L'ultimo Seguace di Catilina

di SenzaPH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

“Fino a quando abuserai ancora della nostra pazienza,o Catilina?
Per quanto tempo ancora codesto tuo furore ci befferà?

A quale limite si spingerà la sfrenata tua audacia?

 
 
Richiuse il libro con cura posandolo sul petto e lasciando correre i vari pensieri.
Aveva sempre amato leggere ma la sua lettura preferita erano i grandi classici sia moderni che latini. Solo due erano le figure che lo avevano veramente colpito,
 – certo a parte Cesare, Catone e Silla – Cicerone e Catilina.
Era completamente affascinato dalla retorica del primo, così irruenta e ammaliante, catturava la sua attenzione facendogli passare ore ore sulle catilinarie da lui scritte;
Catilina, il ritratto del male per Sallustio, ma per lui era l’unica vittima. Lo aveva sempre pensato ma non l’aveva mai detto a nessuno perché le persone hanno la necessità di dare la colpa a qualcuno, hanno la necessità di osannare l’eroe di turno che aveva sventato il colpo di stato senza accorgersi che vivevano in una dittatura bella e buona abilmente mascherata in Repubblica.
 
Qualcuno bussò alla sua porta << Signorino, il pranzo sarà pronto tra cinque minuti >> disse piano Mariha per paura di disturbare, il ragazzo abbandonò il libro sul letto dirigendosi alla porta << Grazie mille Mariha >> le sorrise e lei si congedò, era una donna semplice e senza pretese, si prendeva cura della casa quando i signori Van Hosgot non c'erano.
 
Scesi le scale trovando la mia sorellina a giocherellare con una palla molto più grande di lei << Sergio! >> mi corse in contro felice con le braccia aperte pronta ad essere presa e fatta volare su, in alto.  L’accontentai sentendo la sua risata cristallina riempirmi le orecchie e rompere il silenzio del grande salone << Sergio giochi con me oggi? >> mi chiese triste <<  Certo che gioco con te! >> lei sorrise felice.
 
Leyla era la piccolina di casa, ad appena sette anni si sentiva già fuori posto nel mondo: non aveva nessun amichetto e se ne stava tutto il giorno a giocare con quella palla tanto più grande di lei oppure a studiare, ma cosa potrà mai studiare una bambina di sette anni?
 
Molto, in realtà i Van Hosgot la facevano studiare molto essendo qualcosa tipo un piccolo genio, conosceva già tre lingue: l’inglese, il russo e il cinese(mandarino), sapeva suonare tre strumenti differenti: il violino, il piano forte e il flauto, aveva quasi assimilato tutte le forme di galateo esistenti al mondo: come usare un ventaglio,  come bere dalla cannuccia, quali posate usare per il dolce, la carne, l’insalata e molto altro.
 
Con tutte le stronzate che le avevano inculcato adesso non sapeva fare la bambina non riusciva a dire “ti voglio bene papà” o “ ti voglio bene mamma”, non che i signori Van Hosgot l’aiutassero molto, erano quasi sempre fuori casa lei impegnata con il suo lavoro da diplomatica e lui sommerso dal lavoro di avvocato.
Le rimanevo solo io, Sergio, sedicenne consapevole della merda di mondo in cui vivevamo, sedicenne fermamente convinto di dover cambiare le cose: Sergio Marco Catilinasco avrebbe cambiato il mondo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

“Il Console vede,e tuttavia costui vive. Vive? E’ venuto anche in Senato,diventa partecipe delle pubbliche decisioni,nota e,con gli occhi,designa ciascuno di noi alla strage.”

 
 
Mi aveva sempre ammaliato quella parte del “Console vede e bla bla bla” soprattutto quando trattava la sfacciataggine di Catilina: “E’ venuto in Senato, si fa partecipe delle pubbliche decisioni! Nota e con gli occhi designa ciascuno di noi alla strage!” , ogni volta che lo leggevo mi veniva in mente un Cicerone paonazzo e infuriato che cercava di nascondere il terrore con l’impeccabile retorica che possedeva e che sempre più convinceva i colleghi senatori del gran male che Catilina rappresentasse.
 
Il pericolo, la paura, la consapevolezza che un senatore potesse far cadere la Repubblica e instaurare la dittatura, che ipocrisia! Con quale coraggio definivano “Repubblica” un governo gestito sempre dalle stesse famiglie dirigenti, con il popolo che moriva sempre più di fame e loro che ingrassavano alle spalle degli altri, con quale coraggio dicevano di Catilina come un pazzo che tentava il colpo di stato! Ipocriti.
 
Chissà se Catilina si difese, chissà se parlò ed iniziò un’arringa per tenere testa al suo accusatore, magari la fece ma nessuno l’ha riportata per non sminuire la grandezza e l’importanza di Cicerone, certo perché lui era l’eroe designato per salvare la “Repubblica” e Catilina era l’antagonista, il cattivo, il malvagio sovversivo.
 
Non sono mai stato d’accordo con questa descrizione, mai.
Catilina aveva tentato di salire correttamente al potere per ben due volte ma fu ostacolato in tutti i modi, e vorrei vedere! Lo Stato non voleva concorrenza nel ruolo di dittatore! E se poi Catilina avesse buttato giù il Governo? Se avesse mandato a casa i senatori e avesse eletto tribuni della plebe come guida dello Stato? Sacrilegio! Blasmefia! Non dovevano farlo assolutamente arrivare ad un ruolo di dirigenza!
 
E cosi fu. Catilina dovette usare i mezzi sporchi per diventare senatore, si vide costretto ad organizzare un complotto per poter aggiustare la situazione e nonostante fossero passati secoli e secoli da quell’avvenimento, non riuscivo a non disgustarmi notando che le cose al giorno d’oggi erano così simili a quelle di allora!
 
A sette anni imparai una delle verità che nessun bambino dovrebbe mai sapere: le persone si odiano, quindi si uccidono.
A sette anni i miei occhi videro lo schifo causato dalla 3° Grande Guerra, di quel periodo ricordo solo i continui boati causati dalle esplosioni di sempre più bombe, il fischiare dei proiettili che più volte tentarono di uccidermi, polvere, sangue, urla, pianti…
 
A otto anni imparai un’altra lezione importante: la vita fa schifo, ma spetta a te renderla migliore.
Avevo perso la mia famiglia rimanendo orfano, solo una cosa mi salvò: un grosso favore, un favore che comprendeva l’occultamento di un cadavere e l’omicidio di un paio di testimoni che dovevano assolutamente essere zittiti.
 
Mio padre era Catilinasco, Lucio Catilinasco e lui la crisi della nostra “Repubblica” l’aveva veramente vista, sentita e percepita sulla sua pelle. Dopo aver perso il lavoro per mantenersi iniziò a farsi una cattiva fama come sicario, era incredibile il numero di omicidi che gli commissionavano gli impeccabili e giusti senatori della “Repubblica”,  poi incontrò mia madre: un’aristocratica ribelle che provava schifo nel vedere come suo padre mangiasse e ingrossasse il suo portafogli alle spalle del popolo.
 
Così mandò a fan culo lui e la famiglia scappando di casa e sposandosi con mio padre, poi iniziarono le prime tensioni tra i vari Stati mondiali e quando nacqui io la terra tremò e il cielo fu abbagliato da una forte luce: la prima bomba esplose aprendo i conflitti.
 
Per salvare almeno me mio padre si ricordò di un certo cliente: Cornelio Van Hosgot.
A cui aveva seppellito un cadavere scomodo e ucciso un paio di testimoni che avrebbero distrutto la sua nascente carriera di avvocato, bussò alla sua porta con la cenere in viso, il sangue sulle mani e le fiamme alle spalle, guardò dritto negli occhi l’uomo e nessuno dei due sentì il bisogno di parlarsi.
 
Cornelio mi prese tra le braccia lasciando la porta aperta anche a mio padre ma lui non entrò, preferiva stare in mezzo all'Inferno tentando di aiutare più persone possibili, quella fu l’ultima volta che lo vidi << Ti voglio bene Sergio, non scordarlo mai  >> mi disse con il sorriso più sereno che avessi mai visto il quale contrastava con lo scenario apocalittico alle sue spalle. Non riuscii neanche a rispondergli perché i singhiozzi mi strozzavano le parole alla gola e le copiose lacrime distorcevano le immagini.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 Una volta c’era nella Repubblica questa virtù per cui uomini forti traessero a maggiori supplizi un cittadino pernicioso più che un potentissimo nemico esterno. Abbiamo,o Catilina,un atto senatoriale forte e grave contro di te;non mancano alla Repubblica il coraggio e l’autorità per questo ordine;noi,dico apertamente,noi Consoli abbiamo mancato.”

 
A sedici anni avevo le idee chiare su cosa fare, sarei salito al Governo e cambiato le cose dall’interno, Cicerone aveva ragione mancavano i senatori, dei senatori forti e moralmente retti che avrebbero combattuto contro le nefanderie delle famiglie aristocratiche, mancavano i Catilina di turno.
 
I Van Hosgot non mi fecero mancare niente, mi trattarono proprio come un figlio cercando di compensare il vuoto causato dalla morte dei miei veri genitori. Erano delle brave persone e nonostante fossero dei ricconi la pensavano diversamente dai loro “amichetti”. La pensavano un po’ come me e probabilmente era anche per questo che non fecero mancare un’eccellente istruzione sia a me che a Leyla.
 
In quel periodo appresi la terza grande regola che faceva funzionare il mondo: le persone sono avide, quindi si uccidono tra di loro.
 
A diciotto anni, durante la cena mi alzai e richiamai la loro attenzione << Devo fare un importante annuncio >> asserii aspettando il consenso di Cornelio che arrivò subito << Ho deciso di intraprendere la carriera politica >>  dissi convinto facendo calare il silenzio in sala, Cornelio e la moglie Aurelia mi osservarono per un attimo poi fu lui a parlare << Beh allora credo che in questo caso… Dovrai iniziare subito gli studi adatti >> concluse piegando le labbra in un mesto sorriso.
 
Dieci anni dopo ero già laureato e radicato nella putrida politica scellerata che affliggeva il mio paese. Una perfida dittatura mascherata da Repubblica: leggi contro gli omosessuali, contro gli inglesi, contro i francesi, contro gli abitanti del pianeta, leggi che permettevano l’aumento di ingenti tasse che gravavano solo sui cittadini, leggi che permettevano agli stessi politici di salire al potere, leggi che impedivano a chiunque altro di diventare senatore.
 
Erano sempre gli stessi a governare, le stesse famiglie, gli stessi idioti incompetenti fin quando il 15 Marzo 3060 finalmente il mio partito ottenne la maggioranza “Catilinasco per il Popolo”.
 
<< Ed è per questo motivo che ho bisogno del vostro aiuto! >> affermai sbattendo il pugno sul legno liscio ed osservando uno ad uno i visi dei cittadini che ascoltavano il mio discorso << E ricordate: Sapere è Potere! Ed io signori miei voglio offrirvi il potere, il potere che si ottiene solo con la cultura! >> conclusi e subito un’ovazione generale riempì le mie orecchie, presi le forbici e tagliai il nastro per inaugurare la scuola pubblica che avevo fatto aprire: iscrizioni gratuite, libri gratuiti, insegnati efficienti. La cara Aurelia era riuscita ad assicurarmi forti sostenitori che mi aiutavano a finanziare i vari progetti intrapresi: istruzione gratuita per tutti, riapertura dei commerci con le altre Nazioni, abrogazione delle leggi contro gli omosessuali, più lavoro, apertura di nuove industrie e molto altro ancora.
 
Finalmente le cose iniziavano a migliorare ma non bastava ancora, c’era quell'insensato atto di “Attiva Belligeranza”: possibile che per fare soldi il suo Paese inventasse le scuse più improbabili per far guerra?
Iniziai subito ad attivarmi per il suo annullamento.
 
Ma questo non piacque ai miei colleghi che mi ostacolarono in tutti i modi fin quando dopo anni finalmente avvenne una discussione al Parlamento sulla suddetta. E in quella sede fui accusato di corruzione e crimini contro lo Stato. Mi sembrò di rivivere la scena in Senato dove Cicerone accusava Catilina, mi venne quasi da ridere ma purtroppo stava succedendo veramente così decisi di difendermi e di far sapere a tutti i cittadini la sola e unica verità.
<< Accusi me di corruzione? Credi che non sappia della tua relazione con un certo Hasgarot? Dei tuoi legami con De Furtus ed i tuoi accordi con Abdullà Hafsero? Accusi me di corruzione e crimini contro lo Stato quando siete voi! Voi i primi a complottare contro di esso! >> puntai il dito contro di loro alzandomi dal banco  sostenuto dai pochi che condividevano le mie idee << Potrete ingannare il popolo ma non ingannerete me! Avete istituito una brutale dittatura mascherandola da Repubblica! Ogni giorno sputate sulla Costituzione e vi ci pulite il vostro grasso sedere, ogni giorno imponete nuove tasse e approvate l’entrata in guerra contro chissà quale paesino sperduto d’oriente e tutto per cosa? Per i soldi! Siete così avari che per guadagnare ulteriormente vi vendereste il battesimo, la moglie ed i figli! >> urlai furioso mentre il brusio dei media aumentava, mi rivolsi ora ad una telecamera << La verità signori miei è che vi trovate in una dittatura e non ve ne siete nemmeno accorti! >>.
 
Credo fu in quel momento che firmai la mia condanna a morte ma non mi importava. No, non mi importava perché mi ero prefissato uno scopo nella vita: cambiare il mondo. Sì, lo avrei fatto ma prima dovevo cambiare le menti ed i pensieri della gente, mi sarei fatto simbolo di un’idea giusta e semplice, un’idea a tutti accessibile e di facile comprensione, l’idea di libertà, di valori, di morale.
 
Un paio di mesi dopo, grazie ad una rivolta pacifica, l’atto di Attiva Belligeranza venne annullato con effetto immediato. Fu la mia prima vittoria.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

“Non puoi più stare in mezzo a noi! Non intendo sopportarlo, tollerarlo, permetterlo. […] Un solo individuo non dovrà più mettere a repentaglio l’esistenza della Repubblica.”

 
Dopo tre anni della mia politica credo fossi diventato il più amato del popolo e il più odiato tra i colleghi, grazie alla mia politica ero riuscito a buttare giù il Governo: un colpo di Stato in piena regola senza il colpo di Stato in quanto tale. Ho combattuto a suon di parole e dichiarazioni, leggi ed atti, stavo vincendo piano piano e stavo riuscendo a cambiare le cose avendo anche il consenso dei Governi delle altre Nazioni ma questo non andava bene ai mie colleghi.
 
Sempre più spesso ero vittima di qualche “strano” incidente ma grazie al mio Angelo Custode ero sopravvissuto a tutti, eppure sapevo che su di me pendeva una spada di Damocle pronta a venir giù e a tagliarmi la testa ma continuavo a perseguire i miei ideali.
 
Quella sera mi trovavo nel mio ufficio al trentesimo piano, era una serata tranquilla con un bel cielo stellato e una grande luna piena, me ne stavo seduto nella comoda poltrona rossa a sorseggiare del brandy << Non sei stanco di startene in piedi al buio? >> chiesi assorto nei miei pensieri e solo dopo un paio di minuti sentii dei passi vellutati e silenziosi << Accomodati pure >> lo invitai a sedersi e lui accettò volentieri poggiando sul tavolo la magnum << Sei venuto qui per uccidermi? >> chiesi guardando il liquido dentro al bicchiere, lui si sfilò il passamontagna facendo svolazzare i suoi lunghi e fluenti capelli biondi nell'aria, rimasi ammaliato da tanta bellezza. Mai visti occhi così azzurri e limpidi, labbra così rosee e lineamenti così dolci, mi strappò un felice sorriso << E' triste che una bella donna come te sia costretta a fare questo lavoro >> lei sospirò triste << Lo penso pure io, soprattutto quando devo uccidere il mio eroe. Se la può consolare io ho sempre fatto il tifo per lei >> sorrisi offrendole da bere ma lei non accettò << Giusto mi scusi, dimenticavo la faccenda delle impronte digitali, devi farlo proprio ora? >> lei fece di no con il capo << Aspetterò l’alba >> disse.
 
Restammo in silenzio per tutta la notte uno immerso negli occhi dell’altro, non avevamo bisogno di parlare perché entrambi sapevamo già cosa ci riservasse il futuro. Mi alzai avvicinandomi alla grande vetrata per ammirare meglio i meravigliosi colori che tingevano il cielo squarciato da una timida luce bianca e da morbide tinte azzurre: la migliore alba della mia vita.
 
<< Non devi sentirti in colpa >> dissi voltandomi per guardarla << L’uomo muore ma le idee rimangono, vivono in altri uomini, sopravvivono a tutto e non si estinguono mai >> le sorrisi dolcemente per rassicurarla poi sentii solo uno sparo e un forte dolore alla testa, l’ultima immagine che registrarono i miei occhi fu il viso della donna rigato da sottili lacrime. Sentii il rumore di vetri rotti poi caddi all'indietro precipitando giù dal palazzo assieme a tanti luccicanti pezzi di vetro.
 
In quel momento pensai ad una frase sentita nel film Batman, il mio eroe preferito, diceva: “ O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”, aveva ragione.
Ero diventato il “cattivo” da uccidere e mettere a tacere perché in fondo la storia insegna una sola verità: Cicerone vinse, Catilina perse.

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