A.A.P. cap.1 + premessa e NdA
Premessa (e sì,
lo so avrei dovuto metterla nello scorso capitolo, ma perdonatemi, mi
sono
scordata):
Moltissimi
dei personaggi di questa storia non mi
appartengono, così come non mi appartengono molte delle
ambientazioni, delle
creature, degli usi e costumi, insomma tutto il contesto. Il tutto
è stato
ideato, creato, ha preso vita (usate il verbo che preferite) grazie ad
una
persona dalla mente geniale che ha reso possibile il sogno ad occhi
aperti di
generazioni di giovani. Grazie J. K. Rowling! I personaggi che non
ritroverete
nella saga del nostro amato maghetto sono tutti di mia invenzione,
alcuni dei
personaggi della zia Row…beh hanno deciso di diventare dei
round charachters e
di diventare un po’ diversi da come li ricordavate, anche i
loro caratteri sono
di mia invenzione. La trama? Beh anche quella è uscita dalla
mia testolina
bacata! Bene dopo questa necessaria premessa (invoco perdono per
essermi presa
una licenza sulla modalità con cui ridare a J. K. Rowling
quello che è di J. K.
Rowling), buona lettura!!!
CAPitolo
1: di sconvolgimenti, registi e sfigati
1
settembre 2023
Leonor era ferma al binario 9 e
¾ della stazione di King's
Cross a Londra. La banchina, nascosta agli sguardi dei Babbani, era
invasa da
famigliole più o meno spensierate, ragazzini urlanti,
esaltati per l'inizio di
un nuovo anno scolastico alla Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts, madri
premurose che facevano le ultime raccomandazioni, padri che battevano
pacche
sulle spalle dei figli e gli amici che si ritrovavano dopo il periodo
di
vacanza estivo e si abbracciavano allegramente. I capelli della donna,
lisci,
corvini e lunghissimi si aprirono come un mantello mentre stritolava in
un
abbraccio due dei suoi figli, un maschio e una femmina, ad occhio e
croce di
quindici anni. Si chinò verso il ragazzo dall'aria furbetta,
poggiandogli una
mano sulla testa e scompigliandogli i capelli color del grano, mentre
gli
sussurrava:
“Loren, prenditi cura di tua
sorella e bada che non
distrugga la scuola”.
Negli occhi color cioccolato del
ragazzo passò un lampo di
divertimento, che si affrettò a nascondere quando lo sguardo
accusatore di un
paio d'occhi assolutamente identici ai suoi lo fulminò.
“Mamma ti ho sentito! Non ho
bisogno di una balia,
piuttosto è quel vecchio barbagianni di Gazza che avrebbe
bisogno di un senso
dell'umorismo nuovo!” fu il commento stizzito della ragazza.
“Oh il suo senso
dell'umorismo è nuovissimo, ancora
impacchettato dal momento in cui è nato”
ridacchiò Leonor mentre baciava la
ragazza sulla fronte e faceva l’occhiolino a Loren. La donna
sussurrò alcune
parole di saluto all’orecchio della ragazzina, poi li
lasciò andare entrambi.
Vide Loren balzare agilmente sul treno per raggiungere i suoi compagni
e la
figlia passare una mano tra i capelli nel ricevere i complimenti delle
amiche
per la nuova Tintura Vispi e Brillanti, di un acceso color arancio, con
cui li
aveva tinti. Avevano fatto bene a chiamarla Pepper, pensò
sorridendo. Si
rivedeva molto nella sua giovane figlia: anche lei a suo tempo era
stata una
combina guai di prima categoria, aiutando i suoi migliori amici nelle
loro
marachelle ai danni di studenti, professori e soprattutto del vecchio
custode,
Argus Gazza.
Ormai anche gli ultimi ritardatari
erano saliti sul treno.
Si sentì un fischio e l’Espresso
cominciò a muoversi. Leonor osservò l'Espresso
allontanarsi lungo il binario, chiuse gli occhi un secondo lasciandosi
trasportare dai ricordi: il vociare allegro, i saluti urlati dai
finestrini, lo
sferragliare sempre più frenetico della locomotiva, l'odore
della stazione e il
vapore del treno in partenza erano sempre gli stessi e insieme
totalmente
diversi da quando era lei a frequentare Hogwarts.
Era tutto diverso ora. La sua
generazione aveva affrontato
una guerra, la Guerra Magica più terribile di tutte,
fratricida e insensata,
voluta dalla mente di un folle megalomane, un invasato purista del
sangue
magico che si faceva chiamare Lord Voldemort. Quel mago, uno tra i
più potenti
di tutti i tempi, era stato sconfitto da un piccolo drappello di
ribelli
costretti all'incognito, da maghi e streghe qualunque e da un branco di
ragazzini. Quei ragazzini erano Leonor, i suoi amici, suo marito.
Quanti amici
aveva perso? All'età dei suoi figli, con quegli stessi amici
saliva spensierata
sul treno, faceva dispetti e combinava disastri in giro per la scuola,
ma solo
qualche anno dopo si era ritrovata ad affrontare l'orrore di una guerra
e della
morte. Si augurava che i suoi figli non si trovassero mai a vivere una
situazione così terribile e, anche se la ricostruzione di
una civiltà magica
provata e stravolta nel profondo non era facile, si adoperava ogni
giorno per
dare loro la possibilità di una vita migliore e felice.
Osservò il volto di suo
marito che teneva in braccio Ersa,
quattro anni di vivacità, i capelli scuri come quelli della
madre e due occhi
grigi ed espressivi. Alcune ciocche color platino dell'uomo si
mischiarono con
quelle scure della figlia quando lui chinò la testa a darle
un bacio sulla
fronte. Sorridevano entrambi persi in uno scherzo che era solo loro, di
un
padre e la sua bambina. Quell'uomo, che ora sorrideva allegro, non era
sempre
stato così, Leonor ricordava bene la disperazione, il
terrore, la rassegnazione
nei suoi occhi durante gli ultimi anni di scuola. Suo marito era Draco
Malfoy e
non era stato in grado di ridere per tanto tempo. Ma soprattutto suo
marito era
stato per tanto tempo la persona che alcuni tra i suoi amici avevano
odiato di
più dopo Lord Voldemort e per certi versi il loro odio era
stato quasi
comprensibile perché non sapevano, nessuno di loro aveva mai
saputo. Suo marito,
al di là di tutti i suoi comportamenti da presuntuoso
padrone del mondo, era un
ragazzino cresciuto prima del tempo, caduto in balia di un padre
subdolo, di
una zia folle ed invasata e di una madre che tentava inutilmente di
difenderlo.
Suo marito era stato vittima e attore di un dramma atroce,
perché la sua
famiglia era tra i sostenitori di Lord Voldemort; e come gli altri lui
si era
piegato, la sua volontà spezzata dall'affetto che
inevitabilmente provava per
la madre la cui vita era appesa ad un filo, costantemente sotto il
controllo del
Signore Oscuro, come in fondo le vite di tutti loro.
Leonor ricordava con dolore il periodo
in cui lui l'aveva
abbandonata, per proteggerla a suo dire. Ricordava le volte in cui
l'aveva
rincorso per i corridoi urlando il suo nome, il suo incubo ricorrente
era
quello di non riuscire a raggiungerlo e di vederlo sparire inghiottito
dal
mantello nero del Signore Oscuro. Nella realtà, invece, una
sera del sesto
anno, dopo averlo ricorso per un tempo interminabile, dopo aver cercato
per
mesi di parlargli, era riuscita ad attirarlo in un angolo, a stringerlo
in un
abbraccio, a spiegargli che sarebbe andato tutto bene, che c'era un
modo per
salvare se stesso, sua madre e il Mondo Magico.
Era un piano folle, ma era stato
ideato da uno dei maghi
più grandi di tutti i tempi: l'allora preside di Hogwarts,
Albus Silente.
Secondo il piano, Draco avrebbe dovuto assecondare i voleri del Signore
Oscuro,
ma con una piccola variazione: avrebbe dovuto far entrare un manipolo
di
Mangiamorte nella Scuola, ma arrivato il momento che tutti avrebbero
atteso, il
momento in cui, secondo gli ordini ricevuti, Draco avrebbe dovuto
uccidere
Silente, il ragazzo si sarebbe dovuto fare da parte e consentire ad un
altro
mago, un altro fidato amico di Silente, un suo “infiltrato
tra le linee
nemiche” di compiere il gesto. Così avvenne. Draco
continuava a non capire, ma
si fidava di lei. Erano vissuti insieme fin dalla culla, quando la
famiglia di
lei era stata distrutta e lei era stata affidata per qualche tempo ai
Malfoy.
Lei, poi, era stata portata via, affidata alla custodia di un mago
burbero, ma
gentile che la tenne al sicuro per il resto della sua infanzia, ma mai
si era
dimenticata di quel bambino, biondo piccolo angelo spaventato, e lui
non si era
mai dimenticato della mano gentile che tante volte gli aveva dato la
forza di
alzarsi quando cadeva sulle sue gambe malferme di bimbo. Draco
l’amava da
sempre e si fidava di lei perché lei lo amava da sempre e
l'avrebbe salvato,
glielo aveva promesso.
In quei giorni il tempo passava ed il
mondo vedeva Draco
come un fedele servitore di Lord Voldemort, ma lui in segreto
aspettava,
aspettava che lei lo prendesse per mano e gli indicasse una via
d'uscita,
aspettava che lei lo salvasse. Fu con grande stupore di tutti, durante
l'ultima, sanguinosa battaglia, da allora ricordata come la Battaglia
di
Hogwarts, che Draco prese l'iniziativa e voltandosi con la bacchetta in
pugno
si schierò dalla parte dei ribelli salvando nel mentre la
vita di Harry Potter,
il suo nemico giurato dal primo anno di scuola.
Era stato lo stesso Harry, l'osannato
Salvatore del Mondo
Magico e da anni amico di Leonor, a ricostruire con enorme stupore il
piano di
Silente, il ruolo di Draco nella vicenda e quello forse più
rilevante di un altro
preside di Hogwarts, il fedele collaboratore di Silente, Severus Piton,
un eroe
rimasto nell'ombra.
Dopo che lo stesso Harry aveva messo
da parte rancori
covati per anni, dopo che tutti i suoi amici, chi con diffidenza, chi
con la
speranza di poter ricominciare in un mondo diverso e più
felice, avevano
riconosciuto e accettato Draco Malfoy come un brav'uomo, come potevano
esserci
ancora delle persone convinte che lui fosse un insensibile assassino,
uno
sporco Mangiamorte?
Eppure a lungo avevano giudicato
Leonor per averlo amato e
sposato, perché come poteva una Grifondoro amica di Harry
Potter, di Hermione
Granger e dei Weasley sposare un Serpeverde e in particolare Draco
Malfoy? I
loro figli a loro volta subivano un'insensata e inutile
discriminazione, sia da
parte di chi sosteneva che i Malfoy fossero tutti sporchi Mangiamorte,
sia da
parte di chi, in segreto, ancora covava gli antichi rancori del Sangue
Puro.
Guardando l'uomo che ormai da anni era suo marito, si chiedeva come non
potesse
risultare chiaro a tutti che quello era il suo vero io: era un buon
padre, con
i suoi pregi e i suoi difetti, l'indole Serpeverde mai abbandonata del
tutto lo
rendeva arguto, gli anni passati a proteggersi da suo padre e dalla sua
folle
zia l'avevano reso diffidente, ma forte, in grado di affrontare le
difficoltà e
di difendere la propria famiglia. Erano una famiglia felice, nonostante
tutto.
E i loro amici non li avrebbero abbandonati, ne era certa.
Il largo mantello blu drappeggiato
sulle spalle della
strega si mosse permettendo ad una testa castano-biondastra di
spuntare. Il
proprietario della testa era Joss, uno dei più piccoli tra i
rampolli Malfoy,
che se ne stava aggrappato con decisione alla sua gamba. La donna gli
accarezzò i capelli per
rassicurarlo ( Joss era sempre un po’impaurito dalla frenesia
del binario 9 e ¾
) mentre pensava agli altri suoi bambini su quel
treno.
Andavano a Hogwarts, la casa di tutti
i maghi e le streghe
d'Inghilterra, il luogo in cui anche nei momenti più bui
della guerra la
fiammella di speranza era rimasta accesa. I suoi figli erano al sicuro
là,
eppure il timore di una madre per i propri figli è sempre
grande, soprattutto
quando la madre in questione è consapevole che molte cose
stanno per cambiare e
che il piccolo e sicuro universo che la sua generazione tanto aveva
lottato per
costruire stava per essere messo sottosopra. Avevano lavorato per
creare una
società più giusta, ma a volte sembrava che tutti
i loro sforzi fossero stati
vani: i pregiudizi non erano scomparsi e lei lo sperimentava sulla
propria
pelle, avevano solo cambiato vittima. Ancora tante ingiustizie e
rancori
dilagavano in sordina per le strade, nelle case, persino nei corridoi
del
Ministero. Il lavoro era ancora lungo e difficile e le ultime decisioni
del
Ministro della Magia e dell’intero Wizengamot rischiavano di
avere risvolti
molto negativi sul fragile equilibrio costruito in quegli anni.
Sospirò profondamente. Il
suo sguardo era ancora perso all’orizzonte,
contro il quale i suoi occhi color pervinca scorgevano ancora una
sagoma rossa
e sbuffante, quando la strega sentì una mano poggiarsi sulla
sua spalla. Ginny
Weasley-Potter (era un tipetto troppo indipendente per rinunciare
definitivamente al suo cognome) entrò nella sua visuale
fissandola negli occhi
intensamente e senza bisogno di spiegazioni capì che
qualcosa non andava:
“Joss, ti va di andare a
giocare un po' con zio George
mentre zia Ginny parla con la mamma di noiosissime cose da donne?
– sorrise al
bambino i cui occhi scuri si illuminarono mentre trotterellava verso un
uomo
dai capelli rossi e l'aria sbarazzina – Sei preoccupata per
quello che il
Ministero intende fare?” chiese poi la rossa
all’amica.
Leonor annuì:
“Certo che sono preoccupata! È passato troppo
poco tempo dalla guerra, il mondo magico non è
pronto...”
La rossa strinse forte la mano sulla
sua spalla per farle
capire la propria approvazione.
“Sarà il caos e
tutti noi avremo bisogno di sicurezze,
proprio per questo serviranno persone sagge e con le idee chiare pronte
a dare
una mano quando servirà. Perché
servirà…la cosa diventa sempre più
chiara ogni
giorno che passa.” replicò.
“Lo so, Ginny. Alla gente
per di più non piacerà che il
Ministero abbia tenuto nascosta la cosa e si cominceranno a creare
enormi
problemi, ma nessuno ha voluto prendere sul serio gli avvertimenti
della mia
squadra. Io ho steso il mio rapporto, ma data la mia...condizione
– a questa
parola si porto una mano al ventre – non potrò
fare di più. Non al Ministero
almeno.”
L'altra donna sospirò
passando un braccio attorno alla vita
dell'amica e rimanendo con lei a fissare l'orizzonte. “Hai in
mente qualcosa
vero? Qualcosa che c'entra con Hogwarts...” le chiese ad un
certo punto, mentre
erano ancora strette assieme.
“Che diamine! Pensavo non ti
piacesse Divinazione...”
commentò la mora fissando l'amica negli occhi con un lampo
divertito.
Ginny rise prima di comunicarle:
“Oh diciamo che usare il
gufo di mio marito per spedire lettere alla McGranitt e sperare che non
le
leggessi era un po' troppo!”
Leonor sorrise senza risponderle, non
ce n'era bisogno,
Ginny aveva capito e aveva fatto quello che lei sperava, la sua amica
non
l'avrebbe delusa mai.
*
* * * * *
SCORPIUS
POV
“Devo
parlare con questa scatoletta? Che senso ha!?” ero sconvolto,
Al mi stava
inseguendo per il treno tentando di puntarmi in faccia un piccolo
aggeggio
rettangolare, con una lucina rossa che lampeggiava e con una sporgenza
sottile
su un lato che illuminava sinistramente il volto del mio amico.
“Certo!
Sto sperimentando la nuova telecamera che mi ha regalato
papà, voglio fare un
reportage così quando sarò vecchio e decrepito mi
ricorderò tutto di questi
anni...e poi quando sarò un regista famoso sarai fiero di
essere stato uno dei
miei primi soggetti!” sbraitò eccitato
saltellandomi intorno. Albus Severus Potter
era un invasato, non si sapeva mai cosa potesse saltargli in mente. Lo
guardai
con aria interrogativa. Era partito per la tangente un'altra volta nel
progettare il suo futuro, di sicuro aveva scoperto un'altra stramba
professione
babbana in cui cimentarsi.
“Regista:
responsabile artistico e tecnico-professionale di un film, di un lavoro
teatrale ecc. Si occupa della recitazione degli attori, della
preparazione e
controllo delle diverse fasi di lavorazione, dalle riprese alla scelta
dell'illuminazione,
al montaggio, e simili. Nel
cinema, in particolare, è
considerato il vero e proprio autore del film.” mi
delucidò Rose Weasley,
un'enciclopedia ambulante, come la madre da cui aveva preso anche i
capelli
mossi e gonfi(guai a chi provasse a usare l’aggettivo
arruffato, anche se
sarebbe stato decisamente più adatto) e gli occhi scuri. Il
colore dei capelli era
ramato, non esattamente un rosso Weasley e non tanto scuro da essere
castano.
“Il flin
è quella serie di foto che parlano davanti
a cui si imbambolano i babbani?” speravo di averci preso, ma
a mia discolpa
sappiate che ho mollato Babbanologia dopo i G.U.F.O.
“Mettiamola
così...” il tono di Rose era accondiscendente
ciò significava che avevo azzeccato il succo della
questione, ma l'avevo
espresso in modo schifoso. Perfetto, i miei migliori amici erano un
Grifondoro
schizzato e una Corvonero pignola.
“In ogni caso è
un'ottima idea Al...potresti intervistare
le persone, farle presentare e poi riprendere quello che succede
durante
l'anno. Sarà divertente riguardare queste cose tra qualche
anno.” sogghignò la
suddetta ragazza, lasciandomi interdetto come ogni volta che assumeva
la sua
tipica aria da furbetta saccente. Secondo
voi da quando in qua i Corvonero sogghignano?!
“Più che
divertente direi imbarazzante...” fu il mio
patetico, quanto inutile, tentativo di ribellione.
“Oh, ma davvero? Bene
inizieremo con te allora!” disse Al
con gli occhi che luccicavano stranamente alla luce azzurrina della telecosa.
“Non se ne parla
nemmeno!” esclamai contrariato. Non avevo
certo bisogno di diventare, per l’ennesima volta, la vittima
sacrificale di uno
dei suoi momenti di schizzo.
“Se non ci assecondi
dirò a nonna Molly che adori la torta
di fragole e salsa di soia che ha provato a fare l'estate scorsa...e
lei ti
costringerà a mangiarla fino a scoppiare.”
Rose
sapeva essere incredibilmente sadica: dopo aver mangiato quella torta
eravamo
stati tutti malissimo per due giorni!
“Va bene mi arrendo. Cosa
devo fare esattamente?” sospirai
chiedendomi che fine avesse fatto il mio coraggio.
“Siediti di fianco al
finestrino e poi guarda dritto verso
la telecamera e racconta un po' di te, della tua famiglia, interessi,
devi
sentirti te stesso, come se ti confidassi con noi.” disse
Albus serissimo, era
entrato nella parte e la prendeva molto seriamente. Mi sedetti davanti
a lui e
a sua cugina dopo che Al mi ebbe fatto spostare svariate volte per
cercare
l'inquadratura migliore.
“Pronto..azione!”
Rose, che si era autoeletta
aiuto-regista, batté le mani sonoramente una sola volta.
“Allora...buon
giorno… – dissi incerto, mentre Al fulminava
Rose che aveva preso a sghignazzare alla nostra espressione concentrata
– Buon giorno
dicevo...mi chiamo Scorpius Hyperion Malfoy, ho diciassette anni,
frequento il
settimo anno a Hogwarts e sono Grifondoro, come la mamma. Sono il
secondo di
sette fratelli – mi fermai un secondo a riflettere
– beh, no il secondo di
otto, mamma aspetta un altro bambino. Ci rendiamo conto otto figli! I
miei sono
seriamente dei pazzi! Non fraintendetemi, amo la mia famiglia, solo che
c'è
sempre un tale casino a Natale o d'estate...per non parlare di quando
veniamo
invasi dagli amici dei miei con prole appresso...”
Improvvisai una faccia
contrariata per supportare le mie parole, ma proprio in quel momento
Rose si
intromise scocciata:
“Signorino, le ricordo che
tra gli scocciatori dai lei
citati rientra tutta la mia famiglia.” nel frattempo si era
seduta di fianco a
me per rientrare nell'inquadratura.
“Salve sono Rose Weasley,
diciassette anni, Corvonero del
settimo anno. I miei genitori sono Ronald Weasley, Auror, ed Hermione
Granger,
Capoufficio Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Ho un
fratello più
piccolo che frequenta il quarto anno, Hugo...”
“Direi che ti sei scordata
indirizzo, gruppo sanguigno e
numero di scarpe.” ironizzai beccandomi un pugno dritto sulla
spalla e facendo
ridere il regista.
Proprio quando la zuffa stava per
farsi accesa e si preannunciavano
Fatture Orcovolanti dirette contro la mia faccia, la porta dello
scompartimento
cominciò a scorrere per andare a sbattere sonoramente,
interrompendo
provvidenzialmente la nostra presentazione. Al allora
cominciò ad inquadrare
una piccola mandria di parenti e amici presentandoli nel frattempo.
“Frank Paciock, Grifondoro,
settimo anno” disse piazzando
la telecamera (incredibile era la parola giusta!)
davanti alla faccia
del mio slanciato compagno di Casa, che sgranò gli occhi, ma
non replicò e si
sedette di fronte a Rose.
“Roxane e Fred Weasley,
quarto e sesto anno, Grifondoro.”
I due fratelli cominciarono a fare i
buffoni, loro padre
era sempre molto fiero di questo lato del loro carattere; dalla madre
avevano
ereditato, invece, la pelle bruna, i capelli estremamente ricci e gli
occhi
scuri, il cui sguardo birichino era indubbiamente di origine paterna.
“Dominique Weasley,
Corvonero, sesto anno. Ha sangue Veela
nelle vene, quindi è bellissima!”
Il tono di Al oscillava tra
l'esaltazione e la tenerezza
che riservava alla sua cugina preferita. Non era una predilezione
dichiarata, è
ovvio, visto che non è mai bello dichiarare che una
determinata persona è il
tuo parente preferito. Si presuppone che uno debba volere bene a tutti
i propri
parenti. Ed in effetti era proprio così: Al era incapace di
voler male a
qualcuno e amava davvero tutti i suoi parenti e amici, ma con Dominique
le cose
erano diverse. Quello che dovete capire è che non
è mai facile crescere in una
famiglia molto numerosa: se non trovi un punto fisso in
quell’enorme mare di
emozioni e affetto, rischi di affondare senza via di scampo, trovandoti
sommerso
dalla necessità di renderli tutti felici e fieri, di non
deludere nessuno. Se
quella famiglia così numerosa, poi, è composta da
coloro che, appena ragazzini,
hanno salvato l’intero Mondo Magico, allora
c’è tanto peso da portare sulle
spalle. Al era bravo a portare questo peso, di solito. Con i suoi modi
da
schizzato, i gesti eclatanti ed eccessivi che lo avevano reso il figlio
scapestrato di Harry Potter – e, per altro, gli avevano anche
garantito un
discreto successo tra la popolazione femminile di Hogwarts –
era riuscito a
salvarsi dal soffocamento di quella famiglia così numerosa.
La sua controparte
femminile era Dominique: bellissima, delicata, dotata di un incedere da
regina
e atteggiamenti da psicodramma. Prefetto di Corvonero e mente degna dei
colori
bronzo-blu, Dominique era agli occhi di tutti la brava ragazza ligia al
dovere,
mentre Al era uno scapestrato senza alcuna volontà nello
studio. Per certi
versi poteva anche essere vero, ma rimane il fatto che ad Hogwarts
nessuno
scherzo o marachella veniva messo in atto senza
l’approvazione di Dominique e
Rose Weasley.
Dominique sbuffò,
arricciando il naso fissando dritto l’obiettivo.
La solita diva.
“Non dire sciocchezze, sono
una ragazza perfettamente
normale...” commentò inclinando la testa verso
destra e riservando ad Al un
sorriso tenero che più o meno diceva: sei
un’idiota invasato, ma ti voglio bene.
“Posso entrare?”
Una testa bionda a noi nota fece capolino
dalla porta.
Al, purtroppo per me e per la
sventurata padrona della
testa, afferrò al volo l'occasione:
“Ma certo accomodati pure!
Beatrix Elektra Malfoy, undici
anni. – scandì a beneficio della telecamera,
mentre inquadrava la mia sorellina
– Allora un commento a caldo: come ti sembra il primo viaggio
sull'Espresso?
Hai conosciuto qualcuno di interessante? Quali sono le tue aspettative
per lo Smistamento?”
“Ti prego Al dalle tregua!
Sarà già terrorizzata di suo,
non c’è bisogno che ti comporti come un
giornalista di Quidditch dopo la coppa
del mondo.” protestò Frank.
“Oh non preoccupatevi, posso
anche rispondere senza
problemi!” si intromise zuccherosa la mia sorellina,
chissà cosa stava tramando.
Non per cattiveria, ma se c’è una persona
macchinosa è proprio mia sorella. Non
è esattamente ambiziosa, anzi è spesso disposta a
farsi da parte, ma ha un modo
tutto suo di gestire le situazioni e di perseverare fino ad ottenere
quello che
vuole. È molto caparbia potremmo dire, ma ha anche imparato
bene ad atteggiarsi
in modo guardingo come nostro padre e Thomas, nostro fratello maggiore.
Sicuramente
verrà smistata in Serpeverde. Intanto
mia sorella stava proseguendo imperterrita a rispondere alle domande di
Al:
“Oh, ho conosciuto qualche
studente più grande e ho parlato
con un altro paio di persone nel mio scompartimento. Ad un certo punto
è apparsa
una ragazza dai capelli neri, un po’ paffutella, credo abbia
perso il gatto.
Per caso è tua cugina, Frank?” domandò
con fare innocente.
Frank strabuzzò gli occhi e
scosse la testa nel rispondere:
“Non penso proprio, non
abbiamo primi cugini, siamo solo io
e mia sorella a frequentare Hogwarts… Scusa tanto, ma cosa
te lo ha fatto
pensare?”
“Oh sai i nostri genitori
continuano a ripetere come tuo
padre fosse solito perdere il suo rospo, magari era una prerogativa di
familia…”
Piccola
peste
impertinente! Va
bene che Frank era sempre
buono con tutti, ma fossi stato in lui le avrei tirato uno
scappellotto, giusto
per far intendere che ai più grandi si deve del rispetto. In
effetti non avevo
bisogno di essere in lui per tirarle uno scappellotto, ragion per cui
l’afferrai e la feci sedere sulle mie ginocchia, tenendola
ben stretta in una
ferrea presa delle braccia (Non per
niente sono uno dei migliori Cacciatori della scuola!) a cui
aggiunsi una
pacca ben assestata sul coppino, tanto per gradire.
“Comportati bene,
ragazzina!” le intimai in una pessima
imitazione del peggior accento yankee da buzzurro. La cosa non
sortì alcun
effetto se non una specie di occhiata di compatimento da parte di mia
sorella e
il silenzio totale nel vagone per qualche secondo. Mi stavano fissando
tutti.
Perché finivo sempre a mettermi in situazioni in cui mi
sentivo enormemente
fuori luogo e pure stupido? Se la mia coscienza avesse avuto le
sembianze di
Al, avrebbe semplicemente risposto, con la voce con cui si parla ad un
neonato
o tutt’al più al proprio cane: “E’
molto
semplice, vedi, è che a volte sei davvero stupido e fuori
luogo”.
Sfortunatamente negli ultimi tempi la mia coscienza stava prendendo
sempre più
le sembianze di Al e soprattutto mi trattava con lo stesso tatto con
cui mi
trattava Al, cioè meno di zero. Mentre io stavo valutando la
possibilità di
prendermi a schiaffi da solo per estirpare il mio Al mentale dal
cervello, mi
sorella proseguiva con fiumi di parole ad illustrare le sue impressioni.
“Potrete anche non credermi
– stava dicendo – ma mi è
capitato un paio di volte, se non di più, che la gente,
sentendo il mio cognome,
si rifiutasse di parlarmi. Alcuni sono stati più gentili e
si sono inventati
una scusa, altri invece mi hanno proprio detto in faccia che non
volevano avere
niente a che fare con la figlia di un Mangiamorte.”
Nel vagone si era fatto
improvvisamente silenzio. Mia
sorella aveva gli occhi tristi nel raccontare questi episodi e potevo
per una
volta essere certo che non fosse una messinscena. Ci eravamo passati
tutti, noi
fratelli. Portavamo un nome pesante quasi quanto quello di tutti gli
amici che
ci stavano attorno in quel momento, solo che loro erano i buoni. Nostro
padre e
nostra madre avevano fatto delle scelte coraggiose quasi quanto le
loro, avevano
combattuto dalla parte del bene in quella guerra senza senso, ma non
tutti
erano stati in grado di aprire gli occhi. E se anche nostro padre, forse, aveva fatto qualcosa di buono,
restavamo i nipoti di Lucius Malfoy che fino alla fine aveva continuato
a sostenere
il Signore Oscuro. E la mela, si sa, non cade mai troppo lontano
dall’albero.
I
nostri genitori erano stati forti, in mezzo alla tempesta della fine
della
Guerra e dei giudizi malvagi, avevano continuato a volersi bene e a far
valere
le proprie ragioni, ma soprattutto avevano imparato a non dare
importanza alle
malelingue e a distinguere gli amici veri in mezzo a tanta
falsità. Per noi la
situazione era molto complicata, ma quello che aveva vissuto le
angherie
peggiori era nostro fratello maggiore. Si chiamava Thomas, Tom per gli
amici,
aveva capelli e occhi neri ed era stato smistato a Serpeverde. Io,
Pepper e
Loren, dal canto nostro, eravamo capitati in Case del tutto impensate e
la
sorpresa di vedere dei Malfoy a Grifondoro aveva vinto contro tanti
pregiudizi,
non tutti, certo, ma tanti. Bex, però, non era una da
lasciarsi intimidire così
facilmente. L’ho già detto che è
particolarmente caparbia? Ebbene è anche
un’inguaribile ottimista, ragion per cui la tristezza nei
suoi occhi non durò
che qualche istante, in cui, senza farmi vedere (Ho
una certa dignità da mantenere!) la strinsi con un
po’più di
tenerezza.
“Ma non importa quello che
dicono, giusto? La mamma dice
sempre che sono i fatti, non le parole che contano e i fatti sono che
il mio
papà ha salvato la vita dello zio Harry! – eh
sì, anche se non eravamo
imparentati lo chiamavamo zio da
sempre – Per lo Smistamento, Al, non saprei…so
solo che vorrei tanto finire a
Tassorosso…”
Questa poi
mi è
nuova! Mia
sorella era troppo calcolatrice
per finire in una Casa così pacifica. Bex voleva diventare
Ministro della Magia
da quando aveva imparato dell’esistenza di un Ministro.
Mentre gli altri
bambini sognavano di diventare giocatori di Quidditch o Auror, quando
le altre
bambine disegnavano principesse e cuoricini, lei voleva diventare
Ministro.
L’ambizione non era esattamente nelle corde dei Tassorosso,
perciò proprio non
riuscivo a capire.
“Tassorosso interessante.
– commentò
Al, il cui tono contraddiceva
perfettamente le sue parole – Perchè proprio nella
Casa degli sfi...
– le parole gli si
fermarono in gola alla pedata riservatagli da Rose – ...ehm
volevo dire in una
Casa di persone così tranquille?”
Inutile,
Al, ti
racconterà due sciocchezze e poi ti lascerà a
interrogarti sulla cosa senza
darti una vera risposta.
“Tutti vedono i Tassorosso
come degli sfigati, tutte le
altre Case sono associate a pregi o difetti di carattere ben precisi,
ma
loro...non hanno un particolare valore agli occhi di nessuno, li
considerano
tutti delle specie di elfi domestici da sfruttare in mancanza di altri
passatempi – Bex raccontò con
tranquillità, in fondo era un dato di fatto –
Però
bisognerebbe andare al di là delle apparenze e in fondo i
Tassorosso hanno
sfornato un certo numero di maghi e streghe
importanti…”
Di
per sé
una spiegazione di questo tipo non si poteva considerare nemmeno come
una
spiegazione, ma come previsto Bex era rimasta sul vago, dando una mezza
risposta che ci saremmo dovuti far bastare e, forse, tra anni avremmo
scoperto
la vera ragione delle sue azioni. Lo dicevo io che era macchinosa!
Al
comunque sembrava aver preso per buona la spiegazione e si stava
dedicando ora
a, testuali parole, una spassosa rubrica speciale, che consisteva nel
registrare le battute idiote di Roxane e Fred. L’apice della
comicità venne
raggiunto quando Rox partì alla carica con:
“Cosa
fa
un Troll in mezzo alla strada?”
L’attimo
di suspance che seguì stava probabilmente a significare che
non era la prima
volta che facevano questa battuta. Fu Fred a completare per lei con
un’ecclatante:
“Schifo!!!”
dopo di che entrambi i fratelli presero a rotolarsi per il pavimento
dell’intero scompartimento suscitando, oltre alla nostra
esasperazione e a
commenti inutilmente entusiasti di Al, tutto il palese schifo di
Dominique che
continuava a ripetere quanto fosse tutto così
“poco igienico, piuttosto grezzo
e rivoltante”.
Fu con mia somma gioia, ma sospetto
anche con un certo
sollievo da parte di Dom, che giunse il momento in cui io e Dominique
in quanto Prefetti e Rose e Frank come Caposcuola, dovemmo allontanarci
dal
caotico
scompartimento per raggiungere gli altri nel vagone in testa al treno.
Avremmo
deciso i turni di sorveglianza della scuola e tanti altri noiosi
dettagli.
Molto probabilmente non avrei ascoltato molto, ma avrei annuito con
convinzione
a qualsiasi proposta di Frank, sì avrei fatto
così. Il fatto è che Frank, non
si sa perché, ha sempre ragione, mentre fidarsi di Rose e
assecondare le sue
proposte senza ascoltare può essere molto pericoloso. Frank,
invece, è troppo buono
e non si approfitterebbe mai neanche della mia palese distrazione. Non
che
fossi tenuto a distrarmi ovviamente, ma queste riunioni erano sempre
così
noiose! E poi, chissà, magari avevano scelto qualcuno di
nuovo ed interessante
per il quinto anno, magari quella Serpeverde tanto carina e un
po’ snob di cui
mi fuggiva il nome.
O magari invece avrei
fatto una scoperta poco gradevole. Per esempio, ora che ci
penso, quel tipo
biondo con gli occhiali dove l’ho già visto? Oh
guarda, c’è davvero la tipa di
Serpeverde! Ora che ci penso in realtà Candince Bale ha un
culo molto più
bello… Candince… il tipo biondo! Oh mannaggia a
Merlino e a tutti i peli della
sua barba zozza! Era dietro di me mentre parlavo a Candince della festa
super
figa che vogliamo organizzare per il rientro ed è anche
quello che ha tolto 30
punti a Nott l’anno scorso per contrabbando di sigarette
babbane. Oh per tutte
le mutande di Morgana! Se non mi uccide lui, mi uccide Rose!
N.d.A
In
questo
primo capitolo si comincia a vedere la struttura che vorrei dare alla
storia:
il mio progetto è di alternare il punto di vista generale
del narratore esterno
al punto di vista in prima persona di uno o più personaggi.
In linea di massima
non intendo dedicare il capitolo a POV di più di uno o due
personaggi per non
rischiare di fare confusione. Voi cosa ne dite? Questo tipo di
scrittura è
comprensibile o è troppo confusionaria? La vostra opinione
è importante perché
mi aiuta a migliorare nella scrittura. :)
Per
quanto riguarda il capitolo in sé è un capitolo
di passaggio dove avete fatto
conoscenza con parecchi personaggi e devo confessare che sono solo
alcuni di
quelli che vorrei introdurre più avanti. Ho sempre pensato
che una storia sia
completa soltanto se oltre alle vite dei protagonisti si possono
intravedere le
vite di chi li circonda (amici, nemici, semplici conoscenti)
perché in fin dei
conti la vita è così: tu sei il protagonista, ma
attorno a te esistono mille
altre storie.
Tutto
questo per dire che mi piace molto introdurre svariati personaggi che,
anche se
ai fini della storia possono risultare secondari, per me non lo sono.
Ogni
personaggio è come un bambino che hai fatto nascere e
cresciuto, ognuno con la
sua storia, i suoi sentimenti, gioie, delusioni, il suo carattere.
Voglio molto
bene ai miei personaggi, anche a quelli volutamente cliché,
anche a quelli che,
per una qualche ragione, sono nati antipatici o cattivi.
Ringrazio
le persone che hanno recensito, coloro che hanno letto, preferito o
seguito. È
vero, scrivo per me, ma pubblico per voi, perciò
è bello sapere che apprezzate
o che anche semplicemente leggete.
A
presto
(si spera…perdonate le mie terribili tempistiche, ma
l’università risucchia
tutto il tempo, che già non c’è)
-Shir-
|