Autunno

di ravenmax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Foglie d'Autunno ***
Capitolo 2: *** Lezioni di Vita ***
Capitolo 3: *** Le Nubi del Cuore ***



Capitolo 1
*** Foglie d'Autunno ***


AutunnoCap1

L’estate volgeva ormai al suo termine.  L’aria sulle colline intorno al Distretto 12 iniziava a diventare fresca e tagliente, specie nelle prime ore del mattino. Gli alberi e la vegetazione cominciavano a mostrare i segni del peso di una intera estate ormai trascorsa, come al solito, troppo rapidamente. Le foglie assumevano caldi riflessi giallo dorati che rendevano ancora più belli, quasi incantati i boschi oltre la recinzione elettrificata. Dopo la breve pausa estiva Katniss era tornata a scuola e questo le dava meno tempo per cacciare e dedicarsi alla sua principale attività: quella di far sopravvivere ciò che restava della sua famiglia dopo la morte di suo padre. Sua madre alternava periodi di scarsa coscienza a periodi di completa apatia restando a volte per giorni sotto il portico di fronte al cortile di casa o in camera sua con lo sguardo perso nel vuoto, quello sguardo che Katniss le aveva visto per la prima volta alla morte di suo padre. Un tempo era stata la farmacista del distretto 12, conosceva bene le piante medicinali e Katniss aveva fatto tesoro di questa conoscenza che le aveva permesso diverse volte di assicurare una cena decente ai propri cari e le aveva fornito buona merce di scambio per il baratto al mercato nero del Distretto. Purtroppo questo era uno dei periodi peggiori per lei e non poteva esserle d’aiuto nelle attività di ogni giorno. Non le addossava nessuna colpa, sapeva che sua madre era malata e da tempo aveva  ormai accettato il fatto che tutto fosse caricato sulle sue spalle.  

Aveva subito la ripetizione rituale degli eventi della sua terza mietitura quasi indifferente, come una cosa a cui ormai era abituata, evitando di pensare al fatto che più cresceva la sua età e più alte erano le probabilità di essere estratti a sorte per avere l’impagabile onore di morire per il divertimento della annoiata popolazione di Capitol City. L’unica cosa che davvero le importava è che fosse solo lei a rischiare la vita, perché sua sorella Prim non aveva ancora compiuto i 12 anni di età. Non pensò neppure ai molti biglietti in più con il suo nome sopra ottenuti in cambio di qualche razione alimentare passata dal Governo ma lei di quel cibo aveva necessità per assicurare una vita dignitosa alla sua sorellina, che lei adorava paragonare a una paperella. Solo un oscuro presentimento turbava la sua anima nel profondo…cosa sarebbe accaduto se lei fosse stata destinata a divenire un Tributo? Meglio non ragionarci troppo su…Anche quell’anno Effie Trinker annunciò con il suo improbabile vestito giallo fosforescente e il suo accento da cittadina della capitale  il nome della ragazza prescelta per il distretto 12. Quando accadde Katniss non sentì neppure bene il suo nome, le molte ragazze presenti intorno a lei se lo ripeterono l’una all’altra molte volte quasi come uno scongiuro che anche quell’anno le aveva mantenute in vita. Tutte salvo la sorteggiata, impietrita, Lizzie Grant, attorno alla quale si formò immediatamente il vuoto, come se le altre avessero orrore per quella povera compagna accarezzata dalla Morte. Katniss la conosceva poiché era in classe con lei anche se non poteva definirla una sua amica , lei non aveva molto tempo per intrattenersi in pubbliche relazioni. L’unica ragazza con cui ogni tanto parlava dopo la scuola era la figlia del sindaco Madge Undersee che faceva la sua stessa strada per raggiungere la scuola del distretto. Lizzie e l’altro ragazzo prescelto furono presi immediatamente in consegna dai Pacificatori e portati nella massiccia costruzione del Palazzo di Giustizia, verso il destino che li attendeva. Alla ripresa delle lezioni Katniss evitò di guardare e pensare al posto di Lizzie rimasto vuoto, la piccola non era sopravvissuta neppure un giorno  ai 73° Hunger Games.

Katniss quel giorno seguì distrattamente le lezioni di Mrs. Perino e non fece altro che pensare al molto lavoro che l’attendeva a casa. Era importante mettere da parte durante l’autunno ogni cosa che non fosse strettamente necessaria per sopravvivere in vista dell’inverno che sarebbe arrivato improvviso sul Distretto 12 già alla fine del mese di Novembre. La neve avrebbe coperto i campi e i boschi, la selvaggina sarebbe stata difficile da cacciare a causa del mimetismo con l’ambiente innevato o per il letargo. Finalmente la campanella liberò Katniss dalla lezione di storia mille volte ripetuta e passò a prendere Prim nella classe dei bambini più piccoli. Prim era una biondina dolcissima, troppo sensibile per far parte di un Distretto così duro, quello dei minatori, scolpiti nella roccia come il carbone che estraevano per la Capitale. Nonostante a caccia Prim fosse un disastro, la si poteva sentire arrivare da almeno un miglio di distanza e insistesse nel curare le prede ferite anziché dare loro il colpo di grazia, era però una ottima coltivatrice  e curava il suo orticello con vera dedizione, riservando ad ogni coltura non soltanto le cure necessarie ma anche una forma di affetto quasi fossero piante ornamentali. Quell’anno in particolare la coltivazione del mais era stata eccellente e Katniss contava di ricavare dal mais dell’ottima farina gialla e dall’orto anche merce di scambio per acquistare al mercato nero qualche vestito pesante per l’inverno per Prim. Prim aveva un fisico delicato e pativa per il freddo mentre Katniss si sentiva a suo agio nella sua tenuta da caccia, con gli anfibi in pelle e la giubba impermeabile che era stata di suo padre. Anche lei a volte tremava per il freddo ma si era addestrata ad ignorare temperature rigide, la fame e la paura degli animali selvatici, non poteva permettersela se voleva sopravvivere in quell’ambiente così difficile. Quel pomeriggio Katniss pensò di uscire solo per poco tempo dalla recinzione elettrificata che era abitualmente senza corrente come il resto delle case del Distretto 12. Piazzò alcune trappole per conigli e volpi nel bosco e decise di raccogliere qualche manciata di mirtilli selvatici tornando verso casa. Fu attratta da un fruscio proveniente da un cespuglio e la sua mano corse veloce all’arco da caccia che portava sempre con se nelle sue battute nel bosco. Anche quando usciva solo a piazzare trappole si armava con arco e coltello da caccia per timore di brutti incontri con animali selvatici oltre la recinzione. Avanzando sul terreno scosceso e ingombro di rami caduti e sterpaglie e intenta ad osservare il fitto cespuglio pose il suo piede destro dentro un tronco caduto. Il tronco fradicio cedette con un rumore secco e dal cespuglio usci d’improvviso una intera nidiata di quaglie. Katniss scivolò ecadde a terra preoccupandosi non di se stessa ma di salvare arco e faretra, quelli erano strumenti di sopravvivenza prioritari. Cadendo la sua caviglia destra restò intrappolata all’interno del tronco cavo e subito il dolore la fece quasi gridare.

“Maledizione, caduta come una dilettante….per delle stupide quaglie…” Pensò tra se e se impedendosi di lamentarsi ad alta voce. Stette per qualche minuto a terra mentre le fitte dolorose pulsavano nella caviglia. Alzò al cielo una muta preghiera:

“Oh Dio…. ti prego…. fa che non mi sia spezzata una gamba o sono davvero nei guai….” A poco a poco il dolore lancinante divenne più tollerabile e Katniss, dopo aver controllato che arco e frecce fossero rimasti intatti nella caduta, provò ad alzarsi da terra. Si appoggiò al tronco di un albero e si mise in piedi sulla gamba sinistra. Aveva paura a togliere lo stivaletto destro per timore che il gonfiore le impedisse poi di rimetterlo, tornare a casa scalza avrebbe provocato altri danni. Quando le parve che il piede facesse un pò meno male provò a metterlo a terra e con sua sorpresa il dolore fu meno forte del previsto. Anche caricandoci sopra un po’ di peso il piede non cedeva anche se la caviglia era molto provata. Nel suo cuore un po’ di nubi si risollevarono e si convinse di aver riportato solo una brutta distorsione. Seppur zoppicando vistosamente si avvio verso casa, nascose nel solito tronco cavo arco e faretra e passò la recinzione in un punto dove c’erano numerosi varchi nel filo spinato e tracce di animali sulla terra umida. Arrivò a casa a pomeriggio inoltrato.

“Ciao Katniss…perché zoppichi così…cosa ti è capitato?” Le chiese subito Prim appena la vide arrivare nel cortile di casa.

“Non è nulla paperella, solo la tua sorellina non è più capace a stare in piedi…” scherzò Katniss con un sorriso dolce per non preoccuparla. Prim era affaccendata nel loro orticello.  O per meglio dire si dava da fare a tenere lontana la loro capretta Lady dai cavoli che avevano un aspetto davvero invitante. Le piante del mais erano alte un paio di metri e le pannocchie stavano perdendo le foglie esterne promettendo del ricco granoturco giallo ed arancio che era una gioia per gli occhi. Anche rape, barbabietole e fagioli crescevano bene, quell’anno la siccità aveva dato poco fastidio. Grazie a quei frutti l’inverno sarebbe passato meno duramente.

“Prim, finisci i lavori nell’orto e porta Lady nel suo recinto nel fienile, ti aspetto in casa per cena” la invitò Katniss da sotto il portico di casa.

“Va bene Katniss, qualche minuto ed arrivo….”

Katniss entrò in casa, tolse il giaccone da caccia e con un po’ di timore sciolse i legacci degli anfibi. La caviglia destra era gonfia e faceva male ma tutto sommato si era aspettata di peggio. “Niente che non passi con qualche giorno di calma…” pensò. Aiutata da Prim preparò la cena che portò in camera alla madre dove era rimasta tutto il giorno, indifferente alla vita e alle cose di casa. Lei cenò con Prim alla luce delle lampade a petrolio, era raro avere l’elettricità dopo cena, e si preparò per andare a letto. A quell’ora di solito leggeva a Prim una favola o le cantava una vecchia filastrocca. La fiaba era tratta da un vecchio libro che Katniss aveva barattato al mercato nero per due quaglie. Lo aveva regalato a Prim per il suo compleanno quando era più piccola, sapeva che a Prim piacevano le fiabe e voleva tenerla lontana per quanto più tempo poteva dalla crudele realtà del mondo in cui vivevano, fatta di Hunger Games e di sangue innocente. Era stata una giornata lunga ed intensa e lei si sentiva molto stanca…degnò solo di uno sguardo veloce i libri posati sulla sedia di fronte al suo letto e ancora legati insieme da quando era rincasata da scuola. Mise invece dell’estratto di arnica e una vecchia benda sulla caviglia sperando che l’indomani sarebbe andata meglio. Fuori si era alzato un vento freddo da Nord che fischiava passando tra le imposte di legno sconnesse della loro povera casa ma lei, rassicurata dal respiro lieve e regolare di Prim e dal silenzio sereno della sua abitazione, si concesse finalmente un po’ di riposo.

La sveglia arrivò molto presto. Prima della scuola c’era da preparare qualcosa da mangiare mentre Prim accudiva ai loro pochi animali, la capretta veniva munta e il  gatto restava al caldo vicino alla stufa appena accesa sperando di rimediare qualcosa per la colazione. La caviglia di Katniss faceva un po’ meno male ma la benda rimase ancora al suo posto per evitarle movimenti troppo dolorosi. Oggi non sarebbe uscita oltre la recinzione, non con quella distorsione. La colazione fu frugale, appena un paio di fette di pane raffermo e una scodella di latte che la capra forniva loro. Non molto spesso riuscivano a trasformarlo in un pezzetto di formaggio, una sola capra non assicurava una produzione di latte sufficiente. Quando passava al mercato nero Katniss riusciva a scambiare uno scoiattolo per qualche uovo e a volte ne cuoceva uno per Prim e uno per la madre. Quanto a lei era solita accampare scuse ed al mattino diceva che le uova non le andavano…così Katniss teneva per se una mela o un po’ di frutta e andava a scuola perennemente affamata. Tempo grigio e nebbioso quella mattina, Distretto 12 aveva un’aria ancora più cupa del solito. Lei e Prim camminarono in silenzio fino a raggiungere la scuola dove la mattinata prese subito una brutta piega per Katniss. Mrs. Perino aveva predisposto una sorta di verifica a sorpresa sul programma di storia svolto fino alla lezione precedente. Il suo rendimento scolastico a dire il vero non l’aveva mai preoccupata molto, come ogni ragazzo o ragazza del Distretto la sua prospettiva più probabile era quella di finire a lavorare in miniera, turni massacranti di dodici ore a giornata senza riguardo ad alcuna festività. Katniss si era sempre giurata di non finire così a fare quel lavoro, lei preferiva dedicarsi alla caccia, l’unica cosa che davvero sapeva fare bene. Sfortunatamente era anche una attività illegale in quanto praticata al di fuori delle recinzioni elettriche e tramite l’uso di armi che nessun cittadino era autorizzato a detenere. Se fosse mai stata presa dai Pacificatori con il suo arco da caccia in mano avrebbe potuto essere condannata come rivoltosa ed avrebbe rischiato la pena capitale. Fortunatamente i Pacificatori stessi erano spesso funzionari corrotti che acquistavano la cacciagione a prezzi di favore al mercato nero, anche grazie a loro Katniss poteva fare quei piccoli affari che le permettevano di sopravvivere con la sua famiglia. Katniss lesse svogliatamente le domande della verifica rendendosi conto che a ben poche di loro avrebbe potuto dare una risposta appena soddisfacente. Pensò  a ciò che aveva dovuto fare il giorno prima e si convinse che qualche pelle di volpe o un paio di conigli presi in trappola sarebbero stati una congrua ricompensa per una insufficienza in storia. L’avrebbero forse tenuta a scuola per sempre facendole perdere una anno scolastico? O questo le avrebbe potuto dare la garanzia di un futuro nel Distretto 12? O anche solo la certezza di arrivare a compiere i suoi 18 anni con altre tre “Mietiture” che aveva ancora davanti a se? Cercò lo stesso di fare ciò che poteva, e anche quella mattina la scuola ebbe termine. Non si fermò alla mensa scolastica, era piuttosto costosa e lei non amava molto i momenti di socializzazione non perché fosse una persona scontrosa ma perché a volte si trovava a disagio nel dover rispondere a curiosità delle sue compagne riguardo la sua vita fuori dalla scuola: Katniss era sempre prudente nel dare informazioni sulle sue attività…poteva bastare una parola di troppo fatta con la persona sbagliata per finire nei guai con i Pacificatori. Lei desiderava invece che Prim non si sentisse diversa dalle altre bambine e con i soldi risparmiati sul suo pranzo la sorellina poteva contare su un pasto caldo. Nel pomeriggio Katniss decise di portare con se la piccola Prim al mercato nero. Quello non era certo un bell’ambiente per una ragazzina, era un covo di tagliagole, dove si concentravano tutte le attività illegali del Distretto. Era tollerato solo poiché i funzionari governativi traevano vantaggi dall’esistenza di questo mercato parallelo. In quei giorni Prim era riuscita a mettere da parte un po’ di latte e ne aveva ricavato con l’aiuto della madre un paio di piccole forme di formaggio che Katniss contava di scambiare insieme con alcune pelli di volpe e di coniglio per un maglioncino di lana per l’inverno, adatto alla sua sorellina o anche a lei,  avevano quasi la stessa taglia, la piccola Prim  stava diventando una splendida signorina. Katniss era nota al mercato nero perché spesso portava lì la selvaggina o le pelli degli animali uccisi o le verdure prodotte dal loro orto. In cambio si procurava sementi, legna da ardere, indumenti e candele per rischiarare le lunghe serate d’inverno senza la corrente elettrica. Suo padre l’aveva introdotta nel giro del mercato nero e tutti coloro che erano soliti far affari con lui furono lieti, per rispetto alla sua memoria, di far affari con la piccola Katniss, la promettente cacciatrice il cui padre era saltato in aria in una esplosione durante il lavoro in miniera. Katniss e Prim arrivarono tra le baracche di legno dove si teneva il mercato nero, Prim teneva tra le mani la cesta con il loro formaggio e le pelli. Per Prim tutto quanto era nuovo ed osservava stupita tanto le merci più svariate che erano sui bachi dei venditori quanto la strana gente di ogni condizione sociale che faceva affari al mercato. Minatori, mercanti, cacciatori, agricoltori, proprietari di attività commerciali trattavano vociando rumorosamente merce di ogni genere. Non di rado si scatenavano risse che a volte potevano finire molto male con l’intervento dei Pacificatori che stroncavano la rivolta con metodi violenti. In quel caso era meglio trovarsi lontano da quel posto… Non lontano dall’ingresso Katniss vide Gale Hawthorne, suo compagno nelle scorribande di caccia oltre la recinzione. Erano amici da tempo ed era anche lui un valente cacciatore. Di solito cacciavano insieme quando la preda era troppo grossa  o pericolosa per essere affrontata da una persona sola, cervi o cinghiali che assicuravano però carne per settimane e ottimi ricavi al mercato nero.

“Ehi Katniss! Vieni un po’ a vedere cosa ho preso l’altro giorno….” Disse Gale sorridendo con impazienza.

Katniss si rivolse a Prim e le disse di aspettarla solo qualche istante vicino al  luogo dove si vendevano i formaggi, a pochi passi dall’ingresso.

Gale aveva catturato una magnifica coppia di tacchini selvatici che aveva poi esposto in bella mostra sui banchi riservati alla cacciagione. Katniss fu stupita nel vedere due animali così imponenti, davvero bella selvaggina. Il suo pensiero volò per un istante alle trappole piazzate il giorno prima e con le quali sperava di prendere qualche volpe o coniglio. In questa stagione le pelli di volpe erano pagate bene e andavano ad ornare i colletti degli stravaganti abiti delle signore nella Capitale mentre il coniglio era un buon pasto e una pelle facilmente scambiabile per generi di prima necessità.

“veramente due bellissime prede Gale, i tuoi fratellini e sorelline stasera faranno festa!” disse Katniss. Gale sorrise e notò che Katniss zoppicava ancora.

“Un piccolo incidente ieri a caccia, niente di grave, passerà tutto in poco tempo, non so però se sabato potrò cacciare con te, vedrò come va la caviglia…”  rispose Katniss.

Gale annuì e tornò in fretta al bancone dicendole, “Incidenti del mestiere Katnip…” Katniss sorrise a sua volta.

“Ora devo tornare dalla mia sorellina, è la prima volta che la porto quaggiù…”

In mezzo alla folla Katniss cercò la sorellina Prim quando la vide in piedi vicino ai banconi dove si vendevano i formaggi. Non appena le fu vicino capì dal suo sguardo dubbioso che era accaduto qualcosa. Anche la cesta con le loro merci non era con lei.

“Prim, dove hai posato la nostra cesta?” chiese Katniss mentre un sospetto si faceva strada nella sua mente..

La piccola Prim si affrettò a dare una spiegazione.

“Katniss è passato qui un tuo amico, un giovane ragazzo che ti conosce, e mi ha detto che mi avrebbe aiutato a portare la cesta con le pelli e i formaggi al banco dove li avremmo venduti….”

Le parole morirono nella gola della piccola che ora con degli occhi dolci e spaventati non dava più spiegazioni, cercava solo più un cenno di conferma e di approvazione negli occhi di Katniss.

“Prim guardami: quando è successo, com’era quel ragazzo?” le chiese Katniss velocemente.

“Proprio un minuto fa, è andato da quella parte…è un ragazzo con un giaccone pesante e un cappello di lana…”

Katniss si voltò immediatamente e mosse qualche passo nella direzione indicata da Prim…prima di rendersi conto che in quella ressa la loro preziosa cesta di formaggi e pelli era stata rubata. I negozianti intorno non avevano notato nulla salvo i numerosi stranieri destinati al lavoro nelle miniere e giunti con il treno del mattino nel Distretto 12. L’uomo visto da Prim era sparito nel nulla.

Quando tornò a voltarsi verso la sorellina non vide altro che un volto carico di innocenza tradita…si chinò verso di lei e la prese tra le braccia come per nasconderle la vista di quel luogo che aveva approfittato crudelmente di una bambina povera. Prim ormai aveva capito in tutta la sua grandezza il raggiro di cui era stata vittima e piangeva di una disperazione più grande di lei. Katniss subito provò ira non verso Prim ma verso quel maledetto che le aveva derubate e poi si rese conto che ora era Prim ad aver bisogno di aiuto. Anche lei per un istante stette per piangere ma ricacciò indietro le lacrime con rabbia: a lei non era permesso manifestare il dolore, di fronte a Prim doveva essere forte. La accarezzo dolcemente e le disse che la colpa di tutto era solo sua e che non avrebbe dovuto lasciarla sola un istante in quel covo di ladri. Non voleva inoltre che restasse troppo segnata dall’errore commesso, presto Prim sarebbe stata grande abbastanza per mettere la sua vita a rischio ogni anno nella Mietitura e dunque avrebbe dovuto imparare a convivere anche con la dura realtà del mercato clandestino. Nella sorellina rivedeva la bimba spaventata che era stata lei solo pochi anni fa, prima che la disgrazia in miniera le portasse via per sempre il suo papà. Lei almeno aveva potuto imparare dal padre come muoversi in quell’ambiente mentre Prim non aveva avuto occasioni per imparare ad evitare quelle ingenuità.

“Coraggio Prim, andiamo verso casa…qui ormai non abbiamo più nulla da fare” propose Katniss alla sorella ancora molto scossa.

“Katniss come faremo con le cose per l’inverno che dovevamo comprare? Sapessi come mi dispiace per il guaio che ho combinato…” disse sommessamente Prim.

“Ce la faremo lo stesso Prim, andrò di nuovo a caccia e vedrai che potremo comprare tutto ciò di cui avremo bisogno…tu farai altro formaggio con il latte della tua capretta e tutto andrà bene, vedrai…” le rispose Katniss.

Mentre ancora parlava la sua mente corse al maglioncino di lana del quale avrebbero avuto bisogno, Prim per andare a scuola e lei per uscire a caccia. Pazienza, lei avrebbe usato per la caccia qualche vecchissimo maglione della madre troppo bucato da portare a scuola ma per Prim…

Prese poi Prim per mano e tornando verso il Giacimento, la periferia della città dove abitavano, spiegò a Prim alcune regole di base per trattare con la gente non certo tenera del mercato clandestino. Giunsero a casa a metà pomeriggio, la loro madre non era lì ma ad aiutare le vicine con il bucato e la pulizia della casa cosa che le fruttava qualche spicciolo, sempre che la depressione  non la mettesse in condizioni di non poter svolgere tali attività. Katniss lasciò Prim a curare un po’ l’orto e usci oltre la recinzione, non a caccia perché la gamba le faceva ancora male ma a vedere se le trappole per conigli e le volpi avevano portato qualche risultato. Non amava molto quel tipo di caccia, da ottima tiratrice con l'arco che era preferiva l’appostamento e il colpire la preda. Non era altrettanto brava con le trappole ma conosceva la tecnica e le permetteva di portare a casa qualche cosa. Quel giorno poche delle trappole avevano funzionato a dovere, la maggior parte erano vuote o con l’esca mangiata dall’animale senza averlo catturato. Ridispose le trappole e portò a casa un coniglio ed una giovane volpe, pagata bene per la sua pelle. Verso sera calò la nebbia sulle colline intorno e al tramonto del sole la temperatura scese bruscamente. Nel tornare a casa raccolse anche qualche mela selvatica, almeno per quel giorno la cena era assicurata. La sera Prim aveva preparato la tavola e cucinato qualche patata molto bene anche perché si sentiva ancora in colpa per i fatti della giornata e con il coniglio e le mele selvatiche anche Katniss sentì comunque la gioia e un po’ di calore nella loro povera casa dove solo la cucina e il salottino con il camino erano riscaldati. Dopo la cena lei e Prim salirono nella loro cameretta al piano superiore, Prim finì i suoi compiti mentre Katniss cercava di porre rimedio agli spifferi di aria gelida provenienti da fuori. Andarono a dormire presto, solo sotto le coperte il freddo era tollerabile. Quel momento della giornata era l’unico istante che Katniss ritagliava per se stessa e per un istante solo ritornava una ragazza di poco più di 15 anni con i suoi piccoli sogni troppe volte ridotti al silenzio dalle responsabilità verso la sua famiglia. Il sogno di una esistenza diversa, nonostante tutto, continuava ad abitare nel suo cuore, forse un giorno sarebbe riuscita ad avere una vita che valesse la pena di essere vissuta. Doveva solo tenere duro e cercare di restare viva, nel senso vero e proprio del termine sopravvivendo alle Mietiture che anno dopo anno le creavano un senso di disgusto profondo e impedendosi di perdere quella luce interiore che animava i suoi occhi grigio azzurri. Fu riportata alla realtà dalla voce di Prim, sepolta sotto le coperte del suo letto.

“Kat….ho tanto freddo…posso dormire con te per stanotte?”

  “Certo tesoro, vieni qui con me…” la invitò Katniss.

“ Mi vuoi ancora bene dopo i guai che ho combinato oggi…” disse Prim con un groppo di dolore in gola.

“Certo che te ne voglio Prim, lo sai che sei la cosa più importante della mia vita, se non avessi te non avrei altro….” rispose piano Katniss.

La piccola si alzò dal suo lettino ed entrò in quello di Katniss che le accarezzò il viso delicato e i bei capelli biondi del colore del grano. Si addormentarono così, dolcemente, una tra le braccia dell’altra, due uccelline che potevano finalmente godere del tepore dello stesso nido.

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Capitolo 2
*** Lezioni di Vita ***


AutunnoCap2

Il mattino dopo nonostante il freddo la giornata era molto luminosa e il cielo azzurro senza l’ombra di una nuvola rendeva un poco meno evidente la nera polvere di carbone denominatore comune del Distretto 12. Prim appariva più serena e Katniss camminava piano dietro di lei dopo essere passata sotto la casa di Madge Undersee. Katniss le raccontò del guaio che avevano avuto il giorno prima al mercato e di cominciare a nutrire un po’ di preoccupazione per l’inverno che si stava avvicinando a grandi passi. La bella giornata di sole portò però presto la discussione sul programma della mattinata che le attendeva a scuola. Katniss temeva che sarebbe stata nei guai, sia a causa dell’ultima verifica di storia non certo andata benissimo sia a causa del fatto che anche il giorno prima non aveva certo avuto il tempo di recuperare le lacune nella sua preparazione dedicando tempo allo studio. Caccia e studio sono due cose che richiedono parecchio tempo e Katniss non aveva dubbi su ciò  che doveva fare, cosa che le permetteva di mettere qualcosa sulla tavola quando era ora di mangiare. Arrivarono alla scuola dove Prim si allontanò per raggiungere la sua classe mentre Madge e Katniss entravano nella loro. Si sedette al suo solito posto, vicino alla finestra dove le sembrava che le mancasse meno l’aria nelle interminabili ore passate là dentro e un po’ verso il fondo perché lei non amava mettersi in mostra di fronte agli altri ragazzi e ragazze, specie quelli del centro della città che guardavano con aria di sufficiente superiorità chi come lei proveniva dalla zona del Giacimento. Nell’attesa dell’insegnante si perse con lo sguardo fuori dalla finestra, poteva vedere la radura davanti alla scuola con gli alberi di quercia sotto i quali amava pranzare durante la primavera e più lontana, sullo sfondo la piccola cappella di campagna con il campanile, unico edificio di culto del Distretto. La religione era tollerata dal governo a patto che non osasse interferire con le scelte della potente Capitol City. Katniss era credente ma non amava le funzioni nella cappella, aveva troppi ricordi tristi legati a quel luogo…dal funerale del suo papà del quale era rimasto ben poco da seppellire fino alle due funzioni che a lei facevano più male: i funerali dei due tributi del Distretto 12 alla fine degli Hunger Games di ogni anno. Aveva smesso di andarci per la grande pena che sentiva dentro, rivedeva le povere bare bianche o di legno chiaro coperte di fiori di campo che ogni famiglia sceglieva per  dare l’ultimo addio ai loro figli e risentiva l’organo che con la sua voce dalla maestà infinita li accompagnava nel loro ultimo viaggio fino alle porte del piccolo cimitero dietro alla chiesa dove avrebbero trovato riposo in eterno. Spesso Katniss non li conosceva se non di vista ma comunque preferiva ricordarli come erano quando in classe con lei insieme guardavano alla vita.

“Katniss Everdeen!”

Il suo nome quasi gridato la riportò d’improvviso in classe dove era arrivata l’insegnante che a quanto pare osservava  già da qualche tempo il suo sguardo perso nel vuoto. L’abituale contorno di commenti sarcastici e sghignazzi da parte dei compagni di classe dette quasi fastidio a Katniss che si chiese perché non potevano farsi gli affari loro…

“Si Mrs. Perino?” rispose Katniss alzandosi in piedi dopo un tempo che le parve eterno.

“Signorina Everdeen, penso che non serva ricordarle quanto scadente è il suo rendimento scolastico nelle ultime settimane…” chiosò la docente, rendendo di fatto pubblico a tutta la classe che Katniss a scuola era in difficoltà.

“…e questa non fa eccezione…” aggiunse l’insegnante sventolando la sua  verifica di storia chiazzata da segni di penna rossa e valutata con una severa F. Dalla classe si alzarono ancora sogghigni e sorrisi di compatimento. Katniss restò impassibile, gli occhi grigio azzurri freddi come ghiaccio per non dar loro soddisfazione.

“Se continua così signorina Everdeen sarò costretta dalle regole di questo Distretto e di tutta la nazione di Panem a punirla severamente…”

Katniss era pietrificata, sapeva bene cosa intendeva la docente. Le punizioni corporali erano impartite dagli stessi docenti agli studenti dal rendimento più scarso, a lei non erano quasi mai toccate o solo in forma minore perché fino a quel momento aveva dedicato alla scuola il tempo minimo necessario per evitarle. Ma questo era un periodo difficile….

Dopo averne ricevuto il permesso Katniss si sedette e stette ancora nel suo banco con lo sguardo assente. Se Katniss ebbe dei guai quella mattina il resto della classe non fu trattato meno duramente di lei e questo le permise, mal comune mezzo gaudio, di osare almeno alzare gli occhi verso il resto della classe al termine delle lezioni e mentre insieme a Madge aspettava Prim per tornare a casa.

“Quella strega di Mrs. Perino…” esordì Madge….

“In fondo ha ragione, sto facendo davvero pena in questo periodo…non ho tempo per studiare, non ho tempo per me…” rispose fissando altrove Katniss.

Prim interruppe il suo ripensare alla brutta mattinata.

“Ciao paperella…tutto bene oggi a scuola?” chiese Katniss abbozzando un sorriso.

“Tutto bene Kat, la maestra dice che sono molto intelligente…” cinguettò Prim.

“Lo sapevo che eri brava…almeno una in famiglia…” la lodò Katniss rivolgendo a Madge uno sguardo che le chiedeva senza parole di non accennare ai suoi guai a scuola.

MAdge lo colse al volo e per strada non fecero cenno alcuno alle loro vicissitudini scolastiche. L’unica nota positiva della giornata era la sua caviglia che giorno dopo giorno migliorava, presto sarebbe tornata a cacciare come prima.

Nel pomeriggio Katniss dedicò un’oretta allo studio non certo in virtù della sgridata subita ma perché nel tempo aveva imparato a non dare mai nell’occhio, a non fornire mai motivo di essere scelta come bersaglio in mezzo al gruppo…l’ultima cosa di cui aveva bisogno ora era, oltre alla responsabilità di essere la capo famiglia, una insegnante che la prendesse di mira mettendola in guai peggiori. Dopo aver salutato Prim che si occupava dei lavoretti di casa si incamminò verso il mercato nero dove portò la pelliccia di volpe e la pelle del coniglio catturato. La volpe fu ben pagata e Katniss accolse con sollievo la possibilità di pagare il pranzo a Prim per qualche giorno. La pelle di coniglio fruttò un sacchetto di farina e un panetto di burro.

 Scavalcò poi la recinzione e si diresse verso le trappole. Non essendo però lontana dal luogo dove il suo arco da caccia e la faretra erano nascosti scelse di passare a prenderli con se. Decise di portarli più per prudenza che per necessità in quanto la sua caviglia in miglioramento non permetteva ancora una vera e propria battuta di caccia.

Cinse anche il coltello custodito insieme alla faretra e andò verso le trappole. Le prime due trappole avevano catturato due conigli e Katniss ne fu lieta, oggi sarebbe tornata a casa in tempo per la cena e con il carniere pieno. Tutto procedette molto bene anzi, il bottino crebbe ancora fino all’ultima trappola. Era mesa ai piedi di un albero, mascherata dalle foglie secche ai bordi di una radura. La prima cosa che colpì Katniss fu il silenzio, nessun rumore di uccelli o altri animali…avvicinandosi vide poi il sangue. Nella trappo non c’era la preda ma c’era sangue e pelo tutto intorno e poco lontano anche la testa del coniglio sbranato. Katniss si abbasso istintivamente ed estrasse una freccia dalla faretra. Si mosse molto lentamente fino a vedere oltre l’albero. Quello che le apparve le gelò il sangue nelle vene e il cuore letteralmente le sobbalzò in petto…un grande orso nero era a pochi metri da lei tra gli alberi. Si appiattì velocemente contro l’albero più vicino e per un attimo l’ironia della situazione la fece sorridere…era venuta a caccia e si era in un istante trasformata in una potenziale preda. Se l’orso l’avesse attaccata sarebbe stata la fine, poco o nulla avrebbe potuto fare con il suo arco a quel bestione alto oltre 3 metri. Avrebbe fatto la fine del coniglio nella trappola… Cercò di scacciare dalla mente quel pensiero raccapricciante e di soppiatto cercò di vedere l’orso per poter decidere cosa fare. Il grande mammifero stava fiutando l’aria alzandosi sulle zampe posteriori, ormai aveva sicuramente percepito il suo odore…se l’animale fosse stato affamato anche la fuga sarebbe stata impossibile.

“Dannazione, quanto è difficile arrivare a 16 anni in questo posto…” pensò preparandosi ad una ultima disperata difesa. In caso di attacco Katniss si augurò di essere uccisa rapidamente, le avrebbe almeno evitato una lunga agonia e il vedere il suo corpicino fatto a pezzi dall’animale. Il grande orso mosse qualche passo svogliato nella sua direzione come incerto sul da farsi, doveva aver mangiato da poco o Katniss sarebbe già stata attaccata. Vide poco lontano da lei un pino i cui rami più bassi formavano quasi una scaletta verso la cima dell’albero…erano solo pochi metri ma un orso può correre velocemente se pensa di aver a tiro una preda che lo incuriosisce. Katniss ricordò improvvisamente i conigli che aveva nel carniere e un barlume di speranza ritornò in lei. Estrasse una carcassa e la lanciò pochi passi dietro all’orso che attratto dall’oggetto in movimento si precipitò sul coniglio. Nello stesso istante in cui Katniss sentì il rumore delle ossa stritolate dal morso della belva scatto verso il pino  con tutta la velocità di cui era capace e balzò sul tronco e alla prima fila di rami che resse il suo peso. Guadagnò agilmente un altro paio di metri salendo sull’albero e cercò di porre tra se e l’orso il maggior spazio possibile. Attirato dal rumore che fece quando scattò verso il pino il plantigrado partì all’inseguimento ma Katniss era ormai a 4 o 5 metri di altezza e fuori dalla portata del predatore. Indispettito l’orso aspettò alla base dell’albero e Katniss prese fiato sedendosi sul ramo sui cui prima era in piedi. Katniss osservò l’orso con una certa preoccupazione e si augurò che l’animale non fosse paziente per aspettare la sua discesa dal pino. Pensò di colpirlo con una freccia ma si rese conto che l’animale ferito sarebbe stato ancora più pericoloso e certamente non avrebbe lasciato la base dell’albero  dunque abbandonò il suo proposito. Non restò che aspettare…Katniss ingannò il tempo intagliando un rametto di pino con il coltello da caccia e sperò che l’orso lasciasse il campo libero prima di notte. Provò anche a distrarlo lanciando lontano altre carcasse di coniglio ma l’orso restò nelle vicinanze dell’albero. Il sole stava per tramontare quando l’orso evidentemente stanco di attendere corse via lungo la radura in cerca di prede più facili. Katniss aspettò ancora una quarantina di minuti sul pino e non vedendo più traccia del predatore scese dall’albero. La notte stava ormai calando e la bella giornata del mattino cedette il passo ad una fitta coltre di nubi gravide di pioggia fredda. Nascose le armi da caccia e tornò a casa con ciò che le rimaneva nel carniere e la gioia di essere ancora viva dopo quella brutta avventura nei boschi. Avvicinandosi alla recinzione elettrificata ebbe un’altra sgradita sorpresa. La recinzione non era silenziosa come era di solito ma emetteva un sordo ronzio che la mise in allarme. Stranamente il Distretto 12 aveva la corrente elettrica e la recinzione l’avrebbe uccisa in un istante se lei l’avesse toccata per attraversarla. Katniss imprecò a bassa voce, la sua giornata non era ancora finita. Si chiese per quale ragione il Distretto avesse ricevuto il privilegio di un po’ di corrente elettrica in quelle ore serali, cosa che avveniva di solito quando era il tempo degli Hunger Games e tutti i vecchi apparecchi televisivi del Distretto dovevano per ordine del Governo di Capitol City essere sintonizzati su quello spettacolo di morte. Dal cielo cominciò a cadere fitta la pioggia e Katniss fu presto bagnata come un pulcino nonostante il giaccone impermeabile e gli anfibi in pelle. L’acqua le scorse lungo la schiena e le diede brividi di freddo intenso, che la fecero tremare. Si guardò intorno ma non vide alcun tipo di riparo che potesse esserle utile per proteggersi dalla pioggia allora si sedette su una roccia vicino alla recinzione e pensò con nostalgia al fuoco nel camino di casa che certamente Prim a quell’ora aveva già acceso… Andò al vicino albero di mele selvatiche e ne assaggiò una ma era talmente inzuppata d’acqua che le provocò un senso di nausea. Se solo avesse potuto far sapere a Prim come mai non era ancora a casa, lei e la madre sarebbero state molto preoccupate non vedendola rientrare. Dopo circa 2 ore il ronzio nella recinzione elettrica cessò improvvisamente, era facile udirlo nella notte. Katniss lanciò un sasso contro il filo spinato ma non vi fu segno alcuno di scintille o evidenza di corrente elettrica nella barriera. Si fece coraggio e passò oltre la recinzione e corse verso casa. Quando finalmente arrivò Prim le saltò al collo riempiendola di domande ma Katniss, come spesso faceva, fu evasiva. Raccontò dell’incontro con l’orso in modo che la piccola non si spaventasse troppo e parlò di come era stata bloccata oltre la recinzione elettrificata. Arrivò a casa solo con i brividi per il freddo e si concesse ancora, prima di mangiare qualcosa, un bagno caldo utilizzando l’acqua del grosso bollitore della stufa in cucina. Non aveva ancora 16 anni ma si sentiva già così stanca… Quando salì in camera Prim era già a letto e anche lei si mise in fretta sotto le coperte purtroppo ancora fredde. Fuori la pioggia continuava a cadere fitta. Si addormentò quasi subito in un sonno agitato in cui si sentiva inseguita nel bosco, piccola preda senza possibilità di fuga. La voce di Prim la svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Lottando contro il sonno che rendeva lenti i suoi riflessi Katniss ascoltò Prim.

“Katniss ho sentito i fantasmi…” le disse incerta Prim

“Tesoro, avrai fatto un brutto sogno…” rispose Katniss posando di nuovo la testa sul cuscino.

“No Kat, ci sono davvero i fantasmi senti ci sono dei rumori in giardino…” spiegò Prim. Stava ancora dicendo così che Katniss sentì un crepitio sinistro, di legno spezzato. Si tirò su a sedere sul letto e rimase ancora in ascolto, i suoi sensi affinati da lunghi anni di pratica della caccia. Rumore di pioggia fitta ma anche scricchiolio di legno schiantato.

“Prim, resta in casa qualsiasi cosa succeda la fuori… va bene?” ordinò Katniss mentre saltava fuori dal letto e si metteva qualcosa indosso per capire l’origine di quei rumori che anziché perdersi nella notte diventavano sempre più violenti.

“Ma che cosa sta succedendo….” penso silenziosamente per non allarmare ulteriormente Prim. Ladri? Non era cosa comune nel Distretto e poi la loro era una famiglia povera non avevano nulla che valesse la pena di prendere….forse la loro capretta? Katniss si precipitò per le scale e vide sulla porta della sua camera anche sua madre, allarmata dal trambusto udito anche da lei nel cuore della notte. Katniss calzò senza legarli gli anfibi in pelle e uscì in pantaloni e maglioncino nel piccolo portico davanti alla loro casa. Pioveva ancora e la notte era nera e senza luna. Mentre lei aveva indossato qualcosa Prim accese la lanterna a petrolio e la passo alla sorella. I rumori, sempre più intensi,  provenivano non dalla casa ma dalla zona dell’orto, poco oltre il cortile della loro casa. Katniss capì e si lanciò verso il capanno degli attrezzi da dove uscì con il forcone in mano. Con quell’arma improvvisata e la lanterna corse verso l’orto. Lo spettacolo che vide la lasciò senza forze tanto era intenso l’orrore e la delusione di quel momento. La recinzione dell’orto era spezzata in più punti e un branco di cinghiali, adulti e più giovani stavano facendo scempio dell’orto che Prim aveva curato con tanto affetto.

L’orto prima ordinato era ora completamente devastato e la terra era stata rivoltata dagli animali per mangiare anche le verdure che crescevano sotto terra. Katniss scagliò in un gesto d’ira il forcone verso di loro che la degnarono appena di uno sguardo. Provò l’impulso di scagliarsi con tutta la sua rabbia contro i cinghiali ma prevalse la parte razionale che era in lei, non aveva nessuna possibilità di scacciare a mani nude un branco di cinghiali adulti. Corse comunque verso l’orto con la lanterna sperando che la luce nella notte li distraesse o almeno rallentasse lo scempio che stavano compiendo. Le bestie, orma sazie, come rispondendo ad un comando preciso si allontanarono insieme sfondando ancora lo steccato di legno che delimitava l’orto.

Katniss tornò in casa bagnata e impassibile, ma stava così male dentro, di fuori il suo sembrava coraggio, di dentro il suo cuore era spezzato. Anche Prim l’aveva raggiunta prima in giardino e anche lei alla luce della lanterna aveva visto i frutti del suo lavoro cancellati in una sola ora di una fredda notte d’autunno. Prim piangeva piano senza lamentarsi ad alta voce, del dolore dolce e muto dei bambini. Quando Katniss la strinse a se nel salottino freddo restò lì, stupefatta dal dispiacere e dalla delusione.

“Coraggio piccola, stanotte è andata male ma speriamo che domattina alla luce del sole i danni siano un po’ meno gravi di quello che sembravano adesso al buio…” le disse Katniss. La madre le osservava entrambe ma con lo sguardo assente di chi non si era reso conto dell’accaduto.

Katniss trascorse il resto della notte senza chiudere occhio, si sentiva tradita dalla durezza della vita che le aveva poste di fronte a questa nuova prova. Sapeva che Prim era sveglia, la sentiva gemere piano ma non le disse nulla, anche lei non ne aveva più la forza. Eppure era per lei che doveva resistere e farsi vedere forte o Prim si sarebbe sentita ancora peggio. Questa volta anche la sicurezza del loro focolare era stata attaccata e Katniss aveva dentro una pena incontenibile. L’arrivo del mattino fu per lei una grazia, per lo meno poteva vedere con la luce cosa si poteva salvare. Il cielo rimaneva coperto ma non pioveva più. I danni che videro nella notte alla luce della lanterna erano assai gravi anche alla luce del giorno. Il granoturco era stato abbattuto e gran parte delle pannocchie divorate, anche gli altri ortaggi erano stati sradicati e il terreno rivoltato dal branco di cinghiali. Dovevano essere entrati durante la notte dai varchi nella recinzione elettrificata, forse dove Katniss aveva notato le impronte di animali selvatici. Anche se Katniss avesse avuto con se l’arco avrebbe potuto fare poco da sola contro un’intera mandria di animali adulti. Katniss parlò pochissimo quella mattina, aveva in gola un’angoscia che non voleva saperne di lasciarla. Anche Prim era così spaventata e continuava a chiederle:

“E adesso come facciamo Katniss?”

Istintivamente Katniss le avrebbe voluto gridare che non aveva la più pallida idea di cosa fare ora e che la loro stessa vita sarebbe stata a rischio nella stagione più fredda.

Ma non lo fece, la piccola non aveva alcuna colpa di quello che era successo. Respirò profondamente cacciando le lacrime che le salivano agli occhi e mentì anche e prima di tutto a se stessa.

“Ce la faremo ugualmente Prim, venderemo i resti delle verdure o li mangeremo noi e poi andrò a caccia tutti i giorni fino a che prenderò qualche cosa di grosso, Gale mi aiuterà, vedrai, ce la faremo anche questa volta” disse Katniss…non sapeva nemmeno più lei cosa dirle e cosa ne sarebbe stato di loro.

Guardando davanti a se Katniss vedeva un inverno durissimo, con poco da mangiare, freddo a causa dei vestiti pesanti che loro due non avevano. Anche la caccia sarebbe stata difficile e pericolosa se nei boschi iniziavano a girare grandi predatori come orsi o, più pericolosi ancora in inverno, branchi di lupi. Katniss si giurò che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non far mancare nulla a Prim anche se avesse dovuto andare a mendicare come aveva fatto quando aveva più o meno l’età di Prim ed aveva ricevuto in dono quel pezzetto di pane bruciato da Peeta Mellark, il figlio del fornaio del paese che aveva salvato loro la vita proprio quando Katniss stava per morire di fame nel giardinetto del retrobottega della panetteria. Katniss si sentiva ancora in debito con quel ragazzo che sfidando l’ira della madre, che l’avrebbe lasciata lì a morire preferendo nutrire i maiali, le dette la forza di alzarsi da terra ancora una volta. Un giorno, Katniss non sapeva in che modo, avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con lui. Dopo aver raccolto il meglio possibile ciò che era scampato alla fame dei cinghiali Katniss e Prim si recarono a scuola. Per la strada Katniss raccontò a Madge ciò che era capitato nella notte mentre Prim camminava più avanti con Rory, la sorellina di Gale.

“Sono nei guai Madge, grossi guai…se non succede un vero miracolo quest’inverno sarà la fine per noi, non abbiamo più nulla e ogni cosa si rivolta contro di noi in questo periodo…e se arriviamo vive alla fine della brutta stagione dovremo affrontare ancora un’altra Mietitura…” raccontava Katniss.

Madge taceva, comprese la gravità della situazione ma non poteva fare nulla se non ascoltare l’amica. Katniss pensò di sottoscrivere tutte le tessere governative a suo nome che poteva per superare la stagione fredda con gli aiuti del Governo, in cambio della sua vita a giugno in quanto le probabilità di essere estratta come tributo sarebbero state altissime. E poi cosa sarebbe successo dopo la sua morte? Prim avrebbe avuto solo 12 anni, come sarebbe sopravvissuta fino a poter essere indipendente? Con il cuore carico di dubbi entrò anche quel giorno in classe e udì altri ragazzi che vivevano non lontano da lei parlare a proposito dei cinghiali che avevano fatto scempio di molti raccolti oltre al loro. I cinghiali furono abbattuti quello stesso giorno non lontano dal Villaggio dei Vittoriosi, area residenziale quasi disabitata ad eccezion fatta per l’unico vincitore degli Hunger Games del Distretto 12, Haymitch Abernathy. Katniss seguì ancora le lezioni con sempre maggiore distacco, ora la mattina doveva pianificare nel dettaglio le attività di caccia del pomeriggio e dei week end, nella speranza di cacciare qualcosa di abbastanza grande da poter essere venduto bene. Per il momento la scuola non era altro che l’ultimo dei suoi problemi. Fortunatamente l’insegnante questa volta aveva altro a cui pensare e non badò allo sguardo di Katniss sempre più triste e distaccato dalla vita.

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Capitolo 3
*** Le Nubi del Cuore ***


AutunnoCap3

Nel pomeriggio Prim si mise a lavorare sulle rovine del suo orticello mentre Katniss si preparò velocemente per andare a caccia, ora ne avevano più bisogno che mai. Il cielo carico di nebbie autunnali diventò ancora più cupo e Katniss uscendo rabbrividì per il freddo. Quella sera contavano su qualche rimasuglio ricavato dalle verdure dell’orto e sulla sua abilità e fortuna nel cacciare. Uscì in fretta dalla recinzione ma appena recuperate le sue armi fu costretta ad una pausa forzata dall’apparizione improvvisa di un Hovercraft dei Pacificatori. Questi velivoli governativi , droni con o senza pilota erano usati per la sorveglianza delle zone oltre i confini di distretto ove spesso si nascondevano frange di rivoltosi contro il governo centrale. Erano macchine insidiose, facevano poco rumore e apparivano all’improvviso. Sfortunatamente spaventavano la selvaggina, dotata di sensi ben più fini di quelli umani. Katniss aveva notato negli ultimi tempi un intensificarsi delle attività di sorveglianza dei droni sul loro Distretto, probabilmente in seguito a segnalazioni di bande di rivoltosi accampate nella zona. Katniss nei boschi non era solita incontrare nessuno salvo Gale e i pochi altri cacciatori come loro che nel Distretto erano costretti dalla necessità a procurarsi il cibo nei boschi. Katniss camminò a lungo quel giorno, fortunatamente la sua caviglia era quasi completamente guarita e nel suo vagare nei boschi piazzò numerose trappole. Prede di grandi dimensioni però non ne vide. Verso sera cominciò a piovere nuovamente, in modo insistente, tanto che il freddo e la fame la spinsero infine verso casa, con un carniere molto magro. Portò a casa qualche mela che quella sera concluse il loro povero pasto. I giorni successivi furono ancora più difficili. Non smise mai di piovere e Katniss arrivava a casa così bagnata e tremante che si chiese per quanto tempo sarebbe riuscita a cacciare. A dispetto di tanto impegno la selvaggina, disturbata dalle incursioni frequenti dei droni Pacificatori e dal letargo naturale ormai imminente sembrava essere scomparsa, tutto era fango ed acqua, foglie marce ed ingiallite e freddo sempre più pungente. I suoi bottini erano così miseri, bastavano appena per comprare qualcosa per Prim e per mamma, per lei c’era solo il senso di vuoto che giorno dopo giorno cresceva e offuscava i suoi sensi. A volte aveva tanta fame da avere la vista annebbiata e tirare con l’arco ai piccoli volatili era difficile, con prede così veloci e così ridotte in numero. La cosa peggiore era poi quando perdeva nel bosco la freccia scagliata a vuoto, in quel momento non poteva permettersi di spendere per comprarne altre. A casa nascose le sue preoccupazioni sempre anche quando vedere Prim mangiare le provocava crampi allo stomaco. L’importante era che alla piccola non mancasse almeno il minimo. E fuori la pioggia continuava a cadere, incessante. Ormai arrivava così bagnata a casa che i vestiti messi ad asciugare vicino alla stufa non erano pronti per il giorno dopo perciò lei continuava ad indossare sempre abiti bagnati. A scuola faceva finta di non sentire i commenti acidi e le risatine dei compagni di classe residenti in città a proposito dei suoi vestiti sempre umidi che colavano acqua. Rispetto alla sua le loro famiglie erano non certo benestanti…ma neppure sapevano ciò che voleva dire mangiare solo un paio di mele in tutta la giornata. Scuola, caccia, fame, freddo queste erano le cose con le quali Katniss aveva a che fare tutti i giorni. L’assenza di prede importanti continuava, le trappole restavano vuote e Katniss si malediceva per non essere abbastanza brava da essere in grado di procurare il sostentamento alla sua famiglia. Nonostante i suoi sforzi anche a Prim stava cominciando a mancare il cibo ma la piccola capiva ciò che sua sorella stava facendo per lei e non osava chiedere nulla in più per se. Per Katniss vederla tirata in volto era una pena che si aggiungeva alle sue sofferenze fisiche e poco a poco stava togliendo luce ai suoi occhi grigio azzurri. Katniss era ormai pelle e ossa e si chiese fino a quando il suo corpo avrebbe resistito a quella tortura prima di arrendersi. Stava diventando di giorno in giorno più debole per cacciare e sempre più stanca, se non fosse stato per Prim forse si sarebbe già arresa.  Una sera, sotto una pioggia gelida e intensa non poté più sopportare il senso di sconfitta che le dava il tornare a casa a mani vuote e il pensiero degli occhi muti e imploranti della sorellina la spinse contro la sua volontà verso la città. Lei stessa non sapeva bene in cerca di cosa…il furto era un reato punito con la morte ma lei a questo non sarebbe ricorsa mai., anche nella sua povertà era una ragazza onesta. Era tardo pomeriggio e lei approfittò del calare delle tenebre in quella piovosa serata per cercare qualcosa di commestibile nei cestini dei rifiuti. Se ne vergognava ma la vita di Prim valeva per lei più della sua stessa vita. Le parve di rivivere quella sera di molti anni prima in cui lei e la sua famiglia stavano come ora per morire di fame. Allora era stata salvata dal figlio del fornaio, oggi non pensava certo che avrebbe avuto altrettanta fortuna. Il giro dei cestini fu senza successo, riuscì solo a farsi assestare un calcio dal fruttivendolo giunto improvvisamente dietro di lei mentre cercava qualche resto di ortaggio nel cassonetto. Quel colpo fece più male alla sua anima che al suo corpo. Nella pioggia e al buio non la riconobbe di certo e il droghiere le gridò contro qualcosa minacciando di chiamare i Pacificatori. Katniss pensò per un istante di attenderli proprio i Pacificatori e lasciare che portassero a termine il loro lavoro con la tipica efficienza e brutalità…ma sarebbe stata una morte infamante e dolorosa, allora si allontanò per non dare a Prim anche questo dolore. A sera ormai inoltrata Katniss era così stremata da essere obbligata a fermarsi qualche minuto prima di tornare verso il Giacimento. Si fermò sotto il portico del negozietto di sementi per ripararsi qualche istante dalla pioggia. Il negozio era già chiuso ma dentro dove qualcuno stava ancora lavorando, c’era ancora luce nel retrobottega. Si sedette sugli scalini del portico quando sentì dietro di lei aprirsi la porta. Ebbe l’impulso di fuggire ma era troppo stanca per farlo. Era in trappola, troppo debole per correre via.

Katniss si voltò lentamente, con il viso grondante acqua, per conoscere quale sarebbe stato il suo destino e vide stupita che si trattava di una vecchia signora che lei conosceva bene. Vendeva i suoi prodotti anche al mercato nero e Katniss in tempi migliori aveva acquistato da lei le sementi per l’orticello di Prim. Prima che lei potesse mettersi sulla difensiva l’anziana signora le rivolse un sorriso e le disse:

“Guarda chi si vede…la nostra giovane cacciatrice…” Non c’era ira o allarme nella sua voce e questo tranquillizzò un pochino Katniss che si era preparata un’altra volta a combattere. Katniss la guardò a sua volta e il suo tono sereno le fecero abbozzare un sorriso triste che si spense quasi subito nel freddo della sera.

“Me ne vado subito, solo un minuto di riposo e me ne vado, per favore non mi faccia del male…” disse Katniss in fretta, temendo che anche l’anziana l’avrebbe cacciata come tutti gli altri negozianti.

“Fino a che non mi consumi i gradini puoi anche restare…che fai in giro con questo tempaccio?” chiese la signora.

Katniss non rispose ma la guardò con occhi tristi, gli occhi di una ragazza da troppo tempo affamata. La vecchia intuì le parole che Katniss non ebbe il coraggio di pronunciare. Non voleva umiliarla e farle della carità che lei non avrebbe voluto accettare.

 “Katniss, aspettami un attimo qui cara… ” le disse la negoziante.

Katniss non sapeva che fare, solo non ce la faceva più a scappare ancora… poi decise che in fondo non aveva nulla da perdere, se la negoziante avesse voluto farle del male avrebbe già chiamato i Pacificatori e lei sarebbe già stata portata al Palazzo di Giustizia…o uccisa per strada se le cose prendevano la piega sbagliata.

La vecchia tornò con un sacchetto di patate che Katniss guardò come la cosa più preziosa al mondo.

“Non è molto cara…ma prendile, io sono sola mentre tu hai una famiglia da mantenere… conoscevo bene tuo padre…” le disse la vecchia porgendole il sacchetto.

“Signora…lo sa che non me le posso permettere…” tentò di schermirsi Katniss.

Le fece quel dono con un sorriso sdentato e buono e Katniss percepì in qualche modo come quella vecchia signora avesse stimato e voluto bene a suo padre, se ne era andato troppo presto e a Katniss mancava molto.

Dopo aver ringraziato la vecchia per quel dono di vita Katniss tornò a casa con il suo piccolo tesoro sotto il diluvio, non era meno stanca o infreddolita di prima ma almeno aveva ricevuto  qualcosa per il bene dei suoi cari. Nonostante la fame Katniss cercò di mangiare solo lo stretto indispensabile perché Prim e mamma potessero sfamarsi almeno per quella sera.

 Il giorno seguente, come in ogni week end, la scuola era chiusa e in mattinata uscì a caccia con Gale, anche lui in quel momento se la passava male, i sempre frequenti passaggi dei droni sui boschi oltre la recinzione li costringevano a nascondersi per non essere fotografati dall’alto. Una ripresa fotografica avrebbe significato la condanna a morte per  ribellione armata.

Dopo quella domenica piovosa e povera di prede iniziò un’altra settimana dal carattere sempre più invernale. L’intero Distretto era ormai ridotto ad un pantano, i fiumi erano ingrossati e tumultuosi, anche nelle case l’umidità era sempre presente. Con quel clima malsano , la malnutrizione e la quasi totale inesistenza di cure mediche e farmaci, a disposizione solo di chi poteva pagarli a caro prezzo, una semplice influenza trascurata poteva essere fatale, specie per i più piccoli. Fortunatamente Prim aveva solo di recente iniziato a patire per i morsi della fame ed era in buona salute.  I  problemi di Katniss non erano ancora finiti. Intorno a metà settimana, durante la lezione di lettere, Katniss si lasciò vincere dal suono ipnotico delle spiegazioni della docente Mrs. Perino e seduta nel suo banco, non lontano dalla stufa a legna che riscaldava la classe, cullata dal tepore scivolò in un sonno prima combattuto e poi accettato come inevitabile dal suo corpo troppo provato. Dopo un tempo che lei stessa non seppe subito definire il risveglio fu molto più brusco. Il suo nome gridato vicino a lei e la bacchetta di legno che colpì il suo banco la fecero sobbalzare con il cuore in gola. Non sapeva da quanto l’insegnante la stesse osservando addormentata, l’intera classe rideva di lei, ad eccezione della sua unica amica Madge che sapeva cosa Katniss stesse passando in quel periodo. E di Peeta Mellark che, avendola già vista prima in condizioni simili, ebbe l’intuizione di ciò che forse le stava capitando di nuovo.

“Signorina Everdeen penso che non abbia idea di cosa stavamo parlando o sbaglio..” disse ironicamente la docente.

Katniss, ancora stordita non tentò neppure di difendersi, sarebbe stato decisamente inutile e sarebbe stata umiliata ancora di più..

“No, Mrs. Perino… mi sono assopita…”

“Signorina Everdeen, come le avevo promesso questo suo comportamento ripetuto in classe non sarà più tollerato. Desidero che lei si fermi in classe al termine della lezione dove discuteremo della punizione che merita.”

Katniss faticò a rispondere uno sforzato “Si, Mrs. Perino…”

Dentro di se stava maledicendosi per la sua stupidità, quel pomeriggio avrebbe dovuto uscire a caccia, andare al mercato nero per procurarsi qualche punta di freccia …ora d’improvviso la sua prospettiva era quella di ricevere bastonate per il suo scarso impegno scolastico. Da parte sua la docente, nonostante il tono severo tenuto di fronte alla classe, non poté fare a meno di chiedersi in se come mai una ragazza come Katniss, intelligente e che prima di allora non aveva mai dato problemi a scuola, fosse cambiata così rapidamente nel nuovo anno scolastico. E quei vestiti sempre bagnati che aveva indosso…

La lezione proseguì ed al termine tutti gli studenti uscirono per far ritorno verso le loro abitazioni. Katniss prese un attimo da parte Madge e le disse in fretta:

“Madge, sono nei guai stavolta… per favore, passa nella classe di Prim e accompagnala a casa…dille che…tornerò molto tardi oggi e non potremo fare ciò che le avevo promesso…”

“Non ti preoccupare Katniss, a Prim ci penso io…tu tieni duro…” cercò di rincuorarla Madge. Katniss la guardò con gli occhi tristi. A  Katniss sembrava di aver tradito la fiducia della sorellina ma ormai non dipendeva più da lei.

La docente le disse: “Signorina Everdeen l’attendo qui in classe tra mezz’ora…sono costretta a infliggerle la punizione che ha meritato.” In quella mezz’ora la docente restò in classe e ma non consumò il suo pranzo portato da casa come tutti i giorni, quello che avrebbe dovuto fare la metteva a disagio. Incontrò poi una sua collega per   prendersi un attimo di pausa. Katniss aspettò sotto il portico dell’ingresso. Aveva il cuore angosciato e grigio, dello stesso colore del cielo che continuava a lasciar cadere quella pioggia fredda e pesante come piombo. In quel clima ogni traccia di gioia sembrava scomparsa dal Distretto 12. Una folla di pensieri turbinò nella sua mente…un’altra sera senza cena, la loro casa fredda e umida, i suoi abiti bagnati, la punizione che l’attendeva…se non ci fosse stata Prim…

All’ora stabilita Katniss entrò nella classe deserta e sedette al suo banco, in attesa di Mrs. Perino. L’attesa non durò a lungo e Katniss si alzò in piedi all’arrivo dell’insegnante. Restò in piedi di fronte al suo banco mentre la docente seduta alla cattedra osservava il registro di classe. Posò poi gli occhiali sulla cattedra e alzandosi si rivolse finalmente a lei.

“Vorrei non doverlo fare, signorina Everdeen…” disse con tono grave la docente. Si alzò e si diresse verso l’armadio di fianco alla cattedra. Katniss sapeva bene cosa cercava. Era lì che era custodito il bastone usato per infliggere le punizioni corporali. Katniss cercò di deglutire, il groppo alla gola si stava facendo opprimente. Sempre in piedi, sollevò le maniche umide  del suo maglioncino in modo da presentare le sue mani e le braccia alla punizione che l’attendeva. Non temeva tanto il dolore fisico, era abituata a soffrire, ma quella punizione era il sigillo e la conferma del fallimento della sua vita, a scuola e come capo famiglia. Mrs. Perino si voltò e venne verso di lei con il bastone tra le mani. Katniss la guardò arrivare, sentendosi sempre peggio dentro, non riusciva quasi più a respirare, i suoi occhi vagarono disperati in alto verso il soffitto dell’aula come in cerca di un aiuto insperato che non sarebbe arrivato mai. L’insegnante era di fronte a Katniss e alle sue braccia nude e non poté non notare come era fragile la ragazza che stava per punire, scheletrita da troppi digiuni. Katniss chiuse gli occhi mentre la docente alzava il bastone e attese il dolore lancinante del primo dei molti colpi sulle sue povere mani infreddolite. Già ora a caccia non combinava nulla, chissà nei prossimi giorni come avrebbe potuto tendere l’arco con le sue mani gonfie e doloranti per le bastonate ricevute,  come avrebbe tentato di, di mirare a una preda cercando di tenere la freccia con le mani ferite, come avrebbe sistemato i lacci delle trappole con le dita rovinate…

Questo turbine di angoscia improvvisa si riversò su di lei in quella frazione di secondo in cui Mrs. Perino stava per lasciar cadere il bastone, la vista di Katniss si annebbiò e con un misto di stupore e orrore si accorse che dai suoi occhi scendevano copiose le lacrime. Katniss cercò di cacciarle indietro e di resistere, cercò anche di asciugarle in fretta con il dorso delle mani passato sugli occhi lacrimanti ma non riuscì più a trattenerle.

Restò invece immobile e con il bastone ancora alzato Mrs. Perino che ebbe in quell’istante una chiara percezione, come una premonizione. Se avesse colpito quella creaturina ne avrebbe colpito non le mani ma l’anima e avrebbe reciso il filo sottile che ancora la teneva legata alla sua durissima vita e l’indomani ci sarebbe stato solo un cadaverino appeso come una bambola di pezza ad una trave del fienile. Le lacrime incontrollabili di Katniss furono solo l’inizio, la sua lotta per respirare produceva espirando solo un grido, un gemito di sofferenza profondo che arrivava dal cuore stesso della ragazza. Mrs. Perino un tempo, quando era più giovane, aveva creduto che quello dell’insegnante non fosse un semplice lavoro ma una missione. I lunghi anni al Distretto 12 avevano fatto perdere smalto alle sue convinzioni ma sapeva ancora riconoscere una giovane in vera difficoltà. Quanto era  diverso il pianto di Katniss da quello frivolo, simulato  e senza lacrime delle ragazzette viziate sue studentesse ai tempi di Capitol City quando cercavano di evitare una giusta punizione…

Il pianto di Katniss era profondo, lacerante, veniva da un cuore troppo stanco e ferito per appartenere ad una ragazza poco più che quindicenne. Quanto era simile il pianto di questa piccola a quello di una agnellina ferita, colse in quell’istante tutta la profondità delle parole del sermone domenicale del Reverendo Jones sul dolore innocente. Ora Katniss piangeva senza più alcun ritegno, era un fiume in piena che aveva rotto gli argini e singhiozzava così penosamente che non riuscì a restare ancora in piedi di fronte alla docente. Ad ogni grido ed ogni singhiozzo disperato era come se un peso si abbattesse su di lei che si chinò sul suo banco e infine sedette con il viso tra le mani. Con la voce rotta nel pianto e tra i singhiozzi le diceva:

“Avanti… mi punisca…mi faccia ciò che mi merito…”

Ma Mrs. Perino aveva ormai abbassato il bastone e non aveva alcuna intenzione di usarlo su quella ragazza ormai annientata. Posato il bastone su una sedia vicina si avvicinò al banco di Katniss singhiozzante e piano le accarezzò i lunghi capelli neri intrecciati. Katniss sobbalzò e la docente ebbe la stessa sensazione che si ha quando si tocca un cerbiatto selvatico. La piccola era ormai troppo debole per difendersi e la lasciò fare. Mrs. Perino sedette nel posto accanto a lei. La abbracciò con dolcezza, prima lentamente per non spaventarla e poi la attirò a se. Sentì i suoi vestiti umidi, il suo corpicino smagrito del quale poteva ormai contare le ossa, il suo cuore che batteva forte e le sue guance rigate di lacrime ed anche lei lottò per non piangere. Le parlò dolcemente, mentre ancora Katniss non riusciva a smettere di piangere.

“Dai piccola, coraggio, e piangi tesoro, non c’è nulla di male in questo, non puoi sempre tenerti tutto dentro. Le tue lacrime non sono un segno di debolezza è solo il tuo cuore troppo ferito che ha bisogno di guarire…lascia che le lacrime lavino via il dolore dalla tua anima…”

Katniss tra le lacrime abbassò ogni barriera e le raccontò degli incidenti di caccia, del terrore di finire sbranata, del freddo, della fame, della pioggia incessante e dei suoi vestiti sempre bagnati, del furto al mercato, dei cinghiali che avevano devastato il campo, dell’umiliazione nel cercare il cibo tra i rifiuti, dei calci ricevuti facendolo…delle sue enormi responsabilità verso Prim e la madre depressa…”

Mrs. Perino ascoltò la piccola accarezzandola con dolcezza finché non ebbe più lacrime da piangere e si calmò un pochino. Restò però abbracciata a lei, in quel momento era tornata una quindicenne bisognosa di un po’ di affetto.

“Katniss, sai, ti sembrerà impossibile ma un tempo sono stata giovane anche io… e so bene quali sono le difficoltà di questo mondo. Anche oggi sapessi che pena è sempre stata per me l’accompagnare ogni anno due di voi al cimitero per quei maledetti Hunger Games… Sei una bella ragazza e di te mi hanno sempre colpito i tuoi occhi, sempre pieni di vita e di luce…solo ultimamente li ho visti spegnersi poco a poco… ma adesso ti rivoglio come sei sempre stata, vedi, questo posto grigio è un pochino più bello per ogni fiore come te che lo abita. Non dimenticartelo mai, tu sei preziosa, unica ed irripetibile e ogni volta che avrai bisogno di piangere un po’ sarò qui per te…Katniss, non può piovere per sempre….” e la guardò con un sorriso sincero. Katniss rispose con un sorriso leggero e…un po’ di speranza negli occhi, resi più dolci dalle lacrime simili a piccoli diamanti che ancora li ornavano.

Mrs. Perino poi prese il pranzo che quel giorno non aveva mangiato e lo divise con la piccola Katniss. Dopo tante privazioni Katniss si concesse qualcosa per se non senza mettere qualcosa da parte anche per Prim.

Mrs. Perino era contenta perché vedendola ora mangiare qualcosa più serena sapeva che quel giorno aveva davvero compiuto un miracolo nascosto, quello che normalmente è riservato agli eroi, quello di salvare una delle giovani vite che le erano state affidate.

“Naturalmente la tua punizione è solo rimandata…si intende…” scherzò Mrs. Perino uscendo con Katniss da scuola.

“Certo  Mrs. Perino, è chiaro…” rispose Katniss sorridendo.

Era tardo pomeriggio quando insieme tornarono a casa, Mrs. Perino si diresse verso la Città e Katniss proseguì per il Giacimento. Aveva finalmente smesso di piovere e il sole tramontava infuocando il cielo in maniera spettacolare.  Nei giorni seguenti Katniss credette di potercela fare e la pioggia gelida fu lavata via, prima di tutto dal suo cuore. Il grosso cervo che prese con Gale li fece arrivare a Natale in buone condizioni e permise loro di affrontare la stagione invernale. Anche Mrs. Perino ebbe quell’anno  uno speciale pranzo di Natale, il migliore da lei gustato da molti anni: stufato di cervo, procurato da quella micidiale arciere, la piccola quindicenne che lei stessa aveva salvato.

 

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