe.
John si alzo’ dalla sedia e apri’ la porta di scatto.
“Lestrade!” esclamo’ stupito.
“Oh, John... bene. Vuoi dire ai gentili signori che sono un ispettore di Scotland Yard e non una qualche spia?”
Due addetti alla sicurezza lo tenevano fermo per le braccia in modo deciso.
“Lei puo’ essere chi vuole, ma non ha avuto l’autorizzazione ad arrivare fino a qui”
Statson fece capolino da un’altra porta con aria insoddisfatta.
Greg gli lancio’ un’occhiata storta.
“Ispettore, che cosa ci fai qui?” la voce di Sherlock lo fece voltare.
“Quando mi hai chiesto di fare quei controlli incrociati ed e’ saltato fuori il traffico di droga, ho pensato che aveste bisogno di una mano... non e’ roba che la polizia di qua e’ abituata a gestire.”
“Ma davvero? Non mi era parso di essere messi cosi male” esclamo’ Glaves.
L’ispettore fece una smorfia di disappunto.
“Lei deve essere il capitano Glaves. Mi scusi, non volevo essere maleducato, ho solo immaginato che aveste bisogno di un po’ di esperienza. Non dimentichiamoci che Crossing e’ di Londra, e’ un po’ un caso anche nostro.”
“Non del tuo dipartimento” puntualizzo’ Sherlock con uno sguardo di ghiaccio.
Lestrade roteo’ gli occhi e cerco’ di liberarsi dalla presa dei due sorveglianti, ma quelli non fecero segno di volerlo lasciare andare.
“Ci siamo sentiti via messaggio stamattina!” esclamo’ John.
Lestrade annui’.
“Oh, si. Ero gia’ in viaggio. Volevo solo sondare la situazione... sempre uguale, suppongo?”
“Oh, no. Abbiamo fatto dei buoni progressi” disse Glaves.
Sherlock fece un passo avanti.
“Non credo che l’ispettore si riferisse al nostro caso di omicidio, capitano” lancio’ uno sguardo di fuoco a John e poi si rivolse a Statson.
“E’ chiaro che Lestrade non rappresenta un pericolo per la sicurezza, sarebbe il caso di lasciarlo andare, ora.”
Statson alzo’ le spalle.
“Non e’ stato autorizzato ad entrare nella struttura” ripete’.
Sherlock annui’.
“Bene. Ma suppongo che ora possa essere autorizzato, non crede?”
Per un attimo, tra i due ci furono solo sguardi glaciali, poi Statson capitolo’.
“E va bene. Lasciatelo andare, ma naturalmente, neanche lui puo’ assitere all’autopsia.” Lancio’ uno sguardo soddisfatto a Sherlock, facendogli capire di essere dietro alla decisione del professor Drewer.
Le due guardie lasciarono andare Lestrade e si allontanarono con Statson, e l’ispettore  fece un cenno soddisfatto.
“Bene. Allora, vogliamo condividere gli ultimi sviluppi della faccenda?”
“Dovresti essere a Londra” commento’ freddamente Sherlock.
John si volto’ stupito verso il suo amico. Perche’ sembrava arrabbiato?
“Beh, ho pensato che non sono mai stato da queste parti, davvero bello. Le Seven Sisters sono formidabili, mi ricordo che da giovane”
“Avevi il tuo controllo mensile, oggi” lo interruppe Sherlock.
Lestrade fece un mezzo sorriso, mentre John li osservava sempre piu’ stupefatto.
Controllo mensile?
“Ma guarda, conosci anche la mia agenda? Comunque, l’ho rimandato” si limito’ a rispondere l’ispettore.
“Non mi sembra una decisione molto intelligente”
“Eh dai, Sherlock! Moriro’ comunque, che differenza fa qualche giorno?” Lestrade si zitti’ di colpo e fece una smorfia.
Accidenti.
“Che significa, che morirai comunque?” si intromise infatti John “di che diavolo stai parlando? Perche’ avevi un controllo mensile programmato?”
Nel corridoio calo’ il silenzio.
“Di che cosa state parlando, voi due?” chiese ancora John, visto che nessuno dei suoi due amici sembrava voler rispondere. Un pensiero orribile gli si affaccio’ alla mente, mentre cominciava a mettere insieme le informazioni della conversazione.
“Credo che sia meglio che vada a fare qualche telefonata” esclamo’ Glaves, cogliendo la delicatezza del momento e allontanandosi.
“Allora??” il tono della voce di John si era fatto piu’ arrabbiato e urgente.
“Mi dispiace, John... non volevo che lo venissi a sapere in questo modo” mormoro’ Lestrade.
“Sapere cosa?” il Dottore guardo’ alternativamente i due uomini, poi il suo viso assunse un’aria triste e stupita mentre accettava l’evidenza dei fatti “Sei malato? Non... non posso crederci. E tu lo sapevi!” si rivolse a Sherlock, di nuovo arrabbiato.
“Non prendertela con lui, era impossibile che non lo scoprisse, lo sai come e’ fatto... deve sempre sapere tutto” Lestrade si avvicino’ a John e gli mise le mani sulle spalle “Io sto bene, sul serio... cioe’ no, per la verita’ no, pero’ e’ tutto ok. Per ora, e’ tutto ok. Non lo sa quasi nessuno, io volevo che la mia vita cambiasse il meno possibile e per ora ci sto riuscendo, non te l’ho taciuto perche’ non mi fidavo di te, credo fosse solo un modo per... rimandare un altro pezzo di inevitabile”
John distolse lo sguardo.
“Quanto e’ grave?” chiese con voce strozzata.
“Molto. Incurabile” commento’ Sherlock con voce atona. L’aveva pensato spesso, ma era la prima volta che lo ammetteva cosi chiaramente anche a se’ stesso.
Faceva male, realizzo’.
Fece una smorfia.
Non adesso.
“Diro’ alla Signora Hudson che hai saltato il tuo controllo. Non ne sara’ affatto contenta.” esclamo’, di nuovo rivolto a Greg.
“Lo sa anche la Signora Hudson?” nella voce di John risuono’ di nuovo un tono incredulo e ferito.
Lestrade getto’ un’occhiataccia a Sherlock.
“E’ stata la prima, in effetti” ammise infine “quando ho avuto la diagnosi, avevo bisogno di parlare con qualcuno e lei... c’era. John, tu stavi gia’ attraversando un brutto periodo per via del tuo matrimonio e di tua sorella, non volevo buttarti addosso altri problemi. E non mi andava comunque di parlarne, non voglio che questa malattia diventi l’unica cosa che mi rappresenta”
John scosse piano la testa.
“E’ per questo che ultimamente Sherlock sta lavorando anche con altri, a Scotland Yard? Per...” non riusci’ a finire la frase.
“Abituarsi, si. Anche se, probabilmente, sono gli altri che devono abituarsi a lui” confermo’ Greg con un cenno del capo, dando una piccola stretta alle spalle di John, in una muta richiesta di perdono e comprensione per quello che gli aveva taciuto
Poi gli strizzo’ l’occhio, prima di commentare in modo casuale.
“Per la verita’, e’ stata la Signora Hudson a dirmi di venire. Mi avrebbe accompagnato, ma la sua amica si e’ rotta un femore giocando a bocce e ha bisogno di assistenza. Se non ricordo male, le sue parole sono state... vedete di fare in modo che quello sciocco ragazzo combini qualcosa di buono anche in campo non investigativo
L’espressione ferita di John non se ne ando’ del tutto, tuttavia non pote’ trattenere un mezzo sorriso, mentre un altro improvviso, scioccante pensiero inondava la sua testa.
Sherlock Holmes aveva rispettato la privacy di Lestrade.
Wow.
Sherlock  assunse un’aria stizzita.
“Io posso gestire la faccenda da solo!”
Lestrade roteo’ di nuovo gli occhi.
“Ma fammi il favore! Le hai detto che non avevi piu’ il suo numero di telefono!”
Il consulente investigativo strinse gli occhi.
“Esattamente... quanti sms vi siete scambiati, voi due?”

***

John non era veramente arrabbiato, quello no.
Mentre seguiva Sherlock, Glaves  e Lestrade all’interno della sala autopsie, riflette’ che quest’ultimo aveva avuto tutto il diritto di tacergli la sua malattia e ammetteva, di non essere stato per lui un amico molto presente, in quegli ultimi anni... dapprima ci avevano messo un po’ di tempo a chiarirsi rispetto alle colpe di Scotland Yard nel suicidio di Sherlock, col bisogno di riaffermarsi a vicenda che entrambi non lo credevano un impostore. Per un po’, poi, le cose erano andate abbastanza bene, anche se le loro vite non si erano piu’ incrociate cosi tanto, visto che non bazzicavano piu’ gli stessi ambienti di lavoro... ma quando John si era sposato, gli era parso naturale invitare l’ispettore, considerarlo uno dei pochi amici con cui condividere un momento speciale.
Poi erano cominciati i problemi con Sarah e John lo sapeva, le cose avevano semplicemente preso un altro indirizzo.
Era strana, la vita... adesso erano di nuovo tutti insieme, ma era tutto cosi diverso.
Loro, erano diversi.
Per un attimo, desidero’  che fossero semplicemente di nuovo all’obitorio del Bart’s, impegnati in qualche caso e a esaminare uno dei corpi in consegna a Molly.
Come ai vecchi tempi.
“E’ stato il colpo di pistola a ucciderlo, ma quest’uomo stava comunque gia’ morendo” la voce della dottoressa interruppe di colpo i suoi pensieri.
“Che intendi dire?” Sherlock le si era avvicinato e John non pote’ fare a meno di notare, quanto lei cercasse di sembrare calma e distaccata.
Si, decisamente le cose erano diverse.
“Alcuni degli organi interni stavano collassando. I reni, i polmoni e l’apparata digerente... il cuore e’ stato sottoposto ad un’enorme sforzo per compensare il cedimento dei tessuti. Ho esaminato anche il cervello, la membrana e’ danneggiata”
“Quindi il colpo di pistola non ha fatto altro che anticipare i tempi?”
Molly annui’, gettando un’occhiata curiosa a Lestrade, chiedendosi evidentemente il perche’ della presenza dell’ispettore.
Lui le sorrise.
“E’ bello vederti, Molly”
Lei contraccambio’.
“Grazie, lo e’ altrettanto per me”
“Si, si...” li interruppe Sherlock “ho bisogno di avere al piu’ presto gli esami tossicologici e di confrontarli con quelli dei campioni presi dalle pecore”
“Crede davvero che possa essere la stessa cosa?” chiese dubbioso Glaves.
“I fatti portano esattamente in questa direzione, lo stato degli organi interni e’ simile, anche se quelli di Crossing sono meno compromessi. Di qualsiasi cosa si tratti, non ha avuto il tempo di agire, gli hanno sparato prima... veramente increscioso, se il procedimento avesse fatto il suo corso cio’ avrebbe reso il nostro lavoro piu’ facile. Molly...”
“C’e’ una cosa strana che non vi ho ancora detto” lo interruppe lei, cogliendolo di sorpresa.
“E cioe’?”
“C’e’ un organo in perfette condizioni, per la verita’. Molto migliori di quanto ci si potrebbe aspettare da un uomo della sua eta’ e con il suo passato”
Gli occhi di Sherlock si illuminarono.
“Il fegato e’ sano?” chiese.
Suo malgrado, Molly sorrise mentra annuiva. Aveva cercato di avere un atteggiamento compassato, quando li aveva accolti nella sala autopsie, per ricordare a se’ stessa che Sherlock Holmes non voleva altro che avere tutto e tutti a sua disposizione come era sempre stato abituato, ma era veramente difficile non farsi contagiare dal suo entusiasmo e dalla sua incredibile capacita’ di analisi.
“Fantastico!” Sherlock batte’ le mani “fammi avere i risultati quando avrai terminato le analisi, nel frattempo, credo sia ora di fare un giro sulla costa per individuare i nostri misteriosi acquirenti. Penso che abbiano molte cose interessanti da raccontare”
“Oltre al fatto che potremmo sgominare un traffico di droga” sottolineo’ Lestrade.
Sherlock agito’ una mano.
“Si, anche quello” sorrise a Molly.
“Non dovresti impiegare piu’ di quattro ore, per le analisi. Ritornero’ in tempo”
“Non faro’ io quegli esami” replico’ lei in tono deciso.
“Cosa?”
Molly fece un sospiro.
“Sherlock, ho eseguito l’autopsia, ma questo e’ tutto quello che avrai da parte mia. Ho un lavoro da portare avanti, e non e’ questo. Sono sicura che qualcun altro si occupera’ in modo efficace delle analisi di cui hai bisogno”
John osservo’ l’espressione di Sherlock cambiare impercettibilmente.
Evidentemente, non era stato l’unico a illudersi per un attimo che tutto fosse ancora come ai vecchi tempi.
Molly saluto’ frettolosamente e si diresse verso lo spogliatoio, lasciando i quattro uomini a fare i conti con un bel po’ di imbarazzo.
“John, seguirai tu le analisi e controllerai che qualche idiota non combini errori” esclamo’ infine Sherlock a denti stretti.
Dopo aver fatto un mezzo giro su se’ stesso, usci’ a grandi passi dalla sala.
“Ora hai un’idea di quanto sia disastrosa la situazione. Pensa di convincerla a tornare, e non le ha nemmeno detto grazie per quello che l’ha costretta a fare” disse John a Lestrade.
L’altro si limito’ a scuotere  il capo.

***

Molly fece una lunga doccia per levarsi di dosso l’odore dell’obitorio, cosa a cui non era veramente piu’ molto abituata. Lascio’ che il getto dell’acqua le massaggiasse il collo,  poi si disse che non poteva piu’ indugiare e chiuse il rubinetto.
Mentre si asciugava e si rivestiva, non pote’ fare a meno di pensare a quanto fosse stato naturale riprendere in mano il bisturi e fare il lavoro di un tempo.
A come fosse stato interessante.
Smettila.
Aveva dei campioni di cellule che la aspettavano, non era il caso di perdersi in sciocchi pensieri.
Senti’ un suono provenire dal suo cellulare. Un sms.
Fini’ di asciugarsi i capelli, poi apri’ il messaggio.
 
SEI STATA BRAVA, PROPRIO COME C’ERA DA ASPETTARSI.
MA D’ALTRONDE, HO RICHIESTO LA MIGLIORE.
GRAZIE.
SH

Molly si morse il labbro, ma non pote’ evitare che il sorriso facesse capolino sul suo viso.
 

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


Nuovo capitolo! Vorrei innanzitutto ringraziare come al solito Bored94, Efy, IrregolareDiBakerStreet e miserere che ogni volta commentano e mi fanno un sacco di complimenti... ma vorrei anche dire un grosso grazie a tutti quelli che leggono, hanno messo questa storia fre le seguite o le preferite... che hanno messo me, tra i loro autori preferiti.
E’ anche questa una grande soddisfazione!

Buona lettura!
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 7
 

“Stanno scappando! Io vado a sinistra! Lestrade, con Glaves!”
Sherlock Holmes non perse tempo e si mise all’inseguimento del ragazzo che fino a pochi momenti prima, se ne stava oziosamente appoggiato a un palo su un marciapiede, a fumare in compagnia di un amico piu’ o meno della sua stessa eta’.
Questo, fino a che Glaves non si era presentato e aveva chiesto di poter porgere loro qualche domanda, cosi come avevano gia’ fatto con qualche altro ragazzo prima di loro.
Sherlock aveva chiesto di indagare nella direzione del piccolo spaccio fra giovani, convinto che fosse l’unico terreno su cui uno spacciatore mediocre come Crossing potesse muoversi al di fuori del suo territorio, senza correre troppi rischi e senza pestare i piedi a qualcuno piu’ in alto di lui.
A quanto pareva, ci aveva azzeccato, perche’ i ragazzi si erano guardati negli occhi per qualche secondo, poi si erano voltati e avevano cominciato a correre.
 In due direzioni diverse.
Sherlock aveva sbuffato, naturalmente: fosse stato per lui, avrebbe usato un approccio piu’ diretto, ma era il territorio di Glaves, che aveva insistito per usare i suoi metodi.
Subito dopo, era partito per riacciuffare uno dei fuggitivi, lasciando il capitano e Lestrade ad occuparsi dell’altro.
Sherlock ci mise esattamente tre minuti e ventidue secondi per raggiungere il biondo magrolino, che aveva compiuto il grande errore di infilarsi in un vicolo cieco, ritrovandosi a fissare con un accenno di panico il muro che gli impediva di continuare la fuga; guardo’ in alto, alla ricerca di qualcosa per appigliarsi.
“Lascerei perdere, se fossi in te” la voce del consulente investigativo gli arrivo’ vicinissima e con un balzo, si accorse di averlo alle spalle.
Rendendosi conto di essere in trappola, il ragazzo perse l’aria strafottente  che poco prima esibiva sul marciapiede, cominciando a scuotere la testa.
“Senta” alzo’ le mani in segno di resa “non so chi sia lei, ma io non ho fatto niente, stavo fumando con il mio amico e non e’ illegale”
Sherlock lo guardo’ per un attimo.
“A parte l’ovvio fatto che siete scappati quando vi e’ stato semplicemente chiesto di rispondere a qualche domanda, non stavate fumando tabacco. E’ da questa mattina che oziate in giro, visto che  avete  evitato  il compito di chimica alla costosa scuola a cui i vostri genitori vi mandano”
Il ragazzo sgrano’ gli occhi.
“Avete tolto la giacca e la cravatta, ma non avete cambiato i pantaloni, uguali per tutti e due: una divisa, ergo una scuola privata. Ce n’e’ una molto quotata nei dintorni. Nel polsino della camicia hai un bigliettino su cui si intravede una formula... non eri sicuro di avere il coraggio di saltare la scuola, oggi, per cui ti sei preparato nel caso avessi dovuto copiare. Siamo a giugno, era la tua ultima occasione per rimediare alla tua estrema insufficienza nella materia, nella quale sarai bocciato, naturalmente”
“E chi glielo dice che invece non avessi gia’ buoni voti e volessi evitare uno sforzo inutile?” lo sfido’ l’altro, con un’aria un po’ piu’ impertinente.
“La formula sul tuo bigliettino. E’ sbagliata. Se sei cosi idiota da non riuscire neanche a copiare in modo giusto, dubito che ci sia speranza. Ma questo e’ l’ultimo dei tuoi problemi, ovviamente”
“Che intende dire?”
“Tu e il tuo amico vi siete cacciati in qualcosa di grosso. Secondo il capitano Glaves, siete tra i pochi cosi’ stupidi da rientrare nei possibili candidati... abbiamo passato un interessante pomeriggio fra la gioventu’ dei dintorni. E il tuo cellulare mi dice che avete deciso di fare il grande salto e puntare piu’ in alto.”
“Il mio cellulare?” il ragazzo lo estrasse dalla tasca.
“Lo stavi guardando quando ci siamo avvicinati. Ultimo modello, estremamente avanzato. E costoso. Rubato, naturalmente, basta guardare la cover. L’hai comprato di nascosto, probabilmente a rate da qualche amico della scuola, tuo padre non ti avrebbe mai dato i soldi per farlo”
“E chi glielo dice?”
“L’altro cellulare che tieni in tasca. Quello che usi in famiglia, modello molto meno recente e accessoriato, quello che ti ha comprato papa’, quello che probabilmente ti ha detto sarebbe stato l’unico ancora per un bel po’ di tempo. I tuoi voti devono essere veramente pessimi. Tua madre ha voce in capitolo sui tuoi vestiti, basta guardare le tue scarpe firmate, ma papa’ decide per le altre cose, giusto? E non e’ molto soddisfatto di te, per cui non ti compra i tuoi giocattoli preferiti”
“Che stronzo...” borbotto’ il ragazzo.
“Si... me l’hanno detto spesso.” Il cellulare di Sherlock squillo’.
 “Si? Capitano! Ah, bene, vedo che anche lei e’ stato efficiente. Si, e’ qui con me” L’espressione di Sherlock si incupi’ leggermente, poi diede l’indirizzo a cui si trovava e riattacco’.
“Tu e il tuo amico ci racconterete un bel po’ di cose” commento’ seccamente, tornando a fissare il ragazzo.
Lui abbasso’ la testa e ficco’ le mani in tasca.

***

“Glielo abbiamo gia’ detto, non sappiamo di cosa state parlando!”
Da dietro il vetro della piccola sala interrogatori, Sherlock osservo’ Dave Matthews, 17 anni, incrociare le braccia al petto e scivolare un po’ di piu’ sulla sedia, fino ad assumere un’aria di finta superiorita’ e tranquillita’. Accanto a lui, Eric Gillmore, 16 anni, quello che lui aveva acchiappato, se ne stava in silenzio, sul viso un’espressione decisamente piu’ preoccupata.
Glaves, dal canto suo, se ne stava placidamente a sorseggiare il caffe’ dall’altra parte del tavolo.
“Ma non mi dite” commento’ infine, cominciando a sfogliare alcuni documenti.
“Quindi ho chiamato i vostri genitori per nulla. Credo che il fatto di essere stati convocati, mentre sicuramente avevano cose piu’ importanti di cui occuparsi, li indisporra’ parecchio. Mi scusero’, e’ chiaro. Insomma... in fondo avete solo saltato la scuola e stavate fumando un po’ d’erba. Quale padre non sarebbe comprensivo? Mi sembra proprio di conoscere il tuo, Eric... se non sbaglio siamo nello stesso circolo di pesca.”
Eric impallidi’.
“Mio padre sta venendo qui?”
Glaves annui’ serio.
“Beh, certo. Siete minorenni, non potevo fare altro che chiamare le vostre famiglie”
“Se pensa di spaventarci, si sbaglia di grosso” intervenne Dave “mio padre mi fara’ uscire di qui in men che non si dica”
“Si... e non sarebbe la prima volta che ti tira fuori dai guai, a quanto pare. Hai un bel fascicolo, figliolo... mi ricordo quando alle medie hai distrutto la palestra”
Il ragazzo fece un ghigno soddisfatto, tuttavia aveva perso un po’ della sua baldanza.
“E’ bravo. Ha gia’ individuato l’anello debole in Eric e sta dando loro l’impressione di non essere troppo nei guai... li fara’ crollare in men che non si dica”
Sherlock si volto’ verso Lestrade, che aveva appena fatto il commento.
“Hai avuto notevoli problemi durante l’inseguimento” osservo’.
L’ispettore si irrigidi’: era vero, Glaves aveva raggiunto Matthews molto prima di lui. Non si diede neanche il disturbo di chiedere al consulente investigativo come lo sapesse, visto che non erano insieme.
“Quel ragazzino correva piu’ veloce di me. E non conoscevo le strade. Mi ha fregato”
Sherlock lo squadro’ per alcuni secondi.
“La malattia e’ peggiorata, vero?”
Lestrade fece una smorfia.
“Andiamo, solo perche’ mi sono perso uno che ha meno della meta’ dei miei anni non significa che”
“Evita di tentare di mentirmi, per favore. Sei pallido e hai ancora il fiato corto. Le tue mani tremano e”
“Basta, Sherlock!” lo interruppe l’altro con ira “smetti di analizzarmi. Non e’ il primo sospettato che mi sfugge in un inseguimento, non sono ancora pronto per essere rottamato! Stai mettendo in dubbio la mia capacita’ di continuare a lavorare?”
Sherlock strinse le labbra. Era indubbio che Lestrade fosse stato in difficolta’ nell’inseguire il ragazzo, piu’ di quanto normalmente ci si sarebbe potuti aspettare, ma ora non era il momento di discuterne.
Torno’ a fissare il vetro, per seguire cio’ che accadeva nella sala interrogatori.
Lestrade lo guardo’ torvo ancora per qualche attimo, poi anche lui si concentro’ su cio’ che succedeva.
“Bene.” Esclamo’ Glaves “quando avremo risolto anche la faccenda dell’omicidio, poi potrete andarvene con i vostri padri”
I due spalancarono gli occhi.
Eric afferro’ con forza il bordo del tavolo.
“O-o-omicidio?” balbetto’ con voce strozzata.
Dave fu il primo a riprendersi.
“Ma che cavolo sta dicendo? Sta scherzando, vero? Noi non abbiamo commesso nessun omicidio!”
Glaves estrasse delle fotografie e le mise in fila sul tavolo.
“David Crossing, di Londra. E’ arrivato qui quattro giorni fa. Era uno spacciatore, diciamo che non era interessato al bel clima, ma a compiere qualche affare. Abbiamo chiesto un po’ in giro, sembra che voi due vi diate parecchio da fare a scuola, e non mi sto riferendo ai bei voti e allo studio. Ora, mi piace pensare che non siate stati cosi’ idioti da cacciarvi in un guaio veramente piu’ grosso di voi, ma al giorno d’oggi non si puo’ mai dire... qualcuno ha sparato a Crossing. Qualcuno che voleva fare affari con lui. Vi eravate stancati di vendere erba e volevate passare a qualcosa di piu’ forte?”
Sherlock osservo’ Matthews dare un’occhiata veloce al suo compagno, nel tentativo di comunicargli di stare zitto, ma il labbro di Eric aveva gia’ cominciato a tremare.
“Non e’ stata un’idea mia!”
“Sta zitto, Eric!” Dave si era raddrizzato sulla sedia.
“Sta zitto tu!” gli intimo’ Glaves con voce fredda.
“E’ stata tutta un’idea di Ryan, ha detto che erano soldi facili, che aveva conosciuto quel tizio a Londra e che poteva procurarci le pasticche!”
“Eric, sei uno sporco traditore!” Matthews tento’ di alzarsi dalla sedia, ma il capitano gli mise una mano sulla spalla.
“Se fossi in te, starei calmo, ragazzo. Chi e’ Ryan?”
Dave lo fisso’ con aria di sfida ancora per qualche secondo, poi capitolo’.
“Mio cugino. E’ venuto per le vacanze, studia a Londra. Merda, mi uccidera’” appoggio’ la testa al tavolo e fece un sospiro.
“Ditemi esattamente come e’ andata” li invito’ Glaves.
Eric fece una smorfia.
“Quel tizio, Crossing... e’ arrivato a Eastbourne quattro giorni fa.  Voleva fare subito l’affare, ma noi non avevamo tutti i soldi per pagarlo. L’avevamo detto, a Ryan, ma lui ci ha assicurato che se li sarebbe fatti anticipare da qualcuno che conosceva, poi glieli avrebbe ridati non appena venduto la roba. Ha detto che ci potevamo fare un mucchio di grana... Crossing era un po’ incavolato, poi ha saputo delle mucche, di come ci fosse un po’ di polizia in giro e si e’ innervosito. Ha chiesto di aspettarci in un posto isolato, cosi’ e’ andato in quel pascolo. Ci sembrava un po’ esagerato, ma poi abbiamo recuperato davvero tutti quei soldi e noi due siamo andati a cercarlo per fare lo scambio.
E’ saltato fuori che voleva starsene per conto suo per farsi un bel giro con la sua stessa roba.”
“Che intendi dire?” Sherlock era entrato nella stanza senza fare rumore ed Eric sobbalzo’.
“Ancora lei?”
“Chi cavolo e’?” chiese Dave.
“Sherlock Holmes” dichiaro’ Glaves.
I due ragazzi spalancarono gli occhi.
Quel  Sherlock Holmes?”
Lui si limito’ ad alzare un sopracciglio.
Eric fece un fischio.
“Wow... sono stato inseguito da Sherlock Holmes. Aspetta che lo racconti agli altri!”
Il consulente investigativo roteo’ gli occhi.
Adolescenti.
“Dubito che avrai la possibilita’ di farlo, Eric. Tuo padre probabilmente ti chiudera’ in casa per tutta l’estate, sempre che non decida di mandarti in qualche posto dove la disciplina sia davvero una priorita’”
Eric emise un gemito al ricordo del guaio in cui si era cacciato.
“Senta” ricomincio’ “noi siamo solo saliti al pascolo per incontrare quel tizio e quando siamo arrivati li, era strafatto!”
“Spiegati meglio” lo invito’ Glaves.
“Non connetteva! Biascicava le parole e non si reggeva in piedi. Gli abbiamo chiesto piu’ volte dove fosse la roba, ma niente! Era come parlare al muro... doveva essere della roba proprio buona. Abbiamo cercato in giro per vedere dove fossero le pasticche, ma non le abbiamo trovate. Alla fine ci abbiamo rinunciato e siamo scesi da Ryan, gli abbiamo detto quello che era successo e lui e’ andato in panico!”
“Era tutto preoccupato...” si intromise Dave “non capisco perche’, l’affare era sfumato, punto fine. Poteva restituire i soldi ai tizi che glieli avevano dati. Ma lui ha continuato a chiederci se eravamo sicuri di non aver trovato le pasticche... a un certo punto ci ha anche accusato di essercele intascate. Gli ho detto che era proprio uno stronzo, se pensava questa cosa di suo cugino e poi ce ne siamo andati. Tutto qui, lo giuro!”
“Si, noi quel tizio di Londra non l’abbiamo piu’ visto!” rincaro’ Eric.
Glaves indirizzo’ un’occhiata interrogativa a Sherlock  e lui annui’.
I ragazzi sembravano dire la verita’.
“Era lui, che voleva fregare voi” disse infine.
Dave spalanco’ gli occhi.
“Che sta dicendo?”
Sherlock sospiro’.
Adolescenti e ingenui.
“Non avrebbe mai venduto le pasticche con voi. Le aveva gia’ promesse a chi gli ha prestato i soldi, probabilmente gliene doveva gia’ parecchi e questo era il suo tentativo di cominciare a saldare i suoi debiti. Voi gli servivate per evitare di correre troppi rischi. Ecco perche’ era cosi agitato dal fatto che l’affare fosse sfumato. E’ tornato al pascolo e si e’ portato via Crossing, per cercare di farlo parlare e farsi dire dove fosse la droga”
“Ryan stava tentando di fregarci??”
“L’hai piu’ visto?” chiese Glaves.
Dave scosse il capo.
“Non credera’ mica che l’abbia ucciso lui, vero?” domando’ con voce bassa, realizzando solo in quel momento la gravita’ della situazione.
“Lui, o i tizi per i quali stava lavorando. Crossing non ha parlato, a quanto pare, e loro hanno perso la pazienza”
Dave ed Eric si guardarono spaventati.
Lestrade era stato in silenzio fino a quel momento.
“Se quel tizio era fatto, prima o poi l’effetto deve essere svanito. L’hanno tenuto per un bel po’ di ore, perche’ non ha dato loro la droga? Aveva tutta la convenienza a farlo”
Sherlock strinse le labbra.
“Non sono cosi sicuro che fosse in grado di farlo... ricordi cosa ha detto Molly? Gli organi stavano collassando. Stava morendo”
Glaves assunse un’aria preoccupata.
“Vuol dire che potrebbe cominciare a circolare una droga cosi pericolosa?”
Sherlock non rispose subito.
“Voglio tornare al laboratorio” disse infine “devo verificare una cosa”
“Io devo cercare questo Ryan...” si rivolse con uno sguardo interrogativo verso Dave, che abbasso’ di nuovo il capo.
“Pades. Ryan Pades” mormoro’.
“Mi faccia sapere quando l’avra’ trovato. Credo che le possa essere utile l’esperienza dell’ispettore”
Lestrade guardo’ Sherlock e annui’, ringraziandolo silenziosamente per la sua fiducia.
“Resto con lei, Glaves. Le do una mano, se non le spiace”
L’altro fece un cenno con la testa.
In quel momento, una voce risuono’ nel corridoio.
“Dove diavolo e’ quell’idiota?”
Eric si fece piu’ piccolo sulla sedia, mentre la porta si spalancava e un uomo in un elegante completo si stagliava sulla soglia.
“Clarence” comincio’ con un sospiro, rivolgendosi al capitano “dimmi che non e’ grave come sembra”
Glaves non fece in tempo a rispondere.
“E’ grave, ma non gravissimo, signor Gillmore. Credo che suo figlio abbia imparato la lezione... naturalmente, non c’e’ nessuna speranza per quanto riguarda la chimica e questa e’ una vera disdetta. E’ una materia molto utile. Per lo meno, per come si esprime, siamo salvi dal punto di vista della lingua e della sintassi.
Buon giorno”
Dopo questa affermazione, Sherlock Holmes usci’ dalla stanza lasciando tutti a bocca aperta.

***

John Watson si guardo’ intorno, veramente incerto su come procedere.
Le torte esposte nell’area dolci della mensa del centro ricerca sembravano davvero tutte buone.
Fece un sospiro: avendo passato buona parte del pomeriggio in un laboratorio in compagnia di un tecnico che non aveva pronunciato piu’ di tre parole (tre, sul serio), penso’ che poteva per lo meno meritarsi due fette in attesa dei risultati finali.
Si, decise. Se le era guadagnate.
“La torta di mele e’ veramente ottima. Arriva fresca dal paese tutte le mattine” la voce di Molly lo fece girare di scatto.
Noto’ subito la sua aria stanca, probabilmente aveva saltato il pranzo per recuperare il lavoro che aveva lasciato indietro per occuparsi dell’autopsia.
Noto’ anche il suo sorriso incerto, come se non fosse sicura che lui le volesse parlare.
Oh, Molly...
“Allora la provero’” le rispose “ma solo se mi fai compagnia”
I tratti del viso della ragazza si rilassarono e annui’.
John si rese conto che in questo modo, avrebbe dovuto accontentarsi di una sola fetta per non fare brutta figura.
Decise che non gli importava.

***

Il professor Drewer osservo’ la coppia che si sedeva al tavolino della mensa e cominciava a parlare. Quel Dottore sembrava in gamba e naturalmente, il fatto che si fosse allontanato dal laboratorio, gli permetteva di verificare il risultato delle analisi per primo.
Doveva sbrigarsi: avrebbe avuto bisogno di tempo, se fosse stato necessario eliminare qualche dato.

***

“Questa torta non e’ ottima... e’ semplicemente perfetta!” John chiuse gli occhi e assaporo’ il delizioso mix fra pasta frolla e mele.
Molly fece una risata.
“Non dirlo alla Signora Hudson!”
Anche John rise.
“Si... e’ una bella gara! Sono sicuro che se fosse qui, si metterebbe alla caccia della cuoca per farsi dare la ricetta!”
Molly annui’ e si rimise a mangiare la sua fetta.
“Mi e’ spiaciuto, per il tuo divorzio” disse improvvisamente.
John alzo’ gli occhi dal suo piatto e la guardo’ incuriosito.
Lei scosse la testa.
“No, scusa... non avrei dovuto dirtelo. Probabilmente e’ un argomento di cui non vuoi parlare, io volevo solo... non lo so. Farti sapere che mi spiace.”
Lui raggiunse la sua mano sul tavolo.
“Molly... calma. Va bene, e’ ok. Io riesco a parlarne, ora. E’ passato. Sono solo stupito che tu lo sappia... insomma... non ci siamo piu’ visti e...” tacque imbarazzato, anche se era veramente grato che questa conversazione si stesse svolgendo.
“La signora Hudson... io sono passata un paio di volte a trovarla e lei me l’ha detto. Era molto dispiaciuta per te, per tutto il dolore che avevi provato con... con Sherlock e poi con Sarah. Mi spiace, John... l’ultima cosa che avrei voluto era mentire a tutti voi, ma io dovevo...” fece un grosso sospiro, incapace di continuare.
“Salvarlo” concluse John per lei, dando una stretta alla sua mano.
Lei sgrano’ gli occhi.
“L’hai salvato, Molly. E sei stata bravissima. Avrei dovuto ringraziarti molto tempo fa, tutti noi avremmo dovuto farlo”
Molly abbasso’ la testa.
“Il suo ritorno deve essere stato uno shock per tutti e capisco che foste arrabbiati. Insomma, non la Signora Hudson, lei mi ha chiamato, ma tu e Lestrade...”
John fece una smorfia.
“Arrabbiati?”
“Beh, l’ispettore ha praticamente smesso di venire all’obitorio, come se mi stesse evitando e tu... suppongo che non avessi nessun motivo di frequentarlo, visto che non l’ha fatto neanche Sherlock”
John si diede mentalmente una pacca sulla testa: Lestrade aveva le sue buone ragioni, che tuttavia non avrebbe spiegato a Molly, non fino a che non fosse stato pronto, per lo meno, ma lui... aveva semplicemente prima evitato Sherlock e tutto cio’ che lo riguardava, poi era stato troppo impegnato a riabituarsi alla loro vita di nuovo insieme.
“Ascolta” esclamo’ in tono deciso “nessuno e’ arrabbiato con te, te lo assicuro. E’ solo che quell’idiota di Sherlock ha sempre la priorita’ su tutto, anche quando uno decide di ignorarlo... ma questo credo che tu lo sappia gia’” le rivolse un sorriso caldo e rassicurante, che lei ricambio’ dopo un attimo.
“Si lo so... grazie. Ma davvero hai cercato di ignorarlo?”
John annui’ serio.
“Ci ho veramente provato, te lo assicuro!”
Molly scoppio’ a ridere, poi un’ombra passo’ sul suo viso.
“Ti rivuole davvero a Londra, lo sai, giusto?” le disse John con gentilezza.
Lei rimase in silenzio.
“Lo so che non sono affari miei, ma e’ mio amico e so che per quanto disfunzionalmente cerchi di dimostrartelo, lui sia dispiaciuto per quanto e’ successo. E’ uno sciocco immaturo per quanto riguarda i sentimenti e l’uomo piu’ irritante che conosca, ma”
“Non cosi tanto. Non sempre, insomma”
John sorrise.
Molly, dolce Molly.
“Giusto, non sempre. Solo quando fa sfoggio di tutto il suo sapere o ti racconta di cose che ti riguardano, senza che tu neanche lontanamente possa averle immaginate. Quello spaccone dice di aver capito che avrei divorziato, da come Sarah ha acconciato i capelli il giorno del matrimonio! Se non fosse stato morto e non fosse stato a Londra di nascosto, credo proprio che non si sarebbe fatto problemi a dirmelo!”
John bevve un sorso del suo caffe’ e addento’ un altro pezzo di torta emettendo un suono soddisfatto, poi si accorse dell’espressione di Molly.
“Scusa, non credo sia molto simpatico scherzarci su, adesso che ci penso... beh, questo pero’ ti fa capire che il mio divorzio e’ una cosa che ho superato. Piu’ o meno, insomma” guardo’ indeciso il viso della ragazza, chiedendosi perche’ fosse tanto sorpresa.
“Sherlock e’ tornato a Londra mentre era...morto?” domando’ infine lei.
John comincio’ a pensare che forse aveva fatto una stupidaggine.
“Beh, si... ma non per tante volte” disse cercando di rimediare “insomma, non ha fatto che prendermi in giro per il discorso a suo dire smielato che ho fatto sulla sua tomba il giorno del funerale, ma poi”
“Sherlock era al suo funerale?”
Ok, penso’ John osservando gli occhi di Molly diventare lucidi, ho fatto una grande sciocchezza.
Enorme.
In quel momento, Sherlock Holmes apparve sulla soglia del locale della mensa e comincio’ ad avvicinarsi al loro tavolo, un sorriso sul volto rivolto a Molly: era un buon momento per verificare quanto terreno avesse riguadagnato, con la storia dell’sms e dei complimenti dopo l’autopsia.
Si blocco’ non appena noto’ l’espressione della ragazza.
Lei chiuse gli occhi.
Aveva passato due anni aspettando notizie di Sherlock, preoccupandosi e angosciandosi perche’ lo credeva chissa’ dove, impossibilitato a tornare per avere almeno un po’ di conforto e un contatto umano
( un contatto amico)
invece lui era tornato, di quando in quando. Ma non l’aveva mai cercata, non le aveva mai fatto sapere di essere vivo.
E questo faceva ancora piu’ male, dell’unico sms al suo rientro definitivo e dei due mesi e mezzo di silenzio che ne erano seguiti.
Aggrappandosi al tavolo, si alzo’.
Si diresse verso di lui e gli si fermo’ di fronte, fissandolo dritto per un attimo, finche’ non senti’ le lacrime pungerle gli occhi.
Sherlock ebbe la spiacevole sensazione che lei lo stesse guardando, veramente guardando, per l’ultima volta.
Poi Molly gli giro’ intorno e usci’ dalla stanza.
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** capitolo 8 ***


Siamo quasi alla fine! Grazie quindi a chi ha seguito anche il precedente capitolo, a Bored94, Efy, IrregolareDiBakerStreet e miserere che l’hanno commentato.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 8

 
Clarence Glaves era un poliziotto vecchio stampo, di quelli che amava fare appostamenti e risolvere casi usando pazienza e tenacia. Avrebbe potuto fare carriera a Manchester, ma trasferirsi nel Sussex era stata la cosa migliore che gli potesse capitare (oltre al fatto, che aveva evitato che la moglie gli chiedesse il divorzio).
La vita sulla costa era molto piacevole; lui non l’apprezzava perche’ il suo lavoro era piu’ tranquillo, ma semplicemente perche’ gli permetteva di stare vicino alla gente, di risolvere i problemi in modo pacato, comunicando e parlando con le persone. Nella contea di Birling difficilmente si verificavano episodi di straordinaria efferatezza, anche se ultimamente i problemi erano aumentati, soprattutto con i ragazzi.
Stupidi... la maggior parte di loro pensava di avere il mondo in mano... ed era vero, solo che non sapevano ancora come gestirlo.
Era quindi francamente preoccupato dall’idea che potesse circolare una droga cosi pesante e pericolosa come quella che, apparentemente, stava distruggendo il corpo di Crossing prima che gli sparassero: per questo, era contento che Sherlock Holmes fosse arrivato da Londra a dare una mano.
Ed era anche contento, di avere al suo fianco Greg Lestrade: la sua esperienza era confortante ed aveva l’impressione, di avere molto in comune con l’ispettore.
Se non altro, entrambi non avevano avuto problemi ad appostarsi in macchina davanti alla stazione dei treni, una fotografia di Ryan Pades attaccata sul cruscotto e un termos di caffe’ a portata di mano.
Il ragazzo aveva una fedina penale abbastanza rilevante, per avere solo diciannove anni.
“E’ sicuro che verra’ qui?” l’ispettore di Scotland Yard se ne stava sprofondato nel sedile del passeggero, sorseggiando lentamente da un grande bicchiere.
Glaves scosse le spalle.
“E che altro potrebbe fare? Non ha un’auto propria e non solo sa che i ragazzi sono stati fermati, a quanto pare ha anche dei tizi alle costole a cui deve un bel po’ di soldi. Non deve avere molti amici da queste parti, altrimenti non avrebbe cercato di coinvolgere due minorenni nel suo misero tentativo con Crossing. Lo chiami istinto, se vuole... ma dai controlli che abbiamo fatto, non e’ ancora partito. Non siamo a Londra, qui e’ tutto piu’ facile da verificare.”
Lestrade annui’ pensieroso. Il capitano Glaves era veramente in gamba: poteva dare l’idea di un tranquillo e pacioso poliziotto di campagna, ma in verita’ era molto piu’ capace della meta’ delle persone che lavoravano a Scotland Yard e sembrava conservare quel lato umano, che tanto spesso mancava ai poliziotti che facevano quel lavoro da tanti anni. Per un attimo, lo invidio’, non tanto perche’ non aveva una malattia che gli stava consumando il corpo, ma perche’ riusciva ancora a fare il suo lavoro con passione e rispetto.
John gli aveva confidato, che perfino Sherlock non aveva trovato ragione per insultare Glaves, il che di per se’ era altamente indicativo sulle qualita’ del capitano.
Lestrade fece una smorfia.
Sherlock... quello si che era un problema.
Quello stupido idiota si stava facendo sfuggire l’occasione piu’ importante della sua vita e non se ne rendeva conto.
No, si corresse mentalmente: se ne rendeva conto, ma ne era straordinariamente spaventato, incapace di riconoscere fino in fondo come le cose fossero cambiate, di come lui stesso fosse cambiato; Lestrade non era stato sicuro come John fin dall’inizio che Molly Hooper fosse la persona giusta per far realizzare a Sherlock questa cosa, quella ragazza non sembrava in grado di reggere la sfida... fino a che non aveva scoperto che era stata lei, in qualche modo, a salvare il consulente investigativo.
A salvare tutti loro.
Oh certo, era stato lui che si era buttato... lui che aveva passato anni nell’ombra lontano da tutto e da tutti per metterli definitivamente al sicuro e riguadagnarsi la sua vita, ma Lestrade non dubitava, che fossero stati l’affetto e l’amore a spingerlo e sostenerlo.
L’affetto e l’amore degli amici e di Molly Hooper.
Sherlock Holmes aveva un cuore grande.
Era ora che cominciasse ad usarlo un po’ meglio.
Anche se probabilmente cio’ avrebbe significato costringerlo.
Lestrade torno’ a concentrarsi sul caso, chiedendosi distrattamente cosa Sherlock fosse andato a verificare al laboratorio, prima di individuare la faccia della persona che stavano aspettando.
Anche Glaves si accorse dell’arrivo del ragazzo: controllo’ rapidamente la fotografia per verificare la corrispondenza e lui e Lestrade uscirono contemporaneamente dalla macchina.
“Ryan Pades?” domando’, quando gli si furono avvicinati.
Il ragazzo si giro’ e li squadro’ per un attimo. Aveva un’aria smarrita e stanca.
“Chi lo vuole sapere?” chiese con tono circospetto.
“Capitano Glaves e Ispettore Lestrade... avremmo qualche domanda da farti”
Ryan spalanco’ gli occhi .
Poi comincio’ a correre.
Oggi non e’ proprio giornata penso’ rassegnato Lestrade, gettandosi con il capitano all’inseguimento.

***

Sherlock era rimasto a fissare per un buon minuto la porta della sala mensa da cui Molly era appena uscita, poi si era lentamente girato.
“John?”
Al suo tono interrogativo, il Dottor Watson fece una smorfia.
“Mi spiace” comincio’ “le ho detto che sei tornato a Londra qualche volta, mentre eri ancora morto... non sapevo che non lo sapesse”
Sherlock strinse le labbra.
Maledizione, era stato sul punto di dirglielo sulla spiaggia, quella mattina... ma poi lei l’aveva interrotto e il momento ottimale non si era piu’ ripresentato.
“Ci e’ rimasta cosi male... mi spiace davvero” ripete’ John contrito, ma poi sul suo viso apparve un’espressione stupita.
“No, un momento... non mi spiace affatto! Non mi prendo la colpa di questa cosa, perche’diavolo lei non lo sapeva?”
Sherlock volse altrove lo sguardo.
“Io non gliel’ho mai detto, e’ evidente” rispose.
John spalanco’ gli occhi.
“Ma... perche’? Era l’unica che sapesse che tu eri vivo, beh oltre a Mycroft naturalmente... perche’ non l’hai mai contattata?”
“Io non...” per una volta, Sherlock si ritrovo’ senza parole. Fece un profondo sospiro.
“Io non volevo” dichiaro’ infine.
“Che cosa vuol dire, che non volevi? Ti rendi conto almeno di quanto suona egoistico, in questo modo? E’ questa la spiegazione che vuoi darle? Scusa, Molly... e’ vero, sono tornato ma non avevo voglia di incontrarti!”
John osservo’ il viso di Sherlock contrarsi per la rabbia.
“Smettila!” urlo’ subito dopo il detective, facendo arretrare stupito di un passo il suo amico.
“Tu non hai idea” riprese Sherlock a denti stretti “tu non hai idea di quanto sia stato difficile, di quanto... male facesse vedervi vivere le vostre vite senza di me, vedervi fare degli sbagli e non poter fare altro che guardarvi da lontano! Se io fossi andato da Molly...” tacque, respirando a fondo, quasi incredulo di aver perso la calma in quel modo.
Per nessun motivo al mondo, avrebbe terminato la frase ad alta voce.
Se fossi andato da Molly, non avrei piu’ avuto tutta quella risolutezza nel continuare la mia caccia.
Sarebbe stato un porto sicuro da cui avrei faticato ad allontanarmi.
Non potevo imporglielo.
Non potevo semplicemente permettermelo.
Sul viso di John apparve un’espressione triste.
“No, Sherlock... hai ragione” esclamo’ “io non ne ho idea e credo che non l’avro’ mai... ma questa cosa, ha fatto soffrire Molly ancora di piu’ e penso che abbia il diritto di sapere perche’ e’ successo, quali sono state le tue ragioni. Altrimenti pensera’ di non contare nulla per te, come lo ha pensato quando ha deciso di andarsene.
Tu le devi una spiegazione e io credo anche che... credo anche che questo abbia a che fare con il motivo per cui la rivuoi con te. Il vero motivo, Sherlock”
John lo guardo’ con un’espressione di attesa e speranza.
Sul viso del consulente investigativo passo’ un lampo di incertezza: capire cosa?
Il senso di vuoto che la partenza di Molly gli aveva lasciato?
La lotta quotidiana che aveva intrapreso con se’ stesso per non cercarla subito?
La paura, la strisciante paura che provava al pensiero di non riaverla al suo fianco?
No. Non doveva capire tutto questo: erano sentimenti.
Erano dannosi. Erano pericolosi.
Erano uno svantaggio.
Ma erano stati i sentimenti di Molly a salvarlo.
No.
Riassunse un’espressione neutra.
“Lei e’ la mia patologa. Non riesco a lavorare bene con nessun altro. Il suo posto e’ a Londra, tutto qui... non posso permettere che io mio lavoro risenta del suo mancato apporto. Adesso andiamo, devo verificare i risultati delle analisi”
Si volto’ e usci’ deciso dalla sala mensa.
John fece un profondo sospiro.
Aveva davvero sperato che Sherlock fosse sul punto di riconoscere qualcosa di diverso.
Scosse la testa e usci’ anche lui dalla stanza, raggiungendolo nel laboratorio.
Lui aveva gia’ in mano qualche foglio e lo stava osservando attentamente.
“Che cosa stai cercando, esattamente?” gli chiese.
“I ragazzi che abbiamo arrestato dicono che Crossing era in stato allucinatorio, quando sono arrivati... era confuso e sembrava aver assunto qualche sostanza”
John annui’ e gli si avvicino’: era gia’ stato aggiornato dell’interrogatorio via sms.
“Beh, era li per vendere droga, forse si annoiava e ha deciso di provarla. Se questa sostanza provoca davvero questi danni, dobbiamo toglierla dalla circolazione il prima possibile.”
Sherlock scosse la testa.
“No. Ricordi cosa ho detto quando abbiamo trovato il corpo? Per lui era un incontro importante, non si era nemmeno portato la birra per evitare qualsiasi distrazione, perche’ avrebbe dovuto drogarsi? Non ha senso. E che mi dici delle pecore? Anche loro avrebbero assunto questa droga? No, non quadra...”
“Le analisi indicano alterazioni metaboliche e del tessuto molto diverse fra i due casi” comincio’ John, leggendo a sua volta i risultati “ma questo e’ normale, la fisiologia e’ differente. Voglio dire, stiamo parlando di ovini e umani”
“Gli organi delle pecore erano tutti compromessi. Il fegato di Crossing era in buone condizioni”
“Ottime, direi” commento’ John, continuando a sfogliare le analisi “ricordi cosa ha detto Molly? Incomprensibilmente sano, per l’eta’ e la storia personale di Crossing... questo e’ un dato strano, ma non impossibile. A dispetto degli enormi passi avanti che abbiamo fatto, sappiamo ancora pochissimo del corpo umano e di come funziona” aggiunse, rendendosi conto pero’ che Sherlock non lo stava piu’ ascoltando.
Aveva assunto quell’aria pensierosa, che indicava che per un periodo di tempo non meglio precisato sarebbe stato semplicemente... via.
Chiuso nella sua mente e nelle sue analisi.
John sospiro’: quel caso si stava presentando piu’ complicato di quanto Sherlock avesse previsto inzialmente e potenzialmente molto pericoloso, era necessario
“Andiamo!”
I suoi pensieri furono interrotti da uno Sherlock in piena agitazione, che usci’ come una furia dal laboratorio.
“Ehi, aspetta! Andiamo dove?” John si mise a correre per stargli dietro, trottando verso la sua schiena attraverso i diversi corridoi.
Ragiono’ distrattamente su come si fosse perso tre volte, prima di riuscire a raggiungere la mensa... Sherlock invece sembrava individuare la strada senza neanche guardare i cartelli.
“Vuoi rallentare, per favore? Che cosa hai” si interruppe notando dove fossero finiti.
Molly Hooper e il Professor Drewer stavano parlando di qualcosa al di la’ del vetro del laboratorio, poi la ragazza si chino’ di nuovo sul microscopio.
“Sherlock aspetta, non credo sia il momento di” tento’ John, ma il suo amico era gia’ entrato con prepotenza dalla porta.
“Che cosa state sperimentando?” il suo tono alto e deciso fece scattare la testa di entrambi i ricercatori.
Sherlock noto’ gli occhi rossi e gonfi di Molly.
Ha pianto. Di nuovo per colpa mia.
Strinse i pugni, cercando di scacciare il pensiero.
“Che cosa vuole, ancora?” il professor Drewer fece un passo avanti, uno sguardo irritato sul volto.
“Le pecore... e quell’uomo. Qualcosa li ha debilitati... qualcosa e’ entrato loro in circolo e li ha uccisi” rispose Sherlock.
“Pensavo che l’uomo fosse stato ucciso da un colpo di pistola” commento’ Drewer.
“Lei sa benissimo che non e’ andata proprio cosi, vero? Molly deve avergliene parlato. E lei e’ stato nel laboratorio, naturalmente. Ha letto le analisi”
Sul viso dell’uomo piu’ anziano passo’ una lieve smorfia sorpresa, ma si riprese subito.
“Che cosa vuole, signor Holmes?”
“Io non credo che si tratti di una qualche nuova e letale droga. Le pecore e il signor Crossing sono stati a contatto con qualcosa d’altro... cosi come le mucche prima di loro”
“Le  mucche non presentavano le stesse condizioni” la voce di Statson risuono’ chiara nel laboratorio.
Era sulla soglia, accompagnato da altre quattro guardie.
Sherlock si volto’ verso di lui.
“Solo perche’ di qualsiasi cosa si tratti, non era ancora stata sviluppata a pieno... ha raggiunto lo stadio successivo solo dopo. Per cui, ve lo chiedo ancora una volta... cosa state sperimentando?” si giro’ di nuovo verso Drewer, sfidandolo a parlare.
“Sherlock, di cosa stai parlando?” Molly si intromise per la prima volta, un tono incerto e perplesso.
“Di qualcosa che distrugge tutti gli organi interni, qualche sorta di sostanza che pero’ sembra avere anche proprieta’ curative, almeno sul corpo umano. Ricordi il fegato di Crossing? Era sano, piu’ sano di quanto ci si sarebbe potuto aspettare”
“Questo puo’ succedere, a volte...” commento’ lei, lanciando uno sguardo perplesso al professore.
Drewer scosse la testa.
“Lei sta parlando di fantascienza, signor Holmes... qui facciamo ricerca sul cancro. Studiamo le cellule, sperimentiamo farmaci. Non ci crediamo superiori a tutto e a tutti, cosa che evidentemente lei fa”
Sherlock fece un mezzo sorriso.
“Lei e’ la persona giusta, per questa cosa... e’ stato in Sud America per molto tempo, studiava cure alternative... che cosa ha riportato indietro?”
Il professore strinse gli occhi.
“Lei non mi conosce, signor Holmes... non sa nulla dei miei studi, per cui la smetta di fare accuse senza senso. E’ vero, lo ammetto... sono stato nel laboratorio per vedere i risultati delle analisi. Ero incuriosito, dopo che Molly mi ha detto dell’autopsia, ma non ho riscontrato nulla di strano. Mi dispiace se c’e’ in circolazione una sostanza cosi letale, ma le assicuro che io non c’entro nulla e non intendo giustificarmi oltre con lei.”
“E io non intendo permettere oltre questa intrusione” sbotto’ Statson, facendosi avanti seguito subito dopo dai suoi uomini. “Quel tizio era uno spacciatore. Ha usato la sua stessa droga... per come la vedo io, l’ha presa e l’ha lasciata in giro. Le pecore l’hanno mangiata e questo spiegherebbe perche’ hanno avuto tutti gli stessi sintomi e la droga non sia stata ritrovata...”
John spalanco’ gli occhi: Statson sembrava molto ben informato sulle indagini.
“NO!” sbotto’ Sherlock “non e’ stata la droga, ma qualcosa d’altro!”
“Allora perche’ non c’e’ traccia delle pasticche che Crossing doveva avere con se’?” chiese Statson.
Sherlock strinse le labbra: quello era un pezzo del puzzle che ancora gli mancava e sentiva che era molto importante.
Torno’ a rivolgersi a Drewer.
“Di qualunque cosa si tratti, e’ stata molto immediata e capillare. A quanto pare sperimentata al di fuori del laboratorio. Se ne perdete il controllo”
“Adesso basta!” sbotto’ il professore “se ne vada. Nessuna delle sue accuse ha qualche fondamento, l’avevo gia’ avvisata una volta, signor Holmes... non posso permettere che lei sia una distrazione” fece un cenno a Statson e quello si avvicino’ ulteriormente a Sherlock.
“Ehi” lo reguardi’ John, pronto a scattare in aiuto del suo amico, ma l’interesse di quest’ultimo era rivolto da un’altra parte.
“Molly?”
Lei rivolse esitante gli occhi verso di lui.
“Tu mi conosci. Lo sai che non sbaglio” le disse guardandola fissa.
La ragazza si morse il labbro: lui le stava chiedendo di fidarsi, un’altra volta.
L’ennesima.
Scosse piano la testa.
“Non ho rilevato nulla che faccia pensare che la tua teoria sia giusta, durante l’autopsia. E’ probabile che questa nuova droga vada ricercata con analisi piu’ approfondite, potrebbe avere dei componenti alternativi che non sono stati vagliati... spiegherebbe gli effetti devastanti sugli organi. Non... non credo che ci possa essere altra spiegazione” termino’ con voce bassa.
John osservo’ l’espressione di Sherlock farsi delusa: per la prima volta, Molly Hooper non gli stava dando il suo supporto.
“Ok, fuori di qui” ordino’ Statson con voce ferma. Si avvicino’ a Sherlock per afferrargli un braccio, ma lui alzo’ le mani.
“Me ne vado da solo” esclamo’.
John si rilasso’ impercettibilmente: non aveva nessuna voglia di essere coinvolto in una rissa, ma se Statson e i suoi uomini avessero provato a usare le maniere forti, sarebbe stato pronto al fianco di Sherlock.
Il consulente investigativo si avvicino’ all’uscita, poi si blocco’ e comincio’ a parlare senza tuttavia voltarsi.
“La prima volta che sono tornato a Londra, e’ stato per il mio funerale, pochi giorni dopo averti salutato. Mycroft mi aveva dato tutti i documenti e il necessario per dare inizio alla mia missione. Tu non ci sei andata, sei rimasta a casa a piangere. Avevi quel vecchio pigiama rosa a fiori che metti quando sei terribilmente depressa” Molly spalanco’ gli occhi, mentre lui continuava “sei mesi dopo, a settembre, l’infermiera che lavora al terzo piano del Bart’s ti ha combinato un appuntamento al buio senza che tu ne sapessi nulla con suo cugino. Lui ti ha portato a mangiare in un ristorante francese... hai passato la serata a far finta di gradire il cibo e la compagnia. Tu odi la cucina francese... e non hai neanche permesso a quel tizio di riaccompagnarti a casa.”
Nel laboratorio era calato il silenzio assoluto, come se quel dialogo fosse una cosa personale tra Sherlock e Molly.
E in effetti era proprio cosi, ma aveva un che di definitivo, realizzo’ John con una stretta al cuore.
“A Natale, entrambi i Natali in cui sono stato via, hai sempre lavorato... hai coperto tutti i turni delle festivita’. Non hai messo in casa le decorazioni che hai conservato dei tuoi genitori, non hai...” Sherlock fece un profondo sospiro “non hai fatto o ricevuto regali, non sei andata a nessuna festa. Non hai rimesso il tuo abito nero”
A quell’affermazione, calde lacrime cominciarono a scorrere sulle guance di Molly. Lui non l’aveva cercata, ma era sempre stato li.
Quando aveva potuto, era sempre stato li.
“Tu mi hai salvato, Molly Hooper” Sherlock strinse i pugni, continuando a restare girato ed evitando di guardarla “non potevo chiederti di piu’, ti avevo gia’ chiesto troppo” termino’ in un soffio.
Statson fece un lieve movimento e John lo fulmino’ con lo sguardo: lui sembro’ cogliere, perche’ si blocco’.
Molly chiuse gli occhi per  un attimo, alla ricerca del coraggio necessario per le parole che doveva pronunciare.
Ti prego...si ritrovo’ a pensare John, senza tuttavia sapere bene che cosa sperare.
“Sai una cosa, Sherlock?” comincio’ lei, la voce incrinata.
“Tenere il tuo segreto per due anni, e’ stato troppo.
Lacerarmi nell’incertezza e nella paura che ti succedesse qualcosa, e’ stato troppo.
Sapere che eri tornato e non sentirti, e’ stato troppo.
Ma sapere che stavi bene... che per quanto fosse difficile tu ce la stavi facendo... no, non sarebbe stato troppo.
Sarebbe stato semplicemente...giusto.
Sherlock abbasso’ il capo.
Poi usci’ dalla stanza senza aggiungere altro.

***

La macchina procedeva piano verso la costa, affrontando dolcemente ogni curva che la portava sempre piu’ lontana dal centro di ricerca.
Questa volta, non c’erano finestrini oscurati che impedissero la visuale del paesaggio e John Watson si ritrovo’ di nuovo a pensare, che quel posto era magnifico.
Sembrava irradiare un senso di pace anche nei suoi aspetti piu’ selvaggi.
“Lestrade dovra’ contattare l’antidroga a Londra, perche’ facciano delle indagini sul laboratorio che ha prodotto la sostanza che Crossing aveva con se’... se ne trovano traccia, forse riusciranno a scoprirne i componenti. Altrimenti dovremo solo aspettare che la gente cominci a morire”
John si volto’ di scatto verso Sherlock.
“Stai abbandonando il caso?” gli chiese stupito.
Lui non si giro’ a guardarlo.
“Sto solo vagliando tutte le possibilita’”
“Ma tu sei convinto che non sia la droga, la responsabile di quei danni interni”
Sherlock fece una smorfia.
“Non credo che potremo avere ancora l’accesso a quel laboratorio tanto presto e hai sentito Molly. Lei... lei non mi crede”
John rimase in silenzio ancora per qualche istante, cercando di ponderare bene le parole.
“Non penso sia cosi” comincio’ piano “e’ ferita...confusa... e non sa bene cosa aspettarsi da te, Sherlock.”
“Io la rivoglio con me!” esclamo’ lui.
“Lo so!” esclamo’ esasperato John “E non propinarmi la solita tirata sul fatto che il tuo lavoro ne risentirebbe, perche’ hai lavorato comunque bene, in questi due mesi. Incessantemente, lasciamelo dire... senza fermarti mai a riflettere su quello che ti mancava veramente!”
“Che intendi dire?” Sherlock si volto’ finalmente verso di lui, nessun segno di noia o insofferenza sul suo viso.
John improvvisamente si rese conto che era arrivato il momento giusto, il momento in cui il grande e unico consulente investigativo sarebbe stato pronto a sentirsi dire la verita’.
“Amico mio... credo che sia ora che tu ammetta con te stesso che rivuoi Molly non per quello che puo’ darti, ma per quello che e’”
Sherlock chiuse gli occhi, lasciando che quelle parole gli inondassero la mente, cercando di non opporvisi.
Prima che potesse dire qualunque cosa, il suo cellulare segnalo’ un sms in entrata.
 

ABBIAMO PRESO PADES. CREDO SIA MEGLIO CHE TU VENGA A SENTIRE COSA HA DA RACCONTARE. GL
 
 
 

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Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


ok... non e’ che io non abbia esattamente nulla da fare, come presupporrebbe questo veloce (luuuungo)  aggiornamento. Si, ho lavorato un po’ di meno questa settimana ma soprattutto, questo capitolo (il penultimo) e’ stato scritto quasi in contemporanea con il precedente, per cui... ecco a voi.
E grazie, grazie a Bored94, Efy, IrregolareDiBakerStreet e miserere perche’... perche’ si. Sono fantastiche nei loro commenti. Grazie anche a chi legge. Spero di non deludervi con questo capitolo e, soprattutto, con il prossimo.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 9

 
“Adesso ripeti tutto da capo”
Clarence Glaves si sedette di fronte a Ryan Pades, uno sguardo severo sul volto.
Il ragazzo fece una smorfia, poi sbircio’ verso l’entrata della sala interrogatori.
“Davvero lui e’ Sherlock Holmes?” chiese, indicando la figura del consulente investigativo che era comparsa qualche attimo prima sulla porta.
“In carne e ossa” confermo’ il capitano con un cenno “e ora, sarai cosi gentile da ripetere a lui quello che hai detto prima a me e all’ispettore Lestrade.”
Ryan si guardo’ per un attimo le mani, poi sbotto’.
“Non l’ho ucciso io! Quei tizi a cui dovevo dei soldi... sono arrivati e hanno perso la pazienza, se lo sono portati via. Gli abbiamo chiesto piu’ volte dove fosse la roba, per quasi un giorno intero ma lui stava sempre piu’ male!”
Glaves scosse il capo.
“Non quello... ci occuperemo della banda dei fratelli Dakes quando avremo finito qui. Erano mesi che cercavamo di incastrarli, ora avremo un buon motivo per stargli addosso, grazie a te. Ti sei cacciato proprio in un bel guaio. Pero’ voglio che adesso tu dica al signor Holmes quell’altra cosa”
L’espressione di Sherlock si fece piu’ attenta.
“Ryan?” incalzo’ Glaves.
“Ok, ok... anche se non capisco cosa c’entri. Comunque... Quel tizio non era fatto”
A quell’affermazione, Lestrade lancio’ a Sherlock uno sguardo eloquente e sul viso del consulente investigativo passo’ un lampo di eccitazione.
“Che intendi dire?” domando’ al ragazzo.
Ryan scosse le spalle.
“Senti amico, ne ho vista di gente che ha preso pasticche e ti assicuro, che non era il caso di Crossing. Stava male, si... ma non per la droga. Era roba semplice che avevo gia’ provato anche io a Londra, non dava sicuramente quegli effetti... ero nel panico, ok? Quando sono andato a prenderlo su al pascolo, farfugliava. Ho pensato anche io che si fosse calato qualcosa e l’ho portato con me per aspettare che gli passasse l’effetto, ma e’ peggiorato. Poi sono arrivati i fratelli Dakes e l’hanno preso, hanno detto che se ne sarebbero occupati loro e che sarebbero tornati su al pascolo a cercare le pasticche da soli.”
“Credi che le abbiano trovate?”
“E che ne so? Non li ho piu’ sentiti, ho solo pensato che era meglio se me ne andavo al piu’ presto possibile da qui... forse si. Non e’ gente che lascia perdere i debiti e io gli dovevo un po’ di soldi... se le hanno trovate, forse hanno considerato chiusa la questione”
“Questo spiegherebbe perche’  non sono state rinvenute” aggiunse John “ e potrebbe confermare la tua teoria”
Sherlock annui’.
“Quindi non e’ colpa della droga.” Commento’ Lestrade.
“Allora di che diavolo si tratta?” chiese Glaves.
“Qualcosa di peggio... sono convinto che c’entri il laboratorio di ricerca, ma non ho ancora tutti gli elementi per provarlo” rispose Sherlock.
“Il centro di ricerca? Quello di Molly?” esclamo’ stupito Lestrade “Beh, se e’ cosi, andiamo a verificare!”
John si schiari’ la voce.
“Ehm... ci hanno appena sbattuto fuori”
L’ispettore spalanco’ gli occhi e Sherlock si irrigidi’.
“Che c’e’?? Ho fatto delle domande e non hanno voluto rispondermi!” esclamo’ quasi sulla difensiva.
“Sherlock...” Lestrade scosse la testa “conoscendoti, e’ piu’ probabile che tu abbia fatto delle constatazioni poco gentili e molto dirette. Ma sicuramente Molly...”
John si schiari’ di nuovo la voce e comincio’ a scuotere forte la testa e le mani dietro le spalle di Sherlock, facendo segno all’ispettore di tacere.
“Smettila, John” esclamo’ Sherlock, senza neanche voltarsi a guardarlo.
“Beh, non potranno di certo sbattere fuori me” esclamo’ Glaves con sicurezza “se c’e’ qualcosa nel mio territorio di cosi pericoloso, ho tutto il diritto di cercare di capire di cosa si tratti”
“Io posso andarmene?” quattro teste si girarono verso Ryan Pades.
“Stai scherzando, vero?” gli rispose il capitano.
“Ehi! Io non ho fatto niente, in pratica!”
“Niente?? Ma dico, sei stupido o cosa? Tentato spaccio di droga, sequestro di persona e concorso in omicidio!”
“Ho collaborato! Vi ho servito i fratelli Dakes su un piatto d’argento... e per quanto ne so io, quel tizio poteva morire comunque, magari di polmonite!”
“Polmonite? Perche’ dici cosi?” Sherlock si avvicino’ improvvisamente e Pades sussulto’.
“Si era fatto un bagno, c’e’ un laghetto poco distante da dove era. Quando sono arrivato, aveva ancora i capelli umidi... era un tizio un po’ strano, che veniva dal Nord. Una volta mi ha raccontato che con i suoi amici si faceva un tuffo anche d’inverno, su dalle sue parti. L’acqua del laghetto non deve essergli sembrata tanto fredda, dopo tutto”
“L’acqua...” sussurro’ Sherlock “Ecco che cosa era!”
“L’acqua?” replico’ Lestrade.
John fu il primo a capire.
“Il collegamento fra Crossing e le pecore! Sono entrati entrambi a contatto con la stessa acqua! Lui ci ha fatto il bagno...”
“E le pecore l’hanno bevuta!” termino’ Sherlock “Dobbiamo tornare al laboratorio! Drewer si sentira’ messo alle strette e cerchera’ di far sparire qualunque cosa abbia utilizzato, il prima possibile!”
“E chi e’ Drewer?” chiese allibito Lestrade.
“Non c’e’ tempo, ora! Molly era con lui!” Sherlock si precipito’ a razzo fuori dalla stanza, seguito dagli altri tre uomini.
Ryan Pades rimase seduto al tavolo.
“Suppongo che questo significhi che non potro’ andarmene” dichiaro’ deluso.

***

Molly doveva recuperare un bel po’ di lavoro, per questo si trovava ancora al centro di ricerca nonostante ormai, fosse praticamente deserto.
Il professor Drewer era accanto a lei in un’altra postazione, intento ad osservare un campione al microscopio.
“E’ vero quello che ha detto quel detective? Che gli hai salvato la vita?” le chiese improvvisamente, senza alzare gli occhi.
Molly interruppe il suo lavoro e guardo’ stupita il suo vecchio insegnante.
“Io... si, suppongo di si. Ma e’ una storia... complicata”
Fece una smorfia: complicata era proprio un eufemismo, ma in questo momento non riusciva a dare un’altra definizione a tutto il suo rapporto con Sherlock Holmes.
“Pensavo che a Londra tu facessi la patologa”
A Molly sembro’ di avvertire una lieve punta di rimprovero e senti’ l’impellente bisogno, di difendere tutto quello che per lei avevano significato gli anni  con Sherlock.
“Lui e’ il migliore!” esclamo’ convinta “lavorare accanto a lui e’ estremamente stimolante. E’ un uomo brillante e intelligente, che sfrutta le sue capacita’ per fare del bene. E’ stato un onore, essergli d’aiuto nel momento del bisogno!” tacque per un attimo, stupita della sua stessa veemenza.
Ma era la verita’.
Drewer le rivolse un sorriso.
“Ti chiedo scusa, cara... non volevo mettere in discussione le tue scelte. E’ sicuramente un uomo notevole, nonostante i suoi modi. Sono sicuro che il tuo periodo a Londra non sia stato tempo sprecato, ma naturalmente ora stai facendo un lavoro piu’ consono alle tue capacita’. Ti ho gia’ detto, vero, che sono molto felice che tu abbia accettato di lavorare con me?”
Molly si rilasso’ un po’.
“Si, professore. Ma sono io che devo ringraziarla per avermi accettata al suo fianco... in fondo ero un po’ fuori esercizio!”
Drewer sorrise ancora.
“Non credo proprio. Hai dimostrato di avere un talento innato, per la ricerca, gia’ dall’universita’... e’ un vero peccato che tu non sia venuta in Sud America con il mio team, non e’ sempre facile individuare dei buoni collaboratori”
“Ma non mi dica!” esclamo’ una voce dietro di loro.
Molly si volto’ e spalanco’ gli occhi alla vista della pistola.

***

Sherlock entro’ a precipizio nel centro di ricerca, incurante degli altri che lo seguivano a breve distanza e delle proteste di Statson che, solo dopo una telefonata tempestiva di Mycroft, si era convinto a riammettere il consulente investigativo nella struttura. Era stato John a persuadere il maggiore dei fratelli Holmes che era necessario permettere a Sherlock di tornare indietro, mentre quest’ultimo aveva trascorso il viaggio cercando di contattare Molly, senza avere pero’ risposta e provando un’inquietudine sempre piu’ forte.
Se le fosse successo qualcosa...
Raggiunse in fretta il laboratorio.
“Molly!”
Scandaglio’ freneticamente la stanza alla ricerca di qualche indizio della sua presenza.
Poi senti’ un gemito soffocato.
“Molly!
John, Lestrade e Glaves lo avevano raggiunto ed entrarono di corsa, in tempo per vedere Sherlock piegarsi a terra e liberare la ragazza dal bavaglio e dalle corde.
“Stai bene?” le prese il viso tra le mani, mentre lei annuiva respirando a fondo.
“Sei sicura? Sei ferita? John, vieni a vederla, potrebbe essere”
“Sto bene” lo blocco’ lei, afferrandogli le mani e stringendole forte “sto bene... io, mi hanno solo stordita. Drewer...”
Sherlock chiuse per un attimo gli occhi, per cercare di recuperare la calma.
“Si, lo so. Avevo ragione, ho trovato il collegamento. Era l’acqua, Molly... ha coltivato qualcosa nell’acqua che”
Lei scosse con forza il capo.
“No! Non e’ stato lui! Sono arrivati due tizi armati, mi e’ sembrato di capire che uno fosse un ex collaboratore del professore. Credo che siano ancora qui con lui, da qualche parte... parlavano di recuperare dei campioni prima di andarsene. Sherlock, hanno preso Drewer con loro, avevano due pistole!”
“Evidentemente l’altro e’ una guardia, o non sarebbero riusciti ad aggirare i sistemi di sicurezza con tanta facilita’” esclamo’ Sherlock “dobbiamo trovarli, non possiamo permettere che se ne vadano con quella roba! Lestrade!”
L’ispettore si fece avanti.
“Resta con Molly, noi andiamo a cercarli” ordino’ Sherlock con tono secco.
L’espressione dell’altro si fece furiosa.
“Che cosa? No, che ti salta in mente? Stai tentando di tenermi fuori dalla faccenda, perche’ non ti fidi del fatto che io possa essere al cento per cento?”
Sherlock gli si avvicino’ pericolosamente.
“Ti sto affidando Molly, ispettore. E pretendo, che tu sia al cento per cento”
Negli occhi di Lestrade passo’ un lampo di comprensione: Sherlock non lo stava affatto lasciando indietro, gli stava chiedendo di proteggere la cosa piu’ importante, perche’ si fidava del fatto che l’avrebbe fatto bene.
Scosse la testa: mister niente sentimenti, un cavolo!
“Sei un idiota, Sherlock” gli disse quindi, avvicinandosi a Molly per aiutarla ad alzarsi.
Un attimo dopo, il detective, John e Glaves erano spariti dalla stanza.

***

“Fa attenzione con quella roba! E’ fragile!”
Il professor Drewer osservo’ con tristezza il suo vecchio studente Adam Bunner muoversi con gesti nervosi per la stanza, istruendo il suo compagno sulle cose da mettere nelle borse.
“Eri un allievo promettente, Adam” commento’ con tono basso.
“Ah si?” l’uomo si giro’ verso di lui “e’ per questo che cinque mesi fa mi ha dato il benservito e mi ha cacciato?”
Drewer fece un sospiro.
“Non riuscivi a focalizzare il tuo lavoro... la ricerca prevede metodologia e pazienza. Tu avevi sempre fretta di improvvisare”
“Due anni!” tuono’ Bunner “due anni della mia vita in quella schifosa giungla sudamericana, nella speranza di riuscire a trovare qualcosa che mi facesse fare soldi e mi ripagasse di tutti i sacrifici!”
Drewer scosse la testa.
“Soldi? Non e’ per questo che lavoriamo...”
“Parli per lei! Quando ho trovato l’alga e ho cominciato a studiarla, ho capito subito che aveva delle enormi potenzialita’, avevo solo bisogno di un laboratorio attrezzato in cui continuare gli studi e delle cavie su cui sperimentarla!”
“E’ questo che hai fatto per tutto il tempo che siamo stati qui? Quegli animali... e quell’uomo, Adam! Hai visto gli effetti devastanti che ha avuto su di lui! Ho visto le analisi!”
“Sara’ una perfetta arma, per chi avra’ i soldi per pagarsela”
“Oh, cielo... ho commesso uno sbaglio.” Commento’ Drewer “avrei dovuto confermare che c’era qualcosa che non andava, ma quando ho visto come il fegato fosse sano, mi sono fatto trascinare dall’entusiasmo. Volevo avere il tempo di capire di cosa si trattasse, ma la verita’ e’ che ha distrutto tutto il resto! E’ cosi che vuoi dedicarti alla medicina e alla ricerca?”
“Stia zitto! L’esperimento e’ mio, devo solo recuperare cio’ che mi serve e adesso lei mi aiutera’, sono sicuro che ci sono un sacco di persone interessate a questa sostanza, quando saro’ stato in grado di riprodurla la rivendero’ al miglior offerente. Con le mucche era ancora allo stadio iniziale, e l’acqua di quel lago non era l’ambiente giusto, dopo che le pecore e quell’idiota l’hanno toccata, si e’ dissolta. Ma avevo altri campioni nascosti qui, dovro’solo ricominciare da un’altra parte!”
Il professore assunse un’aria decisa.
“Non ti aiutero’, Adam. Non saro’ il tuo complice in questo azzardo!”
Il compagno di Bunner alzo’ la pistola.
“E invece lo fara’, amico. Altrimenti le pianto una pallottola in testa.”
“Che ne dici se invece lo faccio io a te?” intervenne la voce glaciale di Glaves.

***

Molly si stava tormentando nervosamente le mani, in attesa che la situazione si risolvesse. Lestrade aveva insistito per allontanarsi dal laboratorio e cercare un posto piu’ sicuro, continuando a ripeterle che sarebbe andato tutto bene.
Lei non riusciva a fare altro che a pensare alle pistole e a Sherlock, incapace di dominare la preoccupazione e l’ansia.
Improvvisamente, si ritrovava proiettata indietro nel tempo, ai tempi in cui era ignara di dove lui fosse, ma pienamente consapevole dei rischi che stava affrontando.
Era una pena che aveva giurato a se’ stessa, non avrebbe piu’ provato.
Finalmente, delle figure cominciarono ad emergere dal corridoio: Statson e i suoi collaboratori portavano con loro due prigionieri  ammanettati. Li seguiva il professor Drewer, che sembrava stare bene, fortunatamente.
Poi, altri tre uomini.
Senza pensarci troppo ed agendo d’istinto, Molly si getto’ di corsa verso Sherlock e lo abbraccio’ forte.
“Stai bene...” sussurro’.
Lui vacillo’ leggermente.
“Ovviamente. Eravamo in superiorita’ numerica e quello scienziato non ha la minima idea di come si usi un’arma”
Senti’ il riso soffocato di Molly contro il suo petto e per un attimo, l’unica sensazione che provo’ fu quella del calore del contatto fra i loro corpi e delle braccia di lei che gli stringevano la vita.
Era piacevole.
Osservo’ John fare degli strani gesti e infine, si rese conto che lo stava invitando a ricambiare l’abbraccio di Molly.
Si, giusto... avrebbe dovuto anche lui alzare le braccia e circondarla e
“Molly, cara? Mi spiace, ma credo sia meglio che mettiamo al sicuro tutti i campioni del laboratorio che Adam ha cercato di prendere. Sono facilmente deperibili, lo sai... significherebbe perdere del lavoro prezioso.”
La voce del professor Drewer arrivo’ a interrompere il momento e riporto’ bruscamente alla realta’ Molly, che si stacco’ immediatamente da Sherlock.
A lui non piacque neanche un po’ la sensazione di vuoto che arrivo’ a sostituire quelle di poco prima.
“Si, giusto” mormoro’ la ragazza, arrossendo violentemente e rendendosi conto che Sherlock non aveva ricambiato l’abbraccio.
Si era resa ridicola.
Con un ultimo sorriso e tenendo gli occhi bassi per la vergogna,  si stacco’ definitivamente da lui.
“Ok, allora... ciao”
Lui sembro’ riscuotersi.
“Molly...”
Ma lei se ne era gia’ andata lungo il corridoio.

***

Apparentemente, la sagra del pesciolino fritto era un evento al quale assolutamente non si poteva mancare.
Questo almeno era quello che aveva annunciato il capitano Glaves la sera seguente, dopo che avevano passato la giornata a organizzare e mettere in atto la retata contro la banda dei fratelli Dakes.
Il caso era stato brillantemente risolto.
E la sagra aveva avuto inizio.
Glaves si era eclissato in chissa’ quale cucina per friggere il famoso prodotto locale e poi era apparso al tavolo di Sherlock, John e Lestrade, riempiendoli di cibo e birra: il Dottore e l’ispettore si erano rimpinzati a piu’ non posso, Sherlock si era limitato a rimescolare il contenuto del suo piatto, gettando occhiate ansiose  all’entrata del tendone.
Non aveva visto Molly per tutto il giorno, ne’ aveva avuto la possibilita’ di parlare con lei, ma quando il professor Drewer era venuto in centrale per la sua deposizione, l’aveva fissato dritto negli occhi e gli aveva detto che si sarebbero visti tutti quella sera.
Fece una smorfia al ricordo del dialogo che si era svolto tra di loro.
“Mi dica, signor Holmes” aveva cominciato il professore, prima di andarsene “perche’ ha pensato subito che io stessi nascondendo qualcosa, ma non ha ipotizzato che anche Molly fosse coinvolta?”
Sherlock si era irrigidito.
“Molly e’ una persona onesta, non avrebbe mai acconsentito a fare nulla di sbagliato”
A quanto pareva, la sua risposta aveva soddisfatto lo studioso, che aveva fatto un cenno con la testa e si era diretto verso l’uscita.
Poi pero’ si era fermato ed era tornato a guardare Sherlock negli occhi.
“Lo sa? Molly e’ brava”
Il consulente investigativo aveva avuto un cenno di sorpresa, poi aveva annuito.
“Voglio dire...” aveva ripreso Drewer “veramente brava. Terminera’ il primo step della sua ricerca con due settimane di anticipo”
Non aveva aggiunto altro, ne’ Sherlock aveva bisogno di ulteriori spiegazioni: era chiaro che il professore aveva voluto sottolineare l’assoluta utilita’ di Molly al centro di ricerca.
“Credo che scoppiero’” l’affermazione di John riporto’ Sherlock al presente, ma prima che potesse rispondergli con qualche battuta, Molly arrivo’ e lui si ritrovo’ a fissarla, improvvisamente a corto di parole.
Era in compagnia di qualche collega del laboratorio e stava sorridendo cortesemente ad uno di loro, che evidentemente le stava spiegando l’organizzazione della sagra.
Sherlock fece per alzarsi, ma poi ci ripenso’, inchiodandosi di nuovo al suo posto.
“Oh per la miseria! Vai a parlarle!” sbotto’ Lestrade, a cui non era sfuggiti i suoi  movimenti confusi.
“Lascialo in pace... vedrai che lo fara’, quando sara’ pronto... fra cinque o dieci anni” proclamo’ John, scoppiando a ridere, seguito subito dopo dall’ispettore.
“Molto divertente” sibilo’ Sherlock a denti stretti.
John si rifece serio.
“Scusa... hai ragione. Ma davvero... vai da lei. E’ il momento, non farti scappare l’occasione” esclamo’ in tono incoraggiante: non era riuscito a resistere alla tentazione di scherzare, ma lui e l’ispettore avevano gia’ concordato un’azione di forza, se le cose non fossero progredite.
“Il Dottore ha ragione, amico... non farti prendere dalla paura” incalzo’ Lestrade.
Sherlock si raddrizzo’ sulla panca, punto sul vivo da quell’accusa.
Lui non aveva paura... era solo un po’ incerto sulle modalita’ di azione, tutto qui.
“Non credo dovrei accettare consigli da due persone, che hanno entrambe un matrimonio fallito alle spalle” sbotto’, facendo ridere di nuovo gli altri due.
Lestrade fu il primo a riprendersi.
“Beh, per lo meno noi ci siamo presi il rischio...” esclamo’ con un sorriso, prima di bere un altro sorso di birra.
John fu distratto dal suono del suo cellulare.
“Di nuovo Mycroft” esclamo’ dopo aver letto il messaggio “sul serio, non capisco perche’ tuo fratello debba in qualche modo contorto congratularsi con te, attraverso di me... vuoi scrivergli, per favore?”
“Non ci penso proprio” esclamo’ Sherlock, tornando a guardare Molly, che adesso si era seduta ad un tavolo insieme agli altri.
“Io pero’ non ho capito una cosa...” intervenne pensieroso Lestrade “la faccenda della pianta sudamericana e’ stata totalmente inaspettata, ma se inizialmente non e’ stata Molly a chiamarti  e neanche Mycroft... chi ha suggerito che tu venissi comunque qui?”
“Qualcuno piu’ in alto di mio fratello che lo ha costretto a passarmi un caso da queste parti, naturalmente” rispose distrattamente Sherlock, passandosi i palmi delle mani umidi sui pantaloni.
Sul serio, la situazione cominciava ad essere ridicola. Aveva parlato con Molly centinaia di volte, poteva farlo anche ora.
“E chi c’e’ piu’ in alto di Mycroft?” si stupi’ John “lui e’ il governo!”
Sherlock si alzo’ di botto, cogliendo di sorpresa i suoi due compagni di tavolo e facendo ondeggiare la panca.
“Mamma, ovviamente. A volte tende ancora a immischiarsi nelle nostre faccende” si stiro’ la giacca e con un cenno del capo, si diresse deciso verso il punto in cui era seduta Molly.
John e Lestrade lo guardarono a bocca aperta, poi rimasero ad osservarlo mentre si avvicinava alla ragazza a grandi passi, un’espressione concentrata sul viso.
“Sai” esclamo’ infine l’ispettore, tornando a mangiare il pesciolino nel suo piatto “e’ per momenti epocali come questo, che vale la pena essere ancora vivo, nonostante tutto il resto. Me lo sono guadagnato, con tutto quello che lui mi ha fatto passare”
Per un attimo, gli occhi di John si fecero tristi al pensiero della malattia di Lestrade, ma poi diede una pacca sulla spalla al suo compagno.
“Ce lo siamo guadagnati tutti e due” gli disse seriamente.
Entrambi sorrisero.

***

Molly Hooper era molto stanca: aveva riposato poche ore e passato la giornata in laboratorio, a ricatalogare molti campioni e a continuare il suo lavoro.
In lei si agitavano sentimenti contrastanti: da un lato, aveva sperato di rivedere Sherlock, anche se la disastrosa scena dell’abbraccio e la tristezza per il suo comportamento erano ancora ben presenti nella sua mente e nel suo cuore... dall’altro, sperava che non avrebbe dovuto ritrovarsi di fronte di nuovo alla sua richiesta
(beh, comando)
di tornare a Londra, perche’ sinceramente non era cosi sicura che avrebbe rifiutato a priori, decisione che invece sarebbe stata assolutamente razionale e responsabile.
La verita’, era che in quei giorni si era perfettamente ricordata del perche’ vivere accanto a Sherlock Holmes, fosse elettrizzante e la facesse sentire cosi viva e utile.
E se ci aggiungeva il fatto di non aver mai smesso di amarlo, non poteva sentirsi altro che confusa.
Quando lo vide avvicinarsi, non pote’ quindi evitare al suo cuore di cominciare a battere forte.
Sherlock le arrivo’ di fronte, torreggiando su di lei e fissandola con i suoi occhi chiari e profondi.
Seguirono alcuni momenti di silenzio.
“Ciao?” lo saluto’ timidamente lei, quando si rese conto che lui non sembrava intenzionato a pronunciare  una qualche parola.
I colleghi seduti con lei al tavolo avevano assunto un’aria curiosa.
E Sherlock continuava a fissarla.
Molly si senti’ invadere da una sottile irritazione: perche’ doveva fare di tutto per metterla a disagio?
“Senti” comincio’ “se ti serve qualcosa dillo, io sono qui per mangiare e”
La sua frase rimase sospesa nell’aria, perche’ Sherlock le afferro’ una mano e la fece alzare, costringendola a seguirlo fuori dal tendone.
Una volta all’aperto, lui la lascio’ e si caccio’ le mani in tasca, puntando lo sguardo verso un punto lontano.
Molly decise di averne avuto abbastanza: in quel momento, faticava molto a ricordare i motivi del suo amore verso quell’uomo.
“E’ stato molto scortese, non trovi?” esclamo’.
Lui torno’ a guardarla.
“Mi conosci da abbastanza tempo da sapere che se voglio qualcosa, lo prendo senza badare molto alle buone maniere”
Suo malgrado, Molly sorrise al suo tono saccente ma poi si accorse dell’espressione dei suoi occhi, nettamente in contrasto al modo in cui aveva appena parlato.
Sherlock Holmes era chiaramente indeciso e a disagio.
Molly si senti’ invadere da una flebile speranza: forse lui non era li per comandare semplicemente il suo ritorno a Londra, forse c’era dell’altro... in un attimo, ricordo’ il suo atteggiamento preoccupato quando l’aveva trovata legata nel laboratorio, la foga con cui si era accertato che lei stesse bene.
Il momento in cui le aveva detto che lei contava.
Era impossibile, ma forse...
Molly fece un sospiro e prese coraggio.
“E che cos’e’ che vuoi, Sherlock?”
Lui apri’ la bocca per rispondere, ma poi la richiuse in preda all’incertezza.
“Credevo fosse chiaro” replico’ infine.
L’espressione di Molly si fece triste e rassegnata.
No, evidentemente lui non aveva nulla di nuovo da dirle.
“Lascia perdere. Sai, mi e’ passata la fame, credo che andro’ a casa... buonanotte, Sherlock”
Si volto’.
Prima che Molly potesse fare un passo, Sherlock Holmes la afferro’ per le spalle, la fece girare verso di lui e la attiro’ a se’.
Poi la bacio’.
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** capitolo 10 ***


No, non mi appartiene nulla... personaggi o canzone non sono miei.
Di mio, ci sono le bellissime recensioni di Bored94, Efy, IrregolareDiBakerStreet, Lady of the sea e miserere... e quelle come al solito me le tengo ben strette.
Capitolo lungo (e ultimo), ma cosi doveva essere.
 

L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 10
 

Sul manoscritto l’inchiostro saro’
e mi avrai nero su bianco
Saranno gli occhi o i tarocchi pero’
sapro’ quello che ancora non so
quello che ancora non so
Mi dirai di si o mi dirai di no
(Angelo Branduardi – L’apprendista stregone)
 

 
I raggi del sole si riflettevano pigramente sul mare, regalando alle placide onde della marea del mattino, un’aria ancora piu’ tranquilla e rilassante.
Sulla spiaggia, un uomo camminava lentamente sulla sabbia, tenendo d’occhio il suo cane che saltellava allegro fuori e dentro dall’acqua, qualche metro piu’ avanti; prometteva di essere una giornata molto calda, probabilmente il tratto piu’ a Sud della costa sarebbe stato ben presto invaso da qualche turista affamato di sole, o da qualche abitante del posto con un po’ di tempo libero.
Molly Hooper fece un sospiro e rannicchio’ le gambe sotto di se’ sulla sdraio della sua veranda, lasciando vagare lo sguardo e domandandosi, di quanto sarebbe cambiato il paesaggio dopo la fine della stagione estiva: sarebbe arrivato un vento piu’ freddo, che avrebbe soffiato piu’ forte (lei amava il vento, riusciva sempre a tranquillizzarla anche in occasione dei temporali e perfino di notte, quando faceva cigolare le imposte chiuse male e proiettava sui muri, le ombre degli alberi che ondeggiavano impetuosamente) e il mare, avrebbe acquisito nuovi colori e sfumature, assumendo un’aria piu’ seria e selvaggia.
I fiori e le piante del giardino avrebbero dovuto essere messi al riparo, naturalmente: Molly fece una smorfia, al pensiero dei due cespugli di rose che che non aveva ancora avuto il tempo di trapiantare... doveva decidersi a farlo in fretta.
Allungo’ la mano verso la prima tazza di caffe’ della giornata e ne prese un lungo sorso, rabbrividendo leggermente alla lieve e inaspettata brezza che si levo’ verso di lei e concedendosi un sorriso, nel sentire il rumore della porta a vetri che si apriva alle sue spalle.
“Mi sono svegliato e tu non c’eri” esclamo’ una voce profonda, in quello che Molly avrebbe potuto giurare essere un tono lamentoso “sai, se non fossi io... se non fossi l’unico consulente investigativo al mondo, avrei potuto pensare che tu fossi scappata”
Il sorriso di Molly si allargo’ sul suo viso e senza lasciare la tazza che aveva in mano, si volto’ verso Sherlock Holmes, non riuscendo ad evitare un lieve sussulto alla vista che le si presento’: lui stava appoggiato pigramente allo stipite della porta, i capelli arruffati e un’espressione intensa sul volto.
L’unica cosa che lo copriva, era il lenzuolo del letto che teneva stretto sulle spalle.
Molly degluti’ piano, cercando di trattenersi dal darsi un pizzicotto per verificare che non fosse tutto un sogno: per nascondere l’imbarazzo, prese un altro sorso di caffe’.
“E dimmi” riusci’ infine a replicare, cercando di mostrare un po’ di audacia “da che cosa hai dedotto che invece non era cosi?”
Lui si stacco’ dalla porta e comincio’ ad avanzare lentamente verso di lei.
“Questa e’ casa tua” rispose, fissandola dritta negli occhi “una fuga non sarebbe stata logica... in cucina c’era traccia di caffe’ appena fatto... a proposito, sarebbe gentile se tu me ne offrissi una tazza”
Nero, due zollette.
Molly si ritrovo’ a trattenere il fiato, mentre lui si avvicinava sempre di piu’.
“Non ti sei rivestita. In effetti, indossi solo la mia camicia” un angolo della sua bocca si alzo’, a sottolineare come la cosa non gli dispiacesse affatto e i suoi occhi, tradirono un fondo di divertimento, mentre le arrivava di fronte e, tenendo il lenzuolo ancora piu’ stretto alle spalle con una mano, usava l’altra per farla alzare dolcemente.
“E infine” sussurro’, non riuscendo a nascondere del tutto un piccolo accenno d’ansia “non avevi nulla da cui scappare... giusto?”
Molly si morse il labbro e scosse piano la testa, sentendo che stava arrossendo fino alla radice dei capelli.
Era mai possibile, essere cosi assurdamente felici?
La notte prima, dopo che Sherlock Holmes l’aveva baciata per la prima volta, era stata un susseguirsi di emozioni e sensazioni: avrebbe dovuto sapere che con lui niente sarebbe andato per gradi e sinceramente, aveva aspettato
(sognato)
per cosi tanto tempo quel momento, che non poteva proprio lamentarsi.
Assolutamente no.
“Dormivi cosi bene, che ho pensato di lasciarti riposare ancora un po’. Hai detto che il tuo treno per Londra parte  oggi pomeriggio” ribatte’, cogliendo la sua espressione che si faceva piu’ rilassata.
Oh cielo, Sherlock Holmes aveva paura che lei potesse avere chissa’ quale ripensamento.
Abbasso’ gli occhi e si ritrovo’ a fissare i suoi piedi nudi, il che inspiegabilmente la fece arrossire ancora.
Non c’era nessun ripensamento, ma la verita’ era che aveva voluto un po’ di tempo per se’, prima di confrontarsi con lui: non c’entrava nulla quanto era successo la notte prima, quello era stato assolutamente giusto e desiderato, da parte di entrambi; solo, nessuno dei due aveva posto alcuna discussione, ne’ avanzato richieste o preteso promesse, che in quel momento non erano importanti.
Loro due, erano importanti.
Con l’arrivo del giorno, pero’, la realta’, il ritorno di Molly Hooper a Londra e la necessita’ di prendere decisioni per il futuro erano tornati prepotentemente alla ribalta, dando alla ragazza una sensazione di incertezza e insicurezza rispetto a una moltitudine di questioni: il suo lavoro, che finalmente stava cominciando a dare i primi, importanti risultati, la loro capacita’ di fare fronte ai nuovi, improvvisi termini del loro rapporto
Il mare d’inverno e le rose da piantare.
Scosse di nuovo il capo, cercando di scacciare i pensieri di poco prima.
Doveva trovare il modo di affrontare quella discussione con calma e attenzione, sicuramente ora Sherlock dava per scontato che lei sarebbe tornata indietro e lei lo voleva, sul serio... ma c’era ancora cosi tanto, da decidere...
Prima, quello che sapeva di potergli dare senza difficolta’.
“Vado a prenderti quella tazza di caffe’” esclamo’ quindi con tono che spero’ essere abbastanza allegro, avviandosi verso la porta.
“Tu non vuoi veramente tornare a Londra” esclamo’ Sherlock, piegando la testa da un lato per osservarla meglio.
Molly spalanco’ gli occhi e si volto’, cercando sul suo viso tracce di rabbia o delusione: era proprio da lui, arrivare subito al punto senza dare modo agli altri di elaborare le cose gradualmente. La sua mente era sempre molti passi avanti.
Si senti’ invadere dal panico: Sherlock era la cosa piu’ importante e la notte prima le aveva dimostrato di tenere a lei... ogni altra cosa poteva essere accantonata, se questo significava rimanergli accanto.
 “Io voglio stare con te” esclamo’ quindi con tono sicuro “e’ solo...” Chiuse gli occhi, incapace di continuare: come poteva spiegare a lui i propri dubbi, quando non era in grado di ammetterli neanche con se’ stessa?
Con sua somma sorpresa, quando rialzo’ lo sguardo lo vide sorridere.
“E io voglio stare con te, Molly Hooper” dichiaro’ lui “Voglio stare con te davvero... voglio che tu sia felice e voglio che tu sia la persona che sei diventata, la persona con cui sono stato stanotte” si fermo’ un attimo, alla ricerca delle parole giuste “E quella persona adesso vive qui. E fa ricerche in un laboratorio e io mi sento orgoglioso dei suoi risultati”
Che cosa stava dicendo?
“Tu non desideri che io torni a Londra” commento’ infine Molly, stupita e un po’ ferita, nonostante le sue parole di poco prima l’avessero riempita di gioia.
Sherlock lascio’ vagare lo sguardo.
“Lo vorrei tanto, invece” rispose sincero “Sono venuto qui per questo, per riportarti indietro ma ora so... che non sarebbe giusto per te”
“Ma... l’obitorio, i tuoi casi”
Lui scosse piano la testa.
“Io voglio te. Non i pezzi di cadavere e gli esperimenti... cioe’ si, voglio anche quelli, ma posso imparare a cavarmela. Posso stare senza che sia tu a rifornirmi di parti di corpo umano e senza la tua attrezzattura ma io credo, Molly Hooper...” Sherlock fece un profondo sospiro “di non poter stare, senza di te. Se non posso avere tutto... voglio di sicuro la parte importante... e quella sei tu”
“Sherlock...”
“Dovremo fare un accordo, naturalmente” l’espressione sul suo volto si fece concentrata “per poter ottimizzare il nostro tempo e dare qualita’ ai momenti trascorsi insieme e non e’ assolutamente ipotizzabile, che non ci siano scadenze fisse da rispettare per vederci o sentirci. Potremo senz’altro elaborare un piano di strategia soddisfacente e naturalmente” il suo sorriso si fece malizioso “ogni tentativo di improvvisazione sara’ altrettanto ben accetto... al contrario di quanto si possa pensare  generalmente, io non sono poi un uomo cosi legato alle sue abitudini.
Oh, naturalmente Travis dovra’ essere licenziato, ma di quello mi occupero’ personalmente.”
Molly sbatte’ le palpebre un paio di volte, ancora incredula.
“Chi e’ Travis?” fu l’unica cosa che riusci’ a ribattere.
Lui liquido’ la domanda con un gesto della mano, per poi tornare a fissarla intensamente.
Aveva costruito quella conclusione lentamente nel corso di quegli ultimi giorni, ma l’aveva realizzata solo la notte precedente, quando era rimasto ad osservare Molly che dormiva accanto a lui e aveva capito, come certe cose fossero semplicemente cambiate e richiedessero di comprendere cio’ che era  realmente importante, quello che John gli aveva suggerito... il vero motivo per cui voleva di nuovo Molly al suo fianco.
Non per quello che poteva dargli, ma per quello che lei era.
E lei era una persona diversa, ora. Lo era anche lui.
Lo erano entrambi.
Vero, una parte di lui avrebbe semplicemente voluto avere di nuovo tutto a sua disposizione, come una volta.
Ma non sarebbe stato il modo giusto di fare le cose.
E lui voleva davvero fare le cose nel modo giusto.
Molly sorrise in modo incerto.
“E tutto questo dove ci portera’?” gli chiese.
“Ovunque noi vorremo,  Molly Hooper” le rispose lui sicuro.
Insieme.
L’espressione di lei si fece finalmente serena: era impossibile non avere fiducia in quell’uomo, era sempre stato cosi.
 “Ora, che ne dici di quella tazza di caffe’?” le chiese Sherlock.
Lei annui’ e si diresse di nuovo verso la porta.
“Molly?”
“Si?”
“Vorrei anche riavere la mia camicia”
Lei si volto’ e lo scopri’ a fissarla con un sorriso esageratamente soddisfatto.
“E io rivorrei il mio lenzuolo” gli rispose, fissandolo a sua volta.
Sherlock Holmes ammicco’, poi apri’ le braccia.
“Non c’e’ nessun problema”
Lei arrossi’ di nuovo.
Oh si.
Si poteva essere assurdamente felici.

***

John Watson allungo’ soddisfatto davanti a lui le gambe verso il sedile del treno e si preparo’, ad affrontare il viaggio di ritorno verso Londra. Aveva un buon libro e due fette di torta comprate quella mattina, che intendeva gustarsi lentamente. Sistemo’ meglio accanto a se’ il pacchetto per la Signora Hudson che conteneva un dolce intero, con una mano afferro’ la sua porzione e con l’altra, estrasse il telefono dalla tasca per inviare un sms a Lestrade, che aveva deciso di prendersi qualche giorno di ferie, dopo che il capitano Glaves l’aveva invitato a restare per andare a pesca insieme.

NON E’ TORNATO A DORMIRE IN HOTEL E NON E’ QUI PER IL VIAGGIO DI RITORNO, NATURALMENTE. PER QUANTO SEMBRI IMPOSSIBILE, SAPPIAMO ENTRAMBI CHE QUESTO SIGNIFICA CHE

“Il treno partira’ con cinque  minuti di ritardo. Veramente inefficiente”
John per poco non fece cadere il cellulare dalle mani per la sorpresa.
Sherlock Holmes si sedette sul sedile di fronte a lui.
“Che ci fai qui?” gli chiese incredulo.
Il consulente investigativo lo guardo’ con aria di sufficienza.
“Torno a casa, naturalmente”
John scosse la testa.
“No, intendo dire”
“Non sei l’unico ad avere un lavoro a Londra, spero tu te ne renda conto”
Senza quasi accorgersene, John agito’ il suo dolce per aria.
“Questo lo so. Pensavo solo che ti saresti fermato, visto che...” tacque imbarazzato.
“Visto che cosa?” lo provoco’ Sherlock.
John serro’ le labbra.
Il suo amico sospiro’ rumorosamente.
“Anche Molly ha un lavoro, sai? Sta per terminare il suo primo step della ricerca con due settimane di anticipo... e si, per la tua tranquillita’ e quella di Lestrade, ti diro’ che ci siamo... chiariti
Il Dottor Watson alzo’ un sopracciglio.
Chiariti? Era cosi che voleva liquidare la faccenda?
“Stai scherzando, vero? Non vuoi dirmi altro? Non vorrai farmi aspettare che Molly sia tornata a Londra per avere i particolari, giusto?”
Sherlock fece una smorfia, poi diresse lo sguardo verso il finestrino. Il treno stava cominciando a muoversi.
John si rassegno’ al silenzio e fece per portarsi la torta alla bocca, quando il consulente investigativo parlo’ di nuovo.
“Molly non fara’ ritorno a Londra”
John si fermo’ con il dolce a due centimetri dalla bocca e appoggio’ la mano sul ginocchio.
“Come sarebbe a dire, non fara’ ritorno a Londra?” esclamo’ incredulo.
Sherlock torno’ a guardarlo.
“Esattamente quello che ho detto... Molly rimarra’ qui”
“Ma...che cosa e’ successo? Come sei riuscito a rovinare tutto?” John emise un gemito di insofferenza “stavamo andando cosi bene!”
Sherlock alzo’ divertito un sopracciglio.
Stavamo, John?”
“Ehm, si... in senso metaforico. Tu, ovviamente. Tu, stavi andando cosi bene. Ieri sera... e poi stanotte non sei rientrato... io credevo che” scosse la testa: era stato davvero convinto che le cose si fossero risolte e invece, probabilmente, stavano per ritornare alla vita precedente a questo loro viaggio nel Sussex... si porto’ di nuovo la torta verso la bocca, aveva decisamente bisogno di mangiare qualcosa.
Poi avrebbe costretto Lestrade ad agire in qualche modo.
Tuttavia, Sherlock non sembrava affatto contrariato.
“Mi meraviglio di te, John. Il lavoro che Molly sta svolgendo e’ di estrema importanza e naturalmente, lei ha tutte le capacita’ e le conoscenze per portarlo avanti con successo. Come uomo di scienza, dovresti senz’altro concordare”
John si fermo’ di nuovo con la fetta di torta a mezz’aria.
“Che cosa?? Ma se eri tu quello che dicevi...” si interruppe, rinunciando a replicare, per dare invece voce ai suoi dubbi.
“Un momento” comincio’ in tono sospettoso “perche’ non sembri neanche un po’ irritato e scontento?”
Sherlock sorrise soddisfatto.
“Io e Molly abbiamo raggiunto un accordo molto soddisfacente per entrambi”
“E cioe’? Oh... aspetta un attimo” John spalanco’ gli occhi  “L’accordo prevede molti viaggi da parte tua nel Sussex e qualche trasferta per lei a Londra?”
Sherlock annui’ con vigore.
“Nei quali tu, ovviamente, non sarai tenuto ad accompagnarmi. Oltre a sms e email giornalieri e contatti telefonici regolari, si.”
“E questo vi bastera’?”
Negli occhi del suo amico passo’ un lampo di determinazione.
“Per ora. Non per sempre, naturalmente”
John scosse la testa, a un tratto divertito.
Sherlock Holmes faceva piani per il futuro.
Era davvero... fantastico. Incredibile (tanto, in effetti), ma fantastico.
E molto, molto maturo.
Sicuramente era anche merito suo e dei continui stimoli che gli aveva dato per cominciare a rendersi conto di quanto tenesse a Molly, al punto da voler costruire qualcosa con lei tenendo conto delle sue esigenze.
Si diede un’ipotetica gran pacca sulla spalla.
Ricomincio’ a portarsi la fetta di torta alla bocca, ma fu di nuovo fermato dalle parole successive.
“E John? Credo sia proprio ora che tu ricominci a frequentare delle donne”
“Che cosa???”
“Si... il tuo interesse per la mia situazione privata e’ in qualche modo lusinghiero, ma totalmente inutile. Io posso benissimo gestirla da solo”
John fece una smorfia.
Oh, si... certo.
“Al contrario” riprese Sherlock “trovo che i tuoi tentativi di intromissione, rappresentino il sintomo di una qualche forma di negazione della tua attuale condizione e di cio’ che ha comportato il divorzio. Suggerisco che tu ricominci ad avere appuntamenti e tutto quanto ritieni necessario, per soddisfare la tua naturale tendenza ai legami affettivi”
John lo osservo’ a bocca aperta.
“Naturalmente” concluse Sherlock Holmes con un sorriso divertito “prima sara’ meglio che tu ti metta un po’ a dieta e smetta di compensare con i dolci tutte le tue insoddisfazioni”
Si sporse verso di lui e gli rubo’ la fetta di torta, cominciando a mangiarla di gusto.

***

ALCUNI ANNI DOPO

Molly Hooper attende impaziente sulla banchina della stazione.
Il treno e’ in orario, ma lei e’ arrivata con un po’ di anticipo e ora si muove nervosamente da un piede all’altro, cercando di ingannare l’attesa osservando la gente in arrivo e in partenza, ognuno con la  sua storia e la sua vita.
Ha vissuto quel momento decine di volte, negli ultimi anni, ma ogni volta non puo’ fare a meno di essere un po’ in ansia il che e’ francamente ridicolo, visto che non ha nulla di cui preoccuparsi: se ripensa agli ultimi tempi e a come e’ la sua vita ora, sa che non c’e’ nulla che vorrebbe cambiare perche’, come lui le aveva promesso quel giorno, sono arrivati insieme dove hanno voluto; con fatica, con tenacia... a volte con estrema difficolta’, nel tentativo di dare un senso alle loro vite e di legarle insieme. Ci sono state furiose litigate, accorate spiegazioni e riconciliazioni, fraintendimenti e incontri o telefonate mancati ma piu’ di tutto, ci sono stati loro due.
Il loro impegno e il loro desiderio l’uno dell’altra.
Sherlock Holmes e Molly Hooper hanno vissuto la loro piu’ importante avventura giorno dopo giorno, nella tranquilla cornice del Sussex, oppure nella caotica Londra: quasi nessuno, all’inizio, avrebbe scommesso su di loro, eppure ce l’hanno fatta.
L’unico consulente investigativo al mondo e la direttrice di uno dei piu’ importanti centri di ricerca sul cancro d’Europa.
John ha continuato a collaborare con Sherlock nei suoi casi (ne hanno avuti di veramente eclatanti e a volte pericolosi, riflette Molly con un brivido) e lui e Mary, sono di casa con i loro bambini nel Sussex: al matrimonio sono seguite due gravidanze ravvicinate... sono un maschietto e una femminuccia adorabili, curiosi, intelligenti  e solari come i loro genitori.
Sherlock permette loro di chiamarlo zio senza fare una faccia troppo contrariata.
Il professor Drewer si e’ ritirato a vita privata qualche anno fa, lasciando il suo incarico a Molly: lui e Sherlock non si possono certo definire amici, ma hanno sviluppato una sorta di rispetto l’uno verso l’altro... a volte si confrontano su qualche esperimento, piu’ spesso fanno lunghe passeggiate tra le scogliere. Con loro molte volte c’e’ il capitano Glaves, che e’ invece a buon diritto una persona piu’ gradita al consulente investigativo, sia quando gli chiede un aiuto occasionale, sia quando lo accompagna o gli indica nuovi posti da esplorare.
Con grande stupore di Molly, Sherlock Holmes si annoia molto poco nel Sussex.
Anche Mycroft si e’ spinto fino a li qualche volta e in un’occasione, a un pranzo carico di frecciatine e commenti ironici da parte di entrambi i fratelli, e’ seguita una camminata sulla spiaggia; Molly ha visto il maggiore dei fratelli Holmes fermarsi pensieroso a osservare l’orizzonte: le piace pensare, che forse anche lui stava ricordando i castelli di sabbia che faceva un tempo con il suo fratellino.
La Signora Hudson si e’ trasferita in Florida da qualche anno, insieme ad alcune amiche: sostiene che il clima caldo l’ha ringiovanita di dieci anni, ma che trovare del buon the e’ veramente un’impresa (ha imparato ad usare Skype, tra l’altro). L’anno scorso, Sherlock e Molly sono andati negli USA, dove lei ha tenuto una conferenza e lui ne ha approfittato per collaborare con l’FBI (gli americani sono stati ben contenti di averlo a loro disposizione, nonostante i suoi modi... no, quelli non sono proprio cambiati); hanno raggiunto la Signora Hudson gli ultimi giorni prima della partenza: Molly non e’ riuscita a convincere Sherlock a portarla a Disneyland, ma per lo meno sono stati in spiaggia. Lei ha piu’ volte insistito sull’utililita’ di mettere una crema protettiva dappertutto e lui ha sbuffato spazientito.
Alla sera, in albergo, dopo la doccia il suo naso era piu’ rosso di quello di un clown ubriaco: Molly e’ scoppiata a ridere ma poi si e’ affrettata a prendere dalla sua borsa una crema lenitiva, non prima pero’ di avergli scattato una foto con il cellulare.
Quando sono tornati e sono andati a cena da John e Mary, l’ha mostrata loro e ha provocato uno scoppio di risa convulse. A un certo punto, il Dottor Watson ha esclamato che Greg Lestrade avrebbe pagato a peso d’oro una foto del genere e nella sala e’ sceso un silenzio malinconico.
Il Detective Ispettore Gregory Lestrade e’ morto come e’ vissuto, come un uomo bravo e buono, nell’adempimento del suo dovere e non per la malattia, che aveva sempre dichiarato avrebbe combattuto fino alla fine.
In un certo senso, alla fine l’ha fregata.
Durante un caso, si e’ offerto in ostaggio durante le trattative per un sequestro di un mamma con la sua figlioletta: quando tutto sembrava gia’ risolto, uno dei rapitori ha perso la testa e gli ha sparato.
Quando Molly ha ricevuto la telefonata di John, si e’ precipitata a Londra e poi a Baker Street, dove ha trovato Sherlock in silenzio, seduto sulla sua poltrona. Lui non ha pronunciato parola per le tre ore successive e lei non gli ha chiesto nulla.
Quando e’ andata a letto, lui l’ha raggiunta nel cuore della notte e si e’ infilato sotto le coperte e, senza pronunciare una sola parola, l’ha stretta forte, come a voler trovare un appiglio.
Quella notte, Molly ha pianto abbastanza lacrime per entrambi.
Il giorno del funerale, Sherlock ha dichiarato che non avrebbe partecipato ad uno stupido ed inutile rituale: Molly ha ribattuto che dire addio ad una persona amata, non era ne’ stupido ne’ inutile.
E’ uscita sola e un po’ amareggiata da Baker Street.
Mentre piu’ tardi la funzione stava cominciando, lui e’ scivolato silenziosamente vicino a lei nel banco e le ha preso la mano, tenendogliela stretta per tutto il tempo.
Molly scaccia quei ricordi dolorosi, alla vista dell’uomo che scende con un balzo sicuro dal treno e viene verso di lei: se possibile, col tempo Sherlock Holmes si e’ fatto ancora piu’ misterioso e affascinante e lei non puo’ trattenere una smorfia, alla vista di una ragazza che si gira per osservarlo dopo che le e’ passato accanto, sul suo viso un’espressione di forte apprezzamento.
A un tratto, rimpiange di non essersi presa la briga di prepararsi un po’ meglio: e’ un pensiero irrazionale e stupido, lo sa bene... il tempo e’ stato generoso anche con lei (ok, forse ha qualche chilo in piu’ ed e’ sicura, di aver visto piu’ di capello bianco nella sua chioma ancora fluente) ma soprattutto, sa che Sherlock ha fatto la sua scelta.
Molto tempo fa.
Lui le si avvicina e sembra leggere i suoi pensieri, perche’ inclina la testa e assume quell’aria di biasimo di quando le fa notare l’inutilita’ delle sue insicurezze, ma prima che possa dire qualcosa, lei gli getta le braccia al collo e lo stringe forte.
Lui ricambia l’abbraccio e per un attimo, sulla banchina ci sono solo loro due.
Piu’ tardi, arrivano al villino e lui sorride nel varcare la soglia, lasciando cadere il suo bagaglio e guardandosi intorno con aria soddisfatta.
“C’e’ una sorpresa” gli dice Molly, incapace di trattenere oltre l’eccitazione.
Lui alza interrogativamente un sopracciglio, ma lei si limita a prenderlo per mano e a condurlo fuori sulla veranda, dove in un angolo c’e’ un’arnia pronta ad ospitare delle api.
“Avevano detto che la consegna avrebbe avuto tempi piu’ lunghi” commenta lui, avvicinandosi con gli occhi che gli brillano.
Molly non puo’ evitare un sorriso.
“Ho messo loro fretta” risponde “volevo... volevo che fosse qui per il tuo arrivo. Potrai cominciare subito il tuo allevamento”
Lui annuisce soddisfatto, mentre gira intorno alla struttura e calcola velocemente il necessario per iniziare. Ha un’espressione contenta.
“Grazie” le dice infine.
Molly annuisce e finalmente, la punta d’ansia che provava fino a poco prima sparisce del tutto.
Questa volta  e’ diverso, in fondo.
Questa volta, Sherlock Holmes e’ venuto per restare definitivamente.
“Benvenuto a casa” gli sussurra e lui le sorride.
 

Ok, basta. Davvero. Mi fara’ davvero piacere rispondere a qualsiasi commento vorrete lasciarmi.
Termino solo dicendo che questa storia e’ stata in parte ispirata dalla lettura de “L’avventura della Criniera di Leone” di Sir A. C. Doyle e da un errabondo e casuale viaggio su Internet, che mi ha portato a un sito chiamato “Speculation on the location of Sherlock Holmes’ Sussex retirement cottage”
Grazie a tutti!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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