La Vendetta di Satomi

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti Amo ***
Capitolo 2: *** Una verità difficile ***
Capitolo 3: *** Il coraggio del cuore ***
Capitolo 4: *** Minacce! ***
Capitolo 5: *** Rapimento ***
Capitolo 6: *** All'inseguimento ***
Capitolo 7: *** Satomi il Giustiziere ***
Capitolo 8: *** Mister Kanizawa ***
Capitolo 9: *** Spari nel buio ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ti Amo ***


PREMESSA

Poiché la fanfiction precedente a questa
dal titolo: Il Silenzio di Marika
ha lasciato parecchio amaro in bocca
ho inteso scrivere questa "long" a parte
per la gioia di coloro che amano il Lieto Fine...



La Vendetta di Satomi

Satomi non aveva la più pallida idea di come tranquillizzare Marika la quale, stringendosi il più possibile a lui, sembrava più spaventata che altro.
La ragazza tremava tra le sue braccia, per l'ansia e per il vento gelido della sera, cosicche l'altro si sfilò subito la giacca e gliela avvolse attorno alle spalle. Marika lo guardò riconoscente, sorridendogli appena, prima di assaporare di nuovo il dolce tepore del suo petto contro la propria guancia.
Il giovane non disse nulla.
Era chiaro che Marika fosse stravolta, anche se non intendeva spiegargli il motivo, e che avesse anzitutto bisogno di riposare.
Dopo averla tranquillizzata, Satomi la fece salire in macchina e si offrì di riaccompagnarla a casa.
Marika accettò l'invito in silenzio ma, una volta salita a bordo della vettura di Satomi, si rese conto immediatamente che non voleva stare lontana da lui... non quella notte.

- Non ti preoccupare - disse Satomi, girando la chiave nel cruscotto. - Adesso è meglio che torni a casa, cerchi di riposare, e domani riprenderemo questo discorso con calma...
- Satomi - fece Marika, poggiando la mano su quella del ragazzo. - Posso restare a dormire da te, solo per questa notte?
- Marika...
- Ti prego!

Satomi sbarrò gli occhi.
Dall'ultima volta che aveva visto quella luce negli occhi di Marika, quando questa gli chiese di perdonarla per gli errori che aveva fatto, Satomi non ricordava di averla mai vista così disperata.
Gli occhi della fanciulla lo stavano supplicando, chiedendogli tacitamente "aiuto", e lui non sapeva cosa rispondere.
Non gli sembrava corretto che Marika trascorresse la notte da sola con lui, a rischio di maldicenze e pettegolezzi di vario genere, ma non poteva nemmeno ignorare il modo in cui lei lo stava praticamente implorando.
Entrambi si guardarono l'un l'altra seriamente e, non vedendo altra possibile soluzione, Satomi si vide costretto ad annuire.
Marika lo ringraziò in silenzio, stringendosi nella calda giacca di lui, e voltò lo sguardo verso il finestrino con aria assente.
Le luci e i lampioni lungo la strada erano come tante piccole macchie colorate, indistinguibili, tuttavia la guida di Satomi era tranquilla e sicura.
Il giovane aveva gli occhi fissi sulla strada, anche se la sua mente era da tutt'altra parte.
Se solo Marika si fosse decisa a dirgli chi era stato a colpirla.
Chi le aveva procurato quel livido e perché?
Purtroppo lei non sembrava avere alcuna intenzione di dirglielo.
Forse non poteva, o non voleva dirglielo, magari perché qualcuno l'aveva minacciata.
Satomi strinse i denti e, ingranando la marcia con rabbia, spinse l'auto a velocità sostenuta.
Se solo fosse stato con lei prima, se fosse stato lì nel momento del bisogno, chiunque avesse osato anche solo sfiorarla se ne sarebbe certamente pentito.
Purtroppo Marika si sentiva costretta a nascondergli la verità, non poteva fare altrimenti.
Dire a Satomi della minaccia e del ricatto di Kanizawa, significava praticamente "gettare" Satomi in pasto a delle belve senza scrupoli. Marika non poteva neanche pensare di mettere il suo ragazzo in pericolo, prevedendo che genere di reazione questi avrebbe avuto, tuttavia sapeva anche che Satomi non si sarebbe rassegnato senza apprendere come stavano realmente le cose.
Una volta giunti a destinazione, Satomi fece accomodare Marika in casa sua e le offrì qualcosa di caldo da bere.
Tenendo la tazza fumante tra le dita, Marika non aveva neppure il coraggio di guardare il giovane negli occhi.
Satomi si sedette accanto a lei sul divano, cercando di mostrarsi il più paziente e comprensivo possibile, ma non poteva sopportare oltre di sentirsi così inutile ed impotente.

- Marika - mormorò lui ad un tratto. - Credimi, io voglio solo aiutarti ma non posso... Non posso farlo, se non mi dici cosa è successo!

Silenzio.
La tazza sussultò tra le dita della ragazza, facendole versare un po' di liquido sul pavimento, ciononostante lei rimase ostinatamente in silenzio.
Satomi chiuse gli occhi e sospirò fortemente, tenendo il volto nascosto tra le mani, prima di sollevare lo sguardo verso il soffitto e proseguire.

- D'accordo, mettiamola così - esclamò. - Se non puoi dirmi chi è stato, posso supporre che l'annullamento del concerto non è stata una decisione dei produttori... è così, giusto?

Nessuna risposta.

- Per favore, Marika - insistette Satomi. - E' andata così, non è vero? Qualcuno ti ha minacciata, ti ha messo le mani addosso... E' così che ti sei procurata quel livido, ho ragione ?!?
- NO - gemette lei, rovesciando la tazza per terra e sbarrando gli occhi terrorizzata. - No, non è così, credimi... Il concerto è stato annullato perché... perché...
- Marika, che cosa sta succedendo? - sussurrò Satomi, cingendole le spalle, nel tentativo di rassicurarla. - Io posso aiutarti... Voglio ed è mio dovere aiutarti, non posso permettere a chi ha osato farti questo di passarla liscia!
- Ti ripeto che non è come pensi tu, io... io sono caduta e...
- Perché non vuoi dirmelo?
- Perché ti amo !!!

Marika non si rese neppure conto di avere urlato quella frase con tutto il fiato che aveva.
Satomi era interdetto.
Davanti a lui, non c'era più l'arrogante e prepotente ragazzina viziata che conosceva; bensì una donna innamorata che preferiva soffrire in silenzio, piuttosto che mettere in pericolo colui che amava più di sé stessa.
In passato aveva fatto molti errori: era stata cinica, egoista, e si era comportata molto male... ma non aveva mai mentito sui suoi sentimenti.
Satomi era tutto per lei.
La sola idea che lo ferissero, che per causa sua gli facessero del male, era l'unica cosa che le impediva di parlare.
Metterlo in pericolo era l'ultima cosa che lei voleva.

- Ti amo - ripeté Marika, con le lacrime che le scorrevano lungo le guance. - E' perché ti amo che non posso dirtelo, perché sei troppo importante per me!
- Marika...
- Lo so che tu vuoi aiutarmi, e che faresti qualunque cosa per me, ma io non posso fare altrimenti: se raccontassi in giro la verità, se la prenderebbero con te oppure con gli altri; è gente senza scrupoli, disposta a tutto per ottenere quello che vuole, e io non voglio che ti succeda nulla di male... Non voglio perderti Satomi, sei tutta la mia vita!


Foto

Satomi si alzò di scatto e corse ad abbracciarla, baciandola come non aveva mai fatto prima.
Nelle sue braccia vi era il nido in cui Marika cercava riparo e protezione da tutto quanto.
Non era solo il desiderio, né la semplice attrazione fisica, era molto di più per loro.
Mentre le labbra assaporavano l'uno quelle dell'altra e viceversa, i loro cuori erano consapevoli di battere allo stesso ritmo.
Mentre le mani accarezzavano l'uno i capelli dell'altra e viceversa, i loro pensieri erano di amore sincero e profondo.
Stringendola con tutto sé stesso, Satomi sapeva che non l'avrebbe mai lasciata per nessun motivo. Era troppo innamorato di lei, al pari dei sentimenti che la ragazza nutriva nei suoi confronti, e la sua mente era concentrata su di un unico dolcissimo pensiero... Lei.
Come il tesoro più sfavillante e prezioso del mondo, fossanche della musica stessa, Marika era tutto ciò che lui non avrebbe mai osato sperare.
La freschezza rugiadosa delle sue lacrime.
Il profumo della sua pelle.
Le dita che scivolavano sulla sua morbida chioma fluente.
Ad ogni bacio, il bisogno reciproco dei due amanti era sempre più forte.
Entrambi si trascinarono verso la camera da letto, guidati solo dall'istinto, lasciando cadere i vestiti strada facendo.
Coprendosi pudicamente il seno con le braccia, Marika adagiò lentamente la schiena sul letto, con Satomi chino e immobile sopra di lei.
Il giovane si fermò a guardarla per un istante, incapace di resistere alla sua bellezza, tuttavia si rendeva perfettamente conto di cosa ciò significasse per entrambi.

- Marika - mormorò. - Sei veramente sicura di volerlo?

La ragazza annuì.
Come a dimostrazione del suo assenso, prese infatti il volto di Satomi tra le mani e lo baciò ancora una volta.
E poi un'altra.
E un'altra.
Satomi indugiò dolcemente sulle sue labbra, per poi sussurrarle qualcosa all'orecchio.

- Sei tu la mia musica, amore mio!

Gli occhi di Marika brillarono di commozione, comprendendo perfettamente il significato delle parole di Satomi, e la fanciulla si abbandonò alle effusioni di quella notte colma di tenerezze.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 2
*** Una verità difficile ***


Quando Satomi si svegliò la mattina seguente, Marika dormiva ancora.
Il giovane osservò l'espressione serena sul volto di lei, coi lunghi capelli scuri mossi disordinatamente sulla sua schiena nuda, e sorrise al pensiero di quanto fosse bella in quel momento. Stando bene attento a non svegliarla, si preoccupò di coprirla meglio con il lenzuolo che le era scivolato e la baciò dolcemente sulla fronte.

- Satomi - mormorò lei nel sonno, cercando istintivamente la mano dell'altro.

Le dita di Marika si chiusero su quelle di Satomi, calde e rassicuranti, e questi rimase immobile ad osservare la fanciulla addormentata e le morbide curve attraverso la stoffa che ridisegnava tutto il suo corpo.

- Dormi, amore mio - sussurrò il giovane, portandosi la mano di Marika alle labbra. - Sono qui, non vado da nessuna parte!

Marika sorrise, come se avesse colto esattamente il senso di quelle parole, e continuò a dormire il sonno del giusto.
Mentre la guardava dormire, Satomi si rattristò al pensiero che la sua felicità fosse di breve durata.
Che cosa gli nascondeva Marika?
A quale gente senza scrupoli si riferiva?
Se solo fosse riuscito a sapere...
Più tardi, quando Satomi rientrò in camera con un vassoio e due tazze di caffé fumante, Marika stava raccogliendo i propri vestiti da terra con addosso solo la camicia aperta.

- Buongiorno - esclamò Satomi raggiante, posando il vassoio sul comodino. - Posso suggerirle una buona colazione, signorina?

Marika si voltò a guardarlo con un sorriso.
Anche con i capelli in disordine e le labbra prive di rossetto, Satomi la trovava ugualmente bellissima ed affascinante.
Non gli capitava spesso di vederla al naturale, dato che la ragazza era molto vanitosa ed attenta nel truccarsi e pettinarsi, eppure anche così non aveva assolutamente nulla da invidiare a nessuna.

- No, non guardarmi così - fece lei imbarazzata, coprendosi con la mano. - Devo essere orribile...
- Sei splendida - la tranquillizzò l'altro, avvicinandosi per abbracciarla. - Credimi, principessa, è il tuo principe che te lo dice!
- Dai, smettila!
- No, sul serio!

Un lieve schiocco delle labbra, seguito da un bacio molto più lungo, ed entrambi si sedettero a bordo del letto per mangiare qualcosa.
Dopo aver bevuto il caffé corroborante e addentato del pane con un po' di marmellata, Satomi non poté tuttavia continuare a fingersi indifferente.
Se Marika era preoccupata, lui stesso non poteva non esserlo altrettanto per lei.

- Marika - cominciò. - Questa storia non riguarda solo me e te, se c'è di mezzo anche il resto del gruppo, e io ritengo che la faccenda vada chiarita con gli altri prima possibile!
- No Satomi, ascolta: aggiusterò io le cose con la produzione, basterà spostare la data del vostro concerto; tu e gli altri non dovete preoccuparvi, mi accollerò io tutte le spese e...
- Non è questo che intendevo, e lo sai - la interruppe lui severo. - Ieri sera tu hai parlato di "gente senza scrupoli", qualcuno che chiaramente ti ha minacciata, ed è una cosa troppo grave per poterla ignorare!

Marika tacque.
Era chiaro che Satomi non avrebbe desistito dal voler conoscere la verità.
Per quanto calmo e assennato come carattere, il giovane sapeva anche essere inflessibile e determinato come pochi.
Mai avrebbe accettato il silenzio alle sue domande, questo lei lo sapeva bene, ciononostante doveva proteggerlo da sé stesso.

- Il nome, Marika - incalzò lui, cercando di convincerla. - Dimmi solo il suo nome, e andremo insieme a denunciarlo per aggressione!
- Non posso - gemette lei, evitando di guardarlo negli occhi. - Te l'ho detto, è gente pericolosa...
- So essere pericoloso anch'io - sentenziò Satomi, stringendo il pugno con rabbia. - E se davvero conto qualcosa per te, ho il diritto di conoscere la verità... qualunque essa sia!

Marika si morse il labbro inferiore con amarezza.
Per quanto fosse intenzionata a proteggerlo, Satomi la stava mettendo praticamente con le spalle al muro.
Dentro di sé, la ragazza maledì la propria debolezza: se solo fosse stata più forte, abbastanza da non lasciarsi sfuggire delle parole di troppo, forse avrebbe ancora potuto tenere per sé i dettagli di quella sporca faccenda.
Ora invece non aveva scelta.
Satomi voleva la verità, esigeva chiarezza, e lei non poteva nascondergliela oltre.

- D'accordo - mormorò rassegnata. - Promettimi solo che non farai imprudenze, promettimelo!
- Te lo prometto - promise l'altro, stringendole la mano tra le proprie. - Adesso però voglio sentire da te cosa è successo!

Marika prese un profondo respiro, cercando di scacciare dalla mente tutte le paure che l'avevano spinta a tacere, e si fece coraggio nel raccontare a Satomi l'intera vicenda dall'inizio.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 3
*** Il coraggio del cuore ***


- Dannazione!

Il pugno di Mirko si schiantò sonoramente sulla parete, sotto gli occhi attoniti dei presenti.
Dopo averne parlato con Satomi, Marika si convinse che non era giusto tenere gli altri all'oscuro della situazione.
La reazione del biondo cantante non era poi molto diversa da quella che aveva avuto prima anche Satomi. Anche lui aveva reagito in modo simile, una volta saputo dello sporco ricatto di Kanizawa e soprattutto per come questi aveva minacciato Marika. Purtroppo però la testimonianza di Marika non era sufficiente da sola, dato che Kanizawa era un "rispettabilissimo" ed "onestissimo" uomo d'affari... Quel vile farabutto conosceva perfettamente le regole da seguire, per fugare sempre ogni accusa a suo carico, ed ogni volta infatti ne usciva sempre lindo e profumato.
Lo stesso signor Yatas, chinando il capo gravemente, sapeva che era impossibile trascinare in tribunale un simile pezzo grosso.

- Mi dispiace, ragazzi - mormorò il produttore. - Mr. Kanizawa mira da anni ad assumere il controllo della discografìa nazionale, eliminando la concorrenza con simili metodi; è colpa mia, avrei dovuto avvertirvi prima di questa triste eventualità...
- Non dica sciocchezze, signor Yatas - scattò Satomi furibondo. - Qui c'è di mezzo un'aggressione in piena regola!

Yatas fissò il giovane attraverso gli occhiali, con espressione assai seria.

- Anche ammesso che riusciate a denunciare l'uomo che ha aggredito Marika, quante speranze credete sussistano di collegare Kanizawa all'accaduto? Quell'uomo ha soldi e conoscenze tali da potersi cautelare con ogni genere di garanzie: si tirerebbe dietro un esercito di avvocati, denunciando la nostra casa discografica per calunnie ingiustificate, ed otterrebbe lo stesso il suo scopo!
- Maledetto - imprecò Satomi tra i denti. - Non posso credere che la giustizia chiuda gli occhi come se niente fosse!
- Satomi - mormorò Marika tristemente. - Ti prego, cerca di calmarti...
- Ci state forse dicendo di rinunciare - esclamò Mirko furibondo. - Senza concerto, sfumano anche le nostre possibilità per il rinnovo del contratto!
- Lo so benissimo - ribatté Yatas. - Ed è proprio quello che vuole Kanizawa, a quanto ho capito, che i Bee Hive non costituiscano più una minaccia per i gruppi che lui intende lanciare nella prossima stagione... Mi dispiace, ma non vedo alcuna soluzione!
- E' tutto quello che ha da dire, che "le dispiace" ?!?

Ignorando Mirko e il suo tono sprezzante, Yatas uscì dal camerino senza aggiungere altro e si chiuse la porta dietro le spalle.
Fortunatamente Satomi riuscì a trattenere Mirko per le spalle, impedendogli così di fare una sciocchezza.
Non era certo colpa di Yatas, se la situazione aveva preso una così brutta piega. Lui era stato il primo a credere nelle qualità di gruppo dei Bee Hive, e ci credeva tuttora, ma né lui né la società potevano permettersi di contrastare un boss della malavita locale. Dalla sua posizione, per quanto difficile da sostenere, il signor Yatas doveva anzitutto guardare agli interessi della società.
Tuttavia Mirko non riusciva ad accettare le ragioni del produttore.
Invece di mostrare loro solidarietà e comprensione, la società li stava "scaricando" come se niente fosse.
Se Kanizawa era un verme, i finanziatori della casa discografica di Yatas non erano certo da meno.
Gli altri membri del gruppo erano semplicemente sconvolti da questa situazione, al pari di Mirko e Satomi, ma nessuno di loro poteva farci assolutamente nulla.

- Accidenti, che schifo - commentò Steve, lasciandosi cadere su una sedia e sospirando sconsolato verso il soffitto.
- "Dalle stelle alle stalle" - fece eco Matt.
- Già - aggiunse Toni, sollevando piano la sua chitarra. - E nemmeno la soddisfazione di andarcene con stile...
- Finitela voialtri - ruggì Mirko, facendoli trasalire tutti e tre. - Il concerto lo faremo lo stesso, anche a costo di suonare per strada come gli accattoni, non ho intenzione di dargliela vinta a quel porco!
- Neanch'io - si disse d'accordo Satomi. - Abbiamo faticato duramente insieme, troppo per rinunciare adesso, e non ci lasceremo schiacciare senza combattere!
- Ma cosa possiamo fare? - fece Toni perplesso. - Anche se suonassimo per strada, non saremo più considerati da nessuno; ci serve un palcoscenico per poterci esibire, e Kanizawa non ci permetterà di avere alcun appoggio...
- Non sarà necessario - intervenne dunque Marika.

Satomi e gli altri la guardarono stupiti.
La ragazza era estremamente seria, sia nel tono di voce che nell'espressione del volto, tuttavia gli altri non capivano che cosa avesse in mente.

- Fidatevi di me, so quello che dico - spiegò lei. - Posso organizzare io il vostro concerto, anche da sola se necessario, datemi solo il tempo di prendere i dovuti accordi e farò il possibile per aiutarvi in questa cosa!
- Marika, sei sicura? - domandò Satomi perplesso.

La ragazza annuì.

- Posso agire per vie diverse, anche se non posso certo promettervi il Dome di Tokyo, ma sarà tutto in linea con le vostre esigenze!
- Non so come ringraziarti, Marika - fece Mirko con un sorriso riconoscente. - E' chiaro che hai tutta la nostra fiducia!

Toni e gli altri si strinsero attorno a lei, con occhi colmi di gratitudine, ad eccezione di Satomi che non credeva alle proprie orecchie.
Di nuovo Marika tranquillizzò tutti, promettendo di telefonare ai suoi contatti in giornata, ed uscì dal camerino senza indugiare oltre.

- Marika, aspetta!

Satomi schizzò fuori nel corridoio, chiamandola con voce carica di apprensione, e la pregò di aspettarlo.

- Si può sapere che diavolo t'è saltato in mente - esclamò il giovane sconvolto. - Sei forse impazzita?
- So perfettamente quello che faccio, Satomi - rispose lei convinta. - Non sono una bambina!
- Organizzare il concerto da sola, quando il signor Yatas e tutti gli altri membri della produzione hanno paura di Kanizawa e di come potrebbe reagire... Non puoi farlo!
- Non lo faccio per me - sottolineò, guardandolo negli occhi. - Lo faccio per te!

Satomi sbarrò gli occhi.

- Marika, ma tu...
- Tu hai già preso la tua decisione: vuoi fare questo concerto, perché la musica è la tua vita e non potresti mai rassegnarti a fare nient'altro... Se è questo quello che vuoi, io ti aiuterò e ti sosterrò sempre!

Prima che Marika potesse finire la frase, Satomi la strinse forte a sé e la baciò con trasporto.
Il coraggio della fanciulla era ammirevole.
Dal momento che Satomi non era tipo da gettare facilmente la spugna, anche lei certo non poteva essere da meno.
Entrambi sapevano di dover lottare, per superare anche gli ostacoli più insormontabili, e lo avrebbero fatto insieme.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 4
*** Minacce! ***


Anche senza l'appoggio di Yatas e degli altri membri della produzione, Marika si diede molto da fare per organizzare il nuovo concerto dei Bee Hive.
Per giorni si occupò di smuovere tutte le sue conoscenze, soprattutto quelle in ambito pubblicitario, cosicché all'evento fosse dato l'opportuno risalto. Anche se il gruppo non si sarebbe esibito su un palcoscenico molto grande, Satomi e gli altri avrebbero potuto contare su un folto numero di fans a sostenerli. Marika evitò accuratamente di servirsi dei quotidiani locali ( pubblicando invece la notizia su varie riviste di musica, molto più gettonate dai ragazzi ), convinta che ciò sarebbe bastato a distogliere l'attenzione di Kanizawa.
Purtroppo si rese conto ben presto di essere stata troppo ottimista.
Circa una settimana dopo infatti, mentre era occupata a rivedere le bozze dei manifesti del concerto, il telefono squillò improvvisamente.

- Sì, pronto? - chiese Marika, sollevando tranquilla il ricevitore.
- Non ci siamo, signorina Marika - rispose una rauca voce maschile. - Eppure il mio segretario era stato molto chiaro, o forse è lei che è un po' dura di comprendonio!
- Ma... Chi è che parla, cosa vuole?

Una breve pausa di silenzio, dovuta probabilmente ad una boccata di fumo dall'altra parte dell'apparecchio, fu subito seguita dallo stesso tono di voce freddo e monocorde.

- Non amo essere preso in giro, signorina - disse l'uomo, lasciando intendere chiaramente la sua identità. - Vedo che non ha seguito il mio consiglio, e me ne dispiace assai, adesso mi vedo costretto ad essere ancora meno gentile!
- Che cosa intende dire?
- Vede, signorina, cerchiamo di capirci - proseguì dunque l'altro. - Io tengo diverse "bocche" da mantenere: musicisti, cantanti, avvocati, papponi, infamoni... Una bella famiglia, insomma! Il punto è che, se un membro della famiglia è scontento, non sono contento nemmeno io; potevate telefonarmi, se vi serviva un chiarimento supplementare, invece avete pensato di provare a farmi fesso; si dà il caso però che i giornali di musica li leggo anch'io, e quello che vedo scritto qua sopra non m'è piaciuto!
- Si tratta di un evento particolare, signor Kanizawa - sottolineò Marika, riconoscendo di fatto l'aguzzino. - Non è un concerto vero e proprio, e non è sponsorizzato da alcuna casa discografica, per cui...
- Signorina, lei mi offende - puntualizzò Kanizawa. - In questo momento io sto cercando di lanciare il mio gruppo di giovani talenti e, se i Bee Hive continuano a suonare in pubblico, io perdo un mucchio di soldi... e di sonno!
- Io... Io non ho niente da dirle, signor Kanizawa, la saluto...
- Non ho finito, ascolti ancora una cosa!

Come Marika fece per mettere giù il ricevitore, la voce proveniente dal microfono proseguì imperterrita mentre questo era ancora a mezz'aria.

- Come le dicevo, io tengo moltissimo alla famiglia - esclamò Kanizawa privo di emozione. - Vederla crescere soprattutto, è una bella cosa, proprio come i bambini... E non è bello fare aspettare i bambini davanti alla scuola, non è d'accordo?

Marika sbarrò gli occhi, inorridendo solo al pensiero di cosa l'altro potesse alludere.

- ELISA !!!

 

 

***

 

Mirko non aveva ancora assaggiato la porzione di spaghetti che Licia aveva appena finito di preparare apposta per lui quando, irrompendo nel Mambo senza preavviso, Marika entrò sconvolta nel locale.

- Avete visto Elisa? - domandò subito, senza perdere tempo.

Licia e suo padre Marrabbio la guardarono sorpresi.
Mirko si pulì lo schizzo di salsa di soia dal naso, altrettanto stupito, e ovviamente si preoccupò di chiedere il motivo di una simile domanda.

- Ho telefonato alla scuola - spiegò Marika preoccupata. - Sia Elisa che Andrea sono stati visti uscire mezz'ora fa, ma non sono ancora tornati a casa!
- Che cosa ?!?

Come Mirko balzò in piedi di scatto, gli spaghetti bollenti finirono addosso al povero Marrabbio.
Subito il poveretto si mise ad imprecare come un ossesso, accusando un'ustione di terzo grado, tuttavia Licia gli rimproverò che non era il momento di fare baccano e che si trattava di una cosa seria.
Misurando per quanto possibile le parole, Marika spiegò dunque a Mirko della telefonata da lei ricevuta.

- Ho avvertito Satomi, che è subito corso a cercarli, e lui mi ha suggerito di controllare prima se non fossero tornati qui assieme...
- Andiamo subito a cercarli, allora - esclamò Mirko, afferrando il giubbotto e uscendo come una furia.

Licia e Marika lo seguirono a ruota, ignorando completamente Marrabbio che rimase dunque molto più indietro.

- Ehi, dico - sbuffò il poveretto, cercando invano di tenere il loro stesso passo. - Se è successo qualcosa ad Andrea, non potete lasciarmi qui... Aspettatemi, dannazione!

Correndo col cuore in gola, il piccolo gruppetto provò a cercare ovunque i due bambini: la pasticceria, il negozio di dolciumi, la casa di Manuela...
Anche Manuela e Toni, una volta appreso dell'accaduto, si unirono immediatamente alle ricerche.

- Forse dovremmo chiamare la polizia - suggerì Toni.
- No, potrebbe essere pericoloso - osservò Mirko. - Se davvero sono stati rapiti, sentendo le sirene spiegate, c'è il rischio che facciano loro del male!
- Oh, mio Dio - gemette Licia. - Non posso neanche pensarci, è orribile...
- Noi proviamo a cercarli ai giardini - suggerì dunque Mirko, imboccando tosto la strada.
- D'accordo - rispose Toni. - Io e Manuela chiederemo invece se qualcuno li ha visti in giro per il quartiere!
- Il primo che abbia notizie informi gli altri - tagliò corto Mirko, seguito da Licia e da Marika.

Poco dopo, sbuffando come una vecchia locomotiva a vapore, Marrabbio arrivò davanti casa di Manuela per accasciarsi a terra sfinito.

- A... A... Andrea - mormorò. - Se... Se solo provano a torcerti anche solo un capello, io...
- Babbeo, togliti dalla strada!
- Eh? Cosa... AAAHHH !!!

Riuscendo ad evitare per un soffio di essere "schiacciato" sotto le ruote di un camion, Marrabbio schizzò in piedi ( con un'agilità insospettabile, per uno della sua età! ) e riprese a correre per quanto le sue gambe potevano permetterglielo.
Frattanto Mirko, Licia e Marika raggiunsero l'ingresso dei giardini pubblici.
Qui si guardarono attorno per un momento e, scorgendo i due bambini vicino alle altalene, corsero loro incontro.
Sia Mirko che Licia abbracciarono il piccolo Andrea, rischiando quasi di soffocare lui e il povero Giuliano, mentre Marika strinse forte la sorellina piangendo per l'emozione.

- Che ti prende, Marika? - domandò Elisa perplessa.
- Mirko - fece Andrea, sgranando gli occhioni. - Perché tu e Licia state piangendo?
- Stai bene, Andrea? - domandò Licia preoccupata.
- Perché non siete tornati subito a casa? - fece eco Mirko, chiaramente alterato.
- Scusa - gemette il piccolo, chinando lo sguardo e nascondendo il mento contro la schiena di Giuliano. - Elisa mi ha chiesto di aiutarla a cercare il pupazzo che le era caduto qui, così dopo l'avrei accompagnata a casa, ma non volevo farti arrabbiare...
- Va tutto bene, Andrea - sorrise Licia tranquillizzandolo. - Eravamo solo preoccupati, perché non vi abbiamo visti tornare, ma l'importante è che stiate bene!
- Oh sì, stiamo benissimo - fece Elisa raggiante. - Grazie anche a quel signore così gentile che abbiamo incontrato prima, abbiamo ritrovato subito il mio giocattolo... vedete?

Come Elisa sollevò soddisfatta il balocco, Marika e gli altri impallidirono invece di colpo.

- Elisa - mormorò Marika, cingendole le spalle e guardandola negli occhi. - Che aspetto aveva quel signore?
- Non saprei - replicò la bambina. - Era alto, con grossi baffi e portava gli occhiali scuri... Ah sì, mi ha anche detto che vi conoscete, e mi ha dato questa lettera per te!

Così dicendo, Elisa tirò fuori una busta dalla sua piccola borsettina e Marika la aprì con mani tremanti.
In quella arrivò anche Satomi. Vedendo Mirko e le ragazze dalla strada, il giovane fermò la macchina davanti ai giardini e corse subito verso di loro.

- Avete trovato i bambini - esclamò. - Stanno bene?

Sconvolta da ciò che aveva appena letto, Marika si voltò a guardare Satomi con occhi pieni di lacrime.

- Satomi - singhiozzò.
- Marika, che succede?

La ragazza gli porse il foglio che stringeva tra le mani e Satomi lo scorse velocemente con lo sguardo.

"La famiglia è una bella cosa e i bambini sono importanti.
Lasciamoli dunque crescere tranquilli, questi bambini,
perché le disgrazie fanno in fretta a succedere...
Tenetelo a mente, è un consiglio!"

Satomi accartocciò la lettera con rabbia.
Stavolta quella carogna aveva davvero oltrepassato ogni limite.

 

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 5
*** Rapimento ***


Malgrado l'odio e la rabbia verso quell'essere spregevole di Kanizawa, Satomi si rese conto che Marika era ancora profondamente scossa per l'accaduto.
Sia Elisa che Andrea non potevano comprendere cosa la facesse soffrire, al punto da farla piangere così tanto. Anche Mirko e Licia, che pure si rendevano conto della gravità della situazione, non sapevano che cosa dire.
Kanizawa poteva colpire loro o i loro cari in qualsiasi momento.
Non potevano sfidarlo, senza incorrere in qualche sua sporca ritorsione. Finora si era limitato a spaventarli, senza mettere in pratica le sue minacce, ma adesso rischiavano di andarci di mezzo anche i bambini.

- Quella carogna - fece Mirko tra i denti. - Se solo riesco a mettergli le mani addosso, io...
- Sta diventando tutto troppo pericoloso - osservò Satomi. - Credo sia meglio cedere, per il momento almeno!
- Dobbiamo denunciarlo, invece - protestò Mirko vivamente.
- Cos'è, credi che io invece non voglia vederlo marcire dietro le sbarre ?!?

Satomi scattò rabbiosamente, tanto quanto Mirko, tuttavia non poteva permettere che qualcuno dei suoi amici diventasse vittima di quel farabutto.
Purtroppo la lettera da sola non poteva essere collegata in tribunale con la telefonata ricevuta da Marika. Kanizawa era tanto astuto quanto viscido, un essere senza morale né scrupoli, e anche stavolta non smentiva affatto la sua fama di delinquente.
Quando anche Marrabbio si unì al gruppo, dopo aver corso praticamente mezzo quartiere a piedi, gli altri decisero che non c'era altro da fare che accompagnare i bambini a casa. Andrea tornò al Mambo con Licia e lo zio, intanto che il fratello informasse Toni e Manuela dello scampato pericolo, mentre Marika ed Elisa salirono in macchina con Satomi.
Satomi non se la sentì di lasciare da sola Marika quella sera e, poiché anche lei sentiva il bisogno di averlo vicino, accettò di buon grado l'invito della ragazza di fermarsi da lei a cena. Il pomeriggio trascorse veloce e, dopo aver messo a letto Elisa, Marika si sedette in salotto per mettere il fidanzato a parte delle sue paure.

- Sono preoccupata, Satomi - mormorò. - Se dovesse succedere qualcosa ad Elisa, io... io non so cosa farei...
- Non le succederà nulla, te lo prometto - cercò di tranquillizzarla l'altro. - Non permetterò a nessuno di farvi del male, né a lei né a te, hai la mia parola!
- Oh, Satomi...
- Ascolta - proseguì lui serissimo. - Il concerto può aspettare, non importa quanto e non importa come, prima di tutto per me vieni sempre e soltanto tu!

Sentendo quelle parole, Marika si strinse riconoscente fra le braccia del suo innamorato.
Satomi le accarezzò i capelli, stringendola forte a sua volta, come a confermare quanto appena detto.
Purtroppo non aveva prove per denunciare Kanizawa, non poteva accusarlo, ma di certo non avrebbe mai permesso ad alcun farabutto di sfiorare la donna che amava. Già una volta Marika era stata aggredita e brutalmente picchiata da un gangster, con lo scopo di intimorirla, e Satomi non poteva assolutamente accettare che ciò si verificasse ancora.
Dopo averla un poco rassicurata, Satomi le suggerì di andare a riposare mentre lui intanto si sarebbe sistemato sul divano per la notte. Dal momento infatti che in casa c'era anche Elisa, non poteva certo dormire assieme a Marika come l'ultima volta...
Entrambi arrossirono leggermente, concordando che forse era la soluzione migliore. E mentre Satomi si distese con la giacca sulle gambe, Marika si ritirò nella sua camera per sciogliersi i capelli e prepararsi ad andare a letto.
Proprio in quel momento qualcuno suonò al campanello.
Sorpresa, e non senza un moto di apprensione, Marika fece per andare a rispondere. Satomi tuttavia le raccomandò di non muoversi e, vista l'ora tarda, i suoi timori non erano certo infondati. Di nuovo il campanello suonò e, avvicinandosi piano alla porta, il giovane domandò in tono secco che era e che cosa volesse.

- La signorina è in casa? - domandò un tizio con voce tutt'altro che rassicurante. - Qualcuno desidererebbe parlarle...
- Andatevene - ruggì Satomi. - Sparite, prima che chiami la polizia!

Per tutta risposta, la porta venne buttata giù con uno schianto terribile.
Satomi si ritrovò scaraventato all'indietro per terra e, prima che potesse alzarsi, qualcuno gli assestò un violento calcio allo stomaco facendolo boccheggiare per l'improvviso dolore.

- Sta buono - esclamò l'uomo sopra di lui, vestito di scuro da capo a piedi, aggiustandosi il nero guanto di pelle che indossava.

Sentendo quel rumore improvviso, Marika si avvicinò all'ingresso per scoprire cosa stava succedendo. Qui rimase sconvolta, nel vedere la porta sfondata e tre individui fare irruzione in casa sua. Prima però che potesse fare o gridare qualcosa, uno dei delinquenti la afferrò saldamente per il braccio e le tappò il naso e la bocca con un fazzoletto imbevuto di cloroformio.

- Marika - gemette Satomi, con un rivolo di sangue all'angolo della bocca. - Lasciatela, maledetti... Ah!
- Chiudi il becco - lo zittì il farabutto, chinandosi per colpirlo con un forte pugno al volto.

Satomi non ebbe il tempo di sentire il dolore di quel cazzotto che, urlando in modo lancinante, avvertì il suono sinistro delle ossa spezzate della sua mano. Quel tizio gli aveva appena schiacciato le dita con la suola della scarpa, infierendo duramente per impedirgli di reagire, cosicché Satomi si ritrovò del tutto impotente.
Frattanto Marika, dopo aver opposto una breve quanto inutile resistenza, roteò gli occhi verso l'altro e perse conoscenza tra le braccia del suo aggressore. Questi si assicurò che fosse svenuta dopodiché, caricandosela sulle spalle, fece segno ai compagni di seguirlo.

- Qui abbiamo finito - esclamò, rivolto al tizio che stava picchiando Satomi. - Mettilo a nanna e andiamo via!
- Portatela voi dal capo - rispose l'altro. - Preferisco dare una lezione a questo bel signorino!

Brontolando seccati, due dei rapitori portarono via Marika priva di sensi, lasciando il terzo alle prese con Satomi.
Nonostante il dolore alla mano, il giovane musicista aveva ancora la forza di reagire. Subito infatti provò a colpire l'aggressore con la mano sana, mancando però il bersaglio, e questi invece gli assestò un altro durissimo pugno sotto la guancia.

- E' ora di fare la nanna, bimbo - sorrise l'uomo cinicamente, stringendo la mano guantata a pugno e sollevandolo sopra la testa.
- AAAAAAHHHHHH !!!

L'urlo terrorizzato di Elisa, la quale era scesa dalla sua stanza perché preoccupata dai rumori che aveva sentito, riuscì a distrarre per un attimo il criminale. Subito Satomi non perse tempo e, dopo avergli sferrato una poderosa ginocchiata all'inguine, gli avvolse il braccio ferito attorno al collo e prese a colpirlo al volto con tutta la forza che aveva in corpo. L'uomo sanguinò copiosamente dal naso, a causa dei violenti pugni rabbiosi dell'altro, tuttavia Satomi non smise di colpirlo finché non sentì la cartilagine della mascella penzolare inerte sotto il suo pugno.
Il criminale crollò a terra, praticamente in fin di vita, e Satomi barcollò verso Elisa ancora sconvolta.

- E... Elisa - mormorò con un filo di voce. - Presto, chiama la polizia... Di' loro di venire qui immediatamente, poi chiuditi a chiave nella tua stanza e non uscire da lì per nessun motivo... Hai capito?
- Do... Dov'è Marika? - gemette la bambina, con occhi terrorizzati. - Che cosa è successo... chi è quell'uomo ?!?
- Fai come ti ho detto, presto - tagliò corto Satomi. - Non ti muovere dalla tua stanza, fino all'arrivo della polizia!
- Satomi, i... io ho paura...
- No, no... ssst - mormorò l'altro, accarezzandola. - Non aver paura, io e Marika torneremo presto... te lo prometto!

Elisa singhiozzò fortemente, annuendo col capo, e corse a fare ciò che le aveva detto Satomi.
Il giovane si sforzò in tutti i modi di ignorare il dolore, mosso unicamente dalla forza della disperazione, e uscì dalla porta sfondata della villa in tempo per vedere la macchina dei criminali allontanarsi lungo la strada. Subito dunque si trascinò alla propria vettura, muovendo per quanto possibile la mano sinistra fratturata, e mise in moto a tutta velocità per inseguire i rapitori in fuga.

- Resisti, Marika - esclamò. - Non temere, amore mio... sto arrivando!

 

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Capitolo 6
*** All'inseguimento ***


Satomi strinse i denti.
Le dita rotte della sua mano sinistra avevano assunto un colore violaceo e, ad ogni minimo movimento, il dolore era così intenso che a stento poteva usare il palmo per reggere il volante.
Tuttavia il pensiero di Marika nelle mani di quei farabutti era più forte di tutto il resto.
Con la mano in quelle condizioni però, non poteva certo lanciare la macchina al massimo della velocità, col rischio di perdere il controllo e finire fuori strada. Perciò non poteva fare altro che seguire i rapitori, in modo da non perderli di vista, e scoprire dove costoro la stavano portando.
Malgrado le fitte lancinanti, Satomi si concentrò sull'unica cosa che gli premeva in quel momento... Marika!
Non poteva permettere che le facessero del male, non poteva permetterlo assolutamente, e doveva fare tutto il possibile per salvarla.
I criminali sbucarono sulla tangenziale, con Satomi sempre alle calcagna, e sul rettilineo sgombro e illuminato si accorsero di essere appunto inseguiti.

- Abbiamo compagnia - esclamò il tizio che teneva Marika svenuta sul sedile posteriore, guardando attraverso il lunotto termico della vettura.
- Poco male - rispose l'altro, senza distogliere minimamente l'attenzione dalla guida. - Se si tratta di quel musicista da strapazzo, sai già quello che bisogna fare!

Marika stava già cominciando a riprendere conoscenza, aprendo piano gli occhi e cercando invano di mettere a fuoco le immagini, ma l'effetto dell'anestetico era ancora presente. Prima di scivolare nuovamente nel sonno tuttavia, riuscì a cogliere uno scatto metallico e il rumore di una pistola che veniva armata dalle mani sicure del suo aguzzino.
Il proiettile aprì un foro circolare sul parabrezza di Satomi, il quale fu costretto ad abbassare la testa, e subito ne seguirono altri due.
Fortunatamente Satomi non si fece prendere dal panico e, rallentando leggermente l'andatura, si arrischiò a sollevare nuovamente lo sguardo.
Colui che aveva sparato grugnì di disappunto, vedendo la macchina del giovane sempre alle costole, e prese la mira per sparare altri cinque colpi in rapida sequenza.
Due proiettili rimbalzarono sul cofano, uno invece fece saltare via lo specchietto retrovisore a fianco di Satomi, e gli altri gli fischiarono all'altezza della faccia rischiando di ucciderlo. Incurante di ciò, Satomi mantenne gli occhi fissi sul veicolo da inseguire e affondò nuovamente il piede sull'acceleratore.

- Dev'essere completamente pazzo - osservò il criminale, sostituendo in fretta il caricatore.
- Lascia perdere - fece l'altro. - Appena preso lo svincolo sull'uscita ovest, non potrà più seguirci comunque... A meno che non sappia volare!

Purtroppo il criminale aveva ragione.
Finora entrambi i veicoli stavano correndo ad una velocità media intorno ai 120 km/h. ma, una volta imboccata l'uscita da quel tratto autostradale, i rapitori si sarebbero lanciati oltre i 200... e a quel punto, se anche avesse voluto proseguire l'inseguimento, Satomi non avrebbe più avuto comunque modo di raggiungerli. Lanciare una macchina oltre una certa velocità, senza poter contare sull'ausilio di entrambe le braccia, equivaleva ad uscire rovinosamente di strada e fare la fine di un fuoco d'artificio.
Poco dopo infatti, fermandosi al centro di un ponte sopraelevato, Satomi vide sotto di sé la macchina dei rapitori che sfrecciava via verso l'uscita dell'autostrada.
Non poteva più sperare di raggiungerli.
Dapprima imprecò, battendo rabbiosamente il pugno destro sul cruscotto, poi però nella sua mente prese forma un'idea a dir poco folle.
Come giustamente aveva osservato anche il criminale, l'unico modo per riprenderli era praticamente quello di alzarsi in volo... tuttavia quel furfante non poteva certo immaginare che Satomi era disposto a tutto, fossanche a mettere le ali.
Facendo manovra per quanto possibile, girando lo sterzo e ingranando le marce con l'unica mano sana, Satomi girò la vettura di traverso al ponte col cofano puntato verso il parapetto e la strada sottostante. Deciso dunque a rischiare il tutto per tutto, ben sapendo che si trattava di un'azione a dir poco suicìda, diede gas al massimo e fece partire il motore con un ruggito impressionante.
Con un salto nel vuoto a dir poco spettacolare, Satomi si sollevò in aria e i fari dell'automobile fendettero in volo l'aria della notte.
Satomi spiccò il balzo da circa dieci metri di altezza, atterrando violentemente con un sinistro sfrigolare di pneumatici e una pioggia di scintille sull'asfalto. Incurante del cofano scardinato e delle sospensioni danneggiate, con la rabbia e la forza della disperazione, riuscì in qualche modo a mantenere l'assetto del veicolo e a riprendere l'inseguimento.
Dopo una simile prova di coraggio ( o di incoscienza! ), più niente ormai poteva fermarlo.
Poco più avanti sulla strada, stagliandosi come un faro nelle tenebre che avvolgevano la zona fuori città, Satomi intravide le luci di una enorme villa che sembrava illuminare a giorno la campagna circostante...
Il covo di Kanizawa!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 7
*** Satomi il Giustiziere ***


- Al diavolo - esclamò il criminale armato, nel vedere che Satomi era ancora alle loro calcagna. - Quel ragazzo è più ostinato di un mulo!
- E allora cosa aspetti - si lamentò il complice alla guida. - Spara, uccidilo!

Senza farselo ripetere, l'altro si affacciò nuovamente dal finestrino e fece fuoco.
Purtroppo Satomi non ebbe modo di mantenere la guida, date le condizioni in cui era ridotta la sua macchina dopo il salto, cosicché sterzò bruscamente e uscì di strada andando a schiantarsi contro un albero li vicino. Fortunatamente il motore non esplose, anche se l'impatto fu comunque molto violento, e Satomi rimase immobile con la testa poggiata contro il volante.
Subito i rapitori fermarono la macchina.
Quello che aveva sparato si avvicinò ai resti fumanti del veicolo semidistrutto, cercando di capire se il conducente era sopravvissuto o meno all'impatto, e nel vederlo chino sul cruscotto sollevò un'altra volta la pistola per prendere la mira contro la sua testa.

- Adiòs, rompiscatole!
- Fermo, non farlo - fece il complice, afferrandogli il polso. - Non ce n'è bisogno, è morto, non vedi ?
- Lo so, ma voglio essere sicuro...
- Non fare l'idiota: una morte accidentale viene archiviata entro poche ore ma, se gli trovano un proiettile in corpo, la zona si riempirà di poliziotti... e il capo non vuole sbirri qua in giro!
- E sia - grugnì l'altro, rinfoderando l'arma. - Portiamo dentro la ragazza, allora!

Lasciando dunque perdere Satomi, i due tornarono alla vettura per prendere Marika ancora priva di sensi e trascinarla all'interno della villa.
A giudicare dalle sue condizioni, e soprattutto dal rivolo di sangue lungo la tempia sinistra, Satomi aveva tutta l'aria di essere morto sul colpo. Tuttavia un lieve fremito delle sopracciglia e i fremiti del braccio furono i primi segni della sua ripresa. Avendo infatti sollevato istintivamente le braccia, il giovane era riuscito a proteggersi da un impatto mortale. L'urto improvviso gli aveva tolto il fiato, lasciandolo incosciente per qualche minuto, ma nel riaprire pian piano gli occhi si rese conto di essere ancora vivo.

- M... Ma... ri... ka - mormorò con un filo di voce.

Era scampato alla morte per un soffio, la testa gli ronzava come un nido di api impazzite, e nonostante questo il suo corpo rifiutava di lasciarsi andare.
Marika aveva bisogno di lui, aveva bisogno del suo aiuto.
Portandosi la mano alla fronte, Satomi inarcò la schiena sul sedile cercando di riprendersi del tutto. Certo era ancora piuttosto frastornato ma sufficientemente lucido per rammentare cos'era successo. Come provò ad aprire lo sportello, il dolore lancinante gli rammentò che la sua mano sinistra era praticamente fuori uso. Non potendo sopportare il martìrio delle dita rotte, Satomi frugò in fretta tra il mucchio di cianfrusaglie che erano rotolate fuori dal cruscotto aperto, in cerca di qualcosa da usare come bendaggio. Trovò infatti un grosso rotolo di nastro adesivo e, strappandone un lungo pezzo coi denti, Satomi se lo avvolse tutto attorno alla mano fasciandosela completamente. Stringendola il più possibile, in modo da tenere ferme le ossa spezzate, il giovane riuscì quantomeno ad attutire il dolore.
Barcollando per lo sfinimento, respirando avide boccate di aria fresca, scese poi dalla macchina e si accinse a cercare qualcosa di utile anche nel bagagliaio. Tra le varie cose che conteneva, vi erano anche i seguenti oggetti: catene da neve, un tubo di ferro, alcuni stracci di stoffa e un grosso rotolo di corda...
Satomi non aveva la più pallida idea di come penetrare nella villa di Kanizawa.
Non sapeva quanti uomini ci fossero di guardia, senza contare che alcuni erano indubbiamente armati, tuttavia doveva correre ugualmente il rischio.
Prima di tutto avvolse alcuni stracci ad un'estremità del tubo, in modo da renderlo più maneggevole e meno scivoloso, legandosi l'altra estremità al polso con un pezzo di corda; Con le catene invece fece un lungo giro attorno al braccio sinistro, creando una specie di manica protettiva, e si assicurò i ganci sul polso e sulla mano intorpidita. Subito provò ad assestare un colpo sul portello del bagagliaio, deformandolo ulteriormente senza alcuno sforzo, e constatò con soddisfazione di non risentirne in alcun modo sull'arto infortunato.
In questo modo, poteva assestare dei colpi anche con la sinistra e brandire invece il tubo a mo' di bastone con la destra.
Accecato dall'ira per il sequestro di Marika, Satomi non aveva che un unico pensiero ora: liberare la ragazza e vendicarsi di quelle carogne e del loro capo.
E così, armato di tutto punto, il giovane si fece coraggio e avanzò deciso verso la villa.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 8
*** Mister Kanizawa ***


Quando Marika riprese i sensi, dopo che qualcuno le ebbe accostato una boccetta di sali sotto le narici, impiegò alcuni istanti per mettere a fuoco le immagini dinanzi a lei. D'istinto provò a muovere le braccia ma, in quel preciso momento, si accorse di essere stata legata strettamente alla sedia dove si trovava.
Era confusa.
La testa le faceva un male incredibile e, prima che potesse anche solo tentare di rammentare qualcosa, la voce di Kanizawa le rimbombò nelle orecchie.

- Ben svegliata, signorina Marika Kajiwara!

L'uomo era seduto di fronte a lei, da dietro una grossa scrivania rettangolare, e la stava osservando con occhi privi di emozione.
Ora Marika poteva vederlo chiaramente per l'individuo orribile che era.
Kanizawa aveva un corpo tozzo e sproporzionato: anche se la parte inferiore del busto era nascosta dalla scrivania, il suo addome prominente era comunque visibile; le mani grosse e callose, piene di peli rossicci sul dorso, quasi come quelle di una scimmia; la schiena ingobbita, con spalle grosse e una corporatura da rinoceronte, mentre il volto era una specie di grottesca caricatura umana con almeno quindici pieghe al mento...
Era veramente brutto a vedersi, con l'enorme testa unta e lucida di sudore, tanto da suscitare repulsione in chiunque.
Marika rabbrividì, non tanto per la paura quanto per l'ansia di conoscere il motivo del suo sequestro, e non sopportava l'idea di avere a che fare con un uomo così viscido e disgustoso.

- Le chiedo scusa, per il modo in cui è stata "invitata" - bofonchiò Kanizawa, armeggiando con l'accendino per fumarsi un grosso sigaro puzzolente come letame. - Ci tenevo a scambiare con lei due parole a quattr'occhi, come si usa di solito tra persone civili, ma temevo... come dire... che non le avrebbe fatto piacere questa conversazione!
- Non creda di passarla liscia - rispose Marika a denti stretti, cercando invano di allentare le corde che la tenevano legata. - Quello che ha fatto si chiama "Sequestro di Persona", un reato in piena regola, e finirà in galera per questo!
- Bla... Bla... Bla... - la schernì l'altro con una smorfia. - Ancora non ha ben capito come gira questo mondo, vero signorina? Deve aver avuto un'infanzia con tanti bei balocchi, per crescere così ingenua, sono commosso!
- Che cosa vuole da me, perché mi ha fatta rapire?
- "Rapire" - ripeté Kanizawa, allargando le braccia con noncuranza. - Lei ufficialmente è mia ospite, signorina Marika: io le ho fatto una telefonata, ho mandato i miei segretari a prenderla con la macchina, e l'ho invitata qui per fare due chiacchiere... Questa posizione tiene almeno un esercito di avvocati, con tutte le prove ed i testimoni che servono, e nessuno può dimostrare nulla a mio carico... E' così che funziona, sempre e comunque, si metta l'anima in pace!
- Glielo chiedo di nuovo, Mr. Kanizawa - fece Marika, cercando di non apparire in alcun modo spaventata. - Che cosa vuole da me?

Per tutta risposta, Kanizawa si alzò dalla scrivania ed attraversò la stanza fino a trovarsi faccia a faccia con lei.
Lui e Marika si guardarono negli occhi.
Marika sentì un brivido scenderle lungo la schiena, nel sentire vicino a sé il puzzo nauseabondo di quell'essere disgustoso, tuttavia costui non l'aveva fatta sequestrare senza avere un piano ben preciso in mente.

- Lei e i suoi amici ci tenete proprio a quel concerto, dico bene? - osservò Kanizawa con un sogghigno. - Possiamo metterci d'accordo, se non mi fate girare i nervi con la testa dura che avete: voi, signorina, convincete i Bee Hive a suonare per la mia casa discografica; una firma sul contratto, venti per cento in più per ciascun membro del gruppo, e saremo tutti felici e contenti...
- Lei sta vaneggiando - sbottò Marika furibonda. - Dopo quello che ha fatto, pensa davvero di poter proporre una cosa del genere ?!?
- Affari, signorina - sottolineò Kanizawa, gesticolando col sigaro fra le dita. - C'è sempre da guadagnarci, nel mettersi d'accordo piuttosto che farsi la guerra!

La povera Marika non avrebbe potuto essere più diretta e incisiva neppure volendo.
Lo sputo rabbioso sulla giacca di Kanizawa, assieme al suo sguardo carico di disprezzo, era infatti una risposta più che eloquente.
Kanizawa parve però assai contrariato dall'atteggiamento ribelle della fanciulla e, stringendole le guance con fare minaccioso, la invitò a pensarci bene prima di commettere qualche altra stupidaggine.

- Quale parte della mia offerta non le è chiara, signorina? - mormorò atono. - Pensa forse di avere scelta? Eppure mi sembra abbastanza intelligente per capire la situazione: o accetta o accetta, il rifiuto non è contemplato, e farà bene a darmi ascolto!

In quella l'interfono sulla scrivania di Kanizawa prese a suonare.
Lasciando perdere Marika e la sua cocciutaggine, l'uomo premette il pulsante del vivavoce e domandò ai suoi attendenti cosa diavolo stesse succedendo.

- Problemi in giardino, Mr. Kanizawa - rispose una voce agitata, dall'altra parte dell'apparecchio. - Le guardie all'ingresso non rispondono più!
- Siete andati a controllare?
- Per questo l'ho avvertita, signore... Vuole che mandi qualcuno fuori a dare un'occhiata?

Kanizawa strinse gli occhi.
Marika ignorava cosa stesse succedendo fuori dalla villa ma, per una qualche ragione inspiegabile, temeva fortemente che Satomi fosse in pericolo a causa sua.

- Di' agli altri di tenere gli occhi aperti - tagliò corto Kanizawa, tirando fuori una calibro '38 dal cassetto della scrivania e accingendosi a caricarla. - Se vedete qualcuno muoversi in giro, l'ordine è di sparare a vista!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 9
*** Spari nel buio ***


Il motivo per cui le guardie di sorveglianza all'esterno non rispondevano, nonostante la trasmittente accesa e funzionante, era perché giacevano tutte prive di sensi nel giardino. Qualcuno le aveva tramortite violentemente, lasciandoli pesti e sanguinanti come bestie da macello, e tuttavia le telecamere non avevano ripreso nulla di sospetto.
Come aveva ordinato Kanizawa, ogni uomo presente all'interno della villa mise mano alla propria arma e si parò dinanzi all'ingresso. Venti gingilli calibro '45 erano tutti puntati contro la porta della villa, pronti a far fuoco contro chiunque si fosse fatto avanti da quella parte, ma nel giardino non sembrava esserci veramente nessuno. Le telecamere continuavano a riprendere solo il fogliame, assieme ai resti di una macchina semidistrutta contro un albero, mentre non vi era traccia alcuna delle sentinelle o di chi era riuscito a tramortirle.
L'attesa era snervante.
Molti degli uomini di Kanizawa non erano tipi da andare molto per il sottile, avvezzi più che altro a sparare senza un motivo vero e proprio, cosicché la tensione nell'atrio della villa era evidente. Ognuno di loro era convinto che, se il tizio che aveva accoppato i loro compagni era tanto stupido da cercare di introdursi attraverso la porta principale, sarebbe stato un gioco da ragazzi ucciderlo sul colpo.

- Chiunque sia, non la passerà liscia - commentò il capo della sorveglianza. - Il signor Kanizawa si è raccomandato di sparare a vista: se vedete quella porta muoversi anche solo di un centimetro, sparate!

Silenzio.
I minuti trascorsero, lenti ed estenuanti, ma nessuno si fece avanti attraverso la soglia.
Nessuno riusciva a concepire come accidenti avesse fatto il misterioso intruso ad avere la meglio sui loro colleghi.
Poiché non si sentiva volare una mosca, anche il minimo suono proveniente dall'esterno risuonava chiaro e acuìto.
Quello che giunse alle orecchie degli uomini armati sembrava niente di più che un innocuo scricchiolìo sui gradini davanti l'ingresso. D'un tratto la porta cominciò a cigolare leggermente ( segno che qualcuno le aveva dato una lieve spinta ), e nello stesso momento una scarica micidiale di proiettili si abbatté contro il legno mandandolo in pezzi. Anche se la porta era piuttosto spessa, nulla poteva fermare i buchi di venti pistole automatiche tutte assieme. Convinti che l'intruso si trovasse esattamente dall'altra parte, gli uomini di Kanizawa perseguirono con la loro scarica mortale senza neppure riflettere. Solo quando ebbero scaricato completamente le armi, qualcuno si arrischiò ad avvicinarsi per controllare se il cadavere dell'intruso fosse lì fuori.
Niente sangue.
Oltre la porta semidistrutta, non vi era assolutamente nessuno.
Nervosi com'erano, avevano sparato centinaia di colpi al vuoto.

- Accidenti - esclamò uno di loro, abbassando l'arma ormai scarica. - E adesso chi glielo dice a Kanizawa?
- Io no di certo - rispose un altro, tremando al solo pensiero.
- Quello è capace di ridurci proprio come la porta...

Avanzando cautamente sul pianerottolo, il tizio incaricato di controllare la situazione fece scivolare il caricatore esausto della pistola per sostituirlo. Col proiettile in canna e il grilletto alzato, l'uomo si guardò attorno senza riuscire a scorgere alcunché. Fuori sembrava tutto calmo e tranquillo quando, con uno schianto impressionante, qualcuno sbucò fuori dall'ombra ov'era nascosto per assestargli un violento colpo sul polso e disarmarlo.
Gli uomini dentro la villa non fecero in tempo a rendersi conto della situazione, che già Satomi aveva steso il loro compagno con una bastonata sulla fronte. Subito alcuni cercarono freneticamente di ricaricare a loro volta le armi ma, nel mentre che sostituivano i caricatori, Satomi prese la mira e scagliò il bastone verso l'alto centrando in pieno il lampadario.
L'improvvisa mancanza di illuminazione, unita all'imprevedibilità di tale gesto, gettò gli uomini di Kanizawa nel panico e nella confusione più totale. Qualcuno provò istintivamente a sparare alla cieca, mancando però totalmente il bersaglio, e Satomi ne approfittò per cambiare velocemente posizione e guadagnare così il vantaggio della sorpresa.
Doveva agire in fretta, prima che qualcuno accendesse il quadro-luci di emergenza, e allo stesso tempo doveva abbassarsi il più possibile per evitare i proiettili che fischiavano ovunque. Dalla sua posizione, Satomi poteva intravedere delle sagome avvolte nella penombra; stringendo dunque la spranga e affidandosi al proprio istinto, scivolò coraggiosamente di fianco agli ignari pistoleri per colpirli uno dopo l'altro con rabbia inaudita.
Roteando furiosamente la spranga nel buio, nell'assestare colpi durissimi a destra e a manca, Satomi si sbarazzò così di quelle carogne.
Qualcuno riuscì a recuperare un paio di torce elettriche, gettandone il fascio luminoso un po' ovunque, ma Satomi fu più svelto di loro nel metterli a nanna a colpi di catena. Il rinforzo sul suo braccio era come un pesante maglio d'acciaio, con una forza tale da frantumare le mascelle, e di fatto Satomi riuscì a tramortirne molti. Uno o due proiettili lo beccarono di striscio, costringendolo a buttarsi a terra per non offrire un facile bersaglio, ma un attimo dopo i pistoleri giacevano privi di sensi con le mascelle rotte e gli arti fratturati.
Satomi si fermò a riprendere fiato, non appena l'ultimo degli uomini di Kanizawa crollò sotto i suoi colpi, e gli ci volle un po' per realizzare che nell'atrio della villa non era rimasto più nessuno in grado di ostacolarlo. Recuperata dunque una torcia dal pavimento, il giovane puntò il fascio luminoso in direzione delle scale che davano sul primo piano. Stanco e ferito, ma ugualmente determinato ad andare fino in fondo, fece appello a tutte le forze rimastegli e cominciò a salire lentamente i gradini che ancora lo separavano dalla meta.

 

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Mentre saliva le scale, in preda alla rabbia e al dolore che gli attanagliava le membra, Satomi stentava a credere che tutto ciò stesse accadendo davvero.
Nello spazio di una sola notte, dopo essere scampato ad un'aggressione e a un incidente quasi mortale, sembrava davvero essersi trasformato. Non era più il tranquillo ragazzo di sempre: aveva affrontato a viso aperto dei veri e propri criminali senza scrupoli, incurante della propria incolumità, e aveva colpito a sangue i tirapiedi dell'individuo che aveva ordito il rapimento di Marika; si era trovato coinvolto nel bel mezzo di una sparatoria, uscendone vivo ma in condizioni ancora più gravi, e senza dubbio era pronto a uccidere chiunque gli si fosse parato davanti nel tentativo di fermarlo.
Kanizawa non poteva passarla liscia, dopo tutto quello che aveva fatto.
Non doveva passarla liscia.
Se costui si era messo in testa di fare del male a Marika, Satomi era pronto a trascorrere il resto della sua vita in prigione pur di fargliela pagare. Ad ogni passo, il giovane avvertiva delle fitte lancinanti: il sangue sgorgava fluido dalle sue molte ferite e, non fosse stato per la sua incredibile forza di volontà, certo sarebbe crollato al suolo privo di sensi; tuttavia non poteva far altro che andare avanti e sottrarre la sua ragazza dalle grinfie di quel bastardo.
Frattanto Kanizawa, non riuscendo più a comunicare con gli uomini giù dabbasso, cominciò a diventare nervoso. Marika lo vide gesticolare minacciosamente con la pistola, sbarrando gli occhi in preda al panico e ai sudori freddi, tuttavia non cacciò un fiato. Il viscido boss strillò ancora nell'apparecchio, confidando invano in una qualche risposta da parte dei suoi uomini di sorveglianza, dopodiché lo fece a pezzi con una manata e tornò a concentrarsi su Marika con il gingillo carico e pronto a sparare.

- Pare che qualcuno abbia deciso di fare l'EROE, signorina - sibilò. - E le assicuro che, se questo "qualcuno" ha a che fare con lei, nessuno di voi uscirà vivo stanotte!

Nonostante la pistola puntata contro il volto, e il cuore che le batteva forte dalla paura, Marika non intendeva dare corda a quello squilibrato. Era consapevole di non poter andare da nessuna parte, legata com'era e in balìa delle sue minacce, ma non per questo era disposta ad accettare il suo gioco.

- E' inutile che cerchi di spaventarmi - mormorò lei con rabbia. - Lei è un individuo orrendo e schifoso, mi fa soltanto ribrezzo!

Gli occhi di Kanizawa si accesero di collera.

- Non usare questo tono con me, piccola sgualdrina che non sei altro!

Marika accusò in pieno un altro schiaffo.
Stavolta il dolore era all'altezza del mento, con un rivolo di sangue sottile lungo il labbro inferiore, ciononostante non abbassò lo sguardo. Piangere o disperarsi non le sarebbe servito a niente, se non a renderla ancora più vulnerabile agli occhi di quella carogna, e comunque non era nel suo carattere mostrarsi arrendevole di fronte a chicchessìa.
Vista la sua ostinazione, Kanizawa rimase un tantino perplesso.
In tutta la città nessuno poteva permettersi il lusso di mancargli di rispetto, a meno di non voler incorrere in qualche brutta fine, mentre quella sciocca ragazzina si era azzardata ad ignorare i suoi avvertimenti. Già solo per questo, Kanizawa avrebbe dovuto puntarle la canna della pistola sulla tempia e premere il grilletto. Era anche vero però che, immaginando che l'intruso penetrato nella villa fosse legato a lei, la ragazza poteva ancora fargli comodo come ostaggio.
Mentre rifletteva su questo, alcuni passi risuonarono fuori del suo ufficio.
Rapido come un fulmine, Kanizawa strinse Marika per il collo col braccio e, tenendole la pistola puntata con l'altra mano, girò quest'ultima in direzione della porta che dava nel corridoio. L'uomo attese con ansia crescente il momento giusto e, tendendo l'arma davanti a sé, fece fuoco contro l'ingresso lasciandovi un ampio foro circolare.
Altri colpi vennero sparati in rapida sequenza, senza tuttavia centrare l'intruso, e Kanizawa si ritrovò ben presto con UN solo proiettile in canna e un'ultima carta da giocare.

- Stammi bene a sentire, chiunque tu sia - ringhiò il boss, premendo nuovamente l'arma contro Marika. - Provati solo a fare un passo qui dentro e, parola mia, giuro che la faccio a pezzi questa troia!
- Non osare toccarla, verme schifoso!
- Satomi...

Marika riconobbe immediatamente la voce del fidanzato, per quanto carica di furore, e si mise a gridare nel tentativo disperato di salvargli la vita.

- Satomi, non entrare - urlò. - Scappa Satomi, scappa!
- Ti ho già detto di stare zitta - ruggì Kanizawa, tenendo lo sguardo rivolto verso la porta. - Mettiamo subito le cose in chiaro, "eroe" dei miei stivali: butta a terra le armi e fatti vedere con le mani alzate!
- No - gemette ancora Marika. - Non ascoltarlo, Satomi, non ascoltarlo o ti ucciderà!
- Conto fino a tre - tagliò corto Kanizawa, sollevando il cane dell'arma con un sinistro scatto metallico. - Uno, due...

Prima che potesse proseguire con il conteggio, Satomi gettò la spranga sul pavimento e uscì fuori dall'ombra con entrambe le braccia sollevate.
Kanizawa sorrise soddisfatto.
Da quella distanza, pur non essendo un abile tiratore, non era certo difficile centrare il cuore del giovanotto con un unico colpo ben piazzato.

- Sei stato coraggioso, devo ammetterlo, venire qui tutto solo - lo canzonò il boss, prendendo la mira con cura. - Sì, devo proprio ammetterlo, quasi mi dispiace doverti ammazzare...
- No!

Malgrado fosse ancora legata alla sedia, approfittando del fatto la stretta sul collo era allentata, Marika si divincolò violentemente avventandosi contro il braccio armato del criminale. Colto alla sprovvista da quel gesto inusitato, Kanizawa sollevò d'istinto la pistola verso l'alto e fece fuoco inavvertitamente. Il proiettile fischiò oltre la testa di Satomi, mancandolo per un soffio, cosicché questi tirò a sé la spranga tramite la corda che la teneva assicurata al polso e la scagliò contro il farabutto.
Kanizawa lasciò cadere la pistola, urlando per l'improvviso dolore, ma Satomi gli fu addosso per tempestarlo di pugni senza pietà. Piegato in due, sotto l'effetto di un micidiale gancio sotto lo stomaco, lo sfortunato boss ricevette una micidiale sventola sotto la guancia con il rinforzo metallico dell'altro. Satomi continuò a colpirlo, facendogli sputare il sangue assieme ai denti, e continuò finché non lo vide accasciarsi a terra immobile.
Una volta sfogata la sua collera, sentendo Marika singhiozzare disperatamente, si chinò dunque a sciogliere le corde che la tenevano legata.
La ragazza tuffò il volto tra le sue braccia, mormorando il suo nome tra le lacrime, e a stento riusciva a credere che tutto ciò fosse accaduto realmente. Satomi era sfinito, a malapena in grado di respirare, tuttavia le accarezzò piano la nuca nel tentativo di rassicurarla.

- Va bene, va tutto bene, è finita - mormorò. - E' finita, amore mio, è finita... è tutto finito!

Difficile dire se Marika avesse sentito o meno le sue parole.
L'unica cosa certa, nell'accarezzare il volto di lui e baciare il sangue delle sue ferite, era la gioia indescrivibile di averlo lì accanto a sé. Satomi l'amava, non l'avrebbe mai lasciata sola, e quell'amore era la certezza di tutta la sua vita. Piangendo lacrime di felicità questa volta, Marika si abbandonò tra le braccia del giovane e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Di lì a poco la polizia sarebbe arrivata a risolvere tutta la faccenda, dopo che i vicini preoccupati dai rumori delle sparatorie avevano dato l'allarme, ma al momento l'unica cosa rassicurante per Satomi era il calore della fanciulla che lo stringeva tra le sue braccia.

FINE

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