Autunno di ravenmax (/viewuser.php?uid=314305)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Foglie d'Autunno ***
Capitolo 2: *** Lezioni di Vita ***
Capitolo 3: *** Le Nubi del Cuore ***
Capitolo 1 *** Foglie d'Autunno ***
AutunnoCap1
L’estate volgeva ormai
al suo termine. L’aria sulle colline
intorno al Distretto 12 iniziava a diventare fresca e tagliente, specie nelle
prime ore del mattino. Gli alberi e la vegetazione cominciavano a mostrare i
segni del peso di una intera estate ormai trascorsa, come al solito, troppo
rapidamente. Le foglie assumevano caldi riflessi giallo dorati che rendevano
ancora più belli, quasi incantati i boschi oltre la recinzione elettrificata.
Dopo la breve pausa estiva Katniss era tornata a scuola e questo le dava meno
tempo per cacciare e dedicarsi alla sua principale attività: quella di far
sopravvivere ciò che restava della sua famiglia dopo la morte di suo padre. Sua
madre alternava periodi di scarsa coscienza a periodi di completa apatia
restando a volte per giorni sotto il portico di fronte al cortile di casa o in
camera sua con lo sguardo perso nel vuoto, quello sguardo che Katniss le aveva
visto per la prima volta alla morte di suo padre. Un tempo era stata la farmacista
del distretto 12, conosceva bene le piante medicinali e Katniss aveva fatto
tesoro di questa conoscenza che le aveva permesso diverse volte di assicurare
una cena decente ai propri cari e le aveva fornito buona merce di scambio per
il baratto al mercato nero del Distretto. Purtroppo questo era uno dei periodi
peggiori per lei e non poteva esserle d’aiuto nelle attività di ogni giorno. Non
le addossava nessuna colpa, sapeva che sua madre era malata e da tempo
aveva ormai accettato il fatto che tutto
fosse caricato sulle sue spalle.
Aveva subito la
ripetizione rituale degli eventi della sua terza mietitura quasi indifferente,
come una cosa a cui ormai era abituata, evitando di pensare al fatto che più
cresceva la sua età e più alte erano le probabilità di essere estratti a sorte per
avere l’impagabile onore di morire per il divertimento della annoiata
popolazione di Capitol City. L’unica cosa che davvero le importava è che fosse
solo lei a rischiare la vita, perché sua sorella Prim non aveva ancora compiuto
i 12 anni di età. Non pensò neppure ai molti biglietti in più con il suo nome
sopra ottenuti in cambio di qualche razione alimentare passata dal Governo ma
lei di quel cibo aveva necessità per assicurare una vita dignitosa alla sua
sorellina, che lei adorava paragonare a una paperella. Solo un oscuro
presentimento turbava la sua anima nel profondo…cosa sarebbe accaduto se lei
fosse stata destinata a divenire un Tributo? Meglio non ragionarci troppo su…Anche
quell’anno Effie Trinker annunciò con il suo improbabile vestito giallo
fosforescente e il suo accento da cittadina della capitale il nome della ragazza prescelta per il
distretto 12. Quando accadde Katniss non sentì neppure bene il suo nome, le
molte ragazze presenti intorno a lei se lo ripeterono l’una all’altra molte
volte quasi come uno scongiuro che anche quell’anno le aveva mantenute in vita.
Tutte salvo la sorteggiata, impietrita, Lizzie Grant, attorno alla quale si
formò immediatamente il vuoto, come se le altre avessero orrore per quella
povera compagna accarezzata dalla Morte. Katniss la conosceva poiché era in
classe con lei anche se non poteva definirla una sua amica , lei non aveva
molto tempo per intrattenersi in pubbliche relazioni. L’unica ragazza con cui
ogni tanto parlava dopo la scuola era la figlia del sindaco Madge Undersee che
faceva la sua stessa strada per raggiungere la scuola del distretto. Lizzie e
l’altro ragazzo prescelto furono presi immediatamente in consegna dai
Pacificatori e portati nella massiccia costruzione del Palazzo di Giustizia,
verso il destino che li attendeva. Alla ripresa delle lezioni Katniss evitò di
guardare e pensare al posto di Lizzie rimasto vuoto, la piccola non era
sopravvissuta neppure un giorno ai 73° Hunger
Games.
Katniss quel giorno
seguì distrattamente le lezioni di Mrs. Perino e non fece altro che pensare al
molto lavoro che l’attendeva a casa. Era importante mettere da parte durante
l’autunno ogni cosa che non fosse strettamente necessaria per sopravvivere in
vista dell’inverno che sarebbe arrivato improvviso sul Distretto 12 già alla
fine del mese di Novembre. La neve avrebbe coperto i campi e i boschi, la
selvaggina sarebbe stata difficile da cacciare a causa del mimetismo con
l’ambiente innevato o per il letargo. Finalmente la campanella liberò Katniss
dalla lezione di storia mille volte ripetuta e passò a prendere Prim nella
classe dei bambini più piccoli. Prim era una biondina dolcissima, troppo
sensibile per far parte di un Distretto così duro, quello dei minatori,
scolpiti nella roccia come il carbone che estraevano per la Capitale.
Nonostante a caccia Prim fosse un disastro, la si poteva sentire arrivare da
almeno un miglio di distanza e insistesse nel curare le prede ferite anziché
dare loro il colpo di grazia, era però una ottima coltivatrice e curava il suo orticello con vera dedizione,
riservando ad ogni coltura non soltanto le cure necessarie ma anche una forma
di affetto quasi fossero piante ornamentali. Quell’anno in particolare la
coltivazione del mais era stata eccellente e Katniss contava di ricavare dal
mais dell’ottima farina gialla e dall’orto anche merce di scambio per
acquistare al mercato nero qualche vestito pesante per l’inverno per Prim. Prim
aveva un fisico delicato e pativa per il freddo mentre Katniss si sentiva a suo
agio nella sua tenuta da caccia, con gli anfibi in pelle e la giubba impermeabile
che era stata di suo padre. Anche lei a volte tremava per il freddo ma si era
addestrata ad ignorare temperature rigide, la fame e la paura degli animali
selvatici, non poteva permettersela se voleva sopravvivere in quell’ambiente
così difficile. Quel pomeriggio Katniss pensò di uscire solo per poco tempo
dalla recinzione elettrificata che era abitualmente senza corrente come il
resto delle case del Distretto 12. Piazzò alcune trappole per conigli e volpi
nel bosco e decise di raccogliere qualche manciata di mirtilli selvatici tornando
verso casa. Fu attratta da un fruscio proveniente da un cespuglio e la sua mano
corse veloce all’arco da caccia che portava sempre con se nelle sue battute nel
bosco. Anche quando usciva solo a piazzare trappole si armava con arco e
coltello da caccia per timore di brutti incontri con animali selvatici oltre la
recinzione. Avanzando sul terreno scosceso e ingombro di rami caduti e
sterpaglie e intenta ad osservare il fitto cespuglio pose il suo piede destro
dentro un tronco caduto. Il tronco fradicio cedette con un rumore secco e dal
cespuglio usci d’improvviso una intera nidiata di quaglie. Katniss scivolò ecadde
a terra preoccupandosi non di se stessa ma di salvare arco e faretra, quelli
erano strumenti di sopravvivenza prioritari. Cadendo la sua caviglia destra
restò intrappolata all’interno del tronco cavo e subito il dolore la fece quasi
gridare.
“Maledizione, caduta
come una dilettante….per delle stupide quaglie…” Pensò tra se e se impedendosi
di lamentarsi ad alta voce. Stette per qualche minuto a terra mentre le fitte
dolorose pulsavano nella caviglia. Alzò al cielo una muta preghiera:
“Oh Dio…. ti prego…. fa
che non mi sia spezzata una gamba o sono davvero nei guai….” A poco a poco il
dolore lancinante divenne più tollerabile e Katniss, dopo aver controllato che arco
e frecce fossero rimasti intatti nella caduta, provò ad alzarsi da terra. Si
appoggiò al tronco di un albero e si mise in piedi sulla gamba sinistra. Aveva
paura a togliere lo stivaletto destro per timore che il gonfiore le impedisse
poi di rimetterlo, tornare a casa scalza avrebbe provocato altri danni. Quando
le parve che il piede facesse un pò meno male provò a metterlo a terra e con
sua sorpresa il dolore fu meno forte del previsto. Anche caricandoci sopra un
po’ di peso il piede non cedeva anche se la caviglia era molto provata. Nel suo
cuore un po’ di nubi si risollevarono e si convinse di aver riportato solo una
brutta distorsione. Seppur zoppicando vistosamente si avvio verso casa, nascose
nel solito tronco cavo arco e faretra e passò la recinzione in un punto dove
c’erano numerosi varchi nel filo spinato e tracce di animali sulla terra umida.
Arrivò a casa a pomeriggio inoltrato.
“Ciao Katniss…perché
zoppichi così…cosa ti è capitato?” Le chiese subito Prim appena la vide
arrivare nel cortile di casa.
“Non è nulla paperella,
solo la tua sorellina non è più capace a stare in piedi…” scherzò Katniss con
un sorriso dolce per non preoccuparla. Prim era affaccendata nel loro
orticello. O per meglio dire si dava da
fare a tenere lontana la loro capretta Lady dai cavoli che avevano un aspetto
davvero invitante. Le piante del mais erano alte un paio di metri e le
pannocchie stavano perdendo le foglie esterne promettendo del ricco granoturco
giallo ed arancio che era una gioia per gli occhi. Anche rape, barbabietole e
fagioli crescevano bene, quell’anno la siccità aveva dato poco fastidio. Grazie
a quei frutti l’inverno sarebbe passato meno duramente.
“Prim, finisci i lavori
nell’orto e porta Lady nel suo recinto nel fienile, ti aspetto in casa per
cena” la invitò Katniss da sotto il portico di casa.
“Va bene Katniss,
qualche minuto ed arrivo….”
Katniss entrò in casa,
tolse il giaccone da caccia e con un po’ di timore sciolse i legacci degli anfibi.
La caviglia destra era gonfia e faceva male ma tutto sommato si era aspettata
di peggio. “Niente che non passi con qualche giorno di calma…” pensò. Aiutata
da Prim preparò la cena che portò in camera alla madre dove era rimasta tutto
il giorno, indifferente alla vita e alle cose di casa. Lei cenò con Prim alla
luce delle lampade a petrolio, era raro avere l’elettricità dopo cena, e si
preparò per andare a letto. A quell’ora di solito leggeva a Prim una favola o
le cantava una vecchia filastrocca. La fiaba era tratta da un vecchio libro che
Katniss aveva barattato al mercato nero per due quaglie. Lo aveva regalato a
Prim per il suo compleanno quando era più piccola, sapeva che a Prim piacevano
le fiabe e voleva tenerla lontana per quanto più tempo poteva dalla crudele
realtà del mondo in cui vivevano, fatta di Hunger Games e di sangue innocente. Era
stata una giornata lunga ed intensa e lei si sentiva molto stanca…degnò solo di
uno sguardo veloce i libri posati sulla sedia di fronte al suo letto e ancora
legati insieme da quando era rincasata da scuola. Mise invece dell’estratto di
arnica e una vecchia benda sulla caviglia sperando che l’indomani sarebbe andata
meglio. Fuori si era alzato un vento freddo da Nord che fischiava passando tra
le imposte di legno sconnesse della loro povera casa ma lei, rassicurata dal respiro
lieve e regolare di Prim e dal silenzio sereno della sua abitazione, si
concesse finalmente un po’ di riposo.
La sveglia arrivò molto
presto. Prima della scuola c’era da preparare qualcosa da mangiare mentre Prim
accudiva ai loro pochi animali, la capretta veniva munta e il gatto restava al caldo vicino alla stufa
appena accesa sperando di rimediare qualcosa per la colazione. La caviglia di
Katniss faceva un po’ meno male ma la benda rimase ancora al suo posto per
evitarle movimenti troppo dolorosi. Oggi non sarebbe uscita oltre la
recinzione, non con quella distorsione. La colazione fu frugale, appena un paio
di fette di pane raffermo e una scodella di latte che la capra forniva loro. Non
molto spesso riuscivano a trasformarlo in un pezzetto di formaggio, una sola
capra non assicurava una produzione di latte sufficiente. Quando passava al
mercato nero Katniss riusciva a scambiare uno scoiattolo per qualche uovo e a
volte ne cuoceva uno per Prim e uno per la madre. Quanto a lei era solita
accampare scuse ed al mattino diceva che le uova non le andavano…così Katniss
teneva per se una mela o un po’ di frutta e andava a scuola perennemente
affamata. Tempo grigio e nebbioso quella mattina, Distretto 12 aveva un’aria
ancora più cupa del solito. Lei e Prim camminarono in silenzio fino a
raggiungere la scuola dove la mattinata prese subito una brutta piega per
Katniss. Mrs. Perino aveva predisposto una sorta di verifica a sorpresa sul
programma di storia svolto fino alla lezione precedente. Il suo rendimento
scolastico a dire il vero non l’aveva mai preoccupata molto, come ogni ragazzo
o ragazza del Distretto la sua prospettiva più probabile era quella di finire a
lavorare in miniera, turni massacranti di dodici ore a giornata senza riguardo
ad alcuna festività. Katniss si era sempre giurata di non finire così a fare
quel lavoro, lei preferiva dedicarsi alla caccia, l’unica cosa che davvero
sapeva fare bene. Sfortunatamente era anche una attività illegale in quanto
praticata al di fuori delle recinzioni elettriche e tramite l’uso di armi che
nessun cittadino era autorizzato a detenere. Se fosse mai stata presa dai
Pacificatori con il suo arco da caccia in mano avrebbe potuto essere condannata
come rivoltosa ed avrebbe rischiato la pena capitale. Fortunatamente i
Pacificatori stessi erano spesso funzionari corrotti che acquistavano la
cacciagione a prezzi di favore al mercato nero, anche grazie a loro Katniss
poteva fare quei piccoli affari che le permettevano di sopravvivere con la sua
famiglia. Katniss lesse svogliatamente le domande della verifica rendendosi
conto che a ben poche di loro avrebbe potuto dare una risposta appena
soddisfacente. Pensò a ciò che aveva
dovuto fare il giorno prima e si convinse che qualche pelle di volpe o un paio
di conigli presi in trappola sarebbero stati una congrua ricompensa per una
insufficienza in storia. L’avrebbero forse tenuta a scuola per sempre facendole
perdere una anno scolastico? O questo le avrebbe potuto dare la garanzia di un
futuro nel Distretto 12? O anche solo la certezza di arrivare a compiere i suoi
18 anni con altre tre “Mietiture” che aveva ancora davanti a se? Cercò lo
stesso di fare ciò che poteva, e anche quella mattina la scuola ebbe termine.
Non si fermò alla mensa scolastica, era piuttosto costosa e lei non amava molto
i momenti di socializzazione non perché fosse una persona scontrosa ma perché a
volte si trovava a disagio nel dover rispondere a curiosità delle sue compagne
riguardo la sua vita fuori dalla scuola: Katniss era sempre prudente nel dare
informazioni sulle sue attività…poteva bastare una parola di troppo fatta con
la persona sbagliata per finire nei guai con i Pacificatori. Lei desiderava
invece che Prim non si sentisse diversa dalle altre bambine e con i soldi
risparmiati sul suo pranzo la sorellina poteva contare su un pasto caldo. Nel
pomeriggio Katniss decise di portare con se la piccola Prim al mercato nero.
Quello non era certo un bell’ambiente per una ragazzina, era un covo di
tagliagole, dove si concentravano tutte le attività illegali del Distretto. Era
tollerato solo poiché i funzionari governativi traevano vantaggi dall’esistenza
di questo mercato parallelo. In quei giorni Prim era riuscita a mettere da
parte un po’ di latte e ne aveva ricavato con l’aiuto della madre un paio di
piccole forme di formaggio che Katniss contava di scambiare insieme con alcune
pelli di volpe e di coniglio per un maglioncino di lana per l’inverno, adatto
alla sua sorellina o anche a lei,
avevano quasi la stessa taglia, la piccola Prim stava diventando una splendida signorina.
Katniss era nota al mercato nero perché spesso portava lì la selvaggina o le
pelli degli animali uccisi o le verdure prodotte dal loro orto. In cambio si
procurava sementi, legna da ardere, indumenti e candele per rischiarare le
lunghe serate d’inverno senza la corrente elettrica. Suo padre l’aveva
introdotta nel giro del mercato nero e tutti coloro che erano soliti far affari
con lui furono lieti, per rispetto alla sua memoria, di far affari con la
piccola Katniss, la promettente cacciatrice il cui padre era saltato in aria in
una esplosione durante il lavoro in miniera. Katniss e Prim arrivarono tra le
baracche di legno dove si teneva il mercato nero, Prim teneva tra le mani la
cesta con il loro formaggio e le pelli. Per Prim tutto quanto era nuovo ed
osservava stupita tanto le merci più svariate che erano sui bachi dei venditori
quanto la strana gente di ogni condizione sociale che faceva affari al mercato.
Minatori, mercanti, cacciatori, agricoltori, proprietari di attività
commerciali trattavano vociando rumorosamente merce di ogni genere. Non di rado
si scatenavano risse che a volte potevano finire molto male con l’intervento
dei Pacificatori che stroncavano la rivolta con metodi violenti. In quel caso
era meglio trovarsi lontano da quel posto… Non lontano dall’ingresso Katniss
vide Gale Hawthorne, suo compagno nelle scorribande di caccia oltre la
recinzione. Erano amici da tempo ed era anche lui un valente cacciatore. Di
solito cacciavano insieme quando la preda era troppo grossa o pericolosa per essere affrontata da una
persona sola, cervi o cinghiali che assicuravano però carne per settimane e
ottimi ricavi al mercato nero.
“Ehi Katniss! Vieni un
po’ a vedere cosa ho preso l’altro giorno….” Disse Gale sorridendo con
impazienza.
Katniss si rivolse a
Prim e le disse di aspettarla solo qualche istante vicino al luogo dove si vendevano i formaggi, a pochi
passi dall’ingresso.
Gale aveva catturato
una magnifica coppia di tacchini selvatici che aveva poi esposto in bella
mostra sui banchi riservati alla cacciagione. Katniss fu stupita nel vedere due
animali così imponenti, davvero bella selvaggina. Il suo pensiero volò per un
istante alle trappole piazzate il giorno prima e con le quali sperava di
prendere qualche volpe o coniglio. In questa stagione le pelli di volpe erano
pagate bene e andavano ad ornare i colletti degli stravaganti abiti delle
signore nella Capitale mentre il coniglio era un buon pasto e una pelle
facilmente scambiabile per generi di prima necessità.
“veramente due
bellissime prede Gale, i tuoi fratellini e sorelline stasera faranno festa!”
disse Katniss. Gale sorrise e notò che Katniss zoppicava ancora.
“Un piccolo incidente
ieri a caccia, niente di grave, passerà tutto in poco tempo, non so però se
sabato potrò cacciare con te, vedrò come va la caviglia…” rispose Katniss.
Gale annuì e tornò in
fretta al bancone dicendole, “Incidenti del mestiere Katnip…” Katniss sorrise a
sua volta.
“Ora devo tornare dalla
mia sorellina, è la prima volta che la porto quaggiù…”
In mezzo alla folla
Katniss cercò la sorellina Prim quando la vide in piedi vicino ai banconi dove
si vendevano i formaggi. Non appena le fu vicino capì dal suo sguardo dubbioso
che era accaduto qualcosa. Anche la cesta con le loro merci non era con lei.
“Prim, dove hai posato
la nostra cesta?” chiese Katniss mentre un sospetto si faceva strada nella sua
mente..
La piccola Prim si
affrettò a dare una spiegazione.
“Katniss è passato qui
un tuo amico, un giovane ragazzo che ti conosce, e mi ha detto che mi avrebbe aiutato
a portare la cesta con le pelli e i formaggi al banco dove li avremmo
venduti….”
Le parole morirono
nella gola della piccola che ora con degli occhi dolci e spaventati non dava
più spiegazioni, cercava solo più un cenno di conferma e di approvazione negli
occhi di Katniss.
“Prim guardami: quando
è successo, com’era quel ragazzo?” le chiese Katniss velocemente.
“Proprio un minuto fa,
è andato da quella parte…è un ragazzo con un giaccone pesante e un cappello di
lana…”
Katniss si voltò
immediatamente e mosse qualche passo nella direzione indicata da Prim…prima di
rendersi conto che in quella ressa la loro preziosa cesta di formaggi e pelli
era stata rubata. I negozianti intorno non avevano notato nulla salvo i
numerosi stranieri destinati al lavoro nelle miniere e giunti con il treno del
mattino nel Distretto 12. L’uomo visto da Prim era sparito nel nulla.
Quando tornò a voltarsi
verso la sorellina non vide altro che un volto carico di innocenza tradita…si
chinò verso di lei e la prese tra le braccia come per nasconderle la vista di
quel luogo che aveva approfittato crudelmente di una bambina povera. Prim ormai
aveva capito in tutta la sua grandezza il raggiro di cui era stata vittima e
piangeva di una disperazione più grande di lei. Katniss subito provò ira non
verso Prim ma verso quel maledetto che le aveva derubate e poi si rese conto
che ora era Prim ad aver bisogno di aiuto. Anche lei per un istante stette per
piangere ma ricacciò indietro le lacrime con rabbia: a lei non era permesso
manifestare il dolore, di fronte a Prim doveva essere forte. La accarezzo
dolcemente e le disse che la colpa di tutto era solo sua e che non avrebbe
dovuto lasciarla sola un istante in quel covo di ladri. Non voleva inoltre che
restasse troppo segnata dall’errore commesso, presto Prim sarebbe stata grande
abbastanza per mettere la sua vita a rischio ogni anno nella Mietitura e dunque
avrebbe dovuto imparare a convivere anche con la dura realtà del mercato
clandestino. Nella sorellina rivedeva la bimba spaventata che era stata lei
solo pochi anni fa, prima che la disgrazia in miniera le portasse via per
sempre il suo papà. Lei almeno aveva potuto imparare dal padre come muoversi in
quell’ambiente mentre Prim non aveva avuto occasioni per imparare ad evitare
quelle ingenuità.
“Coraggio Prim, andiamo
verso casa…qui ormai non abbiamo più nulla da fare” propose Katniss alla
sorella ancora molto scossa.
“Katniss come faremo
con le cose per l’inverno che dovevamo comprare? Sapessi come mi dispiace per
il guaio che ho combinato…” disse sommessamente Prim.
“Ce la faremo lo stesso
Prim, andrò di nuovo a caccia e vedrai che potremo comprare tutto ciò di cui
avremo bisogno…tu farai altro formaggio con il latte della tua capretta e tutto
andrà bene, vedrai…” le rispose Katniss.
Mentre ancora parlava
la sua mente corse al maglioncino di lana del quale avrebbero avuto bisogno,
Prim per andare a scuola e lei per uscire a caccia. Pazienza, lei avrebbe usato
per la caccia qualche vecchissimo maglione della madre troppo bucato da portare
a scuola ma per Prim…
Prese poi Prim per mano
e tornando verso il Giacimento, la periferia della città dove abitavano, spiegò
a Prim alcune regole di base per trattare con la gente non certo tenera del
mercato clandestino. Giunsero a casa a metà pomeriggio, la loro madre non era lì
ma ad aiutare le vicine con il bucato e la pulizia della casa cosa che le
fruttava qualche spicciolo, sempre che la depressione non la mettesse in condizioni di non poter
svolgere tali attività. Katniss lasciò Prim a curare un po’ l’orto e usci oltre
la recinzione, non a caccia perché la gamba le faceva ancora male ma a vedere
se le trappole per conigli e le volpi avevano portato qualche risultato. Non
amava molto quel tipo di caccia, da ottima tiratrice con l'arco che era preferiva
l’appostamento e il colpire la preda. Non era altrettanto brava con le trappole
ma conosceva la tecnica e le permetteva di portare a casa qualche cosa. Quel
giorno poche delle trappole avevano funzionato a dovere, la maggior parte erano
vuote o con l’esca mangiata dall’animale senza averlo catturato. Ridispose le
trappole e portò a casa un coniglio ed una giovane volpe, pagata bene per la
sua pelle. Verso sera calò la nebbia sulle colline intorno e al tramonto del
sole la temperatura scese bruscamente. Nel tornare a casa raccolse anche
qualche mela selvatica, almeno per quel giorno la cena era assicurata. La sera
Prim aveva preparato la tavola e cucinato qualche patata molto bene anche
perché si sentiva ancora in colpa per i fatti della giornata e con il coniglio
e le mele selvatiche anche Katniss sentì comunque la gioia e un po’ di calore nella
loro povera casa dove solo la cucina e il salottino con il camino erano
riscaldati. Dopo la cena lei e Prim salirono nella loro cameretta al piano
superiore, Prim finì i suoi compiti mentre Katniss cercava di porre rimedio
agli spifferi di aria gelida provenienti da fuori. Andarono a dormire presto,
solo sotto le coperte il freddo era tollerabile. Quel momento della giornata
era l’unico istante che Katniss ritagliava per se stessa e per un istante solo
ritornava una ragazza di poco più di 15 anni con i suoi piccoli sogni troppe
volte ridotti al silenzio dalle responsabilità verso la sua famiglia. Il sogno
di una esistenza diversa, nonostante tutto, continuava ad abitare nel suo
cuore, forse un giorno sarebbe riuscita ad avere una vita che valesse la pena
di essere vissuta. Doveva solo tenere duro e cercare di restare viva, nel senso
vero e proprio del termine sopravvivendo alle Mietiture che anno dopo anno le
creavano un senso di disgusto profondo e impedendosi di perdere quella luce
interiore che animava i suoi occhi grigio azzurri. Fu riportata alla realtà
dalla voce di Prim, sepolta sotto le coperte del suo letto.
“Kat….ho tanto
freddo…posso dormire con te per stanotte?”
“Certo
tesoro, vieni qui con me…” la invitò Katniss.
“ Mi vuoi ancora bene
dopo i guai che ho combinato oggi…” disse Prim con un groppo di dolore in gola.
“Certo che te ne voglio
Prim, lo sai che sei la cosa più importante della mia vita, se non avessi te
non avrei altro….” rispose piano Katniss.
La piccola si alzò dal
suo lettino ed entrò in quello di Katniss che le accarezzò il viso delicato e i
bei capelli biondi del colore del grano. Si addormentarono così, dolcemente,
una tra le braccia dell’altra, due uccelline che potevano finalmente godere del
tepore dello stesso nido.
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Capitolo 2 *** Lezioni di Vita ***
AutunnoCap2
Il mattino dopo
nonostante il freddo la giornata era molto luminosa e il cielo azzurro senza
l’ombra di una nuvola rendeva un poco meno evidente la nera polvere di carbone
denominatore comune del Distretto 12. Prim appariva più serena e Katniss
camminava piano dietro di lei dopo essere passata sotto la casa di Madge
Undersee. Katniss le raccontò del guaio che avevano avuto il giorno prima al
mercato e di cominciare a nutrire un po’ di preoccupazione per l’inverno che si
stava avvicinando a grandi passi. La bella giornata di sole portò però presto
la discussione sul programma della mattinata che le attendeva a scuola. Katniss
temeva che sarebbe stata nei guai, sia a causa dell’ultima verifica di storia
non certo andata benissimo sia a causa del fatto che anche il giorno prima non
aveva certo avuto il tempo di recuperare le lacune nella sua preparazione dedicando
tempo allo studio. Caccia e studio sono due cose che richiedono parecchio tempo
e Katniss non aveva dubbi su ciò che doveva
fare, cosa che le permetteva di mettere qualcosa sulla tavola quando era ora di
mangiare. Arrivarono alla scuola dove Prim si allontanò per raggiungere la sua
classe mentre Madge e Katniss entravano nella loro. Si sedette al suo solito
posto, vicino alla finestra dove le sembrava che le mancasse meno l’aria nelle
interminabili ore passate là dentro e un po’ verso il fondo perché lei non
amava mettersi in mostra di fronte agli altri ragazzi e ragazze, specie quelli
del centro della città che guardavano con aria di sufficiente superiorità chi
come lei proveniva dalla zona del Giacimento. Nell’attesa dell’insegnante si
perse con lo sguardo fuori dalla finestra, poteva vedere la radura davanti alla
scuola con gli alberi di quercia sotto i quali amava pranzare durante la
primavera e più lontana, sullo sfondo la piccola cappella di campagna con il
campanile, unico edificio di culto del Distretto. La religione era tollerata
dal governo a patto che non osasse interferire con le scelte della potente
Capitol City. Katniss era credente ma non amava le funzioni nella cappella,
aveva troppi ricordi tristi legati a quel luogo…dal funerale del suo papà del
quale era rimasto ben poco da seppellire fino alle due funzioni che a lei
facevano più male: i funerali dei due tributi del Distretto 12 alla fine degli
Hunger Games di ogni anno. Aveva smesso di andarci per la grande pena che
sentiva dentro, rivedeva le povere bare bianche o di legno chiaro coperte di
fiori di campo che ogni famiglia sceglieva per dare l’ultimo addio ai loro figli e risentiva
l’organo che con la sua voce dalla maestà infinita li accompagnava nel loro
ultimo viaggio fino alle porte del piccolo cimitero dietro alla chiesa dove
avrebbero trovato riposo in eterno. Spesso Katniss non li conosceva se non di
vista ma comunque preferiva ricordarli come erano quando in classe con lei
insieme guardavano alla vita.
“Katniss Everdeen!”
Il suo nome quasi
gridato la riportò d’improvviso in classe dove era arrivata l’insegnante che a
quanto pare osservava già da qualche
tempo il suo sguardo perso nel vuoto. L’abituale contorno di commenti
sarcastici e sghignazzi da parte dei compagni di classe dette quasi fastidio a
Katniss che si chiese perché non potevano farsi gli affari loro…
“Si Mrs. Perino?”
rispose Katniss alzandosi in piedi dopo un tempo che le parve eterno.
“Signorina Everdeen,
penso che non serva ricordarle quanto scadente è il suo rendimento scolastico
nelle ultime settimane…” chiosò la docente, rendendo di fatto pubblico a tutta
la classe che Katniss a scuola era in difficoltà.
“…e questa non fa
eccezione…” aggiunse l’insegnante sventolando la sua verifica di storia chiazzata da segni di
penna rossa e valutata con una severa F. Dalla classe si alzarono ancora
sogghigni e sorrisi di compatimento. Katniss restò impassibile, gli occhi
grigio azzurri freddi come ghiaccio per non dar loro soddisfazione.
“Se continua così
signorina Everdeen sarò costretta dalle regole di questo Distretto e di tutta
la nazione di Panem a punirla severamente…”
Katniss era
pietrificata, sapeva bene cosa intendeva la docente. Le punizioni corporali
erano impartite dagli stessi docenti agli studenti dal rendimento più scarso, a
lei non erano quasi mai toccate o solo in forma minore perché fino a quel
momento aveva dedicato alla scuola il tempo minimo necessario per evitarle. Ma
questo era un periodo difficile….
Dopo averne ricevuto il
permesso Katniss si sedette e stette ancora nel suo banco con lo sguardo
assente. Se Katniss ebbe dei guai quella mattina il resto della classe non fu
trattato meno duramente di lei e questo le permise, mal comune mezzo gaudio, di
osare almeno alzare gli occhi verso il resto della classe al termine delle
lezioni e mentre insieme a Madge aspettava Prim per tornare a casa.
“Quella strega di Mrs.
Perino…” esordì Madge….
“In fondo ha ragione,
sto facendo davvero pena in questo periodo…non ho tempo per studiare, non ho
tempo per me…” rispose fissando altrove Katniss.
Prim interruppe il suo
ripensare alla brutta mattinata.
“Ciao paperella…tutto
bene oggi a scuola?” chiese Katniss abbozzando un sorriso.
“Tutto bene Kat, la
maestra dice che sono molto intelligente…” cinguettò Prim.
“Lo sapevo che eri
brava…almeno una in famiglia…” la lodò Katniss rivolgendo a Madge uno sguardo
che le chiedeva senza parole di non accennare ai suoi guai a scuola.
MAdge lo colse al volo
e per strada non fecero cenno alcuno alle loro vicissitudini scolastiche. L’unica
nota positiva della giornata era la sua caviglia che giorno dopo giorno
migliorava, presto sarebbe tornata a cacciare come prima.
Nel pomeriggio Katniss
dedicò un’oretta allo studio non certo in virtù della sgridata subita ma perché
nel tempo aveva imparato a non dare mai nell’occhio, a non fornire mai motivo
di essere scelta come bersaglio in mezzo al gruppo…l’ultima cosa di cui aveva
bisogno ora era, oltre alla responsabilità di essere la capo famiglia, una
insegnante che la prendesse di mira mettendola in guai peggiori. Dopo aver
salutato Prim che si occupava dei lavoretti di casa si incamminò verso il
mercato nero dove portò la pelliccia di volpe e la pelle del coniglio
catturato. La volpe fu ben pagata e Katniss accolse con sollievo la possibilità
di pagare il pranzo a Prim per qualche giorno. La pelle di coniglio fruttò un
sacchetto di farina e un panetto di burro.
Scavalcò poi la recinzione e si diresse verso
le trappole. Non essendo però lontana dal luogo dove il suo arco da caccia e la
faretra erano nascosti scelse di passare a prenderli con se. Decise di portarli
più per prudenza che per necessità in quanto la sua caviglia in miglioramento
non permetteva ancora una vera e propria battuta di caccia.
Cinse anche il coltello
custodito insieme alla faretra e andò verso le trappole. Le prime due trappole
avevano catturato due conigli e Katniss ne fu lieta, oggi sarebbe tornata a
casa in tempo per la cena e con il carniere pieno. Tutto procedette molto bene
anzi, il bottino crebbe ancora fino all’ultima trappola. Era mesa ai piedi di
un albero, mascherata dalle foglie secche ai bordi di una radura. La prima cosa
che colpì Katniss fu il silenzio, nessun rumore di uccelli o altri
animali…avvicinandosi vide poi il sangue. Nella trappo non c’era la preda ma
c’era sangue e pelo tutto intorno e poco lontano anche la testa del coniglio
sbranato. Katniss si abbasso istintivamente ed estrasse una freccia dalla
faretra. Si mosse molto lentamente fino a vedere oltre l’albero. Quello che le
apparve le gelò il sangue nelle vene e il cuore letteralmente le sobbalzò in
petto…un grande orso nero era a pochi metri da lei tra gli alberi. Si appiattì
velocemente contro l’albero più vicino e per un attimo l’ironia della situazione
la fece sorridere…era venuta a caccia e si era in un istante trasformata in una
potenziale preda. Se l’orso l’avesse attaccata sarebbe stata la fine, poco o
nulla avrebbe potuto fare con il suo arco a quel bestione alto oltre 3 metri.
Avrebbe fatto la fine del coniglio nella trappola… Cercò di scacciare dalla
mente quel pensiero raccapricciante e di soppiatto cercò di vedere l’orso per
poter decidere cosa fare. Il grande mammifero stava fiutando l’aria alzandosi
sulle zampe posteriori, ormai aveva sicuramente percepito il suo odore…se
l’animale fosse stato affamato anche la fuga sarebbe stata impossibile.
“Dannazione, quanto è
difficile arrivare a 16 anni in questo posto…” pensò preparandosi ad una ultima
disperata difesa. In caso di attacco Katniss si augurò di essere uccisa
rapidamente, le avrebbe almeno evitato una lunga agonia e il vedere il suo
corpicino fatto a pezzi dall’animale. Il grande orso mosse qualche passo
svogliato nella sua direzione come incerto sul da farsi, doveva aver mangiato
da poco o Katniss sarebbe già stata attaccata. Vide poco lontano da lei un pino
i cui rami più bassi formavano quasi una scaletta verso la cima
dell’albero…erano solo pochi metri ma un orso può correre velocemente se pensa
di aver a tiro una preda che lo incuriosisce. Katniss ricordò improvvisamente i
conigli che aveva nel carniere e un barlume di speranza ritornò in lei.
Estrasse una carcassa e la lanciò pochi passi dietro all’orso che attratto
dall’oggetto in movimento si precipitò sul coniglio. Nello stesso istante in
cui Katniss sentì il rumore delle ossa stritolate dal morso della belva scatto
verso il pino con tutta la velocità di
cui era capace e balzò sul tronco e alla prima fila di rami che resse il suo
peso. Guadagnò agilmente un altro paio di metri salendo sull’albero e cercò di
porre tra se e l’orso il maggior spazio possibile. Attirato dal rumore che fece
quando scattò verso il pino il plantigrado partì all’inseguimento ma Katniss
era ormai a 4 o 5 metri di altezza e fuori dalla portata del predatore.
Indispettito l’orso aspettò alla base dell’albero e Katniss prese fiato
sedendosi sul ramo sui cui prima era in piedi. Katniss osservò l’orso con una
certa preoccupazione e si augurò che l’animale non fosse paziente per aspettare
la sua discesa dal pino. Pensò di colpirlo con una freccia ma si rese conto che
l’animale ferito sarebbe stato ancora più pericoloso e certamente non avrebbe
lasciato la base dell’albero dunque
abbandonò il suo proposito. Non restò che aspettare…Katniss ingannò il tempo
intagliando un rametto di pino con il coltello da caccia e sperò che l’orso
lasciasse il campo libero prima di notte. Provò anche a distrarlo lanciando
lontano altre carcasse di coniglio ma l’orso restò nelle vicinanze dell’albero.
Il sole stava per tramontare quando l’orso evidentemente stanco di attendere
corse via lungo la radura in cerca di prede più facili. Katniss aspettò ancora
una quarantina di minuti sul pino e non vedendo più traccia del predatore scese
dall’albero. La notte stava ormai calando e la bella giornata del mattino
cedette il passo ad una fitta coltre di nubi gravide di pioggia fredda. Nascose
le armi da caccia e tornò a casa con ciò che le rimaneva nel carniere e la
gioia di essere ancora viva dopo quella brutta avventura nei boschi.
Avvicinandosi alla recinzione elettrificata ebbe un’altra sgradita sorpresa. La
recinzione non era silenziosa come era di solito ma emetteva un sordo ronzio
che la mise in allarme. Stranamente il Distretto 12 aveva la corrente elettrica
e la recinzione l’avrebbe uccisa in un istante se lei l’avesse toccata per
attraversarla. Katniss imprecò a bassa voce, la sua giornata non era ancora
finita. Si chiese per quale ragione il Distretto avesse ricevuto il privilegio
di un po’ di corrente elettrica in quelle ore serali, cosa che avveniva di
solito quando era il tempo degli Hunger Games e tutti i vecchi apparecchi
televisivi del Distretto dovevano per ordine del Governo di Capitol City essere
sintonizzati su quello spettacolo di morte. Dal cielo cominciò a cadere fitta
la pioggia e Katniss fu presto bagnata come un pulcino nonostante il giaccone
impermeabile e gli anfibi in pelle. L’acqua le scorse lungo la schiena e le
diede brividi di freddo intenso, che la fecero tremare. Si guardò intorno ma
non vide alcun tipo di riparo che potesse esserle utile per proteggersi dalla
pioggia allora si sedette su una roccia vicino alla recinzione e pensò con
nostalgia al fuoco nel camino di casa che certamente Prim a quell’ora aveva già
acceso… Andò al vicino albero di mele selvatiche e ne assaggiò una ma era
talmente inzuppata d’acqua che le provocò un senso di nausea. Se solo avesse
potuto far sapere a Prim come mai non era ancora a casa, lei e la madre
sarebbero state molto preoccupate non vedendola rientrare. Dopo circa 2 ore il
ronzio nella recinzione elettrica cessò improvvisamente, era facile udirlo
nella notte. Katniss lanciò un sasso contro il filo spinato ma non vi fu segno
alcuno di scintille o evidenza di corrente elettrica nella barriera. Si fece
coraggio e passò oltre la recinzione e corse verso casa. Quando finalmente
arrivò Prim le saltò al collo riempiendola di domande ma Katniss, come spesso
faceva, fu evasiva. Raccontò dell’incontro con l’orso in modo che la piccola
non si spaventasse troppo e parlò di come era stata bloccata oltre la
recinzione elettrificata. Arrivò a casa solo con i brividi per il freddo e si
concesse ancora, prima di mangiare qualcosa, un bagno caldo utilizzando l’acqua
del grosso bollitore della stufa in cucina. Non aveva ancora 16 anni ma si
sentiva già così stanca… Quando salì in camera Prim era già a letto e anche lei
si mise in fretta sotto le coperte purtroppo ancora fredde. Fuori la pioggia
continuava a cadere fitta. Si addormentò quasi subito in un sonno agitato in
cui si sentiva inseguita nel bosco, piccola preda senza possibilità di fuga. La
voce di Prim la svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Lottando contro
il sonno che rendeva lenti i suoi riflessi Katniss ascoltò Prim.
“Katniss ho sentito i
fantasmi…” le disse incerta Prim
“Tesoro, avrai fatto un
brutto sogno…” rispose Katniss posando di nuovo la testa sul cuscino.
“No Kat, ci sono
davvero i fantasmi senti ci sono dei rumori in giardino…” spiegò Prim. Stava
ancora dicendo così che Katniss sentì un crepitio sinistro, di legno spezzato.
Si tirò su a sedere sul letto e rimase ancora in ascolto, i suoi sensi affinati
da lunghi anni di pratica della caccia. Rumore di pioggia fitta ma anche
scricchiolio di legno schiantato.
“Prim, resta in casa
qualsiasi cosa succeda la fuori… va bene?” ordinò Katniss mentre saltava fuori
dal letto e si metteva qualcosa indosso per capire l’origine di quei rumori che
anziché perdersi nella notte diventavano sempre più violenti.
“Ma che cosa sta
succedendo….” penso silenziosamente per non allarmare ulteriormente Prim.
Ladri? Non era cosa comune nel Distretto e poi la loro era una famiglia povera
non avevano nulla che valesse la pena di prendere….forse la loro capretta?
Katniss si precipitò per le scale e vide sulla porta della sua camera anche sua
madre, allarmata dal trambusto udito anche da lei nel cuore della notte.
Katniss calzò senza legarli gli anfibi in pelle e uscì in pantaloni e
maglioncino nel piccolo portico davanti alla loro casa. Pioveva ancora e la
notte era nera e senza luna. Mentre lei aveva indossato qualcosa Prim accese la
lanterna a petrolio e la passo alla sorella. I rumori, sempre più intensi, provenivano non dalla casa ma dalla zona
dell’orto, poco oltre il cortile della loro casa. Katniss capì e si lanciò verso
il capanno degli attrezzi da dove uscì con il forcone in mano. Con quell’arma
improvvisata e la lanterna corse verso l’orto. Lo spettacolo che vide la lasciò
senza forze tanto era intenso l’orrore e la delusione di quel momento. La
recinzione dell’orto era spezzata in più punti e un branco di cinghiali, adulti
e più giovani stavano facendo scempio dell’orto che Prim aveva curato con tanto
affetto.
L’orto prima ordinato
era ora completamente devastato e la terra era stata rivoltata dagli animali
per mangiare anche le verdure che crescevano sotto terra. Katniss scagliò in un
gesto d’ira il forcone verso di loro che la degnarono appena di uno sguardo.
Provò l’impulso di scagliarsi con tutta la sua rabbia contro i cinghiali ma
prevalse la parte razionale che era in lei, non aveva nessuna possibilità di
scacciare a mani nude un branco di cinghiali adulti. Corse comunque verso
l’orto con la lanterna sperando che la luce nella notte li distraesse o almeno
rallentasse lo scempio che stavano compiendo. Le bestie, orma sazie, come
rispondendo ad un comando preciso si allontanarono insieme sfondando ancora lo
steccato di legno che delimitava l’orto.
Katniss tornò in casa
bagnata e impassibile, ma stava così male dentro, di fuori il suo sembrava
coraggio, di dentro il suo cuore era spezzato. Anche Prim l’aveva raggiunta
prima in giardino e anche lei alla luce della lanterna aveva visto i frutti del
suo lavoro cancellati in una sola ora di una fredda notte d’autunno. Prim
piangeva piano senza lamentarsi ad alta voce, del dolore dolce e muto dei
bambini. Quando Katniss la strinse a se nel salottino freddo restò lì,
stupefatta dal dispiacere e dalla delusione.
“Coraggio piccola,
stanotte è andata male ma speriamo che domattina alla luce del sole i danni
siano un po’ meno gravi di quello che sembravano adesso al buio…” le disse
Katniss. La madre le osservava entrambe ma con lo sguardo assente di chi non si
era reso conto dell’accaduto.
Katniss trascorse il
resto della notte senza chiudere occhio, si sentiva tradita dalla durezza della
vita che le aveva poste di fronte a questa nuova prova. Sapeva che Prim era
sveglia, la sentiva gemere piano ma non le disse nulla, anche lei non ne aveva più
la forza. Eppure era per lei che doveva resistere e farsi vedere forte o Prim
si sarebbe sentita ancora peggio. Questa volta anche la sicurezza del loro
focolare era stata attaccata e Katniss aveva dentro una pena incontenibile.
L’arrivo del mattino fu per lei una grazia, per lo meno poteva vedere con la
luce cosa si poteva salvare. Il cielo rimaneva coperto ma non pioveva più. I
danni che videro nella notte alla luce della lanterna erano assai gravi anche alla
luce del giorno. Il granoturco era stato abbattuto e gran parte delle
pannocchie divorate, anche gli altri ortaggi erano stati sradicati e il terreno
rivoltato dal branco di cinghiali. Dovevano essere entrati durante la notte dai
varchi nella recinzione elettrificata, forse dove Katniss aveva notato le
impronte di animali selvatici. Anche se Katniss avesse avuto con se l’arco
avrebbe potuto fare poco da sola contro un’intera mandria di animali adulti.
Katniss parlò pochissimo quella mattina, aveva in gola un’angoscia che non
voleva saperne di lasciarla. Anche Prim era così spaventata e continuava a
chiederle:
“E adesso come facciamo
Katniss?”
Istintivamente Katniss
le avrebbe voluto gridare che non aveva la più pallida idea di cosa fare ora e
che la loro stessa vita sarebbe stata a rischio nella stagione più fredda.
Ma non lo fece, la
piccola non aveva alcuna colpa di quello che era successo. Respirò
profondamente cacciando le lacrime che le salivano agli occhi e mentì anche e
prima di tutto a se stessa.
“Ce la faremo
ugualmente Prim, venderemo i resti delle verdure o li mangeremo noi e poi andrò
a caccia tutti i giorni fino a che prenderò qualche cosa di grosso, Gale mi
aiuterà, vedrai, ce la faremo anche questa volta” disse Katniss…non sapeva
nemmeno più lei cosa dirle e cosa ne sarebbe stato di loro.
Guardando davanti a se
Katniss vedeva un inverno durissimo, con poco da mangiare, freddo a causa dei
vestiti pesanti che loro due non avevano. Anche la caccia sarebbe stata
difficile e pericolosa se nei boschi iniziavano a girare grandi predatori come
orsi o, più pericolosi ancora in inverno, branchi di lupi. Katniss si giurò che
avrebbe fatto qualsiasi cosa per non far mancare nulla a Prim anche se avesse
dovuto andare a mendicare come aveva fatto quando aveva più o meno l’età di
Prim ed aveva ricevuto in dono quel pezzetto di pane bruciato da Peeta Mellark,
il figlio del fornaio del paese che aveva salvato loro la vita proprio quando
Katniss stava per morire di fame nel giardinetto del retrobottega della
panetteria. Katniss si sentiva ancora in debito con quel ragazzo che sfidando
l’ira della madre, che l’avrebbe lasciata lì a morire preferendo nutrire i
maiali, le dette la forza di alzarsi da terra ancora una volta. Un giorno,
Katniss non sapeva in che modo, avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con lui.
Dopo aver raccolto il meglio possibile ciò che era scampato alla fame dei
cinghiali Katniss e Prim si recarono a scuola. Per la strada Katniss raccontò a
Madge ciò che era capitato nella notte mentre Prim camminava più avanti con
Rory, la sorellina di Gale.
“Sono nei guai Madge,
grossi guai…se non succede un vero miracolo quest’inverno sarà la fine per noi,
non abbiamo più nulla e ogni cosa si rivolta contro di noi in questo periodo…e
se arriviamo vive alla fine della brutta stagione dovremo affrontare ancora
un’altra Mietitura…” raccontava Katniss.
Madge taceva, comprese
la gravità della situazione ma non poteva fare nulla se non ascoltare l’amica.
Katniss pensò di sottoscrivere tutte le tessere governative a suo nome che
poteva per superare la stagione fredda con gli aiuti del Governo, in cambio
della sua vita a giugno in quanto le probabilità di essere estratta come
tributo sarebbero state altissime. E poi cosa sarebbe successo dopo la sua
morte? Prim avrebbe avuto solo 12 anni, come sarebbe sopravvissuta fino a poter
essere indipendente? Con il cuore carico di dubbi entrò anche quel giorno in
classe e udì altri ragazzi che vivevano non lontano da lei parlare a proposito
dei cinghiali che avevano fatto scempio di molti raccolti oltre al loro. I
cinghiali furono abbattuti quello stesso giorno non lontano dal Villaggio dei
Vittoriosi, area residenziale quasi disabitata ad eccezion fatta per l’unico vincitore
degli Hunger Games del Distretto 12, Haymitch Abernathy. Katniss seguì ancora
le lezioni con sempre maggiore distacco, ora la mattina doveva pianificare nel
dettaglio le attività di caccia del pomeriggio e dei week end, nella speranza
di cacciare qualcosa di abbastanza grande da poter essere venduto bene. Per il
momento la scuola non era altro che l’ultimo dei suoi problemi. Fortunatamente
l’insegnante questa volta aveva altro a cui pensare e non badò allo sguardo di
Katniss sempre più triste e distaccato dalla vita.
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Capitolo 3 *** Le Nubi del Cuore ***
AutunnoCap3
Nel pomeriggio Prim si
mise a lavorare sulle rovine del suo orticello mentre Katniss si preparò
velocemente per andare a caccia, ora ne avevano più bisogno che mai. Il cielo
carico di nebbie autunnali diventò ancora più cupo e Katniss uscendo rabbrividì
per il freddo. Quella sera contavano su qualche rimasuglio ricavato dalle
verdure dell’orto e sulla sua abilità e fortuna nel cacciare. Uscì in fretta
dalla recinzione ma appena recuperate le sue armi fu costretta ad una pausa
forzata dall’apparizione improvvisa di un Hovercraft dei Pacificatori. Questi
velivoli governativi , droni con o senza pilota erano usati per la sorveglianza
delle zone oltre i confini di distretto ove spesso si nascondevano frange di
rivoltosi contro il governo centrale. Erano macchine insidiose, facevano poco
rumore e apparivano all’improvviso. Sfortunatamente spaventavano la selvaggina,
dotata di sensi ben più fini di quelli umani. Katniss aveva notato negli ultimi
tempi un intensificarsi delle attività di sorveglianza dei droni sul loro
Distretto, probabilmente in seguito a segnalazioni di bande di rivoltosi
accampate nella zona. Katniss nei boschi non era solita incontrare nessuno
salvo Gale e i pochi altri cacciatori come loro che nel Distretto erano
costretti dalla necessità a procurarsi il cibo nei boschi. Katniss camminò a
lungo quel giorno, fortunatamente la sua caviglia era quasi completamente
guarita e nel suo vagare nei boschi piazzò numerose trappole. Prede di grandi
dimensioni però non ne vide. Verso sera cominciò a piovere nuovamente, in modo
insistente, tanto che il freddo e la fame la spinsero infine verso casa, con un
carniere molto magro. Portò a casa qualche mela che quella sera concluse il
loro povero pasto. I giorni successivi furono ancora più difficili. Non smise
mai di piovere e Katniss arrivava a casa così bagnata e tremante che si chiese
per quanto tempo sarebbe riuscita a cacciare. A dispetto di tanto impegno la
selvaggina, disturbata dalle incursioni frequenti dei droni Pacificatori e dal
letargo naturale ormai imminente sembrava essere scomparsa, tutto era fango ed
acqua, foglie marce ed ingiallite e freddo sempre più pungente. I suoi bottini
erano così miseri, bastavano appena per comprare qualcosa per Prim e per mamma,
per lei c’era solo il senso di vuoto che giorno dopo giorno cresceva e
offuscava i suoi sensi. A volte aveva tanta fame da avere la vista annebbiata e
tirare con l’arco ai piccoli volatili era difficile, con prede così veloci e
così ridotte in numero. La cosa peggiore era poi quando perdeva nel bosco la
freccia scagliata a vuoto, in quel momento non poteva permettersi di spendere
per comprarne altre. A casa nascose le sue preoccupazioni sempre anche quando
vedere Prim mangiare le provocava crampi allo stomaco. L’importante era che
alla piccola non mancasse almeno il minimo. E fuori la pioggia continuava a
cadere, incessante. Ormai arrivava così bagnata a casa che i vestiti messi ad
asciugare vicino alla stufa non erano pronti per il giorno dopo perciò lei
continuava ad indossare sempre abiti bagnati. A scuola faceva finta di non
sentire i commenti acidi e le risatine dei compagni di classe residenti in
città a proposito dei suoi vestiti sempre umidi che colavano acqua. Rispetto
alla sua le loro famiglie erano non certo benestanti…ma neppure sapevano ciò
che voleva dire mangiare solo un paio di mele in tutta la giornata. Scuola,
caccia, fame, freddo queste erano le cose con le quali Katniss aveva a che fare
tutti i giorni. L’assenza di prede importanti continuava, le trappole restavano
vuote e Katniss si malediceva per non essere abbastanza brava da essere in
grado di procurare il sostentamento alla sua famiglia. Nonostante i suoi sforzi
anche a Prim stava cominciando a mancare il cibo ma la piccola capiva ciò che
sua sorella stava facendo per lei e non osava chiedere nulla in più per se. Per
Katniss vederla tirata in volto era una pena che si aggiungeva alle sue
sofferenze fisiche e poco a poco stava togliendo luce ai suoi occhi grigio
azzurri. Katniss era ormai pelle e ossa e si chiese fino a quando il suo corpo
avrebbe resistito a quella tortura prima di arrendersi. Stava diventando di
giorno in giorno più debole per cacciare e sempre più stanca, se non fosse
stato per Prim forse si sarebbe già arresa. Una sera, sotto una pioggia gelida e intensa
non poté più sopportare il senso di sconfitta che le dava il tornare a casa a
mani vuote e il pensiero degli occhi muti e imploranti della sorellina la
spinse contro la sua volontà verso la città. Lei stessa non sapeva bene in
cerca di cosa…il furto era un reato punito con la morte ma lei a questo non
sarebbe ricorsa mai., anche nella sua povertà era una ragazza onesta. Era tardo
pomeriggio e lei approfittò del calare delle tenebre in quella piovosa serata
per cercare qualcosa di commestibile nei cestini dei rifiuti. Se ne vergognava
ma la vita di Prim valeva per lei più della sua stessa vita. Le parve di
rivivere quella sera di molti anni prima in cui lei e la sua famiglia stavano
come ora per morire di fame. Allora era stata salvata dal figlio del fornaio,
oggi non pensava certo che avrebbe avuto altrettanta fortuna. Il giro dei
cestini fu senza successo, riuscì solo a farsi assestare un calcio dal
fruttivendolo giunto improvvisamente dietro di lei mentre cercava qualche resto
di ortaggio nel cassonetto. Quel colpo fece più male alla sua anima che al suo
corpo. Nella pioggia e al buio non la riconobbe di certo e il droghiere le
gridò contro qualcosa minacciando di chiamare i Pacificatori. Katniss pensò per
un istante di attenderli proprio i Pacificatori e lasciare che portassero a
termine il loro lavoro con la tipica efficienza e brutalità…ma sarebbe stata
una morte infamante e dolorosa, allora si allontanò per non dare a Prim anche
questo dolore. A sera ormai inoltrata Katniss era così stremata da essere
obbligata a fermarsi qualche minuto prima di tornare verso il Giacimento. Si
fermò sotto il portico del negozietto di sementi per ripararsi qualche istante
dalla pioggia. Il negozio era già chiuso ma dentro dove qualcuno stava ancora
lavorando, c’era ancora luce nel retrobottega. Si sedette sugli scalini del
portico quando sentì dietro di lei aprirsi la porta. Ebbe l’impulso di fuggire
ma era troppo stanca per farlo. Era in trappola, troppo debole per correre via.
Katniss si voltò
lentamente, con il viso grondante acqua, per conoscere quale sarebbe stato il
suo destino e vide stupita che si trattava di una vecchia signora che lei
conosceva bene. Vendeva i suoi prodotti anche al mercato nero e Katniss in
tempi migliori aveva acquistato da lei le sementi per l’orticello di Prim. Prima
che lei potesse mettersi sulla difensiva l’anziana signora le rivolse un
sorriso e le disse:
“Guarda chi si vede…la
nostra giovane cacciatrice…” Non c’era ira o allarme nella sua voce e questo
tranquillizzò un pochino Katniss che si era preparata un’altra volta a combattere.
Katniss la guardò a sua volta e il suo tono sereno le fecero abbozzare un
sorriso triste che si spense quasi subito nel freddo della sera.
“Me ne vado subito,
solo un minuto di riposo e me ne vado, per favore non mi faccia del male…”
disse Katniss in fretta, temendo che anche l’anziana l’avrebbe cacciata come
tutti gli altri negozianti.
“Fino a che non mi
consumi i gradini puoi anche restare…che fai in giro con questo tempaccio?” chiese
la signora.
Katniss non rispose ma
la guardò con occhi tristi, gli occhi di una ragazza da troppo tempo affamata. La
vecchia intuì le parole che Katniss non ebbe il coraggio di pronunciare. Non
voleva umiliarla e farle della carità che lei non avrebbe voluto accettare.
“Katniss, aspettami un attimo qui cara… ” le disse
la negoziante.
Katniss non sapeva che
fare, solo non ce la faceva più a scappare ancora… poi decise che in fondo non
aveva nulla da perdere, se la negoziante avesse voluto farle del male avrebbe
già chiamato i Pacificatori e lei sarebbe già stata portata al Palazzo di
Giustizia…o uccisa per strada se le cose prendevano la piega sbagliata.
La vecchia tornò con un
sacchetto di patate che Katniss guardò come la cosa più preziosa al mondo.
“Non è molto cara…ma
prendile, io sono sola mentre tu hai una famiglia da mantenere… conoscevo bene
tuo padre…” le disse la vecchia porgendole il sacchetto.
“Signora…lo sa che non
me le posso permettere…” tentò di schermirsi Katniss.
Le fece quel dono con
un sorriso sdentato e buono e Katniss percepì in qualche modo come quella
vecchia signora avesse stimato e voluto bene a suo padre, se ne era andato
troppo presto e a Katniss mancava molto.
Dopo aver ringraziato
la vecchia per quel dono di vita Katniss tornò a casa con il suo piccolo tesoro
sotto il diluvio, non era meno stanca o infreddolita di prima ma almeno aveva ricevuto
qualcosa per il bene dei suoi cari.
Nonostante la fame Katniss cercò di mangiare solo lo stretto indispensabile
perché Prim e mamma potessero sfamarsi almeno per quella sera.
Il giorno seguente, come in ogni week end, la
scuola era chiusa e in mattinata uscì a caccia con Gale, anche lui in quel
momento se la passava male, i sempre frequenti passaggi dei droni sui boschi
oltre la recinzione li costringevano a nascondersi per non essere fotografati
dall’alto. Una ripresa fotografica avrebbe significato la condanna a morte per ribellione armata.
Dopo quella domenica
piovosa e povera di prede iniziò un’altra settimana dal carattere sempre più
invernale. L’intero Distretto era ormai ridotto ad un pantano, i fiumi erano
ingrossati e tumultuosi, anche nelle case l’umidità era sempre presente. Con
quel clima malsano , la malnutrizione e la quasi totale inesistenza di cure
mediche e farmaci, a disposizione solo di chi poteva pagarli a caro prezzo, una
semplice influenza trascurata poteva essere fatale, specie per i più piccoli.
Fortunatamente Prim aveva solo di recente iniziato a patire per i morsi della
fame ed era in buona salute. I problemi di Katniss non erano ancora finiti.
Intorno a metà settimana, durante la lezione di lettere, Katniss si lasciò
vincere dal suono ipnotico delle spiegazioni della docente Mrs. Perino e seduta
nel suo banco, non lontano dalla stufa a legna che riscaldava la classe,
cullata dal tepore scivolò in un sonno prima combattuto e poi accettato come
inevitabile dal suo corpo troppo provato. Dopo un tempo che lei stessa non
seppe subito definire il risveglio fu molto più brusco. Il suo nome gridato
vicino a lei e la bacchetta di legno che colpì il suo banco la fecero sobbalzare
con il cuore in gola. Non sapeva da quanto l’insegnante la stesse osservando
addormentata, l’intera classe rideva di lei, ad eccezione della sua unica amica
Madge che sapeva cosa Katniss stesse passando in quel periodo. E di Peeta
Mellark che, avendola già vista prima in condizioni simili, ebbe l’intuizione
di ciò che forse le stava capitando di nuovo.
“Signorina Everdeen penso
che non abbia idea di cosa stavamo parlando o sbaglio..” disse ironicamente la
docente.
Katniss, ancora
stordita non tentò neppure di difendersi, sarebbe stato decisamente inutile e
sarebbe stata umiliata ancora di più..
“No, Mrs. Perino… mi
sono assopita…”
“Signorina Everdeen,
come le avevo promesso questo suo comportamento ripetuto in classe non sarà più
tollerato. Desidero che lei si fermi in classe al termine della lezione dove
discuteremo della punizione che merita.”
Katniss faticò a
rispondere uno sforzato “Si, Mrs. Perino…”
Dentro di se stava
maledicendosi per la sua stupidità, quel pomeriggio avrebbe dovuto uscire a
caccia, andare al mercato nero per procurarsi qualche punta di freccia …ora
d’improvviso la sua prospettiva era quella di ricevere bastonate per il suo
scarso impegno scolastico. Da parte sua la docente, nonostante il tono severo
tenuto di fronte alla classe, non poté fare a meno di chiedersi in se come mai
una ragazza come Katniss, intelligente e che prima di allora non aveva mai dato
problemi a scuola, fosse cambiata così rapidamente nel nuovo anno scolastico. E
quei vestiti sempre bagnati che aveva indosso…
La lezione proseguì ed
al termine tutti gli studenti uscirono per far ritorno verso le loro
abitazioni. Katniss prese un attimo da parte Madge e le disse in fretta:
“Madge, sono nei guai
stavolta… per favore, passa nella classe di Prim e accompagnala a casa…dille
che…tornerò molto tardi oggi e non potremo fare ciò che le avevo promesso…”
“Non ti preoccupare
Katniss, a Prim ci penso io…tu tieni duro…” cercò di rincuorarla Madge. Katniss
la guardò con gli occhi tristi. A
Katniss sembrava di aver tradito la fiducia della sorellina ma ormai non
dipendeva più da lei.
La docente le disse:
“Signorina Everdeen l’attendo qui in classe tra mezz’ora…sono costretta a
infliggerle la punizione che ha meritato.” In quella mezz’ora la docente restò
in classe e ma non consumò il suo pranzo portato da casa come tutti i giorni,
quello che avrebbe dovuto fare la metteva a disagio. Incontrò poi una sua
collega per prendersi un attimo di pausa. Katniss aspettò
sotto il portico dell’ingresso. Aveva il cuore angosciato e grigio, dello
stesso colore del cielo che continuava a lasciar cadere quella pioggia fredda e
pesante come piombo. In quel clima ogni traccia di gioia sembrava scomparsa dal
Distretto 12. Una folla di pensieri turbinò nella sua mente…un’altra sera senza
cena, la loro casa fredda e umida, i suoi abiti bagnati, la punizione che
l’attendeva…se non ci fosse stata Prim…
All’ora stabilita
Katniss entrò nella classe deserta e sedette al suo banco, in attesa di Mrs.
Perino. L’attesa non durò a lungo e Katniss si alzò in piedi all’arrivo dell’insegnante.
Restò in piedi di fronte al suo banco mentre la docente seduta alla cattedra
osservava il registro di classe. Posò poi gli occhiali sulla cattedra e
alzandosi si rivolse finalmente a lei.
“Vorrei non doverlo
fare, signorina Everdeen…” disse con tono grave la docente. Si alzò e si
diresse verso l’armadio di fianco alla cattedra. Katniss sapeva bene cosa
cercava. Era lì che era custodito il bastone usato per infliggere le punizioni
corporali. Katniss cercò di deglutire, il groppo alla gola si stava facendo
opprimente. Sempre in piedi, sollevò le maniche umide del suo maglioncino in modo da presentare le
sue mani e le braccia alla punizione che l’attendeva. Non temeva tanto il
dolore fisico, era abituata a soffrire, ma quella punizione era il sigillo e la
conferma del fallimento della sua vita, a scuola e come capo famiglia. Mrs.
Perino si voltò e venne verso di lei con il bastone tra le mani. Katniss la
guardò arrivare, sentendosi sempre peggio dentro, non riusciva quasi più a
respirare, i suoi occhi vagarono disperati in alto verso il soffitto dell’aula
come in cerca di un aiuto insperato che non sarebbe arrivato mai. L’insegnante
era di fronte a Katniss e alle sue braccia nude e non poté non notare come era
fragile la ragazza che stava per punire, scheletrita da troppi digiuni. Katniss
chiuse gli occhi mentre la docente alzava il bastone e attese il dolore
lancinante del primo dei molti colpi sulle sue povere mani infreddolite. Già
ora a caccia non combinava nulla, chissà nei prossimi giorni come avrebbe
potuto tendere l’arco con le sue mani gonfie e doloranti per le bastonate
ricevute, come avrebbe tentato di, di
mirare a una preda cercando di tenere la freccia con le mani ferite, come
avrebbe sistemato i lacci delle trappole con le dita rovinate…
Questo turbine di
angoscia improvvisa si riversò su di lei in quella frazione di secondo in cui
Mrs. Perino stava per lasciar cadere il bastone, la vista di Katniss si annebbiò
e con un misto di stupore e orrore si accorse che dai suoi occhi scendevano
copiose le lacrime. Katniss cercò di cacciarle indietro e di resistere, cercò anche
di asciugarle in fretta con il dorso delle mani passato sugli occhi lacrimanti
ma non riuscì più a trattenerle.
Restò invece immobile e
con il bastone ancora alzato Mrs. Perino che ebbe in quell’istante una chiara
percezione, come una premonizione. Se avesse colpito quella creaturina ne
avrebbe colpito non le mani ma l’anima e avrebbe reciso il filo sottile che
ancora la teneva legata alla sua durissima vita e l’indomani ci sarebbe stato
solo un cadaverino appeso come una bambola di pezza ad una trave del fienile.
Le lacrime incontrollabili di Katniss furono solo l’inizio, la sua lotta per respirare
produceva espirando solo un grido, un gemito di sofferenza profondo che
arrivava dal cuore stesso della ragazza. Mrs. Perino un tempo, quando era più
giovane, aveva creduto che quello dell’insegnante non fosse un semplice lavoro
ma una missione. I lunghi anni al Distretto 12 avevano fatto perdere smalto
alle sue convinzioni ma sapeva ancora riconoscere una giovane in vera
difficoltà. Quanto era diverso il pianto
di Katniss da quello frivolo, simulato e
senza lacrime delle ragazzette viziate sue studentesse ai tempi di Capitol City
quando cercavano di evitare una giusta punizione…
Il pianto di Katniss
era profondo, lacerante, veniva da un cuore troppo stanco e ferito per
appartenere ad una ragazza poco più che quindicenne. Quanto era simile il
pianto di questa piccola a quello di una agnellina ferita, colse in
quell’istante tutta la profondità delle parole del sermone domenicale del
Reverendo Jones sul dolore innocente. Ora Katniss piangeva senza più alcun
ritegno, era un fiume in piena che aveva rotto gli argini e singhiozzava così
penosamente che non riuscì a restare ancora in piedi di fronte alla docente. Ad
ogni grido ed ogni singhiozzo disperato era come se un peso si abbattesse su di
lei che si chinò sul suo banco e infine sedette con il viso tra le mani. Con la
voce rotta nel pianto e tra i singhiozzi le diceva:
“Avanti… mi punisca…mi faccia
ciò che mi merito…”
Ma Mrs. Perino aveva
ormai abbassato il bastone e non aveva alcuna intenzione di usarlo su quella ragazza
ormai annientata. Posato il bastone su una sedia vicina si avvicinò al banco di
Katniss singhiozzante e piano le accarezzò i lunghi capelli neri intrecciati.
Katniss sobbalzò e la docente ebbe la stessa sensazione che si ha quando si
tocca un cerbiatto selvatico. La piccola era ormai troppo debole per difendersi
e la lasciò fare. Mrs. Perino sedette nel posto accanto a lei. La abbracciò con
dolcezza, prima lentamente per non spaventarla e poi la attirò a se. Sentì i
suoi vestiti umidi, il suo corpicino smagrito del quale poteva ormai contare le
ossa, il suo cuore che batteva forte e le sue guance rigate di lacrime ed anche
lei lottò per non piangere. Le parlò dolcemente, mentre ancora Katniss non
riusciva a smettere di piangere.
“Dai piccola, coraggio,
e piangi tesoro, non c’è nulla di male in questo, non puoi sempre tenerti tutto
dentro. Le tue lacrime non sono un segno di debolezza è solo il tuo cuore
troppo ferito che ha bisogno di guarire…lascia che le lacrime lavino via il
dolore dalla tua anima…”
Katniss tra le lacrime
abbassò ogni barriera e le raccontò degli incidenti di caccia, del terrore di
finire sbranata, del freddo, della fame, della pioggia incessante e dei suoi
vestiti sempre bagnati, del furto al mercato, dei cinghiali che avevano
devastato il campo, dell’umiliazione nel cercare il cibo tra i rifiuti, dei
calci ricevuti facendolo…delle sue enormi responsabilità verso Prim e la madre
depressa…”
Mrs. Perino ascoltò la
piccola accarezzandola con dolcezza finché non ebbe più lacrime da piangere e
si calmò un pochino. Restò però abbracciata a lei, in quel momento era tornata
una quindicenne bisognosa di un po’ di affetto.
“Katniss, sai, ti sembrerà
impossibile ma un tempo sono stata giovane anche io… e so bene quali sono le
difficoltà di questo mondo. Anche oggi sapessi che pena è sempre stata per me l’accompagnare
ogni anno due di voi al cimitero per quei maledetti Hunger Games… Sei una bella
ragazza e di te mi hanno sempre colpito i tuoi occhi, sempre pieni di vita e di
luce…solo ultimamente li ho visti spegnersi poco a poco… ma adesso ti rivoglio
come sei sempre stata, vedi, questo posto grigio è un pochino più bello per
ogni fiore come te che lo abita. Non dimenticartelo mai, tu sei preziosa, unica
ed irripetibile e ogni volta che avrai bisogno di piangere un po’ sarò qui per
te…Katniss, non può piovere per sempre….” e la guardò con un sorriso sincero. Katniss
rispose con un sorriso leggero e…un po’ di speranza negli occhi, resi più dolci
dalle lacrime simili a piccoli diamanti che ancora li ornavano.
Mrs. Perino poi prese
il pranzo che quel giorno non aveva mangiato e lo divise con la piccola
Katniss. Dopo tante privazioni Katniss si concesse qualcosa per se non senza
mettere qualcosa da parte anche per Prim.
Mrs. Perino era
contenta perché vedendola ora mangiare qualcosa più serena sapeva che quel
giorno aveva davvero compiuto un miracolo nascosto, quello che normalmente è
riservato agli eroi, quello di salvare una delle giovani vite che le erano state
affidate.
“Naturalmente la tua
punizione è solo rimandata…si intende…” scherzò Mrs. Perino uscendo con Katniss
da scuola.
“Certo Mrs. Perino, è chiaro…” rispose Katniss
sorridendo.
Era tardo pomeriggio
quando insieme tornarono a casa, Mrs. Perino si diresse verso la Città e
Katniss proseguì per il Giacimento. Aveva finalmente smesso di piovere e il
sole tramontava infuocando il cielo in maniera spettacolare. Nei giorni seguenti Katniss credette di
potercela fare e la pioggia gelida fu lavata via, prima di tutto dal suo cuore.
Il grosso cervo che prese con Gale li fece arrivare a Natale in buone
condizioni e permise loro di affrontare la stagione invernale. Anche Mrs.
Perino ebbe quell’anno uno speciale
pranzo di Natale, il migliore da lei gustato da molti anni: stufato di cervo,
procurato da quella micidiale arciere, la piccola quindicenne che lei stessa
aveva salvato.
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