An ambitious project

di shirley_poppy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Di sconvolgimenti, registi e sfigati ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



2 maggio 1998, Hogwarts

 

“Forza ragazzo muoviti!”

Un tizio incappucciato gli stava sbraitando nell'orecchio, mentre altri due lo sollevarono a viva forza per le braccia, lo fecero alzare e lo cominciarono a strattonare verso l'entrata dei sotterranei. Il ragazzo stava tremando visibilmente. Non sapeva neppure cosa ci facesse lì, vicino ai sotterranei che portavano alla Sala Comune di Serpeverde, non aveva idea di come ci fosse arrivato. Fuori, nel cortile del castello e in giro per i corridoi si stava svolgendo una battaglia, La Battaglia. Schianti, schiocchi, scintille, luci immediate, grida, pietre che volavano e si spaccavano, fumo, colori forti che improvvisamente facevano sembrare tutto il resto del mondo grigio e sangue, tanto sangue e tanta morte. Era scappato. Aveva paura, non era mai stato coraggioso, solo desideroso di dare una mano, di cambiare qualcosa, di dare un senso alla propria vita. Era un ragazzo intelligente, “molto brillante, che farà strada...” ripetevano i suoi professori, ma stava per morire e l'unica strada che avrebbe fatto sarebbe stata quella verso la propria tomba. Non voleva morire, non era giusto! Ma aveva appena visto cadere al suolo davanti a suoi occhi tanti suoi compagni, amici, che differenza poteva fare lui? Christopher Lesley non era nessuno, nessuno si sarebbe ricordato di lui, nessuno avrebbe pianto eccetto la sua mamma, ma forse neanche lei. Perché Christopher Lesley era il disonore della propria famiglia, perciò tanto valeva morire senza fare storie.

“Come ti chiami?” gli gridò il solito tizio incappucciato.

“Lesley, Christopher Lesley” si chiese se aveva fatto bene a rispondere, ma il tizio dietro di lui stava stringendogli forte il braccio e gli faceva male. Quello comunque non allentò la presa.

“Lesley...sono una famiglia di Serpeverde...va bene, prendiamo questo. Muoviamoci!” ordinò l'incappucciato. Forse doveva informarli che non era un Serpeverde, ma allora l'avrebbero ucciso e lui voleva vivere.
Si lasciò sballottare per tutti i corridoi fino all'entrata della Sala Comune Serpeverde, davanti alla quale si fermarono.

“Aprila!” gli ordinò il tizio dietro di lui in un sussurro. Ma lui non poteva, non sapeva la loro dannatissima parola d'ordine. Ora l'avrebbero ucciso.

“Non posso...” gemette.

“Oh si che puoi!” gli sibilò il tizio che sembrava il capo, stringendogli il viso in una presa ferrea che gli fece lacrimare gli occhi per il dolore.

“Non so la parola d'ordine...i-io s-sono un Corvonero...” sussurrò il ragazzo.

Non era coraggioso. Il suo tono assomigliava molto più ad una scusa che ad una constatazione. Era la vergogna della propria famiglia: tutti i suoi parenti a partire da generazioni e generazioni prima erano Serpeverde, sposati con Serpeverde. Si erano sempre tenuti fuori dal raggio d'azione del Signore Oscuro, ma non negavano di simpatizzare con le sue idee; Christopher, invece, era entrato a far parte dell'Esercito di Silente, durante il suo sesto anno, e della resistenza degli studenti dentro le mura di Hogwarts durante quell'anno. Christopher era la vergogna della famiglia Lesley. Christopher aveva scelto di essere la vergogna della propria famiglia, non era coraggioso, ma se doveva morire avrebbe cercato di capire cosa volevano quegli uomini dalla Sala Comune di Serpeverde.

“C-ci posso provare, però, a trovarla...la parola intendo” aveva paura e i suoi discorsi erano sconclusionati.

Christopher Lesley non era un eroe. Si era difeso alla bell'e meglio quando si era imbattuto nei Mangiamorte. Aveva schiantato uno di loro e disarmato un altro, poi era stato colpito da una maledizione Cruciatus alle spalle e si era contorto sul pavimento, dal quale era stato raccolto da due ceffi. Ora stava andando contro al suo spirito di sopravvivenza, ma voleva capire cosa stesse succedendo.

“Hai un tentativo, Lesley - il capo del gruppetto sputò fuori il suo nome come se fosse stato un insulto - Poi ti faccio secco e non ne parliamo più.” concluse con freddezza. Almeno non era uno di quei sadici che si divertivano a torturare, sarebbe finita in fretta. Il ragazzo annuì, ormai la paura si era trasformata in adrenalina e in una punta di rassegnazione: sarebbe morto in ogni caso, tanto valeva provare a scoprire perché sarebbe morto.
Christopher era intelligente, molto intelligente. Cominciò a riflettere e se ne saltò fuori con un'improbabile:
“Globstones” ricordandosi che l'attuale Caposcuola Serpeverde era un fissato delle Gobbiglie.

Incredibilmente l'entrata si aprì consentendo al gruppo di scivolare dentro la Sala, dove dominava il colore verdastro delle acque del lago sotto il quale era situata. Lo cacciarono in un angolo, sorvegliato da uno dei due che lo avevano sorretto prima, era lo stesso che aveva raccolto la sua bacchetta e ora la portava alla cintura. Non sembrava particolarmente sveglio, ma aveva ancora in mano una bacchetta e sarebbe stato impossibile disarmarlo. Christopher se ne stette buono e zitto mentre i tizi incappucciati frugavano tutta la Sala, distruggendo le pareti e i mobili. Non trovarono quello che stavano cercando, evidentemente, perché il loro capo prese Christopher per un braccio e lo scrollò forte, gridandogli che sarebbe andato con loro, perché dovevano aprire la Sala dei Corvonero, gli intimò di sbrigarsi pungolandolo con la punta della bacchetta che sentiva calda contro la schiena.
Il ragazzo non aveva paura, non più, era solo curioso. Durante l'infuriare della battaglia più tremenda di tutte, la battaglia che avrebbe segnato il destino del Mondo Magico e i cui rumori si sentivano forti perfino nei sotterranei, chiusi nella Sala, un gruppo di Mangiamorte cosa poteva volere dalle Sale Comuni di due Case così distanti tra loro?
Il frastuono degli scontri si faceva sempre più vivido, il Mangiamorte più vicino gli tolse la voce con un incantesimo per impedire che potesse gridare. Christopher doveva recuperare la propria bacchetta, ma non avrebbe mai potuto battersi alla babbana con quei figuri per riprenderla. Così finse un cedimento delle gambe, si accasciò al suolo e si contorse cercando di evitare i calci che lo raggiunsero allo stomaco, alla schiena e a un braccio, prima che il capo fermasse quell'inutile spreco di tempo. Raccolse di peso il ragazzo da terra, come se fosse stato un sacco, e proprio come un sacco vuoto lui tornò ad accasciarsi. Che inutile pavido bamboccio! Avrebbe fatto perdere loro il tempo prezioso che già scarseggiava. Avevano avuto un ordine diretto e non potevano permettersi contrattempi, d'altra parte avevano bisogno di quel ragazzino senza spina dorsale, che per una strana ragione era riuscito a indovinare la parola d'ordine dei Serpeverde. L'uomo prese in braccio il ragazzo e lo caricò sulla spalla di un suo compagno, non era un uomo molto intelligente quello a cui l'aveva affidato, ma non ci voleva un genio per trasportare un ragazzino semi svenuto che non avrebbe dato problemi di sorta, in più i muscoli al tizio non mancavano.

“Forza muoviamoci! Non abbiamo più molto tempo.” comandò al suo sparuto gruppetto. Cinque persone erano troppo poche, si era lamentato con il Signore Oscuro, prima che questi lo minacciasse e lo accusasse di vigliaccheria. Non era un vigliacco, semplicemente obiettivo, ma non avrebbe potuto disobbedire ad un ordine diretto. Era filato tutto liscio, finché non avevano incontrato quel ragazzino che, in preda al panico, aveva schiantato il suo secondo. Lo avevano lasciato lì, appoggiato al muro: non c'era tempo e se lo sarebbero ripresi dopo. Si avviarono verso la torre ovest del castello, dovevano correre o non avrebbero concluso niente. Accelerò il passo mettendosi a correre.
Christopher si assicurò di sbattere per bene contro il corpo dell'energumeno che lo stava trasportando, non aveva sperato tanto, ma evidentemente dovevano avere molta fretta e quel tipo era veramente stupido. Piano piano il ragazzo cominciò a far oscillare la mano verso la cintura del Mangiamorte. Fece scivolare le dita lungo la bacchetta, ma sentendosi osservato le ritirò, fortunatamente era stata solo una sua impressione. Ripeté l'operazione riappropriandosi della bacchetta e con mosse lente la nascose nella manica del largo maglione che indossava; per una volta sua madre aveva fatto qualcosa di buono inviandogli quell'orrendo maglione terribilmente in crescita. Giunsero davanti alla sua Sala Comune e lui venne depositato di mala grazia a terra, tentò di alzarsi in piedi e finse un barcollamento appoggiandosi all'uomo che l'aveva trasportato, mentre nascondeva meglio la bacchetta nella manica. Gli rimossero l'incantesimo e lui finalmente poté parlare. Ascoltò attentamente la domanda che gli veniva rivolta dal guardiano della propria Sala Comune, che recitò:
“La notte è fonda e io sono presente,
ma basta un sospiro e nessuno mi sente;
ci sono eppure se mi pronunci
a stare con me infine rinunci.
Chi sono?”
Questa era facile, quella cosa che c'è finché non la nomini. Avrebbero potuto indovinarla anche da soli! O forse li stava sopravvalutando perché nessuno proferì parola.
“Il silenzio, la risposta è il silenzio.” riferì con sicurezza, una leggera inflessione d'orgoglio nella voce, perché ancora una volta l'intelligenza era prerogativa dei Corvonero. Christopher Lesley amava la propria casa, anche se facendone parte era diventato la vergogna della propria famiglia. Si infilò dentro per primo e si posizionò in un angolino, rannicchiato ed invisibile, guardando i Mangiamorte portare nella sua Sala Comune la stessa distruzione che avevano portato in quella di Serpeverde. Li odiò, ma cercò di non dare nell'occhio: se la resistenza avesse vinto la guerra, ci sarebbe stato tempo per rimediare ai danni e rimettere insieme tutti i pezzi, se avessero perso non avrebbe avuto alcuna importanza, perché ai morti e agli sconfitti non rimane niente della propria vecchia vita per cui preoccuparsi.
Il Mangiamorte scemo fece saltare il busto di Cosetta Corvonero[1] e Christopher tremò di rabbia, ma rimase fermo fingendo di avere paura. Non aveva paura, quella se n'era andata da un po', ma sapeva che non era il momento di fare la propria mossa. Nel frattempo il capo tornò dai dormitori delle ragazze, il passo fiero e trionfante facendo levitare a mezz'aria un vecchio baule polveroso, di media grandezza e dall'aria vissuta. Fece un cenno ai suoi compagni, che si avviarono verso l'uscita, poi disse al solito stupido energumeno:

“Pensaci tu.” indicando il ragazzo. Non gli serviva più e doveva starsene zitto, certo non potevano rischiare di inimicarsi i Lesley, meglio specificare prima che quell'idiota facesse qualcosa di irreparabile:

“Cancellagli la memoria.” si affrettò a comandargli.

Chritopher Lesley aveva temuto il peggio e si era preparato alla fine, ma non poteva morire senza aver capito cosa ci fosse dentro quel baule. Christopher Lesley era un Corvonero degno della propria Casa e aveva un asso nella manica: al suo secondo anno, il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, Gilderoy Allock era stato colpito da un incantesimo di memoria che lo aveva riportato ai livelli di un bambino di cinque anni, non che fosse di molto più intelligente a dire la verità. In ogni caso il ragazzino era stato colpito dalla rivelazione che la sua paura più grande fosse quella di rimanere vittima dello stesso incantesimo e di dimenticare tutto ciò che aveva appreso, di dimenticare se stesso o molte altre cose: il vero terrore di un amante della conoscenza non poteva che essere quello di perderla per sempre. Ecco perché Christopher Lesley aveva creato un contro-incantesimo difensivo. Il ragazzo era particolarmente abile in campo di incantesimi non verbali, perciò gli bastò stringere la propria bacchetta sotto la manica del maglione, pensare intensamente all'incantesimo che voleva formulare ed effettuare la magia nel momento esatto in cui il Mangiamorte pronunciava il proprio incantesimo.

“Oblivion”

Christopher Lesley cominciò a ridere e si gettò al suolo ridendo e rotolandosi. Era un bravo attore e aveva osservato bene, anni prima, quell'omino dai capelli fluenti e il sorriso smagliante, mentre lo trascinavano fuori dal castello tentando di fargli mantenere un contegno dignitoso.
L'energumeno si voltò come tutti gli altri, erano in fila davanti all'uscita e nessuno badava a lui; Christopher Lesley non smise di ridere, una risata di trionfo, sfoderò la bacchetta e li schiantò. Ricevette un contrattacco da parte del capo del gruppo, ma schivò nascondendosi dietro ad un divano sventrato, con l'imbottitura che volava da ogni parte. Il Mangiamorte non si accorse che il ragazzo aveva preso il controllo del baule che ora fluttuava sopra la sua testa; il Corvonero interruppe l'incantesimo e, con un sibilo, il baule si schiantò sulla testa dell'uomo facendolo cadere a terra svenuto e con un probabile trauma cranico. Christopher Lesley non era coraggioso e li aveva schiantati alle spalle, ma Chritopher Lesley era un Corvonero e sapeva usare la propria testa. Li legò per bene con un “Incarceramus”. Poi fece levitare il baule, e uscì dalla Sala Comune scavalcandoli.

C'era odore di fumo per i corridoi che stava percorrendo a passo spedito, probabilmente da qualche parte era scoppiato un incendio. Corse fuori, con il vecchio baule che lo seguiva come un palloncino. Christopher Lesley non era un eroe, era solo un ragazzo curioso di conoscere; forse avrebbe dovuto dire a qualcuno della propria scoperta, ma se avessero vinto ci sarebbe stato tempo. Prima ci sarebbero state tante cose da fare, tanti pezzi da rimettere insieme e anche se non era coraggioso, avrebbe fatto la sua parte. Nascose il baule in una nicchia segreta vicino alle scale del secondo piano e si precipitò giù dalla rampa successiva, schiantò un Mangiamorte e proseguì.
Non aveva la forza dei Grifondoro, ma avrebbe fatto la sua parte, c'era tempo per capire a cosa servisse quel baule, ma per capirlo dovevano vincere o qualsiasi cosa ci fosse dentro sarebbe finita nelle mani del Signore Oscuro. Christopher Lesley voleva vincere.








Nda:
Ciao a tutti! Non so bene cosa dire se non che vi ringrazio se siete arrivati a leggere fin qui. Questo è il prologo della storia (ripetere cose ovvie mi piace) di cui è già quasi pronto un altro capitolo pieno di avvenimenti e in cui faremo conoscenza con i nostri protagonisti. Non c'è molto da aggiungere, credo, alla fine di questo capitolo se non che sono contenta di avere cominciato a pubblicare la storia, non so bene quando potrò proseguire (la sessione d'esame è un periodo drastico!), ma, ispirazione permettendo, vi tormenterò ancora.   Era tanto davvero che volevo prendere il coraggio a due mani e almeno provare a lanciarmi nella pubblicazione di questa storia che, devo dirlo, man mano che procede si evolve un po' per i fatti suoi dando voce a tutti i miei più strani pensieri sui personaggi che presto imparerete a conoscere. Grazie a tutti per la lettura, se volete lasciarmi un pensiero sarà gradito, altrimenti non preoccupatevi anche solo la lettura sarà apprezzata! 
A presto, 
Shir.


[1] * Ho usato il nome che le viene dato nei film, anche se credo nei libri si chiamasse Priscilla
 

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Capitolo 2
*** Di sconvolgimenti, registi e sfigati ***


A.A.P. cap.1 + premessa e NdA

Premessa (e sì, lo so avrei dovuto metterla nello scorso capitolo, ma perdonatemi, mi sono scordata):

Moltissimi dei personaggi di questa storia non mi appartengono, così come non mi appartengono molte delle ambientazioni, delle creature, degli usi e costumi, insomma tutto il contesto. Il tutto è stato ideato, creato, ha preso vita (usate il verbo che preferite) grazie ad una persona dalla mente geniale che ha reso possibile il sogno ad occhi aperti di generazioni di giovani. Grazie J. K. Rowling! I personaggi che non ritroverete nella saga del nostro amato maghetto sono tutti di mia invenzione, alcuni dei personaggi della zia Row…beh hanno deciso di diventare dei round charachters e di diventare un po’ diversi da come li ricordavate, anche i loro caratteri sono di mia invenzione. La trama? Beh anche quella è uscita dalla mia testolina bacata! Bene dopo questa necessaria premessa (invoco perdono per essermi presa una licenza sulla modalità con cui ridare a J. K. Rowling quello che è di J. K. Rowling), buona lettura!!!

 

 

 

CAPitolo 1: di sconvolgimenti, registi e sfigati

1 settembre 2023

 

Leonor era ferma al binario 9 e ¾ della stazione di King's Cross a Londra. La banchina, nascosta agli sguardi dei Babbani, era invasa da famigliole più o meno spensierate, ragazzini urlanti, esaltati per l'inizio di un nuovo anno scolastico alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, madri premurose che facevano le ultime raccomandazioni, padri che battevano pacche sulle spalle dei figli e gli amici che si ritrovavano dopo il periodo di vacanza estivo e si abbracciavano allegramente. I capelli della donna, lisci, corvini e lunghissimi si aprirono come un mantello mentre stritolava in un abbraccio due dei suoi figli, un maschio e una femmina, ad occhio e croce di quindici anni. Si chinò verso il ragazzo dall'aria furbetta, poggiandogli una mano sulla testa e scompigliandogli i capelli color del grano, mentre gli sussurrava:

“Loren, prenditi cura di tua sorella e bada che non distrugga la scuola”.

Negli occhi color cioccolato del ragazzo passò un lampo di divertimento, che si affrettò a nascondere quando lo sguardo accusatore di un paio d'occhi assolutamente identici ai suoi lo fulminò.

“Mamma ti ho sentito! Non ho bisogno di una balia, piuttosto è quel vecchio barbagianni di Gazza che avrebbe bisogno di un senso dell'umorismo nuovo!” fu il commento stizzito della ragazza.

“Oh il suo senso dell'umorismo è nuovissimo, ancora impacchettato dal momento in cui è nato” ridacchiò Leonor mentre baciava la ragazza sulla fronte e faceva l’occhiolino a Loren. La donna sussurrò alcune parole di saluto all’orecchio della ragazzina, poi li lasciò andare entrambi. Vide Loren balzare agilmente sul treno per raggiungere i suoi compagni e la figlia passare una mano tra i capelli nel ricevere i complimenti delle amiche per la nuova Tintura Vispi e Brillanti, di un acceso color arancio, con cui li aveva tinti. Avevano fatto bene a chiamarla Pepper, pensò sorridendo. Si rivedeva molto nella sua giovane figlia: anche lei a suo tempo era stata una combina guai di prima categoria, aiutando i suoi migliori amici nelle loro marachelle ai danni di studenti, professori e soprattutto del vecchio custode, Argus Gazza.

Ormai anche gli ultimi ritardatari erano saliti sul treno. Si sentì un fischio e l’Espresso cominciò a muoversi. Leonor osservò l'Espresso allontanarsi lungo il binario, chiuse gli occhi un secondo lasciandosi trasportare dai ricordi: il vociare allegro, i saluti urlati dai finestrini, lo sferragliare sempre più frenetico della locomotiva, l'odore della stazione e il vapore del treno in partenza erano sempre gli stessi e insieme totalmente diversi da quando era lei a frequentare Hogwarts.

Era tutto diverso ora. La sua generazione aveva affrontato una guerra, la Guerra Magica più terribile di tutte, fratricida e insensata, voluta dalla mente di un folle megalomane, un invasato purista del sangue magico che si faceva chiamare Lord Voldemort. Quel mago, uno tra i più potenti di tutti i tempi, era stato sconfitto da un piccolo drappello di ribelli costretti all'incognito, da maghi e streghe qualunque e da un branco di ragazzini. Quei ragazzini erano Leonor, i suoi amici, suo marito. Quanti amici aveva perso? All'età dei suoi figli, con quegli stessi amici saliva spensierata sul treno, faceva dispetti e combinava disastri in giro per la scuola, ma solo qualche anno dopo si era ritrovata ad affrontare l'orrore di una guerra e della morte. Si augurava che i suoi figli non si trovassero mai a vivere una situazione così terribile e, anche se la ricostruzione di una civiltà magica provata e stravolta nel profondo non era facile, si adoperava ogni giorno per dare loro la possibilità di una vita migliore e felice.

Osservò il volto di suo marito che teneva in braccio Ersa, quattro anni di vivacità, i capelli scuri come quelli della madre e due occhi grigi ed espressivi. Alcune ciocche color platino dell'uomo si mischiarono con quelle scure della figlia quando lui chinò la testa a darle un bacio sulla fronte. Sorridevano entrambi persi in uno scherzo che era solo loro, di un padre e la sua bambina. Quell'uomo, che ora sorrideva allegro, non era sempre stato così, Leonor ricordava bene la disperazione, il terrore, la rassegnazione nei suoi occhi durante gli ultimi anni di scuola. Suo marito era Draco Malfoy e non era stato in grado di ridere per tanto tempo. Ma soprattutto suo marito era stato per tanto tempo la persona che alcuni tra i suoi amici avevano odiato di più dopo Lord Voldemort e per certi versi il loro odio era stato quasi comprensibile perché non sapevano, nessuno di loro aveva mai saputo. Suo marito, al di là di tutti i suoi comportamenti da presuntuoso padrone del mondo, era un ragazzino cresciuto prima del tempo, caduto in balia di un padre subdolo, di una zia folle ed invasata e di una madre che tentava inutilmente di difenderlo. Suo marito era stato vittima e attore di un dramma atroce, perché la sua famiglia era tra i sostenitori di Lord Voldemort; e come gli altri lui si era piegato, la sua volontà spezzata dall'affetto che inevitabilmente provava per la madre la cui vita era appesa ad un filo, costantemente sotto il controllo del Signore Oscuro, come in fondo le vite di tutti loro.

Leonor ricordava con dolore il periodo in cui lui l'aveva abbandonata, per proteggerla a suo dire. Ricordava le volte in cui l'aveva rincorso per i corridoi urlando il suo nome, il suo incubo ricorrente era quello di non riuscire a raggiungerlo e di vederlo sparire inghiottito dal mantello nero del Signore Oscuro. Nella realtà, invece, una sera del sesto anno, dopo averlo ricorso per un tempo interminabile, dopo aver cercato per mesi di parlargli, era riuscita ad attirarlo in un angolo, a stringerlo in un abbraccio, a spiegargli che sarebbe andato tutto bene, che c'era un modo per salvare se stesso, sua madre e il Mondo Magico.

Era un piano folle, ma era stato ideato da uno dei maghi più grandi di tutti i tempi: l'allora preside di Hogwarts, Albus Silente. Secondo il piano, Draco avrebbe dovuto assecondare i voleri del Signore Oscuro, ma con una piccola variazione: avrebbe dovuto far entrare un manipolo di Mangiamorte nella Scuola, ma arrivato il momento che tutti avrebbero atteso, il momento in cui, secondo gli ordini ricevuti, Draco avrebbe dovuto uccidere Silente, il ragazzo si sarebbe dovuto fare da parte e consentire ad un altro mago, un altro fidato amico di Silente, un suo “infiltrato tra le linee nemiche” di compiere il gesto. Così avvenne. Draco continuava a non capire, ma si fidava di lei. Erano vissuti insieme fin dalla culla, quando la famiglia di lei era stata distrutta e lei era stata affidata per qualche tempo ai Malfoy. Lei, poi, era stata portata via, affidata alla custodia di un mago burbero, ma gentile che la tenne al sicuro per il resto della sua infanzia, ma mai si era dimenticata di quel bambino, biondo piccolo angelo spaventato, e lui non si era mai dimenticato della mano gentile che tante volte gli aveva dato la forza di alzarsi quando cadeva sulle sue gambe malferme di bimbo. Draco l’amava da sempre e si fidava di lei perché lei lo amava da sempre e l'avrebbe salvato, glielo aveva promesso.

In quei giorni il tempo passava ed il mondo vedeva Draco come un fedele servitore di Lord Voldemort, ma lui in segreto aspettava, aspettava che lei lo prendesse per mano e gli indicasse una via d'uscita, aspettava che lei lo salvasse. Fu con grande stupore di tutti, durante l'ultima, sanguinosa battaglia, da allora ricordata come la Battaglia di Hogwarts, che Draco prese l'iniziativa e voltandosi con la bacchetta in pugno si schierò dalla parte dei ribelli salvando nel mentre la vita di Harry Potter, il suo nemico giurato dal primo anno di scuola.

Era stato lo stesso Harry, l'osannato Salvatore del Mondo Magico e da anni amico di Leonor, a ricostruire con enorme stupore il piano di Silente, il ruolo di Draco nella vicenda e quello forse più rilevante di un altro preside di Hogwarts, il fedele collaboratore di Silente, Severus Piton, un eroe rimasto nell'ombra.

Dopo che lo stesso Harry aveva messo da parte rancori covati per anni, dopo che tutti i suoi amici, chi con diffidenza, chi con la speranza di poter ricominciare in un mondo diverso e più felice, avevano riconosciuto e accettato Draco Malfoy come un brav'uomo, come potevano esserci ancora delle persone convinte che lui fosse un insensibile assassino, uno sporco Mangiamorte?

Eppure a lungo avevano giudicato Leonor per averlo amato e sposato, perché come poteva una Grifondoro amica di Harry Potter, di Hermione Granger e dei Weasley sposare un Serpeverde e in particolare Draco Malfoy? I loro figli a loro volta subivano un'insensata e inutile discriminazione, sia da parte di chi sosteneva che i Malfoy fossero tutti sporchi Mangiamorte, sia da parte di chi, in segreto, ancora covava gli antichi rancori del Sangue Puro. Guardando l'uomo che ormai da anni era suo marito, si chiedeva come non potesse risultare chiaro a tutti che quello era il suo vero io: era un buon padre, con i suoi pregi e i suoi difetti, l'indole Serpeverde mai abbandonata del tutto lo rendeva arguto, gli anni passati a proteggersi da suo padre e dalla sua folle zia l'avevano reso diffidente, ma forte, in grado di affrontare le difficoltà e di difendere la propria famiglia. Erano una famiglia felice, nonostante tutto. E i loro amici non li avrebbero abbandonati, ne era certa.

Il largo mantello blu drappeggiato sulle spalle della strega si mosse permettendo ad una testa castano-biondastra di spuntare. Il proprietario della testa era Joss, uno dei più piccoli tra i rampolli Malfoy, che se ne stava aggrappato con decisione alla sua gamba.  La donna gli accarezzò i capelli per rassicurarlo ( Joss era sempre un po’impaurito dalla frenesia del binario 9 e ¾ ) mentre pensava agli altri suoi bambini su quel treno.

Andavano a Hogwarts, la casa di tutti i maghi e le streghe d'Inghilterra, il luogo in cui anche nei momenti più bui della guerra la fiammella di speranza era rimasta accesa. I suoi figli erano al sicuro là, eppure il timore di una madre per i propri figli è sempre grande, soprattutto quando la madre in questione è consapevole che molte cose stanno per cambiare e che il piccolo e sicuro universo che la sua generazione tanto aveva lottato per costruire stava per essere messo sottosopra. Avevano lavorato per creare una società più giusta, ma a volte sembrava che tutti i loro sforzi fossero stati vani: i pregiudizi non erano scomparsi e lei lo sperimentava sulla propria pelle, avevano solo cambiato vittima. Ancora tante ingiustizie e rancori dilagavano in sordina per le strade, nelle case, persino nei corridoi del Ministero. Il lavoro era ancora lungo e difficile e le ultime decisioni del Ministro della Magia e dell’intero Wizengamot rischiavano di avere risvolti molto negativi sul fragile equilibrio costruito in quegli anni.

Sospirò profondamente. Il suo sguardo era ancora perso all’orizzonte, contro il quale i suoi occhi color pervinca scorgevano ancora una sagoma rossa e sbuffante, quando la strega sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Ginny Weasley-Potter (era un tipetto troppo indipendente per rinunciare definitivamente al suo cognome) entrò nella sua visuale fissandola negli occhi intensamente e senza bisogno di spiegazioni capì che qualcosa non andava:

“Joss, ti va di andare a giocare un po' con zio George mentre zia Ginny parla con la mamma di noiosissime cose da donne? – sorrise al bambino i cui occhi scuri si illuminarono mentre trotterellava verso un uomo dai capelli rossi e l'aria sbarazzina – Sei preoccupata per quello che il Ministero intende fare?” chiese poi la rossa all’amica.

Leonor annuì: “Certo che sono preoccupata! È passato troppo poco tempo dalla guerra, il mondo magico non è pronto...”

La rossa strinse forte la mano sulla sua spalla per farle capire la propria approvazione.

“Sarà il caos e tutti noi avremo bisogno di sicurezze, proprio per questo serviranno persone sagge e con le idee chiare pronte a dare una mano quando servirà. Perché servirà…la cosa diventa sempre più chiara ogni giorno che passa.” replicò.

“Lo so, Ginny. Alla gente per di più non piacerà che il Ministero abbia tenuto nascosta la cosa e si cominceranno a creare enormi problemi, ma nessuno ha voluto prendere sul serio gli avvertimenti della mia squadra. Io ho steso il mio rapporto, ma data la mia...condizione – a questa parola si porto una mano al ventre – non potrò fare di più. Non al Ministero almeno.”

L'altra donna sospirò passando un braccio attorno alla vita dell'amica e rimanendo con lei a fissare l'orizzonte. “Hai in mente qualcosa vero? Qualcosa che c'entra con Hogwarts...” le chiese ad un certo punto, mentre erano ancora strette assieme.

“Che diamine! Pensavo non ti piacesse Divinazione...” commentò la mora fissando l'amica negli occhi con un lampo divertito.

Ginny rise prima di comunicarle: “Oh diciamo che usare il gufo di mio marito per spedire lettere alla McGranitt e sperare che non le leggessi era un po' troppo!”

Leonor sorrise senza risponderle, non ce n'era bisogno, Ginny aveva capito e aveva fatto quello che lei sperava, la sua amica non l'avrebbe delusa mai.

 

 

* * * * * *

 

SCORPIUS POV

“Devo parlare con questa scatoletta? Che senso ha!?” ero sconvolto, Al mi stava inseguendo per il treno tentando di puntarmi in faccia un piccolo aggeggio rettangolare, con una lucina rossa che lampeggiava e con una sporgenza sottile su un lato che illuminava sinistramente il volto del mio amico.

“Certo! Sto sperimentando la nuova telecamera che mi ha regalato papà, voglio fare un reportage così quando sarò vecchio e decrepito mi ricorderò tutto di questi anni...e poi quando sarò un regista famoso sarai fiero di essere stato uno dei miei primi soggetti!” sbraitò eccitato saltellandomi intorno. Albus Severus Potter era un invasato, non si sapeva mai cosa potesse saltargli in mente. Lo guardai con aria interrogativa. Era partito per la tangente un'altra volta nel progettare il suo futuro, di sicuro aveva scoperto un'altra stramba professione babbana in cui cimentarsi.

“Regista: responsabile artistico e tecnico-professionale di un film, di un lavoro teatrale ecc. Si occupa della recitazione degli attori, della preparazione e controllo delle diverse fasi di lavorazione, dalle riprese alla scelta dell'illuminazione, al montaggio, e simili. Nel cinema, in particolare, è considerato il vero e proprio autore del film.” mi delucidò Rose Weasley, un'enciclopedia ambulante, come la madre da cui aveva preso anche i capelli mossi e gonfi(guai a chi provasse a usare l’aggettivo arruffato, anche se sarebbe stato decisamente più adatto) e gli occhi scuri. Il colore dei capelli era ramato, non esattamente un rosso Weasley e non tanto scuro da essere castano.

“Il flin è quella serie di foto che parlano davanti a cui si imbambolano i babbani?” speravo di averci preso, ma a mia discolpa sappiate che ho mollato Babbanologia dopo i G.U.F.O.

“Mettiamola così...” il tono di Rose era accondiscendente ciò significava che avevo azzeccato il succo della questione, ma l'avevo espresso in modo schifoso. Perfetto, i miei migliori amici erano un Grifondoro schizzato e una Corvonero pignola.

“In ogni caso è un'ottima idea Al...potresti intervistare le persone, farle presentare e poi riprendere quello che succede durante l'anno. Sarà divertente riguardare queste cose tra qualche anno.” sogghignò la suddetta ragazza, lasciandomi interdetto come ogni volta che assumeva la sua tipica aria da furbetta saccente. Secondo voi da quando in qua i Corvonero sogghignano?!

“Più che divertente direi imbarazzante...” fu il mio patetico, quanto inutile, tentativo di ribellione.

“Oh, ma davvero? Bene inizieremo con te allora!” disse Al con gli occhi che luccicavano stranamente alla luce azzurrina della telecosa.

“Non se ne parla nemmeno!” esclamai contrariato. Non avevo certo bisogno di diventare, per l’ennesima volta, la vittima sacrificale di uno dei suoi momenti di schizzo.

“Se non ci assecondi dirò a nonna Molly che adori la torta di fragole e salsa di soia che ha provato a fare l'estate scorsa...e lei ti costringerà a mangiarla fino a scoppiare.” Rose sapeva essere incredibilmente sadica: dopo aver mangiato quella torta eravamo stati tutti malissimo per due giorni!

“Va bene mi arrendo. Cosa devo fare esattamente?” sospirai chiedendomi che fine avesse fatto il mio coraggio.

“Siediti di fianco al finestrino e poi guarda dritto verso la telecamera e racconta un po' di te, della tua famiglia, interessi, devi sentirti te stesso, come se ti confidassi con noi.” disse Albus serissimo, era entrato nella parte e la prendeva molto seriamente. Mi sedetti davanti a lui e a sua cugina dopo che Al mi ebbe fatto spostare svariate volte per cercare l'inquadratura migliore.

“Pronto..azione!” Rose, che si era autoeletta aiuto-regista, batté le mani sonoramente una sola volta.

“Allora...buon giorno… – dissi incerto, mentre Al fulminava Rose che aveva preso a sghignazzare alla nostra espressione concentrata – Buon giorno dicevo...mi chiamo Scorpius Hyperion Malfoy, ho diciassette anni, frequento il settimo anno a Hogwarts e sono Grifondoro, come la mamma. Sono il secondo di sette fratelli – mi fermai un secondo a riflettere – beh, no il secondo di otto, mamma aspetta un altro bambino. Ci rendiamo conto otto figli! I miei sono seriamente dei pazzi! Non fraintendetemi, amo la mia famiglia, solo che c'è sempre un tale casino a Natale o d'estate...per non parlare di quando veniamo invasi dagli amici dei miei con prole appresso...” Improvvisai una faccia contrariata per supportare le mie parole, ma proprio in quel momento Rose si intromise scocciata:

“Signorino, le ricordo che tra gli scocciatori dai lei citati rientra tutta la mia famiglia.” nel frattempo si era seduta di fianco a me per rientrare nell'inquadratura.

“Salve sono Rose Weasley, diciassette anni, Corvonero del settimo anno. I miei genitori sono Ronald Weasley, Auror, ed Hermione Granger, Capoufficio Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Ho un fratello più piccolo che frequenta il quarto anno, Hugo...”

“Direi che ti sei scordata indirizzo, gruppo sanguigno e numero di scarpe.” ironizzai beccandomi un pugno dritto sulla spalla e facendo ridere il regista.

Proprio quando la zuffa stava per farsi accesa e si preannunciavano Fatture Orcovolanti dirette contro la mia faccia, la porta dello scompartimento cominciò a scorrere per andare a sbattere sonoramente, interrompendo provvidenzialmente la nostra presentazione. Al allora cominciò ad inquadrare una piccola mandria di parenti e amici presentandoli nel frattempo.

“Frank Paciock, Grifondoro, settimo anno” disse piazzando la telecamera (incredibile era la parola giusta!) davanti alla faccia del mio slanciato compagno di Casa, che sgranò gli occhi, ma non replicò e si sedette di fronte a Rose.

“Roxane e Fred Weasley, quarto e sesto anno, Grifondoro.”

I due fratelli cominciarono a fare i buffoni, loro padre era sempre molto fiero di questo lato del loro carattere; dalla madre avevano ereditato, invece, la pelle bruna, i capelli estremamente ricci e gli occhi scuri, il cui sguardo birichino era indubbiamente di origine paterna.

“Dominique Weasley, Corvonero, sesto anno. Ha sangue Veela nelle vene, quindi è bellissima!”

Il tono di Al oscillava tra l'esaltazione e la tenerezza che riservava alla sua cugina preferita. Non era una predilezione dichiarata, è ovvio, visto che non è mai bello dichiarare che una determinata persona è il tuo parente preferito. Si presuppone che uno debba volere bene a tutti i propri parenti. Ed in effetti era proprio così: Al era incapace di voler male a qualcuno e amava davvero tutti i suoi parenti e amici, ma con Dominique le cose erano diverse. Quello che dovete capire è che non è mai facile crescere in una famiglia molto numerosa: se non trovi un punto fisso in quell’enorme mare di emozioni e affetto, rischi di affondare senza via di scampo, trovandoti sommerso dalla necessità di renderli tutti felici e fieri, di non deludere nessuno. Se quella famiglia così numerosa, poi, è composta da coloro che, appena ragazzini, hanno salvato l’intero Mondo Magico, allora c’è tanto peso da portare sulle spalle. Al era bravo a portare questo peso, di solito. Con i suoi modi da schizzato, i gesti eclatanti ed eccessivi che lo avevano reso il figlio scapestrato di Harry Potter – e, per altro, gli avevano anche garantito un discreto successo tra la popolazione femminile di Hogwarts – era riuscito a salvarsi dal soffocamento di quella famiglia così numerosa. La sua controparte femminile era Dominique: bellissima, delicata, dotata di un incedere da regina e atteggiamenti da psicodramma. Prefetto di Corvonero e mente degna dei colori bronzo-blu, Dominique era agli occhi di tutti la brava ragazza ligia al dovere, mentre Al era uno scapestrato senza alcuna volontà nello studio. Per certi versi poteva anche essere vero, ma rimane il fatto che ad Hogwarts nessuno scherzo o marachella veniva messo in atto senza l’approvazione di Dominique e Rose Weasley.  

Dominique sbuffò, arricciando il naso fissando dritto l’obiettivo. La solita diva.  

“Non dire sciocchezze, sono una ragazza perfettamente normale...” commentò inclinando la testa verso destra e riservando ad Al un sorriso tenero che più o meno diceva: sei un’idiota invasato, ma ti voglio bene.

“Posso entrare?” Una testa bionda a noi nota fece capolino dalla porta.

Al, purtroppo per me e per la sventurata padrona della testa, afferrò al volo l'occasione:

“Ma certo accomodati pure! Beatrix Elektra Malfoy, undici anni. – scandì a beneficio della telecamera, mentre inquadrava la mia sorellina – Allora un commento a caldo: come ti sembra il primo viaggio sull'Espresso? Hai conosciuto qualcuno di interessante? Quali sono le tue aspettative per lo Smistamento?”

“Ti prego Al dalle tregua! Sarà già terrorizzata di suo, non c’è bisogno che ti comporti come un giornalista di Quidditch dopo la coppa del mondo.” protestò Frank.

“Oh non preoccupatevi, posso anche rispondere senza problemi!” si intromise zuccherosa la mia sorellina, chissà cosa stava tramando. Non per cattiveria, ma se c’è una persona macchinosa è proprio mia sorella. Non è esattamente ambiziosa, anzi è spesso disposta a farsi da parte, ma ha un modo tutto suo di gestire le situazioni e di perseverare fino ad ottenere quello che vuole. È molto caparbia potremmo dire, ma ha anche imparato bene ad atteggiarsi in modo guardingo come nostro padre e Thomas, nostro fratello maggiore. Sicuramente verrà smistata in Serpeverde.  Intanto mia sorella stava proseguendo imperterrita a rispondere alle domande di Al:

“Oh, ho conosciuto qualche studente più grande e ho parlato con un altro paio di persone nel mio scompartimento. Ad un certo punto è apparsa una ragazza dai capelli neri, un po’ paffutella, credo abbia perso il gatto. Per caso è tua cugina, Frank?” domandò con fare innocente.

Frank strabuzzò gli occhi e scosse la testa nel rispondere:

“Non penso proprio, non abbiamo primi cugini, siamo solo io e mia sorella a frequentare Hogwarts… Scusa tanto, ma cosa te lo ha fatto pensare?”

“Oh sai i nostri genitori continuano a ripetere come tuo padre fosse solito perdere il suo rospo, magari era una prerogativa di familia…”

Piccola peste impertinente! Va bene che Frank era sempre buono con tutti, ma fossi stato in lui le avrei tirato uno scappellotto, giusto per far intendere che ai più grandi si deve del rispetto. In effetti non avevo bisogno di essere in lui per tirarle uno scappellotto, ragion per cui l’afferrai e la feci sedere sulle mie ginocchia, tenendola ben stretta in una ferrea presa delle braccia (Non per niente sono uno dei migliori Cacciatori della scuola!) a cui aggiunsi una pacca ben assestata sul coppino, tanto per gradire.

“Comportati bene, ragazzina!” le intimai in una pessima imitazione del peggior accento yankee da buzzurro. La cosa non sortì alcun effetto se non una specie di occhiata di compatimento da parte di mia sorella e il silenzio totale nel vagone per qualche secondo. Mi stavano fissando tutti. Perché finivo sempre a mettermi in situazioni in cui mi sentivo enormemente fuori luogo e pure stupido? Se la mia coscienza avesse avuto le sembianze di Al, avrebbe semplicemente risposto, con la voce con cui si parla ad un neonato o tutt’al più al proprio cane: “E’ molto semplice, vedi, è che a volte sei davvero stupido e fuori luogo”. Sfortunatamente negli ultimi tempi la mia coscienza stava prendendo sempre più le sembianze di Al e soprattutto mi trattava con lo stesso tatto con cui mi trattava Al, cioè meno di zero. Mentre io stavo valutando la possibilità di prendermi a schiaffi da solo per estirpare il mio Al mentale dal cervello, mi sorella proseguiva con fiumi di parole ad illustrare le sue impressioni.

“Potrete anche non credermi – stava dicendo – ma mi è capitato un paio di volte, se non di più, che la gente, sentendo il mio cognome, si rifiutasse di parlarmi. Alcuni sono stati più gentili e si sono inventati una scusa, altri invece mi hanno proprio detto in faccia che non volevano avere niente a che fare con la figlia di un Mangiamorte.”

Nel vagone si era fatto improvvisamente silenzio. Mia sorella aveva gli occhi tristi nel raccontare questi episodi e potevo per una volta essere certo che non fosse una messinscena. Ci eravamo passati tutti, noi fratelli. Portavamo un nome pesante quasi quanto quello di tutti gli amici che ci stavano attorno in quel momento, solo che loro erano i buoni. Nostro padre e nostra madre avevano fatto delle scelte coraggiose quasi quanto le loro, avevano combattuto dalla parte del bene in quella guerra senza senso, ma non tutti erano stati in grado di aprire gli occhi. E se anche nostro padre, forse, aveva fatto qualcosa di buono, restavamo i nipoti di Lucius Malfoy che fino alla fine aveva continuato a sostenere il Signore Oscuro. E la mela, si sa, non cade mai troppo lontano dall’albero. 

I nostri genitori erano stati forti, in mezzo alla tempesta della fine della Guerra e dei giudizi malvagi, avevano continuato a volersi bene e a far valere le proprie ragioni, ma soprattutto avevano imparato a non dare importanza alle malelingue e a distinguere gli amici veri in mezzo a tanta falsità. Per noi la situazione era molto complicata, ma quello che aveva vissuto le angherie peggiori era nostro fratello maggiore. Si chiamava Thomas, Tom per gli amici, aveva capelli e occhi neri ed era stato smistato a Serpeverde. Io, Pepper e Loren, dal canto nostro, eravamo capitati in Case del tutto impensate e la sorpresa di vedere dei Malfoy a Grifondoro aveva vinto contro tanti pregiudizi, non tutti, certo, ma tanti. Bex, però, non era una da lasciarsi intimidire così facilmente. L’ho già detto che è particolarmente caparbia? Ebbene è anche un’inguaribile ottimista, ragion per cui la tristezza nei suoi occhi non durò che qualche istante, in cui, senza farmi vedere (Ho una certa dignità da mantenere!) la strinsi con un po’più di tenerezza.

“Ma non importa quello che dicono, giusto? La mamma dice sempre che sono i fatti, non le parole che contano e i fatti sono che il mio papà ha salvato la vita dello zio Harry! – eh sì, anche se non eravamo imparentati lo chiamavamo zio da sempre – Per lo Smistamento, Al, non saprei…so solo che vorrei tanto finire a Tassorosso…”

Questa poi mi è nuova! Mia sorella era troppo calcolatrice per finire in una Casa così pacifica. Bex voleva diventare Ministro della Magia da quando aveva imparato dell’esistenza di un Ministro. Mentre gli altri bambini sognavano di diventare giocatori di Quidditch o Auror, quando le altre bambine disegnavano principesse e cuoricini, lei voleva diventare Ministro. L’ambizione non era esattamente nelle corde dei Tassorosso, perciò proprio non riuscivo a capire. 

“Tassorosso interessante. –  commentò Al, il cui tono contraddiceva perfettamente le sue parole – Perchè proprio nella Casa  degli sfi... – le parole gli si fermarono in gola alla pedata riservatagli da Rose – ...ehm volevo dire in una Casa di persone così tranquille?”

Inutile, Al, ti racconterà due sciocchezze e poi ti lascerà a interrogarti sulla cosa senza darti una vera risposta.

“Tutti vedono i Tassorosso come degli sfigati, tutte le altre Case sono associate a pregi o difetti di carattere ben precisi, ma loro...non hanno un particolare valore agli occhi di nessuno, li considerano tutti delle specie di elfi domestici da sfruttare in mancanza di altri passatempi – Bex raccontò con tranquillità, in fondo era un dato di fatto – Però bisognerebbe andare al di là delle apparenze e in fondo i Tassorosso hanno sfornato un certo numero di maghi e streghe importanti…”

Di per sé una spiegazione di questo tipo non si poteva considerare nemmeno come una spiegazione, ma come previsto Bex era rimasta sul vago, dando una mezza risposta che ci saremmo dovuti far bastare e, forse, tra anni avremmo scoperto la vera ragione delle sue azioni. Lo dicevo io che era macchinosa!

Al comunque sembrava aver preso per buona la spiegazione e si stava dedicando ora a, testuali parole, una spassosa rubrica speciale, che consisteva nel registrare le battute idiote di Roxane e Fred. L’apice della comicità venne raggiunto quando Rox partì alla carica con:

“Cosa fa un Troll in mezzo alla strada?”

L’attimo di suspance che seguì stava probabilmente a significare che non era la prima volta che facevano questa battuta. Fu Fred a completare per lei con un’ecclatante:

“Schifo!!!” dopo di che entrambi i fratelli presero a rotolarsi per il pavimento dell’intero scompartimento suscitando, oltre alla nostra esasperazione e a commenti inutilmente entusiasti di Al, tutto il palese schifo di Dominique che continuava a ripetere quanto fosse tutto così “poco igienico, piuttosto grezzo e rivoltante”.

Fu con mia somma gioia, ma sospetto anche con un certo sollievo da parte di Dom, che giunse il momento in cui io e Dominique in quanto Prefetti e Rose e Frank come Caposcuola, dovemmo allontanarci dal caotico scompartimento per raggiungere gli altri nel vagone in testa al treno. Avremmo deciso i turni di sorveglianza della scuola e tanti altri noiosi dettagli. Molto probabilmente non avrei ascoltato molto, ma avrei annuito con convinzione a qualsiasi proposta di Frank, sì avrei fatto così. Il fatto è che Frank, non si sa perché, ha sempre ragione, mentre fidarsi di Rose e assecondare le sue proposte senza ascoltare può essere molto pericoloso. Frank, invece, è troppo buono e non si approfitterebbe mai neanche della mia palese distrazione. Non che fossi tenuto a distrarmi ovviamente, ma queste riunioni erano sempre così noiose! E poi, chissà, magari avevano scelto qualcuno di nuovo ed interessante per il quinto anno, magari quella Serpeverde tanto carina e un po’ snob di cui mi fuggiva il nome.

O magari invece avrei fatto una scoperta poco gradevole. Per esempio, ora che ci penso, quel tipo biondo con gli occhiali dove l’ho già visto? Oh guarda, c’è davvero la tipa di Serpeverde! Ora che ci penso in realtà Candince Bale ha un culo molto più bello… Candince… il tipo biondo! Oh mannaggia a Merlino e a tutti i peli della sua barba zozza! Era dietro di me mentre parlavo a Candince della festa super figa che vogliamo organizzare per il rientro ed è anche quello che ha tolto 30 punti a Nott l’anno scorso per contrabbando di sigarette babbane. Oh per tutte le mutande di Morgana! Se non mi uccide lui, mi uccide Rose!

 

 

N.d.A

In questo primo capitolo si comincia a vedere la struttura che vorrei dare alla storia: il mio progetto è di alternare il punto di vista generale del narratore esterno al punto di vista in prima persona di uno o più personaggi. In linea di massima non intendo dedicare il capitolo a POV di più di uno o due personaggi per non rischiare di fare confusione. Voi cosa ne dite? Questo tipo di scrittura è comprensibile o è troppo confusionaria? La vostra opinione è importante perché mi aiuta a migliorare nella scrittura. :)


Per quanto riguarda il capitolo in sé è un capitolo di passaggio dove avete fatto conoscenza con parecchi personaggi e devo confessare che sono solo alcuni di quelli che vorrei introdurre più avanti. Ho sempre pensato che una storia sia completa soltanto se oltre alle vite dei protagonisti si possono intravedere le vite di chi li circonda (amici, nemici, semplici conoscenti) perché in fin dei conti la vita è così: tu sei il protagonista, ma attorno a te esistono mille altre storie.

Tutto questo per dire che mi piace molto introdurre svariati personaggi che, anche se ai fini della storia possono risultare secondari, per me non lo sono. Ogni personaggio è come un bambino che hai fatto nascere e cresciuto, ognuno con la sua storia, i suoi sentimenti, gioie, delusioni, il suo carattere. Voglio molto bene ai miei personaggi, anche a quelli volutamente cliché, anche a quelli che, per una qualche ragione, sono nati antipatici o cattivi.

Ringrazio le persone che hanno recensito, coloro che hanno letto, preferito o seguito. È vero, scrivo per me, ma pubblico per voi, perciò è bello sapere che apprezzate o che anche semplicemente leggete.

A presto (si spera…perdonate le mie terribili tempistiche, ma l’università risucchia tutto il tempo, che già non c’è)

-Shir-

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